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L’interpretazione classica e la L’interpretazione classica e la modellistica per funzioni e strategie modellistica per funzioni e strategie Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali (S.E.A.) (S.E.A.) Corso di Laurea in Corso di Laurea in Economia e Gestione dei Servizi Turistici Economia e Gestione dei Servizi Turistici Prof. Filippo Bencardino Prof. Filippo Bencardino Cap. IV Cap. IV

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strategiestrategie””

Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali

(S.E.A.)(S.E.A.)

Corso di Laurea in Corso di Laurea in

Economia e Gestione dei Servizi TuristiciEconomia e Gestione dei Servizi Turistici

Prof. Filippo BencardinoProf. Filippo Bencardino

Cap. IVCap. IV

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L’Interpretazione classica e la modellistica per funzioni e L’Interpretazione classica e la modellistica per funzioni e strategiestrategie

Tutte le attività dell’uomo (dall’insediamento residenziale alle dinamiche produttive) hanno come dominio lo spazio/territorio

Tutte le attività economiche (primarie, secondarie, terziarie) utilizzano lo spazio/territorio

Il territorio è stato storicamente organizzato e trasformato dall’uomo per soddisfare i propri

bisogni

L’uso dello spazio geografico (inteso come territorio indifferenziato)

La Geografia Economica, da

sempre, mira

all’individuazione di

principi generali, Teorie e

Modelli che spiegano:

I criteri di localizzazione delle attività produttive

La disparità nella distribuzione spaziale della ricchezza e dello sviluppo

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Teorie della Localizzazione:

si occupano dei meccanismi economici sottostante

la distribuzione delle attività economiche nello spazio

(analisi microeconomica)

.... e differenti Modelli

Modelli semplificativi delle attività produttive terziarie e quaternarie

Modelli semplificativi delle attività produttive primarie Modelli semplificativi delle attività produttive secondarie

Teorie della Crescita regionale e dello Sviluppo locale:

analizzano gli aspetti spaziali della crescita economica e della distribu-zione territoriale della ricchezza

(analisi micro e macroeconomica)

Sulla base di questi interrogativi si sono sviluppati diversi filoni di Teorie ....

Modelli per l’interpretazione dei fenomeni di crescita locale Modelli di sviluppo polarizzato e ad intensità variabile Modelli di sviluppo locale

Modelli per l’identificazione delle determinanti della competitività

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Teorie della Teorie della LocalizzazioneLocalizzazione

Spazio fisico-metrico : concezione dello spazio (fisico e continuo) puramente geo- grafica

Teorie della Teorie della Crescita Crescita

RegionaleRegionale

Spazio uniforme-astratto : lo spazio è ripartito in regioni (omogenee e uniformi) ed è considerato come un contenitore fisico dello sviluppo Spazio diversificato-relazionale : spazio come territorio ed elemento generatore di vantaggi economici

Teorie dello Teorie dello Sviluppo LocaleSviluppo Locale

Spazio diversificato-stilizzato : lo spazio è puntiforme e stilizzato, privo di qualunque dimensione territoriale

Teorie della Teorie della Crescita Crescita

RegionaleRegionale

Tali Teorie e Modelli si basano su una diversa concezione di spazio

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Il luogo di produzione ha dimensione spaziale, il mercato è puntiforme;

L’obiettivo è l’individuazione delle aree di produzione, ossia dello spazio fisico occupato dalle singole attività economiche;

Il principio organizzatore dello spazio è l’accessibilità al centro d’affari;

Alla base di questi modelli vi è il concetto di costo del suolo o rendita di posizione (o di localizzazione)

1) Modelli di utilizzazione del suolo

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la rendita fondiaria rappresenta un criterio univoco per la scelta localizzativa delle attività agricole, produttive e

residenziali

Spazio fisico-metrico e Teorie della Localizzazione

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Ipotesi semplificatrici :

Spazio di produzione (pianura) uniforme ed isolato isomorfismo;

Spazio omogeneo con uguale fertilità delle terre e stesse infrastrutture di trasporto condizione di isotropia;

Unico mercato di sbocco puntiforme (città);

Costi di trasporto unitari e costanti nello spazio per tutte le produzioni (sono proporzionali alla distanza da coprire ed a carico dei produttori);

La domanda dei prodotti è illimitata modello supply oriented ;

Gli agricoltori operano in un mercato in concorrenza perfetta (i prezzi sono dati) secondo una logica di massimizzazione del profitto;

Per ogni bene agricolo si ha una funzione produttiva specifica a coefficienti fissi e rendimenti costanti.

