LUCE SERAFICA

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Luce Serafica Le luci del Natale... A servizio della vita Numero I/2010 - Trimestrale - Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 - CNS/CBPA/sud/BENEVENTO/109/2007

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PERIODICO FRANCESCANO

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Luce Serafica

Le luci del Natale...A servizio della vita

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Cari lettori, auguri di buon Natale e di un felice annonuovo. Abbiamo bisogno di Gesù, il Principe dellapace, per ritrovare la nostra serenità e vivere nellagioia più vera. Nel Verbo venuto ad abitare in mezzoa noi trova comprensione il senso cristiano del Natale.Al centro di questa antichissima festa vi è il misterodell’incarnazione di Dio. Cristo è la vera Luce del Na-tale che ci permette di spegnere qualsiasi altra luce delconsumismo e delle false attese del nostro tempo. Siamo abituati a immaginare il Natale come festa delleluci: senza alcun dubbio è necessario celebrare il Na-tale come festa della Luce. È, infatti, il Cristo-Luce ailluminare la notte dell’umanità. Nel Bambino di Be-tlemme si rivela il volto del Padre, il volto del Dio in-visibile (cf. Gv 14,9-11). È a questo Dio-Bambino chenoi affidiamo le speranze dell’umanità, la nostra storia,le attese dei giovani, delle famiglie…Troverete la nostra rivista rinnovata nella grafica e neicontenuti, con la possibilità di consultare nuove ru-briche. Facciamo gli auguri al neo eletto Ministro Pro-vinciale di Napoli, fra Edoardo Scognamiglio che,insieme al suo Definitorio, molto ha investito per lacollaborazione a più mani e per il potenziamento diLuce Serafica come strumento di comunione e di in-formazione non solo tra le comunità conventuali, maanche per tutte le realtà pastorali, religiose e culturaliche orbitano attorno al nostro impegno apostolico emissionario. Un grazie va a fra Raffaele Di Muro che, per diversotempo, sostenuto dalla comunità francescana di Be-nevento, si è prodigato per la stampa e la diffusione diLuce Serafica. Inizia per me una nuova esperienza,quella di Direttore: spero di saper interpretare al me-glio le richieste dei nostri lettori e di contribuire a dareun nuovo slancio alla rivista.

PAOLO D’ALESSANDRO

Sommario 1/2010 EditorialeEditorialedi Paolo D’AlessandroFinestra sul mondodi Felice AutieriVoci di ChiesaLa redazioneFamiglia oggidi Gianfranco GriecoPsicologiadi Caterina CrispoOrizzonte giovani di Enzo PicazioDialogodi Edoardo ScognamiglioMissionidi Giambattista BuonamanoLiturgia di Giuseppe FalangaSpiritualità di Raffaele di MuroAsterischi francescanidi Orlando TodiscoArte di Paolo D’AlessandroCinema di Giuseppina CostantinoSport di Marco SantamariaEventiLa redazioneIn book La redazioneFumettidi Mario Ferrone

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Luce SeraficaPeriodico francescano del Mezzogiorno d’Italia dei Frati Minori Conventuali della Provincia NapoletanaAutorizzazione del Tribunale di Benevento n. 3 del 24/04/2006Anno V – n. 1/2010Abbonamento annuale 20 euro.CCP: 73170060, intestato a Luce Serafica, Piazza Dogana, 13 – 82100 BeneventoDirettore Responsabile Raffaele Di MuroDirettore Paolo D’AlessandroStampa Laurenziana S.r.l. (Na)

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E il Verbo si fece carnee venne ad abitare

in mezzo a noi(Gv 1,14)

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FINESTRA SUL MONDO

La conclusione del XX secolo el’inizio di un nuovo secolo ha nnocomportato lo sviluppo di teorie“apocalittiche” che negli ultimitempi sono state avallateanche da film che, giocandosu timori ancestrali di unaparte dell’opinione pubblica,tendano ad alimentare que-sto filone “da fine delmondo”. Possiamo chiederciche significato ha per un cri-stiano questo filone “moda-iolo” che si ripresentaciclicamente nell’opinionepubblica tanto da influen-zarne gli strati più fragili oper lo meno più sensibili aquesto argomento, e che si-gnificato ha la “speranza” ra-dicata in Cristo nella suamorte e resurrezione. Eppurevorremmo ripartire proprio dalsecolo che ci ha lasciati per rivisi-tarne brevemente le ragioni diuna speranza da rivalutare nellesue forme e nei suoi contenuti. Potrebbe sembrare strano parlaredella “speranza” nel XX secolo, ilcosiddetto “secolo breve”, che ciha offerto una serie di eventi chehanno mutato drasticamente lastoria dell’umanità, talvolta capo-volgendo gli stessi valori, gli stessiriferimenti religiosi o politici chesembravano immutabili o quantomeno duraturi per molto tempo.Come le scoperte scientifiche incampo medico, civile, militare in-

dustriale del XIX secolo, sembravapoter porre le basi per ulterioriconquiste dell’umanità. Questa“conquista” è stato il presupposto

ideologico di tutta una serie ditragedie che avrebbe segnato losviluppo storico dell’umanità. L’illuminismo e il positivismoavevano imposto l’analisi della so-cietà svincolatada qualsiasi va-lore spirituale,soppiantandol idai nuovi valoriche avevanol’unica chiave dilettura nella solaragione umana.In questo co-strutto ideologiconon c’era posto

per Dio e neanche per un pallidoriferimento al trascendente. Inconclusione, venendo meno il ri-ferimento con il trascendente,

l’uomo si è sentito svincolatoda qualsivoglia tipo di riferi-mento morale con tutto ciòche ne è conseguito. Si ponel’accento su una visione“idolatrica dell’ego” del-l’uomo con tutto ciò che neè comportato: l’uomo èbuono e nulla gli è impossi-bile. Il “piattume” che ne è scatu-rito oggi si esprime conun’assenza sostanziale di va-lori che ci spingono, ancorauna volta, a ribadire l’unicitàdella salvezza attraverso lacroce di Cristo, non comeluogo di sofferenza ma come

esperienza di speranza, dove nonè interessante se nel 2012 ci saràla fine del mondo, ma in chemodo avremo dato ascolto alla suaparola di salvezza.

