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LOMBALGIA COME PROBLEMA SOCIALE Per sviluppare un ragionamento cri- tico ed efficace sulla lombalgia è oppor- tuno considerare innanzi tutto la sua enorme diffusione, che, al giorno d’oggi, fa assumere a questo disturbo un caratte- re di vera e propria epidemia. 1 L’espansione del fenomeno e la sua diffusione in particolar modo tra la popo- lazione attiva ha dunque portato l’atten- zione dei ricercatori anche in questa direzione. Una delle pietre miliari di questa ricerca è stata la monografia elaborata dall’Unità Operativa per lo Studio dei Disordini Vertebrali del Quebec (Quebec Task Force on Spinal Disorders) 2 . I due anni di lavoro di questa U.O. hanno permesso di affrontare il proble- ma del dolore lombare da diversi fronti, provando tra l’altro a dimensionare il fenomeno a livello epidemiologico. Dunque, lo studio dell’incidenza per- centuale dei disturbi alla colonna fra i lavoratori del Quebec dimostrò: di tutte le richieste di indennizzo per malattia il 14,3% erano dovute a dis- turbi della colonna di tutti i costi di risarcimento, il 28,5% erano riferiti alla patologia dei disturbi vertebrali di tutti i lavoratori risarciti per pato- logia alla colonna, il 70% aveva pro- blemi in zona lombare. Epidemiologia nel mondo La diffusione del dolore lombare vie- ne spesso descritta come tipica delle società industrializzate. Una delle cause eziopatologiche del problema viene attribuita alla sedentarie- tà dei nostri attuali stili di vita in con- trapposizione alla maggiore attività dei nostri predecessori. Questo può essere certamente vero, ma ciò comunque non esclude che la portata del fenomeno sia trasversale, comprendendo individui di diverse fasce sociali, con diverse attività svolte, in diverse parti del mondo. Un recentissimo studio svolto in Nigeria da Omokhodion 3 rivela come anche in quella comunità la lombalgia sia un problema diffuso, tanto che l’Au- tore stesso paragona le percentuali rac- colte ai livelli registrati nei paesi indu- strializzati. Su un campione di 474 individui, 271 uomini (57%) e 203 donne (43%), nei 12 mesi precedenti la prevalenza di dolore lombare era del 44%, con una maggioranza fra gli uomini (49%) sulle donne (39%). Il tasso più alto è stato registrato fra i coltivatori (85%) ed il più basso fra le casalinghe (32%), associato con una sto- VOL. 7 N. 2 GIUGNO 2005 SCIENZA RIABILITATIVA 5 SCIENZA RIABILITATIVA 2005; 7.2 : 5-20 LOMBALGIA COME PROBLEMA SOCIALE LOMBALGIA COME PROBLEMA SOCIALE GERARDO CAPALDO* * Fisioterapista U.O. Terapia Fisica e Riabilitazione Centro Educazione Motoria ASL 3 Genovese Direttore del sito FisiOnLine www.fisionline.org RECAPITI: Dott. Gerardo CAPALDO E-mail: [email protected] Centro Educazione Motoria ASL 3 Genovese Tel. 010 6448.707 – 734 Parole chiave: lombalgia, epidemiologia, trattamento meccanico, McKenzie INTRODUZIONE La lombalgia (Low Back Pain, LBP) è divenuta negli ultimi anni una delle patologie più diffuse nei paesi industria- lizzati ed è una delle cause più frequen- ti di assenza dal lavoro, colpendo pre- valentemente soggetti in età produttiva. Che il mal di schiena sia così comu- ne non dovrebbe sorprendere, soprattut- to se si considera la particolare anato- mia della colonna composta da numero- si elementi cui è richiesta una triplice funzione: protezione dell’asse nervoso inserito nella sua cavità assiale; sostegno del peso corporeo e dei carichi che ad esso sono trasferiti nell’uso quotidiano degli arti supe- riori; possibilità di mobilità flessio-torsio- nale del tronco. Tali requisiti sono indubbiamente di difficile conciliazione. L’azione di sostegno richiederebbe un sistema d’appoggio il più robusto e rigido possibile (similmente alla solu- zione seguita negli arti inferiori) e que- sto sarebbe compatibile con la funzione di protezione ma non con quella di mobilità, che per essere assolta necessi- ta di discontinuità strutturali. Ed è proprio la funzione di mobilità che, essendo preminente, condiziona fatalmente il progetto biomeccanico della colonna vertebrale, imponendo compromessi alla qualità delle funzioni di sostegno e di protezione. Il presente lavoro, estrapolato dalla tesi di Laurea in Fisioterapia discussa dall’Autore al termine del “Corso spe- ciale riservato alle Professioni Sanita- rie” A.A. 2003-2004 presso l’Universi- tà degli Studi di Genova, affronta gli aspetti epidemiologici della lombalgia esponendo dati presenti in letteratura su diversi campioni di popolazione mon- diale, i dati più recenti forniti dal Mini- stero della Salute italiano e uno studio inedito su 141 pazienti trattati dallo stesso Autore, con l’approccio McKen- zie, presso l’ambulatorio Centro Educa-

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LOMBALGIA COME PROBLEMASOCIALE

Per sviluppare un ragionamento cri-tico ed efficace sulla lombalgia è oppor-tuno considerare innanzi tutto la suaenorme diffusione, che, al giorno d’oggi,fa assumere a questo disturbo un caratte-re di vera e propria epidemia.

1

L’espansione del fenomeno e la suadiffusione in particolar modo tra la popo-lazione attiva ha dunque portato l’atten-zione dei ricercatori anche in questadirezione.

Una delle pietre miliari di questaricerca è stata la monografia elaboratadall’Unità Operativa per lo Studio deiDisordini Vertebrali del Quebec (QuebecTask Force on Spinal Disorders)

2.

