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Osservatorio del Nord Ovest Tredicesimo rapporto focalizzato L’immagine dei rapporti Italia-Cina nella percezione dei piemontesi (gennaio-febbraio 2007) a cura di Rossana Cima, Mirko Dancelli, Tania Parisi, Giorgia Rinaldi con la collaborazione del

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Osservatorio del Nord Ovest

Tredicesimo rapporto focalizzato

L’immagine dei rapporti Italia-Cina

nella percezione dei piemontesi

(gennaio-febbraio 2007)

a cura di Rossana Cima, Mirko Dancelli, Tania Parisi, Giorgia Rinaldi

con la collaborazione del

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OSSERVATORIO DEL NORD OVEST Tredicesimo Rapporto Focalizzato

“L’immagine dei rapporti Italia-Cina nella percezione dei piemontesi”

a cura di Rossana Cima, Mirko Dancelli, Tania Parisi, Giorgia Rinaldi*

INDICE PREMESSA.................................................................................................................................................................... 2 INTRODUZIONE ............................................................................................................................................................ 5 1. LA PERCEZIONE DELLA CINA................................................................................................................................ 6

1.1 Aspetti generali....................................................................................................................................... 6 1.2 Democrazia in Cina e tutela della libertà religiosa e di parola .....................................................10 1.3 Relazioni industriali..............................................................................................................................14 1.4 Ruolo della Cina negli equilibri politici internazionali......................................................................15 1.5 Investimenti finanziari e produttivi della Cina in Africa...................................................................19 1.6 Responsabilità della Cina nell’inquinamento a livello globale.......................................................19

2. LA PERCEZIONE DELLE RELAZIONI ECONOMICHE ITALIA-CINA....................................................................21

2.1 La Cina come concorrente per l’economia italiana.........................................................................21 2.2 La Cina come opportunità per l’economia italiana .........................................................................23 2.3 Le relazioni commerciali Italia-Cina...................................................................................................26

3. LA PERCEZIONE DELLA POPOLAZIONE CINESE...............................................................................................42

3.1 Presenza cinese sul territorio piemontese ......................................................................................43 3.2 Presenza cinese nel mercato del lavoro italiano............................................................................50 3.3 Minaccia cinese per la sicurezza dei cittadini italiani.....................................................................54

PRINCIPALI RISULTATI..............................................................................................................................................60 OSSERVAZIONI CONCLUSIVE....................................................................................................................................65 QUESTIONARIO...........................................................................................................................................................67 * Rossana Cima, Mirko Dancelli e Tania Parisi collaborano con l’Osservatorio del Nord Ovest, Giorgia Rinaldi collabora con il Cascc (Centro di Alti Studi sulla Cina Contemporanea).

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PREMESSA

Da circa quattro anni è stato costituito presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Torino l’Osservatorio del Nord Ovest, sulla base di un progetto sottoscritto da un gruppo di docenti dei Dipartimenti di Scienze Sociali, Studi Politici e Psicologia dell’Università di

Torino, e grazie al ruolo di promozione svolto dall’Associazione Torino Internazionale. Le risorse per il funzionamento dell’Osservatorio sono attualmente fornite da sette enti: il Dipartimento di Scienze Sociali, il Comune di Torino, la Provincia di Torino, la Regione Piemonte, la Compagnia di San Paolo, la Fondazione CRT e l’Associazione delle Fondazioni delle Casse di Risparmio Piemontesi. L’Osservatorio monitora gli atteggiamenti e i comportamenti degli italiani, rivolgendo l’analisi a nove popolazioni. Le prime otto sono costituite da altrettanti insiemi concentrici: (a) i torinesi; (b) i cittadini dell’Area Metropolitana di Torino; (c) i cittadini della Provincia di Torino; (d) i cittadini della Regione Piemonte; (e) i cittadini del Nord Ovest (Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta); (f) i cittadini del cosiddetto «triangolo industriale» (Piemonte, Lombardia, Liguria e Valle d’Aosta); (g) i cittadini del Nord (Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia); (h) gli italiani. Per poter disporre di un termine di confronto che renda significativi i dati del Comune di Torino, vengono inoltre analizzati i dati relativi ai cittadini delle altre grandi città (i centri la cui popolazione è superiore ai 100.000 abitanti). Le ricerche dell’Osservatorio sono condotte con cadenza quadrimestrale su un campione costante (panel) di circa 5000 individui. I dati così rilevati permettono, per ciascuna delle aree considerate, di disporre di un campione di almeno 1000 casi, intervistato tre volte l’anno (a gennaio-febbraio, a maggio-giugno e a settembre-ottobre). Le indagini condotte in ogni occasione sono due, una a carattere nazionale e una a carattere locale. La prima indagine, definita “nazionale”, viene effettuata su tutto il campione nazionale e riguarda un insieme di tematiche che coinvolgono tutta la popolazione italiana e che possono convenzionalmente essere raggruppate in quattro rubriche: economia, società, cultura e politica. I dati emersi dalle indagini nazionali vengono raccolti a fine anno in un “Rapporto annuo sul cambiamento sociale in Italia”. Il Rapporto annuo del 2004, redatto da Luca Ricolfi - allora Direttore dell’Osservatorio del Nord Ovest e oggi suo Responsabile Scientifico - è stato pubblicato dal Mulino nel 2005 con il titolo Dossier Italia: A che punto è il “contratto con gli italiani”. Il Rapporto annuo del 2005, sempre a opera di Luca Ricolfi, è stato pubblicato dal Mulino nel 2006 con il titolo Tempo scaduto: Il “contratto con gli italiani” alla prova dei fatti. Il Rapporto annuo del 2006 cui hanno collaborato, oltre a Luca Ricolfi, l’attuale Direttore dell’Osservatorio del Nord Ovest Barbara Loera e Luisa Debernardi, è stato pubblicato da Guerini nel 2007 con il titolo Le tre società . La seconda indagine, definita “locale”, viene effettuata solo nei quattro livelli territoriali più ristretti (Torino, Area Metropolitana torinese, Provincia di Torino e Regione Piemonte) e concerne alcune

Le ricerche dell’Osservatorio sono condotte con cadenza quadrimestrale su un campione costante di circa 5.000 individui

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tematiche particolarmente rilevanti per quelle zone. L’informazione relativa a queste indagini viene fornita attraverso alcuni “Rapporti focalizzati”. Oltre a un primo “pre-rapporto” relativo alle caratteristiche specifiche del Nord Ovest (settembre-ottobre 2002) i “Rapporti focalizzati” preparati dall’Osservatorio sono stati finora dodici: (a) “La percezione della crisi Fiat” (gennaio-febbraio 2003); (b) “Senso di sicurezza e propensione al lavoro autonomo” (maggio-giugno 2003); (c) “Gli italiani, l’Europa e il semestre europeo” (settembre-ottobre 2003); (d) “L’immagine della transizione torinese e piemontese” (gennaio-febbraio 2004); (e) “I servizi pubblici a Torino e in Piemonte: Uso e valutazione” (maggio-giugno 2004); (f) “La pratica sportiva in Piemonte” (settembre-ottobre 2004); (g) “Flessibilità del lavoro, trasmissione della ricchezza e investimenti sul territorio” (gennaio-febbraio 2005); (h) “La mobilità occupazionale in Italia” (maggio-giugno 2005); (i) “Lavori in corso. Conoscenza, valutazione e aspettative sulle trasformazioni urbane a Torino” (settembre-ottobre 2005); (l) “Tre anni dopo. La percezione della crisi Fiat 2003-2006”; (m) “Donazioni e volontariato a Torino e in Piemonte”; (n) “Valsusa, Italia. La Tav e le grandi opere nella percezione dell’opinione pubblica”. Questi Rapporti, disponibili singolarmente sul sito dell’Osservatorio (www.nordovest.org), sono stati raccolti annualmente in una pubblicazione collettanea edita da Carocci: Osservatorio del Nord Ovest: Rapporti focalizzati 2003, a cura di Michele Roccato e Paola Ferragutti; Osservatorio del Nord Ovest: Rapporti focalizzati 2004, a cura di Paola Ferragutti; Osservatorio del Nord Ovest: Rapporti focalizzati 2005, a cura di Mirko Dancelli. Presentiamo qui il tredicesimo “Rapporto focalizzato” prodotto dall’Osservatorio del Nord Ovest, che ha come focus di indagine la percezione che i piemontesi hanno della Cina dal punto di vista politico, economico e sociale. L’indagine a cui si riferisce è stata condotta nel gennaio-febbraio 2007 su un campione complessivo di 4.665 rispondenti. Come di consueto, le informazioni raccolte sono state messe in relazione con una serie di dati demografici, sociali e culturali relativi agli intervistati. Ma, data la rilevanza e l’attualità del tema in oggetto, nel presente Rapporto focalizzato è stato dato ampio spazio al confronto tra i dati di sondaggio e alcuni dati di sfondo, con il duplice obiettivo di offrire possibili interpretazioni delle percezioni degli intervistati ed esaminarne, quando possibile, la convergenza o la discrepanza rispetto alla realtà dei fatti. Nel Rapporto verranno presentati i risultati che ci sono parsi più rilevanti, mentre rimandiamo al sito dell’Osservatorio i lettori interessati alle risposte date alle singole domande del questionario. Ringraziamo per la collaborazione attiva e competente il Centro Alti Studi sulla Cina Contemporanea (CASCC) nelle persone del suo direttore, prof.ssa Stefania Stafutti, e vicedirettore, prof. Gianmaria Ajani. Un doveroso ringraziamento per i preziosi suggerimenti va anche al dr. Flavio Brugnoli, responsabile Coordinamento Attività Istituzionali della Compagnia di San Paolo. Si ringraziano inoltre: il dr. Daniele Cologna (Agenzia di Ricerca Sociale Codici), il dr. Davide Cucino (Camera di Commercio Italiana in Cina), il dr. Franco Pittau (Caritas), il prof. Marco Sartor (Università di Udine) per i suggerimenti e la collaborazione nel reperimento dei dati riguardanti la Cina. Siamo grati a Barbara Loera, direttore dell’Osservatorio del Nord Ovest, per le puntuali notazioni metodologiche e i suggerimenti per l’analisi dei dati e a Silvia Testa e Sinforosa Zambrino, che hanno affinato il sistema di ponderazione matematico-statistica dei dati. Un sentito grazie, infine, va anche a Luisa Debernardi per la cura dei grafici e a Laura Casu per l’editing del Rapporto.

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INTRODUZIONE Il presente Rapporto Focalizzato si propone di indagare come i piemontesi percepiscono la realtà cinese, qual è la qualità della loro conoscenza in merito e che cosa si aspettano per il futuro dalle relazioni tra l’Italia e la Cina. Queste relazioni si sono caratterizzate, nel corso degli ultimi anni, per un crescente flusso dell’import-export di merci, ma anche per l’accoglienza da parte del nostro paese di una popolazione di immigrati sempre più numerosa. Cercheremo inoltre, quando possibile, di confrontare tali percezioni, conoscenze e aspettative con i dati “oggettivi”, allo scopo di far risaltare eventuali discrepanze tra ciò che i nostri intervistati credono e ciò che restituiscono i documenti e le statistiche ufficiali. La prima parte del rapporto riguarda la percezione che i piemontesi hanno della Cina, dapprima considerata a livello generale, poi secondo aspetti più specifici, quali la democraticità del suo sistema politico, la tutela delle libertà individuali, fino ad arrivare al ruolo della Cina come soggetto politico in alcune grandi questioni di carattere internazionale (la guerra in Iraq, l’inquinamento ambientale a livello globale). Successivamente si affronta la tematica economica: quanto è condivisa l’opinione secondo cui nel futuro prossimo la Cina diventerà il principale concorrente economico dell’Italia (e non solo)? Secondo i nostri intervistati, l’Italia potrà e saprà trarre importanti vantaggi a livello industriale, finanziario ed infrastrutturale dalle relazioni con la Cina? Oppure, agli occhi dei piemontesi, la poderosa crescita cinese si tradurrà soprattutto in gravi danni per l’economia italiana, ed in particolare per la produzione manifatturiera, con conseguenti rischi in termini di perdita del lavoro per i nostri connazionali e chiusura d’aziende locali? Per rispondere a questi interrogativi, indagheremo quali conseguenze i piemontesi si aspettano da processi macroeconomici in corso, come la delocalizzazione dei nostri impianti industriali in Cina e l’incremento dei flussi commerciali italo-cinesi; e cercheremo di capire se e quanto gli intervistati si dichiarano d’accordo rispetto a possibili rafforzamenti delle misure protezionistiche nei confronti del Made in China. L’ultima parte del rapporto tocca il tema dell’immigrazione cinese in Italia. In particolare, indagheremo la percezione circa la consistenza numerica della comunità cinese sul territorio (confrontata qui con altre due realtà comunitarie, l’albanese e la marocchina); le future tendenze dei flussi migratori secondo le previsioni dei nostri intervistati; la valutazione degli effetti della presenza cinese nel mercato del lavoro italiano; la percezione in termini di sicurezza personale derivata dal contatto con questa comunità. Concluderemo con alcune considerazioni più specifiche su settori della criminalità cinese.

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1. LA PERCEZIONE DELLA CINA

1.1 Aspetti generali La Cina è una protagonista sempre più importante della scena internazionale non solo sotto il profilo economico, ma anche dal punto di vista politico e culturale. In generale, che tipo di opinione hanno i nostri intervistati a proposito di questo grande paese? La fig.1 mostra che vi è una sostanziale omogeneità nell’opinione generale sulla Cina espressa dagli intervistati delle quattro popolazioni considerate: la maggioranza delle persone dichiara di avere un’opinione negativa. I torinesi si dimostrano i più critici (54,1% come somma delle opinioni “abbastanza negative” e “del tutto negative”), seguiti dagli abitanti del Piemonte (52,2%), delle grandi città (43,8%) e dell’Italia considerata nel suo complesso (49,7%). La Cina gode di un’immagine positiva soltanto agli occhi di una quota di intervistati pari a circa il 30%. Sorprende l’alta incidenza delle risposte “non so” (quota compresa fra il 17,9% a Torino e il 23% nelle grandi città). Quest’ultimo dato acquista maggiore risalto se lo confrontiamo con le percentuali di “non so” riferite ad un altro grande paese, gli USA. La quota dei nostri intervistati che non riesce ad esprimersi nei confronti degli Stati Uniti, pur essendo presente, è decisamente più contenuta di quella registrata per la Cina (Torino 7,3%; Piemonte 10,7%; grandi città 18,9%; Italia 15,1%).

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

Torino Altre grandi città Piemonte Italia

Molto positiva Abbastanza positiva Abbastanza negativa Del tutto negativa Non so

Fig. 1: Opinione generale sulla Cina (distribuzione percentuale)

La Cina sembra dunque essere un paese che di per sé suscita incertezza. In fondo è una realtà lontana e per molti versi complessa. L’affermazione della Cina sulla scena internazionale grazie allo sviluppo economico, così come la possibilità di accedere ad una migliore conoscenza della sua realtà politica e culturale, sono fenomeni troppo recenti – anche se tutt’altro che ignorati dai mass media – perché manchino ampie quote di popolazione non in grado di maturare un’opinione in merito. Possiamo congetturare che l’incertezza nell’esprimere un’opinione dipenda dalla mancanza di conoscenza? E quanto può contare l’orientamento politico? Per quanto riguarda la più ampia tra le popolazioni locali da noi considerate, ovvero quella piemontese, abbiamo individuato le caratteristiche sociodemografiche, politiche e culturali capaci di incidere significativamente sulla probabilità di avere o meno un’opinione generale sulla Cina (tab 1)1.

1 I risultati sono stati ottenuti mediante un modello di regressione logistica multipla. La variabile dipendente è l’avere/ non avere

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Il quadro che emerge è piuttosto interessante: la probabilità di non avere un’opinione è maggiore per le persone con un basso livello di istruzione (al massimo la scuola dell’obbligo) e con età compresa fra i 45 ed i 59 anni. A livello di gruppi occupazionali, è la piccola borghesia relativamente autonoma (commercianti, esercenti, artigiani) ad esprimersi con maggior probabilità. Rilevante è il ruolo giocato dall’intenzione di voto: chi intende astenersi in un’ipotetica consultazione elettorale per il rinnovo del Parlamento Italiano, o ha deciso di annullare o lasciare in bianco la scheda, ha molte più probabilità di non pronunciarsi rispetto a chi dichiara che esprimerà una preferenza elettorale. Un effetto particolarmente importante si deve alla conoscenza che le persone dimostrano di avere della Cina: la probabilità di esprimere un’opinione cresce quanto più si conosce. Specifichiamo che, per avere un’idea del livello di conoscenza generale posseduto dai nostri intervistati, abbiamo posto loro alcune domande su aspetti riguardanti la geografia, la politica e l’economia della Cina2: le risposte corrette sono state combinate in un indice sintetico di conoscenza, mediante semplice sommatoria. A livello torinese sono emersi sostanzialmente i medesimi risultati: la differenza riguarda gli studenti, i quali si esprimono con maggior probabilità rispetto a tutti gli altri gruppi occupazionali, e gli adulti con oltre 30 anni, più inclini a pronunciarsi se paragonati alle persone di età inferiore3.

+ + Conoscenza generale della Cina

+ Commercianti/esercenti/artigiani

- - Non voto, scheda nulla o scheda bianca in una ipotetica consultazione elettorale

- - Adulti tra i 45 ed i 59 anni

Avere un’opinione nei confronti della Cina

- - Al massimo la scuola dell’obbligo

Tab. 1: Determinanti dell’avere un’opinione generale sulla Cina in Piemonte Se consideriamo gli intervistati che hanno espresso un’opinione generale sulla Cina, può essere interessante individuare quali fattori incidono maggiormente nell’orientarla in senso positivo oppure negativo4. un’opinione nei confronti della Cina. Le variabili indipendenti sono: sesso, istruzione (diploma di scuola dell’obbligo (gruppo di riferimento), scuola media superiore, laurea), età (sotto i 30 anni (gruppo di riferimento), tra 30 e 44 anni, tra 45 e 59 anni, oltre 60 anni), ampiezza del comune di residenza (fino a 10.000 abitanti (gruppo di riferimento), tra 10.000 e 100.000 abitanti, oltre 100.000 abitanti), gruppo occupazionale (imprenditori/liberi professionisti, commercianti/esercenti/artigiani, impiegati/insegnanti, operai/altri lavoratori dipendenti/disoccupati, studenti, casalinghe/pensionati/invalidi non occupati (gruppo di riferimento)), intenzione di esprimere/non esprimere una preferenza elettorale, numero di componenti del nucleo familiare, reddito familiare mensile al netto delle tasse (meno di 1.000 euro (gruppo di riferimento), tra 1.000 e 1.500 euro, tra 1.500 e 2.000 euro, tra 2.000 e 2.500 euro, più di 2.500 euro), livello di conoscenza della Cina. L’r2 di Cox e Snell del modello di regressione logistica è 0,085. L’r2 di Nagelkerke è 0,138. 2 Cfr. batteria 20 del questionario in allegato. 3 L’r2 di Cox e Snell del modello di regressione logistica multipla è 0,095. L’r2 di Nagelkerke è 0,147. Precisiamo che il modello di regressione logistica multipla non è stato stimato sulle popolazioni delle grandi città e dell’Italia, in quanto per esse non era disponibile il dato sul livello di conoscenza della Cina. 4 I risultati sono stati ottenuti mediante un modello di regressione logistica multipla. La variabile dipendente è la dicotomia riferita all’avere un’opinione positiva/negativa nei confronti della Cina: tale dicotomia è stata ottenuta aggregando, da un lato, le opinioni molto positive ed abbastanza positive, e dall’altro, le opinioni abbastanza negative e del tutto negative. Per quanto riguarda le variabili indipendenti sociodemografiche ed il reddito familiare, vedere nota 1. Ad esse si aggiungono altre variabili indipendenti: intenzione di voto in un’ipotetica consultazione elettorale (voto a estrema sinistra (Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani), voto a centro sinistra (gruppo di riferimento), voto a centro destra eccetto Lega Nord, voto a Lega Nord, voto a partiti minori, non voto), previsione della Cina come principale concorrente economico del futuro, livello di conoscenza

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I risultati dell’analisi, condotta sulla popolazione piemontese (tab. 2), evidenziano che molteplici possono essere gli aspetti specifici della Cina ai quali i nostri intervistati hanno fatto riferimento nel formulare un’opinione generale su questo grande paese. L’immagine positiva generale della Cina dipende, infatti, da una posizione favorevole nei confronti della presenza di lavoratori cinesi immigrati sul nostro territorio; dalla previsione secondo cui l’economia italiana saprà trarre vantaggi nei prossimi anni dalle relazioni economiche con la Cina, nonché da una valutazione positiva della qualità dei prodotti “Made in China”. Quest’ultimo aspetto ci ricorda l’importanza delle merci, anche di quelle d’uso quotidiano, come strumento che contribuisce a costruire l’immagine di una nazione, e della sua popolazione, presso l’opinione pubblica, accanto ai prodotti culturali ed a iniziative istituzionali di comunicazione e promozione sul piano internazionale. Giocano un ruolo importante nell’influenzare l’opinione sulla Cina anche alcune considerazioni di carattere politico: la Cina esercita un maggior appeal fra chi considera democratico l’attuale sistema politico cinese e, soprattutto, fra chi ha fiducia nell’evoluzione democratica del paese, rispetto a chi ritiene improbabile un processo di questo tipo. La Cina, inoltre, raccoglie i favori di quanti, in un ipotetico conflitto tra Islam e Occidente, si aspettano che diventi alleata dell’Occidente o rimanga neutrale, anziché formare alleanze con i paesi islamici o cambiare alleati in base all’interesse immediato. Anche le convinzioni in tema di politica ambientale esercitano un’influenza a livello di opinione generale: chi ritiene la Cina responsabile di una quota relativamente piccola (meno del 10%) dell’inquinamento mondiale ha maggiore probabilità di apprezzare il paese rispetto a chi giudica più severamente il suo impatto ambientale. Abbiamo mostrato quanto contino, nella formulazione di un’opinione generale sulla Cina, considerazioni e previsioni su aspetti specifici di questo grande paese. Oltre a ciò, l’opinione appare influenzata in modo significativo dal reddito familiare complessivo: chi fa parte dei nuclei familiari collocati al vertice della distribuzione dei redditi (oltre i 2.500 euro) si esprime più favorevolmente5. Sorprendente è l’influenza esercitata dalla conoscenza generale che le persone hanno della realtà cinese: la probabilità di apprezzare il paese diminuisce quanto più si dimostra di conoscere la Cina. Ricordiamo che la conoscenza della Cina, così come è stata rilevata presso gli intervistati, non può dirsi in alcun modo generale della Cina, valutazione della qualità dei prodotti importati dalla Cina (qualità più che discreta, qualità accettabile (gruppo di riferimento), qualità scarsa, qualità pessima), frequenza di acquisto dei prodotti Made in China (settimanale, mensile, annuale, mai o quasi mai acquisto (gruppo di riferimento)), opinione sull'attuale sistema politico cinese (“La Cina non è una democrazia, ma credo che nel prossimo futuro lo diventerà”, “La Cina è una democrazia seppur diversa da quelle occidentali”, “La Cina non è una democrazia, e non credo che lo diventerà mai”(gruppo di riferimento), “Non so”), ipotesi sul ruolo della Cina in un eventuale conflitto Occidente-Islam (”Formerebbe un’alleanza con i paesi occidentali” oppure “Rimarrebbe neutrale” versus ”Formerebbe un’alleanza con i paesi islamici” oppure “Cambierebbe le proprie alleanze in base al suo interesse immediato”), opinione sulla responsabilità della Cina nell’inquinamento mondiale (“meno del 10%”(gruppo di riferimento), “tra il 10% e il 20%”, “tra il 20% ed il 50%”, “più del 50%”), grado di accordo/disaccordo nei confronti delle seguenti affermazioni: “Se non corriamo ai ripari, fra qualche anno finirà che mangeremo pasta e pomodori prodotti in Cina”, “La Cina è un mercato enorme, in cui nei prossimi anni l’Italia saprà investire e guadagnare”, “I cinesi che arrivano in Italia portano via posti di lavoro agli italiani”. Queste tre ultime affermazioni sono marker di altrettante dimensioni latenti, interpretabili come posizioni prese dagli intervistati in merito all’importazione di merci cinesi, alla Cina intesa come opportunità per l’economia italiana ed agli immigrati cinesi in Italia. Le tre dimensioni latenti sono state individuate mediante un’analisi fattoriale (varianza totale spiegata 49,9%; REPR 4%). L’analisi è stata condotta su una batteria di undici item relativi alle valutazioni ed alle previsioni rispetto a specifici aspetti della Cina (cfr. batteria 28 del questionario in allegato). Abbiamo scelto di inserire nel modello di regressione logistica i tre marker piuttosto che i punteggi fattoriali, in quanto l’utilizzo di questi ultimi avrebbe comportato la perdita di molti casi, a causa dell’elevata numerosità di risposte mancanti. L’r 2 di Cox e Snell del modello di regressione logistica è 0,222. L’r2 di Nagelkerke è 0,309. 5 Si potrebbe ipotizzare che le persone abbienti si esprimono più favorevolmente sulla Cina in ragione di alcune loro caratteristiche, come l’elevato titolo di studio, più frequenti opportunità di conoscenza diretta o indiretta della Cina rispetto ai ceti con minor disponibilità economica, oppure perché si sentono meno minacciate a livello economico dalla presenza di lavoratori e/o merci cinesi in Italia. Si deve però tenere presente che queste interpretazioni non sono consentite alla luce del tipo di analisi dei dati che è stata effettuata (cfr. nota 4), in quanto il reddito familiare si dimostra capace di influire sull’opinione della Cina in modo indipendente dagli effetti attribuibili a tutte le altre variabili inserite nel modello di regressione.

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esaustiva delle informazioni complessive a disposizione delle persone, in quanto le domande da noi sottoposte vanno a toccare soltanto alcuni temi specifici. Per quanto riguarda l’orientamento elettorale, l’intenzione di voto a favore della Lega Nord si associa, con maggior probabilità, ad una opinione negativa rispetto all’intenzione di voto a favore del centro sinistra oppure dell’estrema sinistra. Questa probabilità è ancor più elevata tra gli elettori del centro destra: è evidente quindi che esiste una spaccatura all’interno della Casa delle Libertà tale da giustificare la distinzione analitica adottata tra centro destra e Lega Nord. Segnaliamo come l’orientamento elettorale influenzi anche l’opinione generale nei confronti degli Stati Uniti, ma secondo direzioni esattamente opposte a quelle registrate per la Cina: gli elettori di centro destra, Lega Nord ed i “non voto” si esprimono a favore degli Usa con una probabilità nettamente superiore a quella degli elettori di centro sinistra. Inoltre, l’opinione generale sugli Usa introduce una “spaccatura” all’interno dell’Unione: chi è orientato verso l’estrema sinistra, infatti, presenta una probabilità di apprezzare gli Usa nettamente inferiore anche a quella degli elettori del centro sinistra6.

+ + Previsione della Cina come opportunità economica per l’Italia

+ +

Posizione favorevole nei confronti degli immigrati cinesi in Italia

+ +

Qualità dei prodotti importati dalla Cina valutata come accettabile oppure più che discreta

+ +

Previsione della Cina come alleata dell’Occidente o neutrale in un ipotetico conflitto Occidente-Islam

+ +

Opinione secondo cui la Cina non è una democrazia, ma in futuro lo diventerà

+ Opinione secondo cui la Cina è già una democrazia

+ Opinione secondo cui meno del 10% dell’inquinamento mondiale è imputabile alla Cina

+ Reddito familiare oltre i 2.500 euro mensili - Intenzione di voto alla Lega Nord

- - Intenzione di voto al centro destra

Opinione positiva sulla Cina

- - Conoscenza generale della Cina Tab. 2: Determinanti dell’opinione positiva dei piemontesi nei confronti della Cina

Tra i torinesi, l’opinione positiva sulla Cina appare rafforzata da considerazioni favorevoli riguardanti l’immigrazione cinese in Italia ed i benefici che la nostra economia potrebbe trarre dalle relazioni Italia-Cina; particolarmente rilevanti appaiono sopratutto le influenze dovute alle convinzioni riguardanti le scelte di politica interna (fiducia nello sviluppo democratico delle istituzioni cinesi) e di politica estera (previsione di un sostegno all’Occidente, oppure di una posizione neutrale, in caso di conflitto Occidente-Islam)7. Concludiamo evidenziando, a livello di tutte le aree territoriali analizzate, l’esistenza di una non scontata relazione diretta tra l’opinione maturata nei confronti della Cina e quella sugli Stati Uniti: chi apprezza una superpotenza tende a valutare positivamente anche l’altra8.

6 L’r 2 di Cox e Snell del modello di regressione logistica è 0,222. L’r2 di Nagelkerke è 0,298. 7 L’r2 di Cox e Snell del modello di regressione logistica multipla è 0,274. L’r2 di Nagelkerke è 0,376. Precisiamo che il modello di regressione logistica multipla non è stato stimato sulle popolazioni delle grandi città e dell’Italia in quanto per esse non era disponibile il dato relativo ad alcuni regressori. 8 Questo risultato è ottenuto sulla base della considerazione dei valori dei residui standardizzati corretti evidenziatisi in una tabella di contingenza a doppia entrata.

