L’illuminismo del XXI secolo è credere nell’incredibile? 11.pdf · cio De Bortoli, ricco dell...

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“Credere nell’incredibile” è caratteristico della nostra epoca New Age. Può avere gli approcci i più diversi. Si può partire da un quotidiano autorevole, addirittura espressione della Confindustria, il “Sole 24 Ore”, che ha acquistato maggiore vivacità in questi mesi, da quando ne ha assunto la direzione Ferruc- cio De Bortoli, ricco dell’esperienza di guida del “Corriere della sera”. Vi si può leggere l’articolo di un brillante collaboratore culturale, Armando Massarenti, dal titolo e dalla presentazione preoccupanti: “Anti illuministi – Stregoni di destra e di sinistra – Così guru e astrologi, tradizionalisti e postmoderni formano il vasto fronte che demonizza la ragione” (13 marzo 2005). Studio da tempo questo fenomeno, ma ne do un’interpretazione diversa. Vi sono certa- mente aspetti negativi, come la manipola- zione della credulità, ma le culture alternative emarginate dalla rivoluzione scientifica del XVII secolo e che vanno riemergendo non demonizzano la ragione, ma arricchiscono il nostro approccio alla realtà. Ma è utile se- guire il ragionamento di Armando Massa- renti, che muove dalla segnalazione del libro dell’inglese Frances Wheen, giornalista del- l’anno nel 2004, vincitore del premio Orwell nel 2003 e autore nel 2000 di un bestseller internazionale su Marx, intitolato ‘Come gli stregoni hanno conquistato il mondo’”. Il libro è edito in Italia dalla Isnb Edizioni ed “è una lettura deprimente e rinfrancante al tempo stesso. Deprimente perché Wheen ci convince che sono ormai le stesse élite che invece di combattere e scoraggiare le cre- denze più irrazionali, fanno a gara per abbrac- ciarle, facendosi consigliare da guru e astro- logi, organizzando dibattiti dove l’evoluzioni- smo è messo sullo stesso piano del creazioni- smo, o dando credito in Parlamento a ipotesi come quella secondo cui – per tornare agli UFO – non solo gli extraterrestri arrivano dal cielo, ma vivono sotto la crosta terrestre”. Secondo Wheen questa “coalizione inco- erente di postmodernisti e primitivisti, New Age e antico testamento”, nell’ultimo quarto di secolo è giunta a intimorire i pochi intellettuali che ancora difendono i valori dell’Illuminismo, sempre più “riluttanti a difenderli in pubblico, per paura”, riassume Massarenti, “ di essere attaccati da destra e da sinistra”. Non mi sembra sia così. Gli intellettuali e gli studiosi illuministi sono ancora in grande maggioranza nella cultura ufficiale, nelle accademie come nei media. E’ peral- tro vero che personalità di primo piano della politica e dell’economia consultano astro- logi e cartomanti con più frequenza negli ultimi decenni che non in precedenza, men- tre cresce l’interesse diffuso per visioni al- ternative della storia e della cultura, che retrodatano la costruzione della Sfinge e stabiliscono rapporti tra la fisica più avan- zata, delle particelle e delle stringhe, e anti- chi scritti delle tradizioni induiste e taoiste. Queste impostazioni, queste ricerche, non sono all’insegna dell’anti-illuminismo. Personalmente sono convinto di difenderne i valori, con la disponibilità all’apertura nei confronti di nuovi approcci alla realtà, che sarebbe riduttivo classificare come sempli- cemente irrazionali. Occorre certamente operare rigorose distinzioni nella galassia sincretica che mescola astrologia e ufologia, neognosticismo e numerologia. Ma siamo di fronte a un fenomeno di ampiamento della conoscenza e non di ritorno alla super- stizione. Del resto, anche Massarenti trova che il libro di Wheen è anche “rinfrancante, per- ché nel percorrere la cultura degli ultimi decenni – che ci ha portati a una singolare alleanza tra destra comunitarista e tradizio- nalista da un lato e sinistra culturale e relati- vista dall’altro – sa tenere ben salda la bandiera dei valori illuministici”. E’ quello che certamente occorre fare. Ma andando oltre gli enciclopedisti. E am- pliando la conclusione che riporto: “Come si legge in uno studio ottocentesco sulla psicologia delle masse citato da Wheen, gli uomini impazziscono in branco, ma recupe- rano la ragione solo lentamente, e uno a uno”. Penso che dall’Ottocento ad oggi, lo studio della psicologia delle masse abbia fatto progressi. E proprio i valori dell’Illu- minismo citati da Massarenti, “la democra- zia, il costituzionalismo, i diritti umani” possono essere difesi più validamente quando diventano patrimonio collettivo. E’ più facile che impazzisca un individuo iso- lato che un insieme di donne e di uomini che abbia maturato un’esperienza d’in- sieme. RIVISTA DEL SALOTTO LETTERARIO DI SESTO FIORENTINO - SALOTTO CONTI PATROCINIO DEL COMUNE DI FIRENZE Editore Francesco Ammannati Anno 6 n.11 Maggio 2005 Direttore Maurizio Ciampolini reg.trib. Firenze 5001 del 24 10 00 Il Salotto letterario di Sesto Fiorentino - Salotto Conti - è una associazione cultu- rale che promuove la lettura e l’interpre- tazione di testi di narrativa classica e con- temporanea. Presidente: Claudio Berti. Sede: Via Ce- sare Battisti 24, Sesto Fiorentino. Il Salotto si riunisce a giovedì alterni alle ore 21.30. Per informazioni chiamare 0554487600- 0555000277 Proprietà: Francesco Ammannati. Direttore responsabile: Maurizio Ciampolini Coordinamento: Paola Ficini Comitato redazionale: Gianni Conti, Teresa Paladin. Comitato editoriale: Claudio Berti, Roberto D’Ales- sio, Ilaria Fravolini, Paolo Vannini Redazione: via Boccaccio 6, 50133 Firenze, tel 0555000277. Stampa: Comune di Firenze L’illuminismo del XXI secolo è credere nell’incredibile? GIORGIO GALLI SOMMARIO. Parrebbe che lo spazio del- l’incredibile si sia molto, c’è chi dice troppo assottigliato negli ultimi secoli. La reazione non poteva mancare. Ci sorge al- lora un dubbio: l’illuminismo del XXI se- colo è credere nell’incredibile? Esempi ne abbiamo molti e vari, alcuni di cassetta, altri più raffinati e profondi. L’esegesi del- l’inutile affronta a mano armata Il codice da Vinci di Dan Brown. In Questi fanta- smi - spiritismo e scrittura letteraria si scopre che da teorie fallibili e incerte emer- gono lampi di illuminazione e compren- sione umana. Ma attenti, dalla confusione tra Storia e antistoria nel “Pendolo” tem- plare, ovvero dal sonno della ragione na- scono mostri. Ci pare appropriato in questo contesto associare Sindone e nuovo sim- bolismo, ovvero la funzione delle reliquie quali emblemi della supremazia del tra- scendente sulla realtà. Possiamo poi nel Vangelo secondo Nicodemo rileggere an- tiche verità con altri occhi e, in La rosa e la spada, aggiornarci sugli onnipresenti, an- corché ufficialmente defunti Templari. Infine la consueta rubrica Fahrenheit 451.

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“Credere nell’incredibile” è caratteristicodella nostra epoca New Age. Può avere gliapprocci i più diversi. Si può partire da unquotidiano autorevole, addirittura espressionedella Confindustria, il “Sole 24 Ore”, che haacquistato maggiore vivacità in questi mesi,da quando ne ha assunto la direzione Ferruc-cio De Bortoli, ricco dell’esperienza di guidadel “Corriere della sera”. Vi si può leggere l’articolo di un brillantecollaboratore culturale, Armando Massarenti,dal titolo e dalla presentazione preoccupanti:“Anti illuministi – Stregoni di destra e disinistra – Così guru e astrologi, tradizionalistie postmoderni formano il vasto fronte chedemonizza la ragione” (13 marzo 2005). Studio da tempo questo fenomeno, ma nedo un’interpretazione diversa. Vi sono certa-mente aspetti negativi, come la manipola-zione della credulità, ma le culture alternativeemarginate dalla rivoluzione scientifica delXVII secolo e che vanno riemergendo nondemonizzano la ragione, ma arricchiscono ilnostro approccio alla realtà. Ma è utile se-guire il ragionamento di Armando Massa-renti, che muove dalla segnalazione del librodell’inglese Frances Wheen, giornalista del-l’anno nel 2004, vincitore del premio Orwellnel 2003 e autore nel 2000 di un bestsellerinternazionale su Marx, intitolato ‘Come glistregoni hanno conquistato il mondo’”. Il libro è edito in Italia dalla Isnb Edizionied “è una lettura deprimente e rinfrancante altempo stesso. Deprimente perché Wheen ciconvince che sono ormai le stesse élite cheinvece di combattere e scoraggiare le cre-denze più irrazionali, fanno a gara per abbrac-ciarle, facendosi consigliare da guru e astro-logi, organizzando dibattiti dove l’evoluzioni-smo è messo sullo stesso piano del creazioni-smo, o dando credito in Parlamento a ipotesicome quella secondo cui – per tornare agliUFO – non solo gli extraterrestri arrivano dalcielo, ma vivono sotto la crosta terrestre”.

Secondo Wheen questa “coalizione inco-erente di postmodernisti e primitivisti, NewAge e antico testamento”, nell’ultimoquarto di secolo è giunta a intimorire i pochiintellettuali che ancora difendono i valoridell’Illuminismo, sempre più “riluttanti adifenderli in pubblico, per paura”, riassumeMassarenti, “ di essere attaccati da destra eda sinistra”. Non mi sembra sia così. Gli intellettualie gli studiosi illuministi sono ancora ingrande maggioranza nella cultura ufficiale,nelle accademie come nei media. E’ peral-tro vero che personalità di primo piano dellapolitica e dell’economia consultano astro-logi e cartomanti con più frequenza negliultimi decenni che non in precedenza, men-tre cresce l’interesse diffuso per visioni al-ternative della storia e della cultura, cheretrodatano la costruzione della Sfinge estabiliscono rapporti tra la fisica più avan-zata, delle particelle e delle stringhe, e anti-chi scritti delle tradizioni induiste e taoiste. Queste impostazioni, queste ricerche,non sono all’insegna dell’anti-illuminismo.Personalmente sono convinto di difendernei valori, con la disponibilità all’apertura neiconfronti di nuovi approcci alla realtà, chesarebbe riduttivo classificare come sempli-cemente irrazionali. Occorre certamenteoperare rigorose distinzioni nella galassiasincretica che mescola astrologia e ufologia,neognosticismo e numerologia. Ma siamodi fronte a un fenomeno di ampiamentodella conoscenza e non di ritorno alla super-stizione. Del resto, anche Massarenti trova che illibro di Wheen è anche “rinfrancante, per-ché nel percorrere la cultura degli ultimidecenni – che ci ha portati a una singolarealleanza tra destra comunitarista e tradizio-nalista da un lato e sinistra culturale e relati-vista dall’altro – sa tenere ben salda labandiera dei valori illuministici”. E’ quello che certamente occorre fare.Ma andando oltre gli enciclopedisti. E am-pliando la conclusione che riporto: “Comesi legge in uno studio ottocentesco sullapsicologia delle masse citato da Wheen, gliuomini impazziscono in branco, ma recupe-rano la ragione solo lentamente, e uno auno”. Penso che dall’Ottocento ad oggi, lostudio della psicologia delle masse abbiafatto progressi. E proprio i valori dell’Illu-minismo citati da Massarenti, “la democra-zia, il costituzionalismo, i diritti umani”possono essere difesi più validamentequando diventano patrimonio collettivo. E’più facile che impazzisca un individuo iso-lato che un insieme di donne e di uominiche abbia maturato un’esperienza d’in-sieme.

