Lo scherzo infinito di David Foster Wallace

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L'infinito scherzo di David Foster Wallace 12  Il rapporto speciale di uno scrittor e con la matematica di Roberto Natalini  Il 12 settembre 2008 si toglieva la vita David Foster Wallace, uno dei maggiori scrittori americani degli ultimi vent'anni. Ci ha lasciato un romanzo enciclopedico,”Infinite Jest” (Lo scherzo infinito), olt re a innume re vol i rac con ti , sag gi, r epo rta ge gio rnalistici ric chi di int ell ige nza e cul tur a e  soprattutto infinitamente divertenti. Nel 2003, Wallace ha pubblicato una lunga riflessione sull'infinito matematico di Cantor , che considerava u na delle avventure intellettuali più affascinanti di tutti i tempi. Una sensazione ben strana per un matematico, quella di scoprire uno scrittore capace di emozionarsi  per il calcolo infinitesimale e le serie di Fourier, al punto da sentire il bisogno di comunicarlo  pubblicamente. Vale allora la pena di scoprire di più sul rapporto, infinitamente stratificato e complesso, tra uno scrittore come David Foster Wallace e la matematica.  Nel saggio/racconto vagamente autobi ograf ico, “T ennis, Tri gonomet ria, Tor na do” (  De riv ati ve Spo rt in Tornado  Alle y , 1991), W allace inizia così: “Quando lasciai il mio distretto squadrato in mezzo al la campa gna dell' Il li noi s per andare a frequentare l'università dove si era laureato mio padre fra i vivaci rilievi delle Berkshires nel Mass achuset ts occide ntale, svi lup pai un' imp rov vis a dip endenza dalla matematica”. Nonostante questa dichiarazione sp avalda e ta nt a mi tolo gia diffusa tra critici e lettori, Wallace non è mai stato un matematico, in nessuno dei sensi accettabili del termine. Non era un  p rofessionist a di qu es ta di sc ip li na, e nemmeno, per sua stessa ammissione aveva mai ricevuto una soddisfacente formazione di liv ello uni ver sit ario. Era una per son a curiosa che si avvicinava alla matematica con gr ande entusiasmo, qualche pr eciso  bisogno, e a tratti anche qualche confusione. In questo senso, la prima cosa da chiarire 1 T esto (espanso) della Conferenza tenuta a Genova il 3 novembre 2010, in occasione del Festival della Scienza. Questa ricerca è parte del progetto di divulgazione della Società Italiana di Matematica A pplicata e Industriale (SIMAI). 2 Questo testo non esisterebbe nella forma presente senza gli acuti commenti di Laura della lista W allace-|.  Figura 1: W allace con il suo cane Jeeves (1996).

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sul rapporto di Wallace con la matematica è che si tratta sicuramente un qualcosa di “non-centrale” nelcomplesso della sua opera: non è per questo che leggiamo o leggeremo Wallace. Però questa cosa-non-centrale ha suscitato un grande interesse in tutti i lettori di Wallace e sta diventando un argomentoquasi inevitabile nell'analisi della sua opera, per varie ragioni che vedremo nel seguito, e forse in primoluogo proprio per qualche considerazione che lo stesso Wallace ha deciso di proporre. Per cui in questa presentazione proveremo a capire meglio questo rapporto tra Wallace e la cosa-non-centrale, cercando

di descrivere da un lato come la matematica sia evocata negli scritti di Wallace e dall'altro alcune delleimpressioni che vengono fuori quando ciò che ha scritto viene letto in chiave matematica. Nella prima parte cercheremo di capire come e perché Wallace ritenesse la matematica una delle cose divertenti chel'umanità avesse inventato. E non solo divertente, o ancora oggetto da sfoggiare e ostentare a simbolodella propria intelligenza, ma anche una delle imprese maggiormente significative della cultura umana,una delle vie principali per il raggiungimento della verità. E il fascino dell'astrazione e dell'infinito, e lagrande capacità linguistica ed espressiva della matematica. Nella seconda parte di questa presentazione,cercherò invece di mettere in luce un livello che a me pare più profondo, in cui le strutture e i modiscelti da Wallace per narrare possono in qualche modo essere riletti usando idee basate sullamatematica.

1) Dove si spiega (brevemente) di chi si sta parlando

David Wallace (Foster era il cognome da ragazza della madre everrà aggiunto per ragioni editoriali in seguito) è nato a Ithaca, nelloStato di New York, il 21 febbraio 1962, ed è cresciuto nell’Illinois.Si è laureato nel 1985 in letteratura inglese e in filosofia, con unaspecializzazione in logica modale e matematica presso l'AmherstCollege, e nel 1987 ha ottenuto un Master of Fine Arts in scritturacreativa alla University of Arizona. Ha insegnato alla Illinois StateUniversity per gran parte degli anni novanta e nell'autunno del 2002è diventato professore di scrittura creativa e letteratura inglese al

Pomona College, in California. Il suo primo romanzo, che sviluppala sua tesi di laurea, è “La scopa del sistema” ed esce nel 1987,quando Wallace aveva 25 anni. Nel 1989 pubblica la raccolta diracconti “La ragazza con i capelli strani”.

Il secondo romanzo, “Infinite Jest”, esce nel 1996 e in poco tempofa diventare Wallace un autore di culto internazionale, almeno nel mondo anglosassone. La rivista Timelo include nella lista pubblicata nel 2006 dei 100 migliori romanzi di lingua inglese dal 1923 al 2006.Scriverà poi ancora due raccolte di racconti, e due raccolte di saggi brevi e reportage giornalistici, e unsaggio sulla matematica dell'infinito.

Il 12 settembre 2008 Wallace si impicca nel patio di casa sua a Claremont, in California. Lascia lamoglie, un romanzo incompleto, “The pale king”, che dovrebbe uscire nel corso del prossimo anno, euna grande comunità, per il momento poco legata alla critica accademica, di lettori appassionati. A dueanni dalla morte cominciano ad essere abbastanza chiare le ragioni di questo suicidio. Wallace fin dagiovane aveva sofferto di depressione, e aveva cercato di modificare, senza successo, la terapiafarmacologica a cui era costretto, ma sarebbe francamente riduttivo leggere la sua opera solo alla lucedi questa fine. Nel seguito restringeremo, in modo sicuramente parziale, la nostra analisi aicollegamenti tra la sua opera e la matematica, cercando solo di tanto in tanto di allargare il nostroorizzonte. Speriamo in questo senso che, come in certi frattali, un dettaglio possa in qualche modoessere abbastanza significativo da poterci informare, anche in modo sintetico, sulla complessità deltutto.

 Figura 2: Wallace durante unreading.

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2) Un alieno guarda il nostro mondo: matematica sexy e verità immutabili.