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1.2 Democrazia in Cina e tutela della libertà religiosa e di parola L’analisi sin qui svolta ha fornito alcune informazioni relative all’opinione generale che gli intervistati hanno della Cina. Dopo uno sguardo d’insieme, approfondiamo ulteriormente l’analisi, esaminando le opinioni degli intervistati per quanto riguarda il sistema politico cinese e la tutela della libertà religiosa e di parola. La Cina può definirsi una democrazia? Ben poche persone considerano democratico il sistema politico cinese (fig. 2): la quota non supera mai il 10% in tutti i territori considerati. Prevalente è invece la percentuale di intervistati che, pur avendo riserve sull’oggi, guardano con fiducia al futuro sviluppo di una democrazia in Cina. Questa convinzione è un po’ più diffusa a Torino (44,4%) che nel resto dei territori considerati (40,5% nell’area metropolitana, 40,2% in provincia e 37,6% in Piemonte). Il rimanente campione (una quota che varia dal 32.3% dei torinesi al 34,6% degli abitanti della regione), invece, è nettamente scettico e pensa che la Cina non abbraccerà mai i valori democratici.

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Torino Areametropolitana

Provincia diTorino

Piemonte

Non credo che diventerà mai una democrazia Credo che nel prossimo futuro diventerà una democrazia

Sì è già una democrazia Non so

Fig. 2: Opinione sul sistema politico cinese (distribuzione percentuale)

In Piemonte (tab. 3), il giudizio sul sistema politico cinese appare significativamente condizionato dall’appartenenza al gruppo occupazionale: la popolazione attiva dal punto di vista lavorativo, (imprenditori/liberi professionisti, impiegati/insegnanti, lavoratori autonomi con partita Iva e gli operai) è più scettica se paragonata alle persone fuori dal mercato del lavoro (pensionati o casalinghe)9. Altrettanto rilevante è l’influenza esercitata dal titolo di studio: sono più propense a credere ad un futuro democratico della Cina le persone che hanno conseguito la laurea rispetto a chi si è fermato alla scuola dell’obbligo oppure alla scuola media superiore. Tra le determinanti non manca l’orientamento elettorale: il pessimismo è maggiormente diffuso fra gli elettori orientati verso il centro destra, la Lega e, in particolare, fra chi ha espresso l’intenzione di non votare. Altro dato interessante è l’impatto esercitato da una previsione legata ad aspetti di politica estera: 9 I risultati sono stati ottenuti mediante un modello di regressione logistica multipla. La variabile dipendente è la dicotomia relativa alla fiducia sulle future trasformazioni democratiche del sistema politico cinese (“La Cina non è una democrazia, ma nel prossimo futuro lo diventerà” versus ”La Cina non è una democrazia e non lo diventerà mai”). Le variabili indipendenti sono: sesso, istruzione, età, gruppo occupazionale, ampiezza del comune di residenza, intenzione di voto, numero di componenti del nucleo familiare, reddito familiare mensile, livello di conoscenza generale della Cina, opinione sul ruolo della Cina in un eventuale conflitto Occidente-Islam. Per le modalità in cui sono articolati i regressori ed i gruppi di riferimento selezionati, si vedano le note 1 e 4. L’r 2 di Cox e Snell del modello è 0,119. L’r2 di Nagelkerke del modello è 0,158.

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la fiducia è più accentuata in chi crede che la Cina, in caso di un prolungato conflitto tra Islam e Occidente, formerà un’alleanza con i paesi occidentali o rimarrà neutrale, anziché stabilire un’intesa con i paesi islamici o cambiare schieramento in base all’interesse immediato.

+ + Uomini

+ + Previsione della Cina come alleata dell’Occidente o neutrale in un ipotetico conflitto Occidente-Islam

+ + Laureati - Intenzione di voto al centro destra - Intenzione di voto alla Lega Nord

- - Non voto, scheda nulla o scheda bianca - Imprenditori/liberi professionisti

- - Impiegati/insegnanti - - Commercianti/esercenti/artigiani - - Operai/altri lavoratori dipendenti

“La Cina non è una democrazia, ma nel prossimo futuro lo diventerà”

- - Residenza in comuni di medie dimensioni Tab. 3: Determinanti della fiducia dei piemontesi in una futura trasformazione democratica della Cina

Tra i torinesi, la convinzione che la Cina non diventerà mai una democrazia è particolarmente diffusa tra le persone con più di 30 anni, gli studenti, i redditi familiari mensili sotto i 2.500 euro, gli elettori del centro destra o dei partiti minori (se confrontati con gli elettori del centro sinistra) e tra coloro che dimostrano una buona conoscenza generale della Cina10. In generale, la Cina viene descritta come un paese poco attento alla libertà religiosa: secondo un’ampia maggioranza degli intervistati (oltre il 60% in tutte le popolazioni analizzate) i cittadini cinesi non sono liberi di praticare il proprio credo. A vedere la Cina come un paese in cui ognuno è libero di professare la propria religione è soltanto una piccola quota d’intervistati (compresa fra il 6,9% in Piemonte ed il 10% nell’area metropolitana). Tutt’altro che irrilevante è il numero di chi non si è espresso in merito: indipendentemente dall’area territoriale monitorata, questa percentuale è sempre superiore al 20%. In Piemonte raggiunge addirittura il 30% (fig. 3).

10 L’r2 di Cox e Snell del modello di regressione logistica è 0,110. L’r2 di Nagelkerke è 0,148.

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Torino Areametropolitana

Provincia diTorino

Piemonte

Libertà religiosa sì Libertà religiosa no Non so

Fig. 3: Opinione sulla tutela della libertà religiosa in Cina (distribuzione percentuale)

Analoghi risultati sono emersi per quanto riguarda la tutela della libertà di parola (fig. 4). Qualunque sia la zona di residenza, l’opinione più diffusa è che tale libertà non sia abbastanza salvaguardata: dal 70,8% rilevato in Piemonte si sale al 75,7% nell’area metropolitana torinese. Solo un esiguo numero di intervistati (pari al 10%) è di parere contrario; segnaliamo che la quota dei “non so” è consistente (dal 15% dell’area metropolitana torinese al 20% del Piemonte).

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Torino Areametropolitana

Provincia diTorino

Piemonte

Libertà di parola no Libertà di parola sì Non so

Fig. 4: Opinione sulla tutela della libertà di parola in Cina (distribuzione percentuale)

Ma qual è la reale situazione del paese? La questione dei diritti individuali è senza dubbio un tema complesso. Se da un lato la Costituzione cinese garantisce qualsiasi tipo di espressione, dall’altro le autorità cinesi tendono a mantenere uno stretto controllo sulle attività dei cittadini. Di fatto, i partiti minori, che pure esistono, hanno presso l’Assemblea Nazionale del Popolo (Parlamento), rappresentanti con sola funzione consuntiva, mentre al Partito Comunista Cinese (PCC) viene riconosciuto un ruolo assoluto11. Il “sistema” è comunque in movimento, e dalla fine degli anni Novanta si è assistito in alcuni distretti ad elezioni dirette degli organismi locali. La questione religiosa è abbastanza controversa. La pratica del culto è formalmente garantita, ma di fatto

11 A. Rinella, Cina, Il Mulino, Bologna 2006.

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è soggetta ad un forte controllo dello stato. La materia religiosa è trattata nella Costituzione della Repubblica Popolare Cinese (quella vigente è del 1982), in particolare nell’ articolo 36, dove si legge: “I cittadini cinesi godono della libertà di credenza religiosa. Nessun organo statale, nessuna organizzazione pubblica, nessun individuo può costringere i cittadini a credere, o a non credere, in una religione […]. Lo stato protegge le attività religiose normali, nessuno può fare uso della religione per sovvertire l’ordine pubblico, danneggiare la salute dei cittadini, o interferire nel sistema scolastico statale. Gli enti religiosi e gli affari religiosi non sono soggetti ad alcuna dominazione straniera”. Dal dettato costituzionale risulta evidente l’ampio margine di intervento dello stato contro le “funzioni negative” delle religioni, nonché le ragioni formali della questione dei “cattolici di Cina”, i cui vescovi, nominati in ambito religioso dal vescovo di Pechino, e non dal Papa, debbono comunque ottenere il “gradimento” dell’autorità civile. L’autorità del Papa sui vescovi “cittadini cinesi” è considerata una interferenza nella politica interna del paese12. In Tibet, questioni di natura geo-politica, legate alla posizione strategica della regione, si uniscono a problemi di un più o meno esplicito ed effettivo antagonismo dell’autorità religiosa tibetana rispetto all’autorità politica cinese, antagonismo mal tollerato dal potere centrale. La repressione del movimento di carattere religioso Falun Gong, attuata nell’estate 1999, in seguito all’accusa di “attività sovversiva” dimostra la “non negoziabilità” di questa posizione allo stato attuale: nel caso specifico, peraltro, la natura della “setta” è politicamente controversa, poiché essa è fortemente sostenuta dall’esterno del paese e guidata da Li Hongzhi, che risiede negli Stati Uniti. Nel contempo, una serie di provvedimenti, attuati a partire dagli anni Novanta, dimostra che la situazione non è statica, e che l’autorità ha consapevolezza del problema, anche in relazione alla propria immagine internazionale; di norma, però, tali provvedimenti non sono leggi dello stato ma una sorta di “decreti” la cui attuazione dipende direttamente dal “Consiglio Nazionale di Stato (l’organo di Governo)”13. Per quanto riguarda la tematica della libertà di parola, prendiamo a riferimento la Costituzione della Repubblica Popolare Cinese. Nell’articolo 35 si legge: “I cittadini della Repubblica Popolare Cinese hanno libertà di parola, stampa, riunione, associazione, viaggi, dimostrazioni”. Va detto che i meccanismi della propaganda sono fortemente istituzionalizzati e hanno un ruolo fondamentale come opinion maker. All’oggi, gli organi deputati al controllo dell’informazione, o, in altri termini, quelli che avocano a sé il compito di fare informazione, il propaganda system, rimangono effettivi nel controllo della maggior parte dell’informazione che raggiunge il pubblico cinese. D’altra parte, in linea con tutti i partiti comunisti del mondo, il Partito Comunista Cinese, dalla sua fondazione nel 1921, ha considerato la propaganda come un mezzo educativo delle masse per costruire quella che, recentemente, non è più definita “società socialista” ma “società armoniosa”. Il Dipartimento di Propaganda del Partito Comunista Cinese, dall’apparato burocratico immenso, è ancora fortemente presente nella realtà cinese e agisce attraverso numerosi canali, tra cui i volumi annuali Xuanchuan dongtai (Propaganda Trends) e Quanguo Xuanchuan sixiang gongzuo huiyi wenjian huibian (Collected Documents of the National Propaganda Tought Work Meeting) trasmessi a tutti i dipartimenti come linee guida per l’annuale lavoro di propaganda. Con la diffusione e la commercializzazione dei media, e con la globalizzazione e l’apertura del mercato televisivo è diventato impossibile il controllo capillare di tutte le informazioni. Nonostante ciò, l’organismo agisce comunque laddove è ritenuto strettamente

12 Per illustrare la posizione del Vaticano si è fatto riferimento ad un articolo pubblicato dalla Asia News Vaticano, agenzia diretta da Mons. Bernardo Cervellera (Pontificio Istituto Missioni Estere) di necessità non neutrale su questo argomento: L’Associazione Patriottica è il vero ostacolo ai rapporti Cina-Vaticano, 20/01/2007. 13 Zhongjiao shiwu tiaoli: il testo in cinese del decreto è disponibile on line alla pagina: http://www.china.com.cn/chinese/2004/Dec732346.htm. Un traduzione in inglese è disponibile in BBC Monitoring Asia Pacific, 21 dicembre 2004.

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necessario. Per esempio, uno sforzo significativo è stato fatto nel controllo di Internet attraverso sofisticati filtri e sistemi tecnologici14, pur con dei limiti. In particolare nel 2004, su indicazione di Hu Jintao, con le direttive del PCC in proposito si è rafforzato il controllo dell’apparato di propaganda sui media: sono documentati casi di forzata chiusura, investigazioni, intimidazioni, persecuzioni, arresti e incidenti anche gravi, con vittime15 .

1.3 Relazioni industriali Se consideriamo le differenze tra lavoratori italiani e lavoratori cinesi dal punto di vista delle loro tutele, gli intervistati si esprimono molto chiaramente: una larghissima maggioranza (compresa tra l’80,5% dei torinesi e l’84,1% degli abitanti della provincia) ritiene che i lavoratori cinesi siano molto meno tutelati rispetto ai nostri connazionali (fig. 5).

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Torino Areametropolitana

Provincia diTorino

Piemonte

E' vero che i lavoratori cinesi sono meno tutelati E' falso che i lavoratori cinesi sono meno tutelati Non so

Fig. 5: Opinione sulla tutela dei lavoratori cinesi paragonati a quelli italiani (distribuzione percentuale)

Anche per quanto riguarda la tutela dei lavoratori si può fare riferimento alle Leggi sul Lavoro della Repubblica Popolare di Cina16. All’interno del testo è prevista una serie di leggi che riguardano i diritti dei lavoratori in merito alla sicurezza, all’assicurazione sanitaria, alla remunerazione, al riposo, alle ferie e festività. Le applicazioni locali della legge tramite specifici regolamenti, che traducono in norme concrete una serie di principi generali e di “buone intenzioni” astratte, non sono sotto il controllo dell’autorità centrale; le specificità territoriali e dei singoli settori produttivi consentono ampi abusi, che le autorità centrali non sanzionano con troppa severità (anche qui, tuttavia, la situazione è in parziale, lento mutamento, soprattutto dopo una serie di gravi incidenti occorsi nel settore minerario).17

14 Federico Rampini in La Cina alla guerra delle parole proibite (la Repubblica, 12 gennaio 2006, http://www.larepubblica.it) affronta una delle tematiche più attuali inerenti al controllo di Internet da parte del governo cinese e riferisce che “il governo ha oscurato Wikipedia, bloccando così l’accesso alla più celebre enciclopedia universale su Internet perché contenente definizioni scomode come: Tiananmen 1989 e democrazia, Tibet e repressione […]. Per chi sta in Cina il sito non risponde più: schermo vuoto, “non disponibile per ragioni tecniche”. […] Il Center for Internet and Society dell’Università di Harvard lo ha definito “il più sofisticato sforzo in atto nel mondo” per controllare il cyberspazio”. 15 D. Shambaugh, China’s Propaganda system: institutions, processes and efficay , in “The China Journal”, 57, 2007, pp. 25-58. 16 Adottate il 5 luglio 1994, in seno all’ottavo meeting del Comitato Permanente dell’Ottavo Congresso Nazional Popolare, promulgate dal Presidente della RPC - disposizione n.28 - ed effettive dal 1 gennaio 2005. 17 V. Ghiringhelli, Han Dongfang e “l’altro sindacato”, tesi di laurea dell’Università degli Studi di Torino, a.a. 2005-2006, non pubblicata.

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In una dichiarazione del 1998, Hu Jingtao (Presidente della RPC dal 2003) dichiara: “I sindacati cinesi sono organizzazioni di massa della classe operaia sotto la leadership del Partito, agiscono come un ponte unendo il Partito allo staff ed ai lavoratori giocando un ruolo chiave. Sono le colonne sociali del potere politico statale”. Questa visione del “sindacato-cinghia di trasmissione del partito” è molto lontana dagli orientamenti in materia prevalenti in Occidente18. L’ingresso degli stranieri sta modificando il sistema di relazioni industriali. Nel 2001 la Cina ha ratificato parte delle convenzioni ILO (International Labour Organization) sui diritti sociali e culturali, ma non ha aderito alle convenzioni 87 e 98 concernenti proprio il diritto d’associazione e di contratto collettivo, mettendosi così al riparo da eventuali sanzioni. D’altra parte, molti investitori stranieri beneficiano grandemente della assenza di tutela e di diritti dei lavoratori cinesi19.

1.4 Ruolo della Cina negli equilibri politici internazionali La Cina, membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, svolge un ruolo fondamentale negli equilibri politici internazionali. Secondo gli intervistati, qual è stata la linea politica seguita dal paese in occasione della guerra in Iraq? Ha partecipato al conflitto o ha preferito tenersi fuori? Un primo sguardo alla fig. 6 rivela come sia ovunque diffusa la convinzione di un’assoluta estraneità della Cina al conflitto iracheno (76,3% a Torino; 77,9% nell’area metropolitana; 78% in provincia; 78,6% in Piemonte). La Cina è stata una protagonista attiva della guerra solo per una bassa percentuale di intervistati, pari a circa il 20% in tutte le aree analizzate.

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Torino Areametropolitana

Provincia diTorino

Piemonte

La Cina è stata in qualche modo coinvolta La Cina è non stata coinvolta

Fig. 6: Opinione sul coinvolgimento della Cina nella guerra in Iraq (distribuzione percentuale)

18 La presenza dei sindacati varia da settore a settore, con un’ulteriore differenza fra imprese statali, 90%, e private, 30%. Nelle imprese a capitale straniero la percentuale s’innalza al 50%. A Hong Kong, che gode di un particolare sistema legislativo, nel 1994 Han Dong Fang ha fondato il China Labour Bullettin (CLB, http://www.china-labour.org.hk), una delle voci più autorevoli ed ascoltate nel dibattito sulle rivendicazioni sindacali, attivo nella promozione di attività indipendenti dall’ACFTU. Trova legittimazione della sua attività nelle convenzioni ILO n. 87 e 98 e nell’art. 9 della Legge sui Sindacati. 19 Nel saggio di Aaron Halegua The Debate Over Raising Chinese Labor Standards Goes International , in “Harvard Law&Policy Review” (www.hlpronline.com/2007/04/halegua_01.html) si riporta il dibattito sorto intorno al disegno di legge cinese Labour Contract Law (LCL), che concederebbe maggiore tutela e nuovi diritti ai lavoratori. La Camera di Commercio Americana a Shanghai afferma che le compagnie americane potrebbero abbandonare il territorio cinese perché la legge concede “troppo” ai lavoratori.

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Ma qual è stato effettivamente il ruolo della Cina? Per individuare la posizione ufficiale della Cina nei confronti della questione irachena, si è andati a rileggere i periodici dell’anno 200320, di cui riportiamo alcuni estratti. In generale, Cina e Russia ribadiscono la propria determinazione a compiere il massimo sforzo per promuovere una soluzione pacifica della questione irachena. Da parte cinese leggiamo: “[…] In quanto membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e grande paese responsabile, la Cina ha compiuto instancabili sforzi per offrire il suo contributo alle parti in causa, in attesa di arrivare ad una soluzione pacifica del problema tramite la via diplomatica”21. La posizione del governo cinese sul problema dell’Iraq, può essere riassunta in quattro punti.

1. La raccomandazione di risolvere il problema per mezzo della via politica nel quadro dell’ONU e adottare tutte le misure possibili per evitare la guerra.

2. L’impegno richiesto agli ispettori dell’ONU affinché rinforzino la loro ispezione sugli armamenti in Iraq per assicurare l’applicazione della risoluzione 1441 del Consiglio di Sicurezza.

3. La richiesta che l’Iraq applichi alla lettera e in maniera integrale le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, in modo tale che questo paese realmente non possegga alcuna arma di distruzione di massa.

4. La contestuale richiesta che il rispetto della sovranità, dell’indipendenza e dell’integrità territoriale dell’Iraq dovranno essere rispettate.

Concentriamo ora la nostra attenzione su quanti (circa il 20% delle quattro popolazioni analizzate) credono al coinvolgimento della Cina nella guerra in Iraq, ed andiamo a vedere qual è stato, secondo questi intervistati, il ruolo del paese nel conflitto (tab. 4). Balza subito agli occhi come sia piuttosto nutrito il gruppo di intervistati che non riesce a dichiarare né il proprio accordo né il proprio disaccordo in merito alle affermazioni proposte. La percentuale dei “non so” è elevata, e si attesta su valori mai inferiori al 34%. Per tutte le popolazioni analizzate, risulta nettamente prevalente la convinzione secondo cui la Cina ha inviato armi in Iraq: la maggioranza relativa delle persone (più del 40%) ritiene che vi sia stata fornitura di armamenti. Ma qual è stata la politica effettivamente seguita dal paese? Se ci atteniamo a quanto riportato dal portavoce del Ministro cinese degli Affari Esteri, la Cina non sembra aver fornito alcun tipo materiale bellico all’Iraq dopo la crisi del Golfo del 1990 (People’s Daily 09/04/2003). La percezione degli intervistati sembra dunque scostarsi dalla realtà dei fatti. La linea seguita dalla Cina al Consiglio di Sicurezza dell’ONU è un aspetto su cui gli intervistati si mostrano incerti, come suggerisce la percentuale particolarmente alta di risposte “non so”, che nel complesso supera di poco il 50%. Tra le persone che si sono espresse, in tutte le popolazioni considerate, ad eccezione di Torino, si registra la leggera prevalenza di quanti non credono che la Cina abbia votato a favore della guerra in Iraq. 20 Le fonti consultate sono: -People’s Daily (Renmin Ribao online), il quotidiano nazionale più letto nel paese, pubblica articoli rigardanti economia, cultura e istruzione, nonché notizie dal mondo (http://www.peopledaily.com.cn); -Beijing Review, settimanale in lingua inglese incentrato sulla politica internazionale. È corredato da una versione online (http://www.bjreview.com.cn); -Rainet news, di cui la fonte è la Xinhau Agency, l’agenzia stampa ufficiale del paese, offre una panoramica informativa ampia, le notizie dell’ultima ora e le quotazioni delle borse nazionali (http://www.xinhuanet.com). 21 Tratto da La posizione cinese inerente al problema iracheno e gli sforzi compiuti dalla Cina per una soluzione pacifica del problema, in “People’s Daily”, 3 marzo 2003. La posizione cinese in merito alla guerra continua ad essere ribadita in successivi articoli. Uno tra questi, di stampo simile è: Sintesi: La posizione cinese per una soluzione pacifica del problema iracheno, in “People’s daily”, 10 marzo 2003. In L’APN sostiene la posizione del Governo cinese sul problema dell’Iraq e il problema nucleare della RPDC, in “People’s daily”, 5 marzo 2003, si sottolinea come il Partito Nazionale Polpolare sostenga la posizione del governo cinese in merito alla questione.

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La Cina, ricordiamo, ha votato contro la guerra e a favore della risoluzione 1441. Inoltre, congiuntamente a Francia a Russia, in opposizione ad un testo contente il diretto mandato all’intervento militare, ha emesso un documento comune per precisare che la risoluzione 1441 “esclude qualsiasi automaticità nell’uso della forza”, poiché in caso di inadempienza di Baghdad “spetterà al Consiglio di Sicurezza assumere una decisione sulla base del rapporto degli ispettori”. L’idea che la Cina influenzi la politica estera statunitense in conseguenza dei propri investimenti finanziari in Usa convince una percentuale maggioritaria di intervistati: si va dal 34,5% dei piemontesi al 43,8% degli abitanti dell’area metropolitana torinese (AMT). È difficile dire se questi intervistati hanno risposto correttamente alla domanda. La Cina ha sì acquisito un terzo del debito pubblico americano22, ma non necessariamente il paese riesce ad incidere sulle decisioni americane. Un caso significativo si è verificato nel 2005 quando la Cina ha tentato di acquistare una compagnia petrolifera americana, la Unocal, proprietaria di giacimenti di gas per 18 miliardi di dollari. Il Congresso degli Stati Uniti ha bloccato l’affare, pensando che l’intento della Cina fosse quello di impossessarsi delle scorte petrolifere degli Stati Uniti. La Cina produce beni a basso costo e li vende agli Usa, e con il ricavato acquista buoni del Tesoro Usa; quindi, la Cina dà denaro agli americani affinché comprino beni cinesi, ma, qualora i fattori dello scambio si modificassero e la Cina, con la sua valuta, intendesse comprare beni americani “strategici” e non di consumo, finirebbe con lo scontare pesantissime diffidenze da parte statunitense, e non solo.

Torino AMT Provincia Piemonte

Vero 44,4 49,2 54,0 47,9 Falso 13,9 15,0 12,1 14,0

Non so 41,8 35,8 33,9 38,1 “La Cina ha inviato armi in Iraq”

Totale 100 100 100 100 Vero 22,4 19,8 17,8 21,8 Falso 18,2 23,6 26,6 29,0

Non so 59,4 56,6 55,7 49,2

“Al Consiglio di Sicurezza dell’ONU la Cina ha votato a favore della guerra in Iraq”

Totale 100 100 100 100 Vero 38,2 43,8 41,7 34,5 Falso 15,2 15,9 19,3 23,6

Non so 46,6 40,2 39,0 42,0

“La Cina investe molti soldi negli USA e quindi influisce sulle decisioni di politica estera prese dagli americani” Totale 100 100 100 100

Tab. 4: Opinioni sul coinvolgimento della Cina nella guerra in Iraq (distribuzione percentuale) (base: persone secondo cui la Cina è coinvolta nella guerra in Iraq)

Abbiamo chiesto ai nostri intervistati di immaginare quale potrebbe essere il ruolo della Cina in un ipotetico conflitto prolungato tra Occidente e Islam. La figura 7 evidenzia che, per circa i tre quarti degli intervistati, non è realistica l’idea che la Cina si schieri a favore di una o dell’altra parte: queste persone si distribuiscono abbastanza equamente fra quanti credono che il paese rimarrebbe neutrale (dal 37,2% di Torino al 39,1% del Piemonte) e quanti dicono che cambierebbe alleati in base al proprio interesse immediato (dal 37% della provincia al 39,3% della regione).

22 Gli Stati Uniti, il paese con il maggior debito al mondo, oggi dipende dal capitale cinese per sottoscrivere il suo debito sempre crescente. Se la Cina decidesse di indirizzare altrove il suo surplus di capitali, o in investimenti interni o nello sviluppo di petroli, gas e risorse minerarie altrove nel mondo, l’economia degli Stati Uniti entrerebbe in crisi.

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A credere ad un’alleanza tra Cina e Islam sono pochi: questa opinione è più diffusa in provincia (9,3%) che nelle rimanenti aree considerate (Torino: 7,7%, area metropolitana: 8,6%, Piemonte: 7,2%). Un po’ più numerosi (circa il 14% in Piemonte ed il 16% nelle altre tre popolazioni) sono coloro che prevedono un’intesa tra Cina e Occidente.

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Formerebbe alleanza con paesi islamici Formerebbe alleanza con paesi occidentaliCambierebbe in base all'interesse immediato Resterebbe neutrale

Fig. 7: Opinione sul ruolo della Cina in un eventuale conflitto Occidente-Islam (distribuzione percentuale)

L’analisi dei dati ha evidenziato che l’opinione sul ruolo della Cina in un ipotetico conflitto Occidente-Islam risulta dipendere significativamente dall’orientamento elettorale delle persone, anche a parità di caratteristiche sociodemografiche23: l’idea che la Cina potrebbe costituire una potenziale minaccia – perché pronta a schierarsi con i paesi islamici o a cambiare bandiera in base al proprio interesse immediato – convince gli elettori piemontesi orientati verso i partiti minori, rispetto agli elettori del centro sinistra e dell’estrema sinistra, ma ancor di più risulta condivisa dai sostenitori del centro destra. A Torino, scompare la frattura tra elettori del centro destra e elettori del centro sinistra; si osserva invece che le persone orientate verso l’estrema sinistra oppure i partiti minori sono maggiormente propense a credere che la Cina si schiererebbe al fianco dell’Occidente o rimarrebbe neutrale24. Nella realtà dei fatti, il rapporto tra la Cina e il mondo islamico è estremamente complesso e la Cina ha posizioni assai meno radicali dell’Occidente. D’altra parte, la sua prudenza è certamente connessa con la fortissima presenza islamica in regioni di confine come il Xinjiang, regione autonoma a statuto speciale abitata in misura largamente maggioritaria da popolazioni di ceppo turco e lingua uigura. Si tratta di una regione di importanza strategico-territoriale immensa e dalle ricchissime risorse naturali (compreso il petrolio), percorsa da tentazioni separatiste e già protagonista di sanguinose rivendicazioni separatiste (attentati sugli autobus e nelle metropolitane), con la quale il governo di Pechino ha tutto l’interesse a mantenere il dialogo.

23 I risultati sono stati ottenuti mediante un modello di regressione logistica multipla. La variabile dipendente è la dicotomia che separa chi percepisce la Cina come una minaccia per l’Occidente in un eventuale conflitto Occidente-Islam, da chi non condivide questo timore (”La Cina formerebbe un’alleanza con i paesi islamici/Cambierebbe le proprie alleanze in base al suo interesse immediato” versus ”La Cina formerebbe un’alleanza con i paesi occidentali/Rimarrebbe neutrale”). Le variabili indipendenti sono: sesso, istruzione, età, ampiezza del comune di residenza, gruppo occupazionale, intenzione di voto, numero di componenti della famiglia, reddito famigliare mensile al netto delle tasse, opinione sulla democraticità dell’attuale sistema politico cinese. Per le modalità in cui sono stati articolati i regressori ed i gruppi di riferimento selezionati, si vedano le note 1 e 4. L’r 2 di Cox e Snell del modello è 0,021. L’r2 di Nagelkerke del modello è 0,028. 24 L’r 2 di Cox e Snell del modello è 0,119. L’r2 di Nagelkerke del modello è 0,159.