RIVISTA DEL SALOTTO LETTERARIO DI SESTO FIORENTINO - SALOTTO CONTI PATROCINIO DEL COMUNE DI FIRENZE

Editore Francesco AmmannatiAnno 6 n.11 Maggio 2005

Direttore Maurizio Ciampolinireg.trib. Firenze 5001 del 24 10 00

Il Salotto letterario di Sesto Fiorentino -Salotto Conti - è una associazione cultu-rale che promuove la lettura e l’interpre-tazione di testi di narrativa classica e con-temporanea.Presidente: Claudio Berti. Sede: Via Ce-sare Battisti 24, Sesto Fiorentino.Il Salotto si riunisce a giovedì alterni alleore 21.30. Per informazioni chiamare0554487600- 0555000277

Proprietà: Francesco Ammannati.Direttore responsabile:Maurizio CiampoliniCoordinamento: Paola FiciniComitato redazionale: Gianni Conti, Teresa Paladin.Comitato editoriale: Claudio Berti, Roberto D’Ales-sio, Ilaria Fravolini, Paolo VanniniRedazione: via Boccaccio 6, 50133Firenze, tel 0555000277.Stampa: Comune di Firenze

L’illuminismo del XXI secolo ècredere nell’incredibile?

GIORGIO GALLI

SOMMARIO. Parrebbe che lo spazio del-l’incredibile si sia molto, c’è chi dicetroppo assottigliato negli ultimi secoli. Lareazione non poteva mancare. Ci sorge al-lora un dubbio: l’illuminismo del XXI se-colo è credere nell’incredibile? Esempi neabbiamo molti e vari, alcuni di cassetta,altri più raffinati e profondi. L’esegesi del-l’inutile affronta a mano armata Il codiceda Vinci di Dan Brown. In Questi fanta-smi - spiritismo e scrittura letteraria siscopre che da teorie fallibili e incerte emer-gono lampi di illuminazione e compren-

sione umana. Ma attenti, dalla confusionetra Storia e antistoria nel “Pendolo” tem-plare, ovvero dal sonno della ragione na-scono mostri. Ci pare appropriato in questocontesto associare Sindone e nuovo sim-bolismo, ovvero la funzione delle reliquiequali emblemi della supremazia del tra-scendente sulla realtà. Possiamo poi nelVangelo secondo Nicodemo rileggere an-tiche verità con altri occhi e, in La rosa e laspada, aggiornarci sugli onnipresenti, an-corché ufficialmente defunti Templari.Infine la consueta rubrica Fahrenheit 451.

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Una delle cose più tristi, in questo generaleguasto della cultura e del buon gusto, è lospettacolo delle inaudite file di turisti – fra iquali moltissimi gli italiani – che sostano incoda all’interno del Louvre per arrivar adammirare qualche istante “la Gioconda” diLeonardo da Vinci. Non che ci sia in questonulla di male: ci mancherebbe. Anzi, avreb-bero già dovuto farlo da tempo. Il fatto è che,per giungere al piccolo celebre quadro, essidebbono attraversare l’intero immenso salonedella pittura rinascimentale italiana, uno scri-gno letteralmente colmo di tesori: ai qualiquasi nessuno di loro dedica più che unosguardo distratto e svogliato. Giunti ai piedidel Capolavoro, le loro espressioni tradisconouna noia, un’ignoranza e un disinteresse al-trettanto profondi: con qualche ovvia ecce-zione, va da sé. Ma la liturgia postmoderna, ilsacrificio massmediale, è compiuto. Più omeno lo stesso avviene – mutatis mutandis –alle Grazie di Milano, per “L’Ultima Cena”.

E’ il leonardismo, l’ultimo strillo dellamoda esoterico-occultistica di massa. Ci si èbuttato a pesce un sacco di gente: dai moltiesegeti di Il codice Da Vinci di Dan Brown(Mondadori), responsabile forse preterinten-zionale – altrimenti sarebbe un autentico ge-nio – dello scempio e, buon pro gli faccia, diesso fortunato fruitore, alla Sony già pronta atirarci fuori un film che sarà anch’esso dicassetta, ai molti imitatori più o meno abili esuccessful, agli infiniti esegeti ben decisi acavalcare il successo altrui spigolandonequalche briciola. Limitiamoci a una brevegalleria di alcuni fra questi ultimi, citandosoltanto quelli editi nella nostra lingua. BartD. Ehrman, specialista autorevole di storiadel cristianesimo primitivo presso la NorthCarolina University, ha confrontato il libro diDan Brown con quanto emerge dalla criticastorico-filologica relativa al Vangelo in Laverità sul Codice da Vinci (Mondadori). Ilgiornalista, editore ed esperto di tecnologiainformatica Dan Burstein ha riunito decine dispecialisti di vari rami dello scibile – e dimolto eterogenea qualità scientifica – peresaminare nel volume a più mani I segreti delCodice (Sperling e Kupfer) l’assunto brow-niano sotto vari profili: il racconto evange-lico, la psicanalisi, la teologia, la tradizionegnostica, la storia del cristianesimo primitivo,quella delle società segrete, la simbologia evia discorrendo. Darrell L. Bock, la cui spe-cialità è il Nuovo Testamento, c’intrattiene suIl Codice da Vinci. Verità e menzogne(Armenia). Mario A. Iannaccone si è dedicatocon erudita lena a demolire uno dei pilastrisui quali poggia l’edificio misterico delBrown, il “segreto” del paesino pirenaico diRennes-le-Château e del suo strano parrocovissuto tra XIX e XX secolo, Bérenger Sau-nière, in Rennes-le-Château, una decifra-zione. La genesi occulta del mito (Sugarco). Icontributi sotto forma di saggio e di recen-sione, alcuni dei quali anche molto autorevolie competenti, sono letteralmente innumere-voli. Insieme con il leonardismo, ecco labrownologia. Con tutti i problemi e i serioggetti davvero degni d’indagine che ci sonoal mondo, non se ne sentiva proprio il biso-gno. Intanto, gli editori si buttano sul “caso”,riesumano i precedenti romanzi di DanBrown , pubblicano e ripubblicano libri elibracci su tutte le questioni che egli tocca:dai Templari al Graal all’Opus Dei.

Ma che cos’è, in realtà, il libro oggetto ditante attenzioni e di tanto redditizio (per l’Au-

tore e gli Editori) scandalo? Un giallo-neroche poi, in sé, qualora fosse letto per quelloche è probabilmente non sarebbe nemmenomale. Il taglio e il ritmo ti avvincono; leconoscenze artistiche dell’Autore, che simuove bene fra i tesori del Louvre cherievoca e che gli servono da sfondo, rie-scono a conquistarti. Ma il nucleo del mes-saggio da esso proposto costituisce un in-fame pastiche tra propaganda anticattolicanon si sa quanto condivisa, pop-cultura mo-dena e new age: una Chiesa cattolica de-scritta come si usava nei peggiori roman-zacci anticlericali dell’Ottocento; un’OpusDei che diventa una società segreta di com-plottatori da operetta; e, infine, la riesuma-zione d’una vecchia balla. Quella dei“misteri” di Rennes-le-Château, dei qualidavvero non se ne può più.

Ma può darsi che qualcuno non ne sappianulla e ci caschi. Come ci cascano le mi-gliaia di turisti che ormai da anni affollanoil paesello pirenaico dove gente che magarinon ha mai sentito il bisogno di visitare lacattedrale di Chartres fa poi centinaia dichilometri per incantarsi davanti a una chie-succia kitsch e a una brutta torricella in stileneogotico, ritenute le chiavi d’un gran mi-stero esoterico.

Ed ecco i fatti. Fra 1885 e 1917 visse aRennes-le-Château uno strano tipo di prete(nel 1910 sospeso a divinis), Berenger Sau-nière, che a un certo punto dette mostra didisporre d’una certa quantità di danaro dimisteriosa origine e che si dette a straniscavi e a un’ancor più strana attività edili-zia. Attorno a lui nacque una singolarefama: egli avrebbe scoperto dei “tesori” edei preziosi documenti. Presto comincia-rono a spuntare, attorno a quelle trouvailles,le indiscrezioni. Aveva trovato, natural-mente, il tesoro dei catari o forse dei tem-plari; di più, aveva messo le mani sul lorogrande segreto, ovviamente il Graal. Cheperò non era la coppa dell’Ultima Cena,bensì il simbolo d’una figura femminile.Nientemeno che Maria Maddalena, cheavrebbe sposato Gesù (a sua volta scampatoalla crocifissione) e dall’unione con il qualeavrebbe partorito la progenie del Saint-Graal, cioè del Sang Réal – sfugge a qualelingua apparterrebbe quest’espressione, cor-rispondente a un’etimologia che piacque aRichard Wagner -, il “Sangue Regale”. Di-fatti dall’unione di Gesù con la Maddalenasarebbero nati i primi re di Francia, i mero-vingi. E il Saunière si sarebbe arricchitoanche ricattando la Chiesa con la minacciadi rivelare tale segreto.

La storiella fu avviata involontariamentenel primo trentennio del Novecento da unpolemista cattolico in cerca di malefattemassoniche da smascherare, Jean-BaptisteGuiraud, e di un autore a modo suo geniale,Maurice Leblanc, il “padre” di Arsène Lu-pin. Essa fu poi messa insieme e divulgatanegli Anni Cinquanta da un faccendierelocale, Noël Corbu; trovò poi un divulgatorefortunato e non privo di buone qualità discrittore, Gérard de Sède, il quale nel 1967pubblicò un volume, L’or de Rennes, nelquale narrava l’intera storia abilmente mi-schiando fatti, ipotesi e invenzioni. La cosaebbe ulteriore fortuna perché se ne impadro-nirono tre giornalisti specializzati in coseesoteriche, M. Baigent, R. Leigh, H. Lin-coln, che rifusero queste baggianate in unlibraccio del 1979, Il Santo Graal, natural-

mente venduto a milioni di copie. Intantonella Bibliothèque Nationale di Parigi si erascoperto un grosso dossier di documentiriguardanti il Saunière: peccato però chefossero tutti dei falsi, surrettiziamente intro-dotti nel nobile istituto parigino: la cosa ènota e risaputa, ma i mass media continuanoa far finta di niente. Pilota della redazionedei falsi documenti fu tale Pierre Plantard,fondatore nel 1972 con tanto di atto notariled’una società esoterica, il Priorato di Sion,ch’egli asseriva peraltro esistere da secoli eche sarebbe stata la custode del segreto. IlPlantard stesso, naturalmente, si presentavacome discendente di Gesù e di Maria Mad-dalena, guardiano del Graal e titolare di unaltro mistero: il luogo della tomba nellaquale sarebbe sepolto il vero corpo di Gesù,un’altura nei dintorni del paese pirenaicoraffigurata anche in un celebre quadro diPoussin (pittore e iniziato e sua volta).

Su tutto quest’intrico di brutte favole si èfatta da tempo piena luce, anche se la que-stione dei proventi del Saunière resta daaccertare. Ma se dietro tutte le faccende distrani arricchimenti si dovesse scorgere ilprofilo del Graal, staremmo freschi. Magazzettieri e televisionari, un po’ in tuttaEuropa, continuano a impestare piccoloschermo e carta stampata con queste ridi-cole storie. E le prove documentarie, lafilologia, le denunzie per falso, nulla scalfi-sce questo monumento all’imbecillità e alcattivo gusto.

Tenendo presente l’affaire Rennes-le-Château, ce ne sarebbe abbastanza per do-mandarsi se il travolgente successo di que-sto libro – che, come “giallo”, non giudi-cherò – non sia dovuto in parte almeno alvoyeurisme anticlericale se non proprio anti-cattolico, latente o confesso, di molti lettori.Qualcuno ha sospettato comunque – ed èindimostrabile che abbia torto – che dietro illibro di Brown si celi una sorta di vero eproprio complotto anticattolico, alla streguadi quello antiebraico che ispirò ai servizizaristi l’invenzione dei “Protocolli dei Savidi Sion”. Sospendiamo, su questa gravis-sima accusa, il giudizio. Ma c’è comunque,sotto il profilo dell’onestà intellettuale, dipeggio. Perché, nella prima edizione, il librosi presentava preceduto da un’arrogante esaccente Nota “critica” che lo qualificavacome frutto di serie ricerche scientifichefondate su “documenti e verità storiche”.L’Editore ha prudentemente fatto sparirequelle righe dalle edizioni successive: ma

permane la volontà di lasciar comunque nellettore l’impressione che l’autore narri unastoria veridica, appoggiata a fonti serie edautentiche.

