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1601 HEIMISCHE NAGETIERE I ROSICANTI NOSTRANI. RONGEURS DE CHEZ NOUS Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. I ROSICANTI NOSTRANI. Scoiattolo e Ghiro. 2. I ROSICANTI NOSTRANI. Marmotta. 3. I ROSICANTI NOSTRANI. Topo domestico e topo delle chiaviche 4. I ROSICANTI NOSTRANI. Ratto d'acqua e topo campagnolo. 5. I ROSICANTI NOSTRANI. Istrice. 6. I ROSICANTI NOSTRANI. Coniglio e Lepre. Rückseite - Retro - Verso 1. Scoiattolo (Sciurius vulgaris) e Ghiro (Glis glis) I Rosicanti costituiscono la classe di Mammiferi più numerosa e più diffusa in tutto il mondo. Esclusa l'Australia, s'incontrano in tutti i paesi, nei deserti, nelle paludi, fra le nevi, nei boschi, sui monti, nelle città e nelle case. Carattere comune a tutti è la dentatura, in cui i denti incisivi, in numero di 2 o 4 sopra e 2 sotto, sono lunghi, robusti, taglienti a guisa di scalpelli, e servono all'animale per rosicchiare ogni genere di sostanze; onde il nome di Rosicanti è perfettamente adatto ed espressivo. Fra le specie nostrane più graziose ed eleganti sono da ricordare lo Scoiattolo ed il Ghiro. Col tempo caldo e sereno, lo Scoiattolo scorrazza tutto il giorno sugli alberi dei boschi, passando di cima in cima e di ramo in ramo con balzi elegantissimi. E' lungo circa 25 cm. ed ha una bella coda coi peli disposti come le barbe di una penna, che gli serve da timone durante le sue. acrobazie. Si ciba dì noci, castagne e gemme e rosicchia anche la corteccia degli alberi, danneggiandoli assai. Per riposare di notte e ripararsi d'inverno, lo Scoiattolo cerca un tronco cavo e lo imbottisce di muschio: qui la femmina alleva i suoi piccoli, che sono molto graziosi ed in poche settimane son già capaci di provvedere a se stessi. Poco diverso è il carattere del Ghiro, che però ha abitudini notturne uscendo dal nido verso sera, per intraprendere le sue scorribande, in cerca di nocciuole, ghiande e frutti dolci, non rispettando neppure uova e nidiacei e altri piccoli animaletti. 1

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1601HEIMISCHE NAGETIEREI ROSICANTI NOSTRANI.RONGEURS DE CHEZ NOUS

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. I ROSICANTI NOSTRANI.Scoiattolo e Ghiro. 2. I ROSICANTI NOSTRANI.Marmotta.3. I ROSICANTI NOSTRANI.Topo domestico e topo delle chiaviche4. I ROSICANTI NOSTRANI.Ratto d'acqua e topo campagnolo. 5. I ROSICANTI NOSTRANI.Istrice. 6. I ROSICANTI NOSTRANI.Coniglio e Lepre.Rückseite - Retro - Verso 1. Scoiattolo (Sciurius vulgaris) e Ghiro (Glis glis)I Rosicanti costituiscono la classe di Mammiferi più numerosa e più diffusa in tutto il mondo. Esclusa l'Australia, s'incontrano in tutti i paesi, nei deserti, nelle paludi, fra le nevi, nei boschi, sui monti, nelle città e nelle case. Carattere comune a tutti è la dentatura, in cui i denti incisivi, in numero di 2 o 4 sopra e 2 sotto, sono lunghi, robusti, taglienti a guisa di scalpelli, e servono all'animale per rosicchiare ogni genere di sostanze; onde il nome di Rosicanti è perfettamente adatto ed espressivo. Fra le specie nostrane più graziose ed eleganti sono da ricordare lo Scoiattolo ed il Ghiro.Col tempo caldo e sereno, lo Scoiattolo scorrazza tutto il giorno sugli alberi dei boschi, passando di cima in cima e di ramo in ramo con balzi elegantissimi. E' lungo circa 25 cm. ed ha una bella coda coi peli disposti come le barbe di una penna, che gli serve da timone durante le sue. acrobazie. Si ciba dì noci, castagne e gemme e rosicchia anche la corteccia degli alberi, danneggiandoli assai. Per riposare di notte e ripararsi d'inverno, lo Scoiattolo cerca un tronco cavo e lo imbottisce di muschio: qui la femmina alleva i suoi piccoli, che sono molto graziosi ed in poche settimane son già capaci di provvedere a se stessi.Poco diverso è il carattere del Ghiro, che però ha abitudini notturne uscendo dal nido verso sera, per intraprendere le sue scorribande, in cerca di nocciuole, ghiande e frutti dolci, non rispettando neppure uova e nidiacei e altri piccoli animaletti. D'inverno cade in letargo, nè si risveglia sino alla primavera, A differenza dello Scoiattolo, è selvatico e mordace e impossibile da addomesticare. Entrambi sono oggetto di caccia per la carne e per la bella pelliccia.2. Marmotta (Marmota marmota).E' un animaletto di dimensioni abbastanza notevoli, potendo raggiungere circa 50 cm. di lunghezza. Questo animale alpino ha corpo massiccio, coperto di pelo fitto e rigido; zampe fortemente unghiate, che servono per scavare la tana nel duro terreno, La Marmotta abita le montagne dell'Europa - Alpi, Pirenei, Carpazi - predilìgendo le altissime vallate, i pendii scoscesi, ben esposti al sole e lontani dalle baite dei pastori. Dove la caccia insensata non le ha ancora distrutte, le Marmotte vivono in schiere numerose. La loro vita attiva all'aperto è limitata ai mesi estivi, non più di 2 o 3 mesi all'anno! In quel tempo, escono al pascolo al primissimo albeggiare, e trascorrono la giornata oziando o ruzzando al sole, mentre le sentinelle sorvegliano attentamente i dintorni, e con un fischio acutissimo avvertono le compagne, appena un pericolo - animale rapace o uomo - sia in vista; allora, tutte scompaiono rapidamente sotto le rocce o nelle tane. Le tane estive sono lunghe gallerie poco

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profonde; le tane per l'inverno, invece, comprendono anche una camera ampia, ben tappezzata di erbe e muschi secchi, in cui 5, o 10, o 15 individui, stretti gli uni agli altri, giacciono per molti mesi in letargo, immobili, senza mangiare, quasi senza respirare! Naturalmente, al risveglio sono magri ed affamati e divorano voracemente erbe e radici.Si dà la caccia alla Marmotta per la pelliccia, per la carne e per il grasso, che gli alpigiani usano anche come farmaco in molte malattie.3. Topo domestico (Mus musculus) e Topo delle chiaviche (Mus decumanus).Ecco due animali che non hanno bisogno di presentazione: qual'è la casa che può dirsi al sicuro dalle loro sgradite visite? Qualunque minimo pertugio è buono per infilarcisi!Il Topolino delle case misura circa 9 cm. di lunghezza e altrettanti ne spettano alla coda, che

è coperta di cerchi squamosi. Il musetto è lungo e compresso; vivi gli occhi, le orecchie grandi e mobili; i movimenti agili; se non fosse per i danni che arreca rodendo mobili e tappeti e insudiciando le derrate, dovremmo dire che è un animaletto grazioso. Invece la sua vita è di contìnuo insidiata dal gatto, dalle trappole, dai veleni e dalla vindice scopa della massaia.Assai più grosso e di aspetto veramente disgustoso è il Topo delle chiaviche, che, compresa la coda, oltrepassa i 40 cm, di lunghezza. Ha il dorso grigio-bruno e bianco sporco il ventre. A differenza del suo piccolo parente domestico, questo grosso Topo predilige le cantine e le fognature; ma la fame lo induce talora a visitare dispense e cucine; nè si accontenta di cibi vegetali e animali; ma aggredisce anche prede vive, pollame, papere e persino i maiali molto grassi, a cui fera il ventre. Originario dell'Asia, si diffuse attraverso la Russia nel XVIII secolo e, approfittando delle navi, invase anche tutte le isole e le Americhe. Come tutti i Rosicanti, i Topi sono molto prolìfici; ogni due o tre mesi le femmine danno alla luce 7 od 8 piccoli, i quali all'età di quattro mesi sono già in grado di riprodursi, il che rende praticamente impossibile la distruzione di questi animali.4. Ratto d'acqua (Arvicola amphibius) e Topo campagnolo (Arvicola arvalis)Di aspetto massiccio, di colore bruno-nero, con la testa grossa, gli orecchi cortissimi, le zampe brevi, il Ratto d'acqua, lungo circa 16 on., è un animale dannoso, odiato da contadini e piscicultori. Lo si incontra dappertutto ove siano acque ferme a lento corso, nelle sponde delle quali scava tane sotterranee che constano di molte gallerie e di una camera centrale. Abilissimo nel nuoto, si ciba di canne e altri vegetali acquatici, nonché insetti, gamberi, rane e pesci; perciò riesce dannoso alla piscicultura. Nell'autunno, riempie la tana di provviste, in modo da poter superare i mesi freddi, durante i quali non esce all'aperto.

Poco più piccolo, ma non meno dannoso alle campagne, è il Topo campagnolo, lungo 10 cm., più i 3 cm. della coda. Il pelame variamente macchiato e le forme agili ne farebbero un animaletto di aspetto gradevole, se non si rendesse nocivo divorando e accumulando nella tana ogni sorta di vegetali. Siccome è molto prolifico e di carattere socievole, forma colonie numerosissime che danneggiano i campi, sia per il consumo di granaglie, sia per le innumerevoli buche e gallerie che scava nei terreni. D'inverno si rifugia nei granai o nelle cantine, ma sceglie sempre luoghi caldi e asciutti, perchè l'umidità prolungata lo uccide.5. Istrice (Hystrix cristata).E' il più grosso dei nostri Rosicanti, lungo sino a 50 cm. e del peso di 15 o 20 chilogrammi. Ciò che subito la fa riconoscere è il rivestimento di aculei duri e appuntiti sul dorso, le spalle, i fianchi e le natiche, a cui sono frammiste setole lunghe o corte, sottili e flessibili, che sul collo formano una criniera. Aculei e setole sono di colore bruno scuro, anellati di bianco. Intorno alla gola si stende una fascia bianca. A volontà l'animaletto può tenere la sua spinosa pelliccia adagiata sul dorso, oppure erigerla improvvisamente, producendo una sorta di crepitio, dovuto all'urtare degli aculei gli uni contro gli altri. Nonostante queste apparenze terribili, l'Istrice è del tutto inoffensiva, anzi paurosa e pronta alla fuga; solo se è messa alle strette, può inflìggere dolorose punture. Non è vero però che possa lanciare le sue spine contro i nemici; ma è indubitato che il cacciatore maldestro o il cane imprudente che tentano di afferrarla senza le debite precauzioni si pungono fortemente con gli aculei, i quali possono

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facilmente staccarsi dall'animale e rimaner confìtti nelle carni dell'avversario.Solitaria e buona scavatrice, l'Istrice trascorre il giorno nella tana ed esce di notte, in cerca di cardi, radici, semi. Non è abbondante in nessun luogo, ma è diffusa nelle province meridionali e centrali, dove le si dà la caccia per le carni commestibili e per gli aculei, con cui si fanno oggetti vari.6. Coniglio (Oryctolagus cuniculus) e Lepre (Lepus europaeus)Sono, questi due, i più noti dei nostri Rosicanti, soprattutto il primo, perchè, oltre che allo stato selvatico, si alleva anche in domesticità.Coniglio e Lepre si assomigliano molto, e sono difatti stretti parenti. Allo stato selvatico, il

Coniglio si distingue dalla Lepre perchè ha orecchie e zampe meno lunghe; in particolare le orecchie sono sempre più corte del capo (fra le razze di Conigli domestici, invece, ve ne sono talune con orecchie straordinariamente lunghe). Eccellente scavatore, il Coniglio scava buche profonde, e vive in società numerose. Di notte si reca nei campi e negli orti e rosica erbe, radici, semi e le cortecce degli alberi. Ogni 40 giorni, le femmine danno alla luce 4 - 8 coniglietti, che presto a lor volta si riproducono. Per ì danni che arreca alle campagne, e per le carni commestibili, il Coniglio è oggetto di caccia ed è anche allevato quasi dappertutto. Come effetto dell'allevamento, si sono formate innumerevoli razze, pregiate per la carne o per la pelliccia o per il pelo, che è usato col nome di «lapin». Il Coniglio selvatico, dove abbonda, soppianta la Lepre, che ha le medesime abitudini, salvo che non scava cunicoli nel terreno, ma si ricovera nei solchi fra le erbe alte o nei boschi.Questi due animali, dotati di zampe posteriori lunghe e robuste, sono velocissimi nella corsa; ed a questa si affidano - oltreché all'udito eccellente e sempre vigile - per scampare ai cacciatori, alle volpi, ai lupi ed agli altri rapaci.

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1602BERUEHMTE BELGISCHE GELEHRTE UND ERFINDER.SAPIENTI E INVENTORI BELGI DI GRANDE RINOMANZASAVANTS ET INVENTEURS BELGES DE GRANDE RENOMMÉE

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. - BERUEHMTE BELGISCHE GELEHRTE UND ERFINDER. Simon Stevin.2. - BERUEHMTE BELGISCHE GELEHRTE UND ERFINDER.Rembert Dodonée.3. - BERUEHMTE BELGISCHE GELEHRTE UND ERFINDER.J. B. Van Helmont.4. - BERUEHMTE BELGISCHE GELEHRTE UND ERFINDER.Peter-Josef Van Beneden.

5. - BERUEHMTE BELGISCHE GELEHRTE UND ERFINDER.Ernest Solvay.6. - BERUEHMTE BELGISCHE GELEHRTE UND ERFINDER.Leo H. Baekeland.1. SAVANTS ET INVENTEURS BELGES DE GRANDE RENOMMÉE Simon Stevin.2. SAVANTS ET INVENTEURS BELGES DE GRANDE RENOMMÉE Rembert Dodonée.3. SAVANTS ET INVENTEURS BELGES DE GRANDE RENOMMÉE J. B. Von Helmont.4. SAVANTS ET INVENTEURS BELGES DE GRANDE RENOMMÉE Pierre-Joseph Van Beneden.5. SAVANTS ET INVENTEURS BELGES DE GRANDE RENOMMÉE Ernest Solvay.6. SAVANTS ET INVENTEURS BELGES DE GRANDE RENOMMÉE Leo H. Boekeland.Rückseite - Retro - Verso 1. - BERUEHMTE BELGISCHE GELEHRTE UND ERFINDER. Simon Stevin.Simon Stevin war ohne Widerspruch einer der grossten Mathematiker und Fhysiker seiner

Zeit. Geboren zu Brügge im Jahre 1548 unter der Hernsehaft Karls V. gehörte er einer Gruppe Gelehrter und Künstler an, die trotz der religiösen Unruhen des Jahrhunderts Belgien einen aussergewöhnlichen Glanz verliehen. Diese Blutezeit erstreckte sich bis auf das folgende Jahrhundert unter dem Erzherzogpaar Albrecht und Isabella.

Zuerst Kaufmann zu Antwerpen durchreiste Stevin später Europa, um schliesslich Professor an der Universität zu Leyde und wissenschaftlicher Erzieher des Prinzen Moritz von Nassau zu werden, der ihn später zu seinem Ratgeber ernannte.Stevin verdanken wir die Darstellung von Kräften durch Geraden, das

Kräfteparallelogramm und das Gleichgewichtsgesetz auf schiefer Ebene. Auf dem Gebiet der Hydrostatik ist er nach Jahrhunderten der Nachfolger des Archimedes, zu dessen berühmten Prinzip er dem theoretischen Beweis erbrachte. Neben diesen bedeutsamen, rein mathematischen Studien veröffentlichte er ein Werk «La Disime», durch das er der Begründer des Rechnens mit Dezimalstellen wurde. Er erfand ein neues Wassermühlenmodell, sowie ein Segelfahrzeug, das er auf dem Strand von Scheveningen ausprobierte.Er starb im Haag im Jahre 1620. Brügge errichtete ihm eine Statue.2. - BERUEHMTE BELGISCHE GELEHRTE UND ERFINDER.

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Rembert Dodonée.Wenn man von den grossen Gelehrten der Renaissance spricht, gehört es sich, Rembert

Dodonée (geboren zu Mecheln am 29. Juni 1517) zu erwähnen. Er studierte an der Universität Löwen, wo er den Titel eines Lizenziaten in der Medizin erwarb. Nach einer Reise durch Frankreich, Italien und Deutschland kehrte er nach Mecheln zurück und liess sich dort als Arzt nieder. Da er in den Pflanzen ein unerlässliches Hilfsmittel der Heilkunde sah, beobachtete er sie, wohl als einziger Naturforscher seiner Zeit, in der Natur. 1554 veröffentlichte er die erste Ausgabe seines mit herrlichen Holzschnitten illustrierten «Cruydeboeck» (Kräuterbuch). Das Werk erlebte mehrere Neuauflagen, sowie Ubersetzungen ins Französische, Englische und Lateinische. Indem er versuchte, die Pflanzen in verschiedene Gruppen einzuteilen, legte er die Grundsteine zur Botanik. Dodonée war der Leibarzt des Kaisers von Osterreich Maximilian II. und dessen Sohn Rudolf II.Nacheinander zu Köln und Antwerpen wohnhaft, wurde er 1582 Professor an der Universität Leyde. Dort starb er auch 1585. Dem Brauche seiner Zeit folgend hatte er seinen Namen lateinisiert in Dodoneus. Seine Vaterstadt hat ihm eine Statue errichtet.3. - BERUEHMTE BELGISCHE GELEHRTE UND ERFINDER.J. B. Van Helmont.Geboren zu Brüssel im Jahre 1577 als Sohn einer reichen und edlem Familie (die Herren von Mérode), besuchte Johann-Baptist Van Helmont die Umiversität Löwen, wo er bereits im Alter von 17 Jahren die Erlaubnis erhielt, öffentliche Vorlesungen über Chirurgie zu geben. Der junge Gelehrte sah bald das Unvermögen der Medizin ein und gab sich ganz der Chemie hin, in der Hoffnung dank ihrer das richtige Heilverfahren zu finden. Er nannte sich «Medicus per ignem» (Arzt durch das

Feuer), eine Anspielung auf die Herkunft seiner Heilmittel. Wie Dodonée war er ein Anhänger der experimentellen Methode und jeder eitlen a priori-Spekulatioin abhold. Vor Lavoisier führte er die Waage im Laboratorium ein und beschäftigte sich mit dem Studium der Gase. Er war es auch, der das Wort Gas als enster gebrauchte, das er, wie man sagt, vom griechischen «Chaos» abgeleitet habe. Es war dies eine glückliche Neubildung, das Wort ist heute über den ganzen Erdkreis verbreitet. Desweitern studierte er den Einfluss der Hitze auf die Körper und behauptete als erster, dass die Flamme ein brennendes Gas ist. Als erster fing er Gas in Retorten auf und bewies, dass die Gärung, das Verbrennen von Kohle und die gashaltigen Wasser dasselbe Gas ausscheiden, das Kohlengas. Er verlangte von der Alchimie, die Suche nach dem Gold aufzugeben und Heilmittel herzustellen. Van Helmont starb zu Vilvorde im Jahre 1644. Seine Werke wurden einige Jahre später van seinem Sohne veröffentlicht.4. - BERUEHMTE BELGISCHE GELEHRTE UND ERFINDER.Peter-Josef Van Beneden.Es gibt kaum ein Kapitel der Zoologie, das Van Beneden nicht durch neue Angaben oder

Ansichten bereichert hätte. Seine ausgedehnten und verschiedenartigen Arbeiten, die Wichtigkeit seiner Entdeckungen haben ihm Weltruhm eingebracht. Geboren zu Mecheln im Jahre 1800 besuchte er das dortige Gymnasium und wurde dann Hilfsangestellter beim Apotheker Stoffels, der einen ertscheidenden Einfluss auf ihn ausübte. Auf dessen Drängen besuchte er die Universität. In diesiem Augenblick jedoch brach die Revolution von 1830 aus. Van Beneden nahm daran teil, aber er sagt selbst, er habe sich mehr als einmal dabei erwischt,, dass er eine versteinerte Muschel in der einen. Band und eine Patrone in der andern hielt. In zwei Jahren erlangte er den Titel eines Doktors der Medizin. Aber er fühlte sich besonders zur Zoologie hingezogen. Er vervollständigte sein Studium zu Paris im Museum, wo er sich einen grossen Ruf als Anatomist erwarb. 1836 wurde er zum Professor

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für Zoologie zu Lowen ernannt. Seine Ferien verbrachte er am Mittelmeer, um dort die Meerfauna zu studieren. Danach unternahm er eine vollständige Untersuchung der Fauna der belgischen Küsten. 1843 gründete er zu Ostende das erste Laboratorium für Meerzoologie, an dem Professor Liebig einige Zeit weilte. Später beschäftigte er sich mit Mollusken und Polypen, sowie mit Versteinerungen von Walfischen und Delphinen. Sein grosster Ruhmestitel: seine Arbeiten über die Parasitenwürmer des Menschen und der Tiere. Van Beneden verschied in seiner Heirnatstadt im Jahre 1894.5. - BERUEHMTE BELGISCHE GELEHRTE UND ERFINDER.Ernest Solvay.Der Erfinder, Industrielle, Galehrte, Philosoph, Mäzen und Wohltäter Ernest Solvay ist von Weltberühmtheit. Geboren zu Rebecq (Brabant) im Jahre 1838 als Kind einer bescheidenen Familie, musste er wegen seiner schwächlichen Gesundheit seine Studien unfcerbrechen, sodass er gezwungen war, für sich allein zu studieren. Solvay war also ein Autodidakt, ein richtiger «self-made man». Dank seinem Interesse für Chemie entdeckte er die Herstellungsmethode des Natriumkarbonats, das in der ganzen Welt als Solvay-Soda bekannt ist. Allerdings bedurfte es vieler Jahre angestrengten Schaffens bis ihm und seinem Bruder Alfred diese Entdeckung gelang. Inzwischen hatte seine Gesundheit sich gebessert.

Er teilte seine Zeit zwischen der Verwaltung seiner ausgedehnten Geschäfte und dem Studium zahlreicher physikalischer, physiologischer und soziologischer Probleme. Er gründete die Institute für Physiologie und Sociologie, sowie die Handelsschule Solvay. Waährend des ersten Weltkrieges war Solvay die treibende Kraft des «Nationalen Unterstützungs- und Ernährungsausschusses». Albert I. dankte ihm persönlich gelegentlich seiner triumphalen Rückkehr am 22, November 1918. Ernest Solvay starb im Jahre 1922.6. - BERUEHMTE BELGISCHE GELEHRTE UND ERFINDER.Leo H. Baekeland.

Baekeland wurde 1863 zu Gent geboren, wo er auch seine Universitätsstudien absolvierte. 1889 reiste er nach den Vereinigten Staaten. Als Chemiker der sich für wissenschaftliche Forschungen mit industrieller Nutzanwendung interessierte, gab er sich mit photographischem Material ab und gründete 1896 eine Gesellschaft zur Herstellung von lichtempfindlichem Papier, das nur eine kurze Beleuchtung und einfache Entwicklung benötigen würde. Es handelte sich um das beruhmte «Velox»-Papier, das zu dieser Zeit sehr beliebt war.

Danach unternahm er die Verbesserung der Apparatur zur Gewinnung von Ätznatron und flussigem Chlor durch die Elektrolyse von Salzlake. 1906 begann er seine Forschungen über Kunstharze und erfand das Bakelit, Ergebnis der gegenseitigen Einwirkung von Karbolsäure und Formol. Es widerstand Hitze und Druck und erlangte sofort Weltruf, da es von bequemer Anwendung war auf zahlreichen Gebieten: Elektrizität, Flugwesen, Ausschmückung……Bakelit ist der Vorfahre der unzähligen modernen Plastikarten.Baekeland starb 1944 in der Umgegend von New York, hochgeehrt von Europa und Amerika.1. Simon Stevin.Simon Stevin est sans conteste un des plus grands mathématiciens et physiciens de son epoque. Né à Bruges en 1548, sous le règne de Charles-Quint, il fait partie d'une plèiade de savants et d'artistes qui, malgré les troubles réligieux du siècle, jetèrent un lustre exceptionnel sur notre pays. L'histoire nous apprend que cette floraison se prolongea jusqu'au siècle suivant, celui des archiducs Albert et Isabelle.

D'abord établi à Anvers comme commerçant, il voyagea ensuite à travers l'Europe, pour devenir finalement à Leyde professeur à l'Université et précepteur scientifique du prince Maurice de Nassau, qui fit de lui son conseiller.

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C'est à Stevin que l'on doit la représentation des forces par des droites, le parallélogramme des forces et la loi d'équilibre sur le pian incliné. En hydrostatique, à des siècles d'intervalle, il est le continuateur d'Archimede, dont il démontra théoriquement le célèbre principe. A côté de ses travaux importants de mathématiques pures, il èdita «La Disme», ouvrage dans lequel il se montre l'initiateur du calcul par fractions décimales. Il inventa un nouveau modèle de moulin à eau et un char à voile qu'il manoeuvra sur la plage de Scheveningue.Il mourut à La Haye en 1620. Bruges lui a érigé une statue.2. Rembert Dodonée.Parmi les grands savants qui illustrèrent l'époque de la Renaissance, il convient de citer Rembert Dodonée, né à Malines le 29 juin 1517. Il fit ses études à l'Université de Louvain, où il conquit le titre de licencié en médecine, Après avoir parcouru la France, l'Italie et l'Allemagne, il revint à Malines où il s'établit comme médecin. Estimant les plantes indispensables à la bonne médecine, il les observa dans la nature, ce que ne fit aucun naturaliste de son temps. En 1554 il publia la première édition de son «Cruydeboeck» illustré de splendides gravures sur bois. Il y eut plusieurs éditions, ainsi qu'une traduction en français, une en anglais et une en latin. Il fit un essai de classification, posant ainsi les premiers jalons de la science botanique. Dodonée fut le médecin personnel de l'empereur d'Autriche Maximilien II et de son fils Rodolphe II.

Etabli successivement à Cologne et à Anvers, il devint professeur à l'Université de Leyde en 1582. Il mourut en cette ville en 1585. Le grand botaniste avait, suivant la coutume du temps, latinisé son nom en «Dodoneus». Sa ville natale lui a élevé une statue.3. J. B. Von Helmont.Né à Bruxelles en 1577 d'une famille riche et noble (les Seigneurs de Mérode), Jean-Baptiste Van Helmont frequenta les cours de l'Université de Louvain où, déjà à l'âge de 17 ans, il était autorisé à faire un cours public de chirurgie. Le jeune savant constata bientôt l'impuìssance de la médecine et s'adonna complètement à la chimie, croyant y trouver la vraie médication. Il s'ìntitula «Medicus per ignem» (médecin par le feu), allusion à la source à laquelle il emprunta ses médicaments. Tout comme Dodonée, il était adepte de la méthode expérimentale, et ennemi de toute vaine spéculation. Précurseur de Lavoisier, il introduisit la balance au laboratoire et étudia les gaz. C'est lui qui employa le mot pour la première fois, l'empruntant, dit-on, au grec chaos. Le mot fit fortune : il est universel. Il étudia l'influence de la chaleur sur les corps, fut le premier à dire que la flamme est un gaz qui brule, le premier à enfermer les gaz dans des cornues et à montrer que la fermentation, la combustion du charbon et les eaux gazeuses donnent le même gaz, le gaz carbonique. Selon lui, l'alchimie devait rejeter la recherche de l'or et préparer les médicaments. Il mourut à Vilvorde en 1644. Ses oeuvres furent publiées par son fils quelques années plus tard.4. Pierre-Joseph Van Beneden.Il n'est pas un chapitre des sciences zoologiques que P. J. Van Beneden n'ait enrichi de données et de vues nouvelles. L'étendue et la diversité de ses travaux, l'importance de ses découvertes, lui ont valu une réputation universelle.

Né à Malines en 1809, il y fit ses classes latines. Il devint aide chez le pharmacien Stoffels qui eut une influence decisive sur son jeune employé. Van Beneden lui en garda une profonde gratitude. Sur les instances de Stoffels, Pierre entra à l'Université. A ce moment éclata la revolution de 1830.

Le jeune homme s'engagea, mais il dit lui-même qu'il se surprit plusieurs fois «une coquille fossile dans une main et une cartouche dans l'autre». En deux ans il conquit le grade de docteur en médecine. Mais il se sentait surtout attiré vers la zoologie. Il alla parfaire ses études à Paris, au Muséum, où il acquit une grande réputation comme anatomiste. En 1836 il fut nommé professeur de zoologie à Louvain. Il passa

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ses vacances au bord de la Méditerranée pour y étudier les animaux marins. Ensuite, il fit une étude complète de notre faune littorale et fonda à Ostende, en 1843, le premier laboratoire de zoologie marine: le professeur Liebig y passa quelque temps. Après s'être occupé des mollusques et des polypes, il étudia en détail les baleines et dauphins fossiles, à l'occasion du creusement des fortifications d'Anvers. Son plus grand titre de gloire est toutefois l'ensemble de ses travaux sur les vers parasites de l'homme et des animaux.

Vénéré par ses nombreux élèves, qu'il encourageait de toutes ses forces, P. J. Van Beneden, comblé d'honneurs, s'éteignit dans sa ville natale en 1894.5. Ernest Solvay.Inventeur, industriel, savant, philosophe, mécène, bienfaiteur, Ernest Solvay est une figure de renommée mondiale. Né à Rebecq (Brabant) en 1838 d'une famille modeste, il ne put poursuivre ses études à cause d'une santé délicate, ce qui l'obligea à s'instruire lui-même. Ernest Solvay fut un autodidacte, un «self-made man» dans toute l'acception du terme. S'intéressant à la chimie, il trouva le procédé de fabrication du carbonate de soude appelé «à l'ammoniaque», produit connu dans le monde entier comme «Soude Solvay». Mais ce n'est qu'après des années de dur labeur que, conjointement avec son frère Alfred, il connut le succès.

Entretemps sa santé était devenue normale et même robuste. Il partagea son temps entre la gestion de ses affaires étendues et l'étude de nombreux problèmes physiques, physiologiques et sociologiques. Il fonda les Instituts de Physiologie et de Sociologie, ainsi que l'Ecole de Commerce Solvay. Il dota un grand nombre d'institutions et d'entreprises, entre autres l'expédition antarctique du «Belgica». Pendant la première guerre mondiale Solvay était l’âme du Comité National de Secours et d'Alimentation, oeuvre de salut public. Albert 1 er alla le remercier personnellement, le soir de sa rentrée triomphale, le 22 novembre 1918.Ernest Solvay mourut en 1922.6. Leo H. Boekeland.Baekeland naquit à Gand en 1863 et fit ses études à l'Université de cette ville. En 1889 il partit pour les Etats-Unis. Comme chimiste orienté vers les recherches scientifiques applicables à l'industrie, il s'interessa au matèriel photographique et en 1893 fonda une société pour la fabrication de papier sensible ne nécessitant qu'une courte exposition et d'un développement facile. C'était le fameux papier «Velox» qui à cette epoque connut une enorme vogue.

Ensuite, notre compatriote s'occupa d'améliorer l'appareillage pour l'obtention de soude caustique et de chlore liquide par l'électrolyse de la saumure. C'est en 1906 que Baekeland commença ses recherches sur les résines synthétiques et inventa la Bakélite, résultat de l'action réciproque d'acide phénique et de formol. Le produit obtenu résistait à la chaleur et à la pression. Il acquit immédiatement une renommée mondiale, étant d'un emploi commode dans un très grand nombre de domaines: électricité, aviation, ornementation, etc. La Bakélite est l'avant-coureur des douzaines de «Plastics» actuellement en usage.Baekeland mourut en 1944 aux environs de New York, chargé d'honneurs par l'Europe et l'Amérique.

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1603DIE AFFEN 1LE SCIMMIE 1LES SINGES 1

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. LE SCIMMIE.Nasica e Macaco Lapunder.2. LE SCIMMIE.Gueresa e Babbuino.3. LE SCIMMIE.Mandrillo e Cercopiteco Sabeo.4. LE SCIMMIE.Atele e Lagotrice.5. LE SCIMMIE.Cappuccino e Saimiri.6. LE SCIMMIE.Uistitì e Mida Leonina.Rückseite - Retro - Verso 1. Nasica e Macaco LapunderLa scimmia Nasica (Semnopithecus nasalis) ha avuto questo nome per il motivo stesso per cui l'ebbe uno Scipione nella Roma antica: per il naso, che con l'età, particolarmente nel maschio, cresce e gonfia, assumendo una caratteristica forma ricurva, con la punta sottile. Vive nell'isola di Borneo ed appartiene al genere di scimmie asiatiche dei Semnopiteci, cioè «scimmie venerabili», come l'Entello che è la scimmia sacra dell'India.La scimmia Nasica è arborea, un po' più robusta degli altri Semnopiteci, con pelame

colorito di bruno rossastro, giallognolo e bianco. La coda è lunghissima.Corta è invece la coda del Macaco Lapunder (Macacus rhesus) che è anch'esso scimmia

asiatica, propria dell'India. Il suo pelame si dirada nelle parti inferiori; la pelle appare floscia; le parti nude - faccia, mani, piedi - sono di color rame chiaro; rosso chiaro sono le callosità sulle natiche.Tali callosità si riscontrano in molte specie di scimmie, e precisamente in quelle che vivono

non sugli alberi ma a terra, passando gran parte del tempo sedute. Il Macaco rappresenta, nelle sue diverse specie, la transizione tra le scimmie che vivono sugli alberi e quelle che vivono a terra.2. Gueresa e BabbuinoRappresentiamo ora due scimmie africane: arborea la scimmia Gueresa (Colobus Gueresa) e dedito a vita terragnola il Babbuino (Cynocephalus babuin).La Gueresa è propria delle foreste sulle montagne di Abissinia, a 2000 e a 3000 metri di

altitudine. E' di pelo lungo, con una fascia bianca sulle sopracciglia, bianca la barbetta e la gola, bianca la lunga coda soprattutto nel ciuffo terminale; peli bianchi crescono variamente sul dorso, secondo l'età. Passa la sua vita sui rami più alti degli alberi. Appartiene al gruppo dei Colobi.Il Babbuino vive anch'esso nell'Africa centrale, dall'Abissinia in giù, ed è un Cinocefalo

privo di criniera, dal pelo liscio. I Cinocefali, come dice il loro nome, hanno il muso alquanto somigliante a quello del cane. Comprendono varie e diffuse specie. Vivono di preferenza in grandi gruppi, pernottando nei cavi delle rocce e nelle grotte, uscendo insieme alla ricerca del cibo. Si nutrono non solo di vegetali, cioè di tuberi, radici, foglie, ma anche di piccoli animali. Il Babbuino procede sui quattro arti, poggiando bene a terra le estremità e tenendo arcuata in modo caratteristico la coda.E' il caso qui di osservare che mentre le grandi scimmie antropomorfe d'Africa e d'Asia

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sono prive di coda, tutte queste altre scimmie hanno invece la coda - lunga, corta, cortissima - ma sempre presentando nelle vertebre una netta differenza con la struttura del coccige com'è nell'uomo e nelle scimmie antropomorfe.3. Mandrillo e Cercopiteco Sabeo.Rispetto all'indole generalmente buona di tante tra le scimmie, i Cinocefali sono ritenuti come animali maligni e riottosi, specie nell'età adulta; e fra essi particolarmente è tacciato di malvagità il Mandrillo (Cynocephalus Mormon). E' una scimmia africana, della Guinea centrale, caratterizzata dalla strana conformazione della faccia e dalla sorprendente colorazione delle parti nude. Le guance si rialzano infatti in linee oblique, che le solcano profondamente e si colorano di vivo celeste, mentre il naso è rosso. Rosse e azzurre sono le vistose callosità posteriori. La coda è rudimentale e dritta. Il pelame, bruno olivastro sul dorso, è più chiaro sul ventre; un ciuffo di peli ispidi copre la prominenza del capo; una specie di barbetta a pizzo, gialla, scende sul collo.Ed ecco infine il Cercopiteco Sabeo (Cercopithecus Saboeus), scimmia arborea dalla lunga coda, che vive nelle zone tropicali, ma a notevoli altitudini. E' detto anche Cercopiteco verde comune, per il colore verdognolo del pelame e perchè, sopportando abbastanza bene il trapasso nel nostro clima che ha qualche affinità col suo originale, è comunemente acclimatato da noi.I Cercopitechi vivono in branchi molto numerosi, sotto la guida di un vecchio maschio. Sono

di umore assai variabile. Mangiano frutti e talvolta insetti e son ghiotti di uova.4. Atele e Lagotrice.Pur presentandosi, come abbiamo accennato, nelle più varie forme e dimensioni, la coda delle scimmie africane e asiatiche serve solo da guida nei movimenti, soprattutto nei salti che compiono. Nelle scimmie americane, invece, la coda può prestarsi a vari impieghi.Gli Ateli (Ateles) e le Lagotrici (Lagothrix Humboldti) sono scimmie dalla coda nuda. Si

intende con ciò che la loro coda, almeno in parte priva di peli sulla superfìcie inferiore, e rivestita di pelle ruvida, serve tanto per il tatto che per la presa. Con la coda queste scimmie, senza bisogno di volgere lo sguardo, saggiano la resistenza dei rami, ai quali l'avvolgono, appendendovisi e slanciandosi verso altri rami.Gli Ateli, per il corpo smilzo, per le estremità lunghe è sottili (col pollice rudimentale o

mancante), e per gli incredibili, aerei movimenti di cui sono capaci vengono detti anche scimmie-ragno. Vivono, naturalmente, sugli alberi, ma scendono anche a terra. Si nutrono di insetti o di piccoli pesci e molluschi che trovano nel fango sulle sponde dei fiumi.Alle scimmie dalla coda nuda appartengono le note «urlatrici», così dette per il grande e

impressionante vociare che fanno in veri e propri cori. A queste assomiglia la Lagotrice, anch'essa piuttosto robusta, che, a parte la coda, è lunga in media 70 cm. Però non ha lo stesso sviluppo vocale delle urlatrici, e il suo grido è sordo. Il pelame è lanoso, di un grigio lavagna.5. Cappuccino e Saimiri.Il Cappuccino (Cebus capucinus) appartiene al genere dei Cebidi, che si presenta con molte varietà di pelame, di colore e di altri caratteri. Con la faccia assai grinzosa, e un grido simile a un vagito, suscita un'impressione curiosa, quasi di pietà. Ha in genere pelame corto e- fìtto, che sul corpo dà luogo ad arricciature, e una barbetta, spesso di colore più chiaro. Il Cappuccino deve appunto il suo nome alla sorta di cappuccio peloso che gli scende sulla breve fronte rugosa.La coda è interamente rivestita di peli, e non serve più come organo di tatto. E' però prensile, e l'animale se ne serve soprattutto per aggrapparsi fermamente e stabilizzare la propria posizione; più raramente per appendersi.Il Saimiri (Chrisothrix sciurea) appartiene alle Aneture. La coda non è da esse adoperata

nemmeno come organo di presa. Il Saimiri si serve della sua lunga coda come di un timone, e se l'avvolge anche intorno al corpo per ripararsi dal freddo: gli animali anzi si mettono

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talvolta a gruppi, avvolgendo le code gli uni ai colli degli altri, in un vero e proprio intrico. Vive nella Guiana, in branchi di molti individui. E' elegante, vivace; e pur preferendo le boscaglie, si arrampica agilmente, all'evenienza, sugli alti alberi. E' lungo una quarantina di centimetri, e si nutre volentieri di insetti, specialmente ragni.6. Uistitì e Mida Leonina.Si noti che in genere le orecchie, nelle scimmie americane, non sono, come nelle scimmie africane e asiatiche, nude: bensì sono variamente pelose, e piuttosto aguzze. Caratteristiche le orecchie degli Uistitì (Hapale). Si tratta di una scìmmietta di poco più di 20 centimetri, con ciuffi di peli rigidi, per lo più di color chiaro, che circondano le orecchie con una specie di raggera. La coda, ricoperta di fìtto pelo, raggiunge una lunghezza di un terzo maggiore del corpo, ed è striata da anelli.Allo stesso genere, degli Arctopiteci, appartiene la Mida Leonina (Hapale rosalia), coperta di

fìtto pelo fulvo, con faccia nuda di un bruno grigiastro. La criniera che circonda e copre testa, nuca e collo, ha motivato il suo appellativo. Gli Arctopiteci, insettìvori, vivono socievolmente nelle fìtte foreste e nelle radure. Cercano rifugio nelle cavità dei tronchi, con preferenza per le buche provviste di un ingresso tanto stretto da proteggerli dai numerosi animali che dan loro la caccia.Come si vede nei due riquadri di questa figurina, tanto le scimmie Platirine - che son quelle

delle Americhe - quanto le Catarine d'Africa e d'Asia, hanno il setto nasale sottilissimo. Ma è caratteristica la differenza delle narici, che nelle americane sono sporgenti verso i lati.Si abbia presente infine che mentre vi sono specie di scimmie che vivono fin sulle nevi dei monti asiatici e fin nelle grandi altitudini dei monti africani, in America le scimmie sono limitate alle parti più basse delle zone tropicali e le montagne costituiscono un ostacolo invalicabile, per la loro espansione.

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1604DIE AFFEN 2LE SCIMMIE 2LES SINGES 2

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. - DIE AFFEN.Der Vari - Der Nagemaki oder Aye-Aye.2. - DIE AFFEN.Der Gespenstaffe - Die Meerkatze von Java.3. - DIE AFFEN.Der Kapuzineraffe - Der Brüllaffe.4. - DIE AFFEN.Der Guereza von Abessinien - Der Pavian. 5. - DIE AFFEN. Der Gibbon - Der Orang-Utan.6. DIE AFFEN.Der Gorilla - Der Schimpanse.1. LES SINGES Le Vari - le Maki rongeur ou Aye-Aye.2. LES SINGES Le Tarsier spectre - le Macaque de Java.3. LES SINGES Le Capucin - le Singe hurleur.4. LES SINGES Le Babouin - le Colobe d'Abyssinie.5. LES SINGES Le Gibbon - l'Orang-outan.6. LES SINGES Le Gorille - le Chimpanzé.Rückseite - Retro - Verso 1. - DIE AFFEN.Der Vari - Der Nagemaki oder Aye-Aye.Die unterste Gruppe der Familie der Affen ist diejenige der Halbaffen oder Lemuriden. Die Hauptarten dieser Gruppe sind:

Der VARI (Lemur variegiatus). Man erkennt dieses hübsche Tierchen an seinen spitzen, behaarten Schnauze, seinem dichten Pelz und seinem langen, wolligen Schwanze. Der Vari springt von Ast zu Ast, er ist von einer aussergewöhnlichen Gewandtheit und hält sich meistens in den Bäumen auf. Die Zeigefinger der Vorder- und Hinterhände sind bekrallt, während die andern Finger einen platten Nagel aufweisen.

Der frei lebende Vari ist ein Nachttier, in der Gefangenschaft jedoch beweisen seine schrillen, am hellen Tage ausgestossenen Schreie, dass er seine Lebensweise geändert hat.Diese kleinen Affen begegnet man auf Madagascar, das von vielen dieser Halbaffen bewohnt wird. Ihre Nahrung besteht hauptsächlich aus Insekten und Früchten.

DER NAGEMAKI oder AYE-AYE (Chiromys madagascariensis) lebt ebenfalls auf Madagascar. Seine Nahrung besteht aus Insektenlarven, die er mit seinen feinen, gelenkigen Fingern aus den Gängen herauszieht, die sie ins Holz gebohrt haben. Der Nagemaki verdankt seinen Namen seinem eigenartigen Gebiss, das dem der Nagetiere ähnelt.2. - DIE AFFEN.Der Gespenstaffe - Die Meerkatze von Java.DER GESPENSTAFFE (Tarsius tarsius), der auf Indonesien beheimatet ist, verdankt die Bezeichnung «Gespenst» seiner eigenartigen Gestalt, den besonders dicken Augen, die aus

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dem runden Kopf hervorstehen. Er hat typische Springerhände, die es ihm erlauben, gewandt in den Bäumen hin und her zu springen. Seine Finger sind ausserdem mit Saugnäpfen versehen, dank derer er sich besser an den Ästen festhalten kann. Obschon er kaum grösser als eine Ratte ist, (15 cm) besitzt der Gespenstaffe komischerweise einen viel zu grossen Schwanz für seinen kleinen Körper. Dieses Säugetier gehört zu einer besonderen Gruppe, die den Ubergang von den Halbaffen zu den eigentlichen Affen darstellt.

DIE MEERKATZE VON JAVA (Macaca irus) gehört zur Ordnung der eigentlichen Affen, die in zwei grundverschiedene Untergruppen eingeteilt werden: die plattnasigen Affen oder Affen der Neuen Welt und die schmalnasigen Affen oder Affen der Alten Welt.

Die Meerkatze von Java hat eine schmale Nasenscheidewand, wodurch sie sich in die zweite Gruppe klassiert. Sie hat eine ziemlich lange, schmale Schnauze und starke Zähne. Ausser Fruchten und grünen Pflanzen frisst dieser Affe gerne kleine Tiere; in der Gefangenschaft liebt er besonders Zwieback und Zuckerbrötchen. Er lässt sich leicht zähmen, und man bringt ihm mit Leichtigkeit alle möglichen Kunststücke bei.3. - DIE AFFEN.Der Kapuzineraffe - Der Brüllaffe.

Diese zwei Arten sind typische Schmalnasen Sudamerikas. Sie haben ein besonderes Kennzeichen: ihr langer Schwanz endigt in einem regelrechfcen Greifglied, mit dem sie sich, wie mit einer fünften Band, an den Bäumen festhalten können.

DER KAPUZINERAFFE (Cebus capucinus) lebt in feuchten Wäldern. Er ist sehr lebhaft, fröhlich und friedfertig und verträgt die Gefangenschaft gut. Dank seiner stark entwickelten Gesichtsmuskeln verfügt er über ein sehr ausdrucksreiches Mienenspiel, durch das er seine Zufriedenheit, seine Angst oder seinen Zorn sehr deutlich ausdrücken kann.

DER BRÜLLAFFE (Alouatta seniculus) gehört einer der grossten Arten der Schmalnasen an. Er besitzt einen sehr entwickelten Wickelschwanz. Die Brüllaffen leben gewöhnlich in Gruppen von 5 - 35 Männchen und Weibchen zusammen, jedoch ohne Anführer.

Ihr Zungenbein (kleiner, bogenförmiger Knochen) umschliesst den Schlundkopf und bildet so einen Resonanzkasten, der ihre klagenden, eigentümlichen Schreie versärkt, die nachts im Urwald ein gewisses melancholisches Gefühl hervorrufen.4. - DIE AFFEN.Der Guereza von Abessinien - Der Pavian. Zwei Verfcreter der Affen der Alten Welt.

DER GUEREZA (Colobus abyssinicus), den man in Abessinien und in Belgisch-Kongo antrifft, lebt auf dem Bäumen. Er bewegt sich langsam und ernährt sich vom Blättern und Knospen. Sein Magen weist verschiedene Abteilungen auf, wovon jede ihre eigene Tätigkeit ausübt: so dient die erste z. B. zum Aufspeichern von Nahrungsvorräten. Das Fell der jungen Tiere ist weiss, dasjenige der erwachsenen schwarz-weiss gefleckt. Anderes Kennzeichen: der Guereza hat keinen Daumen.DER PAVIAN (Papio hamadryas) lebt in Abessinien, wo er sich mit Vorliebe auf Felsen und nicht auf Bäumen aufhält. Er ist scheuer und misstrauischer als die Affen, die auf Bäumen wohnen, er lebt in grossen Truppen, die sich in mehrere Weibchen und junge Tiere begreifende Gruppen aufteilen. Jede Gruppe hat ein erwachsenes und erfahrenes Männchen als Anführer, das von einem Baume herab die Umgegend beobachtet und über die Ruhe der Gruppe wächt, deren Beschützer er ist. Der Pavian ist manchmal angreiferisch und kann ge fährlich werden. Er lässt sich leicht zahmen, äussert jedoch seinen reizbaren Charakter bei der geringsten Herausforderung, indem er die Besucher des Tiergartens mit allen erreichbaren Gegenständen bewirft und dabei seine furchtbaren Zähne zeigt.5. - DIE AFFEN.Der Gibbon - Der Orang-Utan.

DER GROSSE GIBBON oder SIAMANG (Symphalangus syndactylus) hat ein schwarzes, seidiges Fell und lebt auf Sumatra, wo er unter Naturschutz steht. Dank seiner auffälligen,

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übermässig langen Arme bewegt er sich mit Leichtigkeit und Anmut in den Bäumen, während er auf dem Boden aufrecht geht und sich ihrer als Balancierstangen bedient. Bei Sonnenaufgang stosst er wohlklingende, rhythmische Schreie aus, deren Klang jedoch ohrenbetaubend werden kann, sodass er oft kilometerweit zu hören ist. Diese staunenswerte Erscheinung bei einem Tier, das kaum mehr als 8 - 10 kg wiegt, erklärt sich durch die Ausdehnung des Schlundkopfes.

DER ORANG-UTAN (Simia satyrus), ein braunroter Affe, der manchmal grösser als 1,50 m wird, trägt einen langen, rauhen Pelz. Er lebt in den Urwäldern Sumatras und Borneos, wo man ganze Familien antrifft, obschon das Männchen oft allein lebt, Er verlässt selten den Wald, in dem er seine Nahrung findet, die sich aus Früchten und zarten Schösslingen zusammensetzt. Er wandert beständig und baut sich täglich aus Ästen ein neues Nest, in dem er die Nacht verbringt. Es scheint dies der Ursprung einer sonderbaren Gewohnheit zu sein: In der Gefangenschaft bedeckt der Orang-Utan sich oft den Kopf mit Stroh oder einem Sacke, sobald es Abend wird. Er besitzt sehr kräftige Muskeln, und dicke Eisenstangen biegen, ist fur ihn ein Kinderspiel. Orang-Utan ist ein malaiisches Wort und heisst : der Waldmensch.6. DIE AFFEN.Der Gorilla - Der Schimpanse.

DER GORILLA (Gorilla gorilla) ist unbestreitbar der grosste und stärkste aller Affen. Das Männchen kann 2 m grose werden und im Alter von 12 Jahren 300 kg wiegen, das Weibchen ist merklich kleiner. Er ist von ruhiger und fried-fertiger Natur, wird jedoch kampferisch, wenn man ihn angreift. Er lebt in Gruppen von ungefàhr 10 Tieien und nährt sich hauptsächlich von Schösslingen des Bambus- und des Zuckerrohrs, sowie von Früchten. Während den wärmsten Tagesstunden spielen die Jungen, die Alten ruhen sich aus. Nachts schläft das Männchen, an einen Baumstamm gelehnt, auf dem Boden, Weibchen und Junge ruhen auf den Bäumen.

DER SCHIMPANSE (Anthropopithecus troglodytes) bildet mit dem Gorilla und dem Orang-Utan die Gruppe der Menschenaffen. Man trifft ihn in West- und Zentralafrika an, wo er in Gruppen von 20 - 30 Individuen auf den Bäumen lebt, und sich mit Eiern, Früchten und jungen Vögeln ernährt. Er wird bis 1,60 m gross. Gründliche Beobachtungen haben das ausgezeichnete Gedächtnis des Schimpansen bewiesen. Desweitern scheint er eines elementaren, aber unbestreitbaren Denkens fähig zu sein. So bedient er sich z. B. eines Stockes, um sich einer ausser seiner Reichweite liegenden Banane zu bemächtigen, oder stellt Kisten aufeinander, um an ein vom Boden unerreichbares Nahrungsmittel zu gelangen.1. Le Vari - le Maki rongeur ou Aye-Aye.Le groupe le plus primitif de la grande famille des singes est celui des prosi-miens ou lémuriens. Pormi les espèces caractéristiques de ce groupe citons:

Le vari (Lemur variegatus). On reconnaìt ce joli petit animal, hôte habituel des Jardins Zoologiques, à son museau pointu et entièrement recouvert de poils, à l'èpaisseur de sa fourrure, à sa longue queue laineuse. Le vari saute de branche en branche avec une agilité extraordinaire: il est arboricole (habitant les arbres). Le deuxième doigt de la main et du pied sont armés d'une griffe; les autres doigts sont pourvus d'ongles plats.

Dans son habitat naturel le vari est un animal nocturne, mais en captivité des cris perçants poussés en plein jour, attestent qu'il a changé son mode de vie.

Ces petits singes se rencontrent à Madagascar, habitat d'un grand nombre de prosimiens. Ils se nourrissent principalement d'insectes et de fruits.Le maki rongeur ou aye-aye (Chiromys madagascariensis) vit également à Madagascar. Sa nourriture se compose de larves d'insectes extraites, au moyen de ses doigts particulièrement fins et souples, des galeries qu'elles ont creusées dans le bois. Le maki rongeur doit son nom à une dentition particulière rappelant celle des rongeurs.2. Le Tarsier spectre - le Macaque de Java.

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Le tarsier spectre (Tarsius tarsius), originaire de l'Indonèsie, doit l'appellation de "spectre" à sa figure étrange, aux yeux extrèmement volumineux, saillant hors d'une tête ronde. Les pattes sont typiquement celles d'un sauteur; elles permettent de bondir avec agilité dans les arbres. En outre, les doigts sont pourvus de ventouses pour mieux s'attacher aux branches. Guère plus grand qu'un rat - il mesure environ quinze centimètres - le tarsier spectre est affublé d'une longue queue, disproportionnée à sa petite faille. Ce mammifère est classé dans un groupe à part: les tarsiidés, situé entre les prosimiens et les simiens ou singes proprement dits.

Le macaque de Java (Macaco irus) appartient à l'ordre des simiens ou véritables singes, subdivisé en deux groupes nettement distincts: les platyrrhiniens ou singes du Nouveau Monde et les catarrhiniens ou singes de l'Ancien Monde.Le macaque de Java a la cloison du nez étroite, ce qui le classe dans le deuxième groupe. Son museau est plutôt long et mince; ses dents sont fortes. Outre les fruits et les plantes vertes, ce singe mange volontiers de petits animaux; en captivité il apprécie les biscuits. Le Macaque de Java s'apprivoise rapidement et on lui apprend aisément toutes sortes de tours.3. Le Capucin - le Singe hurleur-Ces deux espèces sont des platyrrhmiens typiques de l'Amérique du Sud. Elles présentent une caractéristique ignorée des autres groupes: l'extrémité de leur longue queue forme un véritable membre préhensile, dont l'usage est comparable à une maìn supplémentaire, et leur permet de s'accrocher aux arbres.Le capucin (Cebus capucinus) vit dans les forêts humides. Très vivant, gai et doux, il supporte bien la captivité. Grâce au développement des muscles faciaux, le capucin possedè une mimique très expressive par laquelle il extériorise clairement la satisfaction, la crainte, la colère.Le singe hurleur (Alouatta seniculus) fait partie d'une des plus grandes espèces du groupe des platyrrhiniens. Il possedè une queue enroulante, très développée.

Les singes hurleurs vivent généralement en troupes de cinq à trente-cinq individus, mâles et femelles, mais sans chef.L'os hyoïde (petit os en forme d'arc) entourant le pharynx de cette espèce de singes, forme une caisse de résonance. Ainsi, quand ils hurlent, le son s'amplifie et l'on entend des cris plaintifs et caractéristiques qui suscitent une impression de mélancolie lorsqu'ils résonnent la nuit dans la forêt vierge.4. - Le Babouin - le Colobe d'Abyssinie.Deux représentants des singes de l'Ancien Monde.Le babouin (Papio hamadryas) habite l'Abyssinie où il se tient de préférence sur les rochers

et non dans les arbres. Plus farouches et plus méfiants que les singes arboricoles, les babouins vivent en grandes troupes subdivisées en groupes comprenant quelques femelles et des jeunes. Un mâle adulte et expérimenté conduit chaque groupe. Installé dans un arbre pour reconnaître le terrain, il veille sur le repos du groupe dont il assume la protection.Le babouin est parfois agressif et peut devenir dangereux. On l'apprivoise facilement, mais

il extériorise son caractère irritable à la moindre provocation, lançant sur les visiteurs du Jardin Zoologique tous les objets qu'il trouve à portée de sa main et découvrant des dents redoutables.

Le colobe ou guereza (Colobus abyssinicus) que l'on rencontre de l'Abyssinie au Congo belge, vit dans les arbres. Il se déplace avec lenteur et se nourrit de feuilles et de bourgeons. Son estomac comprend des compartiments aux fonctions différentes: le premier sert notamment à emmagasiner des réserves de nourriture. Blanc chez les petits, le pelage des adultes présente des alternances très jolies de blanc et de noir. Autre caractéristique: les colobes n'ont pas de pouce.5. Le Gibbon - L'Orang-outan.Le grand gibbon ou siamang (Symphalangus syndactylus), au pelage noir et soyeux, vit à

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Sumatra et y est protégé. On est frappé par la longueur excessive des bras dont l'animal se sert avec aisance et grâce pour se balancer dans les arbres. A terre, il marche dresse et se sert des bras en guise de balanciers.

Au lever du soleil le gibbon émet des sons mélodieux et rythmés mais dont le volume peut devenir assourdissant à tel point qu'on les entend parfois à plus d'un kilomètre. Ce phénomène, d'autant plus curieux que l'animal ne pese guère plus de 8 à 10 kg, est dù aux dimensions du pharynx.

L'orang-outan (Simia satyrus), singe brun-roux dont la taille dépasse quelquefois 1 m 50, est couvert de longs poils rudes. L'orang-outan ou "homme des bois" en malais, vit dans les forêts vierges de Sumatra et de Bornéo où on le rencontre en petites familles, quoique le mâle reste souvent seul.

Quittant rarement la forêt, ce singe y trouve sa nourriture composée de fruits et de pousses tendres. Il se déplace constamment et se construit chaque jour un nouveau nid de branches pour y dormir. Il faut y trouver l'origine d'une curieuse habitude: en captivité l'orang-outan se couvre souvent la tête avec de la paiIle ou un sac, dès que le soir descend. L'animal possedè une musculature puissante; c'est un jeu pour lui de plier une grosse barre de fer.6. Le Gorille - le Chimpanzé.Le gorille (Gorilla gorilla) est sans contredit le plus grand et le plus fort de tous les singes. Le mâle peut atteindre la taille de deux mètres et peser 300 kg à l'âge de douze ans: la femelle est sensiblement plus petite. Doux et pacifique de nature, le gorille devient cependant très agressif quand on l'attaque. Les gorilles vivent en troupes de dix individus environ, se nourrissant principalement de pousses de bambous et de cannes à sucre ainsi que de fruits. Pendant les heures les plus chaudes de la journée, les jeunes jouent tandis que les adultes se reposent. La nuit, le mâle dort sur le sol, appuyé au tronc d'un arbre; les femelles et les jeunes se reposent dans les branches.Le chimpanzé (Antropopithecus troglodytes) forme, avec le gorille et l'orang-outan, le groupe des singes anthropoïdes. On le rencontre en Afrique occidentale et centrale od il vit dans les arbres en bandes de vingt à trente individus, se nourrissant surtout d'oeufs, de fruits et de jeunes oiseaux. Sa faille atteint 1 m 60.

Des observations approfondies ont démontré l'excellente mémoire du chimpanzé. De plus, il parait capable d'agir après réflexion en faisant preuve d'un raisonnement rudimentaire mais incontestable.Il se sert par exemple d'un bâton pour attirer à lui une banane hors de sa portée. Utilisant des caisses placées dans sa cage, il imagine de les superposer et d'y grimper afin d'atteindre un aliment inaccessible depuis le sol.

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1605Geschichte Italiens IV. (Leben und Kultur der XII. und XIII. Jahrhunderten)Storia d’Italia IVa (Vita e cultura del XII° e XIII° secolo).Histoire d’Italie IVe (Vie et culture du XIIe et XIIIe siècles)

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1 - Storia d’Italia IVa (Vita e cultura del XII° e XIII° secolo).CAFFARO, cronista.2 - Storia d’Italia IVa (Vita e cultura del XII° e XIII° secolo).SAN FRANCESCO.3 - Storia d’Italia IVa (Vita e cultura del XII° e XIII° secolo).LE CITTÀ MARINARE.4 - Storia d’Italia IVa (Vita e cultura del XII° e XIII° secolo).AZZONE, giureconsulto.5 - Storia d’Italia IVa (Vita e cultura del XII° e XIII° secolo).GIOTTO.6 - Storia d’Italia IVa (Vita e cultura del XII° e XIII° secolo).GUIDO CAVALCANTI.Rückseite - Retro - Verso 1 - CAFFARO, cronista.Questo cronista nacque a Genova verso il 1080 da Rustico di Castrofino e a Genova morì nel 1166; partecipò alla impresa genovese della crociata del 1100 della quale lasciò anche un dettagliato racconto. Nel 1121 fu ambasciatore dei Genovesi presso papa Calisto. Fu più volte console del Comune di Genova e più volte comandò la flotta sia contro Pisa (1125). sìa contro i Saraceni (1146).L'opera sua più importante per noi è quella cronaca che egli cominciò a stendere verso il 1100 e continuò fin verso gli ottant'anni. E' un'esposizione metodica dei fatti avvenuti in Genova o di avvenimenti che in Genova avevano avuto risonanza, con l'elenco di tutti coloro che in quel periodo occuparono cariche nel Comune. L'importanza di queste cronache consiste soprattutto nel fatto che ad un certo momento, quando Caffaro ancora le dettava al fido Macrobio. il Comune ne ordinò la trascrizione ad opera di pubblici ufficiali, affinchè fossero poste negli archivi comunali. L'opera, sempre con questo carattere ufficiale, venne poi continuata da Oberto Cancelliere (1164 - 1173), cui seguirono Ottobono Scriba fino al 1196, Ogerio Pane (1197 - 1219), Marchisio (1220 - 1224), Bartolomeo Scriba, pare fino al 1264. E' questo dunque un magnifico esempio, anzi l'unico, di una cronaca che dura per due secoli, sempre scritta da contemporanei. Naturalmente questi Annali glorificano Genova e la parte politica in essa dominante, ma proprio per questo hanno aspetti interessanti di vita e di calorosa partecipazione agli avvenimenti di quegli anni pieni di movimento. Il più antico manoscritto di Caffaro, con ricche miniature, è tornato proprio lo scorso 1953, dalla Francia, dove era stato portato da Napoleone, ed assegnato a quella Genova di cui narra le glorie.2 - SAN FRANCESCO.Nacque ad Assisi nel settembre 1182 da Pietro di Bernardo e da Pica, una provenzale. Fu allevato ed educato come spettava allora ai figli di ricchi mercanti. La vocazione ad una nuova vita si fece sentire in lui durante una malattia che lo colpi verso il 1204, dopo esser stato fatto prigioniero dai Perugini in una delle tante piccole guerre locali. Lo assale una santa pazzia; egli ama tutto ciò che per il mondo è disprezzabile, incorrendo nello scherno della sciocca folla e nell'odio del padre. Meditando sulle parole del Vangelo «Andate e predicate... non tenete oro nè argento... non sacca da viaggio, nè due vestiti, nè scarpe... » (S. Luca, IX, 3) aderisce in pieno al più rigoroso concetto di povertà. L'opera di S. Francesco, non senza difficoltà, fu riconosciuta da papa Innocenzo III, il quale evitò così che il movimento

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francescano scivolasse verso quei movimenti ereticali pauperistici di cui era pieno il tempo. Verso il 1214 lasciò l'Umbria per recarsi in Egitto a predicare, spinto da sete di missione, ma forse anche dalla tristezza dell'animo che vedeva il suo movimento gerarchizzarsi e burocratizzarsi e sostituire l'interpretazione formale di norme alla bellezza dì vivere in ispirito il Vangelo; solo nel 1219 raggiunse le terre infedeli, ove grazie anche alla sua umiltà ed alla sua ingenuità gli permisero di predicare alla presenza del sultano, senza alcun risultato. Tornato in Italia nel 1224, alla Verna riceveva, in un momento di sublime estasi, le stigmate; nel 1225 compose quel suo Cantico delle creature che è senza dubbio il più sublime canto d'amore che l'uomo abbia mai saputo alzare, e nel quale tutto è lodato in Dio e per Dìo. La giornata terrena si chiudeva per Francesco il 3 ottobre 1226. L'episodio qui illustrato ci riporta a quella predica agli uccelli che la tradizione vuole da lui tenuta per convincere questi animali a non disturbarlo col loro canto durante la preghiera.3 - IL RISVEGLIO COMMERCIALE NELLE CITTÀ MARITTIME.Il risveglio marinaro segna veramente il risveglio della civiltà: si cade nel medioevo, quando le navi cessano di solcare i flutti, quando gli uomini, per cause diverse, si arrestano timorosi davanti all'eterno mistero del mare. Non si può parlare veramente di nuova attività marittima e commerciale fino a quando Venezia. Genova e Pisa non affronteranno con sicurezza il Mediterraneo. Venezia supera rapidamente le città greche dell'Italia meridionale fondando la sua potenza su basi sempre più ampie, sicché l'Adriatico diventerà veramente il Golfo Venetico. Pisa si risolleverà prima di Genova e poco dopo il Mille le sue flotte si avventureranno alle Baleari, alla Spagna, all'Africa. Dopo il secolo decimo, Genova scende in lizza affacciandosi ai mari del Levante, come rivale di Venezia. Cominciò così quella corsa agli scali del Bosforo e della Crimea, con cui si portarono in Europa tappeti preziosi, profumi, monili, gioielli e le mille cose nelle quali l'arte orientale era infinitamente superiore a quella occidentale. Ma si portava soprattutto la conoscenza dì una civiltà che doveva far sentire i suoi influssi sulla nostra. Quando poi le crociate recarono in quelle terre lontane molti italiani, francesi, angli e germanici, furono proprio le nostre repubbliche marinare a fornire i mezzi necessari per il passaggio alla Terra Santa. Così correnti di ricchezze, correnti economiche ed artistiche ripercorrevano quel Mediterraneo che era sempre stato il crogiuolo dei popoli: così dopo i secoli bui una nuova luce tornava dal mare sull'Europa. E nei diversi scali la pratica commerciale proponeva problemi giuridici, facilitando non solo il risorgere del diritto romano, ma costruendo istituti di diritto commerciale ancora vigenti.4 - AZZONE, giureconsulto.Azzone de' Porci (morto verso il 1230), fu indubbiamente la più celebre figura tra quei glossatori che alla scuola giuridica di Bologna avevano fatto risorgere il diritto romano riuscendo ad adattarlo alle nuove esigenze. Questa opera di rinnovazione del diritto si era iniziata nel sec. XII con Irnerio e coi suoi quattro allievi Bulgaro, Martino, Ugo ed Iacobo; costoro si trovarono al fianco di Federico I a Roncaglia, quando l'imperatore, proprio in base al diritto romano, pretese avanzare le sue rivendicazioni contro i Comuni italiani. La figura di Azzone, il giurista che superando la pura e semplice glossa (annotazione marginale od interlineare al testo studiato) passò ad una vera e propria esposizione dei commenti, divenne quasi leggendaria come quella del perfetto insegnante; si disse perfino che mai si ammalasse durante le scuole, ma solo durante le vacanze. Anche a secoli di distanza dalla sua morte i giuristi continuarono a formarsi sulle sue opere, fra le quali le più famose furono la «Summa» al Codice ed alle Istituzioni di Giustiniano, l'imperatore che aveva curato la più grande collezione giuridica di tutti i tempi. La fama dì Azzone fu tale che si formò il proverbio «Chi non ha Azza, non vada a Palazzo». Insegnò a Bologna avendo fra i suoi allievi Accursio, colui che doveva concludere la grande opera dei glossatori con una raccolta di ben 90.000 glosse o commenti al Corpus Iuris di Giustiniano.L'episodio qui illustrato (ricordato da Odofredo, altro giurista più tardo) avvenne un giorno

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a Bologna, quando uno scolaro interruppe il maestro che stava facendo lezione, movendo obbiezioni; Azzone dovette dichiararsi battuto: ma riconoscendo l'intelligenza e la capacità del giovane lo volle poi suo ospite. Un degno maestro aveva trovato un degno scolaro.5 - GIOTTOGiotto di Bondone nacque verso il 1266, ma non sappiamo se a Firenze o a

Vespignano. Allievo di Cìmabue, comincia ad esplicare la sua opera negli affreschi della chiesa superiore ci Assisi. Tra questi e la successiva opera a Padova, passò quasi un decennio di cui sappiamo ben poco, ma che deve esser stato per il nostro artista non solo di lavoro, ma anche di meditazione e di perfezionamento; forse lavorò a Roma, ma non lo sappiamo con certezza. A Padova ci restano gli affreschi della cappella fondata da Enrico Scrovegni nel 1303 e consacrata nel 1305. Qui l'arte di Giotto si rinnova pur confermando la sua tradizione di profondità e di rilievo: specialmente negli accenti drammatici troviamo modulazioni più estese che ad Assisi, fino a raggiungere una vera e propria concitazione: forse lo stesso soggetto, la vita di Gesù, lo portava a questo. Dopo Padova, Giotto lavorò ad Avignone, a Napoli, Firenze, Bologna, dandosi contemporaneamente anche agli studi per la creazione di quella superba opera architettonica e scultorea che è il campanile della cattedrale di Firenze. In Firenze, terminati i lavori di Padova, egli dipinse anche una vita di san Francesco nella cappella Bardi di Santa Croce, e nella cappella Peruzzi della stessa chiesa dipinse le vite di san Giovanni Battista e di san Giovanni Evangelista. L'arte di Giotto se può in certo modo ricollegarsi alla tradizione bizantina o bizantineggiante da cui la pittura si mosse per la sua ripresa artistica, deve però, soprattutto per quanto riguarda il movimento dei piani, riportarsi a Cimabue. Giotto mirò non pili a giochi di linee o di colori, ma alla ricerca dell'espressione fisica e spirituale del soggetto, con intenzione di ascendere così dal particolare all'universale.6. GUIDO CAVALCANTI

Guido Cavalcanti è uno degli esponenti della scuola del dolce stil nuovo, della quale è visto come fondatore Guido Guinizelli. La poesia di questi nuovi poeti ei riporta sia a quella trobadorica provenzale, sia a quella della scuola siciliana che aveva avuto il suo appoggio dal grande Federico II: non ha intenzioni cavalleresche, ma piuttosto si porta sul piano della ricerca psicologica ed ideale, dandosi soprattutto all'esame della «natura d'amore». Protagonista di questa poesia è la donna-angelo, che Dante Alighieri idealizzerà in Beatrice, sia nella «Vita Nova», che nella «Divina Commedia», donna tuttavia che non viene a perdere la pienezza della sua vita. Proprio a Guido Cavalcanti fu dedicata da Dante la «. Vita Nova»: a quel Cavalcanti che sposò la figlia di Farinata degli Uberti per il quale l'Alighieri ebbe accenni così drammatici nel suo Inferno (X, 22 ss.). Guido fu esiliato nel 1300 da Firenze a Sarzana. ma potè presto rientrare nella sua città dove però la colse poco tempo dopo la morte.Il Boccaccio ne fa ricordo nella novella 9, della VI giornata: una brigata di allegri cavalieri aveva asserragliato, per gioco, Guido tra le arche mortuarie che stavano attorno a San Giovanni e li chiesero a lui perchè non volesse mai far parte della loro brigata; Guido, che evidentemente non amava quei chiassosi scherzi, dopo aver guardato fisso i cavalieri e facendo cenno alle arche, rispose: « Signori, voi mi potete dire a casa vostra ciò che vi piace»; la frase stava ad indicare che egli stimava, dal punto di vista del valore della cultura e dello spirito, quei giovani come dei morti, e che quindi egli, ben vivo, non poteva stare con loro. Era l'affermazione del valore ben più alto che hanno gli interessi ideali e spirituali di fronte a quelli mondani

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1606GESCHICHTE IYALIENS V.STORIA D’ITALIA Va.

HISTOIRE D’ITALIE Ve

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1 - STORIA D’ITALIA Va.

La battaglia della Meloria.2 - STORIA D’ITALIA Va.

La battaglia di Desio tra Visconti e Torriani.3 - STORIA D’ITALIA Va.

I vespri siciliani.4 - STORIA D’ITALIA Va.

La rinuncia di Celestino V papa.5 - STORIA D’ITALIA Va.

Ordinamenti di giustizia a Firenze (Giano della Bella).6. STORIA D’ITALIA Va.

La morte di Corso Donati. Rückseite - Retro - Verso 1 - La battaglia della Meloria.E’ facile comprendere i motivi della rivalità fra Genova e Pisa, se si pensa che entrambe le città percorrevano le stesse rotte per la conquista dei medesimi mercati. Da tempo, quindi, incidenti si succedevano ma una guerra vera e propria doveva scoppiare a causa della Corsica quando da parte di Genova si decise di dare una lezione al regolo (signore locale) di Cinarca, ribellatosi, e il corso si rivolse a Pisa chiedendone la protezione. I Genovesi occuparono l'isola di Pianosa di fronte a Pisa. I Pisani, dopo aver eletto a loro podestà Alberto Morosini. nipote del doge di Venezia, con una flotta dì 72 navi comparvero lungo la costa genovese dove nel 1284 saccheggiarono Rapallo. I Genovesi fecero allora rientrare dalla Sardegna le 30 galee che là avevano, le unirono alle 58 di nuovo allestimento e. avendole affidate al comando dì Oberto Doria, partirono decisi a troncare la potenza pisana. Lo scoglio della Meloria servì alla loro tattica: dietro a questo il Doria nascose le trenta galee, onde non mostrare agli avversari tutta la sua forza II 6 agosto 1284 si scatenò la battaglia: si combattè duramente e da una parte e dall'altra si compirono atti di valore. Ma il sopraggiungere delle trenta galee genovesi fu decisivo per la rotta dei Pisani. Si parlò di cinquemila morti; è certo che ques:a fu una delle battaglie navali più sanguinose del medioevo. Lo stesso Morosini, con moltissimi Pisani, cadde prigioniero. Per Pisa il colpo fu così forte che non potè mai più porsi in concorrenza con Genova: questa poteva lanciarsi liberamente sui mercati di oltre mare, dove però era destinata a scontrarsi con l'altra potente rivale: Venezia.2 - La battaglia di Desio tra Visconti e Torriani.Quando il papa nel 1263 nominò arcivescovo di Milano Ottone Visconti, Martino della Torre occupò i beni dell'arcivescovado, provocando lo sdegno del pontefice Urbano IV che lanciò l'interdetto sulla città. A Martino della Torre successe a capo della sua parte Filippo e a questi nel 1258 Napo Torrianì, uomo abile e capace politico. Nel 1273 egli riusciva ad ottenere dall'imperatore il titolo di vicario imperiale, legittimando il suo potere, ma ciò non bastò davvero ai nobili fuorusciti, ì quali tentarono la conquista del castello di Angera, restandovi sconfitti. Dopo questa esperienza si organizzarono meglio scegliendosi il capo proprio nell'arcivescovo Ottone, il quale per la fine dell'anno 1276 era padrone di tutto l'alto milanese fra Como e Lecco. Nel gennaio 1277 si diresse verso Milano: all'alba del 21 gennaio (e fu un inverno particolarmente rigido) Ottone diede ordine ai suoi di attaccare Desio, dove i Torriani sì erano accantonati. Costoro furono presi all'improvviso e la battaglia infuriò nei

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campi gelati e brumosi. Pei Torrianì fu un disastro: caddero Francesco e Andreotto, nipoti di Napo Torriani: questi fu fatto prigioniero e fece una triste fine. Consegnato ai comaschi, da costoro venne messo in una gabbia di ferro e di travi sul castello Baradello, dove moriva il 16 agosto 1278. Alla notizia della battaglia di Desio, i milanesi si prepararono ad uscire in armi col carroccio in soccorso dei Torriani: ma quando giunsero le prime notizie sull'andamento dello scontro, il popolo, come spesso avviene, cambiò parere e si preparò ad applaudire il vincitore. Per undici anni ancora sarebbe durata la lotta tra Torriani e Visconti, ma la battaglia di Desio aveva ormai decìso e i Visconti si avviavano verso la Signoria.3 - I vespri siciliani.Dopo la tragica fine di Corradino di Svevia, Carlo d'Angiò fu padrone assoluto non solo del regno di Napoli, ma anche della Sicilia. Il nuovo re conservò l'indirizzo centralizzatore che già era stato stabilito dal grande Federico II, ma ancor più dei suoi predecessori gravò senza riguardo con pesanti misure fiscali, e i Siciliani identificavano i molti signori stranieri introdotti nell'Isola, con l'aggravio fiscale e la diminuzione di prestigio di Palermo di fronte a Napoli. Il malcontento serpeggiava in ogni strada. Si tentò da parte dei Siciliani un accordo col re almeno per la materia fiscale, ma ogni proposta fu respinta. Il 29 marzo 1282, giorno di Pasqua, vi furono incidenti in Palermo a causa di agenti del fisco regio che misero in prigione alcuni cittadini in quanto debitori di tasse non pagate, afferrandoli tra la folla che usciva dalla Chiesa; due giorni dopo, il 31 marzo, fuori della chiesa dello Spirito Santo un soldato provenzale mise le mani addosso ad una giovane sposa: il marito strappò la spada al francese uccidendolo e chiamando a rivolta la popolazione. Il grido di «morte ai francesi» risuonò per tutta la città in uno spaventoso impeto di vendetta. Tutta l'Isola insorse e furono proclamati governi popolari per resistere alla spedizione punitiva di Carlo d'Angiò, il quale nell'agosto 1282 assediava Messina. Questa città scrisse allora pagine di eroismo: le donne combatterono sugli spalti a fianco degli uomini. Intanto i baroni dell'Isola si rivolsero a Pietro d'Aragona offrendogli la corona di Sicilia: costui accettò e il i 30 agosto sbarcava a Trapani, il 4 settembre entrava a Palermo accolto da grandi manifestazioni di gioia. Il 2 ottobre faceva il suo ingresso in Messina liberata, mentre Ruggero di Lauria batteva nello stretto la flotta Angioina.4 - La rinuncia di Celestino V papa.L'elezione del papa che doveva succedere a Nicolò IV (morto il 4 aprile 1292) non fu rapida, nè semplice. Vi erano allora dodici cardinali, di cui dieci italiani e due francesi: fra gli italiani, sei erano romani divisi nelle diverse fazioni. Con varie interruzioni e riprese, il conclave non aveva ancora concluso nulla nell'estate 1294. Nel giugno di quell'anno, il cardinale Latino Malabranca, vescovo di Ostia, comunicava la predizione di un eremita abruzzese, Piero da Morrone, secondo cui la collera di Dio stava per scaricarsi sul collegio cardinalizio: i cardinali portarono allora la propria attenzione su quell'eremita, il quale su proposta del cardinale Latino il 5 luglio 1294 era eletto papa, col nome di Celestino V. Il nuovo papa aveva fondato un monastero con una comunità affine al gruppo dei francescani spirituali e godeva fama di santità. Ma non erano i tempi adatti per uomini di questo genere: i cardinali suggerirono a Celestino V la sua abdicazione poiché, essi dicevano, governando come faceva metteva a pericolo la sua anima e quella dei fedeli. Il cardinale Benedetto Caetani, consultato dal papa, dimostrò la possibilità canonica di una abdicazione. Celestino depose la tiara il 13 dicembre 1294. Nel nuovo conclave, assai rapido, il cardinale Caetani veniva eletto papa. Prese il nome di Bonifacio VIII; fu uno dei papi più grandi e a lui si deve l'istituzione del primo giubileo (anno 1300) e la promulgazione di nuove raccolte di diritto canonico. Questo papa era destinato a terminare la sua vita lottando contro Filippo il Bello di Francia, in nome dell'affermazione della superiorità pontificia su qualunque potere laico (11 ottobre 1308).