La speranzadi Felice Autieri

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VOCI DI CHIESA

La Commissione episcopale per ladottrina della fede, l’annuncio e lacatechesi della Cei ha consegnatoalla stampa – nella solennità dellaPasqua 2009 (12 aprile) – un sussidioofferto a chiunque voglia farne og-getto di lettura personale, oltre checome punto di partenza per dialoghidestinati al primo annuncio dellafede in Gesù Cristo, all’interno di unitinerario che possa introdurre al-l’esperienza della vita cri-stiana della chiesa. Il Consiglio episcopale per-manente ne approvò lapubblicazione già nella ses-sione del 22/25 settembre2008. Il documento s’inti-tola Lettera ai cercatori diDio.

CHI SONO I CERCATORI DI DIO?

Tutti coloro che sono alla ricercadel volto del Dio vivente. Lo sono icredenti, che crescono nella cono-scenza della fede proprio a partire dadomande sempre nuove, e quanti –pur non credendo – avvertono laprofondità degli interrogativi su Dioe sulle cose ultime.La lettera è rivolta a quanti si rico-noscono pellegrini di Dio e cercanoil suo volto (cf. Sal 27), nonché a co-loro che, animati da buona volontà,sono alla ricerca di un orizzonte ul-timo e nuovo di senso e di fontalitàdella vita stessa. In tale prospettiva,i cercatori sono pensatori di senso,

fruitori di un pensiero che prova aorientare la persona a un orizzontedi vita più vasto. Evidentemente, ilcontesto della post-modernità in cuis’inserisce la riflessione sui cercatoridi Dio tiene conto di quel smarri-mento di senso, capace di attana-gliare il cuore di tutti – credenti enon –, che trova nella metafora delframmento e nell’immagine della so-cietà liquida due simboli molto effi-caci ed eloquenti.

PERCHÉ LE DOMANDE?

C’è, in ciascuno di noi, un’inquietu-dine positiva che non s’apre sempli-cemente all’angoscia, bensì allaricerca, al desiderio, al bisogno dicompimento, e trova attraverso ilcammino di fede e il pensiero formed’appagamento e di crescita per ilproprio sé.Il documento sui Cercatori di Dionasce anche con l’intento d’istituireuna sorta di cattedra con i non cre-denti, con quanti hanno abbando-nato sì ogni ricerca – almeno

espressamente – di Dio, ma che co-munque sono in grado di condivi-dere valori universali come lagiustizia, la pace, la bellezza, la soli-darietà… “Ricercare”, d’altronde,vuol dire “pensare la fede” e “inter-rogarsi” circa i valori ultimi dell’esi-stenza e del nostro stare nel mondo.La lettera si costituisce in tre grandiparti: Le domande che ci uniscono(felicità e sofferenza, amore e falli-menti, lavoro e festa, giustizia e pace,

la sfida di Dio); La speranzache è in noi (Gesù, il Cri-sto, Dio Padre, Figlio e Spi-rito, la chiesa di Dio, la vitasecondo lo Spirito); Comeincontrare il Dio di GesùCristo (la preghiera,l’ascolto della Parola diDio, i sacramenti luogodell’incontro con Dio, ilservizio, la vita eterna). La

lettera contiene sia una pre-messa – sul Cristo che ha dato sensoe speranza alla nostra vita e su comeleggere il testo stesso (invito a riflet-tere assieme sulle domande, dare te-stimonianza e rendere ragione dellasperanza, l’incontro possibile conGesù), sia un approfondimento deicontenuti costituito da un’appendicebibliografia con rimando ai diversicatechismi e ad alcuni testi significa-tivi di introduzione alla fede bennoti in ambito teologico perché le-gati ai nomi di K. Rahner, J. Ratzin-ger, W. Kasper, H.U. von Balthasar,B. Forte e N. Bussi.

I cercatori di Dio: alcune domandee sfide per l’uomo post-moderno

La redazione

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FAMIGLIA OGGI

Che senso ha oggi parlare di famiglia, diamore, di fedeltà, di collaborazione, di comu-nione? Di quali significati si rivestono queste paroleantiche e pur sempre nuove? E poi, che cosavuol dire oggi parlare di sentimenti, di sesso,di educazione sessuale e meglio di educazioneall’amore? Sappiamo di entrare in un labirinto senzauscita, ma, proviamo, ad analizzare questocaotico cambiamento di rotta che porta sem-pre più alla secolarizzazione, al relativismo,al liberalismo, a quella perdita di valori chefino ad oggi hanno orientato il nostro stile divita umano, religioso e cristiano.Oggi le coscienze sono profondamente di-sturbate e deviate. Si presentano con super-ficialità nuovi modelli di vita. Il soggettivismo etico porta lontano dalla condivi-sione dei progetti. Alla idea originale di famiglia sipropongono altre proposte di <famiglie>: famigliamonoparentale; famiglia omosessuale; ideologia del<genere> (maschile, femminile e variabile); le lobygay. Molti matrimoni celebrati in chiesa risultano nullisin dall’inizio. Che fine hanno fatto le <associazionifamiliari> cattoliche e laiche che condividono i temi<sensibili> della famiglia e della vita? Di fronte a questa rivoluzione culturale globalizzatai credenti devono saper rispondere con proposte co-raggiose e vigorose. Preparasi al matrimonio vuol dire percorrere in-sieme un <catecumenato prematrimoniale> che portialla reciproca conoscenza e alla gradualità di rece-zione per conoscersi sia nei pregi che nei difetti. Non è più opportuno parlare di <corsi prematrimo-niale>, ma di <itinerario>, di <cammino> che iniziadal primo giorno di fidanzamento sino all’altare peril <sì> a Dio e alla chiesa. È in questo tempo di pre-

parazione che deve crescere il <dialogo di coppia> edi <accoglienza della vita>. Lo Stato venga seria-mente in aiuto alla coppia con sussidi governativi econ abitazioni a basso costo, altrimenti la famiglia,soprattutto quella giovane, è lasciata in balia di sestessa e questo nuoce sia alla coppia che alla società.La famiglia sana crea alla società meno problemidella famiglia malata. Droga, alcol, sesso, aborto, di-vorzio, la pillola del giorno dopo, la RU 246 che an-nulla la 194 passando dalla cucina al bagno,presentano drammi umani e non conquiste di civiltà.Non sono diritti, questi, ma delitti. La priorità delle priorità e quindi l’emergenza edu-cativa: occorre formare l’uomo nuovo e la donnanuova. Dobbiamo creare eventi e dare risonanza me-diatica alle nostre proposte in favore della famigliae della vita. Dobbiamo creare opinione e mobilitarele coscienze, come qualche anno fa, si è fatto con il<Family day>. Solo così, faremo la nostra parte in favore della fa-miglia e della vita.

