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Lucio Apuleio

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Lucio Apuleio

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BIOGRAFIA

Nacque a Madaura, Algeria 125 d.C. ca e morì a Cartagine, dopo il 170

d.C.

Poche sono le notizie in nostro possesso sulla vita (lo stesso

praenomen tramandatoci sembra una conseguenza del fatto che il

protagonista del suo romanzo si chiama Lucio), tutte ricavabili da

informazioni che lo scrittore ci fornisce nelle sue opere, soprattutto

nell'Apologia, chiamata anche orazione Sulla magia.

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L'aspetto fisico.

"Accusamus apud te philosophum

formonsum et tam Graece quam Latine" -

pro nefas!- "disertissimum". Nisi fallor

enim, his ipsis verbis accusationem mei

ingressus est Tannonius Pudens, homo vere

ille quidem non disertissimus. Quod utinam

tam gravia formae et facundiae crimina

vere mihi opprobrasset; non difficile ei

respondissem quod Homericus Alexander

Hectori: munera deum gloriosissima

nequaquam aspernenda; quae tamen ab

ipsis tribui sueta multis volentibus non

obtingunt. Sed haec defensio, ut dixi,

aliquam multum a me remota est, cui

praeter formae mediocritatem continuatio

etiam litterati laboris omnem gratiam

corpore deterget, habitudinem tenuat,

sucum exsorbet, colorem obliterat, vigorem

debilitat. Capillus ipse, quem isti aperto

mendacio ad lenocinium decoris promissum

dixere, vides quam sit amoenus ac

delicatus, horrore implexus atque

impeditus, stuppeo tomento adsimilis et

inaequaliter hirtus et globosus et congestus,

prorsum inenodabilis diutina incuria non

modo comendi, sed saltem expediendi et

discriminandi: satis, ut puto, crinium

crimen, quod illi quasi capitale intenderunt,

refutatur."

"Accusiamo dinanzi a te un filosofo di

bell'aspetto e così in greco come in latino

-guarda che delitto!- molto facondo". Se

non erro proprio con queste parole

Tannonio Pudente diede inizio all'accusa

...Mi sarebbe stato facile rispondere come

l'Alessandro di Omero ad Ettore: "Non

sono da spregiare i doni gloriosissimi

degli dei quanti essi ne accordano; molti li

vorrebbero senza ottenerli" ... Ma una tale

difesa, come ho detto, è ben lontana da un

uomo, come me, di mediocre aspetto, a

cui la continuata fatica degli studi toglie

ogni grazia alla persona, estenua il corpo,

prosciuga il succo vitale, spegne il

colorito, debilita le forze. Questi miei

stessi capelli, che costoro con spudorata

menzogna dissero spioventi a bella posta

per vezzoso lenocinio, guarda, guarda

quanto siano graziosi e delicati, arruffati e

lanosi, stopposi e scarruffati e batuffolosi

e impannicciati per la lunga incuria,

nonché di acconciarli, di scioglierli

almeno e spartirli. Mi pare di aver detto

abbastanza circa l'accusa dei capelli, che

costoro hanno mosso quasi fosse un

crimine capitale."

Apuleio, Apologia, 4

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L'origine

"De patria mea vero, quod eam sitam

Numidiae et Gaetuliae in ipso confinio

meis scriptis ostendistis, quibus memet

professus sum, cum .... publice dissererem,

Seminumidam et Semigaetulum, non video

quid mihi sit in ea re pudendum... non

enim ubi prognatus, sed ut moratus

quisque sit spectandum, nec qua regione,

sed qua ratione vitam vivere inierit,

considerandum est.... nec hoc eo dixi, quo

me patriae meae paeniteret, etsi adhuc

Syfacis oppidum essemus. quo tamen victo

ad Masinissam regem munere populi R.

concessimus ac deinceps veteranorum

militum novo conditus splendidissima

colonia sumus, in qua colonia patrem

habui loco principis IIuiralem cunctis

honoribus perfunctum; cuius ego locum in

illa re p., exinde ut participare curiam

coepi, nequaquam degener pari, spero,

honore et existimatione tueor".

