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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI G. D’ANNUNZIO CHIETI - PESCARA FACOLTÀ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE CURRICULUM TURISTICO-MANAGERIALE Lo spagnolo come lingua accademica LAUREANDO RELATORE Alessandra Pazienza Julián Santano Moreno CORRELATORE Simone Ciccolone 2009/2010

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI G. D’ANNUNZIO

CHIETI - PESCARA

FACOLTÀ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE

CURRICULUM TURISTICO-MANAGERIALE

Lo spagnolo come lingua accademica

LAUREANDO RELATORE

Alessandra Pazienza Julián Santano Moreno

CORRELATORE

Simone Ciccolone

2009/2010

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Indice

Introduzione ....................................................................................................... 4

Capitolo 1

Il linguaggio accademico nel panorama dei linguaggi specialistici

1.1. Linguaggi specialistici: definizione e discussioni terminologiche ......................... 5

1.2 Il linguaggio accademico ................................................................................. 9

1.3 Forme e generi del linguaggio accademico ........................................................ 13

1.3.1 I canali della comunicazione scientifica ......................................................... 13

1.3.2 Tipologie di testi accademici ………………………………………………........ 16

Capitolo 2

La scrittura accademica in italiano e spagnolo

2.1 Rassegna bibliografica sugli studi relativi alla scrittura accademica ...................... 20

2.2 Caratteristiche della scrittura accademica ............................................................... 24

2.2.1 Caratteristiche generali ......................................................................................... 24

2.2.2 Particolarità dello spagnolo .......................................................................... 33

2.2.3 Particolarità dell’italiano ............................................................................... 35

2.3 La critica letteraria .............................................................................................. 37

Capitolo 3

Analisi dei testi

3.1 Un esempio di critica letteraria in spagnolo: «La dimensión carnavalesca de Don

Quijote y Sancho» di Augustin Redondo ................................................................. 40

3.1.1 Il testo e la sua struttura ............................................................................... 40

3.1.2 Forme dell’esposizione ................................................................................ 44

3.1.3 Rapporto con le fonti .................................................................................. 46

3.2 Un esempio di critica letteraria in italiano: «Don Chisciotte della Mancha, Miguel

de Cervantes» di Cesare Segre .............................................................................. 47

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3.2.1 Il testo e la sua struttura .............................................................................. 47

3.2.2 Forme dell’esposizione ............................................................................... 49

3.2.3 Rapporto con le fonti .................................................................................. 51

3.3 . Aspetti testuali della critica letteraria in italiano e spagnolo:

confronto tra i due testi analizzati ......................................................................... 52

Conclusioni ....................................................................................................... 55

Bibliografia ...................................................................................................... 58

Appendici ......................................................................................................... 59

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Introduzione

Questa tesi si pone l’obiettivo di indagare un aspetto dei linguaggi specialistici

che ancora oggi risulta poco esplorato: il linguaggio accademico.

Per condurre un’analisi completa, soddisfacente e ordinata si procederà per livel-

li: dapprima la definizione di cosa rappresenta il linguaggio specialistico, quali

sono le teorie che gravitano intorno a questo, quali le caratteristiche specifiche e i

suoi campi di applicazione. Si presenteranno le varie possibilità che propone

questo tipo di linguaggio, sia per quanto riguarda i canali dell’esposizione, e

quindi la dimensione dell’oralità e della scrittura, sia per quanto riguarda i vari

tipi di testi che il genere contempla, dalla tesi all’articolo specialistico.

Successivamente, ci si addentrerà nel discorso della scrittura accademica, facen-

do una panoramica delle regole che la governano, delle strategie che la distin-

guono da altri stili, e si dedicherà un’attenzione particolare ad un rappresentante

dei tanti tipi di testi accademici: la critica letteraria, della quale si proporranno

esempi su cui si condurrà un’analisi effettiva di tutti gli aspetti teorici esposti nei

primi due capitoli.

La tesi si propone come scopo principale l’individuazione di questo particolare

linguaggio all’interno della lingua spagnola: dal primo al terzo capitolo si cerche-

rà di scendere nella realtà dell’idioma per farne emergere i tratti distintivi attri-

buibili al discorso accademico.

Per supportare l’indagine nella lingua straniera, si procederà con un constante

confronto tra questa e l’italiano, al fine di segnalare, una volta individuati tutti i

procedimenti competenti, le eventuali analogie e differenze che lo stesso tipo di

linguaggio specialistico assume nelle due diverse lingue.

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CAPITOLO 1

IL LINGUAGGIO ACCADEMICO NEL PANORAMA DEI

LINGUAGGI SPECIALISTICI

1.1 LINGUAGGI SPECIALISTICI: DISCUSSIONI E DEFINI-

ZIONI TERMINOLOGICHE

Lingua, linguaggio, codice, registro, sottocodice, stile, sono tutti termini che

apparentemente sembrano sinonimi da poter mischiare tra loro e usare senza

operare alcuna distinzione, ma quando questi rientrano in un discorso specifi-

co quale quello linguistico si deve considerare che ognuna di queste etichette

porta con sé un insieme di caratteristiche a loro volta intrinseche dell’oggetto

indicato. La terminologia e le definizioni che nel corso di vari studi sono state

impiegate per identificare i linguaggi specialistici sono sì molteplici ma a vol-

te l’uso disattento dell’una o dell’altra non corrisponde a esattezza tecnica.

L’idea di linguaggio specialistico, o quantomeno l’interesse verso questo, ri-

sale agli studi sul Funzionalismo della Scuola di Praga, con cui i linguisti de-

gli anni Venti e Trenta iniziarono a prendere in considerazione tali variazioni

del linguaggio comune il cui uso si riscontrava principalmente in ambito

scientifico; i funzionalisti praghesi arrivarono a considerare questo tipo diver-

so di linguaggio di livello inferiore, quasi meno importante e completo rispet-

to alla lingua comunemente usata, molto probabilmente perché di questa

sfruttava solo alcune caratteristiche.

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Oggi gli studiosi contemporanei partono dal riconoscimento del fatto che il

concetto astratto di linguaggio specialistico è ormai ben definito e circoscritto

per la quasi totalità di quanti si apprestano all’argomento: il problema restante

al quale si cerca di fornire spiegazioni chiare e soddisfacenti è ancora quello

della migliore terminologia da adottare; in una situazione di confusione gene-

rata dalla pluralità delle definizioni possibili non tutti i linguisti concordano

per ciò che riguarda quest’aspetto, dando così vita a più scuole di pensiero.

Il primo confronto è tra l’uso di lingua o linguaggio, con una netta differenza

di significati. Con il termine lingua si definisce un sistema di segni, un codice

verbale utilizzabile dalla sola specie umana; il linguaggio è, invece, un codice

nel codice: oltre alla lingua annovera anche una componente non verbale che

comunque è utilizzata ai fini della comunicazione e ogni specie dispone del

proprio linguaggio; non esistendo un codice verbale esclusivo che possa dar

vita ad una lingua vera e propria così come s’intende nella definizione sovra-

stante, si predilige l’uso del sostantivo linguaggio per quello che riguarda i

cosiddetti sottocodici. A tal proposito è interessante segnalare la contestazio-

ne di Maurizio Gotti riguardo alla formula lingue speciali usata in sostituzio-

ne del termine linguaggi: la lingua speciale, infatti, dovrebbe essere un codice

verbale nuovo che non condivide le proprie caratteristiche con la lingua co-

mune (Gotti, 1991). Altra importante contrapposizione è quella che intercorre

tra gli aggettivi specialistico e settoriale, un’alternanza che dà luogo a più o-

pinioni discordanti: in realtà, nella maggioranza dei casi questi sono usati per

determinare le medesime specificità; confrontandone l’uso in testi diversi si

riscontra che i due termini svolgono la funzione di sinonimi; spesso si tratta

solo di scelte terminologiche differenti. Un esempio di questo tipo si ritrova

confrontando le definizioni di Gotti e Serianni: il secondo, infatti, implica con

il termine settoriale lo stesso significato che il primo sottintende con

l’aggettivo specialistico (Serianni, 2003); Gotti a sua volta opera una distin-

zione fra i due, prediligendo la definizione “linguaggio specialistico” poiché

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settoriale è una caratterizzazione fin troppo vaga (Gotti, 1991: 7). Una distin-

zione che giustificherebbe la scelta di una soluzione piuttosto che un’altra è

quella che lega l’aggettivo settoriale agli ambiti di utilizzo del codice, mentre

specialistico si riferisce prettamente alla disciplina trattata.

La gamma delle definizioni possibili è ancora ricca di risorse e così, diversa-

mente dagli autori precedentemente citati, altri studiosi sono orientati verso

l’adozione di terminologie alternative: è il caso dei linguisti Sobrero e Berru-

to.

Sobrero parla di lingue speciali per indicare le lingue

che sono utilizzate per comunicare determinati argomenti, legati a partico-

lari attività lavorative e professionali, come ad esempio matematica, la bio-

logia, la linguistica, la musica, lo sport. La caratteristica principale dei sot-

tocodici/lingue speciali è quella di avere un lessico specialistico (Sobrero,

1997: 237).

L’accento è posto sulle tre discriminanti principali: lessico, argomento, ambi-

to. A questo proposito è utile riportare un’ulteriore distinzione che intercorre

secondo l’autore tra le definizioni di lingua settoriale, giudicata come nel ca-

so di Gotti troppo vaga e comunque legata a un settore o ambito non speciali-

stico di utilizzo, e lingua specialistica, intendendo con questa un linguaggio

con il quale gli specialisti di una disciplina comunicano con altri specialisti.

La specializzazione, presente nelle discipline e mancante nei settori, diventa a

questo punto il criterio grazie al quale si può operare una differenza netta fra

le due lingue, una differenza che si riscontra in modo particolare a livello les-

sicale. Nelle lingue specialistiche, infatti, esistono regole precise che danno

vita a un lessico specifico formato da neologismi e particolari strutture testua-

li, cosa che non accade, invece, nelle lingue settoriali, le quali si servono di

espressioni della lingua comune.

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Nell’analizzare il punto di vista Sobrero, è doveroso sottolineare la scelta

terminologica del sostantivo lingua, che quindi indica un codice esclusiva-

mente verbale escludendo così ciò che in questo non rientra.

A sua volta Berruto indica come sottocodici quelle che Sobrero chiama lingue

speciali, definendoli come «le varietà diafasiche dipendenti primariamente

dall’argomento del discorso e dall’ambito esperenziale di riferimento.» (Ber-

ruto, 1997 b: 70).

Ricordando che secondo la sociolinguistica le variazioni diafasiche sono le

variazioni dipendenti dal contesto situazionale, è facilmente evidenziabile la

comune base di partenza di queste due ultime definizioni: parafrasando Berru-

to, la disciplina e il settore; in questo caso, però, una considerazione di non

poco conto attribuisce la proprietà di una terminologia tecnica e specifica sol-

tanto alle lingue speciali, quelle che altrove sono considerate linguaggi spe-

cialistici, escludendo i linguaggi settoriali.

Nell’analisi delle definizioni attribuite di volta in volta ai linguaggi speciali-

stici si segnalano anche il termine microlingue e il paragone con i restricted

languages: nel primo caso, il suo utilizzo in funzione di sinonimo risulta deci-

samente improprio, in quanto la microlingua è una limitazione o semplifica-

zione della lingua comune; nel secondo, si tratta di linguaggi che estrapolano

solo alcune frasi dalla lingua comune per poi utilizzarle nella comunicazione;

è dunque ben distante dalla nozione di linguaggio specialistico, il quale ri-

formula il codice verbale secondo le proprie esigenze.

Cos’è, dunque, il linguaggio specialistico?

Assegnare l’esattezza della definizione ad un autore piuttosto che a un altro

risulterebbe quantomeno riduttivo e poco utile ai fini della trattazione

dell’argomento; si tratta invece di considerare punti di vista alternativi che

danno spazio all’analisi di aspetti che non sempre rientrano tutti in una stessa

indagine.

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La definizione verso la quale è orientato questo studio è quella di linguaggio

specialistico come un linguaggio che rielabora in modo funzionale la lingua

comune e che viene utilizzato per la comunicazione in particolari ambiti da un

gruppo di parlanti numericamente inferiore a quello che fa uso del codice lin-

guistico dal quale si è partiti; in quest’ottica sono considerati linguaggi spe-

cialistici i linguaggi giuridico, scientifico, accademico, economico, e così via.

Per quanto riguarda la terminologia adottata, le varie soluzioni lessicali ver-

ranno impiegate in qualità di sinonimi.

1.2 IL LINGUAGGIO ACCADEMICO

Nell’ampio universo dei linguaggi specialistici, quello accademico è

l’espressione del mondo scolastico/universitario, nonché di tutte le manifesta-

zioni che gravitano attorno a questo: un linguaggio variegato e flessibile che,

per quanto appartenga ad un mondo specifico e delineato, ben si adatta alle

molteplici occasioni che ne richiedono l’utilizzo, dalle più istituzionali alle

meno formali; si ritrova nei libri di testo, negli articoli specialistici, nelle tesi,

negli articoli di critica letteraria, ma anche in appunti, riassunti e schemi, sia

nel caso questi siano destinati all’uso personale, sia nel caso in cui siano pro-

dotti per la divulgazione. Non essendo limitata alla sola forma scritta, com-

prende anche testi orali, come lezioni o convegni.