di Gianfranco Grieco

Celebrare nella famiglia e nella vita

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PSICOLOGIA

Nel linguaggio comune, s’intende per coscienza la con-sapevolezza dell’ambiente circostante e la facoltà d’in-teragire con esso; ciò in contrasto all’inconsapevolezza.L’espressione “livelli di coscienza” indica che la co-scienza pare variare a seconda dei diversi stati mentali(quali ad esempio l’immaginazione ed i sogni adocchi aperti). L’incoscienza si definisce, pernegazione, come lo stato mentale nel qualela coscienza è assente. In alcuni filoni dipensiero, soprattutto religiosi, la co-scienza non si estingue dopo la morte edè presente anche prima della nascita.Ma, appena oltre la percezione co-mune, la coscienza è ben difficileda definire o individuare. Moltetradizioni culturali e religiose si-tuano la coscienza in un’animaseparata dal corpo. Per contro,molti scienziati e filosofi conside-rano la coscienza qualcosa d’insepa-rabile dalle funzioni neurali delcervello.

ALCUNE DOMANDE

Le domande sull’origine e la defi-nizione della coscienza sono alla base di importanti que-stioni etiche. Ad esempio: in che senso è possibile direche alcuni animali sono coscienti? In quale momentodello sviluppo fetale inizia la coscienza? È possibile im-maginare macchine coscienti? Domande tanto più cen-trali in quanto coinvolgono direttamente il nostro mododi rapportarci agli altri, siano essi animali, embrioniumani o, magari in futuro, macchine intelligenti.In vero, il termine ha assunto nel corso della storia dellafilosofia significati particolari e specifici distinguendosidal vocabolo generico di consapevolezza al quale vienetalvolta assimilato. In questo senso, il filosofo statuni-tense John Searle accomuna la coscienza alla consape-volezza di sé: «La coscienza consiste in una serie di stati

e processi soggettivi. Essi sono stati di consapevolezza disé, interiori, qualitativi e individuali. La coscienza è al-lora quella cosa che comincia ad apparire al mattino,quando dallo stato di sogno e di sonno passiamo allostato di veglia e permane per tutta la durata del giorno

fino a sera, quando, tornando a dormire, diventiamoincoscienti. Questo è per me il significato del ter-mine “coscienza”».

QUALCHE DISTINZIONE

Un’ulteriore distinzione occorre fare trail concetto di coscienza e quello di auto-coscienza nel senso che, quest’ultima,appare al termine di un processo sem-pre più complesso rispetto alla primainiziale presa di coscienza nellaquale sappiamo confusamente chesiamo ma non ancora chi siamo. La psicologia ha ormai accertato che

solo nel secondo anno di vitail bambino entra nella fase

della autocoscienza rife-rendosi a sé come “io”: è

questo il primo contenuto di iden-tità, quello di esprimere la componente rifles-

siva che il soggetto sviluppa su di sé e di cui lagrammatica è espressione e codificazione».All’inizio del processo il bambino, invece, è coscientedel mondo esterno ma parla di sé in terza persona poichénon è ancora in grado d’identificare la sua soggettivitàpensante con l’oggettività del suo stesso corpo: quell’og-getto che è il più vicino a lui e da cui proviene un flussocontinuo di sensazioni. Quando sarà in grado d’identifi-care le sensazioni e percezioni di sé con il proprio corpoavrà acquisito quella forma di coscienza superiore che èl’autocoscienza.Insieme ad autocoscienza, si usa il termine di autocon-sapevolezza intesa come l’esplicito riconoscimento dellapropria esistenza ma non ancora sviluppata come io.

di Caterina Crispo

Il valore della coscienza

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ORIZZONTE GIOVANI

Parlando ai giovani a Sidney, du-rante la Giornata Mondiale dellaGioventù 2009, il santo Padre Bene-detto XVI ha detto che quando sisperimenta una gioia grande, non lasi può tenere per sé. La gioia dellafesta e l’entusiasmo spirituale, spe-rimentati durante quei giorni, sonostati un segno eloquente della pre-senza dello Spirito di Cristo. È stataquesta l’idea di fondo che ha fattonascere questa nuova rubrica “oriz-zonte giovani”, sorta dal desiderio divoler esplorare non solo lo sconfi-nato pianeta giovanile ma soprat-tutto di annunciare, testimoniare,quell’amore che riceviamo diretta-mente da Cristo, vivo nella Parola enell’Eucaristia. Comprendendo che tutti cerchiamola felicità, trovandola spesso in vieche deteriorano l’anima, ci siamochiesti: perché non far conoscereGesù a tutti coloro che incontriamo

“sulle nostre strade” e “per strada”,specialmente i giovani?L’attenzione ai giovani verso cuivorremmo volgere il nostro sguardonasce dall’esigenza di dare un nuovoslancio della pastorale giovanile per

favorire la piena soggettività dellenuove generazioni nella missionedella Chiesa e il loro coinvolgi-mento nel cammino globale dellaChiesa italiana.Per definire con maggior profonditàla fenomenologia del mondo giova-nile è necessario, dunque, interve-nire attraverso una rifondazione deltessuto aggregativo e formativo.Non si tratta di aggiornare le solitecose con operazioni di facciata, madi cogliere la sfida dei nuovi giovanie scrivere in essa la ricchezza delvangelo. Guardare il vissuto dei gio-vani con determinati chiavi di let-tura ci permette non solo didialogare, di capire e di farsi capire,ma anche di valorizzare ciò che dibuono e di importante percepiamonei giovani.È vero che oggi siamo di fronte acambiamenti altrettanto radicali cheancora di più esigono che il mondogiovanile sia ascoltato, osservato,

studiato e coinvolto con una nuovaattenzione globale. Forse si deve ri-scrivere anche la teoria, comunquesicuramente occorre entrare mag-giormente in dialogo con i nuovimodelli culturali che colorano ilmondo giovanile. Quali sono gli ele-menti che caratterizzano maggior-mente le giovani generazioni così dadeterminarne modi di vita, di pen-siero, di ricerca e di speranza? È pos-sibile trovare le coordinate culturalidi questo mondo giovanile, così chepoi si possa giungere a una pastoralegiovanile culturalmente attrezzata? All’interno di queste domande vo-gliamo avviare una nuova lettura o,più semplicemente, riproporci ilcammino di mutua interrogazionetra fede e vita. Ripartiamo ancoradalla Parola di Dio, che è maestranel metodo e nell’offrire quellaesperienza di fede che ha sempre sa-puto fare i conti con le culture in cuisi è incarnata.