"Quanto alla patria mia, che essa sia

posta proprio sul confine della Numidia e

della Getulia, risulta, come avete

dimostrato, dai miei discorsi scritti; infatti

in una pubblica conferenza ... mi

dichiarai seminumida e semigetulo; ma io

non vedo che cosa ci sia in questo di

vergognoso per me ... Non infatti dove

uno è nato, ma come è cresciuto bisogna

osservare: e considerare non il luogo di

nascita ma il modo di comportarsi nella

vita... Non ho detto questo perché io

abbia vergogna della mia patria, se pur

fossimo ancor dominio di Siface; ma così

non fu: perché dopo la sua sconfitta

passammo per favore del popolo romano

alla signoria di Massinissa e poi con

nuovo ordinamento divenimmo

splendidissima colonia di veterani. In

questa colonia mio padre tenne l'alta

carica di duumviro, dopo essere passato

per tutti i gradi: e la paterna dignità, fin

da quando ebbi parte nella vita pubblica,

senza degenerare mai, ho sempre

mantenuto, spero, con uguale stima ed

onore".

Apuleio, Apologia, 24

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Fu di estrazione agiata e studiò a Cartagine, dove apprese le regole

dell'eloquenza latina; ad Atene studiò il pensiero greco.

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Il patrimonio familiare

"...profiteor mihi ac fratri meo relictum a

patre |HS XX| paulo secus, idque a me

longa peregrinatione et diutinis studiis et

crebris liberalitatibus modice

imminutum".

"... dichiaro che a me e a mio fratello mio

padre lasciò circa due milioni di sesterzi; e

questo patrimonio per i lunghi viaggi, per

i miei continui studi e le frequenti

liberalità fu alquanto diminuito."

Apuleio, Apologia, 23

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Fin da giovane nutrì grande interesse per la filosofia.

Lo seducevano le dottrine nelle quali il pensiero religioso aveva una sua

funzione.

Lo stoicismo, al quale rimanevano fedeli i nobili romani e di cui Marco

Aurelio sarà un adepto, lo attraeva meno del platonismo, o della dottrina

che allora passava sotto questo termine (platonismo "teosofico"),

impregnata di misticismo e addirittura di magia.

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Apuleio filosofo platonico

"..sed Aemilianus, uir ultra Virgilianos

opiliones et busequas rusticanus, agrestis

quidem semper et barbarus, uerum longe

austerior ut putat Serranis et Curiis et Fabriciis,

negat id genus uersus Platonico philosopho

competere"

. "Ma Emiliano ... nega che a un

filosofo platonico (in riferimento ad

Apuleio che sta parlando) si

convengano versi di tal genere..."

Apuleio, Apologia, 10

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Nutrì anche grande interesse verso i riti misterici, in cui si esprimeva il

rinnovato fervore religioso della sua epoca.

Mentre si trovava a Cartagine fu iniziato ai MISTERI DI ASCLEPIO, dio della

medicina; ad Atene invece partecipò ai MISTERI ELEUSINI.

Quando giunse a Roma, invece, si avvicinò al culto di OSIRIDE e di ISIDE.

La vita di Apuleio fu caratterizzata, come egli stesso riconosceva, da un

grande amore per i viaggi e da un’innata curiosità per ogni scienza,

filosofia o culto.

Dalle sue opere ricaviamo infatti tracce dei suoi frequenti spostamenti, spesso

per fini culturali.

Brillante e ricercato conferenziere, sappiamo che fu a Samo, patria di

Pitagora, ad Alessandria, capitale d’Egitto e più importante centro della

cultura ellenistica, e Ierapoli, dov’era il santuario della dea Cibele, a Roma,

dove praticò l’avvocatura.7

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Le conoscenze

"Sacrorum pleraque initia in Graecia

participavi. Eorum quaedam signa et

monumenta tradita mihi a sacerdotibus

sedulo conservo. Nihil insolitum, nihil

incognitum dico.... At ego, ut dixi,

multiiuga sacra et plurimos ritus et varias

cerimonias studio veri et officio erga deos

didici. Nec hoc ad tempus compono, sed

abhinc ferme triennium est, cum primis

diebus quibus Oeam veneram publice

disserens de Aesculapii maiestate eadem

ista prae me tuli et quot sacra nossem

percensui".

