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L’ORCHESTRA Si sente spesso dire che c’è una certa differen- za tra l’ascolto della musica registrata e l’a- scolto dal vivo, e forse in nessun altro caso come quando si ascolta un’orchestra sinfonica si capisce in cosa consista la differenza. Gli strumenti musicali collocati in posizioni diverse sul palcoscenico producono un effetto sonoro diverso da quello dei diffusori dello stereo: l’ascoltatore è interamente avvolto dai suoni e l’orecchio ne avverte la diversa provenienza. Gli strumenti nell’orchestra L’orchestra è divisa in sezioni chiamate fami- glie, corrispondenti ai diversi gruppi di stru- menti. Il loro insieme e la loro disposizione corri- spondono a una logica ben definita: ogni famiglia di strumenti ricopre nell’orchestra una funzione determinata, ed esiste una sorta di gerarchia tra di loro. Ad esempio, gli archi, che per storia e tradizione sostengono la maggior parte della fatica, sono in primo piano; gli ottoni sono invece più lontani, sia perché il loro suono è più potente, sia perché la loro funzione nell’orchestra prevede di solito una minore partecipazione. La funzione e il progressivo modificarsi del ruolo degli strumenti dell’orchestra dipendono dalla storia e dalle esigenze del compositore, che considera l’orchestra come un unico gran- de strumento dalle possibilità quasi illimitate, suonato da trenta o da cento musicisti. Su tutti, domina il direttore d’orchestra, che guida il gruppo interpretando lo spartito. Quanti musicisti? La storia dell’orchestra sinfonica è caratterizza- ta da un progressivo aumento dell’organico. Prima del Settecento non si può parlare pro- priamente di un’orchestra in senso moderno, in quanto la musica era eseguita da piccoli gruppi. Mano a mano poi che la struttura musicale diviene più articolata e complessa, il numero degli strumentisti aumenta. Nel Settecento, ad esempio, le sinfonie di Mozart prevedono un numero limitato di musicisti, poco più di una trentina. Pochi anni dopo, Beethoven chiederà un organico più che doppio, e per alcune sinfo- nie di Mahler (all’inizio del Novecento) ne occorrono non meno di un centinaio. Le sezioni La sezione degli archi forma l’ossatura dell’or- chestra sinfonica ed è suddivisa in cinque parti: violini primi e secondi, viole, violoncelli e con- trabbassi. I violini primi sono quelli cui solita- mente verranno affidate le parti di maggior rilie- vo e di maggiore difficoltà: il ruolo di primo vio- lino è quello di più grande prestigio in tutta l’or- chestra. Per ragioni di equilibrio sonoro, un’or- chestra con venti violini primi avrà in genere diciotto o venti violini secondi, quattordici viole, dodici violoncelli e otto contrabbassi. La sezione dei legni è solitamente costituita da due esecutori per strumento (due flauti, due oboi, due clarinetti e due fagotti) ciascu- no dei quali suona una parte diversa. A volte, per necessità di partitura, possono esserci tre strumentisti per ogni sottogruppo: il terzo esecutore in quel caso suona uno strumento ‘collegato’: l’ottavino (flauto), il corno inglese (oboe), il clarinetto basso (clarinetto) e il con- trofagotto (fagotto). La sezione degli ottoni è comunemente costituita da quattro corni, tre trombe e tre tromboni. A volte si aggiungono altri ottoni, come la tuba, il trombone basso o la tuba wagneriana, proget- tata dal compositore tedesco per la sua musica. La sezione delle percussioni, oltre all’esecu- tore che suona i timpani, impiega tradizional- mente uno o due musicisti, ciascuno dei quali si occupa di diversi strumenti. Il gruppo di percussioni base a metà Ottocento consisteva in tamburo militare, grancassa, piatti e triangolo. Nella musica del Novecento troviamo composizioni che richie- dono anche dieci o più percussionisti e decine di strumenti diversi. A questi quattro gruppi si affianca a volte una coppia di arpe. APPROFONDIMENTO

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L’ORCHESTRASi sente spesso dire che c’è una certa differen-za tra l’ascolto della musica registrata e l’a-scolto dal vivo, e forse in nessun altro casocome quando si ascolta un’orchestra sinfonicasi capisce in cosa consista la differenza.Gli strumenti musicali collocati in posizionidiverse sul palcoscenico producono un effettosonoro diverso da quello dei diffusori dellostereo: l’ascoltatore è interamente avvolto daisuoni e l’orecchio ne avverte la diversa provenienza.