Un Dio dal cuore giovanedi Enzo Picazio

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DIALOGO

La formazione al dialogo e alla co-municazione interpersonale è unadelle istanze più importanti del no-stro tempo. Viviamo su autostraded’informazioni e siamo esperti dellarete internet e delle relazioni vir-tuali tramite i net work, tra cuiFace Book. La Chiesa cattolica, cheper sua natura è dialogica – perchévive dell’amore trinitario e delle re-lazioni interpersonali (con il Padre,per mezzo dello Spirito, in Cristo)–, è chiamata a offrire il suo contri-buto per una pedagogia del dialogo.La comunicazione, infatti, a partiredall’evento della Parola che si èfatta carne, non è una semplice in-formazione o trasmissione di undato o di una verità, bensì un vis-suto storico che si fa relazione, checrea comunione.

LA COMUNICAZIONE È SEMPRE

UN EVENTO

Oggi, la comunicazione è diventatasempre più virtuale: avviene per e-mail, mediante i messaggi cellulari,con chatt, e quanto altro la rete in-formatica permette di costruire congrande efficacia e seduzione. Oc-corre curare la qualità delle rela-zioni, il contenuto e la forma dellacomunicazione. Il dialogo, quindi,è sempre un evento che coinvolgepersonalmente coloro che si met-tono in comunicazione. Le espe-rienze di dialogo tendono aimpoverirsi perché viene meno larelazione interpersonale, l’incontro

tra volti, e l’informazione prende ilsopravvento sulla comunicazionecome forma di comunione tra sog-getti. Spesso dimentichiamo che lacomunicazione è sempre un avve-nimento, cioè qualcosa di nuovo.

IDENTITÀ E ASCOLTO

Alla luce del pluralismo religioso edell’interculturalità, la formazioneal dialogo richiede la ma-turazione del senso dellapropria identità (culturale,religiosa, sociale) e un’at-tenzione critica a ogniforma di alterità e di di-versità. Il ventaglio dellerelazioni interpersonalipuò favorire un tipo dieducazione che permettedi scoprire le diversità, lealterità, le differenze (dilingue, di popoli, culture, di reli-gioni) come una grande risorsa perla propria crescita e non come unostacolo per la propria identità cheè, comunque, chiamata a raffor-zarsi e a maturare nei contenuti enelle modalità espressive. In questapedagogia del dialogo è compresoaltresì il processo di formazioneall’ascolto e il recupero del silenziocome elemento fondante della co-municazione (verbale e non).

GLI ELEMENTI DELLA COMUNICAZIONE

Sono questi i fattori essenziali dellacomunicazione: l’emittente (o tra-smittente), il ricevente (o destina-

tario), il codice (l’insieme dei se-gnali, dei simboli e dei segni, attra-verso i quali si veicola il messaggio),un messaggio (o contenuto, cioèl’insieme delle informazioni), uneffetto e il contesto di trasmissione.La comunicazione avviene neltempo, per cui è un processo sto-rico, in divenire, che accoglie oproduce effetti a breve, a medio o

anche a lungo termine. Il dialogoesige sempre l’interazione (scambidi messaggi tra comunicanti). È lospazio o luogo attraverso cui av-viene la ridondanza dei messaggi, lafrequenza, la costanza e la sistema-ticità delle informazioni. Tuttavia,gli esiti della comunicazione pos-sono verificarsi anche in modo in-conscio ed essere indiretti emediati. Ciò, per esempio, avviene,nel caso della comunicazione nonverbale (o anche analogica), attra-verso la visione di un’opera d’arte,l’uso dell’immaginazione, o l’avervisto un segno particolare, un gesto,un evento…

Imparare a comunicare: il dialogo,questione di vita o di morte

di Edoardo Scognamiglio

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MISSIONI

Nelle Filippine i giovani ancora av-vertono il desiderio di seguire GesùCristo. La Missione ha un’atten-zione particolare verso i poveri e imalati. P. Enrique Montero ci rac-conta eventi e attività vissuti in que-sti ultimi mesi.

SEGUIRE GESÙ CRISTO

Carissimi, riporto alcuni eventilieti che hanno caratterizzatol’anno 2009. Il giorno 18 marzo,8 postulanti hanno iniziato il no-viziato sotto la guida di fra GerardLofranco come Maestro e di FraDaniel Sugatan come Assistente. Il19 marzo, 2 novizi hanno emessola professione temporanea nellachiesa di St. Joseph FormationHouse a Tagaytay. Nel Seminariodi S. Maximilian Kolbe, Multina-tional (Paranaque), risiedono at-tualmente 6 professi temporaneisotto la guida di fra Dennis Vargas,rettore, e di fra Timothy Navarrocome Assistente. I professi tempo-ranei studiano la Teologia. Qui ri-siedono anche 2 frati di professionesolenne che si preparano per l’or-dinazione diaconale. Il 13 giugno,13 giovani hanno iniziato il primoanno di postulato, mentre altri 9hanno cominciato il loro secondoanno. Tutti quanti abitano nellaCasa di Formazione di San Giu-seppe, Tagaytay, sotto la guida difra Ireneus Daep come Direttore edi fra Mateo Faraon come Assi-stente. Speriamo in Dio che, entro

la fine del presente anno, avremol’ordinazione sacerdotale del Dia-cono fra Gabriel Pangilinan, comepure l’ordinazione diaconale di fraJohn Nathan Maagma e di Fra JoselMartinez.