I due anni di lavoro di questa U.O.hanno permesso di affrontare il proble-ma del dolore lombare da diversi fronti,provando tra l’altro a dimensionare ilfenomeno a livello epidemiologico.

Dunque, lo studio dell’incidenza per-centuale dei disturbi alla colonna fra ilavoratori del Quebec dimostrò:• di tutte le richieste di indennizzo per

malattia il 14,3% erano dovute a dis-turbi della colonna

• di tutti i costi di risarcimento, il28,5% erano riferiti alla patologiadei disturbi vertebrali

• di tutti i lavoratori risarciti per pato-

logia alla colonna, il 70% aveva pro-blemi in zona lombare.

Epidemiologia nel mondoLa diffusione del dolore lombare vie-

ne spesso descritta come tipica dellesocietà industrializzate.

Una delle cause eziopatologiche delproblema viene attribuita alla sedentarie-tà dei nostri attuali stili di vita in con-trapposizione alla maggiore attività deinostri predecessori.

Questo può essere certamente vero,ma ciò comunque non esclude che laportata del fenomeno sia trasversale,comprendendo individui di diverse fascesociali, con diverse attività svolte, indiverse parti del mondo.

Un recentissimo studio svolto inNigeria da Omokhodion

3rivela come

anche in quella comunità la lombalgiasia un problema diffuso, tanto che l’Au-tore stesso paragona le percentuali rac-colte ai livelli registrati nei paesi indu-strializzati.

Su un campione di 474 individui,271 uomini (57%) e 203 donne (43%),nei 12 mesi precedenti la prevalenza didolore lombare era del 44%, con unamaggioranza fra gli uomini (49%) sulledonne (39%).

Il tasso più alto è stato registrato frai coltivatori (85%) ed il più basso fra lecasalinghe (32%), associato con una sto-

VOL. 7 N. 2 GIUGNO 2005 SCIENZA RIABILITATIVA 5

SCIENZA RIABILITATIVA 2005; 7.2 : 5-20

LOMBALGIA COME PROBLEMA SOCIALE

LOMBALGIACOME PROBLEMA SOCIALE

GERARDO CAPALDO*

* FisioterapistaU.O. Terapia Fisica e RiabilitazioneCentro Educazione MotoriaASL 3 GenoveseDirettore del sito FisiOnLinewww.fisionline.orgRECAPITI:Dott. Gerardo CAPALDOE-mail: [email protected] Educazione Motoria ASL 3GenoveseTel. 010 6448.707 – 734

Parole chiave:lombalgia, epidemiologia, trattamentomeccanico, McKenzie

INTRODUZIONELa lombalgia (Low Back Pain, LBP)

è divenuta negli ultimi anni una dellepatologie più diffuse nei paesi industria-lizzati ed è una delle cause più frequen-ti di assenza dal lavoro, colpendo pre-valentemente soggetti in età produttiva.

Che il mal di schiena sia così comu-ne non dovrebbe sorprendere, soprattut-to se si considera la particolare anato-mia della colonna composta da numero-si elementi cui è richiesta una triplicefunzione:• protezione dell’asse nervoso inserito

nella sua cavità assiale;• sostegno del peso corporeo e dei

carichi che ad esso sono trasferitinell’uso quotidiano degli arti supe-riori;

• possibilità di mobilità flessio-torsio-nale del tronco.Tali requisiti sono indubbiamente di

difficile conciliazione. L’azione di sostegno richiederebbe

un sistema d’appoggio il più robusto erigido possibile (similmente alla solu-zione seguita negli arti inferiori) e que-sto sarebbe compatibile con la funzionedi protezione ma non con quella dimobilità, che per essere assolta necessi-ta di discontinuità strutturali.

Ed è proprio la funzione di mobilitàche, essendo preminente, condizionafatalmente il progetto biomeccanicodella colonna vertebrale, imponendocompromessi alla qualità delle funzionidi sostegno e di protezione.

Il presente lavoro, estrapolato dallatesi di Laurea in Fisioterapia discussadall’Autore al termine del “Corso spe-ciale riservato alle Professioni Sanita-rie” A.A. 2003-2004 presso l’Universi-tà degli Studi di Genova, affronta gliaspetti epidemiologici della lombalgiaesponendo dati presenti in letteratura sudiversi campioni di popolazione mon-diale, i dati più recenti forniti dal Mini-stero della Salute italiano e uno studioinedito su 141 pazienti trattati dallostesso Autore, con l’approccio McKen-zie, presso l’ambulatorio Centro Educa-

ria di trauma e bassa condizione educati-va.

Cambiando continente, troviamo unaricerca vietnamita, Prevalence of therheumatic diseases in urban Vietnam

4,

su una popolazione urbana di 2119 indi-vidui di età superiore ai 16 anni. Lo stu-dio, effettuato per determinare i tassi diprevalenza dei disordini muscoloschele-trici, ha individuato una positività del14,5% al quesito generico, mentre nellospecifico i problemi più comuni sonostati dichiarati alle ginocchia (18,2%), atessuti molli non specificati (15,4%.) ealla colonna lombare (11,2%).

Un’altra osservazione effettuata inIndia

5su ben 11234 pazienti afferenti al

Department of Orthopaedics, Paraplegiaand Rehabilitation, Postgraduate Institu-te of Medical Sciences, Rohtak, ha rive-lato che 2594 pazienti (il 23,09%) hannoavuto dolore lombare nel periodo com-preso tra giugno 2001 e giugno 2002. Diquesti il 67% ha dichiarato conflitti psi-cosociali (non specificati), il 57% eranolavoratori manuali, il 26% ha dovutocambiare la propria attività lavorativa eil 38% era disoccupato.