La sorella di David Wallace, Amy, ricordando il fratello durante un'intervista3, ha cercato di descriverloa chi non lo abbia mai incontrato, come un alieno appena sbarcato da un altro pianeta. Qualcuno conuno sguardo pieno di curiosità e disponibilità, ma sempre abbastanza diverso dal nostro. Per cercare di

capire come questo sguardo “alieno” abbia interagito con l'idea dimatematica, partiamo dal saggio che Wallace pubblicò nel 2003 sul

concetto di infinito in Cantor, dal titolo “Everything&More” (trad.Italiana: “Tutto e di più”, da qui in poi E&M). Una cosa forse insolita per uno scrittore di romanzi, meno sorprendente considerando i suoinumerosi saggi, spesso condotti con uno stile tecnico-scientifico, e lasua laurea in filosofia con la tesi sulla logica modale. In questosaggio appare abbastanza spesso una parola che colpisce il lettore, esoprattutto il lettore anglosassone, usata da Wallace per riferirsi allenotazioni e alle tecniche matematiche, e la parola è “sexy”. Per esempio, già nelle prime pagine, dopo aver riportato un brano pienodi termini tecnici sull'importanza dell'opera di Cantor, da un libro distoria della matematica, commenta “the sexy math terms don’t matter 

 for now” (i termini matematici “sexy” non sono importanti per ora).Parlando del paradosso di Zenone dice: “Spiegato in modo un po' più  sexy, il paradosso consiste nel dire che un pedone non si puòmuovere dal punto A al punto B senza attraversare tutti i successivi sottointervalli di AB”. In molti sono rimasti sorpresi dall'uso ripetutodi questo termine per parlare di matematica4, un termine altrimentinon comune negli scritti di Wallace (e ancor meno nella letteraturamatematica....)5.

In un tentativo, forse estremo, di giocare sui registri alti e bassi della cultura, è invece abbastanzachiaro che con il termine “sexy”, Wallace volesse significare quello che in italiano(/romano) tradurreicon “fico” e che in ogni lingua o dialetto trova un suo degno equivalente (per esempio in inglese pensavo fosse “cool”, ma no, qui Wallace dice proprio “sexy”...). Insomma, e questo è lo sguardoalieno a cui intendo riferirmi: per Wallace la matematica era una vera “ficata” e non vedeva l'ora difarlo sapere a tutti. Gli piaceva sfoggiare una certa erudizione, a tratti alquanto approssimativa, inquesto campo, parlare di infiniti cantoriani, dell'analisi di Fourier e post-Fourier (sic!) 6, di cicloidi ecardioidi, di dilungarsi in descrizioni tecniche piene di nomi esotici ed esoterici, a volte improbabili.Per esempio, sempre nel saggio “Tennis, Trigonometria e Tornado” scriveva: “Il tennis agonistico,come il biliardo professionistico, richiede una mente geometrica, l'abilità di calcolare non soltanto levostre angolazioni ma anche le angolazioni di risposta alle vostre angolazioni. Poiché la crescita delle

3 L'intervista, con altri materiali sonori inediti, si trova qui: http://www.wpr.org/book/davidfosterwallace/4 E tra i matematici, alcuni sono rimasti delusi che questo non segnalasse un drastico cambiamento sociologico nel loro

mondo...5 Che ci sia un equivoco con questa parola, almeno nell'uso che ne fa Wallace, è testimoniato dalla traduzione italiana per 

Einaudi del testo “Questa è l'acqua”, dove la frase “being able truly to care about other people and to sacrifice for themover and over in myriad petty, unsexy ways every day" è tradotta con “la capacità di tenere davvero agli altri e disacrificarsi costantemente per loro, in una miriade di piccoli modi che non hanno niente a che vedere con il sesso, ognisanto giorno." Qui “unsexy”, non ha proprio niente a che vedere con il sesso, ma sta piuttosto per “poco attraente”.

6 Che per inciso esiste veramente, nel senso dell'uso di basi di funzioni che permettano di analizzare le funzioni in modosimile alle classiche serie di Fourier. Proprio negli anni in cui Wallace scrive i suoi romanzi, si fanno infatti strada nelmondo matematico le wavelets, onde concentrate in spazio e in frequenza, oramai entrate nel patrimonio tecnico diqualsiasi matematico che si occupi di trattamento dei segnali.

 Figura 3: Copertinadell'edizione italiana della prima parte della raccolta di saggi "A supposedly fun thing  I'll never do again".

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 possibilità di risposta è quadratica, siete costretti a pensarein anticipo ad un numero n di colpi, dove n è una funzioneiperbolica limitata dal senh della bravura dell'avversario edal cosh del numero di colpi scambiati fino a quel momento(approssimativamente). Io lo sapevo fare.”

Se vi siete persi, se vi sembra che sia troppo difficile, se non

sapete cosa sia una funzione iperbolica, allora Wallace haraggiunto il suo scopo, che in questo brano consisteva neldecontestualizzare il Tennis e renderlo un'attivitàintellettuale completamente astratta, per poterlo poiguardare da un punto di vista diverso7. Lo scopo era peròanche quello di stupirvi e impressionarvi con l'ultimaaffermazione, piena di orgoglio un po' sbruffonesco: “Io losapevo fare”. E qui c'è già una differenza tra il lettore medioe chi sa qualche cosa di matematica e capisce che la parola“iperbolico” nella frase è riferita alla frase stessa, nel sensodi grande esagerazione retorica, che strettamente parlando

non vuol dire nulla, e che i termini matematici sono lì solo perché sono, appunto, “sexy”. E c'èaddirittura un personaggio in Infinite Jest, Michel Pemulis 8, che non perde occasione per fare il ficocon la matematica, producendo per esempio una definizione, forse un po' fantasiosa, ma “fica”, diderivata: “Derivatives're just trig with some imagination.” (Le derivate sono solo trigonometria con un po' di immaginazione) (IJ, n. 321, p.1264)9. Non so se avete mai avuto un compagno di classe bravo inmatematica, un po' arruffone, ma pieno di buona volontà e sincero entusiasmo, che cercava di spiegarviil perché la matematica fosse facilissima, che erano tutte cavolate e che non ci voleva nulla adimpararla. Ecco, questo è un ruolo che piaceva tantissimo a Wallace, il ruolo di Pemulis, una specie diLucignolo geniale, e come lui molto sfortunato, e anche un po' il ruolo di Wallace stesso, comevedremo, in E&M.

Se a Wallace la matematica piaceva sul livello “fico”, di semplice esibizione di una complessitàlinguistico-scientifica, interessava anche, e più profondamente, come linguaggio capace di elaborare etrasmettere idee belle e difficili, qualche cosa di solidamente “vero”, qualche cosa di utile a capire larealtà e il complesso mondo tecnologico che ci circonda: “Coloro che hanno avuto il previlegio (ol'obbligo) di studiarla, capiscono che la pratica della matematica superiore è, in effetti, un'arte edipende non meno di altre arti da ispirazione, coraggio, lavoro duro, etc..., ma con la caratteristica  supplementare che le "verità" che l'arte della matematica prova a esprimere sono deduttive,necessarie, sono verità a priori”10. Punto di vista condiviso da Pemulis, mentre incoraggia un giovanecompagno (tennista) in preda a una crisi di panico: “Todd, devi avere fiducia nella matematica. (…). Ti

7 Punto di vista che verrà approfondito in IJ: “...il vero tennis non era più riducibile a fattori delimitati o curve di probabilitàdi quanto lo fossero gli scacchi o il tennis, I due giochi di cui è un ibrido.”, IJ, p.97..

8 “M.M. Pemulis ha il quoziente intellettivo più alto di qualunque ragazzo in riserva accademica per scarso profitto nellastoria dell'ETA. (…) ha davvero un'impazienza congenita da genialoide tecnoscientifico per la nebulosità referenziale el'ineleganza dei sistemi verbali. (…) Il vero e inestinguibile talento di Pemulis sta nella matematica e nelle scienze pure.” IJ,

 p.183.9 E sbagliando poi clamorosamente la derivata di x n (sic!). Non saprei però dire se l'errore è di Pemulis o di chi trascrive,

all'interno del testo, le sue indicazioni (o ancora di Wallace). Le opinioni divergono. C’è scritto “Funzione x, esponenten, la derivata sarà nx+xn-1”. Va bene, è sbagliata. Ma potrebbe leggersi “n per x con x alla n-1”, ed essere solo latrascrizione di Hal ad essere difettosa. Spesso ci si perde nei meandri dei tanti punti di vista proposti da Wallace, alcunidei quali creati solo dalla nostra immaginazione.