Il linguaggio accademico è spesso accomunato per le sue caratteristiche al

linguaggio scientifico, talvolta ne è quasi inglobato, tanto che si è portati ad

una generalizzazione di aspetti peculiari i quali però alle volte rientrano pie-

namente solo nell’ambito scientifico, mentre le eccezioni o le particolarità che

li adatterebbero alla sfera accademica purtroppo vengono spesso tralasciate. I

due registri condividono aspetti fondamentali: il lessico, in entrambi i casi

specifico/specializzato, è caratterizzato dalla formazione di neologismi, da

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prestiti linguistici (in lingua originale) e calchi linguistici (termini provenienti

da un’altra lingua tradotti nella lingua di riferimento), sigle e acronimi utiliz-

zati come parole di senso compiuto, termini della lingua comune che nel lin-

guaggio specialistico assumono significati differenti, specifici, che saranno

validi esclusivamente all’interno del linguaggio che ha assegnato il significato

stesso; la morfologia, che vedrà una creazione nonché una crescita dei termini

specialistici funzionali all’argomento; la sintassi, che richiederà un certo ordi-

ne gerarchico nell’esposizione.

Accanto a un comune denominatore è necessario sottolineare le differenze e-

sistenti tra i due linguaggi, che derivano principalmente dalla loro natura,

nonché dalle esigenze comunicative per le quali si ricorre all’uso dell’uno o

dell’altro. Ѐ evidente come si tratti di due linguaggi appartenenti a mondi di-

versi: il linguaggio accademico prevede più campi di applicazione, laddove

per campi si vuole intendere la varietà degli usi di questo tipo di registro, la

molteplicità di forma e generi accademici: tutto questo è manifestazione delle

sfaccettature plurime che sono intrinseche del linguaggio accademico.

A differenza di quanto avviene in altri campi specifici, la piena comprensione

per un consequenziale corretto apprendimento del linguaggio accademico di

una determinata lingua straniera comporta una conoscenza, preferibilmente

previa, assai più ampia e profonda delle istituzioni e delle tradizioni riguar-

danti il mondo scolastico e culturale del Paese di riferimento, poiché sarebbe

poco produttivo lo studio di un aspetto della lingua estrapolato dal suo conte-

sto situazionale d’uso: la mera formazione linguistica va integrata con gli a-

spetti socio-culturali, perché sono questi i veri depositari della lingua stessa;

una considerazione quasi scontata ma che rappresenta una caratteristica fon-

damentale del linguaggio accademico. Essendo un linguaggio, e non una lin-

gua, il codice accademico potrà avvalersi di quegli elementi extralinguistici

che gli appartengono per definizione e quindi, ad esempio, fare uso nelle e-

sposizioni orali di strumenti audiovisivi, proiezioni di tabelle, ecc.; inoltre, il

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testo non è mai solo, ma sempre si alterna a citazioni bibliografiche che sono

integrazioni del testo stesso e contemporaneamente ne alleggeriscono la strut-

tura, la rendono più varia e meno pesante.

A livello istituzionale la Spagna ha sviluppato un vero e proprio corso per

l’insegnamento del linguaggio accademico: l’EFA, Español con fines aca-

démicos; l’interesse per questo tipo di corsi altamente specializzati dal punto

di vista linguistico scaturisce in virtù della mobilità degli studenti prevista

all’interno dell’Unione Europea dai programmi Erasmus e Socrates:

l’insegnamento di una lingua straniera con fini accademici si pone, dunque,

l’obiettivo di fornire gli strumenti necessari a comprendere e comporre testi in

ambito universitario in una lingua che non sia la propria L1, la propria lingua

madre.

Il caso specifico dello spagnolo accademico s’imbatte in una realtà che vede

quest’aspetto della lingua un oggetto di studio in tempi relativamente recenti:

poco ancora è stato esaminato e teorizzato rispetto ad altre lingue comunita-

rie, come ad esempio il tedesco, l’inglese, il francese, sia dal punto di vista

dell’insegnamento sia per ciò che riguarda l’apprendimento. Tale condizione

della lingua spagnola è stata determinata sicuramente dal ritardo con il quale

si è rivolta l’attenzione alle tradizioni culturali del Paese: il progetto europeo

ADIEU (Il discorso accademico nell’Unione Europea), infatti, ha fornito ri-

sultati riguardanti lo spagnolo non prima dell’anno 2000: essendo l’azione del

progetto volta soprattutto alla definizione del materiale didattico per

l’insegnamento linguistico e interculturale, e poiché è in queste relazioni che

sono elencati i cardini e le caratteristiche basilari del linguaggio accademico,

la loro mancanza ha penalizzato gli studi a esso indirizzati (Vázquez, 2004:

1129).

Oggi il corso EFA mira a una formazione che permetta allo studente di otte-

nere quanto più possibile il raggiungimento dei requisiti stabiliti dal Quadro

Comune di Riferimento Europeo per le lingue: il riconoscimento del possesso

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delle quattro abilità di base – parlare, ascoltare, leggere, scrivere – a più livelli

di complessità, spendibile su scala internazionale.

Il corso è caratterizzato da un vero e proprio curriculum che consta di elemen-

ti fondamentali quali: materiali autentici, studenti adulti universitari, corsi alla

portata delle necessità individuali, insegnamento tramite assegnazione di

compiti individuali, Team Teaching.

A tale scopo, nell’insegnamento con finalità accademiche è previsto l’utilizzo

di materiali che potenzino le abilità di produzione e comprensione sia scritta

che orale: manuali linguistici specializzati nella scrittura accademica, internet,

articoli in lingua scritti da professori che contemplano tutti i contesti situazio-

nali possibili, dal colloquiale allo specialistico al professionale; è testata, tra-

mite la stesura di relazioni e riassunti, la comprensione orale di conferenze e

lezioni in lingua; sono impiegati dispositivi audio-visivi autentici e gli studen-

ti entrano in contatto anche con varianti della lingua che non corrispondano a

quella standard.

La metodologia EFA segue processi d’insegnamento/apprendimento che par-

tono da una fase precedente l’incontro diretto con la lingua specialistica stra-

niera: infatti, il primo passaggio prevede il riconoscimento anche da parte del-

lo studente delle difficoltà che presenta la redazione di testi accademici in lin-

gua, una valutazione-autovalutazione degli strumenti linguistici di cui si è in

possesso, l’analisi delle caratteristiche principali della scrittura accademica

nella propria lingua madre. Avvalendosi degli strumenti sopra menzionati,

durante il corso si procede alle attività di comprensione di materiale orale e

scritto, di produzione e trasformazione di testi, si promuove il confronto tra

studenti e quindi l’autovalutazione del risultato finale; si cerca di calare lo

studente quanto più nella realtà della lingua che si sta studiando.

Si può affermare che nella lingua italiana, o meglio, per quanto riguarda il

linguaggio accademico italiano, non esistono corsi corrispettivi e/o paragona-

bili a quello EFA attivo in Spagna, almeno sul piano nazionale: il programma

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EFA ricopre infatti tutto il territorio; nella realtà italiana la presenza di corsi

mirati in questa materia è circoscritta alle singole università, che non dispon-

gono di un progetto unico e riconosciuto in tutto il Paese. Di contro l’Italia ha

avviato negli anni studi in questo settore che hanno dato risultati numerica-

mente maggiori rispetto a quelli spagnoli; se in Spagna si registra più attività

sul piano pratico e organizzativo, gli studiosi italiani, al momento, possono

godere di una teorizzazione più prolifera.

1.3 FORME E GENERI DEL LINGUAGGIO ACCADEMICO

1.3.1 I CANALI DELLA COMUNICAZIONE SCIENTIFICA

Anche la comunicazione scientifica condivide le realtà diamesiche di tutti i

tipi di linguaggio e della lingua più in generale: le due dimensioni imprescin-

dibili che si concretizzano nell’oralità e nella scrittura. Pur assolvendo il me-

desimo compito, e dunque la comunicazione, i due canali sono necessaria-

mente diversi, mostrano caratteristiche strutturali e di programmazione diffe-

renti, e la scelta dell’uno o dell’altro dipende dalla situazione di comunicazio-

ne (Berruto, 1997 a). Un testo scritto è notoriamente più strutturato rispetto ad

un testo orale poiché la scrittura permette tempi di programmazione più lun-

ghi; il testo scritto, inoltre, comporta la possibilità di una maggiore accuratez-

za linguistica e una revisione degli eventuali errori prima che il messaggio

giunga al destinatario. Tali caratteristiche, proprie della forma scritta, non so-

no presenti nel discorso orale che, per sua natura, ha tempi di programmazio-

ne più brevi, quasi istantanei, e pertanto il carattere della spontaneità sarà de-

cisamente più marcato. I tratti descritti portano alla considerazione di altri a-

spetti come, ad esempio, la tolleranza dell’errore nell’uno o nell’altro testo:

nel caso dell’oralità, infatti, si è molto più predisposti all’accettazione tempo-

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ranea, poiché nell’immediatezza della discussione l’errore passa quasi inos-

servato, o comunque è possibile per l’emittente autocorreggersi nella conti-

nuazione del discorso. Si è molto meno inclini, invece, a giustificare un errore

in un testo scritto. Questo non solo perché, come già detto, la scrittura per-

mette una programmazione previa più lunga, ma anche e soprattutto perché

generalmente durante la lettura di un testo scritto non si condivide la deissi,

ossia le coordinate spazio-temporali della produzione del testo stesso: non si

potranno chiedere chiarimenti riguardanti le ambiguità semantiche né tanto-

meno potrà esserci l’interazione tra emittente e destinatario, non sarà possibi-

le ricorrere alle soluzioni della paralinguistica, ossia all’intonazione, che nella

lingua parlata può addirittura risolvere malintesi; da questo deriva

l’importanza assoluta della programmazione nella scrittura.

Uno schema così rigidamente strutturato non esclude l’incursione di un cam-

po nell’altro: per quanto i testi scritti siano perlopiù destinati alla lettura e te-

sti orali all’ascolto, nel campo della comunicazione si assiste alla crescente

creazione di testi orali programmati come testi scritti che presenteranno,

quindi, una struttura gerarchica nell’esposizione, una ricerca/scelta lessicale

previa che non potrebbe essere frutto della spontaneità e dell’immediatezza

del parlato (es.: conferenze), nonché alla proliferazione di testi in forma scrit-

ta che racchiudono le caratteristiche dell’oralità: a tal proposito, nuovo ogget-

to di studio è il talky writing, un linguaggio ibrido che perde il carattere for-

male proprio della scrittura e dà vita a «varietà substandard» che sono larga-

mente impiegate nella comunicazione personale in rete (Orletti, 2004: 14).

Quest’ultimo fenomeno è reso possibile grazie alla riformulazione che le co-

ordinate deittiche subiscono nella realtà virtuale. Ѐ doveroso ricordare, a que-

sto punto, che oralità e scrittura rappresentano i due canali comunicativi tradi-

zionali, mentre oggi è riconosciuta a livello di studi specialistici del settore

linguistico l’esistenza di una terza realtà, la CMC, ossia la comunicazione

mediata dal computer (Orletti, 2004); si tratta di un ibrido linguistico, espres-

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sione della comunicazione virtuale, che sfrutta peculiarità sia dell’oralità che

della scrittura; il definirsi di questa nuova dimensione ha comportato anche la

nascita di una terminologia nuova che potrebbe addirittura essere considerata

specifica e quindi: discorso elettronico, discorso digitato, visibile parlare

(Orletti, 2004: 13).

Nel caso specifico della comunicazione scientifica e accademica, la libertà

d’interscambio tra i due canali diamesici è, ovviamente, ammessa in maniera

ridotta. Un esempio già citato è quello delle conferenze: questo tipo di comu-

nicazione, molto ricorrente nella sfera scientifica, prevede la declamazione

orale di un testo che nella quasi totalità dei casi è programmato come un testo

scritto; le motivazioni sono la necessaria rigorosità che accompagna il discor-

so scientifico in tutte le sue forme, scritto o orale che sia. Tale ragionamento

porta all’esclusione quasi totale della seconda possibilità, ossia un testo spe-

cialistico di questo tipo scritto secondo le regole dell’oralità; avvicinandosi al

linguaggio accademico si arriva a concludere che le circostanze che portano a

determinate scelte compositive in entrambi i campi coincidono: anche il

mondo della comunicazione accademica è caratterizzato da un certo grado di

autorità comunicativa che implica un’esposizione che abbia un impianto

scientifico, che infonda un reale senso di certezza nelle proprie affermazioni;

pur essendo il linguaggio accademico più tollerante e flessibile rispetto a

quello propriamente scientifico, dal saggio al convegno, passando per la criti-

ca letteraria, è difficilmente ammissibile l’improvvisazione del testo orale.

Oltre alla commistione dei canali diamesici, sono ovviamente presenti le real-

tà scritte e orali che nascono e restano della loro natura; alcuni esempi sono le

lezioni orali, gli articoli specialistici, la critica letteraria.