"Io in Grecia sono stato iniziato a un gran

numero di culti. Dai sacerdoti di questi

culti mi sono stati regalati dei segni e dei

simboli che conservo con cura. Non dico

nulla di strano, nulla di misterioso. ...Per

amore del vero, per dovere verso gli dei,

ho voluto conoscere diversi culti,

moltissimi riti e svariate cerimonie; circa

tre anni fa, nei primi giorni del mio arrivo

a Oea, pronunciando una pubblica

conferenza sulla maestà di Esculapio, feci

questa stessa dichiarazione e annoverai i

misteri che conoscevo."

Apuleio, Apologia, 55

xxxx

"Etiamne cuiquam mirum videri potest,

cui sit ulla memoria religionis, hominem

tot mysteriis deum conscium quaedam

sacrorum crepundia domi adservare atque

ea lineo texto involvere, quod purissimum

est rebus divinis velamentum?"

"Chi abbia qualche notizia di religione si

stupirà che un uomo iniziato a tanti divini

misteri conservi in casa simboli di sacre

cerimonie e li tenga avvolti in un tessuto

di lino, il velo più puro per oggetti

consacrati?"

Apuleio, Apologia, 56

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L'accusa di magia e il processo.

Nel 155, in viaggio verso Alessandria, di ritorno dalla Grecia, fece sosta a Oea

(odierna Tripoli) per ritemprare le forze.

Qui si imbatté in un vecchio compagno di studi, Ponziano.

Apuleio approfittò della sua ospitalità e fu coinvolto in una storia che avrebbe lasciato

un segno indelebile nella sua esistenza.

Ponziano convinse Apuleio a sposare la madre Pudentilla, vedova e

dotata di un considerevole patrimonio.

Morto Ponziano, però, i parenti di Pudentilla, per timore di perdere la

ricca eredità, intentarono ad Apuleio un processo, accusandolo –

non senza il supporto di falsi testimoni – di aver sedotto la donna con le sue

arti di mago.

Apuleio si difese con abilità ed energia, come attesta l’orazione Sulla magia o

Apològia, scritta intorno al 158 d.C.

L’accusa di magia nell’antichità esponeva il reo addirittura alla pena capitale, ma

Apuleio riuscì a vincere il processo con la sua orazione difensiva.

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"...ac primo quidem voluntatem meam

verbis inversis periclitabundus, quoniam me

viae cupidum et conversum ab uxoria re

videbat..."

"...sed utpote peregrinationis cupiens

impedimentum matrimoni aliquantisper

recusaueram. mox tamen talem feminam

nihilo segnius uolui quam si ultro

appetissem..."

" E dapprima, saggiando con giri di parole

l'animo mio, giacche' mi vedeva bramoso

diviaggi e per nulla incline al

matrimonio..."

Apuleio, Apologia, 72

"...ma bramoso com'ero di andare per il

mondo, intanto respingevo l'impiccio di un

matrimonio. Tuttavia non tardai a

desiderare quella donna cosi' vivamente

come ne fossi innamorato."

Apuleio, Apologia, 73

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Gli ultimi anni

Dopo il processo, lo scrittore tornò a Cartagine, dove ottenne vari titoli

onorifici (come quella di sacerdos provinciae del culto imperiale, ma fu pure

sacerdote e propagandista del culto di Asclepio) e dove proseguì la sua

brillante carriera di conferenziere.

I Cartaginesi giunsero ad innalzare statue in suo onore.

A questo periodo dovrebbe risalire la stesura della sua opera maggiore, il

romanzo delle Methamorphoses («Metamorfosi»), noto anche con il titolo

L’Asino d’oro.

La sua morte va collocata probabilmente dopo il 170 d.C., dal momento che

da quest'anno in poi non abbiamo più notizie sul suo conto.

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elenarovelli 12

Opere

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Apologia o De magia (158 d.C.)

Versione rielaborata della propria, vittoriosa, orazione

difensiva.