10 David F. Wallace, Rhetoric and the Math Melodrama, Science 22 December 2000: Vol. 290. no. 5500, pp. 2263 – 2267.

 Figura 4: Wallace con una camicia dacarcerato.

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 puoi ritirare e riordinare le idee con la matematica, la cui verità è una verità deduttiva. Indipendentedai sensi o dalle emozioni. Il sillogismo. (…). La strisciante inevitabilità. Caio è mortale. Lamatematica non è mortale. È quello che è: ascolta: è vera.” (IJ, n. 322, p.1273). È questo punto divista, più profondo e maturo, che verrà ripreso ed espanso nel saggio del 2003 sull'infinito.

3) L'astrazione.

 Nel 2003, in E&M, Wallace prova ad affrontare in modo sistematico ilconcetto di infinito. Secondo lui, questo doveva essere “un esercizio discrittura tecnica”, non un saggio vero e proprio, piuttosto un tentativodi prendere un soggetto difficile e abbastanza esoterico come l'infinitocantoriano, e renderlo chiaro e piacevole da leggere al lettore medio.Un tentativo di “narrare” un argomento ostico. E questo Wallace lo fa amodo suo. Abbiamo detto dello stile Pemulis, della matematica sexy.Potete immaginare che vi saranno tantissime note e centinaia diacronimi e un po' di confusione. Che qualche cosa verrà sacrificato allanarrabilità e qualche cosa al rigore. Però forse, prima di parlare dicome Wallace affronta l'infinito, mi sembra utile cercare di valutare gliesiti questo tentativo. Se i matematici professionisti per lo più si sonoaccaniti a sottolinearne i difetti, le imprecisioni, la scarsa capacità direndere in modo efficace le motivazioni profonde che portarono Cantor a introdurre i numeri transfiniti, in fondo non meraviglia, il libro nonera per loro. Però ho paura che i non matematici, anche i wallaciani piùaccaniti, semplicemente non siano mai arrivati in fondo a un testo chein realtà in alcune parti è molto difficile, proprio per l'amore deldettaglio, e anche a tratti non proprio chiaro (eh, proprio l'effettoPemulis...). Però, dal mio punto di vista, forse non proprio imparziale,lo trovo un tentativo interessante e a tratti anche veramente divertente di provare a scrivere dimatematica in modo non banale. Pochi anni prima, Wallace aveva recensito per Science11 due romanzia sfondo matematico, uno anche famoso in Italia, “Zio Petros e la congettura di Goldbach”. Al di làdella critica dal punto di vista letterario, per la scarsa qualità narrativa dei testi e la loro povertàlinguistica, Wallace era molto negativo proprio rispetto al modo che questi due romanzi avevano diraccontare la matematica. Evitando di definire il proprio pubblico, e rinunciando a scontrarsiseriamente con la difficoltà tecnica della materia, con l'oggetto stesso della matematica, questi romanzi,che secondo lui appartengono a un nuovo genere potenziale, il “melodramma matematico”, finivano asuo parere per proporre entrambi un eroe incompreso che fa qualche cosa che non si capisce, e di cui siraccontano in dettaglio, ma in modo sciatto e convenzionale, le peripezie psicologiche. Sotto questaluce, la storia di Cantor sarebbe stata la storia della sua depressione bipolare, dei suoi ricoveri, delle suelotte contro i matematici del tempo12. Wallace sceglie una direzione diversa, cercando di far capire,almeno in prima approssimazione, i problemi matematici affrontati da Cantor e dai suoi predecessori,cercando di rendere tutto questo non noioso13. Wallace trovava molto triste che le persone senza una

11 Math Melodrama, Ibidem.12 Questa osservazione è di Wallace, riferendosi ad una popolare biografia di Cantor che circolava negli USA in quel

 periodo, ma allo stesso modo si potrebbe applicare agli studiosi dello stesso Wallace che cercassero di leggere la suaopera alla luce dei suoi problemi psicologici.

13 Questa era infatti la sfida principale affrontata da Wallace. E per questo era disposto a pagare il prezzo dell'imprecisione. Ad unmatematico che aveva compilato in rete una lista di errata alla prima edizione del libro, aveva inviato una cartolina in cui diceva: “Iwish to thank you for the care and generosity with which you read my booklet and suggested errata. A few egregious boners youcaught – I wince that I did not – will be corrected in any future printings. Some other issues the editor and I are still noodling over – the point is not correctness (your list was 100% correct, I think) but simplicity, perspicuity for a non-math audience, etc. It all turns

 Figura 5: Copertinadell'edizione italiana di"Everything&More" 

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specifica educazione matematica non possano di solito gustare la bellezza artistica della matematicasuperiore, in cui le formule e i calcoli non contano più, ma entra in gioco quello che, diceva“chiamiamo 'genio', ossia quella miscela particolare di ragione e creatività estatica che caratterizzaciò che c'è di meglio nella mente umana.14” Purtroppo la matematica che si impara a scuola raramenteci fa capire queste cose, e “alla fine non sapere nemmeno di non sapere è la parte più insidiosa dimolti corsi di matematica.” Wallace questa cosa almeno la faceva capire benissimo. Comunque, anche

se con qualche riserva e parecchie imprecisioni, almeno la prima metà di E&M è decisamente moltodivertente e interessante. Wallace comincia parlando della fama di pazzia dei matematici15 e citandoChesterton, dice: “I poeti non diventano matti, i matematici invece sì. Il pericolo è nella logica, nonnell'immaginazione.” Senza entrare nel merito della sanità mentale dei matematici, spesso soltanto uncliché cinematografico, è interessante osservare che secondo Wallace, Chesterton si sbagliava almenosu una cosa. Secondo lui, non è infatti la logica che fa diventare matti, ma l'astrazione, qui intesa comequalche cosa di separato dal supporto materiale, dalla pratica o da particolari esempi. E la linea didemarcazione tra l'astratto e il concreto è quella che separa 5 arance dal numero 5, la praticamatematica dalla Matematica vera e propria (dai greci in poi). Pensate alle equazioni in cui le letteresostituiscono i numeri, che permettono di stabilire verità immutabili che trascendono il caso particolare,e non, come dice Pemulis, “a meno che un agente immobiliare di Boardman, Minnesota, con i suoimocassini Banfi da 400$ non cambi idea” (IJ, n.324, p. 1274). Ed è da questa astrazione che nasce il potere della matematica di generare quella conoscenza solida e profonda che Wallace ammirava. Di  potersi applicare, con le stesse idee, in campi radicalmente diversi. Da qui nascono però anche problemi, che Wallace chiama mal di testa, tipici dei logici e dei matematici. Perché astrazione vuoldire paradossi. Quando i sostantivi non sono più “uomo”, “scrivania”, “penna”, “David”, ma diventanoastratti, le cose si complicano. Cominciamo a chiederci, come Alice nel Paese delle Meraviglie “Cosavedi per strada?”, “Niente”, “Che vista eccezionale! E com'è fatto il niente?”. Wallace immagina distare a letto la mattina e chiedersi, prima di alzarsi, se la materia del pavimento non abbia qualchedifetto, magari a livello molecolare, che lo faccia improvvisamente sprofondare. Non che siaassolutamente impossibile, ma insomma si comincia a seguire questa linea di pensiero, e per la stessaragione ci si potrebbe chiedere se domani il sole sorgerà. E attraverso il pensiero astratto, ci si porrannodei problemi sul perché si accettino certe regole. E non vi sarete ancora mossi dal letto. È questo mododi pensiero astratto che genera i paradossi nella filosofia e nella matematica moderna. Wallaceintroduce tutto questo per dire che non c'è niente di più astratto dell'infinito. La nostra esperienza cimostra proprio il contrario, che le cose finiscono, che tutto ha un limite. E solo astraendo, per opposizione, riusciamo a definire e usare il concetto di infinito. Prendiamo per esempio i paradossi diZenone, la prima fonte di tutte le riflessioni sull'infinito. Voglio attraversare una strada, ma dopo aver  percorso metà del tragitto, per arrivare dall'altra parte devo prima arrivare a metà del tragitto rimanente,ossia aggiungere un quarto, e poi metà della metà, ossia un ottavo e poi metà della metà della metà,etc... Ossia devo attraversare un numero infinito di intervalli. La nostra esperienza ci dice che possiamoattraversare una strada, ma la logica di Zenone sembra negarlo, facendo ribollire un infinito dove primatutto era tranquillo. Astrae, utilizzando concetti poco chiari come 'essere' e 'muoversi', e rimanesostanzialmente senza risposta per secoli, nonostante i vari argomenti usati contro di lui, da Platone e