In un gruppo di controllo di 1000individui senza lombalgia le percentualierano: 19% con conflitti psicosociali,34% lavoratori manuali, 7% hanno cam-biato lavoro, 6% disoccupati.

Anche la popolazione cinese non èesente dal problema. Lo studio intitolatoPrevalence of low back pain in threeoccupational groups in Shanghai, Peo-ple’s Republic of China

6dichiara addi-

rittura una percentuale del 50% nel tota-le annuale autosegnalato tramite intervi-sta, dei sintomi di LBP che durano 24 oreo più. In particolare gli operai dell’indu-stria tessile hanno una prevalenza del74% di LBP rispetto al 40% degli inse-gnanti.

La lombalgia è prevalente anche tra iragazzi kuwaitiani? È quanto si chiedel’articolo di Shehab D., Al-Jarallah K.,Al-Ghareeb F., Sanaseeri S., Al-FadhliM., Habeeb S.

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Sembrerebbe proprio di si, dalmomento che sui 400 ragazzi intervistati

di età compresa tra i 10 e i 18 anni han-no avuto episodi di lombalgia il 50,8%dei maschi e il 64,7% delle femmine,tanto da far dichiarare agli Autori che“Low-back pain is commune amongKuwaiti students in Hawalli Governora-te”.

La prevalenza, inoltre, sembraaumentare in entrambi i sessi con l’età.

In Australia la questione è statarecentemente studiata da Bruce F. Wal-ker DC e Coll.

8Risultato: su 2070 sog-

getti indagati il 79,2% ha avuto almenoun episodio di lombalgia nella propriavita. Il 67,6% negli ultimi 12 mesi. Il42,6% nei 6 mesi precedenti lo studio.Più del 10% ha avuto esperienza definitacome “ad alta inabilità” dovuta a LBPnegli ultimi 6 mesi.

I propugnatori delle tesi eziopatolo-giche che vedono come unica causa fat-tori culturali di scarsa educazione allapostura e al movimento si aspetterebberoche almeno i Fisioterapisti fosseroimmuni dal problema. Ma forse così nonè. Per quanto riguarda gli studenti diFisioterapia i dati, australiani, sono: pre-valenza di LBP 69% (nel corso dellavita), 63% (ultimi 12 mesi), 44% (ultimomese), 28% (ultima settimana).

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Non stanno meglio i Fisioterapistilaureati, almeno secondo una ricercasvolta in Slovenia sul 15% dei terapistiattivi

10. Lo studio ha rivelato che l’inci-

denza generale fra il campione dei fisio-terapisti intervistati è 73,7%.

Il fattore innescante sembra essere lamobilizzazione dei pazienti non autosuf-ficienti.

Dati italianiPer quanto riguarda il nostro Paese

non sono disponibili moltissimi studi.Una ricerca effettuata su MedLine utiliz-zando le parole chiave “epidemiology,lumbago, italy” ha prodotto, al momentoattuale, solo 15 lavori di Autori italiani.

La maggior parte di essi indaga sullecondizioni di salute degli Operatori dellasanità.

Bartolucci e coll., relativamente allemalattie professionali e agli incidenti sul

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zione Motoria PPV – A.S.L. 3 diGenova.

1 An historical perspective on lowback pain and disability Allan DB,Waddell G. Acta Orthop Scand Sup-pl. 1989; 234: 1-23

2 Scientific approach to the assess-ment and management of activity-related spinal disorders. A mono-graph for clinicians Report of theQuebec Task Force on Spinal Disor-ders Spine 1987; 12 (Suppl 7): S1-59.

3 Low back pain in an urban popu-lation in Southwest NigeriaOmokhodion FO. Trop Doct. 2004Jan; 34(1): 17-20

4 Prevalence of the rheumatic dis-eases in urban Vietnam Minh HoaTT, Darmawan J, Chen SL, Van HungN, Thi Nhi C, Ngoc An T, DamarwanJ, Shun Le C. J Rheumatol. 2003 Oct;30(10): 2252-6

5 Incidence of low back pain inworkage adults in rural NorthIndia Sharma SC, Singh R, SharmaAK, Mittal R. Indian J Med Sci. 2003Apr; 57(4): 145-7

6 Prevalence of low back pain inthree occupational groups inShanghai, People’s Republic ofChina Jin K, Sorock GS, CourtneyTK J Safety Res. 2004; 35(1): 23-8

7 Is low-back pain prevalent amongKuwaiti children and adolescents?A governorate-based study ShehabD, Al-Jarallah K, Al-Ghareeb F,Sanaseeri S, Al-Fadhli M, Habeeb S.Med Princ Pract. 2004 May-Jun;13(3): 142-6

8 Low Back Pain in AustralianAdults. Prevalence and AssociatedDisability Bruce F. Walker DC,MPH, DrPH, Reinhold Muller MS,PhD and William D. Grant MD JManipulative Physiol Ther. 2004May; 27(4): 238-44

lavoro degli Operatori dell’AziendaOspedaliera di Padova, ci fornisconopercentuali di dolore lombare variabilitra 5,3% e 6,6%, in particolar modo trale Infermiere.

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Colombini e coll., hanno posto laloro attenzione al personale la cui attivi-tà implica la movimentazione manualedei pazienti e riferiscono che l’8,4%degli operatori aveva avuto almeno unepisodio di dolore lombare acuto nei 12mesi precedenti. I reparti a maggiorrischio risultano quelli geriatrici e riabi-litativi.

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Su un altro gruppo di lavoratori lostesso Autore ha rilevato percentualisovrapponibili: 9% nei maschi e 11%nelle femmine, riferite ai 12 mesi prece-denti.