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1.5 Investimenti finanziari e produttivi della Cina in Africa La questione degli investimenti economici della Cina in Africa è un aspetto su cui gli intervistati hanno difficoltà ad esprimere un’opinione: la percentuale delle risposte “non so” supera ovunque il 60%. Tra gli intervistati che prendono posizione, prevalgono leggermente coloro che credono che la Cina sia impegnata in questo tipo di investimenti: si va dal 20,6% dei piemontesi al 25,7% dei residenti nell’area metropolitana torinese (tab. 5). La Cina investe in

Africa La Cina non investe

in Africa Non so Totale

Torino 25,6 14,2 60,2 100 AMT 25,7 13,1 61,3 100 Provincia di Torino 23,8 15,1 61,1 100 Piemonte 20,6 14,1 65,2 100

Tab. 5: Opinione sugli investimenti finanziari e produttivi della Cina in Africa (distribuzione percentuale) La Cina ha iniziato la sua nuova penetrazione finanziaria e produttiva in Africa circa 10 anni fa, attirata dalle ricchezze minerarie del continente - soprattutto dalle sue riserve di petrolio e gas - in un momento di grave deficit energetico collegato anche alla sua rapida crescita economica. È stata anche la presenza di mercati di facile penetrazione ad attrarre l’attenzione di Pechino. La politica cinese in Africa è tendenzialmente di tipo bilaterale, vale a dire orientata con politiche specifiche per ciascun singolo paese africano e coinvolge circa 50 paesi. Anche se non esiste alcun elenco ufficiale di “partner strategici”, il Governo cinese individua almeno 10 paesi quali “partner chiave per la cooperazione strategica in Africa”: Angola, Algeria, Egitto, Etiopia, Ghana, Kenya, Nigeria, Sud Africa, Sudan, Zambia. Nella Dichiarazione finale del Summit “Cina–Africa” (dicembre 2006) vengono identificate “nuove partenership strategiche” basate sull’ “equidistanza politica, cooperazione economica e culturale win-win”. La Cina, in linea di massima, attua una politica di cosiddetta “non ingerenza” negli affari interni dei singoli paesi e non pone condizioni di tipo politico, ad esclusione dell’obbligo di adesione al principio di “una sola Cina”; di fatto, tuttavia, la forte pressione dei paesi occidentali in relazione ai “diritti umani” sta modificando in parte il suo ruolo politico, come testimonia la sua adesione alla risoluzione 1679 - che prevede un intervento delle Nazioni Unite nel Darfur - e come appare nella sua recente proposta di intermediazione diretta sulla questione del Darfur, anche se “nel rispetto dei confini territoriali, della non aggressione e della non interferenza negli affari interni di ogni singolo paese” (da P. Zhongying, The evolution of China’s approaches and principles to Africa: the successes and challenger, in “China Outside China: China in Africa”, Quaderni del CASCC, in corso di stampa).

1.6 Responsabilità della Cina nell’inquinamento a livello globale Abbiamo chiesto ai nostri intervistati di indicare quanto dell’inquinamento mondiale è attualmente imputabile alla Cina. Emerge una sostanziale omogeneità tra le risposte date nelle quattro aree considerate (fig. 8): la maggioranza relativa ritiene che una quota compresa fra il 20 ed il 50% dell’inquinamento mondiale sia attualmente dovuto alla Cina. Meno severe sono le stime di poco più di un terzo degli intervistati, che imputano al paese non più del 20%. Al contrario, il 15% circa dei rispondenti sono convinti che la Cina sia da sola responsabile di più del 50% dell’inquinamento mondiale.

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50

Torino Areametropolitana

Provincia diTorino

Piemonte

Meno del 10% Tra il 10 e il 20% Tra il 20 e il 50% Più del 50%

Fig. 8: Opinione sulla responsabilità della Cina nell'inquinamento mondiale (distribuzione percentuale)

Se chiediamo agli intervistati di pronunciarsi sulla responsabilità nell’inquinamento mondiale di un’altra grande nazione, ovvero gli Stati Uniti, la distribuzione delle risposte non si modifica in modo rilevante rispetto a quella registrata per la Cina, e ciò vale per tutte le quattro popolazioni studiate. La maggioranza delle persone (poco più del 40%) considera gli Usa responsabili del 20-50% dell’inquinamento mondiale; seguono quel terzo di intervistati secondo cui il paese produce da solo non più del 20%, e le persone (circa il 20%) che attribuiscono agli Stati Uniti una responsabilità quantificata in più del 50% (fig. 9).

0

5

10

15

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2530

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40

45

50

Torino Areametropolitana

Provincia diTorino

Piemonte

Meno del 10% Tra il 10 e il 20% Tra il 20 e il 50% Più del 50%

Fig. 9: Opinione sulla responsabilità degli Usa nell'inquinamento mondiale (distribuzione percentuale)

Per avere un’idea sull’andamento dell’inquinamento negli ultimi anni, abbiamo considerato i rapporti emessi dal WWF, “Lo stato del pianeta”25. Sulla base del rapporto a cura di Bernie Fischiowitz, gli Stati Uniti figuravano nel 2001 come il maggior produttore al mondo di emissioni di carbonio, con il 24% del totale mondiale, mentre la Cina figurava come secondo paese emittente, responsabile del 14%. Da un rapporto successivo, a cura di Lila Buckley del Earth Policy Institute, si legge che: “Nel 2003, i 2/3 delle emissioni di carbonio dovute ai combustibili fossili provengono da soli 10 paesi. Al primo posto si

25 Direttamente reperibili dal sito del WWF.

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collocano gli Stati Uniti, che con il 5% della popolazione mondiale producono circa un quarto del totale. La Cina è seconda, con circa il 14%, seguita da altri importanti paesi come Russia, Giappone, India e Germania26”. Sulla base di questi dati, pur talvolta non omogenei tra loro, a dimostrazione della difficoltà di stabilire criteri universalmente riconosciuti di rilevazione, la maggioranza relativa dei nostri intervistati dimostra di aver ragione quando considera gli USA responsabili dell’inquinamento per il 20-50%. Per quanto riguarda la Cina, invece, solo un terzo dimostra una conoscenza realistica: la maggioranza relativa, infatti, sovrastima l’impatto ambientale della Cina, a cui viene imputato un valore compreso fra il 20-50% quando in realtà è responsabile del 14% delle emissioni totali di sostanze inquinanti. È plausibile ipotizzare (secondo quanto riporta il rapporto “State of the world 2006’ del Worldwatch Institute27) che la quantità di emissione da parte della Cina sia aumentata nell’arco degli ultimi tre anni, ma nel rapporto non sono state trovate fonti percentuali specifiche. Per quel che riguarda la Cina, la consapevolezza della esigenza di una politica ambientale sta comunque facendosi strada28. Dagli anni ’90 si può cominciare a parlare di provvedimenti legislativi specifici in materia di tutela ambientale, cui si accompagnano, tuttavia, iniziative molto discusse, come la costruzione della diga sulle Tre Gole, il cui impatto ambientale e umano è bene esemplificato nel recente film Still Life. 2. LA PERCEZIONE DELLE RELAZIONI ECONOMICHE ITALIA-CINA

2.1 La Cina come concorrente per l’economia italiana Al fine di indagare la percezione della pericolosità della Cina in quanto concorrente dell’economia italiana, abbiamo chiesto ai nostri intervistati di indicare, all’interno di una breve lista di paesi extra europei, la nazione che prevedono sarà il nostro principale concorrente economico nei prossimi dieci anni (tab. 6), e quale ritengono, al contrario, sarà il concorrente meno pericoloso (tab. 7).

Torino Piemonte Grandi città Italia Cina 85,6 Cina 85,4 Cina 85,7 Cina 87,7 India 7,6 India 7,3 India 9,7 India 6,4 Giappone 3,0 Giappone 4,1 Giappone 2,5 Giappone 3,1 Corea del Sud 1,8 Corea del Sud 1,4 Corea del Sud 1,8 Russia 1,4 Russia 1,4 Russia 1,3 Russia 0,2 Corea del Sud 1,0 Brasile 0,6 Brasile 0,5 Brasile 0,1 Brasile 0,4 Totale 100 Totale 100 Totale 100 Totale 100

Tab. 6: Previsione degli intervistati relativamente al principale concorrente per l’economia italiana nei prossimi dieci anni (distribuzione percentuale)

Tra gli intervistati delle quattro popolazioni si registra un assoluto accordo rispetto alla previsione della Cina come concorrente economico più pericoloso per il prossimo futuro: le percentuali di persone che

26 L. Buckley, Le emissioni di carbonio raggiungono livelli record, in WWF (a cura di), Stato del Pianeta. Lila Buckley lavora all’Earth Policy Institute (http://www.earth-policy.org), istituto che ha come scopo quello di fornire possibili soluzioni nell’ambito di un’economia eco-sostenibile. 27 Il Worldwatch Insitute (http://www.worldwatch.org) è un istituto che si occupa di ricerca in campo ambientale, sociale, economico. 28 Per ulteriori informazioni sulla politica ambientale cinese consultare il sito dell’Associazione Italia-Cina (http://www.italiacina.org/politica/polamb.htm).

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formulano questa previsione superano l’85%. Accordo sostanzialmente totale anche rispetto alla graduatoria delle altre nazioni che, ad amplissima distanza dalla Cina, vengono percepite come le concorrenti principali per l’economia italiana: da notare che i due paesi non asiatici (Russia e Brasile) raccolgono le percentuali più basse. Anche per quanto riguarda la previsione sul concorrente economico meno pericoloso, registriamo una convergenza totale sul Brasile da parte delle quattro popolazioni, così come c’è accordo sulle due nazioni che raccolgono le percentuali di risposta più basse (Cina e Giappone). Un certo grado di disaccordo emerge, invece, in relazione ai paesi indicati secondo percentuali intermedie.

Torino Piemonte Grandi città Italia Brasile 44,6 Brasile 39,2 Brasile 45,5 Brasile 42,7 Russia 16,4 India 20,9 India 16,6 Russia 19,9 Corea del Sud 16,3 Russia 19,3 Corea del Sud 16,2 India 15,7 India 15,1 Corea del Sud 14,6 Russia 15,8 Corea del Sud 15,0 Giappone 7,2 Giappone 5,4 Giappone 5,6 Giappone 5,6 Cina 0,4 Cina 0,6 Cina 0,3 Cina 1,1 Totale 100 Totale 100 Totale 100 Totale 100 Tab. 7: Previsione degli intervistati relativamente al concorrente meno pericoloso per l’economia italiana nei prossimi dieci anni

(distribuzione percentuale) Attualmente, lo scenario della concorrenza internazionale si caratterizza per la presenza di cinque grandi spazi economici, a cui si accompagnano altrettanti grandi operatori: Cina, India, UE, paesi del NAFTA (North America Free Trade Agreement: USA, Canada, Messico), area del Pacifico compreso il Giappone. Si tratta di spazi molto vasti, con una caratteristica importante: la popolazione della Cina è tre volte quella dell’UE allargata e altrettanto lo è rispetto alla popolazione NAFTA. Se poi alla Cina aggiungiamo la popolazione dell’India si arriva ad un numero di persone che rappresenta un potenziale di consumo fino a ieri non percepito adeguatamente da imprese ed istituzioni occidentali. Con questi pochi numeri si riesce forse a dare un’idea del cambiamento che sta avvenendo ed in parte è già avvenuto. La Cina si è risvegliata e sta cambiando la geografia economica mondiale, dando all’Asia il ruolo di “apripista” dello sviluppo globale29. E’ bene aggiungere, inoltre, che, ormai da qualche anno, si parla del cosiddetto “blocco dei paesi del BRIC”, che comprende, oltre alla Cina ed all’India, il Brasile e la Russia: un gruppo di economie affermatosi sulla scena mondiale a tal punto che non si possono più definire emergenti, visti i loro tassi di crescita30. Alla luce di queste considerazioni, le stime dei nostri intervistati, che nella quasi totalità considerano la Cina il principale concorrente dell’economia italiana nel prossimo futuro, possono dirsi fondate; è altresì evidente la sottovalutazione nei confronti del Brasile, sempre ultimo nella graduatoria dei concorrenti più

29 Cina e America Latina nel nuovo scenario competitivo, in “ISPI”, 20, 2005, pp. 26-29. 30 In relazione alla crescita delle economie mondiali, il “Global Economics Paper” n.99 (anno 2004) dell’americana “Goldman Sachs”, da circa mezzo secolo una delle più importanti banche d’investimento al mondo, per il prossimo quadriennio ipotizza una crescita molto sostenuta delle economie di Brasile, Russia, India e Cina. Si veda anche S. Minolfi (a cura di), Il cosiddetto “impero” e la decadenza del capitalismo occidentale: una proiezione al 2050, in “Giano”, 46, 2004;Valute e Paesi emergenti dopo il G7 di Essen, in “Il Sole 24 ORE”, 12 febbraio 2007. Per quanto riguarda le previsioni di sviluppo delle economie citate nel testo, si veda: Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici ICE estero, primo semestre 2006, Brasile; Micaela Cappellini (a cura di), Boom di investimenti sulla rotta Sud-Sud, in “Il Sole 24 ORE”, 17 ottobre 2006; Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici ICE estero, primo semestre 2006, Federazione Russa; Rappori Paese congiunti Ambasciate/Uffici ICE estero, primo semestre 2006, Giappone; Nota congiunturale, primo trimestre 2006, Istituto Commercio Estero, Corea del Sud. I riferimenti forniti hanno solo valore esemplificativo all’interno della vasta bibliografia.

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pericolosi (cfr. tab. 6), e sempre primo nella classifica delle economie più deboli (cfr. tab. 7), con un distacco rilevante rispetto alle seconde posizioni, ovvero Russia ed India.

2.2 La Cina come opportunità per l’economia italiana Abbiamo chiesto agli intervistati di prendere posizione rispetto ad un dilemma che riguarda le conseguenze, per la nostra economia, della crescente delocalizzazione in Cina di stabilimenti industriali italiani. Questa decisione configura un’opportunità per l’economia del nostro paese, in quanto consente di ridurre i costi della produzione, e quindi tenere bassi i prezzi? Oppure comporta soprattutto il rischio di far perdere molti posti di lavoro agli italiani? Gli intervistati prendono massicciamente posizione contro l’insediamento di stabilimenti industriali italiani in Cina, in ragione del rischio che prevedono per i nostri lavoratori. Possiamo registrare una vicinanza tra Torino, la sua area metropolitana e la provincia, da un lato, e Piemonte ed Italia dall’altro, mentre un po’ meno pessimiste sono le previsioni formulate dai residenti delle grandi città (tab. 8). Gli stabilimenti italiani in Cina

sono un’opportunità Gli stabilimenti italiani in Cina

sono un rischio Totale

Torino 16,4 83,6 100 AMT 15,4 84,6 100 Provincia di Torino 15,9 84,1 100 Piemonte 12,9 87,1 100 Grandi città 18,1 81,9 100 Italia 13,0 87,0 100

Tab. 8: Opinione sulle conseguenze della delocalizzazione industriale italiana in Cina (distribuzione percentuale) Abbiamo visto che gli intervistati non credono al trasferimento di stabilimenti italiani in Cina come ad un’opportunità per la nostra economia, in particolare perché temono che questo processo si traduca in una perdita di occupazione per i nostri lavoratori. Ciò nonostante, per la maggioranza degli intervistati (tab. 9) la Cina si configura come un mercato enorme, in cui nei prossimi anni l’Italia saprà investire e guadagnare. In realtà, queste due convinzioni non sono necessariamente in contraddizione tra loro, perché è possibile che la maggior parte degli intervistati creda che l’ingresso nel mercato cinese si tradurrà in importanti opportunità di guadagno, le quali però interesseranno soltanto marginalmente i lavoratori italiani, andando invece a beneficio soprattutto di imprenditori ed investitori finanziari. La Cina è un mercato enorme, in cui nei prossimi anni l’Italia saprà investire e guadagnare”

Molto d’accordo

Abbastanza d’accordo

Poco d’accordo

Per niente d’accordo Totale

Torino 18,8 47,2 25,7 8,3 100 AMT 18,4 48,7 24,8 8,1 100 Provincia di Torino 17,4 46,8 27,5 8,3 100 Piemonte 15,6 46,7 30,0 7,7 100

Tab. 9: Opinione sulla Cina come opportunità di investimento e guadagno per l’Italia (distribuzione percentuale)

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Ci siamo chiesti che cosa contraddistingue i piemontesi che si dichiarano d’accordo con la precedente affermazione dai corregionali che sono in disaccordo31. La tabella seguente (tab. 10) evidenzia come la probabilità di vedere nella Cina occasioni di investimento e guadagno per l’Italia è significativamente superiore per gli uomini, i quali, lo ricordiamo, nutrono una maggior fiducia rispetto alle donne anche per quanto riguarda la trasformazione democratica del grande paese asiatico. Per gli inoccupati (pensionati, casalinghe, invalidi non occupati), la piccola borghesia relativamente autonoma (commercianti, esercenti, artigiani) e la borghesia (imprenditori, liberi professionisti) l’ottimismo è più diffuso se paragonato a quello degli altri gruppi occupazionali considerati, ovvero operai, insegnanti ed impiegati. Gli inoccupati confermano quell’orientamento fiducioso verso la Cina già evidenziato a proposito del futuro democratico del paese; l’ottimismo dimostrato dagli esponenti della borghesia e dai lavoratori autonomi con partita Iva potrebbe essere espressione di una particolare attenzione alla crescita delle relazioni commerciali e finanziarie Italia-Cina, attenzione sviluppata alla luce di esperienze di lavoro dirette con operatori economici cinesi, oppure di una specifica conoscenza professionale. Inoltre, è possibile che, per una parte di questi gruppi occupazionali, l’ottimismo sulle iniziative economiche italiane in Cina si colleghi alla speranza di ottenere guadagni personali grazie a scambi commerciali, investimenti produttivi e/o finanziari con imprese cinesi. La fiducia nelle opportunità che la Cina saprà offrire all’economia italiana si riduce per gli elettori orientati verso il centro destra e, molto più nettamente, per quelli simpatizzanti la Lega Nord, se confrontati con gli elettori del centro sinistra; i sostenitori della Casa delle Libertà mostrano, a livello di relazioni Italia-Cina, quella diffidenza già espressa nei confronti della Cina come nazione. Un minore ottimismo contraddistingue non tanto le persone “oggettivamente” vulnerabili da un punto di vista economico (coloro che ricadono nelle fasce di reddito più basse, o coloro che hanno contratto i propri risparmi nel 2006 rispetto al 2005), quanto piuttosto chi teme un peggioramento della propria situazione economica nei primi sei mesi del 2007: è come se, a partire da previsioni riguardanti la condizione economica personale, nelle aspettative delle persone si producesse un “effetto alone” che arriva ad interessare anche questioni macroeconomiche. L’orientamento fiducioso cresce quanto più si dimostra di conoscere la Cina, e, in misura maggiore, in relazione a due opinioni che riguardano, in prospettiva, la sfera della politica interna ed estera del paese. Da un lato, l’idea che il sistema politico cinese, pur non potendosi dire a tutt’oggi una democrazia, lo diventerà nel prossimo futuro, alimenta l’ottimismo sulle opportunità economiche italiane in Cina: si pone così un nesso tra affermazione della democrazia e sviluppo di condizioni favorevoli ad un’economia di natura capitalistica.

31 I risultati sono stati ottenuti mediante un modello di regressione logistica multipla. La variabile dipendente è la dicotomia essere molto/abbastanza d’accordo versus essere poco/per niente d’accordo con l’affermazione “La Cina è un mercato enorme, in cui nei prossimi anni l’Italia saprà investire e guadagnare”. Le variabili indipendenti sono: sesso, istruzione, età, ampiezza del comune di residenza, gruppo occupazionale, intenzione di voto, numero di componenti della famiglia, reddito famigliare mensile al netto delle tasse, opinione sulla democraticità dell’attuale sistema politico cinese, livello di conoscenza generale della Cina, opinione sul ruolo della Cina in un eventuale conflitto Occidente-Islam, valutazione della qualità dei prodotti importati dalla Cina, frequenza di acquisto del Made in China, la previsione della Cina come principale concorrente dell’economia italiana nel prossimo futuro (per le modalità in cui sono stati articolati i regressori ed i gruppi di riferimento selezionati, si vedano le note 1 e 4); ai regressori appena citati si aggiugono l’aspettativa sui cambiamenti della situazione economica personale nei primi sei mesi del 2007 (pessimismo, aspettativa di invarianza (gruppo di riferimento), ottimismo), una misura delle rinunce rispetto alle principali categorie merceologiche (cfr. batteria 7 del questionario in allegato) nel 2006 in confronto al 2005, l’entità del risparmio familiare nel 2006 in confronto al 2005 (la famiglia ha risparmiato di più, la famiglia ha risparmiato la stessa cifra (gruppo di riferimento), la famiglia ha risparmiato di meno, la famiglia non è riuscita a risparmiare né nel 2006 né nel 2005). L’r 2 di Cox e Snell del modello è 0,135. L’r2 di Nagelkerke del modello è 0,183.

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Dall’altro lato, i più ottimisti condividono l’aspettativa secondo cui la Cina, in un ipotetico conflitto Occidente-Islam, si schiererebbe con l’Occidente o rimarrebbe neutrale, anziché formare un’alleanza con i paesi islamici oppure cambiare di volta in volta gli alleati in base al proprio interesse immediato. In questo caso, l’allineamento tra nazioni dal punto di vista della politica estera (o perlomeno la loro non conflittualità) viene percepito come precondizione necessaria per l’instaurarsi di vantaggiose relazioni economiche.

+ + Commercianti/esercenti/artigiani

+ + Inoccupati

+ +

Previsione della Cina come alleata con l’Occidente oppure neutrale in un ipotetico conflitto tra Occidente e Islam

+ +

Opinione secondo cui la Cina non è una democrazia, ma in futuro lo diventerà

+ Imprenditori/liberi professionisti + Uomini + Conoscenza generale della Cina - Intenzione di voto al centro destra

- - Intenzione di voto alla Lega Nord

“La Cina è un mercato enorme, in cui nei prossimi anni l’Italia saprà investire e

guadagnare”

- - Previsione di un peggioramento della situazione economica personale nei prossimi sei mesi

Tab. 10: Determinanti dell’opinione dei piemontesi sulla Cina come opportunità di investimento e guadagno per l’Italia Per quanto riguarda la popolazione torinese, il pessimismo sulle opportunità economiche offerte dalla Cina all’Italia caratterizza non soltanto le persone che prevedono un peggioramento della propria situazione economica, ma anche chi ha ridotto i consumi oppure i risparmi nel 2006 rispetto al 2005, nonché coloro che si posizionano nella fascia di reddito familiare più bassa (sotto i 1.000 euro mensili) se confrontati con i più fortunati (sopra i 2.500 euro). Dal punto di vista dell’orientamento politico, rispetto agli elettori del centro sinistra si differenziano soltanto gli elettori del centro destra (nettamente meno fiduciosi), mentre il sostegno alla Lega non modifica in misura significativa l’opinione dei torinesi (a differenza di quanto registrato a livello regionale)32. In uno studio compiuto sui rischi e sulle opportunità di investimento in Cina33, Maria Weber illustra le caratteristiche dell’approccio imprenditoriale italiano. Essendo il nostro sistema industriale caratterizzato in prevalenza da piccole-medie imprese, risulta difficile per l’imprenditore non sentirsi “smarrito”. La dinamica che si viene a creare parte dalla percezione di una distanza culturale e linguistica (la mancanza di conoscenza di questi due aspetti è reale). Spesso, inoltre, le aziende hanno accusato un mancato supporto da parte sia delle banche, sia delle istituzioni del nostro paese. Questo incrementa la sensazione che la delocalizzazione determini una perdita del valore del Made in Italy, sia nell’immagine, sia nei vantaggi derivati dall’operare in un distretto specializzato. In passato, questi fattori hanno portato spesso ad approcci imprenditoriali fugaci e superficiali, con rapporti basati esclusivamente sulla vendita, con mancate strategie di lungo respiro atte a radicarsi nel territorio. La sfiducia esistente ancora oggi è l’eredità derivata da una mancata impostazione di strategie ben definite, con orizzonti a lungo termine, da parte delle istituzioni italiane. 32 L’r 2 di Cox e Snell del modello è 0,202. L’r2 di Nagelkerke del modello è 0,280. 33 M. Weber , La Cina non è per tutti, Ed. Olivares, Milano 2005.

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Il mercato cinese, secondo il punto di vista della Weber (opinione per altro condivisa, da una buona parte di esperti) potrebbe rappresentare una fonte di reali opportunità: si consideri anche che il reddito pro capite si sta innalzando nelle zone costiere e nelle grandi città, e che quindi si sta formando una classe media interessata all’acquisto di beni di lusso (di cui l’Italia è riconosciuta essere produttrice). In un rapporto compilato dall’ICE34, viene segnalato che, nel complesso, “le aziende italiane operanti in Cina (escludendo Hong Kong) sono circa 1.500, con una presenza diretta sotto varie forme. […]. In merito alle opportunità che il mercato cinese riserverà in futuro all’economia italiana, l’Italia ha già accumulato un preoccupante ritardo rispetto ad altri paesi occidentali, dal punto di vista degli investimenti industriali. In prospettiva, appare improbabile che questo divario venga colmato, soprattutto se le scelte delle nostre imprese continueranno ad essere focalizzate sull’attività tipicamente commerciale. Sarebbe opportuno, invece, che le imprese italiane facessero della Cina una tappa importante della loro strategia d’internazionalizzazione, passando a realizzarvi investimenti produttivi o di assemblaggio che consentano di operare all’interno del mercato e con prezzi competitivi. La convenienza di un maggiore coinvolgimento nella realtà produttiva cinese risiede non solo nel risparmio sui costi di produzione, ma anche nell’accorciarsi dei tempi di consegna sul mercato interno, nella gestione dell’assistenza e dei servizi post vendita e nella facilitazione concessa agli acquirenti locali che possono utilizzare valuta locale, evitando costose procedure di finanziamento in valuta estera. Secondo questo punto di vista, quindi, sarebbe sicuramente opportuno delocalizzare ed investire in Cina”.

2.3 Le relazioni commerciali Italia-Cina “Tra il 2000 e il 2005 il valore dei flussi di interscambio commerciale dell’Italia con la Cina è all’incirca raddoppiato, con aumenti pari al 101,1% per le importazioni ed al 93,5% per le esportazioni. L’importanza della Cina come partner commerciale dell’Italia è cresciuta in misura significativa negli ultimi cinque anni: la quota di vendite italiane in Cina sul totale del nostro paese passa dallo 0,9% al 1,6% (dal 2,3% al 3,8% considerando i soli paesi extra UE)”.35 “Tra i primi esportatori verso la Cina, l’Italia si colloca al 19° posto a livello mondiale, quarto paese europeo dopo la Germania, Russia e Francia. La crescita delle esportazioni italiane (+16,95%) è inferiore di circa 6,5% rispetto alla media europea (+20,83%). Per quanto riguarda le importazioni l’Italia è al decimo posto nella classifica mondiale, al quarto in quella europea dopo Germania, Olanda e Inghilterra. In base agli ultimi disaggregati disponibili di fonte Istat fino a giugno 2006, l’interscambio Italia- Cina è di 11.24 miliardi di euro, in aumento del 24,6% rispetto al corrispondente periodo del 2005. Nel periodo in esame, le esportazioni sono state pari a 2.754 milioni di euro (+25,1%), mentre le importazioni ammontano a 8.495 milioni di euro, registrando un aumento del 24,45% su base annua. Ne risulta un disavanzo commerciale dell’Italia verso la Cina di 5.741 milioni di euro, in aumento del 24,15% rispetto al corrispondente periodo dell’anno 2005”.36

34Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero primo semestre 2006, Repubblica Popolare Cinese, par. Valutazione degli investimenti diretti da e verso l’Italia. 35 Istat, Approfondimenti: “Il commercio estero dell’Italia con la Cina: bilancia commerciale, specializzazione merceologica e operatori all’esportazione. Anni 2000-2005”, Roma 2006. 36 Si veda Commercio estero e investimenti stranieri, in “Bollettino economico della Camera di Commercio Italiana in Cina”, primo semestre 2006, pp. 10-14 (le cui fonti sono la Camera di Commercio e l’Osservatorio Asia).

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a) Conoscenza, valutazione e frequenza di acquisto dei prodotti importati dalla Cina Consideriamo la conoscenza dei nostri intervistati in merito ai prodotti/servizi che l’Italia importa di più dalla Cina. Come illustrato dalla tabella seguente (tab. 11), si registra un accordo totale tra le quattro popolazioni relativamente al tipo di prodotto/servizio cinese maggiormente presente sul territorio nazionale. Secondo poco più del 50% degli intervistati, le importazioni riguardano principalmente l’abbigliamento; il tipo di prodotto che, dopo l’abbigliamento, viene più frequentemente indicato come il più importato dalla Cina sono i giocattoli (scelti da circa il 20% degli intervistati), seguito dai prodotti informatici (per loro, una percentuale di indicazioni attestata intorno al 10%).

Torino AMT Provincia di Torino Piemonte

Abbigliamento 51,1 52 50,9 53,3 Giocattoli 22,2 19,9 20,7 19,1 Prodotti informatici 9,6 11 11,3 9,8 Calzature 9,3 9,2 9,1 8,7 Elettrodomestici 4,4 4,9 4,8 4 Materie prime 1,7 1,7 1,5 2,7 Auto/moto cicli 1,6 1,2 1,6 2,3 Brevetti/licenze d’uso 0,1 0,1 0,1 0,1 Totale 100 100 100 100

Tab. 11: Tipo di prodotto/servizio che importiamo di più dalla Cina secondo l’opinione degli intervistati (distribuzione percentuale)

Secondo i dati Istat relativi all’import dalla Cina, “nel 2005 il comparto maggiormente rappresentativo è quello dei prodotti dell’industria tessile e dell’abbigliamento, con una quota totale degli acquisti dell’Italia dalla Cina pari al 21,8% (21% nel 2000); segue il settore degli apparecchi elettronici e di precisione (21,4% nel 2005 e 20,1% nel 2000) e quello delle macchine e apparecchi meccanici (12,2%, rispetto all’8,5% nel 2000). Da notare che i giocattoli, indicati da una percentuale non trascurabile di rispondenti (circa il 20%) come il principale prodotto cinese importato in Italia, non figurano tra le prime tre categorie merceologiche secondo i dati reperiti. Il confronto tra il 2000 e il 2005 evidenzia i comparti che hanno mostrato i maggiori aumenti nel loro peso relativo. Si tratta dei comparti delle macchine e apparecchi meccanici (+3,7 punti percentuali), dei metalli e dei prodotti di metallo (+1,7 punti percentuali), degli apparecchi elettrici e di precisione (+1,3 punti percentuali). In flessione le quote degli altri prodotti dell’industria manifatturiera (-3,9 punti percentuali), dei prodotti dell’agricoltura e della pesca (-1,8 punti percentuali) e dei prodotti alimentari, bevande e tabacco (- 1,1 punti percentuali)”37. “Le importazioni italiane rappresentano solo l’1,27% delle esportazioni cinesi. La categoria merceologica che ha contribuito di più in valore assoluto sono gli apparecchi audiovisivi e le loro parti ed accessori, per un ammontare di 1.416 milioni di euro (+34,32% rispetto al 2005). Un contributo altrettanto significativo è stato apportato dalla voce “reattori nucleari, caldaie, apparecchi e congegni meccanici e le loro parti”, per un ammontare di 1.081 milioni di euro (+12,16%), e da quella di indumenti e accessori di

37 Istat, Approfondimenti: Il commercio estero dell’Italia con la Cina: bilancia commerciale, specializzazione merceologica e operatori all’esportazione. Anni 2000-2005, Roma 2006.