Insomma, che cosa racconta Dan Brown?In oltre 500 pagine dense di gente assassinatae di colpi di scena, si viene a scoprire chequalcuno ha le prove certe che Gesù non morìsulla croce, ma visse a lungo sposando MariaMaddalena e avendone dei figli; che i discen-denti della coppia approdarono fortunosa-mente in Francia e dettero origine alla dina-stia dei merovingi, che su quel paese regnòtra V e VIII secolo; che tuttavia la malvagiaChiesa romana, la quale conosceva il misterodi Gesù, si affrettò ad occultarlo per sostituirela Chiesa da lui fondata, in cui Maria Madda-lena e quindi le donne avevano un ruolo dispicco, con un’organizzazione repressiva emaschilista; che il mito del Graal allude ap-punto a un “graal fisico”, il corpo fecondodella moglie di Gesù; che questo mistero èstato tramandato nei secoli da varie organiz-zazioni (tra cui naturalmente i soliti templari)sempre perseguitate dalla Chiesa, e che taleeredità è custodita da un sapiente sodalizio, il“Priorato di Sion”, collegato con il paesepirenaico di Rennes-le-Château; che c’è chiricatta la Chiesa, minacciando di rivelare ilsegreto; che la Chiesa e l’Opus Dei non indie-treggiano invece dinanzi a nessun tipo didelitto, pur di mantenere il segreto stesso.

Sappiamo bene quale sia la realtà. CheGesù non sia effettivamente morto sullacroce, è stato sostenuto da alcuni gruppi ere-tici cristiani (ad esempio i docetisti) e losostengono, ancor oggi, i musulmani, forsedipendenti proprio – in ciò – da fonti doceti-stiche. Di Maria Maddalena come protagoni-sta di una speciale spiritualità parlano ap-punto alcuni vangeli apocrifi, come quello diTommaso. Di un culto di Maria Maddalena edelle “Tre Marie” nella Francia meridionale,dove sorge anche il santuario della SainteBaume, sappiamo da molto tempo. Era ed èancora mèta di pellegrinaggi. Che la leggendadi Maria Maddalena sia legata a una serie diracconti agiografici a loro volta connessi congli apocrifi evangelici, era non meno noto.Sulle questioni connesse a Berenger Saunièresi è ormai fatto piena luce; allo stesso modole cose vanno col graal e coi templari. Sututto quest’intrico di brutte favole si è fatta datempo piena luce. Ma finti storici, semicoltigazzettieri e televisionari, un po’ in tuttaEuropa, continuano a impestare piccoloschermo e carta stampata con queste ridicolestorie. E né prove documentarie, né filologia,né denunzie per falso, possono scalfire questomonumento alla superstizione occultistico-complottistica, alla malafede e al cattivogusto.

L’esegesi dell’inutile FRANCO CARDINI

Da un manoscritto medievale: Il Santo Graal

“Mister Valdemar parlava; evidentementeper rispondere alla domanda che gli avevofatto qualche minuto prima. Gli avevo do-mandato, come si ricorderà, se dormiva sem-pre. Ora diceva: “Sì – no – ho dormito… eora…. ora son morto”

(Edgar Allan Poe, La veritàsul caso di Mr. Valdemar)

Tutto comincia con Edgar Allan Poe (comeavviene praticamente sempre con la letteraturadi genere e i suoi schemi di funzionamento).Poe credeva (e lo ha anche raccontato in moltiracconti e in un libro-rivelazione sulla dimen-sione psichica che informa e infonde realtàall’universo1).

In un suo racconto (apparso in “BroadwayJournal”, 2, 20 dicembre 1845) e intitolatoThe Facts in the Case of Mr. Valdemar, ilprotagonista, gravemente ammalato di tisi,viene tenuto in vita mediante una forte ma-gnetizzazione mesmerica (operata dal Narra-tore in prima persona del racconto) che lo fadormire e gli impedisce di spegnersi. Ma Val-demar è già morto e quando si risveglia se nerende conto subito. Chiede allora di essereaddormentato ancora in modo da continuare avivere. Ciò avviene ripetutamente per settemesi. Quando viene (quasi inopinatamente)svegliato il processo di putrefazione del suocorpo è tale che nel letto in cui giace non restache “una massa fetida e quasi liquida; un’or-rida putrefazione”2

Ma il bello, ovviamente, doveva ancoravenire. Il 28 maggio 1913 Henri Bergsonpronuncia, in qualità di Presidente della So-ciety for Psychical Research, un discorso cheverrà poi pubblicato in quello stesso anno conil titolo di “«Fantômes des vivants» et«recherche psychique»”3. Il 17 febbraio dellostesso anno, Sigmund Freud, scrivendo a CarlGustav Jung che all’epoca era ancora un suofedele e devoto discepolo, gli rivela, nel con-testo di altre annotazioni più specifiche, che èstato contattato proprio dalla Society for Psy-chical Research in vista di una sua adesionealla stessa in qualità di “membro corrispon-dente”. Che cos’era questa misteriosa“Società per la Ricerca Psichica” (fondata nel1882 da Sir John Lubbock) di cui all’epoca sisentiva tanto parlare e che oggi sembra esseresprofondata nella polvere dell’erudizione sto-riografica? Freud la definisce dotata di unelenco dei soci “formidabile”. In esso si pote-vano trovare i nomi del filosofo positivistaHenry Sidgwick (che poi si proporrà seria-mente di schedare con accuratezza i castelliscozzesi per individuare quelli dove davveroci sono dei fantasmi “autentici”4), i fisici Wil-liam Crookes e Oliver Lodge (sostenitoridello spiritismo e della realtà dei “corpiastrali”), lo studioso di psicologia Frederic W.H. Myers (poi ispirazione teorica alla prassipoetica basata sulla “scrittura automatica” deisurrealisti e fonte assoluta della loro dedizionealla psicoanalisi), il naturalista Alfred RusselWallace (che aveva teorizzato nello stessoperiodo di Darwin la necessità della selezionenaturale delle specie). E poi ancora l’ex PrimoMinistro William Gladstone (politico conser-vatore e storico avversario di Disraeli), RobertLouis Stevenson (sulla cui fama non è neces-sario affatto spendere troppe parole – anche seingenera un forte sospetto il fatto che Hyde-sville sia il nome della cittadina americanaconsiderata di solito la patria dello ”spiritismomoderno” e Mr. Hyde il nome del più celebreDoppio della letteratura ottocentesca), Ma-dame Curie (l’unica donna due volte PremioNobel), Pierre Janet (lo psicologo assai spessoproposto come alternativa a Freud e sosteni-tore dell’origine psichica e non fisiologicadell’isteria), Carl Gustav Jung (non a casoautore di un testo assai importante sulla psico-logia dei fenomeni occulti5), William James(lo psicologo di fama mondiale fratello del

romanziere Henry6) e, per l’appunto, ilgrande filosofo Henri Bergson.

Quest’ultimo si chiederà fin dal principiodel suo discorso inaugurale:

«Come si spiegano le prevenzioni che sisono avute contro le scienze psichiche, e chemolti ancora conservano? Di certo, sono perlo più dei mezzi-scienziati coloro che con-dannano “in nome della Scienza” studi comei vostri. Della Società per la Ricerca Psi-chica fanno parte fisici, chimici, fisiologi,medici e sono ormai numerosi gli uomini discienza che, pur senza figurare, si interes-sano alle vostre indagini. Tuttavia, accadeancora che dei veri scienziati, sempre prontiad accettare qualsiasi esperimento di labora-torio per quanto piccolo sia, scartino perpartito preso ciò che apportate e rigettino inblocco ciò che avete fatto»7.

Bergson, dunque, si rammarica del discre-dito in cui le ricerche psichiche (soprattuttoquelle relative ai “fantasmi di viventi” chepullulavano da sempre nella letteratura e findalla metà dell’Ottocento anche nelle analisipsicologiche di comportamenti bizzarri e in-consueti) e sostiene la necessità di evitarloattraverso ricostruzioni più precise e teorica-mente più sottili degli eventi “misteriosi” dicui rigurgitavano gli annali dello spiritismo.

La Società per la Ricerca Psichica nonriuscirà per molto tempo ancora a suscitarel’interesse e l’entusiasmo del pubblico dellepersone colte (anche se continua con fie-rezza a proporre i suoi corsi sulla parapsico-logia e sui fenomeni extra-sensoriali ancoraadesso). Lo stesso accadrà per l’occultismoe lo spiritismo travolti dalla ridda di smentiteda parte dei suoi detrattori e di adesioni daparte dei suoi seguaci (ma sarebbe megliochiamarli devoti) che ne hanno da semprecontraddistinto l’evoluzione e la condottapubbliche. Il caso esemplare di Sir ArthurConan Doyle, convinto assertore della possi-bilità di una vita dopo la morte e di unaconvivenza psichica tra morti e viventi avantaggio di chi è rimasto sulla Terra e viene

aiutato da chi è passato nel mondo dell’al-dilà a vivere meglio e più felicemente èsintomatico. Il creatore di Sherlock Holmese del professor Challenger sosterrà questasua tesi dell’interrelazione positiva tra imorti e i viventi (e massimamente favore-vole ai vivi) in un suo libro famoso, Lanuova rivelazione8, e si dirà convinto dellaverità dello spiritismo dagli strani eventiaccaduti a Hydesville (i misteriosi episodi dicomunicazione tiptologica che videro prota-goniste le tre sorelle medium Leah, Kate eMargaret Fox di Hydesville, una cittadinadello stato di New York) e dalle straordina-rie qualità delle performance del mediumscozzese Daniel Dunglas Home.

Altrettanto emblematico sarà il caso diCesare Lombroso, apostolo del positivismoin Italia e sostenitore della necessità dell’a-desione ai puri “fatti”, che sarà travolto dalciclone costituito dalla medium napoletanaEusapia Paladino e dalle sue sedute di evo-cazione degli spiriti. Nel 1888, ormai affer-mato docente di Medicina legale all’Univer-sità di Torino, ha la malaugurata idea diproclamare a tutte lettere, sulle colonne del“Fanfulla della Domenica” del 29 luglio che“io e i miei amici che ridiamo dello spiriti-smo non siamo in errore”. Cogliendo lapalla al balzo, lo spiritista sfegatato ErcoleChiaia di Napoli, protettore della Paladino,lo invitò a partecipare ad una serie di sedutecon la sua protegé. Lombroso accetta lasfida e risulta sconfitto; si convince dellaverità dei fatti avvenuti durante gli incontricon la medium di Napoli e ammette la scon-fitta sulla base del principio della“prevalenza” dei fatti9. Da allora in poi, lopsichiatra scettico e accanito nell’indivi-duare le ragioni fisiologiche e materialisti-che degli eventi psichici condurrà una batta-glia a favore della verità dei fenomeni me-dianici prodotti dalla Paladino fino a sfidarelo scetticismo di molti suoi illustri colleghi enon rinuncerà più (fino agli ultimi anni divita) a cercare di spiegarne fino in fondo lareale dinamica psicologica costruendo dei

castelli di carta dal punto di vista scientificoche però tenevano conto degli inspiegabiliepisodi che aveva veduto accadere assistendoalle sedute medianiche della Paladino.

Da quel momento lo spiritismo abbando-nerà le aule gelide e minuziose delle facoltà dimedicina e di psicologia per riversarsi nellaletteratura. Lo spiritismo vivrà nelle paginedei racconti del mistero e dell’incredibile unaseconda stagione meno “ufficiale” ma sicura-mente più feconda. E tanti scritti di Fogazzaro(Malombra e Piccolo mondo antico), di Ca-puana (Mondo occulto, Spiritismo?), di Piran-dello (basti pensare alla novella dedicata a Lacasa del Granella o all’episodio della sedutaspiritica in Il fu Mattia Pascal – il momento incui matura l’amore del redivivo Adriano DeMeis per la giovane Adriana) e di Svevo(ancora una seduta spiritica ma in casa Mal-fenti dove Zeno Cosini deve accettare il fattoche la sua “scelta d’amore” non potrà indiriz-zarsi su Ada, la donna di cui sente di essereinnamorato, ma a sua sorella Augusta) stannoa dimostrarlo. Da una teoria fallibile e incertaemergono lampi di illuminazione e un mo-mento di comprensione umana legati alla ca-pacità della scrittura di farli emergere e costi-tuirne il gradiente di verità.

______________________________1 Si tratta di Eureka. Discorso su un universo possi-

bile, a cura di A. Ceni Tozzi, Milano, Mondadori, 1993.2 Edgar Allan Poe, “La verità sul caso di Mr. Valde-

mar”, trad. it. di D. Cinelli, in Opere, a cura di G.Manganelli, Milano, Mondatori, 1971.

3 La si può leggere con il titolo di Conferenza suifantasmi (trad. it. a cura di G. Scarpelli, Roma-Napoli,Theoria, 19892).

4 Henry Sidgwick fu grande parte della cosiddettaGhost Society, fondata dal cognato Edward W. Bensonche diventerà poi arcivescovo di Canterbury.