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In relazione al fattore ambientale inambito ospedaliero, i risultati della valu-tazione di esposizione al rischio di dan-no in regione lombare, hanno indicatoche i reparti di ostetricia hanno unrischio trascurabile; urologia e repartigenerali di chirurgia un rischio interme-dio; mentre i reparti di medicina, ortope-dia, neurologia e riabilitazione hannoavuto elevati rischi statistici.

In questo studio su 550 Operatorisanitari, 11,4% hanno segnalato episodidi dolore lombare acuto negli ultimi 12mesi.

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Che la movimentazione manuale deipazienti sia un fattore di rischio per i dis-turbi del tratto lombare e che dunque sianecessaria una maggiore informazionedel personale e, non meno importante,un adeguamento strutturale dell’ambien-te di lavoro, ci viene confermato ancheda uno studio svolto presso gli IstitutiOrtopedici Rizzoli di Bologna.

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Alla stessa conclusione sono giuntiBaldasseroni e Coll. indagando un cam-pione di 197 allievi Infermieri, rilevandouna frequenza di lombalgia del 22,5%.

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Infine, uno studio effettuato presso ilpersonale infermieristico dell’ospedaleSant’Orsola-Malpighi di Bologna, hamesso in evidenza una prevalenza gene-rale dei disturbi rachidei del 44% cosìsuddivisi: dolore lombo sacrale acuto

19%, dolore lombo sacrale cronico 17%,ernia lombare diagnosticata 8%.

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Per quanto riguarda la popolazioneitaliana in generale, è possibile, comun-que, tramite i codici ICD9-CM interro-gare la banca dati del Ministero dellaSalute.

La Classificazione internazionaledelle malattie (ICD) è un sistema di clas-sificazione nel quale le malattie e i trau-matismi sono ordinati, per finalità stati-stiche, in gruppi tra loro correlati.

Nel 1893, la Conferenza dell’Istitutointernazionale di statistica, che ebbe luo-go a Chicago, approvò la Classificazioneinternazionale delle cause di morte.

L’Italia adottò tale Classificazione apartire dal 1924.

Sottoposta periodicamente a revisio-ne, la Classificazione internazionale, apartire dalla 6° revisione (1948), fu adot-tata anche per rilevare le cause di mor-bosità.

Nel 1975, a Ginevra, nel corso della29° Assemblea della Organizzazionemondiale della sanità è stata approvata la9° revisione della Classificazione(ICD9).

Negli Stati Uniti, un Comitato (in cuisono rappresentati le associazioni pro-fessionali ed accademiche dei medici, leassociazioni degli ospedali, l’ufficioregionale della Organizzazione mondialedella sanità, l’amministrazione pubblica-HCFA-), ha sviluppato e provvede adaggiornare annualmente una versionemodificata ed ampliata del sistema ICD,la ICD9CM (“International Classifica-tion of Diseases, 9th revision, ClinicalModification”), la quale è stata utilizzatadal 1979.

In Italia è utilizzata a partire dal 1gennaio 2001 per la codifica delle infor-mazioni contenute nella scheda di dimis-sione ospedaliera (SDO), ai sensi delDecreto del Ministero della sanità 27ottobre 2000, n. 380.

Contiene oltre undicimila codicifinali di diagnosi e oltre tremila codicifinali di procedure.

Le informazioni ottenibili, però,sono relative solo ai ricoveri in regime

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9 Is undergraduate physiotherapystudy a risk factor for low backpain? A prevalence study of LBP inphysiotherapy students Nyland LJ,Grimmer KA BMC MusculoskeletDisord. 2003 Oct 9; 4(1): 22

10 Low back pain and other work-related musculoskeletal problemsamong physiotherapists Rugelj D.Appl Ergon. 2003 Nov; 34(6): 635-9

11 Diseases in hospital workers Bar-tolucci GB, Scapellato ML, ZanettiC, Polato R, Saia B. G Ital Med LavErgon. 2002 Oct-Dec; 24(4): 392-7

12 Initial epidemiological data onthe clinical effects in health work-ers employed in the manual liftingof patients in wards Colombini D,Riva F, Lue D, Nava C, Petri A,Basilico S, Linzalata M, Morselli G,Cotroneo L, Ricci MG, Menoni O,Battevi N. Med Lav. 1999 Mar-Apr;90(2): 201-28

13 Acute lumbago due to the manu-al lifting of patients in wards:prevalence and incidence dataColombini D, Cianci E, Panciera D,Martinelli M, Venturi E, GiammartiniP, Ricci MG, Menoni O, Battevi N.Med Lav. 1999 Mar-Apr; 90(2): 229-43

14 Exposure to the risk of the man-ual lifting of patients and theresults of a clinical study in 4 hos-pital establishments of northernItaly Massironi F, Mian P, Olivato D,Bacis M. Med Lav. 1999 Mar-Apr;90(2): 330-41

15 Backache from exertion in healthpersonnel of the Istituti OrtopediciRizzoli in Bologna. A case-controlstudy of the injury phenomenon inthe 10-year period of 1987-1996Rossi A, Marino G, Barbieri L, Bor-relli A, Onofri C, Rolli M, Baldi R.Epidemiol Prev. 1999 Apr-Jun;23(2): 98-104

16 Frequency of lumbago in acohort of nursing students Baldas-seroni A, Tartaglia R, Sgarrella C,Carnevale F. Med Lav. 1998 May-Jun; 89(3): 242-53

17 Associations of psychosocial andindividual factors with three diffe-rent categories of back disorderamong nursing staff Violante FS,Fiori M, Fiorentini C, Risi A, Gara-gnani G, Bonfiglioli R, Mattioli S. JOccup Health.

ordinario o in day hospital nelle struttureospedaliere.

Non sono considerate tutte le presta-zioni ambulatoriali che per un disturbocome quello lombalgico è facile suppor-re siano preponderanti.