out to be quite tricky, rhetorically speaking”. 

14 “Some readers of Science will probably know all too well the frustration of trying to describe the beauty and power of Gauss'sdifferential geometry or the Banach-Tarski Paradox to someone who remember only the drudgery of factoring quadratic equations or the terror of a trig midterm. In fact, the weird fear and distaste that low-level math provokes in so many is part of what makes theemergence of the Math Melodrama exciting: if the genre can find ways to vivify pure math and communicate the discipline'sextraordinary beauty and passion to the average reader, both readers and math itself stand to gain”. Math Melodrama, Ibidem.

15  “Il Matematico Mentalmente Instabile sembra oggi in un certo senso essere ciò che il Cavaliere Errante, il Santo Mortificantesi,l'Artista Tormentato, e lo Scienziato Pazzo sono stati durante altre epoche: una sorta di Prometeo, colui che va in luoghi proibiti e ritornacon doni che tutti noi potremo usare, ma per i quali lui sarà l'unico a pagare. Questo è probabilmente un po' esagerato, almeno in molticasi: ma Cantor corrisponde allo stampo meglio di tanti altri.” E&M, p.6.

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5) Intermezzo: di cosa parla Infinite Jest.

IJ NON è un romanzo facile, e la lunghezza (1079 pagine in Inglese, 1281 in italiano) è solo unelemento secondario. Richiede attenzione e partecipazione, anche solo per non perdersi tra le note e itempi e i personaggi. Non cerca di essere incomprensibile, anzi cerca di coinvolgere al massimo i suoilettori, e la difficoltà viene piuttosto dal fatto che Wallace cerca di dire veramente un sacco di cose.Dave Eggers ha scritto che mentre la maggior parte della narrativa contemporanea può essere smontata

e capita, IJ è un'astronave aliena (sic!) che si lascia guardare e gustare, ma non si riesce bene a capireda dove sia venuta. Da un lato c'è il piacere di lasciarsi andare a una narrazione che di per sé non èostica, non ci sono concetti filosofici complessi o stranezze poetiche, e la descrizione è sempre precisae chiara, ma a volte effettivamente non si sa bene, almeno all'inizio della prima lettura, dove ci stia portando. Ci travolge nella sua fluvialità, ma ci delude continuamente nelle nostre aspettative dicontinuità narrativa. Dall'altra, leggendo più lentamente, o meglio una seconda volta, ci si accorge diuna struttura narrativa in realtà molto compatta e ben motivata, in cui ogni frase ne richiama un'altra,sia a scale piccole (all'interno del capitolo) che sulla scala più vasta del racconto. Faccio ora qualcheconsiderazione generale, senza pretesa di completezza.

a) la struttura.

In realtà la struttura del romanzo è complicata, oltre che dalle omissioni deliberatamente operate daWallace, da due ragioni principali. La prima è il rimescolamento temporale operato, amplificato dalfatto che almeno all'inizio non sappiamo bene dove collocare gli anni, che si scopre sono statisponsorizzati. La lista viene messa a p. 266, ma è utile tenerla presente (tra parentesi l'anno vero, che èutile per i riferimenti non sponsorizzati), eccola:

(2002) Anno del Whopper 

(2003) Anno dei Cerotti Medicati Tucks

(2004) Anno della Barretta Dove in Formato Prova

(2005) Anno del Pollo Perdue Wonderchicken

(2006) Anno della Lavastoviglie Silenzionsa Maytag(2007) Anno dell'Upgrade per Motherboard-Per-Cartuccia-Visore-A-Risoluzione-Mimetica-Facile-Da-Installare Per Sistemi TP Infernatron/InterLace Per Casa, Ufficio, O Mobile Yushityu 2007 (sic)

(2008) Anno dei Prodotti Caseari dal Cuore dell'America

(2009) Anno del Pannolone per Adulti Depend

(2010) Anno di Glad

La seconda ragione è che abbiamo un sacco di filoni che all'inizio sembrano non interagire, ma inrealtà, sotto traccia, sono strettamente legati tra loro, sia a livello narrativo, ma ancora di più a livellotematico, con risonanze e contrapposizioni significative. Però, almeno a livello macroscopico, è utilesapere che i filoni importanti sono tre:

i) l'E.T.A. (la scuola di Tennis) e la famiglia Incandenza: una specie di scuola utopica di stampoOxfordiano, fondata dal padre di Hal, il primo protagonista, il defunto James O. Incandenza, dominatadalla geometria, in cui i ragazzi vengono allevati a perdere la coscienza di sé, perché solo diventandomacchine potranno diventare dei campioni sportivi;

ii) la casa di recupero Ennet House e i suoi ricoverati, tra cui si trova il secondo protagonista, DonGately, dove si cerca di capire il proprio problema di dipendenza, stando insieme con altri che lo

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condividono. È il punto d'incontro di tutti i personaggi "dipendenti" che vengono introdotti nella prima parte.

iii) il complotto separatista quebechiano e la situazione politica onanita (sic!). Dopo la grandericonfigurazione, i tre stati nordamericani si sono uniti in una confederazione ONAN, cedendo alCanada una vasta regione alle spalle di Boston, la grande concavità, in cui vengono scaricate tutte lescorie tossiche. I separatisti, divisi in un certo numero di organizzazioni più o meno terroristiche,

stanno combattendo lo stato onanita.La storia si srotola intorno a una cartuccia contente un film, dal titolo “Infinite Jest”, girato da James O.Incandenza, che dopo una carriera nell'ottica e una nel tennis, ha passato gli ultimi anni della sua vitafacendo film artistici, e che è così divertente che chi la guarda non può smettere di guardarla e muore,non potendo staccarsi dalla visione. Nessuno sa se questo sia vero e dove sia questa cartuccia dopo lamorte di Incandenza, e i terroristi separatisti voglio ritrovarla per immetterla nel circuito Interlace ecosì eliminare tutta la popolazione nord-americana.