5 Cfr. Carl Gustav Jung, I fenomeni occulti, trad. it. diS. Daniele, Torino, Boringhieri, 1980.

6 William James fonderà, a fine Ottocento in America,il corrispettivo della Society for Psychical Research an-ch’essa attiva anche oggi. Alle sue sedute partecipò un’al-lora giovane Gertrude Stein che ne parlerà spassionata-mente nel suo romanzo Autobiografia di Alice B. Toklas(trad. it. di C. Pavese, Torino, Einaudi, 19782, pp. 79-80).

7 Henri Bergson, Conferenza sui fantasmi cit., pp. 18-19.

8 Questo libro-manifesto di Sir Arthur Conan Doyle èstato tradotto a cura di A. Carboni nel 1993 da Selleriodi Palermo.

9 Su questo episodio cfr. la biografia di Luigi Bulfe-retti, Lombroso, Torino, UTET, 1975. Cfr. inoltre sempredi Lombroso l’Introduzione (“Sui fenomeni spiritici e laloro interpretazione” – già in “La Lettura”, novembre1906) al libro di Luigi Barzini senior, Nel mondo deimisteri con Eusapia Paladino, Milano, Longanesi,19852).

terza pagina n.11 maggio 2005

Questi fantasmi Spiritismo e scrittura letteraria

GIUSEPPE PANELLA

Lucas Cranach il Vecchio: La fontedella giovinezza

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Nel clima che stiamo vivendo, in cui alvertice dell’età della tecnica la tendenza dif-fusa nella pubblica opinione, dai lettori aglispettatori di televisione e cinema, sembra es-sere quella di un credito illimitato concessoall’incredibile, vale la pena soffermarsi su unodei romanzi di Umberto Eco, Il pendolo diFoucault (Bompiani 1988), in cui il grandesemiologo, fattosi scrittore per raccontare lasemiotica, narrare cioè i segni trapiantandolianimati entro i costrutti del romanzo, e in talmodo spingendosi oltre le possibilità del sag-gio di investigazione storico-critica, rappre-senta una vicenda esemplare ed estrema. Lastoria di tre redattori (Diotallevi, JacopoBelbo, Casaubon), impiegati di Garamond,una casa editrice specializzata in esoterismo, iquali si inventano, per sfida o malinteso orgo-glio di ragione illuministica, ma anche permero “volere fabulatorio”, una congiura eso-terica in grande stile, il Piano. Esso dovràattraversare tutta la storia, all’incirca dal Tre-cento al Duemila, e farà abboccare all’esca icreduli. Finisce in realtà per stanare da ognilatebra i tanti tantissimi incogniti che al Pianocredono, hanno sempre creduto. I tre malcapi-tati, con il fuocherello della loro ragione pro-vocatrice, istigano e fomentano gran fiamma,provocano la cospirazione immaginata, per ilsolo fatto di averla nominata e criticamentederisa. Loro i sardonici contro i diabolici. Neresteranno travolti. Quasi che Eco volesseindicare con una punta di cautela superstiziosa(«la superstizione porta sfortuna», recita inpieno risalto, l’epigrafe di Raymond Smullyansulla prima pagina) nella simulazione dilettan-tistica dell’occulto, in una certa modalità diluddistico fraseggio con le tenebre, una possi-bile e incontrollabile evocazione del male-disordine-caos, sottesi al sonno della ragione.Come chi incautamente, per ozio o per tedio,si dia a svegliare spiriti di trapassati con iltavolino a tre gambe, e poi non sappia comeriparare nel buio ai propri o altrui indomatifantasmi. Del resto chi non ne ha almenoqualcuno riposto nell’armadio di sé? E megliosarebbe non irridere, senza gli antidoti cheabbiamo smarrito nel corso del darwinismoevolutivo, alle fisionomie invedute e invisi-bili.

Certo la curiosità nel romanzo del Pendolosvolge un ruolo importante, perché l’incredu-lità «non esclude la curiosità, la conforta.»L’incredulità non significa non credere, o nondover credere a nulla. Ma piuttosto, comeinsegna lo scrittore, credere a una cosa allavolta, dopo avere provato, riprovato, verifi-cato, partendo da una base di metodica diffi-denza, da una distanza lincea, e andandoavanti tastando il terreno, miopemente, senzaazzardare “orizzonti”, se non a vista.«Diffidente delle catene di idee – dice Casau-bon – delle idee amavo la polifonia.» Il pen-dolo di Foucault è una polifonia di idee sull’e-soterico e l’occulto. L’esoterico è un saperetrasmesso per gli stretti cunicoli della Tradi-zione, simbolicamente blindato; l’occulto lapunta emergente del segreto esoterico. Il pen-tagramma della polifonia accoglie le note diun oltre supposto, risvegliato per audacia datre razionalisti educati all’ironia e alla diffi-denza, ma inclini all’azzardo sugli inesploratilidi dell’invisibile. Essi, senza saperlo, hannomesso le mani sul «fuoco greco, che brucia, econsuma.» Ciò che molto li inguaia nellesabbie mobili di una sapienza che finirà peringoiarli, facendosi beffa della loro scienza. Itre mettono in moto la slavina di una apoca-

lisse, dopo avere ridato fiato a una genesiocculta della storia (il complotto templare).Genesi e apocalisse, l’alfa e l’omega dellastoria segreta, bisognosa di rivelazione fi-nale, come del suo mito genetico di fonda-zione. La curiosità è all’origine della trama.Curiosità come epistemofilia, tentazione diviolare la cortina di nebbia in cui la ragionetrascolora in una nube di saperi e di tecnicheidonee a potenziare la natura umana. Curio-sità come voglia di esplorare oltre il muro,da dove vengono rumori e voci non identifi-cati, alla ricerca del codice occulto. Il codiceper aprire il segreto. Che però non si lasceràsvelare senza sangue. E anzi non si lasceràsvelare affatto.

I segreti per loro intima natura restanosegreti. L’esoterismo contempla il segreto,non la sua esplicazione. I tre svegliano idormienti della ragione occulta. Li coaliz-zano. La loro razionalità è come un lenzuolorosso per il toro in corrida. Il Piano è statocongegnato, per vedere come poi va a finire.Naturalmente male. Qui vale ricordare lacitazione da Stanislaw J. Lec, scelta perquesto capitolo: «non aspettatevi troppodalla fine del mondo». La fine, appunto, lafine di tutti i giochi. In un punto del ro-manzo, quando il personaggio di Casaubon(nome che è tutto un programma di filologia,cioè di interpretazione razionale e criticadella verità testuale), svegliandosi dall’in-cubo in cui è degenerata la loro situazione diapprendisti stregoni, si domanda se «Il Pianoera vero?», e non può che rispondersi allibitoe impotente: «Che assurdità, lo avevamoinventato noi.» Eco getta in scena una corto-circuitazione della ragione illuminista, allor-ché si mette a trafficare, fra gioco e scepsi enullismo sperimentale con gli occulto-trafficanti, e il loro incontrollabile mondo difedi sepolte e risorgenti: «A quel punto tuttoera possibile, dato che tutto era inverosi-mile.» Impossibile – si osserva ancora –lavorare ossessivamente su un testo (ilPiano), e non sentirsi attratti dall’universo didiscorso cui si partecipa tanto intensamente.In altre parole, lo stare viso a viso conl’incredibile aiuta a credergli.

Premetto che non leggo qui Il pendolo diFoucault come un romanzo da valutare suun piano squisitamente letterario. L’ho sem-pre considerato uno dei saggi più avvincentidi uno studioso eminente, per dottrina efantasia compositiva, combinatoria, manipo-latoria, un saggio addottrinatissimo (bastileggere la biblioteca esoterica posta a pezzie bocconi in epigrafe a ogni capitolo), che siaffidava anche a un grado di elevata dram-matizzazione (la vicenda non è priva di do-lorosi e tragici risvolti), e di autobiografia, inmisura maggiore rispetto al più fortunato eprevedibile Nome della rosa. Questa storiache si svolge fra il Piemonte, recuperato inluoghi e suggestive aure pavesiane (Belbo,uno dei tre, che rimanda a S. Stefano Belbo,paese natale dello scrittore), e Milano, neglianni Settanta fino al 1984, è una densa meta-fora di una contemporaneità sincretistica eneoermetizzante, una nebulosa che accorpamagistralmente le voci di una storia, vistasotto la botola dell’occulto, del nascosto, delsegreto, del segretato. Nel romanzo nulla ècome appare, tutto è o viene rappresentatocome dovrebbe essere se solo si scendesse osi salisse a livello di una esegesi sottratta allacomune del volgo, concessa a pochi, agliiniziati, avviati a quel rituale che è la ver-

sione della storia umana basata su una dot-trina tolta agli occhi mendaci delle plebidemocratiche. Interpretazione deviata daisuoi percorsi naturali, o deficitaria, per man-canza di prove e argomenti, o sovrabbon-dante, sovrainterpretante, per effetti di sug-gestione raggiunta nel mitico e favolistico.Sembra che la democrazia, regime dellamassima visività, in cui tutto è sotto gliocchi di tutti, ormai affatturata da un intro-nante materialismo visivo, generi spontanea-mente questa voglia di invisibile, sottrattoalla vista di un saturato e già decrepito homovidens. Desiderio e ambizione ingenua eperegrina, snobistica, di sapere in pochi.Voglia di apprendere che le cose non sonoandate come vengono somministrate da me-dia onnipotenti ma screditati. Che c’è in-somma un’altra storia, un dietro le quintedella storia, una storia che è stata sconfitta,rimossa, e che ritorna. Ogni occultismo dimassa, che è già una contraddizione termi-nologica, è un ritorno del rimosso della spe-cie, e lo è plausibilmente questo del Pen-dolo. Basti pensare alla teoria che dell’oc-culto svolge nel romanzo il personaggio delcolonnello Ardenti, l’esoterista, doppiato daun Agliè, cagliostresco e magnetico mar-pione senza età, che la storia ufficiale siasempre quella scritta da una parte dell’uma-nità, i vincitori. Quando due civiltà conflig-gono, chi perde diventa così ingombrante,possibile testimone di recriminazione e diaccusa, da dover essere espiantato anchedalla memoria, e all’espianto provvedono letruppe cammellate degli storici che, come laNottola hegeliana sul far della sera calano alseguito dei vincitori. L’occultismo sarebbepertanto la filosofia espressa dal campo deivinti.

Sappiamo che in un paese senza veritàcome il nostro (ultimo esempio la Cassa-zione che assolve tutti gli imputati per lastrage di piazza Fontana) si è sviluppata unatendenza di massa, nota sotto il nome di“sindrome da dietrologia”. Sarà una noncommendevole pratica italiana, da criticare osatireggiare, ma non è priva di moventi. Semolti guardano dietro le quinte, è ancheperché quanto appare alla ribalta è parecchiologoro, talvolta osceno e incredibile, né c’èchi si incarichi di darne spiegazione attendi-bile. Tutti sono o sono diventati portatori disindrome da sospetto dietrologico, dal tifosodi calcio che per una sconfitta della suasquadra maledice le trame superne dei lucu-moni del culto di Eupalla, all’individuo chedecide per i casi suoi di non stare alla con-sunta inesistente verità, e se ne fabbrica unapropria. Non metto sullo stesso piano dietro-logi e occultisti, ma una affinità li unisce, esta nel guardare in un altrove, in un altrostato in luogo, nel non condividere la no-zione di realtà. Gli occultisti ricorrendo an-che a un altro metodo, sostitutivo della ra-gione occidentale, la magia, dottrina preisto-rica delle affinità, simpatie, sincronie, colle-ganze, legami cosmologici, zodiacali nessi einflussi, del tutto che si tiene, e nel tutto sirispecchia. È la dottrina ermetica di età elle-nistica, il meandro del labirinto senza filo diArianna, che si riflette senza che se ne ram-menti l’origine in quello che abbiamo chia-mato l’inconscio neoermetismo contempora-neo. E oggi che disponiamo del Corpushermeticum in una mirabile edizione italiana(Edizione e commento di A.D. Nock e A.Festugière, edizione dei testi ermetici copti e

commento di I. Ramelli, a cura di I. Ramelli,Bompiani, 2005), potremmo davvero dedi-carci alla comparazione fra l’originale e lacopia.