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abbigliamento, diversi da quelli a maglia, per un ammontare di 601 milioni di euro (+24,80% su base annua). Dal punto di vista della crescita percentuale va infine sottolineato il contributo della categoria zinco che, nonostante sia limitata a 13 milioni di euro in valore assoluto, è cresciuta ad un tasso pari al 1.453%”.38 Passiamo ora a considerare la valutazione espressa a proposito della qualità dei prodotti importati dalla Cina: dai valori riportati nella tabella seguente risulta chiaro che, in tutte le aree territoriali considerate, la maggioranza assoluta degli intervistati si esprime negativamente (tab. 12).

Qualità ottima

Qualità discreta

Qualità accettabile

Qualità scarsa

Qualità pessima Totale

Torino 1,1 13,7 28,0 46,1 11,1 100 AMT 0,8 11,6 30,2 45,4 12,0 100 Provincia di Torino 1,5 11,8 29,7 45,6 11,4 100 Piemonte 1,2 10,2 29,9 46,9 11,8 100

Tab. 12: Valutazione della qualità dei prodotti importati dalla Cina (distribuzione percentuale) I piemontesi con meno di 30 anni affermano di apprezzare la qualità dei prodotti cinesi in misura maggiore rispetto a tutte le altre fasce di età: con l’avanzare dell’età la valutazione peggiora progressivamente. E’ probabile che le persone più giovani “incontrino” prodotti cinesi soprattutto nell’ambito di quei segmenti merceologici in cui tali prodotti presentano un’elevata qualità, mentre, in ragione delle categorie di beni di consumo verso cui risultano maggiormente orientate le persone anziane, il prodotto cinese che si offre loro per l’acquisto presenta una qualità oggettivamente più scarsa. Gli operai, gli studenti ed i lavoratori autonomi emergono come i gruppi occupazionali che esprimono i giudizi meno positivi. La valutazione della qualità è più favorevole per coloro che hanno un’opinione generale positiva sulla Cina: esiste quindi una relazione di causalità circolare, nel senso che l’opinione sulla nazione migliora la valutazione dei prodotti commerciali e viceversa (cfr. tab. 2), così come un punto di vista complessivamente critico sulla Cina alimenta un giudizio severo sulla qualità dei prodotti che da questo grande paese provengono, e viceversa. Giudizi più positivi sul Made in China per chi è orientato verso i partiti dell’estrem a sinistra rispetto a tutte le altre formazioni politiche, e per gli acquirenti dei prodotti cinesi: al crescere della frequenza di acquisto, aumenta il grado di soddisfazione per la loro qualità. Appartenere ad una famiglia con reddito complessivo netto compreso fra i 1.000 ed i 2.500 euro mensili determina una valutazione più positiva rispetto al provenire da famiglie poste agli estremi della distribuzione del reddito (sotto i 1.000 euro oppure oltre i 2.500 euro). Questo risultato si deve, probabilmente, al fatto che è piuttosto scarsa la qualità dei prodotti cinesi accessibili alla fascia di reddito più bassa, mentre il Made in China forse non arriva (ancora?) a soddisfare gli standard di qualità tipici dei prodotti abitualmente acquistati dalle famiglie più abbienti. In aggiunta a quanto riportato in tabella 13, una valutazione complessivamente negativa della qualità dei prodotti importati dalla Cina è alimentata anche da un punto di vista severo rispetto alle conseguenze del fenomeno di import sull’economia italiana: tale posizione critica è espressa attraverso l’accordo con affermazioni quali “l’Italia deve imporre al più presto delle restrizioni all’importazione dei prodotti dalla Cina” oppure il disaccordo con “importare prodotti cinesi è un vantaggio per l’economia italiana, perché

38 Si veda Commercio estero e investimenti stranieri, in “Bollettino economico della Camera di Commercio Italiana in Cina”, primo semestre 2006, pp. 10-14 (le cui fonti sono la Camera di Commercio e l’Osservatorio Asia).

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buona parte dei ricavi derivanti dalla loro vendita va ai grossisti e ai commercianti italiani che li distribuiscono”39.

+ + Persone sotto i 30 anni

+ + Acquisto prodotti cinesi almeno una volta alla settimana

+ + Acquisto prodotti cinesi almeno una volta al mese + Acquisto prodotti cinesi qualche volta all’anno + Reddito familiare tra i 1.000 ed i 2.500 euro mensili + Intenzione di voto all’estrema sinistra + Opinione positiva sulla Cina

- Previsione di un peggioramento della situazione economica personale nei prossimi sei mesi

- Studenti - Operai

Valutazione della qualità dei prodotti importati dalla Cina

- - Commercianti/esercenti/artigiani Tab. 13: Determinanti della valutazione espressa dai piemontesi sulla qualità dell’import Made in China

Per quanto riguarda la popolazione torinese, il pessimismo sulle opportunità economiche offerte dalla Cina all’Italia caratterizza non soltanto le persone che prevedono un peggioramento della propria situazione economica, ma anche chi ha ridotto i consumi oppure i risparmi nel 2006 rispetto al 2005, nonché coloro che si posizionano nella fascia di reddito familiare più bassa (sotto i 1.000 euro mensili) se confrontati con i più fortunati (sopra i 2.500 euro). Dal punto di vista dell’orientamento politico, rispetto agli elettori del centro sinistra si differenziano soltanto gli elettori del centro destra (nettamente meno fiduciosi), mentre il sostegno alla Lega non modifica in misura significativa l’opinione dei torinesi (a differenza di quanto registrato a livello regionale)40. In realtà, per quanto riguarda l’effettiva qualità dei prodotti cinesi e la loro certificazione di qualità, sono stati fatti enormi passi avanti, soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni Novanta. A questo proposito un articolo del Beijing Review41 informa che la Cina ha creato il Compulsory Product Certification System, un processo di approvazione della qualità di più ampia estensione, rispetto a quello adottato in passato. Pur tenendo conto del carattere di Beijing Review, di fatto espressione della posizione ufficiale del governo, la notizia non è priva di significato. Il sistema di controllo cui si fa riferimento, effettivo dal 1

39 I risultati sono stati ottenuti mediante un modello di regressione lineare multipla. La variabile dipendente è la valutazione espressa sulla qualità dei prodotti importati dalla Cina. Le variabili indipendenti sono: sesso, istruzione, età, ampiezza del comune di residenza, gruppo occupazionale, intenzione di voto, numero di componenti della famiglia, reddito famigliare mensile al netto delle tasse, livello di conoscenza generale della Cina, frequenza di acquisto del Made in China, opinione generale positiva/negativa della Cina, l’aspettativa sui cambiamenti della situazione economica personale nei primi sei mesi del 2007, una misura delle rinunce rispetto alle principali categorie merceologiche nel 2006 in confronto al 2005, l’entità del risparmio familiare nel 2006 in confronto al 2005 (per le modalità in cui sono stati articolati i regressori ed i gruppi di riferimento selezionati, si vedano le note 1, 4 e 31); ai regressori appena citati si aggiugono il grado di accordo/disaccordo rispetto alle seguenti affermazioni: “Se non corriamo ai ripari, fra qualche anno finirà che mangeremo pasta e pomodori prodotti in Cina”, “Nei prossimi anni le persone poco abbienti potranno arrivare a fine mese con meno fatica comprando prodotti cinesi a buon mercato”, “Molte piccole aziende italiane stanno rischiando di fallire a causa della massiccia importazione di prodotti cinesi”, “L’Italia deve imporre al più presto delle restrizioni all’importazione dei prodotti dalla Cina”, “Importare prodotti cinesi è un vantaggio per l’economia italiana perché buona parte dei ricavi derivanti dalla loro vendita va ai grossisti e ai commercianti italiani che li distribuiscono”. L’r2 corretto del modello è 0,198. 40 L’r 2 di Cox e Snell del modello è 0,202. L’r2 di Nagelkerke del modello è 0,280. 41 Beijing Review, 17, 2003, p. 23.

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maggio 2003, utilizza il solo marchio China Compulsory Certification (CCC) e contempla delle regolamentazioni per la certificazione dei prodotti e per l’applicazione stessa del marchio CCC, nonché un catalogo di prodotti soggetti a certificazione obbligatoria. La lista dei prodotti comprende cavi e fili elettrici, motori di piccola cilindrata, attrezzature per l’informazione tecnologica, apparati audiovisivi, attrezzature elettriche ad alto voltaggio, dispositivi medici, giocattoli e elettrodomestici. Accanto alla certificazione obbligatoria di qualità e sicurezza CCC, esiste una seconda certificazione nazionale cinese, la CQC (China Quality Certification): non è una certificazione obbligatoria, bensì supplementare, e richiederla è a discrezione della ditta. Può essere applicata, altresì, alla maggior parte dei prodotti non inclusi nella lista CCC. Quanto al rispetto delle norme relative all’impiego di sostanze chimiche nei prodotti tessili, comincia a profilarsi una certa attenzione verso la prestigiosa Oeko-Tex Standard100 Certification, come si evince dai documenti della China Camber of Commerce for Import & Export of Textiles. Alla fine dell’agosto 2002, nove ditte cinesi di abbigliamento hanno ottenuto la certificazione SA 8000 (responsabilità sociale delle imprese). Si tratta di un numero assolutamente risibile, ma è un segnale di nuova attenzione della Cina anche verso la funzione complessiva dell’impresa all’interno della società civile, fortemente enfatizzata in Occidente, e oggi sottolineata anche dalle grandi holding cinesi di carattere multinazionale, desiderose di accreditare all’estero un’immagine positiva di sé. Correlato indirettamente alla questione della qualità è il problema della contraffazione. Soprattutto in relazione con l’ingresso nel WTO, si è assistito ad un maggiore impegno delle autorità cinesi in proposito. Nel marzo 2000 è nata la Commissione per la Protezione dei Marchi di Qualità (Quality Brends Protection Commitee - QBPC) in risposta ad una richiesta internazionale al governo cinese affinché arginasse il fenomeno della contraffazione in Cina42. Quanto frequentemente capita ai nostri intervistati di comprare prodotti con marchio cinese o prodotti con marchio italiano ma Made in China? Le distribuzioni percentuali illustrate nella tabella seguente (tab. 14) mostrano che, in tutte le aree territoriali considerate, la maggioranza assoluta degli intervistati riporta di acquistare prodotti cinesi molto raramente o mai/quasi mai.

Più di una volta alla settimana

Una volta alla settimana/qualche volta al

mese

Una volta al mese

Qualche volta all’anno

Mai o quasi mai Totale

Torino 6,9 25,5 10,0 31,5 26,1 100 AMT 5,7 25,9 11,0 30,9 26,5 100 Provincia di Torino 5,5 25,6 11,0 30,1 27,8 100 Piemonte 5,3 25,0 8,9 34,9 25,9 100

Tab. 14: Frequenza di acquisto dei prodotti Made in China (distribuzione percentuale)

Quali sono le caratteristiche dei piemontesi che con maggior frequenza decidono di acquistare prodotti cinesi? Quali altre, al contrario, scoraggiano questa scelta (tab. 15)43?

42 An Ke, Anti-Counterfeiting Intensified in China, in “Beijing Review”, novembre 2001. 43 I risultati sono stati ottenuti mediante un modello di regressione lineare multipla. La variabile dipendente è la frequenza di acquisto dei prodotti Made in China. Le variabili indipendenti sono: sesso, istruzione, età, ampiezza del comune di residenza, gruppo occupazionale, intenzione di voto, numero di componenti della famiglia, reddito famigliare mensile al netto delle tasse, livello di conoscenza generale della Cina, valutazione della qualità del Made in China, opinione generale positiva/negativa della Cina, l’opinione sulla democraticità dell’attuale sistema politico cinese, la previsione della Cina come principale concorrente economico del futuro per l’Italia, l’aspettativa sui cambiamenti della situazione economica personale nei primi sei mesi del

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Le persone con meno di 30 anni costituiscono la fascia di età che acquista prodotti cinesi con maggior frequenza, in particolare se confrontate con gli adulti oltre i 45 anni e gli anziani; ciò può essere dovuto al fatto che i prodotti di provenienza cinese sono sovrarappresentati all’interno delle categorie merceologiche che attirano particolarmente il consumo giovanile. Per quanto riguarda l’incidenza da parte dell’ampiezza del comune di residenza, gli abitanti dei comuni di medie dimensioni (10.000 – 100.000 abitanti) risultano meno propensi all’acquisto se paragonati a coloro che risiedono in centri piccoli oppure grandi. Coloro che appartengono alle famiglie i cui redditi ricadono nelle fasce alla base ed all’apice della distribuzione (sotto i 1.000 euro oppure sopra i 2.000 euro), acquistano prodotti cinesi più frequentemente delle famiglie collocate nelle fasce intermedie. Ciò è probabilmente attribuibile al fatto che, per le persone facenti parte dei nuclei familiari meno abbienti, una strategia finalizzata a massimizzare il risparmio passa anche attraverso l’acquisto di prodotti Made in China, mentre la più elevata frequenza d’acquisto di prodotti cinesi da parte delle persone ad alto reddito, rispetto a quelle a reddito medio, può essere espressione di una propensione al consumo complessivamente più forte nelle prime rispetto alle seconde. La differenza, anche di matrice “culturale”, nell’abitudine ad acquistare beni di consumo, a prescindere dalla loro provenienza geografica, potrebbe essere alla base del divario che separa i gruppi occupazionali dei liberi professionisti/imprenditori, dei lavoratori autonomi con partita Iva e degli impiegati/insegnanti, dai gruppi degli operai, studenti, inoccupati. A sostegno del fatto che i prodotti cinesi attirano fasce di popolazione socioeconomicamente vulnerabili, rileviamo che le persone che non sono riuscite a mettere da parte alcun risparmio, né nel 2005 né nel 2006, prediligono maggiormente la scelta di prodotti cinesi rispetto a coloro che hanno dichiarato di essere riusciti a risparmiare durante almeno uno dei due anni. Come prevedibile, la valutazione positiva dei prodotti cinesi ne incoraggia l’acquisto, mentre quella negativa lo rende meno frequente. Ulteriori condizioni favorenti l’acquisto sono una buona conoscenza generale della Cina, ed un’opinione complessivamente positiva su di essa. Va segnalato che la frequenza di acquisto non appare condizionata dall’orientamento elettorale né dalle previsioni sulle conseguenze dell’import cinese per l’economia italiana, a differenza di quanto registrato per la valutazione sulla qualità dei prodotti. Conta, invece, la previsione rispetto ad un incremento dell’import dalla Cina nei prossimi dieci anni: qui si configura una sorta di meccanismo basato sulla profezia che si autoavvera, per cui, quanto più mi aspetto che l’import cinese aumenterà nel tempo, tanto più comincio ad orientare i miei acquisti verso i prodotti dalla Cina, contribuendo in questo modo all’effettivo realizzarsi della mia aspettativa. Al contrario, la convinzione che la Cina si porrà come il principale concorrente economico dell’Italia suscita una preoccupazione che favorisce la riduzione degli acquisti; effetto ancor più intenso da parte dell’idea che il sistema politico cinese non diventerà mai una democrazia. In quest’ultimo caso, le persone appaiono 2007, una misura delle rinunce rispetto alle principali categorie merceologiche nel 2006 in confronto al 2005, l’entità del risparmio familiare nel 2006 in confronto al 2005, il grado di accordo/disaccordo rispetto alle seguenti affermazioni: “Se non corriamo ai ripari, fra qualche anno finirà che mangeremo pasta e pomodori prodotti in Cina”, “Nei prossimi anni le persone poco abbienti potranno arrivare a fine mese con meno fatica comprando prodotti cinesi a buon mercato”, “Molte piccole aziende italiane stanno rischiando di fallire a causa della massiccia importazione di prodotti cinesi”, “L’Italia deve imporre al più presto delle restrizioni all’importazione dei prodotti dalla Cina”, “Importare prodotti cinesi è un vantaggio per l’economia italiana perché buona parte dei ricavi derivanti dalla loro vendita va ai grossisti e ai commercianti italiani che li distribuiscono”, “Per accogliere i prodotti cinesi l’Italia sta migliorando molte sue infrastrutture” (per le modalità in cui sono stati articolati i regressori ed i gruppi di riferimento selezionati, si vedano le note 1, 4 e 31); ai regressori appena citati si aggiuge la previsione sulle trasformazioni dell’import dalla Cina nei prossimi dieci anni (incremento dell’import, stabilità dell’import (gruppo di riferimento), diminuzione dell’import). L’r 2 corretto del modello è 0,198.

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orientate ad un boicottaggio dei prodotti cinesi, in ragione di una convinzione di natura squisitamente politica.

+ + Commercianti/esercenti/artigiani + Imprenditori/liberi professionisti + Impiegati/insegnanti + Nessun risparmio nel 2005 e nel 2006

+ Qualità dei prodotti importati dalla Cina valutata come più che discreta

+ Previsione di aumento dell’import dalla Cina nei prossimi dieci anni

+ Conoscenza generale della Cina + Opinione positiva sulla Cina

- Previsione della Cina come principale concorrente economico dell’Italia nei prossimi dieci anni

- Qualità dei prodotti importati dalla Cina valutata come scarsa - Reddito familiare tra 1.000 e 2.000 euro mensili

- Residenti nei comuni di medie dimensioni (10.000 -100.000 abitanti)

- Età tra i 30 ed i 44 anni - - Età tra i 45 ed i 59 anni - - Età oltre i 60 anni

- - Qualità dei prodotti importati dalla Cina valutata come pessima

Frequenza d’acquisto dei prodotti cinesi

- - Opinione secondo cui la Cina non sarà mai una democrazia Tab. 15: Determinanti della frequenza di acquisto dei prodotti Made in China da parte dei piemontesi

b) Previsioni sull’andamento futuro delle importazioni dalla Cina e valutazione dei loro effetti

Dopo aver indagato le percezioni nei confronti di alcuni aspetti dei beni di consumo che l’Italia importa dalla Cina, cambiamo prospettiva e chiediamoci che cosa le persone si aspettano a proposito dell’andamento futuro del flusso commerciale dalla Cina; successivamente, considereremo gli effetti che nei prossimi anni tale flusso produrrà sull’economia italiana, a livello micro e macroeconomico, sempre secondo il punto di vista dei nostri intervistati. Dalla tab. 16 risulta evidente che la maggioranza delle persone si aspetta una crescita dell’import italiano dalla Cina, e soltanto un’esigua percentuale ne prevede la contrazione. “Tra 10 anni, i prodotti ed i servizi importati dalla Cina saranno…”

Molti di più di ora

Più o meno come ora

Molti di meno di ora Totale

Torino 67,3 22,1 10,6 100 AMT 67,4 22,5 10,1 100 Provincia di Torino 68,4 23,1 8,5 100 Piemonte 69,9 21,4 8,7 100

Tab. 16: Previsioni sul prossimo futuro dell’import dalla Cina (distribuzione percentuale)

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Come riportato nell’introduzione a questo paragrafo, secondo l’Istat in cinque anni (periodo compreso tra il 2000 e il 2005) il valore dei flussi di interscambio commerciale dell’Italia con la Cina è all’incirca raddoppiato: sulla base di questo andamento, si potrebbe pensare che la maggioranza degli intervistati formuli una previsione esatta sulla tendenza all’aumento del volume dell’import. Va ricordato, inoltre, che dalla fine del 2007 saranno abolite le quote di mercato introdotte per permettere al settore tessile di ristrutturarsi, e che limitano ad oggi l’entrata delle merci. Abbiamo presentato agli intervistati alcune affermazioni riguardanti possibili ricadute, positive oppure negative, dell’import dalla Cina sulla situazione economica italiana in senso lato, chiedendo loro di esprimere il proprio grado di accordo/disaccordo. Le affermazioni sono riportate di seguito in corsivo e tra virgolette. Consideriamo innanzi tutto uno scenario che prospetta un giovamento di cui, a livello economico, le persone meno abbienti potrebbero avvalersi in conseguenza della crescente presenza di prodotti cinesi sul mercato italiano. “Nei prossimi anni le persone poco abbienti potranno arrivare a fine mese con meno fatica comprando prodotti cinesi a buon mercato”

Tab. 17: Grado di accordo/disaccordo (distribuzione percentuale) Dalle distribuzioni percentuali illustrate nella tabella 17 risulta evidente che a prevalere sono le persone che si dichiarano d’accordo: i prodotti cinesi saranno pure percepiti come dotati di scarsa qualità, ma si riconosce loro una rilevanza futura non trascurabile nell’aiutare le persone economicamente più vulnerabili a far quadrare il bilancio familiare. Concentrandoci esclusivamente sui piemontesi44, l’affermazione secondo cui l’acquisto dei prodotti cinesi aiuterà il bilancio delle famiglie meno abbienti trova fondamento per le persone il cui reddito familiare complessivo (netto) è inferiore ai 2.500 euro mensili, per coloro che hanno incrementato le proprie rinunce in termini di consumi nel 2006 (rispetto al 2005), e per coloro che nel 2006 non sono riusciti a risparmiare di più, sempre rispetto al 2005. In breve, sui prodotti Made in China ripongono le proprie speranze gli strati economicamente bassi e medi della popolazione, nonché chi ha sperimentato una riduzione del proprio potere d’acquisto. La possibilità di un risparmio così decisivo per le tasche delle persone economicamente più deboli, apportato grazie ai prodotti cinesi, raccoglie l’accordo delle donne, degli elettori di centro destra e dei

44 I risultati sono stati ottenuti mediante un modello di regressione lineare multipla. La variabile dipendente è il grado di accordo/disaccordo rispetto all’affermazione secondo cui “nei prossimi anni le persone poco abbienti potranno arrivare a fine mese con meno fatica comprando prodotti cinesi a buon mercato”. Le variabili indipendenti sono: sesso, istruzione, età, ampiezza del comune di residenza, gruppo occupazionale, intenzione di voto, numero di componenti della famiglia, reddito famigliare mensile al netto delle tasse, valutazione della qualità del Made in China, frequenza di acquisto dei prodotti cinesi, l’aspettativa sui cambiamenti della situazione economica personale nei primi sei mesi del 2007, una misura delle rinunce rispetto alle principali categorie merceologiche nel 2006 in confronto al 2005, l’entità del risparmio familiare nel 2006 in confronto al 2005, la previsione sulle trasformazioni dell’import dalla Cina nei prossimi dieci anni (per le modalità in cui sono stati articolati i regressori ed i gruppi di riferimento selezionati, si vedano le note 1, 4, 31 e 43). L’r 2 corretto del modello è 0,092.

Molto d’accordo

Abbastanza d’accordo

Poco d’accordo

Per niente d’accordo Totale

Torino 19,4 43,4 26,1 11,1 100 AMT 19,4 44,6 24,9 11,1 100 Provincia di Torino 22,5 42,8 25,3 9,4 100 Piemonte 23,4 40,3 25,1 11,2 100

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“non voto” (se paragonati agli elettori orientati verso il centro sinistra); al contrario, differenziandosi da tutti gli altri gruppi occupazionali considerati, gli esponenti della piccola borghesia relativamente autonoma (commercianti, esercenti, artigiani) sono scettici: si potrebbe aggiungere non casualmente, visto che costituiscono il gruppo occupazionale i cui interessi sono stati maggiormente minacciati, quando non indeboliti, dalla crescente presenza di prodotti cinesi sul mercato italiano. “Importare prodotti cinesi è un vantaggio per l’economia italiana, perché buona parte dei ricavi derivanti dalla loro vendita va ai grossisti e ai commercianti italiani che li distribuiscono”.

Tab. 18: Grado di accordo/disaccordo (distribuzione percentuale) La maggioranza degli intervistati dichiara di non credere a questa affermazione (tab. 18): in Piemonte45, gli uomini si dimostrano più convinti delle donne, mentre il disaccordo risulta particolarmente marcato tra coloro che si dichiarano pessimisti circa un miglioramento della propria situazione economica nel primo semestre 2007, e tra gli elettori del centro destra e della Lega, se confrontati con quelli del centro sinistra. Dopo i punti di vista critici espressi in merito alla Cina (cfr. tab. 2 e 3), nonché lo scetticismo nei confronti delle opportunità di crescita per l’Italia connesse agli investimenti industriali e finanziari in Cina (cfr. tab. 10), i sostenitori della Casa delle Libertà tendono a pensare che la presenza dei prodotti cinesi sul nostro mercato non arrecherà alcun beneficio agli operatori commerciali italiani che li trattano; secondo questo elettorato, l’import dalla Cina creerà vantaggi soltanto per i consumatori economicamente più vulnerabili, che potranno servirsi dei prodotti cinesi per contenere la riduzione dei consumi conseguente all’erosione del proprio potere d’acquisto. La tendenza degli intervistati ad esprimere un sostanziale disaccordo con l’affermazione in esame trova un riscontro reale? Possiamo rispondere di sì. Sebbene il sistema portuale italiano accolga già terminal-container a gestione anche specificatamente cinese, oltre il 70% del flusso delle merci provenienti dalla Cina entra in Europa privilegiando i porti nord-europei46; un flusso di merci enorme sfugge quindi alle strutture portuali italiane. I porti italiani, in particolare quelli situati nel Meridione, godrebbero di un notevole vantaggio grazie alla propria posizione, ma sono penalizzati dalla carenza di infrastrutture che li colleghino al resto del paese e

45 I risultati sono stati ottenuti mediante un modello di regressione lineare multipla. La variabile dipendente è il grado di accordo/disaccordo rispetto all’affermazione secondo cui “importare prodotti cinesi è un vantaggio per l’economia italiana, perché buona parte dei ricavi derivanti dalla loro vendita va ai grossisti e ai commercianti italiani che li distribuiscono”. Le variabili indipendenti sono: sesso, istruzione, età, ampiezza del comune di residenza, gruppo occupazionale, intenzione di voto, numero di componenti della famiglia, reddito famigliare mensile al netto delle tasse, valutazione della qualità del Made in China, frequenza di acquisto dei prodotti cinesi, l’aspettativa sui cambiamenti della situazione economica personale nei primi sei mesi del 2007, una misura delle rinunce rispetto alle principali categorie merceologiche nel 2006 in confronto al 2005, l’entità del risparmio familiare nel 2006 in confronto al 2005, la previsione sulle trasformazioni dell’import dalla Cina nei prossimi dieci anni (per le modalità in cui sono stati articolati i regressori ed i gruppi di riferimento selezionati, si vedano le note 1, 4, 31 e 43). L’r2 corretto del modello è 0,050. 46 Il flusso di merci Cina-Europa: un ruolo più forte dei porti italiani, Ministero degli Affari Esteri, Direzione Generale dell’Asia, dell’Oceania, del Pacifico e l’Antartide, Coordinamento del Comitato Governativo Italia-Cina.

Molto d’accordo

Abbastanza d’accordo

Poco d’accordo

Per niente d’accordo Totale

Torino 10,1 23,2 40,7 26,0 100 AMT 8,0 21,3 39,9 30,8 100 Provincia di Torino 8,9 20,1 41,2 29,8 100 Piemonte 7,5 18,1 43,0 31,4 100

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dell’Europa. Il recupero di un’efficienza nel settore distribuzione richiederebbe una migliore organizzazione operativa del sistema logistico italiano. Da queste brevi considerazioni si evidenzia come le carenze patite dai porti italiani in parte contribuiscano a far sì che il grosso della distribuzione dei prodotti Made in China in Italia finisca per essere gestito da operatori commerciali non italiani. “Per accogliere i prodotti cinesi l’Italia sta migliorando molte sue infrastrutture (porti, strade, magazzini…)”

Tab. 19: Grado di accordo/disaccordo (distribuzione percentuale) Anche in questo caso, ci troviamo di fronte ad un’affermazione a proposito di ricadute positive dell’import cinese in Italia che però non trova l’accordo della maggioranza degli intervistati, come illustrato dalle distribuzioni percentuali di tab. 19. Aggiungiamo che, per quanto riguarda i piemontesi47, l’idea di un effetto benefico dell’import cinese sulle nostre infrastrutture tende ad essere meno condivisa tra gli elettori orientati a favore del centro destra (non sorprendentemente, considerato ciò che è emerso dalle analisi finora svolte) o dell’estrema sinistra oppure tra i “non voto” (astenuti, schede nulle, schede bianche), rispetto agli elettori di centro sinistra; l’accordo con l’affermazione è invece più marcato tra gli operai, ed è influenzato dalla qualità percepita dei prodotti cinesi, per cui chi percepisce una qualità accettabile o più che discreta tende a convincersi dei miglioramenti infrastrutturali, chi percepisce una qualità pessima no. Infine, l’ottimismo a proposito di un miglioramento della propria situazione economica nel primo semestre del 2007 si espande, come in una sorta di “effetto alone”, facendo in modo che le persone si convincano dei vantaggi per le nostre infrastrutture derivanti dall’import cinese. La posizione scettica della maggiore parte degli intervistati trova qualche eco nei dati forniti dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; nell’ambito della Definizione di un quadro di interventi per consentire un’organica funzionalità tra i vari impianti portuali e la rete nazionale e sopranazionale48, tali interventi vengono considerati come un’emergenza, in ragione anche del “[…] perdurare della crescita del PIL della Cina “. Senza entrare nel merito delle strategie delineate e delle politiche infrastrutturali attuate e da attuare, appare evidente che il testo sottolinea l’esigenza di un miglioramento delle infrastrutture italiane per far fronte al molto probabile incremento futuro delle importazioni di merci dalla Cina. Sulla base di quanto si

47 I risultati sono stati ottenuti mediante un modello di regressione lineare multipla. La variabile dipendente è il grado di accordo/disaccordo rispetto all’affermazione secondo cui “per accogliere i prodotti cinesi l’Italia sta migliorando molte sue infrastrutture (porti, strade, magazzini…)”. Le variabili indipendenti sono: sesso, istruzione, età, ampiezza del comune di residenza, gruppo occupazionale, intenzione di voto, numero di componenti della famiglia, reddito famigliare mensile al netto delle tasse, valutazione della qualità del Made in China, frequenza di acquisto dei prodotti cinesi, l’aspettativa sui cambiamenti della situazione economica personale nei primi sei mesi del 2007, una misura delle rinunce rispetto alle principali categorie merceologiche nel 2006 in confronto al 2005, l’entità del risparmio familiare nel 2006 in confronto al 2005, la previsione sulle trasformazioni dell’import dalla Cina nei prossimi dieci anni (per le modalità in cui sono stati articolati i regressori ed i gruppi di riferimento selezionati, si vedano le note 1, 4, 31 e 43). L’r2 corretto del modello è 0,055. 48 Programma Infrastrutture Strategiche, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, pag. 33.