CLINICA SANT’ANTONIO DI PADOVA

La Clinica Sant’Antonio continua ilsuo servizio ai più poveri della no-stra zona con il lavoro fedele ed ef-ficiente dei nostri medici e di altrepersone volontarie. L’orario di la-voro è giornaliero: lunedì, mercoledìe venerdì l’intera giornata, mentremartedì e giovedì mezza giornata.Una media di 80 persone al giornoricevono i servizi medici, la maggiorparte dei quali sono bambini. Le at-tività giornaliere della Clinica sono:la consulta medica regolare, l’atten-zione dentale, il servizio di labora-torio. Durante l’estate ci sono anchechirurgie minori come rimozione dicisti, circoncisione, mammografia.Durante l’estate vengono offertianche dei corsi per la formazionealla buona salute.Purtroppo, in questi ultimi mesi ilservizio di assistenza medica e le

La missione filippina:Vocazione e santità

medicine per i pazienti di tuberco-losi è stato sospeso perché le medi-cine necessarie non sono disponibili,neanche da parte del governo. Più dicento pazienti sono in attesa che unbel giorno questo servizio venga ri-preso. Chiediamo l’aiuto di amici ebenefattori per poter risolvere questalamentevole mancanza. La Clinicasta organizzando diverse attività perle feste di Natale allo scopo di donarealimenti, vestiti e regali a circa 300

famiglie della nostra zona.Anche per questa attivita ilpersonale della Clinica stachiedendo un aiuto dai bene-fattori. Alcuni mesi fa la Cli-nica ha avuto bisogno didiversi miglioramenti dellastruttura: studi dei medici, ladirezione, il soffitto, ecc.

EDUCAZIONE SANITARIA

La prevenzione è la forma primariadi approccio ad una malattia a cosìelevato tasso di diffusione. La Cli-nica, oltre alle cure, offre regolecomportamentali semplici, ma fon-damentali, per evitare il contagio ela diffusione della tubercolosi. Lostaff della clinica è inoltre sempre adisposizione di chi avesse dubbi inmerito.

PROFILASSI E CURA

Il paziente affetto da tubercolosiche spontaneamente si rivolge allaclinica per le cure del caso, si impe-gna ad accettare le indicazioni dellaclinica stessa Il paziente verrà se-guito per un minimo di sei mesi everrà sottoposto a cure secondo pa-rere medico e come indicato nel“Programma Governativo Filip-pino”.

di Giambattista Buonamano

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LITURGIA

Il Natale che celebriamo ci conduceverso la luce. Cristo è la luce dellegenti, quella luce che illumina ogniuomo. È la stella radiosa del mattinoche dissipa le tenebre della notte edella morte.Eppure, la Verità che si è fatta carnenon s’impone con forza e violenza.In realtà, si manifesta, si rivela, nellafragilità di un bimbo. Perché pos-siamo nasconderci a noi stessi manon alla presenza di Dio. La Veritàè Cristo che ha vinto la morte e piùnon muore. A questa vita nuovasiamo chiamati.

LA FESTA DELLA VITA

Il Natale è la festa della vita, della li-bertà. Così, ogni essere umano ha ildiritto di nascere, di crescere, diesprimersi, di raggiungere degliscopi, di creare comunione, di es-sere felice, di conoscere la gioia.Essere liberi significa vivere in Cri-sto, agire secondo la sua volontà.Essere pieni di gioia, vuol dire, in-vece, aver incontrato Cristo nellapropria vita, per strada, almeno unavolta, nel volto di un povero o di unfratello in difficoltà. Anche il sor-riso di un bambino o l’apprensionedi una mamma ci esprimono ilsenso della gioia e della libertà: per-ché si tratta di amare donando lavita. Ecco che cos’è la libertà: amaredonando la vita! Amare fino allamorte di croce. Amare nella spe-ranza di cambiare, di creare futuro.Cristo è stato un uomo libero. Li-

bero da ogni compromesso, dai po-teri politici, dal fascino dei soldi,dall’illusione delle ricchezze, dei fa-cili guadagni. Libero per amare, perdedicarsi al Padre e a noi.

L’UOMO NUOVO

Quando Paolo, nelle sue let-tere, ci parla dell’uomonuovo si riferisce all’espe-rienza dello Spirito che ilcristiano fa me-diante il batte-simo, cioè nellapartecipazione alla mortee risurrezione di Gesù.Il Natale ha molto da dircisull’uomo nuovo: perché ilbambino di Betlemme ènudo, spogliato, abbassato, po-vero, senza veli, senza maschere.È lì attaccato al seno della Madre,adorato da Giuseppe, contemplatoda angeli e santi, ma pure da gentecomune, da pastori, dalla poveragente. Stranamente, la situazione dell’in-digenza, della povertà, può farci ca-pire di più il mistero del Natale.Perché Dio parla nella povertà. Per-ché Dio si è spogliato. Una parolache spesso pronunciamo, soprat-tutto noi sacerdoti, è kenosis. Ingreco significa svuotamento oanche abbassamento. È una realtàche troviamo descritta nell’inno diPaolo ai Filippesi in 2,6-11. CristoGesù pur essendo nella forma di Diospogliò-svuotò-abbassò se stesso.

Dio dona se stesso grazie al suo in-finito amore: <Dio infatti ha tantoamato il mondo da dare il suo Figliounigenito> (Gv 3,16). Dio dona sestesso non solo in modo invisibile,nell’intimo dei cuori umani. Donase stesso anche in modo palese: “ri-

vela” veramente l’eterno misterodel suo amore nelle tenebredella notte di Betlemme.

L’ETICA DEL DONO

Il Natale ci rivelal’etica del dono,

l’etica dell’accoglienza, l’eticadell’ospitalità senza riserve.L’augurio più bello che pos-

siamo scambiarci per le festivitànatalizie è carico di speranza e di

fiducia: che il Cristo possa regnarenelle nostre case, essere accolto

povero e bimbo nei poveri dellastrada e nei bimbi ignudi e affamatiche incontriamo di fretta nei quar-tieri e nei vicoli delle città. Spe-gniamo, allora, tutte le false luci delNatale e lasciamoci illuminaredall’unica Luce, quella che splendeper ogni uomo: il Verbo della vita,Gesù, Figlio di Dio e Figlio del-l’uomo.O Bimbo di Betlemme,messia atteso nei secoli,luce delle genti:donaci di accoglierti giorno pergiorno,sulle strade della vita,e di adorarti sempre e in ogni luogo.Amen. Alleluia.

Cristo, Luce delle genti...

di Giuseppe Falanga

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SPIRITUALITÀ

Di seguito riportiamo un branodella vita di Santa Chiara, ammalatae provata, che può aiutarci e vivereil Natale con amore e concentra-zione.