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5 - Ordinamenti di giustizia a Firenze (Giano della Bella).Firenze era città continuamente inquieta, forse per le stesse energie che in essa si agitavano; si trattava di certo di crisi di sviluppo e non di decadenza. Dal 1282 il potere era stato tenuto dal popolo grasso col concorso dei magnati. La condotta di costoro verso d popolo minuto era caratterizzata da una vera prepotenza; nè la giustizia poteva funzionare, bloccata dalle clientele che si stringevano attorno a tali magnati. La reazione popolare non si fece attendere ed a capo di essa si pose Giano della Bella, uomo di età matura, di antica famiglia nobiliare divenuta popolana: era socio del banco dei Pazzi e iscritto all'arte di Calimala. La posizione da lui presa nel capitanare il popolo fu dunque dovuta a sete di giustizia e a sdegno morale verso il comportamento delle classi magnatizie. Giano si appoggiò sull'accordo intervenuto tra quattro delle cinque arti medie e riuscì ad ottenere che il 18 gennaio 1293 venissero approvati e promulgati quegli ordinamenti che furono detti «di giustizia». Le arti venivano fissate nel numero di ventuno, dodici maggiori e nove minori. Le arti minori potevano dare priori al comune, ma non concorrere alla loro elezione; d'altra parte i priori dovevano essere effettivamente artefici e non di famiglia magnatizia. Si stabilirono poi pene gravissime per le offese fatte dai magnati ai popolani; i magnati erano poi esclusi da tutte le più alte cariche dello stato. I magnati però non rinunciarono alla lotta e sobillarono il popolo contro Giano della Bella, accusando costui di lasciarsi corrompere. Sfruttarono le divisioni fra le varie arti finché ottennero un processo contro il loro nemico. Il 18 febbraio 1295 Giano era condannato ad una grossa multa, o in caso di mancato pagamento, al bando: non potendo pagare dovette prendere la via dell'esilio. Quando, alla fine del 1205. sperava forse di rientrare nella ì sua città, l'intervento di Bonifacio VIII papa fece ribadire ancora la sua condanna. 6. La morte di Corso Donati.Corso Donati fu certamente uno dei più arditi cavalieri fiorentini ed esponente della più ardita politica del comune di Firenze. Nel 1289 era a capo dell'esercito di Firenze che a Campaldino distrusse le forze aretine. Dopo la cacciata di Giano della Bella, divenne l'esponente di una delle fazioni formatesi in Firenze; l'altra riconosceva a propri capi i Cerchi; sono quei partiti che assunsero più tardi il nome di Bianchi e Neri. Ai Donati si appoggiavano l'aristocrazia e gli elementi guelfi più intransigenti. Per uno scontro sanguinoso avvenuto fra i due gruppi il 1° maggio 1300 il comune colpì con la pena del confino i capi delle due fazioni, richiamando però ben presto i Bianchi, i Neri si appoggiarono allora a papa Bonifacio VIII e Corso Donati, rompendo il confino, andò a Roma a patrocinare la propria causa. Nel 1301 il governo dei Bianchi cedeva e Corso coi suoi tornava a spadroneggiare in Firenze, appoggiato da Cario di Valois. mentre i Bianchi, ormai fuorusciti, riprendevano la lotta e intrecciavano rapporti con le città nemiche di Firenze. Ma in questa la fazione dei Neri, per poter governare, dovette appoggiarsi a quel popolo grasso che era certamente la parte economicamente più forte, e mantenere in vigore, sia pure molto attenuati, gli ordinamenti di giustizia di Giano della Bella. Corso Donati tendeva invece ad una politica di forza, del resto consona al suo carattere; e non è da escludere che egli aspirasse a primeggiare per giungere ad una vera e propria signoria: pare che nel 1307 egli prendesse accordi coi ghibellini per potere col loro aiuto impadronirsi del governo di Firenze. La notizia si seppe: contro di lui fu sollevato il popolo: Corso tentò di resistere nelle sue case. ma dovette fuggire dalla città. Raggiunto, fu ucciso nei pressi di Rovezzimo il 6 ottobre 1307.

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1607GESCHICHTE ITALIENS VI.STORIA D’ITALIA VIa

HISTOIRE D’ITALIE VIe

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. - STORIA D’ITALIA VIa

Il Consiglio dei Dieci a Venezia.2. - STORIA D’ITALIA VIa

I Perugini massacrano i ghibellini di Assisi.3. - STORIA D’ITALIA VIa

I Pisani assediano Lucca.4. - STORIA D’ITALIA VIa

La Riviera Ligure saccheggiata dalla flotta catalana.5 - STORIA D’ITALIA VIa

L'incoronazione di Enrico VII.6. - STORIA D’ITALIA VIa

La Sede papale ad Avignone.Rückseite - Retro - Verso 1. Il Consiglio dei Dieci a Venezia.Venezia, caso raro nella storia italiana, non ebbe a soffrire di quella divisione fra Guelfi e Ghibellini che tanto insanguinò le vie delle nostre città. Nella Serenissima, ogni tentativo di turbare l'ordine veniva immediatamente represso. Non mancava tuttavia il malcontento, provocato anche dalla guerra di Ferrara, che aveva portato molti danni ai Veneziani, poiché in parecchi luoghi si erano applicati gli ordini dì papa Clemente V con il sequestro di merci, navi e magazzini di cittadini di Venezia. Si formarono nella città due correnti, di cui l'una favorevole alla pace ed alla sottomissione al pontefice. Approfittò della situazione Baiamonte Tiepolo (forse aspirava alla signoria), organizzando una congiura in base alla quale il 15 giugno 1310 il Doge avrebbe dovuto essere ucciso e si sarebbe dovuto instaurare la nuova forma di governo. Ma il Doge era stato avvertito e i congiurati furono battuti nella loro azione di assalto al palazzo ducale. Grave però era stato il pericolo corso ed il governo veneto, ad evitare che si ripetessero simili incidenti, nominò una commissione straordinaria di dieci persone «per conservare la quiete e proteggere i sudditi dai tiranni». La nuova magistratura, detta Consiglio dei Dieci, fu istituita fino a tutto settembre 1310, poi prorogata di tre mesi in tre mesi, finché nel 1311 fu prorogata per cinque anni, nel 1316 per dieci e poi dichiarata permanente. Col passare del tempo, giunse ad occuparsi di qualunque materia che fosse in qualche modo in rapporto con la sicurezza dello stato; spesso si intromise anche negli altri uffici della Repubblica per controllarli. Sono però da rifiutare tutte le buie leggende che su questa magistratura si crearono, quasi per giustificare il gesto napoleonico di soppressione della vecchia Serenissima come stato indipendente.2 - I Perugini massacrano i ghibellini di Assisi.Il continuo dissenso fra Guelfi e Ghibellini seminava stragi in tutta Italia; anche le terre dell'Italia centrale non ne furono esenti. Nell'Umbria, terra di S. Francesco, era capo della fazione ghibellina (siamo verso il 1320) Federico da Montefeltro, il quale cercava dì attirare a sè il più gran numero di città. A costui aderì Assisi e non tanio forse per convinzione, quanto piuttosto per opposizione a Perugia, guelfa, rispetto alla quale essa si sentiva in continuo stato di inferiorità e di allarme. Così la parte guelfa in Assisi venne abbattuta e il potere fu preso da Muzio di Francesco che fu aiutato dalle truppe del Montefeltro; anche Spoleto, aspra rivale di Perugia, seguì l'esempio di Assisi. La situazione si faceva grave per i Guelfi e pure Firenze si allarmò; la città toscana non poteva ammettere che l'Umbria fosse in mano dei Ghibellini. La lega guelfa si estese e si rinforzò. Perugia marciò allora contro Assisi che cercò

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disperatamente di resistere; il 31 marzo 1322 la città doveva però arrendersi stabilendo coi vincitori dei patti in base ai quali dovevano ssere rìspettati i beni e le vite degli avversari. I Perugini appena entrati in Assisi infransero gli accordi (vi fu chi disse che furono attaccati da ultimi reparti di difensori, partigiani diremmo noi) e fecero strage dei Ghibellini; per le vie della città sconfìtta vi fu una vera caccia all'uomo. Spoleto dovette a sua volta arrendersi nell'aprile 1324. Federico di Montefeltro, contro il quale era stata indetta una crociata, fu travolto nel 1322 da una insurrezione causata dagli eccessivi gravami fiscali; ma le lotte non erano di certo terminate se ad Urbino i Montefeltro poterono poi ancora tornare. Ragioni economiche e interessi personali si intrecciavano alla lotta politica vera e propria.3 - I Pisani assediano Lucca.L'episodio dell'assedio di Lucca da parte dei Pisani nel 1341 è uno dei più significativi per mostrare come l'importanza delle vie di comunicazione pei traffici possa determinare situazioni politiche tali da sfociare in operazioni belliche. Firenze era ormai la principale città della Toscana e rolla sua egemonia mirava a controllare che tutto attorno a lei si svolgesse in modo da non subire alcun danno. Mentre proprio nel 1341 re Roberto d'Angiò affidava a Firenze la custodia di Prato, Parma (che con Lucca era sotto la signoria di Martino della Scala) si ribellava al suo signore. Gli Scaligeri, senza Parma, non potevano più tenere Lucca e Martino pensò di porre all'asta questa città. I Fiorentini vinsero contro i Pisani con la cifra di duecentocinquantamila fiorini; ma Lucca in mano ai Fiorentini era la fine per Pisa, la quale decise di occupare la città con l'aiuto dei Visconti, dei Gonzaga, dei Correggio, mentre contro costoro si schieravano i Fiorentini, gli Scaligeri, gli Este, i Senesi e i Perugini. I Lucchesi subivano i danni della situazione senza poter fare nulla: erano merce in vendita. Nel settembre, i Fiorentini entravano in Lucca, scacciati però il 2 ottobre dai Pisani. Firenze credette di risolvere la questione cedendo la signoria di Lucca a Roberto d'Angiò in cambio di aiuti nella guerra contro Pisa, ma gli aiuti non vennero e Firenze dovette lasciare Lucca ai Pisani che se ne impossessarono definitivamente nel 1342. Sulla politica di Firenze aveva giocato anche la grave situazione interna provocata dai dissesti dei banchieri, fra i quali primi a fallire furono gli Scali, i quali avevano finanziato la politica di re Roberto e che con il passaggio della Santa Sede ad Avignone (v. successiva figurina n. 6) avevano perso uno dei clienti più sicuri e redditizi.4. - La Riviera Ligure saccheggiata dalla flotta catalana.La lotta fra le fazioni aveva investito anche Genova, che nel 1317 aveva visto la vittoria della fazione guelfa. Contro la città scesero i Ghibellini lombardi con a capo Matteo Visconti, che la cinse di assedio fino al 1319, quando l'intervento di re Roberto d'Angìò riuscì a liberarla. Ma la lotta continuava. Lerici fu presa nel 1320, nel giugno dello stesso anno una flotta genovese corse la Riviera di ponente dove Savona ed Albenga erano passate ai Ghibellini: al fianco di Genova restava Noli che nel febbraio 1321 dovette arrendersi al marchese del Finale. Assedii e guerre continue indebolivano la città, che così era anche distolta dalla sua attività commerciale. Verso Oriente, la lotta con Venezia era sempre ardente e a ponente si profilava una nuova minaccia. I Catalani non vedevano con simpatia il commercio delle loro regioni in mano ai liguri: le Baleari erano base troppo preziosa perchè gli altri popoli se ne potessero servire. Forse parve ai Catalani che questo lungo perìodo di lotte intestine si presentasse favorevole ad una loro impresa diretta a stabilire una supremazia sulla Corsica, dove i Genovesi avevano grossi interessi commerciali. La flotta catalana nell'estate 1330 saccheggiò e mise a ferro e fuoco la Riviera Ligure da Monaco a Portovenere. con lo scopo preciso dì abbattere la rivale. Ma Genova sì riprese presto: stabilita una pace tra i Guelfi e gli esuli Ghibellini, nel 1332 furono le coste catalane e delle Baleari a sentire il peso del saccheggio, mentre la lotta veniva portata anche in Sardegna, finché nel 1336 si venne ad un accordo, in base al quale Genova riconosceva la supremazia dì Pietro IV d'Aragona sulla Sardegna, mentre questo re riconosceva la Corsica a Genova. La politica ormai si faceva sempre più mediterranea ed europea ed era necessario prepararsi a lotte provocate da

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interessi sempre più ampi ed intricati.5 - L'incoronazione di Enrico VII.Nel 1308 Alberto d'Austria veniva ucciso presso Baden; alla sua successione aspirava la casa di Francia, ma a causa dell'intervento papale l'eletto fu invece Enrico conte di Lussemburgo. Costui, un idealista convinto della sua missione dì restauratore dell'impero, è l'imperatore di Dante Alighieri, il veltro dal quale il poeta si attendeva per l'Italia una nuova età di pace che gli avrebbe permesso il ritorno a Firenze. Enrico mandò suoi legati in Italia per preparare il terreno alla sua venuta. Milano gli fu subito favorevole, malgrado l'opposizione di Guido

della Torre. Presso il neoeletto accorrevano intanto i profughi delle città italiane che da lui attendevano giustizia. Nell'ottobre 1310 Enrico varcava le Alpi ed il 24 ottobre era a Susa. Il 24 dicembre era a Milano, dove Torriani e Visconti dovettero, loro malgrado, riconciliarsi, mentre Amedeo V di Savoia veniva fatto vicario per la Lombardia. Per quattro mesi il sovrano restò a Milano, dove il 6 febbraio 1311 veniva incoronato. Ma presto cominciò in Italia una ribellione contro di lui; causa ne furono le troppo sovvenzioni richieste e gli intrighi di Firenze. Per quanto Enrico riuscisse a raggiungere Roma e ad assumervi la corona imperiale il 29 giugno, la situazione italiana si faceva sempre più torbida; le lotte intestine parevano anzi esasperate dalla presenza dì un sovrano che non aveva la forza nè la capacità di imporsi. Contro Enrico si presentò Roberto d'Angiò. che sotto l'insegna del partito Guelfo raccolse i malcontenti. L'imperatore decise di marciare contro questo suo nemico, ma in Toscana nei pressi di Montaperti fu assalito da violente febbri che lo condussero a morte il 24 agosto 1313 nei pressi di Buonconvento. Il suo corpo, trasportato a Pisa, fu sepolto in quel magnifico Camposanto. L'impero ancora una volta era stato incapace di regolare le cose d'Italia. La situazione di fatto ormai si imponeva in tutta la sua gravità.6 - La Sede papale ad Avignone.Sul trono di S. Pietro, a Bonifacio VIII era successo Nicola Boccasini col nome dì Benedetto XI. Fu un pontificato di pochi mesi, turbato dalle lotte in Roma fra i cardinali bonifacìani o «italiani» e gli altri sui quali si faceva sempre più sentire l'influenza della monarchia francese. Il 7 luglio 1304 Benedetto moriva in Perugia, non senza sospetto di avvelenamento. I due partiti si scontrarono nel conclave, che, interrotto dopo sei mesi, venne, sempre a Perugia, ripreso nel febbraio 1305. Una legazione francese presente tentò dì imporre la sua volontà con la forza, ma il comune di Perugia riusci a sventare le minacce. La scelta cadde alla fine su di un estraneo al Sacro Collegio, Bertrand de Got, arcivescovo di Bordeaux, di nascita francese, ma suddito del re d'Inghilterra, dato che il sovrano inglese dominava allora molte zone occidentali della Francia. Il nuovo papa, che assunse il nome di Clemente V, non accettò però il consiglio dei cardinali di recarsi a Roma per la consacrazione, ma ordinò che gli altri lo raggiungessero in Francia. A Lione il 14 novembre 1305 egli veniva consacrato con una solenne cerimonia, alla quale assistevano il re Filippo di Francia e Carlo di Valois. Per i primi tempi, Clemente V stette a Bordeaux e a Lione, finché nel 1308 si stabilì ad Avignone, città appartenente al conte di Provenza, forse per dare al mondo l'impressione di essere libero di fronte al re di Francia. Giustificò il rifiuto di tornare a Roma coi tumulti di questa città, dove Orsini e Colonna erano sempre ai ferri corti. Ormai la Santa Sede era completamente sotto l'influenza francese; si inizia così quel periodo che fu detto, con richiamo biblico, della «cattività di Babilonia». Solo alla fine del secolo, anche per l'opera di S. Caterina da Siena, il papa ritornerà definitivamente nella sua città.

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1608GESCHICHTE ITALIENS VII.STORIA D’ITALIA VIIa.

HISTOIRE D’ITALIE VIIe

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1) STORIA D’ITALIA VIIa.

Incoronazione della Regima Giovanna a Napoli.2) STORIA D’ITALIA VIIa.

Cola di Rienzo.3) STORIA D’ITALIA VIIa.

La missione dell’Albornoz.4) STORIA D’ITALIA VIIa.

Decapitazione di Marin Faliero.5) STORIA D’ITALIA VIIa.

Il ritorno del Papa a Roma.6) STORIA D’ITALIA VIIa.

Incontro fra Barnabò e Giangaleazzo.Rückseite - Retro - Verso 1 - Il regno della regina Giovanna a Napoli.Nel 1330 re Roberto proclamava principessa ereditaria, nel regno di Napoli, sua nipote Giovanna, nata nel 1326. Egli nel 1333 prometteva Giovanna in sposa ad Andrea d'Ungheria, secondogenito di re Caroberto: la fidanzata aveva sette anni e sei Andrea. Il matrimonio dev'essere avvenuto poco dopo la morte di Roberto (26 gennaio 1343). Ma il 28 agosto 1344 Giovanna veniva incoronata sola, essendosi opposta alla incoronazione del marito: tra i due coniugi si andava scavando un abisso e l'odio di Giovanna si palesò nella congiura che il 18 settembre 1345 uccise Andrea (strangolato e poi precipitato dalle mura del castello di Aversa). Mentre i complici della congiura venivano processati e condannati, Giovanna si univa in matrimonio a Luigi di Taranto (1347). Ma Luigi d'Ungheria invadeva il regno per vendicare il fratello. La regina fuggì in Provenza, dove ad Avignone, davanti al Collegio Cardinalizio, giustificò il suo operato venendo assolta. A Napoli Luigi d'Ungheria entrò da vincitore. Ma una rivolta permise a Giovanna di tornare nella sua città e nel 1352 si giunse ad un accordo. Nel 1362 moriva Luigi di Taranto e la regina passava a nuove nozze con Giacomo III di Maiorca, che però non visse quasi mai a Napoli. Morto costui nel 1375, Giovanna cercò in Ottone di Brunswick, un militare, non solo un nuovo marito, ma un difensore dei suoi possedimenti. A questo punto nei problemi di Napoli si ripercuote lo scisma d'Occidente, in quanto l'antipapa Clemente VII (Roberto di Ginevra) venne eletto nel 1378 a Pondi proprio alla presenza di Ottone di Brunswick e col parere di Giovanna, che così venne scomunicata. Contro di lei avanzò Carlo III di Durazzo, figlio di Luigi, conte di Gravina, d'accordo col papa e col re d'Ungheria. Il 16 luglio 1381 Giovanna era imprigionata; portata .poi nel castello di Muro della Lucania veniva ivi uccìsa. Era il 28 maggio 1382 e a Napoli saliva sul trono Carlo III di Durazzo, senza che il regno trovasse con questo la tranquillità.2 - Il tentativo di Cola di Rienzo a Roma.A Roma, abbandonata a se stessa, le violenze private rendevano malsicura la vita di tutti. Quando nel 1342 morì ad Avignone Benedetto XII, gli successe Clemente VI; si recò allora in Francia una prima legazione romana, legazione che venne ripetuta nel 1343 da un oscuro notaio, figlio di popolani, Cola di Rienzo, il quale, ad Avignone incontrò così Francesco Petrarca. Nel giugno 1344, Cola tornava a Roma, col titolo ufficiale di Notaio della Camera Pontifìcia. Cominciava in tal modo quel sogno non realizzato che doveva essere scopo di Cola e tentativo di attuazione pratica degli ideali umanistici. Il 18 maggio 1347 egli riunì i suoi amici per stabilire i particolari di una insurrezione che doveva abbattere la prepotenza dei

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nobili. Il giorno di Pentecoste dal Campidoglio parlò alla folla che si pigiava sulla scalinata e proclamò il nuovo regime destinato a portare pace e benessere a tutti. Assunto il titolo di tribuno e liberatore si oppose ai tentativi di riconquista dei nobili e si diede ad organizzare le truppe comunali. Annunciò che Roma riaffermava tutti i suoi diritti, e citava a comparire davanti a lui signori e principi. Forse Cola pensò allora di assumere la corona per fare dell'Italia un paese solo; ma la sua mente vedeva troppo grande e coloro che l'avevano ammirato ora l'abbandonavano. Ancora una volta nel novembre 1347 sconfìsse i Colonna, ma questa vittoria parve ancor più incupirlo: cominciò ad estorcere denaro e ad imporre

gabelle sempre più gravose ed arbitrarie. Il 14 dicembre, ad una minaccia degli avversari alla quale il suo popolo non reagì, dovette deporre ogni potere e lasciare la città amata. Nel 1352 fu trasferito ad Avignone, da dove nel 1353 tornava a Roma come amico del papa. Ma ormai era la fine; in lui era meno entusiasmo e troppi dubbi erano nei suoi seguaci: le mormorazioni aumentavano e l’8 ottobre 1354 fu travolto da un tumulto popolare ed ucciso ai piedi di quella scalinata del Campidoglio dall'alto della quale aveva un giorno riaffermata la grandezza dell'Urbe.3 - La missione del cardinale Egidio Albornoz.Cola di Rienzo venendo a Roma da Avignone doveva svolgere un'azione parallela a quella

del card. Egidio Albornoz (agosto 1352) mandato in Italia per rivendicare i beni ed i diritti dello Stato pontifìcio, dato che le terre del patrimonio di S. Pietro erano ormai alla rovina. L'impresa non era facile, nelle terre romane spadroneggiava Giovanni di Vico, e l'Albornoz non aveva nè armati nè denari. Ma nel 1354, avuti rinforzi, l'Albornoz occupava Narni, Rieti, Terni, Spoleto e potè puntare su Orvieto dove Giovanni di Vico si arrese ottenendo la nomina di vicario a Corneto. Era un'azione diplomatica e militare costante, che richiedeva sottigliezza, abilità e decisione. Il cardinale riuscì da signori e comuni ad ottenere un pubblico ufficiale giuramento di soggezione al potere dei papi, salvo dai Malatesta contro i quali dovette entrare in aperta guerra per domarli. Il risultato fu che anche i Montefeltro ed altri aderirono all'alleanza pontificia. Ma la politica dell'Albornoz doveva ad un certo momento scontrarsi con quella di Innocenzo VI, attratto verso la parte Viscontea dalle promesse di Barnabò. L'Albornoz si rifiutò ad un accordo coi Visconti e il papa mandò in Italia, come suo nuovo nunzio, Androvino abate di Cluny.I due prelati si incontrarono a Faenza (aprile 1357) e il colloquio sì concluse con le dimissioni dell'Albornoz. Prima di partire però l'Albornoz convocò a Fano il parlamento dei nobili, vescovi, comuni dello Stato Pontificio e fece approvare le nuove Costituzioni dette poi, dal suo nome, Egidiane. Erano queste le norme colle quali il patrimonio di S. Pietro avrebbe dovuto d'ora in avanti reggersi ed esse sì basavano sul principio che tutto doveva dipendere dall'attività pontificia. L'opera di organizzazione così compiuta da Egidio Albornoz, sia pure con modifiche ed aggiornamenti, potè durare fino all'anno 1816, monumento perenne alla capacità e all'intelligenza del grande legato pontificio.4 - Il tentativo di Marino Faliero, doge, di imporre la signoria a Venezia.Venezia pareva salva da tutti quei movimenti che in molte città italiane si erano conclusi con l'instaurazione di signorie. Eppure l'episodio di Marino Faliero può gettare luce su questo aspetto della vita politica veneziana. Andrea Dandolo era da poco morto quando, l' 11 settembre 1354, venne eletto doge Marin Faliero, in quel momento ambasciatore alla corte pontifìcia di Avignone per trattare della pace con Genova: discendeva da antica famiglia, aveva compiuto importanti missioni per la repubblica, e nelle corti italiane aveva avuto agio di seguire la politica dei nuovi signori. Appena a conoscenza della propria elezione tornò a Venezia dove fu trionfalmente accolto: ma il suo dogato fu subito segnato da cattivi avvenimenti, tra cui il più grave fu la sconfitta riportata dai Veneziani da parte dei Genovesi il 4 novembre 1354. Infine il Faliero si indusse a tramare contro il governo oligarchico sfruttando il malcontento assai diffuso nelle classi non nobili e quindi escluse dal governo, e

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forse l'esasperazione dei popolani che ben poco avevano da guadagnare dalla lunga guerra con Genova. L'accordo tra i congiurati fu raggiunto: l'insurrezione sarebbe dovuta scoppiare nella notte fra il 15 e il 16 aprile 1355. ma il giorno precedente uno dei congiurati pentito, svelò il piano. La repressione fu immediata e violenta. Marino Faliero venne processato e il 17 aprile 1355 era decapitato sul pianerottolo della scala del palazzo dogale dove egli aveva prestato giuramento salendo in carica. Più tardi, nel 1366, il suo ritratto veniva tolto nella nuova sala del Maggior Consiglio, ponendo in suo luogo l'ammonitrice scritta: «Hìc fuit locus Marini Falieri decapitati prò criminibus». Se il suo era stato un tentativo d'imporre la signoria a Venezia, era fallito, e la classe oligarchica ne usciva ancora più rafforzata.5 - Il ritorno del Papato a Roma e lo scisma d’occidente.Dopo la breve sosta in Italia di Urbano V (sosta che durò dal 1367 al 1370), la sede del Papato era dì nuovo tornata ad Avignone; esigenze politiche come quelle della lotta contro i Visconti, esigenze religiose invocate da santa Brigida e da santa Caterina da Siena, imponevano il ritorno. Il 13 settembre 1376 Gregorio XI lasciava Avignone, e il 14 gennaio sbarcava ad Ostia entrando poi in Roma seguito dai suoi dignitari, ma anche da duemila mercenari, ed accolto da una moltitudine festante di popolo. Ma Gregorio il 27 marzo 1378 improvvisamente moriva. Subito si fecero istanze perchè il nuovo papa fosse romano od almeno italiano: così infatti si espresse anche la folla riunita in piazza S. Pietro. Nel Sacro Collegio la maggioranza era francese; tuttavia, o perchè gli spiriti fossero incerti per le minacce popolari, o perchè fra i cardinali giocassero varie gelosie, la scelta del conclave cadde su Bartolomeo Prignano, napoletano ed-arcivescovo dì Bari, il quale dopo alcuni tumulti potè salire sul Soglio col nome di Urbano VI. Subito però si formò un forte gruppo di cardinali dissidenti, i quali il 20 settembre, a Pondi, scelsero un nuovo pontefice nella persona di Roberto di Ginevra che assunse il nome di Clemente VII. Ebbe così inizio il grande scisma d'occidente che per anni divise l'Europa in due fazioni. La Francia fu a lato di Clemente, e l'impero di Urbano; i motivi politici facevano sentire il loro peso nella questione religiosa. La posizione di Urbano si confuse con quella antifrancese e così egli divenne, in certo senso, l'esponente delle idee nazionali italiane. Lo scisma durò fino al concilio di Basilea, il quale a sua volta pose il mondo cristiano davanti al problema della prevalenza del concilio o del pontefice nel governo dei fedeli. La via alla riforma protestante trovava così le sue premesse.6 - L'apogeo della potenza dei Visconti a Milano.Alla morte di Galeazzo Visconti (4 agosto 1378) gli succedeva nella sua parte del dominio milanese il figlio Giangaleazzo, il quale doveva però dividere il potere con l'autoritario zio Barnabò. Ma Giangaleazzo, che pareva remissivo e timido, era, in realtà, ragionatore e politico. Egli per anni condusse il governo in modo da acquistarsi il favore dei .suoi sudditi, limitando le tasse, controllando il potere dei funzionari, mentre intesseva rapporti di carattere internazionale anche per mezzo di matrimoni e si faceva riconfermare dal sovrano il vicariato imperiale, legittimando così la sua posizione, cosa trascurata dallo zio Barnabò troppo egocentrico per inchinarsi, sia pure formalmente, all'imperatore. Lo scontro tra zio e nipote diveniva inevitabile; alla forza bruta Giangaleazzo oppose l'accorgimento: predispose poco fuori di Milano un incontro con Barnabò (6 maggio 1385) che terminò con l'arresto dello zio e dei suoi due figli: pochi mesi più tardi Barnabò moriva nel castello di Trezzo, e Giangaleazzo annunciava dì essere stato tradito, assalito e di essersi difeso. Ormai la politica di Giangaleazzo poteva volgersi a costituire uno stato unitario italiano sotto la guida dei Visconti: i Fiorentini compresero il pericolo e si peserò alla testa della lega antiviscontea. Nel 1395 Giangaleazzo era nominato duca dall'imperatore e lo stemma visconteo portava inquartata l'aquila imperiale; egli era ormai all'apogeo della sua potenza: sue erano Milano, Pavia, Bergamo, Brescia, Lodi, Como, Cremona, Novara, Vercelli, Alessandria, Valenza, Tortona, Piacenza, Parma, Reggio, Borgo S. Donnino, Pontremoli, Verona, Vicenza, Feltre, Belluno: alleate erano Pisa, Lucca, Siena, Perugia; nel 1400 anche Bologna lo acclamava a suo signore. Forse allora meditò la proclamazione del suo regno d'Italia, ma la peste che

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serpeggiava nel paese lo colpì a Marignano il 5 settembre 1402. Con lui crollava la sua costruzione e trionfava Firenze, l'ultima città che gli aveva tenuto testa.

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1609DAS TUSCANIENLA TOSCANA. LA TOSCANIE

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1) LA TOSCANA. Popolani di Fosdinovo.2) LA TOSCANA. Firenze e i suoi dintorni.3) LA TOSCANA. Sposi della Lucchesia.4) LA TOSCANA. Buttero maremmano.5) LA TOSCANA. Siena e l’altopiano toscano.6) LA TOSCANA. Tessitrici del Casentino.Rückseite - Retro - Verso 1. Fosdinovo, nella LunigianaCome poche altre regioni d'Italia, la Toscana - nella natura e nella gente, nelle arti e nella

parlata - ha vividi caratteri italici, col suo misto di vigore e gentilezza, coi lineamenti esatti dei suoi paesaggi, con la sua terra spesso povera d'acque eppur generosa di frutti. Antichissima è la scoria di questa regione. Vide ad esempio formarsi, risplendere e spegnersi l'intero ciclo del mondo etrusco; e fiorire un movimento come il Rinascimento, che fu determinante per la stessa storia moderna.La varia configurazione del territorio toscano dà luogo a un frazionamento tradizionale in

minori regioni, ciascuna con suoi particolari aspetti e col ricordo di una sua propria storia.Sul fiume Magra sta la Lunigiana. E' prevalentemente montana, senza però raggiungere

grandi altitudini, e collinosa. Un quarto circa ne è occupato da castagneti; bene vi si coltiva la vite e l'olivo. Il nome echeggia quello della colonia romana dì Luni; ma l'unità politico-territoriale che assunse, nel XII secolo, il nome di Lunigiana, sembra essersi iniziata solo col X secolo, e non corrispondere, nell'insieme, alla giurisdizione dell'antica Luni. A più riprese, nel Medioevo, la Lunigiana fu costituita a comitato, sotto la sovranità ecclesiastica. Ma il governo ne venne conteso ai vescovi da altri Signori, in una continua alternativa di guerre. Ne rimangono a testimonianza numerosi e muniti castelli, come quello dei Malaspina a Fosdinovo (riprodotto nella figurina), ove è tradizione sia stato ospite Dante.2. Firenze e i suoi dintorniTale copia di elementi storici, culturali ed umani, tanta ricchezza di eventi, si assomma nel nome di Firenze, che non era possibile neanche di evocarla sommariamente, nell'ambito di questa serie di figurine, e nei limiti di una figurina. Basterà qui ripetere le parole dell'Enciclopedia Treccani alla voce Firenze: « città capitale della Toscana, una delle più importanti città d'Italia, e per i ricordi storici, per i tesori artistici che racchiude, nonché per la vaghezza della sua posizione, una delle più celebrate città del mondo». Proprio a Firenze l'attività umana, intellettuale e artistica, seppe ottenere quella superiore semplicità ed eleganza, di cui si ha solo un altro esempio nella storia: quello delia civiltà di Atene.L'impronta di quella sua signorile misura, Firenze l'ha serbata nel tempo: basti osservare

che anche quando su un muro fiorisce un ornamento barocco, uno svolazzo gentilizio o un rilievo sacro, non si ha alcuna ridondanza. Alle case si conserva una altezza limitata, e nello sviluppo della città non si è rinunciato alla preferenza per le costruzioni medie e per le ville, intervallate da giardini, restando cosi fedeli al carattere rustico e civile a un tempo dello spirito fiorentino. La città perciò, dalle rive dell'Arno, si estende verso il piano (ivi comincia,

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infatti, la principale parte pianeggiante della Toscana); ma soprattutto verso le alture circostanti, fra le quali amenissima quella di Fiesole, nelle cui belle ville dimora una folta colonia di stranieri, spesso illustri.Nella nostra figura, è riprodotto il Palazzo Vecchio, con la sua nobile e inconfondibile

struttura gotica.3. La Lucchesia.Lucchesia è il nome che si dà in genere alla provincia di Lucca, ma è particolarmente quello della zona a nord-ovest della città. Lucca sorge non lontana dalla riva sinistra del Serchio, in mezzo a un piano ristretto ma fecondo. Evidentemente, sin dai tempi antichissimi, tanto la posizione indifesa della città quanto i suoi compiti militari, imposero di munirla bene di mura: si ricorda la cìnta quadrata dell'antico campo romano, e si scorgono ancora nell'ambito cittadino i resti di un'altra cinta; tuttora circonda la città un perimetro dì mura, ben conservato, la cui sommità è stata tutta alberata, costituendo una singolare passeggiata.Gli studi archeologici hanno indicato che in questa regione della Toscana non si riscontrano

rilevanti tracce degli Etruschi; qui era infatti il limite dell'Etruria. Vi ebbero invece stanza gli antichi Liguri, il che ha avuto probabilmente influenza nella composizione etnografica dei lucchesi. Lucca e la sua provincia sono, con la Lunigiana. le zone della Toscana che danno maggior contributo alla emigrazione verso altre regioni d'Italia ed anche all'estero; basti ricordare quella che era la tradizionale migrazione dei figurinai, noti per le loro statuine di gesso (e, per quel che è della Lunigiana, il notevole numero di pontremolesi che esercitano nelle varie città d'Italia un importante commercio «ambulante» di libri).Nella nostra figurina appare il Duomo di Lucca, dedicato a S. Martino. E' un monumento di

grande bellezza artistica, ma altre chiese e numerosissimi monumenti, di bellezza almeno pari, esistono a Lucca e ne fanno un centro turistico di grande interesse.4. La Maremma.Viene genericamente chiamata maremma una zona malsana, paludosa. E si chiama propriamente Maremma quel tratto di costa che dalla foce del Cecina va fino a quella del Chiarone (a sud del Monte Argentario) e continua verso Civitavecchia. Va detto che un tempo anche questa regione era prospera e popolosa. Ma il forte spopolamento conseguente a]la caduta dell'impero romano, la lasciò in balia della natura, che con l'impaludamento dei corsi d'acqua e la formazione di cordoni lagunari, la rese selvatica e malsana. Per secoli il risanamento di queste terre costituì un problema per i governanti, che peraltro non vi si dedicarono sempre con uguale energia. I risultati migliori si sono ottenuti nella parte settentrionale, detta maremma pisana, ormai quasi interamente bonificata e ridata alle culture. I caratteri della maremma sì riscontrano invece ancora nella parte grossetana., che è del resto la maggiore.Non si creda che la Maremma comprenda solo un'esigua fascia di costa pianeggiante: si

interna su una profondità anche di 40 chilometri, nella quale si trovano colline ed alture che non si sottraggono alla scarsa salubrità dell'ambiente. Quando l'opera di bonifica sarà attuata, questa regione, col suo clima mite, con le sue risorse minerarie, è destinata a una prospera attività agricola ed industriale. Vi è tradizionale, per intanto, la pastorizia; ed i guardiani delle mandrie sono i ben noti butteri, dal caratteristico abbigliamento: camicia di tela casalinga, a collo molle rovesciato e fazzoletto annodato per cravatta, panciotto di lana e calzoni di fustagno, gambe ricoperte da due pelli di capra, affibbiate sui calzoni.L'aspetto selvatico di questa regione, orlata verso il mare da dune (tomboli), con la sua vegetazione palustre, e la rude vita della sua gente, ha spesso ispirato. nell'Ottocento, artisti e letterati.5. Siena e l'altopiano toscano.Vien chiamato altopiano toscano il territorio tra Ombrone ed Elsa, al cui centro sta Siena. Questa città, già nel Medioevo assai potente e ricca, lungi dall'ìmporre la propria egemonia culturale alla regione, si avverò aperta alle influenze costruttive, come a quelle pittoriche e

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plastiche, che dal contado le vennero. Ciò si spiega, non foss'altro. con la gran rete di abbazie benedettine che le si stendeva intorno. Non è improbabile, ad esempio, che abbia avuto influenza sulla grande stagione della pittura senese la tradizione dei miniaturisti benedettini. Ed è ovvio che proprio il contado forni alla città artigiani geniali e manovalanze altamente addestrate.Siena conserva come poche altre città la sua fosca, ma splendida veste medioevale e

specialmente trecentesca. Sorta su tre colli, ciascuno col suo castello turrito, quando si cinse di mura ne conservò il ricordo con la divisione della città in terzieri, mentre le torri si moltiplicavano fino a costituire una piccola foresta. La torre del Palazzo Pubblico, riprodotta in questa figurina, fu detta «del Mangia», da una statua destinata a suonare le ore (ivi compresa l'ora... del desinare). Questo Palazzo della Repubblica costituì l'esempio tipico di architettura civile gotica. La piazza prospiciente, a forma di conca, è quella ove si corre il famoso Palio al quale le varie contrade intervengono con le loro variopinte bandiere.A nord-est di Siena si estende la breve regione del Chianti, zona collinosa che separa il

bacino della Greve (Arno) da quello dell'Ombrone, e che, non occorre dirlo, è ce lebre in tutto il mondo per i suoi vini.

Montalcino è città nota per un episodio del 1555, quando i fuorusciti senesi, dopo la capitolazione della loro città, fecero qui continuare la loro repubblica. A tale ricordo è legato il Castello, di cui diamo in questa figurina una veduta.6. Camaldoli, nel Casentino.Il territorio toscano, come comprende plaghe palustri, rilievi montuosi quale la Catena metallifera, piani coltivati, altipiani ricchi di vigne e ulivi, conche quali la Valdichiana, così si inerpica fino alle creste dell'Appennino tosco-emiliano. Sulle impervie pendici del Casentino - com'è chiamato il tronco superiore del bacino dell'Arno - sorge il convento di Camaldoli, nel cuore di una fìtta ed estesa foresta di conifere. L'ordine benedettino dei camaldolesi, che conobbe gran fama ed estensione, si distinse ad un certo punto in eremiti e cenobiti. Il convento, di cui la nostra figurina, dà una veduta, è dei cenobiti. Più in alto è invece il sacro eremo, ove i frati vivono serenamente in cellette isolate, affiancate da piccoli orti recinti. I camaldolesi indossano, per tradizione che risale forse alle origini stesse dell'Ordine, panni bianchi, ed è sempre suggestivo l'incontro improvviso di qualche frate bianco nelle ombre verdi e salubri della grande foresta.

E' tradizionale tra le donne di Camaldoli il mestiere della tessitrice. Il loro costume è consono alle condizioni del clima ed alla natura del terreno, ma non manca di vivacità; caratteristico il largo pettine d'osso nei capelli.In Toscana il semplice vestire rustico e paesano costituisce l'attuale trasformazione del

«costume» vero e proprio, e ne conserva spesso la gustosa vaghezza. Per non parlare degli ampi e graziosi cappelli delle donne senesi o in paglia di Firenze, si ricordi ad esempio il ricco abito delle spose della Lucchesia, con la gonna ampia in seta rigata, il grembiule di lino velato e ricamato, il bustino di broccato portato sopra la camicia, gli zoccoletti verdi di feltro ornato.Assai interessante è il folklore toscano, intessuto di superstizioni, di credenze, di motti e di usanze ancor oggi vive tra il popolo.

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1610STRAND- UND DÜNENVÖGELUCCELLI DELLA SPIAGGIA E DELLE DUNEOISEAUX DE LA PLAGE ET DES DUNES.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. STRAND- UND DÜNENVÖGEL.

Der Kormoran. - Der kleine Pinguin.2. STRAND- UND DÜNENVÖGEL.

Der Tölpel. - Die Seeschwalbe.3. STRAND- UND DÜNENVÖGEL.

Verschiedene Möwenarten.4. STRAND- UND DÜNENVÖGEL.

Der Austerndieb. - Die Regenpfeifer.5. STRAND- UND DÜNENVÖGEL.

Avozette und Brachvogel.6. STRAND- UND DÜNENVÖGEL.

Kiebitz und Rotschenkel.1. - OISEAUX DE LA PLAGE ET DES DUNES.Cormoran - Pingouin macroptère.2. - OISEAUX DE LA PLAGE ET DES DUNES.Fou de Bassan - Sterne vulgaire ou Sterne Pierre Garin. 3. - OISEAUX DE LA PLAGE ET DES DUNES.Goélands et Mouettes.4. - OISEAUX DE LA PLAGE ET DES DUNES.Huitrier et Gravelots.5. - OISEAUX DE LA PLAGE ET DES DUNES.Avocette et Courlis.6. - OISEAUX DE LA PLAGE ET DES DUNES.Vanneau et Chevalier Gambette.Rückseite - Retro - Verso 1. STRAND- UND DÜNENVÖGEL.Der Kormoran. - Der kleine Pinguin.Der Kormoran (Phalacrocorax carbo) nährt sich ausschliesslich von Fischen. Um seine Beute zu fangen, taucht er bis zu einer Tiefe von 20 m und kommt manchmal erst 50 m. weit entfernt wieder an die Oberfläche. Er erreicht eine Länge von 80 bis 90 cm und hat ein braunes, grün-bronzen glänzendes Gefieder. Die Chinesen zähmen den Kormoran und gebrauchen ihn beim Fischfang. Durch einen am Halse mittels einer langen Leine, die das Tauchen ermöglicht, befestigten Ring hindern sie ihn daran, seine Beute zu verschlingen.

Der kleine Pinguin (Alca torda L.) ist, wie der Kormoran, ein Schwimmvogel und ein ausgezeichneter Taucher. Er lebt von Fischen und Mollusken und gleicht dem Pinguin: vorne weiss und auf dem Rücken schwarz. Er hat jedoch nichts gemein mit dem echten Pinguin der südlichen Polarländer, der gänzlich flugunfähig ist. Schnabel und Schenkel sind schwarz, während die Flügel einen weissen Querstreifen aufweisen. Im Herbst und Winter ist er auch bei uns anzutreffen. Im Frühjahr kehrt er wegen der Brut in die felsigen Länder des Nord-atlantiks zurück: die Far-Ör Inseln, Island und Norwegen. Er ist kleiner als der Kormoran und misst nur ungefähr 40 cm.2. STRAND- UND DÜNENVÖGEL.Der Tölpel. - Die Seeschwalbe.

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Der Tölpel (Sula bassana) ist weiss, von der Grösse einer Gans und hat einen starken, spitzen Schnabel. Im Herbst und Winter sieht man ihn manchmal aut unserm Strande. Seine Heimat ist Schottland, wo er zu Tausenden auf den Küstenfelsen nistet. Er taucht, um sich scine Nahrung zu verschaffen, die hauptsächlich aus Heringen, Makrelen und Sardinen besteht. Sein Jugendgefieder ist dunkelbraun und weissgesprenkelt, obschon der Vogel beim Ausschlupfen keine Federn besitzt, Eine aussergewòhnliche Eigentumlichkeit ist das vollstàndige Fehlen der Nasenlöcher: der Tölpel muss durch den Schnabel atmen.Die Seeschwalbe (Sterna hirundo) kommt sehr häufig auf der Kuste vor. Sie ist mit den Möwen verwandt und ist sehr schön. Wegen der Bedürfnisse der Frauenmode ist sie viel gejagt worden, so dass ihre Zahl stark abgenommen hat. Dank ihrer spitzen Flügel und ihres stark gabelförmigen Schwanzes ist die Seeschwalbe ein ausgezeichneter Segler. Man erkennt sie sehr gut an ihrein roten Schnabel mit schwarzer Spitze, der hellen Brust und dem schwarzen Kopf. Sie nistet hinter den Dunen an sumpfigen Stellen. Die ruhig sitzenden Kücken sehen aus wie Steine oder kleine Erdschollen. Dieses Schutzmittel gegen Feinde nennt man Mimikry.3. STRAND- UND DÜNENVÖGEL.Verschiedene Möwenarten.

Die Seemöwe (Larus marinus) mit schwarzem Mantel ist die grösste Möwe unserer Küste. Sie erreicht bis 75 cm Länge. Ihr Kleid ist weiss mit einem blau-schwarzen, schieferfarbigen, auf dem Rücken weit ausgeschnittenen Mantel. Der untere Schnabelteil hat einen hellroten Fleck, die Augen sind silbergrau und die Füsse fleischfarben oder weisslich. Die Seemöwe hat einen plumperen, weniger eleganten Flug, als die kleineren Arten. Sie ist sehr häufig und

kann besonders während Stürmen beobachtet werden.Die Silbermöwe (Larus argentatus) ist ein wenig kleiner als die Seemöwe (65 cm). Ihr

Mantel ist heller. Sie ist ein Künstler des eleganten Flugs, besonders des Segelflugs. In den Feldern hinter den Dünen folgt sie dem Pflug und verschlingt Tausende von Insekten und Larven: so ist sie von grossem Nutzen für die Landwirtschaft. Sie nistet in grossen Kolonien.

Die Lachmöwe (Larus ridibundus) ist im Vergleich zu den beschriebenen Arten eher klein (40 cm). Schnabel und Füsse sind rot. Im Sommer ist der Kopf dunkelbraun-rötlich, im Winter weiss. Während der kalten Jahreszeit trifft man die Lachmöwen zu Tausenden im Innern des Landes an, besonders an den Wasserläufen. Sie nistet in Kolonien, von denen es einige in Belgien gibt.4. STRAND- UND DÜNENVÖGEL.Der Austerndieb. - Die Regenpfeifer.

Der Austerndieb (Haematopus ostralegus) kann 40 cm gross werden. Er ist schwarz mit weissem Bauch, Schnabel, Füsse und Augen sind rot. Viele Austerndiebe brüten ihre Eier auf den Strandwiesen aus. Ihr Nest besteht aus einer einfachen Vertiefung, in die das Weibchen drei grosse, kegelförmige Eier von heller, rostfarbener Farbe legt. Im Gegensatz zu seinem Namen lebt der Vogel nicht von Austern: er könnte nämlich ihre Schalen nicht öffnen! Er ernährt sich gewöhnlich von kleinen Mollusken, Würmern und Krabben. Während alle vorhergehenden Arten Schwimmvogel sind mit einer Schwimmhaut zwischen den Vorderzehen, sind der Austerndieb und die nachfolgenden Vögel Stelzenläufer mit langen Beinen und oft kleiner Schwimmhaut.

Der Halsbandregenpfeifer (Charadrius hiaticula) und der Regenpfeifer mit unterbrochenem Halsband (Charadrius alexandrinus) sind die Weltbürger unter den Vögeln: man trifft sie auf der ganzen Welt an, ausgenommen Südamerika und Australien. Im Winter wandern sie aus bis zum Kap der guten Hoffnung. Der Halsbandregenpfeifer hat gelbe Füsse und einen gelben Schnabel. dessen Spitze doch

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schwarz ist. Die andere Art hat graue Füsse und einen vollständig schwarzen Schnabel und schmückt ihr Nest mìt kleinen Muscheln. Die beiden Vogel sind ungefähr 20 cm gross.5. STRAND- UND DÜNENVÖGEL.Avozette und Brachvogel.

Die Avozette (Recurvirostra avocetta) ist wegen ihres langen, nach oben gekrummten Schnabels ein sehr eigentüùmlicher Vogel. Sie erreicht 45 cm. Ihre langen Schenkel sind das Merkmal des richtigen Stelzvogels. Sie ist weiss mit einer schwarzen Haube, die ihr bis in den Rücken reicht. Die Flügel haben mehr oder weniger horizontale, schwarze Streifen. Man sieht die Avozette manchmal im Meer stehen und ihren Schnabel ständig seitwärts ins Wasser stecken, um ihre Nahrung zu erhaschen. Sie schwimmt ausgezeichnet und taucht wie die Ente. Das Weibchen legt 4 gelbliche, violett und grau getüpfelte und gestreifte Eier.Der Brachvogel (Numenius arquatus) ist ebenfalls ein Stelzenvogel (60 cm). Sein Gefieder ist teilweise braun, der Kopf rostfarben und schwarz, die Steuer- und Schwanzfedern schwarz mit weissem Rand, die Brust gelb und der Bauch weiss. Der nach unten gebogene, weiche und biegsame Schnabel ist 15 bis 17 cm lang und nur seine Spitze besteht aus richtigem Horn. Die Haut. die ihn bedeckt, enthält Nerven und Nervenpapillen, Die Nasenlöcher reichen bis zum Schnabelende. Sie sind von Sehnen durchzogen, dank derer der Vogel nur das Schnabelende öffnen kann; es ist dies ein grosser Vorteil beim Suchen von Nahrung im Schlamm: Würmer, Schnecken, kleine Krabben, usw….Das Weibchen legt 4 olivenfarbenen Eier mit schwarzen und braunen Flecken.6. STRAND- UND DÜNENVÖGEL.Kiebitz und Rotschenkel.

Obschon der Kiebitz (Vanellus vanellus) ein Vogel der feuchten Wiesen ist, trifft man ihn

oft am Strande an, wo er manchmal den Winter verbringt. Er erreicht 55 cm ; sein Gefieder ist schwarz und weiss mit metallenem Glanz. Er hat einen schwarzen Schopf. Seine Schenkel sind fleischfarben. Sein Nest besteht aus einer kleinen Vertiefung, in die das Weibchen 4 gesprenkelte Eier legt. Diese Eier sind nicht nur von Feinschmeckern geschätzt, sondern dienen auch Hermelin, Wiesel, Iltis, Reiher, Krähe und Elster zur Nahrung. Der Kiebitz ist somit arg bedroht. Ausserdem ist er ein sehr nützlicher Vogel, da er eine grosse Anzahl Schnecken, Larven und Würmer vertilgt. Der Rotschenkel (Tringa totanus) hat eine Länge von 25 cm. Erkennbar an seinen zinnoberroten Schenkeln, begegnet man ihn oft am Strande, besonders im Spätherbst, wenn er die Sumpfwiesen verlässt. Eine grosse Anzahl wandert nach den warmen Ländern. Das Weibchen legt 4 Eier, die genau so gesucht sind, wie diejenigen des Kiebitz.Es gibt noch zahlreiche andere Strandvögel, von denen die meisten jedoch nur Zugvögel sind.1. - Cormoran - Pingouin macroptère.Le Cormoran (Phalacrocorax carbo), est un véritable pêcheur. Il se nourrit d'ailleurs exclusivement de poisson. Pour capturer sa proie il plonge jusqu'à 20 m de profondeur et revient à la surface, parfois à 50 m du point de départ. Il atteint une longueur de 80 à 90 cm. Son plumage est brun, à reflets bronzés verts. Les Chinois apprivoisent le cormoran et l'emploient à la pêche. Au moyen d'un anneau passé à son cou et attaché à une longue corde pour permettre le plongeon, ils empêchent l'oiseau d'avaler la proie capturée et la lui enlèvent.

Le Pingouin macroptère ou Petit Pingouin (Alca torda L.), palmipede comme le précédent, est un excellent plongeur. Il se nourrit de poisson et de mollusques. Il rappelle l'aspect du pingouin: dos noir et devant blanc, mais n'a rien de commun avec le vrai pingouin des terres arctiques australes, qui est totalement incapable de voler. Les pattes et le bec sont noirs. Les

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ailes présentent une raie transversale blanche. On le rencontre chez nous, surtout en automne et en hiver. Au printemps il retourne, pour la ponte, aux pays rocheux de l'Atlantique Nord: les îles Far-Oer, l'Islande et la Norvège. Cet oiseau est plus petit que le cormoran: environ 40 cm.2. - Fou de Bassan - Sterne vulgaire ou Sterne Pierre Garin. Le Fou de Bassan (Sula bassana) est un oiseau blanc de la taille d'une oie, avec un bec fort et pointu. On le voit parfois sur nos plages en automne et en hiver. Sa véritable patrie est l'Ecosse: il en niche par milliers sur les rochers de la côte. L'oiseau plonge pour attraper les harengs, les maquereaux et les sardines qui constituent sa principale nourriture. Le plumage juvénile est brun foncé pointillé de blanc, bien que l'oiseau soit dépourvu de plumes à sa sortie de l'oeuf. Une particularité extraordinaire est l'absence totale de narines: il est obligé de respirer par le bec.Sterne vulgaire ou Sterne Pierre Garin (Sterna hirundo). La sterne est très commune sur le littoral. Elle est apparentée aux mouettes. C'est un très bel oiseau. Pour complaire à la mode féminine, il a été pourchassé de telle façon que le nombre en a fortement diminué. Grâce à ses ailes pointues et sa queue allongée, très fourchue, la sterne est un voilier extraordinaire. L'oiseau est bien reconnaissable à son bec rouge avec pointe noire, à sa poitrine de couleur claire, et à sa tête noire. Il niche derrière les dunes, dans les endroits marécageux. Au repos, les poussins ont l'aspect de pierres ou de petites mottes de terre. Ce moyen de protection contre les ennemis s'appelle "mimétisme".3. - Goélands et Mouettes.

Le Goéland (Larus marinus) à manteau noir est la plus grande espèce de mouette fréquentant notre littoral. Elle a jusque 75 cm de longueur. Sa robe est blanche avec un manteau bleu-noir et ardoise à échancrure assez profonde sur le dos. Le bec a une tache rouge vif à la partie inférieure; les yeux sont gris-argent et les pattes couleur chair ou blanchâtres. Le goéland a le vol plus lourd, moins élégant que celui des espèces plus petites. Il est très commun et on le voit surtout lors des tempêtes.Le Goéland argenté (Larus argentatus) est un peu plus petit que le précédent (65 cm). Son manteau est plus clair. C'est un virtuose du vol élégant, surtout du vol plané. Il est très utile à l'agriculture: dans les champs, derrière les dunes, il suit la charrue et dévore des milliers d'insectes et de larves. Il niche en grandes colonies.

La Mouette rieuse (Larus ridibundus) est petite, comparée aux espèces décrites: elle a environ 40 cm de longueur. Bec et pattes sont rouges. En été la tête est d'un brun-roux foncé, mais elle devient blanche en hiver. Les mouettes rieuses se rencontrent par milliers à l'intérieur du pays pendant la saison froide, surtout aux abords des cours d'eau. Elles nichent en colonies dont il y en a quelques-unes en Belgique.4. - Huitrier et Gravelots.L'Huitrier (Haematopus ostrolegus) peut atteindre 40 cm. Il est noir, à ventre blanc; bec, pattes et yeux rouges. Beaucoup d'huitriers couvent leurs oeufs dans les prairies littorales. Le nid est une simple cavité où la femelle pond trois grands oeufs coniques de couleur rouille clair, avec dessins variés. Contrairement à l'idée évoquée par son nom, l'oiseau ne se nourrit pas d'huitres: il serait incapable d'en ouvrir les coquilles. Son ordinaire consiste en petits mollusques, vers et crabes. Alors que tous les types précédents sont des paimipèdes, avec palmure réunissant les doigts antérieurs, l'huitrier et les oiseaux suivants sont des échassiers à pattes allongées, et souvent à faible palmure.Le Gravelot à collier (Charadrius hiaticula) et le Gravelot à collier interrompu (Charadrius

alexandrinus) sont des oiseaux qu'on peut appeler cosmopolites: on les rencontre sur toute la terre sauf en Amérique du Sud et en Australie. En hiver ils émigrent jusqu'au Cap de Bonne-Espérance. L'espèce à collier a les pattes et le bec jaunes, mais le bout du bec est noir. L'autre espèce a les pattes grisâtres et le bec complètement noir. On a constaté que le gravelot à collier interrompu décore son nid de petits coquillages. Les deux oiseaux ont une longueur

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d'environ 20 cm.5. - Avocette et Courlis.L'Avocette (Recurvirostraavocetta) est un oiseau très caractéristique à cause de son long bec recourbé vers le haut. L'oiseau atteint une longueur de 45 cm. Ses longues pattes sont la caractéristique du véritable échassier. il est blanc avec un capuchon noir qui s'allonge jusque dans le cou. Les ailes portent des stries noires plus ou moins horizontales. On voit parfois l'avocette se déplaçant dans la mer et mouvant son bec en va-et-vient latéral pour saisir la nourriture à sa portée. Il est excellent nageur et plonge à la façon des canards, comme s'il se tenait sur la tête. La femelle pond quatre oeufs jaunâtres avec des points et des stries violettes et grises.

Le Courlis (Numenius arquatus) est un échassier comme l'avocette, mais il est plus

grand: 60 cm. Son plumage est en partie brun, la tête couleur rouille et noir, les rectrices et pennes de la queue sont noires avec des bords blancs, la poitrine est jaune et le ventre blanc. Le bec du Courlis a 15 à 17 cm de long; recourbé vers le bas, il est assez mou et pliable. Seule la pointe est vraiment cornée. La membrane recouvrant le bec contient des nerfs et des papilles nerveuses. Les narines se prolongent jusqu'à l'extrémité du bec. Il y passe des tendons qui permettent à l'oiseau d'ouvrir et de fermer uniquement le bout du bec; c'est là un enorme avantage pour la recherche de sa nourriture dans la vase: vers, limaces, petits crabes etc. . La femelle pond quatre oeufs olivâtres avec taches noires et brunes.6. - Vanneau et Chevalier Gambette.Bien que le Vanneau (Vanellus vanellus) soit un oiseau des prairies humides, on le voit très souvent au littoral où il passe parfois l'hiver. Il a 35 cm de long; son plumage est blanc et noir à reflets métalliques. La tête est surmontée d'une huppe noire. Les pattes sont couleur chair. Le nid est une cavité peu profonde dans le sol où la femelle pond quatre oeufs diversement mouchetés. Ces oeufs ne sont pas seulement recherchés par les gourmets, mais servent aussi de nourriture à l'hermine, à la belette, au putois, au héron, à la corneille et à la pie. Dès lors, on le conçoit, l'espèce est menacée. Le vanneau est cependant un oiseau très utile car il détruit un nombre considérable de limaces, de larves et de vers nuisibles.

Le Chevalier gambette (Tringa totanus) a une longueur de 25 cm. Reconnaissable à ses pattes rouge vermillon, on le rencontre très souvent au littoral, surtout à l'arrière-saison, moment où il quitte les prairies marécageuses. Un grand nombre émigre vers les pays chauds. La femelle pond quatre oeufs qui sont recherchés comme ceux du vanneau.En dehors des oiseaux dont nous avons dit quelques mots, il y en a un grand nombre d'autres parmi lesquels beaucoup sont seulement des oiseaux de passage.

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1611DAS LEBEN DES HEILIGEN AMBROSIUSVITA DI S. AMBROGIO. VIE DE ST. AMBROISE

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1 - VITA DI S. AMBROGIO. Il miracolo delle api.2 - VITA DI S. AMBROGIO. Ambrogio acclamato vescovo.3 - VITA DI S. AMBROGIO. Ambrogio consacrato vescovo.4 - VITA DI S. AMBROGIO. Lotta con gli Ariani.5 - VITA DI S. AMBROGIO. Conversione di Agostino.6 - VITA DI S. AMBROGIO. Ambrogio e Teodosio.Rückseite - Retro - Verso 1 - Il miracolo delle api.Ambrogio nacque nel 340 a Treveri in Gallia, dove il padre si trovava, con la famiglia, in qualità di prefetto del pretorio, nominato da Costantino il giovane. Di famiglia nobile, ricchissima, e soprattutto cristiana, aveva per antenati gloriosi martiri, quali Sotere, famosa vergine e martire. Poco si conosce della sua infanzia, ma Paolino, segretario di Ambrogio vescovo, nella breve vita che scrisse del santo, ci ha lasciato questo ricordo: «Un giorno, mentre il bambino riposava nella sua culla all'aperto, nel cortile del palazzo, uno sciame di api investì la sua faccia ed alcune di esse andarono a finire nella sua bocca aperta, senza però fargli del male. La nutrice, spaventata, accorse subito per scacciarle; ma il padre che passava di lì con la moglie e la figlia Marcellina (anch'essa santa) non volle che si disturbasse quel prodigio. Poco dopo le api si sollevarono in aria a tale altezza che si perdettero di vista ».Non fu battezzato subito, ma (come si usava allora dalle famiglie cristiane) fu iscritto fra i catecumeni. La sua educazione famigliare oltre che dai genitori gli fu impartita dalla sorella Marcellina. vergine consacratasi a Dio fin da bambina e quindi nel 353 ufficialmente a Roma, nella notte di Natale, presente Papa Liberio. Il padre era prematuramente morto prima di questa data.Ebbe l'istruzione religiosa della pubblica catechesi e la sua educazione civile fu affidata ai più celebri maestri del tempo, tra i quali il retore Vittorino.2 - Ambrogio acclamato vescovo.Finiti gli studi nel 365, fu chiamato a Sirmio nell'Illirico dal prefetto Vulcesio Rufino, amico

del padre, come aiutante negli affari politici. Nel 368 a Rufino successe Sesto Anicio Probo, che nominò Ambrogio e il fratello Satiro suoi consiglieri. Nel 373 nonostante la giovane età Ambrogio divenne consularis e gli fu affidato il governo della Lombardia e della Liguria. Probo, nel congedarlo, gli disse: «Ricordati di governare non come un giudice, ma come un vescovo».Ambrogio, giunto a Milano, trovò la città dilaniata dall'eresia ariana. Nel 374 morì il

vescovo eretico Aussenzio e i disordini in città aumentarono in vista dell'elezione del nuovo vescovo. Valentiniano per due volte, pur pregato dal clero milanese, rifiutò di nominare il vescovo. Ma Dio stesso intervenne. Così descrisse il fatto Paolino: «Il popolo si agitava tumultuosamente per la elezione del vescovo. Ambrogio, cui spettava mantenere l'ordine e la pace pubblica, accorse al tempio. Quivi, mentre arringava il popolo, si dice che una voce di bambino avesse gridato: Ambrogio Vescovo! A quel grido tutto il popolo acclama

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all'unanimità Ambrogio per proprio vescovo».Al grido della folla, però, ed alle suippliche dei sacerdoti, Ambrogio oppose un energico

rifiuto e fuggì. Di fronte al popolo che lo voleva vescovo ostentò una crudeltà che non poteva albergare nel suo cuore: fece torturare alcuni rei, ma inutilmente. Giunse perfino ad ammettere in casa sua donne di malaffare, per far cambiar parere ai milanesi, ma tutto fu vano.3 - Ambrogio consacrato vescovo.Mentre Ambrogio rimaneva sulla negativa e cercava di fuggire, tra il clero milanese e

l'imperatore Valentiniano avvenne uno scambio di lettere per appianare la strada. L'imperatore scrisse: «Mi glorio che il suffragio del popolo abbia giustificato la scelta da me fatta di Ambrogio, affidando le anime a colui che io avevo incaricato di curare gli interessi temporali. Lo conosco bene. Non c'è animo più retto del suo. E' una linea inflessibile e una legge invariabile». E per togliere ogni perplessità da parte di Ambrogio, gli scrisse: «L'eletto accetti senza timore, e che si confidi in Dio per sua tranquillità». Ambrogio si arrese: fu battezzato da Simpliciano, sacerdote cattolico e suo amico di gioventù, e otto giorni dopo, il 7 dicembre del 374. fu consacrato vescovo. Il papa S, Damaso e tutti i vescovi approvarono la nomina.Subito la vita di Ambrogio è presa dal vortice degli avvenimenti politici. Muore

Valentiniano I, lascia due figli. Graziano di 17 anni e Valentiniano II, bambino, sotto la tutela dell'Imperatrice Giustina. L'impero si divide, Graziano prende la Gallia e la Gran Bretagna, Valentiniano l'Italia, l'Iliiria e l'Africa. I barbari intanto minacciavano; Ambrogio scongiurò Graziano a difendere i confini della patria; Graziano partì alle frontiere della Misia. ma lo zio Valente non lo attese, ne seguì la sconfitta e l'invasione dell'Italia da parte dei goti. Ambrogio riscattò i prigionieri coi calici delle sue chiese.4 - Lotta con gli Ariani.Graziano sentiva di non bastare più a salvare l'impero e chiamò Teodosio in aiuto affidandogli il governo dell'oriente. Il 18 gennaio del 379 Teodosio vestì la porpora e in questo stesso anno morì il fratello di Ambrogio, Satiro. Nel 381 Ambrogio convocò il concilio di Aquileia contro gli Ariani. Nel 382 partecipò al concilio di Roma conitro gli appo]linaristi. Nel 383 Massimo si ribellò a Graziano che gli mosse guerra finché, tradito dai suoi generali, venne ucciso. Ambrogio affrontò Massimo per salvare Valentiniano II. Nel 385 si oppose a] collocamento della statua della Vittoria in senato e vinse, segnando con questo la morte legale del paganesimo.Giustina per vendicarsi impose al figlio di dare agli Ariani la basilica porziana. Ambrogio così rispose all'imperatore: «Non sarà mai». A quel rifiuto l'imiperatore minacciò il vescovo, ma il popolo si radunò minaccioso sotto il palazzo imperiale e non si calmò finche Ambrogio da una finestra non riferì la promessa dell'imperatore: «La basilica sarà rispettata». Ma Giustina tacciò di debolezza l'imperatore e questi, il giorno seguente ordinò la consegna della basilica maggiore.Ambrogio non rispose, ma cercò di lavorare per far valere i suoi diritti alla corte; passò un anno di guerriglia e l'imperatore decretò la morte a chi si fosse opposto ai suoi voleri. Allora Ambrogio (si era nella settimana santa) si recò nella basilica maggiore per le funzioni episcopali; gli ariani tentarono di rapire il vescovo, ma il popolo lo difese, la chiesa si gremì di fedeli, ì soldati vi posero l'assedio, ma il vescovo e il popolo resistettero per vari giorni, pregando e cantando. In questa occasione nacque il canto ambrosiano.5 - Conversione di Agostino.Agostino, questo giovane manicheo, corretto e peccatore, era venuto a Milano e ascoltava S. Ambrogio « non per imparare le cose che diceva, ma per udire in qual modo egli le dicesse». Fu accolto dal vescovo con bontà. ma senza eccessiva confidenza: pur tuttavia le sue parole e la sua santità ebbero influenza nella conversione di Agostino. Mentre si preparava al battesimo Ambrogio gli consigliò la lettura di Isaia e la mattina di Pasqua del 387 ebbe la

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consolazione di battezzare Agostino col figlio Adeodato e Alipio. La leggenda che in quell'occasione i due santi componessero extemporaneamente l'inno del Te Deum non ha fondamento storico.Nel 387 Ambrogio affrontò ancora Massimo in favore di Valentiniano II e di fronte al sanguinario usurpatore non ebbe paura di dire la verità quando vide che la sua missione di pace non poteva avere effetto. Massimo scese in Italia, entrò in Roma, sconfisse Valentiniano II che con Giustina si rifugiò da Teodosio, ma rispettò Milano e il suo vescovo. Nel 388 Teodosio attaccava Massimo, lo sconfiggeva, mentre i soldati di Massimo uccidevano il loro stesso imperatore, soffocando nel sangue una gloria che nel sangue era nata. Ambrogio consigliò a Valentiniano, tornato di nuovo sul trono, e a Teodosio, clemenza verso i vinti e clemenza fu usata.6 - Ambrogio e Teodosio.Dopo la vittoria di Aquileia nel 388 Teodosio entrò trionfante in Milano, si recò in chiesa per assistere alla S. Messe e si assise nel presbiterio fra i sacerdoti. Ambrogio lo obbligò a scendere tra i fedeli, pur riservandogli un posto di onore; un'altra volta predicò pubblicamente contro di lui che aveva ordinato a una comunità di cristiani dì costruire una sinagoga ebraica e dopo la predica chiese la grazia che l'ordinanza non avesse corso e l'ottenne.Teodosio trionfò pure a Roma, e a Tessalonica vi furono feste in suo onore. Il prefetto aveva fatto arrestare un giocoliere per la sua immoralità; il popolo ne reclamò la liberazione e al rifiuto si sollevò, uccise il prefetto e colpì a sassate i magistrati. Teodosio, pur avendo promesso clemenza ad Ambrogio fu feroce nella vendetta. Indisse delle feste al circo e quando l'arena fu gremita fu circondata dai soldati che vi irruppero è in tre ore di carneficina uccisero settemila uomini.Ambrogio scrisse a Teodosio rimproverando e ingiungendo penitenza e quando l'imperatore non tanto umile da abbassarsi a penitenza si presentò alla chiesa il vescovo lo fermò alla porta. L'imperatore ritornò piangendo sui suoi passi; pianse pure Ambrogio e tutto il popolo con lui.Nel Natale del 390 Teodosio fatta la penitenza impostagli fu assolto e riammesso nella comunità dei fedeli. Nel 392 Valentiniano II viene strangolato da Abrogaste che nomina imperatore Eugenio. Ambrogio va in esilio. Teodosio nel 394 sconfisse Eugenio, riunì l'impero e l'anno dopo morì. Per la chiesa Ambrogio lottò anche negli ultimi suoi anni finché caduto ammalato dopo pochi giorni morì, circondato dai suoi sacerdoti e numerosi vescovi il 4 aprile del 397 a 57 anni.

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1612AUSTRALISCHE SÄUGETIERE.MAMMIFERI AUSTRALIANI.MAMMIFÉRES D’AUSTRALIE.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. - AUSTRALISCHE SÄUGETIERE.Dingo - Beutelmarder.2. - AUSTRALISCHE SÄUGETIERE.Stacheligel - Beutelteufel.3. - AUSTRALISCHE SÄUGETIERE.Wombat - Beutelwolf.4. - AUSTRALISCHE SÄUGETIERE.Seebär - Elefantenrobbe.5. - AUSTRALISCHE SÄUGETIERE.Hufeisennase - Nyctophilus.6. - AUSTRALISCHE SÄUGETIERE.Kanguruhratte - Wallaby.1 - MAMMIFÉRES D’AUSTRALIE.Dingo - Macroure.2 - MAMMIFÉRES D’AUSTRALIE.Echidne - Diable Ourson.3. - MAMMIFÉRES D’AUSTRALIE.Wombat – Thylacine.4. - MAMMIFÉRES D’AUSTRALIE.Otarie - Eléphant de mer.5. - MAMMIFÉRES D’AUSTRALIE.Grand fer à cheval – Nyctophyle. 6. - MAMMIFÉRES D’AUSTRALIE.Rat-kangourou – Wallaby.Rückseite - Retro - Verso 1. - AUSTRALISCHE SÄUGETIERE.Dingo - Beutelmarder.Dingo. - Canis dingo (Blum). Unter den Hunden mit langer Schnauze und nicht zurückziehbaren Krallen ist der Dingo oder Warragal der einzige australisehe Vertreter. Sein Auftreten reicht gewiss bis in die Eiszeit zurück (Teil des Pleistozän genannten vorgeschichtlichen Zeitabschnittes zu Beginn der Quartärzeit). So gehören denn auch die Versteinerungen des Dingo zu den aus vorbenannter Zeit stammenden Beuteltierknochen, Der Dingo war wahrscheinlich gezähmt worden, bevor er wieder verwilderte. Heute bewohnt er Steppen und Wälder. Dort jagt er allein oder in Gruppen das kleine Kanguruh oder alle andern gleichgrossen Säugetiere. Der Dingo bellt nicht, er stösst wiederholte kleine Schreie oder grausiges Geheul aus.

Gefleckter Beutelmarder. Dasiurus maculatus (Kerr). - Wir haben als Beispiel der Beuteltiere den gefleckten Beutelmarder gewählt. Er ist begierig auf Geflügel, nährt sich aber auch von Ratten, lnsekten und Vögeln. Der Beutelmarder kann die Grosse einer Katze erreichen, aber seine lange Schnauze, seine Sitten als Baumbewohner, sein weiches Fell erinnern an die Wiesel unserer Gegenden. Das durch eine gut entwickelte Beuteltasche gekennzeichnete Weibchen des Beutelmarders wird gemeinhin «Beutelwiesel» oder «Beutelmarder» genannt. Es bringt vier bis sechs lebende, aber frühgeborene Junge zur Welt, die in der Beuteltasche ernährt werden.2. - AUSTRALISCHE SÄUGETIERE.

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Stacheligel - Beutelteufel.Stacheligel. - Echidna aculeata (Shaw). lm August legt das Weibchen Eier, die es in der an seinern Unterleib befindlichen Tasche unterbringt. Nachdem die Jungen von selbst die Schale durchbrochen haben, nähren sie sich während ìhres kurzen Aufenthaltes in der Muttertasche von einer milchartigen Flüssigkeit, die aus am Unterleib der Muttier sich befindlichen Offnungen ausgesehieden wird. Später besteht ihre Nahrung aus Ameisen, Termiten und Insekten, die sie mit ihrer klebrigen Zunge fangen. Ein hornartiger, zylindrischer, fast gerader Schnabel verlängert die Schnauze des Stacheligels, der dank seìner kräftigen Glieder und seiner mit starken Krallen versehenen Fusse sehr schnell fast senkrechte Löcher gräbt. Dort versteckt er sich oder gräbt sich ein, um in einen todesähnlichen Schlaf zu fallen, sobald die Temperatur unter 5 °C fallt oder über 36 °C steigt. Er ist ein Nachttier. Er lebt in den Bergen Australiens, Tasmaniens und Neuguineas.Beutelteufel. - Sarcophilus harrasi (Boitard). - Der Beutelteufel gleicht einem kleinen

Bären mit kräftigen Kauwerkzeugen. Man trifft ihn häufig an in Tasmanien, einer südöstlich Australiens gelegenen lnsel. Dieses Säugetier, ein wilder Fleischfresser, würgt Schale und plündert Hühnerställe. Ratten, Vögel, Eidechsen und kleine Kanguruhs vervollständigen sein Menu. Der listige, gewandte, eigensinnige und sehr gefürchtete Beutelteufel lässt sich in jungem Alter leicht zähmen.3. - AUSTRALISCHE SÄUGETIERE.Wombat - Beutelwolf.Wombat. - Phascolarctus cinereus (Shaw). - Die Wombats besitzen dasselbe Gebiss wie die Känguruhs. Diese Wühltiere, die hauptsächlich unter der Erdoberfläche leben, ernähren sich von Pflanzen und Wurzeln. Der grosse und muskelstarke Wombat misst ungefähr 90 cm. Er besitzt starke, mit dicken Krallen versehene Füsse. Die Vorderfüsse zählen fünf, die Hinterfüsse vier Krallen. Das Tier bat einen kleinen Schwanz. Die Wombats trifft man gewöhnlich in kleinen Kolonien von ungefähr 20 Stück an. Sie graben lange Gänge oder einfache Löcher, je nach der Bodenbeschaffenheit. In felsigen Gegenden hausen sie in natürlichen Höhlen. Diese Säugetiere liefern ein geschätztes Fleisch und eine Haut aus der sehr gutes Leder hergestellt wird.Beutelwolf. - Thylacinus cynocephalus (Haris). - Von den fleischfressenden Beuteltieren ist der Beutelwolf gewiss das charakteristischste. Er gleicht dem Wolf und dem Hund. Der Beutelwolf, ein wilder Mörder, Verheerer der Herden, Töter des Wailaby (Familie der die Känguruhs umfassenden Beuteltiere), wurde ohne Unterlass ausgerottet. Früher fand man ihn sehr häufig in Tasmanien. Tagsüber lebt er versteckt, nächts sucht er seine Beute, wobei er ein aus der Kehle kommendes Gebell ausstosst. Durch Versteinerungen konnte man das Vorkommen des Beutelwolfe in Australien seit Beginn der Quartärzeit nachweisen. Das Weibchen wirft vier Junge.4. - AUSTRALISCHE SÄUGETIERE.Seebär - Elefantenrobbe.

Seebär. - Arctocephalus ursinus (Linné). - Der Seebär hat ein weiches, wolliges und langhaariges Fell. Seines Pelzes wegen ist er besonders gesucht. Sein gegerbtes und bearbeitetes Fell wird oft als «Meerfischotter» verkauft, obschon es mit dem prächtigen Fell des Fischotters nichts gemeinsam hat. Der Seebär nährt sich von Fischen. Er besitzt die Fähigkeit sich schnell im Wasser fortzubewegen, dank seiner flossenartig gestalteten Hinterfüsse. Zu Lande bewegt er sich auch verhältnismassig gut. Dort findet die Fortpflanzung statt. Diesen Flossenfüssler trifft man an den Küsten des Atlantischen und des Stillen Ozeans an.Die Elefantenrobbe - Macrorhinus leoninus (Linné). - ist der Riese dieser Familie und erreicht eine Länge von vier bis fünf Metern. Ihr Fell ist kurzhaarig, sie besitzt keine Flaumhaare, ihre Ohren haben fast keine Muscheln und ihre Zehen endigen in Krallen. Die

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Elefantenrobbe nährt sich auch von Fischen. Nach einer Tragzeit von 335 Tagen wirft das Weibchen ein oder zwei Junge. Die Elefantenrobbe trifft man an den Küsten des Atlantischen und Stillen Ozeans an. Sie wurde auch im Indischen Ozean und im südlichen Eismeer beobachtet. Einmal sogar wurde sie an den Küsten der Insel Juan Fernandez gesehen (im Stillen Ozean, westlich von Chile, bekannt durch die Abenteuer des Matrosen Selkirk, der Defoes «Robinson Crusoe» als Vorbild diente).5. - AUSTRALISCHE SÄUGETIERE.Hufeisennase - Nyctophilus.