Nel romanzo di Eco c’è una pletora di fi-gure, i mentovati “diabolici”, che hanno re-spinto il paradigma dell’evoluzione storici-stica, e si sono edificato un proprio modello, ilquale prevede un’altra origine della storia,altra evoluzione, altri personaggi e interpreti,verso un’escatologia di apocalisse (di rivela-zione). Come se il loro fosse il solo filmautentico degli avvenimenti trascorsi, che lacineteca ufficiale della storiografia vincitriceabbia scartato in sede di montaggio. Gli occul-tisti sono anch’essi filologi, ma di una testua-lità rimossa e invisibile. Essi, vaticinando ilpassato, rimontano i pezzi della storia, riav-volgono la pellicola, la fanno tornare indietro,e la rimettono in corso con tutte le scenetagliate, o all’uopo reinventate. Tutto ruotaintorno al rapporto infranto fra razionalitàstoricistica, quella che dice o almeno suggeri-sce che i fatti si sono svolti secondo le refe-renze della tradizione storiografica, e una te-nace volontà, volontà di credere che nel ro-manzo può anche armare mani assassine, disostituire a quella razionalità delusoria edemarginante (la realtà è sempre un po’ triste)un’altra tradizione di pensiero e di interpreta-zione, la quale mira essenzialmente a resusci-tare da un qualche infero sottosuolo di voci edicerie una nuova storia come leggenda, oleggendario, vendicativo in qualche modo, esimbolico di attese e desideri. Affiliato allasocietà segreta Thule, Hitler, sulla cui biogra-fia occultistica Giorgio Galli ha scritto paginefondamentali (Hitler e il nazismo magico. Lecomponenti esoteriche del Reich millenario,Rizzoli, 1989-2002, ma si veda anche MarcoDolcetta, Nazionalsocialismo esoterico. Studiiniziatici e misticismo messianico nel regimehitleriano, Cooper Castelvecchi, 2003), cercò,fece cercare sotto l’Himalaya, là dove la leg-genda collocava Agharti o Agarttha, la cittànascosta dei Signori del mondo, culla dell’a-rianesimo, il centro da cui far sprigionare lenovelle e sempiterne energie di un Reich mo-rente. In questo caso l’occultismo fu l’ultimorifugio dei criminali.

Nel Pendolo di Foucault Eco fa giostrare allimite del virtuosismo una serie innumerevoledi figure e ipotesi occulte, che trovano un loropercorso dalla matrice della sparizione del-l’ordine templare (1307, anno in cui vienedecretato l’arresto dei componenti dell’Ordineper decisione di Filippo il Bello, e delle sueanime dannate Marigny e Nogaret, al 1314,anno dell’esecuzione sterminatrice). Da quelmomento i neotemplaristi del pianeta, autoin-sediatisi a direttorio segreto dei destini dell’u-manità, entrano in scena, negando che il fatto,cioè la morte templare, sia mai avvenuta. Lamorte fu inflitta da sovrani e papi indegni(Clemente V), ma ad essa scamparono i prodi.Inabissandosi alla vista del mondo profano.Essi non potevano morire, e non morirono(questa la logica del desiderio visionario).Cercarono sotto la crosta della terra ingrata,dove arrivarono un giorno anche le Ss diHeinrich Himmler, il loro laboratorio di mi-tica riaffabulazione della storia. Questi pre-sunti agenti iniziatici divennero i più laboriosie assidui tessitori di un’altra storia, di unacosmostoria, di una fantastoria. Storia occulta,segreta, sotterranea, clandestinamente eterna,e che eternamente ritorna, famelica di rivin-cita, per la conquista del potere. Nasce o

Storia e antistoria nel “Pendolo” templareMARINO BIONDI

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rinasce di tutto da quella cuna leggendaria, iRosa-Croce (Die Chymische Hochzeit desChristian Rosencreutz, le nozze chimiche diChristian Rosencreutz), il Catarismo, il Cab-balismo, la corporazione dei liberi muratori,mimesi-caricatura borghese della cavalleriatemplare, che si tramandano di loggia in log-gia i segreti del Tempio di Salomone, gliormai innumerevoli adepti di movimenti,sette gnostiche, gruppi luciferiani, neopagani,politeisti, neosciamanici, ermetisti, teosofistie antroposofi steineriani, fraternità universali,spiritisti e parapsicologi, Olistici-ufologi(Simbiosi Multiplanetaria Organizzata), Sata-nisti, fino ai più leggiadri e lievi New Age.L’Enciclopedia delle Religioni in Italia, cu-rata da Massimo Introvigne (Centro Studisulle Nuove Religioni, Torino, Elledici,2001), da cui traggo solo alcune titolaritàreligiose e settarie, è una splendida guida neiterritori delle religioni alternative a quellapetrina, dal 2 aprile scorso orfana del suocarismatico vicario. Non c’è luogo del Belpa-ese che non dia ospitalità a un qualche neo-templare in sonno o in veglia. Ho scoperto fral’altro che una fraternità rosicruciana, precisa-mente il Lectorium Rosicrucianum-Scuola in-ternazionale della Rosacroce d’oro, ha sedein un paese ai piedi dell’appennino tosco-romagnolo per il quale transito con scadenzaquindicinale. Senza incorrere negli azzardidei personaggi del Pendolo, la prossima voltacercherò di incontrarli, e possibilmente difraternizzare.

Ma torniamo alla genesi templare di questafioritura occulta nella nostra storia secolariz-zata e credula. Finito l’ordine storico, comin-cia a ripullulare dal ceppo inesausto del granmaestro e martire templare Jacques de Molayl’ordine della leggenda. Se il primo ordinestorico fu mortale, e verisimilmente morto,annientato dalla cruda ragion di stato; il se-condo leggendario è divenuto immortale. Nonessendo mai nato, non si vede chi possa farlomorire. È l’immortalità dell’inesistito, la roc-ciosa persistenza dell’inesistente che si sonoprocurati il loro spazio vitale nell’immagina-rio. Ci sono libri che accompagnano la leg-genda a svilupparsi in favola e romanzo, e lofanno con crescente successo, incuranti dellainsostenibilità delle loro tesi, come il volumeIl Santo Graal. Una catena di misteri lungaduemila anni della premiata triade MichaelBaigent, Richard Leigh, Henry Lincoln(uscito nel 1982, è stato ristampato ininterrot-tamente da Mondadori fino al 2005). Altriautori e altri libri, Peter Partner (I Templari,Einaudi, 1991-1993) e Barbara Frale (I Tem-plari, il Mulino, 2004), tendono ad annullarei margini e gli spazi della leggenda, riportan-dola a verità storica, dalla fiction alla history,per usare una terminologia che spiega megliola differenza fra storia romanzata, costruitacome un universo retorico di discorso, e lastoria che deve starsene alle carte, al melan-conico ma necessario positivismo della docu-mentazione accertata. Eco in un suo articolosull’argomento (Templari attendibili, in«L’Espresso», n. 48, 2 dicembre 2004) haconsigliato, per orientarsi nella letteraturatemplare, di verificare in che anno gli autorifanno morire i Templari: «L’unico modo perriconoscere se un libro sui Templari è serio ècontrollare se finisce col 1314, data in cui illoro Gran Maestro viene bruciato sul rogo.»Chi non si ferma a quella data, e viola lasoglia cronologica dell’effettivamente esi-stito, per inoltrarsi nella speculante leggenda,si sappia che opera sul falso storico.

Senza raccontare la vicenda del Pendolo diFoucault, proviamo ad analizzarne breve-mente alcuni nuclei concettuali, commentan-done la sostanza teorica e la costellazioneideale in cui si inserisce la trama. Indichereicome primo punto il tema iniziale del ro-

manzo, allorché Casaubon, la voce narrante,l’unico sopravissuto della congrega dei ra-zionalisti beffati dalla loro provocazione, siritrova smarrito e tremante nel Conserva-toire des Art set Métiers di Parigi, doveassiste la notte del 23 giugno 1984 all’epi-logo feroce della vicenda (il supplizio diBelbo). Potremmo definire questo momentocome l’epifania sincronica della tecnologiaal cospetto della tradizione. Il museo dellatecnica è il grembo, solo all’apparenza im-proprio e sterile, della cerimonia esoterica.Si tratta di una seduzione binaria che per-corre il libro, e può tradursi in altre duplici ebipolarizzate seduzioni o opposizioni: l’as-senza (il Deus absconditus) e la presenza (ilmondo della tecnica e delle scienze empiri-che); il Medioevo e il mondo o transitobaconiano al moderno (Francis Bacon è ilgrande nume di quella transizione dall’e-poca della magia a quella della scienza, e unpersonaggio numinoso del romanzo); immo-bilità e movimento. Tecnica e metafisicanello stesso luogo, a specchiarsi in un reci-proco notturno silenzioso sabba. Una paro-dia drammatica del sapere occulto che sipropaga nei secoli, silente e senziente, invi-sibile e organizzato, all’apparenza demente,ma, pur nello svanimento della ragione, os-servatore lucido del circostante, e calcola-tore assiduo e fremente della propria rivalsa.

Torniamo al problema della storia, giàmenzionato a proposito di Ardenti, dellastoria come trofeo, o scalpo dei vincitori.Faccio notare che da questo preciso punto sidipana, almeno come teoria storiografica, ilromanzo in questo momento più letto almondo, Dan Brown, Il codice da Vinci, quianalizzato da par suo, e nella sua variopintafiliera di menzogne e mistificazioni pseudo-storiche, da Franco Cardini. Non aggiungonulla, ma osservo che Brown coglie da Eco,con una quasi citazione, lo spunto dellastoria dei vinti per mettere in piedi la suafortunata e romanzesca aggressione alla tra-dizione evangelica della Chiesa di Roma:«la storia è sempre scritta dai vincitori.Quando due culture si scontrano, chi perdeviene cancellato e il vincitore scrive i libri distoria.» E aggiunge: «I documenti del San-greal raccontano semplicemente l’altra partedella storia di Cristo.» (The Da Vinci Code,trad. italiana di R. Valla, Mondadori, 2003-2005, p. 299). La storia, due storie; la storia,l’altra storia. Brown e i diabolici del ro-manzo echiano sembrano pensarla allostesso modo, ricorrendo fidenti a un’altrastoria, che non è stata raccontata, ma è statacelata, soppressa, perseguitata, perchéavrebbe fatto crollare i pilastri delle architet-ture erette dai vincitori (San Pietro e ladinastia dei Pontefici romani). Ci ha pensatoBrown a vendicarla la storia dei vinti con isuoi faraonici diritti d’autore, ora che anchela Sony si appresta a fare un film dallefanfaluche sul matrimonio di Gesù e MariaMaddalena e sullo stucchevole seguito neo-templare e merovingico del Priorato di Sion.

Nel Pendolo di Foucault la storia, come laintendiamo correntemente noi figli più omeno orbi di quello che resta dell’illumini-smo, è il punto di vista dell’autore, ancheper delega alla voce narrante di Casaubon.L’altra storia è il punto di vista e il moventepratico dei diabolici, degli sconfitti, deireietti, cospiranti nei secoli. Diremo laprima una storia fondata su alcuni principidi razionalità occidentale, a cominciare daquello fondamentale della irreversibilità deltempo (il tempo non si flette, non ritornaindietro, e solitamente la causa precede l’ef-fetto), che si accompagna al principio di noncontraddizione e a quello di identità: io nonposso essere un altro, e se sono qui nonposso essere là, non posso bilocarmi, appa-

rire altrove, a meno che non intervenga ilmiracolo, la deflagrazione atomica del prin-cipio di non contraddizione. Sono le rego-lette stizzose e un po’ ottuse della logica,che ci incatenano, volenti o nolenti, allaterra, al tempo, al qui e ora, al prima e aldopo, alla vita alla morte, e alla vita che nonriemerge dalla morte, a meno che, come nelmiracolo, si voglia accedere per fede, checome recita Dante è argomento delle cosenon parventi, ad altro piano, metafisico ereligioso. La seconda, l’altra storia, l’alter-nativa occulta, una storia che ribalta l’ideastoricistica prevalsa, di una progressione li-neare e orientata, e la riconduce a un puntofermo. Punto si direbbe del trauma patito,dell’angoscia implosa, trauma di esclusionee di morte, e matrice di tutti i disegni eprogetti del florido neotemplarismo contem-poraneo. Per i diabolici e gli altri interlocu-tori esoterici del romanzo echiano non si dàuna storia mobile e progrediente, ma unastoria immobile, stazionata su un punto (ilpunto sostanza dei filosofi scolastici, puntogenerante in un punto tutti gli altri punti), eche ritorna continuamente, risorge come unassassinato che non trovi pace e venga ascuotere da certezze e misfatti i razionalistiche hanno ucciso la verità. Già la verità, unaverità fotofobica, che non vive alla luce delsole, la vulgata della ragione, e la favolamiscredente e blasfema dell’illuminismo,ma prospera all’ombra di un sole notturno,un’altra ragione, che la ragione non cono-sce. Eco aveva previsto nel Pendolo di Fou-cault una tensione diffusa alla interpreta-zione debordante e deviante, che ha provve-duto ad analizzare e formalizzare nei suoivolumi, funzionali anche come autocom-mento, I limiti dell’interpretazione(Bompiani, 1990), Interpretazione e so-vrainterpretazione (ivi, 1995), definendolacome “semiosi illimitata”. La nota sindromeda sospetto dietrologico.

