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Link Campus University of Malta - ROMA Laurea Specialistica in International Management CORSO DI PIANIFICAZIONE FISCALE E FINANZIARIA INTERNAZIONALE (Titolare: Prof. Piergiorgio Valente) LA DISCIPLINA DELL’IVA NEI RAPPORTI INTERNAZIONALI Relatore: Dott. Claudio Melillo

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CORSO DI PIANIFICAZIONE FISCALE EFINANZIARIA INTERNAZIONALE

(Titolare: Prof. Piergiorgio Valente)

LA DISCIPLINA DELL’IVA NEI RAPPORTI INTERNAZIONALI

Relatore: Dott. Claudio Melillo

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LA DISCIPLINA DELL’IVA NEI RAPPORTI INTERNAZIONALI

� IVA: Lineamenti generali.� IVA nel settore immobiliare.� Verifiche in materia di IVA.� IVA di gruppo.

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IVA: LINEAMENTI GENERALI

1. Caratteristiche del tributo.

2. Ambiti di applicazione dell’IVA.

3. Soggetti passivi non residenti.

4. Stabile organizzazione nell’IVA.

5. Transazioni intracomunitarie:5.a) generalità;

5.b) recepimento delle norme comunitarie nell’ordinamento interno;

5.c) funzionamento del sistema di tassazione dell’IVA intracomunitaria.

6. Transazioni con Paesi terzi.

7. Esportazioni e operazioni assimilate.

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1. Caratteristiche del tributo:

� È un’imposta indiretta sui consumi.� Si applica a cessioni di beni e prestazioni di servizi.� Grava sul consumatore finale.� È neutrale per l’imprenditore/lavoratore autonomo.� Viene riscossa dallo Stato in cui il bene è immesso in consumo.� Il carico impositivo dell’IVA si forma durante il ciclo produttivo-

distributivo.� L’imposta colpisce il valore (margine di ricarico) che si

aggiunge ad ogni fase di tale ciclo.� Ciascun operatore effettua la liquidazione periodica dell’IVA e

versa all’Erario l’eventuale residuo a debito.

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2. Ambiti di applicazione dell’IVA:

� Operazioni interne (D.P.R. 26.10.1972, n. 633).

� Operazioni intracomunitarie (D.L. 30.8.1993, n. 331, convertito con L. n. 427/1993).

� Operazioni internazionali (artt. 8, 8-bis e 9 per le esportazioni e artt. 67, 68 e 69 per le importazioni del D.P.R. 633/1972).

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3. Soggetti passivi non residenti:

Secondo l’art. 1 del D.P.R. 633/1972:

� L’IVA si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni

di servizi … (presupposto oggettivo)� … effettuate nel territorio dello Stato … (presupposto

territoriale)� … nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e

professioni e sulle importazioni da chiunque

effettuate (presupposto soggettivo).

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3. Soggetti passivi non residenti:

Presupposto soggettivo:� I soggetti passivi dell’IVA sono gli esercenti imprese,

arti e professioni, residenti e non residenti, che effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizi nel territorio dello Stato.

� Le stesse operazioni poste in essere da “privati”non sono assoggettate ad IVA.

� Le importazioni, da chiunque effettuate, residenti e non residenti, sono sempre imponibili.

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3. Soggetti passivi non residenti:

� I soggetti passivi, dunque, possono essere sia residenti che non residenti.Precisazione: Residenza e domicilio dei soggetti passivi (o della controparte nell’operazione imponibile) assumono rilevanza solo per determinare, con riferimento alle prestazioni di servizi, quando le stesse si considerino effettuate nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 7 D.P.R. 633/1972.

� Sussistono implicazioni di carattere formale e sostanziale per tutti i soggetti passivi (residenti e non residenti):- Obbligo di fatturazione, contabilizzazione, versamento, dichiarazione, ecc…- Diritto di detrazione dell’IVA a credito (addebitata in fattura da altri soggetti passivi.

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3. Soggetti passivi non residenti:

� I soggetti passivi residenti non hanno alcun problema ad adempiere gli obblighi ed esercitare i diritti.

� I soggetti passivi non residenti possono, invece, avere dei problemi ad adempiere o esercitare obblighi e diritti. Pertanto essi possono alternativamente, ai sensi dell’art. 17, co. 2, D.P.R. 633/1972:a) identificarsi direttamente in Italia (art. 35-ter D.P.R. 633/1972); caso particolare: identificazione diretta nel e-commerce (art. 74-quinquies D.P.R. 633/1972);b) nominare un rappresentante fiscale (art. 1, co. 4, D.P.R. 10.11.1997, n. 441).

� Qualora il soggetto passivo non residente intenda instaurare un forte legame con il territorio, può istituire in Italia:c) una stabile organizzazione alla quale viene attribuita una partita IVA italiana (art. 35, co. 1, D.P.R. 633/1972).

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3. Soggetti passivi non residenti:

� Precisazione: nel caso di operazioni imponibili effettuate da soggetti passivi non residenti con cessionari o committenti “privati” nazionali ovvero nel caso di operatori con sede a Livigno e Campione d’Italia, i soggetti passivi non residenti sono obbligati a scegliere tra a) identificazione diretta e b) nomina del rapprensentantefiscale.

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3. Soggetti passivi non residenti:

� Tuttavia, i soggetti passivi non residenti possono operare direttamente in Italia con la propria partita IVA …

� … ma solo se realizzano transazioni con soggetti passivi IVA nazionali, e

� non hanno interesse ad instaurare un legame forte con il territorio dello Stato italiano.

� In tale circostanza gli obblighi IVA ricadono in capo alla controparte (cessionario o committente) nazionale, pertanto …

� si ha la cd. “inversione contabile” o “reverse charge” (art. 17, co. 3, D.P.R. 633/1972).

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3. Soggetti passivi non residenti:

� Infatti, l'obbligo di avvalersi del rappresentante fiscale, ancorchè già nominato per altre operazioni, non sussiste nelle ipotesi in cui, sia per le cessioni che per le prestazioni, l'operazione venga posta in essere direttamente tra l'operatore comunitario e quello nazionale.

� In particolare, non si rende necessaria l'utilizzazione o la nomina del rappresentante fiscale quando le operazioni sono direttamente qualificabili come acquisti o cessioni intracomunitarie tra le parti contraenti (ivi comprese le operazioni triangolari), ovvero quando per le prestazioni di servizi rese dal soggetto appartenente all'altro Stato membro l'imposta non è da questi dovuta.

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3. Soggetti passivi non residenti:

Meccanismo di “Inversione contabile” o “Reverse charge”:

� Deroga al principio generale.

� Il cessionario o committente sostituisce il cedente nell’assolvimento degli obblighi IVA.

� Il cessionario o committente emette autofattura in unico esemplare.

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3. Soggetti passivi non residenti:

� L’onere dell’autofatturazione ricade sul soggetto iva cessionario o committente italiano, solamente nei casi in cui manchi il rappresentante fiscale o l’identificazione diretta da parte del soggetto estero.

� L’autofattura deve contenere tutti gli elementi richiesti dall’art. 21 del D.P.R. 633/1972 e deve essere registrata sia nel registro degli acquisti che in quello delle vendite.

� Di norma l’IVA sull’autofattura rappresenta una mera partita di giro in quanto l’imposta a credito compensa quella a debito ed il soggetto si limita a pagare al proprio fornitore estero il corrispettivo netto dell’operazione.

� Tuttavia, nei casi in cui l’IVA sugli acquisti risulti oggettivamente indetraibile ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. 633/1972 o parzialmente indetraibile in forza del meccanismo del pro-rata connesso all’effettuazione di operazioni esenti, essa verrà trattata come un costo accessorio.

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3. Soggetti passivi non residenti:

Rappresentante fiscale:� A livello nazionale, l'art.17 del D.P.R. 633/1972 dopo aver previsto, al primo

comma, che l'Iva è dovuta dai soggetti che effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi imponibili, stabilisce, al secondo, terzo e quarto comma, che:

� gli obblighi ed i diritti relativi ad operazioni effettuate nel territorio dello Stato da o nei confronti di soggetti non residenti e senza stabile organizzazione in Italia, possono essere adempiuti o esercitati, nei modi ordinari, da un rappresentante residente nel territorio dello Stato, il quale risponde in solido con il rappresentato degli obblighi derivanti dall'applicazione della legge Iva;

� in mancanza di un rappresentante nominato, gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti passivi non residenti devono essere adempiuti dai cessionari o committenti che acquistino i beni o utilizzino i servizi nell'esercizio di imprese, arti o professioni (reverse charge);

� le disposizioni di cui sopra non si applicano alle operazioni effettuate da o nei confronti di stabili organizzazioni in Italia di soggetti residenti all'estero.

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3. Soggetti passivi non residenti:

� Rappresentante fiscale può essere una persona fisica o una persona giuridica residentenel territorio dello Stato e deve risultare da atto pubblico, da scrittura privata registrata o da lettera annotata, in data anteriore alla prima operazione, in apposito registro presso l'Ufficio delle Entrate competente in relazione al domicilio fiscale del rappresentante stesso.

� La nomina del rappresentante deve essere comunicata all'altro contraente prima dell'effettuazione dell'operazione. In materia di operazioni intracomunitarie, l'art. 44, co. 3, D.L. 30.08.1993 n. 331, prevede che se tali operazioni sono effettuate da un soggetto passivo d'imposta non residente e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, i relativi obblighi e diritti possono essere adempiuti o esercitati, nei modi ordinari, anche da un rappresentante residente nel territorio dello Stato.

� Se sono effettuate solo operazioni non imponibili, esenti, non soggette o comunque senza obbligo di pagamento dell'imposta, la rappresentanza può essere limitata all'esecuzione degli obblighi relativi alla fatturazione delle operazioni intracomunitarie, nonchè alla compilazione degli elenchi Intrastat, ancorchè le operazioni in tal caso non siano soggette all'obbligo di registrazione (cd. "rappresentante leggero"). Tale semplificazione, tuttavia, viene meno con l'effettuazione della prima operazione attiva o passiva che comporta il pagamento dell'imposta o il relativo recupero.

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3. Soggetti passivi non residenti:

� Per le operazioni effettuate nel territorio dello Stato a norma dell'art. 40, co. 3, D.L. 331/1993, da soggetto residente in altro Stato membro, gli obblighi e i diritti derivanti dall'applicazione dell'imposta devono essere adempiuti o esercitati da un rappresentante fiscale nominato ai sensi dell'articolo 17, co. 2, D.P.R. 633/1972.

� La nomina del rappresentante diviene, quindi, obbligatoria non solo per le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, effettuate da operatore economico comunitario nei confronti di privati consumatori e di soggetti nazionali non tenuti al pagamento dell'imposta sugli acquisti intracomunitari, ma anche in tutti i casi in cui l'operazione è territorialmente rilevante in Italia e l'obbligo del pagamento dell'imposta non può essere assolto dal cessionario o committente perchè privato consumatore.

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3. Soggetti passivi non residenti:

� Secondo i chiarimenti forniti dal ministero delle Finanze necessitano, quindi, di un rappresentante fiscale in Italia, ad esempio, i soggetti che, in mancanza di una stabile organizzazione:

� introducono nel territorio dello stato beni per esigenze della propria impresa

� cedono a privati consumatori beni precedentemente introdotti in Italia ed ivi installati o montati

� effettuano nei confronti di privati consumatori prestazioni di trasporto intracomunitario di beni e relative intermediazioni, prestazioni accessorie a detti trasporti e relative intermediazioni, ovvero intermediazioni diverse da quelle indicate all’art. 7, co. 4, lett. d), del D.P.R. 633/1972, nei casi in cui dette operazioni siano territorialmente rilevanti in Italia.

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3. Soggetti passivi non residenti:

Caso particolare:� Prestazioni di servizi ex art. 7, co. 4, lett. d) (prestazioni

bancarie, assicurative, pubblicitarie, derivanti dall’utilizzo di diritti d’autore ed assimilate, telecomunicazioni, consulenze, ecc…) rese da soggetti passivi non residenti a soggetti residenti nel territorio dello Stato.

� In tale circostanza, secondo l’art. 17, co. 3, ultimo periodo, il soggetto passivo non è il soggetto passivo non residente ma il cessionario o committente nazionale, qualora agisca nell’esercizio di imprese, arti e professioni;

� su di esso incombe, infatti, l’obbligo dell’inversione contabile, a prescindere dall’esistenza di un rappresentante fiscale o dall’identificazione diretta del prestatore.

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4. Stabile organizzazione nell’IVA

I soggetti esteri che intendono istituire una stabile organizzazione in Italia devono:

� darne comunicazione all’Ufficio competente, il quale attribuisce una partita IVA (art. 35, co. 1, D.P.R. 633/1972);

� per l’adempimento degli obblighi formali e sostanziali e per l’esercizio dei diritti previsti dalla disciplina IVA, la stabile organizzazione viene assimilata ai soggetti passivi residenti.

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4. Stabile organizzazione nell’IVA

� La stabile organizzazione non è autonoma dal punto di vista giuridico rispetto alla casa madre.

� Questione: si può considerare la s.o. come un soggetto passivo oppure tale qualifica spetta solo al soggetto non residente titolare della medesima?