Die Hufeisennase - Rhinolophus ferrum equinum (Schreber). - die man häufig in Europa, Nordjapan, Neuguinea und Australien antrifft, hat sehr stark entwickelte mittlere Fingerglieder der Vordergliedmassen. Hierdurch sind die Flatterhäute gut gestützt, wodurch der Flug crleichtert wird. Das Vorhandensein einer Nase mit nach aussen gedrehten, mit Geruchs- und Tastorganen versehenen Schleimbäuten erhöht das Empfindungsvermögen dieses Organs und ermöglicht das nächtliche Jagen.

Die Hufeisennase nährt sich von Insekten. Sehr feine Härchen bedecken den Körper dieser Fledermaus, der gekennzeichnet ist durch hervorstehende Schuppen seiner dünnen Haut, die dornige Verlängerungen bilden. Das Entstehen dieser Auswüchse schreibt man dem Fortbewegen in der Luft zu, genau so wie das Wasser das Fell der Meersaugetiere glättet.Der Nyctophilus - Nyctophilus timoriensis (Geoffroy) - lebt in Timor in Australien

und hat denselben Körperbau wie die oben beschriebene Fledermaus; nur die Ohrmuschel bildet ohne Zweifel den hauptsächlichsten Unterschied. Der Familie der Rhinolophidäen (Tiere mit über der Stirne nicht zusammengewachsenen Ohren) zugehörend, besitzt er nicht, wie erstere, ein Tragus genanntes Zäpfchen im äusseren Ohr.6. - AUSTRALISCHE SÄUGETIERE.Kanguruhratte - Wallaby.

Die bekannteste Beuteltierfamilie ist diejenige der Känguruhs. Sie sind gekennzeichnet durch den ausserordentlichen Längenunterschied der Vorder- und Hinterbeine und durch den langen, nach der Spitze sich verjungenden Schwanz, der als dritte Stutze dient, wenn das Känguruh auf den Hinterfüssen steht. Diese endigen in vier Zehen, deren letzte, die stark entwickelt ist, eine Kralle trägt, die dem Tier bei seiner Verteidigung gegen Dingo und Fuchs zugute kommt.

Die durch diese Fleischfresser stark ausgerottete Känguruhratte befindet sich ohne Zweifel im Aussterben. Sie wird kaum grösser als das Kaninchen und lebt in ganz Australien mit Ausnahme des Nordostens und der Sumpfgegenden. Ihre Nahrung besteht aus Pflanzen.Der furchtsamere Wallaby - Setonyx brachyurus (Quoy) - hält sich bei Tage in natürlichen Höhlen auf und wagt sich vor Ausbruch der Nacht kaum auf die Weideplätze. Er Iiebt das Familienleben und spielt zum Zeitvertreib ein dem Boxen ähnliches Spiel (in Runden zu 3 Minuten), Das Weibchen trägt einmal im Jahr. Das Junge kommt vorzeitig zur Welt: es ist kaum sechs Zentimeter gross. Die Mutter legt es in ihre Beuteltasche, wo es sich an die Zitze anklammert und dort vier Monate lang verbleibt. Der Wallaby und das Känguruh werden häufìg das Opfer einer Fliege, durch deren Stich in die Augen sie erblinden können.1 - Dingo - Macroure.Dingo - Canis dingo (Blum) - Parmi les canidés au museau allongé et aux griffes non rétractiles, le Dingo ou Warrigal est le seul représentant australien. Son apparition date certainement de la période glacière (partie de la période préhistorique appelée pleistocène, ou début de l'ère dite quaternaire). En effet, les fossiles du Dingo scnt associés aux os de

Marsupiaux datant de l'epoque précitée. Le Dingo fut vraisemblablement domestiqué avant de redevenir sauvage. Actuellement il habite la plaine et la forêt. Il y chasse, isolément ou en

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groupe, le petit kangourou ou tout autre mammifère de même taille. Le Dingo n'aboie pas, il pousse de petits cris répétés ou de lugubres hurlements.

Macroure - Dasyurus maculatus (Kerr) - Nous avons choisi comme exemple de Marsupiaux, le Mocroure au pelage tacheté. Friand de volaille, il se nourrit aussi de rats, d'insectes et d’oiseaux. La taille du Macroure atteint celle du chat, mais son museau allongé, ses moeurs arboricoles (qui habite les arbres), son pelage doux rappellent les belettes de nos contrées. La femelle du Macroure, caractérisée par une poche marsupiale bien développée, se nomme vulgairement "belette à bourse" ou "martre à bourse". Elle est vivipare, mais les jeunes naissent par quatre ou six à un stade precoce et sont nourris dans la poche marsupiale.2. - Echidne - Diable Ourson.Echidne - Echidna aculeati (Shaw) - En août la femelle pond des oeufs qu'elle place dans la poche dont son abdomen est pourvu. Les jeunes rompant eux-mêmes la coquille, se nourrissent durant leur court séjour dans la poche maternelle d'une sécrétion lactée provenant d'orifices placés dans la région abdominale de la mère. Par après, leur nourriture se compose de fourmis, termites et insectes capturés gràce à une langue visqueuse. Un bec corné, cylindrique, presque droit prolonge le museau de l'Echidne. Pourvu de membres puissants, les pattes garnies de fortes griffes, l'Echidne creuse très rapidement des trous presque verticaux. Il s'y cache ou s'y terre pour tomber en léthargie dès que la température est inférieure à 5° C ou supérieure à 35° C. C'est un animal nocturne vivant dans les montagnes de l'Australie, de la Tasmanie et de la Nouvelle-Guinée.

Diable ourson. Sarcophilus horrasi (Boitard) - Le Diable ourson présente l'aspect d'un petit ours aux puissantes mâchoires. On le rencontre fréquemment en Tasmanie (île située au S. E. de l'Australie). Carnassier sauvage, ce mammifere égorge les brebis et vide les poulaillers. Rats, oiseaux, lézards et petits kangourous complètent son menu. Rusé, adroit, indocile et redoutable, le Diable ourson s'apprivoise facilement quand il est jeune.3. - Wombat – Thylacine.Wombat - Phascolarctus cinereus (Shaw) - Les Wombats présentent les mêmes

caractères dentaires que les kangourous. Vivant principalement sous la surface du sol, ces fouisseurs se nourrissent de plantes et de racines. Grand et musclé, le Wombat mesure environ 90 cm. Il possède de fortes pattes munies de gros ongles. Les membres antérieurs en comptent cinq, les pattes postérieures quatre. L'animal porte une petite queue. Les Wombats se rencontrent généralement par petites colonies d'une vingtaine d'individus. Ils creusent de longues galeries ou de simples trous suivant la nature du terrain. Dans les régions rocheuses, ils se logent dans les cavités naturelles. Ces mammifères fournissent une chair appréciée et une peau avec laquelle on confectionne un très bon cuir.

Thylacine - Thylacinus cynocephalus (Harris) - Parmi les Marsupiaux carnivores le Thylacine est certes le plus typique. Il ressemble au loup et au chien. Meurtrier sauvage, ravageur de troupeaux, tueur de Wallabies (famille de marsupiaux englobant les kangourous), le Thylacine fut exterminé sans répit. Autrefois il abondait en Tasmanie. Le jour il vit caché, la nuit il cherche sa proie en émettant des

aboiements gutturaux. L'étude des fossiles permit de déceler la présence du Thylacine en Australie dès l'ère quaternaire. La femelle a des portées de quatre petits.4. - Otarie - Eléphant de mer.Otarie - Arctocephalus ursinus (Linné) - L'otarie ourson a le pelage doux, laineux et long: Elle est particulièrement recherchée pour sa fourrure. Sa peau tannée et apprêtée se vend souvent sous le nom de "loutre de mer", quoique n'ayant rien de commun avec le splendide pelage des loutres. L'otarie se nourrit de poisson. Elle possède d'ailleurs la faculté de se déplacer rapidement dans l'eau, grâce aux pattes postérieures transformées en rames natatoires. Sur

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terre elle se meut aussi rélativemert bien. C est là que s'effectue la reproduction. Ce pinnipède se rencontre sur les rives des Océans Atlantique et Pacifique.

L'Eléphant de mer - Macrorhinus leoninus (Linné) - est le géant du groupe et atteint quatre à cinq m de longueur. Son pelage est ras, dépourvu de duvet, ses oreilles n'ont guère de pavillon et ses doigts se terminent par des ongles. L'éléphant de mer se nourrit aussi de poisson. La femelle met bas un ou deux petits après une gestation de trois cent trente-cinq jours. L'éléphant de mer fréquente les rives des Océans Atlantique et Pacifique. Il a été observé dans les Océans Indien et Antarctique. Une fois même on l'a vu aux abords de l'île Juan-Fernandez (dans le Pacifique, à l'O. du Chili, connu pour les aventures du matelot Selkirk, qui a servi de type au "Robinson Crusoé" de Defoe).5. - Grand fer à cheval – Nyctophyle.Le Grand fer à cheval - Rhinolphus terrum equinum (Schreber) - qui se rencontre fréquemment en Europe, dans le nord du Japon, en Nouvelle-Guinée et en Australie a les phalanges (petits os qui composent les doigts et les orteils) des membres antérieurs très développées. De ce fait les membranes alaires (qui appartiennent aux ailes) sont bien soutenues et le vol s'en trouve facilité. La présence d'un nez éverti, c. à d. muni d'une muqueuse olfactive et tactile dont les replis sont externes, accroit la sensibilité de l'organe et permet la chasse nocturne.Le Grand fer à cheval se nourrit d insectes Cette chauve-souris a le corps recouvert

de poils tres fins, caractérisé par des écailles saillantes de la cuticule (peau mince) qui forment des prclongements épineux. On attribue la formation de ces

excroissances à la locomotion aérienne, tout comme l'eau aplatit les poils des mammifères marins.Le Nyctophyle - Nyctophilus timoriensis (Geoffroy) - vit à Timor, en Australie, et

présente la même structure de corps que la chauve-souris précitée; seul le pavillon de l'oreille constitue sans aucun doute la principale différence. Appartenant à la famille des Rhinolphidés, animaux cux oreilles non-soudées au-dessus du front, il ne possède pas comme le premier une languette, nommée tragus, dans l'oreille externe.6. - Rat-kangourou - WallabyLa famille la plus connue des Marsupiaux est celle des Kangourous. Ils se caractérisent par des membres antérieurs très courts comparativement aux postérieurs, par une queue longue et epaisse à la base, servant de troisième point d'appui quand le Kangourou se tient sur les pattes postérieures. Celles-ci se terminent par quatre doigts, dont le dernier, très développé, porte une griffe dont l'animal se sert pour se défendre contre le Dingo ou le Renard.

Décimés par ces carnivores les Rats-kangourous - Aepyprymnus rufescens (Gray) peuvent être considérés comme en voie d'extinction. Ils ne dépassent guère la taille du lapin et vivent dans toute l'Australie à l'exception du nord-est et des marais. Leur nourriture est végétale.Le Wallaby - Setonyx Drachyurus (Quoy) - plus craintif, se tient dans les cavités naturelles pendant le jour et ne se hcsarde guère dans les pâturages avant la tombée du soir Il vit "en famille" et prend ses ébats en jouant un jeu comparable à la boxe (en reprises de trois minutes). La femelle a une portée par an. Le petit nait, dans un état très precoce: il atteint six cm à peine. La mère le place dans sa poche marsupiale où il reste accroché au mamelon pour ne quitter son refuge qu'après quatre mois. Le Wallaby et le Kangourou sont fréquemment victimes d'une mouche qui les pique aux yeux, occasionnant la cécité.

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1613MORESQUE ARCHITECTURE SPANIENSARCHITETTURA MORESCA IN SPAGNA.ARCHITECTURE MORESQUE EN ESPAGNE

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1 - ARCHITETTURA MORESCA IN SPAGNA.Cortile dell'Alcazar (Siviglia).2 - ARCHITETTURA MORESCA IN SPAGNA.Sala dell'Alcazar (Siviglia).3 - ARCHITETTURA MORESCA IN SPAGNA.Cortile dei Leoni nelI'Alhambra (Granata).4 - ARCHITETTURA MORESCA IN SPAGNA.Giardini Generalife (Granata).5 - ARCHITETTURA MORESCA IN SPAGNA.Ponte Romano e «Moschea» di Cordoba.6 - ARCHITETTURA MORESCA IN SPAGNA.Interno della «Moschea» di Cordoba.Rückseite - Retro - Verso 1 - Cortile dell'Alcazar (Siviglia).Eran chiamati «Mori» (dal lat. Mauri) gli invasori musulmani che a partire dal 711 penetrarono nella penisola iberica, stabilendovi per vari secoli il loro dominio. In pratica, si trattava di quegli stessi Arabi che in tutto il bacino del Mediterraneo diedero vigoroso impulso alle lettere ed alle scienze di quell'epoca. In Spagna, non riuscirono tuttavia ad assorbire la popolazione latina, soprattutto a causa della differenza di religione, e dovettero affrontare lunghe lotte che culminarono con la loro sconfitta da parte dei sovrani cristiani, alla presa di Granata - loro maggior baluardo - nel 1492. L'architettura civile e religiosa degli Arabi lasciò in Spagna palazzi meravigliosi, di ineguagliabile sfarzo ed eleganza. A Siviglia - città fra le più antiche d'Europa, capoluogo dell'Andalusia nel mezzogiorno della Spagna - primeggia tra le costruzioni civili l’AIcàzar (questo vocabolo derivato dall'arabo significa «palazzo» e «fortezza»), in stile ispano-moresco. L'aspetto esterno è quello di una fortezza. All'interno è l'incanto di luminosi cortili, con porticati ad archi elegantissimi, sostenuti da doppie colonnine di marmo. Fontane zampillano silenziose entro vasche smaltate. Tutta la composizione strutturale é leggiadra e favolosa, come per una materiale rievocazione di fantastiche storie da Mille e una notte.2 - Sala dell'Alcazar (Siviglia)Nei secoli X e XI gli Arabi ebbero il vanto di essere il popolo più civile d'Europa, portandovi tra l'altro l'uso delle cifre numeriche, e forse delle note musicali. L'influsso della loro poesia, passata dalla Spagna in Linguadoca e Provenza, ebbe effetto determinante sul sorgere della poesia che i «trovatori» diffusero ovunque. Quanto fosse elevato il tenore di vita dei musulmani andalusi, appare dalla ricchezza e raffinatezza dei loro palazzi. Nell'architettura, l'arte moresca assimilò elementi greci e romani, nonché romanici, gotici e perfino della prima Rinascenza, trasformandoli con complesse combinazioni, cosicché risultano tipicamente moreschi tanto l'arco «a ferro di cavallo oltrepassato» quanto, ad esempio, gli archi intrecciati che fendono vari preesistenti tipi di archi. Del tutto caratteristica rimane la decorazione: giacché il Corano proibiva di raffigurare esseri umani od animali, od anche fiori simili al vero, l'artefice arabo eseguiva, a basso rilievo di stucco, motivi geometrici e simbolici traforati come trine: nel loro intricato sviluppo, variegato di pitture e dorature, egli introduceva spesso caratteri dell'alfabeto arabo, donde il nome di «arabeschi». Nello scenario meraviglioso dell'Alcàzar, al pianterreno, la sala detta "degli ambasciatori" è la più notevole. Quattro grandi archi (uno per parete), a loro volta tripartiti, sostengono una galleria du 44

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archetti che sostengono la cupola, leggiadramente dipinta e decorata.3 - Cortile dei Leoni nelI'Alhambra (Granata).Il centro architettonico dei palazzi moreschi è il «patio», cortile chiuso e circondato da un porticato, che trova rispondenza nell'atrio romano. Celebratissimo il Patio de los Leones entro il palazzo dell’Alhambra, che sorge a Granata, un tempo sede dei Re Mori ed ultima loro roccaforte. Da fuori, la reggia ricorda la semplicità delle abitazioni arabe, con muraglie lisce e relativamente poco elevate. Tutta la raffinatezza è per l'interno: oltre l'ingresso si succedono multiformi e fantastiche visioni, nelle sale in cui la luce attraversa archi intagliati e finestrelle simili a ricami, nei cortili dai quali ci si affaccia talvolta, sulle mura di fortificazióne, di fronte a panorami vasti, mutevoli e ameni.Le sale hanno pavimenti di marmo in cui sono scavati canaletti per il cui mezzo l'acqua di quiete fontane interne circola e vien trasportata fino ai laghetti dei cortili. Al centro del Patio de los Leones è un'armoniosa fontana, formata da un bacino d'alabastro con grosso zampillo verticale d'acqua, sostenuto da 12 leoni che gettano acqua dalla bocca. Intorno al lastricato di marmo bianco, oltre cento colonne sottili sostengono le logge, e la loro disposizione è tale che, come per capriccio, partecipano al movimento di chi le osserva. Anche qui l'occhio è affascinato dall'inestricabile varietà dei lavori di cesello, profusi fin negli angoli più appartati, e dal fresco splendore dei colori.4 - Giardini Generalife (Granata).Data la fragilità della materia prima, cioè in prevalenza stucco, usata anche per gli archi e per intere pareti traforate, la conservazione di edifici come l'Alhambra presenta continue difficoltà. Quest'arte «decadente e bellissima» non pensava di dedicare ai posteri il suo splendore decorativo. Fortunatamente, il clima mite e asciutto limita assai le ingiurie del tempo. Sulla sommità di una florida altura di fronte alla collina dell'Alhambra, si trova un'antica villa dei Re Arabi, il Generalife. Semplice e bianca costruzione, con poche finestre ed una terrazza, è adagiata in un bosco di allori e di mirti. Lontano si scorge il palazzo reale dell'Alhambra, con il suo raccolto aspetto esterno di monastero, privo di ostentazione. Qui invece numerosi giardini disposti come verde gradinata si stendono dinanzi alla facciata, fino al sommo del monte dove un'altissima loggia chiude il recinto del Generalife. Vi sono gallerie formate dall'intreccio dei rami di piante incurvate, quasi a ripetere la grazia dell'arco moresco; fra i contorti sentieri e le scale che uniscono i vari ripiani, getti d'acqua accuratamente disposti rinfrescano il delizioso luogo, animandone la naturale bellezza. A Granata, oltre all'Alhambra e al Generalife, i resti di numerosi monumenti arabi attestano l'antica prosperità della città.5 - Ponte Romano e «Moschea» di Cordoba.L'architettura araba, ai primordi del suo sviluppo nei paesi che avevano appartenuto all'impero romano, si innestò sulle inesauribili rovine monumentali di questo, originando un'arte talvolta frammentaria per la mescolanza degli stili. Così ad esempio ìi grande ponte sul Guadalquivir, a Cordoba, costituito da sedici arcate e lungo 240 metri, che rivela pur sempre la sua origine romana, nonostante sia stato sfigurato nella sua fisionomia dai numerosi restauri musulmani.I Mori, quando ritenevano necessaria una grande solidità nelle loro costruzioni, si servivano di materiale tolto da edifici romani cadenti o fatti cadere. Così la Moschea di Cordoba fu edificata con il contributo degli avanzi imperiali di ogni parte del mondo arabo, e perfino dell'impero bizantino. Per le stesse vie affluirono abili artisti con le pietruzze per ì mosaici, e la fama della Moschea crebbe al punto che la città di Cordoba, divenuta metropoli alla quale affluivano i pellegrini dell'Islam, ebbe a rivaleggiare con la Mecca. L'aspetto esteriore della Moschea è quello di una massa imponente che sorge da un basamento a piattaforma, delimitata da murature lisce, ma rinforzate da piloni o torri quadrate. La sua struttura è comunque semplice e primitiva: l'arte moresca aveva forme elementari.nelle costruzioni massicce. L'interno riserva però effetti di prospettiva assolutamente sorprendenti e

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suggestivi.6 - Interno della «Moschea» di Cordoba.Abbiamo già accennato al divieto di riprodurre per mezzo dell'arte la natura, imposto ai Musulmani dal loro predicatore Maometto. Nel modo più stretto la regola era osservata, logicamente, negli edifici religiosi. In compenso, il sole, le acque e le piante entravano come elementi vivi nell'architettura. La Moschea di Cordoba, iniziata nel 785, era aperta dal lato settentrionale su un gran cortile, dove gli aranci piantati in linea retta con le colonne dell'interno ne continuavano la geometrica selva. Attraverso gli archi entrava la luce con il profumo dei fiori. Qui sono disposte diciotto file di trentadue colonne ciascuna, che sorreggendo doppi archi rotondi formano diciannove navate. Le colonne, pur di diverse forme e colori, hanno spessore pressoché eguale ed il loro allineamento perfetto offre alla vista di chi le guarda trasversalmente una raggera di corridoi, naturalmente con inesauribili variazioni ad ogni passo. Gli archi, un po' troppo massicci, sono però curiosamente sovrapposti ed intrecciati, cosicché la loro disposizione ne riscatta la pesantezza. Nelle sontuose decorazioni, sono distinguibili gli elementi di provenienza romana, quelli visigoti e bizantini. Gli ornamenti più ricchi sono nel «mihràb », nicchia situata sulla parete opposta all'ingresso principale, che indicava ai fedeli la direzione della Mecca, verso cui rivolge-vansi le preghiere. La moschea divenne cattedrale cattolica e nel 1523 fu deturpata al centro con l'abbattimento di numerose colonne per la costruzione di un coro: ad onta di ciò conserva un indimenticabile fascino estetico.

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1614DIE GESÄNGE DES LEOPARDII CANTI DEL LEOPARDILES CHANTS DE LEOPARDI

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1) I CANTI DEL LEOPARDI All’Italia – “O Patria mia, vedo le mura e gli archi” Pietro Giordani.2) I CANTI DEL LEOPARDI L’Infinito – “Interminati – Spazi di là da quella e sovrumani – silenzi. 3) I CANTI DEL LEOPARDI Le Ricordanze – “Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea”.Fanny Targioni Tozzetti.4) I CANTI DEL LEOPARDICanto notturno di un pastore errante nell’Asia. “Che fai tu luna in ciel? Dimmi che fai…”. Leopardi nel 1826.5) I CANTI DEL LEOPARDI Il sabato del villaggio. “La donzelletta vien dalla campagna”. Ranieri-6) I CANTI DEL LEOPARDI “…Odorata ginestra, contenta dei deserti…”Rückseite - Retro - Verso 1 - «ALL'ITALIA».«... Ma la gloria non vedo - non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi - i nostri padri antichi», Giacomo Leopardi, nato il 29 giugno 1798, aveva appena vent'anni quando scriveva questi versi (stampati a Roma sul finire del 1818), ed era sempre vissuto nella casa paterna, nella natia Recanati. In quegli anni - dopo la grande scossa della rivoluzione francese e delle guerre napoleoniche - germogliavano gli ideali nazionali, il potere della Chiesa attraversava una crisi, si diffondeva il pensiero laico. Il sentimento poetico del giovane Giacomo, inevitabilmente, respirava quell'aria di rinnovamento, ed egli era spinto irresistibilmente a denunciare l'avvilimento, la decadenza d'Italia, dopo tanti secoli di dominio straniero, di malgoverno e di arretratezza sociale. Non è mai facile scorgere chiaramente la via che conduce a una nuova sistemazione politica e morale. Ai tempi del Leopardi gli animi erano divisi, i pareri erano spesso contrastanti e confusi. Ma Giacomo era cresciuto nello studio e nella solitudine, la sua stessa ingenuità lo preservava: non era, turbato da considerazioni pratiche. Toccò a lui - deboluccio, piccoletto e mingherlino - di formulare, per il flore della gioventù d'Italia, l'idea di combattere, anzi di insorgere («l'armi, qua l'armi, pugnerò io solo...»), all'infuori di ogni ragionevolezza, sol perchè la causa era giusta, sì da poter almeno «dir morendo - alma terra natia - la vita che mi desti ecco ti rendo». Il conte Monaldo, padre del Leopardi, non gradì affatto di scoprire che il primogenito si rivolgeva alle odiatissime idee nuove e «sovvertitrici». Ne incolpò, forse a torto, i rapporti di Giacomo col Giordani, il quale, celebre nel mondo intellettuale italiano dell'epoca, offrì soprattutto, al giovinetto solitario e geniale, la consolazione di un riconoscimento, di una comprensione, e il contatto con un mondo più vasto e più vivo.2 - «L'INFINITO».Il conte Monaldo, che in gioventù aveva messo in grave pericolo il patrimonio famigliare, aveva accettato la strenua economia imposta alla sua casa, con mano ferrea, dalla moglie Adelaide Antici: e non è a dire che ciò non gli costasse sacrificio. Anche la sua ostilità per le novità dei tempi rispondeva alla volontà di veder salvaguardati i privilegi della sua nobile famiglia. C'erano da risollevare le sorti, sopratutto economiche, della casa - Intento più che giustificato su un piano pratico - e non avremmo nulla da ridire, se ciò non avesse avuto amare e fatali conseguenze per la vita di Giacomo. Invero Monaldo non si curò della

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pericolante salute del figlio. Men che meno se ne curò Adelaide, per la quale sola contava la salute dell'anima.Giacomo intanto scopriva se stesso. Grazie a uno studio instancabile e a un singolare

ingegno, si era impadronito in giovane età dei maggiori strumenti della conoscenza e del sapere, e riteneva che gliene dovessero sicuramente venire chissà quali glorie e felicità. Per qualche tempo, nella quiete della casa, nell'affettuosa intimità dei fratello Carlo e della sorella Paolina, fu felice. Ma non tardò ad avvertire il sordo passare del tempo, l'inquietante divario tra speranze e realtà, la difficoltà di esistere. In tale giovanile e trepido sentimento, si rivolgeva alla natura. E trovava le parole semplici e meravigliose de «L'infinito», una delle liriche più pure, e belle, che sìan mai state scritte: «Sempre caro mi fu quest'ermo colle - e questa siepe, che da tanta parte - dell'ultimo orizzonte il guardo esclude...». 3 - «LE RICORDANZE».Nella casa di Recanati, il giovane Leopardi si considera relegato fuor del mondo e prigioniero di un ambiente sfavorevole. Ma poi gli è dato uscirne. Si reca a Roma, e torna; si reca a Milano, nel 1825. e torna nel novembre del 1826; riparte nel giugno del 1827, passa da Bologna, Pisa, Firenze, e ancora torna, nel novembre del 1828. Sarà il suo ultimo soggiorno nella casa paterna. Ma intanto ha capito di essersi illuso. La cultura e l'ingegno, che gli procurano qualche fama, non bastano a conquistargli l'universale ammirazione, e nemmeno a procurargli quattro soldi, tanto da vivere indipendente; e il mondo di fuori non offre la felicità cui egli aspira. Scrive allora «Le Ricordanze», addio alle illusioni perdute (« O speranze, speranze; ameni inganni - della mia prima età!») e testimonianza della dura legge del mondo: «Chi rimembrar vi può senza sospiri, - o prima entrar di giovinezza, o giorni - vezzosi, inenarrabili, allor quando - al rapito mortal primieramente - sorridon le donzelle; a gara intorno - ogni cosa sorride; invidia tace - non desta ancora ovver benigna; e quasi - (inusitata meraviglia!) il mondo - la destra soccorrevole gli porge...». Impreca come a una condanna di dover consumare « l'età verde... in questo - natio borgo selvaggio intra una gente - zotica, vil; cui nomi strani, e spessa - argomento di riso e di trastullo - son dottrina e saper». Ma sa bene che il mondo non porge mai la destra soccorrevole; e già la sua Recanati gli si è tramutata, nel cuore, in affettuoso nostalgico ricordo: «Viene il vento recando il suon dell'ora - dalla torre del borgo... ».4 - «CANTO NOTTURNO».Il Leopardi ripartì da Recanati, e per sempre, nel 1830. Aveva appena ultimata la stesura del «Canto notturno di un pastore errante dell'Asia». Non è qui possibile, in cosi breve spazio, evocare la poesia di questo canto, l'alternarsi di voci rare e di parolette semplici, di versi brevi e di versi effusi, e la rispondenza miracolosa della forma poetica al concetto, l'insistere degli interrogativi, il giuoco delle rime, l'interna musica, quel ritorno delle parole «mortale» e «immortale» («Dimmi o luna: a che vale - al pastor la sua vita, - (a vostra vita a voi? - dimmi: ove tende - questo vagar mio breve, - il tuo corso immortale?»), e poi quella svolta («Se la vita è sventura - perchè da noi si dura? - Intatta luna, tale - è lo stato mortale - ma tu mortal non sei, - e forse del mio dir poco ti cale») che prelude al misterioso colloquio («... e tu certo comprendi - il perchè delle cose, e vedi il frutto - del mattin, della sera - del tacito infinito andar del tempo, - tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore - rida la primavera...») fino a un movimento quasi di danza («... e quando miro in cielo arder le stelle - dico fra me pensando: - a che tante facelle?»). Il Leopardi partiva da Recanati e aveva trovato un linguaggio poetico purissimo, senza precedenti; l'aveva inventato egli stesso per partecipare agli uomini il messaggio, di cui sono depositari i poeti, forse sperando di averne in cambio un po' di gloria, un po' d'amore. Povero Leopardi! E' destino dei poeti (più di ogni altro uomo capaci di intuire il bene e quindi più di ogni altro esigenti) di non beneficiare nemmeno delle più semplici soddisfazioni offerte talora dalla vita di ogni giorno. Il Leopardi non doveva tardare a farne amara, e definitiva, esperienza.

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5 - IL SABATO DEL VILLAGGIO».Lasciata Recanati, il Leopardi riprende la via di Bologna, poi di Firenze. Ritrova conoscenze dei viaggi precedenti, ne fa di nuove. Ma le donne che si interessano a lui, ad esempio la Fanny Targioni Tozzetti (vedasi medaglione della figurina n. 3). gli danno affetto e non

amore; gli uomini, gli intellettuali - come il Colletta, il de Sinner e tanti altri - che gli profferiscono sviscerata amicizia, alla fine lo deludono. Una giostra di persone passa attraverso le sue giornate, ma a che serve? Ciò non lo sottrae alla solitudine, nè risolve i suoi problemi pratici: le simpatie si rivolgono al suo ingegno, non alla sua persona, come se questa non avesse nulla da offrire, non fosse in grado di suscitare un caldo legame umano; ed egli continua a vivere in camere d'affìtto, come uno studente povero, e a far progetti l'uno dopo l'altro. Uno di questi prende forma, tuttavia, e vi si adoperano amici e conoscenti: un'edizione di sue opere. Fra gli amici, vi è da ricordare il Ranieri. Il medaglione di questa figurina lo rappresenta Quale fu poi da vecchio, ma al tempo in cui conobbe il Leopardi era un bel giovane, movimentato e amante della vita. Per strano che possa sembrare, fu proprio lui, lo scapestrato, l'avventuriero, a fornire alla vita del Leopardi un appoggio costante, una vera compagnia, una vera presenza, una partecipazione viva, che non dovevano più cessare.Il Leopardi sapeva - e l'aveva ripetuto in vari canti tra cui «Il sabato del villaggio» - che la

felicità è promessa di rado mantenuta, nella vita degli uomini e che in particolare era negata alla sua. Pure, attraverso Ranieri, riusci a partecipare in qualche modo alla vita, amarla ancora, resistere ai mali che sempre più insistenti lo affliggevano.6 - «LA GINESTRA».«Qui su l'arida schiena - del formidabil monte - sterminator Vesevo, - la qual null'altro allegra arbor nè fiore, - tuoi cespi solitari intorno spargi, - odorata ginestra, - contenta dei deserti...». Quando il Leopardi scrisse questi versi, nel corpo del poeta i mali operavano, più che i medici non se ne accorgessero, un lento, inesorabile disfacimento. Sperando in qualche sollievo, da Napoli, ove ormai si era stabilito col Ranieri, si era recato per la primavera e l'estate del 1835 ad abitare nella rustica villa di Torre del Greco messa a disposizione dall'avvocato Ferrigni. Vi si fermò anche l'inverno, sia per i disturbi di cui soffriva, sia per l'epidemia di colera che infieriva a Napoli. Era alle pendici del Vesuvio. «Questi campi cosparsi - di ceneri infeconde e ricoperti - dell'impietrata lava... - fur liete ville e colli. - e biondeggiar di spiche, e risonare - di muggito d'armenti; - fur giardini e palagi - agli ozi dei poenti - gradito ospizio, e fur città famose - che coi torrenti suoi l'altero monte - dall'ignea bocca fulminando oppresse - con gli abitanti insieme. Or tutto intorno - una ruina involve. - ove tu siedi, o fior gentile, e quasi - i danni altrui commiserando, al cielo - di dolcissimo odor mandi un profumo, - che il deserto consola». Agli occhi del Leopardi la vita stessa era ormai un paesaggio desolato, e sterile. Nel quale però, misteriosamente, la poesia tramanda la sua testimonianza, il suo profumo.Il Leopardi, che era rientrato a Napoli, si apprestava a tornare il 14 giugno 1837 a Torre del Greco (la carrozza già aspettava davanti al portone) quando lo raggiunse, quasi improvvisa, la morte. Non aveva potuto godere delle restaurate finanze di casa Leopardi.

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1615DIE ANBAU DES REISESLA COLTIVAZIONE DEL RISOLA CULTIVATION DU RIZ

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. COLTIVAZIONE DEL RISO PREPARAZIONE DEL TERRENO.2 - COLTIVAZIONE DEL RISO LA SEMINA.3 - COLTIVAZIONE DEL RISO IL TRAPIANTO.4 - COLTIVAZIONE DEL RISO LA MONDA.5 - COLTIVAZIONE DEL RISO LA FIORITURA E LA MATURAZIONE.6 - COLTIVAZIONE DEL RISO IL RACCOLTO.Rückseite - Retro - Verso 1. PREPARAZIONE DEL TERRENO.

Pare che la coltivazione del riso sia stata introdotta nel Napoletano, all'epoca degli Aragonesi, dagli Spagnoli; a questi fu insegnata dagli Arabi, che la appresero nel lontano Oriente. Dal Napoletano la risicoltura si spinse verso nord giungendo nella valle padana verso la metà del secolo XV. I primi documenti attendibili riguardanti tale coltura sono due lettere del Duca di Milano Gian Galeazzo Sforza che, in data 27 e 28 settembre 1475, autorizzava il trasporto a Ferrara di 12 sacchi di riso da semina.Il riso, che anticamente era usato come medicamento per malattie intestinali, a poco a poco

fu impiegato per la normale alimentazione; la sua coltura sì estese specialmente nel Piemonte ed in Lombardia, ove attualmente viene attuata nelle seguenti Provincie: Vercelli (ha. 67.000), Pavia (ha. 50.000), Novara (ha. 24.000) e Milano (ha. 19.000). Aggiungendo altri 20.000 ettari coltivati in altre regioni, si raggiunge una supeifìcie globale a riso di circa ha. 180.000 con una produzione di circa 9 milioni di quintali, e cioè q.li 50 all'ettaro.Per ottenere una buona risaia occorre preparare il terreno perfettamente spianato che

permetta una uniforme sommersione; ogni campo deve venire circondato da argini e arginelli che impediscano all'acqua di disperdersi. Per tale motivo, alla fine dell'inverno si concima e si ara il terreno, si sminuzzano al massimo le zolle con erpici, si erigono gli argini e si riassettano i canali che portano o scolano l'acqua. Si colma d'acqua il campo arginato e poi si passa con tavole (spianoni) tirate da cavalli, come nella figura, per livellare il letto di semina. Dopo di che l'appezzamento è pronto per essere seminato.2 - LA SEMINA.Verso la metà d'aprile, quando sono scongiurati i grandi freddi e le acque cominciano ad intiepidirsi, si può seminare il risone (riso vestito). Prima della semina si immergono i sacchi contenenti il seme in vasche o fossi chiusi, ove l'acqua sia riscalcata dal sole, in modo da bagnare la semente e far iniziare la germogliazione; si versa il contenuto dei sacchi in apposite ceste che il seminatore tiene al braccio procedendo alla semina a spaglio nell'acqua alta circa 10 - 15 centimetri. Il risone, appesantito dalla umidità prima assorbita, cala sul fondo dove viene leggermente coperto dalla fanghiglia, che intorbida l'acqua smossa dai seminatori. Il quantitativo di seme usato è di circa q.li 2 per ettaro di superficie. In alcune risaie si usa la semina a macchina perchè permette una più rapida pulizia delle erbe infestanti; però questa pratica è poco usata perchè presenta alcuni inconvenienti.Entro gli otto giorni il seme germoglia, e dopo circa 15 - 20 giorni si leva l'acqua dalla risaia.

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Le piantine trovandosi all'asciutto sono spinte ad approfondire le radici e perciò si irrobustiscono; dopo qualche giorno si ridà l'acqua. In giugno si ripete l'operazione, approfittando dell'asciutta per spandere in copertura concimi chimici.Nella risaia l'acqua non ristagna completamente, perchè gli argini di terra non possono

essere, logicamente, a tenuta ermetica e poiché, essendo forte l'evaporazione dello specchio d'acqua, all'ingrasso della risaia si lascia sempre entrare un po' d'acqua. Malgrado questo leggero movimento, accade sovente che la risaia si ricopra di un feltro di alghe verdi che occorre rompere e rastrellare prudentemente, per non estirpare le tenere piantine, o combattere con mezzi chimici; altrimenti, può spesso accadere che i teneri steli del risone non riescano ad uscire dall'acqua.3 - IL TRAPIANTO.Qualora la superfìcie da destinare a risaia si trovi occupata da altre coltivazioni (erbaio o

frumento), la semina del riso viene effettuata in vivaio. Questi vivai si preparano come la solita risaia somministrando però il doppio di concime e seminando un quantitativo sei o sette volte maggiore.Sulle superfìci ove dovrà essere coltivato il risone si procederà, a suo tempo, allo sfalcio

dell'erba od alla mietitura del frumento e subito dopo si arerà, spianerà, livellerà il terreno, si costruiranno gli argini ed infine si immetterà l'acqua. Approntato il terreno si potrà provvedere a trapiantare il riso dal vivaio ove le piantine saranno state seminate circa 50 giorni prima. Apposite squadre di donne provvederanno a sradicare le piantine del vivaio ed altre donne penseranno a trapiantarle nelle risaie già preparate.La pratica del trapianto raddoppia praticamente la potenzialità produttiva del terreno,

ottenendo due raccolti su una stessa superficie, ed inoltre fa risparmiare una operazione di monda. Purtroppo la produzione e la qualità, specialmente in annate non favorevoli, vengono a risentirne.Attualmente si stanno introducendo macchine trapiantatrici che servono, più che a

risparmiare mano d'opera, ad accelerare le operazioni di trapianto a tutto vantaggio della produzione.4 - LA MONDA.Oltre a vari fattori avversi (acque fredde, basse temperature, malattie crittogamiche) le piantine di riso debbono purtroppo affrontare altri nemici implacabili, che tentano di toglier loro luce e cibo. Questi sono rappresentati dalle infinite specie di erbe infestanti che fin dai primi giorni lottano per conquistarsi un posto al sole e, se lasciate crescere, soffocherebbero, perchè più robuste, le tenere pianticelle di riso.L'erba infestante più dannosa è il giavone (Panicum sp.) che nei primi stadi vegetativi è

molto simile al riso e perciò più difficile da eliminare. Oltre a questa, abbiamo lo Scirpus mucronatus (vedi nel quadretto a fianco), la Alisma plantago, lo Scirpus maritimus e molte alghe (vedi alla figurina n. 2). Finora il sistema più completo e radicale per liberare le risaie è quello della «monda» a mano, che si svolge solitamente in giugno (in luglio per le risaie trapiantate). Spesse volte l'operazione deve essere ripetuta due o tre volte, a seconda del grado di infestazione della risaia.Squadre di donne provenienti da varie province dell'Italia settentrionale si recano presso le aziende risicole e per tutto il giorno, con le gambe nell'acqua e col sole sulla nuca, estirpano a mano tutte le erbe infestanti. Si calcola che per tali lavori prestino la loro opera circa 100 mila «mondine».Attualmente però si vanno diffondendo prodotti chimici capaci di colpire buona parte delle

erbe infestanti ad esclusione di quelle affini al riso. L'introduzione di questi diserbanti selettivi fitormonici alleggerisce di molto il duro lavoro delle mondine che passano in un secondo tempo ad effettuare la «monda» delle erbe non eliminate dai diserbanti.5 - LA FIORITURA E LA MATURAZIONE.La piantina del riso, superate le vicissitudini della monda, comincia ad emettere dei culmi

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secondari e raggiunge in luglio un'altezza media di un metro. Naturalmente vi sono razze nane, come razze giganti che, in alcune regioni tropicali, superano i due metri. Verso la fine di luglio, i culmi si ingrossano entro la foglia terminale che li inguaina; poi la foglie si scartoccia ed appare la lunga pannocchia del risone ancora verde.Verso i primi di agosto appaiono i primi fiori di riso a cominciare dall'apice della pannocchia e proseguendo verso il basso; praticamente dalle glumette semiaperte si affacciano solo gli stami biancastri, per cui visibilmente si scorgono sul verde della pannocchia pìccole candide macchioline che pian piano la coprono interamente.Fecondato il fiore, hanno inizio le fasi della maturazione del seme di riso. Durante la maturazione lattea gli uccelli provocano notevoli danni succhiando la pasta lattiginosa del seme in formazione. Poi si passa alla maturazione cerea, sul finire di agosto per le varietà più precoci ed ai primi di settembre per quelle più tardive.Nel periodo della fioritura e meglio ancora durante la maturazione, nelle risaie destinate alla

produzione di seme per le campagne future, mano d'opera specializzata, particolarmente. addestrata, passa lentamente per epurare la coltivazione di risone da tutte le varietà spurie o degenerate.6 - IL RACCOLTO.Circa diedi giorni prima della data della presumibile mietitura viene tolta l'acqua dalla

risaia allo scopo di accelerare la maturazione vitrea e per permettere un miglior svolgimento delle operazioni di raccolta. Di solito le varietà precoci si mietono a metà settembre, le più tardive in ottobre ed in alcune risaie di trapianto si giunge ai primi di novembre.Le squadre miste di uomini e donne provvedono a tagliare i culmi, con la falce messoria, a

circa 25 cm. dal suolo, deponendo i mannelli sulle stoppie. Poi i mannelli vengono legati in covoni che restano, di solito in piedi, sul campo ad asciugare.Si è introdotta da alcuni anni la mietitura a macchina, che va sempre più diffondendosi

(mietitrici e mietilegatrici); con tale sistema è necessario che le piante di risone siano erette e non allettate nel qual caso è necessario ricorrere alla mietitura a mano.Dopo tali operazioni i covoni, vengono trasportati sull'aia o con carri o con decauville

(specialmente nelle campagne bolognesi che hanno larghi argini) od anche su barche se vi sono canali sufficientemente larghi (nel Mantovano, nel Veronese, ecc.).Si vanno provando attualmente, nelle risaie, alcuni tipi di mietitrebbiatrici che eseguono simultaneamente le operazioni di mietitura e trebbiatura, con notevole vantaggio di tempo e di spesa.

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1616FLATTERTIERE (FLEDERMÄUSE)CHIROTTERI (PIPISTRELLI).CHITOPTÉRES (CHAUVE-SOURIS)

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1 - CHIROTTERI (PIPISTRELLI).Rossetta 2 - CHIROTTERI (PIPISTRELLI).Ferro-di-cavallo 3 - CHIROTTERI (PIPISTRELLI).Orecchione 4 - CHIROTTERI (PIPISTRELLI).Pipistrello comune 5 - CHIROTTERI (PIPISTRELLI).Vampiro 6 - CHIROTTERI (PIPISTRELLI).Molosso Rückseite - Retro - Verso 1 - Rossetta (Pteropus edulis).In alcune delle precedenti serie di figurine dedicate ai Mammiferi, abbiamo già incontrato qualche volatore, come lo Scoiattolo volante, il Galeopiteco, e il Petauro: si trattava però di animali dotati non di vere ali, ma di membrane-paracadute, che permettono soltanto voli veleggiati di breve durata. Qui invece troviamo un intero ordine di Mammiferi che hanno vere ali e sono proprio capaci di volare per lungo tempo, coprendo notevoli distanze.Volgarmente ì Pipistrelli sono detti «Topi volanti», ma questo nome è assolutamente sbagliato, perchè, coi topi, non hanno niente a che fare. La Rossetta, che figura in questa vignetta, ha testa e muso da volpe, ragion per cui nell'India, ove vive, è detta Volpe o Cane volante (beninteso, non ha niente a che vedere nè con l'uno nè con l'altro di questi animali). E' lunga circa 40 centimetri e - ad ali distese - misura metri 1,50; le sue ali, ben diverse da quelle degli uccelli, sono formate da una pelle nuda e sottile, tesa lungo il braccio, le dita della mano (che sono lunghissime) ed il fianco del corpo, sino alla gamba. Liberi rimangono il pollice delle mani - che è unghiato - e le dita dei piedi. E' evidente che, con zampe siffatte, la rossetta non può camminare: quando non vola deve tenersi appesa, a testa in giù. ai rami degli alberi. Così sta quando dorme e quando mangia, tenendo i frutti, di cui si ciba, con un piede e con l'unghia del pollice. Gli indigeni le danno la caccia perchè danneggia i frutteti e perchè sono ghiotti delle sue carni (Ma - dite voi - ci vuole un bel coraggio a mangiar carne di Pipistrelli....).2 - Ferro-di-cavallo (Rhinolophus ferrum-equinum).Tutt'altro che raro da noi è il Ferro-di-cavallo e lo si incontra dappertutto in Europa. Osservando le complicate lamelle cutanee che porta sul muso, se ne vede una in forma di ferro di cavallo; da questa appunto ha preso il nome. Il corpo, che misura 5 o 6 centimetri di lunghezza, é coperto di pelo folto e morbido; la membrana delle ali è nuda e comprende oltre alle zampe posteriori anche la coda. Con queste ali ampie esso vola rapido e sicuro, inseguendo gli insetti di cui si ciba, che cattura volando a bocca aperta e trattiene poi con le zampe posteriori e la membrana caudale. Come tutti sanno, i Pipistrelli hanno abitudini notturne; di giorno stanno nascosti nei crepacci, nelle torri, nelle caverne, ed escono al tramonto; e, dotati di robusto appetito, fanno strage di insetti notturni (zanzare, tarme, maggiolini, ecc.) rendendosi così utilissimi all'agricoltura, ed anche nella lotta antimalarica. All'uomo, il Ferro-di-cavallo non arreca alcuna molestia; la credenra. tanto diffusa, che questo, come gli altri Pipistrelli, svolazzando possa impigliarsi nei capelli delle donne e sia poi

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impossibile districarnelo è una sciocca fandonia!Il Ferro-di cavallo, come tutti gli altri Pipistrelli, merita di essere protetto e non perseguitato. In America, in alcune località ove mancano ricoveri naturali per questi animali, vergono costruite appositamente torri e castelli in legno, ove essi possano rifugiarsi durante il giorno e trovar riposo nella cattiva stagione.3 - Orecchione (Plecotus auritus)L'Orecchione è detto così perchè possiede padiglioni auricolari veramente enormi. Pensale che le sue orecchie misurano più di 3 centimetri, mentre tutto il corpo non supera la lunghezza di 8 centimetri, e le ali spiegate raggiungono appena i 24 o 25 centimetri. A differenza dal Ferro-di-cavallo, non ha pieghe cutanee sul muso; invece, all'orecchio si osservano due lamelle lunghe e delicate. Non dovete credere che simili appendici servano soltanto per dare al muso di questi animali un aspetto buffo o feroce; esse adempiono ad un'importantissima funzione: quella dì servire come organi di senso. Poiché i Chirotteri escono soltanto al crepuscolo e volano quando è già buio, e d'altro canto hanno occhi piccolissimi, talora nascosti fra il pelo, devono supplire alle scarse possibilità visive con gli altri sensi, specialmente l'udito e il tatto. Ecco perchè i padiglioni auricolari sono sempre molto sviluppati, e sul muso si trovano pelli nude, ricche di organi di senso. Ricerche recenti hanno dimostrato che i Pipistrelli, mentre volano, emettono dalla bocca, o forse dal naso, degli ultrasuoni (ossia suoni così acuti, che il nostro orecchio non li può sentire) di cui essi sentono l'eco, quando tali suoni vengono riflessi da un ostacolo. In tal modo essi sono avvertiti e, con rapide svolte schivano l'oggetto rhe non potrebbero vedere, o catturano la preda che vola nell'oscurità.L'Orecchione si trova in Italia, come in tutta l'Europa centrale e meridionale, oltreché

nell'Africa; e si rende utile distruggendo insetti e ragni.4 - Pipistrello comune (Pipistrellus pipistrellus).A causa delle sue modeste dimensioni, il Pipistrello comune è detto anche Pipistrello nano;

dei 7 centimetri di lunghezza, 3 spettano alla coda; l'apertura delle ali raggiunge appena 17 o 18 centimetri. Abita tutta l'Europa e gran parte dell'Asia; ed è quello che più spesso, svolazzando fra le case e inseguendo moscerini e farfallucce, si introduce nelle stanze illuminate, attraverso le finestre aperte. Fra gli altri Pipistrelli si fa notare per il volo rapido e straordinariamente agile, che gli permette di aggirarsi fra alberi e cespugli in cerca di prede. Nelle strade cittadine e nei cortili delle fattorie, lo si riconosce per l'abitudine di svolazzare lungo le facciate ctetle case, come se scivolasse su e giù per i muri. In autunno, è l'ultimo a ritirarsi, e in primavera è il primo ad abbandonare i granai, le fessure delle muraglie, i campanili o le vecchie torri in cui ha trascorso l'inverno in letargo, appeso alle travi o alle sporgenze, talvolta in numero stragrande. Anche durante i mesi invernali, se c'è qualche bella giornata mite e soleggiata, al crepuscolo esce volentieri a sgranchirsi un po' le ali.5 - Vampiro ( Phyllostoma spectrum).Sebbene questo nome faccia venir in mente paurose storie di uomini e di animali dissanguati

dal vorace suggere dei Pipistrelli, dobbiamo dire che questo Vampiro è un essere del tutto innocuo, incapace di nuocere sia pure ad una pecorella. Esso vive nella parte settentrionale del Brasile e nella Guyana, frequentando le foreste non meno dei centri abitati. Benché il brutto muso, sormontato da una laminetta triangolare, e gli occhi scuri e brillanti gli diano un aspetto feroce, esso non è affatto succhiatore di sangue; i suoi pasti constano esclusivamente di insetti e di frutti maturi e di semi, di cui è ghiottissimo.Altri Vampiri, ad esempio i Desmodus e i Diphyllia, che pure vivono nell'America, si cibano

effettivamente di sangue, che succhiano dai Mammiferi addormentati. In questi Pipistrelli i denti incisivi sono lunghi e taglienti come lamette di rasoio; e le labbra e la lingua formano una sorta di ventosa e di pompa aspirante con cui il sangue viene succhiato. La ferita fatta dai denti è così sottile e netta che non arreca dolore agli animali, i quali per lo più non si destano nemmeno dal sonno.

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La quantità di sangue ingerita da ogni Pipistrello è di circa un bicchiere, e quindi non è tale da mettere in pericolo nessun grosso animale: ma, anche dopo che il Vampiro si è distaccato, il sangue continua a sgorgare dalla ferita per qualche tempo. Perciò gli allevatori di bestiame si lamentano perchè i ripetuti morsi dei Vampiri indeboliscono le bestie, e possono anche inoculare i germi di malattie infettive.6 - Molosso (Nyctinomus tenniotis).Può sembrare strano che a un Pipistrello sia stato assegnato il nome di un cane; e - se vogliamo proprio essere sinceri - dobbiamo riconoscere che la somiglianza fra il Molosso e un bulldog non è molto stretta!Certo è però che questo Pipistrello, coi grandi padiglioni degli orecchi ripiegati, accartocciati e riuniti alla base da una lamella trasversale, e con il muso allungato a guisa di grugno di porco, può essere preso a modello di bruttezza repellente. Un altro carattere che distingue questo Chirottero da quelli citati sin qui sta nel fatto che la coda, invece di essere inclusa nella membrana alare, sporge libera e nuda per metà circa della sua lunghezza.Pur senza essere frequente, il Molosso si incontra da noi, come anche in Francia e negli altri paesi mediterranei; ed è il più grosso dei nostri Pipistrelli, giacché misura 11 centimetri di lunghezza, di cui 3 spettano alla parte libera della coda. La vignetta, the ci mostra il Molosso con la bocca aperta, ci permette di esaminare la sua dentatura e di constatare che i denti anteriori (gli incisivi) sono piccolissimi; gli angolari (i canini) sono lunghi e appuntiti e i posteriori (i molari) sono guarniti di cuspidi acute: tale dentatura - che si osserva in tutti i Pipistrelli divoratori di insetti - somiglia per k'appunto a quella della Talpa, del Riccio, dei Topiragni (che sono tipici insettivori), e costituisce il più netto carattere differenziale fra i Chirotteri e gli altri mammiferi - specialmente i rosicanti - con cui talvolta, erroneamente, vengono riuniti.

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1617NEUE BLUMENARTEN.NUOVE VARIETA’ DI FIORI.NOUVELLES VARIÉTÉS DE FLEURS

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1 - NUOVE VARIETA’ DI FIORI.CANNE FIORIFERE.2 - NUOVE VARIETA’ DI FIORI.CROCUS. 3 - NUOVE VARIETA’ DI FIORI.DALIE 4 - NUOVE VARIETA’ DI FIORI.ROSE.5 - NUOVE VARIETA’ DI FIORI.AZALEE.6 - NUOVE VARIETA’ DI FIORI.GAROFANI.Rückseite - Retro - Verso 1 - CANNE FIORIFERE.Queste piante si trovano spesso, nei giardini privati e più ancora in quelli pubblici,

perchè in fitti gruppi formano un facile ornamento di prati ed aiuole. Beninteso, pur chiamandosi «canne», esse non hanno nulla in comune con quelle dei canneti, che appartengono a tutt'altra famiglia botanica. Derivano invece dal genere Canna, della famiglia delle Cannacee, di cui si conoscono 36 specie, quasi tutte americane. La più comune, da noi, è la canna indica, originaria delle isole Antille e Guiana.Si noti che per l'osservatore comune le specie di questa, come delle altre piante, allo

stato naturale, risultano quasi irriconoscibili rispetto alle piante stesse, coltivate, che ci danno i fiori di cui adorniamo le nostre case. La floricoltura, infatti, con i procedimenti che le sono propri, riesce a sviluppare determinati caratteri della pianta e del fiore, ad ottenere colorazioni più intense o nuove, a provocare una nuova conformazione e uno sviluppo, in numero e in grandezza, dei petali del fiore. E' una vera e propria opera di creazione, che richiede una perizia, una dedizione, un'attenzione grandissime, e dalla quale nascono continuamente nuove varietà. In questa figurina abbiamo rappresentato l'Assaut, di un bel color bruno rosso, di recente introduzione, e il Flamand rose, di un color rosa sfumato, che è del 1953.2 – CROCUS.Del Croco si conoscono allo stato naturale un centinaio e più di specie, tutte della

regione mediterranea e dell'oriente. E' un genere che appartiene alla sottofamiglia Croidee della famiglia Iridacee, ed è da tale piantina che si ricava un ingrediente notissimo: lo zafferano.Del Croco, che da noi fiorisce in primavera, si coltivano per ornamento molte

specie. In questa figurina seno raffigurate delle varianti di precedenti varietà, di cui conservano i nomi: Mammouth Yellow, che è giallo oro, Early Perfection, color porpora, e Jeanne d'Arc, di un bianco puro.Il floricultore ricava i propri risultati da un paziente e lungo lavoro di seminagione,

di ibridazione, di selezione. Uno dei principali mezzi di cui dispone è quello di ottenere degli ibridi, non solo incrociando specie diverse, ma anche incrociando individui di una stessa specie che presentino qualità diverse o che non siano destinati naturalmente a fecondarsi. E' così possìbile ottenere esemplari più robusti, ed isolarne o accentuarne determinati caratteri. Tutto ciò, pero, non si compie se non

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per mezzo di infinite prove, di innumerevoli tentativi, in cui il floricultore è guidato altrettanto dalla propria esperienza che dal proprio istinto e dalla propria comprensione dell'intima vita dei fiori.3 – DALIE.Il genere Dahlia appartiene alla tribù delle Eliantee, della famiglia delle Composte.

Questa pianta, originaria del Messico, ove gli abitanti facevano uso del suo tubero nella loro alimentazione, venne per la prima volta acclimatata in Europa nell'orto botanico di Madrid. Più tardi, nell'epoca napoleonica, fu portata in Francia, ma sempre considerandola come una possibile risorsa alimentare. Sotto tale profilo, però, l'insuccesso fu completo.Intervennero invece i floricultori, che ne fecero la pianta ornamentale oggi diffusa

in tutto il mondo e ben nota per i suoi fiori sgargianti che si presentano in un'infinità di tinte, di forme, di grandezze diverse. Sono tuttavia tre o quattro soltanto le specie che producono tali e tante varietà.Ogni anno i floricultori presentano nuove creazioni, che sono perfezionamenti o

variazioni di altre precedenti, da cui si differenziano talvolta per caratteristiche botaniche che sfuggono all'occhio dell'osservatore non competente. Sulla nostra figurina si vedono due varietà piuttosto recenti - Trionfo di Milano, rossa con le punte dei petali bianche, e Marioleta, di color arancione - con la Gold Flake, dal ricco capolino giallo chiaro, che è del 1946 e la Preferent (1943) di un rosa-arancio pallido.4 – ROSE.Il genere Rosa, della famiglia delle Rosacee, presenta un centinaio di specie, che crescono

spontanee nell'emisfero settentrionale, e che allo stato naturale danno fiori privi della sontuosa bellezza di quella che è stata denominata la regina dei fiori. La coltivazione della rosa, non solo per ornamento ma per trarne essenze, è antichissima, e basti ricordare la favolosa tradizione dei roseti persiani. Essa richiede, peraltro, molte cure, sìa riguardo al terreno, sia riguardo al lavoro di potatura e di innesto. La floricoltura si dedica incessantemente a produrre esemplari nuovi, che si distinguono per la perfezione o l'intensità del colore, per l'aspetto dei petali, per la loro consistenza: vere opere d'arte, che nascono da un'autentica specializzazione e da una raffinata esperienza estetica. In questa figurina sono raffigurate la Prinsess Maryke, rosso carminio, che è del 1947; la Juliette E. Bennungen, un ibrido di rosa tea, di color rosa antico, presentata e premiata nel 1939; la Prinsess Beatrix, del 1938, che è dì color giallo con venature arancio. Ma sono forse centinaia le varietà che vengono esposte ogni anno.Nella coltivazione delle rose, più ancora che per altri fiori, l'opera del floricultore deve

dedicarsi, per mantenere nella maggiore efficienza i caratteri del fiore, a un'opera quasi altrettanto complessa e per molti lati consimile a quella occorrente per la creazione di nuove varietà.5 - AZALEEQuando il floricultore ottiene un ibrido, incrociando individui diversi, la nuova

pianta e il suo fiore presenteranno caratteri un po' dell'uno e un po' dell'altro. Non sempre il nuovo tipo così creato, però avrà l'attitudine a riprodursi. Gli ibridi si distinguono infatti, a seconda del loro comportamento da tal punto di vista, in stabili, sterili e fertili. Talora, la pianta inizialmente sterile può divenire, con successive ripetizioni, totalmente o parzialmente fertile.Fino dai tempi più antichi l'uomo si è servito dei fiori per abbellire i dintorni,

l'esterno o l'interno delle proprie dimore. Si spiega così che piante da fiore originarie di una zona siano state trasferite e diffuse ovunque avevano possibilità di crescere e fiorire, e che la floricoltura si sia dedicata costantemente ad ottenere esemplari sempre più belli, robusti, e talvolta di aspetto inedito. Nella nostra figurina compaiono due varietà di Azalee: Dachnia. di un tenero rosa, presentata nel 1938, e

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Jeanne (1930) di colore violetto. L'Azalea è un genere della famiglia delle Ericacee, e il bel fiore che conosciamo, di cui si gloriano giardini famosi come quello della Villa Carlotta sul Lago di Como, cresce su arbusti che sono talvolta nani ma possono giungere fino a 2 metri di altezza.6 – GAROFANI.L'arte del giardinaggio, cioè la coltivazione di giardini da parte di privati, diventando

sempre più costosa e corrispondendo sempre meno, inoltre, alle mutate condizioni della vita contemporanea, è andata gradatamente scomparendo. I giardini e i parchi vengon oggi intrattenuti specialmente da enti pubblici, e i fiori per adornare le nostre case vengono prodotti su piede industriale. Largo sviluppo ha quindi assunto il commercio dei fiori recisi.Come l'Olanda si è specializzata nella coltivazione dì narcisi e tulipani, e come certe zone del

sud della Francia si dedicano alla coltivazione delle mimose, o della «violetta di Parma», cosi sulla Riviera italiana predomina la coltivazione dei garofani.Di questo bel fiore, fortemente decorativo, la presente figura riproduce due varietà: Floris Verster, del 1946, che è screziata di viola e di rosa, e Striped Beauty, di un colore arancio coi petali orlati dì arancio più carico, introdotta nel 1948. Anche di garofani le esposizioni, ogni anno, presentano innumerevoli creazioni, o particolari successi nella produzione di varietà precedenti. L'industria del fiore, costituisce un'attività economica delicata e complessa, che pone grossi problemi di trasporto e di smercio di questa che è tra le «merci» più deperibili: uno dei risultati cui si sforza di giungere la floricoltura è di produrre varietà, quanto più possibile resistenti, dei tipi che l'arte del floricultore ha via via creati.

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1618DIE BEARBEITUNG DES REISESLA LAVORAZIONE DEL RISO.LA LAVORATION DU RIZ

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1 - LA LAVORAZIONE DEL RISO.TREBBIATURA.2 - LA LAVORAZIONE DEL RISO.ESSICCAZIONE. 3 - LA LAVORAZIONE DEL RISO.SBRAMATURA.4 - LA LAVORAZIONE DEL RISO.SBIANCATURA. 5 - LA LAVORAZIONE DEL RISO.SOTTOPRODOTTI.6 - LA LAVORAZIONE DEL RISO.CONFEZIONE.Rückseite - Retro - Verso

1 – TREBBIATURA.Dopo che i covoni raccolti in campo sono stati portati sull'aia e abbicati, entrano in azione le trebbiatrici, che separano le spighette (riso vestito) dal resto della pianta (paglia). Queste macchine, che hanno completamente sostituito i mezzi animali, compiono in poco tempo moltissimo lavoro (dai 100 ai 300 quintali di risone al giorno) e provvedono inoltre a scartare i residui di paglia, i granelli di terra, i semi di piante infestanti e le spighette di risone mal conformate o vuote. Le trebbie possono essere azionate elettricamente oppure abbinate ad un trattore.Sono giorni di festa, quelli della trebbiatura, perchè gli agricoltori finalmente possono porre al sicuro i frutti di lunghi mesi di duro lavoro e di continue apprensioni. La sera, a lavoro finito, sull'aia polverosa accanto a boccali di vino frizzante, i contadini cantano allegramente celebrando così il termine delle loro fatiche.Attualmente stanno diffondendosi altri tipi di grosse macchine cingolate (mietitrebbiatrici) che, ove trovino terreno adatto, svolgono in un solo tempo le operazioni di mietitura e trebbiatura, per cui dove passano questi giganti meccanici, spariscono le bionde pannocchie e si depositano sul terreno i sacchi pieni di risone2 - ESSICCAZIONE.Il risone, appena trebbiato, non è ancora adatto ad essere riposto in magazzino, perchè solitamente contiene ancora un po' di umidità. Sarebbe pertanto pericoloso immagazzinare il prodotto così come si trova, perchè a qualsiasi minimo innalzamento della temperatura si inizia nell'interno dei monti di risone un processo di riscaldamento e di precottura che trasforma l'amido del riso, dandogli una colorazione ambrata o gialla.Allo scopo di evitare il rischio di alterazioni, si ricorre quindi all'essiccazione, che può

essere eseguita sull'aia o in appositi essiccatoi. Nel primo caso, il risone viene disteso sulle aie in strato sottile e poi ogni sera viene ammucchiato e coperto con teloni per evitare l'umido della notte; alla mattina viene ridisteso al sole finché non si abbia la sicurezza di una completa essiccazione. Nel secondo, si usano gli essiccatoi meccanici, che evitano il pericolo, sempre incombente nel mese di ottobre, di periodi piovosi. Negli essiccatoi, il calore viene prodotto da forni, a carbone o a nafta, che immettono correnti d'aria calda nella massa di risone disposta in strati sottili su apposite griglie sovrapposte.Terminate tali operazioni, il risone può venire tranquillamente immagazzinato in attesa di

essere trasportato nelle «pilerie» per le successive, vere e proprie lavorazioni.

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3 - SBRAMATURA.Il risone, prima di passare al consumo, deve essere lavorato; deve cioè venir privato delle glumelle e del pericarpo finché non appaia bianco. Gli stabilimenti ove il risone viene trasformato in riso sì chiamano «pilerie» perchè anticamente il prodotto veniva sgusciato sistemandolo ìn nicchie scavate in una grossa pietra e facendo cadere sul risone, in esse disposto, le cime di grossi pali (pestelli). La forza motrice era fornita o dalle braccia dell'uomo oppure, in epoche più recenti, da cascate d'acqua che ponevano in moto una ruota a pale. Tali apparecchi primitivi sono ancora ìn uso in zone arretrate dell'Asia.In Italia questi sistemi sono stati superati da oltre mezzo secolo e ovunque sono in

funzione le più moderne macchine.Il risone, dopo essere stato trasportato nelle riserie viene ventilato e liberato dai corpi estranei e dagli scarti. Viene poi immesso nel ciclo di lavorazione. La prima macchina che affronta è la sbramatrice, che sguscia il risone facendolo passare fra due dischi di smeriglio. In questa operazione al risone vengono tolte le glumelle, che formano la «lolla», e il germe.4 - SBIANCATURA.La massa di riso sbramata, prima di essere avviata alle sbiancatrici, viene passata in appositi separatori che tolgono le granelle rotte, mal conformate, verdi o di calibro minore. Per ottenere una sbiancatura completa, occorre passare tre o quattro volte lo sbramato nelle macchine sbiancatrici, ove il riso è costretto a ruotare fra un cono di smeriglio ed appositi freni di gomma regolabili. Ad ogni passaggio l'operazione va eseguita con sempre maggior attenzione per evitare di rompere la granella. Dopo il primo passaggio il riso viene chiamato sbramato speciale; dopo il secondo, mercantile; dopo il terzo, raffinato di 2° grado; ed infine, dopo il quarto, raffinato di 1° grado. In tali passaggi la cariosside perde il pericarpio e lo strato aleuronico - che vanno a formare la pula ed il farinaccio. Il riso ne esce pronto per il consumo, salvo un successivo passaggio nei brillatoi.In queste macchine il riso viene mescolato con glucosio e polvere di talco, e tenuto caldo con appositi fornelli. Dopo un quarto d'ora di agitazione, sui chicchi si forma un sottilissimo strato trasparente che dà loro una speciale lucentezza.Al posto della brillatura, si può dare al riso l'oleatura, facendolo girare per un quarto d'ora con una percentuale del suo stesso germe, a suo tempo levato. Poi il riso viene passato in appositi cilindri con un'aggiunta di olio di vaselina, che dà al chicco un colore translucido ed una levigatura uniforme.5 - SOTTOPRODOTTI.Da un quintale di risone si ottengono, dopo le lavorazioni già viste, circa Kg. 64 di riso raffinato, Kg. 20 di lolla, Kg. 7 di rotture e grana verde, Kg. 6 di pula, Kg. 2 di farinaccio, Kg. 1 di germe.La lolla, materiate povero, viene sfruttata come combustibile oppure, macinata, serve per la

fabbricazione di materiali ìsolanti o per la pulitura di metalli. Non deve essere usata come mangime perchè contiene molta silice, dannosa agli intestini del bestiame. Infine viene sfruttata per l'estrazione del furfurolo (aldeide furilica) che è molto richiesto dalle industrie. Quello che si vede sulla figurina è appunto un impianto per il furfurolo.Le rotture e la grana verde vengono di solito usate per becchime. Se le rotture sono belle, possono essere macinate per fare farine alimentari, oppure usate per le fabbriche di amido e di birra. Con la pula, che è molto ricca di proteine e di grassi, si fanno ottimi mangimi per- il bestiame; da essa sono inoltre estraìbili degli olii, usati particolarmente nell'industria dei cosmetici. Oltre a ciò la pula è molto richiesta per l'estrazione e preparazione di prodotti chimici e farmaceutici dato il suo buon tenore in fosforo, contenuto sotto forma di fitina o di inositolo.Anche il farinaccio ed il germe vengono usati per l'alimentazione del bestiame. Il germe

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però viene prima spremuto perché contiene una buona percentuale di olio.6 - CONFEZIONE.Dopo la brillatura od oleatura, il riso è pronto per la vendita. In genere viene spedito a

sacchi, però alcune qualità più pregiate vengono confezionate con apposite macchine che automaticamente pesano ed impacchettano il riso.I risi vengono suddivisi in tre tipi: comuni, semifini e fini. Le principali varietà di riso

comprese nel tipo comune sono le seguenti: Originario, Americano e Balilla. Nel tipo semifino, che è più bello e resiste meglio alla cottura, abbiamo: il Maratelli. il Vialone Nano, la Stirpe 136. Nei fini vengono comprese le razze più pregiate e perciò più care anche perchè, sullo stesso terreno, se ne produce un minor quantitativo; fra questi abbiamo il Vialone. l'Arborio e l'R. Bersani.Ogni tipo di riso è adatto ad un particolare piatto; per cui avremo dei magnifici risotti se

fatti con tipi fini, specialmente il Vialone, e delle ottime minestre se fatte coi semifini. Invece i tipi comuni, che resistono meno alla cottura e si spappolano facilmente, servono molto bene per fare le torte di riso e le cosiddette arancine.E' da ricordarsi che il riso è un alimento fàcilmente digeribile e pur essendo nutrientissimo non fa perdere la linea ed: è energetico al massimo, tanto è vero che i campioni in allenamento lo usano come base della loro alimentazione

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1619DIE MONSTER VON BOMARZOI MOSTRI DI BOMARZO.LES MONSTRES DE BOMARZO

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1 - I MOSTRI DI BOMARZO.Panorama.2 - I MOSTRI DI BOMARZO.I l drago.3 - I MOSTRI DI BOMARZO.L'elefante.4 - I MOSTRI DI BOMARZO.La cella.5 - I MOSTRI DI BOMARZO.La tartaruga.6 - I MOSTRI DI BOMARZO.Ercole e Caco.Rückseite - Retro - Verso 1 - PanoramaNel passare dall'Umbria al Lazio, il Tevere attraversa una zona ricca di antichissime memorie. La circondano Orvieto, il Lago di Bolsena, Viterbo, Terni e Spoleto, e il suo fascino austero e gentile, un po' segreto e remoto, è tipicamente italiano. Qui il Tevere - il Padre Tevere, il fiume «biondo» - trascorre tra colline non alte, ma scoscese, incoronate da città e cittadine le cui mura sono nobilmente annerite dalla patina del tempo. Su una di tali colline - a Bomarzo. antico dominio degli Orsini - s'erge un grandioso castello, eretto da quella illustre casata nel 1525 su disegni del Vignola. Il castello sovrasta un fertile valloncello: là dove era un parco (ed oggi si stendono coltivazioni di mais, o strapiombano dislivelli folti di cespugli) è disseminata una strana popolazione di pietra. Nella solitudine agreste, emergono dalla vegetazione figure mitiche, mostri, esotici animali - tutti di dimensioni gigantesche. Sono i «mostri» di Bomarzo. Non si riesce oggi a immaginare come dovesse apparire il giardino che i «mostri» ed altri motivi ornamentali, quali le enormi anfore, erano destinati a trasformare in luogo fantastico e «meraviglioso». Ma lo spettacolo incomprensibile ed enigmatico di quelle figure, altrettanto portentose che strambe, ha diffuso, soprattutto all'Estero, la fama di Bomarzo.2 - I l drago.A chi si debba attribuire l'idea di disseminare di stupefacenti abitatori di pietra il sito

agreste, non è stato stabilito con certezza. Si tende a ritenere che ciò sia accaduto intorno al 1560 o poco dopo, e si fa il nome del duca Pier Francesco detto Vicino Orsini. Certo è che il 12 dicembre 1564 Annibal Caro - nello scrivere al duca per certe pitture da far eseguire nel castello - dice che a Bomarzo vi sono «tant'altre cose stravaganti e soprannaturali». Potrebbe essersi riferito ai cosiddetti mostri, che quindi risalirebbero a qualche anno o qualche decennio prima; ma potrebbe essersi riferito solo agli importanti avanzi etruschi, per i quali Bomarzo è specialmente ricordata nelle guide turistiche.L'accertare a quale data risalgano i «mostri» importerebbe non solo per interessi di studio,

ma anche per spiegarsi l'origine e la natura di questa stravaganza ornamentale e ambientale. Il drago alato spalanca le fauci a difendersi dall'assalto di un leone e di un cane. In oriente lo stesso tema riceve trattazione assai diversa - più profonda, rituale, raffinata - eppure non vi è dubbio che questo drago, nella sua stilizzazione violenta ma ingenua, reca in quel sito, distante pochi chilometri dal Tevere, l'apparizione imprevedibile di un oriente lontano e favoloso.

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3 - L'elefante.L'elefante di pietra, a Bomarzo, regge con la proboscide il corpo esanime di un guerriero, e

sulla schiena reca una torretta da combattimento: subito la memoria torna alla storia romana imparata sui banchi di scuola, e precisamente ad uno degli episodi che più facilmente rimangono impressi, l'episodio di Pirro e del terrore suscitato nei combattenti romani dalla prima comparsa degli elefanti in battaglia. Anche l'elefante di Bomarzo, però, evoca l'arte indiana o cinese. Ci si sorprende a pensare al grande signore, chiunque egli sia stato, che si fece promotore di queste bizzarrie o ne fu addirittura ideatore. E ci si chiede quale effetto si ripromettesse da tali esotismi e se ne fosse consapevole.Infatti le grandi ville, i palazzi, i grandi giardini che fino al tardo Rinascimento - ed anche quando il Barocco divenne il gusto imperante - manifestarono l'ambizione di principi e di alti prelati, ebbero pur sempre a propria giustificazione maggiore il diletto estetico, la raffinatezza artistica, la genialità dell'invenzione. Non così a Bomarzo, dov'è evidente la volontà di stupire solo in virtù del colossale, dell'orrido, dell'inaudita stranezza dei soggetti, insomma in virtù di un'immaginazione violenta, spicciola, priva di raffinatezza, non riscattata dall'arte. Questo forse, in unione alle dimensioni madornali, conferisce ai «mostri» di Bomarzo un aspetto opprimente e sinistro.4 - La cella.L'orrido mascherone dalla bocca spalancata, sdentata, ma provvista di zanne, dagli occhi rotondi e dal naso schiacciato, con le nari rilevate, potrebbe quasi parere buffo - una stramberia da giardino provinciale - se le dimensioni, e le pieghe della pietra che ne disegnano il ghigno, non lo rendessero partecipe di una vita monumentale e arcana. La stilizzazione della linea sopraccigliare, corrugata, e delle orbite, contribuisce in primo luogo a fare di questa vasta cella, dove era possibile rifugiarsi all'ombra e rifocillarsi come in un chiosco, una creazione enigmatica, e che richiama anch'essa l'oriente.I mostri di Bomarzo non furono ricavati dalla pietra ad opera di famosi scultori o di artigiani dotati di superiore abilità. Furono probabilmente anonimi scalpellini a riprodurre i disegni appositamente approntati da qualche artista, utilizzando, pare, dei massi di peperino che già erano sul luogo. Ciò spiegherebbe che i «mostri» siano disseminati senza ordine: furono scolpiti sul luogo stesso su cui sou poi rimasti sino ai giorni nostri.5 - La tartaruga.Un'altra bizzarria è la tartaruga, sul cui guscio si innalza un «trionfo» composto di un

capitello, di una sfera, di una figura umana in grandezza naturale... Sono in fondo motivi che ricorreranno nell'arte del Seicento, impennacchiata, e amante delle assurde complicazioni; un'arte cioè in cui la ricchezza di ispirazione, caratteristica del Tre. Quattro e Cinquecento, si scioglie in frenesia formale. Nel grande periodo Rinascimentale l'arte rifletteva la profondità, l'estensione e la vivacità dì una vita intellettuale e spirituale intensa e fresca; nel Seicento tale vita si blocca su binari più rigidamente convenzionali, perde lo slancio della scoperta e della fede, perde umanità; la sfiducia e lo scetticismo consentono che si manifesti un atteggiamento falso, esagerato, nei confronti della vita, in cui il lusso e il privilegio diventano la mèta ambita.I «mostri» di Bomarzo possono forse essere considerati come una manifestazione prematura

di tale atteggiamento, come la prematura manifestazione dì una mentalità «mostruosa», fonda(menta)lmente priva di spiritualità e di superiori speranze - la mentalità stessa che interruppe la grande conquista umanistica della civiltà rinascimentale.6 - Ercole e CacoUn Ercole seduto su un'armatura fa l'atto di squarciare e precipitare un personaggio che

vuol rappresentare probabilmente Caco. L'esecuzione è però così rozza che la vittima di Ercole è stata anche ritenuta una donna. L'impressione generale è che l'artista che concepì e progettò i «mostri» si sia dilettato all'idea di far eseguire in pietra, e con grezza fattura, temi propri nonché della scultura antica, anche di pitture e disegni. Il risultato non è forse di alta

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qualità artìstica, ma è certo curioso e tale da attrarre a Bomarzo i visitatori che si aggirano nei prati e sui declivi facendo i più strani incontri: deità enormi e solitarie, una balena, un'Arianna abbandonata, grandi sfingi, ed urne, e grotte con figure scolpite...Quello che più risulterà sconcertante è l'accorgersi a un tratto che i misteriosi avanzi etruschi

di cui la zona è ricca, in qualche modo si accordano con i «mostri» di Bomarzo, come se l'Orsini che volle così abbellire il suo dominio avesse più o meno subito l'influenza degli antichissimi progenitori etruschi, il popolo che imperava in Italia con una civiltà complessa e compiuta quando i latini erano ancora un'oscura tribù di pastori.