Molto d’accordo

Abbastanza d’accordo

Poco d’accordo

Per niente d’accordo Totale

Torino 4,8 22,1 44,6 28,5 100 AMT 5,3 22,5 46,7 25,5 100 Provincia di Torino 5,0 21,9 46,8 26,3 100 Piemonte 3,7 20,8 48,7 26,8 100

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legge, quindi, si potrebbe concludere che non è giustificato fino in fondo il pessimismo degli intervistati a proposito di un miglioramento delle nostre infrastrutture sotto la spinta dell’import dalla Cina, in quanto a livello istituzionale è presente perlomeno la consapevolezza della necessità di questo tipo di interventi. “Molte piccole aziende italiane stanno rischiando di fallire a causa della massiccia importazione di prodotti cinesi” Molto

d’accordo Abbastanza d’accordo

Poco d’accordo

Per niente d’accordo Totale

Torino 51,6 33,4 11,5 3,5 100 AMT 52,3 33,7 10,7 3,3 100 Provincia di Torino 55,1 31,6 10,8 2,5 100 Piemonte 55,4 33,7 8,8 2,1 100

Tab. 20: Grado di accordo/disaccordo (distribuzione percentuale) L’import dalla Cina mette in seria difficoltà le piccole aziende italiane secondo l’opinione di un’amplissima maggioranza di intervistati, come evidenziato dalla tabella 20. In Piemonte 49 , la preoccupazione per la situazione delle piccole aziende italiane è particolarmente accentuata tra i residenti nei piccoli e medi comuni, se paragonati agli abitanti dei comuni di grande ampiezza e delle aree metropolitane: questo è un risultato atteso, in quanto proprio nei piccoli e medi centri si situa la gran parte delle imprese di ridotte dimensioni. La minaccia alla produzione manifatturiera italiana risulta particolarmente sentita da parte dei giovani (persone sotto i trent’anni), forse perché temono che la concorrenza subita dalle nostre imprese ad opera della Cina finirà con l’aggravare l’incertezza occupazionale, problema particolarmente sentito proprio dalle generazioni più giovani di lavoratori. Il pessimismo per la situazione delle piccole aziende italiane si manifesta più accentuato tra le persone meno istruite (con al massimo la scuola dell’obbligo), e tra gli elettori del centro destra e della Lega Nord (rispetto agli elettori orientati verso il centro sinistra), mentre gli elettori dell’estrema sinistra si dichiarano nettamente più ottimisti. La previsione sulle eventuali difficoltà delle nostre piccole imprese risente anche di circostanze a livello microeconomico: più preoccupati sono quegli intervistati che non sono riusciti a mettere da parte alcun risparmio nel corso degli ultimi due anni, mentre, ancora una volta, l’ottimismo a proposito dei cambiamenti a brevissimo termine nella situazione economica personale sostiene una previsione favorevole a livello macroeconomico. Infine, non si aspetta nulla di buono per le nostre piccole aziende chi prevede un incremento dell’import italiano dalla Cina nei prossimi dieci anni.

49 I risultati sono stati ottenuti mediante un modello di regressione lineare multipla. La variabile dipendente è il grado di accordo/disaccordo rispetto all’affermazione secondo cui “molte piccole aziende italiane stanno rischiando di fallire a causa della massiccia importazione di prodotti cinesi”. Le variabili indipendenti sono: sesso, istruzione, età, ampiezza del comune di residenza, gruppo occupazionale, intenzione di voto, numero di componenti della famiglia, reddito famigliare mensile al netto delle tasse, valutazione della qualità del Made in China, frequenza di acquisto dei prodotti cinesi, l’aspettativa sui cambiamenti della situazione economica personale nei primi sei mesi del 2007, una misura delle rinunce rispetto alle principali categorie merceologiche nel 2006 in confronto al 2005, l’entità del risparmio familiare nel 2006 in confronto al 2005, la previsione sulle trasformazioni dell’import dalla Cina nei prossimi dieci anni (per le modalità in cui sono stati articolati i regressori ed i gruppi di riferimento selezionati, si vedano le note 1, 4, 31 e 43). L’r2 corretto del modello è 0,117.

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“L’Italia deve imporre al più presto restrizioni all’importazione dei prodotti dalla Cina”

Tab. 21: Grado di accordo/disaccordo (distribuzione percentuale) Tra i nostri intervistati prevale l’auspicio di un incremento delle restrizioni imposte all’ingresso dei prodotti cinesi nel mercato nazionale (tab. 21). In Piemonte50, si dichiarano maggiormente “protezionisti” le persone con istruzione non oltre la scuola dell’obbligo, i residenti nei piccoli centri, gli elettori orientati verso il centro destra, la Lega ed i “non voto” (rispetto all’elettorato di centro sinistra): ricordiamo che proprio da questi gruppi proviene la maggior preoccupazione per le conseguenze dell’import cinese sulle piccole aziende italiane, per cui si potrebbe ipotizzare che una politica protezionista appaia ai loro occhi come un tentativo praticabile per affrontare la nostra crisi produttiva. D’altro canto, chi mostra scarso pessimismo per la situazione delle piccole imprese italiane tende ad essere sensibilmente meno d’accordo con il rafforzamento delle misure protezionistiche: è il caso degli elettori orientati verso i partiti dell’estrema sinistra. Inoltre, l’esigenza di una svolta protezionistica è più sentita tra coloro che sono oppure si sentono economicamente vulnerabili: troviamo, infatti, le persone che hanno un reddito familiare complessivo inferiore ai 2.000 euro mensili; coloro che non sono riusciti a risparmiare alcunché nel 2005 e nel 2006; e i pessimisti circa i cambiamenti della propria situazione economica nel primo semestre 2007. Maggior accordo con il protezionismo dalla Cina viene espresso anche dalle donne e da coloro che individuano nella Cina il più pericoloso concorrente per l’economia italiana nei prossimi dieci anni. Le restrizioni all’import dalla Cina aiuterebbero davvero la nostra economia? La restrizione all’importazione dei prodotti cinesi è una tematica che tocca da vicino il mercato italiano, soprattutto se si guarda ai comparti tradizionali del nostro settore produttivo, come quello tessile, per ora in parte tutelato dalla politica delle “quote”. L’abolizione di queste quote, nel 2005, in ottemperanza a quanto stabilito dall’Organizzazione Mondiale del Commercio, ha causato un immediato e grande aumento delle importazioni di prodotti tessili cinesi in Italia. Non senza forti polemiche, l’Unione Europea in seguito ha concordato la reintroduzione delle quote, con incrementi programmati delle importazioni fino alla fine del 200751. La voce del Commissario dell’UE per il commercio, Peter Mandelson è decisamente in controtendenza rispetto alle posizioni italiane e sostiene che “la prosperità europea è legata ad un sistema di libero

50 I risultati sono stati ottenuti mediante un modello di regressione lineare multipla. La variabile dipendente è il grado di accordo/disaccordo rispetto all’affermazione secondo cui “l’Italia deve imporre al più presto restrizioni all’importazione dei prodotti dalla Cina”. Le variabili indipendenti sono: sesso, istruzione, età, ampiezza del comune di residenza, gruppo occupazionale, intenzione di voto, numero di componenti della famiglia, reddito famigliare mensile al netto delle tasse, valutazione della qualità del Made in China, frequenza di acquisto dei prodotti cinesi, l’aspettativa sui cambiamenti della situazione economica personale nei primi sei mesi del 2007, una misura delle rinunce rispetto alle principali categorie merceologiche nel 2006 in confronto al 2005, l’entità del risparmio familiare nel 2006 in confronto al 2005, la previsione sulle trasformazioni dell’import dalla Cina nei prossimi dieci anni (per le modalità in cui sono stati articolati i regressori ed i gruppi di riferimento selezionati, si vedano le note 1, 4, 31 e 43). L’r2 corretto del modello è 0,153. 51 Per una rapida disamina delle posizioni dei maggiori paesi europei in relazione alle restrizioni del Made in China si veda F. Rampini, La retromarcia europea sull’import cinese, in “la Repubblica”, 25 agosto 2005.

Molto d’accordo

Abbastanza d’accordo

Poco d’accordo

Per niente d’accordo Totale

Torino 39,0 32,5 18,2 10,3 100 AMT 37,9 34,7 17,7 9,7 100 Provincia di Torino 39,9 34,2 16,6 9,3 100 Piemonte 40,1 35,6 16,4 7,9 100

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scambio che funge da “cinghia di trasmissione del cambiamento”, ridefinendo l’economia mondiale, e l’industria e la società europee”52. In Italia, l’attuale Ministro per il Commercio Internazionale e le Politiche Europee Emma Bonino concorda sostanzialmente con le posizioni del Commissario UE, affermando che la globalizzazione è un processo inarrestabile che deve essere governato53. La posizione protezionistica ha comunque in Italia accesi sostenitori, tanto più agguerriti quanto più è forte la loro vocazione localistica: un comunicato del Sindacato Padano54 sostiene che “occorre che i governi regionali e nazionale si impegnino per la tutela del sistema economico locale, per quanto riguarda la difesa del Made in Italy, facendosi promotori di azioni europee di contrasto alle politiche aggressive dei paesi asiatici. È necessario introdurre dazi doganali, da parte europea, nel riguardo di alcune economie, come quella cinese, che stanno devastando il tessuto produttivo diffuso italiano, anche per assenza di una politica di difesa del nostro sistema industriale e produttivo, accompagnata dagli opportuni investimenti nella ricerca”. “Se non corriamo ai ripari, fra qualche anno finirà che mangeremo pasta e pomodori importati dalla Cina” Molto

d’accordo Abbastanza d’accordo

Poco d’accordo

Per niente d’accordo Totale

Torino 43,8 34,7 12,0 9,5 100 AMT 44,4 33,4 12,4 9,8 100 Provincia di Torino 47,5 32,2 11,8 8,5 100 Piemonte 46,0 35,1 10,2 8,7 100

Tab. 22: Grado di accordo/disaccordo (distribuzione percentuale) Questa affermazione, che delinea uno scenario “estremo” per quanto riguarda le conseguenze negative dell’import dalla Cina sulla produzione italiana (in questo caso alimentare), riesce a raccogliere l’accordo della quasi totalità degli intervistati (tab. 22). In Piemonte55, il “catastrofismo” risulta significativamente più accentuato nelle donne, nelle persone di bassa scolarità, e negli elettori del centro destra, della Lega Nord e nei “non voto”, se confrontati con gli elettori del centro sinistra; al contrario, la preoccupazione è molto meno sentita tra gli elettori dell’estrema sinistra. Si ripresenta il binomio tra vulnerabilità economica e percezione di minaccia nei confronti delle importazioni cinesi: condividono lo scenario presentato in misura significativamente maggiore coloro che dichiarano un reddito familiare inferiore ai 1.500 euro, mentre i fortunati che sono riusciti a risparmiare

52 La politica commerciale dell’Unione europea dopo Hong Kong , discorso di Peter Mandelson, Haus der Deutschen Wirtschaft, Berlino, 23 gennaio 2006 (fonte: sito web del commercio Estero). 53 Ministero del Commercio Internazionale. Audizione presso la Decima Commissione della Camera dei Deputati del Ministro per il Commercio Internazionale e le Politiche Europee, Emma Bonino. 54 Competitività delle nostre imprese e fenomeni di concorrenza sleale, dal sito ufficiale della Segreteria Generale del Sidacato Padano (http://www.sindacatopadano.org). 55 I risultati sono stati ottenuti mediante un modello di regressione lineare multipla. La variabile dipendente è il grado di accordo/disaccordo rispetto all’affermazione secondo cui “se non corriamo ai ripari, fra qualche anno finirà che mangeremo pasta e pomodori importati dalla Cina”. Le variabili indipendenti sono: sesso, istruzione, età, ampiezza del comune di residenza, gruppo occupazionale, intenzione di voto, numero di componenti della famiglia, reddito famigliare mensile al netto delle tasse, valutazione della qualità del Made in China, frequenza di acquisto dei prodotti cinesi, l’aspettativa sui cambiamenti della situazione economica personale nei primi sei mesi del 2007, una misura delle rinunce rispetto alle principali categorie merceologiche nel 2006 in confronto al 2005, l’entità del risparmio familiare nel 2006 in confronto al 2005, la previsione sulle trasformazioni dell’import dalla Cina nei prossimi dieci anni (per le modalità in cui sono stati articolati i regressori ed i gruppi di riferimento selezionati, si vedano le note 1, 4, 31 e 43). L’r 2 corretto del modello è 0,113.

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nel 2006 più di quanto hanno risparmiato nel 2005 si mostrano meno preoccupati rispetto a quanti non hanno avuto questa possibilità. Infine, come è prevedibile, ritenere la Cina il più pericoloso concorrente futuro per l’economia italiana incrementa l’accordo con lo scenario “estremo” prospettato. Dai dati forniti dalla Camera di Commercio Italia-Cina56, in cui viene riportato l’andamento dell’import alimentare negli anni dal 2005 al 2006, risulta che i comparti merceologici che hanno registrato un incremento maggiore del 50% risultano essere: “latte e derivati del latte; uova di volatili; miele naturale; prodotti commestibili di origine animale (non nominati né compresi altrove). Dal 2005 al 2006 (escluso per entrambi gli anni il mese di dicembre) l’incremento percentuale è stato del 1162,45%; la voce “pesci e crostacei, molluschi e altri invertebrati acquatici” registra, nello stesso periodo, un incremento percentuale del 60,84%; la voce “caffè, tè, mate, e spezie” un incremento del 50,55%. La voce “cereali” registra un incremento pari al 12,15%; “ortaggi o legumi, piante, radici e tuberi mangerecci” 12,56%; “altri prodotti di origine animale, non nominati né compresi altrove”il 7,84%, “piante vive e prodotti della floricoltura” 19,60%. Le due categorie che registrano un calo nelle importazioni sono: “semi e frutti oleosi; semi, sementi e frutti diversi; piante industriali o medicinali; paglie e foraggi” con una diminuzione del 4,43%; “frutti commestibili; scorze di agrumi o di meloni” che registra una diminuzione del 2,41%”. È possibile affermare che l’import alimentare dalla Cina stia aumentando, così come non si può negare che i prodotti cinesi si trovino sempre più diffusamente sul mercato italiano (stanno anche nascendo discount alimentari completamente cinesi). Non è invece possibile affermare facilmente che tra poco tempo il consumo di questi prodotti prevarrà sul consumo dei prodotti locali (come, invece, prevedono la maggior parte degli intervistati).

c) Conoscenza e valutazione dei prodotti italiani esportati in Cina Consideriamo ora la conoscenza degli intervistati in merito ai prodotti che l’Italia esporta di più in Cina. Le quattro popolazioni si mostrano quasi del tutto concordi tra loro a proposito dei tipi di prodotti italiani ritenuti maggiormente esportati in Cina. Quasi la metà delle indicazioni va a favore dei beni di lusso, seguiti, ad una certa distanza, dalle macchine utensili, ritenute il prodotto italiano più esportato in Cina da una percentuale di rispondenti compresa tra il 16,9 dei residenti nella provincia di Torino ed il 20,6 dei residenti nel capoluogo di regione. Al terzo posto si colloca il vino, segnalato ovunque da circa l’11% degli intervistati. Torino AMT Provincia di

Torino Piemonte

Beni di lusso 44,5 44,8 48,2 48,0 Macchine utensili 20,6 18,6 16,9 17,0 Vino 11,4 11,8 11,2 11,4 Brevetti 7,9 8,8 8,8 9,1 Calzature 9,9 8,4 7,1 7,4 Abbigliamento non di lusso 3,0 5,3 5,5 4,8 Materiali per l’edilizia 2,7 2,3 2,3 2,3 Totale 100 100 100 100

Tab. 23: Tipo di prodotto/servizio che esportiamo di più in Cina secondo l’opinione degli intervistati (distribuzione percentuale)

56 Import Italia dalla Cina, Camera di commercio Italia-Cina (elaborazioni su dati ISTAT).

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“Nel 2005 il settore delle macchine e apparecchi meccanici ha realizzato il 43,5% delle vendite dell’Italia verso la Cina (46% nel 2000); al secondo posto troviamo il comparto dei prodotti in metallo (13,4 % nel 2005 e 3,7% nel 2000), seguito dagli apparecchi elettrici e di precisione (13,1%, dal 13,6% nel 2000). Questi tre settori assorbono, nel 2005, il 70% delle vendite complessive verso la Cina (nel 2000 la loro incidenza era pari al 63,3%). Da notare che i beni di lusso, indicati da quasi il 50% dei nostri intervistati come il prodotto italiano più esportato in Cina, non figura tra le prime tre esortazioni italiane secondo i dati Istat. Tra i settori in forte crescita spicca quello dei metalli e dei prodotti in metallo, mentre risultano in calo le quote realizzate dai prodotti tessili/abbigliamento (dal 5,7% al 5,5%) e soprattutto dal cuoio/prodotti in cuoio (dal 6,7% al 4,5%). Nei primi sette mesi del 2006 le esportazioni italiane verso la Cina sono aumentate del 24,1%, a fronte di un incremento delle vendite complessive pari al 12,4% verso i paesi extra UE e al 9,5% verso il resto del mondo. Ordinando i settori merceologici in base al loro contributo alla variazione complessiva delle esportazioni italiane verso la Cina, al primo posto si trova quello delle macchine ed apparecchi meccanici la cui crescita (24,1%) spiega il 42,8% di quella complessiva delle esportazioni verso la Cina. Segue il settore degli apparecchi elettrici e di precisione che, con un incremento del 28,9%, contribuisce per il 15,3% alla crescita complessiva delle vendite; al terzo posto si colloca il settore dei prodotti chimici con un aumento del 26,7% ed un contributo del 9,9%, e al quarto posto quello del cuoio e prodotti in cuoio; segue il settore dei metalli e prodotti in metallo, con variazioni pari al 40,8% e al 5,7%, che spiegano rispettivamente il 7,6% e il 3,5% dell’andamento delle vendite57”. “La principale voce merceologica della crescita delle esportazioni italiane verso la Cina in termini assoluti è costituita da prodotti appartenenti alla categoria “parti per reattori nucleari, caldaie, macchine, apparecchi e congegni meccanici e le loro componenti”, che raggiunge l’ammontare di 1.119.3 milioni di euro (+28,39% su base annua). Un contributo altrettanto significativo è quello della voce “m acchine, apparecchi e materiali elettronici e le loro parti, apparecchi per la registrazione o la riproduzione del suono e delle immagini e le loro parti”, per un ammontare di 297 milioni di euro (+24,16%), e della voce “lavori di ghisa, ferro e acciaio” che vale 133 milioni di euro (+38,10%). La categoria merceologica che detiene il primato delle esportazioni in termini di crescita percentuale è il settore degli oggetti d’arte, da collezione o le antichità. Questa voce, nonostante sia d’importo modesto (357 mila euro), è cresciuta del 2.200% su base annua58”. Come per i prodotti importati, anche per quelli esportati consideriamo la valutazione espressa dai nostri intervistati a proposito della loro qualità. Come possiamo vedere (tab. 24), la quasi totalità delle persone riconosce ai prodotti italiani esportati in Cina una qualità per lo meno accettabile, con circa il 50% delle quattro popolazioni che si esprime per una qualità giudicata “ottima”. Relativamente ai piemontesi, registriamo che coloro che valutano positivamente la qualità dei prodotti importati dalla Cina tendono ad esprimere un giudizio altrettanto favorevole sui prodotti italiani esportati nel grande paese asiatico; analogamente, una valutazione molto negativa dei prodotti importati si associa ad un giudizio di qualità scarsa o pessima nei confronti di ciò che l’Italia esporta in Cina59. Questo risultato

57 Istat, Approfondimenti: Il commercio estero dell’Italia con la Cina: bilancia commerciale, specializzazione merceologica e operatori all’esportazione. Anni 2000-2005, Roma 25 settembre 2006. 58 Si veda Commercio estero e investimenti stranieri, in “Bollettino economico della Camera di Commercio Italiana in Cina”, primo semestre 2006, pp. 10-14 (le cui fonti sono la Camera di Commercio e l’Osservatorio Asia). 59 Questo risultato è ottenuto sulla base della considerazione dei valori dei residui standardizzati corretti evidenziatisi in una tabella di contingenza a doppia entrata.

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suggerisce la possibilità che le persone tendano a ricercare una coerenza tra le valutazioni espresse a proposito degli scambi commerciali Italia-Cina: la tendenza è particolarmente accentuata tra gli intervistati con più di 45 anni, meno istruiti e orientati elettoralmente verso la Casa delle Libertà. Qualità

ottima Qualità discreta

Qualità accettabile

Qualità scarsa

Qualità pessima Totale

Torino 49,1 37,5 10,4 2,9 0,1 100 AMT 45,9 39,5 11,4 3,2 0,0 100 Provincia di Torino 42,2 41,2 12,6 3,2 0,8 100 Piemonte 42,9 39,0 13,3 4,1 0,7 100

Tab. 24: Valutazione della qualità dei prodotti italiani esportati in Cina (distribuzione percentuale) Per quanto riguarda la previsione sul futuro prossimo dell’export italiano in Cina, dalla distribuzione percentuale riportata in tabella 25 notiamo come gli intervistati si dividano sostanzialmente tra coloro che si attendono un incremento rispetto alla situazione presente e coloro per i quali la situazione dei flussi commerciali italiani verso la Cina non subirà significative variazioni di qui a dieci anni; minoritaria è la quota di chi prevede una contrazione dei nostri prodotti/servizi in uscita verso la Cina, con i piemontesi leggermente più convinti di ciò se paragonati alle altre tre popolazioni. Relativamente ai piemontesi60, registriamo una tendenza a formulare previsioni di segno opposto per quanto riguarda il futuro dell’import e dell’export: chi prevede un incremento del primo, si concentra in modo netto tra coloro che prevedono una riduzione del secondo, mentre tra i pessimisti sull’import risultano statisticamente sovrarappresentati gli ottimisti dell’export. Tra coloro che si aspettano un cambiamento, quindi, risulta prevalente l’idea di un acuirsi dell’asimmetria nelle relazioni commerciali Italia-Cina: agli occhi dei nostri intervistati, le posizioni guadagnate da un paese comportano di fatto un indebolimento nella capacità di penetrazione commerciale dell’altro.

“Tra 10 anni, i prodotti ed i servizi esportati in Cina saranno…”

Molti di più di ora

Più o meno come ora

Molti di meno di ora Totale

Torino 41,3 40,5 18,2 100 AMT 44,8 36,3 18,9 100 Provincia di Torino 40,9 40,3 18,8 100 Piemonte 36,7 39,9 23,4 100

Tab. 25: Previsioni sul prossimo futuro dell’export italiano in Cina (distribuzione percentuale) I nostri intervistati prevedono bene? Secondo le statistiche Istat, “tra il 2000 e il 2005 il valore dei flussi di interscambio commerciale dell’Italia con la Cina è all’incirca raddoppiato, con aumenti pari al 93,5% per le esportazioni: a partire da questi dati, si può ipotizzare che ci sarà una futura crescita61”.

60 Questo risultato è ottenuto sulla base della considerazione dei valori dei residui standardizzati corretti evidenziatisi in una tabella di contingenza a doppia entrata. 61 Nell’articolo L’export salirà del 7,8% l’anno fino al 2010, in “Il Sole 24 ORE, ECONOMIA E LAVORO”, 10 novembre 2006, questa previsione trova un riscontro concreto. Le stime di crescita dell’export italiano tra il 2006 e il 2010 (sulla base di elaborazioni effettuate da Sace e dall’Oxford Economic Forecasting in uno studio che prende in esame gli scenari macroeconomici mondiali e l’evoluzione delle esportazioni italiane) prevedono una crescita media annua del 7,8%, in forte aumento rispetto al 3% dei cinque anni precedenti. I flussi più elevati sono destinati verso la Cina (14,4%) e verso le altre economie emergenti come il Brasile (10,3%) e la Russia (10%).

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La reale penetrazione dell’impresa italiana in Cina, come registrata nel rapporto ICE del primo semestre 200662, in relazione agli investimenti diretti esteri italiani in Cina è misurata, alla fine del 2005, in 6,4 miliardi di dollari, di cui realizzati per 3,1 miliardi di dollari. Nel primo semestre 2006 si registra una flessione nel numero di progetti d’investimento (-17,3%) ma un incremento del loro valore (+28%). Principali destinazioni degli investimenti italiani sono le province del Jiangsu, Zhejiang, Guangdong, Tianjin, Shanghai, Shandong e Pechino. Come per il 2005, anche durante il primo semestre del 2006 l’Italia si e’ confermata al quinto posto tra gli investitori europei dopo – in ordine – Germania, Paesi Bassi, Regno Unito, e Francia. 3. LA PERCEZIONE DELLA POPOLAZIONE CINESE Il fenomeno migratorio coinvolge un numero sempre crescente di persone in Europa e in Italia. Per questo motivo, l’immigrazione si colloca al centro del dibattito politico in ogni paese, compresi quelli a più lunga tradizione di accoglienza. Come risulta da diversi studi sul tema 63 , il livello di preoccupazione delle popolazioni rispetto all’immigrazione in Europa è elevato, senza che vi sia un legame tra il numero degli immigrati e i timori da essi suscitati. Al contrario, sembrano essere proprio i paesi della “Nuova Europa”, nei quali il peso demografico degli immigrati è inferiore, a far registrare un maggior grado di apprensione nella popolazione. In Italia, le maggiori inquietudini si concentrano sul rischio per la sicurezza e l’ordine pubblico, anche se è in aumento la quota di popolazione preoccupata per l’impatto degli immigrati sull’occupazione. Nell’ottobre del 2002 avevamo chiesto ai nostri intervistati di esprimere un giudizio sulla numerosità degli “extracomunitari” in Italia. Le risposte erano state indicative di un diffuso sentimento di insofferenza rispetto agli immigrati: la maggioranza assoluta del campione, in ogni area considerata, riteneva che il numero di immigrati presenti in Italia fosse eccessivo (fig. 10).

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T o r i n o A r e a m e t r o p o l i t a n a P r o v i n c i a d i T o r i n o P i e m o n t e

C e n e s o n o t r o p p i C e n e s o n o m o l t i , m a n o n s o n o t r o p p i N o n c e n e s o n o m o l t i

Fig. 10: Giudizio sul numero di immigrati extracomunitari presenti in Italia (distribuzione percentuale; ottobre 2002)

62 Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici ICE estero, primo semestre 2006, Repubblica Popolare Cinese, par. Andamento dell’interscambio commerciale con l’Italia e degli investimenti diretti esteri bilaterali. 63 Si legga in particolare I. Diamanti, F. Bordignon (a cura di), Immigrazione e cittadinanza in Europa. Orientamenti e atteggiamenti dei cittadini europei, Quinto Rapporto, Quaderni FNE, Collana Osservatori, n. 21 – novembre 2005.

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“Nel corso degli anni novanta, gli arrivi dalla Cina in Italia sono sensibilmente aumentati. Oggi la comunità cinese in Italia è composta da persone che godono di livelli differenziati di inserimento linguistico, lavorativo, economico e sociale […] 64 . L'Italia - ambita per il susseguirsi di sanatorie e le ampie opportunità di impiego - è stato il primo paese di insediamento dei migranti cinesi nell’Europa meridionale e ne conta tuttora il più alto numero, anche se, negli ultimi anni, la Spagna ne ha attratto un numero crescente, arrivando quasi a eguagliare il numero di presenze italiane65”. La prima comunità cinese si è insediata a Milano prima della guerra. A quella di Milano sono seguite le comunità di Roma, Firenze (alla fine degli anni ottanta) e Prato (primi anni novanta). Benché la comunità più numerosa in assoluto sia rimasta quella di Milano, oggi il maggior numero di cinesi rispetto ai residenti italiani si trova nelle periferie e nell’area metropolitana di Firenze e nel pratese66. Con gli anni, si è assistito man mano a una diversificazione delle aree di origine che oggi comprendono, oltre alle province dello Zhejiang, Wenzhou e Qingtian, anche altre province come il Fujian67 e, dalla seconda metà degli anni novanta, le regioni del nord-est della Cina conosciute con il nome di Manciuria68. Gli ultimi arrivati, in ordine di tempo, provengono dalle province dello Henan e Hebei: i loro numeri tuttavia sembrano, per il momento, modesti. Infine, è cresciuto il numero di donne che sono emigrate per prime o da sole.