Ci sono travasi da un filone all'altro (e proprio questi travasi vanno seguiti attentamente). Il ritmo di passaggio da una scena all'altra è all'inizio frenetico (come anche i passaggi temporali), per poiassestarsi intorno agli accadimenti del novembre APAD (il nostro 2009).

b) Lo stileDFW parla con voce molto diversa nelle varie sezioni, e i suoi punti di vista sono molteplici. A volte èanche difficile capire se chi narra è il narratore onnisciente o ci sono più narratori. Poche sono le vociin prima persona (Hal, Clenette, il Vostro). Non sempre il narratore risulta affidabile, e alcuneinesattezze vengono precisate nelle note (le stesse note sembrano scritte da persone diverse). Il testo èintegrato da 388 note, che risultano essere indispensabili alla lettura del testo, tra cui spicca la nota 24,la filmografia di James O. Incandenza. Nello stile tipico dei dizionari del cinema, DFW esibisce unaserie di invenzioni straordinarie, che a una prima lettura sembrano solo divertenti (da leggere conattenzione e poi da rileggere), ma poi, a mano a mano che procediamo nella lettura, si rivelano in realtàcome una specie di riflesso speculare della narrazione, molte situazioni del romanzo essendo quasi

ripetizioni delle trame dei film, una specie di riflesso in miniatura dell'intera struttura. Non ultimo ilfatto stesso che il romanzo stesso si chiami come uno dei film, proprio quello che provoca undivertimento che dà dipendenza, e da cui in definitiva non ci si riesce più a staccare (come in praticarisulta essere anche il romanzo stesso).

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Insomma, sicuramente Wallace aveva un sacco di cose da dire – sull'intrattenimento(=le cazzate che ci stordiscono, la pubblicità,il guardare cose che ci “divertono”, ma nel senso di verterealtrove la nostra attenzione per non farci pensare e non farcisentire l'angoscia della nostra vita da soli), su come si passa lavita, il tennis, la cultura accademica, le sostanze e le cose che

danno dipendenza, la depressione, la tecnologia e i rifiuti. Sulla politica, l'arte e la comunicazione. E soprattutto sulla solitudine,l'infelicità, la tristezza, sulla difficoltà di provare sentimenti veri ela difficoltà di esprimerli, sulla sincerità. Sul pericolo del"sentimentalismo" e l'uso che facciamo degli altri. Sul pericolo diessere degli intellettualivuoti, incapaci dicomunicare. E moltoaveva da mettere, in modoopportunamenterielaborato, sulla propria

esperienza biografica. E aveva bisogno che tutto questo“materiale” fosse in qualche modo organizzato,

È indubbio che il problema di come sostenere la strutturacomplessiva del romanzo gli fosse molto chiaro. Avevaassorbito in qualche modo l'esperienza dell'Oulipo19, e i n particolare il romanzo “W ou le souvenir d'enfance” di Perec haalcune cose in comune con IJ (a partire dall'idea di una struttura  per giovani atleti). Anche se non ci si aspetta la strutturarigidamente organizzata che ritroviamo nel Calvino del Castellodei destini incrociati o nella “Vie, mode d'emploi” di Perec20, sivede nell'archivio Ransom di Austin, Texas, dove sono

conservati una parte degli archivi di Wallace, che era un lettoreattento dell'opera di DeLillo e della relativa letteratura critica. E in primo luogo il saggio “In the loop”di LeClair, in cui le considerazioni di struttura sulle opere di DeLillo sono articolate e ben argomentate,tra l'altro proprio su quei romanzi, come “End Zone” e “Ratner's Star” 21, che maggiormente hannoinfluenzato IJ. E inoltre la grande influenza di scrittori per cui la struttura stessa del romanzo era

19 http://www.slantmagazine.com/house/2009/04/looking-for-one-new-value-but-nothing-comes-my-way-an-interview-with-film-critic-glenn-kenny-about-david-foster-wallace/

20 Perec viene evocato nel libro con un personaggio, Luria P---, che in realtà, si viene a sapere en passant , porta il suocognome. Per un lettore matematico alla ricerca di strutture complesse, ma ben organizzate della narrazione, “La vie,mode d’emploi” di Perec offre un modello difficilmente raggiungibile. Scrive infatti lo stesso Perec, dopo la

 pubblicazione del libro: « Il aurait été fastidieux de décrire l'immeuble étage par étage et appartement par appartement.

Mais la succession des chapitres ne pouvait pour autant être laissée au seul hasard. J'ai donc décidé d'appliquer un principe dérivé d'un vieux problème bien connu des amateurs d'échecs : la polygraphie du cavalier : il s'agit de faire parcourir à un cheval les 64 cases de l'échiquier sans jamais s'arrêter plus d'une fois sur la même case. Il existe desmilliers de solutions dont certaines, telles celle d'Euler, forment de surcroît des carrés magiques. Dans le cas particulier de La Vie mode d'emploi, il fallait trouver une solution pour un échiquier de 10 X 10. J'y suis parvenu par tâtonnements,d'une manière plutôt miraculeuse. La division du livre en six parties provient du même principe : chaque fois que lecheval est passé par les quatre bords du carré, commence une nouvelle partie. On remarquera cependant que le livre n'a

 pas 100 chapitres, mais 99. La petite fille de la page 295 et de la page 394 en est seule responsable. » (extrait de G.Perec, «Quatre figures pour La Vie mode d'emploi », L'Arc n° 76, 1979).

21 Per esempio Ratner's Star ha chiaramente una struttura simmetrica speculare come di un boomerang orizzontale, cheDeLillo chiama il twilligon stellato, ed è la principale struttura geometrica inventata dal protagonista del romanzo.

 Figura 9: La poligrafia del cavaliere, schema alla base del romanzo "La vie mode d'emploi" di Perec.

 Figura 10: Wallace nel periododella scrittura di Infinite Jest, conalle spalle un volume di opere di Nabokov.

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fondamentale come Nabokov, che diceva di immaginare tutti i suoi romanzi prima di mettersi a scriveree di dover poi soltanto riempire le caselle di una specie di “cruciverba”. E poi, nella stessa intervista, aSilverblatt che gli chiede se questa struttura è fatta per essere scoperta, risponde: “da giovane avrei  giocato all'infinito questo tipo di giochi strutturali che, mi sembra, in retrospettiva, fossero principalmente solo per me stesso; Non mi importa molto. Cioè, IJ cerca di essere un sacco di cosediverse allo stesso tempo, e non mi cambia molto se qualcuno – ossia mi aspetterei che qualcuno che

 sia un matematico o un logico, fosse interessato in qualcuna delle strutture frattali che vi si trovano. Per me – voglio dire, un sacco delle motivazioni riguardano il fatto che così tanto della vita americanadi fine millennio consiste in una grande quantità di cose come pezzi discreti di informazione che ciarrivano, e che la vera avventura intellettuale è di trovare il modo di connetterli tra loro e trovare più grandi forme e significati, che è una cosa essenzialmente narrativa, ma che strutturalmente è una cosaabbastanza differente. (…). Insomma, per fare qualche cosa di così lungo, una buona parte della parte strutturale è per me, sono come dei chiodi per arrampicarsi su di una parete rocciosa.. È un modo per me di orientarmi e impegnarmi e poterci passare attraverso. Non credo di voler imporre strane strutture al lettore come avrei fatto dieci anni fa.”