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1620DIE BÄRENGLI ORSILES OURS

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. - DIE BÄREN.Der Eisbär (Thalassarctos maritìxnus - gemäss dem Naturforscher Phipps).2. - DIE BÄREN.Der Schwarzbär und der Grizzlibar (Ursus americanus, Ursus horribilis - gemäss dem Naturforscher Pallas).3. - DIE BÄREN.Der malayische Bar (Helarctos malayanus - nach Linné).4 - DIE BÄREN.Der braune Bär (Ursus arctos - Linné)5. - DIE BÄREN.Der Kragenbär und der Prankenbär (Ursus tibetanus, Ailuropus melanoleucus - Cuvier).6. - DIE BÄREN. Der Wickelbär (Potos flavus - Schreber) vormals Cercaleptes candivolvus (Pallas). Der Nasenbär (Nasua rufa - Desmarest)..1. LES OURS. OURS BLANC.2. LES OURS. OURS NOIR et OURS GRIS 3. LES OURS. OURS MALÀIS 4. LES OURS. OURS BRUN.5. LES OURS. OURS A COLLIER et PANDA GEANT 6. LES OURS. KINKAJOU Rückseite - Retro - Verso

1. - DIE BÄREN.Der Eisbär (Thalassarctos maritìxnus - gemäss dem Naturforscher Phipps).Dieser Bär hält sich ìn den nordlichen Polargegenden auf ; er lebt auf den Eisbänken und dem vereisten Festland der arktischen Küsten Asiens und Amerikas. Da er ein Allesfresser ist, unterscheidet er sich von den echten Fleìschfressern; seine Nahrung begreift nämlich ausscr Robben, Seevögeln und Fischen auch Meergraser.

Auf dem Festlande bewcgt sich der Eisbär mühsam und schwerfällig fort, dennoch legt er beim Verfolgen seiner Beute eine beachtenswerte Ausdauer an den Tag. Im Wasser werden seine Bewegungen erleichtert durch die grosse Masse Fett, die sein Eigengewicht vermindert und dem des Wassers gleichstellt. Er kann stundenlang mit einer Geschwindigkeit von 6 Stkm schwìmmen. Er ist also ein ausgezeichneter Schwimmer und obendrein ein guter Taucher, der mit Leichtigkeit cinen schwìmmenden Lachs fangen kann. Der Eisbär besitzt einen gut ausgebildeten Geruchs- und Gesichtssinn. Als sehr geschickter Robbenjäger lässt er sich geräuschlos ins Wasser gleiten, nähert sich auf dem Rückcn schwimmend seiner Beute und taucht dann mit Gewandtheit auf die Robbe los. Manchmal schwimmt er sogar unter dem Eise bis zu irgend einer Ofinung, um dort eine Robbe zu überraschen, die jetzt an keine Flucht mehr denkcn kann. Im Gegcnsatz zu den andern Bären tötet er durch Beissen und nicht durch Zerreisen mit den Krallen; übrigcns spielt er mit seiner Beute wie die Katze

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mit der Maus. Glcichgültig gegenüber der Temperatur, hält er keinen Winterschlaf (nur die Bärinnen zìehen sich im Winter zurück, um nach 240 Tagen 1 oder 2 Junge zur Welt zu bringen). Die Jungen lernen leicht schwìmmen und jagen und lieben es, sich auf dem Rücken der Mutter auszuruhen. Das Tìer verträgt die Gefangenschaft gut.

2. - DIE BÄREN.Der Schwarzbär und der Grizzlibär (Ursus americanus, Ursus horribilis - gemäss dem Naturforscher Pallas).Den Schwarzbären oder Baribal trifft man häufig in den Wäldern, die sich von der Ostküste des Atlantiks bis zur Grenze Kaliforniens und von den Polargegenden bis nach Mexiko erstrecken. Bei den Indianern ist die Bärenjagd von einer Art religiosen Festes gefolgt, die als Zweck die Versohnung mit dem Geist des Verstorbenen hat. Der Baribal mit seinem schwarzen Fell ist ein ausgezeichneter Kletterer, der sich ausschliesslich von Früchten nährt.

Der Graubär, auch gemeinhin Grizzli genannt und berühmt durch die Erzählungen der Indianer, sieht dem braunen Bären verbluffend ähnlich, trotz seines leicht grosseren Wuchses. Er bewohnt die westlichen Gegenden Nordamerikas von Mexiko bis nach Alaska am Felsengebirge entlang. Die Jägcr nennen ihn oft «Ephraim», um dadurcb seine Kraft zu unterstreichen. Die Jagd auf den Grizzli ist immer gefährlich. Als junges Tier ist er schon eìn ausgezeichneter Kletterer, der sich von Eicheln nährt. Später greift er jedes Tier an, das ihm in die Quere kommt, selbst den grossen Büffel. Mit seinen starken, nicht zurückziehbaren Krallen verletzt er seìne Beute tödlich. Wie alle Bären ist der Grizzli ein Sohlengänger. Seine Bewegungen sind plump; dennoch ist er ein guter Schwimmer, der selbst breite Flüsse durchqueren kann. Das dichte, langhaarige Fell ist blass an den Haarspitzen; im ganzen aber stellt es einen schönen Schmuck mit feinen Farbabstufungen dar. Der junge Grizzli ist ein angenehmes und kicht zähmbares Tier.

3. - DIE BÄREN.Der malayische Bär (Helarctos malayanus - nach Linné).Von allen Landbären überquert ein einziger den Äquator in Richtung Süden: der malayische Bär, auch Bruan oder Kokospalmenbär genannt. Er ist von kleinem Wuchs (1,20 m) und ernährt sich ausschliesslich von Früchten. Er ist ein ausgezeichneter Kletterer und lebt in den endlosen Wäldern Birmas, Sumatras, Malakkas und Borneos. Er verursacht grosse Schäden in den Zuckerrohrplantagen und verachtet auch nicht Kokosnusse und junge Kokospalmentriebe. Junge Tiere von kleinem Wuchs verschmäht er ebenfalls nicht. Der Bruan hält sich mit Leichtigkeit aufrecht und seine Fusspuren gleichen denen des Menschen. Auf Sumatra sehen die Eingeborenen in diesen Spuren diejenigen des Orang-Pendek: eines kleinen, wahrscheinlich nur in ihrer Phantasie lebenden Menschen, der in den malayischen Wäldern von Djambi und Palembang leben soll. Der malayische Bär ist ein Nachttier. Tagsüber versteckt er sich und schläft in Baum- und Felshöhlen; manchmal baut er sich auch ein plattes Nest auf einen Baum. Man trifft ihn gewöhnlich paarweise an. Er ist sozusagen sesshaft, d. h. er hält sich immer in einem ziemlich eng begrenzten Umkreis auf. Die Haut um Kopf und Nacken ist sehr weit und stellt so unzweìfelhaft einen Schutz im Kampfe dar. Der Bruan wird kaum 8 Jahre alt, wohingegen der Eisbär das Alter von 15 Jahren und der Braunbär dasjenige von 30 bis 40 Jahren erreichen kann.

4 - DIE BÄREN.Der braune Bär (Ursus arctos - Linné)

Den braunen Bären, den am häufigsten vorkommenden Landbären, trifft man ziemlìch oft in den gebirgigen Wäldern Europas und Nordasiens an. In Frankreich begegnet man ihm noch in den Pyrenäen (Ariège und Basses-Pyrénées). Die Höhlen unter den Wurzeln der Bäume und die Felsspalten sind seine hestcn Schlupfwinkel, in denen er sich vor seinem geschworenen Feinde, dem Menschen, versteckt. Die Bewegungen des braunen Bären sind

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dem Scheine nach plump, aber er holt mit Leichtigkeit eir.cn Menschen ein und kann auch andere Opfer durch langes Verfolgen ermüden. Die langen Hinterbeine erleichtern ihm das Bergaufsteigen beträchtlich; bergab büsst er jedoch immer an Geschwindigkeit ein. Im Februar bewegt er sich nur mühsam fort, denn zu dieser Zeit erneuert sich die Haut der Fussohlen. Er wirkt wohl lächerlich, ist aber wild und grausam, wenn er mit seinen nicht zuruckziehbaren Krallen die Brust seines Opfers aufreisst. Er verschlingt seine Beute nicht unverzüglich, sondern bedeckt sie oft mit Moos, um sie später holen zu kommen. Während des Winterschlafes lebt das Tier von seinem Fett. Er leckt sich oft die Pfoten - daher der Glaube, er würde aus ihnen das Fett heraussaugen. Die Tragzeit beträgt 6 Monate - die Jungen sind sehr lustig, ungeschìckt, zerstreut und klappern mit den Zähnen, wenn sie Angst haben.In Spanien toten «Oseros» genannte Jäger den Bären im Zweikampf. Sie sind dabei bloss mit einem zweispitzigen Dolch und einem Messer bewaffnet. Die erste Spitze wird in den Hals des Tieres gestossen; dieses treibt sich die zweite durch seine Kopfstösse selbst in die Brust. Das Messer dient dazu, dem Tiere den Gnadenstoss zu geben.

5. - DIE BÄREN.Der Kragenbär und der Prankenbär (Ursus tibetanus, Ailuropus melanoleucus - Cuvier).

Der Kragenbär, der asiatische Vertreter des Baribals, besitzt mit Ausnahme seines Kragens ein sehr glattes, schwarzes Fell mit einem grossen gelben V auf der Brust. Er ist sehr verbreitet im Himalayagebiet und gehört zur selben Familie wie der «kleine japanische Bär» (Tremarcto japanieus - Schleg).Im Jahre 1870 entdecktc der Pater David eine andere Bärenart in den gebirgigen Gegenden des Mupin. Bloss einige Exemplare dieser Art konnten in den letzten Jahren in europäische und amerikanische Tiergärten gebracht werden. Dieser «Bär des Paters David» oder Riesenpanda lebt im Bambusdschungel der chinesischen Provinz Sze-tschwan und im Himalaya. Er hat die Grosse, eines kleinen Braunbaren; Rumpf, Kopf und Hals sind weiss, während Tatzen, Ohren und Augenringe schwarz sind. Der «Bambusbär» ist gekennzeichnet durch dichtbehaarte Sohlen. Er gehort übrìgens der dritten Gattung der Bären an: den im Tibet lebenden Katzenbären. Seine Nahrung besteht ausschliesslich aus Bambustrieben.

Der «kleìne Panda» bewohnt dieselbe Gegend. Sein Fell ist rotgelb. Allerdings sind Tatzen und Bauch schwarz, Backen und Kinn weiss. Als ausgezeichneter Kletterer besitzt er zurükziehbare Krallen. Er erreicht kaum 60 cm.6. - DIE BÄREN. Der Wickelbär (Potos flavus - Schreber) vormals Cercaleptes candivolvus (Pallas). Der

Nasenbär (Nasua rufa - Desmarest).Diese beìden Exemplare gehören der mit den Bären verwandten Familie der Kleinbären

an. Sie sind wie die Bären Sohlengänger und Allesfresser. Sie unterscheìden sich von ihnen durch ihren kleinen Wuchs, der dem einer grossen Katze ähnelt. Die Alte Welt kennt nur einen Vertreter dieser Gruppe; den kleinen Panda. Die Neue Welt hingegen besitzt viele Arten: den Waschbären, den Nasenbären und den Wickelbären.

Der Waschbär bewohnt Nordamerika und gleicht durch sein Fell dem Dachse, Der Krabbenwaschbär lebt in Südamerika. Beide halten sich auf Bäumen, auf dem Lande und im Wasser auf - ersterer wäscht seine Nahrung bevor er sie verzehrt, letzterer nährt sich vor allem mit Krabben. Die Nasenbären unterscheiden sich von den anderen Arten durch einen länglicheren Körper und eine Schnauze, die sich in eine Art Rüssel verlängert. Der rotgelbe Nasenbär hält sich häufig in den warmen Gegenden Südamerikas auf, während der braune Nasenbär in höher gelegenen Gebieten lebt, in Mexiko und Guatemala.Der Wickeìschwanz des Wickelbären ermöglicht das Fortbewegen in den Bäumen. Der Wickelbär liebt den Honig leidenschaftlich. Dank seiner langen und spitzen Zunge kann er sich denselben leicht verschaffen. Er lebt in denselben Gegenden wie der rotgelbe Nasenbär.

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1. OURS BLANC (Thalarctos maritimus - d'après le naturaliste Phipps). Cet Ursidé habite les régions circompolaires (qui environnent le pôle); il vit sur la banquise et sur les terres glacées des côtes arctiques de l'Asie et de l'Amérique. Etant omnivore, il diffère des carnassiers véritables. Sa nourriture comprend, outre les phoques, oiseaux de mer et poìssons, de l'herbe marine.Sur terre l'ours blanc se déplace difficilement - ses mouvements sont lourds - néanmoins il fait preuve d'une endurance remarquable en poursuivant sa proie. Dans l'eau ses mouvements sont facilités par la grande masse de graisse qui augmente son volume, diminue son poids spécifique et le rend égal à celui de l'eau. L'ours blanc peut nager pendant des heures à la vitesse de 6 km/h. Excellent nageur, il est aussi bon plongeur, fort capable d'attraper un saumon en pleine course. L'ours blanc possède un odorat et une vue très développés. Très habile à la chasse au phoque, il se laisse glisser à l'eau sans bruit, se rapproche de la proie en nageant contre le vent, puis plonge avec agilité à hauteur du phoque. Parfois même il nage sous la glace, jusqu'à l'une ou l'autre ouverture, pour y surprendre un phoque désormais incapable de fuir. Contrairement aux autres ours, il tue en mordant et non en déchirant la victime de ses griffes; d'ailleurs il joue avec elle comme un chat avec une souris. Cet ours maritime, indifférent à la temperature, ne fait pas d'hivernage (seul les ourses se retirent l'hiver pour mettre bas 1 ou 2 petits après une gestation d'environ 240 jours). Les petits apprennent vite à nager et chasser, ils adorent se reposer sur le dos de la mère. L'animal vit facilement en captivité.2. OURS NOIR et OURS GRIS (Ursus americanus, ursus horribilis - d'après le naturaliste Pallas).L'ours noir, ou baribal, se rencontre fréquemment dans les bois qui s'étendent de la côte Est

de l'Atlantique à la frontière de Californìe, et des régions polaires jusqu'au Mexique. Chez les Indiens la chasse à l'ours est toujours suivie d'une fête à caractère religieux, ayant pour but la réconciliation avec l'esprit du disparu.Excellent grimpeur, le baribal au pelage noir luisant se nourrit uniquement de fruits.

L'ours gris, nommé communément "grizzli", bien connu par les récits d'Indiens, ressemble étonnamment à l'ours brun, quoique de taille un peu supérieure. Il habite les régions Ouest de l'Amérique du Nord, depuis le Mexique jusqu'en Alaska, tout le long des Rocheuses. Les chasseurs lui donnent souvent le nom "d'Ephraim" pour faire honneur à sa puissance. La chasse à l'ours gris présente toujours des dangers. Tout jeune, il est excellent grimpeur et se nourrit de glands. Plus tard, devenu adulte, il attaque l'animal qu'il rencontre, même le grand bison. Avec ses fortes griffes non rétractiles, il blesse sa victime à mort. Comme tout ursidé, la démarche du grizzli est plantigrade, c. à d. qu'il marche sur la plante des pieds. Ses mouvements sont lourds; néanmoins il est très bon nageur, capable de traverser de larges rivières. La fourrure épaisse, aux très longs poils, est terne aux extrémités, mais dans l'ensemble, son pelage aux fines nuances forme une belle parure. Le jeune grizzli est un animal agréable et facile à apprivoiser.3. OURS MALÀIS (Helarctos malayanus - d'après le naturaliste Linné).De tous les ours terrestres, un seul dépasse l'équateur vers le Sud: l'ours malais ou

"bruan" appelé encore "ours des cocotiers". De petite taiIle (1,20 m), l'ours malais se nourrit uniquement de fruits. C'est un

grimpeur remarquable qui vit dans les immenses forêts de Birmanie, Sumatra, Malacca et Bornéo. Il cause de grands dégâts aux plantations de cannes à sucre. Ses préférences vont aussi aux noix de coco, ainsi qu'aux pousses de cocotiers. Enfin, il ne dédaigne pas les jeunes animaux de petite taille. Le bruan se tient facilement debout et l'empreinte qu'il laisse sur le sol ressemble à celle de l'homme. A Sumatra, les indigènes prennent cette empreinte pour la trace de l'orang-pendek: (petit homme, probablement imaginaire, qui aurait vécu dans les bois malais de Djambi et Palembang). L'ours malais se promène la nuit. Pendant le jour il se cache et dort

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dans le creux d'un arbre ou dcns une crevasse de rocher; parfois même il se construit un nid plat dans l'arbre. On les rencontre généralement par paire. Il est à peu près sédentaire, c. à d. que son habitat est localisé à un espace assez restreint.

La peau autour du cou et de la nuque est très ample. Cette particularité constitue indubitablement une protection au combat. Le bruan atteint à peine l'âge de huit ans. Par contre, la durée d'existence de l'ours blanc est de 15 ans, celle de l'ours brun de trente à quarante ans.4. OURS BRUN (Ursus arctos - Linné)L'ours brun, le plus répandu des ours terrestres, se rencontre assez fréquemment dans les forêts montagneuses de l'Europe et de l'Asie septentrionale. En France on le rencontre encore dans les Pyrénées (Ariège et Basses-Pyrénées).Les creux sous les racines des arbres, les crevasses entre les rochers sont pour lui le meilleur refuge où il se cache devant l'ennemi juré: l'homme. Les mouvements de l'ours brun sont apparamment lourds, mais il rattrape facilement un homme et peut fatiguer d'autres victimes en de longues poursuites. Les longues pattes arrières facilitent considerablement les mouvements dans la montée; par contre dans la descente, l'animal perd sa vitesse. En février, il court difficilement car à cette epoque la peau de la plante des pieds se renouvelle. Comique mais feroce, l'ours brun tue en déchirant la poitrine de sa proie de ses griffes non rétractiles. Il ne dévore pas immédiatement sa victime, mais la recouvre souvent de mousse pour la retrouver plus tard. Durant l'hivernage l'animal vit de sa graisse. Il se lèche souvent les pattes - d'où la croyance qu'il en extrait de la graisse.

La gestation dure près de 6 mois - les jeunes sont très gais, maladroits, distraits, et claquent dcs dents chaque fois qu'ils ont peur.

En Espagne les chasseurs nommés "oseros" tuent l'ours en duel, munis seulement d'un poignard à 2 pointes et d'un couteau. La première pointe est enfoncée dans le cou; l'ours s'enfonce la seconde dans la poitrine par ses coups de tête. Le couteau sert à achever l'animal.5. OURS A COLLIER et PANDA GEANT (Ursus tibetanus, ailuropus melanoleucus -Cuvier).L'ours à collier, représentant asiatique du baribal, possède une fourrure très lisse,

exception faite du collier. Son pelage est noir avec un grand V jaune sur la poitrine. Il est très répandu dans l'Himalaya et appartient à la méme famille que le "petit ours japonais" (tremarctos japanicus - Schleg).

En 1 870, le Père David découvrit une sorte d'ours dans les régions montagneuses du Moupin. Quelques spécimens seulement de cette espèce ont pu être amenés, ces dernières années, dans les jardins zoologiques européens et américains. Cet "ours du pére David" ou "panda géant" vit dans la jungle de bambous de la province chinoise Szetsjouang et dans l'Himalaya. Il a la taille d'un petit ours brun, le tronc, la tête et le cou blancs, tandis que les pattes, les oreilles et l’anneau autour des yeux sont noirs. "L'ours des bambous" se caractérise par les poils recouvrant la plante des pieds. Il appartient d'ailleurs au troisième type de la famille des Ursidés: les Ailuropes, vivant au Thibet. Sa nourriture consiste uniquement en pousses de bambous.

Le "petit panda" habite la même région. Grimpeur remarquable, au pelage roux - exception faite des pattes et du ventre noirs, des joues et du menton blancs - il possède des griffes rétractiles. Sa taille atteint à peine 60 cm.6. KINKAJOU (Potos flavus - Schreber), anciennement cercaleptes candivolvus (Pallas). COATI roux (Nasua rufa - Desmarest)Ces 2 spécjmens appartiennent à la famille des procyonidés, apparentée aux ours, dont ils possèdent plusieurs caractères (ils sont notamment plantigrades et omnivores). Ils s'en distinguent cependant par leur taille beaucoup plus petite, comparable à celle d'un gros chat. L'Ancien Monde ne connait qu'un représentant de ce groupe: le petit panda. Le Nouveau Monde, par contre, compte bon nombre

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d'espèces: les ratons, les coatis et le kinkajou.Le raton laveur habite l'Amérique du Nord et ressemble au blaireau par son pelage. Le raton crabier vit en Amérique du Sud. Tous deux sont arboricoles (qui habitent les arbres), terrestres et aquatiques - le premier lave ses aliments avant de les

consommer, le second se nourrit surtout de crabes. Les coatis se distinguent des autres espèces par un corps plus allongé et un museau prolongé par une sorte de groin. Le coati roux se rencontre fréquemment dans les régions chaudes de l'Amérique du Sud, tandis que le coati brun vit à de plus hautes altitudes, au Mexique et au Guatemala.La queue prenante du kinkajou facilite beaucoup ses évolutions dans les arbres. Le kinkajou adore le miel qu'il prend aisément, aidé en cela par une langue effilée. Il vit dans les mêmes régions que le coati roux.

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1621DIE PAPAGEIENI PAPPAGALLILES PERROQUETS.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. - DIE PAPAGEIEN.Der Ara Makao oder rote Ara (Arakanga).2, - DIE PAPAGEIEN.Der Gelbhaubenkakadu.3. - DIE PAPAGEIEN.Probosciger aterrimus (Schwarzer Kleinzüngler). 4. - DIE PAPAGEIEN.Der Jako oder rotschwänzige Graupapagei.5. - DIE PAPAGEIEN.Der Senegal- und der Amazonenpapagei oder grüne Papagei.6. - DIE PAPAGEIEN.Der Nestor oder Kea Neuseelands.1. LES PERROQUETS.L'ARA MACAO OU L'ARA ROUGE.2. LES PERROQUETS.LE CACATOES A HUPPE JAUNE.3. LES PERROQUETS.LE MICROGLOSSE NOIR.4. LES PERROQUETS.LE JACO OU PERROQUET GRIS A QUEUE ROUGE5. LES PERROQUETS.LE PERROQUET DU SENEGAL ET LE PERROQUET VERT OU AMAZONE.6. LES PERROQUETS.LE NESTOR OU KEA DE LA NOUVELLE-ZELANDE.Rückseite - Retro - Verso 1. - DIE PAPAGEIEN.Der Ara Makao oder rote Ara (Arakanga).

Man bezeichnet gewöhnlich unter dem Namen «Papageien» eine Gruppe von mehreren hundert Vögeln, für die ein breiter gekrümmter Schnabel, sowie Füsse mit zwei nach vorn und zwei nach hinten gerichteten Zehen bezeichnend sind. Sie bilden unter dem wissenschaftlichen Namen «Psittaciformae» eine wohlbegrenzte Ordnung der grossen zoologischen Klasse der Vögel.

Die Papageien, von denen verschiedene die Fähigkeit haben, die menschlische Stimme, andere Laute und Pfeifen nachzumachen, und die sich meistenteils in Bäumen aufhalten, trifft man in allen Erdteilen ausser Europa an. Sie verlassen jedoch kaum die tropischen Gegenden. Sie erreichen ein hohes Alter: man berichtet von Papageien, die in der Gefangenschaft 70, sogar 80 Jahre alt wurden. Die mehreren hundert Arten, die die Ordnung der Psittaciformae bilden, zerfallen in 2 grosse Familien: die Lorikets und die Sittiche (Psittacinae). Zur zweiten gehören die Aras, die Amazonen, die Graupapageien, die Kadadus und die Sittiche. Die Aras sind grosse Papageien mit lebhaften Farben und langem Schwanze, die in Zentral- und Südamerika heimisch sind. Man kennt ungefähr 20 Arten. Zu den schönsten und grössten gehört der Ara Makao, auch roter Ara oder Arakanga genannt. Die Farben seines Gefieders sind Rot, Blau, Grun und Gelb. Rot herrscht jedoch vor und bedeckt Kopf, Hals, Brust und Bauch.2, - DIE PAPAGEIEN.

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Der Gelbhaubenkakadu.Die Kakadus sind grosse bis mittelgrosse Papageien, die leicht kennbar sind an ihrer je nach

der Art gefärbten Haube auf dem Hinterkopf, die sie nach Belieben aufrichten können. Der dicke, kurze Schnabel ist ebenso hoch wie breit. Die Flügellänge entspricht der halben Schwanzlänge.

Die Kakadus stammen aus den südlichen Ländern: Indien, Australien, Neu-guinea, den Philippinen und deren Nachbarinseln. Sie leben in grossen Gruppen in den Wäldern und nähren sich von Früchten, Samenkernen, Champignons und Pflanzenknollen. Sie sind gewöhnlich von heller Farbe (weiss, grau, rosa). Die am häufigsten vorkommende Art ist der Gelbhaubenkakadu (Cacatua galerita), dessen Gefieder zum grössten Teile weiss ist; nur die Haube, die Ohrengegend, die Bauchmitte und die Flügel sind blassgelb. Der Schnabel ist schwarz, die Füsse graubraun. Man trifft ihn an in Australien und Tasmanien. Die meisten Kakadus lassen sich leicht zähmen; man kann ihnen ohne Mühe Wörter und sogar ganze Sätze beibringen. Was ihre Nahrung anbetrifft, begnügen sie sich mit Brot. Früchten, Hanfsamen, Endivienblättern, Kohl, Mandeln, Nüssen und Haselnüssen. Bei guter Pflege ertragen sie die Gefangemschaft gut.3. - DIE PAPAGEIEN.Probosciger aterrimus (Schwarzer Kleinzüngler). Zu den «Psittaciformae» gehört eine sehr eigenartige Art, die sowohl an die Kakadus, als an die Aras erìnnert. Es handelt sich um den Probosciger aterrimus, der gleich dem Ara, nackte Backen hat und gleich dem Kakadu eine Haube und einen kurzen, quadratförmigen

Schwanz aufweist. Sein Gefieder ist vollkommen schwarz. Man trifft ihn an in Nordaustralien, Neuguinea und den benachbarten Inseln. Als Hauptmerkmal besitzt er eine lange, zylinderförmige Zunge, die in einer napfchenförmigen Anschwellung endigt. In Wirklichkeit bildet diese kleine, schwarze Anschwellung die eigentliche Zunge, während der zylindrische, rote Teil nur eine Stütze darstellt. Nachdem der Vogel seine Nahrung im Schnabel zerkleinert hat, führt er sie nach hinten und das Näpfchen füllt sich. Ein Vorsprung am Gaumen ermöglicht es ihm, es zu entleeren, wenn es voll ist. Der freie Kleinzüngler lebt meistenteils auf dem Gipfel hoher Bäume. Er nährt sich von Samenkernen und hartschaligen Früchten. Er kann sehr alt werden in Gefangienschaft, denn er gewöhnt sich ziemlich schnell an Hanfsamen und die Ernährung der gefangenen Kakadus.4. - DIE PAPAGEIEN.Der Jako oder rotschwänzige Graupapagei.Die Kunst, Papageien zu zähmen und zu erziehen, kannte man schon im hohen Altertum. Alexander der Grosse brachte aus Indien Papageien mit. Die Römer schätzten sie ebenfalls, und im Mifctelalter vertrieben sich die reichen Ritter die Zeit, indem sie ihnen das Sprechen beibrachten.Die besten Sprecher sind die mitbelgrossen, aus Afrika stammenden Papageien. Am meisten gesucht wegen seiner Intelligenz und Redeleichtigkeit ist der Jako, auch Graupapagei oder rotschwänziger Papagei genannt. Seìn wissenschaftlicher Name ist «Psittacus erithacus». Er lebt auf der Westküste und im Innern Afrikas, hauptsächlich aber in Belgisch-Kongo. «Durch seine Sanftmut, seine Gelehrigkeit und Anhänglichkeit an seinen Herrn», sagt; der Naturalist Brehm, «verdient er die Gunst, die er geniesst». Sein. ganzes Gefieder ist asch-grau; heller jedoch sind Kopf, Hals und Backen, sonst ist er überall dunkler mit Ausnahme des blutroten Schwanzes. Der Jako ist sehr gesellig; ist er gut an das Klima gewöhnt und wird er gut gepflegt, kann er 50 Jahre alt werden. Man berichtet sogar von 80 jährigen Jakos. Hanfsamen, Mais, Sonnenblumenkerne. N fisse, Haselnüsse, süsse Mandeln und verschiedene Früchte - Fleisch und Süssigkeiten ausgeschlossen - bilden eine ausgezeichnete Nahrung für die Jakos und für alle Papageien im allgemeinen. Petersilie und bittere Mandeln sind starke Gifte für sie.

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5. - DIE PAPAGEIEN.Der Senegal- und der Amazonenpapagei oder grüne Papagei.Zu den Psittaciformae gehören verschiedene Arten, die als Hauptmerkmale einen kurzen, geraden und breiten Schwanz haben, der um die Hälfte seiner Länge über die Flügelenden hinwegreicht; desweitern einen kräftigen Schnabel mit einem Kamm, der eine Vertiefung aufweist und einen weit ausschweifenden Oberschnabel. Sie bewohnen die tropischen Regionen Amerikas und Afrikas.Zu den typischsten Arten gehören der Senegalpapagei und der Amazonen- oder grüne

Papagei.Der Senegalpapagei (Pococephalus senegalus), auch Graupapagei und Yuyu genannt, ist ein

schöner, um den Kopf und den Hals graugefiederter Vogel; Rücken, Flügel und Brust sind hingegen grün, während der Bauch orangenfärbig ist. Er lernt sprechen, jedoch viel schwerer als der Jako. Der Amazonenpapagei (Amazona) oder grüne Papagei wohnt in Mittelamerika, hauptsächlich in den Urwäldern des Amazonas. Er ist sehr gesucht wegen seiner Schönheit und seiner grossen Sprachfähigkeit. Sein Gefieder ist ein Gemisch von Grün, Blau, Rot, Gelb, Braun, die jedoch von Grün dominiert werden. Gut gepflegt gewdhnt er sich leicht an das Klima; man muss ihn jedoch allein lassen, denn er verträgt keine andern Vögel neben sich.

Zu den gemeinen Papageien gehört noch der Blaukopfpapagei (Pionus menstruus), dessen Kopf, Hals und Oberbrust ultramarin sind.6. - DIE PAPAGEIEN.Der Nestor oder Kea Neuseelands.Die Nestoriden bilden unter den papageiartigen Vögeln durch verschiedene, ihnen eigene körperliche Merkmale, sowie besonders durch ihre Lebensweise, eine Sondergruppe. Sie stammen von Neuseeland und unterscheiden sich durch den stark sichelförmigen Oberschnabel, der doppelt so lang als der Unterschnabel ist. Sie suchen höhe Bäume und felsige Orte auf, wo sie in einem hohlen Baum oder einer Felsspalte ein fertiges Nest finden können. Das Weibchen legt jährlich 4 Eier. Die Nestoriden sind an das Leben auf dem Boden gewohnt und nähren sich meistens von Pflanzenstoffen. Da jedoch ihr Schnabel sich nur schlecht zum Oeffnen von Schalen und zum Zerkleinern von Samenkornern eignet, begnügen sie sich mit Wurzeln, Beeren und Strauchknospen. Ihre Diät ist jedoch nicht hauptsächlich vegetarisch. Sie verzehren auch das Fleisch zerlegter und liegengelassener Tiere, ja, sie greifen sogar Schafe an. In dieser Beziehung sind sie normale Raubtiere. Um ihre Herden zu schützen, richteten die Kolonisten regelrechte Vernichtungsjagden an, sodass sie zahlenmässig stark abgenommen haben. Man kennt verschiedene Arten, deren stets dunkles Gefieder als Hauptfarbe Rotbraun aufweist. Die typische Art heisst Nestor oder Kea (Nestor notabilis). Er ist ein wilder Vogel, dessen rauher Schrei dem Bellen eines Hundes gleicht.1. L'ARA MACAO OU L'ARA ROUGEOn désigne communément sous le nom de "Perroquets" un groupe de plusieurs

centaines d'oiseaux caractérisés par un bec large et crochu, des pattes avec deux doigts dirigés vers l'avant et deux doigts dirigés vers l'arrière, et qui, sous le nom scientifique de "Psittaciformes", constituent un ordre bien defini de la grande classe zoologique des Oiseaux.Les Perroquets, dont certains ont la faculté d'imiter la voix humaine, des sons et des

sifflements, et dont la plupart sont arboricoles, se rencontrent dans toutes les parties du monde, sauf en Europe, mais ils ne s'éloignent guère des régions tropicales.Ils atteignent un âge avancé; on en cite qui, en captivité, vécurent 70 et même 80

ans. Les centaines d'espèces qui composent l'ordre des Psittaciformes ont été groupées en deux grandes familles; les Loridés et les Psittacidés.On range dans la première principalement les loris; dans la deuxième les aras, les

amazones, les perroquets gris. les cacatois, et les perruches.75

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Les aras sont de grands perroquets aux couleurs éclatantes et a longue queue étagée, originaires d'Amérique Centrale et du Sud. On en connait une vingtaine d'espèces. Parmi les plus grands et les plus beaux figure l'Ara macao, encore nommé l'Ara rouge. Les couleurs du plumage sont le rouge, le bleu, le vert et le jaune. Le rouge domine et recouvre notamment la tête, le cou, la poitrine et le ventre.2. LE CACATOES A HUPPE JAUNE.Les Cacatoès ou Cacatois sont des perroquets de grande taille ou de taille moyenne, qui se reconnaissent facilement à la huppe de plumes diversement colorées suivant les espèces, qu'ils portent sur l'arrière de la t ête et qu'ils peuvent dresser à volonté.Le bec gros et court, est aussi haut que large. La longueur des ailes est égale à la moitié de celle de la queue.Les Cacatoès sont originaires des terres australes: Indes, Australie, Nouvelle-Guinée, Philippines et îles voisines. lls vivent en bandes nombreuses dans les forêts et se nourrissent de fruits, graines. champignons et bulbes de plantes. Leurs couleurs sont généralement claires (blanc, gris, rose). L'espèce la plus commune est le Cacatoès à huppe jaune (Kakatoe galerita) chez lequel le plumage est en majeure partie blanc, mais dont la huppe, la région des oreilles, le milieu du ventre et les ailes sont jaune-pâle. Le bec est noir, les pattes sont d'un brun-grisâtre. On le trouve en Australie et en Tasmanie.

La plupart des Cacatoès sont faciles à domestiquer; on peut leur apprendre aisément à répéter des mots et même des phrases.

Du point de vue alimentaire, ìls s'accommodent de pain, de fruits, de chènevis, de feuilles de laitues et de choux, d'amandes, de noix et de noisettes. Bien soìgnés, ils supportent allègrement la captivité.3. LE MICROGLOSSE NOIR.Parmi les Psittaciformes il existe une espèce très caraetéristique, rappelant à la fois le Cacatois et l'Ara. C'est le Microglosse noir (Probosciger aterrimus) dont les joues sont nues comme chez les aras et qui, comme le Cacatois, a une huppe sur la tête et une queue courte et carrée. Son plumage est entièrement noir. On le rencontre dans le Nord de l'Australie, en Nouvelle-Guinée et dans les îles voisines.Le nom "Microglosse", formé de deux mots grecs et signifiant "petite langue", souligne la

particularité essentielle de ce perroquet. Le "Microglosse" noir a en effet une langue allongée, cylindrique, terminée par un renflement en forme de petite cuiller ou cupule. En réalité ce petit renflement de couleur noire constitue la vraie langue, la partie cylindrique et rouge qui le porte ne constituant qu'un support.Lorsque l'oiseau a trituré ses aliments avec son bec, il les ramène et la cupule se remplit. Une saillie au palais de la bouche lui permet de vider cette cupule lorsqu'elle est pleine.

Dans la nature, le Microglosse noir vit en general sur les cimes d'arbres élevés. Il se nourrit de graines et de fruits à coque dure. On peut le conserver longtemps en captivité, car il s'habitue assez vite au chènevis et au regime alimentaire des cacatoès captifs.4. LE JACO OU PERROQUET GRIS A QUEUE ROUGEL'art d'apprivoiser et d'éduquer les perroquets remonte à la plus haute antiquité. Alexandre le Grand apporta de l'Inde des perroquets apprivoisés. Les Romains les apprcciaient également et au Moyen âge les riches seigneurs s'amusaient, dans leurs châteaux, à leur apprendre à parler.Parmi les Psittaciformes. les meilleurs parleurs sont les perroquets de taille moyenne, originaires d'Afrique. Le plus recherché pour son intelligence et sa facilité à parler, est le Jaco, encore nommé "perroquet gris" ou "perroquet à queue rouge". Son nom scientifique est "Psittacus erithacus". On le rencontre sur la côte occidentale et à l'intérieur de l'Afrique, notamment au Congo Belge."Par sa douceur, son intelligence, son attachement à son maître - dit le naturaliste

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Brehm - il mérite parfaitement la faveur dont il jouit". Tout le plumage du Jaco est gris cendré; clair sur la tête, le cou et les joues; foncé sur toutes les autres parties à l'exception de la queue, d'un rouge sang.Le Jaco est très sociable; bien acclimaté et bien soigné, il peut vivre plus de 50 ans.

On cite méme des cas de Jacos ayant atteint l'age de 80 ans.Chènevis, mais, graines de tournesol, noix, noisettes, amandes douces, fruits divers. constituer.t. à l'exclusion de la vlande et des sucreries, un excellent régime pour les Jacos et pour tous les perroquets en général.Le persil et les amandes amères sont pour eux un poison violent.5. LE PERROQUET DU SENEGAL ET LE PERROQUET VERT OU AMAZONE.Parmi les Psittaciformes, on rencontre diverses espèces, présentant comme caractères généraux: une queue courte, droite et large qui dépasse de moitié l'extrémité des ailes: un bec robuste, avec une arête pourvue en général d'une dépression et une mandibule supérieure profondément échancrée. Ils habitent les régions tropicales de l'Amérique et de l'Afrique.

Parmi les espèces les plus typiques, citons le Perroquet du Senegal et le Perroquet vert ou Amazone.Le Perroquet du Senegal (Pococephalus senegalus) encore nnmmé Perroquet à tête grise et

"Youyou", est un bel oiseau au plumage gris dans la région de la tête et du cou. mais vert sur le dos, les ailes et la poitrine, tandis que le ventre est orangé. Il apprend à parler, mais beaucoup plus difficilement que le Jaco.Le Perroquet vert ou Perroquet Amazone (Amazona) habite l'Amérique Méridionale, en particulier les forêts vierges de l'Amazone. Il est très recherché par les amateurs pour sa beauté et sa facilité à parler. Son plumage est un mélange de vert, de bleu, de rouge, de jaune, de brun, mais dans l'ensemble le vert domine. Bien soigné, il s'acclimate facilement en captivité, mais il doit rester isolé car il ne supporte pas la présence d'autres oiseaux.

Parmi les perroquets communs figure encore le Perroquet à tête bleue (Pionus menstruus) dont la tête, le cou et la partìe supérieure de la poitrine sont de couleur bleu-outremer.6. LE NESTOR OU KEA DE LA NOUVELLE-ZELANDE.Les Nestoridés constituent parmi les Psittaciformes un groupe bien à part en raison de certains caractères morphologiques particuliers et surtout en raison de leur genre de vie.Originaires de la Nouvelle-Zélande. ils se distinguent par la mandibule supérieure du bec,

deux fois plus longue que la mandibule inférieure et fortement recourbée en faucille.Les Nestoridés affectionnent les forêts d'arbres élevés et les endroits rocheux où ils peuvent trouver un nid tout préparé soit dans le creux d'un arbre soit dans une fente du sol.La femelle pond quatre oeufs par an. Les Nestoridés sont adaptés à la vie au sol, et se nourrissent principalement de substances végétales, mais la structure de leur bec se prêtant mal à décortiquer les fruits à coque et à broyer les graines, ils s'accommodent de racines. de baies et de bourgeons d'arbustes. Leur regime n'est pas essentiellement végétarien pourtant, car ces oiseaux se nourrissent également de la chair d'animaux depecés et abandonnés; ils s attaquent même aux moutons vivants. A ce point de vue, ce sont de vrais rapaces. Pour défendre leurs troupeaux, les colons en firent de grands massacres et de ce fait leur nombre à fortement diminué. On en connaìt diverses espèces dont le plumage est toujours de nuances sombres. et où le brun-rouge foncé domine. L'espèce tvpe est le Nestor ou Kea (Nestor notabilis).C'est un oiseau farouche dont le cri rauque présente certaines analogies avec l'aboiement d'un chien.

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1622EINE SPAZIERGANG DURCH DIE DÜNENUNA PASSEGGIATA TRA LE DUNEUNE PROMENADE DANS LES DUNES

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur

Rückseite - Retro - Verso 1. - EIN SPAZIERGANG DURCH DIE DÜNEN.Der Sandhalm (Ammophila arenaria) - Die Soldanella (Convolvulus soldanella).Lasst une die Dünen erforschen gehen bei diesem sonnigen Wetter. Schon jagt der die Küste beherrschende Westwind den feinen Sand vor sich her, der an der geringsten Unebenheit haften bleibt und sich anhäuft, Auch die Dünen sind auf diese Weise cntstanden. Ausser den Muscheln, Quallen und Seesternen schwemmt das Meer auf dem Strande Samen mannigfaltiger Pflanzen an, die dort keimen und den Sand festhalten. Auf diesen Minialurdünen setzen sich bald andere Pflanzen fest; sie finden ihre Nahrung in den am Sande haftenden Meersalzen. Hier ist z. B. der Sandhalm, dessen strohfarbene Ähren den Dünen ìhre typisch blonde Farbe geben, und dessen Samen beim geringsten Windstoss ausgestreut werden. Fühlen Sie einmal wie seine Stengel so hart sind und schauen Sie dìese zusammengerollten Blätter an sie sind mit einer Schicht grauen Wachses bedeckt, die sie gegen Trockenheit und Sand schützt. Obschon die Pflanze im Winter manchmal ganz zugedeckt wìrd, treibt sie im folgenden Frühling neue Stengel. So wird der so bewegliche Sand noch besser durch die zugewehten Pflanzen zurückgehalten. Oft wird der Sandhalm angebaut, um Felder und Wiesen vor der Versandung zu schutzen.

Zwischen diesen lederartigen Stengeln leuchten sehr schöne rosafarbene Blumen. Sie gleichen denjenigen der Winde, jener hübschen Heckenpflanze; aber die in den Dünen vorkommende Art besitzt einen kaum kriechenden Stengel und nierenförmige Blätter. Diese. typische Küstenpflanze heisst Soldanella.2. - EIN SPAZIERGANG DURCH DIE DÜNEN.Die blaue Meerwurz (Eryngium maritimum) - Der Stechdorn (Hippophaës rhamnoïdes).Dringen wir weiter in die Dünen ein; ohne Zweifel werden wir hier die blaue Meerwurz entdecken, eine schone liefblaue oder meergrüne Pflanze, die wie der Sandhalm mit einer dünnen Wachsschicht überzogen ist. Die Blüten bilden ein Kopfchen (die typische Anordnung der Korbblütler). Sie sind alle schön blau. Obschon ihre spitzen, stechenden Blättcr an die Distel erinnern, gehört die Meerwurz der Familue der Doldenblütler an. An einer schwer

zugänglichen Stelle der Dünen entdecken wir den Stechdorn mit seinen grauen Zweigen. Die in praller Sonne stehenden Sträucher tragen Hunderte von Beeren, die im September reifen und dann hell, orangenfarben, leuchten werden. lm Winter Kommen viele Vögel sich daran ergotzen, wodurch die Verbreitung des Stechdorns gesichert ist.

Weshalb trägt dieser andere Stechdornstrauch nìcht die geringsten Beeren? Hier ist die Lösung dieses Rätsels: Der Stechdorn ist eine zweihäusige Pflanze, d. h. einzelne Exemplare tragen nur eine Blumenhülle mit 4 Staubblättern; es sind dies die männlichen Blüten, während andere, die weiblichen Blüten, aus einer Blumenhülle und einem Griffel bestehen. Leider kann man diesen Unterschied nicht mehr feststellen, denn die Pflanze blüht im Monat April vor dem Entfalten der Blätter. Nehmen wir ein Blättchen mit, um es unterm Mikroskop zu untersuchen. Es ist über und ‼ber bedeckt mit herrlichen, sternenförmigen Härchen, die eine übermässige Wasserverdünstung verhindern.3. - EIN SPAZIERGANG DURCH DIE DÜNENDie Kriechweide (Salix repens) - Der Natterkopf (Echium vulgare).

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Die Kriechweide, ein kleiner Strauch, der selten 1 Meter hoch wird, ist hier von besonderer Wichtigkeit, da er den Sand gänzlich dem Einfluss des Windes entzieht. Sobald die Pflanze zugedeckt ist, bildet jeder Stengel neue Wurzeln, aus denen mehrere junge Pflanzen entstehen. Wie der Stechdorn ist die Kriechweide zweihäusig und blüht im April; die Blüten gleichen denjenigen der andern, häufiger vorkommenden Weiden. Es sind hübsche Kätzchen, die zuerst silberweiss sind; später werden die einen hellgelb durch das Erscheinen zahlreicher Staubgefässe, die andern zartgrün durch die Farbe von Hunderten, von Griffeln. Die Gesamtheit dieser sehr kleinen Blüten bildet ein Kätzchen, dessen Blätendrüsen Honig enthalten. Diese verbreiten einen köstlichen Duft, der die Bienen, die Schwirrfliegen und die Hummeln anlockt, die sich am Honig ergotzen und zugleich für die Bestäubung sorgen. Später entwickeln die weiblichen Kätzchen sich in von einem wolligen Flaume bedeckte Samen, deren Verbreitung der Wind übernimmt.Wir werden lange den Natterkopf nicht vergessen, diese wunderbare Blume mit ihren

eigenartigen Farben: ihre Knospen sind rosenrot, während die entfalteten Blüten hellblau bis violett sein können mit roten, hervorstehenden Staubgefässen. Die Blumen bilden eune zweireihige Ähre, deren Blüten abwechselnd gegenständig sind. Stengel und Blätter sind mit rauhen Härchen bedeckt. Diese zwei Merkmale sind der Familie der Borraginazäen gemeinsam.4. - EIN SPAZIERGANG DURCH DIE DÜNEN Der gemeine Mauerpfeffer (Sedum acre) - Die gemeine Nachtkerze (Oenothera biennis).Setzen wir unsern Spaziergang fort, denn die Dünen bieten uns noch manchen schönen Anblick. Hier ist noch eine kleine Pflanze von besonderem Interesse: ihre hellgelben Blumen tragen fünf spitze Blütenblätter und gleichen sehr kleinen Sternen: der gemeine Mauerpfeffer. Sie wächst nicht ausschliesslich in den Dünen, sondern kommt überall auf trockenem und sandigem Boden vor; sie gedeiht sogar auf Felsen, Dächern und Mauern. Der gemeine Mauerpfeffer gehört zur Familie der Fettpflanzen, von denen wir nur sehr wenige Arten in unserm Lande besitzcn; mehrere wachsen auf felsigem Boden in gebirgigen Gegenden und die Mehrzahl trifft man in der Wüste an. Der Saft der Blätter dient als Vorrat in diesen wasserarmen Gegenden. Pflückt man eine solche Pflanze, so blüht sie dank dieses Saftes noch einige Tage weiter.

Die Pflanze mit den grossen gelben Blättern, die wir dort unten sehen, und deren helle Farbe zahlreiche Insekten anlockt, heisst Nachtkerze. Sie ist vor ungefähr 3 Jahrhunderten aus Amerika eingeführt worden. Später ist sie verwildert und kommt jetzt häufig auf sandigem Boden vor. Sie gehört zur Familie der Onagrazäen. Der niederländische Gelehrte Hugo De Vries bediente sich einer verwandten Art, der Oenothera Lamarckiana in seinen berühmten Experimenten über die Veränderungen, die von so grosser Bedeutung für die Vererbungstheorien sind.5. - EIN SPAZIERGANG DURCH DIE DÜNENDas Jakobskraut (Senecio Jacobaea) - Die rundblättrige Pirole (Pirola rotundifolia).Wir stossen jetzt auf eine sehr häufig vorkommende Pflanze: das Jakobskraut. Man trifft sie auch längst der Wege und Pfade an, sowie fast auf allen brachliegenden Geländen. Sie ist ein Korbblütler: untersuchen wir einmal aufmerksam die Köpfchen; ein jedes begreift Hunderte von sehr kleinen Blüten: Rohrenblüten bilden die Mitte und werden von strahlenformig ausgebreiteten Zungenblüten umgeben. Das Köpfchen ist von einer schuppenartigen Hülle umschlossen; der Wind übernimmt die Verbreìtung der mit einer Federkrone ausgestatteten Früchte.Steigen wir einmal zwischen die Dünenhugel hinab, um zu schauen, was dort wächst. Hier ist es feuchter und man stösst gleich auf eine ganz andere Flora, die derjenigen der Sümpfe gleicht. Die rundblättrige Pirole sticht besonders hervor; sic hat grosse, weisse oder rosenrote Blumen, die eine Traube bilden. Welch köstlicher Duft! Die Insekten müssen massenweise von diesen Blumen angelockt werden! Irrtum! Sìe besitzen nicht einen einzigen Tropfen

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Honig und die Insekten besuchen sie überhaupt nicht. Diese Blumen haben Selbstbestäubung, d. h. der Griffel jeder Blume wird durch den Blütenstaub seiner eignen Staubblätter bestaubt. Da er langer ist als die Staubblätter, muss er sich zu diesen herabbeugen, um mit dem Staub in Berührung zu kommen.6. - EIN SPAZIERGANG DURCH DIE DÜNEN.Das Studentenröschen (Parnassia palustris) - Die ovale Listera (Listera ovata).Jene grossen kremeweissen, fein geäderten Blumen sind jene des Studentenroschens von der Familie der Steinbrechgewächse. Sie enthalten Honig und locken Mücken an, die die Fremdbestäubung vornehmen. Die Selbstbestäubung ist praktisch ausgeschlossen, denn der Griffel wird erst reif, nachdem die Staubgefässe aufgehört haben, Staub zu bilden. Anfangs befinden diese sich in der Nähe des Griffels; ein Staubblatt entwickelt sich und streckt seinen Kopf bis über den Griffel; der weisse Blütenstaub befreit sich, das Staubblatt biegt sich nach aussen und der lecre Staubbeutel fällt ab. Erst wenn alle Staubblätter abgefallen sind, reift der Griffel. Es kommt also nur die Fremdbestäubung in Frage.Unser Spaziergang nähert sich seinem Ende. Betrachten wir noch die ovale Listera. Wie die Mehrzahl der Orchideen haben auch diese Blumen eine sonderbare Form. Merkwürdigerweise sitzen oft kleine Käfer auf ihnen, die ihre Form angenommen haben und die man bloss durch ihre Farbe von ihnen unterscheiden kann. Der Honig befìndet sich in der langen Unterlippe, wohin Käfer und Wespen ihn gierig saugen kommen. Dringt das Insekt weiter in die Blumenhöhle ein, dann stosst es mit dem Kopfe gegen das Rostellum, eine Art Träger; dabei löst der Blütenstaub sich los und setzt sich auf dem Kopf des Besuchers fest. Geht das Insekt nun eine andere Blume untersuchen, und berührt es mit seinem Kopfe den klebrigen Griffel dieser letzteren, so ist die Bestaubung vollzogen.1. Oyat (Ammophila arenaria) - Soldanelle (Convolvulus soldanella).Allons explorer les dunes par ce beau soleil. Déjà le vent d'ouest, vent dominant de la côte, chasse à ras du sol le sable fin que la moindre aspérité arrête et accumule, Les dunes magnifiques, elles aussi, se sont formées de la mème façon. En dehors des coquillages, des méduses et des astéries, la mer depose sur l'estran des graines de toutes sortes de plantes, qui germent et retiennent le sable. Sur ces dunes minuscules d'autres plantes viennent bientôt se fixer; elles trouvent leur nourriture dans les sels marins collés au sable amené.

Voici l'Oyat, dont les épis couleur de paille donnent aux dunes leur blondeur caractéristique et dont les graines sont dispersées quand le vent les secoue. Sentez combien ses tiges sont dures et regardez bien les feuilles enroulées: elles sont couvertes d'une couche de cire grisâtre qui les protège contre la sécheresse et contre le sable. Bien que toute la plante soit souvent recouverte en hiver, nous voyons que le printemps suivant fait apparaître de nouvelles tiges et que le sable si mobile est encore retenu davantage par les plantes ensevelies. Souvent l'homme plante l'oyat pour préserver les champs et les prairies de l'ensablement.Entre ces tiges coriaces on aperçoit de très belles fleurs rosées. Elles rappellent le liseron, cette jolie plante des haies, mais l'espèce des dunes possède une tige peu rampante, des feuilles réniformes (qui ont la forme d’un rein). Cette fleur caractéristique de la côte porte le nom de Soldanelle.2. Ponicaut (Eryngium maritimum) - Argousier (Hippophaes rhamnoïdes).Pénétrons plus loìn dans les dunes; nous y verrons sans aucun doute le Ponicaut. Quelle belle plante toute bleue ou glauque et couverte, comme l'oyat, d'une mince couche de cire! Les fleurs sont disposées en capitules (distribution des fleurs ou bout de la tige, caractéristique des Composées) et elles ont toutes une jolie teinte bleuâtre. Bien que ses feuilles pointues et piquantes nous rappellent le chardon, le panicaut appartient à la famille des Ombellifères. Arrivés a une partie des dunes à l'accès difficile, nous découvrons un bosquet d'Argousier aux branches grises. Ces quelques arbustes exposés en plein soleil portent des centaines de baies qui vont mûrir au mois de septembre, en prenant une eclatante couleur orangée. En hiver,

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beaucoup d'oiseaux viennent s'en régaler, et, tout en se nourrissant de ces baies délicieuses, ils en assurent la dissémination.Pourquoi ne trouve-t-on pas la moindre baie sur cet autre buisson d'argousiers? La flore va résoudre cette énigme: l'argousier est une plante dioïque, c. à d. que certains exemplaires portent uniquement des fleurs composées d'un périanthe (pièces florales entourant les organes reproducteurs) et de quatre étamines; ce sont les fleurs mâles, tandis que d'autres, les fleurs femelles, sont formées d'un périanthe et d'un pistil. Dommage qu'il soit trop tard pour observer cette différence, car la plante a fleuri au mois d'avril, avant l'épanouissement des feuilles. Pour terminer, cueillons une petite feuille pour l'examiner au microscope quand nous serons rentrés. Elle est toute couverte de magnifiques poils en forme d'étoiles qui limitent l'évaporation ou la perte d'eau.3. Saule rampant (Salix repens) - Vipérine vulgaire (Echium vulgare).Le Saule rampant, petit arbuste atteignant rarement un mètre de hauteur, possedè ici une importance capitale puisqu'il soustrait entièrement le sable à l'action du vent. Une fois la plante ensevelie, chaque tige forme de nouvelles racines d'où naissent à nouveau plusieurs jeunes plantes. Tout comme l'argousier, le saule rampant est dioïque et fleurit en avril; les fleurs ressemblent à celles des autres espèces de saules plus communes. Ce sont de jolis chatons, d'abord d'un blanc argenté, plus tard les uns d'un jaune clair par l'apparition de multiples étamines, les autres d'un vert tendre, par l'effet de la couleur des centaines de pistils. Toutes les fleurs minuscules composant un chaton portent des glandes florales contenant du miel. Celles-ci répandent un parfum délicieux attirant les abeilles, les syrphes et les bourdons qui, tout en se régalant du miel, assurent en même temps le transport du pollen. Plus tard les chatons femelles se transforment en graines, couvertes d'un duvet laineux; le vent se charge de la dìspersion.

Nous n'oublierons pas de si tôt la Viperine vulgaire, plante merveilleuse aux couleurs caractéristiques: ses boutons sont d'un rouge rosé, alors que les fleurs écloses vont du bleu clair au mauve avec des étamines rouges et proéminentes. Les fleurs sont disposées en forme d'épi en deux rangées et dressées alternativement vers la gauche et vers la droite. Tiges et feuilles sont couvertes de poils rugueux. Ces deux caractères sont propres à la famille des Borraginacées.4. Orpin acre (Sedum acre) - Onagre (Oenothera biennis)Continuons notre promenade, car les dunes nous offrent encore de bien jolis aspects. Voici encore une petite plante d'un intérêt particulier: ses fleurs jaune clair portent cinq pétales pointus et ressemblent à de minuscules étoiles: c'est l'Orpin acre. Elle ne croit pas exclusivement dans les dunes, mais elle est commune en tout sol aride et sablonneux; elle pousse même sur les rochers, les toits, les murs. Elle a souvent un goût acre. Les petites feuilles, toutes remplies de sève, sont épaisses et lisses. L'Orpin acre fait partie de la famille des Succulents, dont nous ne possédons que très peu d'espèces dans notre pays; plusieurs poussent en un sol rocheux dans des régions montagneuses et la plupart croissent dans le désert. La sève des feuilles sert de réserve dans ces contrées manquant d'eau. Si l'on cueille une telle plante, elle continue à fleurir encore pendant quelques jours grâce à cette sève.

La plante à grandes fleurs jaunes que nous apercevons là-bas, et dont l'éclat attire bon nombre d'insectes, s'appelle l'Onagre. Elle a été importée d'Amérique il y a environ trois siècles; depuis lors elle est devenue fleur sauvage, assez commune sur sol sablonneux. Cette plante a prêté son nom à toute la famille: les Onagrariées. C'est avec une espèce apparentée, Oenothera Lamarckiana, que le savant néerlandais Hugo De Vries fit ses célèbres expériences sur la mutation qui ont acquis une telle signification dans les théories de l'hérédité.5. Sénegon Jacobée (Senecio Jacobaea) - Pirole à feuilles rondes (Pirola rotundifolia)Nous rencontrons ensuite une plante très commune: le Sénecon Jacobée. On la trouve

également le long des routes et des sentiers et presque partout dans les terrains incultes. C'est

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une composée: examinons attentivement les capitules; chacun d'eux comporte des centaines de fleurs minuscules: des fleurs en tube forment la partie centrale et des fleurs ligulées (en forme de languette) largement étalées en rayons qui entourent les premières. Le capitule est entouré d'une collerette formée d'écailles; le vent se charge de disséminer les fruits garnis

d'une aigrette.Descendons des hauts sommets des dunes et voyons ce qui pousse dans les lottes (vallons

entre deux dunes). Il y fait plus humide et l'on remarque immédiatement une flore toute differente: elle rappelle celle des marais.

D'abord le Pirole à feuilles rondes nous saute aux yeux; de grandes fleurs blanches ou rouge rosé, assemblées en une grappe. Quel délicieux arome! Les insectes doivent être attirés en masse par ces fleurs! Erreur! Elles ne contiennent même pas une goutte de miel et les insectes ne leur rendent pas visite. Ces fleurs sont fécondées par autopollinisation, c'est-à-dire que le pistil de chaque fleur est fecondé par le pollen de ses propres étamines. Comme le pistil est plus long que les étamines, il doit se courber pour se mettre à leur hauteur et recevoir ainsi le pollen.6. Parnossie (Parnassio palustris). Listéra ovale (Listera ovata).Les grandes fleurs d'un blanc crémeux, finement veinées, que nous apercevons sont des Parnassies, de la famille des Saxifragées. La pollinisation s'effectue de façon caractéristique. La fleur contient du miel et attire les mouches qui de ce fait assurent la pollinisation croisée. L'autopollinisatìon est pratiquement exclue car le pistil ne mùrit que lorsque les étamines cessent de donner du pollen. Au début, celles-ci se trouvent près du pistil; une étamine se développe et pousse sa tête au-dessus du pistil; le pollen blanc est libéré, l'étamine se recourbe vers l'extérieur et l'anthère (portion terminale renflée de l'étamine) vide tombe. Les autres étamines suivent et quand la dernière - la cinquième - est tombée, le pistil mûrit. Celui-ci peut uniquement être fécondé par du pollen que des insectes ont apporté d'autres parnassies.Notre promenade touche à sa fin. Observons encore la Listera ovale. Tout comme la plupart des membres de la famille des Orchidées, ces fleurs présentent une forme bizarre. Chose remarquable, elles portent souvent sur ces fleurs de petits coléoptères, dont la forme rappelle tellement celle des fleurs, que seule leur couleur permet de les en distinguer. Le miel se trouve dans la longue lèvre inférieure où les coléoptères et les guèpes viennent le cueillir avidement. Si l'insecte s'enfonce davantage dans la cavité, il donne de la tête contre une sorte de console, le rostellum; les pollinies se détachent alors et se fixent solidement sur la tête du visiteur. Lorsque l'insecte va explorer une autre listéra, les pollinies fixées sur la tête entrent en contact avec le style gluant de celle-ci et la pollinisation est assurée.

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1623DAS SÜSSWASSERFISCHEN.PESCA D’ACQUADOLCE.PECHE EN EAU DOUCE.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. DAS SÜSSWASSERFISCHEN.

Aeschenfang (Thymallus).2. DAS SÜSSWASSERFISCHEN.

Hechtfang (Esox lucius).3. DAS SÜSSWASSERFISCHEN.

Flussborschfang (Perca fluviatilis).4. DAS SÜSSWASSERFISCHEN.

Flussforellenfang (Salmo fario).5. DAS SÜSSWASSERFISCHEN.

Barbenfang (Barbus).6. DAS SÜSSWASSERFISCHEN.

Goldschleienfang (Tinca chrysitis).1. PESCA D’ACQUA DOLCE. AL TEMOLO.2. PESCA D’ACQUA DOLCE. AL LUCCIO.3. PESCA D’ACQUA DOLCE. AL PERSICO REALE.4. PESCA D’ACQUA DOLCE. ALLA TROTELLA DI MONTAGNA.5. PESCA D’ACQUA DOLCE. AL BARBO..6. PESCA D’ACQUA DOLCE. ALLA TINCA.1. PECHE EN EAU DOUCE. PÊCHE À L'OMBRE DE RIVIÈRE (Thymallus).2. PECHE EN EAU DOUCE. PÊCHE AU BROCHET (Esox lucius).3. PECHE EN EAU DOUCE. PÊCHE A LA PERCHE (Perca fluviatilis).4. PECHE EN EAU DOUCE. PÊCHE À LA TRUITE DE RIVIÈRE (Salmo fario).5. PECHE EN EAU DOUCE. PÊCHE AU BARBEAU (Barbus)6. PECHE EN EAU DOUCE. PÊCHE À LA TANCHE (Tinca chrysitis).Rückseite - Retro - Verso 1. DAS SÜSSWASSERFISCHEN.Aeschenfang (Thymallus).Diesen zur Familie der Lachse gehörenden Fisch könnte man sowohl wegen seines

ausgezeichneten Fleisches als auch seiner tatkräftigen Wehrhaftigkeit als den Prinzen der Gewässer bezeichnen. Er lebt in klaren, stark sauerstoffhaltigen Gewässern und liebt die schnellen Wasserläufe. In Grundfurchen versteckt, lauert er kleinen Beuten auf, die seine Nahrung bilden.

In Belgien fängt man ihn mit der 2,70 bis 3 m langen Fliegenrute. Die Angelschnur ist nur 83

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leicht mit Blei beschwert und heisst "Rattenschwanz". Manchmal endigt die Angelschnur in einem Stahlfaden, an dem ein Blinker befestigt ist. Manchmal gebraucht man auch als Köder kleine tote oder sogar lebende oder künstliche Fische.

Die Angel wird immer gegen den Strom ausgeworfen. Das Ende der Schnur hüpft vom Strom getragen über den Grund, die Köder nach sich ziehend, die den von den Aschen geschätzten Larven gleichen. Ihre besondere, russelähnliche Mundform ermöglicht es der Äsche, diese Larven im Flusskies zu fangen. Beim Anbiss verspürt der Fischer immer einen plötzlichen Ruck. In diesem Augenblick gilt es, seine Geschicklichkeit zu beweisen, denn die Asche hüpft und windet sich, um sich zur Wehr zu setzen. Zu der Kraft, mit der sie an der Schnur zieht, gesellt sich jene der Stromung; der Fischer muss sein Bestes tun, um den Fang dieses wohlschmeckenden Fisches zu einem guten Ende zu führen.2. DAS SÜSSWASSERFISCHEN.Hechtfang (Esox lucius).

Der Hecht ist sehr gefrässig. Sein Maul zeichnet sich durch eine eindrucksvolle Bezahnung aus. Die Natur scheint sich besonders damit beschäftigt zu haben, die Gewässer der Überzahl ihrer Bewohner zu entledigen. Diese Arbeit wird teilweise vom Hecht bewältigt, denn er verringert in hohem Masse die Bevölkerung der Gewässer, in denen er lebt. Mit Vorliebe vertilgt er schwache, anormale Exemplare, ohne selbst seine Artgenossen zu schonen. So vollzieht er eine regelrechte Auswahl. Er frisst auch Ratten, Frosche und junge Enten. Der Hecht ist ein Einzelganger und kann 1,8 kg schwer werden. Oft versteckt er sich im Schilf, um dort Jagd auf Kleinfische aller Art zu machen. Am leichtesten wird er gefangen von Oktober bis Dezember, weil beim Herannahen des Winters seine gewöhnliche Nahrung seltener wird.

Wird er mit der Schmeissangel gefangen, dann muss das untere Ende der Schnur mit Blei beschwert sein und in einen Stahlfaden enden, an dem ein Blinker mit einem dreihakigen Anker befestigt ist. In Belgien verwendet man oft, um den Hecht zu tauschen, kleine, an winzigen Schwimmern befestigte, lebendige Fische. Sobald er am Haken hängt, verteidigt der Hecht sich, ohne jedoch die Energie und den Mut der Asche zu besitzen. Dennoch stellt er die Geschicklichkeit des Fischers schwer auf die Probe. Dieser muss seinen Fang mit Hilfe einer Hechtgabel zu Ende führen. Der auf dem Bilde dar-gestellte Kascher wird wohl auch, jedoch weitaus seltener, gebraucht.3. DAS SÜSSWASSERFISCHEN.Flussborschfang (Perca fluviatilis).Der Barsch gehört zu einer Kategorie gefrässiger Fische, deren Verbreitungsgebiete sich über ganz Europa und einen grossen Teil Nordasiens ausdehnen. Nur in Schottland ist er selten, während er in den Alpengebieten die in mehr als 1000 m Höhe gelegenen Seen meldet. Besonders angehende Fischer interessieren sich für ihn. Er kann bis zu 1,800 kg schwer werden. Er lebt in Gruppen und ernährt sich von Seekrebsen, kleinen Aalen und Kleinfischen. Durch seine eigenartige, veränderungsfähige Färbung ist er schwer auffindbar. Eines der Geheimnisse des Fischers besteht darin, den Algenrand, der sich um den See zieht, zu entdecken, was bei tiefem Wasser ziemlich schwierig ist.

Um den Barschreichtum zu fördern, Iegt man zur Laichzeit (April - Mai) Reisigbündel ins Wasser oder auch Steinhaufen, die die Ablage der Eier erleichtern und die Fischbrut vor ihren üblichen Feinden schützen.Im Prinzìp lebt der Barsch in der Flussmitte, während er seine Eier ans Ufer legt. Im Frühling und Sommer ist der Fischfang in dem am Ufer sich hinziehenden Algenkranz sehr ergiebig, während er in den übrigen Monaten im tieferen Wasser ausgeubt wird, wohin der Fisch in der schlechten Jahreszeit flüchtet. In Belgien fängt man ihn wie den Hecht, und nicht wie in Italien mit einer Angel, die mit einem

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feinen, mehrere Meter langen Kupferdraht und einer Rolle versehen ist. Der Köder besteht aus Seekrebsen und kleinen an der Angelschnur befestigten zinnernen Fischen und wird zwischen den Algen hin und her gezogen.4. DAS SÜSSWASSERFISCHEN.Flussforellenfang (Salmo fario).Die Flussforelle ist ein sehr geschätzter Fisch, an den der Fischer mit Vorliebe herangeht. Sie gehört zur Familie der Salmen und lebt in reissenden, sauerstoffreichen, klaren Gewässern, hauptsächlich in Gebirgsströmen. Dort erreicht sie 800 g und misst kaum 25 cm. In Flüssen hingegen fàngt man Exemplare von über 5 kg Gewicht. Der Fischer versteckt sich mit Vorliebe hinter den Felsen, in den sogenannten Löchern. Dort steht er stundenlang auf der Lauer mit einer sehr starken Angelrute, deren Spitze an mehreren Stellen durch einen feinen, spiralformig gedrehten Bleifaden verstärkt ist. Der Angelhaken ist mit einem Spatel versehen. Der Köder (z. B. ein roter Wurm) ist auf den Haken gezogen und kann diesen nur um 1 cm überragen. Folgendes Vorgehen wird den Anfängern gewöhnlich empfohfen: die Schnur wird ins Loch gesenkt bis auf den Grund, der Köder wird frei schwimmen gelassen. Im Augenblick, wo der Fisch anbeisst, verspürt der Fischer einen Ruck. Er rührt sich nicht, um der Forelle Zeit zu lassen, den Bissen hinunterzuschlukken. Sobald sie jedoch zu fliehen beginnt, überwacht er sie und zieht sie allmählich an Land. Der geübte Fischer wendet die Wurfmethode mit künstlichen an die Angelhaken befestigten Ködern an.

Die Angelschnur läuft über eine Rolle. Die Flussforelle ist einer der vorsichtigsten und scheuesten Fische: manchmal schiesst sie wie ein Pfeil durchs Wasser, um sich dann sofort wieder zu verbergen.5. DAS SÜSSWASSERFISCHEN.Barbenfang (Barbus).

Die gemeine Barbe ist ein den Fischern gut bekannter Süsswasserfisch. Sie lebt in Zügen und kommt häufig vor; sie ist jedoch schwer auffindbar. Sie nährt sich von Larven und andern Kleintieren, die sich im Sand und im feinen Kies des Flussbettes aufhalten, das sie mit ihrem eigens dazu geeigneten Munde aufwühlt.

Dieser Fisch lebt in fliessenden Gewässern. Mit Vorliebe halt er sich nahe am Ufer auf, oder in Stromschnellen, deren unregelmässige Steine ihm einen Schlupfwinkel bieten, oder in den Furchen des Flussbettes.

Der Köder muss bewegungslos auf dem Grunde liegen; erst dann beisst die Barde an, weshalb sie auch Grundfisch heisst. April und Mai sind besonders günstig zum Barbenfang. Art und Weise hangen vom Orte ab: gewöhnlich fischt man gleichzeitig mit mehreren Angeln. Man wirft sie aus und befestigt sie dann fest am Ufer. Eine kleine Schelle meldet dem Fischer den Anbiss.

Die stets wachsende Leidenschaft des Fischens zieht eine stattliche Zahl von Angeln an den Flusslauf. Die Fischer, die es lieben, ihre Stelle auf persönliche Erfahrung hin zu wählen, sind oft schwer enttäuscht, mit den übriggebliebenen Stellen vorlieb nehmen zu müssen. Deshalb zollen sie auch diesem Massenbesuch keinen Beifall, obschon nicht immer der zuletzt Angekommene der am wenigsten vom Schicksal Begünstigte ist.6. DAS SÜSSWASSERFISCHEN.Goldschleienfang (Tinca chrysitis).Diese Karpfenart kann 3 bis 4, in seltenen Fällen auch 6 kg schwer werden. Man trifft sie in ruhigen Gewässern wie auch in den kleinen Seen an, die durch die Veränderung des Wasserstandes längs der Flüsse entstehen.Der Schleienfang ist durch die Vorfütterung gekennzeichnet. Am Vortag geht der Fischer die ausgewählte Stelle zum Fang vorbereiten. Er weckt den Appetit des Fisches, indem er Maisbrei, den die Schleien besonders lieben, ins Wasser wirft. Hierbei muss er jedoch Mass

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halten, denn der zu gut gefutterte Fisch beisst nicht an. Auch muss er darauf achten, den Brei gleichmässig im Wasser aufzulösen.

Das Fangen geschieht mit Hilfe eines am Haken befestigten, olivengrossen Klumpens Brei und mit einer oder mehreren Handangeln. Die Schnur ist mit einem Schwimmer und der nötigen Bleibeschwerung versehen. Wenn der Fisch anbeisst, wird der Schwimmer seitlich nach unten gezogen. Die Schleie scheint am Köder zu saugen und kann sich kaum noch vom Haken Iösen. Dieser goldfarbige Fisch wird von April bis September gefangen, hauptsächlich bei Sonnenauf- und Sonnenuntergang.Die Verbreitung der Motorfahrzeuge, insbesonders der Motorräder und der Kabinenroller, trug viel zur Ausdehnung des Fischereisportes bei, der den Arbeitern erläubt, aus den Städten zu flüchten.1. PESCA AL TEMOLO.Questo Salmònide ben può dirsi il principe delle acque, sìa per la qualità raffinata delle sue

carni, sia per la bravura con cui sa difendersi. Il tèmolo si trattiene in acque limpide, molto ossigenate, cioè dove l'acqua corre forte tracciando solchi sul fondo. Attende all'inizio di tali solchi l'arrivo delle pìccole prede di cui si nutre. La pesca del tèmolo si effettua «al lancio», con càmole finte innescate sugli ami provvisti di ardiglione piccolissimo, disposti sulla montatura a circa quaranta centimetri l'uno dall'altro. Per terminale vi è un piombo lungo, precisamente un filo di piombo attorcigliato a treccia. Una girella è collocata al filo del mulinello. Il lancio viene effettuato a monte; il terminale portato dalla corrente procede saltellando sul l'ondo e trascina con se le camole finte, che imitano così le larve di cui il tèmolo é ghiotto. Per catturare tali larve nel ghiaietto il tèmolo dispone di una particolarissima conformazione della bocca, a grufolo. Le sue labbra peraltro sono estremamente fragili. Perciò l'ardiglione, che sporge appena dalla càmola finta, dev'essere piccolissimo.

Al momento della presa, il pescatore avverte all'improvviso lo strattone e cccorre allora tutta la sua perizia. Il tèmolo si difende strenuamente, con forti balzi, inarcandosi, divincolandosi: e alla forza con cui si oppone alla trazione della lenza sì unisce la forza della corrente, discesa nel frattempo. C'è sempre il pericolo d'altra parte che l'amo si stacchi dalle fragili labbra, e si deve quindi mettere in opera una considerevole abilità per condurre a buon fine la cattura di questo pesce sopraffino le cui carni emanano un sottile aroma alquanto simile a quello del melone.2. PESCA AL LUCCIO.Il luccio si nota per la sua bocca formidabile, dotata di denti impressionanti. Questo pesce è infatti un vorace, anzi un pesce selezionatore. La natura, come attraverso l'abbondanza della riproduzione bada ad assicurare la continuazione delle specie, così sembra essersi preoccupata di far sgomberare le acque del soprappiù dei loro abitatori. Al luccio e evidentemente toccata ima bella porzione di tale lavoro, poiché si incarica di decimare abbondantemente la popolazione delle acque in cui vive. Sembra persino essersi specializzato in tale lavoro, poiché elimina di preferenza gli individui deboli o tarati, operando così una vera e propria selezione.Questo pesce, che può raggiungere perfino il peso di diciotto chilogrammi, fa vita solitaria, e

si aggira spesso sugli orli dei canneti, in caccia di minutaglia e di avannotti. Più facile ne è la cattura nel periodo da ottobre a dicembre, quando avvicinandosi l'inverno più scarse si fanno le solite sue prede.

Viene impiegata una canna da lancio; il terminale dev'essere di acciaio, e vi è attaccato un «cucchiaino» con ancoretta a tre ami.Sia che si peschi da una barca, sia che si peschi da riva, è opportuno effettuare il lancio

parallelamente alla linea dei canneti, cosicché il «cucchiaino», seguendo l'andamento abituale delle prede del luccio, possa trarlo in inganno. Quando è preso all'amo, il luccio si difende; pur non disponendo dell'energia e della bravura del tèmolo, mette alla prova la perìzia dei

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pescatore, il quale deve completarne la cattura manovrando col «guadino», come si vede nella nostra figura.3. PESCA AL PERSICO REALE.Alla categoria dei voraci, appartiene pure il pèrsico reale, prediletto da molti fra i

pescatori, ad esempio, del Lago Maggiore. Nelle nostre acque il pèrsico raggiunge talvolta il peso di Kg. 1,800 circa, in altre acque anche di più. Vive in branchi e va al pascolo sulle erbe acquatiche, con le quali ha la possibilità di mimetizzarsi per le sue caratteristiche striature e per la proprietà di variar colore. Uno dei piccoli segreti del buon successo del pescatore consiste nel conoscere dove arriva la corona di alghe che recinge il lago e che, per lunghi tratti, non si riesce a scorgere, nell'acqua profonda. L'abbondanza del pèrsico reale è favorita dalla posa di «legnai» (fascine buttate sott'acqua) e dei caratteristici mucchi di sassi atti a favorire la deposizione delle uova ed a salvaguardare gli avannotti dai nemici tradizionali. In linea di principio, il pèrsico reale vive al largo, ma depone verso riva. Comunque, in primavera ed estate si riscontra che e più redditizia la pesca fatta dalla corona delle alghe verso riva, mentre negli altri mesi lo è quella verso l'acqua più profonda, dove il pesce si rifugia nella stagione cattiva.Si usa comunemente la «tirlindana», costituita da un filo di rame lungo vari metri (secondo la profondità) e avvolto a una specie di aspo. In fondo al filo sono attaccate agli ami le moschette artificiali. In stagione adeguata si impiega eventualmente una piccola alborella di cartone, bianca. Pescando dalla barca si imprime al filo, col braccio, un moto ritmico, facendo cosi avanzare l'esca per strappi successivi4. PESCA ALLA TROTELLA DI MONTAGNA.Un'altra pesca pregiata, alla quale ama cimentarsi il pescatore, è quella della trotella di montagna. Questo Salmònide, che può raggiungere un peso di ottocento grammi, si trova in acque impetuose, ossigenate, chiarissime, specialmente in torrenti di montagna. Predilige di appostarsi dietro i massi, nelle cosiddette «buche».La si insidia con canna a mano, robusta, terminata con lenza piombata in vari punti mediante sottilissimo filo di piombo avvolto a spirale.L’amo è privo di paletta. L'esca, per esempio un verme rosso di terra, viene infilata «a calzetta», fin sul filo e non deve sporgere più di un centimetro dall'amo. Altre esche: i «portasassi »e i tarli dei pino.La manovra generalmente consigliata è la seguente: si cala la lenza nella«buca» sino ad arrivare sul fondo, facendo «cadere» l'esca come se giungesse con la corrente. Al momento in cui il pesce abbocca, si avverte uno strappo. Non bisogna reagire, ma bensì lasciare alla trotella il tempo dì inghiottire il boccone. Poco dopo la trotella parte, cioè si mette in moto, per sfuggire; e allora la si controlla e la si attira progressivamente fuor dell'acqua.5. PESCA AL BARBO.Ecco un pesce d'acqua dolce col quale i nostri pescatori dilettanti hanno larghissima familiarità: il barbo comune.Il barbo vive a frotte, ed è discretamente abbondante nelle nostre acque. Il suo nutrimento è costituito da larve e altri minuscoli animaletti che si trovano nella sabbia e nel minuto ghiaietto del letto dei fiumi. Per procurarseli, il barbo «grufola» sul fondo ed a tal fine la sua bocca presenta una conformazione adeguata.Nelle acque vive, non stagnanti, lo si trova, ma di preferenza ai margini della corrente, oppure sotto le rapide, là dove al riparo delle irregolarità sassose e delle increspature del letto del fiume si creano zone di acque tranquille. L'esca deve adagiarsi sul fondo perchè solo così il barbo potrà abboccare: perciò viene chiamata «pesca a fondo». Il periodo di aprile e maggio risulta particolarmente favorevole.Poiché si pesca solitamente con più canne, dopo «gettato» si fìssa la canna. Sul cimino la canna è provvista di un «campanello» che serve a dare avviso quando il

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pesce ha abboccato.Con la crescente diffusione della passione per la pesca, in certi giorni è caratteristico il gran numero di queste canne, dislocate lungo le rive. I pescatori, che preferirebbero poter scegliere i posti in base alla propria personale esperienza e in base alle proprie preferenze, e che debbono invece contentarsi talvolta dei posti rimasti liberi, non sono sempre lieti di tanta frequentazione. Ma non sempre l'ultimo arrivato è il peggio alloggiato e il meno fortunato.6. PESCA ALLA TINCA.Questo Ciprìnide, che può raggiungere il peso di vari chilogrammi, si trova in acque

calme: nelle «lanche» e nelle «mortizze», cioè in quelle specie di laghetti che si formano nei terreni in bordo ai numi soprattutto per effetto delle variazioni di livello della corrente.Accorgimento caratteristico di questa pesca è la «pasturazione» preventiva. Sin dal giorno prima ai quello in cui intende andare a pescare, il pescatore si reca sul luogo e si prepara, diciamo così, il terreno allettando l'appetito del pesce col gettargli in aequa del nutrimento di cui è ghiotto: comunemente, della polenta. Parecchi pescatori peccano per eccesso, cosicché l'indomani il pesce, troppo ben pasciuto, non si dà la pena di abboccare. E' consigliabile invece che la «pasturazione» venga effettuata misuratamente, e con un pulvìscolo di polenta. Per pescare, ci si serve di un amo con un'oliva dello stesso cibo. Si impiegano una o più canne a mano. La lenza è provvista di galleggiante, di piombatura adeguata, di amo robusto, bronzeo. L'abbocco della tinca è del tipo «succhiato». All'abbocco, il galleggiante è trascinato lateralmente, più che tratto in profondità. Quando la tinca ha abboccato, difficilmente si sgancia. Questo pesce, di colere dorato, si pesca correntemente da aprile a settembre, nelle primissime ore del mattino, le ore antelucane, quando appena albeggia, oppure al tramonto, quando vien sera. Le folte schiere di coloro che si dilettano di pesca aumentano di continuo. A ciò ha contribuito non poco la motorizzazione individuale, specie quella di motociclette e motorette, che consente a chi lavora di profittare pienamente dei propri svaghi per recarsi fuor di città a praticare questo sport sano e rasserenante.1. PÊCHE À L'OMBRE DE RIVIÈRE (Thymallus).Ce poisson de la famille des Salomidés pourrait bien être dénommé le prince des

eaux, tant pour la qualìté exquise de ses chairs que pour la défense énergique qu'il oppose. Il vit dans les eaux claires et limpides, fortement oxygénées et aime les courants rapides. Caché dans les sillons du fond, il guette l'arrivée des petites proies dont il se nourrit.