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Il Modello dello “Stato isolato” di Von Thünen (1826)

Rientra nell’ambito delle teorie della localizzazione delle attività agricole. L’autore perviene ad un modello di utilizzo del suolo

agricolo a zone concentriche

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Individuare la distribuzione delle colture agricole e delle attività connesse intorno alla città-

mercato

Obiettivo:

Due concetti chiave:

La distanza del luogo di produzione dal mercato di distribuzione dei beni. Da essa dipendono i costi di trasporto e, quindi, il valore dei terreni

La rendita di posizione : R= rp – (rdf + C)

Dove:R = rendita di posizioner = resa unitariap = prezzo di mercato unitarioC = costo di produzione unitariof = tariffa di trasportod = distanza dal mercato

La La Rendita Rendita (R)(R) è pari alla è pari alla differenzadifferenza tra: tra: ricavi della venditaricavi della vendita (rp)(rp) e costi e costi totalitotali dati dalla somma dei costi di dati dalla somma dei costi di trasporto e di coltivazione del suolo trasporto e di coltivazione del suolo (rdf (rdf + C)+ C)

L’equazione individua i differenti livelli di rendita ai quali il coltivatore è disposto a pagare terre a diverse

distanze

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Graficamente:

Rendita (R)

Distanza (d)Centro

L’equazione di una retta con inclinazione negativa mostra come L’equazione di una retta con inclinazione negativa mostra come all’aumentare della distanza dal mercato diminuisce la all’aumentare della distanza dal mercato diminuisce la renditarendita, per questo viene definita da Von Thünen: , per questo viene definita da Von Thünen: Rendita di Rendita di posizioneposizione

R(x)

Rendita (R)

Distanza (d)Centro

R(y)

R(x)

R(z)

Date le diverse caratteristiche che ciascuna produzione agricola ha in termini di rendimento, costi di produzione e prezzo di mercato , le rispettive funzioni di rendita avranno un andamento differente

Curva di rendita di tre Curva di rendita di tre prodottiprodotti

Curva di rendita di un Curva di rendita di un prodottoprodotto

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R (x)

x

y

Z

x’ y’ z’

Rendita unitaria

Distanza

Distanza

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Facendo ruotare le zone di utilizzazione del suolo individuate sull’asse orizzontale attorno alla

localizzazione del mercato si ha un

Modello d’uso agricolo del suolo ad anelli e zone concentricheR(y)

R(z)

In ogni zona si localizza la coltivazione che assicura la

più elevata rendita di posizione

Un Modello a “sei fasce”

1. Orticoltura e produzione di latticini

2. Silvicoltura

3. Arativo coltivato intensamente a rapida rotazione

4. Arativo a rotazione lenta

5. Arativo a tre campi

6. Allevamento estensivo

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Considerazioni sul Modello di Von Thünen

Il modello definisce un nuovo tipo di spazio, lo spazio economico, generato unicamente da relazioni di tipo economico in cui gli altri fattori sono considerati accidentali al funzionamento del sistema

Nei primi anni ‘60 il Modello di Von Thünen viene ripreso ed adattato ad un contesto urbano da William

Alonso e, successivamente da Richard Muth

Se viene sostituito al mercato centrale un mercato lineare il modello risulta, comunque, in grado di illustrare la formazione di zone ad utilizzo specifico, non più concentriche ma a fasce parallele Tale modello può ancora oggi avere un qualche valore esplicativo su scala territoriale molto limitata, specie nei paesi in via di sviluppo, oppure su scala territoriale molto grande

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2) Modelli di localizzazione delle attività industriali

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Spazio fisico-metrico e Teorie della Localizzazione

Il luogo di produzione ha dimensione spaziale, il mercato è puntiforme;

L’obiettivo è l’individuazione dei fattori localizzativi delle attività industriali e della loro organizzazione sul territorio;

Alla base di questi modelli vi sono i concetti di costo di trasporto e di economie di agglomerazione

Il principio organizzatore dello spazio è rappresentato dal costo - opportunità derivante dal localizzarsi in prossimità di altre imprese (vantaggi agglomerativi) e dai nuovi costi da sostenere nello scegliere una diversa localizzazione rispetto a quella a costo minimo

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Economie di Economie di agglomerazionagglomerazion

ee

Costi di Costi di trasportotrasporto

Insieme dei vantaggi di ordine economico che le imprese ottengono da una localizzazione concentrata, prossima ad altre attività:

Insieme dei “costi” legati alla distanza tra due punti nello spazio costo economico dello spostamento; costo opportunità in termini di tempo; costo psicologico del viaggio; costo di comunicazione, ecc.