Alla luce delle ultime considerazioni, a maggior ragione si esclude dal lin-

guaggio scientifico/accademico l’ibrido linguistico CMC, che per sua natura

ma soprattutto per l’uso cui solitamente tale comunicazione si presta, non ri-

sulterebbe affatto funzionale per i linguaggi specialistici presi in esame, spe-

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cialmente se si considera il carattere di ufficialità che accompagna quasi sem-

pre la comunicazione in questi ambiti.

1.3.2 TIPOLOGIE DI TESTI ACCADEMICI

Base di partenza per il testo accademico così come per qualsiasi altro tipo di

testo è la seguente definizione: si considera testo un qualsiasi prodotto lin-

guistico conchiuso, sia esso orale o scritto, che risponda ai criteri di coeren-

za, coesione e appropriatezza al contesto, fatto con l’intenzione e l’effetto di

comunicare.

Qualsiasi tipo di testo rientra per delle caratteristiche formali in un genere te-

stuale. Non si tratta di un’appartenenza fine a se stessa bensì di

un’appartenenza che si dimostra nell’influenza operata dal genere sul testo in

termini di usi linguistici, strutturazione, svolgimento degli aspetti concettuali:

veri e propri condizionamenti che scaturiscono anche dalla funzione pragma-

tica dominante che il testo è chiamato ad assolvere. Appartengono allo stesso

genere i testi che presentano le stesse caratteristiche di forma, contenuto, e

che soprattutto vengono utilizzati convenzionalmente nelle stesse situazioni

comunicative: il vincolo che unisce il contesto situazionale e il genere è es-

senziale, anche perché è la società che stabilisce non solo il genere ma, so-

prattutto, l’occasione di utilizzo.

Il discorso accademico comprende una fornita varietà di tipologie di testi, che

la bibliografia spagnola tende a definirle clases de textos o clases textuales

(Otañi, 2005), che, pur nella loro diversità, costituiscono un genere dal carat-

tere poliedrico, poiché ognuno apporta una caratteristica propria: appartengo-

no per la gran parte al mondo scolastico/universitario ed è per l’utilizzo in

quest’ambito che vengono composti.

Il più tipico e rappresentativo è certamente il libro di testo; questo, a sua vol-

ta, contiene al suo interno quelli che potrebbero essere definiti dei “sottogene-

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ri” la cui formulazione è condizionata dall’utente finale, che può essere lo

studente delle scuole inferiori come anche l’universitario. Due libri per due

casi come quelli presi ad esempio avranno sì le stesse finalità, ma saranno

chiamati a perseguirle adottando metodologie differenti: in particolar modo

riguardo agli aspetti lessicali, morfologici e sintattici che creano e caratteriz-

zano un certo grado di specificità del testo: nel primo caso sarà necessario un

testo decisamente più accessibile sul piano lessicale, con una struttura testuale

più snella che favorisca l’immediata comprensione; a livello universitario la

ricercatezza raggiunge gli stadi più elevati, affinché si producano testi sempre

più specialistici. Si tratta, ovviamente, di una peculiarità di questa tipologia

testuale dovuta proprio al suo largo utilizzo.

Testo fortemente caratteristico del genere accademico è la tesi, elaborato

scritto che, tra altri obiettivi, si pone anche lo scopo di dimostrare il raggiun-

gimento di un dato livello di competenza nella disciplina studiata; si deduce

l’obbligatorietà di un determinato stile compositivo, che riguarda non solo il

lessico ma anche la sintassi, la struttura.

La tesi è un testo a carattere principalmente espositivo, ma contempla anche

una forte componente argomentativa: mostrare la conoscenza e padronanza di

una materia o di un argomento è l’essenza stessa di questo tipo di testo. Per

avvalorare l’enunciato si ricorre alla citazione delle fonti bibliografiche che

rappresentano il punto di partenza per il lavoro di ricerca, mentre

nell’argomentare si seguono le regole generali valide per tutti i tipi di testi.

Come accade per gli articoli specialistici, anche la tesi ha un’introduzione e

una conclusione, ma una caratteristica distintiva del testo sono varie conclu-

sioni intermedie che servono a chiudere i sottoargomenti trattati nei vari capi-

toli.

La tesi è sicuramente un esempio di testo che rientra tra quelli più specifici

dell’ambiente universitario.

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Altro esempio di testo accademico sono gli interventi nelle conferenze: questi

appartengono al canale orale e presentano delle componenti peculiari costan-

temente presenti. La variabilità dell’argomento non corrisponde a cambia-

menti della struttura, che vede invece, nella quasi totalità dei casi, un contesto

quanto meno formale, un auditorio composto da un pubblico adulto ma so-

prattutto competente anche se non necessariamente deve essere una comuni-

cazione tra specialisti, come afferma invece Sobrero (Sobrero, 1997: 238);

spesso in questo caso il discorso accademico può essere integrato da supporti

audio-visivi. L’articolo specialistico riporta nella forma scritta le caratteristi-

che del discorso orale appena descritto.

Un caso diverso è quello della critica. Rispetto agli ultimi due esempi propo-

sti il testo critico, sia esso di tipo letterario, storico o di altra natura, ammette

una maggiore flessibilità dei canoni sopra descritti; tale tolleranza è giustifica-

ta dall’utilizzo che solitamente si fa degli articoli di critica, che hanno una

componente narrativa assente in altri tipi di testo che conferisce un carattere

più discorsivo/descrittivo. La critica adotta sempre un punto di vista soggetti-

vo, personale: manca l’oggettività e l’imparzialità dell’indagine scientifica.

Meno rigida sul piano formale è anche la lezione tenuta dal docente, sia a li-

vello scolastico che a livello universitario; ancora una volta il pubblico condi-

ziona il livello di specificità, e quindi le scelte lessicali in modo particolare.

Tra i testi accademici orali è quello che si manifesta con più frequenza.

Pur rientrando a pieno titolo nel discorso accademico, gli elaborati per uso

personale come gli appunti, gli schemi, i riassunti, non condividono certo le

caratteristiche formali strutturali dei testi accademici veri e propri, né il loro

utilizzo è previsto negli stessi contesti situazionali.

Un nuovo tipo di testo che vede crescere progressivamente la sua affermazio-

ne è l’abstract: si tratta del riassunto di un saggio specialistico o di una rela-

zione che ci si appresta a seguire in una conferenza; anticipa quindi i contenu-

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ti del testo che si sta per leggere o ascoltare e generalmente è di breve-media

estensione.

In spagnolo l’abstract prende anche il nome di resúmen del artículo de inve-

stigación, è un testo che precede l’introduzione ed è indipendente: la sua let-

tura non è conseguente né implica quella dell’intero articolo. A tal proposito

vengono individuati anche i cosiddetti riassunti dipendenti, la cui lettura non

permette di avere un quadro generale soddisfacente in quanto a informazioni

e che, pertanto, dipende dal testo principale (Otañi, 2005).

Come tutti i tipi di testi, anche l’abstract è composto da un’introduzione, un

corpo e una conclusione, in questo caso prevalentemente espositivi e narrati-

vi.

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CAPITOLO 2

LA SCRITTURA ACCADEMICA IN SPAGNOLO E I-

TALIANO

2.1 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA SUGLI STUDI RELATIVI

ALLA SCRITTURA ACCADEMICA

L’analisi di vari studi riguardanti la scrittura accademica ha confermato

l’esistenza di un unico modello di riferimento per la redazione di testi non so-

lo tra gli studiosi italiani, ma anche e soprattutto tra il metodo italiano e il me-

todo spagnolo. Questa coincidenza è frutto della condivisione di elementi e

processi che sono alla base della scrittura.

Tra gli aspetti strettamente connessi alla scrittura, la coesione e la coerenza

del testo risultano tra quelli maggiormente indagati. La coesione si concretiz-

za nel «rispetto delle relazioni formali tra le varie parti del testo», e riguarda

la sintassi; la coerenza, invece, riguarda la semantica, ed è l’«insieme dei pro-

cedimenti logici e semantici che consentono di produrre un senso continuo e

accettabile» (Cerruti/Cini, 2007: 57). Nella trattazione di quest’argomento un

accento particolare si pone sui connettivi, elementi che pongono in relazione

le varie parti del testo in modo logico guidando in questo modo il lettore nella

comprensione; a seconda della loro natura o funzione veicolano significati e

permettono l’instaurazione di un determinato tipo di relazione tra le frasi che

legano. Le funzioni attribuite ai connettivi sono esplicitate nelle varie classifi-

cazioni cui questi elementi sono sottoposti, redatte in base al legame che in-

staurano tra gli elementi del discorso e al componente argomentativo intro-

dotto.

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La bibliografia offre approcci differenti al tema: sul versante italiano si regi-

stra una maggiore attenzione nel testo di Cerruti/Cini (2007): in questo, infat-

ti, si propongono due tipologie di connettivi in base ai criteri sopra citati; la

prima, relativa alla coerenza, li classifica per il componente argomentativo in-

trodotto e li distingue in: giustificatori; generalizzanti; garanti; rafforzatori;

modali; relativizzanti; conclusivi. La seconda classificazione è più legata alla

coesione testuale e raggruppa i connettivi per il tipo di legame che questi in-

staurano; saranno pertanto: additivi; esplicativi; alternativi; correlativi; avver-

sativi e concessivi; temporali; causali; finali. Nel caso specifico, il testo con-

tinua con un ulteriore elenco nel quale rientrano cinque tipi di connettivi, i

«transitional devices», che esprimono cinque diverse progressioni della co-

municazione; saranno, pertanto, contrastivi, aggiuntivi, causali, esemplificati-

vi e conclusivi.

Il manuale di Cerruti/Cini dedica una particolare attenzione a questi elementi

della scrittura che hanno senza dubbio un’importanza fondamentale. Pren-

dendo a modello lo studio appena citato e proseguendo il confronto bibliogra-

fico, si evidenzia come nel libro di Serianni (2003) i connettivi siano stati

considerati esclusivamente nella loro funzione di elementi di coesione che

guidano il discorso secondo una determinata progressione: l’autore quindi

procede ad una classificazione dei connettivi che coincide con quella dei

«transitional devices» contenuta nel Cerruti/Cini (2007: 61); nel secondo testo

non viene proposto un elenco dettagliato fornito di definizioni, ma si è ricorso

semplicemente ad esempi esplicativi. Ai connettivi segue, in entrambi gli stu-

di citati, una parte relativa alla punteggiatura come elemento di coesione che

in alcuni casi si pone in alternativa all’uso dei connettivi.

Lievemente differente è la presentazione dei connettivi nel testo spagnolo del-

la Montolío (2000), classificati in base alla relazione che creano tra le frasi; si

ha la distinzione tra «conectores aditivos, contraargumentativos, consecuti-

vos, causales, organizadores de la información»; certamente è una classifica-

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zione che coincide quasi totalmente con quella italiana più diffusa, quella dei

transitional devices. Una distinzione assente nei manuali italiani ma sottoli-

neata in quello spagnolo è quella tra «conectores parentéticos», ossia, connet-

tori inseriti nelle pause, e «conectores integrados en la oración»: di entrambi

sono fornite le caratteristiche grammaticali e il grado di mobilità all’interno

del testo stesso. La spiegazione dettagliata di questi ultimi due punti contri-

buisce a formare il carattere accentuatamente didattico del suddetto manuale,

che accompagna e guida nell’apprendimento della scrittura accademica: è un

ulteriore punto di contrasto con i testi italiani che, invece, si presentano come

studi altamente specializzati e forse meno adatti all’autoapprendimento.

Un confronto tra le fonti bibliografiche è possibile anche per quanto riguarda

le caratteristiche lessicali e i requisiti del linguaggio accademico, tema larga-

mente trattato, e su più fronti; in questo caso, mentre l’elenco più esaustivo è

fornito da Sobrero (1997), che cita direttamente le undici caratteristiche indi-

viduate da Hoffmann nel 1984 definendo, però, solo quelle che non si presta-

no ad una comprensione immediata, il testo più esplicativo risulta essere quel-

lo di Gotti (1991), che fornisce definizioni, spiegazioni ed esempi per ogni

requisito menzionato. La condivisione degli elementi conferma che in en-

trambi i casi sono stati riportati quelli più rappresentativi e ricorrenti.

Le caratteristiche del lessico sono meno numerose nell’analisi della Montolío

(2004), che ne cita soltanto due dall’importanza assolutamente fondamentale:

claridad y objetividad (chiarezza e oggettività).

Piena corrispondenza si ha tra gli studi spagnoli e italiani per quanto riguarda

le sequenze testuali essenziali nel testo accademico: esposizione, descrizione,

argomentazione; in particolare, per quest’ultima sono elencate fasi e compo-

nenti uguali: tesi, argomento, regola generale, fonte, riserva e rinforzo corri-

spondono sia in spagnolo che in italiano. Le tipologie testuali rappresentano

sicuramente uno degli aspetti di maggiore interesse nella scrittura accademi-

ca, e la frequenza con cui appare nei vari testi esaminati ne è la conferma; an-

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cora una volta è la spiegazione fornita da Cerruti/Cini (2007) quella più com-

pleta: nel manuale, infatti, ci si avvale anche di schemi che mostrano le possi-

bili strutture della sequenza argomentativa: semplice, multipla o a grappolo.