L'episodio autobiografico viene filtrato attraverso una densa

rete letteraria, che lo rende quasi emblematico, se non mitico;

costante è l'ironia, da cui traspare la sicurezza della vittoria.

In quest'opera è già in presente lo stile caratteristico dello

scrittore, fatto di folgorazioni, sospensioni, parallelismi,

allitterazioni, di espressioni nuove ed inaspettate, dove il

ciceronianismo di fondo già si sfalda in una serie di brevi,

frizzanti periodi.

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L’opera è divisa in 2 libri.

È l’unica orazione giudiziaria di età imperiale giunta fino a noi, ciceroniana

nella struttura ma caratterizzata da una brillante oratoria di gusto neosofistico.

IL CASTELLO ACCUSATORIO

L’accusa mossa ad Apuleio dai parenti della moglie Pudentilla era di essersi servito di

filtri e formule magiche per sedurre la donna. A sostegno della propria tesi, l’accusa

aveva elencato una serie di pratiche e comportamenti di Apuleio giudicati gravemente

compromettenti:

- di essere un filosofo «troppo bello»

- con capelli «lunghi per vanità»

- di far uso di una raffinata polvere ricavata da piante arabiche come dentifricio

- di aver scritto versi d’amore

- di far uso di uno strumento magico per eccellenza come lo specchio

- di aver compiuto riti appartati facendo cadere il deliquio un ragazzo e una donna

- etc ….

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L’AUTODIFESA DI APULEIO

Apuleio prima di tutto sgombra il terreno dalle insinuazioni di minor rilievo (cap. 1-25), poi

passa a chiarire l’equivoco, generatosi per ignoranza degli accusatori, a proposito del termine

«mago», distinguendo due tipi di magia:

1) la magia buona è somma sapienza, è stata fondata da Zoroastro e per praticarla bisogna

essere pii verso gli dei

2) la magia pericolosa e condannabile, che serve a piegare le forze divine e naturali al

proprio volere

Se è il secondo tipo di magia che viene imputato a Apuleio, come mai non tremano i suoi

avversari ad accusare una persona secondo loro così potente?

Se, invece, essi pensano al primo tipo di magia, quella buona, essa diventa un tutt’uno con la

filosofia e la fisica e può essere solo lodata e approvata (cap. 26-66)

Nell’ultima parte dell’orazione Apuleio dimostra di non aver avuto alcun interesse economico

che lo spingesse a sedurre la donna, smaschera l’uso distorto fatto dagli avversari di alcune

lettere di Pudentilla, svela quanto poco favorevoli gli siano le clausole matrimoniali e le

disposizioni testamentarie della moglie.

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Quanto Apuleio era però realmente implicato con la magia?

In sua difesa Apuleio sostiene che scienza, medicina e filosofia per profani e

ignoranti risultavano allora sinonimi di magia.

D’atra parte, però, Apuleio stesso, oltre a essere un esperto di demonologia

/erano proprio i demoni degli aiutanti del mago), non faceva mistero di essere

stato iniziato a molti culti particolari e di non essere affatto all’oscuro di

certe tecniche di arte magica.

Dunque un’impressione di ambiguità rimane. Ma ciò dipende soprattutto dal

fatto che, in quell’epoca, i confini tra la magia-buona del filosofo-scienziato-

iniziato e quella cattiva del mago vero e proprio erano più labili di quanto non

possano sembrarci oggi.

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Opere filosofiche De mundo

Rifacimento in chiave stoicheggiante dell’omonimo trattato pseudoaristotelico

De Platone eius dogmate

Contiene una sintetica esposizione della dottrina platonica

De deo Socratis

Trattato in cui Apuleio elabora un’articolata teoria demonologica: sotto l’influsso delle

filosofie orientali, i "demoni" (ovvero, divinità) diventano Angeli, o affini ad essi, cioè

spiriti che fungono da intermediari tra gli dèi e gli uomini, e che presiedono a

rivelazioni e presagi.