Inoltre, i dati più recenti ottenibilisono quelli relativi all’anno 2002.

Infine, i dati relativi al rapporto

maschi – femmine vengono confrontaticon quelli forniti dall’Unità OperativaAssistenza Disabili Asl 3 Genovese suipazienti afferenti gli ambulatori CEMnel periodo da giugno 2003 a giugno2004.

Selezionando come diagnosi princi-pale il codice relativo a lombalgia, otte-niamo questa risposta: Tab. I

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LOMBALGIA LOMBALGIARegime ordinario Day Hospital

Riepilogo nazionale anno 2002 Riepilogo nazionale anno 2002

Fascia di età Maschi Femmine Fascia di età Maschi Femmine

Meno di 1 anno 1 2 Meno di un anno 0 1(3.00) (8.00) (0) (1.00)

Da 1 a 4 anni 4 3 Da 1 a 4 anni 4 3(7.75) (2.00) (1.00) (1.67)

Da 5 a 14 anni 60 111 Da 5 a 14 anni 36 44(3.82) (4.44) (1.39) (2.25)

Da 15 a 24 anni 307 366 Da 15 a 24 anni 55 72(4.16) (4.35) (3.11) (2.88)

Da 25 a 44 anni 2129 1579 Da 25 a 44 anni 479 495(4.96) (5.48) (2.58) (3.19)

Da 45 a 64 anni 2334 2368 Da 45 a 64 anni 703 831(6.27) (7.48) (3.35) (3.60)

Da 65 a 74 anni 885 1538 Da 65 a 74 anni 270 485(7.85) (9.36) (3.47) (3.53)

75 anni e oltre 679 1698 75 anni e oltre 176 273(8.53) (10.08) (3.18) (3.35)

Totale 6399 7665 Totale 1723 2204(6.17) (7.82) (3.08) (3.41)

Fascia Maschi Femminedi età

Meno di 1 31 annoDa 1 a 8 64 anniDa 5 a 96 15514 anniDa 15 a 362 43824 anniDa 25 a 2608 207444 anniDa 45 a 3037 319964 anniDa 65 a 1155 202374 anni75 anni 855 1971e oltreTotale 8122 9869

Ricoveri, diagnosi, interventi effettuati (in grassetto) e durata (traparentesi) delle degenze di tutti gli ospedali

Tab. I

Il totale degli interventi (regime ordinario + day hospital) risulta:

Tab. Ia

Si evidenzia una fase ascendenteall’inizio dell’età lavorativa, soprattuttonei maschi della fascia 25-44 anni, forsedata da una più precoce entrata nel mon-do lavorativo da parte dei ragazzi.

L’andamento della curva è pressochésimile tranne al superamento dell’etàpensionabile dove si può notare un diva-ricamento a forbice dei dati statistici a

discapito delle femmine: una possibilechiave di lettura è data dal certamentemaggior carico di attività lavorativa inambito casalingo da parte delle donne.Proseguendo nella ricerca e selezionandocome diagnosi principale il codice relati-vo a sciatalgia, considerata come l’evo-luzione in senso peggiorativo della lom-balgia, otteniamo questa risposta: Tab. II

I dati risultano sostanzialmentesovrapponibili a quelli della lombalgia,con un esordio anticipato nei maschi inetà giovanile e una persistenza del dis-turbo nelle donne in età senile.

Da notare nella fascia oltre i 75 annicome gli interventi siano stati circa ildoppio nel sesso femminile: il dato, peressere meglio compreso però, dovrebbeessere corretto statisticamente per la

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Tab. Ib

SCIATALGIA SCIATALGIARegime ordinario Day Hospital

Riepilogo nazionale anno 2002 Riepilogo nazionale anno 2002

Fascia di età Maschi Femmine Fascia di età Maschi Femmine

Meno di 1 anno 2 0 Meno di un anno 0 0(8.00) (0) (0) (0)

Da 1 a 4 anni 0 0 Da 1 a 4 anni 1 0(0) (0) (1.00) (0)

Da 5 a 14 anni 8 14 Da 5 a 14 anni 19 12(5.25) (5.86) (1.27) (1.50)

Da 15 a 24 anni 198 241 Da 15 a 24 anni 36 63(6.20) (6.49) (2.53) (3.40)

Da 25 a 44 anni 2740 1880 Da 25 a 44 anni 552 461(6.28) (6.49) (3.39) (3.51)

Da 45 a 64 anni 3517 3422 Da 45 a 64 anni 701 808(7.44) (7.95) (3.57) (3.81)

Da 65 a 74 anni 1509 2126 Da 65 a 74 anni 267 359(8.81) (10.18 (3.31) (4.27)

75 anni e oltre 756 1652 75 anni e oltre 156 253(9.73) (10.73) (2.55) (4.02)

Totale 8730 9335 Totale 1732 1956(7.48) (8.62) (3.33) (3.82)

Ricoveri, diagnosi, interventi effettuati (in grassetto) e durata (traparentesi) delle degenze di tutti gli ospedali

Tab. II

Altro dato che può destare interesseè quello relativo alle diagnosi di disco-patia: Tab III

Con questo rapporto tra maschi efemmine: Tab III b

La ricerca dei dati relativi a discopa-tia lombare con mielopatia, forniscequesti valori: Tab IV

Vediamo, infine, l’ernia del discosenza mielopatia: Tab V

In queste due ultime raccolte dati(discopatia lombare con mielopatia eernia del disco senza mielopatia) si

osserva una prevalenza nel sessomaschile, tranne nei pazienti dell’U.O.Disabili di Genova che, però, risultanoessere un campione poco significativodato il un numero estremamente esiguodi casi registrati (37 pazienti).