Queste forze agiscono in senso opposto al processo localizzativo: le prime spingono verso la concentrazione spaziale della

produzione; le seconde, in condizioni di concorrenza perfetta, verso la dispersione spaziale

riduzione dei costi di produzione per dimensione elevate degli impianti; presenza di servizi avanzati e specializzati; manodopera qualificata; ecc.

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Il Modello della “localizzazione industriale” di Weber (1909)

Il modello si fonda su alcune ipotesi semplificatrici : Lo spazio è isotropico ed isomorfo; Unico mercato di sbocco puntiforme; I due mercati delle materie prime sono puntiformi ed equidistanti (M1 e

M2); I costi di trasporto sono funzione lineare della distanza; Vige un regime di concorrenza perfetta; La domanda del bene finale è rigida al prezzo ed illimitata; Un’unica tecnica di produzione costi di produzione sono dati e

costanti..... e sulla classificazione dei fattori produttivi in:

..... e dei materiali impiegati in: Puri : non perdono peso nel corso del processo produttivo Lordi : perdono parte del loro peso nel corso della lavorazione (scarti)

Ubiquitari : distribuiti uniformemente sulla superficie costi di trasporto nulli Ubicati : presenti solo in particolari aree

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Individuare i fattori che inducono un industria a localizzarsi in un territorio piuttosto che in un

altro

Obiettivo:

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Distanza del luogo di produzione dalle fonti di approvvigiona-mento e dal mercato di distribuzione dei beni

Costo di trasporto

delle materie prime dai luoghi di approvvigionamento al luogo dove è ubicata l’impresa

dei prodotti finiti dal luogo in cui è ubicata l’impresa al luogo di consumo

Costo di trasporto totale (CTT)

L’autore perviene ad un Modello di localizzazione industriale basato sulla minimizzazione dei costi di trasporto totali

Peso delle materie prime (non ubiquitarie) e del prodotto finito

Secondo Weber la Secondo Weber la localizzazione ottimalelocalizzazione ottimale si ha nel punto si ha nel punto dove i dove i costi totali di trasporto sono minimicosti totali di trasporto sono minimi

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DIVERSI CASI

In prossimità del Mercato di sbocco

(C) Alla fonte delle materie prime (M1 o

M2) In un punto intermedio

la localizzazione dell’impresa può avvenire:

M1 M2

C

P

Triangolo localizzatore

Il triangolo delimita lo spazio entro cui individuare la localizzazione ottimale (P)

Al fine di minimizzazione i costi totali dove si localizzerà effettivamente l’impresa?

Considerando l’ipotesi (maggiormente realistica) in cui si hanno due fattori produttivi ed un unico mercato di

sbocco

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Se il costo di trasporto del prodotto finito supera la somma dei costi di

trasporto delle materie prime

I° CASO:

Si verifica quando le materie prime ubiquitarie hanno un peso maggiore nella composizione del prodotto finito

II° CASO:Se la somma dei costi di trasporto delle materie prime supera il costo

di trasporto del prodotto finito

Si verifica quando le materie prime ubicate hanno un peso maggiore nella composizione del prodotto finito; in particolare,

l’impresa si localizzerà in M1 se la materia prima in essa ubicata è lorda (perdente peso); nel caso

inverso si localizzerà in M2

III° CASO:Se il costo di trasporto di ogni singolo

componente (materie prime e prodotto finito) non eccede la somma

di tutti gli altriNel punto P si ha un perfetto equilibrio tra le forze

attrattive: i costi totali di trasporto sono minimi

LocalizzazioLocalizzazione in Cne in C

LocalizzazionLocalizzazione in Me in M11 o M o M22

LocalizzazionLocalizzazione in Pe in P

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Nella realtà, pur semplificando, ci sono una molteplicità di imprese che producono un medesimo bene

Dove si localizzano?