� la Corte di Giustizia CE ha ricordato (sent. 23.3.2006, C-210/04) che l’art. 4 della VI direttiva IVA definisce soggetti passivi le persone che esercitano, in qualsiasi luogo, un’attività economica in modo indipendente.

� Pertanto, devono ritenersi irrilevanti ai fini IVA, le transazioni poste in essere tra la s.o. e la casa madre (fanno eccezione i trasferimenti di beni ex art. 38, co. 3, lett. b), D.L. 331/1993 e le importazioni da succursale extra-UE).

� Si osserva, a tal proposito, che il concetto di s.o. nella disciplina comunitaria IVA (art. 9, n. 1, della VI direttiva CE) è quello di “centro di attività stabile”;

� esso è stato trasposto nella normativa interna IVA come s.o. per ragioni storiche, in quanto tale concetto (di cui si è finalmente introdotta la nozione interna solo nel 2004) è stato impiegato fin dal 1958 nel contesto della disciplina interna II.DD. e da sempre nel contesto internazionale (dei trattati contro le doppie imposizioni) da sempre.

� Ai fini IVA la sede dell’attività economica (centro di attività stabile) viene considerato come punto di riferimento preferenziale per fissare la territorialità delle prestazioni di servizi.

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4. Stabile organizzazione nell’IVA

� La Corte di Giustizia CE ha stabilito che affinchè si configuri la presenza di un “centro

di attività stabile” occorre:� L’esistenza di un luogo fisso a disposizione

del soggetto non residente.� Una struttura dotata di mezzi sia umani che

tecnici tali da rendere possibili, in modo autonomo, le prestazioni di servizi ai fini IVA.

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4. Stabile organizzazione nell’IVA

� Il principio dell’autonomia concettuale del “centro di attività stabile” (seppure non giuridica) è stata riconosciuta dalla Corte di Giustizia CE nella citata sentenza, nonchédalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 3889 del 10.10.2007 (dep. il 15.2.2008) della Corte di Cassazione, di cui si riporta la massima …

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4. Stabile organizzazione nell’IVA

Cass. 3889/2007:� Massima - In tema di Iva, dal complesso della disciplina dettata dal D.P.R.

26.10.1972, n. 633, e, in particolare, dalla disposizione contenuta nell’art. 17, co. 4, di detto decreto, si ricava che, quando ricorrono il requisito oggettivo dell’esercizio abituale di un’attività commerciale - richiesto dall’art. 4 del decreto medesimo - e quello territoriale della stabilità in Italia di una organizzazione del soggetto non residente, gli obblighi e i diritti relativi alle operazioni effettuate da o nei confronti della stabile organizzazione non possono essere adempiuti o esercitati, nei modi ordinari, dal soggetto non residente, direttamente o tramite un suo rappresentante fiscale. La stabile organizzazione nello Stato, infatti, in quanto obbligata al pagamento ed alla rivalsa dell’imposta, oltre che al rispetto dei doveri formali di fatturazione delle operazioni attive e di registrazione delle fatture passive, costituisce in tal caso l’unico centro di imputazione fiscale delle operazioni riferibili al soggetto non residente e la stessa rappresenta anche la sola legittimata a presentare la dichiarazione annuale, nella quale vanno determinate l’imposta dovuta o l’eccedenza da computare in detrazione nell’anno successivo e formulata l’eventuale richiesta di rimborso.

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4. Stabile organizzazione nell’IVA

Quando la casa madre è destinataria di una prestazione resa da un fornitore di servizi residente in Italia, la corretta documentazione e rilevazione dell’operazione deve avvenire con le seguenti modalità alternative:

� quando la branch italiana interviene nell’operazione, ovvero quando l’acquisto dei servizi da parte della casa madre avviene per il tramite della branch italiana, il fornitore italiano è legittimato ad emettere fattura nei confronti di quest’ultima, la quale,

– non è tenuta ad emettere fattura nei confronti della casa madre,– è tenuta a registrare la fattura sul proprio registro Iva acquisti,– deve riaddebitare alla casa madre il costo sostenuto attraverso l’emissione

di un documento non rilevante ai fini Iva in quanto “fuori campo”;� quando la branch italiana non interviene in alcun modo nell’operazione, non è

soggetta ad adempimenti, in quanto il fornitore italiano è tenuto ad emettere fattura solo e direttamente nei confronti della casa madre.

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4. Stabile organizzazione nell’IVA

� i giudici di legittimità hanno ritenuto che la definizione della s.o. ai fini IVA (mancante nell’ordinamento interno) debba essere tratta dalle seguenti fonti:

� art. 5 del Modello di convenzione OCSE e dal suo commentario;� art. 2 della VI direttiva IVA (77/388/CEE);� giurisprudenza comunitaria (sentenza CGCE 17.7.1997, C-190/55 Are

Lease);� altri elementi indiziari[1].

[1] Ad esempio: l’identità delle persone fisiche che agiscono per l’impresa estera e per quella nazionale ovvero la partecipazione atrattative o alla stipulazione di contratti, anche a prescindere dal conferimento del potere di rappresentanza

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4. Stabile organizzazione nell’IVA

� secondo la Corte di Giustizia Europea, la sussistenza della s.o. ai fini IVA richiede l’impiego di risorse sia umane che materiali, non essendo sufficiente il solo impiego di impianti nel territorio in cui l’operazione èstata posta in essere[1].

[1] Cfr. sentenza della CGCE 17.7.1997, causa C-190/95.

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4. Stabile organizzazione nell’IVA

La sentenza della Cassazione n. 3889/2007 richiama anche la precedente pronuncia della stessa Corte 19.9.1990, n. 9580, secondo la quale“L’assoggettabilità ad IVA dei soggetti non residenti in Italia presuppone, ai sensi degli artt. 7 e 35 del DPR n. 633 del 1972, una stabile organizzazione nel territorio nazionale. Il concetto di stabile organizzazione ai fini IVA (…) prescrive un obbligo di pubblicità al pari delle società costituite in Italia. Infatti, a prescindere dalla dichiarazione di cui all’art. 35 del DPR citato, ai fini tributari rilevano le situazioni di fatto che denotino lo scopo degli stessi soggetti ad esercitare nello Stato un’attività imprenditoriale e che siano caratterizzate, oltre che dal collegamento non occasionale con luoghi del territorio nazionale e con persone ivi operanti, dall’effettivo impiego di beni e di attività lavorative, coordinati per la produzione e/o lo scambio di beni e di servizi e da una effettiva, anche se limitata, autonomia funzionale”.

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4. Stabile organizzazione nell’IVA

� Il Ministero delle Finanze, con la Risoluzione 23.3.1999, n. 52 ha riconosciuto che la stabile organizzazione provvede ad assolvere tutti gli adempimenti ordinari, ivi compresa la tenuta dei registri previsti dalla normativa fiscale; tuttavia, per poter riconoscere la stabile organizzazione quale centro di imputazione fiscale è necessario verificare se l’attività della società nel territorio nazionale abbia o meno natura commerciale.

� Nella citata Risoluzione, il Ministero ha evidenziato, al riguardo, che l’articolo 9, par. 1, della Direttiva 2006/112/CE[1], sostitutivo dell’art. 4 della VI direttiva Iva, dispone che “Si considera «soggetto passivo» chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

� Si considera «attività economica» ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonchè quelle di professione libera o assimilate. Si considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità”.

[1] Si precisa, per completezza di trattazione, che il testo della direttiva 2006/112/CE resterà in vigore, inalterato, fino al 31.12.2008. Dopo tale data, infatti, entreranno in vigore le modifiche apportate dalla recente direttiva 2008/8/CE approvata dal Consiglio UE in data 12.2.2008, la quale modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il luogo delle prestazioni di servizi.

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4. Stabile organizzazione nell’IVA

� In base alla direttiva sopra richiamata, appare, dunque, chiaro che la soggettività passiva ai fini Iva è attribuita ai soggetti che esercitano attività avente un carattere economico, a prescindere dalla rilevanza delle singole operazioni ai fini dell’applicazione dell’imposta.

� Una delle più recenti fonti normative a cui bisogna fare ricorso ai fini del presente commento è il già richiamato art. 9, par. 1, della direttiva 2006/112/CE.

� La definizione del soggetto passivo contenuta in detta norma esprime il principio dell’esecuzione delle operazioni “in ogni luogo”. In quest’ottica occorre porre l’attenzione su due elementi rilevanti ai fini fiscali, ossia:

� la sede ai fini fiscali dell’operatore (profilo soggettivo), e� il luogo di tassazione delle operazioni da esso compiute (profilo

oggettivo).

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4. Stabile organizzazione nell’IVA

� Riguardo alla sede fiscale, si osserva che, mentre, ai fini delle Imposte dirette, la normativa interna[1] riporta una sua definizione attraverso un riferimento al codice civile (sede legale e domicilio), le direttive comunitarie (1977/388/CE e 2006/112/CE) non prevedono nulla in tal senso. Tuttavia, secondol’interpretazione della Corte di Giustizia Europea, l’individuazione della residenza fiscale è riconducibile al concetto di “stanzialità”[2].

� Quanto al luogo di tassazione delle operazioni, ossia al secondo elemento rilevante ai fini fiscali, si rileva che, stavolta, è la norma nazionale a non presentare alcuna traccia della sua definizione, mentre la disciplina comunitaria la individua precisamente[3].

[1] Art. 7, co. 3, D.P.R. 633/1972.[2] Si fa riferimento al fatto di stare in un luogo al fine di creare il valore aggiunto con il criterio della “certa stabilità” indicato dalla norma comunitaria.[3] Si rinvia, in proposito, alle disposizioni di cui al Titolo V della direttiva 2006/112/CE.

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4. Stabile organizzazione nell’IVA

� La sentenza n. 3889/2007 ci impone un’ulteriore considerazione su tre aspetti, non meno importanti di quelli analizzati finora, legati al rapporto tra la società estera, la sua stabile organizzazione ed il rappresentante fiscale nominato:

� rapporto tra la branch e la casa madre;� rapporto tra la branch ed i terzi;� natura e limiti della rappresentanza fiscale.

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4. Stabile organizzazione nell’IVA

� In merito al rapporto esistente tra la branch e la casa madre, si ritiene utile richiamare la Risoluzione della Direzione Regionale delle Entrate, del 16.6.2006, n. 81, con la quale il Ministero, adeguandosi alla pronuncia della Corte di Giustizia Europea del 23.3.2004, nella causa C – 210/2004 FCE Bank, ha inteso dirimere il contrasto tra prassi ministeriale e giurisprudenza, precisando, in particolare, che “(…) le prestazioni di servizio intercorrenti tra casa madre estera e stabile organizzazione italiana ovvero tra casa madre italiana e stabile organizzazioneestera, sono fuori campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto”.

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4. Stabile organizzazione nell’IVA

� A questo proposito vale anche richiamare il tentativo[1] della Commissione Europea[2] di proporre l’esonero da Iva dei servizi infragruppo, in modo da sterilizzare sotto il profilo soggettivo[3] le controversie sorte sul punto. Ciò detto, si deduce che, almeno per quanto riguarda i servizi[4], non può essere sostenuta la rilevanza della stabile organizzazione nei confronti della casa madre in quanto manca il presupposto soggettivo.

[1] La proposta è stata bocciata dal Parlamento europeo.[2] Comunicazione 23.12.2003, n. 822, punto 9.[3] Solo sotto il profilo soggettivo in quanto non ha senso prevedere l’irrilevanza del servizio intercorso tra la branch e la casa madre, in senso oggettivo, quando, secondo l’orientamento giurisprudenziale comunitario la branch non assume un’autonoma qualificazione giuridica rispetto alla casa madre, venendo a mancare, quindi, il requisito soggettivo indispensabile per l’applicazione dell’imposta.[4] Per i beni, infatti, si applica il disposto di cui all’art. 38, co. 3, lett. b), del 30.8.1993, n. 331.

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4. Stabile organizzazione nell’IVA

� Non così per ciò che concerne, invece, il secondo aspetto, quello del rapporto tra la branch ed i terzi, ove, senza dubbio, la rilevanza sussiste ed ècontemplata sia dall’art. 43 della direttiva 2006/112/CE che dall’art. 45 della direttiva 2008/8/CE, di modifica della precedente, il quale prevede che “Il luogo delle prestazioni di servizi resi a persone che non sono soggetti passivi è il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica. Tuttavia, se i servizi sono prestati da una stabile organizzazione del prestatore situata in un luogo diverso da quello in cui esso ha fissato la sede della propria attività economica, il luogo delle prestazioni di tali servizi è il luogo in cui èsituata la stabile organizzazione. In mancanza di tale sede o stabile organizzazione, il luogo delle prestazioni di servizi è il luogo del domicilio o della residenza abituale del prestatore”.

� In altri termini, si può affermare che la stabile organizzazione sottrae alla sfera impositiva del soggetto passivo la quota di operazioni da esse poste in essere in un territorio diverso da quello di identificazione primaria, in cui risiede fiscalmente la casa madre.