Insomma, un disegno c'è, ma non è fatto per essere visto, e soprattutto non deve nascondere quelli cheWallace considera i veri temi espliciti del romanzo. Probabilmente questo disegno è emerso strada

facendo. Wallace ha tirato fuori tante cose che aveva dentro, interi capitoli, personaggi, un futuro prossimo, la dipendenza, gli abusi, le storie che aveva vissuto (il ricovero che aveva subito in una casadi recupero, l'esperienza del tennis, la mamma esperta di grammatica), ha raccolto insomma “il cristallocaduto” e poi ha cominciato a riorganizzare il tutto, riconoscendo e a classificando all'interno di questamateria caotica, delle forme, dei ritmi, delle simmetrie. E per farlo sembra che in parte si sia servito diregole e strutture “matematiche”, magari poi violandole immediatamente dopo. Partiamo quindi dallastruttura frattale, ma non rigida e ben definita, e magari un po' sbilenca. Per esempio la strutturafamiliare incestuosa tipica dell'Amleto, ripetuta nella famiglia Incandenza, ma in tanti altri episodigrandi e piccoli22. O il tema dei rifiuti, su scala ecologica, e anche sul piano più prosaicamentescatologico. Il tema della dipendenza, declinato a tutti i possibili livelli, dalla droga, all'alcol,all'intelligenza, alla bellezza, alla fama sportiva. E poi i tanti “buchi” nella narrazione che riflettono la

caratteristica principale del triangolo di Sierpinski, ossia la rimozione sistematica di una parte dellastruttura, fino ad arrivare a un insieme di misura (bidimensionale) uguale a zero 23: alla fine della procedura, all'infinito, abbiamo tolto quasi tutto, ma quello che rimane non è il nulla, e anzi la cornice,diventata infinitamente sottile (e infinitamente lunga), è un oggetto complesso e potenzialmenteinesauribile da percorrere: la linea narrativa che cerca di riempire lo spazio, come fosse una curva diPeano, ma in qualche modo rimane sempre in un'altra dimensione. E in IJ l'ambizione è proprio quelladi parlare di cose vere, cercando di dire il meno possibile 24, ma alludendo infinitamente a tutto il resto,catturando il lettore nelle sue pieghe, e rimandandolo sempre a eventi che succedono al di fuori dellibro. In questo quadro, una cosa che colpisce un lettore matematico, è come questa struttura sia a suavolta palesemente formata da motivi basati su svariate forme matematiche. Per esempio, comeosservato da Greg Carlisle25, il testo presenta numerose strutture “illimitate/infinite” (per esempio la

 partita di Eschaton, o lo scontro tra Gately e i canadesi, ma anche su scala più piccola la stasi di Erdedyo il finale del racconto di Jim senior) in cui alcuni eventi sono presentati in modo da aumentare la loro

22 da Clenette, alla famiglia Pemulis, alla storia della maschera di Raquel Welch, e infine adombrata nella famiglia diJoelle.

23 In realtà il triangolo di Sierpinski è un insieme di dimensione frattale uguale a ln(3)/ln(2), circa 1,584, ossia un'area nullacome superficie e una lunghezza infinita come curva.

24 Che può sembrare un paradosso per un romanzo che, note comprese, in italiano fa 1281 pagine...25 G. Carlisle, Wallace's Infinite fiction, Sonora review 55, 2009, p.33-37.

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intensità in modo potenzialmente infinito, manon risolti nel testo, creando cosi unacondizione che Wallace stesso chiama di “stasicaotica” (IJ, n. 61). All'avvicinarsi del momentodi climax, sempre più dettagli vengono presi inconsiderazione, e la narrazione deve

interrompersi, come se fossimo in presenza diun'asintoto verticale di una funzione illimitata,  per permettere al racconto di procedere.Abbiamo già incontrato una descrizione diquesto tipo di intensità nel brano sul tennisinfinito in “Tornado...”. In IJ, Wallace riprende lastessa idea, sempre parlando di tennis, ma questavolta in modo più vasto e meno parodistico,quasi ad enunciare una poetica dell'espansioneintensiva: “Gli sembrava intuitivamente di sentire che non era per niente un problema diriduzione, ma – perversamente – di espansione, il fremito aleatorio della crescita incontrollata emetastatica – ogni palla colpita bene ammette n possibili risposte, n2 risposte possibili a questerisposte, e così via in quello che Incandenza avrebbe definito per chi avesse condiviso entrambe le suearee di competenza, come un continuo cantoriano di infinità di possibili mosse e risposte, cantoriano ebello perché stratificato, contenuto, questa infinità bigenerata di infinità di scelta ed esecuzione,matematicamente incontrollata, ma umanamente contenuta, delimitata dal talento edall'immaginazione di se stessi e dell'avversario, ripiegata su se stessa dalle frontiere date dall'abilitàe dall'immaginazione che alla fine fanno perdere uno dei giocatori, e impediscono a entrambi divincere, che creano, alla fine, un gioco, queste frontiere del sé” (IJ, p.97). Trasposto nella scrittura,l'avversario siamo noi, i lettore, che reagiamo e interagiamo con il testo che viene proposto. Da questadialettica, dalle frontiere del testo, nasce il gioco, il romanzo che vive in ognuno di noi. Ma non finiscequi. Oltre alle strutture infinite, il matematico (e non solo lui) non riesce a non vedere che ci sono tante parole chiave di carattere matematico che ritornano e sembrano alludere a altre e anche più consistentiscelte strutturali, sempre nello stesso stile frattale. La nota 3, richiamata a p. 60, ci informa quasisubito della grande importanza che sembrano rivestire le curve algebriche, parlando del fatto che lascuola di tennis era strutturata in forma di cardioide (come un “cuoricino di San Valentino”) ed era stata  progettata dal“topologo Übermensch-delle-applicazioni-sulle-curve-chiuse di fama mondiale A.Y.('Campo-Vettoriale') Rickey della Brandeis Univ., ora deceduto...” (IJ, n. 3). Più avanti nel romanzoincontriamo uno scritto autobiografico del padre di Hal, il defunto James O. Incandenza. Ancoraadolescente, Incandenza padre aveva rotto per sbaglio il pomello della porta di camera sua che avevacominciato a roteare in modo strano, seguendo una curva che somigliava ad una cicloide (anche se inrealtà quella descritta nel testo è un'ipocicloide...). Il ricordo finisce con questa frase: “Così avvenneche mi interessai per la prima volta nelle possibilità dell'anulazione”. L'anulazione è un processocircolare (anulare) in cui i rifiuti permettono di creare nuova energia in modo inesauribile, ed è alla base della società di IJ, e Incandenza ha contribuito ad inventarla. Non è molto chiaro cosa c'entri lacicloide, che in particolare non è una curva chiusa, anche se è generata dalla rotazione di un cerchio. Lacosa diventa più chiara se si considera che uno dei romanzi a cui maggiormente si ispira IJ, è “Ratner'sstar” di Don DeLillo. In questo libro, di cui si conserva nell'archivio Wallace una copia fittamenteannotata26, e che è pieno zeppo di matematica, anzi è scritto esplorando a fondo le possibilità narrativedel linguaggio matematico, un ragazzo di 14 anni, Billy, matematico prodigio, viene condotto in un26 In una lettera a DeLillo del giugno del 1992, Wallace scrive di essere “very attached (often literally) to End Zone and

 parts of Ratners's Star”.