Alle fasi canoniche dell’argomentazione si affianca lo schema proposto da

Lombardi Vallauri (2004), nel quale la differenza, in realtà, è data solo dalla

denominazione, e quindi: «accompagnamento al tema; definizione del conte-

sto in cui si sta parlando; annuncio della tesi; enunciazione delle premesse fat-

tuali, e degli argomenti legati concettualmente da relazioni di causa-effetto da

una parte alle premesse e dall’altra alla tesi; ri-deduzione della tesi dalle pre-

messe e dagli argomenti e sua precisazione; accompagnamento fuori dal te-

ma» (LombardiValauri, 2004: 22). Questo passaggio del testo di Lombardi

Vallauri si aggancia ad un altro punto fondamentale che riguarda le fasi di

produzione del discorso: queste spaziano dalla pre-scrittura alla composizione

vera e propria, fino al momento dedicato alla revisione. Una particolare atten-

zione all’argomento è riservata dalla Montolío (2004), nel cui manuale si può

leggere una descrizione dettagliata di tutte le fasi si produzione, mentre Se-

rianni (2003), soffermandosi sulla fase di organizzazione delle informazioni,

introduce il discorso sulle unità informative e sull’importanza gerarchica che

ne giustifica l’utilizzo nel testo.

La bibliografia italiana si distingue per la trattazione di argomenti decisamen-

te tecnici e caratteristici della scrittura accademica, che sono i processi di

formazione del lessico, quindi la nominalizzazione, e l’adozione di particolari

forme sintattiche, come ad esempio la forma passiva; su questo terreno si pos-

sono confrontare gli scritti di Gotti (1991), Serianni (2003), Sobrero (1997).

Correlata all’uso del passivo è la progressione tema-rema tipica della lingua

italiana, di cui la spiegazione più dettagliata è quella proposta da Serianni

(2003), poiché supportata da esempi oltre che da definizioni.

Il lavoro della commissione spagnola che ha curato il Manual práctico de e-

scritura académica (2004) è incentrato principalmente sul discorso accademi-

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co e fa rientrare nel genere anche testi che presentano un livello di formalità

decisamente basso, come ad esempio gli elaborati per l’uso personale (appun-

ti, schemi, ecc.). Il manuale spagnolo è caratterizzato da un’essenza didattica

assente nei testi italiani esaminati; lo si può considerare una vera e propria

guida alla scrittura accademica laddove, invece, gli studiosi italiani, ripren-

dendo un pensiero di Sobrero, sembrano indirizzare i loro lavori principal-

mente all’attenzione di altri specialisti.

2.2 CARATTERISTICHE DELLA SCRITTURA ACCADEMICA

2.2.1 CARATTERISTICHE GENERALI

Le fasi di scrittura di un testo accademico appartengono in realtà a tutti i tipi

di testi: si può affermare che siano dei passaggi obbligatori per la buona riu-

scita di qualsiasi elaborato destinato a qualsiasi campo.

Analizzando il processo dal principio, alla scelta del tema che verrà trattato e

del destinatario principale segue la fase della documentazione: sarà utile per

ottenere quantomeno un’infarinatura riguardo all’argomento, per avere una

visione globale, generale, di quello che si andrà a studiare. Consiste nel rac-

cogliere e catalogare il maggior numero di informazioni possibili, reperibili

da studi precedenti che diventeranno a questo punto le fonti per il testo: la lo-

ro molteplicità permette un discorso ampio e ben articolato, ma soprattutto il

confronto; non essendo limitata al solo recupero di dati, durante la fase di do-

cumentazione è necessario stabilire relazioni non solo tra le fonti, ma anche le

relazioni che si istaurano tra queste e il testo, e va anche valutata l’opportunità

del materiale raccolto, ossia la pertinenza di questo con il proprio lavoro, con

il testo che si ha intenzione di redigere. Un’attenta analisi delle fonti permette

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di sfruttarle per inserire nel testo delle citazioni, elementi che imprimono

sempre maggior autorevolezza ai vari studi.

Segue, a questo punto, la pianificazione. Pianificare significa operare una

cernita delle informazioni che si vogliono inserire nel testo, attribuire un gra-

do gerarchico d’importanza al fine di ottenere come risultato finale un testo

chiaro, scorrevole, che non presenti difficoltà nella comprensione. In questa

fase si determinano anche le idee che si vogliono esprimere, i punti di vista da

adottare. Solo dopo aver elaborato uno schema che guiderà lo scrittore

nell’esposizione delle idee è possibile procedere alla fase di scrittura vera e

propria; il corpo del testo, parte principale dell’intero elaborato, viene solita-

mente scritto prima dell’introduzione, della conclusione e del titolo: questi,

paradossalmente, sono gli elementi che prendono forma solo alla luce di

quanto analizzato e studiato per la compilazione del corpus.

Il testo accademico, pur nelle sue diverse realizzazioni, costituisce un genere

specifico: pertanto, alla definizione base di testo è possibile aggiungere quei

tratti distintivi che, uniti ad aspetti extralinguistici, rendono accademico un

testo generico. Secondo l’elenco di Hoffmann (1984), undici sono le caratte-

ristiche del linguaggio specialistico: astrattezza; coerenza logica; densità

d’informazione; generalizzazione; impersonalità; mancanza di ambigui-

tà; neutralità emotiva; oggettività; precisione; sinteticità; uso di termini

tecnici definiti, di simboli e figure. A questo elenco si aggiungono la com-

pletezza dei dati (se presenti) e la monoreferenzialità. Questi requisiti, che

in altre classificazioni vengono ridotti all’essenziale1, in alcuni casi fanno ri-

ferimento ad uno stesso aspetto, sottintendono la medesima peculiarità, sono

quasi sovrapponibili; alcuni sono più distintivi di altri, gerarchicamente più

1 Nell’elenco di Sager-Dungworth-McDonald del 1980 i requisiti fondamentali dei lin-

guaggi specialistici sono ridotti a tre: appropriatezza, economia, precisione (cit. in So-

brero, 1997).

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importanti perché realmente imprescindibili; altri, invece, segnalano una ca-

ratteristica piuttosto vaga alla quale, comunque, è sempre conveniente fare ri-

ferimento. Come già detto, molti di questi tratti distintivi sono individuabili

anche nel linguaggio scientifico e nella maggior parte dei linguaggi speciali-

stici, ricordando però le differenze esistenti che scaturiscono dalla diversa na-

tura di queste lingue speciali, nonché dall’impiego cui si prestano.

Cosa distingue concretamente un testo accademico da uno generico? Quali

sono le strategie scrittorie adatte?

Da un punto di vista puramente tecnico si può affermare che esistono delle

regole precise da seguire per una corretta stesura di questo tipo di testo che ri-

guardano:

LESSICO: l’elemento lessicale, all’apparenza non determinante, è una stra-

tegia importantissima in un testo accademico; dalle scelte linguistiche dipen-

de, infatti, la presenza o meno di ambiguità, la possibilità di dubbi e frainten-

dimenti che minacciano l’esatta comprensione del testo. Saranno frequenti le

ripetizioni, specialmente ove occorre l’utilizzo di termini specifici, i tecnici-

smi specifici e collaterali (Serianni, 2003: 81) che non possono essere sosti-

tuiti da iperonimi, e quindi sinonimi talvolta troppo generici; la specificità dei

termini è, ovviamente, circoscritta al linguaggio specifico di riferimento. La

terminologia tecnica è assolutamente necessaria nei testi prettamente scienti-

fici sia orali sia scritti, mentre la sostituzione lessicale può risultare addirittura

più funzionale nel discorso accademico. Durante un corso di lingue con fini

accademici gli studenti costruiranno progressivamente un vero e proprio vo-

cabolario personale di terminologia specifica.

OGGETTIVITÀ: il discorso accademico evita quanto più possibile espres-

sioni soggettive; considerando il carattere espositivo e/o argomentativo tipico

del testo accademico ma anche scientifico, l’impersonalità si presenta come

tratto fondamentale, in quanto imprime maggiore credibilità all’elaborato per

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il lettore/ascoltatore; ciononostante l’elaborato di tipo accademico, in alcuni

casi, permette una certa tolleranza per la presenza o meno di tale requisito.

PRECISIONE: è intesa anche come immediatezza; un termine deve riportare

istantaneamente al suo significato senza giri di parole. A questo elemento è

legata la trasparenza del testo, il cui grado di efficienza si misura in base alla

facilità della comprensione globale ad una prima lettura.

SINTETICITÀ: alla scrittura accademica è affidato il compito di concentrare

concetti chiari e completi nel minor spazio possibile.

MONOREFERENZIALITÀ: ossia, il riferimento a significati oggettivi; è la

denotazione. Questo aspetto definisce uno dei tratti maggiormente distintivi

del linguaggio accademico: la neutralità emotiva, quella mancanza di conno-

tazione e interpretazione personale che segna la distanza tra il linguaggio spe-

cialistico e la lingua comune.

COMPLETEZZA DEI DATI: si tratta senza dubbio di un aspetto che ac-

comuna tutti i testi scientifici, laddove con questo aggettivo si va ad indicare

il testo meramente scientifico ma anche accademico, o comunque ogni tipo di

testo specialistico che comporta la divulgazione di dati, siano essi risultati di

studi, indagini, esperimenti, e così via. L’importanza e il rigore attribuiti a

questo elemento concorrono a fare del testo un enunciato chiaro e inequivo-

cabile.

Perché allora, se tali caratteristiche sono considerate cardini dai quali non si

può prescindere in questo tipo di scrittura, il testo accademico prevede una

certa tolleranza nella variazione dei suddetti requisiti? Saranno incongruenti

al genere i testi che non rientrano a pieno nei suoi parametri?

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La risposta a queste legittime domande risiede nella diversa natura delle pos-

sibili realizzazioni di un testo con fini accademici: una tesi di laurea è certa-

mente diversa dagli appunti per uso personale, così come un libro di testo de-

stinato al mondo scolastico si presenta in forma differente rispetto ad un arti-

colo specialistico scritto, magari, per una conferenza; la critica letteraria è ca-

ratterizzata da ulteriori elementi, eppure tutti questi sono esempi di scrittura

accademica.

Un eccessivo rigore oggettivo in un libro di testo destinato alle scuole inferio-

ri è poco funzionale, e lo stesso vale per il tecnicismo lessicale; gli stessi ele-

menti sono però assolutamente necessari nei testi universitari; le strategie sti-

listiche volte a rendere un testo interessante per il lettore che non sono certo

determinanti in un esame, lo saranno invece in un articolo di critica; questi

semplici esempi mostrano come gli stessi elementi possano, anzi in alcuni ca-

si debbano, variare a seconda della funzione che il testo è chiamato a svolge-

re.

Date le caratteristiche della scrittura, quali sono le motivazioni di un testo ac-

cademico? Quali gli scopi che l’autore si prefigge di perseguire?

Il testo di tipo accademico, solitamente, contiene al suo interno due tipologie

testuali che ne rappresentano l’essenza: l’esposizione e l’argomentazione.

L’ESPOSIZIONE:

L’esposizione è, dunque, la sequenza testuale base onnipresente nel discorso

accademico poiché questo tipo di scrittura è principalmente volta alla divul-

gazione, serve ad informare: si ricorre all’uso di un testo espositivo nel mo-

mento in cui si vuole analizzare un problema, quando si vuole mostrare la co-

noscenza di una determinata materia, come ad esempio nelle tesi. La struttura

di questo tipo di testo prevede due momenti fondamentali: l’esposizione del

problema, lo sviluppo della soluzione; è proprio per assecondare questi due

elementi che l’ordine delle informazioni fornite è di tipo logico, e quindi se-

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gue l’andamento del ragionamento logico che porta alla soluzione; non è un

ordine naturale, non presenta i dati così come si sono incontrati nella realtà

dell’indagine.

All’esposizione è affidato il compito della semplificazione del testo mediante

l’uso di esempi per concretizzare l’astrattezza della teoria; altra funzione svol-

ta da questa tipologia testuale è la classificazione delle informazioni che si in-

tende comunicare.

L’ARGOMENTAZIONE:

In un testo che si ritenga adeguatamente articolato è improbabile che si incon-

trino esclusivamente sequenze espositive; più ragionevole sarà, invece, la

compresenza di queste con unità descrittive e, in particolar modo, argomenta-

tive. L’argomentazione rappresenta l’altra importante tipologia testuale pre-

sente nel linguaggio accademico; ma in che termini è possibile introdurre tale

processo nel testo? Perché ricorrere alle sue strategie?

Partendo da una verità indiscutibile, nonché principio base formulato dalla

massima aristotelica “non si argomenta contro l’evidenza”, argomentare

coincide con il sostenere un’opinione e dimostrarla, giustificarla; è perorare

una tesi, provare che esistono elementi a favore della stessa; si argomenta allo

scopo di persuadere gli interlocutori della validità della posizione che

s’intende difendere: il peso logico della dimostrazione risiede tutto

nell’argumentatio.