En Belgique, la pêche s'effectue à la «canne à mouche», longue de 2,70m à 3m. La ligne n'est guère armée de plomb et porte le nom de «queue de rat». Parfois on a recours à une ligne terminée par un fil en acier auquel est rattachée une cuiller; parfois aussi on utilise de petits poissons morts, aichés de différentes façons, ou même de petits poissons vivants ou artificiels.Le lancer s'effectue toujours en amont (côté d'où descend un cours d'eau); le bas de

la ligne, porté par le courant, sautille sur le fond, traînant avec lui les appats imitant les larves dont l'ombre est friande. La conformation particulière de la bouche (en forme de groin) lui permet d'arrêter ces larves dans le gravier.

Au moment de la prise, le pêcheur ressent toujours une secousse imprévue. C'est alors qu'il doit se montrer habile, car l'ombre de rivière se défend en sursautant et en se tortillant. A la force qu'elle imprime à la ligne s'ajoute celle du courant; le pêcheur doit tout mettre en oeuvre pour mener à bonne fin la capture de ce poisson délicat.2. PÊCHE AU BROCHET (Esox lucius).

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Le brochet est très vorace. Sa bouche se caractérise d'ailleurs par d'impressionantes dents. La nature paraìt s'être particulièrement occupée à débarraser les eaux du surplus de ses habitants. Une partie de ce travail échoit au brochet, car il dècime abondamment la population des eaux dans lesquelles il vit, éliminant de préférence les individus débiles ou tarés, même ceux de sa propre espèce. Ainsi il opère une véritable sélection. Il se nourrit aussi de rats, grenouilles et jeunes canards.

Le brochet vit en solitaire et atteint le poids de 18 kg. Il se cache souvent entre les roseaux, y chassant des vètilles et des alevins (petits poissons). La capture se fait aisément d'octobre à décembre, car à l'approche de l'hiver les proies habituelles se font rares.

Sì la pêche s'effectue «au lancer», la partie inférieure de la ligne sera munie d'un plomb et terminée par un fil en acier, auquel est rattachée une cuiller pourvue d'une petite ancre à trois hameçons. Chez nous, on utilise fréquemment de petits poissons vivants, attachés à de minuscules flotteurs, induisant le brochet en erreur.

Pris à l'hameçon, il se défend. Sans posséder toutefois l'energie ni la bravoure de l'ombre de rivière, il met néanmoins l'habileté du pêcheur à lourde épreuve. Celui-ci

devra compléter la capture à l'aide d'une gaffe (fourche). Enfoncée dans les branchies ouvertes, celle-ci présente la façon la plus sûre de le sortir de l'eau. L'épuisette représentée sur le chromo s'emploie aussi, mais moins fréquemment.3. PÊCHE A LA PERCHE (Perca fluviatilis).La perche est classée dans une catégorie de poissons voraces dont les centres de

propagation s'étendent sur toute l'Europe et une grande partìe de l'Asie du Nord. Elle est uniquement rare en Ecosse, tandis que dans les Alpes elle évite les lacs situés à plus de 1.000 m d'altidude. Elle exerce un attrait particulier sur la plupart des pêcheurs, surtout les débutants. La perche atteint parfois un poids d'environ 1,800 kg. Vivant en bandes,elle se nourrit de salicoques, de petites anguilles et de petits poissons. Par son mimétisme (rayures caractéristiques et faculté de varier de couleur), ce poisson se décèle difficilement. Un des secrets du pêcheur consiste à déceler l'emplacement du cercle d'algues qui entoure le lac, et qu'on peut difficilement apercevoir dans l'eau profonde.Pour favoriser l'abondance de la perche, l'on pose au moment du frai (avril / mai)

des fagôts de bois sous eau ou l'on a recours à des monceaux de pierres caractéristiques, aptes à faciliter le dépôt des oeufs et à sauvegarder les alevins des ennemis traditionnels.

En principe la perche vit au large, mais pond vers la rive. Bien qu'au printemps et en été la pêche soit productive dans le cercle des algues bordant la rive, elle se fera pendant les autres mois dans les eaux profondes où le poisson se réfugie durant la mauvaise saison. Dans notre pays, la pêche se fait comme pour le brochet, et non à la traine (tigne munie d'un fil de cuivre de plusieurs mètres et d'un dévidoir) suivant la coutume italienne. L'appât se compose de «porte-faix-casset», salicoques aichées parfois de petits poissons d'étain attachés à la gaule et tenus en mouvement entre les algues.4. PÊCHE À LA TRUITE DE RIVIÈRE (Salmo fario).La truite de rivière est un poisson très apprécié, et le pêcheur aime de s'y risquer. Ce Salomidé vit dans les eaux impétueuses, oxygénées, limpides, spécialement dans les torrents de montagne. Il y atteint le poids de 800 g et mesure à peine 25cm. En rivière, par contre, l'on en capture dépassant les 5 kg. Le pêcheur se dissimule de préférence derrière les rocs, dans les soi-disant «trous». Là, il se tient aux aguets pendant des heures, armé d'une canne à main très robuste, terminée d'une ligne renforcée en divers points de fins fils de plomb tournés en spirale. Le hameçon est

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pourvu d'une palette; l'amorce (par ex. un ver de terre rouge) y est enfilée et ne peut dépasser l'hameçon de plus d'un cm. La manoeuvre généralement conseillée pour débutants est la suivante: la ligne est abaissée dans le trou, jusqu'au fond, faisant tomber l'amorce, comme si elle se joignait au courant. Au moment où le poisson mord, le pêcheur ressent une secousse. Laissant à la truite le temps d'avaler la bouchée, il ne réagit nullement. Peu après le départ de la truite, c. à d., quand elle se met à fuir, le pêcheur la contrôle et l'attire progressivement hors de l'eau.Le pêcheur expérimenté utilise la méthode «au lancer», avec des «appâts faux» aichés sur des hameçons pourvus de pointes métalliques minuscules dirposées à 40 cm environ l'une de l'autre et terminés par une longue avancée, armée de plomb tressé. Une roulette est placée au fil du moulinet. La truite de rivière est un des poissons les plus prudents et les plus farouches: parfois elle s'élance comme une flèche à travers l'eau, pour chercher refuge aussitôt après. 5. PÊCHE AU BARBEAU (Barbus)Le barbeau commun est un poisson d'eau douce, très familier aux pêcheurs.Vivant en bancs, il est très abondant quoique difficilement repérable. Sa nourriture

se compose de larves et d'autres animalcules vivant dans le sable et le gravier fin du lit du fleuve. Pour se procurer la nourriture, le barbeau fouille littéralement le fond avec son groin. La bouche présente à cette fin une conformation adéquate, facilitant l'opération.

Ce poisson vit dans les eaux vives, non stagnantes. Il se tient de préférence à proximité de la rive ou bien sous les courants rapides, où les irrégularités pierreuses forment un repaire, ou encore dans les plis du lit du fleuve qui créent des zones tranquilles.

L'amorce doit s'immobilìser sur le fond; alors seulement le barbeau pourra mordre, justifiant ainsi son appellation de «poisson de fond». La période avril/mai est particulièrement favorable à la pêche au barbeau. La manière varie suivant les endroits: d'ordinaire l'on utilise plusieurs cannes simultanément. Après les avoir jetées, on les fixe solidement. Ces cannes sont pourvues d'un petit grelot avertissant le pêcheur quand le poisson a mordu.

La passion toujours croissante de la pêche amène un grand nombre de ces cannes dispersées le long de la rive. Les pêcheurs, qui aiment choisir leur place d'après leur expérience personnelle, sont parfois bien déçus de devoir se contenter de celles restées libres. Aussi n'applaudissent-ils pas tant de fréquentation, bien que ce ne soit pas toujours le dernier venu qui est le moins fortuné.6. PÊCHE À LA TANCHE (Tinca chrysitis)Ce Ciprinidé peut atteindre un poids de 3 à 4, exceptionnellement 6 kilos. Il se rencontre dans les eaux calmes, ainsi que dans les petits lacs, formés au bord des fleuves par les variations de niveau du courant.La perspicacité caractérise cette pêche, sous forme de la «nutrition preventive». La veiIle du jour choisi, le pêcheur se rend sur les lieux et prépare son champ d'action. Il éveille l'appétit du poisson en jetant dans l'eau des bouillies de farine jaune, dont les tanches sont particulièrement friandes. Beaucoup d'amateurs exagèrent cependant, car le poisson trop bien nourri ne mord nullement. Il est donc conseillé de distribuer la nourriture avec me:ure et de pulvériser soigneusement les bouillies.

La pêche se fait à l'aide d'un hameçon aiché d'une portion de bouillie de la grosseur d'une olive et d'une ou plusieurs cannes à main. La ligne est pourvue d'un flotteur et d'un plombage adéquat. Lorsque le poisson engame, le flotteur est tiré latéralement dans la profondeur. La tanche parait sucer l'amorce et se décroche dès lors difficilement.

Ce poisson de couleur dorée se pêche couramment d'avril à septembre, principalement à

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l'aube, ou au coucher du rolei.La motorisation individuelle, en particulier celle de motocyclettes et de mobilettes, a beaucoup contribué à l'expansion de la pêche. Celle-ci permet aux travailleurs de s'évader de la ville et de se délasser en s'adonnant de tout coeur à ce sport sain et rassénérant.

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1624KLETTERPFLANZEN.PIANTE RAMPICANTI.PLANTES GRIMPANTES.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. KLETTERPFLANZEN.Der Efeu (Hedera helix); Das Klebekraut (Galium Aparine).2. KLETTERPFLANZEN.Der Weinstock (Vitis vinifera); Die Jungfernrebe (Ampelopsis Veitchii).3. KLETTERPFLANZEN.Die weisse Waldrebe (Clematis vitalba); Die rotfrüchtige Zaunrübe (Rryonia dioica).4. KLETTERPFLANZEN.Die Wiesenplatterbse (Lathynus pratensis); Die Erbse (Pisum sativum).5. KLETTERPFLANZEN.Die Zaunwinde (Comvolvulus sepium); Das Filzkraut (Cuscuta Epithymum).6. KLETTERPFLANZEN.Der Hopfen (Humulus lupulus); Das Waldgeissblatt (Lonicera Perìclymenus).1. PLANTES GRIMPANTES.LE LIERRE - LE GAILLET GRATERON 2. PLANTES GRIMPANTES.LA VIGNE - LA VIGNE VIERGE (3. PLANTES GRIMPANTES.LA CLEMATITE VIGNE-BLANCHE - La BRYONE DIOIQUE. 4. PLANTES GRIMPANTES.LA GESSE DES PRES - LE POIS 5. PLANTES GRIMPANTES.LE LISERON DES HAIES - LA CUSCUTE .6. PLANTES GRIMPANTES.LE HOUBLON - LE CHÈVREFEUILLE DES BOIS Rückseite - Retro - Verso 1. KLETTERPFLANZEN.Der Efeu (Hedera helix); Das Klebekraut (Galium Aparine).Die Stengel der Kletterpflanzen können sich nicht ohne Stütze aufrechthalten. Gewisse Arten halten sich mit Haftorganen fest, wie umgebildete Wurzeln, Saugeborsten, Ranken; andere heissen Windengewächse, weil ihre Stengel sich spiralförmig um andere Pflanzen winden.Der Efeu ist eine Kletterpflanze, die sich mittels Häkchen an Mauer oder Baum, an denen

sie emporwächst, festhält. Manchmal auch kriechen Efeuzweige über den Boden und treiben dort Wurzeln. Die beständigen Blätter trotzen den Unbilden dee Winters ; sie fallen nicht ab, nehmen jedoch eine dunklere Färbung an. Die weit von jeder Stütze gepflanzten Stecklinge klettern nicht, sondern entwickeln sich zu Sträuchern. Die grünlichgelben Blüten sind protandrisch (die Staubgefässe reifen vor den Griffeln); sie können sich also nicht selbst befruchten; mancherlei Insekten, die die sehr honigreichen Blüten besuchen kommen, nehmen die Fremdbefruchtung vor. Drosseln und Wasserhühner, Enten und Stare lieben die sohwarzen Beeren des Efeus und sorgen für seme Verbreitung.

Das Klebekraut trifft man oft langs den Hecken, an Gestrüpp, auf Äckern und in Gemüsegärten an. Scine langen Stengel und quirlförmigen Blätter sind mit Häkchen versehen, mit denen es sich fest an Nachbarpflanzen anheftet. Sogar die Früchte tragen Saugborsten, mit denen sie sich leicht an das Fell vorbeistreifender Tiere festeetzen und so für ìhre Verbreitung sorgen.2. KLETTERPFLANZEN.

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Der Weinstock (Vitis vinifera); Die Jungfernrebe (Ampelopsis Veitchii).Diese beiden Vertreter der Familie der Ampelidazeen sind holzige Kletterpflanzen. Nachtreibende Zweige bilden Ranken, mittels derer die Pflanze sich festhält.Den Weinstock erkennt man an folgender Eigenart: zu Beginn der Blütezeit verlieren die grünen Blüten ihre Blumenblätter, die jedoch durch ihr oberes Ende miteinander verbunden bleiben und eine Art Haube bilden.

An sonnigem Stellen verbreiten die Blüten einen kostlichen Wohlgeruch und scheiden Honig aus, der Bienen und Mücken anlockt. Die Früchte bestehen aus Beeren, dem von jedermann geschätzten Traubenkernen. Seit dem frühesten Altertum wird die Rebe angebaut. Es bestehen zahlreiche Abarten. Ihre ausgezeichneten Früchte können frisch oder trocken verzehrt werden. Der Weinbau liefert das Rohmaterial der Weinindustrie, deren wichtigster Mitbelpunkt der ganzen Welt Frankreich ist.

Die Jungfernrebe. Besonders im Herbst ruft diese Pflanze Bewunderung hervor, durch die Henlichkeit ihres in allen Farbabstimmungen von gelb bis purpur über orangegelb und rot leuchtenden Laubwerks.Die Jungfernrebenart auf unserem Bilde stammt aus China und Japan; die Enden ihrer Ranken sind mit Saugnäpfen versehen, mittels derer sie sich fest anheften kann.3. KLETTERPFLANZEN.Die weisse Waldrebe (Clematis vitalba); Die rotfrüchtige Zaunrübe (Rryonia dioica).Die weisse Waldrebe besitzt einen holzigen Stengel und zusammengesetzte Blätter,

deren Blattstiel sich des Anheftens wegen rankenförmig windet. Ihre Blüte hat keine Blumenkrone; die weissen, filzigen Kelchblätter krümmen sich zusammen, sodass sie im Mittelpunkt der Blüte ein kleines Bündel blassgelber Staubgefässe freilegen. Die honiglosen Blüten werden von Mücken besucht, die sich von Blütenstaub ernähren, und von Bienen, die diesen einsammeln. Im Herbst trägt der Wind die Früchte fort und verbreitet sie dank ihres länglichen, filzigen Fruchtstengels. Die Waìdrebe verdankt ihren englischen Namen «old man's beard» (Greisenbart) diesem wolligen Ueberzug.

Die rotfruchtige Zaunrübe ist einer det seltenen Vertreter der europäischen Kukurbitazeen. Ziemlich häfig in Hecken und Gestrupp, trifft man sie besonders aber in den Dünen an. Sie besitzt schöne Ranken, deren Eigenart es ist, sich in 2 entgegengesetzte Zweige zu teilen und sich spiralförmig zu winden; auf diese Weise kann die Pflanze sich mehrere Meter hoch erheben.

Die Zaunrübe ist zweihäusig, d. h. die männlichen und die weiblichen Blüten wachsen jeweils auf zwei verschiedenen Pflanzen. Die Früchte, die, wie übrigens die ganze Pflanze, giftig sind, bestehen aus kleinen, roten Beeren. Die Zaunrübe ist wahrscheinlich als Zierpflanze bei uns eingeführt worden; seit Jahrhunderten ist sie zum wilden Zustand zurückgekehrt. Es mag auch sein, dass man sie früher in der Heilkunde als Abfähr- und Brechmittel verwendete.4. KLETTERPFLANZEN.Die Wiesenplatterbse (Lathynus pratensis); Die Erbse (Pisum sativum).

Die Wiesenplatterbse besitzt zusammengesetzte Blätter, die in eine lange, vielästige Ranke endigen, dank derer die Pflanze klettern kann. Am Ausgangspunkt eines jeden Blattes befinden sich zwei Nebenblätter, die sich ziemlich stark entwickeln können.

Die gelben, auf langen Stielen stehenden, traubenformig angeordneten Blüten, weisen deutlich die Merkmale der Schmetterlingsblütler auf.Die Erbse gehört, wie die Wiesenplatterbse, zur Familie der Sehmetterlingsblütler, die bis

zu 7000 Arten zählt und als eine der wichtigsten Familien für den Menschen gilt. Zahlreiche Arten wie z. B. Erbse und Bohne, bringen nahrhafte Samen hervor; ausserdem können die meisten Sehmetterlingsblütler den Boden bereichern. An ihren Wurzeln entstehen kleine

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Knoten, die von Bakterien bewohnt sind, deren Eigenschaft es ist, den freien Stickstoff der Luft in stickstoffhaltige Verbindungen aufzulösen, die wesentlich sind zur Ernährung der Pflanzenwelt.Die Erbse unterscheidet sich leicht von allen andern Schmetterlingsblütlern durch ihre

überblattgrossen Nebenblätter. Machen wir noch auf eine beachtenswerte Tatsache aufmerksam, die einer allgemeinen Regel der Natur widerspricht: die Blüte der Erbse bestäubt sich selbst; diese Selbstbestäubung schliesst jedoch die Fremdbestäubung nicht aus.5. KLETTERPFLANZEN.Die Zaunwinde (Comvolvulus sepium); Das Filzkraut (Cuscuta Epithymum).Die beiden Pflanzen, wie auch die des nachfolgenden Bildes, heissen windende Pflanzen, da

ihr Stengel sich um Stützen windet. Die meisten dieser Pflanzen sind linkswindend, d. h. von oben geschaut drehen sie sich in umgekehrter Uhrzeigerbewegung um ihre Stütze.

Die Zaunwinde. Dem Spaziergänger fallen an Hecken und Gesträuchen die grossen, trichterförmigen, schneeweissen Blumen der Zaunwinde auf. Zahlreiche Insekten, Bienen, Hummeln und Mücken besuchen die Blumen. Abends kommt der Windensphinx, ein Schmetterling, der sich an Stellen aufhält, wo die Zaunwinde vorkommt und dessen Larve sich nur von den hübschen, pfeilförmigen Blättern dieser Pflanze ernährt.Zu den windenden Gewächsen gehört auch das Filzkraut. Mangels an Chlorophyll ist diese Pflanze gezwungen, sich ihre Nahrung auf anormale Weise zu verschaffen; sie bedient sich zu diesem Zwecke Saugnäpfen, die in die Stengel der andern Pflanzen eindringen und von ihnen ihre Nahrung beziehen. Wenn der Samen keimt, dringt die kleine Wurzel in den Boden ein. Sobald jedoch der fadenformige Stengel des Filzkrautes sich um eine Pflanze gewunden hat,

die ihm behagt, dringen die Saugnäpfe in das Fleisch dieser Pflanze ein und die Verbindung mit dem Boden wird gelöst. Die Filzkrautart auf unserm Bilde kommt häufig auf dem Heidekraut vor; man findet sie jedoch auch auf dem Klee, dem Thymian, dem Ginster und dem Labkraut.6. KLETTERPFLANZEN.Der Hopfen (Humulus lupulus); Das Waldgeissblatt (Lonicera Perìclymenus).Diese beiden Pflanzen gehören der kleineren Gruppe der rechtswindenden Pflanzen an.Der wilde Hopfen, eine sehr häufig vorkommende Pflanze, dreht sich mit Vorliebe um Weiden und Erlen, an die er sich mit zweiendigen Häkchen anheftet. Der Hopfen ist zweihäusig; eine Pflanze trägt die männlichen Blüten, die in langen, viel verzweigten Trauben zusammenhängen, während auf einer andern Pflanze sich die weiblichen Blüten befinden, die kleine Kugeln bilden, um sich hernach zu eichelgrossen Kegeln zu entwickeln. Unter jeder Schuppe des Kegels liegt eine kleine Drüse, die das Lupulin ausscheidet, einen bittern und ölhältigen Stoff, der dem Bier seinen Geschmack verleiht. Nur die weiblichen Pflanzen einer Art mit grossen Fruchtkegeln werden angebaut. Von einem Pfahl gestützt erreicht der Hopfen eine Höhe von 3 Metern.Das Waldgeissblatt ist eine prächtige, windende Pflanze, deren gelblichweisse bis dunkelrote Blüten hübsche Trauben von delikatem Wohlgeruch bilden. Gegen Abend riechen sie am stärksten, öffnen sich und erhalten den Besuch des Kiefernfalters. Der reiche Honig zieht tagsüber Hummeln und Bienen an. Die Vögel schätzen die roten Beeren sehr und sorgen so gleichzeitig für die Verbreitung der Samen. Die Stengel des Geissblattes verbilden und krümmen die Pflanzen, derer sie sich als Stütze bedienen. Manchmal dringen sie so tief ein, dass sie den Tod des Geissblattes und der Stützpflanze hervorrufen.1. LE LIERRE (Hedera helix); LE GAILLET GRATERON (Galium Aparine).

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Les plantes grimpantes possèdent des tiges qui ne peuvent se tenir debout sans s'appuyer à un support. Certaines s'accrochent au moyen d'organes d'adhésion, tels des racines transformées, des soies, des vrilles; d'autres portent le nom de plantes volubiles, parce que leurs tiges s'enroulent par un mouvement de spirale autour d'autres plantes.

Le lierre est une plante grimpante à crampons; les crampons l'accrochent au mur ou à l'arbre le long duquel il s'élève. Parfois aussi, des rameaux de lierre rampent sur le sol et s'y enracinent. Les feuilles coriaces résistent aux intempéries de l'hiver; elles ne tombent pas, mais prennent une teinte plus foncée. Les boutures plantées loin de tout appui ne grimpent pas et se développent en broussailles. Les fleurs d'un jaune vert, disposées en ombelles, sont protandres, (les étamines mùrissent avant les pistils); elles ne peuvent donc se féconder elles-mèmes; la fecondation croisée est assurée par toutes sortes d'insectes, butinant sur les fleurs très riches en miel. Les grives, les poules d'eau, les pigeons et les étourneaux raffolent des baies noires du lierre et assurent sa propagation.Le gaillet grateron est une plante fort commune le long des haies, dans les broussailles, dans

les terres cultivées et les jardins potagers. Les longues tiges tout comme les feuilles verticillées, sont pourvues de petits crochets au moyen desquels le gaillet s'attache solidement aux plantes voisines. Même les fruits portent des soies crochues, auxquelles la plante doit son nom; grâce à elles ils s'accrochent aisément au pelage des animaux qui les frôlent en passant et assurent leur dispersion.2. LA VIGNE (Vitis vinifera); LA VIGNE VIERGE (Ampelopsis Veitchii).Ces deux représentants de la famille des ampélidées sont des plantes grimpantes ligneuses. Certains rameaux adventifs forment des vriiles qui permettent à la plante de s'attacher.

La vigne se reconnait à cette particularité: au début de la floraison, les fleurs, vertes, perdent leurs pétales, mais ceux-ci restent réunis par l'extrémité supérieure et forment une espèce de petit bonnet.

Aux endroits ensoleillés, les fleurs répandent un parfum délicieux et secrètent un miel qui attire les mouches et les abeilles, Les fruits sont des baies, les raisins, appréciés de tous. La vigne est cultivée depuis la plus haute antiquité, et il en existe de nombreuses variétés. Ses fruits exquis peuvent être consommés frais ou séchés. La viticulture fournit la matìère première de l'industrie vinicole dont la France constitue le centre le plus important du monde entier.

La vigne vierge. En automne surtout, cette plante émerveille par la splendeur de son feuillage, qui chatoie de toutes les nuances du jaune au pourpre, en passant par l'orange et le rouge.

La variété de vigne vierge représentée ci-contre est originaire de la Chine et du Japon; l'extrémité de ses vriiles porte des ventouses au moyen desquelles elle s'attache solidement.3. LA CLEMATITE VIGNE-BLANCHE (Clematis Vitalba); La BRYONE DIOIQUE (Bryonia dioica). La clématite vigne-blanche possède une tige ligneuse et des feuilles composées, donr le pétiole s'enroule en vrille pour s'accrocher. La fleur n'a pas de corolle; les sepales blancs et feutrés se replient sur eux-mêmes, de façon à faire apparaître au centre de la fleur un petit faisceau d'étamines jaune pâle. Il n'y a pas de miel, mais les fleurs sont visitées par des mouches qui se nourrissent de pollen et par des abeilles qui le récoltent. En automne, le vent emporte et disperse les fruits, grêce à leur pédoncule allongé et tomenteux (= couvert de duvet). La clématite doit son nom anglais "old man's beard", signifiant "barbe de vieillard", à cette peluche cotonneuse.La bryone dioïque est l'un des rares représentants des cucurbitacées d'Europe. Assez

commune dans les haies et les broussailles, on la trouve surtout dans les dunes. Les vrilles sont jolies et présentent cette particularité qu'elles se divisent en deux branches opposées s'enroulant en spirale; la plante peut ainsi s'élever à plusieurs mètres de hauteur.La bryone est dioïque, ce qui veut dire que les fleurs mâles et les fleurs femelles sont portées

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chacune sur des pieds différents. Les fruits,vénéneux comme la piante toute entière, sont de petites baies rouges. La bryone semble avoir été introduite dans nos pays comme plante ornementale; elle est retournée à l'état sauvage depuis des siècles. Il se peut aussi qu'on l'employa jadis en médecine comme purgatif et vomitif.4. LA GESSE DES PRES (Lathyrus pratensis); LE POIS (Pisum sativum).La gesse des prés a des feuilles composées portant à leur extrémité une vrille longue et

rameuse permettant à la plante de grimper. A la base de chaque feuille on trouve deux stipules (appendices), qui peuvent prendre un assez grand développement.

Les fleurs jaunes, réunies en grappes sur de longs pédoncules, portent les caractères bien apparents des papillonacées.

Le pois. Il appartient, tout comme la gesse, à la famille des papillonacées, qui compte environ 7000 espèces, et s'avère une des plus importantes pour l’homme: de nombreuses

espèces produisent des graines nourrissantes, comme le pois et le haricot; en outre la plupart des papillonacées peuvent enrichir le sol. Leurs racines donnent naissance à de petites nodosités, dans lesquelles vivent des bactéries qui ont la propriété de transformer l'azote libre de l'atmosphère en combinaisons azotées, essentielles pour la nutrition des végétaux.Le pois se distingue aisément de toutes les autres espèces de papillonacées par ses stipules

plus grandes que les feuilles. Signalons encore un fait remarquable dérogeant à une règle générale de la nature: la fleur du pois se feconde généralement elle-même; cette autofécondation n'exclut cependant pas la fécondation croisée.5. LE LISERON DES HAIES (Convolvulus sepium); LA CUSCUTE (Cuscuta Epithymum).Ces deux plantes, de même que celles de la vignette suivante, portent le nom de plantes volubiles, leur tige s'enroulant autour de supports. La plupart des plantes volubiles sont senestres :elles s'enroulent autour de leur tuteur dans un sens contraire à celui des aiguilles d'une montre, lorsqu'on se place au sommet de la plante.Le liseron des haies. L'attention du promeneur est attirée par les grandes fleurs en forme d'entonnoir, d'un blanc de neige, que le liseron lui montre dans les haies et les broussailles où il grimpe. Un grand nombre d'insectes, abeilles, bourdons et mouches visitent les fleurs. Le soir on remarque la présence du sphinx du liseron, un papillon qu'on trouve seulement aux endroits où poussent des liserons et dont la larve se nourrit des jolies feuilles sagittées de ces plantes.Parmi les plantes voiubiles, il faut citer un parasite: la cuscute.Faute de chlorophylle, cette plante est obligée de se procurer sa nourriture d'une façon anormale; elle se sert à cet effet de sucoirs qui pénètrent dans les tiges des autres plantes pour en extraire ses aliments. Lorsque la graine germe, la radicule (future petite racine) s'enfonce dans le sol, mais dès que la tige filiforme de la cuscute s'est enroulée autour d'une plante qui lui convient, les sucoirs entrent dans la chair de celle-ci, et la communication avec le sol est interrompue. L'espèce de cuscute que nous avons représentée foisonne principalement sur la bruyère, mais on la trouve également sur le trèfle, le thym, le genét et le gaillet.6. LE HOUBLON (Humulus lupulus); LE CHÈVREFEUILLE DES BOIS (Lonicera Periclymenum).Ces deux plantes appartiennent à la catégorie mineure des plantes volubiles dextres.Le houblon sauvage, plante fort commune, s'enroule de préférence autour des saules et des

aunes; il s'y attache au moven de petits crampons à deux pointes. Le houblon est dioïque : un pied porte les fleurs mâles ou staminées, qui pendent en longues grappes fort ramifiées, un autre pied porte les fleurs femelles ou pistillées, groupées en petites boules qui se développent pour former des cônes, gros comme des glands. Sous chaque écaille du cône se trouve une petite glande fournissant la lupuline, matière amère et oléagineuse qui donne sa saveur à la bière. On cultive uniquement les plantes femelles d'une variété qui forme de grands cônes.

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Soutenu par un tuteur, le houblon atteint une hauteur d'environ trois mètres.Le chèvrefeuille des bois est une magnifique plante volubile, dont les fleurs allant du blanc jaunâtre au rouge foncé, sont groupées en jolies grappes au parfum exquis. Vers le soir elles répandent le plus d'odeur, s'épanouissent et reçoivent la vìsite du sphinx du pin. Le miel abondant attire les bourdons et les abeilles qui viennent y butiner le jour. Les baies rouges font les délices des oiseaux, qui assurent ainsi la dispersion des graines. Les tiges du chèvrefeuille dèforment et dévient les plantes leur servant de support. Il arrìve souvent qu'elles s'incrustent profondément dans leur chair, au point d'entraîner la mort du chèvrefeuille et de son support.

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1624aKLETTERPFLANZEN.PIANTE RAMPICANTI.PLANTES GRIMPANTES

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1 - PIANTE RAMPICANTI.CAMPANELLA e CUSCUTA2 - PIANTE RAMPICANTI.LATHYRUS e PISELLO 3 - PIANTE RAMPICANTI.LUPPOLO e CAPRIFOGLIO 4 - PIANTE RAMPICANTI.EDERA e CAGLIO 5 - PIANTE RAMPICANTI.VITE e VITE DEL CANADA'6 - PIANTE RAMPICANTI.CLEMATIDE e BRIONIA Rückseite - Retro - Verso 1 - CAMPANELLA (Convolvulus sepium) e CUSCUTA (Cuscuta Epithymus)Le due piante dì questa figurina, al pari di quelle che troverete alla figurina numero 3, vengono dette volubili, poiché il loro fusto si avvolge intorno ai sostegni che trova. Per la maggior parte, le piante volubili sono sinistrorse: vale a dire che, a considerarle dall'estremità superiore del palo od altro sostegno, il loro avvolgimento va in senso contrario al giro delle lancette di un orologio.La Campanella, arrampicandosi su siepi, cespugli, arbusti, coi suoi grandi fiori, bianchi come la neve, richiama facilmente l'attenzione del passante. Molti insetti - api, calabroni, mosche - ne frequentano i fiori. A sera vi si può trovare, nelle zone appropriate, la Sfinge del convolvolo, una farfalla che si riscontra soltanto dove crescono convolvoli e la cui larva si nutre delle belle foglie sagittate, cioè a forma di freccia, di queste piante.E' opportuno citare, tra le volubili, un parassita: la Cùscuta. Costretta, per carenza di

clorofilla, a procurarsi alimento in modo anormale, dispone all'uopo di succhiatori, capaci di penetrare nel fusto di altre piante. Al germinare del seme, la radìcula si affonda nel terreno e diviene più tardi una piccola radice vera e propria; ma appena la Cùscuta trova una pianta adatta e intorno ad essa arrotola il proprio càule filiforme, i succhiatori penetrano nella polpa di quel sostegno vegetale, e ogni comunicazione col suolo viene a cessare. La nostra figurina ne rappresenta una specie che prospera a danno dell'erica; ma la cùscuta affligge ugualmente il trifoglio, il lino ed altre coltivazioni. Data ia difficoltà di eliminarla, essa costituisce fonte di preoccupazione per l'agricoltore.2 - LATHYRUS (L. pratensis) e PISELLO (Pisum sativum).Il Làthyrus possiede foglie composite, recanti all'estremità un lungo viticcio ramoso che consente alla pianta di arrampicarsi. Alla base di ogni foglia si riscontrano due stipule (appendici), che possono assumere uno sviluppo abbastanza notevole.I fiori gialli, riuniti a grappoli su lunghi peduncoli, recano ben evidenti i caratteri propri

alle papilionate.La famiglia delle papilionate conta circa 7000 specie e si palesa come una delle più

importanti per l'uomo: tra le sue specie, molte producono semi nutrienti, come il pisello e il fagiolo; inoltre, la maggior parte è in grado di arricchire il suolo. Infatti le radici di tali piante comportano dei noduli in cui vivono dei batteri provvisti della proprietà di trasformare l'azoto, esistente allo stato libero nell'atmosfera, in combinazioni azotate, essenziali al nutrimento dei vegetali.

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Appartiene a tale famiglia anche il Pisello, che si distingue agevolmente da tutte le altre specie a motivo delle sue stipule, maggiori delle foglie stesse. Segnaliamo anche un fatto degno di nota: in deroga a una regola generale della natura, il fiore del pisello si feconda da solo, generalmente; tale autofecondazione, però, non esclude quella incrociata.3 - LUPPOLO (Humulus lupulus) e CAPRIFOGLIO (Lorticera).Queste due piante appartengono alla categoria, più ristretta, delle volubili destrogire.Il Luppolo selvatico, pianta assai comune, ama avvolgersi intorno a salici ed ontani; vi si abbarbica mediante minuscoli ramponi a doppia punta. Il Luppolo è dioico: un ceppo porta i fiori staminati, cioè maschili, che pendono in lunghi grappoli molto ramificati, e un altro i fiori femminili coi pistilli, raggruppati in sferette che si sviluppano fino a formare dei «coni», grossi come ghiande. Sotto ad ogni scaglia del cono, si trova una glandoletta che secerne la lupulina, sostanza amara ed oleaginosa che conferisce alla birra i] suo sapore. Viene coltivata unicamente la pianta femminile, in una varietà che fornisce coni assai sviluppati. Provveduto di adeguato sostegno, il luppolo raggiunge un'altezza di circa tre metri.Il Caprifoglio è una magnifica pianta volubile, i cui fiori - che vanno dal bianco giallastro fino al rosso cupo - si raggruppano in grappoli dal profumo squisito. L'odore che spandono si fa più intenso verso sera; in quell'ora i fiori si aprono maggiormente e vengono visitati dalla Sfinge del pino. Il miele abbondante attrae, di giorno, vespe ed api che vengono a farvi bottino. Le bacche rosse son la delizia degli uccelli, i quali assicurano così la dispersione dei semi. Il fusto del caprifoglio deforma e devia la pianta che gli serve da sostegno, incastrandosi talora così profondamente nella sua polpa da provocarne la morte, e la propria con essa.4 - EDERA (Hedera helix) e CAGLIO (Galium Aparine).Come si è potuto vedere nelle figurine precedenti, le piante arrampicanti non possono reggersi senza un sostegno, e a questo si abbarbicano in vario modo: talune avvolgendovisi intorno a spirale; altre per mezzo di viticci o di minuscoli ramponi, e di radici trasformate.L'Edera è una pianta arrampicante provvista di ramponi; questi si aggrappano al muro o all'albero lungo ì quali la pianta sì innalza. Accade altresì che delle diramazioni dì edera striscino e si radichino sul suolo. Le foglie, coriacee, sono resistenti alle intemperie dell'inverno; non cadono, bensì assumono una colorazione più cupa. Un tralcio d'edera piantato fuor di portata di un appiglio qualsiasi, non potendo arrampicarsi si sviluppa a cespuglio. Nei fiori verdicci, disposti ad ombrella, gli stami maturano prima dei pistilli. Non vi è quindi autofecondazione; la fecondazione incrociata è assicurata da molteplici specie di insetti, che fan bottino sui fiori, molto ricchi di miele. I tordi, le folaghe, i piccioni e i fringuelli son ghiotti delle sue nere bacche, ed assicurano la propagazione.Il Caglio è pianta assai comune lungo le siepi, nei macchioni, nei campi coltivati e negli orti. I lunghi steli, .al pari delle foglie disposte a verticilli, sono provvisti di spinuzze arroncigliate per mezzo delie quali il Caglio si apprende solidamente alle piante vicine. Persino i frutti, nella specie qui raffigurata, ne sono provvisti e grazie ad esse facilmente si impigliano nel pelame degli animali che li sfiorano passando ed assicurano così la disseminazione.5 - VITE (Vitis vinifera) e VITE DEL CANADA'Queste due rappresentanti della famiglia delle ampelidacee, sono delle piante arrampicanti lignee. Dei ramoscelli avventizi costituiscono vitìcci che consentono alla pianta di far presa sui sostegni.La Vite è caratterizzata dal fatto che fin dai primi tempi della fioritura i suoi verdi fiori

perdono i petali, ma questi restano riuniti per la propria sommità, formando una specie di cappuccetto.Nei siti solatii, i fiori emanano un profumo delizioso e secernono un miele che attrae mosche ed api. I suoi frutti son quelle bacche - l'uva - che tutti apprezzano. Sin dalla più remota antichità si coltiva la vite, e se ne conoscono specie numerosissime Il delizioso frutto può essere consumato fresco o secco, e, come tutti sanno, la viticultura fornisce la materia prima dell'industria vinicola, di cui tanta parte si concentra nei Paesi intorno al Mediterraneo.

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La Vite del Canadù è una pianta che, specie in autunno, seduce per lo splendore del suo fogliame, marezzato di tutte le sfumature che dal giallo passano all'arancione, al rosso e al color porpora. E' originaria, come dice il nome, dell'America Settentrionale. Qui è però raffigurata l'affine specie della Ampelopsis Veitchii proveniente dalla Cina e dal Giappone. L'estremità dei suoi viticci reca delle ventose per mezzo delle quali essa può aderire solidamente ai sostegni.6 - CLEMATIDE (Clematis Vitalba) e BRIONIA DIOICA (Bryonia dioica) La Clemàtide della specie qui raffigurata, possiede un fusto ligneo e foglie composite, il cui picciolo si arrotola a viticchio per aggrapparsi. Il flore non è provvisto di corolla; i sepali, bianchi e felpati, si ripiegano su se stessi, fino a far apparire al centro del fiore un piccolo fascio di stami giallo pallido. Non vi è miele, ma i fiori vengono visitati da mosche che si nutrono del polline e da api che ne fanno raccolta. In autunno il vento porta via e disperde i frutti, grazie al loro peduncolo allungato e tomentoso (cioè coperto di peluria). Il nome inglese della clemàtide è «old man's beard», che significa «barba di vecchio», ed è dovuto appunto a tale peluria cotonosa.La Brionia dioica è uno dei rari esemplari di cucurbitacea d'Europa. Abbastanza comune nelle siepi e nelle macchie, la si trova soprattutto tra le dune. I bei viticci presentano la particolarità di dividersi in due opposte ramificazioni che si arrotolano a spirale; in tal modo la pianta può innalzarsi a vari metri di altezza.La brionia è dioica in quanto i fiori maschili e quelli femminili sono portati su ceppi diversi. I frutti, velenosi come la pianta stessa, sono costituiti da piccole bacche rosse. Nei nostri paesi la brionia sembra essere stata introdotta come pianta ornamentale, tornando però, da secoli, allo stato selvaggio. Può darsi pure che in tempi trascorsi sia stata usata in campo medico come purgante ed emetico.

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1625FETTPFLANZEN.PIANTE GRASSE.PLANTES GRASSES.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1 - FETTPFLANZEN.Agave potatorum. 2. - FETTPFLANZEN.Aloë nobilis - Aloë plicatilis.3. - FETTPFLANZEN.Hoya carnosa.4. - FETTPFLANZEN.Crassula falcata - Sempervivum oder Jupitersbart.5. - FETTPFLANZEN.Euphorbia splendens.6. - FETTPFLANZEN.Delosperma - Pleospilus simulans. 1. - PLANTES GRASSES.Agave pototorum2. - PLANTES GRASSES.Aloe nobilis - Aloe plicatilis3. - PLANTES GRASSES.Hoya carnosa.4. - PLANTES GRASSES.Crassula falcata - Sempervivum ou Joubarbe.5. - PLANTES GRASSES.Euphorbie splendens.6 - PLANTES GRASSES.Delosperma - Pleospilos simulans.Rückseite - Retro - Verso 1 - FETTPFLANZEN.Agave potatorum. Auf unermesslichen Wustengegenden unseres Planeten haben die Botaniker zahllose Pflanzen geerntet, denen die Trockenheit nichts anhaben kann, und die sie Fettpflanzen oder Xerophyten genannt haben.

Die Gattung der Agaven begreift über 300 verschiedene Arten. Sie stammt aus Amerika, wo sie wild wächst und vom Süden der Vereinigten Staaten bis zum Äquator und den Antillen verbreitet ist. In den gemässigt warmen und den subtropischen Zonen nat sie sich gut der Umgebung angepasst. In Frankreich, wo sie ein Bestandteil der Gegend geworden ist, trägt sie irrtümlicherweise den Namen Aloe.

Die Agave potatorum (Berger) auf unserm Bilde blüht bloss einmal und stirbt danach ab (sie ist also einfrüchtig). Blüten und Stengel können bis zu 3,5 m hoch werden.

Die Agave besitzt einen kandelaberartigen Blütenstand mit gelblichgrunen Blüten, aus denen sich fleischige Knollen entwickeln. Sie gedeiht an der Côte d'Azur, liebt Sonne und Luft, verträgt jedoch keine Feuchtigkeit.

Die Fasern bestimmter Agaven dienen zur Herstellung von Säcken, Teppichen und Bürsten. Auf dem Weltmarkt sind sie bekannt unter dem Namen Sisal oder Kantala.2. - FETTPFLANZEN.Aloë nobilis - Aloë plicatilis.Zwiebel und Spargel, Lilie und Tulpe sind Knollenpflanzen und gehören zur Familie

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der Liliaceen, zu denen auch die aus Südafrika stammende Aloengattung zählt. An die zweihundert Arten werden in Sudfrankreich angebaut.

Die Aloe nobilis hat fleischige, grundständige Rosetten bildende Blätter mit dornenbesetzten Rändern, aber ohne widerstandsfähige Fasern. Ihr einfacher Sfeengel ist über ein Meter hoch. Die Pflanze ist gekennzeichnet durch ihren ungefähr 60 cm hohen Blütenstand mit roten Blüten.

Die Aloe plicatilis (Miller) ist eine der wenigen Pflanzen derselben Gattung, deren Blätter nicht in symmetrischer Rosette angeordnet sind. Sie Bind weich, lang und schmal auf ihrer ganzen Länge. Diese Art trägt rote und gelbe Blumen.

Es bestehen zahlreiche Mischlingsarten (Hybriden), denn die Aloës können leicht gekreuzt werden. Man gewinnt aus ihnen ein Harz, das bei den Schiffen zum Schutze des Holzes gebraucht und in der Heilkunst als Abführmittel angewandt wird: das Aloin. Im Orient dient es bei der Einbalsamierung der Körper.3. - FETTPFLANZEN.Hoya carnosa.Fùr den Laienbotaniker ist es schwer, einen gemeinsamen Charakter zu finden für sämtliche zur Familie der Asklepiadaceen gehörenden Pllanzen. Heben wir hervor, dass ihre Blüten Hauptaufteilungen aufweisen: Blumen- und Kelchblätter gehen zu fünf und fünf. Ausserdem gleicht die trockene Frucht, die aus zwei länglichen, membranartigen Kapseln besteht, ein wenig den Bohnenschoten. Ein gewiegterer Botaniker stellt fest, dass die Blütenstaubkörner dank einer Art Wachs kleine Häufchen bilden, anstatt gesondert zu se in.

Hoya carnosa (Brown). Auf unserm Bilde sieht man eine Pflanze der Art Hoya carnosa, deren Blätter wachsartig aussehen. Den doldenförmig angeordneten weissen Sternen mit rosenrotem Mittelpunkt entströmt ein köstlicher Duft (DoIde-BIütenstand, bei dem die Blütenstiele von einem Punkte ausgehen und die Blüten eine Art Halbkugel bilden). Die Hoya carnosa ist eine aus Sud-china stammende Kletterpflanze. Ihr Stengel ist wie derjenige des Efeus mit Klammerwurzeln besetzt. Die leicht dunkelgrün leuchtenden Blätter sind länglìch oval und fleischig. Das Züchten dieser Pflanze bietet keinerlei Sehwierigkeiten, unter der Bedingung, dass man lockere und reiche Mischerde gebraucht, die sich zusammensetzt aus 1/4 Gartenerde, 1/4 Blätterhumus, 1/4 Schichtenhumus und 1 /4 Sand. Desweitern muss die Pflanze ganz der Sonne ausgesetzt sein. Sie blüht von Juli bis November.4. - FETTPFLANZEN.Crassula falcata - Sempervivum oder Jupitersbart.Crassula falcata (Wildenow) - Dieser gewöhnlich zweiglose Strauch wird 1 m hoch und besitzt einen äusserst schmucken, cymösen Blütenstand mit roten, endständigen Blütcn. Er blüht einen Monat lang. gewöhnlich von Juli bis August. Seine fleischigen Blätter sind sichelförmig gebogen und paarweise kreuzständig. Schaut man sich die Blume genau an, so sieht man, dass Blumenblätter und Staubgefässe gleichzählig sind. Die Crassula falcata stammt aus Südafrika.Sempervivum oder Jupitersbart (auch Hauswurz) (Linné) – Von den andern, den Züchtern wohlbekannten Arten, wollen wir noch die Rochea coccinea (De Candolle) und den auf unserm Bilde dargestellten Jupitersbart erwähnen. Diesen letztcren begegnet man überall in

Frankreich. Er verleiht einem gegen Süden gerichteten, gut trockengelegten Steingarten ein ländliches Aussehen. Er besitzt stengellose Rosetten und seine Blüten bestehen aus sechs bis zwanzig Teilen. Die Rosetten sterben nach der Blütezeit ab, während die Vermehrung der Pflanze durch die grosse Anzahl von Schosslingen begünstigt wird. Es genügt, diese loszulösen, sie während zwei bis drei Tagen vernarben zu lassen und sie dann bloss wenige cm tief in kaum feuchten Sand einzupflanzen.5. - FETTPFLANZEN.

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Euphorbia splendens.In der Familie der Euphorbiaceen (wolfsmilchartige Pflanzen) gehören die meisten Pflanzen zur Art Euphorbia, die über die ganze Welt verbreitet ist. In Europa zählt man die meisten Euphorbiaarten zu den Unkrautgewächsen. Blüten und Früchte können mit denjenigen der exotischen Arten verglichen werden.Woran erkennt man die Euphorbia? Ihr Saft ist dìckflüssig und weiss wie Milch, manchmal herb und brennend. Die Blüten sind klein und unscheinbar, während die Frucht eine in drei Kammern aufgeteilte Kapsel bildet. Jede Kammer enthält ein zur Reifezeit weit weggeschleudertes Samenkorn. Ihre Blätter sind einjahrig, d. h. sie fallen jedes Jahr ab, indem sie sich von selbst an ihrer Anwachsstelle loslòösen. Sie erneuern sich von Jahr zu Jahr.

Die Euphorbia splendens (Bojer) auf unserm Bilde ist ein buschiger Strauch mit starken, dornenbesetzten Stengeln. Er wird ungefähr 1 m hoch. Die länglichen Blätter können auf ein und derselben Pflanze verschiedenförmig sein. Die Blütendeckblätter (umgewandelte, oft farbige Blätter am Füsse des Blütenstieles) sind gewöhnlich orangenrot, manchmal aber auch gelb. Die Euphorbia splendens

gleicht haargenau einer andern Pflanze derselben Familie: der Euphorbia Bojeri. Beide stammen von Madagascar.6. - FETTPFLANZEN.Delosperma - Pleospilus simulans. Die Familie der Aizoaceen begreift drei Kategorien: 1) Pflanzen mit länglichen, aufrechten oder kriechenden Stengeln, 2) solche mit kurzen Stengeln, 3) Pflanzen, die wie Steine aussehen (Art Lithops, vom griechischen lithos, Stein und ops, Gesicht).Die Delosperma (Cooperi) auf unserm Bilde gehört zur ersten Kategorie. Diese buschige, wie Rasen sich ausbreitende Pflanze besitzt weiche, fleischige und warzenbedeckte Blätter von meergrüner Farbe, die funf bis sechs cm lang werden können. Die prächtigen, rosenroten Blüten haben fünf cm Durchmesser. Diese einfache Pflanze kann eine Temperatur von -10° mit Leichtigkeit ertragen. Man muss sie jedoch vor Regen schützen.

Die Pleospilos simulans (N. E. Brown) gehört zur letzten Kategorie. (s. B.). Diese eigenartige Pflanze hat Schösslinge, die aus zwei dicken, mehr oder weniger kielförmigen Blättern gebildet werden und erstaunlicherweise wie zwei Stucke Granit aussehen.Die Wachstumszeit erstreckt sich von März bis April und die Blütezeit von August bis September. Zum Aufziehen ist es angebracht einen Topf mit grossem Entwässerungsloch zu verwenden, der 1/3 groben Sand, 1/3 Heideerde, 1/6 zerstossenen Gips und 1/6 Gartenerde enthält.1. - Agave pototorum.Sur d'immenses parties désertiques de notre globe, les botanistes ont récolté des quantités de plantes capables de resister à la sécheresse, appelées "plantes grasses" ou "plantes xérophytes".

Le genre Agave, englobant plus de trois cents espèces différentes, nous vient d'Amérique où il vit à l'état spontané, depuis le Sud des Etats-Unis jusqu'à l'équateur ainsi qu’aux Antilles. Transporté dans les régions tempérèes-chaudes et sub-tropicales, il s'est bien adapté aux paysages. En France, où il est devenu partie intégrante de la contrée, il porte erronément le nom d'Aloès.

L'Agave potatorum (Berger) - représenté sur l'image - est une plante qui ne fleurit qu'une fois et meurt après floraison (c. à d. monocarpique) . L'ensemble des fleurs et de leur pédoncule peut atteindre 3,5 m de haut.L'Agave possède une inflorescence en forme de candélabre, produisant, après les fleurs d'un vert-jaunâtre, des bulbilles (bourgeons charnus). Il se cultive à la côte dAzur, aime le soleil et l'air, mais ne supporte pas l'humidité.

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Les fibres de certains Agaves servent à la fabrìcation de sacs, carpettes et brosses. Sur les marchés mondiaux ces fibres sont connues sous le nom de Sisal ou Cantala.2. - Aloe nobilis - Aloe plicatilisL'oignon et l'asperge, le lis et la tulipe sont des plantes bulbeuses appartenant à la famille des Liliacées, englobant également le genre Aloe originaire d'Afrique australe. Deux cents espèces sont cultivées intensément dans le Midi de la France. Leur floraison agrémente les jardins, à la fin de l'hiver ou au début du printemps.

Aloe nobilis (Haworth) - possède des feuilles charnues, épineuses sur les bords, sans fibres résistantes et placées en rosettes acaules (sans tige) près du sol. Sa tige simple dépasse un mètre de hauteur. La plante se caractérise par une inflorescence d'environ soixante cm, à fleurs rouges.

Aloe plicatilis (Miller) - est une des rares plantes du même genre dont les feuilles ne sont pas disposées en rosettes symétriques. Elles sont molles et linéaires (allongées et presque également étroites sur toute la longueur). La plante porte des fleurs rouges et jaunes.Il existe bon nombre d'hybrides (provenant de deux espèces différentes) parmi les aloès, car ces plantes se croisent facilement. On en retire une rèsine servant à préserver le bois à bord des navires et employée en pharmacie pour le produit laxatif et amer qu'elle contient: l'aloïne. En Orient on l'utilise pour embaumer les corps.3. - Hoya carnosa.Il est difficile au botaniste amateur de trouver un caractère à toutes les plantes composant la famille aes Asclépiadacées. Soulignons que leurs fleurs présentent des divisions principales: pétales et sepales (parties du calice) qui vont por cinq. En outre, le fruit sec torme par deux follicules (capsules membraneuses, allongées) ressemble un peu aux cosses de haricots. Le botaniste plus averti remarque le pollen acgloméré par une sorte de cire formant des pollinies (ou masse compacte de grams de pollen), au lieu d'être séparé.

Hoya carnosa (Brown) - Notre image est consacrée à l'espèce dite Hoya carnosa, plante dont les fleurs semblent de cire. Placées en ombelles (inflorescence dans laquelle les pédoncules partent du même point et où les fleurs sont disposées en forme d'hémisphère), les blanches étoiles à centre rose dégagent un parfum délicieux. La Hoya carnosa, plante grimpante originaire du sud de la Chine, possède une tige qui s'enracine comme celle du lierre. D'un vert brillant, legèrement foncé, les feuilles ovales et oblongues sont charnues. La culture de cette piante n'offre aucune difticulté à condition d'utiliser un compost perméable et riche forme par 1/4 de terre de jardin. 1/4 de terreau de feuilles, 1/4 de terreau de couches et 1/4 de sable et de l'exposer en plein soleil. La floraison a lieu de juillet à novembre4. - Crassula falcata - Sempervivum ou Joubarbe.Crassula falcata (Wildenow) - Cet arbrisseau, rarement ramifìé, atteint une hauteur d'un

mètre et possède une inflorescence des plus decoratives à fleurs rouges et terminales, disposées en cyme (groupe de fleurs dont les pédoncules partent d'un même point et dont les fleurs sont à la même hauteur) très dense. On peut les admirer pendant un mois, notamment de juillet à août. Les feuilles charnues sont arquées en forme de faux, chaque paire placée en croix par rapport à l'autre. En examinant la fleur même, nous remarquons un nombre égal de pétales et d'étamines. La Crassula falcata est originaire de l'Afrique de Sud.Sempervivum ou Joubarbe (Linné) - Parmi d'autres espèces bien connues en culture, citons

encore la Rochea coccinea (De Candolle) et la Joubarbe représentée sur notre image. Cette dernière se rencontre partout en France et confère un aspect rustique à une rocaille bien drainée, exposée au Midi. Le nombre d'hybrides est élevé. La Joubarbe comporte des rosettes sans, tiges et la fleur compte de six à vingt divisions. Les rosettes meurent après floraison, mais la multiplication de la Joubarbe se trouve facilitée par le nombre élevé de rejets formés à la base de la plante. Il suffit de les détacher, de les laisser se cicatriser pendant deux ou trois jours et de les replanter dans le sable à peine humide, la base légèrement enterrée.

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5. - Euphorbie splendens.Dans la famille des Euphorbiacées, le genre Euphorbia comprend le plus grand nombre d'espèces répandues dans le monde entier. En Europe, on assimile la plupart des Euphorbias aux mauvaises herbes. Les fleurs et les fruits sont comparables aux espèces exotiques.A quoi le genre Euphorbia se reconnait-il? La sève est épaisse et blanche comme le lait (latex), parfois acre et brillante. Les fleurs sont petites et insignifiantes tandis que le fruit apparait sous l'aspect d'une capsule subdivisée en trois loges. Chaque partie contient une graine projetée à grande distance au moment de la maturité. Enfin, les feuilles sont caduques, c. à d. qu'elles se détachent spontanément en se désarticulant à la base, et se renouvellent tous les ans.

L'Euphorbia splendens (Bojer) - représenté sur l'image, se rencontre sous l'aspect d'un buisson touffu à fortes tiges garnies d'épines. Il atteint environ 1 m de hauteur. La forme des feuilles varie sur une même plante, tout en restant assez allongée. Les bractées florales (feuille modifiée, souvent colorée, placée à la base du pédoncule fioral) sont généralement d'un rouge-orange, mais elles revêtent parfois une couleur jaune. L'Euphorbia splendens ressemble parfaitement à une plante de la mème famille: L'Euphorbia Bojeri. Toutes deux sont originaires de Madagascar.6 - Delosperma - Pleospilos simulans.La famille des Aizoacées englobe trois catégories: celles 1 ) à tiges allongées dressées ou rampantes 2) à tigcs basses 3) des plantes-cailloux (genre Lithops, du grec Lithops et Ops signifiant pierre et figure).

La Delosperma (Cooperi) - représentée sur l'image, se classe dans la première catégorie. Cette plante buissonnante, étalée et gazonnante, possède des feuilles molles, charnues, papilleuses, c. à d. pourvues de petites éminences arrondies, D'un vert glauque, les feuilles atteignent de cinq à six cm de long. Les fleurs magnifiques, de couleur rose, ont cinq cm de diamètre. Cette plante rustique supporte aisément une temperature de -10° C, mais il faut la protéger de la pluie.

Le Pleospilos simulans (N. E. Brown) - (voir image) appartient à la dernière catégorie. Cette plante curieuse se caractérise par des pousses formées de deux paires de feuilles très épaisses, plus ou moins carénées (dont le milieu est saillant) au dos et ressemblant d'une façon étonnante à des morceaux de granit.La période de végétation s'étend de mars à avril et la période de floraison d'août à

septembre Pour lo culture, il est recommandé d'utiliser un pot, avec un grond trou de drainage, contenant 1/3 de sable grossier, 1/3 de terre de bruyère, 1/6 de gypse concassé et 1/6 de terre de jardin.

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1626VÖLKERSTÄMME AUS BELGISCH-KONGO.POPOLAZIONI DEL CONGO BELGAPEUPLADES DU CONGO BELGE

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1) mancano/fehlen2) mancano/fehlen3) mancano/fehlen4) mancano/fehlen5) mancano/fehlen6) mancano/fehlen7. - VÖLKERSTÄMME AUS BELGISCH-KONGO.Die Bayaka. 8. - VÖLKERSTÄMME AUS BELGISCH-KONGO.Die Ngombe.9. - VÖLKERSTÄMME AUS BELGISCH-KONGO.Die Bushongo. 10. - VÖLKERSTÄMME AUS BELGISCH-KONGO.Die Bambuti,11 - VÖLKERSTÄMME AUS BELGISCH-KONGO.Die Wagenia.12. - VÖLKERSTÄMME AUS BELGISCH-KONGO.Die Azande. .13) mancano/fehlen14) mancano/fehlen15) mancano/fehlen16) mancano/fehlen17) mancano/fehlen18) mancano/fehlen.1. PEUPLADES DU CONGO BELGE LES BALUBA.2. PEUPLADES DU CONGO BELGE LES BATETELA3. PEUPLADES DU CONGO BELGE LES MANGBETU4. PEUPLADES DU CONGO BELGE LES BASENGELE5. PEUPLADES DU CONGO BELGE LES BATUTSI6. PEUPLADES DU CONGO BELGE LES BAMBÀLA7. PEUPLADES DU CONGO BELGE LES BAYAKA8. PEUPLADES DU CONGO BELGE LES NGOMBE9. PEUPLADES DU CONGO BELGE LES BUSHONGO10. PEUPLADES DU CONGO BELGE LES BAMBUTI11. PEUPLADES DU CONGO BELGE

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LES WAGENIA12. PEUPLADES DU CONGO BELGE LES AZANDE13. PEUPLADES DU CONGO BELGE LES BABALI14. PEUPLADES DU CONGO BELGE LES ARABISÉS15. PEUPLADES DU CONGO BELGE LES WASONGOLA16. PEUPLADES DU CONGO BELGE LES BANGELIMA17. PEUPLADES DU CONGO BELGELES BANGALA18. PEUPLADES DU CONGO BELGE LES SANGO.Rückseite - Retro - Verso 1) mancano/fehlen2) mancano/fehlen3) mancano/fehlen4) mancano/fehlen5) mancano/fehlen6) mancano/fehlen7. - VÖLKERSTÄMME AUS BELGISCH-KONGO.Die Bayaka. Die Bayaka, ungefähr 180.000 an der Zahl, wohnen im Südwesten der Provinz von

Leopoldville in der Nähe des grossen Kwangoflusses. S.e spreohen die Bantu-Sprache.Es gibt Gelehrte, die in den Bayaka die Nachkommen der wilden Jaca sehen, welche im 16.

Jahrhundert in dieses Gebiet einfielen und damals von den portugiesisohen Forschern als «umherziehende, kriegerische und menschenfressende Scharen» bezeichnet wurden.

Zurzeit sind die Bayaka noch immer grosse Jäger; sie treiben Ackerbau und üben die niederen, zu ihrem täglichen Bedarf notwendigen Handwerke aus. Sie schnitzen Holz und stellen daraus zu den verschiedensten Zwecken verwendbare Gagenstände her: buntgefärbte Tanzmasken, die oft mit langen, buschigen Bärten aus Raphia geschmückt und von kleinen Tier- und Menschenfiguren, in oft unvermuteten Haltungen, gekront sind, Diese Masken werden auch bei Einweihungsfeiern benutzt; sie stellen desweitern kleine Statuen her, deren Gesicht oft mit einer charakteristischen Stülpnase ausgestattet ist, mancherlei Gebrauchsgegenstände, wie geschnitate Kämme, Pfeifen, Haarnadeln, usw.

Das Bild stellt einen Tänzer dar, mit einer jener umfangreichen Masken; weiter unten zwei andere Maskenarten, sowie eine kleine Figur mit Stülpnase. Im Rundbild ein Frauenkopf der mit den Bayaka nahe verwandten Basaku, welche dieselbe Gegend bewohnen.8. - VÖLKERSTÄMME AUS BELGISCH-KONGO.Die Ngombe.

Die Ngombe bewohnen hauptsächlich die Gegend von Ubangi. Zahlreiche Scharen überquerten den Kongofluss und liessen sich in den groseen Wäldern der Äquatorprovinz, in der Umgebung von Basankusu nieder. Sie sind ungefähr 215.000 an der Zahl und sprechen eine Bantu-Sprache.Die Ngombe sind «Landmenschen», die hauptsächlich von Jagd und Ackerbau leben, im Gegensatz zu anderen Nachbarvölkern, wie die Boloki, «Wassermenschen», die vorwiegend vom Fischfang leben.

Die Ngombe waren früher berühmte Krieger und Menschenfresser. Sie liessen sich das Gesicht tätowieren: Reihen von hervorstehenden Punkten auf der Stirne, der Nase, den

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Wangen und dem Kinn gaben ihnen ein erschreckendes Aussehen; jetzt verschwindet diese Angewohnheit immer mehr.

Das Bild zeigt einen Ngombe-Krieger mit seinem schönen geflochtenen Schild, seiner Lanze und seinem grossen Meeser; er trägt ein Degengehänge und eine Mutze aus Antilopenhaut. Neben ihm befindet sich eine sehr charakteristisch geformte Trommel, die man nur bei diesem Völkerstamm antrifft. Im Hintergrund einige Pirogen der längs der Flusse wohnenden Bevökerung, welche die Erträge ihres Fischfanges regelmässig gegen Maniok und Bananen, die von den Ngombe angebaut werden, eintauschen. Im Rundbild der Kopf einer Ngombe-Frau mit perlengeschmückter Haartracht.9. - VÖLKERSTÄMME AUS BELGISCH-KONGO.Die Bushongo.

Die Bushongo, auch Bakuba genannt, bewohnen ein im Süden von Sankuru gelegenes Gebiet, in der Kasai-Provinz; sie sind ungefähr 100.000 an der Zahl und eprechen Bantu-Sprachen.Mit dem Namen «Bushongo» wird der politische Bund mehrerer nahe verwandter Stämme (Bangombe, Bambala, Bangende, Rangongo, Pianga, usw.) bezeichnet, welche der Gewalt eines Königs (dem «Nyimi») unterstehen, dem der Volksglaube einen göttlichen Ursprung zuschreibt.

Dem «Nyimi», der im Prinzip ein absoluter Herrscher ist, steht dennoch ein aus Beamten und Vertretern der Handwerke bestehender Rat bei.

Die ersten Weissen, die das Königreich Ende des vorigen Jahrhunderts besuchten, fanden dort ein Volk mit einer feinen Zivilisation, wo die Kunstschnitzer einen im Vordorgrund stehenden Platz einnahmen.

Die Statuetten der Bushongo-Könige gehören zu den interessantesten Verwirklichungen der afrikanischen Kunst.Das Bild zeigt einen «Nyimi» der Bushongo, der mit seinem schönsten Staate bekleidet ist: Schurz aus besticktem Raphia, Gürtel und Degengehänge aus bunten Perlen, Armbänder und Beinringe aus Muscheln, mit Perlen und Federn geschmückte Haartracht. Links eine geschnitzte Trommel und eine mit Perlen und kupfernen Applizierungen geschmückte Maske; rechts eine Königsstatuette und ein aus Holz geschnitztes kopfähnliches Trinkgefäss. Im Hintergrund eine der schönen Bushongohütten, deren Wände mit Flechtwerk bedeckt sind. Im Rundbild der Kopf einer Bushongo-Frau mit Halsketten aus blauen Perlen.10. - VÖLKERSTÄMME AUS BELGISCH-KONGO.Die Bambuti,

Die Bambuti sind Pygmäen» d. h. Menschen von ktleinem Körperwuchs, unter 1,50 m. Es handelt sich um die ältesten Bewohner Zentralafrikas. Die Bambuti, ungefähr 150.000 an der Zahl, sind in den grossen Wäldern der Gegend von Ituri, in der Ostprovinz, verstreut. Es gibt noch Pygmäen im Walde der Äquatorprovinz und andere in Ruanda-Urundi; erstere heissen Batshwa, letztere sind bekannt unter dem Namen Batwa.

Die Forscher Schweinfurth und Stanley haben als erste das Vorhandensein von Zwergvölkern in den grossen äquatorialen Wäldern verkundet.

Die Bambuti leben ausschlieselich vom Ertrag ihrer Jagden, die sie mit Geschicklichkeit, mit Hilfe von Lanzen, Netzen und vergifteten Pfeilen ausüben. Sie betreiben ebenfalls das Einsammeln der Waldfrüchte. Oft tauschen sie einen Teil des erlegten Wildes gegen Maniok oder Salz ein, nach dem sie sehr gelüsten, und das ihnen die benachbarten Negerstämme verschaffen.

Das Bild zeigt einen Bambuti-Jäger inmitten des Waldes, mit seinen Bogen und Pfeilen bewaffnet und den eben erlegten Affen in der Hand haltend. Im Hintergrund eine aus Astwerk erbaute und mit Blättern bedeckte Hütte, einziges, äusserst primitives Obdach der Bambuti; einige Tänzer.Im Rundbild, Bambuti-Frau mit sorgfältig enthaartem Schädel und nur einem grissen, auf

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dem Scheitel zurückgelassenen Haarbüschel.11 - VÖLKERSTÄMME AUS BELGISCH-KONGO.Die Wagenia.Die Wagenia bewohnen die beiden Ufer des Lualaba-Stromes, zwischen Stanleyville und Kasongo, in der Ostprovinz. Wenig zahlreich werden sie auf 4.000 Personen geschätzt; sie sprechen eine Bantu-Sprache.

Ausschliesslich Fischer und Ruderer, sind die Wagenia die unbestrittenen Meister des Stromes oberhalb von Stanleyville. Mit allem was das nasse Element betrifft aufs äusserste vertrtaut, wagen sie allein - in ihren übergrossen, von 10 Ruderern fortbewegten Pirogen - den gefürchteten Stromschnellen. Trotz zu bieten, die sie stromaufwärts befahren, um ihre Fischplätze einzurichten und ihre Netze zu entleeren. Diese Fischplätze bestehen aus Stangen und Dielengerüsten, wovon man nur den Oberbau sieht; daran befestigen die Wagenia ihre Reusen und entwickeln sich dort zu vollendefcen Akrobaten. Der Ertrag ihres Fischfangs dient ausser zur Ernährung der Eingeborenen der Gegend auch zu derjenigen der Stadtbevölkerung.

In unseren Tagen bekämpfen sich Mannschaften von Ruderern in riesigen Pirogen gelegentlich der von Stanleyville organisierten Ruderwettfahrten.Das Bild stellt einen tanzenden Wagenia dar, dessen Körper mit weissem Ton überzogen ist. Im Hintergrund die Fischereieinrichtungen in den Stromschnellen; im Vordergrund eine Reuse und ein Ruder.Im Rundbild der Kopf einer Doko-Frau (ebenfalls wie die Wagenia «Menschen des Stromes») mit perlengeschmücktem Haar.12. - VÖLKERSTÄMME AUS BELGISCH-KONGO.Die Azande.

Die Azande bewohnen den ganzen Norden der Ostprovinz und haben sich in den Stromgebieten des Uele und des Mbomu, von ihren Quellen bis zu ihrer gemeinsamen Einmündung, niedergelassen. Sie sprechen eine sudanesische Sprache. Ihre zahlenmässige Bedeutung erreicht ungefähr 350.000.

Die Azande, ein Volk der Krieger und Eroberer, drangen mit Gewalt in dieses unermesslich grosse Gebiet ein, von wo sie einen Teil der Bewohner verjagten und die anderen unterwarfen. Die ersten Forscher kannten sie unter dem Namen Niam-Niam; diesen Namen hatten sie wegen ihrer menschenfressenden Neigungen bekommen. Das europäische Vordringen stiess bei den Azande auf heftigen Widerstand und harte Kämpfe wurden ausgefochten. Die Namen der Sultane Djabbir, Mbio, Ndorumia, Renzi usw. rufen in der Geschichte des Kongo die Erinnerung an grausame, aber tapfere Anführer hervor. Heute sind die Azande gute Landwirte.

Das Bild zeigt einen Azande-Krieger, bekleidet mit dem althergebrachten Schurz aus geklopfter Baumrinde und einem Hut aus Raphia, der mit dieken Federbuscheln geschmückt ist, die mit einer Elfenbeinnadel festgesteckt sind; er schwingt den berühmten Sabel der Azande und sohützt sich mit Hilfe eines grossen Schildes; hinter ihm andere Krieger mit Lanzen und einem Wurfmesser, einer sehr mörderischen Waffe. Ein anderes Wurfmesser sieht man in der linken Ecke des Bildes; rechts ein Xylophon und ein Horn aus Elfenbein, die zu ihren charakteristischsten Musikinstrumenten gehören.Im Rundbild der Kopf einer Azande-Frau mit einer mit kleinen, weissen Muscheln geschmückten Haartracht.13) mancano/fehlen14) mancano/fehlen15) mancano/fehlen16) mancano/fehlen17) mancano/fehlen18) mancano/fehlen.

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1. LES BALUBA.Les Baluba occupent une grande partie de la Province du Katanga et certaines régions de la Province du Kasaï; ils sont 3 à 400.000 environ et parlent une langue bantoue.Autrefois conquérants, ils fondèrent de grands royaumes, dont quelques-uns ont subsisté jusqu'au début du siècle. Depuis, devenus des agriculteurs habiles, ils sont aussi renommés pour leurs talents artistiques.

Une forme de leur art, la plus célèbre, est la sculpture du bois et de l'ivoire: statuettes d'ancêtres qu'ils veulent honorer, fétiches intervenant dans les opérations de magie, sièges à cariatides, sceptres de chefs, porte-arcs, masques exhibés au cours de dìverses cérémonies, appuis-tête, etc... Avec l'ivoire des défenses de phacochères, ils sculptent des figurines utilisées comme pendentifs.

Les Baluba sont aussi des artisans adroits: déjà avant l'arrivée des Blancs, ils savaient extraire le cuivre et le fer du riche sous-sol katangais et en façonnaient des armes et des ornements variés.

De nos jours, ils pratiquent encore la danse comme un rite; ils revêtent alors les costumes de leurs ancêtres et superposent des pagnes de raphia, des peaux de différents animaux, des plumes multicolores, des bracelets et d'autres ornements en perles, etc...

L'image montre un de ces danseurs ; au premier plan, un siège de chef en bois sculpté/ un masque, ainsi qu'une statuette des Basonge (apparentés aux Baluba et leurs voisins du nord-est); au fond, deux joueurs de tambour rythment les pas du danseur. En médaillon, une tête de femme Baluba portant la coiffure en gradins, caraetéristique de cette peuplade.2. LES BATETELALes Batetela habitent le nord-est de la Province du Kasaï; ils sont estimés à 30.000 environ

et parlent une langue bantoue.Les Arabes esclavagistes, mettant à profit les instincts belliqueux des Batetela, en ont fait

leurs farouches séides au cours des innombrables razzias opérées au détriment d'autres populations indigènes. Après la défaite de ces négriers, les guerriers Batetela possèdaient un embryon de discipline et connaissaient le maniement des armes à feu. Aussi entrèrent-ils nombreux dans la Force Publique et ont-ils fourni à l'Etat Indépendant des soldats intrépides. La "Révolte des Batetela", qui se produisit en 1896, mit en peril la colonie naissante; mais l'origine de cette révolte n'est imputable qu'à certains éléments guerriers de la tribu, qui tentèrent de ressusciter la sinistre époque de la domination arabe, caractérisée par des massacres et des pillages.L'art et l'artisanat occupent peu de place dans la vie des Batetela, restés chasseurs avant

tout.L'image représente un guerrier Batetela armé d'une lance et d'un bouclier. A gauche on

peut voir une hache et un couteau caractéristique dont la poignée en fer se termine en pointe. A droite, un siège, un masque, une figurine, une poterie d'inspiration Basonge, voisins des Batetela. En mèdaillon, une tête de femme avec tatouages.3. LES MANGBETULes Mangbetu occupent un territoire relativement restreint au nord-est de la Province

Orientale, dans la région de Paulis. Ils parlent une langue soudanaise, et leur nombre atteint 65.000 environ.

On sait actuellement que les Mangbetu n'étaient à l'orìgine qu'une grande famille noble, qui conquit et tint sous sa domination, pendant des périodes variables, un grand nombre de tribus étrangères, telles les Mskere, les Medje, les Malele, etc... Le royaume des Mangbetu eut son apogée vers le milieu du siècle dernier, et fut divisé ensuite en plusieurs "sultanats".

Les Mangbetu sont un peuple fier, dont la civilisation révèle des goûts artistiques indéniables: les cases rondes sont souvent décorées de dessins variés, ils sculptent des tabourets et fabriquent des poteries de formes inattendues; les hommes portent un pagne en écorce d'arbre battue, joliment drapé. Les hommes et surtout les femmes. ont souvent le

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crâne artificiellement deformé en pain de sucre et arrangent leurs cheveux en une coiffure compliquée.

L'image représente un chef Mangbetu, portant le pagne et le chapeau à plumes rouges traditionnels. A gauche, un siège en bois sculpté, une harpe au manche d'ivoire, un couteau typique. A droite, une poterie céphalomorphe, c. à d. ayant la forme d'une tête. En médaillon, tête de femme au crâne allongé avec coiffure ornée d'épingles en ivoire. Dans le fond, les parois décorées d'une case.4. LES BASENGELELes Basengele habitent à l'ouest du Lac Leopold II dans la Province de l'Equateur. Au nombre de 20.000 environ, ils emploient une langue bantoue.

Les Basengele sont des agriculteurs et des pêcheurs; ils fabriquent des poteries et des vanneries avec beaucoup de soin, mais ne présentant pas de cachet artistique particulier. Ils travaillent aussi le fer.

Les chefs, et certains notables des Basengele, portent une coiffure extrèmement curieuse: c'est une espèce de tiare à étages, en cordelettes finement tressées et garnies au-devant d'un ou de plusieurs disques en cuivre, appelés "lopandja".

L'image montre un de ces chefs, la face enduite de kaolin; il porte de nombreux bracelets et colliers de coquillages et tient en mains le chasse-mouches et la palette en bois, insignes de sa dignité. A gauche se trouvent un tambour caractéristique de quelques peuplades de la région du Lac Leopold II, et un couteau de dignitaire. En médaillon, une tête de femme, à la figure barbouillée de kaolin.5. LES BATUTSILes Batutsi ne sont pas, à proprement parler, des "peuplades du Congo Belge", mais on

peut certes les y assimiler puisqu'ils habitent les territoires du Ruanda et de l'Urundi, sous mandat belge depuis 1924 et maintenant sous tutelle. Leur importance numérique atteint 360.000 sujets environ.