3.1 Presenza cinese sul territorio piemontese Sulla base degli ultimi dati disponibili69, in Piemonte risiedono 231.611 stranieri. Tra questi, i cittadini cinesi sono 8.840 (204 ogni 100.000 abitanti), pari al 4% del totale degli stranieri. Circa la metà dei residenti cinesi si concentra sul territorio della provincia di Torino (4.869 individui) e, di questi, 3.533 risiedono nel capoluogo con un’incidenza pari a 392 residenti ogni 100.000 abitanti. L’attrazione esercitata dal capoluogo fa sì che nelle aree limitrofe l’incidenza dei cittadini cinesi rispetto al resto della popolazione sia inferiore: nei comuni dell’area metropolitana di Torino, escludendo il capoluogo, risiedono 521 cinesi (64 ogni 100.000 abitanti) e nel resto della provincia, sempre senza considerare Torino, sono in tutto 1.336 (100 ogni 100.000 abitanti) 70. La percezione degli intervistati non è sempre in linea con la diversa concentrazione territoriale degli immigrati cinesi (fig. 11). 64 Un certo numero di cinesi ha raggiunto l'agiatezza economica, altri arrancano dopo anni di permanenza in Italia, sconfitti nel loro sogno imprenditoriale; altri ancora si sono affermati ben oltre le aspettative iniziali e costituiscono oggi un'élite all'interno della comunità. 65 In Italia, i primi cinesi sono arrivati negli anni venti e trenta, per lo più da altri paesi europei: il numero era limitato a poche decine ed erano quasi tutti originari dello Zhejiang o di altre aree meridionali di Wenzhou e Qingtian, grazie alle catene migratorie che li ricollegavano alla diaspora cinese storica. Ancora oggi i zhejianesi rappresentano la stragrande maggioranza dei cinesi presenti in Italia, e non è raro trovare nei pressi della città di Wenzhou inter i villaggi abitati solo da anziani e bambini, mentre gli adulti si sono trasferiti in Italia (A. Ceccagno, I “nuovi migranti” cinesi, in “Treccani Scuola”, gennaio 2006, http://www.treccani.it). Per ulteriori approfondimenti si veda A. Ceccagno, Giovani migranti cinesi, Franco Angeli, Milano 2004. 66 R. Rastrelli, Immigrazione cinese e criminalità. Analisi e riflessioni metodologiche, in “Mondo Cinese”, 105, 2000 (http://www.tuttocina.it/Mondo_Cinese). 67 Principalmente dalle prefetture di Fuqing e Sanming. L'alto numero di migranti partiti da queste province si spiega con l’esistenza di una cultura che indicava nella migrazione la miglior opportunità di affermazione individuale e familiare e, di converso, stigmatizzava le alternative locali. Solo recentemente le crescenti opportunità di mobilità verso l'alto, emerse in quelle province, hanno messo in discussione la migrazione come strada maestra per il successo. 68 Si tratta delle regioni di Heilongjiang, Jilin e Liaoning. Mentre gli immigrati dal Fujian si sono inseriti nel modello di comunità etnica instaurato dalle comunità più antiche prima come lavoratori subordinati e in seguito in proprio, le popolazioni della Manciuria, provenienti prevalentemente da grandi aree urbane industriali colpite dalla riorganizzazione delle imprese statali, tendono a non inserirsi nel modello imprenditoriale dei zhejianesi e prediligono lavorare alle dipendenze di italiani. 69 Stranieri residenti. Istat, aggiornati al 31 dicembre 2005 (http://demo.istat.it). 70 Stranieri resident i Istat, aggiornati al 31 dicembre 2005 (http://demo.istat.it).

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T o r i n o A r e a m e t r o p o l i t a n a

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C e n e s o n o t r o p p i C e n e s o n o m o l t i , m a n o n s o n o t r o p p i N o n c e n e s o n o m o l t i

Fig. 11: Giudizio sulla quantità di immigrati cinesi nel proprio comune di residenza (distribuzione percentuale)

Chiamati a rispondere sulla numerosità di immigrati cinesi nel proprio comune di residenza, quasi la metà dei piemontesi intervistati (49%) e il 44% dei residenti nella provincia di Torino ha risposto che gli immigrati cinesi non sono molti. In entrambe le aree, il 37% pensa che siano molti, mentre li trova presenti in misura eccessiva il 14% dei piemontesi e il 19% dei residenti in provincia di Torino. A Torino, dove l’incidenza è decisamente superiore, la maggioranza assoluta del campione (79%) si divide tra chi ritiene che ce ne siano molti (53%), se non troppi (26%), mentre il 21% pensa che gli immigrati cinesi non siano molti. Ma anche nell’area metropolitana dove, come abbiamo visto, l’incidenza di cittadini cinesi è più contenuta, la maggioranza assoluta del campione (61%) ritiene che siano numerosi (molti per il 40%, troppi per il 21%) e il 39% che non siano molti. C’è differenza tra affermare che gli immigrati cinesi sono molti e dire che sono troppi: prendere una posizione così netta, esprimendo un giudizio di valore come avviene nel secondo caso, può essere interpretato come indicatore d’insofferenza verso gli immigrati, una sorta di senso di invasione. Dal momento che il dibattito intorno alla presenza degli immigrati sul territorio è discriminante all’interno degli schieramenti politici, abbiamo voluto verificare se e quanto l’orientamento politico dei nostri intervistati sia in grado di prevedere la loro posizione rispetto alla numerosità degli immigrati cinesi (fig. 12).

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C e n t r o - d e s t r a ( s e n z a L e g a )

L e g a N o n v o t o ,s c h e d a b i a n c a ,

s c h e d a n u l l a

C e n e s o n o t r o p p i C e n e s o n o m o l t i m a n o n s o n o t r o p p i

Fig. 12: Scelta tra le affermazioni “ci sono troppi immigrati cinesi nel mio comune di residenza” e “gli immigrati cinesi nel mio

comune di residenza sono molti, ma non troppi” per intenzione di voto (distribuzione percentuale; Piemonte)

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Effettivamente, spostandosi dal centro sinistra al centro destra, la percentuale di chi ritiene che il numero di cinesi sia eccessivo aumenta costantemente: si passa dal 18% degli elettori del Partito della Rifondazione Comunista, al 27% degli elettori di altri partiti del centro sinistra, al 38% degli elettori di centro destra (esclusa la Lega Nord), che si collocano alla pari con chi ha dichiarato di non votare o di votare scheda bianca o nulla, e infine al 48% degli elettori della Lega Nord71. Come vedremo anche in altri casi, la posizione assunta rispetto agli immigrati cinesi da chi ha dichiarato di non votare, o votare scheda bianca o nulla, spesso è in linea con quella degli elettori del centro destra. Per controllare se quanto osservato non dipenda in realtà da altre caratteristiche degli intervistati - come il sesso, età, titolo di studio e area di residenza - abbiamo approfondito l’analisi considerando l’effetto dell’orientamento politico a parità delle condizioni citate72. Anche in questo caso, la collocazione politica continua a offrirci un indizio dell’atteggiamento probabilmente assunto verso gli immigrati: gli elettori del centro destra hanno il 72% in più di probabilità di ritenere eccessiva la presenza di immigrati cinesi rispetto agli elettori del centro sinistra. E nuovamente, anche chi non vota, o vota scheda bianca o nulla, ha il 68% di probabilità in più rispetto agli elettori del centro sinistra di trovare eccessiva la presenza di immigrati cinesi. Risultati analoghi sono stati ottenuti ripetendo l’analisi per Torino, la sua area metropolitana e la sua provincia73. Oltre alla collocazione all’interno degli schieramenti politici, probabilmente sono anche altri i fattori che concorrono a ingenerare il senso di invasione rispetto agli immigrati: nella tabella che segue, presentiamo alcuni dei fattori che in qualche modo modificano la percezione della numerosità degli immigrati cinesi, spingendo i piemontesi a dire che “ce ne sono troppi” (tab. 26) 74.

71Dal calcolo delle percentuali sono state escluse le modalità di risposta non espressione di un giudizio di valore (“Sono pochi” e “Non so”). 72 I risultati sono stati ottenuti mediante un modello di regressione logistica multipla. La variabile dipendente è costituita dal vedere nel proprio comune “Troppi” oppure “Molti ma non troppi” immigrati cinesi. La variabile indipendente è l’intenzione di voto (centro destra, centro-sinistra (gruppo di riferimento), astensione). Le variabili di controllo sono il sesso, età, istruzione (massimo scuola dell’obbligo versus almeno diploma scuola media superiore), ampiezza del comune di residenza (fino a 10.000 abitanti (gruppo di riferimento), tra 10.000 e 100.000 abitanti, oltre 100.000 abitanti). L’r2 di Cox e Snell del modello di regressione logistica è 0,054. L’r2 di Nagelkerke è 0,075. 73 Provincia di Torino: l’r2 di Cox e Snell del modello di regressione logistica è 0,091. L’r2 di Nagelkerke è 0,127. Area metropolitana torinese: l’r2 di Cox e Snell del modello di regressione logistica è 0,107. L’r2 di Nagelkerke è 0,148. Questi due modelli di regressione logistica hanno incluso le medesime variabili utilizzate per il Piemonte nel complesso. Nel modello del comune capoluogo è stata esclusa la variabile a ampiezza del comune di residenza; l’r2 di Cox e Snell del modello di regressione logistica è 0,112. L’r2 di Nagelkerke è 0,156. 74I risultati sono stati ottenuti mediante un modello di regressione logistica multipla. La variabile dipendente è costituita dal vedere nel proprio comune “troppi” oppure “molti ma non troppi” immigrati cinesi. Le variabili indipendenti incluse nel modello sono: sesso, età, istruzione, gruppo occupazionale, numero componenti del nuc leo familiare, ampiezza del comune di residenza, intenzione di voto (per le modalità in cui sono stati articolati i regressori, ed i gruppi di riferimento selezionati si vedano le note 4 e 72). Accanto a questi regressori sono stati considerati: reddito familiare mensile al netto delle tasse (più di 1.500 versus meno di 1.500 euro), previsione sui cambiamenti della propria situazione economica nel primo semestre 2007 (resterà stabile/migliorerà versus peggiorerà), acquisto di prodotti Made in China (mai acquistato versus acquisto almeno annuale), fiducia interpersonale (fiduciosi versus prudenti). L’r2 di Cox e Snell del modello di regressione logistica è 0,156. L’r2 di Nagelkerke è 0,213.

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++ Al massimo la scuola dell’obbligo

++ Chi pensa che sia meglio essere prudenti nel concedere fiducia alle persone

+ Impiegati/Insegnanti + Reddito familiare inferiore ai 1.500 euro mensili + Residenza in centri di medie dimensioni + Intenzione di voto al centro destra ed alla Lega Nord

+ Previsione di un peggioramento della situazione economica personale nei prossimi sei mesi

- - Uom ini - - Acquisto di prodotti Made in China almeno una volta in un anno

Percezione di un numero eccessivo di cinesi nel

proprio comune

- Imprenditori/liberi professionisti Tab. 26: Determinanti della percezione dei piemontesi relativamente ad un numero eccessivo di cinesi nel comune di residenza

Sono le persone più vulnerabili socialmente ed economicamente a sperimentare con maggiori probabilità un senso di invasione rispetto agli immigrati cinesi: le persone con un basso titolo di studio, quanti vivono in famiglie a basso reddito (inferiore ai 1.500 euro, a parità di numero di membri) e quanti prevedono che la propria situazione economica sia destinata a peggiorare. Anche le donne, rispetto agli uomini, tendono più spesso a considerare eccessiva la presenza di immigrati cinesi. Tra i lavoratori, si dimostrano più infastiditi gli appartenenti alla piccola borghesia impiegatizia, come insegnanti e impiegati. La fiducia interpersonale si rivela un fattore importante nel prevedere la posizione che un individuo assumerà nei confronti degli immigrati: chi pensa che sia meglio essere prudenti nel concedere fiducia alle persone ha più probabilità di essere infastidito dalla presenza di immigrati cinesi rispetto a chi dichiara maggiori livelli di fiducia. Com’era prevedibile, anche l’area di residenza ha un effetto sulla posizione espressa verso la presenza degli immigrati: chi risiede in un comune di medie dimensioni ha maggiori probabilità di percepire con fastidio la presenza di immigrati cinesi nel proprio comune rispetto a chi vive in un piccolo centro. Meno scontato è il fatto che alla crescita ulteriore delle dimensioni del comune non si accompagnino significativi incrementi nel senso di fastidio, come se vi fosse un livello soglia oltre il quale non si modifica la percezione della numerosità degli immigrati. Una possibile spiegazione può essere individuata nell’effetto tranquillizzante giocato dalla consuetudine alla convivenza e alla maggiore condivisione di parti della propria vita quotidiana con gli immigrati: significativo, da questo punto di vista, è il fatto che l’aver acquistato prodotti cinesi diminuisca il senso di invasione. Come abbiamo già rilevato, un diverso atteggiamento verso gli immigrati dipende infine anche dall’orientamento politico: spostandosi dal centro-sinistra al centro-destra, aumenta l’insofferenza verso la presenza degli immigrati cinesi. Ripetendo l’analisi anche a livello di provincia, area metropolitana e comune capoluogo si sono evidenziati i medesimi effetti75. Gli immigrati cinesi sono di più o di meno rispetto ad altri gruppi di immigrati? Trovare eccessiva la presenza di immigrati cinesi nel proprio comune porta a sovrastimarne la numerosità rispetto ad altri gruppi di immigrati, anche quando questi ultimi sono oggettivamente più numerosi? Per

75 Il modello di regressione logistica utilizzato per individuare i fattori che influenzano l’insofferenza verso la popolazione cinese in provincia di Torino (l’r2 di Cox e Snell è 0,169; l’r2 di Nagelkerke è 0,233) e nell’area metropolitana (l’r2 di Cox e Snell è 0,183; l’r2 di Nagelkerke è 0,252) ha incluso le medesime variabili utilizzate per il Piemonte nel complesso. Nel modello del comune capoluogo è stata esclusa la variabile residenza (l’r2 di Cox e Snell è 0,180; l’r2 di Nagelkerke è 0,252).

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rispondere alla domanda, abbiamo confrontato la percezione della numerosità degli immigrati cinesi con quella di altri due comunità di immigrati. La scelta è caduta su due tra le comunità numericamente più consistenti presenti in Italia76: quella albanese e quella marocchina che, da sole, rappresentano oltre un quinto degli immigrati soggiornanti in Italia77, e quasi un quarto se facciamo riferimento ai residenti78. Pur con tutte le cautele che si devono utilizzare quando si fa riferimento alla numerosità degli stranieri utilizzando le statistiche amministrative - che non includono gli stranieri presenti irregolarmente in Italia - possiamo affermare che, anche sul territorio piemontese, la comunità cinese rappresenta ovunque una minoranza rispetto alle comunità di immigrati individuate per il confr onto. Gli immigrati di nazionalità marocchina residenti in Piemonte rappresentano il 20% del totale degli stranieri, mentre la popolazione cinese rappresenta appena il 4%; tale disparità si mantiene inalterata anche a livello provinciale, di area metropolitana e nel capoluogo, per cui possiamo affermare che pressoché ovunque il numero di marocchini sopravanzi sensibilmente quello dei cinesi residenti. Diversamente accade per gli immigrati di origine albanese, che a livello regionale nel complesso rappresentano il 15% del totale degli stranieri residenti, mentre sul territorio della provincia di Torino scendono al 7%, con ulteriori decrementi a livello di area metropolitana e comunale. Immigrati cinesi e albanesi hanno numerosità sensibilmente diverse se facciamo riferimento al Piemonte nel complesso, ma piuttosto simili a livello provinciale, di area metropolitana e nel capoluogo. La disparità tra i pesi delle tre comunità rispetto ai residenti è ancora più evidente se si considerano le differenti concentrazioni rilevate a livello comunale, di area metropolitana e provinciale (fig. 13).

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C o m u n e d i T o r i n o A r e a m e t r o p o l i t a n a( e s c l u s o c o m u n e c a p o l u o g o )

P r o v i n c i a d i T o r i n o ( e s c l u s o c o m u n e c a p o l u o g o )

R e p u b b l i c a p o p o l a r e c i n e s e A l b a n i a M a r o c c o

Fig. 13 : Peso delle comunità di immigrati cinesi, albanesi e marocchine79

76 In Piemonte, la seconda comunità più numerosa è rappresentata dai cittad ini rumeni, mentre al primo posto di collocano sempre i cittadini marocchini (http//:demo.istat.it). 77 Sulla base delle elaborazioni su dati del Ministero dell’Interno diffuse dall’Istat in data 11/04/2007 e riferite al 1 gennaio 2006, i soggiornanti di nazionalità albanese in Italia ammontano a 256.916 unità e quelli di nazionalità marocchina a 239.728 unità. In Piemonte, la percentuale di soggiornanti di nazionalità marocchina sul totale degli stranieri è pari a 32.993 unità (19% del totale), quella dei cittadini albanesi ammonta a 24.524 unità (pari al 13% del totale), mentre i soggiornanti di origine cinese sono 6.644 unità (pari al 3% del totale) (http//:demo.istat.it). 78 Istat, Movimento e calcolo della popolazione straniera residente, Roma 2006. Rilevazione effettuata annualmente e riferita al 31 dicembre 2005: i residenti di origine albanese in Italia sono 348.813 unità (pari al 13% del totale), i residenti di origine marocchina sono pari a 319.537 unità (pari al 12% del totale) mentre i residenti di origine cinese sono 127.822 unità (pari al 4,7% del totale) (http//:demo.istat.it). 79 Istat, Movimento e calcolo della popolazione straniera residente, riferita al 31 dicembre 2005. Tassi ogni 100.000 abitanti.

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Come era lecito attendersi, la maggior concentrazione si rileva nel comune di Torino dal momento che è nota la capacità dei grossi centri di attirare l’immigrazione 80 . La comunità marocchina sopravanza nettamente le altre due in ciascuna delle aree considerate mentre la concentrazione di immigrati albanesi decresce progressivamente fino a diventare a Torino prossima alla presenza cinese (392 cinesi contro 477 albanesi residenti ogni 100.000 abitanti) Rispetto al confronto tra le comunità di stranieri, coerentemente con quanto ci attendevamo, chi considera eccessiva la presenza di immigrati cinesi tende contemporaneamente a sovrastimarne l’entità rispetto alle altre due comunità considerate, anche quando queste ultime sono sensibilmente superiori per presenza sul territorio81. La maggioranza degli intervistati, comunque, riconosce che la presenza degli immigrati cinesi sul territorio è meno consistente se paragonata a quella degli altri due gruppi considerati. Per quanto riguarda il confronto tra la popolazione albanese e quella cinese, in ogni area considerata la maggioranza degli intervistati ritiene che i primi sopravanzino numericamente i secondi. Anche a Torino (47%) e nell’area metropolitana (57%) dove, come abbiamo rilevato, la presenza di albanesi e cinesi differisce di poco (fig. 14).

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Fig. 14: Percezione della numerosità degli immigrati cines i rispetto agli immigrati albanesi (distribuzione percentuale)

Per quanto riguarda il confronto tra la popolazione marocchina e quella cinese, sale la quota di chi, correttamente, ritiene che la prima sia numericamente più consistente della seconda (66% a Torino, 70% nell’area metropolitana, 72% nella provincia di Torino e 74% nella regione nel suo insieme) (fig. 15).

80 Rileviamo che in alcuni piccoli comuni piemontesi la concentrazione di immigrati rispetto alla popolazione residente è molto elevata, come descritto in AA.VV., Giochi aperti. Settimo rapporto annuale su Torino , Guerini e associati, Milano 2006. 81 χ2 (3)=233,96, p<0,001 Troppi cinesi – Sovrastima albanesi ASRESID=12,6.; Troppi cinesi – Sovrastima marocchini ASRESID 12,8.

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Fig. 15: Percezione della numerosità degli immigrati cinesi rispetto agli immigrati marocchini (distribuzione percentuale)

E per quanto riguarda il futuro? Come abbiamo visto, benché presente in Italia da prima della guerra, a partire dagli anni novanta la popolazione cinese in Italia è aumentata in modo sensibile: nella sola regione Piemonte si è passati dai 1.333 residenti del 1993 agli 8.840 del 31 dicembre 2005 (fig. 16) 82.

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1 9 9 3 1994 1995 1 9 9 6 1997 1 9 9 8 1999 2000 2 0 0 1 2002 2 0 0 3 2004 2005F o n t e : R e g i o n e P i e m o n t e - B a n c a D a t i I m m i g r a t i S t r a n i e r i ( B D I S ) e I s t a t . I l d a t o d e g l i s t r a n i e r i r e s i d e n t i r e l a t i v o a l 2 0 0 1 è u n a n o s t r a s t i m a .

Fig. 16: Numerosità di immigrati cinesi in Piemonte. Tasso ogni 100.000 abitanti (fonte: Regione Piemonte – Banca Dati Immigrati Stranieri (BDIS) e Istat. Il dato degli stranieri residenti relativo al 2001 è una nostra stima)

Coerentemente con quanto registrato dalle statistiche amministrative, la maggioranza assoluta degli intervistati di ciascuna area dipinge scenari futuri in base ai quali si assisterà a un ulteriore aumento nella numerosità di cittadini cinesi sul territorio (75% dei torinesi e dei residenti nell’area metropolitana, 74% dei residenti in provincia di Torino, 70% dei residenti in Piemonte). Se a questi intervistati si sommano quanti prevedono una sostanziale invarianza nel numero di cinesi presenti, si raggiungono in ogni area quote superiori al 96%. Solo una ristretta minoranza (che raggiunge al massimo il 4%) prevede una diminuzione di immigrati dalla Cina nel proprio comune tra dieci anni (fig. 17).

82 Elaborazioni su dati Istat della Banca Dati Immigrati Stranieri della Regione Piemonte.

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Fig. 17: Previsione della numerosità di cinesi nel comune di residenza tra dieci anni (distribuzione percentuale)

Vivere con insofferenza la presenza cinese sul territorio porta a prevederne l’aumento nei prossimi dieci anni più spesso rispetto a chi pensa che di immigrati cinesi ce ne siano pochi o molti ma non troppi: tra chi pensa che gli immigrati cinesi siano destinati ad aumentare, sono infatti sovrarappresentati quanti reputano che il loro numero sia eccessivo già adesso83. Come è emerso dalle analisi finora condotte, sembrano essere la marginalità sociale e le inquietudini a giocare un ruolo importante nell’influenzare l’atteggiamento verso gli immigrati, piuttosto che la loro numerosità effettiva. Abbiamo allora verificato in che modo gli intervistati si sono espressi rispetto ad alcune affermazioni che spesso accompagnano le discussioni sugli immigrati: il fatto che si stabiliscano in Italia, può tradursi in una minaccia per i posti di lavoro degli italiani? La loro presenza rappresenta un rischio per la nostra sicurezza?

3.2 Presenza cinese nel mercato del lavoro italiano L’immigrazione cinese in Italia si è distinta per la capacità di occupare particolari nicchie del tessuto economico e produttivo locale. Ha contribuito al suo successo anche la caratterizzazione del sistema produttivo nei distretti italiani, fortemente incentrato su piccole e piccolissime imprese e la presenza di modeste barriere all'ingresso in termini di capitali e di tecnologia. Già a partire dal primo decennio di presenza in Italia, i migranti cinesi hanno dato vita a un'economia etnica84 caratterizzata dalla produzione in conto terzi di confezioni, maglieria, articoli in pelle, scarpe e, successivamente, anche mobilia. Negli anni, numeri crescenti di ditte italiane sono ricorse ai laboratori di subfornitura cinesi, preferiti dalle ditte finali italiane in quanto maggiormente “flessibili” nell’organizzazione del lavoro e della produzione85.

83 χ2 (4) = 91,56 p<0.001 ASRESID Troppi-Di più=8,8. 84 Intendiamo per economia “etnica” quelle forme di produzione ove datori di lavoro e operai condividono la nazionalità. 85 In effetti, il successo delle attività produttive dei cinesi è ascrivibile anche alle potenti reti etniche che hanno facilitato l'arrivo di crescenti numeri di operai, fluidificato le modalità di assunzione tra connazionali e facilitato l'emersione di un gran numero di imprenditori cinesi. Il ruolo centrale della Cina nella globalizzazione dell'economia ha modificato aspettative e modelli occupazionali tra i migranti cinesi in Europa e in Italia: a fine secolo numeri crescenti di migranti cinesi si sono spostati verso attività di import, vendita all'ingrosso e al dettaglio di beni prodotti in Cina, incrementando la loro già alta mobilità in Europa e tra l'Europa e la Cina.

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Secondo le parole di Ceccagno “la flessibilità e il ricorso al lavoro nero hanno indotto a vedere i laboratori cinesi come portatori di una rottura con i sistemi di mediazione tradizionale degli interessi e dei conflitti, ma è innegabile che essi abbiano costituito un vantaggio per le ditte finali italiane, consentendo loro di reggere la competizione. La progressiva saturazione del settore ha favorito la nascita di attività di fornitura di servizi rivolti principalmente all’interno della comunità, ma anche al suo esterno e a partire dal 2004 le attività non produttive – un tempo particolarmente limitate – hanno sorpassato quelle manifatturiere tra i cinesi in Italia”86. Nella tabella 27 vengono riportati il numero delle imprese individuali presenti in Italia con titolare di nazionalità cinese (anno 2005).

Comparto Totale % sul totale Commercio 10.962 47,9 Attività manifatturiere 9.883 43,2 Alberghi e ristoranti 1.320 5,8 Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca 197 0,9 Agricoltura 29 0,1 Costruzioni 163 0,7 Trasporti 149 0,7 Altri servizi pubblici sociali e personali 52 0,2 Intermediazione monetaria e finanziaria 14 0,1 Istruzione 1 0,0 Sanità 7 0,0 Altro 88 0,4 Totale 22.856 100,0

Tab. 27: Imprese individuali presenti in Italia con titolare di nazionalità cinese. Anno 2005. (fonte: Elaborazioni Agenzia di Ricerca Sociale Codici su dati UNIONCAMERE)

“La maggior parte delle attività imprenditoriali cinesi in Italia si concentra oggi nel settore del commercio (47,9%) e delle attività manifatturiere (43,2%). Il peso delle attività nel settore della ristorazione è inferiore al 6%. Le altre attività gestite da imprenditori cinesi sono molto meno rilevanti. Con l'accresciuto ruolo della Cina come “fabbrica del mondo”, gli immigrati cinesi (soprattutto quelli provenienti dallo Zhejiang) hanno avuto accesso a nuove occupazioni come importatori, grossisti o venditori al dettaglio di beni importati dalla Cina e come fornitori di servizi per la comunità etnica87. I migranti originari dal Fujian sono entrati nell'economia etnica dei connazionali del Zhejiang facendo propri i modelli di insediamento produttivo esistenti, occupando dapprincipio le posizioni più umili nelle imprese gestite da zhejianesi. Le donne provenienti dalle province del nord-est lavorano come baby-sitter e sono ricercate all'interno della comunità etnica per la maggior competenza nella lingua standard cinese. Oggi,

86 L'elemento critico di questa nuova situazione sta nella competizione che si è creata tra i beni importati dalla Cina e quelli prodotti in Italia (perlopiù grazie al lavoro nei laboratori cinesi): sul mercato europeo, i prodotti italiani vengono progressivamente sostituiti da quelli cinesi e l'Italia sta cercando di regolare queste importazioni e limitare questa tendenza. Il tema, però, è reso controverso dal fatto che altri paesi europei, specializzati in settori che non subiscono la competizione dei prodotti cinesi, percepiscono positivamente le importazioni dalla Cina. Si veda A. Ceccagno, I “nuovi migranti” cinesi, in “Treccani Scuola”, gennaio 2006, http://www.treccani.it. Per ulteriori approfondimenti si veda A. Ceccagno, Giovani migranti cinesi, Franco Angeli, Milano 2004. 87 Le catene migratorie si sono attivate con la prospettiva di poter realizzare una piccola impresa familiare, il sogno di tutti gli immigrati che provengono dallo Zhejiang. Da primi arrivati, i zhejiangesi hanno potuto sviluppare reti di relazioni, anche transnazionali: questa maggiore strutturazione sul territorio ha permesso a questa comunità di approdare al lavoro autonomo negli anni novanta e al ruolo di importatori/grossisti alla fine del secolo.

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tra maschi e femmine originari da quell'area, sembra piuttosto ambito il lavoro alle dipendenze di italiani, non appena si profili la possibilità di uscire dall'economia etnica gestita dai loro connazionali”88. Chi pensa che i lavoratori cinesi portino via il lavoro agli italiani? Nel 2002 avevamo chiesto agli intervistati di esprimere il loro grado di accordo con l’affermazione secondo la quale gli immigrati “portano via il lavoro” agli italiani. La maggioranza assoluta del campione non aveva mostrato allora particolari preoccupazioni in tal senso: solo un quarto del campione - in misura poco variabile nelle aree considerate – percepiva l’immigrazione come una minaccia per l’occupazione (28% a Torino, 27% nell’area metropolitana e 25% in provincia di Torino e in Piemonte). Oggi è più diffusa la percezione che gli immigrati cinesi possano competere con gli italiani nell’allocazione dei posti di lavoro, fino a diventare una minaccia: probabilmente a causa di un aumento delle difficoltà di impiego, in ogni area la quota di persone preoccupate è aumentata di almeno dieci punti percentuali (39% a Torino, 37%, nell’area metropolitana, 39% in provincia di Torino e 34% in Piemonte; fig.18).

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Fig. 18: Percezione della minaccia per l’occupazione rappresentata dall’immigrazione cinese (distribuzione percentuale)

L’occupazione e l’immigrazione - e l’intreccio dei due fenomeni - sono temi centrali nell’agenda politica. Per questo può essere interessante vedere come la pensano gli elettori dei diversi partiti politici e se, anche in questo caso, l’appartenenza politica sia un fattore che aiuta prevedere la posizione degli individui rispetto a questo tema (fig. 19).