I Florida

«fiori vari» = raccolta di conferenze e schede di interesse retorico ed erudito. In tutto

si tratta di 23 brani, che sono estratti di discorsi pronunciati tra il 160 e il 170 d.C.,

prevalentemente encomiastici e celebrativi da cui emerge il perfetto rappresentante

della seconda sofistica: un retore smaliziato, capace di parlare e scrivere in qualsiasi

momento.

La finalità dei brani è quella di intrattenere il pubblico.17

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Numerose sono inoltre le opere perdute o di cui

ci resta poco:

• scrisse di aritmetica, musica, medicina ecc.

• compose "Carmina amatoria", "Ludicra" (di questa

raccolta facevano parte un carme su un dentifricio e due

epigrammi d'amore conservati nell' "Apologia")

• una traduzione del "Fedone" platonico

• un romanzo, "Hermagoras", di cui ci restano due

frammenti, sul culto di Ermete Trismegisto.

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LE METAMORFOSI

Metamorphoseon libri XI

o Asinus Aureus

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unico romanzo completo della letteratura latina,

dal momento che il «Satyricon» di Petronio solo

con qualche approssimazione può essere definito

«romanzo» ed è un’opera mutila.

Opera formata da 11 libri, dei quali l’ultimo è integralmente originale, di Apuleio, mentre i primi dieci sono

derivate da fonti greche

- un breve romanzo greco («Lucio o l’asino), attribuito a Luciano di Samosata, che presenta

molti punti in comune con l’opera di Apuleio

- un altro romanzo greco, le «Metamorfosi», di un certo Lucio di Patre

Le «Metamorfosi» sono un romanzo realistico di ispirazione milesia, ma

soprattutto sono la storia di un’iniziazione religiosa.

Si tratta dunque della rappresentazione simbolica del percorso dell’uomo dallo

stato bestiale allo stato spirituale, un complesso cammino interiore dalla

materia allo spirito.20

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"Asino d'oro"

è il titolo con cui la prima volta lo indicò Sant'Agostino nel De

civitate Dei, per definire l’entusiasmo dei lettori dell’opera:

• non si sa se l'aggettivo "aureus" sia riferito alle doti

eccezionali dell'asino (auris = orecchia: l’asino sa ascoltare

e comprendere con sensibilità umana),

• oppure alla qualità artistica del romanzo,

• oppure ancora se si riferisca al valore di edificazione morale

insito nella storia del protagonista.

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Opera originale, dalla trama ampia e complessa

La vicenda principale, che si sviluppa sulle avventure di Lucio-

asino alla ricerca della propria umanità, è intervallata non solo da

molteplici digressioni e descrizioni d’ambiente collegate alla storia,

ma soprattutto da un gran numero di racconti e novelle,

incastonate attraverso espedienti occasionali con un abile gioco di

incastri (si giunge fino a 3 storie inserite l’una nell’altra).

Nonostante la numerosa presenza di racconti e novelle, la storia di Lucio-asino e la

sua disperata ricerca di una via per tornare uomo non sono una semplice cornice

per una raccolta di novelle: i racconti «secondari» rispondono al criterio della

divagazione e della varietas, rendendo multiforme e ricco il mondo che confluisce nel

romanzo, e soprattutto sono collegati da elementi sotterranei alla vicenda

principale, come dimostra la stessa novella di Amore e Psiche (che occupa tutta la

parte centrale del romanzo, dal cap. 28 del libro IV al cap. 24 del libro VI), che offre

addirittura una chiave interpretativa di tutta l’opera.

Dunque «L’asino d’oro» è un’opera unitaria, anche se non compatta, che rivela un

saldo disegno progettuale e una chiara unità d’ispirazione. 22

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I modelli letterari dell’Asino d’oro

• La «Fabula milesia»: raccolta di racconti di amore licenzioso, composta da

Aristide di Mileto nel II-I secolo a.C. e poi tradotta in latino da Cornelio

Sisenna.

A Roma influenzò molte opere, come una favola di Fedro («La novella

della vedova») e il racconto della matrona di Efeso contenuto nel

«Satyricon» di Petronio.

• Il romanzo d’amore e d’avventura d’ambiente ellenistico: infatti anche il

romanzo di Apuleio presenta le peripezie di un protagonista nelle quali si

inseriscono racconti «secondari».