“In quell’ora del Natale, quando ilmondo giubila con gli angeli per ilBambino appena nato, tutte leDonne si avviano per il Mattutinoal luogo della preghiera, lasciandosola la Madre gravata dalle infer-mità. E, avendo cominciato a pen-sare a Gesù piccolino e a dolersimolto di non poter partecipare alcanto delle sue lodi, sospirando glidice: “Signore Iddio, eccomi lasciataqui sola per Te!”. Ed ecco, all’im-provviso, cominciò a risuonare allesue orecchie il meraviglioso con-certo che si faceva nella chiesa diSan Francesco. Udiva i frati salmeg-giare nel giubilo, seguiva le armoniedei cantori, percepiva perfino ilsuono degli strumenti. Il luogo nonera affatto così vicino da consentireumanamente la percezione di queisuoni: o quella celebrazione solennefu resa divinamente sonora fino araggiungerla, oppure il suo udito furafforzato oltre ogni umana possibi-lità. Anzi, cosa che supera questoprodigio di udito, ella fu degna divedere perfino il presepio del Si-gnore. Quando, al mattino, le figlieandarono da lei, la beata Chiaradisse: “Benedetto il Signore GesùCristo, che non mi ha lasciata sola,

quando voi mi avete abbandonata!Ho proprio udito, per grazia di Cri-sto, tutte quelle cerimonie che sonostate celebrate questa notte nella

chiesa di Santo Francesco” (DallaLeggenda di Santa Chiara Vergine29, Fonti Francescane 3212).La Santa di Assisi ci invita a vivereil Natale con il presepe negli occhie nel cuore, il che vuol dire chequesta ricorrenza non deve esseresolo un mero fatto consumistico,ma un meditare sul significato del-l’Incarnazione e della Natività perrinvigorire il nostro vissuto spiri-tuale. È bello, inoltre, non viverloin modo intimistico, ma in comu-nione con tutta la Chiesa: tutti in-sieme – questo è proprio ilsignificato dell’Avvento – atten-

diamo la venuta definitiva di Cristo,nel ricordo della sua prima venuta.E’ importante riscoprire il valoredelle celebrazioni liturgiche: essesono il memoriale dei misteri diGesù e ci aiutano ad approfondirlie contemplarli. Festeggiare il Na-tale deve avere delle ripercussionipratiche nella nostra spiritualitàche partano dall’approfondimentodella nostra fede, dalla preghiera edallo sguardo contemplativo sul Si-gnore Gesù e sul amore per l’uma-nità: Santa Chiara ci aiuta a farlo. Cilasceremo coinvolgere dal suoesempio? A monte di questi percorso vi è lacostante preghiera, l’attenzionecontinua ai divini misteri, la praticaassidua delle virtù che caratteriz-zano un vero e proprio itinerarioascetico e la massima disponibilitàall’azione della grazia: è l’ereditàche Chiara lascia non solo alle con-sorelle ma anche all’uomo di oggi,vista la validità di tutti questi ele-menti che portano alla santità.L’itinerario spirituale della Santaparte dall’iniziativa di Dio, dallasua chiamata. Segue la rispostadell’uomo che si concretizza nel-l’imitazione del Cristo povero ecrocifisso. Il suo sguardo è rivoltocostantemente verso il Verbo in-carnata del cui mistero ella ha unavisione unitaria poiché ne contem-pla l’abbassamento, ma anche lagloria e la maestà.

di Raffaele Di Muro

Santa Chiara ci insegna a vivere il Natale

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ASTERISCHI FRANCESCANI

Il Natale di Francesco

Greccio - Natale del 1223Era il dicembre del 1223. Francesco mandò due frati da un certo Giovanni Vellita, il padrone del monte, doveera il romitorio. Grande amico di Francesco e buon cristiano, Giovanni ascoltò e esaudì la richiesta di preparareper la notte di Natale, proprio in quella grotta, il fieno, un bue e un asino; la pietra per la messa c’era, quellasulla quale Francesco aveva riposato. E’ la notte di Natale. Tutto è pronto. Pastori e contadini, con le torce in

mano, sono tutti lì, in attesa. Celebrante il parroco diGreccio. Al Vangelo, che proclamò con voce ferma,Francesco prese la parola e con calore parlò del re po-vero, del bambino nato nella grotta, della madre pove-rella e dunque del fiume d’amore che scorre e ciraggiunge. A molti parve che nella mangiatoia si ac-cendesse una grande luce e, secondo il racconto dellaLeggenda dei tre compagni, il bambino sembrava vivotra le braccia di Francesco.Betlemme non è solo in Palestina. Betlemme è là doveil Bambino guarda e sorride. Greccio è Betlemme. Se-minar morte per la conquista di quei luoghi santi è con-fondere la geografia della terra con la geografia delcielo. Le crociate non hanno conquistato quei luoghi.Li hanno coperto di vergogna. Ieri come oggi.

Giuseppe e il presepeAccanto o dietro la mangiatoia, Giuseppe. Egli amava intensamente Maria.Conturbatus, dice il Vangelo. Turbato, da cosa, perché? È il nostro occhiosenza luce che ci ha indotto a pensare che Giuseppe dubitasse di Maria, oa immaginarlo veccho, con la barba e il bastone. Egli era consapevole cheil mistero aveva preso dimora in Maria. E di fronte al mistero l’ebreo do-veva tenersi a distanza (Es 3, 5): il Sancta santorum era in fondo al tempio,luogo inaccessibile al popolo. Per questo l’angelo gli dice: Giuseppe, nontemere di portare Maria nella tua casa. Sì, è vero (gar=perché), quello chenasce in lei viene dallo Spirito. Sii il suo custode. Giuseppe l’ombra che avvolge la luce, perché non sia dissipata o profa-nata. È la luce senza la quale la notte è solo notte. Il Natale è la nottedella luce.

