Lingua italiana (CT) 2002-2003 La comunicazione (4) Segnali, mezzi, veicoli, canali, supporti e...

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Lingua italiana (CT)2002-2003

La comunicazione (4)Segnali, mezzi, veicoli, canali, supporti e modalità comunicative. Scritto e parlato. Modelli che descrivono la comunicazione:Shannon e Weaver; Jakobson; Sperber e Wilson; Eco.

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Argomenti della lezione

Questa lezione conclude quelle dedicate ai concetti fondamentali della semiotica.

Sono oggetto di analisi: il concetto di segnale, mezzo, veicolo, canale, supporto e

modalità comunicativa; il concetto di medium e quelli di accessibilità/disponibilità; le differenze tra scrittura ed oralità; alcuni modelli che descrivono la comunicazione, ed in

particolare: quello di Shannon e Weaver; quello di Jakobson; quello di Sperber e Wilson; quello di Eco e gli altri modelli post-strutturalisti.

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Il senso della questione

I media influenzano profondamente, anche in quanto sollecitatori di attese, la percezione, la decodifica e l’interpretazione di un testo.

La conoscenza delle caratteristiche fondamentali di ciascun medium aiuta il comunicatore professionale ad un suo impiego ragionato.

Anche una conoscenza generale del processo della comunicazione è funzionalizzabile alla produzione di testi più efficienti/efficaci.

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Segnali…

La comunicazione si concretizza attraverso elementi segnaletici.

L’uso dei segnali prevede la presenza di un canale, l’uso di un mezzo/medium, lo sfruttamento di un veicolo e la disponibilità di un supporto.

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Canali, mezzi, veicoli, supporti

Il canale è la porta percettiva attivata dal segnale; abbiamo quindi cinque canali, quanto sono i sensi: il canale visivo, uditivo, olfattivo, tattile e gustativo.

Il mezzo/medium è lo strumento tecnico che rende possibile la diffusione del segnale (carta, radiodiffusione, diffusione telematica via cavo ecc.).

Il veicolo è il supporto fisico impiegato dal medium per la dispersione del segnale (aria, doppino di rame…)

Il supporto è il mezzo fisico che rende possibile la conservazione del segnale (carta, ostrakon, memorie di massa…).

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Canali, mezzi, veicoli, supporti

Canali, mezzi, veicoli, supporti, in maniera diversa, influenzano l’andamento dell’interazione comunicativa e possono rendere facili o complesse determinate funzioni comunicative.

La produzione di un messaggio funzionale richiede la scelta oculata dei canali, mezzi, veicoli, supporti a disposizione.

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Canali

La maggior parte delle interazioni comunicative che percepiamo come più comuni sfruttano uno o al più due canali (per lo più quello visivo e quello uditivo).

Vi sono però casi in cui, interazioni particolarmente ricche, utilizzano tutti i canali. È evidente che interazioni di questo tipo possono essere messe in opera solo raramente.

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Mezzi/media

Alcuni medium, per esempio, hanno portata limitata; altri rendono impossibile il broadcasting; altri ancora facilitano la produzione di messaggi ricchi; altri sono accessibili ma non disponibili…

I mezzi/media si distinguono per accessibilità/disponibilità: un medium è accessibile se il suo impiego è alla

portata di un grande numero di fruitori; un medium è disponibile se può essere agevolmente

impiegato per produrre messaggi.

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Modalità comunicative

Il complesso di scelte relative a canali, mezzi, veicoli e supporti costituisce quella che si chiama modalità comunicativa.

Riconosciamo tre modalità comunicative fondamentali: Quella scritta. Quella parlata. Quella trasmessa.

Di scritto, orale, trasmesso diremo ancora nella lezione 10. In questa anticiperemo solo alcune idee.

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Scrittura/oralità

I messaggi prodotti in modalità scritta sono molto diversi da quelli prodotti in modalità orale, e consentono di raggiungere risultati comunicativi differenti.

Differenziano i testi scritti da quelli orali: quella della persistenza e della “spazialità”; quella della contestualità (condivisione del contesto); quella della risoluzione; quella della portata; quella della ricchezza (o plurimedialità); quella della relazionalità tra emittente e destinatario.

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Modelli che descrivono la comunicazione Tecnici, studiosi e semiologi hanno proposto

diversi modelli che descrivono la comunicazione. I primi sono molto semplici, ed inadeguati a

rendere conto di ciò che accade nel corso di un’interazione comunicativa tra umani.

Altri, che da questi derivano, ne recuperano la complessità inerente introducendovi suggestioni di tipo psicologico, cognitivo e filosofico.

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Shannon e Weaver

Il modello di Shannon e Weaver risale a due tecnici americani, che lo concepirono negli anni ’40 del secolo scorso.

Il modello è lineare e considera la comunicazione come passaggio di dati da una sorgente ad una destinazione attraverso un elemento codificatore, un canale ed un elemento decodificatore. In una sua versione include anche un’istanza di feedback o retroazione.