 Figura 11: La struttura a forma di cardioidedell'E.T.A., tratta dal libro "The Elegant Complexity" 

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Istituto di ricerca isolato a forma di cicloide per risolvere problemi di importanza mondiale. La frase diIncandenza può quindi essere letta come una riflessione autobiografica di Wallace che, leggendo ilromanzo di DeLillo, per la prima volta si rende conto della possibilità di scrivere un romanzo dove leforme siano legate al contenuto, basato questa volta sulla circolarità e la ripetizione autorefereziale.Ellissi, cicloidi, cardiodi e anche curve che si chiudono all'infinito. Di questo si accorseimmediatamente uno studente di letteratura, Chris Hager, che lesse IJ praticamente al momento della

sua pubblicazione all'inizio del 1996, e lo scelse come soggetto della sua tesi di Laurea

27

, avendo lafortuna di poter corrispondere in modo diretto con Wallace. Hager si accorse subito che Infinite Jest presenta una struttura abbastanza simmetrica. Per esempio, a pagina 300 un personaggio, Tony Krause,ha un crisi di astinenza mentre è in metropolitana, e a 300 pagine dalla fine lo ritroviamo che scappadopo aver scippato una borsa. In una delle prime pagine Hal ricorda di aver scavato con Gately nellatomba di suo padre, e in una delle ultime pagine, l'altro protagonista, Gately, sogna la stessa scena, maleggermente cambiata. Supportato da altre parti del testo28, Hager azzarda una prima congettura: IJ è unromanzo strutturato come una parabola, il cui culmine è dato dalla scena centrale del romanzo, in cuiun personaggio muto, Lucien Antitoi(=l'opposto di me), muore e improvvisamente parla tutte le linguedel mondo. All'opposto, ossia tra l'inizio e la fine del romanzo, il protagonista Hal, la prinicipaleincarnazione di Wallace, perde la parola e non riesce più a farsi capire. Questa parabola focalizza tuttal'energia delle varie situazioni verso l'infinito da cui noi lo osserviamo. Wallace, scrivendo ad Hager,dice che IJ era basata su quattro progetti e che Hager ne ha scoperti almeno uno e mezzo. Ma non dicese la storia della parabola sia giusta o meno. Certo, di materiale per fare congetture sulla struttura di IJce ne sarebbe tanto, a partire dal tema delle cose circolari, anulari, la anulazione, i cerchi, le ellissi 29. Ec'è anche la circolarità di parti di romanzo, come la filmografia di Incandenza padre di cui si è dettosopra, che descrivono brevemente intere scene che avvengono in altri parti.

Per cui, proprio come in una ricerca matematica, e senza la pretesa di leggere nel pensiero di Wallace, possiamo cominciare a provare a fare qualche nuova congettura, per vedere se si tiene in piedi oppureno, e soprattutto se aggiunge qualche cosa alla lettura stessa del romanzo. D'altra parte, proprio questastruttura aperta e mutilata, ci spinge a cercare di riempire i vuoti, elaborando, anche nostro malgrado,delle spiegazioni personali. Proprio il lavoro che Wallace esigeva dai suoi lettori.

Per cominciare, si potrebbe mettere in evidenza un'altra curva, l'iperbole, la conica finora mancante,che sembra invece avere qualche connessione non banale con l'infinito e la struttura complessiva di IJ.In fondo abbiamo già visto in “Tennis, trigonometria e tornado”, che Wallace era un amante dellefunzioni iperboliche. Anche in questo caso l'iperbole è strettamente connessa con la figura retoricalegata all'esagerazione. In IJ questo termine appare una sola volta in una conversazione tra gli studentidell'ETA dopo un allenamento particolarmente duro a p.119.“Sono finito. Spompato a sangue”.“Fottutamente spompato, piuttosto”.“Prosciugato. Stroncato. Stremato. Più morto che vivo”.“Non ci vanno nemmeno vicino, le parole”.“Inflazione di parole,” dice Stice “Più grande e migliore. Molto più grande, il più grande, il più

totalmente eccellente. Iperbolico e ancora più iperbolico. Come un'inflazione di livelli”. (…). Hal guarda Stice alzando le sopracciglie e sorride. “Più iperbolico?”

27 Chris Hager's Thesis. On Speculation: Infinite Jest and American Fiction After Postmodernism.http://www.thehowlingfantods.com/thesisb.htm28 “Le spettacolari catapulte lunghe come un isolato che fanno un rumore come di un gigantesco piede che sbatte a

terra quando fanno volare i grandi veicoli dei rifiuti legati insieme nella regione subanulare della Grande Concavità adun'altezza parabolica di oltre 5 Km”. IJ, p 288. “Una grande chiesa del colore del cemento fresco, con abbondanza divetro (…), una forma parabolica di cemento che si gonfiava e si alzava come un'onda”. IJ, p. 1144.

29 “Due aerei privati volano in ellissi pigre proprio sotto la cappa di nuvole” IJ, p. 745.

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Però la cosa non finisce qui e c'è un'altra congettura che vienefuori ad una più attenta lettura. Per prima cosa dobbiamo partiredal presupposto che Wallace volesse dire delle cose abbastanza precise, ma per dirle meglio pensava fosse necessario mischiarele carte proprio per catturare l'attenzione del lettore, che unavolta preso dal meccanismo del libro sarà costretto ad attivarsi, a

giocare insomma la sua partita, riconnettendo le diverse partidella narrazione che sono state separate in modo non casuale. Iltesto è seminato di indizi e rimandi, che oltre ad avere unsignificato proprio, spesso agiscono come mezzi narrativi per spingere il lettore ad andare avanti. In questo libro, dove l'infinito è onnipresente a partire dal titolo,quello che sembra mancare è proprio il simbolo dell'infinito, quell'8 rovesciato che abbiamo imparato aconoscere a scuola. Utilizzato per la prima volta da John Wallis nel 1655, è descritto da una curva diincerta paternità30 chiamata Lemniscata. A questa curva Wallace dedica abbastanza spazio nel suo librosull'infinito, enunciandone proprietà geometriche e analitiche. Nel racconto “Il giardino dei sentieri chesi biforcano” del 1941, Borges scrive: “In un indovinello sulla 'scacchiera', qual è l'unica parola proibita?" Riflettei un momento e risposi: “La parola scacchiera.” (…). Omettere sempre una parola,ricorrere a metafore maldestre e a perifrasi evidenti, è questo il modo più enfatico di indicarla. ” Ora,come nell'indovinello di cui parla Borges31, il simbolo dell’infinito non è mai citato nel testo vero e proprio32, anche se non è difficile trovare le maldestre metafore e perifrasi della citazione. La prima è a p. 55 dove, parlando di una delle tante donne di Orin, leggiamo:“Non era proprio un genio – pensavache la figura che lui tracciava sul suo fianco nudo dopo il sesso fosse il numerale 8, per dare un'idea.”Di nuovo, a p. 346, abbiamo un riferimento sempre vagamente mascherato:“Orin Incandenza, che (…)aveva dei problemi di dipendenza dalla sessualità, ha già tracciato pigramente dei piccoli 8 di traverso sui fianchi postcoitali di una dozzina di studentesse”. Più esplicitamente la n. 307 (una delle ultime, per chi vi fosse arrivato!) riporta: "... questa è una delle uniche due volta in cui Orin si è percepito comerimorchiato, l'altra volta essendo quella con la modella svizzera di manicure, sul cui fianco nudo hatracciato furiosamente i segni dell'infinito33”. Insomma, è come se Wallace volesse attirare l'attenzionesu questo simbolo, per cui in E&M mostrerà di avere una vera passione (lo userà quasi sempre al postodella parola 'infinito')34. La lemniscata è infatti legata strettamente al concetto di “loop”, di passaggioinfinito nello stesso punto, essendo una sorta di proiezione monodimensionale del nastro di Moebius. Etutti quelli che leggono IJ fino in fondo sanno che la prima cosa che si fa quando si è finito è quella di

30 C'è chi dice Cassini nel 1680, chi Bernoulli qualche anno dopo.31 Più ci penso e più mi sembra inevitabile che la lettura di Borges abbia influenzato Wallace. IJ somiglia in molti modi al

romanzo del cinese Ts'ui Pên descritto nel racconto “Il giardino dei sentieri che si biforcano”. Wallace era tra l'altro ungrande ammiratore di Borges. Vedi D.F. Wallace, Borges on the couch, The New York Times, 7 November, 2004,http://www.nytimes.com/2004/11/07/books/review/07WALLACE.html (da cui si apprende che Wallace ha letto deilabirinti di Borges quando aveva 12 anni, sic!).