di Orlando Todisco

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ARTE

Nel periodo di Natale la nostra con-templazione del Verbo incarnatopassa attraverso la secolare tradi-zione del presepe. Esso esprime nonsolo l’arte ma anche la fede di unpopolo. Ripercorrere la storia delpresepe, in particolare di quello na-poletano, significa ripercorrere lastoria stessa di Napoli. Fu san Gaetano da Thiene, religiosoveneto che visse a Napoli dal 1533 al1547, amico del cardinale Gian Pie-tro Carafa, poi papa Pio IV, a immet-tere nel presepe l’elemento coralepopolare, favorendo l’introduzionedi figure tratte dalla vita quotidianache nascevano dall’estro dei devoti.I personaggi erano vestiti non comei giudei all’epoca di Gesù, ma conabiti del Cinquecento. Si ebbero cosìpresepi “canonici” con i personaggidel Vangelo, e quelli “familiari”, conl’aggiunta dei vari personaggi dellavita cittadina. Questa innovazioneebbe un tale riscontro da far ritenereche il santo fosse l’inventore del pre-sepe napoletano. Nel Seicento abbiamo il passaggiodel presepe dal culto in chiesa alladevozione privata. Di conseguenza,sotto l’aspetto artistico, assistiamo alcambiamento dalle grandi figurepresepiali di legno immobili a quellepiù piccole snodabili, detto “pastore”con la testa e le estremità di legno,costituito da una struttura in filo diferro coperto da cascame di canapa,la “stoppa”. D’ora in poi saranno i ca-noni estetici della moda del tempo a

condizionare le scene del presepe, enon più quelli liturgici. È in questoperiodo, infatti, che compare nelpresepe, l’episodio della «taverna».L’osteria fu rappresentata con l’espo-sizione delle varie merci da partedegli osti: salami, salsicce, capretti,cacciagione e, sotto un albero verde,i vari vini esposti. Si vedevano anche

i mezzi maiali, i quarti di vaccina evitelloni. Molti ricchi borghesi na-poletani iniziarono ad acquistaredall’aristocrazia decaduta interifeudi, e con essi il titolo nobiliare. Ilpresepe diventa così rappresenta-zione espressiva dell’ascesa bor-ghese. Le ricche scenografie diquesto periodo, che comprendevanointeri borghi rurali, masserie, mu-lini, erano una riproduzione in pic-colo dei territori acquisiti, e la folladei pastori che li popolavano rappre-sentavano gli abitanti di quelle pro-prietà. Nel Settecento siamo nel periodod’oro del presepe napoletano; carat-terizzato da un’accentuata moder-nità, eleganza e preziosità. Le figurepresepiali diventano caricaturali coni loro caratteristici costumi dagli in-

numerevoli dettagli, frutto della cul-tura illuministica del tempo. S’iniziòa produrre figure con teste e arti interracotta con occhi di vetro, otte-nendo quindi maggiore espressivitàe possibilità di posture e situazioni;si stabilisce inoltre la “misura ter-zina” (circa 40 cm) per creare mag-giore armonia d’insieme. Il massimosplendore, anche scenografico, delpresepe napoletano si ebbe conCarlo III di Borbone (1734-59), poiCarlo III di Spagna) che ne fece stru-mento di propaganda religiosa favo-rendo la moda dei grandi presepiprivati nelle dimore principesche eborghesi. Tuttavia il consenso popo-lare mutò il fine religioso e moralein “scena di genere” introducendouna variata corte dei miracoli conpersonaggi eleganti e straccioni, ta-verne e mercati ricchi di frutta, or-taggi e animali; cortei di orientali,mori e odalische, cani, cammelli,elefanti e scene di vita familiare e so-ciale. Gli usi, i costumi e i mestieridel popolo napoletano erano am-bientati non più in una remota Pa-lestina, ma nei vicoli della città,come si può ammirare nel “presepeCuciniello” esposto al Museo di SanMartino. È questo il “presepe napoletano”:tradizionalismo e nello stesso tempoantitradizionale, religioso e altret-tanto laico, contemplativo e altret-tanto rumoroso e dissacrante, ingrado di accrescersi continuamentedi nuove figure.

Il presepe napoletanotra sacro e profano

di Paolo D’Alessandro

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Regista: Roland EmmerichTitolo originale: 2012Durata: 158'Genere: Fantascienza, DrammaticoNazione: U.S.A.Lingua originale: ingleseAnno: 2009Uscita: 13 Novembre 2009 Attori: John Cusack, Woody Har-

relson, Thandie Newton,Johann Urb, Amanda Peet,Oliver Platt, Danny Glover,Chiwetel Ejiofor, GeorgeSegal, Jimi Mistry

Soggetto: Harald Kloser, RolandEmmerich

Sceneggiatura: Roland Emmerich,Harald Kloser

TRAMA DI 2012

Il 2012 è l’anno in cui, secondo ilcalendario Maja, avrà luogo la finedel mondo. Mentre la fatidica datasi avvicina, il Professor West vienea conoscenza di alcune tempestesolari di forte intensità che hannocolpito il pianeta. Lo scienziato prova a dare l’al-larme, ma viene osteggiato dallacomunità scientifica, non riu-scendo a comunicare le informa-zioni in suo possesso al presidentedegli Stati Uniti d’America. In-tanto, il tempo passa e le catastrofisi fanno sempre più frequenti...Il film è ricco di azioni, avvin-cente, molto fantastico più cherealistico.

La sceneggiatura che Kloser edEmmerich hanno scritto è, permolti versi, la più imponente av-ventura che Emmerich abbia maitentato. Per portare tutto sulloschermo, mette assieme effettispeciali e visivi, che, come dice ilregista, gli hanno offerto la possi-bilità di scegliere il modo miglioredi realizzare una scena. “L’obiet-tivo è che lo spettatore non sia in

grado di riconoscere quello cheabbiamo realizzato concretamentee quello che invece è un effettovisivo creato con il computer”,spiega lo scenografo Barry Chusid.“La speranza è che si guardi il filme ci si chieda dove hanno trovato

la montagna per costruire tuttequeste cose?”.Per esempio, i realizzatori hannocostruito alcuni set esterni con ilpavimento tremolante, dei set gi-ganteschi poggiati su delle sospen-sioni che il regista poteva azionarementre gli attori ci correvanosopra. “Roland ha preso un’interastrada cittadina, con delle palme,il cemento, le facciate degli edifici

e ha messo tutto su questesospensioni giganti, di-cendo che dovevamocorrerci sopra, arrivarealla macchina e par-tire”, ricorda Cusack.Alla fine, come sostienel’attore, “mi sono tro-vato in mezzo all’acqua,il fuoco, la terra, nuvoledi cenere e terremoti,insomma praticamentetutto quello che si puòimmaginare. Ho gui-dato qualsiasi veicoloimmaginabile in mezzoa ogni disastro immagi-nabile. È stato decisa-mente intenso”.Di questo film tanto at-

teso, si può affermare:“Tanto rumore per nulla”. A voltebasta poco per creare panico epaura tra la gente. Il film non co-glie alcuna possibile proiezionerealistica per il futuro... Certa-mente, i disastri ecologici costitui-scono un monito per noi.