Gli strumenti nell’orchestraL’orchestra è divisa in sezioni chiamate fami-glie, corrispondenti ai diversi gruppi di stru-menti. Il loro insieme e la loro disposizione corri-spondono a una logica ben definita: ognifamiglia di strumenti ricopre nell’orchestrauna funzione determinata, ed esiste una sortadi gerarchia tra di loro. Ad esempio, gli archi, che per storia e tradizionesostengono la maggior parte della fatica, sono inprimo piano; gli ottoni sono invece più lontani,sia perché il loro suono è più potente, sia perchéla loro funzione nell’orchestra prevede di solitouna minore partecipazione.La funzione e il progressivo modificarsi delruolo degli strumenti dell’orchestra dipendonodalla storia e dalle esigenze del compositore,che considera l’orchestra come un unico gran-de strumento dalle possibilità quasi illimitate,suonato da trenta o da cento musicisti.Su tutti, domina il direttore d’orchestra, cheguida il gruppo interpretando lo spartito.

Quanti musicisti?La storia dell’orchestra sinfonica è caratterizza-ta da un progressivo aumento dell’organico.Prima del Settecento non si può parlare pro-priamente di un’orchestra in senso moderno, inquanto la musica era eseguita da piccoli gruppi.Mano a mano poi che la struttura musicalediviene più articolata e complessa, il numerodegli strumentisti aumenta. Nel Settecento, adesempio, le sinfonie di Mozart prevedono un

numero limitato di musicisti, poco più di unatrentina. Pochi anni dopo, Beethoven chiederàun organico più che doppio, e per alcune sinfo-nie di Mahler (all’inizio del Novecento) neoccorrono non meno di un centinaio.

Le sezioniLa sezione degli archi forma l’ossatura dell’or-chestra sinfonica ed è suddivisa in cinque parti:violini primi e secondi, viole, violoncelli e con-trabbassi. I violini primi sono quelli cui solita-mente verranno affidate le parti di maggior rilie-vo e di maggiore difficoltà: il ruolo di primo vio-lino è quello di più grande prestigio in tutta l’or-chestra. Per ragioni di equilibrio sonoro, un’or-chestra con venti violini primi avrà in generediciotto o venti violini secondi, quattordici viole,dodici violoncelli e otto contrabbassi.

La sezione dei legni è solitamente costituitada due esecutori per strumento (due flauti,due oboi, due clarinetti e due fagotti) ciascu-no dei quali suona una parte diversa. A volte,per necessità di partitura, possono esserci trestrumentisti per ogni sottogruppo: il terzoesecutore in quel caso suona uno strumento‘collegato’: l’ottavino (flauto), il corno inglese(oboe), il clarinetto basso (clarinetto) e il con-trofagotto (fagotto).

La sezione degli ottoni è comunementecostituita da quattro corni, tre trombe e tretromboni. A volte si aggiungono altri ottoni, come la tuba,il trombone basso o la tuba wagneriana, proget-tata dal compositore tedesco per la sua musica.

La sezione delle percussioni, oltre all’esecu-tore che suona i timpani, impiega tradizional-mente uno o due musicisti, ciascuno dei qualisi occupa di diversi strumenti.Il gruppo di percussioni base a metàOttocento consisteva in tamburo militare,grancassa, piatti e triangolo. Nella musica delNovecento troviamo composizioni che richie-dono anche dieci o più percussionisti e decinedi strumenti diversi.

A questi quattro gruppi si affianca a volte unacoppia di arpe.

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La disposizione degli strumentiIl posto degli orchestrali è stabilito dal diret-tore. Primi e secondi violini si trovano abi-tualmente alla sinistra del direttore, le viole, ivioloncelli e i contrabbassi sulla destra. I fiati sono di fronte al direttore, ma dietro gliarchi, e le percussioni in fondo.

L’orchestra per il melodramma è posta fuoridel palcoscenico (dove devono muoversi icantanti), nel cosiddetto “golfo mistico” delteatro, uno spazio ricavato davanti alla scena,sotto il livello del pavimento.