Ci sono uomini che si illuminano soltanto

nelle tenebre. O solo parlando di tenebre, edalle tenebre sperando soluzioni per un do-mani più radioso. Dai Superiori Sconosciuti,che hanno tenuto per secoli le posizioni, siaspettano sempre nuove tattiche per salire allestelle. Il romanzo di Eco è una lunga analisiromanzata dell’incontro e interlocuzione fratenebre e luce, oscurità e lume di conoscenza,mistero e buon senso, miracolo e arida cogni-zione di realtà. Ciò che per i personaggiechiani, orditori della trama, è lume di intel-letto, per i diabolici è censura di un razionali-smo persecutorio e nichilista. Per loro la sto-ria è cominciata da un processo, da una con-danna a morte, da una sparizione. I templari,che processati e giustiziati, si sono inabissati,ma non nel non essere tombale della morteloro comminata, sì in una parte sotterraneadel globo, dalla quale non hanno mai cessatodi mandare segnali a chi quei segnali poteva esapeva accogliere, e da dove hanno conti-nuato a progettare il loro grande ritorno. Ilritorno dei templari, la vendetta. Un filmhollywoodiano già sceneggiato, dalla primametà del Trecento, con la cura e i ritocchi dialcuni sedicenti storici e romanzieri contem-poranei. È la cospirazione universale, al cuisoffio delirante respira la comunità dei diabo-lici, ai quali i nostri eroi hanno dato esca conil loro uso spregiudicato e nullista della ra-gione satirica. Non si può scherzare con letenebre. Esse qualcosa finiscono per partorire.

Sopra:Il Krak des chevaliers in Palestina.Sotto: l’esecuzione di Jacques de Molay, ul-timo Templare.

sesta pagina

“Quella stoffa opera miracoli, ha gua-rito Abgar e molte altre persone che le sisono avvicinate con fede. Devi sapere che ilsangue e il sudore hanno lasciato impressisulla tela il volto e il corpo di Gesù”

Ha riscosso un inaspettato successo ilprimo romanzo della giornalista e saggistaiberica Julia Navarro, La fratellanza dellaSacra Sindone (Mondandori, pp. 405), tantoda proiettare il titolo, tradotto in quindicilingue, in vetta alle classifiche di mezza Eu-ropa. Ed è bene dire subito che si tratta di unsuccesso meritato, il quale presto si giustificacon la sapiente mano dell’autrice nel dar vitaad un condensato di ritmo letterario, suspencee pulizia delle forme, il tutto incastonato nellacornice di una ricostruzione storica mai ba-nale, ed anzi nella quale i fatti documentati silasciano volentieri contaminare, quasi inav-vertitamente per il lettore, da frammenti dileggende popolari, di vangeli apocrifi, pernon dire degli elementi di pura fantasia.

Il romanzo, dedicato al mistero che sovra-sta la Sindone (78.500 documenti su internet,tra cui il sito ufficiale www.sindone.org),prende le mosse dall’ennesimo incendio chedivampa nel Duomo di Torino, presso il qualeè notoriamente oggi custodita la reliquia, edalle relative indagini, affidate al Comandoper la tutela del patrimonio artistico ed inparticolare all’abile commissario Valoni, ilquale si trova a dover risolvere l’enigma delrinvenimento, spente le fiamme, del cadaverecarbonizzato di un uomo senza lingua.

Il racconto, ed è la sua caratteristica narra-tiva più attraente, si snoda su due binariparalleli, due veri e propri ambiti scenicicronologicamente diversi e lontani, che sol-tanto con l’epilogo finiscono per ricongiun-gersi. E ad ognuno dei due ambiti è riservato,con alternanza pressoché perfetta, una voltal’uno una volta l’altro dei capitoli che sisusseguono senza però mai far smarrire illettore, ma anzi con il loro incedere chiari-scono il quadro insieme e ne intensificano lacapacità attrattiva. Vi è, da un lato, la storiadella Sindone, il sudario che nella tradizionecristiana si vuole abbia avvolto il corpo delSignore deposto dalla croce, e che da secoli èal centro di un vero e proprio scontro storico,teologico e religioso.

Il racconto della Navarro inizia nel regno diEdessa (l’odierna cittadina Turca di Ufra), incui il drappo di lino viene affidato dal Naza-reno al discepolo Josar, il quale a sua volta loconsegna al proprio re Abgar, che, al suocontatto, guarisce miracolosamente da unamalattia mortale. Da allora, le sorti della con-tesa ed ormai leggendaria tela cavalcano isecoli, percorrendo l’intero medioevo tra cro-ciate e templari , re bizantini e europei, perattraversare poi i secoli successivi, passandodi mano in mano, fino alla contemporaneità.

Dall’altro, vi sono le complesse indaginisull’incendio del Duomo di Torino, e la con-vinzione del commissario Valoni che dietro imisteriosi episodi che frequentemente inte-ressano i luoghi in cui è custodita la Sindonesi nasconda il tentativo di una setta, tutta daidentificare, di appropriarsi della preziosa re-liquia. Il rebus dell’uomo senza lingua sisvela al lettore con l’incalzare dell’avventurasecolare della reliquia, per finire ai giorninostri, in cui insospettabili e potenti uomini difede sono al centro dell’intrigo finale, ilquale, risolto, schiude l’originale soluzionedella Navarro sulle origini del sudario custo-

dito nel Duomo torinese. Terminata la let-tura, cosa rimane ?

Innanzitutto, una considerazione sponta-nea: ancora thriller e religione, verrebbe dadire, anzi – per usare una categoria letterariapresto coniata – l’ennesimo thriller teolo-gico che, sulla scia del Codice da Vincitenta il successo commerciale.

La Navarro però non esita a difendersidalla facile accusa: “Quando ho consegnatoal mio editore il romanzo, in Spagna ilCodice non era stato pubblicato e non se nesapeva ancora nulla. In ogni caso credo checi sia una sostanziale differenza tra i duelibri, anzi direi che non hanno niente incomune. La differenza è che il mio romanzoè assolutamente rispettoso nei confrontidelle questioni di fede”.

Ad ogni modo, messa da parte la pocointeressante querelle, permane l’indubbio eritrovato fascino suscitato attualmente, e invaste schiere del reticolato sociale, dallastoria del cristianesimo. E se le tendenzeletterarie non le si vogliono confinare nel-l’angusto e semplicistico ambito della ca-sualità, è lecita una divagazione nel tenta-tivo di cogliere i motivi per i quali i thrillerteologici, e questo in particolare, interes-sano così tanto i lettori.

Una possibile chiave interpretativa è sug-gerita proprio dal prezioso spunto offertodalla Navarro, vale a dire la funzione dellereliquie quali emblemi della supremazia deltrascendente sulla realtà. Si dipana allora unsingolarissimo filo rosso che unisce le vicis-situdini della Sindone e la stringente attua-lità. Un filo rosso cui potrebbe attribuirsil’appellativo di nuovo simbolismo. Per co-glierlo, proviamo a raffrontare il ruolo rive-stito per la comunità cristiana dalla Sindone,la reliquia delle reliquie, l’unica appendicedi materialità riferibile al figlio di Dio, conil fenomeno dei tre milioni di pellegrini chenei giorni a cavallo della morte di GiovanniPaolo II si sono recati a Roma.

Cosa cercava quella moltitudine ? E per-ché proprio nella fase in cui la comunitàcristiana lamentava una dispersione di im-pegno si è registrata la più significativamobilitazione di massa che la storia delcristianesimo moderno ricordi ? E’ davverotutto giustificabile soltanto con la straordi-narietà della figura di Karol Wojtyla ? O c’èqualcos’altro ? Le troppe domande si intrec-ciano e la sede è davvero inappropriata perazzardare una risposta esauriente. Sindone ePapa polacco, ma anche Medioevo e con-temporaneità. Momenti che, a farvi atten-zione, sembra che non vi siano secoli che liseparino.

Papa Urbano II, nel proclama di ClermontFerrand del 27 novembre 1095 di chiamatadei fedeli alla crociata, riferendosi agli isla-mici, affermava “Se ora voi li lasciate faresenza resistere, essi estenderanno ulterior-mente il loro dominio su molti dei servitoridi Iddio”. Sono trascorsi più di nove secolima balza agli occhi una curiosissima corri-spondenza, anche stilistica, con le paroleusate soltanto qualche anno fà da una notascrittrice fiorentina, per gettare benzina sulfuoco del delicatissimo rapporto tra occi-dente e islam.

E ancora, se un Osama qualsiasi può per-mettersi, nel ventunesimo secolo, di tenerein scacco il globo incitando alla Jihad daqualche grotta chissà dove, anche per que-sto, il Medioevo sembra ieri. Anzi, oggi.

La realtà è che di fronte al fallimento deltentativo di governare la crescente comples-sità con gli strumenti della ragione, si sonoaperte sterminate praterie per le soluzionicariche di immediatezza, per le scorciatoiedel pensiero, anzi, meglio, del non pensiero.

L’intensificarsi delle relazioni e degli in-trecci socio culturali, si è dimostrato ricetta-colo di disagio e moltiplicatore di problemi,ciò che richiederebbe enormi sforzi in ter-mini di fantasia, energia intellettuale, tolle-ranza. Insomma, tutta merce rara.

Allora meglio il ricorso ai simboli e alleicone, ai riti e alle guerre, preferibilmentesante, quali sintomi della pigrizia intellet-tuale di una società atrofizzata che ha smar-rito (ma li ha mai avuti ?) gli strumenti perandare oltre la superficie.

Facile replicare osservando che la credu-lità popolare si è da sempre nutrita di sim-boli religiosi e non, ma da una società raffi-nata quale quella contemporanea ci si aspet-terebbe qualcosa di più, che non pellegri-naggi e ostensioni.

Ma invece si deve registrare un revival difronte al quale i padri illuministi chissà cosadirebbero Ed allora è davvero irrilevanteche il drappo custodito nel Duomo di To-rino sia stato acclarato scientificamente nonpossa essere il lenzuolo che avvolse il Cri-sto. Dice padre Yves, discreto ma centralepersonaggio del romanzo: “Lo so, Valoni,cosa sta per dirmi: il carbonio 14 ha stabi-lito che non può essere il lenzuolo cheavvolse il copro di Nostro Signore, ma permolti milioni di fedeli la Sindone è auten-tica, checché ne dica il carbonio 14, e laChiesa ne permette culto”. E’ irrilevanteperché il simbolo religioso trascende laspiegazione scientifica, non se ne preoccupae la supera. Deve superarla.

Tornando alla moltitudine che ha resoomaggio a Giovanni Paolo II, forse anche in

questo caso una lettura in termini di neosimbolismo non è poi davvero così azzardata.E’ difficile pensare che quella straordinariamobilitazione sia spiegabile o sia solo spiega-bile in termini di contenuti, essendovi infattiuna contraddizione latente tra l’inarrivabilepresa sulle masse, specie di giovani, dellafigura di Giovanni Paolo II e il rigore dottri-nario, al limite del conservatorismo, che neha contraddistinto l’apostolato.

Ma non dimentichiamoci che siamo difronte al primo pontificato sviluppatosi in unasocietà mediatica, in cui le peraltro indiscuti-bili capacità comunicative del ponteficehanno potuto contare sulla cassa di risonanzadegli strumenti di comunicazione evoluti esul terreno fertile dello smarrimento dellemasse di cui si è detto. Per cui Karol Wojtylaè a sua volta, e chissà se suo malgrado,diventato un simbolo, un’icona, l’emblemadella salvezza dai mali del mondo.

Allo stesso modo della Sindone nel ro-manzo della Navarro, perché no ?