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4. Stabile organizzazione nell’IVA

� Con riferimento al terzo aspetto, segnatamente alla rappresentanza fiscale, si osserva immediatamente che la differenza tra tale concetto e quello di stabile organizzazione è sottolineata con evidenza dal fatto che, al contrario di quest’ultima, il rappresentante fiscale non è assolutamente un centro stabile, bensìsolo un mezzo attraverso il quale la società estera –soggetto passivo - può adempiere gli obblighi ed esercitare i diritti derivanti dalle operazioni poste in essere in un territorio diverso da quello della sua residenza.

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4. Stabile organizzazione nell’IVA

� Ulteriore punto da analizzare nell’ambito del commento de quoriguarda il profilo di responsabilità che investe i soggetti protagonisti della vicenda, ossia il rappresentante fiscale e lastabile organizzazione accertata.

� In questa circostanza ci viene in aiuto il testo dell’art. 17, co. 1, del D.P.R. 633/1972, in base al quale l’obbligo di corrispondere l’imposta sussiste in capo al soggetto passivo estero ovvero, come nel caso di specie, alla stabile organizzazione italiana Alfa S.p.a. che, in quanto titolare della soggettività tributaria, deve essere ritenuta destinatario della notifica sia degli atti di rettifica che di quelli di accertamento del tributo emessi dall’Amministrazione finanziaria.

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4. Stabile organizzazione nell’IVA

CRITICITA’:1. I giudici non sembrano aver tenuto in considerazione l’autonoma soggettività tributaria della presunta

stabile organizzazione nei rapporti con i terzi, nello stabilire che l’effettivo destinatario dei servizi resi da GAMMA S.p.a. doveva essere ALFA S.r.l. anziché la casa madre BETA S.A.

2. I giudici hanno posto scarsa attenzione laddove, da un lato, non hanno considerato l’autonoma soggettività tributaria verso i terzi e, dall’altro, hanno ritenuto valido il principio dell’identità giuridica tra branch e casa madre nei rapporti interni; ciò, evidentemente, rende irrilevanti nella sostanza i comportamenti contestati dall’Amministrazione finanziaria.

3. La legislazione nazionale attualmente in vigore contempla la possibilità per una società estera di realizzare una plurima identificazione (es., diretta e con stabile organizzazione); tuttavia, nell’anno d’imposta 1992, oggetto della verifica, ciò non era possibile.

� In conclusione, la pronuncia in commento pone in risalto le difficoltà della giurisprudenza di affrontare sistematicamente la questione relativa all’identificazione del soggetto estero.

� In virtù di tale considerazione si ritiene necessario approfondire la discussione, sia a livello dottrinale che giurisprudenziale, sul tema della stabile organizzazione ai fini Iva (ma anche ai fini delle Imposte dirette), al fine di individuare, in maniera chiara e condivisa, le circostanze che rendono tale entità giuridicamente autonoma rispetto alla casa madre, nonché di evidenziare le differenze tra il regime Iva e quello delle Imposte dirette.

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5. Transazioni intracomunitarie:

5.a) Caratteristiche generali� 1977: approvazione VI direttiva IVA (n. 388/77).� Conteneva principi generali chiari e completi ma non sufficienti a

garantire l’armonizzazione dell’IVA in tutti i Paesi UE, principalmente a causa di:

� aliquote diverse, metodologie di computo della base imponibile diverse.

� Per evitare distorsioni dovute alle predette cause è stato adottato il criterio generale di tassazione in base al Paese di destinazione.

� Secondo tale criterio le esportazioni non sono imponibili, mentre le importazioni sono imponibili. Si noti che dal 1969 al 1993 le transazioni intracomunitarie erano ancora considerate “importazioni” ed “esportazioni”.

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5. Transazioni intracomunitarie:

� Alla fine degli anni ’60: Unione Doganale.� Abolizione dei dazi sulle transazioni comunitarie.� 1985: la Commissione Europea ha pubblicato il Libro

Bianco sul Mercato Interno che metteva in evidenza le incoerenze del sistema dell’IVA intracomunitaria.

� 1987: Atto Unico Europeo elaborato dal Consiglio Europeo, al fine di realizzare il completamento del mercato interno entro il 1.1.1993 (con la chiusura definitiva delle Dogane intracomunitarie e l’applicazione del criterio di tassazione in base al Paese di origine).

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5. Transazioni intracomunitarie:

� A causa dell’opposizione di alcuni Paesi alla completa armonizzazione si è realizzata solo una parziale armonizzazione.

� Il criterio di tassazione è rimasto invariato, per cui ancora oggi vige il criterio di tassazione in base al Paese di destinazione.

� Le Dogane, invece, sono state eliminate.� Le operazioni intracomunitarie sono state classificate

come “cessioni” e “acquisti” in luogo di “esportazioni”ed “importazioni”. Tuttavia, la sostanza non ècambiata.

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5. Transazioni intracomunitarie:

� Aliquote vigenti al 1.1.2007 nei 27 Paesi membri dell’UE:

Ungheria: 20%Svezia: 25%Spagna: 16%

Slovenia: 20%Slovacchia: 19%Repubblica Ceca: 19%

Portogallo: 21%Polonia: 22%Olanda: 19%

Romania: 19%Malta: 18%Lussemburgo: 18%

Lituania: 18%Lettonia: 18%Italia: 20%

Irlanda: 21%Grecia: 19%Gran Bretagna: 17,5%

Bulgaria: 20%Germania: 19%Franca: 19,6%

Estonia: 18%

Belgio: 21%

Finlandia: 22%Danimarca: 25%

Cipro: 15%Austria: 20%

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5. Transazioni intracomunitarie

5.b) Recepimento delle norme comunitarie nell’ordinamento interno

� 1991:1. Emissione della direttiva n. 91/680/CEE relativa al

sistema transitorio di tassazione delle transazioni intracomunitarie.

2. Approvazione D.L. 30.8.1991, n. 331, di recepimento della citata direttiva.

� Conversione del D.L. 331/1991 con L. 29.10.1993, n. 427.

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5. Transazioni intracomunitarie

Vantaggi:

� Incremento degli scambi commerciali nel mercato europeo (circa 500 milioni di consumatori).

� Maggiore armonizzazione del sistema dell’IVA intracomunitaria rispetto al passato.Svantaggi:

� Difficoltà nei controlli da parte delle autorità fiscali dei vari Paesi UE.

� Aumento dell’evasione fiscale nei Paesi dell’UE.

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5. Transazioni intracomunitarie

5.c) Funzionamento del sistema di tassazione dell’IVA intracomunitaria

� Nel sistema transitorio introdotto dal D.L. 331/1991, l’operatore si è sostituito alle Dogane, dovendo provvedere alla liquidazione dell’imposta ed al rilevamento statistico delle transazioni poste in essere con altri soggetti domiciliati in altri Paesi UE.

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5. Transazioni intracomunitarie

� Affinchè una transazione possa essere considerata “intracomunitaria” deve soddisfare i seguenti 3 requisiti:

1. Deve essere effettuata a titolo oneroso e comportare il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale.

2. Deve essere posta in essere tra due soggetti IVA identificati in due Stati membri diversi.

3. I beni devono essere trasportati o spediti da uno Stato membro e destinati ad un altro Stato membro.

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5. Transazioni intracomunitarie

Contabilizzazione delle operazioni:� Per gli acquisti posti in essere presso operatori domiciliati in

altri Stati membri e titolari di partita IVA il soggetto cessionario o committente residente deve:

1. integrare la fattura ricevuta dal soggetto cedente non residente;

2. effettuare la doppia registrazione della fattura ricevuta:- nel registro delle fatture emesse (vendite) entro il mese di ricevimento o, successivamente, ma comunque entro 15 giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese;- nel registro degli acquisti, entro i predetti termini.

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5. Transazioni intracomunitarie

� Con l’artifizio della doppia registrazione si consente di:1. calcolare ed evidenziare il debito IVA;2. procedere alla detrazione dell’IVA relativa.� Le cessioni intracomunitarie che, per essere tali, devono

soddisfare gli stessi 3 presupposti degli acquisti, sono considerate non imponibili.

� Il rilevamento statistico avviene mediante la presentazione dei modelli INTRASTAT.

� Mod. INTRA-1: obbligatorio per le cessioni intracomunitarie.� Mod. INTRA-2: obbligatorio per gli acquisti intracomunitari.� I modelli INTRA sono utili anche per lo scambio di

informazioni tra gli Stati membri per il controllo delle transazioni.

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5. Transazioni intracomunitarie

� CASO PARTICOLARE: IL DEPOSITO IVA

� Esempio tratto da un accertamento dell’Agenzia delle Entrate:

� Una società inglese Alfa Ltd vende ad una società Italiana Beta S.p.A. prodotti in sospensione di imposta (Oli bianchi soggetti ad accisa). Per tale motivo ha bisogno di stoccare il prodotto nel deposito fiscale della Gamma S.p.A.; quest’ultima cura anche la consegna del prodotto con propri mezzi, a varie scadenze e quantità, alla Beta S.p.A.. Nella fattura risulta che la Alfa Ltd ha venduto alla Beta S.p.A. per il tramite del rappresentante fiscale in Italia Gamma S.p.A..

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5. Transazioni intracomunitarie

� alla Gamma S.p.A., al momento di comunicare la nomina di rappresentante fiscale ricevuta dalla Alfa Ltd all’Agenzia delle Entrate nell’anno 2000, è stata attribuita una nuova partita I.V.A. con il nome di Alfa S.r.l., con sede e rappresentante legale corrispondente a quello della Gamma S.p.A..

� All’Anagrafe Tributaria risultano in capo alla Alfa S.r.l. esclusivamente acquisti INTRA-2 senza che la stessa abbia mai presentato alcun tipo di dichiarazione (II.DD., I.V.A., IRAP, ecc.) o abbia assolto alcun obbligo di fatturazione dal 2000 ad oggi.

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5. Transazioni intracomunitarie

� Si precisa che alla Camera di Commercio non risulta alcun atto costitutivo della Alfa S.r.l. mentre gli amministratori della Gamma S.p.A. sostengono che la Alfa S.r.l. ha assunto il ruolo di "rappresentante leggero" ex artt. 50 bis D.L. 331/1993 e 17 D.P.R. 633/1972.

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5. Transazioni intracomunitarie

� La procedura utilizzata da Gamma S.p.A. per adempiere agli obblighi fiscali - come asserito dalla medesima società - posti a suo carico dalle vigenti normative, è la seguente:

� Al momento dell’arrivo in Italia dei beni, provenienti dal Regno Unito e depositati presso la Gamma S.p.A., la Alfa Ltd emetteva una fattura pro-forma intestata alla Beta S.p.A. c/o la Gamma S.p.A. come rappresentante fiscale in conformità - sempre come asserito - alla normativa fiscale;

� La Gamma S.p.A., in qualità di rappresentante fiscale della Alfa Ltd, attraverso la Alfa S.r.l. (con la nuova partita I.V.A. ottenuta), presentava in Italia il Mod. INTRA -2 Acquisti , al momento dell’immissione dei beni nel deposito fiscale facendo riferimento ai dati contenuti nella fattura pro-forma;

� Al momento della cessione alla Beta S.p.A., la Alfa Ltd doveva emetteva fattura diretta (dall’Inghilterra) nei confronti della Beta S.p.A.;

� La Gamma S.p.A., a seguito dell’estrazione, emetteva, contestualmente, una XAB per conto della Alfa Ltd, che accompagnava la merce alla Beta S.p.A.; successivamente emetteva una fattura di addebito alla Beta S.p.A. relativa alla sola imposta di consumo anticipata dalla Gamma S.p.A. (immissione in consumo nello Stato italiano). Tale fattura era regolarmente assoggettata ad I.V.A..

� E’ corretto questo comportamento?� Quali obblighi fiscali incombono su Alfa S.r.l. - nei cui confronti è stata iniziata attività di verifica - atteso

che, come sopra accennato, risultano in capo alla stessa esclusivamente la presentazione di modd. Intra-2?

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5. Transazioni intracomunitarie

� Trattazione del caso di specie:� In generale, ai fini dell’assolvimento dell’IVA in Italia rileva la circostanza che

le operazioni (cessioni di beni e prestazioni di servizi) siano effettuate nel territorio dello Stato italiano (art. 1 D.P.R. 633/72).

� Una società residente in uno Stato comunitario che svolge la propria attivitàin Italia ha le seguenti alternative:

� può identificarsi fiscalmente in Italia, chiedendo la partita IVA al Fisco italiano e restando soggetta, ai fini IVA, ai medesimi diritti ed obblighi di un normale imprenditore italiano, senza avere rapporti particolari con il fisco del proprio paese;

� può regolarmente operare in Italia con la partita IVA attribuitadall’Amministrazione fiscale del paese di residenza, fatta salva l’applicazione di alcune regole speciali, da considerarsi caso per caso;

� può nominare un rappresentante fiscale in Italia per svolgere tutti gli adempimenti prescritti dalle leggi italiane.

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5. Transazioni intracomunitarie

� Inquadramento normativo e prassi di riferimento� Per quanto riguarda la normativa nazionale, si evidenzia che l’art. 17 del D.P.R.