L’argomentazione consta di elementi fondanti quali:

- opinione o tesi;

- argomento: ossia i dati che servono a giustificare la tesi;

- regola generale: garantisce la validità del legame esistente tra tesi e ar-

gomento.

Elementi non meno importanti sono:

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- fonte: origine autorevole delle informazioni, garantisce la validità della

regola generale e apporta dati a sostegno della tesi;

- riserva: ossia le possibili interpretazioni alternative dell’argomento;

- rinforzo: argomento debole contrario alla tesi introdotto allo scopo di av-

valorarla.

Esistono delle vere e proprie tecniche argomentative, tra le quali la presenta-

zione e la confutazione della controtesi: si anticipa in questo modo

un’eventuale accusa di fallibilità della propria tesi; questo passaggio, infatti,

si compie al fine di impedire un’esposizione convincente alla controparte; è

un’operazione che tenta di avvalorare l’opinione sostenuta, poiché nel mo-

mento in cui si espongono possibili problemi se ne offre contemporaneamente

la soluzione.

Nel vasto panorama dei testi accademici le sequenze argomentative saranno

inserite nelle tesi di laurea, nella critica letteraria, nelle relazioni finali di ri-

cerche: in questi casi l’argomentazione, oltre ad assolvere alle sue funzioni

principali, servirà anche a rendere accattivante un testo specialistico, a cattu-

rare l’attenzione del lettore/ascoltatore e mantenerla viva.

LA DESCRIZIONE:

L’elemento descrittivo si presta alla quasi totalità dei generi testuali; ha delle

regole compositive ben precise che scaturiscono dal compito affidato a questo

tipo di sequenza, ossia presentare una serie di dati. Il testo accademico am-

mette esclusivamente dati oggettivi e comprovati: a tal fine le sue sequenze

descrittive prevedono l’utilizzo di tecnicismi lessicali e del tempo verbale

presente, poiché questo determina certezza nell’esposizione. La descrizione è

inserita nel discorso accademico per le definizioni, per l’elenco e

l’enumerazione dei dati forniti; per le stesse ragioni è una tipologia molto im-

piegata anche nei testi a carattere scientifico.

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Proseguendo nell’analisi della scrittura accademica, oltre alle caratteristiche

del linguaggio e alle sequenze testuali, sono essenziali i connettivi, elementi

di coesione e coerenza che collegano tra loro parti del testo; sono sottoposti a

più classificazioni in base alla funzione svolta: anche per questo un connetti-

vo può rientrare in categorie differenti.

Prendendo in esame le categorie di maggior riferimento, e partendo da quella

redatta in base al tipo di legame instaurato, i connettivi si distinguono in:

- additivi: aggiungono un nuovo argomento a quanto già detto (inoltre, an-

che);

- esplicativi: servono a spiegare e chiarire (cioè, in altre parole);

- causali: instaurano un rapporto di causa-effetto tra gli elementi (perché,

perciò);

- temporali: esprimono rapporti di tipo cronologico (prima, dopo);

- alternativi: propongono un’alternanza tra gli elementi (oppure);

- correlativi: mettono in pari relazione (sia… sia, non solo… ma anche);

- concessivi o avversativi: mettono in contrasto gli elementi ( ma, anche se,

però).

Si può dire che questa classificazione è quella universalmente riconosciuta,

alla quale, però, si affianca quella dei transitional devices che risulta funzio-

nale alla comprensione della progressione degli argomenti.

Confrontando il processo di scrittura di un testo accademico sia in spagnolo

che in italiano, si riscontrano molte analogie; questo particolare linguaggio

accomuna i due modelli, soprattutto perché in entrambi i casi ricopre lo stesso

ruolo, registra le stesse situazioni e modi d’impiego.

Ripercorrendo il processo di scrittura, ed analizzandone le strategie, emerge la

condivisione delle stesse sia nel metodo spagnolo che nel metodo italiano,

anche e soprattutto nella composizione delle sequenze testuali: queste, infatti,

constano degli stessi elementi, adoperano le medesime metodologie, hanno

uguali caratteristiche. L’argomentazione, presa ad esempio in quanto tipolo-

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gia testuale altamente articolata, è sviluppata sia in spagnolo che in italiano

secondo un unico processo: non si registra variazione di elementi compositivi

né tantomeno di fasi; lo stesso discorso è valido anche per la descrizione e per

le sequenze espositive.

Infine, una componente che non può mancare in un testo accademico è la bi-

bliografia: fisicamente situato alla fine di un libro o di un articolo, è l’elenco

in ordine alfabetico di tutte le fonti prese in esame per la redazione del testo,

nonché riferimento per le citazioni. Quest’ultime sono fondamentali nella

scrittura accademica e vengono proposte all’interno del testo con una fre-

quenza altissima: hanno come scopo principale il rafforzamento delle tesi

proposte, il mostrare una certa fondatezza e tradizione riguardo allo studio

che si propone, servono ad elevare in grado di erudizione del testo. La cita-

zione bibliografica mette in evidenza il lavoro di ricerca che precede la scrit-

tura, quindi, non solo apporta validità e valore, ma aumenta il grado di autori-

tà del testo specialistico; nel citare una fonte si riconosce il lavoro altrui, ed è

per tale motivo che una bibliografia completa deve contenere tutte le infor-

mazioni utili per risalire al testo citato: autore/i, titolo, anno di pubblicazione,

casa editrice. Si può parlare di onestà intellettuale.

Esistono vari metodi per introdurre citazioni nel corso del discorso: il meno

invasivo per la scorrevolezza della lettura è quello autore-anno, tramite il qua-

le si riportano tra parentesi il nome dell’autore, l’anno di pubblicazione e pa-

gina di riferimento nel caso di una trascrizione di passaggi del testo fonte;

questo metodo permette un collegamento veloce e fluido alla bibliografia,

evita la citazione completa di titolo ed editore che risulta ingombrante nel

corpo del testo, e nella maggior parte dei casi anche le note a piè di pagina,

che diventano quindi uno spazio riservato a spiegazioni e citazione aggiunti-

ve, che non possono essere introdotte direttamente nel testo perché poco fun-

zionali alla sua economia, ma che soprattutto deviano l’attenzione dalla lettu-

ra.

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2.2.2 PARTICOLARITÀ DELLO SPAGNOLO

La scrittura accademica spagnola è per la gran parte caratterizzata da elementi

che si riscontrano anche in altre lingue, poiché imprescindibili e alla base del

processo di scrittura. Fondamentale e ricorrente in più studi sull’argomento è

il carattere dell’impersonalità: come accade per l’italiano, anche il genere ac-

cademico spagnolo evita la forma personale, e un eventuale ricorso a questa

servirebbe esclusivamente ad organizzare il discorso.

Un altro aspetto è l’analisi dei connettivi, che la recente bibliografia spagnola

tende a definire marcadores del discurso - aditivos, contraargumentativos,

consecutivos, causales, organizadores de la oración: questi sono classificati

in base alla relazione che instaurano tra le parti del discorso che collegano,

ma anche secondo la progressione che imprimono al discorso quindi, in quali-

tà di transitional devices.

La grammatica spagnola distingue inoltre conectivos parentéticos e conecti-

vos integrados en la comunicación (Montolío, 2000): i primi sono quelli che

vanno tra le pause forti, e generalmente si abbinano al modo verbale indicavo;

nel secondo gruppo rientrano quelli seguiti dalla congiunzione subordinante

que e le preposizioni de, a (in alcuni casi è possibile la combinazione de que),

oltre ad alcune congiunzioni di uso comune. La definizione attribuita a questi

connettivi, «integrados en la oración», implica che i suddetti elementi abbia-

no un valore subordinante; possono essere accompagnati dal modo indicativo

o congiuntivo: nel caso della congiunzione que la coniugazione del verbo è

obbligatoria; le preposizioni, invece, prevedono anche l’infinito e il sintagma

nominale. Tra tutti, alcuni introducono argomenti deboli, altri sono utilizzati

in determinate sequenze testuali piuttosto che in altre, e così via.

Nella scrittura accademica spagnola si individuano due strategie largamente

utilizzate per la redazione di testi specialistici, tanto scientifici quanto vicini a

discipline umanistiche: la descripción e la analogía. Con la prima si procede

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nel fornire dettagliatamente le caratteristiche di un oggetto, processo, feno-

meno, con l’intento principale di definire la sua natura in modo preciso, così

che la comprensione possa essere completa. Con la analogía, invece, si sem-

plifica la definizione scientifica con esempi e paragoni al fine di spiegare il

concetto in questione in termini più semplici e accessibili. Questi due elemen-

ti si ritrovano in tutti i tipi di sequenze testuali, dalla descrittiva, all’espositiva

a quella argomentativa (Montolío, 2000).

Tra le realtà del linguaggio accademico spagnolo un’attenzione particolare va

rivolta ai testi che sono protagonisti del progetto ADIEU: la clase magistral,

la monografía, rispettivamente rappresentanti del testo orale e del testo scrit-

to.

La clase magistral è la lezione tenuta dal professore volta all’analisi di un de-

terminato argomento, che in quanto realtà accademica presenta come scopo

principale l’esercizio alla comprensione orale; vista all’interno del progetto

ADIEU, che è molto vicino alle circostanze create dall’Erasmus, non risulta

certo una comunicazione tra pari, ma questa è una condizione condivisa anche

dagli studenti di madre lingua. La clase è una lezione e, in quanto tale, preve-

de la supervisione di un docente al quale spetta il compito

dell’organizzazione, e quindi: preámbulo, planteamiento del tópico, explica-

ción, interacción, cierre. Ai fini dell’apprendimento per la produzione del te-

sto accademico, quest’attività è un modello da seguire per una corretta e fun-

zionale organizzazione delle informazioni da introdurre in un’esposizione

orale; dalle fondamentali alle secondarie, dalle interdisciplinari alle interatti-

ve.

Il secondo esempio di testo fondamentale nel corso EFA è la monografía: ap-

partenente al canale della scrittura, spazia dal compito su una determinata ma-

teria fino alla forma più ambiziosa, vale a dire, la tesi; le caratteristiche sono

quelle base di tutti i testi accademici, quindi, organizzazione, coerenza, argo-

mentazione, esposizione, e così via.

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Nella redazione di una monografía si deve tener conto di sei elementi fonda-

mentali:

- la funzione: con la quale si intende lo scopo del testo stesso, il compito

che questo è chiamato a svolgere;

- la situazione: è il contesto accademico, che nel caso del corso EFA è tipi-

camente universitario; il grado di scolarizzazione implica non solo la cor-

rettezza linguistica, ma anche la sussistenza dei contenuti e del livello e-

spressivo;

- le parti costitutive: sono le varie parti che compongono il testo stesso, os-

sia, introduzione, corpo e conclusione, ma anche la bibliografia non può

essere tralasciata;

- i procedimenti: si tratta delle strategie dell’esposizione e

dell’argomentazione;

- la struttura: concerne lo sviluppo del testo, sia per quanto riguarda la for-

ma sia per quanto riguarda i contenuti. La monografía spagnola ha solita-

mente uno sviluppo lineare e, in questo, la forma prevale sul contenuto;

- lo stile: riguarda la forma espressiva.

Tra tutti gli elementi citati la funzione e la situazione sono quelli che distin-

guono in modo evidente una monografía da un articolo specialistico.

Gli esempi riportati sono solo due espressioni del genere accademico spagno-

lo, nel quale rientrano tutti i tipi di testi accademici citati nel primo capitolo.

2.2.3 PARTICOLARITÀ DELL’ITALIANO

La scrittura accademica italiana si distingue per la presenza di alcune partico-

lari soluzioni morfosintattiche che non si riscontrano in spagnolo.

Processo assolutamente caratterizzante del testo scientifico/accademico è la

nominalizzazione: si tratta di un meccanismo morfosintattico che porta a pre-

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ferire il sintagma nominale a quello verbale nella definizione nonché nella

spiegazione di concetti procedenti da azioni (e quindi generalmente espressi

da verbi), con la conseguente creazione di sostantivi da forme verbali;

l’attuazione di tale processo avviene tramite l’affissazione, che permette la

sostituzione di frasi relative con aggettivi lievemente modificati nella seman-

tica dagli affissi, ossia da prefissi e suffissi. Conseguenza della sempre più

diffusa nominalizzazione è la diminuzione dei verbi nel testo: in alcuni casi, a

questi è affidata la funzione di collegamento tra le informazioni principali

che, invece, vengono fornite dai nomi; l’elevato ricorso agli elementi lessicali

nel testo e l’uso di sostantivi accoppiati, preferiti alle preposizioni subordi-

nanti, determinano l’aumento della densità semantica.

Tramite questo processo la struttura del testo viene notevolmente alleggerita;

l’effetto finale è una sintassi semplificata.

Certamente non si può ritenere la nominalizzazione un fenomeno esclusivo

dei linguaggi specialistici, anzi, è un processo che ricorre frequentemente e

spesso involontariamente nella lingua comune; tuttavia, nei linguaggi appar-

tenenti all’area umanistica, si tratta di un aspetto fondamentale, di un tratto

distintivo.