La localizzazione avviene nell’area limitrofa al punto di

minimizzazione dei costi totali di trasporto. In tale

area i costi di trasporto sono identici

IsolineaIsolinea::

IsodapaneIsodapane::

Fonte Mercato

La distanza fra due isolinee (linea chiusa) di uno stesso sistema dipende dal costo unitario di trasporto ed é

inversamente proporzionale al peso del materiale

trasportato

Luoghi entro i quali il costo totale di trasporto (materie primi e prodotto

finale) è costante

Le isolinee e le isodapane Le isolinee e le isodapane assumono valori crescenti man assumono valori crescenti man

mano che ci si allontana dal mano che ci si allontana dal centrocentro

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Natura statica del modello;

E’ eccessivamente transport oriented ;

E’ un modello eccessivamente astratto;

Difficoltà di calcolo della località a costo minimo;

Mancano ipotesi di interazione tra le imprese;

Natura supply oriented senza alcun accenno ai fattori della domanda.

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Considerazioni sul Modello di Weber

Isard (1956) “Modello dell’analisi sostitutiva” Smith (1966) “Curva spazio-costo” Moses (1958) “Teoria delle distanze e volume della

produzione”

Successivamente diversi autori perfezionano tale modello:

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3) Modelli di localizzazione delle attività terziarie e quaternarie

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Spazio fisico-metrico e Teorie della Localizzazione

Il luogo di produzione di beni e servizi è puntiforme, la domanda è uniformemente distribuita;

L’obiettivo è lo studio delle leggi che governano la distribuzione degli insediamenti e delle città all'interno di uno spazio geografico;

Alla base di questi modelli vi sono i concetti di centralità e gerarchia

Il principio organizzatore dello spazio è rappresentato dalla capacità di ciascun centro di offrire un “dato livello” di beni e servizi

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Criterio merceologico :

Trasporti e comunicazioni Commercio Credito e assicurazioni Servizi per le imprese Servizi collettivi di interesse pubblico Pubblica Amministrazione

Criterio funzionale :

Servizi per le famiglie Servizi per la collettività Servizi per le imprese Attività quaternarie

In base al raggio geografico dell’utenza e alla frequenza con cui si accede al servizio

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Classificazione delle attività terziarie

I servizi comuni: quelli ai quali accedono con frequenza giornaliera o settimanale buona parte delle famiglie e delle imprese

I servizi di livello medio: quelli ai quali si accede con frequenza mensile-annuale

I servizi rari: quelli ai quali si ricorre eccezionalmente

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Le attività terziarie tendono a distribuirsi sul territorio secondo una logica gerarchica

Centri che posseggono un elevato numero di attività del settore quaternario

o i servizi del terziario superiore più specializzati e strategici (es. New York,

Parigi …)

L’organizzazione gerarchica di un centro non corrisponde L’organizzazione gerarchica di un centro non corrisponde alla quantità di popolazione residente, ma alle funzioni alla quantità di popolazione residente, ma alle funzioni

terziarie di diverso livello che vi si esercitanoterziarie di diverso livello che vi si esercitano

Centri provvisti di un terziario comune (centri con meno di 3.000

abitanti)

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Il Modello delle “località centrali” di Christaller (1933)

Il modello si fonda su alcune ipotesi semplificatrici :

Lo spazio è isotropico ed isomorfo, il costo degli spostamenti è proporzionale alla distanza fisica ed è a carico del consumatore; il territorio è uniformemente pianeggiante;

Vi è di una distribuzione omogenea della popolazione e del potere d’acquisto (stesso reddito), la loro domanda di beni e servizi è uguale;

Tutte le zone di questa ipotetica pianura debbono essere servite da una località centrale che provvede alla fornitura di beni, servizi e funzioni amministrative a beneficio del territorio circostante

Gli agenti economici hanno un comportamento razionale: I consumatori cercano di ridurre il più possibile le spese di

trasporto acquistando prodotti/servizi nella località centrale più vicina;

I fornitori cercano di massimizzare i profitti localizzandosi sul territorio in modo tale da disporre del mercato più vasto possibile ponendosi alla maggior distanza possibile l’uno dall’altro;

Vi sono economie di scala (aum. produzione si riducono i costi unitari) nella produzione di alcuni beni detti “beni centrali”

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Studiare le leggi che governano la distribuzione degli insediamenti e delle città all'interno di uno

spazio geografico

Obiettivo :

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Alcuni concetti chiave:

Centralità : luoghi centrali (di ordine superiore o inferiore) che offrono beni e servizi per il territorio circostante che ne è privo