Storia dell’orchestra La fisionomia dell’orchestra moderna si defi-nisce progressivamente nel corso dei secolitra il 1600 circa e il 1750 circa. Fu infattiClaudio Monteverdi nell’Orfeo (1607) il primoa prevedere con precisione un organico orche-strale che affiancava agli archi con basso con-tinuo (affidato al clavicembalo)strumenti a fiato e a pizzico.

All’inizio del Settecento la sezionedegli archi aveva già trovato la suasistemazione quasi definitiva e adessa si aggiungevano spesso coppiedi oboi e di flauti, e un fagotto. Ilclarinetto fu aggiunto verso lametà del Settecento poco dopo lasua invenzione. Trombe e timpani, che già eranopresenti nella musica barocca, ven-nero aggregati stabilmente a fineSettecento, mentre i trombonientrarono prima nell’orchestra d’o-pera (a fine Settecento) e poi inquella sinfonica (a inizioOttocento). Sempre nella secondametà del Settecento ad imitazionedella musica militare turca, venne-ro introdotti triangolo, piatti egrancassa. La tuba fece la suacomparsa solo nell’Ottocento.

Il direttore d’orchestra e i grandi direttoriIl direttore d’orchestra, colui cioè che dàunità d’interpretazione, detta il tempo e dirigela massa sonora degli strumenti, è una figurarelativamente recente che risale alla metàdell’Ottocento. Si potrebbe addirittura azzar-dare una data precisa per questa nascita: il 10giugno 1856, quando all’Hoftheater diMonaco di Baviera, per la prima rappresenta-zione dell’opera Tristano e Isotta di Wagner,salì sul podio il giovane musicista Hans vonBülow (1830-1894), allievo di Liszt e grandeestimatore di Wagner. La sua gestione magistrale dell’orchestra el’intelligenza che espresse nell’interpretare lamusica ne fecero un beniamino del pubblicodi tutti i teatri d’Europa. Il suo merito erastato quello di trasformare un insieme di

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L’orchestra nei salotti…

bravi musicisti, come era l’orchestra che diri-geva, in un organico affiatato e coerente.Quale era lo stile di Von Bülow? Appassionatoe rigoroso insieme: molto esigente nei con-fronti dei suoi strumentisti, ai quali chiedevail massimo impegno, non esitava neppure adintervenire sullo spartito quanto riteneva dipoterlo migliorare, e non mancava di esibizio-ni teatrali. Si racconta, ad esempio, che ese-guì la Sinfonia ‘Eroica’ di Beethoven portandoguanti bianchi che cambiò in un paio diguanti neri al momento di eseguire la Marciafunebre. Hans von Bülow è considerato il primo gran-de direttore d’orchestra in senso moderno eha in pratica dato il via a una nuova professione. Infatti tra fine Ottocento e inizio Novecentoalcuni suoi ‘colleghi’ cominciarono a dominare la scena.

Arthur Nikisch(1855-1922), succes-sore di Von Bülow aBerlino, aveva unostile profondamentediverso da quello delsuo predecessore.Virtuoso del violino,Nikisch stabiliva unrapporto quasimagnetico con i suoimusicisti ai quali nondava particolari indica-zioni, ma che cercava di coinvolgere emotiva-mente nell’impresa comune dell’esecuzione.Von Bulow e Nikisch rappresentano quindidue estremi della figura del direttore d’orche-stra: autoritario e direttivo il primo, complicee coinvolgente il secondo.

Gustav Mahler (1860-1911) diresse aBudapest, Amburgo, New York e soprattutto a

Vienna, e divenne solo successiva-mente un importante compositore.Il suo merito fu di migliorare gran-demente la qualità delle esecuzionidi tutte le orchestre che diressegrazie alla sua competenza dimusicista.

La grande figura che segnerà ilNovecento è però ArturoToscanini, la cui carriera durò ben67 anni in Italia e negli Stati Uniti.Egli influenzò lo stile della direzio-ne in tutto il mondo, dando vita adun vero e proprio culto. Il suo stileprevedeva la massima aderenzapossibile alle intenzioni dell’autoreche risultavano dalla partitura,senza arbitrari interventi o licenzedi qualsiasi tipo. Toscanini ripartìquindi dagli spartiti originali, stu-diandoli con una cura sconosciutaprima di lui. La sua autorevolezzae l’attenzione ai particolari, assie-me alla conoscenza straordinariadei testi e alla proverbiale memo-ria (grazie alla quale poteva dirige-re senza partitura) lo hanno resoun caposcuola nel Novecento.