633/1972 dopo aver previsto, al primo comma, che l’IVA “è dovuta dai soggetti che effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi imponibili”, stabilisce, rispettivamente, al secondo, terzo e quarto comma, che:

� gli obblighi ed i diritti relativi ad operazioni effettuate nel territorio dello Stato da o nei confronti di soggetti non residenti e senza stabile organizzazione in Italia, possono essere adempiuti o esercitati, nei modi ordinari, da un rappresentante residente nel territorio dello Stato, il quale risponde in solido con il rappresentato degli obblighi derivanti dall’applicazione della disciplina dell’IVA in mancanza di un rappresentante nominato;

� gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti residenti all’estero devono essere adempiuti dai cessionari o committenti che acquistino i beni o utilizzino i servizi nell’esercizio di imprese, arti o professioni;

� le disposizioni di cui sopra non si applicano alle operazioni effettuate da o nei confronti di stabili organizzazioni in Italia di soggetti residenti all’estero.

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5. Transazioni intracomunitarie

� Si noti che la nomina del rappresentante fiscale deve risultare da atto pubblico, da scrittura privata registrata o da lettera annotata, in data anteriore alla prima operazione, in apposito registro presso l’Ufficio delle Entrate competente in relazione al domicilio fiscale del rappresentante stesso.

� La nomina del rappresentante deve essere comunicata all’altro contraente prima dell’effettuazione dell’operazione. In materia di operazioni intracomunitarie, l’art. 44, D.L. 30.8.1993 n. 331, prevede che se tali operazioni sono effettuate da un soggetto passivo d’imposta non residente e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, i relativi obblighi e diritti possono essere adempiuti o esercitati, nei modi ordinari, anche da un rappresentante residente nel territorio dello Stato.

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5. Transazioni intracomunitarie

� Se sono effettuate solo operazioni non imponibili, esenti, non soggette o comunque senza obbligo di pagamento dell’imposta, la rappresentanza può essere limitata all’esecuzione degli obblighi relativi alla fatturazione delle operazioni intracomunitarie, nonchèalla compilazione degli elenchi Intrastat, ancorchè le operazioni in tal caso non siano soggette all’obbligo di registrazione (cd. “rappresentante leggero”). Tale semplificazione, tuttavia, viene meno con l’effettuazione della prima operazione attiva o passiva che comporta il pagamento dell’imposta o il relativo recupero.

� Per le operazioni effettuate nel territorio dello Stato a norma dell’art. 40, c. 3, D.L. 331/1993, da soggetto residente in altro Stato membro, gli obblighi e i diritti derivanti dall’applicazione dell’imposta devono essere adempiuti o esercitati da un rappresentante fiscale nominato ai sensi dell’articolo 17, c. 2, D.P.R. 633/1972.

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5. Transazioni intracomunitarie

� Quanto ai depositi fiscali si ritiene opportuno fornire alcuni chiarimenti.� I depositi fiscali ai fini Iva, disciplinati dall’articolo 50-bis del decreto legge 331/93, sono

depositi non doganali che permettono di effettuare, sui beni introdotti, una serie di operazioni senza l’applicazione dell’imposta.

� Il vantaggio economico risultante dall’utilizzo di tali depositi fiscali consiste nel rinvio dell’applicazione dell’imposta al momento dell’estrazione fisica dei beni dai depositi medesimi, agevolando in tal modo il cosiddetto commercio di transito dei beni introdotti.

� I depositi fiscali ai fini IVA[1], dunque, consentono di custodire e sottoporre a lavorazione, senza il pagamento dell’IVA, beni nazionali e comunitari (sia provenienti da altri Stati membri, sia importati da Paesi extracomunitari e immessi in libera pratica[2]presso una dogana italiana), a condizione che gli stessi non siano destinati alla vendita al dettaglio nei locali dei depositi.

[1] I depositi fiscali sono stati introdotti con la L. 18.2.1997, n. 28.� [2] I beni “immessi in libera pratica” sono quelli che hanno già scontato i dazi doganali

ma non l’IVA; una volta scontata l’IVA tali beni si dicono “immessi in consumo”.

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5. Transazioni intracomunitarie

� Occorre, inoltre, chiarire che il deposito IVA non è un “regime”, come è, invece, quello dei depositi doganali, disciplinati dagli articoli 98 e 113 del regolamento Cee 2913/1992, ma è un vero e proprio luogo fisico all’interno del quale i beni che si trovano ivi ubicati usufruiscono della temporanea sospensione di imposta.

� L’introduzione di beni comunitari in un deposito fiscale ai fini IVA può essere effettuata o da un soggetto passivo nazionale che ha acquistato i suddetti beni da un Paese Ue oppure da un operatore comunitario il quale li introduce in un deposito IVA in attesa di una loro destinazione; in quest’ultimo caso, ai fini degli adempimenti relativi all’introduzione, basta nominare un rappresentante fiscale leggero, che può coincidere anche con il gestore del deposito IVA, e che, come descritto in precedenza, assume obblighi ridotti (obbligo di fatturazione e presentazione dei modelli Intrastat).

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5. Transazioni intracomunitarie

� L’art. 50-bis, c. 3, del D.L. 331/97, conv. con modif. con L. 427/93 nonché gli artt. 3 e 4 del D.M. 20.10.1997, N. 419 (Regolamento recante norme in materia di depositi IVA) prevedono che il soggetto gestore del deposito IVA istituisca, anteriormente alla prima operazione di deposito, un apposito registro per evidenziare la movimentazione dei beni.

� Tale registro deve essere conservato come un normale registro IVA e tenuto ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. 633/72 e dell’art. 2219 del Codice Civile, riportando la numerazione progressiva di tutte le operazioni, in maniera tale che al momento di un controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, sia possibile ricostruire tutte le movimentazioni effettuate. La disciplina citata prevede che tale registro deve essere numerato in ogni pagina, in esenzione da imposta di bollo, e che può essere costituito anche da schede mobili o da tabulati per computer. Si evidenzia che, in virtù dell’entrata in vigore della legge 383/2001 (cd. legge “dei 100 giorni”) il gestore del deposito non è piùtenuto alla vidimazione iniziale del registro, così come per gli altri registri previsti da norme tributarie.

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5. Transazioni intracomunitarie

� Nel registro devono essere annotati:� il numero e la specie dei colli;� la natura, la qualità e la quantità dei beni;� il corrispettivo o, in mancanza, il valore normale dei beni stessi;� il luogo di provenienza o di destinazione dei beni di volta in volta introdotti od estratti;� il soggetto per conto del quale l’introduzione o l’estrazione dei beni è effettuata;� I beni, a tal fine, dovranno essere introdotti ed estratti nel/dal deposito solo in presenza

di un documento contabile o di trasporto che contenga gli elementi necessari per la registrazione. Per le operazioni che avvengono all’interno del deposito (cessione di beni tra operatori o effettuazione di prestazioni di servizi sui beni depositati) sarà sufficiente conservare solo i documenti amministrativi.

� Il mancato rispetto degli obblighi relativi alla tenuta del registro e, in generale, relativi alla movimentazione dei beni, comporta la responsabilità in solido con il soggetto passivo dell’eventuale mancato assolvimento dell’imposta dovuta all’atto dell’estrazione dei beni dal deposito.

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5. Transazioni intracomunitarie

� Introduzione di beni comunitari nel deposito IVA� a) da parte di soggetto passivo nazionale� Il quarto comma, lettera a), dell’articolo 50-bis del decreto legge 331/93,

dispone che gli acquisti intracomunitari di beni, eseguiti mediante introduzione in un deposito IVA, sono effettuati senza il pagamento dell’imposta.

� Ciò significa che quando l’operatore italiano riceve dal proprio fornitore comunitario la relativa fattura, questa si dovrà integrare richiamando, quale titolo di non assoggettamento, l’articolo 50-bis, dopodiché la stessa andràannotata nel registro IVA acquisti senza applicazione dell’imposta. Inoltre, si dovrà presentare il modello Intra 2-bis sia agli effetti fiscali che statistici.

� Per introdurre i beni oggetto di acquisto intracomunitario nel deposito IVA, infine, si dovrà consegnare al depositario copia della fattura appositamente integrata in modo che la stessa sia annotata sul registro di carico delle merci da parte dello stesso depositario.

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5. Transazioni intracomunitarie

� b) da parte di soggetto passivo comunitario (è il caso del quesito)

� Il soggetto comunitario deve nominare un proprio rappresentante fiscale che può essere anche lo stesso depositario o altro operatore; ovviamente, il depositario potràsolo assumere la veste di rappresentante leggero, così come previsto al comma 7 dello stesso articolo 50-bis.I beni dunque vengono introdotti nel deposito con fattura intestata al rappresentante italiano dell’operatore comunitario. Lo stesso rappresentante dovrà compilare il modello Intra 2-bis sia per la parte fiscale che per quella statistica.

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5. Transazioni intracomunitarie

� Estrazione di beni di provenienza comunitaria dal deposito IVA� Se l’estrazione dei beni dal deposito fiscale avviene da parte dello stesso

soggetto che li aveva precedentemente introdotti a seguito di acquisto intracomunitario, non si dovrà emettere autofattura, bensì integrare, entro 15 giorni dall’estrazione, la fattura originaria con l’IVA dovuta, annotandola sia nel registro IVA vendite che il quello degli acquisti.

� L’integrazione della fattura è prevista anche nel caso di estrazione di beni oggetto di precedente acquisto, anche intracomunitario, all’interno del deposito (acquisto effettuato senza pagamento dell’imposta) da parte del soggetto che procede all’estrazione (comma 6, ultima parte, dell’articolo 50-bis).

� Come chiarito dalla risoluzione n. 113/E del 22/5/2003, “in altri termini il soggetto che acquista beni giacenti in un deposito Iva da un altro soggetto comunitario, all’atto di tale acquisto dovrà procedere alla annotazione nel registro Iva degli acquisti della fattura ricevuta dal proprio fornitore senza applicazione dell’imposta”.

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5. Transazioni intracomunitarie

� Entro quindici giorni dall’estrazione, il soggetto interessato dovràintegrare con l’indicazione dell’imposta dovuta la fattura di cui sopra e annotare la relativa imposta, quale variazione in aumento, nelregistro di cui all’articolo 23 del D.P.R. 633/72 (registro delle fatture emesse). Nel registro di cui all’articolo 25 del D.P.R. 633/72 (registro degli acquisti) sarà annotata la variazione corrispondente pari all’importo di detta imposta.

� Il risultato contabile delle descritte registrazioni conduce all’evidenziazione dell’imposta dovuta, assicurando, nel contempo, la neutralità fiscale dell’operazione per il soggetto acquirente.Peraltro, se nel periodo intercorrente tra l’acquisto e l’estrazione i beni sono stati oggetto di lavorazione (in sostanza è stato aggiunto valore ai medesimi), il soggetto che procede all’estrazione dovràannotare la corrispondente variazione in aumento sia nel registro di cui all’articolo 23 che nel registro di cui all’articolo 25 del D.P.R. 633/72, in analogia a quanto precisato nella risoluzione n. 198/2000.

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18 novembre 2008Dott. Claudio Melillo

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5. Transazioni intracomunitarie

� Il caso in esame

� Nel caso specifico, risulta che la Alfa Ltd ha scelto di nominare Gamma Spa come suo rappresentante fiscale in Italia e tale scelta appare, senza dubbio, condivisibile.

� Dal tenore del quesito si evince che Alfa Srl è il soggetto che ha operato l’estrazione dei beni dal deposito per conto di Alfa Ltd; pertanto, in virtù di quanto descritto in precedenza, è ad essa che bisogna attribuire gli obblighi ai fini IVA (istituzione dei registri contabili, fatturazione, registrazione, liquidazioni periodiche, versamenti, dichiarazione annuale), naturalmente in regime di responsabilità solidale con la società rappresentata.

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5. Transazioni intracomunitarie

� Dall’analisi svolta, si ritiene di poter affermare quanto segue:� Il prelievo dei prodotti dal deposito fiscale, poiché destinati

all’impresa italiana Beta Spa, doveva essere necessariamente effettuato dal rappresentante fiscale Alfa Srl in quanto, nel caso di specie, si configura un’operazione territorialmente effettuata in Italia.

� Ne consegue che Alfa Srl avrebbe dovuto emettere fattura con IVA all’atto della cessione a Beta Spa ed assolvere tutti gli obblighi sopra richiamati, derivanti dalla disciplina IVA; in sostanza Gamma Spa, avendo ottenuto una nuova partita IVA come Alfa Srl, nella sua veste di rappresentante fiscale di Alfa Ltd, avrebbe dovuto comportarsi come se avesse posto in essere essa stessa le cessioni nei confronti di Beta Spa, assumendosi, per conto della rappresentata, tutti gli oneri conseguenti all’applicazione della normativa IVA di cui al D.P.R. 633/1972.

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5. Transazioni intracomunitarie

� Ciò, a quanto pare, non è avvenuto in quanto Alfa Srl ha inteso comportarsi come un rappresentante leggero, figura prevista dall’ordinamento tributario, ma solo in determinati casi e, comunque,condizionata al mantenimento dei beni in sospensione d’imposta.