Soglia : la distanza corrispondente al numero di utenti minimo necessario affinché i fornitori di beni e servizi operino in modo da coprire i costi di vendita o di produzione e ottengano un normale margine di profitto

Portata: distanza massima che un utente è disposto a percorrere per accedere ad un bene o servizio offerto da una località centrale, oppure, dal punto di vista del venditore, il raggio dell’area di mercato più grande all’interno della quale egli sarà in grado di attrarre i consumatori

Prezzo effettivo: prezzo stabilito dal mercato + i costi di trasporto che il consu-matore deve sostenere per recarsi nella località centrale dove il bene o servizio è disponibile

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Graficamente:

Distanza

Quantità domandata

P

S

Affinché vi sia mercato per un determinato bene/servizio la Portata deve essere almeno pari alla Soglia

CONO DI DOMANDA

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La tendenza nella distribuzione/fornitura dei vari servizi sarà, secondo Christaller, quella di coprire il mercato il più possibile tanto che le

varie aree di mercato finiranno con il sovrapporsi e con lo spartirsi ‘equamente’ gli

spazi residui….

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Teoricamente ogni Località centrale dispone di un’area

commerciale di forma circolare …..

... ma “spazi vuoti” non serviti

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Ogni Centro produce il bene relativo al suo livello gerarchico e tutti i beni di ordine inferiore;

Per ciascun Centro di ordine superiore esistono, a cascata, una pluralità di centri di ordine inferire, fino a raggiungere le agglomerazioni di livello più basso

Località di rango maggioreLocalità di rango intermedioLocalità di rango inferiore

….. di fatto, la distribuzione delle Località centrali e si presenta come un susseguirsi di coni di domanda di forma

esagonale

Le Località Centrali che riescono ad erogare un numero di servizi maggiori

vengono definite come Centralità di rango superiore

(il rango di un servizio è direttamente proporzionale alla sua

portata)

Maggiore è il rango migliore sarà la posizione della centralità nella scala

gerarchica delle relazioni urbane

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Lo schema di Christaller applicato alle regioni della Germania del Sud

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Le critiche al Modello di Christaller

Non è applicabile a tutti gli insediamenti perché prende in considerazione solo i centri di servizio e non tiene conto del ruolo sociale di altre attività come l’industria manifatturiera e l’agricoltura

Non è realistico, là dove rappresenta i centri distribuiti in modo geograficamente equilibrato

Non tiene conto delle differenze rurali e storiche dei territori, né dell’evoluzione e delle trasformazioni socio-economiche

Non è realistica l’assunzione che consumatori e fornitori abbiamo un comportamento sempre razionale

Non vengono considerati i fenomeni di agglomerazione ed urbanizzazione che, attraverso processi cumulativi di crescita, hanno accelerato lo sviluppo di determinati centri, a scapito di altri

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Lösch (1940) riprende il modello di Christaller con un approccio economico

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Il differente sviluppo è determinato dall’ineguale distribuzione delle risorse e dalla diversa capacità di sfruttare tali risorse

ed attrarne “nuove” dall’esterno

Obiettivo :Studio della disparità nella distribuzione spaziale della ricchezza e dello sviluppo

Spazio uniforme-astratto e Teorie della Crescita regionale

Tre differenti modi di concepire la crescita

regionale

Tre differenti filoni di Teorie della crescita

regionale

Crescita come efficienza produttiva, divisione del lavoro, produttività dei fattori

Crescita come problema di competitivi- tà, di dinamica di lungo periodo

Crescita come utilizzo e sfruttamento, nel breve periodo, di risorse e riserve di lavoro

Teorie anni ’50: individuazione delle determinanti che generano occupazione e reddito nel breve periodo la crescita è data dall’aumento della domanda di beni localiTeorie anni ’60: individuazione dei meccanismi in grado di garantire un certo livello di benessere e di reddito agli individui lo sviluppo diviene un pro-blema di crescita individualeTeorie odierne: ricerca delle condizioni locali per la competitività

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Lo sviluppo dipende dalle complesse relazioni economiche e sociali che si instaurano in un territorio inteso come spazio

diversificato-relazionale

Obiettivo :Analisi delle variabili (esogene ed endogene) che

caratterizzano un processo di sviluppo e determinano la competitività dei sistemi territoriali

Spazio diversificato-relazionale e Teorie dello sviluppo locale

Due filoni di Teorie

Lo sviluppo locale è dettato da una serie di fattori esogeni al contesto locale attraverso decisioni calate

dall’alto (modello top down):

presenza di un’impresa dominante o di una multinazionale; diffusione di un’innovazione generata altrove; realizzazione di nuove infrastrutture decise da autorità esterne .....