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CINEMA

La paura per il futurodi Giuseppina Costantino

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È la manifestazione sportiva più importante del2010, insieme ai Mondiali di Calcio, e per due setti-mane riaccenderà lo spirito olimpico. I XXI GiochiOlimpici invernali si disputeranno a Vancouver,quattro anni dopo l’edizione italiana di Torino, dal12 al 28 febbraio 2010. Sarà la terza manifestazione olimpica a svolgersi nelterritorio delle Foglia d’acero, dopo Montreal 1976e Calgary 1988. La XXI Olimpiade Invernale è stataassegnata a Vancouver il 2 luglio 2003 durante il115° congresso del Cio svoltosi a Praga. La città ca-nadese ha vinto la concorrenza di Salisburgo e Pye-ongChang. Le gare si svolgeranno a Vancouver perquanto riguarda le discipline da ghiaccio, mentreper quelle da neve si gareggerà nei dintorni dellacittà. Il 23 aprile 2005 è stato presentato il logo uf-ficiale della XXI Olimpiade Invernale, che è statochiamato Ilaanaq, termine della lingua inuktitutparlata dagli Inuit che significa “amico”, e rappre-senta un inukshuk una fi-gura formata da sassiimpilati usata per segna-lare una direzione o comepietra miliare dalle popo-lazioni del Canada artico(analogo all’ometto utiliz-zato dagli escursionisti edagli alpinisti).L’inukshuk olimpico èformato da cinque parti,tante quanti sono i cinquecerchi olimpici, di cui ri-prende anche i colori: latesta è verde, la linea delle

braccia è nera, il tronco è blu, la gamba sinistra èrossa mentre la destra è gialla.Il numero dei paesi partecipanti a questa edizione

dei Giochi olimpici invernali è ancora sco-nosciuto, ma sono stati stimati intorno ad ot-tanta. I paesi di seguito elencati presentanoalmeno un atleta qualificato. Ghana, Baha-mas, Gabon, Malta ed Isole Cayman farannoil loro debutto.Saranno quindici le discipline ad animare iquindici giorni di gare: biathlon, bob, com-binata nordica, curling, freestyle, hochey sughiaccio, pattinaggio artistico, pattinaggio divelocità, salto con gli sci, sci alpino, sci difondo, short track, skeleton e snowboard.Non resta che augurare un in bocca al lupoa tutti gli atleti, soprattutto agli azzurri. Chepossano portare a casa tante medaglie!

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SPORT

Diventare amici nello sport

XXI Giochi olimpiaci invernali

di Marco Santamaria

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Elezione del nuovoMinistro Provincialedi Napoli (Castellammare, 26 marzo 2009).Foto di gruppo dei frati capitolari e non.

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EVENTI

Definitorio provincialeda sinistra: p. Giambattista Buonamano, p. Felice Autieri, p. Edoardo Scognamiglio, p. Angelo Palumbo, p. Agnello Stoia,p. Emanuele Iovannella.

Ischia, 19 novembre 2009Lectio divina sul discepolo di Gesù

Filippine, visita alla comunità di Tagaytay (20 ottobre 2009)

Filippine, giovani della parrocchia San Lorenzo

Filippine, clinica di Sant’Antonio (21 ottobre 2009)

Lioni, 5 dicembre 2009Incontro con gli studenti per il dialogo interreligioso

Montella, incontro di pastorale giovanile (25 aprile 2009)

P. Edoardo ScognamiglioNeo eletto Ministro Provincialedi Napoli

La redazione

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IN BOOK

P. Branca, Guerra e pace nel Corano, Edizioni Messaggero, Padova 2009, euro 9.ContenutoDi fronte a fatti come quelli dell’11 settembre 2001, all’orrore e all’indignazione con-viene affiancare un’approfondita riflessione sul tessuto sociale nel quale ha potutocrescere un odio tanto assoluto e distruttivo. Si tratta di capire come mai l’islam possaessere così facilmente ed efficacemente strumentalizzato; dire che l’islam e i musul-mani siano “per loro stessa natura” fanatici e aggressivi è un giudizio sbrigativo emolto discutibile. Sebbene faticoso, l’apertura al confronto, è uno sforzo irrinuncia-bile, un indispensabile confronto sull’essenza delle nostre rispettive identità religiose,senza pretendere di ignorare gli altri o di ridurli forzatamente alla propria misura.Il libro esce per la nuova collana “hiwar-dialogo” diretta dal teologo padre EdoardoScognamiglio, Ofm conv.

U. Galimberti, I vizi capitali e i nuovi vizi, Feltrinelli, Milano 2008, pp. 128, euro 6.ContenutoIl libro presenta i vizi capitali riletti alla luce della contemporaneità e una squenzadi “nuovi vizi” che coincidono con “tendenze collettive” a cui l’individuo riescea opporre deboli resistenze, pena l’esclusione sociale. Umberto Galimberti prendele mosse dai vizi capitali: Accidia, Avarizia, Gola, Invidia, Ira, Lussuria, Superbia.Identificati come “abiti del male” da Aristotele, come “opposizione della volontàdell’uomo alla volontà divina” nel Medioevo, appaiono infine come manifesta-zione psicopatologica nel Novecento. E anche i “nuovi vizi” (la sociopatia, la spu-doratezza, il consumismo, il conformismo, la sessomania, il culto del vuoto)appaiono non come caratteristiche della personalità, ma come momenti di dis-solvimento della personalità.

C.M. Martini, Le ali della libertà. L’uomo in ricerca e la scelta della fede, Piemme,Casale Monferrato 2009, pagine 109, euro 15.ContenutoIl cardinal Martini tratteggia il percorso che ogni uomo può affrontare per sceglieredi vivere la fede cristiana. Attraverso la ricca filigrana della Lettera ai Romani, Mar-tini riflette sul come usare le parole antiche della Scrittura per comunicare oggi icontenuti eterni e universali del messaggio d'amore di Gesù. Occorre non distan-ziarsi dal vocabolario biblico ed evangelico, ma ridirlo in maniera comprensibile,quasi colloquiale, affinché l’essenza dell’annuncio arrivi a tutti. È un lavoro lungoe impegnativo, che presuppone di aver interiorizzato tutto il messaggio a cui - conprofonda libertà interiore - si è scelto di aderire. È un profondo scavo in se stessi,che richiede di essere talmente penetrati dal Mistero di Gesù da poterlo raccontare in tutte le forme pos-sibili, sia quelle più classiche sia quelle più moderne, senza tradire il pensiero fondamentale..

La redazione

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FUMETTI

di Mario Ferrone

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