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LOMBALGIA COME PROBLEMA SOCIALE

Fascia Maschi Femminedi età

Meno di 2 01 annoDa 1 a 1 04 anniDa 5 a 27 2614 anniDa 15 a 234 30424 anniDa 25 a 3292 234144 anniDa 45 a 4218 423064 anniDa 65 a 1776 248574 anni75 anni 912 1905e oltreTotale 10462 11291

Il totale degli interventi (regime ordinario + day hospital) risulta:

Tab. IIa

Tab. IIb

maggior rappresentanza in senso quanti-tativo di donne anziane rispetto agli

uomini.

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LOMBALGIA COME PROBLEMA SOCIALE CAPALDO

LOMBALGIA COME PROBLEMA SOCIALE

DEGENERAZIONE DEL DISCO INTERVERTEBRALE DEGENERAZIONE DEL DISCO INTERVERTEBRALELOMBARE O LOMBOSACRALE LOMBARE O LOMBOSACRALE

Regime ordinario Day HospitalRiepilogo nazionale anno 2002 Riepilogo nazionale anno 2002

Fascia di età Maschi Femmine Fascia di età Maschi Femmine

Meno di 1 anno 0 0 Meno di un anno 0 0(0) (0) (0) (0)

Da 1 a 4 anni 0 0 Da 1 a 4 anni 0 0(0) (0) (0) (0)

Da 5 a 14 anni 0 0 Da 5 a 14 anni 0 0(0) (0) (0) (0)

Da 15 a 24 anni 26 35 Da 15 a 24 anni 9 4(5.50) (7.69) (1.67) (1.50)

Da 25 a 44 anni 555 446 Da 25 a 44 anni 112 125(5.31) (5.57) (3.07) (3.25)

Da 45 a 64 anni 595 655 Da 45 a 64 anni 127 162(6.11) (6.89) (3.20) (3.76)

Da 65 a 74 anni 200 290 Da 65 a 74 anni 40 76(6.74) (9.27) (3.80) (4.15)

75 anni e oltre 87 188 75 anni e oltre 29 39(7.51) (11.88) (3.73) (3.47)

Totale 1463 1614 Totale 317 406(5.96) (7.55) (3.24) (3.63)

Ricoveri, diagnosi, interventi effettuati (in grassetto) e durata (traparentesi) delle degenze di tutti gli ospedali

Tab. III

Fascia Maschi Femminedi età

Meno di 0 01 annoDa 1 a 0 04 anniDa 5 a 0 014 anniDa 15 a 35 3924 anniDa 25 a 667 57144 anniDa 45 a 722 81764 anniDa 65 a 240 36674 anni75 anni 116 227e oltreTotale 1780 2020

Il totale degli interventi (regime ordinario + day hospital) risulta:

Tab. IIIa

Tab. IIIb

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LOMBALGIA COME PROBLEMA SOCIALE

DISCOPATIA CON MIELOPATIA, DISCOPATIA CON MIELOPATIA,REGIONE LOMBARE REGIONE LOMBARE

Regime ordinario Day HospitalRiepilogo nazionale anno 2002 Riepilogo nazionale anno 2002

Fascia di età Maschi Femmine Fascia di età Maschi Femmine

Meno di 1 anno 0 0 Meno di un anno 0 0(0) (0) (0) (0)

Da 1 a 4 anni 0 0 Da 1 a 4 anni 0 0(0) (0) (0) (0)

Da 5 a 14 anni 0 0 Da 5 a 14 anni 0 0(0) (0) (0) (0)

Da 15 a 24 anni 10 14 Da 15 a 24 anni 4 6(6.80) (5.43) (1.75) (1.34)

Da 25 a 44 anni 372 206 Da 25 a 44 anni 87 64(5.68) (6.39) (1.49) (2.08)

Da 45 a 64 anni 434 344 Da 45 a 64 anni 104 91(7.99) (8.32) (2.25) (2.57)

Da 65 a 74 anni 161 181 Da 65 a 74 anni 28 19(9.79) (12.14) (3.68) (2.27)

75 anni e oltre 83 110 75 anni e oltre 15 12(10.52) (14.18) (2.61) (2.34)

Totale 1060 855 Totale 238 192(7.64) (9.37) (2.15) (2.32)

Ricoveri, diagnosi, interventi effettuati (in grassetto) e durata (traparentesi) delle degenze di tutti gli ospedali

Tab. IV

Fascia Maschi Femminedi età

Meno di 0 01 annoDa 1 a 0 04 anniDa 5 a 0 014 anniDa 15 a 14 2024 anniDa 25 a 459 27044 anniDa 45 a 538 43564 anniDa 65 a 189 20074 anni75 anni 98 122e oltreTotale 1298 1047

Il totale degli interventi (regime ordinario + day hospital) risulta:

Tab. IVa

Tab. IVb

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LOMBALGIA COME PROBLEMA SOCIALE

ERNIA DEL DISCO INTERVERTEBRALE ERNIA DEL DISCO INTERVERTEBRALELOMBARE SENZA MIELOPATIA LOMBARE SENZA MIELOPATIA

Regime ordinario Day HospitalRiepilogo nazionale anno 2002 Riepilogo nazionale anno 2002

Fascia di età Maschi Femmine Fascia di età Maschi Femmine

Meno di 1 anno 0 0 Meno di un anno 0 0(0) (0) (0) (0)

Da 1 a 4 anni 0 0 Da 1 a 4 anni 0 0(0) (0) (0) (0)

Da 5 a 14 anni 0 0 Da 5 a 14 anni 0 0(0) (0) (0) (0)

Da 15 a 24 anni 623 419 Da 15 a 24 anni 64 40(5.20) (5.55) (2.13) (2.18)

Da 25 a 44 anni 10500 5869 Da 25 a 44 anni 755 509(5.68) (6.39) (1.49) (2.08)