88 A. Ceccagno, I “nuovi migranti” cinesi, in “Treccani Scuola”, gennaio 2006, http://www.treccani.it. Per ulteriori approfondimenti si veda A. Ceccagno, Giovani migranti cinesi, Franco Angeli, Milano 2004.

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Fig. 19: Percezione della minaccia cinese nei confronti dell’occupazione italiana per intenzione di voto

(distribuzione percentuale; Piemonte) Anche in questo caso l’intenzione di voto consente di prevedere la percezione che gli intervistati hanno del rischio rappresentato per l’occupazione: solo il 20% degli elettori del Partito della Rifondazione Comunista concorda con l’affermazione che gli immigrati cinesi portano via il lavoro agli italiani, contro il 32% degli elettori degli altri partiti del centro sinistra, il 47% degli elettori del centro destra, il 49% dei sostenitori della Lega Nord e la metà netta di chi ha dichiarato di non votare, o votare scheda bianca o nulla89. Per essere certi che gli effetti dell’orientamento politico sulla posizione assunta dagli intervistati siano genuini, ovvero non legati ad altre caratteristiche quali età, sesso, residenza e titolo di studio, abbiamo approfondito ulteriormente l’analisi: considerando solo l’effetto giocato dall’appartenenza politica al netto delle caratteristiche individuali90, gli elettori del centro destra, senza considerare la Lega Nord, hanno quasi l’80% di probabilità in più di sentirsi minacciati dai cinesi di quanto non si sentano gli elettori del centro sinistra. Nuovamente, quanti hanno dichiarato che non andranno a votare o che voteranno scheda bianca o nulla si comportano come gli elettori del centro destra (84% in più). Gli elettori della Lega Nord, invece, sono ancora più estremisti: rispetto agli elettori del centro sinistra, la loro propensione a sentirsi minacciati è quasi doppia (92% di probabilità in più rispetto agli elettori del centro sinistra). Gli elettori del Partito della Rifondazione Comunista, rispetto agli elettori di altri partiti del centro sinistra, hanno infine il 55% di probabilità in meno di vedere negli immigrati cinesi una minaccia per l’occupazione. La medesima analisi condotta a livello provinciale, di area metropolitana e di comune capoluogo, ha confermato la presenza dei medesimi effetti91.

89 χ2 (5) = 56,06 p<0.001 90 I risultati sono stati ottenuti mediante un modello di regressione logistica multipla. La variabile dipendente è il grado di accordo/disaccordo rispetto all’affermazione secondo cui “i cinesi che arrivano in Italia portano via posti di lavoro agli italiani” (molto/abbastanza d’accordo versus poco/per niente d’accordo). La variabile indipendente è l’intenzione di voto (voto a Rifondazione Comunista, voto a centro sinistra eccetto Rifondazione Comunista (gruppo di riferimento), voto a centro destra eccetto Lega Nord, voto a Lega Nord, non voto). Le variabili di controllo sono sesso, età, istruzione, ampiezza del comune di residenza (per le modalità in cui sono stati articolati i regressori, ed i gruppi di riferimento selezionati si vedano le note 4 e 72). L’r2 di Cox e Snell del modello di regressione logistica è 0,078. L’r2 di Nagelkerke è 0,105. 91 Gli effetti dell’appartenza politica in provincia di Torino (l’r2 di Cox e Snell è 0,093; l’r2 di Nagelkerke è 0,126) e nell’area metropolitana (l’r2 di Cox e Snell è 0,148; l’r2 di Nagelkerke è 0,204) sono stati stimati at traverso un modello di regressione logistica che ha incluso le medesime variabili utilizzate per il Piemonte nel complesso. Nel comune capoluogo è stata eliminata la variabile ampiezza del comune di residenza (l’r2 di Cox e Snell è 0,130; l’r2 di Nagelkerke è 0,177).

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Oltre alle intenzioni di voto, altri fattori che aiutano a spiegare l’opinione che l’immigrazione cinese rappresenti una minaccia per l’occupazione dei lavoratori italiani sono riassunti nella tabella che segue (tab. 28)92:

++ Chi pensa che sia meglio essere prudenti nel concedere fiducia alle persone

++ Intenzione di voto al centro destra ed alla Lega Nord ++ Non voto, scheda nulla o scheda bianca ++ Reddito familiare inferiore ai 1.500 euro mensili ++ Residenza in comuni di piccole dimensioni + + Al massimo la scuola dell’obbligo

Percezione dell’immigrazione cinese come una

minaccia per l’occupazione

- - Uomini Tab. 28: Determinanti della percezione dei piemontesi sull’immigrazione cinese come una

minaccia per l’occupazione dei lavoratori italiani Come rilevato in precedenza, anche in questo caso sono le persone più vulnerabili e marginali a essere più facilmente preda di preoccupazioni legate all’occupazione: chi vive in famiglie a basso reddito (meno di 1.500 euro al mese nel complesso), chi ha conseguito un basso titolo di studio e, nuovamente, le donne. L’effetto dell’area di residenza è invertito rispetto a quanto notato riguardo al senso di invasione: chi vive in un piccolo centro è più preoccupato rispetto a chi vive in una grande città, mentre non si rilevano differenze significative rispetto a chi vive in un centro di dimensioni medie. Nuovamente, le persone più prudenti nell’accordare la propria fiducia ad altri sono più propense a credere che gli immigrati cinesi costituiscano una minaccia per l’occupazione. Come già rilevato, anche in questo caso l’intenzione di voto individua una frattura tra gli elettori del centro destra e quanti hanno dichiarato di non votare o votare scheda bianca o nulla rispetto agli elettori del centro sinistra, questi ultimi meno propensi a pensare che la manodopera italiana debba preoccuparsi per l’arrivo di immigrati cinesi. Non si può sottovalutare il fatto che il lavoro nero abbia giocato e giochi un ruolo importante nello sviluppo delle comunità cinesi immigrate; ad esso si accompagna il mancato rispetto delle regole che disciplinano i rapporti economici e quelli di lavoro: l’orario, le norme sull’igiene e la sicurezza, la destinazione d’uso di un immobile.

3.3 Minaccia cinese per la sicurezza dei cittadini italiani Come abbiamo detto in apertura, l’immigrazione non suscita solo inquietudini rispetto all’occupazione, ma viene spesso avvertita anche come una minaccia per la sicurezza: qual è la percezione in merito suscitata dall’immigrazione cinese? E quali sono le attività imputate alla cosiddetta mafia cinese in Italia?

92 I risultati sono stati ottenuti mediante un modello di regressione logistica multipla. La variabile dipendente è il grado di accordo/disaccordo rispetto all’affermazione secondo cui “i cinesi che arrivano in Italia portano via posti di lavoro agli italiani” (molto/abbastanza d’accordo versus poco/per niente d’accordo). Le variabili indipendenti incluse nel modello sono: sesso, gruppo occupazionale, ampiezza del comune di residenza, numero componenti del nucleo familiare, fiducia interpersonale (per le modalità in cui sono stati articolati i regressori, ed i gruppi di riferimento selezionati si vedano le note 4 e 72). A questi regressori vanno aggiunti l’istruzione (cfr. nota 72), il reddito familiare mensile al netto delle tasse (cfr. nota 74), e l’intenzione di voto (voto a centro destra, voto a centro sinistra (gruppo di riferimento), non voto). L’r2 di Cox e Snell del modello di regressione logistica è 0,106. L’r2 di Nagelkerke è 0,142.

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La maggioranza assoluta degli intervistati, in ogni area considerata, non ritiene che i cinesi rappresentino un serio pericolo per la sicurezza degli italiani (fig. 20).

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Fig. 20: Percezione di minaccia alla sicurezza rappresentata dall’immigrazione cinese (distribuzione percentuale)

Anche rispetto all’intreccio tra immigrazione e questioni legate alla sicurezza l’appartenenza politica influenza molto l’opinione delle persone: solo il 7% degli elettori del Partito della Rifondazione Comunista concorda con l’affermazione che l’immigrazione cinese rappresenta una minaccia per la sicurezza degli italiani, contro il 26% del resto del centro sinistra, il 46% degli elettori del centro destra, il 48% degli elettori della Lega Nord e il 55% dei “non voto” (fig. 21)93.

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Fig. 21: Percezione di minaccia alla sicurezza per intenzione di voto (distribuzione percentuale; Piemonte)

Anche a parità di sesso, età, residenza e titolo di studio94, la sola intenzione di voto è in grado di prevedere la propensione a percepire gli immigrati come fonte di insicurezza. 93 χ2 (5) = 121,706 p<0.001. 94 I risultati sono stati ottenuti mediante un modello di regressione logistica multipla. La variabile dipendente è il grado di accordo/disaccordo rispetto all’affermazione secondo la quale l’immigrazione cinese costituirebbe una minaccia per la sicurezza (molto/abbastanza d’accordo versus poco/per niente d’accordo). La variabile indipendente è l’intenzione di voto (voto al Partito della Rifondazione Comunista, voto al centro sinistra (gruppo di riferimento), voto al centro destra, voto alla Lega Nord,

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Chi vota Lega, anziché centro sinistra, ha molte più probabilità di pensare che gli immigrati cinesi rappresentino un rischio per la sicurezza degli italiani (+258%). Meno marcata, ma sempre rilevante, è la propensione degli elettori di altri partiti di centro destra, sempre rispetto agli elettori del centro sinistra (+148%). Chi non vota, o vota scheda bianca o nulla, si allinea anche in questo caso con gli elettori del centro destra e della Lega (151%). Gli elettori di Rifondazione Comunista hanno invece una propensione sensibilmente minore rispetto agli elettori di altri partiti del centro sinistra a pensare che l’immigrazione cinese rappresenti una minaccia per la sicurezza degli italiani (-80%). La medesima analisi condotta a livello provinciale, di area metropolitana, di comune capoluogo, ha confermato la presenza dei medesimi effetti95. Altri fattori che influenzano la propensione a vedere nell’immigrazione cinese un pericolo per la sicurezza degli italiani sono riassunti nella tabella che segue (tab. 29)96.

++ Intenzione di voto alla Lega Nord ++ Intenzione di voto al centro destra

++ Non voto, scheda nulla o scheda bianca in una ipotetica consultazione elettorale

+ Chi pensa che sia meglio essere prudenti nel concedere fiducia alle persone

+ Chi pensa che la mafia cinese in Italia sia potente quanto quella italiana, se non di più

- - Uomini - - Diploma di scuola media superiore - - Commercianti/esercenti/artigiani

Percezione dell’immigrazione cinese come una minaccia per

la sicurezza

- - Acquisto prodotti cinesi almeno una volta in un anno Tab. 29: Determinanti della percezione dei piemontesi rispetto all’immigrazione cinese come minaccia per la sicurezza

Chi vota Lega o altri partiti del centro destra oppure i “non voto” ha più probabilità di vedere negli immigrati dalla Cina un serio pericolo per la sicurezza degli italiani. Pensare che sia meglio tenere un atteggiamento prudente verso le persone, rispetto a essere fiduciosi, si traduce in una maggiore propensione a vedere negli immigrati cinesi una minaccia per la sicurezza.

non voto). Le variabili di controllo sono il sesso, età, ampiezza del comune di residenza (per le modalità in cui sono stati articolati i regressori, ed i gruppi di riferimento selezionati si veda la nota 4). A questi regressori si aggiunge l’istruzione (cfr. nota 72). L’r2 di Cox e Snell del modello di regressione logistica è 0,108. L’r2 di Nagelkerke è 0,146. 95 Gli effetti dell’appartenza politica in provincia di Torino (l’ r2 di Cox e Snell è pari a 0,129, l’ r2 di Nagelkerke è pari a 0,176) e nell’area metropolitana (l’ r2 di Cox e Snell è pari a 0,164, l’ r2 di Nagelkerke è pari a 0,230) sono stati stimati attraverso un modello di regressione logistica che ha incluso le medesime variabili utilizzate per il Piemonte nel complesso. Nel modello del comune capoluogo è stata eliminata la variabile ampiezza del comune di residenza (l’ r2 di Cox e Snell è pari a 0,213, l’ r2 di Nagelkerke è pari a 0,295). 96 I risultati sono stati ottenuti mediante un modello di regressione logistica multipla. La variabile dipendente è il grado di accordo/disaccordo rispetto all’affermazione secondo la quale l’immigrazione cinese costituirebbe una minaccia per la sicurezza (poco/per niente d’accordo versus molto/abbastanza d’accordo). Le variabili indipendenti incluse nel modello sono:sesso, gruppo occupazionale, ampiezza del comune di residenza, numero componenti del nucleo familiare (per le modalità in cui sono stati articolati i regressori, ed i gruppi di riferimento selezionati si veda la nota 4). A questi regressori vanno aggiunti la fiducia interpersonale (cfr. nota 74), istruzione (cfr. nota 72), reddito familiare mensile al netto delle tasse (cfr. nota 74), intenzione di voto (cfr. nota 94), confronto tra il potere della mafia cinese e italiana in Italia (la mafia cinese più potente, la mafia cinese ugualmente potente, la mafia cinese meno potente (gruppo di riferimento: meno potente)). L’r2 di Cox e Snell del modello di regressione logistica è 0,148. L’r2 di Nagelkerke è 0,200.

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Chi pensa che la mafia cinese abbia in Italia un potere paragonabile, se non superiore, a quello della mafia italiana ha più probabilità di sentirsi minacciato dai cinesi di chi pensa che la mafia cinese sia meno potente rispetto a quella italiana. Di converso, ha un effetto negativo sulla propensione a pensare che gli immigrati cinesi rappresentino un pericolo per la sicurezza degli italiani il fatto di votare Rifondazione Comunista rispetto a votare un altro partito del centro sinistra, essere un lavoratore autonomo (commerciante o artigiano) rispetto ad essere inoccupato (pensionato o casalinga), e aver conseguito il diploma rispetto ad essersi fermati alla scuola dell’obbligo. La medesima analisi condotta a livello provinciale, di area metropolitana e di comune capoluogo ha confermato la presenza dei medesimi effetti97. In quali settori opera la mafia cinese in Italia? A Torino e nell’area metropolitana la maggioranza degli intervistati pensa che la mafia cinese in Italia sia meno potente della mafia italiana (rispettivamente 53 e 50%). In provincia di Torino e nel resto del Piemonte, tali percentuali si riducono leggermente, ed aumentano invece quanti pensano che la mafia cinese abbia un potere simile alla mafia italiana. Meno del 20%, con poche differenze tra le aree territoriali, pensa che la mafia cinese abbia in Italia un potere superiore alla mafia italiana (fig. 22).

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T o r i n o A r e a m e t r o p o l i t a n a

P r o v i n c i a d i T o r i n o

P i e m o n t e

M a f i a c i n e s e p i ù p o t e n t e P o t e n t i a l l o s t e s s o m o d o M a f i a i t a l i a n a p i ù p o t e n t e

Fig. 22: Percezione della pericolosità della mafia cinese rispetto a quella della mafia italiana (distribuzione percentuale)

Secondo il rapporto DNA (Direzione Nazionale Antimafia), la percezione della pericolosità della mafia cinese trova riscontro nelle più gravi attività delinquenziali poste in essere, in Italia, da gruppi criminali cinesi, organizzati in particolare nel traffico di clandestini, nei reati connessi alla falsificazione di documenti, nei sequestri di persona a scopo di estorsione in danno a connazionali - molto spesso legati alla riscossione del prezzo da pagare per l’espatrio illegale, per il viaggio e l’introduzione clandestina in Italia 98 - nel recupero di crediti con metodi intimidatori e violenti. Si tratta di attività criminali che 97 Gli effetti dell’appartenza politica in provincia di Torino (r2 di Cox e Snell pari a 0,186, r2 di Nagelkerke è 0,254) e nell’area metropolitana (r2 di Cox e Snell pari a 0,223, r2 di Nagelkerke è 0,312) sono stati stimati attraverso un modello di regressione logistica che ha incluso le medesime variabili utilizzate per il Piemonte nel complesso. Nel modello del comune capoluogo è stata eliminata la variabile ampiezza del comune di residenza (r2 di Cox e Snell pari a 0,304, r2 di Nagelkerke è 0,418). 98 In merito è importante tener conto delle seguenti considerazioni: “La struttura familiare deve costituire un elemento portante e indispensabile di ogni analisi se non si vuole incorrere nell’errore di scambiare la deferenza verso un anziano capofamiglia per la sudditanza ad un “ boss”, o la solidarietà etnica e familiare per omertà fra complici. Anche i prestiti e l’usura non significano automaticamente l’esistenza di rapporti di sfruttamento. In luogo di quello scenario composto di “schiavi e padroni” di cui spesso ci parla la stampa, esiste quasi sempre un patto, un “affare”, che s i fonda sulla condivisione di tradizioni comuni e

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rimangono di norma all’interno della comunità, messe in atto da più di una unica organizzazione criminale cinese; i diversi gruppi delinquenziali si aggregano secondo la provenienza dalle città di origine99. Il vincolo all’interno del gruppo è molto stretto ed è assai radicato il concetto di vendetta che può arrivare ad assumere il carattere della faida100. Il Rapporto DNA registra la recente formazione di gruppi criminali misti, composti da cinesi e italiani dediti, oltre che a estorsioni e rapine, anche a sequestri lampo.

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C o n t r a f f a z i o n e

I n t r o d u z i o n e c l a n d e s t i n i

C o n t r a b b a n d o

P r o s t i t u z i o n e

T r a f f i c o d r o g a

R i c i c l a g g i o

T r a f f i c o o r g a n i

T r a f f i c o a r m i

A t t i v i t à g e s t i t a d a l l a m a f i a c i n e s e i n I t a l i a A t t i v i t à n o n g e s t i t a d a l l a m a f i a c i n e s e i n I t a l i a N o n s o

Fig. 23: Percezione dei piemontesi relativamente alle attività illegali gestite dalla mafia cinese in Italia

(distribuzione percentuale) La maggioranza degli intervistati, senza differenze per area territoriale101, ritiene che la mafia cinese in Italia sia dedita alla contraffazione, all’introduzione di clandestini e al contrabbando, attività in qualche modo collegate tra loro (fig. 23), poiché, secondo gli inquirenti, i gestori del traffico di clandestini sfruttano rotte marittime - dalle coste balcaniche fino a quelle pugliesi - battute da scafisti che effettuano contemporaneamente anche contrabbando e traffico di sostanze stupefacenti. Solo la metà del campione, nuovamente senza grosse differenze per area territoriale, ritiene che il traffico di stupefacenti e la prostituzione siano settori nei quali opera la mafia cinese. In realtà, anche se proprio in Piemonte, oltre che in Lombardia e Toscana, si sono registrati casi di coinvolgimento di cittadini cinesi nel traffico di stupefacenti, nel complesso, pur essendo in crescita, il fenomeno è ancora molto ridotto e limitato, almeno in Italia, allo spaccio all’interno della comunità cinese102. È noto invece che le nuove

nel quale tutti hanno il loro ruolo e il loro guadagno, scandito e diversificato secondo una definita scala gerarchica” (R. Rastrelli, Immigrazione cinese e criminalità. Analisi e riflessioni metodologiche, in “Mondo Cinese”, 105 , 2000 (http://www.tuttocina.it/Mondo_Cinese)). 99 Sulla base dei dati forniti dalla Direzione Internazionale Antimafia (Direzione Internazionale Antimafia – La mafia cinese (Domenico Di Petrillo, colonnello CC.- Dirigente Centro Operativo – DIA)) e del Ministero dell’Interno (Ministero dell’interno – Relazione al Parlamento (2004) – Maggiori organizzazioni criminali in Italia), in Piemonte sono state individuate organizzazioni criminali di matrice cinese, così come in Lombardia, Lazio, Toscana, Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Marche e Sicilia. 100 Direzione Nazionale Antimafia, Nuove mafie, Criminalità cinese, in Relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia, dicembre 2006 (periodo 1 luglio 2005 - 30 giugno 2006), p.152-58. 101 Per questo motivo, riportiamo solo l’istogramma relativo al Piemonte nel complesso. 102 Direzione Nazionale Antimafia, Nuove mafie, Criminalità cinese, in Relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia, Dicembre 2006 (periodo 1 luglio 2005- 30 giugno 2006), p.152-158. A livello internazionale i gruppi criminali cinesi sono fortemente implicati nei più grossi traffici di stupefacenti ed in particolare di oppiacei, come risulta dal rapporto della Direzione Internazionale Antimafia. SI legga inoltre D. Di Petrillo, La mafia cinese, in “Gnosis online, Rivista italiana d’intelligence” e gli atti del 1° seminario europeo “Falcon One” sulla criminalità organizzata, Roma 26-28 aprile 1995.

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ondate di immigrazione provenienti dal nord-est della Cina siano state caratterizzate dall’arrivo di donne avviate alla prostituzione, attività che oggi è diventata un business in costante espansione. Il riciclaggio è indicato dalla metà del campione come una delle attività della mafia cinese in Italia e, in effetti, rappresenta una delle attività tradizionali di qualsiasi organizzazione mafiosa. Con riferimento alle transizioni finanziarie illecite, il rapporto DNA riferisce di indagini che hanno consentito di individuare due banche abusive rispettivamente a Roma e a Milano.

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PRINCIPALI RISULTATI Questo tredicesimo Rapporto focalizzato dell’Osservatorio del Nord Ovest ha avuto come oggetto d’indagine la percezione che i piemontesi hanno della realtà cinese, la qualità della loro conoscenza in merito e che cosa si aspettano per il futuro dalle relazioni tra l’Italia e la Cina. Riassumendo, è possibile indicare, nei seguenti punti, i principali risultati:

a) La maggioranza delle popolazioni intervistate dichiara di avere un’opinione abbastanza o del tutto negativa della Cina. Questo paese gode di un’immagine positiva soltanto fra una quota degli intervistati pari a circa il 30%. Sorprende l’alta incidenza delle risposte “non so” (quota compresa fra il 17,9% a Torino e il 23% nelle grandi città). In Piemonte, l’opinione positiva sulla Cina appare rafforzata da considerazioni favorevoli riguardanti l’immigrazione cinese in Italia, i benefici che la nostra economia potrebbe trarre dalle relazioni Italia-Cina, nonché da una valutazione positiva della qualità dei prodotti Made in China. Giocano un ruolo importante anche alcune convinzioni riguardanti le scelte di politica interna (la convinzione che il sistema politico cinese sia già oggi una democrazia e la fiducia nello sviluppo democratico delle istituzioni cinesi) e di politica estera (la previsione di un sostegno cinese all’Occidente, oppure di una posizione neutrale, in caso di conflitto Occidente-Islam). Per quanto riguarda l’orientamento elettorale, l’intenzione di voto a favore della Lega Nord o del centro destra si associa, con maggior probabilità, ad un’opinione negativa rispetto all’intenzione di voto a favore del centro sinistra oppure dell’estrema sinistra.

b) La maggioranza relativa delle persone, a qualsiasi livello territoriale appartenga, ritiene che la

Cina, pur non potendosi dire a tutt’oggi una democrazia, lo diventerà nel prossimo futuro. In Piemonte, questa convinzione è più diffusa fra gli uomini e le persone che hanno conseguito la laurea. Più scettici sono invece le persone attive dal punto di vista lavorativo, (imprenditori/liberi professionisti, impiegati/insegnanti, lavoratori autonomi con partita Iva e gli operai), gli elettori orientati verso il centro destra, la Lega e chi ha espresso l’intenzione di non votare.

c) In generale, la Cina viene descritta come un paese poco attento alla libertà religiosa e di parola:

secondo un’ampia maggioranza di intervistati (oltre il 60% in tutte le aree considerate), queste libertà non sono abbastanza salvaguardate.

d) Per quanto riguarda le differenze tra lavoratori italiani e lavoratori cinesi dal punto di vista delle

loro tutele, gli intervistati si esprimono molto chiaramente: una larghissima maggioranza (compresa tra l’80,5% dei torinesi e l’84,1% degli abitanti della provincia) ritiene che i lavoratori cinesi siano molto meno tutelati rispetto ai nostri connazionali.

e) Secondo un’ampia maggioranza di tutte le popolazioni considerate, la Cina non è stata in alcun

modo coinvolta nella guerra in Iraq (76,3% a Torino; 77,9% nell’area metropolitana; 78% in provincia; 78,6% in Piemonte). La Cina è stata una protagonista attiva del conflitto iracheno solo per una bassa percentuale di intervistati, pari a circa il 20% in tutte le aree analizzate. All’interno di quest’ultimo segmento di popolazione, più del 40% delle persone ritiene che la Cina abbia inviato armi in Iraq. L’idea che la Cina influenzi la politica estera statunitense in conseguenza dei propri investimenti finanziari in Usa convince una percentuale maggioritaria di intervistati (si va dal 34,5% dei piemontesi al 43,8% degli abitanti dell’area metropolitana torinese), mentre un’esigua maggioranza di intervistati (circa il 20% in tutte le aree territoriali esaminate) non

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crede che il grande paese asiatico abbia votato a favore della guerra in Iraq al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

f) La questione degli investimenti economici della Cina in Africa è un aspetto su cui gli intervistati

hanno difficoltà ad esprimere un’opinione: la percentuale delle risposte “non so” supera ovunque il 60%. Tra gli intervistati che prendono posizione, prevalgono leggermente coloro che credono che la Cina sia impegnata in questo tipo di investimenti: si va dal 20,6% dei piemontesi al 25,7% dei residenti nell’area metropolitana torinese.

g) La maggioranza relativa di tutte le popolazioni considerate ritiene che una quota compresa fra il

20 ed il 50% dell’inquinamento mondiale sia attualmente dovuto alla Cina. Meno severe sono le stime di poco più di un terzo degli intervistati, che imputano al paese non più del 20%. Al contrario, il 15% circa dei rispondenti sono convinti che la Cina sia da sola responsabile di più del 50% dell’inquinamento mondiale.

h) Secondo la maggior parte degli intervistati, la Cina costituirà il principale concorrente economico

dell’economia italiana nel prossimo futuro: le percentuali di persone che formulano questa previsione superano l’85% in tutte le aree considerate.

i) In generale, gli intervistati (oltre l’80% in tutte le aree territoriali monitorate) non considerano il

trasferimento di stabilimenti italiani in Cina come un’opportunità per la nostra economia, in particolare perché temono che questo processo si traduca in una perdita di occupazione per i nostri lavoratori. Ciò nonostante, per la maggioranza delle persone (si va dal 62,3% in Piemonte al 67,1% nell’area metropolitana) la Cina si configura come un mercato enorme, in cui nei prossimi anni l’Italia saprà investire e guadagnare. In Piemonte, la fiducia nelle opportunità economiche offerte dalla Cina all’Italia caratterizza soprattutto gli inoccupati, la piccola borghesia relativamente autonoma e la borghesia, se paragonati agli altri gruppi occupazionali considerati (operai, insegnanti ed impiegati). Inoltre, l’atteggiamento di fiducia cresce quanto più si dimostra di conoscere la Cina. Un minore ottimismo contraddistingue non tanto le persone che ricadono nelle fasce di reddito più basse, o coloro che hanno contratto i propri risparmi nel 2006 rispetto al 2005, quanto piuttosto coloro che temono un peggioramento della propria situazione economica nei primi sei mesi del 2007. Per quanto riguarda l’orientamento politico, la fiducia nelle opportunità che la Cina saprà offrire all’economia italiana si riduce per gli elettori orientati verso il centro destra e, molto più nettamente, per quelli simpatizzanti la Lega Nord, se confrontati con gli elettori del centro sinistra.

j) Fra i residenti delle quattro popolazioni considerate emerge un sostanziale accordo circa il tipo di prodotti/servizi che l’Italia importa di più dalla Cina. Al primo posto, ovunque, troviamo l’abbigliamento, che viene indicato da poco più del 50% degli intervistati, seguito, a grande distanza, da giocattoli e prodotti informatici.

k) In generale, la maggior parte degli intervistati si esprime negativamente a proposito della qualità

dei prodotti importati dalla Cina: questa qualità viene giudicata scarsa o pessima da circa il 57% delle popolazioni considerate, mentre non si arriva al 2% per coloro che la valutano ottima. In Piemonte, I lavoratori autonomi con partita IVA emergono come il gruppo socio-occupazionale che esprime le valutazioni meno favorevoli; stesso risultato per coloro che appartengono a famiglie il cui reddito mensile netto ricade nella fascia più bassa o più alta della distribuzione (sotto i 1.000 euro oppure sopra i 2.500). La qualità percepita cresce invece per le persone con

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meno di 30 anni di età, per chi ha un’opinione generale positiva sulla Cina, per chi è politicamente orientato verso i partiti dell’estrema sinistra, e per gli acquirenti dei prodotti cinesi, qualunque sia la frequenza di questo acquisto (settimanale, mensile, annuale).

l) In tutte le aree territoriali considerate, la maggioranza assoluta degli intervistati riporta di

acquistare prodotti cinesi molto raramente o mai/quasi mai: l’acquisto si verifica più di una volta alla settimana soltanto per percentuali comprese fra il 5,3% del Piemonte ed il 6,9% di Torino. Le persone con meno di 30 anni costituiscono la fascia di età che acquista prodotti cinesi con maggior frequenza, in particolare se confrontate con gli adulti oltre i 45 anni e gli anziani. Per quanto riguarda l’incidenza da parte dell’ampiezza del comune di residenza, gli abitanti dei comuni di medie dimensioni (10.000 – 100.000 abitanti) risultano meno propensi all’acquisto se paragonati a coloro che risiedono in centri piccoli oppure grandi. Coloro che appartengono alle famiglie i cui redditi ricadono nelle fasce alla base ed all’apice della distribuzione (sotto i 1.000 euro oppure sopra i 2.000 euro), acquistano prodotti cinesi più frequentemente delle famiglie collocate nelle fasce intermedie. A sostegno del fatto che i prodotti cinesi attirano fasce di popolazione socioeconomicamente vulnerabili, rileviamo che le persone che non sono riuscite a mettere da parte alcun risparmio, né nel 2005 né nel 2006, prediligono maggiormente la scelta di prodotti cinesi rispetto a coloro che hanno dichiarato di essere riusciti a risparmiare durante almeno uno dei due anni. Come prevedibile, la valutazione positiva dei prodotti cinesi ne incoraggia l’acquisto, mentre quella negativa lo rende meno frequente. Ulteriori condizioni favorenti l’acquisto sono una buona conoscenza generale della Cina, ed un’opinione complessivamente positiva su di essa, mentre va segnalato che la frequenza di acquisto non appare condizionata dall’orientamento elettorale.