Leggiamo cosa ha dichiarato ad un intervi-statore l'uomo che, nel corso dell’incendio -quello vero - del 1997, ha salvato la Sindonedal fuoco e dai crolli, estraendo la teca dallaprotezione di vetro antiproiettile: «Ho trovatola forza in quel simbolo, il simbolo dellaSindone. Pensi che quel vetro resiste ai colpidi proiettile. Sono riuscito a romperlo lostesso. Quasi un miracolo(...) Quando final-mente tutti gli strati di vetro hanno ceduto, ementre le travi venivano giù dall'alto, sonoriuscito ad afferrare con le due mani la tecacon dentro la Sindone e a portarla fuori dicorsa. Mi si sono fatti incontro alcuni preti.Piangevano quasi tutti.».

Nelle ore in cui scrivo i cardinali riuniti inconclave scelgono il successore di Pietro.

Habemus Papam, viva il Papa. E viva laSindone.

Sindone e nuovo simbolismo LEONARDO MASI

Banconota svizzera raffigurante la fontedella giovinezza.

settima pagina n.11 maggio 2005

1. Dove manca la prova storica, tutte leipotesi sono plausibili. Nessuna vale più dellealtre e tutto si riduce a un gradevole intratteni-mento su storie di complotti o sul GrandeComplotto della Storia.

Se io parto da alcuni postulati dal forteimpatto emotivo, dai quali traggo conclusioninon contradditorie fra di loro, a niente tuttociò servirà, se dovrò coronare il ragionamentocon la frase: “Purtroppo il documento sulquale si basa tutto ciò è andato irrimediabil-mente perduto nell’incendio che distrusse,forse per mano interessata, la biblioteca doveera tenuto al riparo dalle invidie e dalle prepo-tenze”. Addolorato, non posso fornirvi alcunacertezza materiale.

Condividendo il destino comune a tutte leregole, anche il nostro assunto può però pre-starsi a un’eccezione e, credetemi, lo dice unostudioso di storia delle religioni che ha vis-suto senza dubbi né cedimenti il primato dellaragione.

Uno spunto occasionale, un piccolo strapponella quotidianità e tutto quello che hai visto,letto o sentito precipita come in una reazionechimica. Il velo si squarcia, ma è meglio chetu non tenti neppure di comunicare ciò che haiintravisto. Non sarai creduto da nessuno.Quella rivelazione è un pacco dono che ha unsolo destinatario.

2. Un venerdì che mi trovavo di buon’oranel mio studio (sono molto abitudinario, ognigiorno mi metto alla scrivania dalle 6 alle 12e dalle 15 alle 19, con l’interruzione di unpasto da 800 calorie e un passeggiata di 40minuti nel parco) David, il mio maggior-domo, mi annunciò che un uomo di mezzaetà, con un nome troppo comune per esserecredibile, John Smith, chiedeva di esserericevuto. “E’ molto agitato e dice di avere unmessaggio importante da recapitarle, qualcosache riguarda la vita di molte persone”.

Di solito non faccio strappi alla regola didedicare agli incontri con postulanti del corpoe della mente solo il sabato mattina, ma l’insi-stenza della richiesta e l’evidente esagera-zione contenuta nelle sue parole sortironol’effetto desiderato dal visitatore: “Mi accor-gerò comunque subito se si tratta di unopsicopatico”. Pregai David di stazionare fuoridella porta durante il colloquio che avrebbepotuto interrompersi bruscamente e feci acco-modare lo sconosciuto.

L’uomo era corpulento, ma aveva una certaeleganza nel portamento. Gli abiti, dignitosial limite del ricercato. Fui sollevato dal fattoche non dava l’impressione di aver perso il

controllo della sua percezione empirica. Miguardò con l’aria dell’angelo che annuncial’ora dell’apocalisse e mi consegnò un car-tellina rosa che conteneva tre fogli di perga-mena ben conservati, scritti in una linguache, alla prima prudente occhiata, mi parvegreco antico. Quindi mi rivolse una smorfiaansiosa, che interpretai come un saluto, e sicongedò: “La prego, lo legga e poi lo di-strugga, vorrei che anche un uomo della suasapienza condividesse questo segreto”.

Sparì con la stessa irruenza con la qualeera entrato, ma la mia attenzione ormai eraconcentrata sul documento che sembravaricavato da un codice conservato nella bi-blioteca di un monastero.

3. Il primo foglio esordiva con una frase inlatino: Refutatio omnium haeresium. Se-guiva un elenco in greco di 48 eresie, quelloche Ippolito di Roma dettò all’inizio del IIIsecolo dopo Cristo, in un momento di graviconflitti teologici per i cristiani. L’operaintendeva dimostrare che gli gnostici e leloro sette iniziatiche, nulla avevano daspartire con il patrimonio della fede cri-stiana.

La noiosa lista di Ippolito, però, si inter-rompeva bruscamente. Sembrava che unamano ignota, diversa da quella del primocopista, avesse raschiato il foglio per inse-rire un nuovo testo, in greco. La requisitorialatina del Padre della Chiesa riprendeva poiverso la fine della terza pagina.

Mi fu subito evidente che il secondo abu-sivo trascrittore aveva fatto di tutto per na-scondere il suo testo all’interno di un altro,assai meno compromettente, e che tutti edue erano a loro volta celati dentro un co-dice andato perduto. Presumibilmente, vistoil contesto fortemente sospetto, quest’ultimoera di scarso interesse o comunque tenuto aldi fuori del raggio di azione di lettori scru-

polosi.Qualcuno, però, aveva scoperto il nascon-

diglio. Non era raro che un monaco venissemeno alle consegne ricevute e, per motiviche avrei potuto rapidamente chiarire,avesse deciso di trascrivere qualcosa che gliera stato espressamente ordinato di lasciarnaufragare nel mare dei documenti, della cuiesistenza noi moderni non avremo mai nem-meno la più lontana traccia.

La pratica di testi in greco ellenistico del-l’età dei Flavi mi fece balzare sulla sedia“Questo è l’evangelo di Nicodemo di Cesa-rea”, diceva l’incipit che recava il sigillo deltestimone oculare: “Questo è quanto vidi e

udii e voglio raccontare perché crediatenella maestà di Nostro Signore Gesù Cristoche fu uomo perfetto, sconfisse il male econobbe la verità di Dio e della natura e cheper questo fu eletto e salvato e ora siede alladestra del Padre”.

Non occorrevano altre parole per convin-cermi che mi trovavo di fronte a un vangelognostico, uno di quelli che uscirono sconfittidallo scontro teologico, con relativo stra-scico di scomuniche e anatemi, conclusosinel IV° secolo con l’affermarsi del Canone,che tracciò la linea di confine fra l’ortodos-sia e l’eresia. Da quel momento in poi fuproibito per decreto imperiale e per precettoecclesiale di copiare e diffondere i testi cheerano stati esclusi. Nulla importava se chi liaveva scritti fosse stato più o meno vicino aGesù di Nazareth.

4. Il presunto Vangelo di Nicodemo diCesarea riproponeva alcuni passaggi giànoti della letteratura gnostica, che ci ègiunta grazie ai papiri copti rinvenuti percaso a Nag Hammadi (100 chilometri a norddi Luxor) nel 1945. “Erano in tre che anda-vano sempre con il Signore: sua madre Ma-ria, sua sorella e la Maddalena che è dettasua consorte”. Nicodemo ripeteva letteral-mente quanto scritto nel Vangelo di Filippo,così come faceva per il passaggio più imba-razzante di tutta la letteratura cristiana apo-crifa: “La consorte di Cristo è Maria Mad-dalena.Il Signore amava Maria più di tutti idiscepoli e la baciava spesso sulla bocca.Gli altri discepoli allora gli dissero: Perchéami lei più di tutti noi? Il Salvatore rispose edisse loro: Perché non amo voi tutti comelei?”.

Fin qui il frammento non portava nulla dinuovo né per la conoscenza dei testi gno-stici, né tanto meno per approfondire lafigura e il magistero del Cristo. La questionedella “moglie di Gesù” era già stata affron-tata da storici e filologi, ma anche messa daparte con una certa tranquillità storico-scientifica a causa della non univocità deitermini, del contesto della sua predicazionee in definitiva perché non c’è bisogno dellapresenza di una moglie di Cristo per affer-mare l’importanza del recupero dell’ele-mento femminile nel messaggio dellaChiesa.

Il matrimonio dei preti sarà prima o poi larisposta a un’esigenza di una società mutata,non certo un valore primario del sacramentoche fa diventare sacerdoti. Nulla cambianell’essere seguaci di Cristo se non nei re-cessi delle emergenze individuali. Arriveràanche il sacerdozio femminile ed è questa latraduzione più giusta della probabile appar-tenenza della Maddalena al novero degliapostoli, se i teologi ufficiali alla fine laammetteranno.

Era una notizia questa che poteva spiegarel’agitazione dell’ospite inatteso?

La delusione cresceva man mano che pro-cedevo nella lettura. Quello che avevo da-vanti era un frammento inedito, buono permettere in subbuglio la comunità degli stu-diosi, perfino per ottenere una cattedra uni-versitaria. Ma non aggiungeva niente aquanto già si conosceva. Poteva bastarequalche gratificazione mondana a consolaredell’occasione mancata di scoprire un nuovoimportante aspetto degli albori del Cristia-nesimo?

5. Avevo ormai perso tutte le speranze,

quando cominciai a tradurre il penultimo pa-ragrafo: “Il Maestro allora disse: molti legge-ranno e scriveranno cose su di me cheavranno l’apparenza della verità e in partesaranno vere. Molti ricostruiranno i fatti cheaccadono in Giudea in modo diverso da quelliche saranno stati indicati come la verità vera.Io vi dico, invece, che è buono tutto ciò chenon avvolge lo spirito con i fili della paura. E’buono tutto ciò che non si trasforma in poteresull’uomo, è buono tutto ciò che non fa levasulla fragilità umana e non la sfrutta anchesolo allo scopo di vedere confermate instabilicertezze. E’ buono ciò che non fa scalinodegli altri per salire negli onori mondani; èbuono ciò che libera l’uomo dalla schiavitùdella fame e della sete. Siete buoni voi sepunterete l’indice contro coloro che fra di voinon avranno dato esempio di fedeltà a questeparole”.

Parole che non avevo mai incontrato. Ilparagrafo successivo era danneggiato e il te-sto molto lacunoso. Solo un’analisi in labora-torio avrebbe potuto chiarire se il danno eraprodotto dallo scorrere dei secoli o se qual-cuno avesse intenzionalmente mutilato il te-sto. Frammenti erano comprensibili, menochiara la sintassi che sosteneva il pensiero diNicodemo. Si leggeva per esempio una fraseche apparentemente invitava gli eletti a vivereil messaggio nelle loro comunità, “tenendosilontani” da coloro “che aborrono il messag-gio”. Un’altra pareva annunciare l’imminentefine del mondo, con relativa salvezza riser-vata ai soli “perfetti”.

Un “amen” concludeva l’interpolazionegnostica. E fu in quel momento che il velo sisquarciò. Come un tardivo Costantino mi tro-vavo a giudicare un frammento di quella ne-bulosa del pensiero protocristiano che conte-neva sotto varie forme i tratti essenziali dellapiù importante rivoluzione religiosa e cultu-rale della storia dell’umanità. Il moltiplicarsidi testimoni, interpreti, studiosi e di “vere epiù vere verità” poneva l’esigenza, raccoltadal primo imperatore cristiano, di andare alnocciolo del pensiero di Gesù di Nazareth.Per farlo, le domande principali da porsi pro-vengono dal cuore. Cos’è più importante, ciòche parla alla coscienza dell’uomo o ciò cheparla alle sue paure? Ciò che lo migliora o ciòche lo confonde? Del Vangelo di Nicodemocontano più le bontà, il matrimonio di Gesù oil conforto di una setta di iniziati? Tutto restadocumentato e liberamente consultabile, maalla fine conta quello che rimane dentro di te.

Misi la pergamena in un inserto della mialibreria, l’avrei pubblicata con calma sulprimo numero utile della Rivista di Storia efilologia dell’antichità.

Vangelo secondo Nicodemo PIERO MEUCCI

A sinistra: il sigillo di Salomone.Sotto: il sigillo dei Templari.