Da 45 a 64 anni 9486 7216 Da 45 a 64 anni 840 791(6.37) (6.70) (3.32) (3.27)

Da 65 a 74 anni 2494 2577 Da 65 a 74 anni 257 329(7.50) (8.33) (3.27) (3.65)

75 anni e oltre 807 1154 75 anni e oltre 102 172(8.93) (10.62) (2.91) (3.85)

Totale 23910 17235 Totale 2018 1841(6.11) (6.86) (3.05) (3.35)

Ricoveri, diagnosi, interventi effettuati (in grassetto) e durata (traparentesi) delle degenze di tutti gli ospedali

Tab. V

Fascia Maschi Femminedi età

Meno di 0 01 annoDa 1 a 0 04 anniDa 5 a 0 014 anniDa 15 a 687 45924 anniDa 25 a 11255 637844 anniDa 45 a 10326 800764 anniDa 65 a 2751 290674 anni75 anni 909 1326e oltreTotale 25928 19076

Il totale degli interventi (regime ordinario + day hospital) risulta:

Tab. Va

0

50 0 0

1 00 0 0

1 50 0 0

2 00 0 0

2 50 0 0

3 00 0 0

Tab. Vb

RICERCA

Vengono ora presentati i dati raccoltidurante la mia attività presso il CentroEducazione Motoria ASL 3 Genovese,relativi a pazienti afferenti al Serviziocon patologie algiche al rachide.

Non si tratta di tutti i pazienti, masolo di quelli che il preventivo filtromedico fisiatrico ha indirizzato al tratta-mento chinesiterapico.

Il campione è composto da 141pazienti, così divisi per sesso: Tab VI

Il dato rispecchia la media nazionale,con una prevalenza leggermente mag-giore nel sesso femminile.

L’osservazione del dato relativo

all’età conferma come i disturbi algicidella colonna colpiscano maggiormentesoggetti in età lavorativa. Tab VII

Il tratto più dolente risulta quellolombare, che con una percentualedell’85% si dimostra essere il segmentodella colonna più debole, almeno riferen-dosi alla produzione algica. Tab VIII

È interessante notare, su 141 pazien-ti, l’assenza di dorsalgie vere, in quanto ipochi casi che riferivano un pur minimodisturbo in tale sede hanno avuto unavariazione della sintomatologia trattando

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BIBLIOGRAFIA

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lombare. Diagnosi e terapia mecca-

nica. Ed. Spinal Pubblications Italia.

Milano, 1998

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1998

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rato locomotore. Ed. Edi-Ermes.

Milano, 1998

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Malattie reumatiche. Ed. McGraw-

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5. DE COL E. Le posizioni e i

movimenti per stare meglio. Ed. Euro

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nale del The McKenzie Institute.

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7. KAPANDJI I.A. Fisiologia

articolare, vol. III. Ed. Marrapese.

Roma, 1983

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http://www.gss.it

http://www.fisionline.org

http://www.sanita.it

http://kinesi.supereva.it

http://www.mckenzie-italia.com

Tab. VI

i segmenti sopra o sottostanti.

La diagnosi McKenzie ci aiuta nellaclassificazione dei pazienti in base almeccanismo eziopatologico. Tab IX

La prevalenza risulta essere a caricodei pazienti con disturbi al disco intever-tebrale, in particolar modo con protrusio-ni posteriori, cioè derangement 1.

L’evoluzione, in senso peggiorativo,del derangement 1 è il derangement 3: e,infatti, nella casistica rilevata è questo il

secondo disturbo in ordine di importan-za. È considerata una diagnosi ingrave-scente in quanto fa ipotizzare una lesio-ne del comparto postero laterale deldisco, il che apre la porta a futuri inte-ressamenti della radice e della dura.

Seguono i dolori di origine posturale,i derangement 5 (progressione del deran-gement 3) e le disfunzioni.

Classificati sotto la voce “Altro” ci

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Tab. VIII

Tab. IX

sono quei casi che non è stato possibileordinare all’interno di una delle catego-rie di valutazione perché non risponde-vano al trattamento meccanico, o perchéla sede di origine del dolore non era attri-buibile alla colonna.

Tra i reperti radiografici Tab X, rileva-ti dai referti facenti parte della documen-tazione clinica fornita dai pazienti, l’ar-trosi vertebrale sembra un fenomenoabbastanza diffuso.

Anche le discopatie non sono da

meno: in effetti diversi Autori ritengonoquesti due fenomeni un processo presso-ché naturale del normale invecchiamen-to organico.

Da segnalare anche un certo numerodi deviazioni della colonna e di repertiradiografici non significativi, espressio-ne, forse, della non assoluta affidabilitàdella diagnostica per immagini in questotipo di disturbo.

Il grafico che segue riporta il rias-sunto dei referti:

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Tab. X GRAFICO RIASSUNTIVO REPERTI RADIOGRAFICI

Creando dei gruppi patologici affini,ad esempio sommando le discopatie conle protrusioni e le ernie, oppure le schisicon i canali ristretti e le altre alterazionicongenite e così via, otteniamo conferma

del fatto che l’anello debole dell’asserachideo risulta essere il disco interver-tebrale con, nel nostro campione, unapercentuale del 65 %. Tab XI

Inoltre, ai pazienti, è stata posta laseguente domanda:

“c’è una postura o un movimentoche tu assumi o compi con maggior fre-quenza durante le tue attività quotidia-ne?”

Tab XII

È veramente significativo come laquasi totalità delle risposte date com-prenda atteggiamenti favorenti la perditadella lordosi lombare o addirittura la suainversione in cifosi.

Se mai ce ne fosse ancora bisogno,questo dato mette in evidenza l’impor-tanza di una adeguata educazione postu-rale.