Ulteriore soluzione sintattica che caratterizza la scrittura accademica italiana

rispetto a quella spagnola è la predilezione per la forma passiva e imperso-

nale; il ricorrere a questa, infatti, soddisfa due esigenze fondamentali del testo

specialistico: la deagentivizzazione e il mantenimento della progressione te-

ma-rema. In primo luogo, dunque, il passivo è largamente usato per spersona-

lizzare il discorso evitando l’esplicitazione dell’agente/soggetto: in questo

modo si preserva uno tra i requisiti fondamentali del discorso specialistico:

l’impersonalità.

In secondo luogo, la forma passiva favorisce anche il mantenimento della re-

lazione tema-rema: si consideri tema l’elemento noto, e quindi ciò di cui si

parla, e rema l’elemento nuovo, ossia ciò che si dice del tema; la progressione

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in questa direzione è tipica di qualsiasi enunciato. Al fine di garantire tale se-

quenza, in italiano, e in modo particolare nell’italiano parlato, nel caso in cui

non vi sia coincidenza tra il tema e il soggetto, si procede con la dislocazione

dell’oggetto a sinistra; il discorso accademico, e specialistico più in generale,

nell’usare la forma passiva evita tale dislocazione poiché la combinazione di

questi due elementi (passivo e dislocazione a sinistra) darebbe come risultato

frasi inaccettabili: senza l’esplicitazione il passivo risulta totalmente funzio-

nale alla comprensione del testo (Serianni, 2003).

Soluzione ricorrente nel testo accademico italiano è la referenza anaforica,

che si traduce in continui rimandi a punti precisi e passaggi interni al testo

stesso, e grazie alla quale si rafforza notevolmente la coesione testuale: in

questo modo si evitano continue ripetizioni che danneggerebbero la scorrevo-

lezza del discorso e si creano collegamenti utili per una comprensione globale

e sinergica.

In alcuni linguaggi alla referenza anaforica si preferisce la ripetizione lessica-

le; nel discorso accademico tale soluzione risulta assolutamente funzionale.

Altra tecnica usata per rafforzare la coesione del testo accademico italiano è

l’ellissi, che consiste nell’omissione del soggetto nelle frasi coordinate o su-

bordinate quando questo è lo stesso espresso nella frase reggente: in questo

modo si evitano ripetizioni troppo ravvicinate, e gli eventuali dubbi derivanti

dalla mancata esplicitazione vengono chiariti dal contesto (Serianni, 2003).

Nell’italiano moderno l’ellissi è addirittura obbligatoria.

2.3 LA CRITICA LETTERARIA

La critica letteraria è un tipo di testo che rientra a pieno titolo nel genere ac-

cademico: solitamente in forma di saggio, indaga gli aspetti semantici, cultu-

rali, estetici e intertestuali di un testo letterario, sia esso in prosa oppure in

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versi. Tra le varie tipologie che rientrano nella definizione di testo accademi-

co, la critica è tra quelle che presentano un livello di rigore e rigidità minore e

si presta più di altri, sempre nei limiti del possibile, alla tolleranza della varia-

zione di determinati criteri come, ad esempio, l’impersonalità. Il discorso cri-

tico, infatti, non è del tutto inattaccabile dalla soggettività: per definizione e-

sprime un certo parere su una certa opera, è intriso del pensiero dell’autore il

quale può far intuire la sua presenza al lettore più di quanto non possano i re-

dattori di articoli specialistici. Un eventuale minor grado di autorevolezza ri-

spetto ad altri testi accademici non fa del saggio critico un testo dal carattere

personale e colloquiale; è tuttavia vero che il verificarsi di questa possibile

condizione è giustificato dall’obiettivo persuasivo che questo tipo di testo si

propone.

Aldilà dell’analisi a livello semantico, di quanto, come e perché la critica si

pone a favore o contro determinate opere (questioni che non rappresentano

oggetto di studio in questa sede), compito della critica è analizzare, spiegare e

rendere accessibile un’opera letteraria riguardo alle caratteristiche linguistiche

e tecniche: la validità e soprattutto l’utilità del lavoro di semplificazione è cer-

tamente da rapportare all’epoca di riferimento dell’opera stessa.

L’aspetto che suscita maggiore interesse dopo il significato, a volte nascosto

tra le righe, è sicuramente quello delle scelte lessicali. Alla luce dei requisiti

del discorso accademico precedentemente esposti, un testo critico ha l’arduo

compito di esprimere giudizi sul lessico adoperato dall’autore dell’opera ri-

spettando canoni ben precisi per la formazione del proprio linguaggio, quasi

un compito metalinguistico che comprende anche l’analisi della grammatica e

della sintassi.

Tra i vari testi accademici, il saggio critico è quello con la componente narra-

tiva maggiore, quello più discorsivo, e al suo interno sono immancabili le se-

quenze testuali descrittive, argomentative ma anche espositive. La descrizione

è strettamente connessa all’opera oggetto della critica: con questo tipo di se-

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quenza, che può essere compresa nel riassunto della trama o del tema fonda-

mentale, è possibile parafrasare il significato del testo letterario, ma anche e-

lencare e descrivere le caratteristiche strutturali, linguistiche e sintattiche del

testo preso in esame. In questa occasione, alla descrizione si agganciano le

sequenze espositive, tramite le quali si dimostra la padronanza della materia e

dell’arte critica, e si applicano le conoscenze teoriche alla pratica: in questi

passaggi, l’autore getta basi teoricamente valide dalle quali successivamente

svilupperà i suoi giudizi sull’opera letteraria. Si ha, quindi, l’argomentazione.

Argomentare è dare forma alla critica, è l’essenza di questo tipo di elaborato,

perché proprio con la sequenza argomentativa si giustificano le proprie opi-

nioni e, soprattutto, si cerca di persuadere il lettore della validità e della fon-

datezza delle stesse; è un aspetto che assume grande importanza nella critica,

specialmente se si considera che questa è composta a favore o contro uno

scrittore, la sua opera e il suo metodo.

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CAPITOLO 3

ANALISI DEI TESTI

3.1 UN ESEMPIO DI CIRITICA LETTERARIA IN SPAGNOLO:

«La dimensión carnavalesca de Don Quijote y Sancho» di Augustin

Redondo

3.1.1 IL TESTO E LA SUA STRUTTURA

Il testo preso come esempio per la critica letteraria in spagnolo è il saggio

breve di Augustin Redondo, «La dimensión carnavalesca de Don Quijote y

Sancho», F. Rico, Historia y crítica de la literatura española 2/1 Siglos de

Oro: Renacimiento, primer suplemento a cura di F. López Estrada, Barcello-

na, Editorial Crítica, 1991.

Il saggio di Redondo è parte integrante di un’opera critica ben più ampia e ar-

ticolata, la collana «Historia y crítica de la literatura española» a cura di Rico.

Quella che si presenta nel suddetto tomo è, in realtà, la riedizione di un artico-

lo precedente dello stesso autore: A. Redondo: «El Quijote y la tradición car-

navalesca», contenuto nella rivista Anthropos. Revista de documentación

científica de la cultura (1989). Quest’articolo è dunque un punto di partenza

per l’elaborazione del saggio breve.

Sottolineare l’origine del testo è utile per spiegarne la struttura:

l’introduzione, infatti, è un passaggio estrapolato dall’articolo del 1989: una

lunga citazione grazie alla quale si evita un discorso generale d’apertura, cui

segue l’analisi che porta direttamente nel vivo del discorso.

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Quello dell’introduzione non è un caso isolato: il saggio, infatti, è intervallato

da passaggi dello stesso articolo che sono contemporaneamente corpo del te-

sto e base per ulteriori spunti critici: più specificamente, si individuano tre ci-

tazioni dell’originale alternate ad altrettante parti del nuovo testo. Queste in-

tegrazioni sono graficamente evidenziate da un corpo diverso, più piccolo, e

delineate da spazi che le separano dalle altre parti del saggio; sono delle vere

e proprie citazioni e la soluzione grafica adottata rispetta le regole stabilite in

materia dal genere accademico. Non si verifica però una distinzione grafica

dei paragrafi del testo effettivo, la cui continuità è comunque minata dai pas-

saggi dell’articolo di partenza: la conclusione, ad esempio, è perfettamente in-

tegrata nel discorso, ed è solo la carica semantica che permette di individuarla

come tale.

Come in ogni testo, anche in questo si individuano le componenti strutturali

fondamentali: introduzione, corpo e conclusione. La bibliografia non è adia-

cente al testo, bensì è posta alla fine dell’intero capitolo.

L’introduzione, in quanto elemento strutturale del testo, ha il compito

d’introdurre il tema del discorso in modo da suscitare l’interesse del lettore;

questo, che rappresenta il fine principale, condiziona la natura

dell’introduzione del saggio preso in esame, caratterizzata da una forte com-

ponente espositiva: si mette subito in risalto il tema centrale, l’idea attorno al-

la quale sviluppare il discorso, ma non solo: nell’esposizione, che di per sé è

la sequenza più erudita, si citano altri studi che creano una forte base

d’appoggio al discorso in costruzione e infatti, per quanto riguarda questo

saggio, la maggior parte dei confronti con altri testi è raccolta tutta nella parte

introduttiva.

Come già detto, l’introduzione è una citazione; il procedere da un articolo

scritto per una rivista specialistica ha le sue conseguenze, che da un punto di

vista sintattico si concretizzano in periodi molto brevi, a rispetto del criterio

di sinteticità del testo accademico, il che comporta, almeno in questa parte,

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uno scarso uso dei connettivi. Tra i pochi presenti va segnalato asimismo, co-

nector aditivo che introduce i cosiddetti párrafos de enumeración, ossia, pa-

ragrafi, ma anche semplici periodi, nei quali si elenca una serie di idee che si

sviluppano attorno a quella centrale; gli elementi della enumeración introdot-

ti dal connettivo asimismo, che possono anche essere di numero ridotto, non

hanno rilevanza dal punto di vista argomentativo, bensì sono aspetti che risul-

tano interessanti e utili per l’esposizione. Infatti, nel caso specifico del testo

esaminato, questo connettivo additivo viene utilizzato per segnalare un ulte-

riore settore artistico che, in epoca diversa, ha affrontato lo stesso tema del

saggio. La stessa funzione, con gli stessi risvolti, è portata a termine dal con-

nettivo también: anche questo introduce un periodo di enumerazione di altri

testi aventi il medesimo oggetto di studio.

[…] Lo ilustra asimismo la Commedia dell’Arte (que tanta importancia tuvo

en España entre 1574 y 1603), con los actores personajes opuestos y

complementarios Zan Ganassa (el flaco) y Stefanello Bottarga (el gordo), de

los cuales se han servido varias veces las comparsas de la época de Antruejo,

como fue el caso, por ejemplo, durante las Carnestoladas valencianas del

1599. Esta oposición se pone también de rilieve en algún que otro romance

del siglo XVII como el que lleva por título Romance en competencia entre

entre el Carnal y la Cuaresma o como aquel que escribe Quevedo, en que

Describe el río Manzanares cunado concurren en el verano a bañarse en el,

y lo mismo ocurre en los Dichos de Don Luis de Góngora. […]

Scorrendo il testo oltre l’introduzione si arriva al corpo e contemporaneamen-

te alla prima parte rivisitata dell’articolo, quindi, il primo passaggio inedito

del saggio; di qui in poi s’incontrano tutti i tipi di sequenze testuali.

Nella parte centrale l’argomentazione occupa lo spazio maggiore:

l’importanza che questa ricopre deriva dal fatto che un testo critico si redige

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anche per esporre la propria chiave di lettura di una determinata opera lettera-

ria, per avvalorare le motivazioni che sostengono tale posizione, e per persua-

dere il lettore. Non è il solo tipo di sequenza presente ma è affiancata da seg-

menti narrativi, descrittivi, e ancora espositivi; le descrizioni sono brevi e i

punti narrativi sono funzionali al proseguire dell’argomentazione.

I connettivi che introducono le sequenze argomentative sono di varia natura e

vanno dai causali ai controargomentativi. L’impiego dei connettivi causali è

giustificato dalla necessità di mostrare che quanto proposto sia una causa na-

turale: hanno un intrinseco carattere consecutivo che soddisfa le esigenze

dell’argomentazione.

Tra questi il più usato nel saggio è il connettivo pues, conector parentético

che in quanto tale possiede un elevato grado di mobilità all’interno del testo.

[…] La etérea dama del casto y poco viril hidalgo se elabora, pues, a partir de

un tipo de mujer exactamente opuesto, [...]

Altri connettivi con valore causale utilizzati ai fini dell’argomentazione sono

como, ya que, por ello, de ahí que. L’ultimo di questo elenco rappresenta un

caso particolare: de ahí que è l’unico connettivo consecutivo spagnolo che si

combina con il modo congiuntivo («De ahí que, para gobernar, le baste…»); è

nel gruppo dei conectores integrados en la oración, il che comporta un grado

di mobilità nel discorso decisamente inferiore rispetto a quello dei conectores

parentéticos. Por ello è, invece, un connettore sì consecutivo ma che segnala

che la causa risiede in quanto detto precedentemente.