� Al momento dell’estrazione dei beni dal deposito IVA per la consegna a Beta Spa, la società Alfa Srl ha perso tale qualificazione, divenendo rappresentante “pesante”, e, conseguentemente, avrebbe dovuto ottemperare a tutti gli obblighi previsti per gli operatori nazionali. Riguardo all’emissione del documento di accompagnamento XAB non vi è nulla da obiettare, salvo l’opportuna precisazione che, trattandosi di prodotti soggetti ad accisa, dovevano essere accompagnati da documenti tipo DAA[1]anziché XAB.

[1] DAA è l’acronimo di “Documento Accompagnamento Accise”.

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5. Transazioni intracomunitarie

� Quanto alla mancanza dell’atto costitutivo presso la Camera di Commercio si può ragionevolmente affermare che l’attribuzione di una nuova partita IVA e di una diversa denominazione a Gamma Spanon produce la nascita di un nuovo soggetto economico ma attribuisce solo dei nuovi parametri identificativi alla società che è stata nominata rappresentante fiscale di Alfa Spa. Da ciò si evince che Alfa Srl non aveva l’obbligo di redigere né di registrare alcun atto costitutivo.

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5. Transazioni intracomunitarie

� Conclusioni� Si ritiene opportuno concludere con le seguenti deduzioni:� Il comportamento tenuto inizialmente da Alfa Srl, così come prospettato nel

quesito, è certamente accettabile limitatamente alla compilazione e all’invio degli elenchi Intrastat. Non si può affermare lo stesso, invece, per il comportamento successivo all’estrazione dei beni dal deposito, in quanto, come si è detto, il momento impositivo corrisponde con l’estrazione dei beni dal deposito IVA, e gli oneri IVA devono essere assolti dal soggetto che li estrae; pertanto è indispensabile individuare il soggetto che ha effettuato tale estrazione. Nel caso specifico, non sembra che sia stata Beta Spa ad operare l’estrazione, e ciò confermerebbe la soluzione in base alla quale si può considerare che sia Alfa Srl, in qualità di autore dell’estrazione dei beni per conto di Alfa Ltd, ad essere responsabile di tutti gli adempimenti previsti ai fini IVA. È opportuno ricordare che Alfa Srl è solidalmente responsabile con il soggetto passivo (Alfa Ltd) per la mancata o irregolare applicazione dell’imposta relativa alle merci estratte dal deposito I.V.A. qualora non siano stati rispettati gli obblighi di legge.

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5. Transazioni intracomunitarie

� Quanto agli obblighi a carico di Alfa Srl sussiste un ulteriore problema concreto. Esso deriva dal fatto che (salvo diversa interpretazione del quesito) Alfa Srl:

� non ha effettuato la registrazione della fattura che Alfa Ltd doveva emettere[1] senza l’esposizione dell’IVA e con l’indicazione dell’art. 50-bis del D.L. 331/97;

� non ha, di conseguenza, operato l’integrazione della fattura ricevuta con l’IVA e della registrazione obbligatoria nei registri IVA vendite e acquisti;

� non ha emesso le fatture con IVA a fronte dell’estrazione dei beni dal deposito, destinati a Beta Spa;

� non ha effettuato liquidazioni e/o versamenti (qualora vi fosse un’imposta a debito);� non ha presentato la dichiarazione annuale IVA.� Risulta che Alfa Srl ha solo presentato gli elenchi Intrastat, comportandosi di fatto (ma

erroneamente) come un rappresentante leggero, nonostante essa abbia operato l’estrazione dei beni dal deposito. [1] Si precisa che, nel caso in cui Alfa Ltd non avesse emesso regolare fattura, con l’indicazione dell’art. 50-bis, quale titolo di non imponibilità, nei confronti di Alfa Srl, quest’ultima, ai sensi dell’art. 17, c. 3, del D.P.R. 633/72, avrebbe dovuto emettere un’autofattura.

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5. Transazioni intracomunitarie

� Soluzione alternativa� Nel caso di specie, sarebbe (almeno teoricamente) ipotizzabile una diversa

interpretazione. Occorre precisare che, dal tenore del quesito, essa non pare applicabile, tuttavia, si ritiene opportuno riportarla.

� In sostanza, nel caso in cui la società italiana Beta Spa avesse acquistato i beni da Alfa Ltd ed avesse chiesto esplicitamente di stoccarli presso il deposito fiscale di Gamma Spa, con lo scopo di rinviare il pagamento dell’IVA (grazie alla sospensione d’imposta), in quel caso specifico il depositario avrebbe assunto la veste di rappresentante fiscale “leggero” di Alfa Ltd. Ciò avrebbe comportato per il depositario l’onere di tenere il registro dei beni, nonché di redigere il mod. Intra-2 e, per Beta Spa l’obbligo di integrare la fattura ricevuta da Alfa Ltd al momento della richiesta di estrazione del bene dal deposito fiscale (senza l’applicazione dell’IVA ai sensi dell’art. 50-bis del D.L. 331/1993). Si diceva che questa soluzione non pare applicabile perché dal testo del quesito si evince che è stata Alfa Ltd a nominare il proprio rappresentante fiscale, in quanto aveva necessità di “stoccare il prodotto nel deposito fiscale della Gamma Spa”.[1]

[1] Per maggiore chiarezza, sarebbe opportuno verificare se sono stati posti in essere accordi particolari o contratti (es. consignment stock) mediante i quali Beta ha acquistato i beni prima che fossero introdotti nel deoposito IVA italiano.

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5. Transazioni intracomunitarie

ALCUNI ESEMPI:� CASO n°1 - Cessione intracomunitaria.

Operatore soggetto passivo d'imposta in Italia (IT), effettua una cessione intracomunitaria nei confronti disoggetto passivo d'imposta francese (FR) e consegna i beni in Francia.

FR

ITIT emette nei confronti di FR fattura non imponibile IVA aisensi dell'art. 41, comma 1, lettera a), L. 427/93 e compilal'Intra-1 bis.

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5. Transazioni intracomunitarie

CASO n°2 - Cessione a cliente comunitario privato.Operatore italiano (IT) vende a privato olandese (NL) edivi spedisce la merce.

NL

IT

Tale operazione non costituisce cessione intracomunitaria in quanto il cliente non è un soggetto passivo d'imposta in altroStato comunitario (manca il requisito soggettivo). Pertanto IT deve emettere nei confronti del cliente olandese fattura con IVA e non deve compilare l'Intrastat.

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5. Transazioni intracomunitarie

CASO n°3 - Cessione a cliente comunitario e consegna dei beniin Italia.Operatore soggetto passivo d'imposta in Italia (IT), vende a soggetto IVA ungherese e consegna per suo conto i beni in Italia.

HU

ITIT non effettua una cessione intracomunitaria per mancanza del requisito della territorialità. Infatti pur vendendo ad un soggettopassivo d'imposta ungherese non trasferisce i beni in altro Statocomunitario. Pertanto IT emette nei confronti di HU fattura con IVA. Non compila l'Intrastat.

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5. Transazioni intracomunitarie

CASO n°4 - Acquisto intracomunitario.Operatore italiano (IT) acquista da fornitore tedescomerce proveniente dalla Germania.

DE

ITIT effettua un acquisto intracomunitario ai sensi dell'art. 38, comma 2, L. 427/93.Integra la fattura ai sensi dell'art. 46 della L. 427/93 e la registra ai sensi dell'art. 47 della medesima legge. Compilal'Intra-2 bis.

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6. Transazioni con Paesi terzi:

� Normativa di riferimento:1. Nuovo Codice doganale comunitario

(Regolamento 23.4.2008, n. 450 che ha sostituito il precedente Regolamento 12.10.1992, n. 2913);

2. Testo unico delle leggi doganali (D.P.R. 43/1973);

3. D.P.R. 633/1972.

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6. Transazioni con Paesi terzi:

� Le transazioni con Paesi terzi costituiscono “importazioni” ed “esportazioni”.

� Sono gestite dalle dogane, le quali effettuano:1. la liquidazione e la riscossione dell’IVA (oltre che

dei dazi doganali);2. la rilevazione statistica delle transazioni;3. il controllo immediato dei beni che formano oggetto

delle transazioni;4. altri controlli (sanitari, tutela del patrimonio artistico,

commercio di armi, ecc.).

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6. Transazioni con Paesi terzi:

� Obblighi degli operatori economici:1. Presentazione delle merci in dogana.2. Compilare la dichiarazione doganale sul DAU

(Documento Amministrativo Doganale).3. Indicare la destinazione delle merci, vincolandole

così ad un regime doganale.4. Principali regimi doganali: immissione in libera

pratica, deposito, transito, ammissione temporanea, perfezionamento, lavorazione sotto vigilanza doganale.

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6. Transazioni con Paesi terzi:

Immissione in libera pratica:

� Essa non rileva ai fini IVA in quanto non implica l’importazione dei beni. Ai fini IVA rileva l’immissione in consumo nel Paese di destinazione dei beni stessi.

� Si considerano immessi in libera pratica i beni provenienti da Paesi terzi per i quali siano stati adempiute le formalitàd’importazione e riscossi i dazi doganali.

� Sotto il profilo (esclusivamente) doganale, l’immissione in libera pratica è il regime economico che attribuisce la posizione doganale di merce comunitaria ad una merce non comunitaria (art. 4, punto 16, del Codice doganale comunitario).

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6. Transazioni con Paesi terzi:

� A differenza dell’immissione in libera pratica, l’immissione in consumo rileva ai fini IVA in quanto consiste nella vera e propria importazione dei beni provenienti da Paesi terzi.

� L’importazione dei beni implica l’applicazione dell’IVA secondo quanto previsto dall’art. 67 ss. del D.P.R. 633/1972.

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6. Transazioni con Paesi terzi:

Base imponibile per le importazioni:� Per quantificare il carico impositivo gravante su un’importazione

occorre determinare il valore in dogana delle merci.� L’art. 69 del D.P.R. 633/1972 stabilisce che la base imponibile, su

cui è calcolata l’IVA, è costituita dalla somma dei seguenti elementi:1. Il valore doganale delle merci, determinato ai sensi delle disposizioni

in materia doganale.2. I dazi dovuti.3. Le spese di trasporto delle merci fino al luogo di destinazione

all’interno del territorio dell’UE, come indicato sul documento di trasporto (DDT) che accompagna le merci stesse.

� Per le merci soggette ad accisa (tabacchi, carburanti, ecc.) rientra nella base imponibile anche tale tributo.

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6. Transazioni con Paesi terzi:

Esempio di calcolo dell’IVA sulle importazioni di prodotti soggetti ad accisa:

� Valore della merce in fattura: 1000 Є.� Dazio (20%): 200 Є.� Accisa (10%): 100 Є.� Spese di trasporto: 200 Є.� Totale: 1.500 Є.

� IVA (20%): 300 Є.

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6. Transazioni con Paesi terzi:

� Se Paese di importazione = Paese di immissione in consumo, allora:

� Dogana di tale Paese riscuote dazi e IVA.

� Eventuale successiva cessione dei beni (liberi di circolare nell’UE), dà luogo ad operazioni intracomunitarie.

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6. Transazioni con Paesi terzi:

� Se Paese di importazione ≠ Paese di immissione in consumo, allora:

� Dogana del Paese in cui i beni vengono immessi in libera pratica riscuote solo i dazi doganali, che vanno versati alle casse dell’UE, dopo averne trattenuto una quota pari al 10% a titolo di spese di riscossione.

� In tale circostanza, mancando l’immissione in consumo dei beni importati, si ha il cd. regime di sospensione d’imposta.

� L’IVA verrà riscossa successivamente dal Paese di destinazione e di immissione in consumo dei beni.

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6. Transazioni con Paesi terzi:

� Gli altri regimi doganali sono disciplinati da specifiche disposizioni contenute nel D.P.R. 633/1972.

� Per le controversie e le sanzioni si applicano le disposizioni delle leggi doganali.

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6. Transazioni con Paesi terzi:

Tre tipi di cessioni all’esportazione

� 1. L'articolo 8 del D.P.R. 633/72 disciplina, nella lettera a), le cessioni di beni inviati al di fuori del territorio comunitario a nome o a cura del cedente, anche tramitecommissionari.

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6. Transazioni con Paesi terzi:

ESEMPIO:� Operatore italiano (IT) cede beni a cliente egiziano (EG) e ne cura la

spedizione in Egitto.EG

IT

Obblighi di IT� emette fattura non imponibile IVA ai sensi dell'art. 8, 1°comma, lettera a)

D.P.R. 633/72; � emette i documenti richiesti per l'esportazione (es. Eur1, certificato

fitosanitario, ecc.); � cura l'invio dei beni all'estero; � riceve copia n°3 del Documento Amministrativo Unico (DAU) vistato dalla

Dogana di confine.

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6. Transazioni con Paesi terzi:

2. L'articolo 8, nella lettera a) equipara alleesportazioni le operazioni in cui intervieneun terzo soggetto quale cessionarioresidente del soggetto italiano e cedente neiconfronti del terzo non residente(esportazioni in triangolazione).

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6. Transazioni con Paesi terzi:

ESEMPIO: Operatore nazionale (IT1) vende materie ad altro operatore italiano (IT2) e consegna, per conto del proprio cliente IT2, i beni in dogana per l'esportazione in Svizzera (CH).