Lo sviluppo locale è dettato da una serie di fattori endogeni , cioè che

nascono e si sviluppano nel contesto locale (modello bottom

up): Teoria del distretto

industriale

Teoria del milieu innovateur

Teoria delle learning regions

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La teoria dei poli di sviluppo di Perroux (1955)

“Lo sviluppo non si verifica ovunque e simultaneamente: si manifesta in alcuni punti o poli di sviluppo con intensità variabile e si diffonde per vari canali e con effetti finali variabili per il complesso dell’economia” : la crescita selettiva è determinata da un elemento propulsivo (industria motrice) che mette in moto il processo produttivo.

La localizzazione di imprese multinazionali

(1970)“L’intensità degli effetti positivi e/o negativi generati dalle presenza di una multinazionale dipende dalle caratteristiche dell’impresa multinazionale e dell’area che la ospita”.

La teoria dell’innovazione di Hägerstrand (1955)

“L’innovazione è un fattore esogeno di sviluppo la cui diffusione a carattere epidemico, si genera a partire dalla pura probabilità di contatto”.

Fattori Esogeni

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Fattori Endogeni

La teoria dei distretti industriali (1955)

Alfred Marshall introduce per primo il concetto di economie esterne e di agglomerazione come fonte di competitività di un sistema locale, economie esterne all’impresa, ma interne all’industria, generate dall’agglomerazione territoriale di piccole imprese e dalla presenza congiunta di più soggetti legati tra loro da relazioni di produzione e di scambio

Il Distretto Industriale Marshalliano (DIM)

….agglomerazione di numerosi piccoli e medi produttori, territorialmente

concentrati, un modo innovativo ed alternativo nell’organizzazione della

produzione con funzioni terziarie e con connotazioni monosettoriali (distretto

tessile, calzaturiero, ….)

All’interno del DIM si attivano tre tipologie di relazioni:

verticali, quando esse svolgono fasi differenti di uno stesso processo produttivo;

laterali, quando esse svolgono la stessa fase in processi simili;

diagonali, quando si erogano attività di servizio alle industrie del Distretto

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L’Interpretazione classica e la modellistica per funzioni e L’Interpretazione classica e la modellistica per funzioni e strategiestrategie

Elementi distintivi di un DIM

Numerosità di aziende specializzate di piccola o piccolissima dimensione territorialmente concentrate

Indotto fatto soprattutto da imprese che operano nel terziario

Presenza di imprenditorialità diffusa, di formazione e di qualità del capitale umano

Processo endogeno di innovazione

Atmosfera collaborativa

Specializzazione flessibile nei modi di produrre e nei prodotti offerti

Mercato comunitario, inteso come il reciproco integrarsi di competizione e cooperazione

Supporto delle istituzioni e degli enti locali

Marshall ha affermato con convinzione che variabili non economiche dell’ambiente distrettuale concorrono ad attivare

percorsi di sviluppo e modelli organizzativi

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Il distretto industriale non è solo una forma organizzativa della produzione,ma un ambiente sociale…

“un’unità socio-territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva, in un’area territoriale circoscritta, naturalisticamente e storicamente

determinata, di una comunità di persone e di una popolazione di imprese industriali. Nel distretto, a differenza di quanto accade in altri ambienti,

la comunità e le imprese tendono, per così dire, ad interpenetrarsi a vicenda”

Le evidenze empiriche della Terza Italia impongono uno studio del fenomeno e una modellizzazione teorica 1979 - Prima rielaborazione del

Distretto Industriale Marshalliano da parte di Becattini

La comunità di persone si caratterizza dalla condivisione di un sistema omogeneo di valori

che si esprime in termini di etica del lavoro e delle attività, della famiglia, del cambiamento,

… e si affianca ad un sistema di istituzioni e di regole che quei valori diffondono nel distretto,

trasmettendoli da una generazione all’altra

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1. Riduzione dei costi di produzione, per la presenza di fornitori specializzati, di elasticità della forza lavoro, di facile ricorso al mercato

2. Riduzione dei costi di transazione, in quanto la prossimità geografica facilità l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, e agisce sulla prossimità sociale, ma soprattutto riduce i costi di transazione in senso stretto