Ma l’argomentazione è introdotta anche da altri tipi di connettivi, i controar-

gomentativi, che introducono passaggi di opposizione a quanto precede; nel

testo esaminato sono: pero, sin embargo, no obstante, a pesar de. I primi tre

introducono un argomento forte e sono tutti di tipo parentético: in realtà, pero

è una congiunzione più adatta all’oralità che alla formalità del testo scritto, e

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il suo utilizzo non solo nel saggio ma anche nell’articolo per la rivista specia-

listica denota quella tolleranza del rigore accademico tipica della critica. A

pesar de è, invece, un conector integrado en la oración che introduce un con-

troargomento debole.

Accanto alle numerose sequenze argomentative si pongono quelle espositive,

caratterizzate ancora una volta dal connettivo additivo asimismo ma anche dal

più incisivo además, che introduce aspetti nuovi più rilevanti dal punto

dell’argomentazione rispetto a quelli precedenti, e dalle espressioni distributi-

ve por una parte… por otra.

Argomentazione e esposizione si alternano nel testo in pari proporzioni.

La conclusione, che si ha in un passaggio di riformulazione dell’articolo, è in-

trodotta dal connettivo oppositivo sin embargo, ed è segnata in tutta la sua e-

stensione dallo stesso tipo di marcatori.

In questo saggio molti sono i periodi che iniziano con connettivi soprattutto di

tipo parentético e che introducono un’argomentazione forte: además, no ob-

stante, pero, sin embargo, che sono per di più tutti coordinativi.

3.1.2 FORME DELL’ESPOSIZIONE

Il linguaggio di questo saggio può essere analizzato su due livelli, quello delle

citazioni e quello delle parti aggiuntive e più recenti. Esistono infatti delle dif-

ferenze in merito: le citazioni sono caratterizzate da un linguaggio che si può

definire più conforme ai requisiti della scrittura accademica, e che denota

l’appartenenza ad una rivista specialistica, anche se non si può parlare di tec-

nicismi specifici, anzi, per la natura e lo scopo del testo stesso è possibile il

ricorso ad una vasta gamma di sinonimi; molti dei termini riportati sono ri-

presi direttamente dall’opera.

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È un linguaggio a tratti letterario. Il tempo verbale predominante è il presente

indicativo, che infonde certezza all’esposizione del discorso accademico: è un

ulteriore tratto distintivo della scrittura dell’articolo che, proponendosi come

testo autorevole e dal valore scientifico, non si lascia andare alla formulazione

di periodi che si prestano a contestazioni riguardo alla loro fondatezza; laddo-

ve si ricorre all’uso di tempi differenti si nota come questi verbi siano inseriti

in sequenze narrative che riassumono il decorso della storia.

È un linguaggio chiaro che non lascia spazio a fraintendimenti; il risultato è

una serie di sequenze di facile lettura, seppur appartenenti ad un testo specia-

listico.

Le parti più recenti del saggio, riformulazioni dell’articolo originale, sono

leggermente più discorsive rispetto alla altre, leggermente più elastiche anche

nella scelta dei tempi verbali. Come già accennato nel capitolo precedente, tra

tutti i tipi di testi del genere accademico la critica letteraria è quello più tolle-

rante nel caso di infrazioni al rigore dei requisiti. Un esempio lampante è

l’uso della prima persona plurale, che intacca quindi il principio

dell’impersonalità, caratteristica fondamentale dei linguaggi specialistici.

Nel saggio, infatti, l’autore fa sentire la propria presenza con l’uso della prima

persone plurale, anche se si unisce alla massa dei lettori e non fa riferimento

diretto a se stesso; un’operazione del genere resta più che sconsigliabile in al-

tri tipi di testi appartenenti allo stesso genere. Ad esempio, il fatto che questa

trasgressione al criterio dell’impersonalità sia presente in una delle parti nuo-

ve del saggio, e non nell’articolo originale, è un segnale di come la scrittura

specialistica, in contesti di una certa autorevolezza, debba rispettare rigoro-

samente i requisiti che la rendono tale.

Da queste considerazioni s’intuisce la maggiore apertura al carattere discorsi-

vo che molto spesso caratterizza il testo critico.

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In rapporto alla struttura del testo, il saggio ha una componente lessicale ricca

soprattutto laddove incorrono le sequenze descrittive, caratterizzate da elenchi

di aggettivi ripresi dall’opera, con relativi sintagmi nominali.

Dal punto di vista delle strategie che caratterizzano la scrittura accademica

non ci sono grandi applicazioni: si segnala però una referenza anaforica, ossia

un richiamo a elementi già citati nel testo.

3.1.3 RAPPORTO CON LE FONTI

Il riferimento alle fonti, importante per l’affermazione di ogni nuovo studio,

in questo testo si può dire abbastanza limitato. Com’è noto, il testo speciali-

stico raccoglie l’elenco delle fonti nella bibliografia, che però per quanto ri-

guarda il saggio di Redondo non è fornita in modo chiaro e dettagliato.

In quanto testo critico la fonte di maggior rilievo è indubbiamente l’opera og-

getto della critica stessa, in questo caso Don Quijote de la Mancha: da qui, in-

fatti, procede la quasi totalità delle citazioni, inserite tra i caporali quando ri-

portano esattamente il testo (in realtà queste si limitano ad aggettivi che arric-

chiscono le sequenze descrittive), libere quando sono solo un riferimento: le

segnalazioni bibliografiche tra parentesi tonde indicano la parte e il capitolo

d’appartenenza (l’opera è divisa in due parti); i riferimenti di questo tipo sono

numerosissimi in rapporto alla lunghezza dell’intero saggio.

Non per questo, però, Redondo si basa esclusivamente sull’opera letteraria.

Prova ne è il fatto che, prima di addentrarsi definitivamente nel vivo del di-

scorso, nella parte introduttiva vengono citate delle opere che avevano come

oggetto di studio i temi principali del saggio: tra queste vengono menzionate

alcune che esulano dal campo puramente letterario per introdurre un paragone

con il mondo dell’arte figurativa, ma c’è anche un riferimento al mondo del

teatro: tutto questo crea una rete interdisciplinare e intertestuale arricchisce

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sicuramente il discorso accademico. Eppure non si può parlare di fonti bi-

bliografiche; dalle opere menzionate non provengono citazioni di alcun gene-

re né tantomeno si hanno riferimenti riguardo alle varie edizioni. I titoli ripor-

tati non sono utili in alcun modo all’argomentazione, bensì rientrano nelle

parti espositive del discorso che hanno, tra gli altri, il compito di mostrare re-

lazioni e paragoni intertestuali, così che il testo abbia dei fondamenti solidi.

Diversamente si pone, invece, il caso dell’articolo originale «El Quijote y la

tradición carnavalesca», contenuto nella rivista Anthropos, dal quale si parte

per la costruzione del saggio. Di questo testo, infatti, si forniscono tutte le in-

dicazioni necessarie per risalire all’originale, che vengono poste a piè di pagi-

na, quasi come nel metodo citazione-nota: in questo caso manca però

l’esponente di riferimento.

In definitiva si può affermare che questo saggio non istaura un vero rapporto

con le fonti, poiché non sussistono i paragoni e i confronti che lo giustifiche-

rebbero.

3.2 UN ESEMPIO DI CRITICA LETTERARIA IN ITALIANO:

«Don Chisciotte della Mancha, Miguel de Cervantes» di Cesare Se-

gre

3.2.1 IL TESTO E LA SUA STRUTTRA

Il testo di critica italiana esaminato è l’introduzione di Cesare Segre all’opera

di Miguel de Cervantes «Don Chisciotte della Mancha» che fa parte di una

collana a cura di C. Segre e D. Moro Pini, Milano, A. Mondadori, 1974.

Di questa lunga introduzione, in questa sede si prende in esame solo il quinto

dei sei paragrafi che la compongono; ogni paragrafo può essere considerato

un minisaggio che tratta vari aspetti della stessa opera.

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Il saggio di Segre riporta delle divisioni grafiche che, in quanto tali, sono le

prime ad essere messe in evidenza: il testo, infatti, è diviso in tre parti separa-

te l’una dall’altra alle quali corrispondono lievi variazioni del tema. Ma aldilà

di questa scelta grafica, il testo viene considerato nella sua totalità e, pertanto,

si individuano un’introduzione, un corpo centrale e una conclusione.

Nella parte introduttiva, piuttosto breve, viene enunciato il tema principale in

una sequenza espositiva che denota subito l’esistenza di uno studio fatto pri-

ma di procedere alla scrittura: grazie all’uso di due connettivi garanti, secon-

do alcuni, secondo altri, si intuisce che si fa riferimento ad alcune fonti che

però non vengono esplicitate, e per di più queste vengono introdotte con fun-

zione oppositiva l’una all’altra dal connettivo alternativo oppure. S’introduce

nell’immediato una serie di argomentazioni che verranno sviluppate nel pro-

sieguo del testo.

Inizia dunque l’argomentazione, che prende forma nella parte centrale del te-

sto; non è introdotta da connettivi specifici, ma nel suo progredire è piena di

opposizioni tra vari elementi che man mano vengono spiegate. A questo pro-

posito, il connettivo più ricorrente è l’avversativo ma usato nella sua duplice

accezione di contrasto tra due parti e di negazione nell’aspettativa semantica

(ma mette in relazione due frasi coordinate; nel caso di subordinazione il con-

nettivo è definito concessivo); frequente è la sua posizione all’inizio del para-

grafo e del periodo, come a sostegno di un argomentare piuttosto articolato.

Molti altri sono i connettivi contenuti nel testo: dai correlativi agli organizza-

tori del discorso, dagli avversativi ai causali agli additivi. Considerando la

funzione di transitional devices svolta da alcuni connettivi quando sono posti

al principio del paragrafo o del periodo, il testo risulta avere una progressione

a carattere principalmente contrastivo.

Anche se l’argomentazione occupa i passaggi fondamentali del testo, non

mancano i punti narrativi e le sequenze espositive. Quest’ultima tipologia in

particolare si ritrova nelle parti finali, in particolare all’inizio dell’ultima se-

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zione evidenziata graficamente, in cui si leggono vari riferimenti intertestuali

e relative esplicazioni che rendono il carattere informativo ed erudito di tali

interventi.

Per quanto riguarda la conclusione, vista nel quadro generale dell’intero sag-

gio introduttivo all’opera questa è una conclusione intermedia, giacché la de-

finitiva si ha alla fine del sesto paragrafo. Ciononostante, anche nel saggio

breve esaminato si ritrovano i caratteri generali del paragrafo conclusivo. An-

cora una volta si ritrova un connettivo avversativo e un transitional device

contrastivo, oltre ad un conclusivo che accompagna il paragrafo verso la chiu-

sura.

3.2.2 FORME DELL’ESPOSIZIONE

Ripercorrendo l’elenco dei requisiti del linguaggio accademico è facile dedur-

re che non tutti godono di piena applicazione nel saggio di Segre.

L’analisi della dimensione linguistica, infatti, rivela anche in questo caso un

testo specialistico che persegue i propri obiettivi senza ricorrere alla rigidità

dell’indagine scientifica. Il saggio è caratterizzato da un abbondante uso dei

connettivi che lo rendono più discorsivo rispetto ad una relazione accademica,

generalmente molto formale, anche nelle parti espositive, che rappresentano

lo spazio dedicato all’enunciazione di quanto si sa sull’argomento trattato.

Ancora in riferimento alle sequenze testuali, nelle sequenze argomentative il

tempo verbale prescelto è quello della certezza: il presente indicativo; nei

segmenti espositivi si ricorre anche all’uso dell’imperfetto e del passato re-

moto, ma queste sono sequenze nelle quali si espongono concetti già dati per

assodati e validi, che quindi non hanno bisogno né di conferma né di persua-

dere.

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La natura di testo critico rende anche più difficile l’applicazione dei criteri ri-

guardanti il lessico, che risulta prettamente letterario: non ci sono tecnicismi

insostituibili per la salvaguardia della chiara comprensione. Tuttavia, anche il

linguaggio letterario può essere fonte d’ispirazione per la creazione di neolo-

gismi, come ad esempio “chisciottizzazione”: è un termine di evidente prove-

nienza letteraria e può essere considerato una sorta di tecnicismo sempre però

all’interno del testo stesso, perché è in questo che ha quel determinato signifi-

cato; si riprende così il processo che caratterizza i tecnicismi specifici dei lin-

guaggi specialistici, termini che all’interno di un determinato contesto assu-

mono un altrettanto determinato significato. Nel caso del termine citato si può

proporre anche il paragone con il processo della nominalizzazione, tramite il

quale si prosegue alla creazione di sintagmi nominali da voci verbali. È pro-

prio lo stile nominale che caratterizza alcuni passaggi del testo, che restano

comunque numericamente inferiori a quelli verbali. Vengono meno, invece, le

altre strategie tipiche della scrittura accademica italiana, come ad esempio

l’ellissi. I periodi del saggio sono effettivamente molto brevi e lasciano poco

spazio a subordinazioni articolate con le quali mettere in atto questa strategia.