CH

IT1 IT2

� Obblighi di IT1:� emette fattura nei confronti di IT2 non imponibile ai sensi dell'art 8, comma 1, lettera a). Indica nella fattura la destinazione

finale della merce per conto di IT2; � invia lettera di incarico alla casa di spedizioni. Il costo del trasporto può essere addebitato al cessionario (IT2) (Ris. Ministero

delle Finanze n°51/E del 4.3.95); � deve munirsi della prova dell'effettiva uscita dei beni dal territorio della Comunità attraverso:

– visto apposto sulla fattura all'atto del compimento delle operazioni doganali di esportazione, con l'indicazione degli estremi del DAU. La fattura deve contenere anche i dati attestanti l'uscita dei beni dall'Unione Europea o, in alternativa, l'operatore deveprocurarsi copia o fotocopia del DAU vistato dalla Dogana di uscita dall'Unione Europea in cui siano indicati gli estremi dellafattura (Circ. Ministero delle Finanze 35 del 13.2.97).

– nelle operazioni triangolari è consentito al primo cedente nazionale di avvalersi della fatturazione differita (art. 21, comma 4, D.P.R. 633/72); in questo caso la dogana appone il visto di uscita dalla Comunità sul documento di trasporto. Il documento ditrasporto dovrà riportare le medesime vidimazioni richieste per la fattura.

Obblighi di IT2:� effettua una cessione all'esportazione non imponibile IVA ai sensi dell'art.8, comma 1, lettera a) per la quale emette fattura

nei confronti del cliente estero; � deve munirsi della prova dell'effettiva uscita dei beni dal territorio dello Stato costituita dal formulario n. 3 del DAU vistato

dalla Dogana di confine comunitaria.

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6. Transazioni con Paesi terzi:

3. L'articolo 8 del D.P.R. 633/72 disciplina, nella lettera b), le cessioni il cui trasportoall'estero avviene a cura del cessionarionon residente o per suo conto.

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6. Transazioni con Paesi terzi:

ESEMPIO: Operatore italiano (IT) cede beni a cliente svizzero. La transazione è regolata con resa ex-works.

CH

IT

� Obblighi di IT� emette fattura non imponibile IVA ai sensi dell'art. 8, 1°comma, lettera b) D.P.R. 633/72; � collabora con il compratore relativamente all'emissione dei documenti richiesti per l'esportazione; � riceve quale prova dell'avvenuta esportazione, entro 90 giorni dalla consegna della merce, la fattura

vistata dalla dogana di confine.

� NotaIl cliente svizzero, in quanto soggetto non residente nell'Unione Europea, deve espletare le formalitàdoganali di esportazione mediante il ricorso ad un rappresentante in dogana. Il fornitore italiano devesincerarsi che ciò sia avvenuto, atteso che, in caso contrario, le operazioni doganali vengono espletatea nome del cedente residente nello Stato, con la conseguente applicazione degli obblighi previsti dallalettera a) dell'articolo 8.

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7. Esportazioni e oper. assimilate:

� Le cessioni all’esportazione di beni non rilevano ai fini doganali, in quanto non soggette a dazi.

� Mentre, ai fini IVA, assumono grande rilevanza perché, attraverso la non imponibilità, determinano la restituzione dell’intero carico impositivo che grava sui beni esportati.

� Non imponibilità: l’art. 7 del D.P.R. 633/1972 non considera effettuate nel territorio dello Stato le cessioni all’esportazione (art. 8 D.P.R. 633/1972), quelle assimilate (art. 8-bis D.P.R. 633/1972) ed i servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali (art. 9 D.P.R. 633/1972).

� Mancando il requisito di territorialità, le cessioni all’esportazione sono non imponibili, pur restando soggette agli obblighi di fatturazione, di registrazione, di liquidazione e di dichiarazione.

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7. Esportazioni e oper. assimilate:

� Le cessioni all’esportazione (art. 8 D.P.R. 633/1972):

1. concorrono a formare il volume d’affari;

2. consentono la detrazione dell’IVA afferente ai beni e servizi (acquistati ed) utilizzati per la produzione dei beni esportati.

� Le esportazioni possono essere:1. Dirette.2. Dirette tramite commissionario.3. Triangolari.

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7. Esportazioni e oper. assimilate:

� Le operazioni assimilate alle cessioni all’esportazione (art. 8-bis D.P.R. 633/1972) sono non imponibili e sono rappresentate dalle cessioni di beni e dalle prestazioni di servizi relative al settore navale ed aeronautico poiché …

� Si considerano svolte in un mercato internazionale e in un ambito che non può essere individuato nel territorio nazionale, anche quando l’operatore sia residente nel territorio stesso.

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7. Esportazioni e oper. assimilate:

� I servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali (art. 9 D.P.R. 633/1972) non sono assoggettate ad IVA, ai sensi dell’art. 7, ultimo comma.

� Tra tali prestazioni si segnalano:1. I servizi di trasporto relativi ai beni in esportazione.

2. I servizi prestati in porti, aeroporti e scali ferroviari di confine.

3. I servizi di intermediazione relativi a beni in esportazione, in transito o in importazione.

4. I trattamenti di cui all’art. 176 del Testo unico delle leggi doganali eseguiti su beni di provenienza estera non ancora definitivamente importati, nonché su beni nazionali, nazionalizzati o comunitari, destinati all’esportazione da o per conto del prestatore del servizio o del committente non residente nel territorio dello Stato.

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7. Esportazioni e oper. assimilate:

Caso particolare:� Regime dei cd. esportatori abituali.� Si tratta di soggetti passivi IVA che, nell’anno solare precedente (o nei 12

mesi precedenti), abbiano registrato operazioni non imponibili (cd. plafond) per un ammontare superiore al 10% del volume d’affari complessivo (regime del plafond).

� Per gli esportatori abituali gli acquisti sono sempre gravati da IVA (facendo sorgere un credito nei confronti dell’Erario),

� Mentre le cessioni non sono tutte gravate da IVA (con la conseguenza che il debito IVA è limitato). Ciò determina il rischio dell’insorgere di una posizione creditoria nei confronti dell’Erario “strutturale” di grande rilevanza.

� Il sistema del plafond (disciplinato dal D.L. 29.12.1983, n. 746) ha lo scopo di neutralizzare tali situazioni, che potrebbero risultare penalizzanti sotto il profilo finanziario, attraverso l’assegnazione all’esportatore abituale della possibilità di effettuare acquisti in sospensione d’imposta per un importo pari alla somma delle cessioni all’esportazione e delle cessioni intracomunitarie, previo rilascio di apposita dichiarazione d’intento.

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

IL REVERSE CHARGE NELLA CESSIONE DEGLI IMMOBILI STRUMENTALI PER NATURA:

� Definizione di fabbricati strumentali per natura - sono i fabbricati rientranti nelle categorie catastali B (scuole, caserme, musei, uffici pubblici), C (negozi, magazzini), D (opifici, impianti industriali, alberghi), E (stazioni per servizi di trasporto, edifici a destinazione particolare), nonché A/10 (uffici), qualora la destinazione a ufficio sia prevista nella licenza o concessione edilizia, anche in sanatoria.

� Gli immobili sono quelli strumentali per natura o per destinazione che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni. L’inversione contabile non si estende ai fabbricati abitativi o aiterreni edificabili anche se utilizzati come strumentali[1].

[1] È il caso degli appartamenti di categoria catastale A/3 adibiti ad uso ufficio.

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� A partire dal 1 ottobre 2007 sono state modificate le regole IVA nei trasferimenti di fabbricati strumentali.

� In particolare, il D.M. 25.5.2007 ha esteso l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile (reverse charge) ai fabbricati indicati nell’art. 10, n. 8-ter, lett. d), del D.P.R. 633/1972, ossia alle ipotesi in cui la cessione riguarda immobili strumentali per i quali il regime naturale sarebbe quello dell’esenzione da IVA, ma che, su opzione del cedente, necessariamente indicata nel rogito, viene ritratta nell’ambito di applicazione del tributo.

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� Il passaggio all’inversione contabile comporta l’emissione della fattura da parte del cedente senza l’applicazione dell’imposta e l’obbligo dell’acquirente di integrare il documento con l’IVA, annotandola sia nel registro degli acquisti (art. 23 D.P.R. 633/1972) che in quello delle vendite (art. 25 D.P.R. 633/1972).

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� Applicazione dell’inversione contabile� Il reverse charge si applica:1. alle cessioni di fabbricati (o di porzioni di fabbricato)

strumentali, imponibili IVA su opzione del cedente, ai sensi dell’art. 10, c. 1, n. 8-ter, lett. d) del D.P.R. 633/1972;

2. alle cessioni di fabbricati (o di porzioni di fabbricato) strumentali, imponibili IVA, ai sensi dell’art. 10, c. 1, n. 8-ter, lett. b), del D.P.R. 633/1972 poste in essere nei confronti di cessionari, soggetti passivi, con pro-rata di detraibilità non superiore al 25%.

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� Le condizioni per l’applicazione del reverse charge sono le seguenti:

1. la cessione del fabbricato strumentale deve essere effettuata dall’impresa costruttrice o da quelle che hanno effettuato gli interventi di recupero, ai sensi dell’art. 31, lett. c, d, e, della legge 457/1998, trascorsi almeno 4 anni dall’ultimazione dei lavori;

2. la cessione del fabbricato strumentale può essere effettuata da qualsiasi altra impresa non costruttrice, comprese quelle immobiliari, o da esercenti arti e professioni. Dal 1 marzo 2008, infatti, il reverse charge è stato esteso anche ai soggetti IVA, con un pro-rata di detraibilità inferiore al 25%.

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� A partire da quella data, dunque, le sole operazioni escluse dal regime di applicazione dell’inversione contabile sono le cessioni di fabbricati strumentali:

1. poste in essere dai costruttori o dai ristrutturatori entro 4 anni dalla ultimazione dei lavori [art. 10, n. 8-ter, lett. a) del D.P.R. 633/1972];

2. effettuate nei confronti di cessionari che non agiscono nell’esercizio di imprese arti o professioni [art. 10, n. 8-ter, lett. c) del D.P.R. 633/1972].

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� Un’ipotesi che si presenta assai di frequente riguarda il riscatto dell’immobile nell’ambito del contratto di leasing, i cui canoni scontano l’IVA normalmente addebitata dalla società locatrice,

� mentre al momento del riscatto si applicherà il reverse charge in quanto la società di leasing potrà optare per l’applicazione dell’IVA.

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� Le esclusioni dal reverse charge:

� Il meccanismo dell’inversione contabile non trova applicazione nei casi in cui è escluso l’esercizio dell’opzione per l’applicazione dell’IVA in quanto la vendita del fabbricato strumentale è naturalmente soggetta ad imposta.

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� Appare opportuno evidenziare che:� qualora la cessione avvenga a favore di un soggetto che

svolge un’attività con detraibilità minore o uguale al 25%, pur essendo applicabile il meccanismo del reverse charge, come precisato anche dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 27/E del 4.8.2006, la percentuale di detrazione in base alla quale si determina il regime fiscale della cessione, deve essere verificata in via provvisoria dal pro-rata dell’anno precedente e,

� in mancanza (come nel caso di società di nuova costituzione), si dovrà fare riferimento ad una percentuale di detraibilitàcalcolata in via presuntiva e, pertanto, maggiormente soggetta al rischio di rettifica da parte dell’Amministrazione finanziaria.

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� Per stabilire se la cessione di un immobile è sottoposta al meccanismo di inversione contabile occorre verificare la data di stipula dell’atto.

� Alla disciplina sono, infatti, assoggettate le cessioni effettuate con atto stipulato a decorrere dal 1.10.2007; quindi, nel caso in cui siano stati pagati acconti prima di questa data, l’imposta è applicata in base alla regola del reverse charge solo per la parte di corrispettivo pagata da ottobre.

� È questo uno dei chiarimenti forniti da Assonime con la circolare 71 del 9.11.2007, con riferimento all’estensione del regime del reverse charge alle cessioni di immobili strumentali imponibili IVA per opzione, previsto dal D.M. 25.5.2007 (cfr. Il Sole 24 Ore del 13.11.2007).

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� L’Assonime ricorda, inoltre, che il sistema del reverse charge non dovrebbe essere applicato ai canoni di leasing;

� il decreto, infatti, dispone che il meccanismo di inversione contabile si applica alle cessioni dei beni strumentali imponibili per opzione (art. 10, c. 1, n. 8-ter, lett. d) e non anche alle prestazioni di cui al n. 8-bis del medesimo articolo, che comprende le locazioni, anche finanziarie, dei medesimi fabbricati strumentali.

� Sul punto, tuttavia, l’Associazione invoca l’intervento dell’Amministrazione finanziaria, data la lacunosità della normativa.

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� Nella circolare vengono poi riportate le modalità operative del regime.� Il cedente deve emettere regolare fattura per la cessione dell’immobile strumentale, senza addebito

dell’IVA, indicando comunque la disposizione [art. 17, c. 5, lett. a-bis) del D.P.R. 633/1972] che lo esonera dall’obbligo.