m) La maggioranza assoluta delle persone (circa il 67%) si aspetta una crescita dell’import italiano

dalla Cina nei prossimi dieci anni, e soltanto un’esigua percentuale, intorno al 10%, ne prevede la contrazione. Inoltre, gli intervistati credono che la convenienza dei prodotti cinesi aiuterà in futuro le persone poco abbienti ad arrivare a fine mese con meno fatica di quanto accada ora, ma al contempo si mostrano molto preoccupati in relazione alle conseguenze negative dell’import cinese per le piccole aziende italiane, e chiedono, con percentuali leggermente sopra il 70%, che i politici italiani impongano al più presto restrizioni all’ingresso dei prodotti Made in China sul nostro mercato.

n) Quasi la metà degli intervistati indica nei beni di lusso il prodotto italiano più esportato in Cina;

sempre dal punto di vista dei piemontesi, in seconda posizione e ad un’ampia distanza troviamo le macchine utensili, indicate da una percentuale di rispondenti compresa tra il 16,9 dei residenti nella provincia di Torino ed il 20,6 dei residenti nel capoluogo di regione. Al terzo posto si colloca il vino, segnalato ovunque da circa l’11% degli intervistati.

o) Per quanto riguarda la previsione sul futuro prossimo dell’export italiano in Cina, gli intervistati si

dividono sostanzialmente tra coloro che si attendono un incremento rispetto alla situazione presente e coloro per i quali la situazione dei flussi commerciali italiani verso la Cina non subirà significative variazioni di qui a dieci anni; minoritaria è la quota di chi prevede una contrazione dei nostri prodotti/servizi in uscita verso la Cina, con i piemontesi leggermente più convinti di ciò se paragonati alle altre tre popolazioni.

p) La percezione della presenza numerica di cinesi nel proprio comune non sempre è in linea con il

dato oggettivo: a Torino (392 cinesi ogni 100.000 abitanti) il 79% degli intervistati ritiene che gli

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immigrati cinesi siano molti se non troppi, ma anche nei comuni dell’area metropolitana (64 cinesi ogni 100.000 abitanti, escludendo il capoluogo) la maggioranza assoluta del campione (61%) ritiene che siano presenti in misura consistente, così come il 51% dei piemontesi (204 cinesi ogni 100.000 abitanti) e il 56% dei residenti della provincia di Torino (100 ogni 100.000 abitanti, escludendo il capoluogo).

q) Il senso di invasione rispetto alla presenza cinese nel comune di residenza viene sperimentato

con maggiori probabilità dalle persone più vulnerabili: soggetti in possesso di un titolo di studio non elevato, appartenenti a famiglie deboli economicamente e caratterizzati da bassi livelli di fiducia interpersonale. Anche l’area di residenza ha un effetto sul senso di invasione: i residenti in comuni di medie dimensioni hanno più probabilità di sperimentarlo rispetto ai residenti in piccoli comuni, ma alla crescita ulteriore delle dimensioni del comune non si accompagnano significativi incrementi nel senso di fastidio. Meno invasi si sentono anche quanti hanno dichiarato di aver acquistato almeno una volta in un anno dei prodotti fabbricati in Cina. Il giudizio sul numero di immigrati cinesi è legato anche alla posizione politica: spostandosi dal centro sinistra al centro destra, la percentuale di chi ritiene che il numero di cinesi sia eccessivo aumenta costantemente.

r) Secondo la maggioranza assoluta degli intervistati di ciascuna area, si assisterà nei prossimi 10

anni ad un ulteriore aumento nella numerosità dei cittadini cinesi sul territorio (75% dei torinesi e dei residenti nell’area metropolitana, 74% dei residenti in provincia di Torino, 70% dei residenti in Piemonte).

s) La minaccia per l’occupazione rappresentata dagli immigrati cinesi è un sentimento che riguarda

il 39% dei residenti a Torino, il 37% dell’area metropolitana, il 39% dei residenti in provincia di Torino e il 34% del campione piemontese. Il senso di minaccia per l’occupazione viene sperimentato con maggiori probabilità dalle persone più vulnerabili: soggetti in possesso di un titolo di studio non elevato, appartenenti a famiglie deboli economicamente e caratterizzati da bassi livelli di fiducia interpersonale. L’area di residenza ha in questo caso un effetto inverso rispetto a quello esercitato sul senso di invasione: sono le persone che vivono in piccoli comuni a percepire con maggiori probabilità l’immigrazione dei cinesi come un rischio per l’occupazione. Anche in questo caso, l’appartenenza politica è un fattore che aiuta prevedere la posizione che assumeranno gli intervistati: spostandosi dal centro sinistra al centro destra, aumenta costantemente la probabilità di avvertire il senso di minaccia per le opportunità di impiego.

t) La minaccia per la sicurezza rappresentata dagli immigrati cinesi è un sentimento sperimentato

da meno di un intervistato su tre in ciascuna area considerata: inoltre, è vissuto con maggiori probabilità da chi è in possesso di un titolo di studio non elevato ed è caratterizzato da bassi livelli di fiducia interpersonale. Anche pensare che la cosiddetta mafia cinese abbia in Italia un potere paragonabile, se non addirittura superiore, a quello della mafia italiana aumenta il senso di minaccia per la sicurezza. Nuovamente, la collocazione politica ha un effetto e spostandosi dal centro sinistra al centro destra aumenta il senso di insicurezza legato all’immigrazione cinese. Il fatto di aver acquistato almeno una volta in un anno prodotti fabbricati in Cina fa diminuire la propensione a sentirsi minacciati. Tra i lavoratori, sono gli artigiani e i commercianti a sentirsi meno minacciati.

u) A Torino e nell’area metropolitana la maggioranza degli intervistati pensa che la mafia cinese in

Italia sia meno potente della mafia italiana (rispettivamente 53% e 50%). In provincia di Torino e nel resto del Piemonte tali percentuali si riducono di poco, arrivando intorno al 45%, ed

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aumentano invece quanti pensano che la mafia cinese abbia un potere simile alla mafia italiana. Meno del 20%, con poche differenze tra le aree territoriali, pensa che la mafia cinese abbia in Italia un potere superiore alla mafia italiana.

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OSSERVAZIONI CONCLUSIVE I risultati che emergono dal Rapporto focalizzato evidenziano un atteggiamento complessivamente “cauto”, ma non pregiudizialmente del tutto ostile, come appare dalle risposte relative all’impatto dell’”import”. Si ha paura dell’”invasione” delle merci cinesi, ma si ammette che il loro costo relativamente contenuto “aiuti ad arrivare alla fine del mese”. Una corretta informazione sulla reale incidenza del fenomeno, la capacità di inserire, ad ogni livello dell’informazione e della comunicazione, la variabile cinese come una delle variabili, non indipendente, dei processi di globalizzazione mondiali, può attenuare la sensazione di “pericolo”. La percezione della comunità cinese come “chiusa” è in parte superata rispetto alle reali dinamiche di interrelazione tra la comunità e il territorio ospitante. In questi ultimi anni, l’associazionismo cinese cerca contatti col mondo esterno, in questo aiutato dalla presenza, assai più consistente che nel passato, di studenti cinesi sul territorio e in particolare a Torino. Nella Cina successiva all’”apertura” gli studenti non vedono più i connazionali emigrati come “traditori” che hanno lasciato la madre patria, né hanno imbarazzi o preoccupazioni nel frequentarli, come accadeva in passato, quando le autorità cinesi non incoraggiavano questo tipo di contatti. Prevale oggi il senso di appartenenza alla “cultura cinese” nel suo complesso, insieme con un’indistinta ma generale e onnicomprensiva percezione di “sinicità” (complici anche i successi della Cina), non scevra di un certo orgoglio. Ciò aiuta la propensione al contatto con la comunità ospitante, poiché si è molto attutito il “complesso di inferiorità-superiorità” nei suoi confronti (derivato dalla coscienza di essere un “cinese povero”, unito alla consapevolezza, a volte dolorosa o rabbiosa, ma sempre presente tra i cinesi, di appartenere a un popolo di antica civiltà). Il processo di apertura va incoraggiato, sostenendo l’associazionismo e i suoi organi (giornali e micro-giornali della comunità stanno comparendo anche in Piemonte), in relazione all’associazionismo tradizionalmente presente sul territorio. Vanno altresì incoraggiate le forme di partecipazione ai meccanismi democratici di decisione. Per ragioni storiche e culturali, i cinesi percepiscono le istituzioni come organismi “di controllo”, di cui diffidare, piuttosto che come luoghi di elaborazione dei processi decisionali e di partecipazione. La migliorata percezione di sé potrebbe costituire uno strumento per incoraggiare la partecipazione alla vita democratica nel suo complesso (consulta, ecc.). E’ significativo che questo stia avvenendo in ambiente sindacale, nelle fabbriche, in Lombardia come nel nord-est. Nello stesso tempo, i tempi sono probabilmente maturi per favorire il mutamento di un secondo tratto caratteristico dell’atteggiamento dei cinesi nei confronti delle istituzioni e, in particolare, dei servizi, visti finora soprattutto come opportunità ma non come luogo di personale impegno (scarsa presenza, per esempio, in tutti gli organismi scolastici). Questa sorta di “vampirismo” unidirezionale e passivo, già in parte destinato a diminuire con il progressivo integrarsi delle generazioni, va combattuto con sollecitazioni e stimoli costanti alla partecipazione. La modalità di insediamento dei cinesi sul territorio piemontese, che ha evitato la loro ghettizzazione secondo il modello China town – la cui problematicità è stata confermata dai recenti fatti milanesi – favorisce un’integrazione “morbida” nel tessuto pre-esistente; si tratta di un “modello” che va rafforzato, migliorando i legami con le istituzioni di base (quartiere, ecc.). I cinesi percepiscono se stessi come un paese di antica civiltà, ma hanno anche dell’Italia e della sua storia un’opinione analoga. Il recente fenomeno dell’impiego di cinesi dalla lingua “standard”, non dialettale, con il compito di insegnare ai bambini un corretto “cinese mandarino” esprime la consapevolezza dell’importanza della lingua cinese come lingua di scambio, ma mostra anche un nuovo interesse per la cultura del paese di origine, che potrebbe essere incoraggiato e collegato con l’attenzione per la cultura del paese ospitante.

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La scarsa attenzione dei cinesi per “il rispetto delle regole” pone l’accento sulla percezione distorta delle istituzioni e delle regole che da esse discendono, che ha ragioni storiche e culturali lontane ed è collegata a una forte propensione alla difesa dell’interesse “privato”, percepito come “altro” e “antagonista” rispetto all’interesse pubblico. Il ”riscatto” del privato trova peraltro le sue ragioni di essere anche in esperienze personali e familiari di mortificazione della dimensione individuale e della personale capacità di iniziativa, che per molto tempo ha caratterizzato il loro paese di provenienza. Si tratta però di un sentimento indistinto, qui in Piemonte non fortemente radicato né percepito dai piemontesi; vi sono i presupposti per un’azione volta a migliorare il senso di appartenenza alla collettività.

Stefania Stafutti, direttore del CASCC

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QUESTIONARIO

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• Molto...............................................................................................

• Abbastanza ......................................................................................

• Poco ................................................................................................

• Per niente ........................................................................................

Nel complesso, quanto è soddisfatto della vita che conduce attualmente?1.

• Mi aspetto che migliori ...................................................................

• Mi aspetto che resti invariata ..........................................................

• Mi aspetto che peggiori ..................................................................

Riguardo ai prossimi sei mesi, Lei si aspetta che la sua situazioneeconomica personale migliori, resti invariata o peggiori?

3.

• Ci si può fidare della maggior parte della gente .............................

• Bisogna essere molto prudenti con la gente ...................................

• Non so .............................................................................................

Parlando in generale, con quale di queste affermazioni Lei si trova più d'accordo?

2.

• Tra 500 e 1000 euro netti al mese ...................................................

• Tra 1000 e 1500 euro netti al mese .................................................

• Tra 1500 e 2000 euro netti al mese .................................................

• Tra 2000 e 2500 euro netti al mese .................................................

• Tra 2500 e 3500 euro netti al mese .................................................

• Tra 3500 e 5000 euro netti al mese .................................................

• Più di 5000 euro netti al mese........................................................

Secondo Lei, qual è il reddito medio mensile di cui dovrebbe disporre la sua famiglia per vivere senza preoccupazioni economiche?

4.

• Nel 2006 abbiamo risparmiato più o meno la stessa cifra del 2005 ...

• Nel 2006 abbiamo risparmiato più del 2005...................................

• Nel 2006 abbiamo risparmiato meno del 2005...............................

• Negli ultimi due anni (2005, 2006) non abbiamo risparmiato........

Pensando all'anno appena passato, la sua famiglia nel 2006 è riuscita a mettere da parte, a risparmiare, più o meno del 2005?

6.

Per ciascuna delle voci elencate di seguito indichi se nel 2006 ha dovuto fare delle rinunce oppure ha potuto permettersi qualcosa in più rispetto al 2005.HO DOVUTO FARE NESSUN HO POTUTO PERMETTERMI

QUALCHE RINUNCIA CAMBIAMENTO QUALCOSA IN PIU’

7.

• Generi alimentari ....................................................................................................................

• Abbigliamento.........................................................................................................................

• Elettrodomestici ......................................................................................................................

• Arredamento ...........................................................................................................................

• Telefonia / Personal Computer / Hi-Fi....................................................................................

• Libri / Giornali / Periodici ......................................................................................................

• Sport / Cura del corpo.............................................................................................................

• Cultura (teatro, cinema, musei) ..............................................................................................

• Di più .............................................................................................

• Uguale............................................................................................

• Di meno ..........................................................................................

Rispetto all'anno scorso, per i regali di Natale, ha speso di più, uguale o di meno?

8.

• Meno di 100 euro............................................................................

• Da 100 a 300 euro...........................................................................

• Da 300 a 500 euro...........................................................................

• Da 500 a 1000 euro.........................................................................

• Oltre i 1000 euro .............................................................................

Nel complesso, quanto ha speso per i regali di Natale?9.

• Meno di 500 euro netti al mese.......................................................

• Tra 500 e 1000 euro netti al mese ...................................................

• Tra 1000 e 1500 euro netti al mese .................................................

• Tra 1500 e 2000 euro netti al mese .................................................

• Tra 2000 e 2500 euro netti al mese .................................................

• Tra 2500 e 3500 euro netti al mese .................................................

• Più di 3500 euro netti al mese........................................................

Mi potrebbe dire, per favore, quanto entra in famiglia mediamente al mese al netto delle tasse? Consideri tutte le sue entrate e quelle dei suoi familiari, comprese rendite, indennità ed eventuali 13esime.

5.

Gentile Signora, Egregio Signore, Le chiediamo la cortesia di rispondere a questo questionario facendo una crocetta sulla rispo-sta scelta. Tutte le risposte che ci darà verranno elaborate in forma assolutamente anonimaAttenzione: Ricordiamo che deve rispondere al questionario la persona indicata in calce a questa pagina. Qualora la persona non fosse disponibile, e un altro familiare fosse interessato a compilare il questionario, per cortesia segnalateci questa varia-zione chiamando al numero verde indicato. Grazie!

Milano, Gennaio-Febbraio 2007

VIA BOLAMA, 11/3

20126 MILANO

TELEFONO (NUMERO VERDE)

800-372220

[email protected]

1 2206728

35° BAROMETRO SOCIALE

EDIZIONE 1

• Di più del 2005 ...............................................................................

• Uguale al 2005................................................................................

• Di meno del 2005............................................................................

• Nell'estate del 2006 non ho fatto vacanze ......................................

• L'estate precedente (2005) non avevo fatto vacanze ......................

Nelle ultime vacanze estive (estate 2006) ha speso di più, uguale o di meno rispetto all'anno precedente (estate 2005)?

10.

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A. Calzature

B. Abbigliamento

C. Giocattoli

D. Elettrodomestici

E. Auto e motocicli

F. Prodotti informatici

G. Materie prime (zinco, carbone, rame…)

H. Brevetti, licenze d'uso (know how)

• La categoria di prodotti che importiamo di più ......

• La categoria di prodotti che importiamo di meno ......

Parliamo dei prodotti e dei servizi cinesi che importiamo in Italia. Secondo Lei quale fra le seguenti categorie di prodotti è quella che importiamo di più? E qual è quella che importiamo di meno? (Riporti nelle caselle la lettera corrispondente)

22.

• Molto positiva .................................................................................

• Abbastanza positiva ........................................................................

• Abbastanza negativa .......................................................................

• Del tutto negativa............................................................................

• Non so .............................................................................................

E, sempre pensando in generale, Lei ha un'opinione positiva o negativa della Cina?

16.

• Molto positiva .................................................................................

• Abbastanza positiva ........................................................................

• Abbastanza negativa .......................................................................

• Del tutto negativa............................................................................

• Non so .............................................................................................

In generale, Lei ha un'opinione positiva o negativa degli Stati Uniti d'America?15.

•gg

Per cortesia, può indicare la sua data di nascita?12.

mm aa

• Maschio Femmina anni compiuti ......

• Maschio Femmina anni compiuti ......

• Maschio Femmina anni compiuti ......

Se è genitore, per ciascuno dei suoi figli può indicare il sesso e l’età in anni compiuti? (Se ha più di 3 figli indichi solo i primogeniti)

13.

• Il vero problema dell’Italia non è diminuire le tasse ma utilizzare meglio i soldi versati dai contribuenti ............................

• Il vero problema è che in Italia le tasse sono troppo alte................

Con quale di queste affermazioni Lei è più d’accordo?14.

• Di più del 2005 ...............................................................................

• Uguale al 2005................................................................................

• Di meno del 2005............................................................................

• Nell'estate del 2006 non ho fatto vacanze ......................................

• L'estate precedente (2005) non avevo fatto vacanze ......................

Nell'estate del 2006 quanti giorni di vacanza ha fatto rispetto all'anno precedente?

11.

A. Stati Uniti

B. India

C. Brasile

D. Cina

E. Australia

F. Sud Africa

• La mia destinazione preferita.................................

• La destinazione che mi attira di meno ...................

Immagini di vincere una settimana di vacanza gratis (volo+soggiorno), e di poter scegliere la destinazione del viaggio tra i paesi elencati di seguito. Indichi il paese in cui preferirebbe trascorrere la vacanza e quello che la attira di meno. (Riportare il codice corrispondente nell'apposito spazio)

17.

• Sì .....................................................................................................

• No ...................................................................................................

E' gia stato nel paese che ha indicato come destinazione preferita della vacanza?

18.

• Sì, per turismo.................................................................................

• Sì, per studio ...................................................................................

• Sì, per lavoro...................................................................................

• No, mai ...........................................................................................

Lei è stato in Cina per ragioni di turismo, studio o lavoro?19.

1. Cina

2. India

3. Brasile

4. Russia

5. Giappone

6. Corea del Sud

• Il principale concorrente per l’economia italiana ..

• Il paese meno pericoloso per l’economia italiana..

A suo parere, nei prossimi 10 anni, quale fra i seguenti paesi costituirà il principale concorrente per l'economia italiana? E quale paese sarà meno pericoloso per l'economia italiana?

21.

• Pechino è più simile a Calcutta che a New York..................................................................................................

• In Cina ognuno è libero di professare la propria religione...................................................................................

• Il Tibet è uno stato indipendente dalla Cina .........................................................................................................

• La Cina è più piccola dell'Unione Europea ..........................................................................................................

• Hong Kong è una regione della Cina al confine con la Russia ............................................................................

• Da anni Cina e Giappone hanno una forte alleanza politico-economica .............................................................

• In Cina la libertà di parola non è abbastanza tutelata...........................................................................................

• Taiwan è uno stato indipendente dalla Cina .........................................................................................................

• In Cina è consentita la clonazione di embrioni umani .........................................................................................

• La Cina fa grandi investimenti finanziari e produttivi in Africa ..........................................................................

• I lavoratori cinesi sono molto meno tutelati di quelli italiani...............................................................................

Di seguito Le presentiamo una serie di affermazioni che altri intervistati hanno fatto sulla Cina. Indichi se, in base alle sue conoscenze, quanto affermato in ciascuna di esse è vero o falso. Se pensa di non saperne abbastanza indichi “non so”.

20.

NON SOFALSOVERO

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A. Calzature

B. Beni di lusso (Ferrari, vestiti firmati…)

C. Abbigliamento non di lusso

D. Vino

E. Materiali per l'edilizia

F. Macchine utensili

G. Brevetti, licenze (know how)

• La categoria di prodotti che esportiamo di più ......

• La categoria di prodotti che esportiamo di meno ..

Parliamo ora dei prodotti che l'Italia esporta in Cina. Secondo Lei quale fra le seguenti categorie di prodotti è quella che esportiamo di più? E qual è quella che esportiamo di meno? (Riporti nelle caselle la lettera corrispondente)

25.

• Ottima .............................................................................................

• Discreta ...........................................................................................

• Accettabile ......................................................................................

• Scarsa ..............................................................................................

• Pessima ...........................................................................................

E a suo parere qual è la qualità dei prodotti che esportiamo in Cina?26.

• Ottima .............................................................................................

• Discreta ...........................................................................................

• Accettabile ......................................................................................

• Scarsa ..............................................................................................

• Pessima ...........................................................................................

E a suo parere qual è la qualità dei prodotti che importiamo dalla Cina?23.

• Molti più di quanti ne importiamo ora............................................

• Più o meno come ora ......................................................................

• Molti meno di quanti ne importiamo ora ........................................

Secondo Lei fra 10 anni quanti prodotti e servizi importeremo dalla Cina?24.

• Molti più di quanti ne esportiamo ora.............................................

• Più o meno come ora ......................................................................

• Molti meno di quanti ne esportiamo ora.........................................

Secondo Lei fra 10 anni quanti prodotti e servizi esporteremo in Cina?27.

• Quasi tutti i prodotti cinesi presenti in Italia sono copiati o contraffatti ...........................................................

• Per accogliere i prodotti cinesi l'Italia sta migliorando molte sue infrastrutture (porti, strade, magazzini...)...

• Se non corriamo ai ripari, fra qualche anno finirà che mangeremo pasta e pomodori prodotti in Cina ...........

• Nei prossimi anni le persone poco abbienti potranno arrivare a fine mese con meno fatica comprando prodotti cinesi a buon mercato..........................................................................................................................

• Molte piccole aziende italiane stanno rischiando di fallire a causa della massiccia importazione di prodotti cinesi ...............................................................................................................................................

• La Cina è un mercato enorme, in cui nei prossimi anni l'Italia saprà investire e guadagnare...........................

• I cinesi che arrivano in Italia portano via posti di lavoro agli italiani...............................................................

• L'aumento degli scambi fra Italia e Cina ci porterà un notevole arricchimento culturale.................................

• L'Italia deve imporre al più presto delle restrizioni all'importazione dei prodotti dalla Cina ...........................

• Importare prodotti cinesi è un vantaggio per l'economia italiana perché buona parte dei ricavi derivanti dalla loro vendita va ai grossisti e ai commercianti italiani che li distribuiscono ............................................

• L'immigrazione cinese costituisce un serio pericolo per la sicurezza degli italiani ..........................................

Di seguito Le presentiamo alcune affermazioni sulla Cina fatte da altri intervistati. Per favore, indichi quanto è d'accordo con ciascuna di esse.28.PER NIENTEPOCOABBASTANZAMOLTO

• Il fatto che alcune aziende italiane spostino i loro stabilimenti in Cina è una grande opportunità per l'economia italiana, dato che consente di ridurre i costi della produzione e quindi di tenere bassi i prezzi ......................................................

• Il fatto che alcune aziende italiane spostino i loro stabilimenti in Cina è un grande rischio per l'economia italiana, dato che fa perdere molti posti di lavoro agli italiani.....................

La preghiamo di indicare fra le due affermazioni seguenti quella che meglio esprime il suo pensiero.

29.

Secondo Lei, l'attuale sistema politico cinese è una democrazia?• No, e non credo che lo diventerà mai .............................................

• No, ma credo che nel prossimo futuro lo diventerà........................

• Sì, la Cina è già una democrazia seppure diversa da quelle occidentali........................................................................

• Non so .............................................................................................

31.

Per quanto ne sa la Cina è coinvolta in qualche modo nella guerra in Iraq?• Sì .....................................................................................................

• No ...................................................................................................

32.

• Ha inviato armi in Iraq .........................................................................................................................................

• Ha inviato in Iraq agenti dei servizi segreti..........................................................................................................

• Al Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha votato a favore della guerra in Iraq .......................................................

• Investe molti soldi negli USA e quindi influisce sulle decisioni di politica estera prese dagli americani ...........

Se sì, in che modo è coinvolta?33.NON SOFALSOVERO

In un anno quanto spesso Le capita di comprare prodotti con marchio cinese o prodotti con marchio italiano ma “made in Cina”?• Più di una volta alla settimana ........................................................

• Una volta alla settimana..................................................................

• Qualche volta al mese .....................................................................

• Una volta al mese............................................................................

• Qualche volta all'anno ....................................................................

• Mai o quasi mai ..............................................................................

• Non so .............................................................................................

30.

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Il questionario è terminato. La ringraziamo per la cortese col-laborazione.

ABACUS S.p.A.

• Data compilazione

giorno mese

• E.mail

@

• Formerebbe un'alleanza con i paesi islamici ..................................

• Formerebbe un'alleanza con i paesi occidentali .............................

• Cambierebbe varie volte le proprie alleanze in base al suo interesse immediato .............................................................

• Resterebbe neutrale.........................................................................

A suo parere, come si comporterebbe la Cina in un ipotetico conflitto prolungato tra Occidente e Islam?

34.

• Meno del 10%.................................................................................

• Tra il 10 e il 20% ............................................................................

• Tra il 20 e il 50% ............................................................................

• Più del 50%.....................................................................................

Secondo Lei, quanto dell'inquinamento mondiale è attualmente dovuto agli Stati Uniti?

35.

• Meno del 10%.................................................................................

• Tra il 10 e il 20% ............................................................................

• Tra il 20 e il 50% ............................................................................

• Più del 50%.....................................................................................

E quanto dell'inquinamento mondiale è attualmente dovuto alla Cina?

36.

• Ce ne sono troppi ............................................................................

• Ce ne sono molti, ma non sono troppi ............................................

• Non ce ne sono molti ......................................................................

• Non so .............................................................................................

In generale cosa pensa degli immigrati cinesi presenti nel comune in cui vive?

37.

• Ce ne saranno di più .......................................................................

• Ce ne saranno più o meno tanti quanti ce ne sono adesso ..............

• Ce ne saranno di meno....................................................................

• Non so .............................................................................................

E tra 10 anni come andranno le cose?38.

• Sono più numerosi degli albanesi ...................................................

• Sono più o meno lo stesso numero degli albanesi ..........................

• Sono meno numerosi degli albanesi ...............................................

Nel comune in cui vive, gli immigrati cinesi sono più o meno di quelli di origine albanese?

39.

• Traffico di droga ...................................................................................................................................................

• Contrabbando .......................................................................................................................................................

• Prostituzione.........................................................................................................................................................

• Traffico di armi.....................................................................................................................................................

• Contraffazione di marchi ......................................................................................................................................

• Riciclaggio di denaro sporco................................................................................................................................

• Traffico di organi ..................................................................................................................................................

• Introduzione di clandestini nel territorio italiano .................................................................................................

E secondo Lei quali sono i settori in cui opera la “mafia cinese” in Italia?42.NON SONOSI’

• E’ più potente di quella italiana ......................................................

• E’ potente quanto la mafia italiana .................................................

• E’ meno potente della mafia italiana ..............................................

Si sente talvolta parlare di “mafia cinese”. Secondo Lei, in Italia la “mafia cinese” è più o meno potente della mafia italiana?

41.

• Sono più numerosi dei marocchini .................................................

• Sono più o meno lo stesso numero dei marocchini ........................

• Sono meno numerosi dei marocchini .............................................

Nel comune in cui vive, gli immigrati cinesi sono più o meno di quelli di origine marocchina?

40.

Se oggi dovessimo votare per il Parlamento italiano, e in questo momento Lei si trovasse nella cabina elettorale, per quale partito voterebbe?

• Rifondazione Comunista ................................................................

• Comunisti Italiani ...........................................................................

• Democratici di Sinistra (DS) ..........................................................

• Margherita.......................................................................................

• Verdi (Pecoraro Scanio) ..................................................................

• UdeuR (Mastella)...........................................................................

• Rosa nel Pugno (Radicali-SDI) .....................................................

• Italia dei Valori (Di Pietro) .............................................................

• UDC (Casini) .................................................................................

• Forza Italia .....................................................................................

• Lega Nord ......................................................................................

• Alleanza Nazionale (AN)................................................................

• Democrazia Cristiana (Rotondi) .....................................................

• Movimento Sociale-Fiamma Tricolore (Romagnoli) .....................

• Alternativa Sociale (Mussolini) ......................................................

• Un altro partito e cioè

• Scheda bianca ................................................................................

• Scheda nulla...................................................................................

• Non andrei a votare.........................................................................

43.• Nella coalizione di centro-sinistra ..................................................

• Nella coalizione di centro-destra ....................................................

• Non so .............................................................................................

Pensando al futuro del Paese Lei ha più fiducia…?44.

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