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Shannon e Weaver: lo schema

La comunicazione secondo Shannon e Weaver è un processo lineare, che può includere una semplice istanza di feedback.

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Shannon e Weaver: dettagli

Il modello di S. e W. è più un modello avanzato di teoria dell’informazione che di teoria della comunicazione, perché:

si occupa soprattutto di transito di dati e della sua ottimizzazione.

Non attribuisce alcuna importanza a fattori pragmatici e cognitivi (ignora il problema dell’interpretazione e si sofferma alla decodifica).

Ignora l’importanza del contesto e si sofferma solo su problemi di ordine situazionale (l’ambiente è considerato solo in quanto fonte di rumore).

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Jakobson

Il modello di Jakobson è dovuto alla speculazione di un celebre linguista e studioso di questioni di teoria letteraria, Roman Jakobson (1896-1982), ed ha impostazione strutturalista.

Recupera il modello di Shannon e Weaver ma ne supera i limiti più vistosi.

Il modello contempla sei elementi: mittente, contesto, messaggio, canale, codice e destinatario.

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Jakobson: lo schema

La comunicazione secondo Jakobson è un processo lineare; in esso, però, viene riconosciuta l’importanza del contesto.

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Jakobson: i dettagli

Il modello di J. sussume quello di Shannon e Weaver; a differenza di quello, infatti: rappresenta, entro certi limiti, gli aspetti cognitivi e

pragmatici della comunicazione, e non si limita a considerarla mero transito di informazione;

tiene conto dell’importanza del contesto in quanto elemento determinante al successo comunicativo, e non in quanto semplice ambiente fisico che può ostacolare il passaggio dei dati;

muta la prospettiva tradizionale introducendo una teoria delle funzioni linguistiche.

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Jakobson: le funzioni

Jakobson distingue sei funzioni linguistiche, ciascuna delle quali è collegata ad uno dei fattori identificati in precedenza;

le funzioni sono le seguenti: emotiva (connessa con il mittente); referenziale (connessa con il contesto); poetica (connessa con il messaggio); fàtica (connessa con il canale); metalinguistica (connessa con il codice); conativa (connessa con il destinatario).

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Jakobson: lo schema delle funzioni

Funzione fàtica

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Eco

Il modello di Eco prende il nome dal semiologo alessandrino, che coniuga suggestioni strutturalistiche con altre, proprie della riflessione filosofica di Peirce, Morris e Lotman.

Il modello epistemologico che sostiene la riflessione di Eco abbandona il rigido internalismo dello strutturalismo “classico” e sostiene l’importanza di concetti quali quelli di enciclopedia ed inferenza, nella descrizione della comunicazione.

Attraverso la mediazione della cultura, il modello di Eco recupera anche il reale.

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Eco: i dettagli

Nel modello di Eco la comunicazione ha carattere processuale, interattivo, proiettivo e strategico; vi sono implicati fattori cognitivi. processuale: la comunicazione prevede istituzionalmente aggiustamenti

e negoziazioni; interattivo: in essa l’attività del destinatario non è meno importante di

quella del mittente; proiettivo e strategico: la felicità dell’atto comunicativo è legata all’abilità

progettuale del mittente nel suo prefigurarsi le caratteristiche del destinatario;

vi sono implicati fattori cognitivi : la felicità dell’atto comunicativo è legata alla capacità inferenziale del destinatario.

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Eco: lo schema

La comunicazione secondo Eco è un processo in qualche modo circolare; in esso ha grande importanza l’attività interpretativa del destinatario.

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Sperber e Wilson

Il modello di Sperber e Wilson prende il nome dal sociologo e dalla linguista che l’hanno proposto.

Prende il nome di ostensivo-inferenziale perché ha una duplice forte connotazione: pragmatica e cognitiva. È detto ostensivo perché il circuito comunicativo viene

avviato dal mittente mediante la presentazione intenzionale di uno stimolo.

È detto inferenziale perché la costruzione del senso, nell’ambito dello scambio comunicativo avviene tramite inferenze.

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Sperber e Wilson: i dettagli

La teoria che origina il modello si basa su due principi fondamentali: quello della rilevanza e quello dell’economia.

Principio della rilevanza: entrano in un circuito comunicativo solo gli elementi che sono rilevanti per il destinatario, in un determinato contesto ed in una precisa circostanza.

È rilevante ciò che, in un determinato contesto, provoca effetti cognitivamente significativi.

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Sperber e Wilson: i dettagli

Principio dell’economia: nella comunicazione, vige una tendenza a minimizzare gli sforzi cognitivi.

A parità di vantaggio, appaiono, di conseguenza, più rilevanti (e quindi più ammissibili nel circuito cognitivo) i messaggi la cui comprensione richiede minore attivazione di risorse.

Anche il modello di S. e W. appare dunque orientato a riconoscere gli aspetti extralinguistici, relazionali ed ambientali della comunicazione.