Nel romanzo le diverse avventure si concludono con un lieto fine, il

ricongiungimento degli amanti, favorito dalle divinità; conclusione che,

opportunamente modificata, caratterizza anche le «Metamorfosi» di Apuleio.

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Struttura a incastro

• Si tratta di un RACCONTO-CORNICE che abbraccia altri

racconti, alcuni dei quali fungono da cornice a ulteriori

novelle

“In stile milesio voglio per te, lettore, INTRECCIARE

varie favole (…) Anche la varietà del mio linguaggio

corrisponde all’abilità del passare da una storia all’altra.”

(Metam., I,1)

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Tipologia dei racconti:

• *magia (storia di Socrate, I,5-19; storia di Telifrone, II,21-30)

• *avventure di banditi (libro VI)

• *amore tragico (storia di Carite, VIII, 1-14)

• *avventure comico-realistiche (IX, 5-7; 17-21; 22-28)

• *adulterii e donne infami (X, 2-12; 23-28= la donna “diabolica”

condannata “ad bestias”)

La sperimentazione di generi diversi (ordinati in un unico

disegno) trova corrispondenza nello sperimentalismo

linguistico, nella piena padronanza di diversi registri,

variamente combinati nel tessuto verbale.

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Le sezioni originali del romanzo:

la chiave "mistagogica”

La favola di Amore e Psiche, nei libri IV, V e VI, inserita a

metà dell'opera: centralità "programmatica", che fa della

stessa quasi un modello in scala ridotta dell’intero percorso

narrativo del romanzo, offrendone la corretta

decodificazione.

L'ultima parte del romanzo (libro XI), che si svolge in un

clima di forte suggestione mistica ed iniziatica, non ha

equivalente nel modello greco.

Si tratta di un'aggiunta di Apuleio, al pari della celebre

"favola" di Amore e Psiche.

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Le Metamorfosi in qualità di romanzo "mistagogico"

registrerebbero l'esperienza stessa dello scrittore.

• Qualunque sia la sua intenzione, l’opera ci offre una

straordinaria descrizione delle province dell'impero al tempo

degli Antonini e, in modo particolare, della vita del popolo

minuto.

• Confrontato con quello di Petronio, dà però la curiosa

impressione che i personaggi vi siano osservati a maggiore

distanza, come in un immenso affresco dove si muovono,

agitandosi, innumerevoli comparse.

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Tutto il romanzo è carico di rimandi

simbolici all’itinerario spirituale del

protagonista-autore.

La vicenda di Lucio ha valore allegorico:

rappresenta la caduta e la redenzione dell’uomo, di

cui l’XI libro è la conclusione religiosa ( il numero

11 sembra alludere ai giorni richiesti per

l'iniziazione misterica, 10 di purificazione e 1

dedicato al rito religioso).

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Trama

La storia narra di un giovane chiamato Lucio (identificato da A. con lo

stesso narratore), appassionato di magia.

Originario di Patrasso, in Grecia, egli si reca per affari in Tessaglia, paese

delle streghe. Là alloggia in casa del ricco Milone, la cui moglie Panfila,

una maga, ha la facoltà di trasformarsi in uccello.

Lucio - avvinto dalla sua insaziabile "curiositas" - vuole imitarla

e, con l'aiuto di una servetta, Fotis, accede alla stanza degli unguenti

magici della donna.

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Ma sbaglia unguento, e viene trasformato in asino, pur conservando

coscienza ed intelligenza umana.

Il rimedio sarebbe mangiare alcune rose, ma un concatenarsi

straordinario di circostanze gli impedisce di scoprire l'antidoto.30

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Rapito dai ladri,

Lucio rimane bestia per lunghi mesi,

si trova coinvolto in mille avventure,

sottoposto ad infinite angherie e muto

testimone dei più abietti vizi umani.

Nella caverna dei briganti, Lucio ascolta

la bellissima favola di "Amore e

Psiche", narrata da una vecchia ad una

fanciulla rapita dai malviventi

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Psiche, l'Anima, è innamorata di Eros

(dio del desiderio, uno dei dèmoni

dell'universo platonico). Ella possiede

senza saperlo, nella notte della propria

coscienza, il dio che lei ama; lo

smarrisce per curiosità, per ritrovarlo

poi nel dolore di un'espiazione che le fa

attraversare tutti gli "elementi" del

mondo.