4. Aumento dell’efficienza dinamica, intesa come capacità innovativa delle imprese del distretto, espressione di una processo di conoscenza tacita e sedimentata nel tempo

3. Aumento dell’efficienza dei fattori produttivi, a parità di risorse produttive, grazie anche alla presenza di servizi alle imprese che aumentano il valore della produzione e del mercato locale, ma soprattutto alla “atmosfera industriale”

I Vantaggi competitivi dei Distretti

il modello del distretto industriale italiano non è adattabile anche alla realtà dei cluster industriali internazionali

negli ultimi anni si sta assistendo ad un periodo di crisi dei distretti italiani

… ma

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Quale è il livello di competitività dei sistemi produttivi locali distrettuali? Distretti in crisi o in

evoluzione?

concorrenza delle economie

emergenti

processi di delocalizzazione e

internazionalizzazione della produzione

colonizzazione dei distretti” da parte

delle multinazionali

Tre grandi questioniTre grandi questioni

Est Europeo, Paesi asiatici e altre realtà emergenti

la distribuzione internazionale

della produzione mondiale il mercato del lavoro

l’evoluzione dei consumi e la domanda mondiale ExportExport

Forte contrazione dell’export Made in

Italy e dei manufatti in generale

IDEIDEScarsa

propensione ad investire

all’estero

Grandi Marchi, soprattutto del tessile quali Dior, Prada, Gucci….

IDE in entrata da parte di multinazionali in distretti specialistici e dell’high tech

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“Il distretto è, anzitutto, una forma organizzativa che per produrre certe cose […] è più efficiente di altre forme oggi

note[…].

Credo si possa dire che fino a quando il mondo esprimerà una domanda di prodotti di quel tipo, il distretto

industriale rimarrà un modo valido di organizzare la produzione[…].

Se un cambiamento radicale del mondo e della cultura – che non riesco a immaginare – farà si che non si

richiedano più quelle cose, per quelle ragioni, o se sorgeranno nuove, più efficienti, forme organizzative di

quei tipi di produzione, oggi ignote, allora anche la forma distretto, come soluzione tipica dei problemi distributivi-

organizzativi, potrà andare in pensione”. (Becattini, 1997)

Distretti in crisi o in evoluzione?Distretti in crisi o in evoluzione?

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Spazio diversificato-stilizzato e Teorie della crescita regionale

Obiettivo : Studio della nella distribuzione spaziale della ricchezza e dello sviluppo attraverso un tentativo di sintesi tra le

teorie della localizzazione delle imprese e delle attività produttive con le teorie della crescita economica, e

l’individuazione di variabili che concorrono alla competitività di lungo periodo

spazio diversificato e spazio stilizzato

Esistono polarità ben precise su cui insiste lo sviluppo

Esistono rendimenti crescenti derivanti da processi di apprendimento, da

economie di scala, di agglomerazione e di urbanizzazione…

Crescita cumulativa, endogena e tendenzialmente selettiva

Lo spazio è stilizzato in punti

Non esistono esternalità tecnologiche localizzate, né fattori materiali ed

immateriali che agiscono sulla produttività e sulla capacità innovativa delle imprese, né un sistema di relazioni, …

Spazio come contenitore

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Modello “centro-periferia” di Krugman (1991)

Ipotesi semplificatrici :

La migrazione come incipit nei processi di agglomerazione

Esistono due localizzazioni alternative

Esistono due settori produttivi: manifattura e agricoltura

il settore manifatturiero ha rendimenti crescenti in un sistema di competizione monopolistica

il settore agricolo ha rendimenti di scala costanti in regime di concorrenza perfetta

Rientra nell’ambito delle teorie che coniugano fattori rilevanti per le imprese (costi di trasporto, economie di scala, domanda di

mercato) e aspettative occupazionali e salariali dei lavoratori

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Spiegare la localizzazione delle imprese manifatturiere in assenza di elementi geografici ed

economici attraverso l’Interazione di tre forze

Obiettivo :

L’Interpretazione classica e la modellistica per funzioni e L’Interpretazione classica e la modellistica per funzioni e strategiestrategie

Le imprese manifatturiere vogliono localizzarsi vicino al mercato più ampio

I lavoratori per avere accesso al maggior numero di beni tendono a concentrarsi vicino all’agglomerazione di imprese più vasta

Le imprese manifatturiere vogliono rifornire il mercato agricolo periferico

Forza centripeta

Forza centrifuga