Originaires des régions voisines du Haut-Nil, les Batutsi se distinguent de prime abord par leur haute taiIle, qui atteint et dopasse souvent 2 mètres.Deux autres races: Bahutu et Batwa, complètent l'ensemble de la population du Ruanda-

Urundi, dont les Batutsi forment l'aristocratie dominante. Et tandis que les Bahutu sont avant tout agriculteurs, que les Batwa (des PygmoTdes) sont des chasseur et potiers habiles, les Batutsi consacrent toute leur activité à l'élevage du gros bétail aux longues cornes; la

structure de leur organisation sociale est remarquable.L'image montre un danseur Batutsi, pare de peaux de léopard et de perles. A gauche, une

femme noble drapée dans une cotonnade multicolore et les jambes cerclées d'une infinité de minces anneaux, en une sorte d'osier. A droite, un tambour et deux spécimens des vanneries finement tressées et décorées que fabriquent les femmes.

En médaillon, tête d'une femme de "Mwami" ou grand chef Batutsi, ornée de perles blanches.6. LES BAMBÀLALes Bambala, au nombre de 70.000 environ, sont disséminés dans une vaste région qui s'étend au sud-ouest du Congo, entre le Kwango et le Kasaï, dans la Province de Léopoldville.D'autres Bambala, qui ne semblent pas apparentés aux précédents, appartiennent à la peuplade des Bushongo, et habitent au sud du Sankuru dans la Province du Kasaï.

Ils parlent tous des langues bantoues; tous aussi sont chasseurs, agriculteurs, et aucune branche de l'artisanat ne leur est étrangère: vannerie, tissage du raphia, poterie, travail du fer, sculpture du bois, etc... sont leurs occupations familières.L'image représente un archer Bambala (du Kwango), le corps enduit de rouge ; ce fard, appelé "ngula" ou "tukula", n'est autre que du bois rouge réduit en poudre et mélangé à de

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l'huile de palme; les Congolais en général, et les Bambala en particulier, en font une grande consommation pour leur toilette.

Au pied de cet archer se trouve une statuette en bois sculpté représentant une femme avec un enfant sur les genoux.

A gauche sont figurés quelques objets en bois des Bambala (du Sankuru), sculpteurs fort adroits: un tambour très ouvragé, une boite à fard de"ngula", une coupé avec motifs décoratifs, un couteau à manche sculpté.En médaillon, tête de femme Bambala (du Kwango) dont les cheveux, mélangés à de la terre, à du "ngula", et à de l'huile de palme, sont disposés en une coiffure retombant sur le cou.7. LES BAYAKALes Bayaka, au nombre de 180.000 environ, habitent le sud-ouest de la Province de Léopoldville, au voisinage de la grande rivière Kwango. Ils parlent la langue bantoue.D'aucuns considèrent les Bayaka comme les descendants des farouches Jaca, qui envahirent la région au XVle siècle, et dont les explorateurs portugais de l'époque font mention lorsqu'ils parlent de "troupes nomades, guerrières et anthropophages".

Actuellement, les Bayaka sont toujours de grands chasseurs; ils pratiquent l'agriculture et se livrent aux menus métiers que réclament leurs besoins journaliers.Ils sculptent le bois et en fabriquent des objets aux usages les plus variés: des masques de danse, polychromés, souvent garnis de barbes longues et touffues en raphia, et surmontés de figurines animales ou humaìnes dans des attitudes parfois inattendues ; ces masques servent aussi dans les sociétés d'initiation; ils font encore des statuetttes, dont la figure s'orne souvent d'un nez caractérìstiquement retroussé, des objets usuels divers tels que peignes sculptés, sifflets, épingles à cheveux, etc...

L'image représente un danseur coiffé d'un de ces masques volumineux; deux autres genres de masques sont dessinés dans le bas, en même temps qu'une statuette au nez retroussé.

En médaillon, une tête de femme des Basuku, étroitement apparentés aux Bayaka, et habitant la mäme région.8. LES NGOMBELes Ngombe habitent principalement la régìon du l'Ubangi; des groupes nombreux traversèrent le fleuve Congo et s'installèrent dans les grandes forêts de la Province de l'Equateur aux environs de Basankusu. Ils totalisent environ 215.000 sujets et parlent une langue bantoue.Les Ngombe sont des "gens de terre", vivant surtout de chasse et d'agriculture, par opposition à d'autres peuplades voisines comme les Boloki, "gens d'eau" vivant surtout de pêche.

Les Ngombe étaient autrefois des guerriers fameux et anthropophages. Ils se faisaient tatouer le visage: des rangées de points en relief sur le front, le nez, les joues et le menton leur donnaient un air terrifiant; actuellement, cette habitude se perd de plus en plus.L'image montre un guerrier Ngombe avec son beau bouclier en vannerie, sa lance et son

grand couteau; il porte un baudrier et un calot en peau d'antilope. A côté de lui se trouve un tambour d'une forme très caractéristique, que l'on ne retrouve que chez cette peuplade.

Au fond, quelques pirogues des populations habitant le long des rivières, qui échangent régulièrement les produits de leur pêche contre du manioc ou des bananes, cultivés par les Ngombe.9. LES BUSHONGOLes Bushongo, appelés aussi Bakuba, occupent un territoire situé au sud du Sankuru, dans

la Province de Kasaï; leur nombre atteint 100.000 sujets environ, et ils parlent des langues bantoues.

Le nom "Bushongo" désigne l'union politique de plusieurs tribus étroitement apparentées (Bangombe, Bambala, Bangende, Bangongo, Pianga, etc.) placées sous l'autorité d'un roi (le "Nyimi") auquel la croyance attribue une origine divine.

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Souverain absolu en principe, le "Nyimi" est néanmoins assistè d'un conseil composé de fonctionnaires et de représentants des métiers.Les premiers Blancs visitant le royaume à la fin du siede dernier y trouvèrent un peuple

d'une civilisation raffinée, où les artistes-sculpteurs occupaient une place de premier plan.Parmi les réalisations les plus intéressantes de l'art afrìcain, figurent les statuettes de rois

Bushongo.L'image représente un "Nyimi" des Bushongo, vêtu de ses plus beaux atours: pagne en

raphia brodé, ceintures et baudrier en perles multicolores, bracelets et anneaux de jambes en coquillages, coiffure gamie de perles et de plumes. A gauche, un tambour sculpté et un masque orné de perles et d'applications en cuivre; à droite une statuette de roi et une coupé céphalomorphe en bois sculpté. Au fond, une des belles cases Bushongo, aux parois couvertes de nattes.En médaillon, une tète de femme Bushongo, avec colliers de perles bleues. 10. LES BAMBUTILes Bambuti sont des Pygmées, c'est-à-dire des hommes de petite taille, inférieure à 1,50 m.

Il s'agit des plus anciens occupants de l'Afrique Centrale.Les Bambuti, au nombre de 150.000 environ, sont éparpillés dans les grandes forêts de la

région de l’Ituri, dans la Province Orientale. Il y a encore des Pygmées dans la forêt de la Province de l'Equateur, et d'autres dans le Ruanda-Urundi: les premiers s'appellent Batshwa, les seconds sont connus sous le nom de Batwa.

Les explorateurs Schweinfurth et Stanley furent les premiers à signaler l'existence, dans les grandes forêts équatoriales, de peuplades naines.

Les Bambuti vivent uniquement du produit de leurs chasses, pratiquées avec une habileté consommée au moyen de lances, de filets et de flèches empoisonnées. Ils pratiquent également la cueillette des fruits de la forêt. Souvent, ils échangent une partie du gibier abattu contre du manioc ou du sel, dont ils sont très friands, et que leur procurent les tribus nègres du voisinage.

L'image montre un chasseur Bambuti au milieu de la forêt, armé de son arc et de flèches, et tenant en main le singe qu'il vient d'abattre. Au fond, une case en branchages couverts de feuilles, seul abri, combien primitif, des Bambuti; quelques danseurs.En médaillon, femme Bambuti au crâne soigneusement épilé, ne laissant qu'une petite touffe

au sommet de la tête.11. LES WAGENIALes Wagenia habitent sur les deux rives du fleuve Lualaba, entre Stanleyvìlle et Kasongo, dans la Province Orientale. Peu nombreux, on les estime à 4.000 individus seulement, ils parlent une langue bantoue.

Uniquement pêcheurs et pagayeurs, les Wagenia sont les maîtres incontestés du fleuve en amont de Stanleyville. Familiarisés à l'extrème avec tout ce qui touche à l'élément liquide, eux seuls osent affronter, - dans leurs énormes pirogues mues par des dizaines de pagayeurs - les redoutables rapides de la rivière, qu'ils remontent en vue d'installer leurs pêcheries et relever leurs nasses. Ces pêcheries se composent d'échafaudages de perches et de madriers, dont on voit uniquement la superstructure; les Wagenia y attachent leurs nasses et y évoluent en acrobates consommés. Le produit de leur pêche sert à l'alimentation de la population de la ville, sinon à celle des indigènes de la région.

De nos jours, des équipes de pagayeurs s'affrontent dans d'immenses pirogues, au cours des régates organisées à Stanleyville.

L'image représente un Wagenia dansant, le corps enduit d'argile blanche. Au fond, les installations de pêcheries dans les rapides du fleuve; au premier plan, une nasse et une pagaie.En médaillon, tête de femme Doko (également, comme les Wagenia, des "gens du

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fleuve"), la chevelure garnie d'ornements en perles.12. LES AZANDELes Azande habitent tout le nord de la Province Orientale et occupent les bassins de l'Uele et du Mbomu, depuis leurs sources, presque jusqu'à leur embouchure commune. Ils parlent une langue soudanaise et leur importance numérique atteint 350.000 sujets environ.

Peuple guerrier et conquérant, les Azande s'installèrent par la force dans cet immense territoire, dont ils chassèrent une partie des occupants et soumirent les autres.

C'est sous le nom de Niam-Niam que les premiers explorateurs les connurent; ce nom leur avait été donne à cause de leurs goûts anthropophages.La pénétration européenne rencontra chez les Azande une résistance farouche; de durs combats furent livrés. Les noms des sultans Djabbir, Mbio, Ndoruma, Renzi, etc... rappellent dans l'histoire du Congo le souvenir de chefs cruels, mais vaillants.Actuellement, les Azande sont devenus de bons agriculteurs.

L'image montre un guerrier Azande, vêtu du pagne traditionnel en écorce battue et d'un chapeau en raphia, garni de gros pompons de plumes, fixé à l'aide d'une épingle en ivoire; il brandit le fameux sabre des Azande et se protège à l'aide d'un grand bouclier; derrière lui, d'autres guerriers manient des lances et un couteau de jet, arme très meurtrière. Un autre couteau de jet est visible dans le coin gauche de l'image; à droite figurent un xylophone et une trompe en ivoire, qui sont parmi leurs instruments de musique les plus caractéristiques.En médaillon, tète d'une femme Azande, à la coiffure ornée de petits coquillages blancs.13. LES BABALILes Babali occupent une partie de la Province Orientale, située à l'est de Stanleyville. Ils sont environ 40.000 sujets et parlent une langue bantoue.

On ne saurait parler des Babali sans évoquer la mystérieuse et redoutable secte des Aniota ou "hommes-léopards" dont les rites sinistres firent de nombreuses victimes parmi la population noire. On peut voir, au Musée Royal du Congo Belge à Tervuren, la représentation d'un Aniota, revêtu de son costume étrange et impressionnant: tunique et cagoule en écorce battue, tachetées de noir, imitant la peau de léopard; main armée de griffes en fer, simulant aussi celles du fauve.Les hommes Babali portent sur la poitrine des tatouages ocellés; beaucoup de femmes Babali ont l'habitude de se déformer la bouche en introduisant dans la lèvre supérieure un petit batonnet, ou un petit disque. Cette coutume barbare existe d'une manière plus développée encore chez les Babira (ces derniers habitent à l'est des Babali): on peut voir dans le médaillon de l'image une femme "à plateau" des Babira, dont le disque mesure bien 10 cm de diamètre! Cette mutilation faciale hideuse se pratique, heureusement, de moins en moins.

L'image représente un Babali dans ses atours de danse, un petit tambour attaché à la ceinture; il porte un bouquet de plumes rouges sur la tête et des anneaux de cuivre aux jambes.

Dans le tond, les huttes caractéristiques des Babali, aux murs circulaires très bas, surmontés d'un toit conique, très haut, en feuilles.14. LES ARABISÉSComme leur nom l'indique, les Arabisés sont les indigènes issus du mélange des Arabes,

venus de la côte orientale d'Afrìque, et des Noirs. Leur nombre atteint environ 8.000 individus au Congo Belge, tous installés dans la Province Orientale, le long du fleuve Lualaba, au sud de Stanleyville et dans la région des grands lacs principalement.

Les Arabes, qui pénétrèrent au Congo Belge au siècle dernier, se sont rendus tristement célèbres par l'affreux commerce d'esclaves auquel is se livraient.

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Actuellement, les Arabisés ou descendants des trafiquants Arabes continuent à habiter les lieux où se sont déroulés tant d'événements tragiques; ils sont devenus de paisibles sujets de l'Administration belge et se livrent à d'honnètes négoces. ils ont conservé les croyances réligieuses (islamisme), les coutumes et les costumes des anciens conquérants.L'image représente un commercant arabisé, avec son fils, habillés tous deux selon la mode

traditionnelle. A droite, un porte-Coran en bois orné de dessins linéaires sculptés, petit meuble que l'on trouvera dans tout milieu mahométan.En médaillon, tête de femme arabisée.15. LES WASONGOLASous le nom de Wasongola on désigne 25 à 30.000 individus environ, habitant la Province Orientale à l'est du fleuve Lualaba, aux environs de Kindu; mais les noms véritables de ces populations sont Ombo pour celles qui habitent près du fleuve, et Binja pour celles de l'intérieur. Elles parlent toutes des langues bantoues.

Les riverains, pêcheurs habiles, sillonnent le fleuve dans leurs petites pirogues. L'image montre plusieurs de ces embarcations légères; les hommes qui les montent pagaient debout, comme tous les "gens d'eau" du Congo Belge; à leurs pieds se trouve un harpon muni d'un flotteur, utilisé lors des chasses à l'hippopotame.

Remarquez la coìffure pittoresque - aujourd'hui presque disparue - des hommes et des femmes Wasongola: les cheveux sont enduits d'argile, d'huile de palme et entrelacés de brindilles; le tout est dressé en une sorte de petit manchon sur le sommet de la tête, du plus curieux effet.En médaillon, tête de femme Wasongola.16. LES BANGELIMALes Bangelima comptent environ 15.000 sujets, parlant une langue bantoue; ils habitent

dans la Province Orientale, non loin de la rivière Aruwimi.Voisins des Babali, les Bangelima érigent le même genre de cases, aux murs bas surmontés

d'un haut toit pointu couvert de feuilles.Les femmes Bangelima fabriquent de très jolies poteries rondes, décorées de dessins

géométriques soigneusement exécutés.L'image représente un chef Bangelima vêtu, selon la mode traditionnelle, d'un pagne en

écorce d'arbre battue et de peaux de genette pendant à la ceinture; sur la tête, un bonnet en raphia garni de plumes rouges; au cou, un double collier de dents de léopard; en mains, grand bouclier en vannerie et lance.

A côté de lui, un joueur de tam-tam, ou tambour de bois à fente en forme de trapèze, comme en possèdent les Batetela, qui se servent de cet instrument pour la transmission de leurs messages de village à village; l'indigène est coiffé d'une espèce de colback ou haut bonnet en poils de singe colobe.Dans le fond se voient les cases d'un village Bangelima. En médaillon, tête de femme

Bangelima, à la coiffure originale.17. LES BANGALALes peuplades dites communément "Bangala" occupent, dans la Province de l'Equateur, les territoires en bordure du fleuve Congo, dans la région de Nouvelle Anvers. A vrai dire, il n'existe pas une peuplade déterminée qui s'appelle Bangala, mais on comprend sous ce nom plusieurs tribus, comme les Bolobo, Mangala, Boloki, Bamwe, etc... habitant ces parages; ils parlent tous des langues bantoues. On peut évaluer leur importance numérique à 60.000 sujets environ.

Les Bangala vivent surtout de la pêche; les groupes installés loin du fleuve cultivent le manioc et échangent les produits de leurs cultures contre du poisson.

Les Bangala sont des populations robustes; des instincts cruels, aggravés de cannibalisme, en firent de féroces ennemis à l'epoque des pionniers. Ils fournirent néanmoins les premiers éléments de la Force Publique, formée dans le Bas-Congo par les lieutenants Coquilhat et

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Roget en 1885.Les Bangala furent longtemps caractérisés par un tatouage de la face, actuellement en voie

de disparition. Ce tatouage consistait, chez les hommes comme chez les femmes, en une véritable "créte de coq" à laquelle s'ajoutaient aux tempes des espèces de "tubercules" formés par des excroissances de chair.

L'image représente un Bangala battant le tam-tam qui sert à transmettre des messages de village à village; à droite, un couteau d'exécution (ngulu) en forme de croissant, une poterie servant de foyer lors des voyages en pirogue. Au fond, cases de forme rectangulaire, couvertes de chaume.En médaillon, tête de femme Bangala, avec les tatouages caractéristiques.18. LES SANGOLes Sango habitent les rives de l'Ubangi, dans la Province de l'Equateur, aux environs de

Banzyville; une partie de la peuplade vit en Afrique Equatoriale Française. On estime à 1200 seulement le nombre de Sango établis sur le territoire du Congo belge; ils parlent une langue soudanaise.

Les Sango sont de vrais "gens d'eau": leurs villages, aux cases rondes à toit pointu, sont établis dans les îlots et tout près de l'eau; leur genre de vie est entièrement orienté vers la rivière; ils sont essentiellement un peuple de piroguisrs et de pêcheurs.

L'image montre un pêcheur Sango manoeuvrant sa pirogue; dans le fond de celle-ci, on peut voir la poterie en terre cuite qui sert de foyer à ces "gens d'eau", au cours de leurs longs voyages sur les rivières. A droite, une nasse. Dans le fond, quelques huttes d'un village Sango.Dans le médaillon, une tête de femme Sango dont il faut remarquer la curieuse coiffure, ornée de perles: la chevelure est allongée à l'aide de brindilles, de cordelettes, agglomérées avec de l'huile de palme et de l'argile, jusqu'à former une masse d'un volume et d'un poids respectables!

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1627DIE HALBAFFEN.LE PROSCIMMIE.LES PROSIMIENS.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1 - LE PROSCIMMIE.Indri e Bari.2 - LE PROSCIMMIE.Maki e Mococo3 - LE PROSCIMMIE.Apalemure e Chirogaleo.4 - LE PROSCIMMIE.Lori e Lori tardigrado.5 - LE PROSCIMMIE.Potto e Galagone.6 - LE PROSCIMMIE.Tarsio e Aye-Aye.Rückseite - Retro - Verso 1 - Indri e Bari.Nelle regioni tropicali d'Africa e d'Asia, ed anzi in zone speciali di tali regioni, vivono numerose specie di mammiferi che pur apparendo quadrumani e alquanto simili a Scimmie, son da queste ben distinti e vengono raggruppati nel multiforme ordine delle Proscimmie. Tante e così varie sono le forme delle Proscimmie (Prosimiae), che i naturalisti non si sentono di far risalire i diversi tipi ad un capostipite comune, e debbono riconuscere come alquanto incerto anche il loro otdinamento sistematico. Le Proscimmie di maggior statura possono considerarsi gli Indri (Indrisida). con due generi e varie specie, di dimensioni peraltro variabili e con code più o meno lunghe. Abbiamo illustrato il genere che dà il nome alla famiglia: l'Indri (Lichanotus) che vien detto brevicoda appunto perchè ha la coda assai corta, che sembra quasi un semplice ciuffo di peli. Gli arti posteriori sono alquanto più lunghi degli anteriori. La sua dentatura, che è caratterizzata tra l'altro dalla presenza di due incisivi orizzontali da ambo le parti della mandibola inferiore, rivela la decisa inclinazione al cibo vegetale. E' riferito però che una specie veniva addestrata dagli indigeni anche per la caccia agli uccelli, data la sua abilità nel sorprenderli e ghermirli con straordinaria sveltezza. L'Indri mangia seduto, tenendo il cibo tra le mani. E' animale tendenzialmente notturno e, come tutte le Proscimmie, è arboricola, cioè vive sugli alberi. La sua presenza è limitata al versante costiero della catena orientale del Madagascar. Taluni considerano gli Indri come una sottofamìglia dei Lemurìdi (Lemuridae), che comprendono parecchi generi, con numerose specie e sottospecie, fra cui il genere Lemure (Lemur), dal quale deriva il nome. Appartiene a tal genere il Bari o Vari (L. varius) della nostra figurina. Di statura poco minore dell'Indri, pezzato vistosamente di bianco e nero, emette un grido che alcuni ritengono somigliante al ruggito del leone ed atto a incutere terrore.2 - Mafci e MococoIl nome Lemure proviene da una parola latina che significava: spirito dei defunti, spettro. Un nome poco allegro, in verità, che è stato attribuito a queste Proscimmie per la loro qualità di animali notturni, per i movimenti silenziosi e rapidissimi che le fanno apparire e scomparire in modo fantomatico, e per le loro grida che. se non propriamente lugubri, sono per lo meno impressionanti, specialmente per lo spirito superstizioso degli indìgeni. I Lemuri, o Maki, sono propri del Madagascar e comprendono specie diverse, che nella dentatura denotano una maggiore o minore tendenza al cibo animale, e nello sviluppo dei piedi una maggiore o minore specializzazione per il salto.

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Il pelame, poi, presenta differenze anche in una stessa specie: differenze individuali o sessuali che vanno, come nel Mococo, fino a una colorazione del tutto diversa, nera per il maschio, rosso-ruggine per la femmina. Un Maki detto Catta (L. catta), che vive nel sud-ovest del Madagascar, ha il pelo fino, lanoso, fitto, che varia dal grigio al rosso-bruno, con gola e orecchie bianche, naso nero, macchie nere intorni) agli occhi simili a occhiali. E’ grande fino a una quarantina di centimetri, con la coda, folta e anellata, un bel po' più lunga del corpo.Nei Maki il cranio è tondeggiante; il muso è più o meno allungato e volpino. Per essere animali notturni, hanno gli occhi piuttosto piccoli. Le orecchie sono sempre pelose, seppure in varia misura. Tutte le dita sono munite di unghie piatte, tranne il 2° dito del piede, che ha l'unghia adunca, come un pìccolo artiglio.3 - Apalemure e Chirogaleo.Alla famiglia dei Lemuridi. e quindi al Madagascar, appartengono i due generi illustrati in questa figurina. L'Apalemure (Myoxicebus) ha la mole di un grosso gatto, il muso piuttosto corto, gli arti relativamente brevi. Varia però alquanto da specie a specie: fra queste rappresentiamo il Bocombol (Hapalemur griseus) che ha il pelame grigiastro e lanoso, più scuro sul dorso, coda molto lunga, orecchie pelose quasi nascoste nel pelame. E' un animale notturno, ma il sonno diurno è molto leggero. In genere si assiste, nelle Proscimmie, a una diversa accentuazione delle abitudini propria dell'animale notturno, da specie a specie.Il Chirogaleo (Cheirogaleus) è un po' più piccolo ma slanciato, con la coda più lunga del corpo. Assai allungato è il suo piede, che presenta una conformazione specializzata per il .salto. Come nella maggioranza delle Proscimmie, l'indice del piede reca un'unghia a torma di piccolo artiglio. Il pelame è lanoso, e due righe più scure si accennano sopra gli occhi convergendo verso la nuca. Il Chirogaleo trascorre buona parte del periodo di siccità dormendo, e consuma allora il grasso accumulato in varie parti del corpo. Ha muso appuntito, orecchie aguzze, arti posteriori più lunghi degli anteriori.Va notata questa differenza delle Proscimmie rispetto alle Scimmie. Mentre queste ultime hanno di norma gli arti anteriori più lunghi e sviluppati dei posteriori, nelle Proscimmie, semmai, sono più sviluppati (e talvolta di molto) gli arti posteriori.4 - Lori e Lori tardigradoIl Lori (Loris) che dà il nome alla sottofamiglia delle Lorisinae, è una Proscimmia asiatica. Il Lori tardìgrado (Stenops tardigrades), che è la specie più grossa (raggiunge i 35 centimetri e, per il folto pelame lanoso appare anche più robusta) è proprio dell'isola di Sumatra. Il Lori «gracile» (Stenops gracilis), che raggiunge al più 25 centimetri, è abitatore del Malabar, di Madras e di Ceylon. Ha la testa rotonda poco distìnta dal collo massiccio, le orecchie tondeggianti e poco pelose, gli occhi grandi e rotondi, tanto ravvicinati che sulla linea mediana resta solo uno stretto canale, per il quale passa il nervo olfattivo, verso le cavità nasali sporgenti e graziosamente allungate.Il carattere notturno di queste specie è nettamente definito. Dormono di giorno, in una posizione stranissima, ravvoltolandosi come una palla, con la testa nascosta fra le gambe posteriori, spesso restando appese ai rami.Contrariamente alle Proscimmie delle precedenti figurine, questi animali si spostano con movimenti molto lenti. Però, per ghermire la preda, hanno movimenti fulminei.Si nutrono di insetti o uccelletti, o di uova, ma anche di frutta, foglie e gemmeVal la pena di ricordare qui che i naturalisti rilevano con particolare interesse come le Proscimmie, attraverso le varie specie, configurino il trapasso dal mammifero insettivoro alla scimmia.5 - Potto e Galagone.Il gruppo delle Proscimmie africane si presenta con caratteri che difficilmente consentono di comprenderle in una stessa famiglia coi Lori e con altre Prostimmie dell'India orientale e delle isole della Sonda, come taluno ha tentato.Nell'Africa occidentale, dalla Sierra Leone al Congo, vivono i Pollo (Pterodictica). Sono

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animali dì forme più o meno tozze, con gli arti brevi. La coda é corta (cm. 5 circa), e ricurva. Gli arti anteriori e posteriori sono di lunghezza quasi uguale, le mani, abbastanza grosse, hanno un indice rudimentale privo di unghia. Le altre dita, tanto nelle mani che nei piedi, hanno unghie piatte, tranne il secondo dito del piede, che porta un unghione rilevato. Dormono di giorno, raggomitolati; si nutrono di frutti, ma anche di insetti, uova, uccelli.La zona dei Galagoni (Galagonida) è nelle foreste africane, dallo Zanzibar fino alla costa della Guinea. Il Galagone ha il musetto breve, occhi grandissimi, ovali, e lunga coda. Le orecchie

sono provviste di padiglione floscio, nudo, pronunciato, che di notte si allunga a guisa di cartoccio, ma di giorno quando l'animale dorme, si ripiega per chiudere la via ai rumori. Il Galagone dorme raggomitolato, con la testa fra gli arti anteriori, arrotolandovi sopra anche la coda. Di notte è vivace e dimostra di esser abile nella ricerca del cibo, principalmente insetti, uccelletti, piccoli vertebrati, come pure frutti, dei cui succhi è ghiotto. Gli arti posteriori sono più lunghi degli anteriori, e si dimostrano idonei al salto. L'alluce è lungo, robusto, opponibile; il 2° dito del piede, munito dì unghione ad artiglio, è invece breve; ancor più breve è l'indice della mano, che però reca una piccola unghia, piatta come le altre.6 - Tarsio e Aye-Aye.Il Tarsio (Tarsius spectrum) costituisce l'unica specie di un genere molto singolare. La lunghezza del corpo non raggiunge 20 centimetri, la coda è lunga con fiocco in cima, il capo, tondeggiante, porta occhi così straordinariamente sviluppati, da sembrare una lanterna girevole. Le pupille sono capaci di restringersi fino a formare una fessura quasi impercettibile, come pure di dilatarsi fino a occupare quasi tutta la superfìcie dell'occhio. Il tronco è smilzo, specialmente nella porzione addominale. E' arrampicatore molto abile e conduce vita arborea, a coppie. Dorme spesso, di giorno, e se è sveglio si dimostra scontroso e irritabile; è invece vivace di notte. La coda, quando è seduto, serve da punto di appoggio, e serve da timone nel salto. L'arto anteriore é molto corto; le dita, lunghe e sottili, sono munite di piccole unghie, piatte, triangolari; assai pronunciati sono i polpastrelli terminali che hanno facoltà di aderire anche a superfici molto lisce; il pollice è divaricabile, il dito più lungo è il terzo. L'arto posteriore è lunghissimo, per effetto anche del piede che ha l'astragalo e il calcagno cilindrici, come un bastoncello lungo quasi quanto la tibia, e che ha dita lunghissime, divaricate; l'alluce è munito di un rilevante polpastrello, il dito più lungo è il quarto. Vive a Sumatra, Borneo, Giava. alle Celebes. alle Filippine e in altre ìsole dell'Oceano Indiano.Aye-Aye (Chiromis madagascarensis) viene denominata una Proscimmià che vive nei boschi di bambù del Madagascar. La sua dentatura rivela alcune somiglianze, negli incisivi, con quella dei rosicanti. Infatti, coi denti anteriori incide rami, canne, frutta. Il 3° dito della mano, fortemente ridotto è assai sottile, serve per estrarre dall'interno delle noci, dei frutti, delle canne, succhi, polpa e insetti di cui si nutre; serve anche per bere, poiché l'animale lo immerge passandoselo poi sulla bocca. E' un ostinato dormitore diurno. La testa è grande e rotonda, il muso breve e ottuso; le orecchie sono grandi e nude, la coda è ben rivestita di pelo. Il suo pelame è fatto di lanugine, o setole, con peli di contorno. E' un animale molto raro.

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1628DIE AUSNUTZUNG DES ERDGASESLO SFRUTTAMENTO DEL METANO.L’EXPLOITATION DU MÉTHANE

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1 - LO SFRUTTAMENTO DEL METANO.RILIEVI SISMICI.2 - LO SFRUTTAMENTO DEL METANO.LE SONDE.3. - LO SFRUTTAMENTO DEL METANO.«L'ALBERO DI NATALE».4 – LO SFRUTTAMENTO DEL METANO.DEGASOLINAGGIO.5 - LO SFRUTTAMENTO DEL METANO.STAZIONE DI PARTENZA.6 - LO SFRUTTAMENTO DEL METANO.I METANODOTTI.Rückseite - Retro - Verso 1 - RILIEVI SISMICICome si fa a decìdere che. perforando il terreno in un dato punto, si ha buona probabilità di trovare un giacimento?Con lo sviluppo ingente assunto dall'industria petrolifera, si sono acquisite nozioni

molteplici e precise, bastanti a fornire alla ricerca una buona base scientifica e tecnica. Sono così state sufficientemente individuate le zone (e relative propaggini) nel cui sottosuolo è presente il petrolio, benché la loro esplorazione sia tutt'altro che compiuta, nè possa escludersi d'altra parte che di petrolio se ne trovi in futuro anche in altre zone. Inoltre, è

stato definito a quali strutture del sottosuolo, e in particolare a quale andamento degli strati geologici, si accompagna la presenza del pregiato minerale in buona parte del globo.Perciò, nella fase di ricerca, individuato un settore promettente, si procede in primo luogo a

un'accurata ricognizione che consenta dì stabilire la conformazione del sottosuolo.La nostra figurina mostra una squadra geofìsica dell'AGIP MINERARIA mentre compie rilievi sismici. Operai specializzati stanno calando nel pozzetto una carica di esplosivo. L'autocisterna che li accompagna fornisce l'acqua per tamponare il pozzetto, dopodiché la carica, costituita da una piccola quantità dì tritolo o dinamite, calata a conveniente profondità (20 - 30 metri), vien fatta esplodere. Le onde riflesse provocate dallo scoppio, vengono registrate dopo essere state convertite in impulsi elettrici e vengono trascritte in sismogrammi. Con tale sistema si ottiene una rappresentazione grafica della struttura del sottosuolo.2 - LE SONDE.Per apprezzare l'importanza dell'esperienza compiuta nel campo della ricerca petrolifera e dell'individuazione dei rapporti tra struttura del sottosuolo e presenza del petrolio, basti pensare che effettuando una perforazione (operazione fra le più costose di tutta la fase di ricerca) si può giungere a una rilevante profondità con risultato negativo, mentre poco più in là, a una profondità minore, la sonda avrebbe incontrato la falda petrolifera di cui si era giustamente intuita la presenza.Sonde in attività di perforazione per i giacimenti di gas naturale della Valle Padana sono

raffigurate nella nostra figurina. Il metodo più sfruttato è quello della perforazione a rotazione, che consente di raggiungere profondità sino a 6.000 metri. La perforazione si esegue mediante aste di acciaio (batteria) sorrette da una torre (derrick). Il movimento

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rotatorio viene impresso alle aste da una piattaforma rotante, detta rotary. In fondo alla batteria vien fissato uno scalpello, che varia di dimensioni e di forma, a seconda della profondita e degli strati di terreno da attraversare.Tra le prime perforazioni praticate con metodo analogo all'attuale, si usa ricordare quella effettuata circa cento anni fa. nel 1859. a Titusville in Pennsylvania, da Edwin Lauiencine Drake. Questo personaggio, al quale si è attribuito il ruolo di avere per primo impiegato armature metalliche e una perforatrice a vapore anziché a mano, ricavando a una profondità di 20 metri 4 tonnellate di petrolio al giorno per parecchie settimane, è diventato proverbiale per gli americani.3. - «L'ALBERO DI NATALE»Quando una perforazione ha avuto esito favorevole, cioè si è individuato ed incontrato il giacimento metanifero o petrolifero, la torre, smontata, viene trasferita altrove. Al suo posto viene fissata la croce di eruzione, che è quell'apparecchiatura che consentirà di regolare l'erogazione dei gas o dell'olio, quando si stabilirà di mettere in attività il campo produttivo.La croce di eruzione vien detta christmas tree (albero di natale), con una pittoresca

espressione nata, ancor più che dalla forma dell'apparecchio, dall'umorismo popolare che in esso vede un autentico distributore di ricchezza e di mirifici regali, favoloso appunto come un albero di Natale. Si tratta di una voce passata nelle varie lingue dal gergo petrolifero americano, come molti altri termini tipici di questa industria!Infatti tale attività, sviluppatasi nei tempi moderni soprattutto in conseguenza

dell'importanza assunta dal motore a scoppio, è nata, per così dire, in America, dove fu esercitata prima e comunque più ampiamente che altrove. Tuttavia sin da tempi antichissimi, e qualunque fosse il nome che gli veniva dato, il petrolio era noto all'uomo. Lo si trova nella mitologia greca, in antichi culti del fuoco, presso gli Egizi... Marco Polo riferi che al confine della Georgia si trova una fontana ove sorge tanto olio, in tanta abbondanza che cento navi se ne caricherebbero alla volta, ma egli non è buono da mangiare, ma sì da ardere... Per molto tempo, tuttavia, e fino alla soglia dei tempi nostri, fu considerato soprattutto per l'uso medicinale, e ricercato e raccolto con mezzi rudimentali.4 - DEGASOLINAGGIOSinora, in questi brevi cenni illustrativi, ci siamo genericamente riferiti alla ricerca

del «petrolio» e, prima di passare più specificamente a trattare dello sfruttamento del metano, sono opportune alcune sommarie indicazioni sulla natura dei giacimenti in questione. Sì tratta di rocce impregnate di idrocarburi gassosi e liquidi, accompagnati spesso da acque salate fossili. Gli idrocarburi che, come noto, sono composti dì carbonio e idrogeno, hanno un'origine su cui gli studiosi non si sono trovati tutti d'accordo. Una teoria largamente accettata è che nella loro genesi debbano esser intervenuti organismi animali o vegetali. Gli idrocarburi sono soggetti al fenomeno detto di «migrazione»; hanno cioè l'attitudine, grosso modo, a spostarsi nel sottosuolo e a fermarsi nelle formazioni geologiche atte a trattenerli: rocce porose che ne costituiscono il serbatoio, con la protezione di rocce impermeabili.In tali serbatoi possono dunque trovarsi, come si è detto, idrocarburi sia liquidi che

gassosi. I gas tendono a concentrarsi nella parte superiore del giacimento, con pressioni di decine di atmosfere, e facilmente all'atto dello sfruttamento si possono trovare, frammisti al metano, idrocarburi liquidi superiori.La nostra figurina mostra l'impianto di degasolinaggio di Cortemaggiore, che serve a separare il gas naturale di quel giacimento dagli idrocarburi liquidi. In esso possono essere trattati sino a 3.000.000 di metri cubi di gas naturale al giorno. Mentre il metano viene immesso nella rete dei metanodotti, come si vedrà nelle figurine seguenti, il propano e il butano, immessi in bombole, vengon posti sul mercato come gas liquido per utilizzazioni domestiche e industriali. La gasolina, dopo un ulteriore trattamento, è venduta come supercarburante, per gli automobilisti.

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5 - STAZIONE DI PARTENZAIl metano, separato dagli idrocarburi liquidi, dopo il trattamento di degasolinaggio, viene

convogliato alla stazione di partenza dei metanodotti, che da qui si diramano a raggiera. I principali metanodotti sono detti dorsali. La rete per l'alimentazione di impianti industriali dell'Italia settentrionale costituisce attualmente una parte preponderante dell'ossatura per il trasporto e la distribuzione del metano nel nostro Paese.I metanodotti richiamano gli oleodotti, largamente adottati da tempo per il trasporto del

petrolio. Il primo oleodotto di cui si ha correntemente notizia, fu costruito in America nel 1865 e parve allora una sciocchezza; ben presto, però, i vantaggi di tale mezzo apparvero cosi chiaramente che la costruzione di oleodotti si diffuse, scatenando vere e proprie guerriglie fra i costruttori (che tendevano ad averne il monopolio, con tutti i comprensibili vantaggi), finché il governo degli Stati Uniti d'America intervenne proibendo tra l'altro, ai ptoprietari degli oleodotti, di consentire il passaggio del carburante di taluni a scapito di altri.Anche la costruzione dei metanodotti avviene in base a una tecnica profondamente sperimentata, e con tutti quegii accorgimenti che assicurino il regolare passaggio del gas, in relazione alla particolare natura dell'elemento da convogliare nella lunghissima tubazione.6 - I METANODOTTILungo il percorso dei metanodotti, che per lo più attraversano, interrati, le campagne, ci si

trova a cover superare fiumi o torrenti con attraversamenti aerei. Ne derivano costruzioni che, dai valori di una tecnica ardita, traggono motivi di vera bellezza, e che sono ormai frequenti nei paesaggio italiano dopo l'inizio dello sfruttamento dei giacimenti metanìferi della Valle Padana.La nostra figurina rappresenta l'attraversamento aereo di un metanodotto da 13 pollici sul

Po a Cremona.Strano a dirsi, benché la «scoperta» dei giacimenti metaniferi della Valle Padana si consideri come avvenuta negli ultimi arni, la presenza degli idrocarburi in tale zona era nota da tempo. Intervengono però motivi di ogni genere, anche politici, a spiegare come mai le risorse dì idrocarburi del sottosuolo italiano fossero state poco o nulla sfruttate in precedenza, inoltre, lo sviluppo tecnico, nel senso più moderno, ha portato a una maggiore intraprendenza e rapidità nella soluzione dei problemi di fronte ai quali, prima, ci si arrestava esitanti. Ciò ha consentito ora, anche in Italia, l'affermarsi dello sfruttamento degli idrocarburi e in particolare dei gas naturali che ne arricchiscono il sottosuolo.

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1629DIE GESCHICHTE FRANKREICHS.LA STORIA DI FRANCIA.L’HISTOIRE DE FRANCE.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. DIE GESCHICHTE FRANKREICHSDie Römerpforte zu Autun.2. DIE GESCHICHTE FRANKREICHSPhilipp-August zu Bouvines.3. DIE GESCHICHTE FRANKREICHSDie Zusammenkunft von Péronne (1468).4. DIE GESCHICHTE FRANKREICHSDie spanische Erbfolge.5. DIE GESCHICHTE FRANKREICHSBonaparte in Ægypten.6. DIE GESCHICHTE FRANKREICHSLyautey inspiziert ein marokkanisches Hospital. 1. L’HISTOIRE DE FRANCE.PORTE ROMAINE A AUTUN.2. L’HISTOIRE DE FRANCE.PHILIPPE-AUGUSTE A BOUV1NES.3. L’HISTOIRE DE FRANCE.L'ENTREVUE DE PERONNE (1468).4. L’HISTOIRE DE FRANCE.LA SUCCESSION D'ESPAGNE.5. L’HISTOIRE DE FRANCE.BONAPARTE EN EGYPTE.6. L’HISTOIRE DE FRANCE.LYAUTEY INSPECTE UN HOPITAL MAROCAIN .Rückseite - Retro - Verso 1. DIE GESCHICHTE FRANKREICHSDie Römerpforte zu Autun.Nach ihrem erbitterten Widerstand gegen Cäsar erkannten die Gallier die Wohltaten der römischen Oberherrschaft. Den gallischen Stämmen, deren Gewohnheit es war, sich zu bekriegen, zwangen die Sieger den römischen Frieden auf. Zahlreiche römische Ansiedler kamen nach Gallien, wohin sie die italienische Lebensweise verpflanzten. Ohne Gewalt, durch ihr blosses Ansehen, verbreiteten sie die lateinische Sprache, aus der sich mit der Zeit die romanische Sprache entwickelt hat, die Vorläuferin des Französischen. Unter dem römischen Einfiuss zog die Bevölkarung in die Städte, verschönerte diese, gründete neue, die sie immer mehr mit Bädern, Aquädukten, Theatern, Arenen und Tempeln bereicherte. Unser Bild stellt die Römerpforte von Autun dar, das damals zu Ehren des Augustus Augustodunum, Stadt des Augustus, hiess. Es war die Hauptstadt der Häduer und war bekannt wegen seiner grossen Schulen. Zu verschiedenen Malen versuchten germanische, durch den Wohlstand angelockte Völker von jenseits des Rheines in Gallien einzufiallen. Im 5. Jht. ermöglichte der Niedergang der römischen Macht den Franken und Burgundern es, den Norden und Osten zu erobern; Tournai wurde die Hauptstadt der frankischen Könige. Einer von ihnen, Chlodwig, breitete seine Macht über ganz Gallien aus und wehrte die Einbruchsversuche eines germanischen Volkes, der Alemannen, ab, Chlodwig hatte ein christliches Gallien vorgefunden: er liess sich taufen, und nach und nach folgten die Franken seinem Beispiel; alle nahmen die römanische Sprache an, mit Ausnahme des Nordens und

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des Ostens.2. DIE GESCHICHTE FRANKREICHSPhilipp-August zu Bouvines.Die Kultur sank tief unter der frankischen Dynastie der Merowinger; sie blühte zeitweilig wieder auf unter Karl dem Grossen (Karolinger), der im Jahre 800 vom Papst zum Kaiser (d. h. zum Nachfolger der römischen Kaiser) gekrönt wurde. Unter seinen unbedeutenden Nachfolgern wurde Europa von Raubbanden aus Skandinavien, den Normannen, verwüstet. Damals befestigten die Reichen ihre Wohnsitze und wurden so die Beschützer, aber auch die Herren der Bevölkerung der Umgebung. Das geschwächte Königtum musste ihre Macht anerkennen und behielt bloss eine dem Namen nach bestehende Autorität; so entstand das Feudalregime. Die Monarchie erlangte ihre Autorität langsam und mit Mühe erst viel später zurück. Dieses Wieder auf blühen war das Werk einer neuen, von Hugues Gapet abstammenden Dynastie (937). Könige und Lehnsherren zeichneten sich aus in den Kreuzzügen (1085 - 1270), von denen die beiden letzten ausschliesslich von Französen unter Ludwig IX. geführt wurden. Die Beunruhigung ausnutzend, die die wachsendc Macht der Capetinger bei mehreren Prinzen hervorrief, organisierte der König von England, Johann ohne Land, gegen Philipp-August, ein Bündnis, dem der Kaiser Otto IV., der Graf von Flandern Ferrand und die Mehrzahl der Ritter des Nordens und Ostens beitraten. Das Treffen fand statt bei dem Dorfe Bouvines, unweit von Lille, am 2. Juli 1214. Bouvines ist das Muster der mittelalterlichen Schlacht: der Zusammenstoss der beiden Fronten, gefolgt von einem schrecklichen Handgemenge, ohne die geringste Spur von Manöver. Philipp-August blieb Sieger. Otto flüchtete und Ferrand war Gefangener. Zum ersten Male entfachte ein Sieg des Königs die Begeisterung des Volkes: das Nationalgefühl war geboren.3. DIE GESCHICHTE FRANKREICHSDie Zusammenkunft von Péronne (1468).Seit Bouvines nahm die Macht des Königtums ständig zu. 1337 machte der König von England Edouard III., Philipp VI. von Valois, den Thron streitig. Nach den schrecklichen Niederlagen von Crécy, Poitiers und Azincourt, nach dem Verlust von Calais und nach entsetzlichen Verwüstungen wurde Frankreich von Jeanne d'Arc gerettet. Aber wähtend das französische Volk sich in dieser Prüungszeit geeint hatte, hielten die grossen Lehnsherren die königliche Macht in Schach. Ludwig XI. machte sich zur Aufgabe diese zu bändigen, wobei er mehr List als Gewalt anwandte. Beinahe wäre er das Opfer seiner eigenen Ränke geworden. Um den Herzog von Burgund, Karl den Kühnen, kaltzustellen, hatte der französische König die Lütticher heimlich zum Aufstand ermutigt, während er gleichzeitig mit dem Herzog zu Péronne verhandelte. Als Karl das Doppelspiel seines Partners erfuhr, warf er diesem seinen Verrat mit so heftigem Zorne vor, dass Ludwig XI. für sein Leben fürchtete (s. B.). Er rettete sich jedoch aus dieser peinlichen Lage durch Versprechen, die er sich wohl hütete zu halten. In der Folge gelang es ihm, nicht nur Burgund, sondern auch noch die Provinzen Maine, Anjou und die Provence zu erwerben. Die glänzende Regierungszeit Franz I. fällt zeitlich mit der Reformation zusammem. Nach ihm begannen die französischen Protestanten, Hugenotten genannt, unter der Führung von Coligny und die katholische Partei des Herzogs von Guise einen Kampf auf Leben und Tod. Einer der Hugenottenführer, Heinrich von Bourbon und Navarra, wurde König nach dem Tode des letzten Valois, er wurde katholisch und stellte durch das Edikt von Nantes im Jahre 1583 einen relativen Religionsfrieden her. Unter seiner Herrschaft gründete Champlain Quebec, die zukünftige Hauptstadt Kanadas.4. DIE GESCHICHTE FRANKREICHSDie spanische Erbfolge.

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Im 17. Jhdt. entfachten die religiösen und nationalen Streitigkeiten in Europa einen allgemeinen Krieg, genannt den dreissigjährigen Krieg. Kardinal Richelieu, der Minister Ludwigs XIII, ergriff offen Partei für die Protestanten, die die in Oesterreich und Spanien herrschenden Habsburger mit ihrem Hasse verfolgten. Der Münster Vertrag (1648) sprach Frankreich das Elsass und einen Teil Lothringens zu. Unterstütet vom herrischen Richelieu, entwickelte sich die Macht des Königs zum Absolutismus, den Ludwig XIV. verkörpern wird. Er hatte die Demutigungen des Königstums durch die Fronde nicht vergessen. Er wollte absoluter Alleinherrscher werden, im Augenblick wo das von Bürger- und Religionskriegen müde Frankreich nichts anderes mehr als Unterwerfung anstrebte. Dies gelang ihm, währenddem sein Minister Colbert auf grossartige Weise den Reichtum des Landes wiederherstellte. Es gab keine glänzendere Regierungszeit; Ludwig XIV., der Sonnenkönig, liess das Scholoss von Versailles erbauen und seine Zeit war das goldene Zeitalter der Literatur. Leider ruinierten endlose Kriege das Land. Im Jahxe 1700 vermachte Karl II Spanien mit ali seinen Besitzungen einem Enkel Ludwig XIV., dem Herzog von Anjou, obschon ein früherer Vertrag einem Sohne des Kaisers Spanien zugesichert und Ludwig die Savoie und Lothringen zugeteilt hatte, um so Frankreich zu vervollständigen. Sollte man nun das Testament anerkennen oder sich an den Vertrag halten? Nachdem man 5 Tage lang gezögert hatte, zeigte Ludwig XIV. seinen Höflingen den Herzog von Anjou und sagte: «Meine Herren, da steht der König von Spanien». (siehe Bild).5. DIE GESCHICHTE FRANKREICHSBonaparte in Ægypten.Ludwig XIV. starb im Jahre 1715. Unter der darauffolgenden Régence ruinierte der Bankrott des Finanzmannes Law Tausende von Französen. Ludwig XV., unter dem Einfluss seiner Umgebung und namentlich der zu berühmten Marquise von Pompadour, unternahm mehrere Kriege, die er verlor, so brachte z. B. der Siebenjährige Krieg Frankreich um Kanada und Indien. Eine lebhafte geistige Tätigkeit kennzeichnet jedoch das ganze 18. Jahrhundert; neue Gebiete erschlossen sich der Wissenschaft, wie z. B. Chemie und Elektrizität. Die politischen Ideen entfernten sich immer mehr von den Prinzipien der Autorität. Jedermann sah eine Revolution voraus. Sie brach aus unter dem guten aber schwachen Ludwig XVI. im Jahre 1789. Die Fnanzösische Revolution erschütterte ganz Europa und rief bei den einen Missbilligung, bei andern helle Begeisterung hervor. Das Terrorregime unter Robespierre hinderte die französischen Armeen nicht daran, die Streitkräfte aller verbündeten Monarchien zu schlagen. Nach dem Sturze Robespierres wurde Frankreich von 5 Direktoren regiert. 1797 erhielt ein 28-jähriger, schon berühmter General, Napoleon Bonaparte, vom Direktorium den Auftrag Ægypten zu erobern und die Landenge von Suez zu durchstechen. Er liess sich von Gelehrten begleiten, die die Bauten der alten Ägypter studierten. Die Verwirklichung des Kanalprojekts musste wegen eines Rechenfehlers aufgegeben werden. Bonaparte kehrte plötzlich nach Frankreich zurück, stürzte das Direktorium und liess sich als Ersten Konsul ausrufen. Durch seine Siege ermutigt, nahm er 1804 den Titel eines Kaisers an. Die Reihe seiner Missgeschicke wurde eröffnet im Jahre 1812 durch seinen Rückzug aus Russland; besiegt zu Waterloo im Jahre 1815, starb er 1821 auf der Insel St. Helena als Gefangener der Engländer.6. DIE GESCHICHTE FRANKREICHSLyautey inspiziert ein marokkanisches Hospital. Nach Waterloo gelang es der bourbonischen Restauration nicht, das vorrevolutionnäre Regime wiederherzustellen. 1830 brachte eine im Namen der Freiheit entfachte Revolution Ludwig-Philipp von Orléans auf den Thron; während jene von 1848, die aus einer allgsmeineuropäischen Bewegung entstand, die Republik einführte. Der Präsident Ludwig-Napoleon Bonaparte, ein Neffe des Kaisers, stellte

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1852 das Kaisertum wieder her. Das Zweite Kaiserreich war blühend und wohlhabend; die französische Armee zeichnete sich aus im Krimkriege (1854). Der katastrophale deutsch-französische Krieg von 1870 jedoch, der mit der Niederlage von Sedan, dem Sturz des Kaisertums, der Wiedereinführung der Republik und den blutigen Unruhen der Kommune endigte, brachte den Verlust von Elsass-Lothringen mit sich. Trotz so grosser Schicksalswechsel verschaffte sich Frankreich im Laufe des 19. Jahrhunderts ein neues Ubersee-Empire: es erwarb Algerien unter Ludwig-Philipp, Tunesien im Jahre 1881, Indochina von 1859 - 1885, Madagaskar im Jahre 1895 und Westafrika bis zum Kongo. Der berühmteste französische Koloniengründer war Lyautey. Nachdem er zu Madagaskar unter Galliéni gedient hatte, erhielt er den Auftrag, in Marokko den Frieden herzustellen. Lyautey wusste sich den Respekt seiner marokkanischen Gegner zu verschaffen, die als Krieger sein militärisches Talent bewunderten; später wurde er ihr Freund und liess sie fühlen, dass ihre Freiheit erhalten bliebe, dass sie beschützt und nicht unterworfen würden. Er achtete die Bräuche und Einrichtungen der Eingeborenen, führte die moderne

Technik ein und war besonders darauf bedacht, die ärztliche Fürsorge zu verbreiten, die es bis dahin nicht in Marokko gab. Unser Bild zeigt ihn zu Meknes im Jahre 1913. Marokko verhielt sich ruhig im Kriege von 1914 - 1918. Heute ist es ein wohlhabendes Land.1. PORTE ROMAINE A AUTUNAprès leur résistance farouche à Cesar, les Gaulois surent reconnaître les bienfaits

de la domination romaine. Aux nations gauloises, habituées à se faire la guerre, les vainqueurs imposèrent la "paix romaine". De nombreux colons romains vinrent s'établir en Gaule: ils apportèrent avec eux les façons de vivre de l'Italie. Sans violence, par leur seul prestige, ils répandirent leur langue, le latin, qui avec le temps devint le "roman", ancêtre du français. Sous leur influence, la population se porta vers les villes, les embellit et en créa de nouvelles, multipliant les thermes, les aqueducs, les théâtres, les arènes, les temples. L'image représente une porte romaine de la ville d'Autun, qui s'appelaìt alors Augustodunum, "Augusteville", en l'honneur de l'empereur; capitale des Eduens, elle était renommée pour ses hautes écoles.A diverses reprises, des peuples germaniques d'Outre-Rhin tentèrent d'en vanir la

Gaule, attirés par sa richesse. Au V e s. le déclin de la puissance romaine permit aux Francs et aux Burgondes de conquérir le Nord et l'Est; Tournai devint la capitale des rois francs. L'un d'eux, Clovis, étendit sa domination sur la Gaule entière et refoula un autre peuple germanique puissant, qui tentait d'y pénétrer à son tour: les Alamans. Clovis avait trouvé la Gaule cbristianisée; il se fit chrétien, et les Francs suivirent peu à peu son exemple; tous adoptèrent la langue romane, sauf dans le Nord et l'Est.2. PHILIPPE-AUGUSTE A BOUV1NES.La civilisation déclina gravement sous la dynastie franque des Mérovingiens; elle se releva momentanément sous Charlemagne (Carolingiens), qui fut couronné empereur (c. à d. successeur des empereurs romains) par le pape en 800. Sous ses insigifiants successeurs. l'Europe fut ravagée par des pillards venus de Scandinavie, les Normands. Alors, dans les campagnes, les riches fortifièrent leurs résidences et devinrent les protecteurs, mais aussi les maîtres, des populations d'alentour. La royauté affaiblie dut reconnaître leur pouvoir et ne conserva qu'une autorité nominale: ce fut le regime "féodal". La monarchie ne reprit son autorité que beaucoup plus tard, lentement et à grand'peine. Ce redressement est l'oeuvre d'une dynastie nouvellc descendant de Hugues Capet (937). Rois et seigneurs féodaux allaient se distinguer à l'envi dans les Croisades (1095 - 1270), les deux dernières étant entièrement françaises, conduites par Louis IX. Profitant de l'inquiétude que causait à plusieurs princes

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la puissance croissante des Capétiens, Jean Sans Terre, roi d'Angleterre, organisa contre Philippe-Auguste une coalition ou entrèrent, avec l'empereur Othon IV, le comte de Flandre Ferrand et la plupart des seigneurs du Nord et de l'Est. La rencontre eut lieu près du village de Bouvines, non loin de Lille, le 2 juillet 1214. Bouvines est le type de la bataille féodale, du choc de front suivi d'une effroyable mèlée, sans trace de manoeuvre. Le soir, Philippe-Auguste était vainqueur, Othon en fuite et Ferrand prisonnier. Ce fut la première fois qu'une victoire royale souleva l'enthousiasme populaire: le sentiment national était né.3. L'ENTREVUE DE PERONNE (1468).Depuis Bouvines, la monarchie n'avait cessé de s'affermir. En 1337 le roi d'Angleterre,

Edouard III. disputa le tróne à Philippe VI de Valois. Après les terribles défaites de Crécy, de Poitiers et d'Azincourt, la perte de Calais et d'épouvantables devastations, la France fut sauvée par Jeanne d'Arc. Mais tandis que la nation française s'était unie dans les épreuves, les grands féodaux tenaient en échec la puissance royale. C est à les réduire que s'atracha, avec plus de ruse que de courage, Louis XI. Il faillit être victime de ses propres intrigues. Afìn de paralyser le duc de Bourgogne, Charles le Téméraire, le roi de France avait secrètement encouragé les Liégeoìs à se soulever; en même temps il négociait avec le Duc à Péronne. Quand Charles apprit la duplicité de son partenaire, il lui reprocha sa trahison avec tant d'indignation et de colère que Louis XI craignit pour sa vie (voir image). Mais le roi se tira d'affaire par des promesses, qu'il n'eut d'ailleurs garde de tenir. Il réussit par la suite à s'approprier non seulement la Bourgogne, mais encore le Maine, l'Anjou et la Provence.Le règne brillant de François Ier fut contemporain de la Réforme. Après lui, les protestants français, les "huguenots'', dirigés par Coligny, et le parti catholique du duc de Guise engagèrent une lutte à mort. L'un des chefs huguenots, Henri de Bourbon et de Navarre, devenu roi après la mort du dernier Valois, se fit catholique et, par l'édit de Nantes de 1598, ramena une paix réligieuse rélative. Sous son règne bienfaisant, Champlain fonda Quebec, future capitale du Canada.4. LA SUCCESSION D'ESPAGNE Au XVIIe s., les rivalités réligieuses et nationales en Europe provoquèrent une guerre générale, la Guerre de Trente Ans. Le cardinal de Richelieu, ministre de Louis XIII, prit ouvertement parti pour les protestants en haine de la maison de Habsbourg qui régnait en Autriche et en Espagne. Le traité de Munster (1648) accorda à la France l'Alsace et une partie de la Lorraine. Soutenu par l'autoritaire Richelieu, le pouvoir royal glissait à l'absolutisme que Louis XIV allait personnifìer. Dans son enfance, il avait ressenti cruellement les humiliations infligées à la royauté par les troubles de la Fronde. Il eut la volonté d'être un monarque absolu dans le même temps où la France, lasse des guerres civiles et réligieuses, n'aspirait plus qu'à obéir. Il y réussit, tandis que son ministre Colbert restaurait magnifiquement la richesse du pays. Aucun règne ne fut aussi brillant; Louis XIV, le "Roi-Soleil", fit bâtir le château de Versailles et son temps fut l'âge d'or de la littérature. Malheureusement, des guerres sans fin ruinèrent le pays. En 1700. Charles II léguait l'Espagne avec toutes ses possessions à un petit-fils de Louis XIV, le duc d'Anjou, bien qu'un traité antérieur eut promis l'Espagne à un fils de l'Empereur, mais attribué à Louis la Savoie et la Lorraine, assurant ainsi l'achèvement de la France. Fallait-il accepter le testament ou s'en tenir au traité? Après cinq jours d'hésitation. Louis XIV dit aux courtisans, à Versailles, en leur montrant le duc d'Anjou: "Messieurs, voilà le roi d'Espagne" (voir image).5. BONAPARTE EN EGYPTELouis XIV mourut en 1715. Sous la Régence qui suivit, la banqueroute du financier Law

ruina des milliers de Français. Louis XV, dominé par son entourage, notamment par la trop fameuse marquise de Pompadour, engagea plusieurs guerres qu'il perdit; la "guerre de Sept Ans" coûta à la France l'Inde et le Canada. En revanche, une vive activité intellectuelle marqua tout le XVIIIe siècle: la science acquit de nouveaux domaines, comme la chimie et

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l'électricité. Les idées politiques s'écartaient de plus en plus des principes d'autorité: chacun prévoyait une révolution. Elle éclata sous le bon, mais faible Louis XVI, en 1789. La Révolution française secoua l'Europe entière, soulevant la réprobation des uns, l'enthousiasme des autres. Le régime de la Terreur, sous Robespierre, n'empêcha pas les armées françaises de battre les forces de toutes les monarchies coalisées. Robespierre renversé, la France fut gouvernée par 5 Directeurs. En 1797, un général de 28 ans déjà célèbre, Napoléon Bonaparte, se vit chargé par le Directoire de conquérir l'Egypte et couper l'isthme de Suez. Il s'adjoignit des savants qui étudièrent les monuments de l'ancienne Egypte. Quant au canal coupant l'isthme de Suez, une fàcheuse erreur de calcul y fit renoncer. Rentré brusquement en France, Bonaparte renversa le Directoìre et se fit proclamer Premier Consul. Enhardi par ses victoires. il prit en 1804 le titre d'Empereur. Ses revers commencèrent par la retraite de Russie en 1812; vaincu à Waterloo en 1815, il mourut en 1821 sur l'île Ste. Hélène, prisonnier des Anglais.6. LYAUTEY INSPECTE UN HOPITAL MAROCAIN Après Waterloo, la Restauration (celle des Bourbons) ne put rétablir l'Ancien Regime (l'organisation de la société avant la Révolution); en 1830. une revolution faite au nom de la liberté mit sur le trône Louis-Philippe d'Orléans; celle de 1848, issue d'un mouvement général en Europe, instaura la République. Le Président, Louis-Napoléon Bonaparte, neveu de l'Empereur, rétablit l'Empire en 1852. Le Second Empire fut brillant et prospère; l'armée française se distingua en Crimée (1854). Mais la désastreuse guerre franco-allemande de 1870, marquée par la défaite de Sedan, la chute de l'Empire (rétablissement de la République) et les désordres sanglants de la Commune, causa la perte de l'Alsace-Lorraine.Malgré tant de vicissitudes, la France reconquit au cours du XlXe s. un empire d'outre-mer: l'Algerie sous Louis-Philippe, la Tunisìe cn 1881, I'Indochine de 1859 à 1885, Madagascar en 1895, et l'Afrique occidentale jusqu'au Congo. Le plus représentatif des colonisateurs français fut Lyautey. Après avoir servi à Madagascar sous Galliéni, il fut chargé de pacifier le Maroc. Lyautey s'imposa au respect de ses adversaires marocains, des guerriers qui savaient admirer la valeur militaire; ensuite il devint leur ami et leur fit sentir qu'ils restaient libres, protégés mais non assujettis. Il respectait les coutumes et les institutions indigènes, introduisait la technique moderne et s'attachait particulièrement à répandre l'assistance medicale dont le Maroc était entièrement dépourvu. L'image le montre à Meknès en 1913. Aussi, en pleine guerre 1914/18 le Maroc resta calme. Il est aujourd'hui prospère.

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1630DIE GESCHICHTE DEUTSCHLANDS.STORIA DELLA GERMANIA.HISTOIRE DE L’ALLEMAGNE.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. - DIE GESCHICHTE DEUTSCHLANDS.Barbarossa zerstört den Schlupfwinkel eines Raubritters. 2. - DIE GESCHICHTE DEUTSCHLANDS.Entführung Luthers durch Ritter des Kurfürsten von Sachsen.3. - DIE GESCHICHTE DEUTSCHLANDS.Die Schlacht am Weissen Berge, 1620.4. - DIE GESCHICHTE DEUTSCHLANDS.Friedrich II. empfängt den österreichischen Marschall Laudon.5. - DIE GESCHICHTE DEUTSCHLANDS.1813: Die Befreiung.6. - DIE GESCHICHTE DEUTSCHLANDS.Der König von Preussen wird zum Kaiser ausgerufen (1871). 1. HISTOIRE DE L’ALLEMAGNE.Barberousse détruit le repaire d'un seigneur pillard.2. HISTOIRE DE L’ALLEMAGNE.Luther enlevé par les cavaliers de l'Electeur de Saxe.3. HISTOIRE DE L’ALLEMAGNE.Bataille de la Montagne Blanche, 1620.4. HISTOIRE DE L’ALLEMAGNE.Frédéric II reçoit le maréchal autrichien Laudon.5. HISTOIRE DE L’ALLEMAGNE.1813: La libération.6. HISTOIRE DE L’ALLEMAGNE.Le roi de Prusse proclamé empereur (1871).Rückseite - Retro - Verso 1. - DIE GESCHICHTE DEUTSCHLANDS.Barbarossa zerstört den Schlupfwinkel eines Raubritters. Während Süd- und Mitteleuropa schon straff im römischen Reiche eingeordnet waren, bildeten die Germanen bis zum 4. Jahrhundert n. Ch. nur einzelne Stämme, die oft in Fehde miteinander lagen. Sie bauten keine Städte. Sie verehrten den Himmel, die Erde, den Donner und verschiedene Kriegsgötter. Es war die Pflicht der ganzen Sippe, den Mörder eines ihrer Mitglieder zu verfolgen: dieser könnte sich jedoch durch ein Bussgeld loskaufen. Durch ihre Invasionen wurde das Römerreich zerstört. Karl der Grosse unterwarf die Sachsen, die damals den Nordwesten Deutschlands bewohnten. Dann wandte er sich über die Elbe hinweg gegen die Slawen und begann die Germanisierung des Gebietes bis zur Oder. An der Donau gröndete er die Ostmark (Mark = Grenzland), aus der später Österreich entstand. Alle diese Länder bildeten 887 ein Königreich, in dem bald 4 Herzogtümer, Sachsen, Franken, Schwaben, Bayern, die andern überragten. 962 empfing der Sachsenkönig Otto vom Papste die Krone Karls des Grossen und die Kaiserwürde, die den deutschen Fürsten bis zum Jahre 1806 verblieb. Dieses «Heilige Römische Reich Deutscher Nation», das theoretisch das Erbe der Cäsaren antrat und das Papsttum schützen sollte, lag oft in Streit mit diesem letzteren. Unter Heinrich IV. entbrannte der «Investiturstreit»; danach entstand ein Zwist zwischen zwei Adelsfamilien : den Welfen, den Verbündeten des Papstes, und den Staufen, die von den Ghibellinen

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abstammten. Ein Staufe, Friedrich Barbarossa, bezwang für einige Zeit das undisziplinierte deutsche Rittertum, wobei er selbst die Schlösser der Raubritter zerstörte (s. B.).2. - DIE GESCHICHTE DEUTSCHLANDS.Entführung Luthers durch Ritter des Kurfürsten von Sachsen.Die Kaiser wurden von den grossen Vasallen gewählt, die anfangs zu 40, von 1250 an nur mehr zu 7 waren. Durch die Disziplinlosigkeit der Ritter zerfiel Deutschland in zahlreiche Fürstentümer. Das Vorherrschen des Faustrechts hatte die Anarchie des Grossen Interregnums zur Folge (1254 - 1273). Die Bürger bildeten zu ihrem Schutze Vereinigungen, wie die Hansa, die eine Vereinigung der Handelsstädte war, Rudolf

von Habsburg stellte die kaiserliche Autorität wieder her und erwarb Österreich. Der berühmteste Habsburger war Karl V., der 1519 zum Kaiser gewählt wurde. Das grosse Ereignis seiner Regierungszeit war die Ausbreitung der Reformation, deren erster Akf 1517 der Mönch Martin Luther gesetzt hatte. Nachdem dieser in die Reichsacht erklärt worden war, land er nach einer Scheinverhaftung Zuflucht beim Kurfürsten von Sachsen (s. B.). Angcsichts der Stärke der Reformation musste Karl V., ein Anhänger des Katholizismus, den Lutheranern Gewissensfreiheit gewähren; er verbot ihnen jedoch ihre Ansichten zu verbreiten, wogegen sie protestierten: daher ihr Name Protestanten. Die Fürsten, die sich der Reformation anschlossen, beschlagnahmten, «verweltlichten» die Kirchengüter; der Kaiser widersetzte sich ihnen. Nach seinem Siege über die protestantischen Fürsten, musste der von Frankreich bedrohte Karl V. ihnen den Frieden von Augsburg gewähren, auf dem das beruhmte Prinzip festgelegt wurde: « Cujus regio, illius religio» ("Wessen Land, dessen Religion), das den Untergebenen die Religion ihrer Fürsten aufzwang.3. - DIE GESCHICHTE DEUTSCHLANDS.Die Schlacht am Weissen Berge, 1620.1618 stürzten zu Prag die Protestanten die kaiserlichen Rate zum Fenster hinaus, und ganz Böhmen erhob sich; es war dies das Vorspiel zum Dreissigjahrigen Kriege. Der Kaiser sah sich in Wien belagert, am Weissen Berge jedoch, nahe Prag, wurden die Aufständischen durch die Liga der katholischen Fürsten besiegt (s. B.). Der lutherische Kônig von Dänemark griff daraufhin in den Kampf ein; er wurde besiegt von Tilly, dem General der Liga (von belg. Ursprung) und Wallenstein, dem Anführer eines Heeres von 100 000 Abenteurern, denen er die Beute als Sold in Aussicht stellte. Der König von Schweden, Gustav-Adolf, ein überzeugter Protestant, fiel alsdann in Deutschland ein. Dank seiner neuartigen Kriegsführung trug er glänzende Siege davon; er fiel jedoch in der Schlacht bei Lützen. Das Frankreich Richelieus seinerseits, ein ewiger Feind der Habsburger, zog gegen diese in einen siegreichen Krieg.

Der Westfalische Friede (1648) beendigte den Dreissigjährigen Krieg. Deutschland war entvölkert und ausgeraubt durch die Söldnerarmeen. Die kaiserliche Macht war bis auf ein Nichts gesunken, denn 350 Staaten erlangten ihre Selbständigkeit. Der Protestantismus triumpfierte in Norddeutschland.

Österreich hoffte vergebens auf eine Vergeltung, indem es sich an der Augsburger Liga gegen Ludwig XIV. beteiligte. 1714 erhielt es einen Teil Italiens und der spanischen Niederlande (das heutige Belgien und Luxemburg).4. - DIE GESCHICHTE DEUTSCHLANDS.Friedrich II. empfängt den österreichischen Marschall Laudon.Die Ritter des Deutschordens germanisierten seit dem Mittelalter Preussen, eine slawische Gegend an der Weichsel. 1618 wurde Preussen mit dem von den Hohenzollern regierten Brandenburg vereinigt. Einer von diesen erhielt von den

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Machten die Königswürde (Friedrich I., 1701). Sein Sohn, auch genannt der Soldatenkönig, war von militaristischem Geiste erfüllt, dabei sparsam und methodisch. Er hinterliess Friedrich II. eine gutgefüllte Staatskasse und eine ausgezeichnete Armee, mit der er den Österreichern Schlesien abringen könnte. Während des Siebenjährigen Krieges (1756 - 1763) wurde er von Frankreich, Österreich und Russland angegriffen, er setzte jedoch Europa in Staunen durch seine glänzenden Siege von Rossbach und Leuthen. Dabei war Preussen am Ende eeiner Kräfte; aber seine Feinde verstanden es nicht, diese Lage auszunützen. Preussen galt von nun an als die erste Militärmacht. Unser Bild zeigt Friedrich II. beim Empfang des österreichischen Marschalls Laudon; seinem ehemaligen Feinde, der sich wunderte bei Tisch neben dem Könige zu sitzen, antwortete er feinsinnig: «Ich sehe Sie lieber an meiner Seite als mir gegenüber». Zu derselben Zeit entwickelte die Kaiserin Maria-Theresia in Österreich und in den Niederlanden Wohlstand und Unterricht. Ihr Sohn Josef II fasste manchmal gute Reformpläne, aber er verletzte auf unvorsichtige Weise ehrwürdige Gebräuche und Interessen; er starb entmutigt durch einen Aufstand der Ungarn und die Brabantische Revolution von 1789.5. - DIE GESCHICHTE DEUTSCHLANDS.1813: Die Befreiung.Österreich war mit England der Hauptfeind der Französischen Revolution. In Italien von Bonaparte angegriffen, verlor es durch den Vertrag von Campo-Formio (1797) die Lombardei und Belgien (das an Frankreich fiel). Unglücklich in seinem hartnäckigen Kampfe gegen Napoleon und besiegt zu Austerlitz wurde das alte Reich deutscher Nation, gegründet durch Otto den Grossen im Jahre 962, aufgelöst; es blieb nur mehr ein österreichisches Reich (1806), das 1809 wieder zu den Waffen griff; Napoleon besetzte Wien, aber es war ein mühsamer Sieg gewesen: der Krieg, bis dahin Fürstenstreit, nahm jetzt nationalen Charakter an. In diese Zeit fällt der heroische Widerstand Tirols unter der Anführung Andreas Hofers.

Aber nirgends bereitete man sich eifriger auf die Vergeltung vor als in Preussen. Das 1806 bei Jena niedergeschlagene und einige Zeit ratlose Preussen schöpfte neuen Mut durch die Reden seiner Intellektuellen. Die Hochschulen wurden zu Stätten des Patriotismus. Dichter wie Arndt und Körner begeisterten die Jugend; der Kriegsminister Scharnhorst bildete eine mächtige Armee. Napoleon wurde auf seinem Rückzug aus Russland zu Leipzig von einer Koalition angegriffen; diese «Völkerschlacht», die 4 Tage dauerte, machte Schiusa mit der französischen Oberherrschaft in Deutschland und war das Vorspiel von Waterloo, wo die Preussen unter Blücher viel zur Entscheidung beitrugen. Unser Bild stellt ein Ulanenkorps dar, dem Freiwillige jeden Alters, die an der Befreiung teilnehmen wollen, begeistert zurufen.6. - DIE GESCHICHTE DEUTSCHLANDS.Der König von Preussen wird zum Kaiser ausgerufen (1871).

Der Wiener Kongress brachte Preussen die Rheinprovinzen ein, aber er beschloss endgültig die Zerstückelung Deutschlands. Dies war eine Enttäuschung fur die Deutschen, die sich von den Siegen von 1813 die Einheit in einem nationalen Bund erwartet hatten. Zur nationalen Bewegung gesellte sich diejenige der politischen Freiheiten. Im Jahre 1848 gab es zu Frankfurt ein Parlament von kurzer Dauer, während zu Wien der Kanzler Metternich, der grosse Verteidiger des Absolutismus, durch eine Revolution verjagt wurde. Der Zollverein der deutschen Länder mit Ausnahme Österreichs war jedoch vollständig seit 1836. Die Rivalitüt zwischen Preussen und Österreich, die seit Friedrich II. bestand, endigte schliesslich in einem Kriege: 1866 triumpfierte Preussen zu Sadowa, König Wilhelm und dessen Minister Bismarck traumten davon, das Reich zugunsten Preussens wiederherzustellen.

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Gelegenheit dazu bot ihnen der deutsch-französische Krieg von 1870. Am 18. Januar 1871, während der Belagerung von Paris, proklamierten die im Schlosse von Versailles versammelten deutschen Fürsten Wilhelm I. zum deutschen Kaiser (s. B.).Von 1871 bis 1914 wurde Deutschland eine der ersten Handelsmachte der Welt; es erwarb Kolonien und dehnte seinen Einfluss auf den Orient aus in Richtung Bagdad (Drang nach Osten). Die Internationale Spannung liess öfters den Krieg vorhersehen, so besonders nach dem Zwischenfall von Agadir in Marokko. Zwei Kriege haben Deutschland Verwüstungen und schwere Verluste an Menschen und Gebieten beigebracht; inzwischen hat es ein schnelles Wiederaufblühen bewerkstelligt, das die Zukunft noch bestätigen wird.1. Barberousse détruit le repaire d'un seigneur pillard.Jusqu'au 4e s. après J. C., alors que l'Europe centrale et méridionale était solidement organisée dans l'empire romain, les Germains, derrière le Rhin et le Danube, ne formaient encore que des tribus séparées, souvent hostiles les unes aux autres. Ils ne bâtissaient pas de villes. Ils adoraient le ciel, la terre, le tonnerre, et des dieux guerriers. La famille était obligée de poursuivre tout entière de sa vengeance le meurtrier de l'un de ses membres; mais celui-ci pouvait se racheter par une indemnité. Leurs invasions renversèrent l'empire romain. Charlemagne soumit les Saxons, qui habitaient alors le nord-ouest de l'Allemagne. Poussant au-delà de l'Elbe, contre les Slaves, il commença la germanisation du pays jusqu'à l'Oder. Sur le Danube, il fonda la Marche (zone frontière) de l'Est, origine de l'Autriche. Tous ces pays formèrent en 887 un royaume, où 4 duchés furent bientôt prépondérants: Saxe, Franconie, Souabe, Bavière. En 962 le roi saxon Othon reçut du pape la couronne de Charlemagne. La dignité impériale allait appartenir aux souverains allemands jusqu'en 1806. Ce Saint-Empire romain germanique", théoriquement successeur des Césars et protecteur de la papauté, fut souvent en conflit d'influence avec elle; sous Henri IV éclata la "Querelle des investitures", puis commença une lutte d'un siècle entre deux familles féodales: les Welfes ou Guelfes, alliés de la papauté contre les empereurs, et les (Hohen)staufen, famille impériale (parti des Gibelins). Un Staufen, Frédéric Barberousse, dompta pour quelque temps la turbulente feodalité allemande, détruisant même les châteaux des seigneurs pillards (voir image).2. Luther enlevé par les cavaliers de l'Electeur de Saxe.Les empereurs étaient élus par les grands vassaux, une quarantaine à l'origine, sept à partir de 1250. Par suite de l'indiscipline des féodaux, l'Allemagne s'émietta en un grand nombre de principautés; le droit du plus fort (Faustrecht) aboutit à l'anarchie du Grand Interrègne (1254 - 1273). Les particuliers formèrent des ligues pour se protéger, telle la Hanse, union de villes commerçantes. Rodolphe de Habsbourg restaura l'autorité impériale et acquit l'Autriche. Le plus célèbre des Habsbourgs fut Charles-Quint, élu empereur en 1519. Le grand fait de son règne fut l'expansion de la Réforme, inaugurée en 1517 par un moine, Martin Luther. Mis au ban de l'Empire, Luther trouva un refuge auprès de l'Electeur de Saxe après un simulacre d'arrestation (voir image). Devant la puissance de la Réforme, Charles-Quint, partisan du catholicisme, dut accorder aux luthériens la libertà de conscience, mais il leur interdit de propager leurs opinions, contre quoi ils protestèrent: de là le nom de protestants. Les princes qui adhéraient à la Réforme confisquaient, "sécularisaient", les biens ecclésiastiques; l'empereur s'y opposa. Après sa victoire de Muhlberg sur les princes protestants, Charles-Quint, menacé par la France, dut leur accorder la Paix d'Augsbourg, qui formula le principe célèbre "Cuius regio, illius religio" (telle contrée, telle réligion), imposant la réligion de chaque prince à tous ses sujets.3. Bataille de la Montagne Blanche, 1620.En 1618, à Prague, les gouverneurs impériaux furent "défenestrés" (jetés par la fenétre) par des protestants et la Bohème entière se souleva; ce fut le prélude de la guerre de Trente Ans. L'empereur fut assiégé dans Vienne, mais à la Montagne Blanche, près de Prague, les

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insurgés furent défaits par la ligue des princes catholiques (voir image). Alors intervint le roi luthérien de Danemark; il fut vaincu par Tilly, général de la Ligue (originaire de Belgique), et par Wallenstein, chef d'une armée de 100.000 aventuriers auxquels il promettait comme solde le butin et le pillage. Le roi de Suède Gustave-Adolphe, protestant convaincu, envahit alors l'Allemagne; renouvelant l'art militaire, il remporta des succès éclatants, mais fut tué à Lutzen. La France de Richelieu, toujours hostile aux Habsbourgs, leur fit à son tour une guerre victorieuse.