Per questa ragione e al fine di dareenfasi all’aspetto educativo, durante ilciclo di trattamento viene anche fornito atutti i pazienti un opuscolo informativosul mal di schiena e la sua prevenzione.

Per quanto riguarda le categorieprofessionali Tab XIII, sembra che il legame

tra attività pesanti e insorgenza dellapatologia non sia così stretto. Un po’ asorpresa, infatti, in questa particolareclassifica gli “operai” sono surclassatidai “pensionati” e dagli “impiegati”.

Ad ogni modo, basandosi sul cam-pione esaminato, la vera attività usuran-te risulta essere quella della “casalinga”.

L’ultimo dato preso in osservazioneriguarda i trattamenti precedenti Tab XIV

effettuati dai pazienti prima di giungereal nostro Ambulatorio, sia per l’episodioin corso sia per eventuali episodi prece-denti. I dati sono riportati nella tabellaXIV.

È evidente come tutte le terapie rife-rite, con grande prevalenza della terapiafarmacologica, abbiano come principaleobiettivo la risoluzione dell’episodio sin-tomatologico in corso.

Comprensibile, perché è questo chechiede il paziente, ma poco lungimirante

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Gruppi patologici

P a t o lo g ia d is c a le6 5 %

P a to lo g iaa r t r o s ic a

1 3 %

P a t o lo g ia s c o lio t ic a

1 2 %

P a t o lo g ia m o r f o lo g ic a

c o n g e n ita1 0 %

Tab. XI

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Tab. XII

Tab. XIII

perché solo con una adeguata compren-sione dei meccanismi posturali patoge-netici ed una conseguente modificazionedi alcune abitudini motorie che si puòattuare una efficace prevenzione che, almomento, sembra essere la via più ade-guata al problema “lombalgia” nelmedio-lungo termine.

È anche per questo che McKenzieenfatizza l’aspetto educativo, la presa di

coscienza e l’autotrattamento del pazien-te che tende a evolvere così da soggettopassivo dipendente dal terapeuta a sog-getto attivo conscio del proprio proble-ma, armato degli strumenti che possonoconsentirgli di affrontarlo in prima per-sona.

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Tab. IVX

CONCLUSIONI

La lombalgia, se mai ce ne fosse sta-to bisogno, si è confermata come unapatologia frequente, diffusa, prevalentenei soggetti in età lavorativa.

Considerando il disturbo lombarenella sua globalità si nota una minimaprevalenza nel sesso femminile, ma aduna valutazione più analitica delle diver-se diagnosi si osserva che nei disturbipiù gravi (discopatia lombare con mielo-patia e erniazione del disco) la prevalen-za è maschile.

Non risulta essere prerogativa deipaesi industrializzati e non è riferibilealle sole attività umane considerate“pesanti”.

Trae la sua origine certamente dallaarchitettura delle strutture anatomicheimplicate e dalle forze che su di esse agi-scono.

Il disco intervertebrale sembra esserel’anello debole dell’impianto spinale e ilsuo cedimento strutturale avviene preva-lentemente in senso posteriore o, inseconda istanza, posterolaterale.

Si tratta, probabilmente, di un pro-blema evolutivo non ancora risolto e, difatto, è il prezzo che stiamo pagando perla conquista della stazione eretta.

La perdita della fisiologica lordosi,gli atteggiamenti cifotici, la posturaseduta, la sedentarietà, la frequenza deimovimenti nel senso della flessione adiscapito di quelli nella direzione oppo-sta sono, comunque, fattori predisponen-ti il disturbo algico lombare.

La gran parte dei trattamenti usual-mente prescritti, sembrano mirati ad alle-viare il dolore dell’episodio in corso.Questo, però, renderà il paziente dipen-dente da quella terapia e quindi incline acercare una risposta rapida ad un proble-ma probabilmente ricorrente. Al ripre-sentarsi del dolore il paziente dovrà,dunque, cercare un medico, un terapista,un chiropratico, un osteopata o, al limite,un farmacista.

McKenzie crede che la dipendenzanon sia desiderabile e debba essere evita-ta, quando possibile. Quindi, oltre ad

eseguire i trattamenti necessari per alle-viare i sintomi presenti, si deve insegna-re al paziente a fare affidamento su sestesso, per renderlo indipendente dalterapeuta nella gestione delle terapiefuture.

Questo, a mio parere, se da un latorappresenta l’aspetto “nobile” di questotipo di approccio, dall’altro ne costitui-sce un limite.

L’esperienza clinica, infatti, mi hainsegnato che non tutti i pazienti sono ingrado di assumersi in prima persona laresponsabilità che l’autotrattamentorichiede.

Per alcuni sembra indispensabile“sentire le mani” del terapista anchequando è evidente che sarebbero suffi-cienti le forze generate con un eserciziodi autotrattamento. In questi casi unamobilizzazione “placebo” può essereuna soluzione per conquistare la fiduciadel paziente per indirizzarlo in un secon-do tempo all’autogestione.

Una adeguata selezione dei canditatial trattamento è comunque necessaria,come ammesso dallo stesso Autore.

È apprezzabile, infine, che McKen-zie abbia scelto di rimanere nella corren-te principale della medicina e delle pro-fessioni mediche ad essa collegate, sotto-ponendo il proprio modello clinico all’e-same della comunità scientifica, cometestimoniano i numerosi articoli, studi,review pubblicati sulle principali rivistemediche indicizzate.

Confronto che spesso è mancato peraltre metodologie riabilitative i cui Auto-ri, sfuggendo al contraddittorio, si sonoauto relegati nelle cosiddette terapie nonconvenzionali o hanno cercato di impor-re le loro idee fondandosi principalmen-te su basi fideistiche piuttosto che scien-tifiche.

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