Questo, oltre a concorrere alla ripetizione costante del nome del personaggio

preso come oggetto d’indagine, all’interno dell’economia del testo gioca sicu-

ramente a favore di una comprensione più pronta e immediata.

Altra caratteristica del linguaggio accademico cui il testo risponde è la densità

d’informazioni rapportata alla sinteticità. Volendo considerare il saggio come

un testo indipendente e non integrato in un discorso ben più ampio, si registra

un alto apporto informativo in uno spazio relativamente ristretto: è il frutto di

sequenze argomentative che si avvicendano l’un l’altra e che creano allo stes-

so tempo una struttura abbastanza articolata.

Nonostante l’impronta non eccessivamente formale, il saggio rispetta, almeno

nel passaggio preso in esame, il requisito dell’impersonalità: l’autore non pa-

lesa mai la propria presenza, sebbene lo stile risulti complessivamente dialo-

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gico e discorsivo. In realtà poi, se si procede alla lettura integrale

dell’introduzione all’opera, questo non corrisponde a verità e si ritroverà la

voce dell’autore che si esprime con la prima persona plurale.

3.2.3 RAPPORTO CON LE FONTI

Il testo di Segre sostiene un rapporto di collaborazione con le fonti che si po-

trebbe definire silenzioso. Lo studio e il confronto con altri testi di critica ap-

pare evidente sin dalle prime battute di questo saggio, nelle quali le fonti sono

introdotte da due connettivi garanti - secondo alcuni, secondo altri - deputati

proprio a questo tipo di funzione (l’introduzione delle fonti): il paragone con

altri studi è messo in evidenza dal fatto che le due fonti introdotte sono porta-

trici di due argomentazioni differenti; non è quindi un semplice menzionare

l’esistenza di altre indagini relative al tema, ma è un vero e proprio confron-

tarsi e perorare l’una o l’altra causa.

Un altro passaggio del testo che mette in rilievo lo studio fatto a monte e il

confronto con altri testi si ritrova nella parte finale del saggio. Qui le fonti

non si limitano solo al campo letterario, né tantomeno il confronto è ristretto

all’opera di riferimento: non solo i collegamenti sono stabiliti con altri testi

che contemplano la conoscenza dell’ampia tradizione letteraria spagnola, ma

addirittura si ha un rapporto interdisciplinare tra la letteratura e il teatro.

Vero è, però, che le fonti non sono esplicitate: non solo non sono disponibili i

riferimenti bibliografici, ma nemmeno i titoli delle opere che sono state og-

getto di studio. In effetti, la bibliografia non è proprio presente. Non ci sono

citazioni di altre opere di critica letteraria, in nessuno dei metodi possibili.

L’unica fonte di citazioni dirette è l’opera letteraria che il saggio va ad intro-

durre: Don Chisciotte della Mancha. Il testo è continuamente intervallato da

passaggi ripresi direttamente dall’opera: vengono introdotti tra i caporali

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quelli che riportano fedelmente il testo originale e l’indicazione bibliografica

tra parentesi tonde indica la parte dell’opera (che è divisa in due) e il capitolo

d’appartenenza, secondo le regole stabilite in materia dal genere accademico.

In alcuni passaggi il testo assume quasi un carattere dialogico, dato dalla ri-

produzione del discorso diretto tra i protagonisti del romanzo.

Le citazioni, oltre ad essere fondamento per le teorie critiche, rappresentano

allo stesso tempo un’esemplificazione delle stesse; volendo fare un riferimen-

to alle strategie della scrittura, il rapporto che s’instaura tra la citazione diretta

dell’opera letteraria e le teorie critiche costruite intorno a questa hanno lo

stesso funzionamento della descripción che ricorre nelle sequenze descrittive

del testo spagnolo scritto.

3.3 ASPETTI TESTUALI DELLA CRITICA LETTERARIA IN

ITALIANO E SPAGNOLO: CONFRONTO TRA I DUE TESTI

ANALIZZATI

Confrontando i risultati derivanti dall’analisi dei due testi si riscontrano ana-

logie e differenze. Procedendo con ordine, il primo aspetto esaminato in en-

trambi i casi è la struttura. Questa presenta necessariamente delle differenze

poiché, nonostante si tratti di due testi di critica letteraria, questi hanno origini

e nature defferenti. Nel caso spagnolo, il saggio breve è una riedizione di un

articolo specialistico; quello italiano è un saggio introduttivo all’opera ogget-

to della critica. Si tratta dunque di due testi il cui scopo principale differisce, e

che anche per questa ragione sono caratterizzati da strutture nettamente diffe-

renti. La prima incongruenza, che è anche la più evidente, è la lunghezza, se

si considera che il testo di Segre non si limita al paragrafo preso in esame, ma

è molto più lungo. Anche circoscrivendo il discorso al passaggio esaminato

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non si ha corrispondenza tra le parti se non per quelle che sono le componenti

strutturali di ogni tipo di testo: introduzione, corpo, conclusione.

Il testo spagnolo, anche solo dal punto di vista grafico, è una continua alter-

nanza di sezioni a corpo normale e sezioni a corpo ristretto, ognuna separata

dall’altra da spazi vuoti prima e dopo del paragrafo. Una separazione che nel

testo di Segre avviene solo quando cambia lievemente il tema centrale. Sono

due soluzioni che comunque rientrano nel genere accademico.

Un punto in comune tra i due testi lo si ritrova nelle sequenze espositive ini-

ziali deputate all’introduzione del tema. La proporzione con la quale si alter-

nano le varie tipologie testuali non differisce molto tra i due casi, ma il feno-

meno che è più interessante da segnalare è la forte caratterizzazione oppositi-

va/controargomentativa che segna i due saggi. Questo aspetto, evidente

nell’uso di determinati connettivi, sottolinea come l’argomentazione sia arti-

colata e tenti di giustificare le proprie posizioni anche rapportandole ad ele-

menti contrari, e che hanno bisogno di un tipo di progressione contrastiva

(transitional devices) per vedere la propria affermazione.

Una differenza nella conclusione si registra a livello di connettivi: mentre in

Redondo è la carica semantica che fa scivolare il testo verso la chiusura, Se-

gre introduce un connettivo che veicola il senso di conclusione.

Passando al secondo aspetto analizzato, il linguaggio e le sue forme, si riscon-

tra come la natura critica accomuni i due testi in un livello di formalità infe-

riore a quello che ci si aspetta da un testo specialistico. Pertanto, uno stile di-

scorsivo, scelte lessicali molto legate al campo di applicazione, la letteratura,

ma comunque coerenti con i criteri di chiarezza, trasparenza, e anche sinteti-

cità.

Per quanto riguarda lo stile vi è una differenza fondamentale: il saggio di Re-

dondo non rispetta l’impersonalità, caratteristica fondamentale nella scrittura

specialistica, mentre il passaggio dell’introduzione di Segre esaminato rientra

pienamente in questo canone. A suo favore è anche l’analisi lessicale che,

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seppur in entrambi i casi non evidenzia grande applicazione delle strategie

della scrittura accademica, tuttavia vede nel testo italiano la formazione di un

termine dal lessico letterario che si può considerare per l’occasione un tecni-

cismo.

Ultimo confronto, il rapporto con le fonti. Anche in questo caso entrambi i te-

sti si discostano dalle regole del genere accademico, che prevede la formazio-

ne e il ricorso ad una bibliografia; è un elemento di assoluta rilevanza nel ge-

nere perché è l’elenco delle fonti, che a loro volta rappresentano la base di

ogni nuovo studio, ma sono anche punto di confronto e garanzia per quanto

riguarda il valore scientifico dell’indagine che si conduce. Tuttavia, questo

fondamentale elemento è assente sia nel testo spagnolo che nel testo italiano.

Ma in questo punto comune c’è un’ulteriore differenza che sta proprio

nell’uso delle fonti a disposizione: Segre, infatti, lascia intendere la sussisten-

za di un lavoro di confronto con opere precedenti, anche se queste non ven-

gono menzionate; nel saggio di Redondo, invece, non si accenna nemmeno ad

un paragone o confronto fatto prima della stesura del testo, e vengono solo ci-

tati alcuni titoli che risultano poi poco utili come bibliografia, dato che non

apportano argomentazioni al discorso.

In ultima analisi si può affermare che le analogie più evidenti scaturiscono

dalla natura dei due saggi, la critica letteraria, e che per quanto riguarda il ri-

spetto delle regole stabilite dal genere accademico, si riscontra maggiore ap-

plicazione nel testo italiano piuttosto che in quello spagnolo. Sicuramente in

entrambi i saggi si avverte la mancanza della rigidità accademica.

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Conclusioni

Il linguaggio accademico è il linguaggio che caratterizza i contesti prettamen-

te scolastici ed universitari ed espressione di tutti gli elaborati che fanno rife-

rimento a queste realtà e che in esse vengono prodotti.

Spesso inglobato nel linguaggio scientifico, il discorso accademico ha una sua

identità precisa e distintiva, tanto da costituire un vero e proprio genere

all’interno del quale rientra una nutrita varietà di testi.

L’indagine condotta, che è partita dalla questione della terminologia più ap-

propriata, ha rivelato che è più opportuno parlare di linguaggio accademico,

piuttosto che di lingua, e in questa direzione si è voluta sviluppare l’intera te-

si, salvo l’utilizzo di altre definizioni in qualità di sinonimi.

Nello sviluppo di questo studio ci si è imbattuti in due diverse realtà che ri-

spondono in modo differente alla stessa questione: quella spagnola e quella

italiana. Nell’affrontare la realtà determinata dal progressivo riconoscimento

del linguaggio accademico tra le lingue speciali, la Spagna propone un solu-

zione più pratica che teorica: aderendo al progetto ADIEU e allineandosi ad

altri Paesi europei come Germania e Inghilterra, ha sviluppato un corso

d’insegnamento della lingua con fini accademici: l’EFA, che rappresenta la

messa in atto di molte teorizzazioni e progetti riguardanti l’argomento. Que-

sto garantisce anche un certo standard nella trattazione del linguaggio acca-

demico, poiché il corso EFA è riconosciuto a livello internazionale. In un

confronto a questo livello risulta che l’Italia registra un certo ritardo sul piano

dell’organizzazione pratica, mentre ha investito più energie nel ramo teorico.

Aldilà di questo tipo di organizzazione pratica, per quanto riguarda gli aspetti

che definiscono il discorso accademico, che sono quelli analizzati nel primo

capitolo, si può dire che questi vengono condivisi sia dalla lingua spagnola

che dalla lingua italiana, e dunque: i tipi di testi che si possono definire acca-

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demici, il rapporto con i canali dell’esposizione; e poi, addentrandosi nella re-

altà della scrittura: i requisiti del linguaggio accademico, elementi testuali che

vanno dalla coerenza alla coesione, passando per i connettivi. Sono tutti ele-

menti che, formando le basi della scrittura ed essendo pertanto imprescindibi-

li, non solo non possono essere tralasciati, ma vengono considerati allo stesso

modo nelle due lingue, che ne fanno anche un uso analogo.

Le differenze emergono quando si arriva a confrontare i testi scritti; in primo

luogo sono diverse le strategie impiegate per la scrittura accademica in spa-

gnolo e italiano, e come conseguenza, si hanno in una lingua aspetti che non

possono comparire nell’altra. Il primo raffronto di questo tipo emerge già nel-

le fasi preliminari della scrittura della tesi stessa, ossia il momento della do-

cumentazione e dello studio delle fonti. La differenza maggiore riscontrata

per quello che riguarda questo studio è lo stile che caratterizza i manuali nelle

due lingue; anche in questo caso, il metodo spagnolo è più propenso ad un

approccio didattico, a spiegazioni usufruibili anche nell’autoapprendimento,

cosa che non si verifica con le fonti italiane, segnate dall’impronta dello stu-

dio specialistico con una rigorosità scientifica.

Ma oltre alla considerazione sulle fonti, consecutiva al fatto della consulta-

zione, in questa tesi è stato proposto un altro tipo di confronto, quello tra due

testi di critica letteraria, dalla cui analisi emergono molte analogie per quanto

riguarda gli elementi testuali, ma anche delle differenze legate, però,

all’origine dei due saggi esaminati.

A livello generale, le differenze esistono, ma sono dipendenti da fattori come

ad esempio la grammatica e la sintassi, che limitano l’uso della forma passiva

in spagnolo, mentre questa ricorre con frequenza nella costruzione italiana.

Un esempio che dimostra quali sono i fattori dai quali scaturiscono eventuali

discordanze, tra i quali sicuramente rientra anche il contesto extratestuale.

In conclusione, si può affermare che il genere accademico è regolarizzato da

norme e criteri che varcano i confini nazionali, o perlomeno questo discorso è

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adattabile agli elementi strutturali, che secondo l’analisi portata a termine tro-

vano piena corrispondenza nell’una e nell’altra lingua.

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Appendici

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Appendice 1

Augustin Redondo, “La dimensión carnavalesca de Don

Quijote y Sancho” (testo originale)

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Appendice 2

Cesare Segre, Introduzione a “Don Chisciotte della Mancia”

(testo originale)

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