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Sconfitti i briganti dal fidanzato

della fanciulla, Lucio viene

liberato e affronta altre peripezie

Infine si trova nella regione di

Corinto, dove, durante una notte di

plenilunio, vede apparire in sogno la

dea Iside che lo conforta, gli

annuncia la fine del supplizio e gli

indica dove potrà trovare le benefiche

rose.

Il giorno dopo il miracolo si compie

nel corso di una processione di fedeli

della dea e Lucio, per riconoscenza,

si fa iniziare ai misteri di Iside e

Osiride

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Il giorno dopo il miracolo si

compie nel corso di una

processione di fedeli della

dea e Lucio, per

riconoscenza, si fa iniziare ai

misteri di Iside e Osiride.

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La favola di

Dalla fine del IV libro a buona parte del VI cuore allegorico del romanzo

Molti sono i racconti secondari all’interno dell’opera, ma la storia di Amore e Psiche riveste un ruolo ben

diverso: lo dimostra la lunghezza, non paragonabile a quella delle altre novelle inserite (quadi 2 libri!) e la

posizione centrale all’interno di un romanzo composto da 11 libri.

Svolge una funzione non solo esornativa, ma fornisce la corretta chiave di lettura e di decodificazione del

Romanzo LA CURIOSITAS e il PERCORSO DI ESPIAZIONE prima e INIZIAZIONE dopo.

La successione degli avvenimenti della novella riprende inoltre quella delle vicende del romanzo:

• prima un'avventura erotica (colpa iniziale)

• poi la curiositas punita con la perdita della condizione beata e le peripezie a cui il protagonista è

sottoposto (processo di espiazione e rito di iniziazione)

• l’azione salvifica della divinità (salvezza finale)

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La trama della favola di Amore e Psiche

Il mito di Amore e Psiche viene raccontato a Carite, la ragazza che è stata fatta prigioniera dai briganti e che si trova nella

grotta insieme a Lucio, da una vecchia sorvegliante per distrarla dal suo destino.

L’invidia di Venere. Psiche è una fanciulla mortale di eccezionale bellezza, tanto da venire da tutti paragonata addirittura alla

dea Venere.

Quest’ultima, invidiosa di Psiche, dà mandato a suo figlio Eros, dio dell’amore, di far innamorare Psiche dell’uomo più brutto della

Terra, così da svergognare pubblicamente la “rivale”.

Amore si innamora di Psiche. Tuttavia, per un banale incidente, Amore si ferisce con la propria freccia magica e si innamora

immediatamente proprio di Psiche. Per averla solo per sé, Amore con l’intercessione di un oracolo rinchiude Psiche in un castello

magico, dove egli la fa visita solo con le tenebre: l’ordine del dio è infatti quello per cui la fanciulla non dovrà mai vedere il volto

del suo amante.

La gelosia delle sorelle di Psiche. L’amore sembra trionfare ma le sorelle di Psiche, invidiose, insinuano nella protagonista il

dubbio che il compagno sia in realtà un essere orribile e deforme, che non ha il coraggio di farsi vedere in piena luce da lei.

La curiositas di Psiche. Così, una notte, Psiche (cedendo alla stessa curiositas che ha ingannato Lucio) decide di illuminare il

volto di Amore con una lampada ad olio: la bellezza del Dio si manifesta in tutto il suo splendore. Ai piedi del letto ci sono la

faretra e le frecce di amore. Psiche le contempla e le tocca, finché si punge il pollice con una di esse, innamorandosi

perdutamente di Amore.

Immediatamente, o «er infame perfidia o per malvagia invidia», una goccia d’olio della lanterna schizza «fuori dal lucignolo» e

cade sul corpo dell’amante che, scoprendosi tradito, abbandona Psiche. La fanciulla, che si dispera e medita il suicidio. Venere,

madre di Amore, sottopone Psiche a diverse prove con cui recuperare l’amore del figlio: Psiche (che verrà aiutata da animali

impietositi dalla sua condizione) suddivide in tanti mucchietti uguali delle granaglie, recupera della preziosa lana dorata, attinge ad

una fonte in cima da una rocca inaccessibile.