William Somerset MaughamIl mago1908

Egli accese due fuochi con gli ingredientiche aveva preparato, e dette inizio, dapprimaa bassa voce, poi sempre più forte, alle invo-cazioni del Rituale. Le fiamme si posavano

con luce tremula su tutti gli oggetti, poid’improvviso si estinsero. Egli aggiunse al-tri ramoscelli e profumi nel braciere, equando la fiamma riprese a divampare, videdistintamente davanti all’altare una figuraumana, di dimensioni più grandi del reale,che si dissolse e scomparve. Riprese leinvocazioni, ed entrò all’interno di un cer-

chio che aveva in precedenza tracciato tral’altare e il tripode. La profondità dellospecchio che aveva dinanzi cominciò a farsisempre più luminosa, e da essa scaturì unaforma pallida, che pareva pian piano avvici-narsi.

Italo SvevoLa coscienza di Zeno1922

Per me i miracoli esistono e non esi-stono. Non bisogna complicarli con troppestorie. Bisogna crederci o non crederci ed inambedue i casi le cose sono molto semplici.

Primo LeviQuaestio de CentaurisDa: Storie naturali1966

Trachi era dunque nato in Colofone dal-l’unione segreta di un uomo con una dellenumerose cavalle tessale che ancora vivonoselvagge in quest’isola. Temo che alcuni frai lettori di queste note potranno rifiutarecredenza a queste affermazioni, poiché la

scienza ufficiale, imbevuta ancor oggi da ari-stotelismo, nega la possibilità di unioni fe-conde fra specie diverse. Ma la scienza uffi-ciale manca spesso di umiltà; (…) Poiché nonho ragione di dubitare su quanto di se stessoTrachi mi narrò, devo dunque invitare gliincreduli a considerare che vi sono più cosein cielo ed in terra di quante la nostra filoso-fia ne abbia sognate.

Michail BulgakovIl Maestro e Margherita1966

- Tu, Ivan, - diceva Berlioz, - hai dato un belquadro satirico, ad esempio, della nascita diGesù, il figlio di dio. Ma il fatto è che primadi Gesù era nata tutta una serie di figli di dio,come, diciamo, l’Adone fenicio, l’Atti frigio,il Mitra persiano. Insomma, nessuno di loro èmai nato né esistito, neppure Gesù, ed ènecessario che tu, invece di raffigurare lanascita oppure, diciamo, l’arrivo dei magi,metta in evidenza le assurde dicerie su questoevento. Se no, da quello che hai scritto, sem-bra che sia nato per davvero!…

ottava pagina

Dopo decenni di oblio e secoli di omertà, daqualche tempo si è ripreso a parlare di Tem-plari, sia con saggi e ricerche storiche (come“La storia dei Templari” di Malcom Barber o“La fine dei Templari” di Andreas Beck), siacon racconti e film di successo (dall’ormaidatato “Indiana Jones e l’ultima crociata” diSteven Spielberg fino al più recente “Il mi-stero dei Templari” di Jon Turteltaub). Ma chierano i Templari e perché adesso, a quasi unmillennio dalla prima crociata, c’è tanto inte-resse nei confronti di questi cavalieri, la cuiesistenza e soprattutto la cui fine ha fattoscorrere fiumi d’inchiostro?In realtà, i Cavalieri del Tempio hanno rap-presentato una pietra miliare nella storia delleCrociate. La figura del Templare, o meglio,l’Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo e delTempio di Salomone, nacque intorno al 1118,a Gerusalemme, che era stata conquistata po-chi anni prima dall'esercito Crociato. Si sup-pone che l’idea sia maturata ad un cavalierefrancese, Hugues de Payen, nobile dellaChampagne (ma alcuni commentatori sosten-gono si trattasse dell’italiano Ugo di Pagani),in buoni rapporti, forse di parentela, con Ber-nardo di Chiaravalle, la maggiore autoritàecclesiastica dell'epoca, che considerò i Tem-plari come dei santi guerrieri e, intorno al1135 scrisse il trattato In lode della nuovamilizia, che diventò la regola dell’Ordine.Quello che sarebbe divenuto il primo GranMaestro dei Templari organizzò intorno a séun gruppo di cavalieri che, pur professandovoti religiosi, continuarono ad impugnare laspada per difendere i pellegrini che si reca-vano a visitare i Luoghi Santi, da pochi annisottratti agli infedeli, ma collocati nel cuoredell’Islam. Non bisogna dimenticare che iTemplari pronunciavano i voti monastici dicastità, povertà e obbedienza, non erano sa-cerdoti, ai quali invece era assolutamente vie-tato impugnare le armi, anche per difendere ipellegrini. Attraverso la protezione di Ber-nardo di Chiaravalle, il Re di GerusalemmeBaldovino II concesse ai cavalieri i resti del-l'antico Tempio di Salomone. Da qui il nomedi Cavalieri del Tempio o, appunto, Templari.In origine si trattò di una modesta compaginedi nove membri che, col passare del tempo,

iniziò a raccogliere numerosi altri combat-tenti. L’Ordine divenne così il braccio ar-mato della Chiesa in Terrasanta, nella Spa-gna invasa dai Mori e ovunque fosse neces-sario un loro intervento. Ma i Templarirappresentano solo il più noto tra gli Ordiniriconosciuti dalla Chiesa in cui la praticareligiosa si coniuga con l’uso delle armi.Nacquero altri ordini, infatti, ed alcuni - percerti aspetti della vocazione - li precedet-tero. In ogni caso lo spirito comune a tutti,era quello di difendere i pellegrini e i luoghidella Terra Santa. L’Ordine più antico nac-que a Gerusalemme prima delle Crociate, edera conosciuto col nome di Ospitalieri; sitrattava di un gruppo di filantropi che, den-tro un particolare edificio (ospitale), co-struito nei primi anni del 1000 da alcunicommercianti di Amalfi, dava ospitalità eassistenza ai pellegrini in Terrasanta, e nonsolo a loro. Nel 1099, in relazione alleCrociate promosse in Europa per la difesadel Santo Sepolcro, l’Ospedale si diede unordinamento che assunse alcune caratteristi-che militari. Nacquero così i Cavalieri del-l'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme.Nel 1126 l’ordine si militarizza, ma nel1296, i cavalieri furono sconfitti dai musul-mani e finirono per abbandonare Gerusa-lemme e stabilirsi a Cipro. Nel 1310 l’Or-dine prese possesso di Rodi, poi abbando-nata dopo una nuova sconfitta per manoturca nel 1523. Cambiarono così la denomi-nazione in Cavalieri di Rodi, e si trasforma-rono in mercanti e banchieri e resero Rodiuno dei centri più importanti del trafficocommerciale fra Occidente e Oriente. Dopola cacciata, i cavalieri ottennero nel 1530Malta come feudo, dall'imperatore Carlo Ve l'Ordine assunse la denominazione attualedi Ordine di Malta, grazie all’eroica difesadell'isola nel 1565. Due secoli dopo, nel1798, Napoleone, con l'attribuzione dell'i-sola alla Gran Bretagna, caccia i cavalieri daMalta e ne requisisce i tesori. Nel 1834l'Ordine si stabilisce a Roma, rinuncia alruolo militare e si concentra sull'assistenzaai malati e ai poveri. Nel 1994 l'Ordine ériconosciuto come osservatore permanentepresso l'ONU. Quattro anni dopo si svinco-

lano dal patrocinio ecclesiastico e il GranMaestro sarà eletto senza l'approvazionepreventiva del Papa.Ma la sorte dei Templari è ben diversarispetto a quella riservata all’Ordine diMalta. Gli Ospitalieri infatti avevano abolitofin dal 1272 i rituali di iniziazione, chefurono invece la principale causa della ro-vina dei Templari. Dopo due secoli di splen-dore militare (XII e XIII), i Templari, inlinea coi Regni Franchi d’Oltremare inizia-rono la parabola discendente, culminata conla loro soppressione, voluta da Filippo ilBello, con la complicità dell’Inquisitore diFrancia, e ottenuta dopo un processo duratosette anni e preparato da lungo tempo. ITemplari del regno vennero accusati di ere-sia, sodomia, idolatria e bestemmia. Impri-gionati e torturati furono infine bruciati sulrogo il 18 marzo 1314, come accadde all’ul-timo Gran Maestro Jacques de Molay.L’accusa di eresia si basava proprio sul ritodi iniziazione a cui venivano sottoposti inovizi, i quali dovevano rinnegare Cristo esputare sulla croce. Secondo Barbara Frale(I Templari, Il Mulino, 2004) il rito non eraun’invenzione dell’accusa. E’ vero che intutto questo c’era una componente di nonni-smo, ma il rito aveva una sua funzione,serviva a mettere alla prova i cavalieri, aprepararli a ciò che avrebbero potuto subirese fossero caduti nelle mani del nemico. Difatto i Templari costituivano una straordina-ria macchina da guerra, oltre ad avere un’e-norme potenza economica, e a rappresentareun vero e proprio stato nello stato, una voltatornati in Europa (e quindi in Francia) dopola caduta di San Giovanni D’Acri nel 1291.Filippo il Bello, già indebitato con l’Ordine,aspirava alle loro finanze e voleva abbat-terne il potere, probabilmente anche persalvare il regno. Contro il re niente poté ilPapa Clemente V che, diversamente da ciòche si è creduto per anni, non collaborò conFilippo, ma condusse un’inchiesta nel 1308,facendo interrogare i maggior dignitari del-l’Ordine, per poi assolvere con formulapiena i Templari dall’accusa di eresia. L’im-portantissimo atto che lo dimostra è statoritrovato da Barbara Frale nei fondi dell’Ar-chivio Segreto Vaticano, documento che sicredeva perduto. Il Papa aveva compreso leintenzioni fraudolente del processo e so-spese i poteri dell’Inquisizione, chiedendodi incontrare i prigionieri. Il documento ri-trovato dimostra che Clemente V non consi-derò i Templari degli eretici, nonostante

fosse indignato per la volgarità e talvolta laviolenza di certi riti, che nati con finalitàprecise, si degradarono a goliardia con l’an-dar del tempo, offrendo argomenti agli avvo-cati di Filippo il Bello. Il Papa si limitò asospendere, nel 1312, l’Ordine, e lanciò lascomunica contro chiunque avrebbe utilizzatonome e simbolo dei cavalieri senza autorizza-zione pontificia. La sentenza, non definitiva,non è stata ancora modificata.Dopo la loro scomparsa iniziarono a fiorire,soprattutto nel XVIII secolo, leggende sull’e-sistenza di un Ordine segreto che avrebbecontinuato a vivere nell’ombra, originandologge massoniche di vario rito. Il passaggio fupiù probabilmente inverso: furono le loggemassoniche preesistenti a dare asilo ai Tem-plari sopravvissuti.In ogni caso, quello dei Cavalieri del Tempioè un destino carsico, segnato da fuoco e san-gue, consacrato alla storia, al mito, alla leg-genda: vivo e distorto nel luogo comune,oscuro e affascinante per chiunque lo avvi-cini. Del resto, seri indizi riguardanti la pra-tica di riti d’incerta origine non mancano, el’alone di segretezza di cui i Templari si sonosempre circondati, offre molti spunti letterarie fantasiosi. Inoltre il processo francesescosse fortemente l’opinione pubblica e cata-lizzò fin da subito l’attenzione sull’Ordine esulla sorte dei cavalieri, che parvero dissol-versi. Ancora oggi si mormora della custodiadel Santo Graal (narrata già nel Parzival,poema del XIII secolo scritto da Wolfram vonEschenbach, forse Templare lui stesso) e del-l’inestimabile tesoro che, almeno in Francia,finì nelle casse degli Ospitalieri. Nell’imma-ginario collettivo, tuttavia, a causa delle ac-cuse di eresia, di magia e di riti blasfemi, ilTemplare rimase associato alla figura di‘stregone medievale’ che, pur di arricchirsi, èdisposto a vendere l’anima al diavolo. Peral-tro molti scrittori, sia contemporanei sia suc-cessivi, contribuirono non poco alla nascita diquesta tradizione esoterica, e allo stessotempo, alcuni riversarono la colpa della per-dita della Terrasanta cristiana ai Templari,accusandoli di aver ceduto a connivenze congli arabi. Di contro, probabilmente, il piùgrande errore commesso dai Templari fuquello di compenetrarsi a tal punto con l’ide-ale della difesa della Terrasanta che, una voltaperduta, erano divenuti inutili e pericolosi.Andavano, perciò, distrutti.

La rosa e la spadaMAURIZIO CIAMPOLINI

Questo numero è stato realizzato in collaborazione con

Fahrenheit 451 a cura di PAOLA FICINI