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… e l’orchestra popolare nelle strade (sec. XVII).

Un’altra figura di direttore che ha dominato laseconda metà del Novecento è certamentequella dell’austriaco Herbert von Karajan(1908-1989) che da Toscanini derivava la fedel-tà allo spartito cui aggiungeva una cura perfe-zionistica richiesta ai musicisti dell’orchestra.Sotto di lui, i Berliner Philharmoniker divenne-ro la migliore orchestra del mondo. La sua

ricerca quasi maniacale della perfezione natadalla fedeltà al testo e la qualità estrema dell’e-secuzione gli consentirono di ottenere dall’or-chestra nuove e splendide sonorità. L’emozionesuscitata nell’ascoltatore dalle sue esecuzioninon nasce da aspetti particolari, ma dal rigorescrupoloso dell’insieme e da una esemplarenitidezza formale.

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Questa sequenza di immagini di Karajan mentre dirige dà l’idea della sua gestualità elegante, quasi signorile,che deriva dall’accordo ormai perfetto raggiunto con la ‘sua’ orchestra.

Arturo Toscanini (1867 - 1957)Nato a Parma nel 1867 da una famiglia dimodeste condizioni, studiò violoncello e com-posizione presso il conservatorio della suacittà grazie a una borsa di studio. Appenadiplomato, si unì a una modesta orchestra peruna tournée in Sud America, nel corso dellaquale il direttore, fischiato dal pubblico, siammalò. Per fronteggiare l’emergenza, gli altri

musicisti, che avevano notato la sua sorpren-dente conoscenza degli spartiti, lo invitaronosul podio. In quel momento (Toscanini aveva19 anni) iniziò la sua carriera di direttored’orchestra, dapprima con orchestre modesteche però servirono come duro apprendistato,poi (dal 1898) alla Scala di Milano dove rima-se fino al 1908 e dove ritornò negli anni

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Queste fotografie degli anni Trenta, un po’ scolorite, riprendono le varie fasi in cui Toscanini dirige l’orchestra. Il suogesto è semplice e chiaro e la sua attenzione è rivolta a tutta l’orchestra: è proverbiale la sua capacità di distinguereil comportamento di ogni singolo strumentista. Poteva capitare anche che lo si sentisse cantare, piangere e gestico-lare come fosse sulla scena, lasciandosi trasportare dal flusso che lui stesso aveva impresso alla musica.

Venti del Novecento, dopoavere diretto alMetropolitan di New York.Amico di Puccini, che lostimava enormemente,diresse molte ‘prime’ dellesue opere (La bohème, Lafanciulla del West eTurandot). Diresse inoltre leprime rappresentazioni ita-liane di Sigfrido, DieGötterdammerung, Salomè,Pelléas et Mélisande, le‘prime’ sudamericane diTristan und Isolde eMadama Butterfly e la‘prima’ nord americana diBoris Godunov.Nell’Italia del primo dopo-guerra insistette nell’ese-guire musica tedesca mal-grado l’ostilità del pubblicoitaliano. Poi i suoi contrasticon il regime fascista loportarono dal 1929 primain America, a dirigere laNew York PhilharmonicOrchestra, poi a Bayreuth(dove fu il primo direttorenon tedesco) e infine aSalisburgo. Abbandonata la Germanianel 1936 in opposizionealle leggi razziali naziste,diresse il concerto inaugu-rale della PalestineSymphony Orchestra (oraIsrael PhilharmonicOrchestra) a Tel Aviv.Ritornato negli Stati Uniti,venne per lui fondata laNBC Symphony, con laquale lavorò regolarmentefino al 1954 alla radio ealle televisioni nazionali.Ritornò alla Scala per l’ulti-ma volta nel 1946, dopo lafine della Seconda guerramondiale, con un memora-bile concerto dedicato in gran parte all’operaitaliana. Si ritirò quando aveva 87 anni.

Morto nel 1957 a New York, è sepolto alCimitero Monumentale di Milano.

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