32 In realtà questa affermazione è dovuta a Julian Sanchez nel suo articolo “The Garden of Looping Paths"

http://asupposedlyfunblog.wordpress.com/2009/07/15/the-garden-of-looping-paths/ .33 Orin, un'ennesima proiezione di Wallace, è un personaggio triste e angosciato. Vive la sessualità in modo disperato e

“riesce solo a dare piacere, mai a riceverne”. Solo dopo l'atto ha un attimo di sollievo e traccia inconsciamente questosimbolo, forse per vezzo, forse a significare la ripetitività di questo incrocio di corpi. Forse solo per indicare a noi cosaguardare.

34 Senza contare i nastri di Moebius della n. 24: “Möbius Strips. Year of the Whopper. Lactrodectus Mactans Productions.'Hugh G. Rection,' Pam Heath, 'Bunny Day,' 'Taffy Appel'; 35 mm.; 109 minutes; black and white; sound. Pornography-

 parody, possible parodic homage to Fosse's All That Jazz, in which a theoretical physicist ('Rection'), who can onlyachieve creative mathematical insight during coitus, conceives of Death as a lethally beautiful woman (Heath).INTERLACE TELENT FEATURE CARTRIDGE #357-65-32 (Y.W.)”

 Figura 13: Il simbolo dell'infinito,la lemniscata di Bernoulli.

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ricominciarlo. L’inizio e la fine sono strettamente collegati, anche se nella seconda lettura tutto assumeun significato diverso, come se fossimo sull’altra faccia del nastro di Moebius. Allora, forse questoromanzo ha la forma “infinita” di un nastro di Moebius (ma dove sarebbe l'intersezione?).

Ecco allora un'altro elemento. Stephen Burn, a p.47 della sua guida alla lettura di IJ 35, fa notare che la prima delle due crisi che avvengono in IJ, quella che si svolge durante la partita di Eschaton e sta nel primo “fuoco” dell'iperbole, avviene l'8 novembre, e questa data è l'anniversario della scoperta dei

raggi X da parte di Rontgen. E i raggi X sono ricordati esplicitamente in ben due situazioni cheavvengono in quella data: se ne parla durante la partita di Eschaton e poi compaiono in riferimento deifraudolenti occhiali a raggi X venduti dai fratelli Antitoi. Secondo Burn, la data in cui abbiamo potutocominciare a guardare al nostro interno è richiamata nel testo, nel momento in cui cominciamo aguardare all'interno dei personaggi. La cosa interessante è che, partendo da questa osservazione ecercando meglio, di X nel testo ce ne sono veramente tante. Xmas per indicare il Natale, X per l'Ecstasy, l'incognita matematica X, il curioso neologismo “Xing” (Xare) per indicare i rapportisessuali. E ce ne sono almeno un'altra ventina che non si spiegano se non con la volontà di lasciare unatraccia. Per esempio a p.3, prima pagina del romanzo, troviamo: “ Le mie dita sono intrecciate e miappaiono come la lettera X vista in una serie di specchi”. Oppure a pagina 21: “ Egli sedeva e pensavae aspettava nella X irregolare formata dalla luce che passava attraverso due diverse finestre”. E anche

verso la fine: “Una delle ragazze della colazione aveva detto che c'erano state delle scope sul muro, inuna X di scope, spuntate dal nulla, sul muro.”

La lettera X ha un significato molteplice. Da un parte è l'incognita, la cosa da trovare, la crocetta sullamappa del tesoro che indica dove scavare. Però, come dice Burn, è anche la lettera che indica i raggiche creano, alla fine dell'800, una rivoluzione medica, ma anche artistica e filosofica. Scrive L.D.Henderson36, i raggi X “stabiliscono chiaramente l'inadeguatezza della percezione sensoriale umana e pongono alcuni problemi fondamentali sulla sostanza delle cose e la realtà che erano metafisici primache scientifici. (…). Questo relativismo della percezione ispirò tra l'altro artisti come Duchamps ePicasso che cercarono di rappresentare una realtà invisibile e immateriale nelle loro opere; di vedere ilnon-visto.” Inoltre la X è il simbolo del chiasmo, quella figura retorica basata sull'incrocio di duediversi temi, largamente usata in tutta la storia della poesia e anche recentemente da Joyce. E anche quiabbiamo l'incrociarsi, o meglio il contrapporsi, di due storie diverse, quella di Hal e di Gately, chevengono alternate in modo abbastanza regolare nel corso della narrazione. Questa congettura nonsarebbe necessariamente in contrasto con le precedenti, le simmetrie restano, l'incrocio richiama la parte centrale della lemniscata, e inoltre si aggiunge l'elemento di visione dell'interno che è chiaramenteintenzionale (c'è anche una scena di un ragazzo, il povero Fenton, che subisce una P.E.T. Scan piuttostoterrorizzante, e dall'olografia agli specchi, passando per il mito di Medusa, la visione ha un postoimportante nel romanzo).

Facciamo un altro passaggio. Come osservato da Stefano Bartezzaghi37, una delle parole chiave di IJ èla parola “map”, mappa, ma anche rappresentazione cartografica, funzione, applicazione. Wallace lausa spesso al posto di “vita”, in frasi tipo: “sradicare la propria mappa”, “cancellare la mappa”, per 

suicidarsi o uccidere. L'individuo come una mappa del mondo, un riflesso di quel territorio esterno checi viene trasmesso. I problemi cominciano quando la mappa e il territorio, la rappresentazione e larealtà si confondono. Per un anedonico come Hal, il depresso che non prova piacere, il mondo diventaallora una mappa del mondo. A un personaggio che ingerisce una sostanza particolarmente tossica, per 

35 Stephen J. Burn, David Foster Wallace's Infinite Jest, Continuum Contemporaries, 2003.36 Linda Dalrymple Henderson. "X-rays and the Quest for Invisible Reality in the Art of Kupka, Duchamp, and the

Cubists." Art-Journal 47 (1988): 323-40.37 Stefano Bartezzaghi, Scrittori giocatori, Einaudi 2010.

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come la trasformazione che manda  z in 1/z, o anche in termini di variabili reali, introducendo dellenuove variabili (x', y'), definite da x'=x/(x2+y2), y'=y/(x2+y2). .

La cosa potrebbe sembrare casuale e abbastanza scollegata dalle osservazioni precedenti, fino almomento in cui non osserviamo alcune delle conseguenze di questa inversione.

La prima è che se facciamo l'inversione di una parabola, questadiventa una cardioide. La seconda è ancora più sorprendente.Facendo l’inversione di un’iperbole, la curva che troviamo è proprio la lemniscata, ossia il simbolo dell'infinito! In altri terminile varie strutture che sembrano agire come motori per ladisposizione del romanzo, sono in realtà la stessa cosa. IJ sarebbecostruito proprio sulsimbolo dell'infinito, che noi però vediamo stando al difuori del modo di Wallace,come se fosse un'iperbole,una cosa che si espandeverso l'infinito in tutte ledirezioni, in un mondo incui Hal e Gately non si

incontrano mai. Insomma, lo scherzo (= jest ) infinito di Wallace èstato allora quello di fare un romanzo a forma di ∞, e poi tirarlofuori, invertirlo, proiettando di fatto all'∞ la parte mancantedell'intreccio, e lasciando poi a noi il compito, non facile, maappassionante, di immaginare e ricostruire.

 Figura 15: la cardioide e la parabola, l'una l'inversa dell'altra.

 Figura 16: la lemniscata el'iperbole, l'una l'inversadell'altra.