Les traités de Westphalie (1648) mirent fin à la guerre de Trente Ans. L'Allemagne en sortait dépeuplée et ruinée par les armées de pillards. Le pouvoir imperial était réduit à rien, car 350 Etats devenaient souverains. Le protestantisme triomphait dans l'Allemagne du Nord.

L'Autriche espéra vainement une revanche en participant à la Ligue d'Augsbourg contre Louis XIV; en 1714 elle obtint une partie de l'Italie et les Pays-Bas espagnols (Belgique actuelle).4. Frédéric II reçoit le maréchal autrichien Laudon.Les chevaliers de l'Ordre Teutonique germanisaient depuis le Moyen âge la Prusse, région slave touchant à la Vistule. En 1618 la Prusse fut unie au Brandebourg où regnaient les Hohenzollern. L'un d'eux obtint des Puissances le titre de roi (Frédéric ler, 1701). Son fils, surnommé le roi-sergent, militariste, économe et méthodique, laissa à Frédéric II un trésor rempli et une armée excellente qui lui servit à conquérir la Silésie sur l'Autriche. Pendant la guerre de Sept Ans (1756 - 1763), attaqué par les Français, les Autrichiens et les Russes, Frédéric II étonna l'Europe par ses éclatantes victoires de Rossbach et de Leuthen, mais la Prusse était à bout de forces; ses ennemis ne surent pas en profiter. La Prusse passait désormais pour la première puissance militaire. (L'image montre Frédéric II recevant le maréchal autrichien Laudon; à son ancien adversaire, étonné d'être placé à table à côté du roi, il dit finement: "J'aime mieux vous voir à côté de moi qu'en face".)

A la même époque, en Autriche et aux Pays-Bas, l'impératrice Marie-Thérèse développa la prospérité et l'instruction. Son fils Joseph II, réformateur parfois bien inspiré, froissa imprudemment des traditions et des intérêts respectables; il mourut découragé par une révolte de la Hongrie et par la Révolution Brabançonne de 1789.5. 1813: La libérationL'Autriche fut, avec l’Angleterre, la principale ennemie de la Revolution française.

Attaquée en Italie par Bonaparte, elle perdit au traité de Campo-Formio (1797) la Lombardie et la Belgique (annexée par la France). Malheureux dans sa lutte obstinée contre Napoléon et vaincu à Austerlitz, le vieil empire d'Allemagne, fonde par Othon le Grand en 962, fut dissous; il ne subsista qu'un empire d'Autriche (1806) qui reprit les armes en 1809; Napoléon occupa Vienne, mais il avait vaincu difficilement; la guerre, jusqu'alors lutte de souverains, prenait un caractère national. A cette époque se place la résistance héroïque du Tyrol soulevé par Andreas Hofer.

Mais nulle part on ne préparaìt la revanche plus activement qu'en Prusse. Ecrasée à Jéna en 1805, la Prusse, un moment désemparée, reprit courage à la voix de ses intellectuels; les Universités devinrent des foyers de patriotisme. Des poètes comme Arndt et Koerner enthousiasmaient la jeunesse; le ministre de la guerre Scharnhorst organisait une puissante armée. Napoléon fut attaqué au cours de sa retraite de Russie, à Leipzig, par une coalition; cette "bataille des nations", qui dura 4 jours, ruina la domination française en Allemagne et fut le prelude de Waterloo, où les Prussiens sous Blücher contribuèrent puissamment à la décision. L'image représente un corps de uhlans acclamé par des volontaires de tout âge qui s'en vont participer à la libération.6. Le roi de Prusse proclamé empereur (1871).Le traité de Vienne (1815) agrandit la Prusse des provinces rhénanes, mais consacra le fractionnement de l'Allemagne. Ce fut une déception pour les Allemands, qui avaient

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attendu, des victoires de 1813, l'unité dans une fédération nationale. L'agitation nationale se doubla d'un mouvement pour les libertés politiques: il y eut en 1848 à Francfort un Parlement éphémère, tandis qu'à Vienne, le champion de l'absolutisme, le chancelier Metternich, était chassé par une révolution. L'union douanière (Zollverein) des pays allemands, sauf l'Autriche, s'affirma néanmoins complète dès 1 836.

La rivalité entre la Prusse et l'Autriche, qui remontait à Frédéric II, aboutit à la guerre: en 1866 la Prusse triompha à Sadowa. Le roi Guillaume et son ministre Bismarck rèvaient de reconstituer l'Empire au profit de la Prusse. L'occasion leur en fut fournie par la guerre franco-allemande de 1870. Le 18 janvier 1871, pendant le siège de Paris, les princes allemands, réunis au palais de Versailles, proclamèrent Guillaume Ier "empereur allemand" (voir image).De 1871 à 1914, l'Allemagne devint l'une des premières puissances économiques du monde; elle acquit des colonies; elle étendit son influence en Orient, en direction de Bagdad (Drang nach Osten). La tension internationale fit à plusieurs reprises prévoir la guerre, notamment après l'incident d'Agadir au Maroc. Deux guerres ont apporté à l'Allemagne des dévastations et de lourdes pertes en hommes et en territoires; depuis, elle opere un redressement rapide que l'avenir doit encore confirmer.

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1631DIE GESCHICHTE ENGLANDS.STORIA DELL’INGHILTERRA.HISTOIRE DE L’ANGLETERRE.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. -DIE GESCHICHTE ENGLANDS.Wilhelm der Eroberer,2. - DIE GESCHICHTE ENGLANDS.Azincourt.3. - DIE GESCHICHTE ENGLANDS.Drake wird zum Ritter geschlagen. 4. - DIE GESCHICHTE ENGLANDS.Die Kolonien in Amerika.5. - DIE GESCHICHTE ENGLANDS.Nelson.6. - DIE GESCHICHTE ENGLANDS.Ausrufung des Kaiserreiches von Indien.1. HISTOIRE DE L’ANGLETERRE.GUILLAUME LE CONQUERANT.2. HISTOIRE DE L’ANGLETERRE.AZINCOURT.3. HISTOIRE DE L’ANGLETERRE.DRAKE EST CREE CHEVALIER.4. HISTOIRE DE L’ANGLETERRE.LES COLON1ES D'AMERIQUE.5. HISTOIRE DE L’ANGLETERRE.NELSON.6. HISTOIRE DE L’ANGLETERRE.PROCLAMATION DE L'EMPIRE DES INDES. Rückseite - Retro - Verso 1. -DIE GESCHICHTE ENGLANDS.

Wilhelm der Eroberer,Keltische Bevölkerungen, die durch ihre Sprache und ihre Lebensart den Galliern nahestanden, bewohnten die Britischen Inseln, als die Ròmer diese unterwarfen. 4 Jahrhunderte römischer Zivilisation wurden ausgelöscht durch die Invasion zweier germanischer Völker, der aus den Ländern der Elbe kommenden Angeln und Sachsen. Die in gebirgige Gegenden zurückgedrängten Kelten bewahrten dort lange ihre Sprache, das Gallische, das noch heute gang und gàbe im Westen ist. Der germanisierte Teil, genannt das Land der Angeln, (England), bildete 7 Königreiche ; es war der König Egbert, der als erster die englische Einheit verwirklichte (827). Im Jahre 1013, nach Invasionen, die sich über mehr als ein Jahrhundert hinzogen, waren die Dänen Herren über England ; aber sie vermischten sich schnell mit der angelsächsischen Bevölkerung.

Im Jahre 1066 machte Wilhelm, ein Normannenherzog, dem angelsächsischen König Harald die englische Krone streitig. Nachdem er bei Pevensey (s. B.) an derSpitze einer mächtigen Armee gelandet war, besiegte er seinen Gegner zu Hastings; so erhielt er den Beinamen der Eroberer. Er verteilte das ganze Land unter seine Waffengefährten ; die Sachsen wurden unterdrückt und es fehlte nicht an Lokalaufständen. Der neue König und seine Adligen sprachen französisch, während das Volk seine sächsische Sprache beibehielt; auf die Dauer entwickelte sich aus den beiden Sprachen das Englische, ein Gemisch romanischer und germanischer Elemente. Nach und nach bildete sich das englische

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Nationalgefühl, das sich im Hundertjährigen Krieg gegen Frankreich stärken wird.2. – DIE GESCHICHTE ENGLANDS.Azincourt.Damals waren die Könige nicht bloss d i e Herren ihres Landes, sie waren auch die

Eigentümer. So kam es, dass durch Heiraten und Erbschaften England an die französische Familie der Plantagenets kam, die schliesslich auch den ganzen Westen Frankreichs besass und deren berühmtester Vertreter Richard Löwenherz war. Sein Nachfolger Johann ohne Land, ein Tyrann, musste den aufständischen Edlen die «Magna Charta» gewähren (1215), durch die verschiedene Freiheiten proklamiert wurden, die noch heute die Grundlagen der modernen Verfassungen bilden. Von 1295 an gab es ein Parlament, das sich aua einem zum Teile von den Städten gewählten Unterhaus und einer Kammer der Lords oder Oberhaus zusammensetzte.

1357 begann der Streit um die französische Erbfolge. Dieser «Hundertjährige Krieg» dauerte bis 1453, d. h. 116 Jahre, von denen aber bloss 55 Jahre Krieg war und 61 Jahre scheinbarer oder wirklicher Friede. In allen grossen Schlachten bis zu Jeanne d'Arc waren die Engländer siegreich. Die angelsächsische Reiterei begriff neben den Adligen auch die reichen Burger: sie waren disziplinierter als ihre durch den Kastengeist gezeichnete französische Gegnerin. Die Stärke der englischen Armee lag bei ihrem Fussvolk, besonders ihren Bogenschützen, den besten Europas. Auf unserem Bilde sieht man die Schlacht von Azincourt (1415), die 12.000 Bogenschützen haben sich hinter Pfahlreihen in Schutz gestellt; der König Heinrich der V. hat mit der grossen Standarte Englands hinter dem Fussvolk Stellung genommen.3. - DIE GESCHICHTE ENGLANDS.Drake wird zum Ritter geschlagen. Von 1455 bis 1485 war England durch den Krieg «der beiden Rosen» ein einziges Blutbad: die beiden gegnerischen Familien von York und Lancaster trugen in ihren Wappen eine weisse bezw. eine rote Rose. Ein Lancaster siegte in diesem grausamen Kriege: Heinrich Tudor, der Gründer der Tudordynastie.

Durch den Hundertjährigen Krieg vom Kontinent - Calais ausgeschlossen - vertrieben, entwickelte England schnell seine Seemacht. Damals beanspruchte jede Nation für sich allein ihre Handelswege: zu Meer und in den Kolonien konnte es keinen Ilandel ohne Krieg geben. Es gab Kapitäne, die sich in der Jagd nach Handelsschiffen, der Kaperei, spezialisierten. Einer der berühmtesten war Drake, dessen Schiffsjagden auf allen Meeren der Welt England Ruhm und Reichtum einbrachten. Die Königin Elisabeth begab sich an Bord von Drakes Schiff um ihm, «der als erster englischer Kapitän die Welt umsegelt hatte» (1580), den Titel eines Ritters zu verleihen. England, das sich zugleich mit Spanien, Portugal, Holland und Frankreich entschlossen in das grosse Abenteuer der Kolonieneroberungen gestürzt hatte, trachtete nach der Herrschaft über die Meere. Nachdem es seit dem Bruch Heinrichs VIII, des Vaters Elisabeths, mit Rom die Hauptfeste der Reformation geworden war, griff es tatkräftig in die Politik des Festlandes ein: in zwei Jahrhunderten wird es zuerst über England, dann über Frankreich triumphieren.4. - DIE GESCHICHTE ENGLANDS.Die Kolonien in Amerika.Die absolutistischen Stuarts, die auf die Tudors folgten, stiessen auf heftigen religiösen und politischen Widerstand. Cromwell, ein improvisierter Offizier, setzte Karl I. ab und liess ihn im Jahre 1649 hinrichten. Er selbst regierte unter dem Titel Protektor. Zwei Jahre nach seinem Tode, also 1660, gelangten die Stuarts wieder auf den Thron. 1689 verloren sie ihn jedoch an Wilh. von Oranien. Zu Beginn des 13. Jahrhunderts fiel England an die Dynastie von Hannover, die heute noch herrscht. 1661 erliess Cromwoll den Schiffahrteakt, der allein den englischen Schiffen das Recht zugestand, Kolonialwaren einzuführen; diese Mass-nahme

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fiihrte ein schnelles Anwachsen der englischen Marine sowie die Eroberung neuer Länder an den Küsten Nordamenkas herbei. Unser Bild zeigt William Penn, im Begriff mit seinen Glaubensgenossen, den Quäkern, von den Indianern durch Vertrag das Land westlich des Delaware zu erwerben. Nach ihm nannte die Kolonie sich Pennsylvanien. 1681 erbaute er dort Philadelphia. Das folgende Jahrhundert erlebte den Zusammenstoss zwischen Engländern und Französen, die Canada bis zu den grossen Seen kolonisiert hatten, den Lauf des Mississippi erforscht und an seinem Unterlauf eine blühende Kolonie, Luisiana, gegründet hatten. Der Siebenjährige Krieg brach die Macht der Französen in Kanada, während das überall siegreiche England den Aufstand seiner eigenen Kolonien in der Neuen Welt und deren Zusammenschluss zu den Vereinigten Staaten von Amerika erleben sollte (1783).5. - DIE GESCHICHTE ENGLANDS.Nelson.Nach dem Sieg über das Frankreich der Revolution und über Napoleon hielt England darauf den heldenhaften Admiral Horatio Nelson, den Sieger von Trafalgar, würdig zu ehren. Im entscheidenden Augenblick hatte er die Ehre und das Bestehen seines Landes gerettet. Napoleon hatte grosse Vorbereitungen zur Invasion getroffen. Es musste ihm um jeden Preis gelingen, die englische Flotte durch Ablenkungsmanöver aus dem Wege zu räumen. Der Admiral Villeneuve, auf seiner Rückkehr aus Amerika, erhielt vom Kaiser den Befehl, den Ärmelkanal abzusperren. Im gegebenen Augenblick glaubte er jedoch nicht an die Möglichkeit der Ausführung dieses Befehls und, nachdem er sich zu weit nach Süden vorgewagt hatte, sah er sich gezwungen, sich mit seinem mächtigen Geschwader in die Reede von Cadix einzuschliessen. Beim Herannahen Nelsons stellte er sich zum Kampfe. Die Begegnung erfolgte in der Nähe des Kaps Trafalgar, unweit von Gibraltar. Die französische Flotte hatte sich parallel zur Küste ausgebreitet. Die Engländer griffen mit zwei Kolonnen an und durchbrachen die feindliche Linie; Villeneuve verlor die Hälfte seiner Schiffe (2L Okt. 1805). Während der Schlacht wurde Nelson tödlich getroffen; aber die Gefahr der Invasion war beseitigt. Seine Matrosen hatten seine letzte Parole ehrenvoll ausgeführt: « England erwartet, dass jedermann seine Pflicht tut». Unser Bild zeigt die Oberführung der sterblichen Uberreste Nelsons über die Themse von Greenwich Hospital nach Whitehall, von wo dei- Leichenzug sich nach St. Paul bewegte.6. - DIE GESCHICHTE ENGLANDS.Ausrufung des Kaiserreiches von Indien.Seit dem 17. Jahrhundert hatte England in Indien Fuss gefasst. Es griff geschickt als Schiedsrichter in die Streitigkeiten der Prinzen ein und erlangte so nach und nach die Oberherrschaft über das ganze Land. Frankreich und Portugal drängte es zurück und überliess ihnen nur einige Hafen ohne Hinterland. Die berühmtesten Betreiber dieser Politik waren Lord Clive und Warren Hastings; dabei ahmten sie nur die von Dupleix angewandten Methoden nach. Dieser hätte vielleieht das Rennen gewonnen, wenn er von Frankreich untersttitzt worden wäre. Verschiedene Gebiete kamen unter direkte englische Verwaltung, die meisten unterstanden den Lokalherrschern, die England durch den geschickten doppelten Gebrauch von Geld und Autorität willfährig machte. Nahezu zwei Jahrhunderte blieb Indien das Juwel seiner Besitzungen, die Hauptquelle seines Reichtums und seines Ansehens. Die Beherrschung des Seeweges nach Indien über Gibrailtar, Malta, Suez, Aden wurde das Hauptziel seiner Politik. Die englische Macht in Indien erreichte ihren Hohepunkt, als auf den Rat ihres grossen Ministers Disraeli Königin Viktoria den Titel «Königin von England, Kaiserin von Indien» annahm. Unser Bild zeigt Lord Lytton, Vizekönig von Indien, auf dem grossen Durbar (Prinzenkongress) von Delhi (1. Januar 1877) beim Verlesen der Botschaft Ihrer Majestät der Kaiser in. Siegreich in den beiden Weltkriegen, nahm England seine indischen Verbundeten in das Commonwealth auf,

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innerhalb dessen sie zwei unabhängige Staaten bilden.1. GUILLAUME LE CONQUERANT.Des populations celtiques, semblables à celles de la Gaule par la langue et la manière de vivre, habitaient les Iles Britanniques lorsque les Romains les soumirent. Quatre siècles de civilisation romaine furent effacés par l'invasion de peuples germaniques, Angles et Saxons, venus des pays de l'Elbe. Les Celtes, refoulés dans quelques régions montagneuses, y conservèrent longtemps leur langue; le gallois se parle encore couramment dans l'ouest. La partie germanisée, appelée la terre des Angles - l'Angleterre - forma 7 royaumes; le roi Egbert réalisa le premier l'unité anglaise (827). En 1013. Les Danois étaient maîtres de l'Angleterre, après des invasions espacées sur plus d'un siècle; mais ils se confondirent rapidement avec la population anglo-saxonne.En 1066, un duc de Normandie, Guillaume, disputa la couronne d'Angleterre au roi anglo-saxon (on disait alors "saxon") Harold. Débarqué à Pevensey (voir image) à la tête d'une puissante armée, il défit son rival à Hastings; le surnom de Conquérant lui est resté. Il partagea tout le pays entre ses compagnons d'armes; les Saxons furent dominés et les révoltes locales n'étaient pas rares. Le nouveau roi et sa noblesse parlaient français, le peuple conservait son parler saxon; à la longue les deux langues se fondirent en une seule, l'anglais, mélange d'éléments romans et germaniques, Lentement il se forma un sentiment national anglais, qui allait s'affermir dans la guerre de Cent Ans contre la France.2. AZINCOURTEn ces temps, les rois n'étaient pas seulement maîtres de leur pays, ils en étaient également propriétaires, Aìnsi, par des mariages et des héritages, l'Angleterre passa au pouvoir de la famille française des Plantagenets, qui finit par posseder aussi tout l'ouest de la France, et qu'il lustra le roi Richard "Coeur de Lion". Son successeur Jean sans Terre, un tyran, dut accorder aux nobles révoltés la Grande Charte (1215) où sont proclamées plusieurs des libertés qui sont encore à la base des Constitutions modernes. A partir de 1295 il y eut un Parlement, comprenant une Chambre des Communes, en partie élue par les villes. et une Chambre des seigneurs ou Lords.

En 1337 s'ouvrit la lutte pour la succession au trône de France. Cette "guerre de Cent Ans" dura iusqu'en H53, soit 116 ans. mais il y eut 55 années de guerre et 61 de paix apparente ou réelle Dans toutes les grandes batailles jusqu'à Jeanne d'Arc, les Anglais furent victorieux. La cavalerie anglo-saxonne comprenait, à côté des nobles, les bourgeois riches: elle était plus disciplinée que sa rivale française caractérisée par l'esprit de caste. La force de l'armée anglaise tenait à son infanterie, sur tout à ses archers, les meilleurs de l'Europe. Notre image représente la bataille d'Azincourt (1415); les 12000 archers sont déployés à l’abri de rangées de pieux; le roi Henri V avec le grand étendard d'Angleterre a pris place derrière son infanterie.3. DRAKE EST CREE CHEVALIERL'Angleterre fut ensanglantée. de 1455 à 1485, par la guerre "des Deux Roses": les deux familles rivales d'York et de Lancastre avaient dans leurs armoiries respec-tivement une rose blanche et une rose rouge. Un Lancastre sortit vainqueur de cette guerre atroce: Henri Tudor, fondateur de la dynastie des Tudors.

Evincée du continent par la guerre de Cent Ans, sauf de Calais, l'Angleterre développa rapidement sa puissancc maritime. A cette époque, chaque nation prétendait garder pour elle seule ses routes commerciales: sur mer et aux colonies, le commerce et la guerre étaient inséparables. Des capitaines se spécialisèrent dans la chasse aux navires marchands étrangers. la "course" ( d'où le mot "corsaire"). L'un des plus célèbres fut Drake, dont les courses fulgurantes par toutes les mers du monde rapportèrent à l'Angleterre gloire et profit. La reine Elisabeth se rendit - honneur exceptionnel - à bord du vaisseau de Drake pour lui conférer le titre de chevalier "comme au premier capitaine anglais ayant accompli le tour du monde" ( 1580). L'Angleterre, lancée résolùment dans la grande aventure des conquétes

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coloniales, en même temps que l'Espagne, le Portugal, la Hollande et la France, visait à l'empire des mers. Devenue le principal bastion de la Réforme depuis la rupture de Henri VIII, père d'Elisabeth, avec Rome, elle intervint activement dans la politique continentale: elle allait triompher. en deux siècles, de l'Espagne d'abord, de la France ensuite.4. LES COLON1ES D'AMERIQUESuccédant aux Tudors, les Stuarts, de tendance absolutiste, se heurtèrent à de vives résistances réligieuses et politiques. Un officier improvisé, Cromwell, détrôna et fit exécuter Charles Ier en 1649; il gouverna avec le titre de Protecteur. En 1660, deux ans après sa mort, les Stuarts furent rétablis, mais en 1689 une revolution mit sur le trône Guillaume d'Orange. Le début du XVIIIe s. vit l'avènement de la dynastie de Hanovre. qui règne encore aujourd'hui.En 1651, Cromwell decreta l'Acte de Navigation. réservant aux seuls navires anglais le droit

d'importer les produits des colonies; cette mesure amena un accroissement rapide de la marine anglaise et la conquête de terres lointaines, notamment sur les côtes de l'Amérique du Nord. Notre image montre William Penn. fils du conquérant de la Jamaïque. acquérant des Peaux-Rouges. par traité, la région à l'ouest du Delaware, avec ses coréligionnaires les Quakers. La colonie lui emprunta le nom de Pennsylvanie et il y bâtit Philadelphie (1681). Au siècle suivant, les Anglais se heurtèrent aux Français qui avaient colonisé le Canada jusqu'aux Grands Lacs, exploré le cours du Mississipi et fondé sur son cours inférieur une colonie florissante, la Louisiane. La guerre de Sept Ans ruina la puissance française au Canada, mais l'Angleterre, partout victorieuse, allait voir ses propres colonies du Nouveau Monde se révolter contre sa domination et se constituer en Etats-Unis d'Amérique (1783).5. NELSONSortie victorieuse de la lutte épique qui l'avait opposée à la France de la Revolution et à Napoléon, l'Angleterre tint à glorifier dignement le héros qui avait sauvé, dans le moment le plus critique, l'honneur et l'exjstence de son pays, l'amiral Horatio Nelson, le vainqueur de Trafalgar.Ne voyant plus que l'Angleterre qui osât lui résister, Napoléon avait fait des prèparatifs impressionnants d'invasion. Il lui fallait a tout prix éloigner la flotte anglaise par des manoeuvres de diversion. L'amiral Villeneuve. revenant d'Amérique, et chargé par l'empereur de bloquer la Manche, crut impossibile, le moment venu, d'exécuter cet ordre et, s'étant a venture loin au sud, dut s'enfermer avec sa puissante escadre dans la rade de Cadix. L'approche de la flotte de Nelson le decida au combat. La rencontre eut lieu en vue du cap Trafalgar, non loin du détroit de Gibraltar. La flotte francaise était déployée parallèlement à la côte. Les Anglais, attaquant sur deux colonnes, percèrent la ligne adverse; Villeneuve perdit la moitié de ses navires (21 octobre 1805 ). Au plus fort de l'action, une balle partie des hunes françaises atteignit mortellement Nelson, mais l'invasion était définitivement conjurée. Ses équipages avaient fait honneur a sa dernière consigne: "L'Angleterre attend de chaque homme qu'il fasse son devoir". Le 8 janvier 1806, le corps du vicomte Nelson fut transporté de Greenwich Hospital, par la Tamise (voir image) à Whitehall d'où devait partir le cortège funèbre vers St-Paul.6. PROCLAMATION DE L'EMPIRE DES INDES. L'Angleterre avait pris pied aux Indes dès le XVIIe s. Intervenant habilement comme arbitre dans les différends entre princes, elle acquit prògressivement la domination sur tout le pays, gagnant de vitesse la France et refoulant le Portugal, et ne leur laissa que quelques ports sans arrière-pays. Les plus fameux agents de cette politique furent lord Clive et Warren Hastings; ils ne faisaient qu'imiter les méthodes instaurées par Dupleix, qui aurait peut-être gagné la partie si la France l'avait soutenu. Certains terrìtoires passèrent sous l'administration directe de l'Angleterre, la plupart restèrent soumis aux souverains locaux: rajahs (rois), maharadjahs (grands rois), etc. que l'Angleterre rendait dociles par un usage habilement combiné de l'argent et de l'autorité. Pendant près de deux siècles, l'Inde fut le

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joyau de ses possessions, la source principale de sa richesse et de son prestige. La maîtrise de la route maritime des Indes par Gibraltar, Malte, Suez, Aden, devint l'objectif majeur de sa politique et de sa strategie. L'apogée de la puissance britannique aux Indes fut atteint lorsque, conseillée par son grand ministre Disraëli, la reine Victoria prit le titre de "reine d'Angleterre, impératrice des Indes". Notre image représente lord Lytton. vice-roi des Indes, au grand durbar (congrès des princes) tenu à Delhi le 1er janvier 1877, donnant lecture du message de Sa Majesté l'Impératrice.Victorieuse avec ses alliés dans les deux guerres mondiales de 1914 - 1918 et 1939 - 1945,

l'Angleterre a accueilli ses alliés indiens dans le Commonwealth (Union) Britannique, où ils forment deux Etats indépendants: l'Inde et le Pakistan.

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1632VÖGEL AUS BELGISCH-KONGO.UCCELLI DEL CONCO BELGAOISEAUX DU CONGO.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. - VÖGEL AUS BELGISCH-KONGO.Der Pelikan und der Schlangenhalsvogel. 2. - VÖGEL AUS BELGISCH-KONGO.Der Kalao und der Riesenturako.3. - VÖGEL AUS BELGISCH-KONGO.Das Waldperlhuhn und der Kongopfau.4, - VÖGEL AUS BELGISCH-KONGO.Der Herdensilberreiher und der Eisvogel.5. - VÖGEL AUS BELGISCH-KONGO.Der Kronenkranich und der Sekretär.6. - VÖGEL AUS BELGISCH-KONGO.Der Webervogel und der Honigsauger.1. - OISEAUX DU CONGO.Le Pélican et l'Oiseau-serpent. 2. - OISEAUX DU CONGO.Le Calao et le Bolikoko3. - OISEAUX DU CONGO.La Pintade de forêt - le Paon congolais. 4. - OISEAUX DU CONGO.L'Aigrette Garde-boeuf et le Martin-pêcheur. 5. - OISEAUX DU CONGO.La Grue couronnée et le Serpentaire. 6. - OISEAUX DU CONGO.Le Tisserin et le Nectarin.Rückseite - Retro - Verso 1. - VÖGEL AUS BELGISCH-KONGO.Der Pelikan und der Schlangenhalsvogel. Der Pelikan (Pelicanus onocrotalus), ein grosser, weisser Vogel der Pelecanidae, lebt an Flüssen und an grossen Gewässern. Sein langer Schnabel ist an der Unterseite mit einem dehnbaren Rautsack versehen, der dazu dìent, die gefangenen Fische aufzuspeichern. Seme kurzen Füsse endigen in vier, durch breite Schwimmhaute miteinander verbundenen Zehen. Die grossen, starken Flügel sichern ihm, trotz seines schweren Körpers, einen leichten Flug. Die Pelikane bewegen sich in Massen. Durch ihre Gefrässigkeit verursachen sie Verheerungen in der ichthyologischen Fauna (Fischwelt), Die Pelikane halten sich übrigens nur dort auf, wo es viele Fische gibt. Ihr Nest, eine aus dünnen Ästchen geflochtene Scheibe, kann zwei bis drei weissliche Eier enthalten.Der Schlangenhalsvogel (Anhinga rufa) von der Gattung der Anhingiden, ist der am häufìgsten vorkommende Wasservogel Afrikas. Er besitzt einen langen Schwanz und gleicht dem Seeraben. Der lange Hals trägt einen langen, scharfgeränderten Schnabel. Die Füsse endigen in vier mit Schwimmhäuten versehenen Zehen. Der Schlangenhalsvogel bewohnt alle grosseren Flüsse. Er taucht, wobei er das Wasser mit seinem langen, biegsamen Halse untersucht. Von Zeit zu Zeit tauchen Kopf und Hals über der Wass roberfläche auf, und man denkt unwillkürlich an eine Schlange. Seine Flügel trocknet er ausserhalb des Wassers, in dem er sie weitgeöffnet der Sonne aussetzt Die Nester bestehen aus Gerüsten von allerlei Pflanzenresten, und befinden sich meistens auf Strauchern in der Nähe des Wassers.

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Denjenigen des gewöhnlichen Seeraben gleichend, können sie drei bis vier graue Eier enthalten.2. - VÖGEL AUS BELGISCH-KONGO.Der Kalao und der Riesenturako.Der Kalao (Bycanystes duboisi) gehört zur Familie der Nashornvögel und darf nicht mit den amerikanischen Tukanen verwechselt werden. Dieser schone afrikanische Vogel kann sehr gross werden und besitizt einen langen, gebogenen und spitzen Schnabel, der oft durch einen Hornaufsatz gekennzeichnet ist. Er ist schwarz mit weissem Bauch. Desgleichen sind die Spitzen der Flügel- und Schwanzfedern weiss. Diese auf Bàumen lebenden Vogel ernähren sich von Früchten. Während der Brutzeit nistet das Weibchen in einer Baumhöhle. Das Männchen mauert es dabei ein, indem es die Nestoffnung mittels Lehm verschliesst. Es lässt nur eine kleine Öffnung, durch die es dem so gegen Schlängen geschützten brütenden Weibchen Nahrung bringt. Eine Brut besteht aus 2 oder 3 Eiern.

Der Riesenturako oder Bolikoko (Corythaeola cristata) gehört zur Gattung der Bananenfresser (Musophaga) und kann bis zu 50 cm gross werden. Er besitzt einen Schnabel mit stark kielförmigem Oberteil. Auf dem Kopf trägt er eine schwarzfedrige Haube. Ein grosser Teil des Körpers ist bedeckt mit grau-blauen und blauen Federn, während der Rest des Gefieders unterschiedlich gefärbt ist: der Bauch hellgrün, Seiten und Schwanzoberfläche bräunlich, das Schwanzende tief purpurrot. Der Bolikoko ist vor allem ein Waldvogel, sehr oft lässt er sich in der Nähe von Affen nieder. Diese Eigentümlichkeit scheint nicht sinnlos zu sein und besitzt wahrscheinlich eine ethologische Bedeutung (Sitten der Vogel). Man besitzt jedoch hierüber keine genaue Kenntnis. Der Bolikoko lebt und baut sein Nest auf Bäumen.3. - VÖGEL AUS BELGISCH-KONGO.Das Waldperlhuhn und der Kongopfau.Das Waldperlhuhn (Gutter eduardi schoutedeni) gehört zur Gattung Numida und ist erkenntlich an seiner Haube von gekräuselten Federn und an den schwarzen Federn, die den Unterhals schmücken. Auf dem restlichen Gefieder bemerkt man kleine blaue, scharf gezeichnete Flecken von runder Form. Der Hals des Männchens ist rötlich. Diese Vögel tragen keine Sporen. Man trifft s:e gewöhnlich in Gruppen an; im Augenblicke der Verniehrung sondern sich die Pärchen ab. Eine mit Pflanzen ausgelegte Bodenvertiefung dient als Nest, in das das Weibchen ein Dutzend Eier legt. Die Waldperlhühner sind Allesfresser (Würmer, Insekten, Samen usw.).

DerKongopfau (Afropavo congensis) gehört zur Familie der afrikanischen Fasaaenvögel. Es besteht ein betonter Dimorphismus (Zweigestaltìgkeit) zwischen dem Männchen und dem Weibchen. Das Gefieder weist eine betont metallisch glänzende Färbung auf, die beim Weibchen bräunlich, beim Männchen hingegen dunkelblau ist. Letzterer trägt auf dem Kopf einen Büschel aus starren, weisslichen Haaren, gefolgt von einer Gruppe schwarzer, ebenfalls aufrechtstehender Federn. Beim Weibchen ist der hellere Büschel wenig entwickelt. Die Füsse sind mit einem beim Männchen längeren Sporn versehen. Der Kongopfau, der 1956 entdeckt wurde, hält sich in den grossen Wäldern auf, ausserhalb der Grenzen von Belgisch-Kongo ist er jedoch kaum bekannt. Obschon man schon auf Kücken gestossen ist, weiss man nichts von seinem Nest. Insekten bilden seine Hauptnahrung.4, - VÖGEL AUS BELGISCH-KONGO.Der Herdensilberreiher und der Eisvogel.

Der Herdensilberreiher (Bubulcus ibis) gehört zur Familie der Ardeidae. Es ist eine Art kleiner, weisser Reiher mit länglichem Halse. Der mit einem gelben Schnabel versehene Kopf trägt auf der Spitze ein rotliches Gefieder. Der Vogel verdankt seinen Namen seiner

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Gewohnheit, sich bei Viehherden aufzuhalten - manchmal sogar bei grossen wilden Tieren - auf deren Rücken er sich gerne setzt. Man kann nahe an ihn herangehen, denn er ist sehr wenig scheu und verbringt gewöhnlich mit seinen Artgenossen die Nacht auf den Bäumen in der Nähe eines Postens. Als grosser Insektenfresser ist er sehr nützlich, deshalb steht er auch unter Naturschutz. In Afrika hält er sich sowohl im Urwald als auch in sumpfigen Gegenden auf. Jede Brut begreift drei bis vier blassgrüne Eier.

Der Eisvogel (Halcyon malimbicus) ist einer der zahlreichen Kongovögel, die zur Familie der Aloedinidae gehören. Er besitzt ein farbenreiches, sehr sehillerndes Gefieder: blau auf dem Kopfe, ausgesprochen blau auf der Brust, dem Rücken, dem Schwanz und einem Teile der Schwungfedern. Seine Nahrang besteht aus Insekten und kleinen Wirbeltieren, wie z. B. den mit Wirbeln versehenen Amphibien, die, wie der afrikanische Laubfrosch der Gattung Hyperolius, als junge Tiere im Wasser und als Erwachsene auf dem Lande leben. Der Eisvogel baut sein Nest in ein Astloch oder in ein ausgehöltes Termitennest auf einem Baum. Die Brut begreift drei bis vier Eier.5. - VÖGEL AUS BELGISCH-KONGO.Der Kronenkranich und der Sekretär.

Der Kronenkranich (Balearica regulorum) gehört zur Familie der Echten Kraniche. Dieser grosse Stelzvogel hat einen langen Hals und einen mittel-grossen Schnabel. Auf dem Vorderscheitel trägt er einen Haarbuschel, der sich am Hinterkopf zu borstenartigen von der Wurzel an schraubenförmig gewundenen Gebilden umwandelt, deren gelbliche Färbung sich gut auf dem schwarzen Gefieder des Vorderkopfes abhebt. Hinter dem Auge befindet sich eine weisse Fläche mit einem rötlichen Fleischauswuchs. Die Halsfedern sind grau. Als Steppenvogel besucht der Kronenkranich Sumpfgebiete sowie grasige Gegenden. Grösstenteils Grasfresser, nährt er sich nebenbei von kleinen Insekten und Wassertieren. Das aus Pflanzen bestehende Nest befindet sich in der Nähe des Wassers. Das Weibchen legt gewöhnlich 2 marbrierte Eier.

Der Sekretär (Sagittarius serpentarius) ist der einzige Raubvogel der Familie der Kranichgeier. Man erkennt ihn leicht an den beträchtlichen Ausmassen seiner Füsse, seines Schwanzes und seines Schopfes. Diesem letzteren verdankt der Vogel seinen Namen «Sekretär». Er ist der einzige Raubvogel, dessen lange Füsse an einen Stelzvogel erinnern. Dieser Steppenbewohner besitzt ein graues Gefieder ; die Spitzen der Schwungfedern sind schwarz. Seine Nahrung besteht aus Schlangen, Amphibien, Vögeln, Insekten, usw.... Mittels kleiner Ästchen baut er sein Nest auf Bäumen in einer bestimmten Höhe. Das Weibchen legt zwei Eier.6. - VÖGEL AUS BELGISCH-KONGO.Der Webervogel und der Honigsauger.

Der Webervogel (Ploceus cuculatus) gehört zur grossen Familie der Ploceidae. Es besteht eine sebr ausgesprochene Zweigestaltigkeit zwischen Männchen und Weibchen. Das Männchen besitzt ein buntes Gefieder: schwarzer Kopf, braunes Halsband, der Rest ist hellgelb mit .schwarzen Punkten auf Rücken und Flügeln. Das farbloserc Gefieder des Weibchens ist meistens grau, Kopf und Rüeken sind schwach gelblich gefärbt. Der Webervogel baut sein Nest aus Gräsern oder Pflanzenfasern, die er aus Blättern herausgerissen hat. Das Weibchen legt 2 bis 4 Eier. Die Nester bilden von weitem sichtbare Siedlungen, in denen ein lärmendes Treiben herrscht. Sie stellen eines der seltsamsten Schauspiele dar, die man in Afrika sehen kann. Die Nahrung dieser Vögel besteht aus Körnern.Der Honigsauger (Cinnyris superbus) von der Familie der Nectarinidae ersetzt in Afrika den amerikanischen Kolibri (sehr kleiner Sperlingsvogel). Das Männchen besitzt ein schillerndes Gefieder von metallischem Glanz: blau auf dem Kopfe, grün auf dem Rücken, purpurrot auf der Brust und braun auf dem Bauche. Diese Vögel

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besitzen einen spitzen, gebogenen Schnabel, der dazu dient, die Blüten zu durchstechen, wenn sie nicht anders an den Honig gelangen können. Ihre Nahrung besteht desweitern aus Insekten. Mit Sorgfalt baut der Vogel sein Nest, das er im Geäst versteckt und dessen Eingang getarnt und geschützt ist. Es enthalt gewöhnlich zwei Eier.1. - Le Pélican et l'Oiseau-serpent. Le Pélican (Pelecanus onocrotalus) - grand oiseau blanc de la famille des Pelecanidae, frequente les fleuves et en général les grandes étendues d'eau. Le bec est long, pourvu en dessous d'une poche extensible, servant à emmagasiner les poissons capturés. Les courtes pattes se terminent par quatre doigts palmés, c. à d. réunis entre eux par trois membranes fort larges. Grandes et fortes, les ailes assurent un vol aisé malgré la lourdeur du corps. Les pélicans se déplacent en nombre. Très voraces, ils occasionnent des ravages parmi la faune ichthyologique (qui a rapport aux poissons). On observe d'ailleurs uniquement les Pélicans là où les poissons se rencontrent en abondance. Le nid, plateforme de brindilles, peut contenir deux ou trois oeufs blanchâtres.

L'Oiseau-serpent (Anhinga ruta) - de la famille des Anhingidae - est l'oiseau aquatique le plus commun de l'Afrique. Il possedè une longue queue et ressemble au Cormoran. Le cou, très allongé, porte un bec long et effilé. Les pattes se terminent par quatre doigts palmés. L’oiseau-serpent habite toutes les rivières de quelque importance; il se laisse couler, explorant les eaux de son long cou flexible. La tête et le cou réapparaissent périodiquement au-dessus de la surface, faisant songer au serpent. Hors de l'eau, il sèche ses ailes en les étendant largement ouvertes au soleil. Les nids consistent en échafaudages de débris végétaux variés, placés le plus souvent sur des arbustes à proximité de l'eau. - Identiques à ceux du Cormoran ordinaire, ils peuvent contenir de 3 à 4 oeufs grisâtres.2. - Le Calao et le BolikokoLe Calao (Bycanystes duboisi) - appartient à la famille des Bucerotidae; il convient de ne pas

le confondre avec les Toucans américains. Ce beau specimen d'oiseau africain atteint une grande taille et possède un long bec recourbé et pointu, souvent caractérisé par un renflement corné sur le dessus. Le Calao est noir avec ventre blanc. De même, l'extrémité des plumes alaires (qui appartient aux ailes) et caudales (qui a rapport à la queue) sont également blanches. Ces oiseaux arboricoles se nourrissent de fruits. Au moment de la ponte, la femelle niche dans le creux d'un arbre, pratiquement emmurée par le mâle qui ferme l'ouverture du nid au moyen de glaise. Il ne laisse subsister qu'une petite ouverture par laquelle il approvisionne la couveuse ainsi protégée des serpents. La ponte comporte 2 ou 3 oeufs.

Le Bolikoko (Corythaeola cristata) - de la famille des Musophagidae, atteint une assez grande taille (50 cm). Il possedè un bec fortement carêné par dessus. Sur la tête, on remarque une huppe de plumes noìres. Une grande partie du corps est couverte de plumes gris-bleues et bleues, le reste du plumage est diversement coloré: ventre vert pâle, flancs et dessus de la queue brunâtres, extrémité de la queue pourpre très foncé. Essentiellement oiseau des forêts, le Bolikoko fixe souvent son habitat à proximìté des singes. Cette particularité ne semble pas fortuite; elle revêt vraisemblablement une signification éthologique (moeurs des animaux). On ne possedè cependant aucune précision à ce sujet. Le Bolikoko est un oiseau arboricole: il construit son nid dans les arbres.3. - La Pintade de forêt - le Paon congolais. La Pintade de forêt (Guttera edouardi schoutedeni) - de la famille des Numididae, se reconnait à sa huppe de plumes frisées et aux plumes noires ornant la base du cou. Sur le restant du plumage, on remarque de petites taches bleues nettement dessinées, de forme arrondie. La gorge du mâle est rougeâtre. Ces oiseaux ne portent pas d'éperon aux pattes. On

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les rencontre habituellement en bandes; les couples s'isolent au moment de la reproduction. Une excavation du sol, garnie de végétaux, sert de nid dans lequel la femelle pond une douzaine d'oeufs. Le regime est omnivore (vers, insectes, graines etc).Le Paon congolais (Afropavo congensis) - appartient à la famille des Phasianidae africains. On remarque un dimorphisme accentué - une apparence très differente - entre le mâle et la femelle. Les plumes offrent une coloration à reflets métalliques prononcés, de teinte brunâtre chez la femelle, bleu foncé chez le mâle. Ce dernier porte sur la tête une touffe de crins raides et blanchâtres, suivie d'un groupe de plumes noirâtres, également dressées. Chez la femelle, la touffe claire est peu développée. Les pattes sont armées d'un éperon, plus long chez le mâle. Découvert en 1936, le Paon congolais habite la grande forêt, mais il n'est guère connu en dehors des frontières du Congo Belge. Bien que l'on ait déjà rencontré les poussins du Paon congolais, on n'en connait pas le nid. Les insectes constituent la base du regime de ces oiseaux.4. - L'Aigrette Garde-boeuf et le Martin-pêcheur. L'Aigrette Garde-boeuf (Bubulcus ibis) - appartient à la famille des Ardeidae. C'est une sorte de petit Héron blanc à cou allongé. La tête, pourvue d'un bec jaune, porte un plumage roussâtre à son sommet. L'oiseau doit son nom à l'habitude qu'il a de se tenir auprès des troupeaux de bétail - parfois même de grands animaux sauvages - sur le dos desquels il se pose volontiers. Très peu farouche, il se laisse approcher et vient généralement percher, avec ses congénères, sur les arbres d'un poste pour y passer la nuit. Grand insectivore, l'Aigrette garde-boeuf est considerò comme particulièrement utile: à ce titre, on le classe parmi les oiseaux Protégés par la loi. En Afrique, il vit indifféremment en brousse ou en région marécageuse. Chaque ponte comporte trois à quatre oeufs d'un vert pâle.Le Martin-pécheur (Halcyon malimbicus) - se classe parmi les nombreux oiseaux du Congo de la famille des Alcedinidae. Le plumage est particulièrement chatoyant: gris-bleu sur la tête,

plus nettement bleu sur la poitrine, le dos, la queue et une partie des rémiges (longues plumes rigides de l'ailet. L'oiseau se nourrit d'insectes et de petits vertébrés, tels les

amphibiens (vertébrés dont le jeune est aquatique et l'adulte terrestre, par ex. les rainettes

africaines du genre Hyperolius). Le Martin-pêcheur construit son nid dans un trou d'arbre

ou une excavation creusée dans un nid de termites arboricoles. La ponte comprend de 3 à 4 oeufs.5. - La Grue couronnée et le Serpentaire. La Grue couronnée (Balearica regulorum) - appartiene à la famille des Gruidae.Ce grand échassier possède un long cou et un bec moyen. Au sommet de la tête, on

remarque une huppe de plumes très spéciales, en forme de crins tordus sur eux-mêmes et dont la couleur jaunâtre franche sur le plumage noir recou.vrant l'avant de la tête. On remarque, derrière l'oeil, une grande surface blanche et une caroncule (petite excroissance charnue de couleur rougeâtre) . Les plumes du cou sont grises, plus claires que le restant du plumage. Oiseau des savanes, la grue couronnée frequente les abords des marais et les régions herbeuses. En grande partie herbivore, le régime comprend accessoirement de petits insectes et animaux aquatiques. L'oiseau construit son nid à proximité de l'eau, en assemblant un monticule de végétaux. La femelle pond généralement deux oeufs marbrés.

Le Serpentaire (Sagittarius serpentarius) - représente l'unique rapace de la famille des Sagittariidae. On le reconnait aisément aux dimensions considérables des pattes, de la queue et de la huppe. Ce dernier ornement valut à l'oiseau le nom de "secrétaire". Le serpentaire est le seul rapace dont les longues pattes font songer à un échassier. Le plumage de cet oiseau de savane présente une teinte grisâtre; les extrémités des rémiges sont noires. Il se nourrit de

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serpents (d'où son nom de "serpentaire"), d'amphibiens, oiseaux, insectes, etc. Compose de brindilles, le nid est construit dans les arbres, à une certaine hauteur. La femelle pond deux oeufs.6. - Le Tisserin et le NectarinLe Tisserin (Ploceus cuculatus) - fait partie de la grande famille des Ploceidae. Le dimorphisme entre le mêle et la femelle est très prononcé. Le mâle possède un plumage aux couleurs variées: tête noire, cou entouré d'un collier brun, corps d'un jaune vif agrémenté de noir sur le dos et les ailes. Beaucoup plus terne, le plumage de la femelle revêt une couleur grisâtre, la tête et le dos à peine jaunâtres. Le Tisserin construit des nids formés d'herbes ou de fibres végétales entrelacées, arrachées aux feuilles; la femelle y depose 2 è 4 oeufs. Les nids forment des agglomérations visibles de loin. Il y règne une bruyante activité et ces colonies d'oiseaux constituent un des spectacles les plus curieux que l'on puisse voir en Afrique. Le regime est granivore.Le Nectarin (Cinnyris superbus) - de la famille des Nectarinidae, remplace en Afrique le Colibrì américain (genre de passereau de très petite taille). Le mâle est revêtu d'un plumage chatoyant: bleu métallique sur la tête, vert métallique sur le dos, pourpre métallique sur la gorge, ventre brun. Ces oiseaux possèdent un bec pointu et recourbé servant à perforer les fleurs lorsqu'ils ne peuvent atteindre autrement le nectar qui fait partie de leur nourriture. Celle-ci comprend également des insectes. L'oiseau construit soigneusement son nid, caché dans les branches. L'entrée en est camouflée et protégée. On trouve généralement deux oeufs dans le nid du Nectarin.

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1633GESELLSCHAFTLICHE VÖGEL.UCCELLI SOCIALI.OISEAUX SOCIAUX.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1 - UCCELLI SOCIALI.Urie (Uria aalge) e Marangoni col ciuffo (Phalacrocorax aristotelis).2 - UCCELLI SOCIALI.Pittime reali (Limosa limosa) e Pettegole (Tringa totanus)3 - UCCELLI SOCIALI.Passeri repubblicani (Ploceus socius).4 - UCCELLI SOCIALI.Nitticore o Corvi di notte (Nycticorax nycticorax)5 - UCCELLI SOCIALI.Pinguini imperiali (Aptenodytes forsteri).6 - UCCELLI SOCIALI.Taccole (Coloeus monedula).Rückseite - Retro - Verso 1 - Urie (Uria aalge) e Marangoni col ciuffo (Phalacrocorax aristotelis).L'istinto sociale si manifesta negli Uccelli con una certa frequenza ed anzi possiamo

affermare che quasi tutte le specie di questa classe hanno, almeno una volta nel loro ciclo vitale, la tendenza a riunirsi in gruppi di individui.Le Urie, ad esempio, sono uccelli marini che si riuniscono, al momento della cova, in colonie

numerose a nidificare sulle dirupate scogliere delle regioni atlantiche dell'Europa e dell'America (soprattutto in quelle nordiche), dopo aver trascorso la maggior parte dell'anno al largo, nei mari glaciali, volando a fior d'acqua, nuotando e tuffandosi. Ogni femmina depone un uovo sul terreno, in qualsiasi piccola buca o crepaccio, e l'incubazione è compiuta non solo dalla madre e dal padre, ma anche da altri individui, sempre pronti a sostituire i genitori, qualora questi vengano a mancare. Anche i nidiacei orfani trovano sempre qualcuno disposto ad imbeccarli ed aiutarli.Una caratteristica alquanto curiosa del loro istinto sociale è che esse amano passare parte

del loro tempo nelle colonie di altri uccelli marini, i Marangoni col ciuffo, o Cormorani come la nostra figurina mostra; pare che sia solo il piacere di stare in compagnia dei Cormorani la causa che spinge le Urie a passare il tempo nelle colonie di quelli.I Marangoni abbondano sulle coste del Perù, del Cile, e nidificano anche da noi, per esempio in Sardegna. Gli scogli ed isolotti frequentati da queste colonie di Uccelli sono letteralmente coperti dai loro escrementi, che nei climi aridi si accumulano in quantità enormi, appestando l'aria e formando un concime di alto valore, noto col nome di «guano».2 - Pittime reali (Limosa limosa) e Pettegole (Tringa totanus)Ragioni di utilità collettiva o abitudini in comune spingono gli Uccelli a riunirsi in gruppi di individui della stessa specie od anche di specie diverse; quest'ultimo caso si verifica normalmente durante le migrazioni sia autunnali che primaverili, quando ad esempio varie specie di trampolieri compiono il loro viaggio migratorio insieme, perchè comuni sono i punti dì arrivo e di partenza e le abitudini, specialmente nel procacciarsi il cibo. Le Pittime reali e le Pettegole sono trampolieri che si nutrono di piccoli molluschi ed altri animali acquatici che trovano nelle basse acque delle lagune e degli estuari dei grandi fiumi, con l'ausilio del loro lungo becco. E' facile osservarle durante le soste del loro volo migratorio, quando insieme, all'imbrunire, frugano scrupolosamente nella melma dei terreni paludosi, camminando a passi misurati. Si distinguono le Pettegole dalle Pittime poiché queste ultime sono più grandi, con le zampe più alte ed il becco più lungo; in primavera poi le Pittime reali hanno la

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colorazione del piumaggio assai vistosa. La Pettegola è detta anche Gambetta per la lunghezza delle sue zampe color arancio vivo. Queste due specie sono di passo in Italia durante la migrazione che le porta a svernare in Africa, provenienti dall'Europa del nord e dalla Siberia dove nidificano. Frequentano le lagune ed i terreni paludosi dell'estuario veneto. Dalla loro associazione traggono vantaggio per la propria sicurezza. E' infatti regola comune degli Uccelli rispondere d'istinto e contemporaneamente a determinati movimenti di un individuo anche non della propria specie con identici movimenti, ragione per cui la fuga in seguito ad allarme di un solo uccello determina la fuga contemporanea di tutti gli altri.3 - Passeri repubblicani (Ploceus socius).I passeri in genere hanno la tendenza a vivere in colonie stabili durante tutto l'anno. Una

particolare specie di passero africano giunge alla costruzione in comune di una vera e propria tettoia che serve da supporto a moltissimi nidi; tali tettoie sono generalmente poste sugli alberi di acacia o di mimose giganti delle immense praterie dell'Africa centrale e meridionale. Questi Uccelli sono continuamente minacciati da numerosi nemici naturali quali i piccoli felini e numerose specie di scimmie; e poiché le tettoie sono generalmente costruite sui rami più alti e più esterni degli alberi, esse vengono praticamente a pendere nel vuoto e non possono essere raggiunte nè dal basso nè dai lami dell'albero, troppo esili. Questi passeri, per le loro curiose abitudini sono stati chiamati dagii scienziati Passeri repubblicani o anche Passeri sociali. Talvolta, naturalmente, i tentativi - specie da parte delle scimmie - di raggiungere i nidi vengono indirettamente coronati da successo, perchè i rami che sostengono la tettoia si spezzano e tutta la costruzione cade al suolo) dove i nidi vengono devastati. In genere però gli adulti, che possono volare, non cadono preda dei loro nemici e si accingono subito alla costruzione di una nuova piattaforma comune in luogo più sicuro.

Siccome sì è constatato che il numero delle femmine è sempre circa il triplo di quello dei maschi, se ne deduce che questi uccelli sono poligami, e che ogni maschio vigila su parecchi nidi. E' interessante rilevare come, dato che gli incidenti che portano alla perdita della covata sono abbastanza frequenti, i Passeri repubblicani non abbiano un periodo fisso per la riproduzione (come è per la maggior parte degli uccelli), ma si riproducano durante tutto l’anno.4 - Nitticore o Corvi di notte (Nycticorax nycticorax)Nelle campagne ricche di corsi d'acqua, con isolotti alberati nel centro dei fiumi o filari di

piante lungo le sponde (ad esempio nel Vercellese), sono frequenti questi strani Uccelli, che arrivano da noi in primavera. In certe località, che i cacciatori chiamano «garzaie», le Nitticore, insieme ai loro parenti Aironi, nidificano in così gran numero da non lasciar posto ad altri abitanti. Centinaia e centinaia di nidi, fatti di ramaglie accatastate sulle biforcazioni dei rami, ospitano dapprima le uova e poi i bruttissimi nidiacei, sempre urlanti, con il becco enorme famelicamente aperto. Il curioso nome di Corvi di notte deriva dalle abitudini notturne di questi Uccelli e forse anche dalla voce sgradevole, che somiglia al gracchiare dei corvi. Dotate di becco lungo robusto, a margini taglienti e seghettati, e di lunghe gambe, le Nitticore si procurano il cibo catturando pesci, molluschi e ranocchi nell'acqua bassa. La vicinanza di una «garzaia» si rivela facilmente per i molti Uccelli che si vedono andare e venire a volo, e per il chiasso che fanno i nidiacei; quando poi si giunge più vicini, il puzzo che ne emana, a causa degli escrementi che piovono dai nidi e dei residui di cibo, riesce addirittura insopportabile. L'individuo isolato qui illustrato è un adulto, mentre gli altri sono giovani di varie età, posti a varie altezze sui rami degli alberi secondo una gerarchia ben netta; l'individuo che volesse mettersi sui rami alla stessa altezza di altre Nitticore più anziane, verrebbe da queste scacciato e non sarebbe più nutrito dai suoi genitori, che non saprebbero più riconoscerlo. Come si vede, anche in questo caso le regole della vita in comune sono di capitale importanza e di estrema utilità per la specie, anche se talvolta non lo sono per i singoli individui.5 - Pinguini imperiali (Aptenodytes forsteri).

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I primi navigatori che si avvicinarono alle coste dell'Oceano Antartico furono stupiti di vederle, per lunghi tratti, letteralmente coperte di schiere innumerevoli di Uccelli, che nemmeno in presenza delle navi e degli uomini si levavano a volo. Ciò perchè in essi le ali sono trasformate in palette coperte di brevissime penne, simile a squame. Oltre a ciò, la posizione degli arti - cortissimi e inseriti all'estremo posteriore del corpo - costringe i Pinguini a tenersi ritti e camminare dondolando, dal che deriva un curioso aspetto di ometti goffi e petulanti. Una colonia di Pinguini consta di migliaia di individui che vivono socialmente in ottimo acccrdo. Le coppie sono fedelissime e i due coniugi si dimostrano molta tenerezza. La femmina depone, di regola, un sol uovo, che tiene sulle proprie zampe, riparandolo dal freddo con una piega della pelle del ventre. Anche il marito si presta di tempo in tempo alla cova. E se per caso i genitori vengono uccisi, c'è sempre qualche coppia senza figli, disposta a adottare gli orfanelli. Quando poi i nati sono alquanto cresciuti, vengono tutti riuniti in una sorta di «giardino d'infanzia», ove, sotto la vigilanza di severi guardiani, possono ruzzare a loro talento, senza distubare le adunanze in cui si riuniscono gli adulti.

Gli esploratori polari hanno sovente descritto e fotografato le lunghe teorie di pinguini che in fila indiana intraprendono marce che durano anche parecchi giorni per andare dalle regioni interne del polo Sud (dove soltanto esistono i Pinguini) al mare dove essi si nutrono. Ciò anche durante la cova, alla quale maschio e femmina si alternano per periodi della durata del viaggio di andata e ritorno dal mare.6 - Taccole (Coloeus monedula).Non occorre andare lontano per vedere le schiere innumerevoli di questi irrequieti e

chiassosi Uccelli. Campanili e torri di quasi tutte le città dell'Europa sud-orientale ospitano gran numero di Taccole, che perciò appunto sono anche dette Cornacchie dei campanili. La loro socievolezza, davvero straordinaria, le fa vivere sempre insieme, e le induce anche ad aggregarsi a corvi e cornacchie, quando partono per lunghi viaggi. Instancabili nel volo, in cerca di insetti e vermi vanno nei campi e seguono familiarmente il contadino che vanga, o si posano sui bovini al pascolo per beccare zecche e mosche sul loro dorso. Non disdegnano neppure semi, germogli e frutti. Dopo il viaggio invernale, tornano ogni anno al vecchio nido, per il possesso del quale si abbaruffano di continuo. L'accordo è invece perfetto quando sì presenti un nemico comune. Se un uccello di rapina, gheppio o astore, si avventura presso una colonna di Taccole, le nero-vestite combattenti gli sì lanciano contro, e tanto lo frastornano col loro carosello aereo di voli e di strida, che lo costringono a battere rapidamente in ritirata.Quando viene il periodo della riproduzione, le giovani femmine aiutano le coppie nella

costruzione del nido nuovo o nella riparazione di quello vecchio: è mcito interessante osservare come in natura si eviti nel modo più assoluto di lasciare inutilizzate le possibilità individuali, ma anzi si cerchi di potenziarle al massimo; in altre parole, gli individui inutili non sono tollerati.Per la sua vivacità e la prontezza con cui si addomestica e impara ad imitare suoni e voci, la Taccola - specialmente in Germania - è tenuta spesso in schiavitù.

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1634TAUCHERVÖGEL.UCCELLI TUFFATORI.OISEAUX PLONGEURS.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. - TAUCHERVÖGEL.Haubentaucher . Rotkehltaucher.2. - TAUCHERVÖGEL.Spiegellumme - Trottellumme.3. - TAUCHERVÖGEL.Königspinguin - Krabbentaucher.4. - TAUCHERVÖGEL.Mittlere Raubmowe - Kieìne Raubmowe.5. - TAUCHERVÖGEL.Lund oder Papageientaucher - Arktischer Puffinus,6. - TAUCHERVÖGEL.Tafelente - Eiderente.1. - OISEAUX PLONGEURS.Grèbe huppé - Plongeon à gorge rousse. 2. - OISEAUX PLONGEURS.Guillemot à miroir – Guillemot de trail.3. - OISEAUX PLONGEURS.Manchot ou pingouin - Mergule nain 4. - OISEAUX PLONGEURS.Labbe pomarin - Labbe à longue queue.5. - OISEAUX PLONGEURS.Macareux moine - Puffin arctique. 6. - OISEAUX PLONGEURS.Fuligule milouin - Eider à duvetRückseite - Retro - Verso 1. - TAUCHERVÖGEL.Haubentaucher . Rotkehltaucher.Der Haubentaucher (Colymbus cristatus) ist ein ausgesprochene r Schwimm-und Tauchervogel. Er ernährt sich fast ausschliesslich von Fischen, ab und zu verachtet er auch Insekten nicht. Man trifft ihn an in Europa südlich des 60. Breitengrades; nordwärts wendet er sich nur nach der Schneeschmelze. Im Herbst sucht der Haubentaucher die Gegenden mit milderem Klima auf. Alsdann begegnet man ihm in Scharen längs den Flüssen und Küsten auf seiner Wanderung nach Nordafrika oder Südeuropa. Im Frühling ist sein Hochzeitskleid gekennzeichnet durch eine Haube und eine Halskrause, die wintersüber fehlen. Ab Mitte April legt das Weibchen 3 bis 5 Eier. Während der Brutzeit Iöst das Männchen es häufig ab. Nach dem Ausschlupfen der Jungen legen die Eltern eine grenzenlose Geduld an den Tag, um ihnen das Schwimmen beizubringen; sind die Kleinen ermüdet, dann tragen sie sie auf ihrem Rücken.Dem Rotkehltaucher (Colymbus stellatus) begegnet man gewöhnlich von September bis Mai auf grossen Wasserflächen und auf dem Meere. Man erkennt ihn - den kleinsten der Tauchervögel - leicht an seinem weissgetupften Rücken. Der Oberschnabel ist gerade, der Unterschnabel nach oben gekrümmt, sodass der Schnabel aufwärtsgebogen zu sein scheint. Der Rotkehltaucher nistet in den nördlichen Polargegenden, in den Tundras, in Skandinavien, Schottland und Finnland.

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2. - TAUCHERVÖGEL.Spiegellumme - Trottellumme.Die Spiegellumme (Uria grylle) nistet an den nördlichen Küsten Amerikas und Europas. Sie ist kleiner als die übrigen Lummen und besitzt kleine, spitze Flügel, einen kurzen zwölffedrigen Schwanz, einen spitzen kegelförmigen Schnabel und rote ziemlich hinten stehende Füsse. Im Frühling ist ihr Hochzeitskleid schwarz mit einem grossen weissen Fleck auf den Flügeln. Im Winter ist es grundverschieden: fast weiss, mit Ausnahme der Flügelspitzen und einiger dunkler Flecken auf Hals und Kopf.

Die Trottellumme (Uria aalge), ein Wandervogel, überwintert regelmässig vor unsern Küsten von November bis Februar. Sie unterscheidet sich von dem kleinen Pingum durch ihren Schnabel und einen weissen Flecken auf dem Flügel. Zu Hunderttausenden nisten diese Vögel auf den steilen Klippen Nordeuropas und Amerikas. Ihr Nest beschränkt sich auf eine dürftige Vertiefung im Felsen oder eine kleine Ecke inmitten der Kiesel. Es enthält ein einziges Ei von grossem Format. Auf Grönland fängt man die Trottellumme gleich bei ihrer Ankunft. Die Eingeborenen klettern geräuschlos an das Nest heran. Dann stossen sie Schreie aus und schiessen mit Gewehren, um die Vögel zu erschrecken. Keinen andern Ausweg sehend, stürzen die unglücklichen Tiere sich auf die noch mit Eis bedeckte Meeresoberfläche, wobei sie sich zu Hunderben töten. Ausserdem werden die Trottellummen oft die Beute von Raubtieren, Raben und gefrässigen Fischen.3. - TAUCHERVÖGEL.Königspinguin - Krabbentaucher.Der Königspinguin (Aptenodytes patagonica) besitzt einen spindelförmigen Körper. Die Vordergliedmassen gleichen eher Flossen als Flügeln ; das Gefieder ist schuppenförmig, d. h. die Federn liegen wie Dachziegel übereinander. Der Pinguin scheint ein Bindeglied zwischen Fisch und Vogel zu sein. Als ausgezeichneter Schwimmer nährt er sich von Fischen. Auf dem Lande bewegt er sich mit Leichtigkeit, obschon seine kurzen, vorne stehenden Füsse ihn zwingen, kleine Schritte zu tun und dabei einen Fuss vor den andern zu setzen. So führt der Körper bei jeder Vorwärtsbewegung eine kleine Drehung aus, wodurch der Vogel eine leicht komische Gangart annimmt. Bei Gefahr flieht er, indem er seine Flügel zu Hilfe nimmt. Den Pinguin trifft man häufig in den südlichen Meeren bis zu den Kergueleninseln. Die grösste dieser Inseln heisst «Desolation» und befindet sich zwischen Südafrika und Australien.

Der Krabbentaucher (Alle alle). In den arktischen Gegenden Europas und Amerikas trifft man auch in kleinen Scharen einen untersetzten Vogel mit sperlingsähnlichem Schnabel an. Es handelt sich um den Krabbentaucher, einen wenig bekannten Festlandsbesucher, der auf hoher See lebt, aber oft nach Stürmen Zuflucht im Binnenland sucht. Er ist mit Sicherheit zu erkennen an seinem kleinen Wuchs, seinen verhaltnismässig langen Flügeln, den senkrechten, weissen Strichen auf den Schultern und seinem kurzen, aus einem Dutzend Federn bestehenden Schwanze. Man glaubt zu wissen. dass er dieselben Vorfahren hat wie die Möwen. Er ist nicht sehr scheu und ernährt sich von Fischen. Die Flugordnung dieser Vogel ist dieselbe, wie die der Stare.4. - TAUCHERVÖGEL.Mittlere Raubmowe - Kieìne Raubmowe.

Die kleinen Seevögel fürchten und hassen diese beiden Raubmöwen, die als Schmarotzer der Seemöwen und -schwalben leben. Die Raubmöwen verfolgen ihre Opfer und zwingen sie, die Nahrung auszuwerfen oder den gefangenen Fisch fallen zu lassen. Mit einer unerhörten Geschicklichkeit fangen sie ihre Beute im Flug. Um ihren Lebensunterhalt zu sichern, plündern die Raubmöwen die Nester, um die Eier und die Jungen zu verschlingen; manchmal fangen sie Mäuse. Den mächtigen Flug des Raubvogels nachahmend scheuen sie gelegentlich nicht davor zurück, Lämmchen

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anzugreifen, indem sie sie mit Schnabelhieben ihrer Augen berauben oder ihren Schädel aufhämmern, um das Gehirn zu verschlingen. An der Oberfläche des Wassers schwimmende Fische verachten sie nicht. Diese Raubmöwen, zwei Seevögel, nisten im äussersten Norden Asiens, Europas und Amerikas. Das Weibchen legt 3 Eier; das Nest wird vorher in den Sand gegraben oder in das Moos der «Tundra» (nordrussische und sibirische Ebene). Männchen und Weibchen lösen sich ab im Brüten und todesmutigen Verteidigen des Nestes gegen alle Feinde. Auf dem Lande bewegen die Raubmöwen sich mit Schnelligkeit in waagerechter Rumpfhaltung fort.

Die kleine Raubmöwe (Stercorarius longicaudus) unterscheidet sich von der mittleren Raubmöwe (Stercorarius pomarinus) durch schmale und langgezogene Mittelschwanzfedern, die den Schwanz verlängern (ungefähr 28 cm). Die beiden Raubmöwen trifft man selten in unsern Gegenden an. Ihr schrilles Geschrei ist äusserst unangenehm. Ihr kuhner und kraftvoller Flug ist verschieden von dem der andern Seevögel.5. - TAUCHERVÖGEL.

Lund oder Papageientaucher - Arktischer Puffinus,Der Lund (Fratercula arctica grabae). Dieser auf hoher See lebende Vogel nähert

sich kaum der Küste. Man erkennt ihn leicht an seinem dicken, runden Kopf und seinem schönen, bunten Schnabel. Im Flug werden die Füsse seitwärts nach hinten gehalten. Der Vogel stösst einen eigenartigen Schrei aus «orr... arr». Er lebt von Fischen und Krustentieren, Der Lund nistet an den felsigen Küsten der britischen Inseln, der Bretagne und Südskandinaviens. Man sieht ihn manchmal in kleiner Zahl vor unsern Küsten überwintern, Sein Wintergefieder ist blasser, der Schnabel weniger bunt mit einem gefurchten Oberteil; die Füsse sind rötlichgelb.

Der arktische Puffinus (Puffinus puffinus) nähert sich der Küste nur zum Nisten, wobei er als wahrer Seevogel handelt. Er nistet in Felslöchern an den Küsten und auf den Inseln des nördlichen Atlantiks, sowie in der Bretagne und auf den Azoren. Ein einziges Ei wird im Nest ausgebrütet, und die Eltern verlassen den jungen Puffinus schon, bevor er ausgewachsen ist. Seinem Schicksal überlassen, lebt der Kleine einzige Zeit von seinen Vorräten bis zum Tage, wo er versucht sich ans Meer zu schleppen, um Fische zu fangen. Der Puffinus besitzt einen sehr charakteristìschen Schnabel: die Atemöffnungen endigen in zwei feinen Röhrchen, die auf dem hornartigen Oberteil aufliegen. Erwähnen wir ebenfalls den P. griseus (grauer P.), eine der wenigen Arten, die auf der südlichen Halbkugel nisten, um auf der nördlichen zu überwintern.6. - TAUCHERVÖGEL.Tafelente - Eiderente.Die Tafelente (Nyroca ferina), ein regelmassiger Wanderer während der Wintermonate, hält sich von August bis April auf den britischen Inseln auf, sowie in Friesland, im Nordosten Frankreichs, in Deutschland und weiter nördlich und östlich sogar in Südsibirien. Das Weibchen legt 7 bis 10 gelblichgrüne Eier, deren Brutdauer 24 Tage betragen kann. Die kleine untersetzte Tafelente besitzt einen ziemlich dicken und hochstehenden Kopf mit einem kurzen, flachen Schnabel. Unabhängig von der Farbe ihres Gefieders, sind die Füsse immer schwarz.Die Eiderente (Somateria mollissima), ein guter Schwimmer und Taucher, bewegt sich auf dem Lande nur mühsam und stolpernd fort. Sie ist dick und untersetzt und hat einen flachen, nicht vom Schnabel abgesetzten Kopf. Die Eiderente, vorwiegend ein Seevogel, nistet an den meisten Küsten Nordeuropas bis nach Grönland und Island, sowie in Jutland und auf Spitzbergen. Brutzeiten sind Ende Mai, Anfang Juni und manchmal sogar Juli. Während dieser Zeit besucht die Eiderente die mit Sträuchern bewachsenen Inseln, um dort aus nachlässig aufgestapelten Algen, Seegras- und Strohhalmen ein Nest zu bauen. Um so dichter

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und reicher ist die innere Dunenausfütterung, die aus Dune besteht, die das Muttertier sich am Bauche ausreisst. Ein Dutzend Nester enthalten ungefähr 500 gr Dune. Acht grünliche Eier werden während 25 Tagen ausgebrütet. Danach verlässt das Weibchen Nest und Dune und trägt auf seinem Rücken die Jungen zum Meere hin.1. - Grèbe huppé - Plongeon à gorge rousse. Grèbe huppé - Colymbus cristatus - Type parfait d'oiseau nageur et plongeur, le grèbe huppé se nourrit presque exclusivement de poisson; de temps à autre il ne dédaigne pas les insectes. On le rencontre en Europe, au sud du 60e parallèle et il ne se risque dans le nord que lorsque la neige a disparu. En automne, les grèbes huppés rejoignent les régions à climat plus doux. A cette epoque on les rencontre en bandes le long des rivières et des côtes, émigrant vers l'Afrique du Nord ou le Sud de l'Europe. Au printemps, le plumage nuptial se caractérise par une huppe et une collerette - absentes dans le plumage d'hiver - et par des teintes relativement vives. Dès la mi-avril, la femelle pond de trois à cinq oeufs. Pendant la durée de la couvée, le mâle relaie fréquemment la femelle. Après éclosion des oeufs, les parents font preuve d'une patience illimitée pour enseigner la nage aux poussins; quand les petits sont fatigués, ils les prennent sur le dos.Plongeon à gorge rousse - Colymbus stellatus - Cet oiseau se rencontre communément, de septembre à mai, dans les grandes étendues d'eau et en mer. Le plongeon à gorge rousse - le plus petit des oiseaux plongeurs - se reconnait facilement au pointillé blanc du dos. La mandibule supérìeure du bec est droite; la mandibule inférieure affecte une forme courbée

vers le haut, et le bec donne ainsi l'impression d'être relevé. Le plongeon à gorge rousse niche dans les parages du Pôle Nord, dans les "toundras" en Scandinavie, Ecosse et Finlande.2. - Guillemot à miroir – Guillemot de trail. Guillemot à miroir - Uria grylle - L'epèce Uria grylle (guillemot à miroir) niche sur les côtes du Nord de l'Europe et de l'Amérique. Ces oiseaux, de taille inférieure à celle des autres guillemots, possèdent de petites ailes pointues, une courte queue de douze plumes, un bec pointu et conique, des pattes rouges placées à l'arrière. Au printemps, le plumage nuptial est noir avec une grande tache blanche sur l'aile. En hiver, il diffère entièrement: presque blanc sauf la pointe des ailes et quelques taches foncées sur le cou et la tête.Guillemot de trail - Uria alge ou uria troille - Le guillemot de trail, oiseau migrateur, hiverne régulièrement devant nos côtes de novembre à février. Il se distingue du petit pingouin par le bec et la tache blanche sur l'aile. Par centaines de miliers, les oiseaux nichent sur les crêtes escarpées des écueils du nord de l'Europe et de l'Amérique. Le nid n'est autre qu'une cuvette rudimentale dans le roc ou un petit coin entre les cailloux. Il contient un seul oeuf de grande dimension. Au Groënland, on capture le guillemot dès son arrivée. Les indigènes grimpent tout doucement jusqu'à proximité du nid. Là, ils poussent des hurlements et tirent des coups de fusil pour effrayer les oiseaux. Ne voyant d'autre issue, les infortunés volatiles plongent vers la surface de la mer, oubliant qu'elle est encore recouverte de glace, et se tuent par centaines. En outre, les guillemots sont souvent la proie de rapaces, de corbeaux ou de poissons voraces.3. - Manchot ou pingouin - Mergule nain Manchot ou pingouin - Altenodytes patochonica - Le pingouin possedè un corps fusiforme (renflé au milieu et aminci à ses deux extrémités). Les membres antérieurs ressemblent plus à des nageoires qu'à des ailes; le plumage est "écailleux" c. à d. que les plumes se superposent comme des tuiles. Le pingouin semble un trait d'union entre le poisson et l'oiseau. Excellent nageur, il se nourrit de poisson. Sur terre; il se meut avec facilité quoique ses courtes pattes, placées à l'avant, l'obligent à marcher à petits pas en plaçant un pied devant l'autre. A chaque mouvement, le corps entier pivote légèrement et l'oiseau emprunte ainsi une démarche comique. Devant le danger, il fuit en s'aidant des ailes. Le manchot se rencontre fréquemment dans les mers du Sud, jusqu'aux îles Kerguélen. La principale de ces îles,

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dénommée "Désolation", se trouve entre le sud de l'Afrique et l'Australie.Mergule nain - Alle alle - Dans les régions arctiques de l'Europe et de l'Amérique,on rencontre également en petites bandes, un oiseau trapu avec un "bec semblable à celui du moineau". Il s'agit du mergule nain, visiteur peu connu qui vit en pleine mer, mais cherche souvent refuge à l'intérieur du pays, après la tempête. La petite taille de cet oiseau, ses ailes relativement longues, les traits verticaux blancs sur les épaules, sa queue courte composée d'une douzaine de plumes, permettent de le reconnaître à coup sur. On croit savoir qu'il a les mêmes ancêtres que les mouettes. il est peu farouche et se nourrit de poisson. Les bandes de mergules adoptent une formation identique à celle des étourneaux.4. - Labbe pomarin - Labbe à longue queue.Les petits oiseaux de mer craignent et haìssent ces deux stercoraires qui vivent en parasite

des mouettes et des sternes. Les labbes poursuivent leurs victimes, les forçant à expectorer la nourriture ou à lacher le poisson capturé. Avec une adresse inouie, ils attrappent le butin au vol. Pour assurer leur subsistance, les labbes pillent les nids pour en dévorer les oeufs ou les jeunes; parfois ils capturent les souris. Occasionnellement, adoptant le vol puissant du rapace, ils n'hésitent pas à attaquer les agnelets, les privant d'yeux à coups de bec ou martelant le crâne pour le briser et dévorer la cervelle. Le poisson les interesse lorsqu'il nage à proximité de la surface. Oiseaux de mer, les deux labbes nichent dans l'extréme nord de l'Asie, de l'Europe et de l'Amérique. La femelle pond trois oeufs; le nid est préalablement creusé dans le sable ou la mousse des "toundras" (plaines du nord de la Russie et de la Sibérie). Mâle et femelle se relaient pour couver et défendre le nid contre tout ennemi, avec courage et abnégation. Sur terre les labbes se déplacent avec rapidité en tenant le tronc horizontal.