� Il cessionario deve integrare la fattura emessa dal cedente con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta che deve essere annotata sia nel registro delle fatture emesse che in quello degli acquisti. In tal modo, l’imposta indicata in fattura concorre in occasione delle liquidazioni periodiche sia come IVA a debito, sia come IVA a credito, compensando le rispettive voci (salvo che il cessionario sia in regime di limitazione della detraibilità, nel qual caso egli dovrà versare all’erario la differenza d’imposta che non avrà potuto portare in detrazione).

� L’Assonime ribadisce, infine, che sono assoggettate alla disciplina del reverse charge le cessioni di immobili effettuate con atto stipulato dalla data di entrata in vigore dello stesso regime (1.10.2007).

� L’opinione combacia in parte con quella dell’ABI (circolare 20 del 23.10.2007) secondo la quale si deve applicare la disciplina vigente al momento della fatturazione o del pagamento agli acconti fatturati e versati prima della data di entrata in vigore del regime del reverse charge (a nulla rilevando che l’atto sia compiuto dopo il 1.10.2007).

� In sede di stipula dell’atto di compravendita il cedente (in caso di esercizio dell’opzione di imponibilità) dovrebbe essere legittimato, in forza del meccanismo del reverse charge, a emettere una nota di variazione (art. 26 del D.P.R. 633/1972) in quanto sembrerebbe difficile ritenere che solo la parte residua da fatturare debba seguire il regime del reverse charge. Anche su questo punto sarebbe opportuno un chiarimento delle Entrate.

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� Si riporta, di seguito, il contenuto della Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 37/E del 29.12.2006:

� l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile comporta che il destinatario della cessione o della prestazione, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato, sia obbligato all’assolvimento dell’imposta, in luogo del cedente o del prestatore.

� In deroga, infatti al principio di carattere generale secondo cui debitore d’imposta nei confronti dell’Erario, ai fini IVA, è il soggetto che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi, per le operazioni previste dall’art. 17, comma 6, debitore d’imposta è il soggetto passivo nei cui confronti tali operazioni sono rese. Per tale fattispecie, pertanto, i prestatori dei servizi sono tenuti ad emettere fattura senza addebito d’imposta, con l’osservanza delle disposizioni di cui agli artt. 21 e seguenti del D.P.R. n. 633 e con l’indicazione della norma che prevede l’applicazione del reverse charge (art. 17, comma 6); il committente dovrà integrare la fattura con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e ad annotarla nel registro delle fatture emesse o in quello dei corrispettivi, di cui agli artt. 23 o 24, entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entri quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese; lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro degli acquisti di cui all’art. 25.

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� Si ritiene, inoltre, molto utile riportare quanto contenuto nella circolare dell’Assonime n. 30 del 24.4.2008:� Come osservato nella circolare n. 71 del 9.11.2007, il reverse charge non è del tutto neutro rispetto all’originario sistema di

applicazione del tributo; esso, infatti, presenta implicazioni per entrambe le parti dell’operazione, specie di ordine finanziario.

� Quanto al cessionario, il sistema in esame ha il vantaggio di annullare gli oneri finanziari derivanti dall’addebito dell’IVA da parte del cedente e, quindi, dalla necessità di anticipare l’imposta per la quale tale soggetto ha diritto di detrazione.

� D’altro canto, per il cedente l’imposta “a monte”, in mancanza dell’addebito dell’imposta “a valle”, può dar luogo al formarsi di eccedenze detraibili.

� Attesa la natura “strutturale” di tali eccedenze, le fattispecie in esame sono naturalmente da comprendere fra quelle considerate dall’art. 30, c. 3, lett. a), del D.P.R. 633/1972 (si noti che il D.M. 25.5.2007[1] rientra tra quelli previsti dal c. 7 dell’art. 17 del D.P.R. 633/1972): tale norma prevede la possibilità di chiedere il rimborso delle eccedenze maturate (ovvero la compensazione) da parte dei contribuenti che esercitano prevalentemente attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori (nel caso specifico l’aliquota è 0) rispetto a quelle dell’imposta relativa agli acquisti (c.d. effetto scaletta), fra le quali anche quelle per le quali l’IVA si applica con il reverse charge. L’esplicito richiamo ivi contenuto all’art. 17, che comprende ora anche le cessioni di fabbricati strumentali (c. 5, lett. a-bis), elimina i dubbi sulla possibilità di chiedere il rimborso delle eccedenze detraibili da parte di soggetti che effettuano prevalentemente attività che comportano l’effettuazione di tali cessioni.

[1] Il D.M. 25.5.2007 ha esteso il regime del reverse charge anche alle operazioni di cessione di immobili strumentali che scontano l’IVA su opzione da esercitarsi in atto, a decorrere dal 1.10.2007. Si segnala che, in sede di applicazione della norma, era emerso che la disposizione introdotto dal citato D.M., ora confluita nell’art. 17, c. 5, lett. a-bis), aveva generato dubbi con riferimento alla previsione di cui all’art. 10, n. 8-ter, lett. b). Ciò era dovuto al fatto che la percentuale di pro-rata individuata all’atto della cessione del fabbricato, ancorché inferiore o pari al 25%, era per sua natura provvisoria e, pertanto, alla fine del periodo d’imposta poteva anche attestarsi su una percentuale maggiore. La stessa incertezza si presentava quando il pro-rata provvisorio era superiore al 25%. La nuova previsione contenuta nella Finanziaria 2008, decorrente dal 1.3.2008, ha eliminato il problema, attraendo al meccanismo del reverse charge anche l’ipotesi di cui alla lett. b) del n. 8-ter dell’art. 10 del D.P.R. 633/1972.

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

Esempio n. 1:

� Una società industriale cede un immobile strumentale ad una società immobiliare di nuova costituzione.

� E’ applicabile il reverse charge? In caso affermativo, quali sono gli adempimenti ed i vantaggi per i soggetti coinvolti nell’operazione?

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

Risposta:� Si, in generale, il meccanismo di inversione contabile è applicabile.� Adempimenti per la società cedente:� la società cedente deve emettere regolare fattura per la cessione dell’immobile

strumentale, senza addebito dell’IVA, indicando comunque la disposizione [art. 17, c. 5, lett. a-bis) del D.P.R. 633/1972] che lo esonera dall’obbligo. In questo modo, l’operazione rimane imponibile ma l’obbligo di computare l’imposta viene traslato sul cessionario.

� Vantaggi per la società cedente:� Occorre considerare due possibilità:� la società matura un elevato credito IVA perché, a fronte di numerose operazioni passive

ad aliquota ordinaria, effettua operazioni attive soggette ad aliquote mediamente piùbasse o soggette a reverse charge; quindi, l’imposta “a monte”, in mancanza dell’addebito dell’imposta “a valle”, può dar luogo al formarsi di elevate eccedenze detraibili.

� la società effettua solo quella specifica operazione di cessione immobiliare soggetta a reverse charge (mentre tutte le altre operazioni attive sono effettuate ad aliquota ordinaria) pertanto, in teoria, non dovrebbe avere particolari problemi legati ad un elevato credito IVA;

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� Nel primo caso, come chiarito dalla circ. 37/E/2006, la società cedente ha il vantaggio di poter chiedere il rimborso del credito IVA annuale, ai sensi della lett. a) del c. 3 dell’art. 30 del D.P.R. 633/1972 (introdotto dalla Finanziaria 2008), a patto, però, che l’aliquota mediamente applicata sugli acquisti e sulle importazioni effettuate superi quella mediamente applicata su tutte le operazioni attive effettuate, comprese quelle senza addebito di IVA in quanto soggette a reverse charge (il manuale “Immobili” fa riferimento ad una maggiorazione del 10%); inoltre, in presenza della condizione appena citata, qualora la società cedente effettui esclusivamente o prevalentemente operazioni attive ad aliquote più basse rispetto a quelle gravanti su acquisti e importazioni, potrà richiedere, ai sensi del c. 2 dell’art. 38-bis del D.P.R. 633/1972, il rimborso del credito IVA maturato in relazione a periodi inferiori all’anno.

� Nel secondo caso la società avrà, comunque, un vantaggio ma non saràimmediato in quanto non potrà usufruire delle predette norme per chiedere il rimborso nei modi e nei termini da esse previsti. In ogni caso il credito IVA potrà essere utilizzato per compensare eventuali debiti d’imposta.

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� Adempimenti per la società cessionaria:� il meccanismo del reverse charge prevede che l’acquirente dell’immobile

strumentale integri la fattura emessa dal cedente con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta che dovrà essere annotata sia nel registro delle fatture emesse che in quello degli acquisti. In tal modo, l’imposta indicata in fattura concorrerà in occasione delle liquidazioni periodiche sia come IVA a debito, sia come IVA a credito, compensando le rispettive voci (salvo che il cessionario sia in regime di limitazione della detraibilità, nel qual caso egli dovrà versare all’erario la differenza d’imposta che non avrà potuto portare in detrazione).

� Vantaggi per la società cessionaria:� L’operazione comporta, sostanzialmente, un giro contabile con il quale si

realizza la compensazione tra IVA a credito (relativa all’acquisto dell’immobile) e IVA a debito (dovuta per il reverse charge).

� Il sistema in esame ha il vantaggio rilevante di annullare gli oneri finanziari derivanti dall’addebito dell’IVA da parte del cedente e, quindi, dalla necessitàdi anticipare l’imposta per la quale tale soggetto ha diritto di detrazione.

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� Esempio n. 2:

� Una società di leasing (che ha optato per l’applicazione dell’IVA) cede un immobile strumentale alla società locataria (societàcommerciale).

� E’ applicabile il reverse charge? In caso affermativo, quali sono gli adempimenti ed i vantaggi per entrambi i soggetti coinvolti nell’operazione?

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� Risposta� Si, il meccanismo di inversione contabile è applicabile.� Adempimenti per la società cedente:� anche in questo caso la società cedente deve emettere regolare fattura per la

cessione dell’immobile strumentale, senza addebito dell’IVA, indicando comunque la disposizione [art. 17, c. 5, lett. a-bis) del D.P.R. 633/1972] che lo esonera dall’obbligo. In questo modo, l’operazione rimane imponibile ma l’obbligo di computare l’imposta viene traslato sul cessionario.

� Vantaggi per la società cedente:� generalmente i canoni di leasing scontano l’IVA addebitata dalla società

locatrice a quella locataria. Al momento del riscatto da parte della societàlocataria si applica il reverse charge sull’importo pattuito per il riscatto. Non esiste un vantaggio assoluto per il cedente, tuttavia, se la società locatrice effettua numerose operazioni di cessione in regime di reverse charge, essa eviterà di accumulare ingenti debiti d’imposta, conservando, probabilmente, una posizione di credito nei confronti dell’Erario, grazie all’IVA sulle operazioni passive.

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� Adempimenti per la società cessionaria:� anche in questo caso il meccanismo del reverse charge prevede che

l’acquirente dell’immobile strumentale integri la fattura emessa dal cedente con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta che deve essere annotata sia nel registro delle fatture emesse che in quello degli acquisti. In tal modo, l’imposta indicata in fattura concorre in occasione delle liquidazioni periodiche sia come IVA a debito, sia come IVA a credito, compensando le rispettive voci (salvo che il cessionario sia in regime di limitazione della detraibilità, nel qual caso egli dovrà versare all’erario la differenza d’imposta che non avrà potuto portare in detrazione).

� Vantaggi per la società cessionaria: � I vantaggi riguardano in primo luogo l’IVA, ma anche altre imposte come

quelle ipotecarie e catastali; esiste, inoltre, un vantaggio potenziale legato alla valutazione della convenienza economica dell’operazione.

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� Quanto all’IVA, come nel caso precedente, si realizza una partita contabile che permette alla società acquirente di compensare l’imposta a credito con quella a debito (salvo limitazioni di detraibilità che possono comportare debiti d’imposta).

� Quanto, invece, alle imposte ipotecarie e catastali, trattandosidi transazione effettuata con una società di leasing, la societàacquirente gode di una particolare agevolazione consistente nella riduzione del 50% di tali imposte (quella ipotecaria passa dal 3% all’1,5% mentre quella catastale dall’1% allo 0,5%). E’ opportuno precisare che il reverse charge non si applica al leasing in corso ed ai relativi canoni, bensì solo all’operazione di riscatto, previa opzione per il regime IVA da parte della società locatrice.

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� Per quanto riguarda, infine, la convenienza economica dell’operazione occorre tener conto delle condizioni stabilite dall’Istituto di credito che concederà l’eventuale mutuo, nonché delle condizioni poste dalla società di leasing; se, per ipotesi, la situazione fosse la seguente:

� 100 è il valore peritale dell’immobile,� 80 è il mutuo concesso dalla banca,� 40 è l’ammontare dei canoni di leasing già pagati,� 60 + 12 (IVA) = 72 è il prezzo di riscatto,� allora per la società locataria potrebbe essere conveniente

acquistare l’immobile, anziché continuare a pagare i canoni di leasing (probabilmente più onerosi).