Infine Psiche si reca agli Inferi per chiedere a Proserpina la propria bellezza; la dea le consegna un’ampolla contenente il Sonno,

così che, quando la protagonista l’apre per curiosità, cade in un sonno profondissimo. Amore interviene per risvegliare l’amata,

che alla fine viene trasformata in dea e sposa Amore durante un banchetto nell’Olimpo (libri IV-VI)

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Le caratteristiche della novella

La storia di Lucio-asino, protagonista del romanzo, rappresenta simbolicamente il percorso dell’uomo

dallo stato bestiale allo stato spirituale. Si tratta di un complesso cammino interiore dalla materia allo

spirito.

La novella di Amore e Psiche rappresenta “in piccolo” questo medesimo itinerario.

Costituisce uno dei primi esempi nella letteratura occidentale di “fiaba di magia”, cioè un tipo di

narrazione che conserva l’eco di antichi riti di iniziazione durante i quali, attraverso racconti

“esemplari”, le popolazioni primitive trasmettevano alle nuove generazioni la loro concezione del

mondo, il loro patrimonio mitico-religioso, le loro “regole” sociali.

La novella presenta infatti lo schema narrativo tipico di tutte le fiabe di magia (messo in luce

per la prima volta da V. Propp in Morfologia della fiaba di magia), che è assai semplice, ripetitivo

e strutturato su una serie di sequenze obbligate:

- l’eroe/l’eroina è costretto ad allontanarsi dall’ambiente familiare per inoltrarsi in un ambiente nuovo e

sconosciuto (un bosco, una foresta, un castello...);

- deve quindi affrontare situazioni pericolose (“prove”), che riesce a superare solo grazie all’intervento

di “donatori”, cioè grazie all’aiuto offerto da persone, o anche da animali, piante parlanti o da oggetti

magici;

- infine, dopo aver superato le prove, si ritrova in una nuova condizione (ad esempio corona il suo

sogno d’amore con il matrimonio) e vive una nuova esistenza, per definizione felice (il lieto fine è

infatti d'obbligo). 37

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Peculiarità delle Metamorfosi

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Le Metamorfosi sono, al pari del Satyricon, un romanzo che si discosta dai canoni

del genere.

Ecco alcune delle peculiarità che lo caratterizzano:

la vicenda è in gran parte subita da Lucio-asino più che agita da Lucio-uomo

(punto di vista straniante);

al centro della vicenda non c’è una storia d’amore e le peripezie di Lucio non

sono finalizzate a ritrovare l’amata, ma se stesso e la sua forma umana;

il motore della vicenda non è dunque l’amore, ma la curiositas e la magia

nella prima parte, la necessità di purificazione nella sezione finale.

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LE FORZE CONTRAPPOSTE DEL ROMANZO

Tutto il romanzo è caratterizzato da forze contrapposte:

la «curiositas» del protagonista, con le conseguenze negative che comporta, e la

soluzione religiosa finale, risanatrice e pacificatrice, che rappresenta il percorso

inverso rispetto a quello intrapreso all’inizio del romanzo

L’opposizione tra caso e visione provvidenziale

La sostituzione di Apuleio autore a Lucio personaggio nell’XI libro, quando nel testo si

legge che al sacerdote di Iside si dovrà presentare un «cittadino di Madaura». Lucio

afferma di essere di origine greca (sua madre era tessale), ma è Apuleio ad essere

originario di Madaura.

In questo modo SI ROMPE LA FINZIONE NARRATIVA e si passa da una

dimensione biografica a una dimensione universale:

Lucio, il personaggio del romanzo, ha percorso una via accidentata e

stravagante per giungere all’iniziazione religiosa; altrettanto Apuleio

avrebbe potuto dire di se stesso, ma la sua storia narrata permetteva di

rendere la sua vita individuale un percorso di respiro universale, modello

per i lettori intenzionati a seguirlo. 39