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L’IVA NEL SETTORE IMMOBILIARE

� Tuttavia, se l’ipotesi fosse la seguente:� 100 è il valore peritale dell’immobile,� 80 è il mutuo concesso dalla banca,� 10 è l’ammontare dei canoni di leasing già pagati,� 90 + 18 (IVA) = 108 è il prezzo di riscatto,� allora l’operazione non sarebbe conveniente in quanto la

società locataria, per poter acquistare l’immobile, dovrebbe trovare la copertura finanziaria per la differenza tra il mutuo concesso ed il prezzo di riscatto (tale differenza è pari a 28). In questo caso, anche tenendo conto che l’IVA, grazie al reverse charge, si compensa, e, quindi, il problema del debito IVA è irrilevante finanziariamente, si dovrebbe comunque far fronte ad una parte di debito non coperta dal mutuo, pari a 10.

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VERIFICHE IN MATERIA DI IVA

� Agenzia delle entrate, Agenzia delle dogane e Guardia di finanza hanno stabilito una metodologia comune per il controllo dei soggetti che effettuano frodi in relazione all’IVA intracomunitaria e strumenti operativi comuni per migliorare il coordinamento e aumentare la collaborazione sul territorio dei nuclei operativi di verifica delle tre istituzioni.

� E' quanto previstao dalla circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 48 dell'11 novembre 2005 che risponde all’esigenza di migliorare la qualità e la proficuità degli atti istruttori, finalizzati ad ottimizzare l’azione accertatrice del tributo, e, al tempo stesso, presentare con unicità, all’autorità di Governo e all’opinione pubblica, i risultati dell’intero processo di contrasto alla fenomenologia evasiva in oggetto.

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VERIFICHE IN MATERIA DI IVA

� Con la circolare n. 6/E del 25.1.2008, l'agenzia delle Entrate da un lato fornisce indicazioni per assicurare senza soluzione di continuità l'azione di prevenzione e contrasto all'evasione e, dall'altro, fornisce indicazioni per attuare concretamente le linee generali e gli obiettivi contenuti nell'Atto di indirizzo del vice ministro dell'Economia e delle Finanze nonché gli obiettivi previsti dal piano dei controlli definito in attuazione dell'articolo 1, comma 345, della Finanziaria 2008 (legge 244/2007).

La circolare rivolta prevalentemente alle direzioni regionali e agli uffici locali detta le linee guida cui attenersi per consolidare e migliorare i risultati ottenuti nel 2007 in termini di efficacia e proficuità della lotta all'evasione fiscale e deterrenza come attività di prevenzione. L'obiettivo principale che l'agenzia delle Entrate intende perseguire nel corso del 2008 appare, oltre al potenziamento dell'attività di contrasto all'evasione in termini di aumento dei controlli e delle verifiche, quello di privilegiare la capacità di pianificare le attività da parte di ciascun ufficio per incrementare in maniera decisa la proficuità del controllo.Per ottenere l'effetto desiderato si è scelto di abbandonare, in particolare per gli accertamenti, la consuntivazione delle attività in termini di ore di capacità operativa, in favore di una programmazione e consuntivazione espressa unicamente attraverso tempi unitari medi il cui scopo è quello di determinare dei volumi di produzione realizzabili a fronte delle risorse (espresse in termini di ore/persona) disponibili. In altri termini, dato un ammontare stabilito di ore uomo disponibili per ciascun ufficio, dividendolo per il tempo unitario medio di esecuzione, si ottiene il numero di accertamenti che l'ufficio deve eseguire nel corso del 2008.

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VERIFICHE IN MATERIA DI IVA

� La circolare quindi evidenzia come l'accurata analisi di ciascuna realtàterritoriale condotta a livello locale unita agli elementi informativi presenti nelle banche dati a disposizione dell'Agenzia (ad esempio RADAR) nonché alle risultanze di studi e analisi effettuate da altri enti (ISTAT, Banca d'Italia, Union Camere, ecc.) saranno gli strumenti ordinari, di cui le Direzioni regionali e gli uffici dovranno avvalersi al fine di individuare i fenomeni e le posizioni che presentano un elevato rischio di evasione.In particolare, la circolare indirizza l'attività di selezione verso i settori a più marcata presenza di fenomeni evasivi, da riscontrare all'interno dei tre macro settore economici (servizi, manifatture e commercio). Concentrando la selezione dei soggetti da sottoporre a controllo in questi settori economici, si ritiene di ottenere anche una efficace ed efficiente allocazione delle risorse disponibili.

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VERIFICHE IN MATERIA DI IVA

Poteri di indagine in materia di IVA – Controlli esterni� Accesso.� Ricerca.� Ispezione documentale.� Verificazione.� Altre rilevazioni.

Normativa di riferimento per le verifiche in materia di IVA e imposte dirette:

� artt. 51, 52 e 63 del D.P.R. 633/1972 (IVA);� art. 32 e 33 del D.P.R. 600/1973 (IMPOSTE DIRETTE);� art. 55 D.L. 331/1993 (IVA COMUNITARIA).

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VERIFICHE IN MATERIA DI IVA

Altri poteri in materia di IVA – Controlli in ufficio

� Inviti;� Richieste.

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VERIFICHE IN MATERIA DI IVA

Poteri in materia di II.DD. e IVA – Accertamenti

bancari� destinatari;

� oggetto;� modalità e termini;

� richieste al contribuente.

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VERIFICHE IN MATERIA DI IVA

ACCESSO:

� nei locali dell’attività commerciale ed agricola e relative pertinenze;

� nei locali adibiti anche ad abitazione;� presso altri soggetti;� in altri locali.

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VERIFICHE IN MATERIA DI IVA

RICERCA:

� richiesta di esibizione spontanea della documentazione;

� raccolta della documentazione;� ricerca approfondita - perquisizioni

- aperture coattive.

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VERIFICHE IN MATERIA DI IVA

ISPEZIONE DOCUMENTALE:

� osservanza degli obblighi - formali- sostanziali;

� dei libri, registri, documenti e scritture:- obbligatorie;- non obbligatorie.

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VERIFICHE IN MATERIA DI IVA

VERIFICAZIONI:

� controllo dell’attività economica sulla base delle scritture;

� controllo dell’attività sulla base della realtà del soggetto (personale, impianti, merci, correlazioni, etc.);

� altre verificazioni.

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VERIFICHE IN MATERIA DI IVA

� Enti, Organi di Polizia, Amministrazioni Doganali e Finanziarie, Agenzie di altri Paesi;

� EUROPOL, O.I.P.C.-Interpol;� Organizzazione Mondiale delle Dogane

(O.M.D.);� Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode

(O.L.A.F).

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VERIFICHE IN MATERIA DI IVA

ESEMPI DI FRODE IVA:

� Frodi carosello.

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IVA DI GRUPPO

� Art. 73 D.P.R. 633/1972.

� L.F. 2008.

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IVA DI GRUPPO

� La disciplina della liquidazione di gruppo è stata introdotta in Italia dal 1.11980, a seguito del recepimento della VI direttiva Cee del 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE.

� In particolare, l’art. 73, ultimo comma, del D.P.R. 633/1972, integrato successivamente dal D.M. 13.12.1979, riconosce la possibilità di compensare, nell’ambito del gruppo, i crediti e i debiti IVA risultanti dalle liquidazioni periodiche e dal conguaglio di fine anno delle società che costituiscono il gruppo ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

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IVA DI GRUPPO

� La procedura consente alle società controllate di concentrare in capo alla controllante tutti gli obblighi conseguenti alle liquidazioni periodiche, facendo sì che eventuali posizioni creditorie e debitorie all’interno del gruppo possano trovare un’immediata compensazione.

� In tale ottica, la società controllante è, quindi, il soggetto preposto a effettuare tutte le scelte concernenti la compensazione dei debiti e dei crediti risultanti dalle liquidazioni di tutte le società partecipanti al gruppo e da queste trasferiti al gruppo (controllante), nonché a valutare le altre eventuali alternative previste dal legislatore, quali, ad esempio, il rimborso o l’accredito all'anno successivo dell’eccedenza detraibile del gruppo.

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IVA DI GRUPPO

� La procedura consente, quindi, di contrapporre ed estinguere automaticamente all’interno del gruppo le situazioni creditorie e debitorie di alcune società con quelle di altre rientranti nel medesimo "perimetro di liquidazione".

� I benefici della stessa sono di natura prettamente finanziaria, atteso che, all’interno del medesimo gruppo, le società titolari di un credito IVA nei confronti dell’Erario possono ottenere un rapido recupero dei crediti attraverso la compensazione con l’IVA a debito di un’altra società del gruppo.

� La procedura, tuttavia, non determina la nascita di un nuovo soggetto giuridico, poiché, come già chiarito dall'agenzia delle Entrate con risoluzione 347/2002, le disposizioni concernenti la procedura di liquidazione IVA di gruppo non danno "luogo ad una vera e propria unificazione soggettiva delle società facenti parte del gruppo stesso, tuttavia attuano comunque una deroga, sia pure parziale, ai principi di soggettività, prevedendo una procedura unificata di compensazione e versamento del tributo".

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IVA DI GRUPPO

I soggetti interessati:

� I soggetti interessati alla procedura in questione sono le societàdi capitali residenti in Italia.

� Le quote o le azioni di ogni società (controllata) devono essere possedute per oltre il 50% da un’altra società del gruppo ininterrottamente almeno dal 1°gennaio dell’anno solare precedente a quello in cui viene attivata la procedura. In altritermini, la durata minima del controllo deve risalire almeno all’inizio dell’anno solare precedente.

� Il possesso di oltre il 50% deve sussistere in ogni passaggio della catena di controllo.

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IVA DI GRUPPO

� Il concetto di controllo è disciplinato dall’articolo 2359 del Codice civile.

� Il legislatore fiscale, ai fini della procedura di liquidazione Iva di gruppo, ha inteso riferirsi alle ipotesi di controllo di diritto (possesso di un numero di azioni tali da assicurare la maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria) e di controllo indiretto (basato sul principio della transitività, per il quale se una società controlla un'altra e questa a sua volta una terza, si deduce che la prima societàcontrolla anche la terza).

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IVA DI GRUPPO

� Esulano dall’ambito applicativo delle disposizioni in questione le ipotesi di controllo di fatto, riferibili a quelle situazioni in cui una società è sotto l'influenza dominante di un'altra in virtù di azioni o quote da questa possedute o di particolari vincoli contrattuali intercorrenti con essa.

� Rientrano, pertanto, nella nozione di controllo tutte le ipotesi di controllo a raggiera e a catena, a condizione che le quote o le azioni di ogni società (controllata) siano possedute per oltre il 50% da un’altra società del gruppo ininterrottamente almeno dal 1 gennaio dell’anno solare precedente a quello in cui viene attivata la procedura, per ogni anello della catena.

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IVA DI GRUPPO

Modifiche apportate dalla FINANZIARIA 2008:

� A partire dal 1.1.2008 non è consentito alle società che entrano per la prima volta nella liquidazione IVA di gruppo di trasferire il proprio credito dell’anno precedente (vgs. art. 73 D.P.R. 633/1972).

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IVA DI GRUPPO

� In altri termini, la società controllante, agli effetti delle dichiarazioni e dei versamenti, non deve tener conto delle eccedenze d’imposta detraibili delle società partecipanti alla liquidazione IVA di gruppo, risultanti dalle dichiarazioni annuali relative al periodo d’imposta precedente, se le stesse società non partecipavano in tale periodo alla procedura di liquidazione di gruppo.

� Esempio: la società controllata Alfa che partecipa all’IVA di gruppo dal 2008 ha un credito IVA risultante dalla propria dichiarazione per il 2007. In tal caso Alfa non può trasferire tale credito al gruppo, ma ne conserva la disponibilità e può chiederne il rimborso ai sensi dell’art. 30 del D.P.R. n. 633/1972, ricorrendo i presupposti, oppure utilizzarlo in compensazione orizzontale con propri debiti tributari (Ires, Irap, ecc.), contributivi, ecc.

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IVA DI GRUPPO

� Per avvalersi della facoltà di effettuare le liquidazioni IVA di gruppo, la controllante deve inviare ogni anno, entro il 16 febbraio (termine di liquidazione IVA del mese di gennaio), apposita comunicazione – Mod.IVA 26 – all’Agenzia delle Entrate competente in relazione alla societàcontrollante.

� Le società controllate devono presentare normalmente le proprie dichiarazioni, mentre la società controllante deve presentare:- la propria dichiarazione secondo le modalità ordinarie;- il prospetto riepilogativo delle liquidazioni periodiche delle società del gruppo (Mod. 26 LP);- il prospetto riepilogativo delle società partecipanti con la distinta dei versamenti periodici effettuati (Mod. 26 PR).

� L’eventuale rimborso può essere richiesto solo dalla societàcontrollante (C.M. 5.3.1990, n. 13).

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IVA DI GRUPPO

Entrata in vigore della modifica:

� Dalla prima liquidazione IVA di gruppo per l’anno 2008.

� Riferimenti: art. 1, co. 63 e 64, L.F. 2008.

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Link Campus University of MaltaCorso di laurea specialistica in International Management

GRAZIE PER L’ATTENZIONE

Claudio MelilloDottorando di ricerca in Diritto Tributario

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