Le labbe à longue queue - Stercoriarius longicaudus - se distingue du labbe pomarin - Stercoriarius pomarinus - par des plumes médianes minces et effilées qui prolongent la queue (environ 28 cm). Les deux labbes se rencontrent rarement dans nos régions. Leurs cris stridents sont des plus désagréables (seuls les jeunes piaillent doucement). Leur vol audacieux et nerveux diffère de celui des autres oiseaux de mer.5. - Macareux moine - Puffin arctique. Macareux moine - Fratercula artica grabae - Cet oiseau pélagique (vivant au large) s'approche peu de la côte. Il s'identifie facilement grâce à sa grosse tête ronde, à son beau bec bariolé. En vol, les pattes sont tendues latéralement vers l'arrière. L'oìseau pousse un cri typique "orr . .arr". Il se nourrit de poissons et de crustacés. Le macareux moine niche sur les côtes rocheuses des îles britanniques, de la Bretagne et de la Scandinavie méridionale. On le voit parfois hiverner en petit nombre devant nos côtes. Son plumage d'hiver est plus pâle, le bec moins coloré avec une rainure dans le dessus; les pattes sont rouge jaunâtre.Puffin arctique - Puffinus puffinus - Sauf pour la constructìon des nids, les puffins ne s'approchent point de la côte ce sont de vrais oiseaux de mer qui ne se posent sur terre que pour la couvée. Ils nichent dans des trous de rochers sur les côtes et les îles de l'Atlantique Nord, ainsi qu en Bretagne et aux Açores. Un seul oeuf est couvé dans le nid et les parents quittent déjà le jeune puffin lors-qu'il n'a pas encore atteint le terme de sa croissance. Abandonné à son sort, le petit vit quelque temps de ses reserves, jusqu'au jour où il essaie de se traîner vers la mer pour capturer du poisson. Le puffin arctique possède un bec très caractéristique: les orifices respiratoires se. terminent par deux petites tubulures reposant sur la partie supérieure cornée Mentionnons également le puffinus griseus (puffin gris), une des rares espèces qui nichent dans l'hémispnère sud pour hiverner dans l'hémisphère nord.6. - Fuligule milouin - Eider à duvetFuligule milouin - Nyroca ferina - Migrateur régulier pendant les mois d'hiver, le fuligule milouin apparait aux îles britanniques, en Frise et au N-E de la France, en Allemagne et plus vers le nord et l'est jusqu'en Sibérie meridionale, d'aout jusqu'en avril. La femelle pond de sept à dix oeufs jaune vert dont la durée d'incubation atteint vingt-quatre jours. Petit canard

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trapu, le fuligule milouin possède une tête assez grosse et haute avec un bec court et plat. Quel que soit son plumage, les pattes sont toujours noires.Eider à duvet - Somatena m mollissima - Bon nageur et plongeur, l'eider à duvet se déplace très difficilement sur terre, trébuchant parfois. En fait, c'est un très gros canard trepu, à tête assez plate et allongée dans la prolongation de la ligne du bec. L'eider, surtout oiseau de mer, niche sur la plupart des côtes du nord de l'Europe jusqu au Groënlcnd et en Islande, ainsi que du Jutland au Spitzberg. La couvée s'effectue fin mai, début juin ou même parfois en juillet. Pendant cette période, l'eider aborde les îles recouvertes de buissons pour y construire un nid d'algues, de varech ou de débris de paille, le tout négligemment empilé. Seul l'intérieur en est bien douillet, garni de duvet que la mère s'arrache du ventre (une douzaine de nids contiennent environ cinq cents grammes de duvet). Huit oeufs verdâtres sont pondus et couvés pendant vingt-cinq jours. Ensuite, abandonnant nid et duvet, la femelle emporte les petits sur le dos en direction de la mer.

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1635DIE NEBENFLUSSE VON DER RECHTEN SEITE DES PO.AFFLUENTI DI DESTRA DEL PO.AFFLUENTS DE DROITE DU PO.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1 - AFFLUENTI DI DESTRA DEL PO.IL TANARO2 - AFFLUENTI DI DESTRA DEL PO.LO SCRIVIA3 - AFFLUENTI DI DESTRA DEL PO.LA TREBBIA4 - AFFLUENTI DI DESTRA DEL PO.IL TARO5 - AFFLUENTI DI DESTRA DEL PO.IL SECCHIA6 - AFFLUENTI DI DESTRA DEL PO.IL PANARORückseite - Retro - Verso 1 -IL TANAROSulla sponda destra del Po affluiscono fiumi dal corso generalmente breve, quasi tutti a regime torrentizio, perchè non sono alimentati da ghiacciai o nevi perpetue. Le loro acque sono copiose nell'autunno e nell'inverno; d'estate invece, cessate le piogge stagionali, s'impoveriscono fortemente e tendono a scomparire nei vasti letti asciutti e ghiaiosi che sono formati a valle dai detriti trascinati dalle piene.

Il Tànaro è il più lungo (km. 244) di tali affluenti di destra del Po. Discende per il versante entroterra delle Alpi Marittime dove incide una stretta valle nel tratto iniziale. Scorre poi tra il Monferrato e le Langhe, zone collinose coperte di vigneti che producono vini famosi quali il barbera, barolo, freisa, grignolino ecc. Avvicinatosi ad Asti, il fiume più oltre si

estende nella piana alluvionale di Alessandria, dove lo raggiunge la Bòrmida, che è il maggiore dei suoi affluenti. Si getta poco dopo nel Po.Il bacino del Tànaro ha un'ampiezza di 8.324 kmq. e avendo una portata d'acqua abbastanza notevole si rende utile a scopi agricoli e industriali. Le valli che il fiume percorre, come quelle dei suoi affluenti alpini, costituiscono direttrici di marcia per strade di comunicazione fra il Piemonte e la Liguria.Nella nostra figurina: paesaggio del Tànaro. In alto a destra: la Bòrmida a Millesimo. In basso: la valle della Stura di Demonte (altro affluente del Tà naro) presso il villaggio di Sambuco.2 - LO SCRIVIAA non grande distanza in linea d'aria da Genova, nasce dal primo tronco degli Appennini (Appennino Ligure) lo Scrivia, che scava in quella zona montuosa una valle incassata e discende con direzione costante verso la Pianura Padana. All'altezza di Busalla gli si accosta la strada statale che proviene da Genova attraverso il Passo dei Giovi e che da qui procede parallelamente al corso del fiume, per Arquata e Serravalle Scrivia, tra gli ultimi rilievi collinosi dell'Appennino.Sceso nella pianura, raggiunge la città di Tortona, in provincia di Alessandria, passando nei

pressi del grande e modernissimo stabilimento della Compagnia Italiana Liebig. È a Tortona, infatti, che avvengono la produzione e il confezionamento dei famosi prodotti Liebig per brodo - estratti, dadi, tavolette - in un imponente complesso industriale.Proseguendo oltre Tortona, lo Scrivia, che ha carattere torrentizio e lunghi periodi di secca,

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sfocia nel Po. Nel complesso il suo corso è relativamente breve (90 km.) con un bacino di poco più di 1.000 kmq.Nella nostra figurina: lo Scrivia a Libarna. Nel riquadro: Tortona città giardino e fiume

Scrivia.3 - LA TREBBIAUna valle perpendicolare alla dorsale appenninica è quella della Trebbia, da principio

stretta e tortuosa. Il corso d'acqua scende da sud-ovest a nord-est con una lunghezza totale di 115 km. e quando, lasciati i monti dietro di sè, si allarga in pianura, il suo letto è un vasto ghiaieto.

La Trebbia è anch'essa un affluente torrentizio, con preminente scarsità d'acque. Segna il

tracciato di un'importante via di comunicazione, che attraversa gli Appennini per il Colle della Scoffera, unendo Genova a Piacenza. Nelle immediate vicinanze di Piacenza si versa nel Po.Famosa è la Trebbia per una delle maggiori battaglie della seconda guerra punica, che

nell'anno 218 a. C. vide la sconfitta dei consoli romani Tiberio Sempronio Longo e P. Cornelio Scipione, da parte dell'esercito cartaginese guidato da Annibale. Il letto di uno dei torrenti che solcavano la pianura tra il campo cartaginese e la Trebbia nascose in quell'occasione un agguato, che contribuì alla disfatta romana, preparato con duemila uomini da Magone fratello di Annibale. Nella città di Piacenza si raccolse dopo la battaglia la parte superstite dei combattenti romani, che dovettero ripiegare su di essa.Nella nostra figurina la valle della Trebbia e, in fondo, Bobbio. Nel riquadro: valle della

Trebbia a sud di Bobbio, lungo la strada statale per il colle della Scoffera.4 -IL TAROAnche il Taro non si sottrae a quelli che sono i caratteri comuni degli affluenti appenninici

del Po: brevità di corso (km. 126) e irregolare portata d'acque, in quanto viene ingrossato per lo più dalle piogge solo in determinate stagioni, con il contributo dei suoi stessi affluenti minori, mentre durante le magre presenta anche in punti già alquanto a valle il consueto aspetto sassoso che facilmente ne consente l'attraversamento a piedi.Proveniente dal monte Penna nell'Appennino Ligure, non molto dopo si apre il corso in un

letto fattosi vasto, passa nella regione collinare a valle della località di Fornovo e si apre ancor più nella successiva pianura, fin presso la vìa Emilia.Attraversa zone di interesse agricolo, raccoglie le acque del Recchio e si unisce allo Stirone.

Dalla località di Rocco Campo Canneto è in terreni argillosi, racchiuso da argini destinati a contenerne la violenza, nelle piene. Nei pressi di Gramignazzo sbocca nel Po, dopo aver attraversato tutta la provincia di Parma.Nella nostra figurina: veduta della frazione di Branzone, e del Taro, in provincia di Parma.

Nel riquadro: il monte Penna, ov'è la sorgente del Taro.5 - IL SECCHIAIl Secchia, la cui sorgente è vicina al passo appenninico di Cerreto, nel corso superiore ha un

alveo ristretto e incassato, specie nel tratto roccioso denominato degli «Schiocchi».Passa per amene località di villeggiatura lungo la strada nazionale Reggio Emilia -La

Spezia, e finisce con l'espandersi in un'ampia e fenile valle sottostante. Uscendo da questa, riceve due affluenti e poi, tra vasti ghiaieti, segna il confine tra la provincia di Reggio e quella di Modena. Tocca Sassuolo, noto centro emiliano fra gli ultimi rilievi appenninici, ed entra infine nella pianura, raggiungendo e attraversando la via Emilia. Qui, dopo aver ricevuto altri suoi affluenti tra cui il Rossenna, viene rinchiuso in profondità da argini elevati a salvaguardia delle campagne circostanti. Percorsi 157 chilometri dalla sorgente, confluisce nel Po in provincia di Mantova, appena a valle della foce del Mincio, che è sulla sponda opposta.Le acque del suo bacino imbrifero sono state oggetto di sfruttamento anche per la

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produzione di energia elettrica, per mezzo di un lago artificiale e di una centrale.Nella nostra figurina: valle del Secchia a S. Castellaro (bacino di Roteglia). Nel riquadro in

alto: Sassuolo e il fiume Secchia. In basso: ponte sul Secchia a Rubiera.6 -IL PANAROIl Panaro raccoglie lungo la sua via, di 148 km., un buon numero di torrenti tributari,

provenienti dalle pendici appenniniche, dal monte Cimone e fin dal passo dell'Abetone.Il suo inizio vien fatto corrispondere ad uno di questi torrenti, che dapprima ha nome

Tagliole e poi Scoltenna, attorno al monte Cimone. Il nome di Panaro viene acquisito dopo che in esso confluisce il Leo. Il suo corso è di aspetto mutevole, dapprima con alveo ciottoloso e ampio, poi tortuoso e arginato nella pianura. Fattosi più profondo, incrocia la via Emilia e con ampio giro e molte tortuosità si dirige verso il Po, ove si getta in provincia di Ferrara.La sua portata d'acque consente una buona irrigazione, mediante canali, dei territori

agricoli che attraversa.Questi sei affluenti di destra del Po, che, abbiamo descritto a partire dal più occidentale, il

Tànaro, fino al più orientale che è il Panàro, non hanno la portata e la notorietà di vari tra gli affluenti di sinistra. In compenso attraversano regioni del Piemonte, dell'Emilia, ricche di risorse agricole e notevolissime ai fini dell'economia nazionale.Nella nostra figurina: ponte ferroviario sul Panaro a Bondeno.

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1636DER TREUE FREUND DES MANNES.IL FIDO AMICO DELL’UOMO.L’AMI FIDÉLE DE Lì’HIOMME.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1 - IL FIDO AMICO DELL’UOMO.CANI PER LA CACCIA2 - IL FIDO AMICO DELL’UOMO.IL BARBONE3 - IL FIDO AMICO DELL’UOMO.IL CANE DA PASTORE4 - IL FIDO AMICO DELL’UOMO.IL LEVRIERE5 - IL FIDO AMICO DELL’UOMO.CANI DA APPARTAMENTO6 - IL FIDO AMICO DELL’UOMO.IL CANE DA GUARDIAückseite - Retro - Verso 1 - CANI PER LA CACCIAL'amico fedele dell'uomo è, naturalmente, il cane. Fin dalla notte dei tempi i canidi selvaggi, diffusi in quasi tutto il mondo, hanno avuto la possibilità di venire addomesticati; e infatti pare che cani domestici vivessero con l'uomo nell'era neolitica, ed è certo che una razza, di piccola taglia e di aspetto alquanto simile al nostro cane lupo, veniva allevata all'epoca delle palafitte.Il cane non tardò ad essere impiegato per un'attività fra le più antiche e, per l'uomo primitivo, fra le principali: la caccia. Il cane possiede a tal fine delle qualità istintive, che nessuno gli ha insegnato. E' caratteristica biologica dei canidi selvaggi di valersi dell'odorato finissimo per seguire la pista della preda. Giunti nelle sue vicinanze, se non sono proprio attanagliati da una fame atroce, si fermano ad osservare la preda stessa, per avvicinarla cautamente e saltarle addosso. Catturata che l'abbiano, tendono a riportarne una parte al covo o a tenerne una parte in serbo in luogo riparato e nascosto.Tali istinti divengono utili qualità ai fini dell'uomo che impara a sfruttarle facendo sì che il cane insegua o scovi la selvaggina, la «punti», la riporti al padrone dopo che questi l'ha colpita. Secondo le razze, predominano l'una o l'altra qualità, e perciò, secondo il tipo di caccia, viene scelta questa o quella razza. Dalla metà del XVIII secolo in poi, con la graduale diminuzione della selvaggina grossa e delle fiere, anche le grandi razze di cani sono divenute meno estese, mentre sì sono sviluppate di numero quelle dei cani di piccola mole.2 - IL BARBONETutti conoscono questo cane dal pelo lungo e fittamente ricciuto, nero come il carbone o bianco come la neve, che si usa tosare in vari modi, bizzarri e talvolta umoristici. A cosa serve il barbone? Apparentemente a nulla: non serve per far la guardia, perchè non è capace di aggredire e di molestare l'uomo, e non serve per la caccia, nella quale non può essere utilizzato. Può dunque venire indicato come un «cane di lusso», benché, per la sua agilità e rapidità, meriti di essere classificato come «cane da corsa».A una cosa serve, però: a tener compagnia. Affettuoso, intelligente, provvisto di grande memoria, è un compagno vivace ed esuberante (fin troppo esuberante, talvolta) e attentissimo al volere del padrone, pur non mancando di manifestare la sua notevole indipendenza e quasi petulanza di carattere. Più di ogni altro cane è abile nell'imparare esercizi, anche stravaganti: recarsi a far la spesa con la sporta al collo, o a ritirare il giornale alla solita edicola; rizzarsi sulle zampe di dietro sull'orlo dei marciapiedi e attraversare la

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strada facendosi «tener per mano» dal padrone, oppure eseguire capriole a comando. Tutto ciò lo ha condotto ad apparire frequentemente in spettacoli da circo, esibendosi solo o a gruppi in «numeri» dì grande abilità.In quest'ultimo caso, però, può suscitare un certo senso di disagio, che nasce dal pensiero

degli sforzi ed eventualmente delle punizioni cui può esser stata sottoposta la brava bestiola. Le sue capacità non si mostrano più sotto un aspetto naturale, e sembra quasi che il barbone faccia l'attore, puntualmente, ma con una certa svogliatezza, come accade a chi deve ripetere sempre la stessa parte.3 - IL CANE DA PASTOREIn questa serie di Figurine, una di esse è dedicata al cane da guardia, ma è bene notare che un cane da guardia appartiene quasi sempre a una delle razze di cani da pastore. Questi furono utilizzati anticamente per difendere il gregge dai lupi; sono infatti cani forti e coraggiosi, ai quali veniva spesso messo inoltre un collare irto di punte di ferro rivolte all'esterno che impediva al lupo di morderli alla gola.Il cane da pastore maremmano, quello bergamasco (due ottime razze italiane), il cane da

pastore belga cosi bravo a far la guardia ed a difendere la persona del proprio padrone, lo scozzese collie dal muso piuttosto lungo e dal pelo lungo, abbondante e un po' duro al tatto (cane abbastanza raro da noi, a causa del clima, ma reso ben noto da un popolare film), il lupo d'Alsazia, presentano aspetti e qualità che variano molto dall'uno all'altro.Hanno in comune però l'ardimento, lo strenuo attaccamento al padrone, e il simpatico aspetto di bestie forti, buone e devote. Il loro attaccamento si manifesta con riservatezza, ma se ne intuisce agevolmente tutta l'estensione ed è perciò stesso tanto più commovente.4 - IL LEVRIERELe razze dei cani domestici si sono formate nei modi più vari e con mutamenti frequenti. Esaminando bassorilievi e sculture, o descrizioni, che ci sono stati tramandati dall'antichità, si giunge alla conclusione che presso gli Assiri e i Babilonesi era tenuto in considerazione un cane del tipo dell'alano, mentre gli Egizi ebbero veltri e segugi, adatti ad inseguire e raggiungere le antilopi. Le notizie di cui si ha traccia in antichissimi scritti, risalgono sino ai 4000 anni a. C; ma si dà il caso che una delle più antiche raffigurazioni dì tale animale sia proprio quella di un cane che oggi chiameremmo randagio, un cane paria che, pur essendo domestico al pari di tutti gli altri, non ha qualità apprezzate e non viene accolto nelle case degli uomini. Abbiamo voluto ricordare questo cane derelitto, prima di accennare ad uno dei più aristocratici: il levriere.Col grandissimo sviluppo che si verifica sin dagli inizi del Medioevo nella pratici della caccia, sorgono grandi allevamenti, molto celebri, che riforniscono di cani le mute reali e quelle dei grandi signori; vengono allevati levrieri grandi e piccoli (denominandoli leporarius o lévrier o greyhound). Sono veri e propri cani da corsa, che hanno l'unico pregio di inseguire la più veloce selvaggina, e di riuscire a raggiungerla. Accanto al levriere inglese, da] pelo raso, ci sono il levriere russo (barzoi) a pelo lungo, il cane da cervo e lo slughi, cioè il piccolo levriere arabo del deserto.5 - CANI DA APPARTAMENTOEsiste un gruppo di cani, del tutto artificiale, cioè sorto per buona parte dalle cure degli allevatori; si tratta di cani il cui pregio principale consiste nella perfezione delle forme, del pelo, e nell'aspetto caratteristico o, talvolta, raro. Buona parte dei tipi più grandi, appartenenti agli altri gruppi, hanno tra i cani di lusso la propria replica in piccola o piccolissima taglia. Altre razze, come il bolognese, come il maltese e il volpino raffigurati nella nostra immagine, come il pechinese o il fox terrier a pelo liscio, come il bassotto a pelo lungo o corto, si considerano cani da appartamento, anche se hanno, come il bassotto ed altri, delle attitudini anche per la caccia.

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Ogni razza ha la sua individualità caratteristica ; e fra i sìngoli individui di ognuna, e il loro padrone, si stabilisce uno stretto rapporto di reciproca comprensione, una conoscenza delle rispettive abitudini e manie.

I cani da appartamento sono, beninteso, quelli che meno soffrono e meno si risentono di vivere al chiuso, e che più facilmente possono essere tenuti senza inconvenienti in casa. Sono molto soggetti alla moda, cosicché si vedono certe razze declinare e, più o meno, sparire dalla circolazione, oppure ritornare in voga.In ciò entra parecchio l'opera degli allevatori, poiché la creazione e la maggiore o minore

espansione di tali razze è per buona parte opera loro.6 - IL CANE DA GUARDIAPer valorizzare le attitudini alla guardia che nascono dagli istinti del cane da pastore, occorre un lavoro non meno paziente di quello che occorre per produrre un buon cane da caccia. Occorre perseverare, rendersi conto del carattere del cane e quindi del metodo più o meno energico da usare, ed insomma indurlo con calma e metodo, con ricompense o con misurati rimproveri, ad imparare i suoi compiti.Un passo più in là, nell'addestramento, è costituito dalla preparazione del cane poliziotto.

Infatti, quando l'animale ha già acquisito la disciplina del cane da guardia - e si è liberato altresì da vizi comuni quali la tendenza ad attaccare altri cani, ad inseguire polli o selvaggina, ad abbaiare di notte senza motivo - è possibile insegnargli a superare gli ostacoli, a strisciare sul terreno silenziosamente, a seguire le piste, e soprattutto, in ogni attività, ad obbedire all'ordine del suo padrone-istruttore.E' chiaro che quest'ultimo deve avere egli stesso una precisa conoscenza ed esperienza, prima di poter sperare di ottenere dei buoni risultati. Il compenso di tante cure e di tante fatiche, è nell'avere a disposizione un animale fiero e valoroso, addirittura temibile, interamente sottomesso però ai voleri del suo padrone.Dal lontano ceppo dei canidi selvaggi, le razze canine si sono sviluppate e moltiplicate, attraverso gli incroci e i mutamenti, talvolta presentando caratteristiche che non derivano da individui che avevano le stesse caratteristiche in un lontano passato, ma proprio per la ripetizione dello stesso procedimento da cui tali caratteristiche erano derivate. Un carattere però resta comune attraverso tanta differenza: la fedeltà all'uomo e alla casa, il profondo senso domestico del cane.

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1637GIFTIGE UND KRANKHEITSUEBERTRAGENDE GLIEDERFUESSER AUS BELGISCH-KONGO.ARTOPODI VELENOSI o VETTORI DI MAçATTIE DEL CONGO.ATROPODES VéNIMEUX OU VECTEURS DE MALADIE DU CONGO.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1 - GIFTIGE UND KRANKHEITSUEBERTRAGENDE GLIEDERFUESSER AUS BELGISCH-KONGO,Die Würgspinne :Phoneyusa tridentata (Pocock)2. - GIFTIGE UND KRANKHEITSUEBERTRAGENDE GLIEDERFUESSER AUS BELGISCH-KONGO.Der schwarze Skorpion: Opisthacanthus africanus (Simon).3. - GIFTIGE UND KRANKHEITSUEBERTRAGENDE GLIEDERPUESSER AUS BELGISCH-KONGO.Die Bremse der Filariose: Chrysops silaceus (Austen)4. -GIFTIGE UND KRANKHEITSUEBERTRAGENDE GLIEDERFUESSER AUS BELGISCH-KONGO.Der Pestfloh: Xenopsylla cheopis (Rothschild).5. - GIFTIGE UND KRANKHEITSUEBERTRAGENDE GLIEDERFUESSER AUS BELGISCH-KONGO.Die malariaübertragende Stechmücke: Anopheles gambiae (Giles).6. - GIFTIGE UND KRANKHEITSUEBERTRAGENDE GLIEDERFUESSER AUS BELGISCH-KONGO.Die Tsetse-Fliege: Glossina palpalis (Robineau-Desvoidy).1. ATROPODES VéNIMEUX OU VECTEURS DE MALADIE DU CONGO.LA MYGALE: Phoneyusa bidentata (Pocock).2. ATROPODES VéNIMEUX OU VECTEURS DE MALADIE DU CONGO.L E S C O R P I O N N O I R : Opisthacanthus africanus (Simon).3. ATROPODES VéNIMEUX OU VECTEURS DE MALADIE DU CONGO.LE TAON DE LA FILARIOSE: Chrysops silaceus (Austen).4. ATROPODES VéNIMEUX OU VECTEURS DE MALADIE DU CONGO.LA PUCE DE LA PESTE: Xcnopsylla cheopsis (Rothschild).5. ATROPODES VéNIMEUX OU VECTEURS DE MALADIE DU CONGO.LE MOUSTIQUE DE LA MALARIAAnopheles gambiae (Giles).6. ATROPODES VéNIMEUX OU VECTEURS DE MALADIE DU CONGO.LA MOU C HE TS È-TSÈ: Glossina palpalis (Robineau-Desvoidy). Rückseite - Retro - Verso 1 - GIFTIGE UND KRANKHEITSUEBERTRAGENDE GLIEDERFUESSER AUS BELGISCH-KONGO,Die Würgspinne :Phoneyusa tridentata (Pocock)Die Würgspinne gehört zur Familie der Vogelspinnen, auch gemeinhin Mygalen genannt.Die sehr grossen (10 cm ungefähr) und besonders an den Beinen dicht behaarten

Würgspinnen bieten einen erschreckenden Anblick. Sie halten sich am liebsten in 162

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einer natürlichen Unebenheit oder einem Riss eines Baumstammes auf, wo sie auf eine etwaige Beute lauern. Sie sind sehr gefrässig und leben, wie alle Spinnen, hauptsächlich von Insekten. Gelegentlich gelingt es ihnen auch, ein kleines Nagetier oder einen kleinen Vogel zu fangen.

Die meisten Arten von Vogelspinnen leben in tropischen Qegenden; die Würgspinne trifft man gewöhnlich in Afrika an. Für den Menschen ist der Stich oder besser gesagt der Biss dieser Spinnen giftig. Er verursacht jedoch meistens keine ernsten Erkrankungen. In den allermeisten Fällen ist die grosse Angst vor den Spinnen im allgemeinen und der Würgspinne im besondern unberechtigt. Bis jetzt waren z. B. in Belgisch-Kongo die durch Wurgspinnenbisse erheischten ärztlichen Eingriffe selten.2. - GIFTIGE UND KRANKHEITSUEBERTRAGENDE GLIEDERFUESSER AUS BELGISCH-KONGO.Der schwarze Skorpion: Opisthacanthus africanus (Simon).Die zur Ordnung der Gliederspinnen gehörenden Skorpione sind gekennzeichnet durch einen Kopfbrustteil und einen Hinterleib, der in einen sehr beweglichen Schwanz ausläuft, den das Tier beim Gehen erhebt. Dieser Schwanz ist mit einem giftigen Haken versehen, dessen Stich für den Menschen gefährlich ist.

Vor den vier Paar der Fortbewegung dienenden Gangbeinen befindet sich ein mit starken Greifzangen versehenes Gliederpaar, das zum Fangen der Beute dient. Hierbei krummt sich der Hinterleib sogleich nach vorn, und der Stachel mit seinem lähmenden Gift macht die Beute sofort unbeweglich. Die Giftigkeit der Skorpionenarten ist verschieden; gewisse Skorpionenstiche haben den Tod zur Folge.Die Skorpione kommen in allen warmen Gegenden vor, und da sie lange fasten konnen, selbst in wüstenartigen Regionen.Nach Art einiger anderer Gliederfüsser verschlingt das Weibchen sehr oft das Männchen nach der Befruchtung.

Die Eier entwickeln sich im Mutterleib; gleich nach dem Legen entschlüpfen die Jungen. Nach der Geburt trägt die Mutter sie auf dem Rücken, wobei sie sie durch ihren schrecklichen Hinterleibstachel beschützt.3. - GIFTIGE UND KRANKHEITSUEBERTRAGENDE GLIEDERPUESSER AUS BELGISCH-KONGO.Die Bremse der Filariose: Chrysops silaceus (Austen)Dieses Insekt gehört zur Ordnung der Zweiflügler, Gruppe der Kurzhörner, Familie der Bremsen. Wie alle Bremsen besitzt diese Fliege einen ziemlich breiten Körper. Mittels eines Rüssels (Art Stachel auf dem vorderen Teile des Kopfes) sticht sie tagsüber. Ihre Stiche sind schmerzhaft. Die Eier werden auf in der Nähe des Wassers sich befindliche Pflanzen und Steine gelegt. Die Larven sind fusslos, besitzen aber falsche Füsse in Form von Warzen, die es ihnen erlauben, sich in Schlamm, in verwesenden pflanzlichen Stoffen usw. fortzubewegen. Das Insekt ist als Larve fleischfressend, in erwachsenem Zustande aber blutsaugend.

In Afrika impft die Filariosebremse sowohl dem Menschen als auch den Haustieren eine Art Schmarotzerwurm ein, Fadenwurm genannt (Loa loa Leiper). Dieser Schmarotzer entwickelt sich mit Vorliebe in lebendem Gewebe, wo seine Gegenwart eine Krankheit hervorruft: die Filariose. Die Fadenwürmer bewegen sich fort und können mehrere Jahre im Körper des Gastes wohnen. Sie gebären Embryone, die man im Blut beobachten kann. Hier saugt die übertragende Fliege sie auf, bevor sie sie auf einen neuen Gast überträgt. Der oben erwähnte afrikanische Fadenwurm wird häufig in Belgisch-Kongo angetroffen.4. -GIFTIGE UND KRANKHEITSUEBERTRAGENDE GLIEDERFUESSER AUS BELGISCH-KONGO.

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Der Pestfloh: Xenopsylla cheopis (Rothschild).Die zur Ordnung der Flohe, Familie der Pulicidäen, gehörenden Flohe sind Aussenschmarotzer der warmblütigen Wirbeltiere.Die Flöhe sind Insekten mit vollkommener Verwandlung.

Die längliche Larve gleicht dem ausgewachsenen Tiere kaum; sie bezitzt Fresspitzen. Das ausgewachsene Tier ist ein Blutsauger, während die Larve sich von verschiedenen organischen Abfallstoffen ernährt.

Den Pestfloh trifft man nicht nur bei Ratten und andern Nagetieren an, sondern auch beim Menschen. Durch Springen bewegt er sich von einem Gast zum andern. Nachdem er den Pestvirus im Blute der Ratten geschopft hat, überträgt er ihn auf den Menschen. Da man die Flöhe immer am gleichen Ort wie die schmarotzertragenden Ratten antrifft, kommt die Jagd auf Ratten einer Ausrottungsaktion gegen die Schmarotzer selbst gleich.

Der Xenopsylla kommt nicht nur in Belgisch-Kongo, sondern auch in allen andern Teilen der Welt vor. Seine Allgegenwart, sein häufiges Vorkommen bilden eine ständige Ansteckungsgefahr. Aus diesem Grunde ist der Pestfloh mit Recht als Hauptübertrager dieser gefürchteten Krankheit anzusehen.5. - GIFTIGE UND KRANKHEITSUEBERTRAGENDE GLIEDERFUESSER AUS BELGISCH-KONGO.Die malariaübertragende Stechmücke: Anopheles gambiae (Giles).

Die Anopheles, Zweiflügler der Sektion der Nematoceren. gehören zur Familie der Culiciden. Sie sind gekennzeichnet durch Fühler (Tastwerkzeuge der Lippenverlängerungen), deren Lange derjenigen des Rüssels entspricht. Sie leben oft in der Nähe von Wohnungen.

Die Ruhestellung der Anopheles ist bezeichnend: der Körper ist schräg aufgerichtet, die Fusse oft erhoben. Die Larven trifft man gewöhnlich sehr zahlreich in stehenden, sogar kleineren Gewässern an, wo die Weibchen einzeln ihre Eier ablegen. Die Larve dieser Stechmucke besitzt keinen Atmungsrüssel, sie atmet wie die meisten Insekten durch ein System von Luftgefässen.

Nur die Weibchen stechen oft übertragen sie die für die Malaria verantwortlichen parasitischen Urtiere (wimperlose Einzeller), auch Plasmodium genannt. Ins Blut eingeführt, dringen die Plasmodien in die roten Blutkörperchen ein, vermehren sich dort und zerstören diese schliesslich. Die die Malaria kennzeichnenden Fieberanfälle werden durch das Vorhandensein der Schmarotzer im Blut hervorgerufen.

Ein Entwicklungsabschnitt des Plasmodiums spielt sich im Blute eines Wirbeltieres ab, der andere im Körper der Stechmucke. Die Keime oder Sporozoiten sammeln sich in den

Speicheldrüsen des Insektes an, woraufhin die Stechmucke einem neuen Wirbeltiere sie einimpft.6. - GIFTIGE UND KRANKHEITSUEBERTRAGENDE GLIEDERFUESSER AUS BELGISCH-KONGO.Die Tsetse-Fliege: Glossina palpalis (Robineau-Desvoidy).

Die Tsetse sind Zweiflügler und gehören zur Abteilung der Kurzhörner, Familie der Gemeinfliegen.

Die Glossina palpalis, eine der in Afrika sehr verbreiteten Tsetse-Fliegen, hält sich an den Ufern der Wasserläufe auf. Sie saugt das Blut der Wirbeltiere, einschliesslich dasjenige des Menschen. Die tagsüber angreifende Tsetse-Fliege sticht Weisse und Schwarze, mit Vorliebe jedoch letztere.

Der rasche und gradlinige Flug der Fliege ist von einem charakteristischen Geräusch begleitet.

Die Fortpflanzung geschieht auf merkwürdige Art. Das Weibchen gebärt lebende Junge. Es bringt nämlich grosse Larven zur Welt, die keinerlei Nahrung zu sich

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nehmen. An einem feuchten Ort niedergelegt, verwandlen sie sich sofort, um nach einigen Tagen dem fertigen Insekt das Leben zu geben.Der Stich der Tsetse ist sehr unangenehm. Rührt er von einer angesteckten Fliege her, werden Tripanosome ins Blut eingefüihrt. Diese zu den Geisseltierchen gehörenden Schmarotzer vermehren sich im Blutplasma und rufen die Schlafkrankheit hervor. Im Gegensatz zu den Anopheles sticht bei der Tsetse-Fliege das Mänchen ebenso wie das Weibchen und spielt dieselbe verderbliche Rolle bei der Uebertragung der Schlafkrankheit.1. LA MYGALE: Phoneyusa bidentata (Pocock).Vecteur signifie «qui porte» et prend, dans le titre, le sens de « propagateur».La Mygale (Phoneyusa) apparticnt à la famille des Aviculariidae, désignés vulgairement

sous le nom de Mygales.De forte taille (10 cm environ ) très velue - notamment les pattes les Mygales présentent un

aspect effrayant. Ces araignées se tiennent de preferente dans une anfractuosité naturelle ou

dans la crevasse d'un tronc, à l'affût d'une proie éventuelle. Très voraces, elles se nourrissent généralement d'insectes comme les autres araignées. Occasionnellement, il leur arrive de capturer un petit rongeur, voire un petit oiseau.La plupart des espèces d'Aviculariidae sont tropieales; on rencontre communément les

Mygales en Afrique. Pour l'homme, la piqûre ou plutôt la morsure - de ces araignées est venimeuse, donc toxique. Cependant, elle n'entraine généralement pas de troubles graves. Dans la majorité des cas, la grande frayeur inspirée par les araignées en général et la Mygale en particulier, n'est pas justifiée. Ainsi, au Congo par excmple. rares furent les interventions médicales nécessitées par des morsures de Mygales.2. L E S C O R P I O N N O I R : Opisthacanthus africanus (Simon).Les Scorpions, classe des Arachnidés, se caraetérisent par la présence d'un céphalothorax (ensemble de la tête et du thorax) et d'un postabdomen (partie terminale du corps en arrière de l'abdomen) allongé en queue très mobile, que l'animal relève en marchant. Cette queue est armée d'un crochet venimeux dont la piqûre s'avere dangereuse pour l'homme.

Placées devant quatre paires de pattes locomotrices, les pattes-mâchoires antérieures portent de fortes pinces préhensiles, servant à immobiliscr les proies. Le Scorpion saisit-il une victime? Aussitôt le postabdomen se recourbe vers l'avant et le dard immobilise immédiatement la proie de son venin paralysant. La toxicité du venin varie suivant les espèces; certaines piqûres de Scorpions entrainent la mort.Les Scorpions vivent dans toutes les contrées chaudes, même désertiques, où ils peuvent resister, sachant jeuner longtemps.Très souvent, à l’instar de quelques autres Arthropodes, la femelle dévore le mâle après la fécondation.Les oeufs se développent dans le corps de la mère; au moment de la ponte, les jeunes sont sur le point d'éclore. Après leur naissaice, portés sur le dos de la mère, ils sont protégés par le terrible dard postabdominal.3. LE TAON DE LA FILARIOSE: Chrysops silaceus (Austen).Cet insecte appartient à l'ordre des Diptères, groupe des Brachyccres, famille des

Tabanidae.Comme tous les Taons, cctte mouche possède un corps assez large. Pourvu d'un rostre

(sorte de dard en avant de la tête), dont l'attaque est douloureuse. L'insecte pique pendant le jour.La ponte s’effectue sur les plantes ou pierres voisines de l’eau. Les larves sont apodes

(dépourvues de pattes ), mais elles possèdent de fausses pattes cn forme de tubercules turgescents (qui font hernie) et qui leur permettent de se déplacer dans la boue, les végétaux en décomposition etc... L'insecte est carnassier à l'état larvaire, hématophage (qui vit du

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sang d'animaux vivants) à l'état adulte.En Afrique, le Taon de la filariose inocule aussi bien à l'homme qu'aux animaux

domestiques une sorte de ver parasite appelé filaire ( Loa loa Leiper). Ce parasite se développe de préférencc dans les tissus vivants où sa présence détermine une maladie: la filarìose. Les filaires se dèplacent et peuvent vivre plusieurs années dans le corps de l'hôte. Elles donnent naissance à des embryons qui s'observent dans le sang où la mouche vectrice petit venir les puiser avant de les retransmettre à un nouvel hôte. La filaire africaine nommée ci-dessus se rencontre fréquemment au Congo Belge.4. LA PUCE DE LA PESTE: Xcnopsylla cheopsis (Rothschild).Insecte de l'ordre des Aphaniptères, famille des Pulicidae, les Puces sont des ectoparasites

des vertébrés à sang chaud (ectoparasite: parasite fixé à la surface externe de l'hôte).Les Puces sont dcs insectes à métamorphoses complètes.Très differente de l'adulte, la larve présente une forme allongée; elle possède des

appendices buccaux broyeurs. L'adulte est hématephage, mais la larve se nourrit de déchets organiques variés.La Puce de la peste se rencontre non seulcment sur les rats et autres rongeurs, mais

également sur l'homme. En sautant, le parasite passe d'un hôte à l'autre. Après avoir puisé le virus de la peste dans le sang des rats, la puce peut le transmettre à l'homme.On rencontre les puces aux mêmes cndroits que les rats parasités et la chasse aux rats

équivaut à l'extermination des parasités.Le Xcnopsylla se rencontre non seulement au Congo Belge, mais aussi dans toutes les

autres parties du monde. Son ubiquité, son abondance constituent un danger permanent de contamination. C'est pourquoi. avee raison. la puce de la peste est considérée comme le principal vecteur de cette redoutable maladie.5. LE MOUSTIQUE DE LA MALARIAAnopheles gambiae (Giles)Les Anopheles, Diptères de la catégorie des Nématocères, appartiennent a la famille des

Culicidae.Ils se caractérisent par les palpes maxillaires (organes du toucher des appendices buccaux)

dont la longueur atteint celle de la trompe. Ils vivent souvent à proximité des habitatìons.Les Anophèles se tiennent au repos d'une façon caraetéristique, le corps dressé

obliquement, les pattes souvent relevées. Les larves se rencontrent généralement en abondance dans les eaux stagnantes, mème de peu d'étendue, où les femelles déposent leurs ocufs isolément. La larve de ce moustique est dépourvue de siphon respiratoire (elle respire par un système de trachèe comme la plupart des insectes).Seules les femelles piquent: elles transportent souvent les Protozoaires Sporozaires

(parasites unicellulaires dépourvus de cils) responsables de la malaria et que l’on nomme Plasmodium. Introduits dans le sang, les Plasmodium pénètrent dans les globules rouges. s'y multiplient et finissent par les détruire. Les accès de fièvre caraetérisant la malaria som provoqués par la présence des parasites dans le sang.Une partie du cyele biologique des Plasmodium s'effectue dans le sang d'un vertebré,

l'autre dans le corps du moustique. Les germes ou sporozoìtes s'accumulent dans les glandes salivaires de l'insecte. Ensuite, le moustique inocule ces germes à un nouvel hôte vertebré.6. LA MOU C HE TS È-TSÈ: Glossina palpalis (Robineau-Desvoidy)Les Tsé-Tsé sont des Diptéres, catégorie des Brachycèrcs, famille des Muscidae.La Glossina palpalis, une des mouches Tsé-Tsé très répandue en Afrique, frequente les

abords des cours d'eau. Elle suce le sang des vertébrés. celui de l’homme inclus.La Tsé-Tsé attaque en plein jour, piquant Blancs et Noirs, mais ces derniers de préférence.

Rapide et rectiligne, le vol de la mouche s'accompagne d'un bruit caraetéristique.La reproduction s'opère de façon curieuse. La femelle est vivipare: elle donne naissance à

des larves déjà grandes qui ne prennent aucune nourriture. Déposées dans un endroit 166

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humide. les larves se métamorphosent immédiatement pour donner naissance, après quelques jours, à l'insectc adulte.La piqûre est très désagréable. Quand il s'agit d’une mouche infeetée, elle introduit les Trypanosomes dans le sang. Ces parasites, classés parmi les Protozoaires flagellés, se multiplient dans le plasma sanguin, déterininant la maladie du sommeil. A l'encontre des Anophèles, le mâle de la mouche Tsé-Tsé piqué tout comme la femelle et joue le méme rôle nefaste dans la transmission de la maladie du sommeil.

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1638DIE WELTRAUMSCHIFFAHRT.L’ASTRONAUTICA.L’ASTRONAUTIQUE.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. DIE WELTRAUMSCHIFFAHRT.Utopie und Wissenschaft.2. DIE WELTRAUMSCHIFFAHRT.Der wissenschaftliche Antrieb. 3. DIE WELTRAUMSCHIFFAHRT.Der kunstliche Satellit.4. DIE WELTRAUMSCHIFFAHRT.Die Weltraumstation.5. DIE WELTRAUMSCHIFFAHRT.Der Bau der Luftraumschiffe.6. DIE WELTRAUMSCHIFFAHRT.Die Landung auf einem Planeten.1 - L’ASTRONAUTICA.TRA UTOPIA E SCIENZA2 - L’ASTRONAUTICA.L'IMPULSO SCIENTIFICO3 - L’ASTRONAUTICA.IL SATELLITE ARTIFICIALE4 - L’ASTRONAUTICA.STAZIONE SPAZIALE5 - L’ASTRONAUTICA.MONTAGGIO DI NAVI SPAZIALI6 - L’ASTRONAUTICA.DISCESA SU UN PIANETA1. - L’ASTRONAUTIQUE.Utopie et science2. - L’ASTRONAUTIQUE.L'impulsion scientifique3. - L’ASTRONAUTIQUE.Le satellite artificiel4. - L’ASTRONAUTIQUE.Station spatiale5. - L’ASTRONAUTIQUE.Montage des navires spatiaux6. - L’ASTRONAUTIQUE.Descente sur une planèteRückseite - Retro - Verso 1. DIE WELTRAUMSCHIFFAHRT.Utopie und Wissenschaft.Die alte griechische Ikaroslegende berichtet, dass der jungste Sohn des Dedalos mittels von seinem Vater geschaffener Flügel aus dem Labyrinth der Insel Kreta entfloh. Da er sich jedoch zu nahe an die Sonne heranwagte, schmolz das die Federn verbindende Wachs, und Ikaros stürzte in jenen Teil des Agälschen Meeres, der seither den Namen «Ikarisches Meer» trägt. Diese Legende zeugt schon vom damaligen Traume, den Weltenraum zu erobern. Es bedurfte jedoch zur

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Verwirklichung dieser Eroberung einer zieralich genauen Kenntnis der uns umgebenden Welten. Erwähnen wir hier die Arbeiten der griechischen Philosophen und Astronomen. Plutarch verfasste ein Buch «De facie orbis lunae», Luzian von Samosata beschrieb die erste erdachte Reise zum Mond in seiner «Wahren Geschichte»,Erst im 15. und 16. Jahrhundert hat die Menschheit dank der Arbeiten der Kopernikus, Kepler und Galilei wissenschaftliche Kenntnisse erworben; seither sah man in der Erde nicht mehr das Zentrum des Universums, sondern irgendeinen Planeten unter vielen andern. In seinem Buch «Somnium» erdichtete Kepler die Reise von Erdbewohnern zum Mond, was für jene Zeit eine erstaunliche wissenschaftliche Vorausnahme darstellt. Erwähnen wir schliesslich die revolutionnären Entdeckungen Newtons im 17. Jahrhundert. Die interplanetare Kaumreise, obschon auch weiterhin für unmöglich gehalten, blieb von nun an ein sehnlicher Wunsch der Menschheit. Zahlreiche Schriftsteller, jeder wissenschaftlichen Kenntnis bar, erdichteten solche Reisen mit einer erstaunlichen Einbildungskraft. Es genügt, u. a. den berühmten Roman «Von der Erde zum Mond» von Jules Verne zu erwähnen.2. DIE WELTRAUMSCHIFFAHRT.Der wissenschaftliche Antrieb. Dank den ersten wissenschaftlichen Experimenten des Raketenantriebes tritt die interplanetare Reise aus dem Bereich der Phantasie in denjenigen der möglichen Wirklichkeit ein. Heute ist der Raketenantrieb das einzige Mittel, sich der Anziehungskraft der Erde zu entziehen und so frei durch den Weltenraum zu segeln.Die V2, eine von den Deutschen erfundene Terrorwaffe, hat die Hauptzüge eines eventuellen interplanetaren Luftschiffes geliefert. Andrerseits hat sie es ermöglicht, eine ansteigende Beschleunigung des Luftschiffes vorzusehen. Man weiss durch Berechnungen, dass ein von sehr weit herkommender Körper ohne Anfangsbewegung die Oberflache der Erde mit einer beschränkten Geschwindigkeit von 11 000 m/Sek erreichen würde. Umgekehrt würde ein mit derselben Geschwindigkeit von der Erdoberfläche abgeschossenes Projektil bei stetiger Geschwindigkeitsabnahme sich unendlich weit entfernen, ohne je auf die Erde zurückzufallen. Falls es auf seiner Bahn in das Anziehungsfeld eines Himmelskörpers gerät, wird es diesen erreichen. Der Prall beim Abschuss wäre jedoch so heftig, dass er Material und Reisende vernichten würde. Durch die Reibung der Luft würde dieses Projektil sich nämlich über 20.000° C erhitzen. Die Beschleunigung des Luftschiffes bildet also ein zu losendes Problem, da heute die Abschussgeschwindigkeit einen zu brutalen Übergang aus der Ruhestellung darstellt, den der Mensch nicht ertragen kann. Heute sieht man schon eine Rakete mit mehreren Abteilungen vor, von denen unterwegs eine nach der andern entzündet würde. Ihre Geschwindigkeit würde 30.000 Stkm betragen.3. DIE WELTRAUMSCHIFFAHRT.Der kunstliche Satellit.Die theoretische Möglichkeit des Raumfluges wird sich erst in einer unvorhersehbaren Zukunft praktisch verwirklichen. Es sind jedoch schon im Laufe der letzten Jahre unzählige Experimente angestellt worden, um die grössten Höhen zu erreichen. Man sammelt methodisch Angaben, die es ermöglichen, den Abschuss eines künstlichen Satelliten zu erwägen. Die Bordinstrumente der Versuchsprojektile notieren und vermitteln den Gelehrten Auskünfte jeder Art: über die Lebensbedingungen in der Ionosphäre, über die kosmischen Strahlen, den Erdmagnetismus, usw... Sind so die Lebensbedingungen im Weltenraum einmal festgelegt, wird man zur Verwirklichung einer ersten Abschussrampe in die uns umgebenden Welten schreiten konnen. Am 29. Juli 1955 kündigten die Vereinigten Staaten von Amerika, dann Russland und weitere Staaten öffentlich den Abschuss

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künstlicher Satelliten in den Weltenraum während den nächsten Jahren an. Zu ihrem Antrieb wird man dreiteilige Raketen gebrauchen: die erste wird sich beim Eintritt in die Ionosphäre, d. h. bei 80 km Höhe, loslösen; die zweite wird den Satelliten bis zu einer Höhe von uber 300 km treiben, wo alsdann die dritte einsetzen wird, um dem Satelliten eine Umdrehungsbewegung um die Erde zu verleihen bei einer Geschwindigkeit von uber 28.000 Stkm. Eine so höhe Geschwindigkeit wird teilweise die Anziehungskraft der Erde aufheben. Der Satellit wird ihr eine gewisse Zeit widerstehen können und wird dann nach und nach in die dichteren Schichten der Atmosphäre zurückkehren, in denen er sich wie ein Meteor auflösen wird.4. DIE WELTRAUMSCHIFFAHRT.Die Weltraumstation.

Mehrere Gelehrté haben die Etappen festgelegt, die es ermöglichen werden, Himmelskorper und, in erster Linie, den Mond zu erreichen. Die kleinste Entfernung von der Erde zum Mond betragt 383.000 km und müsste in 4 bis 6 Tagen bezwungen werden. Es wird unmöglich sein, dies in einer Fahrt zu tun, deshalb plani man die Schaffung einer Weltraumstation. Diese letztere, genau wie der künstliche Satellit, müsste frei im Raume schweben und dabei um die Erde drehen, ohne an Höhe zu verlieren.Den Gelehrten gemäss wird der Menschheit ein atemberaubendes Experiment vorbereitet, bevor man zur Schaffung solcher Weltraumstationen übergeht. Man spricht davon, erste Raumflüge um die Erde auszuführen mit der Möglichkeit, deren Bereich zu verlassen. Auf diese Weise wird der Mensch die notwendige Erfahrung und eine fortschreitende Anpassung erwerben, um sich noch höher zur Oberfläche unseres Satelliten emporzuschwingen. Er wird sich nämlich vertraut machen müssen mit dem Gebrauch unentbehrlicher Instrumente, um sich gegen die kosmischen Strahlen zu schützen, und lernen müssen sich in eigens entworfenen Anzügen zu bewegen. Man wird ausserdem eine Auswahl körperlich und geistig fähiger Individuen treffen müssen, die ganz aussergewöhnliche Lebensbedingungen ertragen können, und die sich einer angepassten Bildung unterziehen müssen.5. DIE WELTRAUMSCHIFFAHRT.Der Bau der Luftraumschiffe.

Den heutigen Theoriìen gemäss fällt den Weltraumstationen die Aufgabe zu, Verpflegungsbasen für Material und Mannschaften sowie Herstellungsstätten der Raumschiffe selbst zu sein. Nach dem Abschuss der Stationen würden sofort Personal und Materialien folgen. Diese würden vor allem die verschiedenen Teile des Raumschiffes begreifen, das dann an Ort und Stelle erbaut würde.

Auf unserm Bilde sieht man, sehr klein, Männer bei einem solchen Bau. Im Hintergrund bemerkt man die Weltraumstation. Die verschiedenen Teile des Raumschiffes schweben frei im Raume. Die Anzüge der Männer sind mit einem selbständigen Antriebsystem versehen, so dass diese sich zwischen der Station und den einzelnen Teilen hin und her bewegen und am Bau des Schiffes arbeiten können.

Die einzelnen, vorher auf der Erde angefertigten Teile sind nicht stromlinienförmig gebaut; da man keinerlei Anziehung im Weltenraum vorsieht, scheint die Kugelform am geeignetsten zu sein.Wohlverstanden liegen all diese Sachen augenblicklich erst im Bereich der Einbildungskraft. Angesichts des aktuellen Rhythmus des wissenschaftlichen Fortschritts jedoch scheinen keine wesentlichen Hindernisse zu befürchten sein. Das Hauptproblem ist die Verwirklichung unzähliger Instrumente und notwendiger Maschinen. Und dieses Problem scheint keineswegs unlösbar zu sein. 6. DIE WELTRAUMSCHIFFAHRT.Die Landung auf einem Planeten.

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Ist die Ausrüstung der Luftschiffe auf dem künstlichen, um die Erde drehenden Satelliten beendet, kann schliesslich ein Flug zu einem Himmelskörper versucht werden. Die ausgedehnte Anwendung der Atomenergie wird den Antrieb solcher Raumluftschiffe erlauben.

In der Nähe des Anziehungsfeldes des angeflogenen Planeten angekommen, werden die verschiedenen Luftschiffe sich gruppieren, um mit Hilfe des transportierten Materials eine neue Raumstation zu errichten. Hier werden dann die zur Landung auf dem Planeten notwendigen Düsenflugzeuge gebaut werden. Auf unserm Bilde kann man ein solches Flugzeug sehen, während ein anderes noch im Bau begriffen ist.

Wann und wie diese Hypothesen sich verwirklichen werden, kann nicht bestimmt werden. Aber die ausgedehnten, diesem Problem gewidmeten Studien wie die bewerkstelligten Mittel beweisen mit welchem ernsten Interesse man an den Plan herangeht, den Weltenraum zu erobern. Deshalb wird er auch bald aus dem Bereich der reinen Einbildung in denjenigen der unmittelbaren Möglichkeit eintreten.Die erst vor kurzem gemachte Entdeckung der «Anti-Materie» lässt vermuten, dass die Gelehrten bald fähig sein werden, ein «anti-anziehendes» Feld zu schaffen. Befreit von der Anziehungskraft der Erde können alsdann die Raumluftschiffe ohne irgendwelche Schwierigkeit unsern Planeten verlassen, um das Universum zu erobern.1 - TRA UTOPIA E SCIENZAL'antico mito ellenico di Icaro - il giovinetto figlio di Dedalo che con le ali fabbricate dal

padre volle troppo avvicinarsi al sole ed essendosi al calore dell'astro squagliata la cera delle ali precipitò a capofitto nel mare - è una testimonianza di quanto sia antico l'umano sogno di conquistare lo spazio astrale. Si dovettero però raggiungere cognizioni ben definite sui mondi che ci circondano per far sorgere nell'uomo il desiderio di esplorarli. Già due secoli a. C. l'astronomia e la filosofia greche intravvidero l'universo senza preconcetti metafisici; sull'argomento, Plutarco scrisse poi un libro, «De facie orbis lunae»; ma il filosofo Luciano di Samosata fu forse il primo ad immaginare e descrivere un viaggio dalla terra alla luna, nella sua «Vera historia». Con le scoperte di Copernico, Keplero, Galilei, Newton, e di tanti altri, l'umanità, si arricchì di cognizioni scientifiche; cadde l'ipotesi della terra come centro dell'universo per essere sostituita da quella della pluralità dei mondi.Lo stesso Keplero descrisse un viaggio immaginario di terrestri sulla luna, in un libro - il

«Somnium» - che fa delle anticipazioni di carattere scientìfico, veramente sorprendenti per l'epoca.Il viaggio spaziale, interplanetario, pur continuando a sembrare irrealizzabile, era ormai

entrato a far parte delle aspirazioni dell'uomo, e si inseriva, sia pure sul piano della fantasia, tra le realtà eventuali. Parecchi scrittori, anche ignorando qualsiasi principio scientifico, furono così indotti a immaginare tali viaggi, con delle intuizioni che oggi destano la nostra meraviglia. Basti citare, fra tutti, il noto romanzo di Giulio Verne: «Dalla terra alla luna ».2 - L'IMPULSO SCIENTIFICOIl viaggio astrale esce dal puro dominio della fantasia per diventare possibilità reale, con i

primi esperimenti scientifici sulla propulsione a razzo. E' questo, almeno per ora, l'unico mezzo per riuscire a sottrarsi alla gravitazione terrestre e quindi navigare negli spazi siderei.La V2, nata come arma terroristica tedesca, ha fornito i lineamenti essenziali di un

eventuale aeromobile interplanetario. Tra l'altro, ha permesso di prevedere una accelerazione progressiva del veicolo. Quest'ultimo infatti non potrebbe essere «sparato» fin dall'inizio con la velocità occorrente a spingerlo ad oltre 640 chilometri di altitudine, fuori della sfera di attrazione terrestre, senza disintegrarsi nell'atmosfera. E' probabile anzi che tale gradualità della velocità debba costituire uno dei problemi da risolvere, poiché per ora, la velocità stessa alla quale il razzo sì stacca da terra rappresenta un troppo brusco passaggio dallo stato di quiete a quello di moto perchè l'individuo umano possa sopportarlo. Si calcola che per sfuggire all'attrazione terrestre il veicolo debba viaggiare ad oltre undici chilometri

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al secondo, il che significa, ad esempio, che venti secondi dopo il decollo un aeromobile interplanetario dovrebbe trovarsi già a 220 chilometri da terra.Già adesso è previsto che il razzo, costruito a sezioni multiple di cui si libererà via via,

raggiungerà velocità nell'ordine di quasi trentamila chilometri all'ora.3 - IL SATELLITE ARTIFICIALELa possibilità teorica del volo spaziale potrà conseguire pratica attuazione solo in un futuro

non prevedibile. Ma già in questi anni si vanno svolgendo innumerevoli esperimenti per raggiungere le massime altezze. Sì è proceduto e si procede a una metodica raccolta di dati, che ha condotto a prevedere il lancio di un «satellite artificiale». Chiariamo subito che anche tale impresa rientra nel campo degli esperimenti per rilevare notizie e dati scientifici. Gli strumenti di bordo rileveranno e trasmetteranno agli scienziati nozioni di ogni genere: sulle condizioni esistenti nella ionosfera, sui raggi cosmici, sul magnetismo terrestre, eccetera. Verranno così definite le condizioni esistenti nello spazio interplanetario, allo scopo di poter preparare un primo trampolino di lancio verso gli innumerevoli mondi che ci circondano.Il 29 luglio 1955, gli Stati Uniti d'America e poi la Russia ed altri Stati, annunciarono

pubblicamente il lancio di satelliti artificiali nello spazio, entro gli anni successivi. Si prevede che verranno lanciati con un razzo a tre sezioni, la prima delle quali sì staccherà all'arrivo nella ionosfera, cioè a ottanta chilometri di altezza. La seconda sezione avrà il compito di raggiungere un'altitudine di oltre trecento chilometri, ove entrerà in funzione la terza sezione imprimendo al satellite un moto di rotazione intorno alla terra a una velocità nell'ordine di oltre ventottomila chilometri all'ora. Tale velocità neutralizzerà in parte la forza d'attrazione terrestre, consentendo al satellite di resistervi per un certo tempo e di rientrare solo progressivamente negli strati più densi dell'atmosfera, ove si disintegrerà, come una meteora.4 - STAZIONE SPAZIALEVari scienziati hanno delineato le tappe che, in linea teorica, renderanno attuabile il raggiungimento di corpi celesti, estranei alla terra, e in primo luogo della Luna. La distanza minima dalla Terra alla Luna è di 385 mila chilometri e dovrebbe essere superata in un giro da quattro a sei giorni. E' previsto però che non debba essere possibile superare la distanza in un unico balzo, ed è quindi oggetto di studio la creazione di una «stazione spaziale».Questa, al pari del «satellite artificiale» ora in corso di realizzazione, dovrebbe restare

librata nello spazio, girando intorno alla Terra; ma senza perdere quota.Prima ancora di giungere ad istituire simili «basi» spaziali, si prepara per l'uomo

un'affascinante esperienza, se bisogna credere alla parola degli scienziati. Si tratterà di eseguire i primi voli nello spazio, con viaggi intorno alla Terra, ma con la possibilità di compiere evoluzioni fuori dall'orbita della Terra stessa.L'uomo cosi acquisterebbe la necessaria esperienza e il progressivo adattamento per

spingersi più oltre, verso la superficie del nostro satellite. L'uomo dovrà infatti familiarizzarsi con l'uso di impensabili congegni, ed imparare a muoversi in appositi scafandri. Dovrà inoltre essere messa a punto la selezione degli individui capaci, per doti fìsiche e mentali, di sopportare condizioni così eccezionali dì vita, per le quali inoltre sarà richiesto uno speciale allenamento.5 - MONTAGGIO DI NAVI SPAZIALINell'attuale teoria che prevede la creazione delle stazioni spaziali, queste hanno il compito di

costituire delie basi per il rifornimento di uomini e di materiali, e per la vera e propria costruzione di astronavi. Lanciate cioè le stazioni, queste verrebbero poi raggiunte da altri materiali e da personale, lanciati dalla Terra. Tra i materiali sarebbero comprese le varie parti delle astronavi (o navi spaziali), al cui montaggio gli uomini procederebbero sulla stazione stessa.Nella nostra illustrazione si scorgono, piccolissimi, degli uomini che stanno appunto

procedendo a tale montaggio. Sullo sfondo, si scorge la stazione spaziale. I vari pezzi degli aeromobili galleggiano, per così dire, nel vuoto. Gli scafandri degli uomini sono provvisti dì

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mezzi propulsori autonomi, che consentono loro di far la spola dalla stazione ai vari pezzi, e di assembrare questi ultimi.Le varie parti, giunte prefabbricate dalla Terra, non hanno forme aerodinamiche in quanto

non si prevede alcun attrito negli spazi cosmici e si ritiene che la fornu sferica sia la più adatta.Tutto ciò, beninteso, è per ora prevedibile solo con la fantasia; ma allo stadio stesso

raggiunto dal progresso scientifico, non sembrano dover sorgere impedimenti sostanziali. E' soprattutto un problema di attuazione tecnica degli innumerevoli strumenti e congegni che si rendono necessari: un problema, quindi, che non appare come insolubile.6 - DISCESA SU UN PIANETAAllestiti gli aeromobili spaziali dalla base fìssa rotante intorno alla Terra, si potrà

finalmente spiccare il volo verso i corpi celesti. Non è difficile prevedere che gli sviluppi dell'utilizzazione dell'energia atomica consentiranno di fornire la propulsione a tali aeromobili.Arrivati nei pressi del campo di attrazione del pianeta che si vorrà raggiungere, i vari

aeromobili si raggrupperanno e formeranno una nuova base spaziale, sul tipo di quella lasciata in prossimità della Terra. I materiali per formare questo nuovo satellite artificiale saranno infatti trasportati o ricomposti dagli stessi aeromobili spaziali.Giungeranno inoltre le varie parti prefabbricate, scomponibili, che permetteranno il

montaggio di velivoli a razzo, per l'atterraggio sul pianeta da raggiungere. Nella nostra figurina si scorge appunto uno di tali velivoli, già in moto, mentre se ne sta montando un altro.Quando e come tutte queste previsioni diverranno realtà, non è possibile ancora stabilirlo; ma l'enorme massa di studi che vi si sta dedicando, e l'imponente disponibilità di mezzi assegnati per tale studio, dimostrano con quanto interesse e serietà il progetto i superare lo spazio interplanetario sia tenuto in considerazione, e lo traggono fuori dalla pura fantasia per proiettarlo nelle possibilità future.1. - Utopie et scienceL'antique mythe hellénique d'Icare relate que le plus jeune fils de Dèdale fuit le labyrinthe de l'île de Créte en s'élevant sur des ailes fabriquées par son pére; s'approchant trop du soleil, la cire qui joignait les plumes se mit à fondre et Icare fut precipité dans cette partie de la mer Egèe qui porte depuis le nom de "mer d'Icare". Cette légende témoigne déjà du rêve de conquérir l'espace sidéral. Néanmoins, pour réaliser cette conquête, il a fallu parvenir à une connaissance rélativement précise des mondes qui nous entourent. Citons à ce sujet que les philosophes et astronomes grecs s'étaient déjà mis à l'oeuvre. Plutarque composa un livre "De facie orbis lunae"; Lucien de Samosate décrivit le premier voyage imaginaire de la terre à la lune dans son "Histoire vraie".

Aux 15e et 16e siècles seulement, l'humanité s'est enrichie de connaissances scientifiques dues aux travaux de Copernic, Képler et Galilée; depuis lors la terre n'était plus le centre de l'univers, mais une planète tout à fait quelconque parmi tant d'autres. Képler, dans son livre

le "Somnium", inventa le voyage de terriens sur la lune, qui constitue une anticipation de caractère scientifique vraiment surprenante pour l'époque. Citons enfin, au 17e siècle, les découvertes fantastiques de Newton.Le voyage spatial interplanétaire, tout en continuant à sembler irréalisable, fit désormais partie des aspirations de l'homme. Nombreux sont les écrivains qui, ignorant tout principe scientif ique, imaginèrent de tels voyages avec une intuition qui nous émerveille aujourd'hui. Il suffit de citer entre tous le célèbre roman de Jules Verne: "De la terre à la lune".2. - L'impulsion scientifiqueGrâce aux premières expériences scientifiques sur la propulsion par fusée, le voyage intersidéral sort du domaine de la fantaisie pure pour devenir une possibilité réelle. C'est à

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present l'unique moyen de réussir à se soustraire à la gravitation (attraction de la terre sur tout objet qui l'environne) et ainsi de naviguer à travers l'espace sidéral.

Le V2, conçu par les Allemands comme une arme de terreur, a fourni les traits essentiels d'un éventuel aéromobile interplanétaire. D'autre part, il a permis de prévoir une accélération progressive du véhicule. On sait par le calcul qu'un corps venant de très loin, sans mouvement initial, atteindrait la surface de la terre avec une vitesse limitée d'environ 11.000 m/s. Inversement, un projectile lancé de la surface de la terre à la même vitesse, s'éloignerait indéfiniment avec une vitesse de plus en plus faible, mais sans jamais retomber. Si dans sa course, il entre dans le champ gravifique d'un astre, il atteindra celui-ci. Seulement le choc au départ serait d'une violence telley qu'il pulvériserait matériel et voyageurs. En effet, par le frottement du à l'air, sa temperature passerait à plus de 20.000° C. Il est donc probable que l'accélération de l'aeromobile doive constituer un des problèmes a résoudre puisque, actuellement, la vitesse à laquelle la fusée se détache de la terre représente un passage trop brutal de l'état de repos au mouvement pour que l’être humain puisse le supporter.

Déjà maintenant, on prévoit une fusée à sections multiples, dont elle pourrait se libérer chemin faìsant, et qui atteindrait une vitesse de l’ordre de trente mille kilomètres à l'heure.3. - Le satellite artificielLa possibìlité théorique du vol spatial ne pourra se concrétiser de manière pratique que dans un avenir non prévisible. Mais déjà au cours de ces dernières années, d'innombrablss expériences ont été faites pour atteindre les plus hautes altitudes. On a procède, et on procède encore, à une récolte méthodique de données qui permettent d'envisager le lancement d'un "satellite artificiel". Les instruments de bord des projectiles d'essai notent et transmettent aux savants des renseignements de tout genre: sur les conditions d'existence dans l'ionosphère, sur les rayons cosmiques, sur le magnétisme terrestre, etc Les conditions d'existence dans l'espace interplanétaire seront ainsi définies, ce qui permettra de préparer un premier tremplin de lancement vers les innombrables mondes qui nous entourent. Le 29 juillet 1955, les Etats-Unis d'Amérique, puis l'U.R.S.S. et d'autres états encore, annoncèrent publiquement le lancement de satellites artificiels dans l'espace, pendant les années à venir. On prévoit qu'ils seront propulsés au moyen d'une fusée à trois sections; la première se détachera à l'arrivée dans l'ionosphère, c. a d. à 80 kilomètres d'altitude; la seconde section aura la tâche d'atteindre une altitude de plus de trois cents kilomètres, où la troisième entrerà en fonction, en imprimant au satellite un mouvement de rotation autour de la terre, à une vitesse de plus de 28.000 kilomètres/heure. Une telle vitesse neutralisera en partie la force d'attraction terrestre, permettant au satellite d'y resister pendant un certain temps et de regagner prog ressi vement les couches plus denses de l'atmosphère, où il se désintègrera comme un metèore.4. - Station spatialePlusieurs savants ont délimité les étapes qui, sur le pian théorique, rendront possible d'atteindre les corps celestes et en premier lieu la Lune. La distance minimum de la Terre à la Lune est de 383.000 kilomètres et devrait être parcourue en un voyage de 4 à 6 jours. Il est prévu qu'il ne sera pas possible de franchir la distance en un seul bond; c'est pourquoi on étudie la création d'une "station spatiale".

Cette dernière, de même que le "satellite artificiel" (à présent en cours de réalisation), devrait rester libre dans l'espace en tournant autour de la Terre, mais sans psrdre son altitude.

A en croire les savants, on prépare une fascinante expérience pour l'homme, avant d'arriver à construire de telles "bases" spatiales. Il est question d'exécuter de premiers vols dans l'espace en voyageant autour de la Terre, mais avec la possibilité d'évoluer en dehors de l'orbite même de celle-ci.

De cette manière, l'homme acquerra l'expérience nécessaire et l'adaptation progressive 174

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pour pouvoir s'élancer plus haut, vers la surface de notre satellite. L'homme devra en effet se familiariser avec l'usage des engins indispensables destinés à le protéger contre les rayons cosmiques et apprendre à se mouvoir dans des scaphandres conçus spécialement. On devra en outre mettre au point une sélection des individus qui seront capables, par leurs aptitudes physiques et mentales, de supporter aes conditions de vie tout à fait exceptionnelles, et à qui il faudra faire subir un entraînement approprié.5. - Montage des navires spatiauxSelon la théorie actuelle qui prévoit la création de stations spatiales, cellas-ci ont pour tâche de former des bases pour le ravitaillement en matériel et en hommes, et pour la construction des "astronefs" eux-mêmes. Après leur lancement, les stations seraient rejointes par du personnel et des matériaux expédiés de la Terre. Dans ces matériaux seraient comprises les différentes parties de l' "astronef" (ou navire spatial) dont le montage serait entrepris par les hommes sur la station elle-même.Sur notre illustration on distingue, tout petits, des hommes procédant à un tel montage. Au fond, on aperçoit la station spatiale. Les différentes pièces des aéromobiles flottent, si l'on peut dire, dans le vide. Les scaphandres des hommes sont pourvus de propulseurs autonomes, qui leur permettent de faire la navette de la station aux diverses pièces et d'assembler ces dernières.

Les différentes parties, préfabriquées sur terre, n'ont pas une forme aérodynamique; l'on ne prévoit en effet aucune attraction dans l'espace cosmique, si bien que la forme sphérique serait la plus adéquate.

Tout cela, bien entendu, est pour l'instant seulement entrevu par l'imagination. Mais, au rythme actuel du progrès scientifique, il ne semble pas que doivent surgir des obstacles importants. Il s'agit avant tout d'un problème de mise en pratique des innombrables instruments et engins nécessaires. Ce problème pourtant, n'apparait pas comme insoluble.6. - Descente sur une planèteL'équipement des aéromobiles étant achevé sur le satellite artificiel tournant autour de la Terre, un vol pourra finalement être tenté vers un corps celeste. Le développement des applications de l'énergie atomique devra permettre la propulsion de tels aéromobiles.Arrivés dans les environs du champ d'attraction de la planète que l'on veut atteindre, les divers aéromobiles se regrouperont pour former, à l'aide des matériaux qu'ils transportent, une nouvelle base spatiale, du modèle de celle laissée à proximìté de la Terre. Les avions à

réaction requis pour l'atterrissage sur la planète seront montés sur place. Sur notre image on peut voir une de ces fusées ailées en mouvement, tandis qu'une autre est en cours de montage.

Quand et comment toutes ces hypothèses deviendront réalité, ne peut encore être fixé. Mais les vastes études consacrées à ce problème et la quantité imposante de moyens mis en oeuvre, prouvent avec quel intérêt et quel sérieux le projet de franchir l'espace interplanétaire est pris en considération, et lui feront quitter bientôt le domaine de la pure imagination pour l'installer dans celui de la possibilité immédiate.La découverte toute recente de "l'anti-matière" fait supposer que sous peu les savants seront à même de créer artificiellement un champ "anti-gravifique". Libérés de cette attraction de la terre, les astromobiles pourront, sans aucune difficulté, quitter notre planète à la conquête de l'univers.

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1639DIE RAUPEN.I BRUCHI.LES CHENILLES.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1.- DIE RAUPENKleiner und grosser Fuchs - Schwanzträger - Segelfalter.2. DIE RAUPEN.Furchteule - Kohleule - Hausmutter - Cucullia Verbasci.3. - DIE RAUPENKopfhanger - Nonne - Goldafter - Braunafter.4. - DIE RAUPENKiefernspanner - Frostspanner - Stachelbeerspanner - Spannraupe.5. - DIE RAUPENKieferspinner - Rankenspinner - Durrlaubspinner - Livreeraupe.6. - DIE RAUPENBuzephalus - Buchenspinner - Notodonta - Weidenbohrer.1. LES CHENILLES.Vanesse petite et grande tortue - Porte-queue - Flambé2. LES CHENILLES.Noctuelle craintive, du chou, fìancée - Cucullia Verbasci.3. LES CHENILLES.Pudibond - Nonne - Cul-doré - Cul-brun4. LES CHENILLES.Phalène du pin - Phalène hiémale, du groseillier - Arpenteuse5. LES CHENILLES.Bombyx du pin, de la ronce, feuille-morte, à livrèe6. LES CHENILLES.Bucéphale - Stauropus - Notodonta - Cossus-cossusRückseite - Retro - Verso 1.- DIE RAUPENKleiner und grosser Fuchs - Schwanzträger - Segelfalter.Die Raupen sind die Larven der Schmetterlinge. In diesem Stadium sind sie Pflanzenschädlinge. Der zylinderförmige, weiche Körper der Raupe trägt vorne einen mit Fresswerkzeugen ausgerüsteten Kopf. .Die Brustfüsse enden in kleine Haken. Am Bauche befinden sich falsche, saugnapfartige Beine, mittels derer die Raupen sich an die Zweige anklammern. Die Raupe des kleinen Fuchses ist schädlicher als diejenige ihres rechts dargestellten grösseren Verwandten. Sie hält sich besonders auf Brennesseln auf, greift manchmal Obstbäume an und nagt an Hanf und Hopfen.Die Raupe des Schwanzträgers hält sich mit Vorliebe auf Möhrenblattern auf und richtet geringeren Schaden an.

Der grosse Fuchs, dessen Körperglieder mit geraden Stacheln versehen sind, lebt manchmal auf Obstbäumen. So fielen ihm z. B. in der Provence (Frankrelch) ganze Pflanzungen Kirschenbäume zum Opfer.

Die Raupe des Segelfalters ist sehr fleischig. Am Brustteil ist sie äusserst dick. Man verwechselt sie leicht mit den Blättern, auf denen sie sitzt. Beleibtheit und Sesshaftigkeit verhindern sie daran, die Stengel abwarts zu kriechen und sich am Boden zu verstecken. Abends vertilgt sie die Blätter bis an den Stiel. Im Herbst hängt diese Larve sich mit Hilfe eines um den Leib gewickelten Fadens an einem Zweig nahe am Boden auf und verwandelt sich in eine dicke Puppe.

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2. DIE RAUPEN.Furchteule - Kohleule - Hausmutter - Cucullia Verbasci.Die Raupe der Furchteule ist ein Vielfrasse und greift zahlreiche Gemüsepflanzen an. In Südfrankreich nagt sie die aufgespeicherten Kartoffelknollen an. Desweitern frisst sie die Knospen der Treibhausnelken. Sie ist jedoch wenig schädlich.

Die braune oder grüne Raupe der Kohleule verbringt ihr Leben in dunklen Winkeln. Sie hält sich hauptsächlich in Kohlköpfen auf, vertilgt mit Gefrässigkeit die zartesten Blätter und beschmutzt das Herz mit Ausscheidungen.Die erdfarbene Raupe der Hausmutter ist weitaus schrecklicher. Auf ihren Nachtzugen greift sie zahlreiche Gemüsepflanzen, Getreide, Kartoffeln und gewisse wilde Pflanzen an.Die Raupe der Cucullia Verbasci findet ihre eigenen Artgenossen schmackhafter.

Will man sie greifen, scheidet sie eine grünliche Flüssigkeit aus, zieht sich zusammen und springt, in der Hoffnung, zu entweichen. Sie tritt auf in Juni und Juli. Ihr Puppengehäuse besteht aus kleinen mit Seide zusammengeklebten Blattstücken und wird an den Boden geheftet. Die Gruppe Cucullia begreift 20 bis 30 verschiedene Arten.3. - DIE RAUPENKopfhanger - Nonne - Goldafter - Braunafter.Die Raupe des zur Familie der Lipariden gehörenden Kopfhängers ist, wie alle Raupen dieser Familie, dicht behaart. Auf dem Körper trägt sie vier orangenfarbene Haarbürsten und an Stelle des Schwanzes einen langen, rosen-roten Haarpinsel. Sie frisst alles ausser harzhaltigen Pflanzen. Das in September / Oktober gewebte Puppengehäuse besteht aus einem Gemisch von Seide und Raupenhaaren.

Die Raupe der Nonne versteckt sich tagsüber in den Spalten der Baumrinden. Durch ihre Anpassungsfähigkeit (Mimikry) ist sie schwer aufzufinden. Die eben ausgeschlüpften Raupen bleiben mehrere Tage haufenweise zusammen. Später verbreiten sie sich über die Kiefernwälder, deren Nadeln sie abfressen. So kommt es oft in Mitteleuropa zu verheerenden Einfällen.

Die Raupe des Goldafters spinnt sich kein Puppengehäuse für den Winter, sondern sucht sich einen Schlupfwinkel interm Moose. Deshalb ist es schwierig, sie zu zerstören. Den Vögeln schmeckt diese haarige Raupe nicht besonders, nur der Kuckuck schätzt sie.

Die Raupe des Braunafters lebt selten allein. Als junge Raupe webt sie einen seidigen Beutel, der junge Triebe und Baumblätter umschliesst, und in dem sie sich wintersüber aufhält. Manchmal schliessen sich mehrere Artgenossinnen zusaramen. In den Obstgarten entblössen sie die Bäume ihrer Knospen und vermögen ganze Gegenden zu verheeren.4. - DIE RAUPENKiefernspanner - Frostspanner - Stachelbeerspanner - Spannraupe.

Die Raupe des Kiefernspanners hält sich besonders auf Kiefern und Tannen auf, deren Nadeln sie abfrisst. Sie gehört zur Familie der Spanner, die sich auf eine ihnen eigentümliche Weise fortbewegen. Sie klammern sich an, krummen den Körper und führen die Hinterbeine nach vorn bis zum Brustteil. Sie sind fast immer unbehaart.

Die Raupe des Frostspanners richtet grosse Verheerungen in den Obstgärten an, da sie junge Triebe und Blätter abfrisst. Sie wird zerstört durch das Anlegen von Leimringen. Bei grossen Einfällen im Frühling bestäubt man die Obstbäume mit Bleiarsenik- oder Nikotinlösungen.

Die Raupe des Stachelbeerspanners greift im Frühjahr Stachelbeer-, rote schwarze Johannisbeerkulturen verheerend an.

Dank ihrer starren Haltung, ihrer Verwandlungsfähigkeit und ihrer rauhen Oberfläche gleicht die Holunderspannraupe den glatten Stengeln des gleichnamigen Strauches, auf dem man sie gewöhnlich antrifft. Beim Laubfall schlüpft sie in eine Rindenspalte und greift im

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Frühjahr die entstehenden Knospen an. Ihr Ende Mai gewobenes Puppengehäuse besteht aus dürren Blättern und Seide und hängt mittels ungefähr zehn Faden an einem Zweige.5. - DIE RAUPENKieferspinner - Rankenspinner - Durrlaubspinner - Livreeraupe.

Die Raupe des Kiefernspinners kann von verschiedenen Farben sein (braun, silbern, aschenfarbig und weist vom vierten Ring an schwarze, quadratförmìge Flecken und vorne am Körper zwei stahlblaue Samtflecken auf. Im August nagt dieses Insekt an Knospen und Nadeln der Kiefer. Im Spätherbst verkriecht es sich in einen Baumstamm oder unter das Moos am Fusse eines Baumes. Findet man eine von Puppengehäusen bedeckte tote Raupe, so ist sie von ihrem natürlichen Feind, dem Mikrogaster nemorum, der dem Menschen bei dieser Arbeit behilflich ist, getötet worden.

Die Raupe des Rankenspinners, (meistens auf Ranken zu finden), ist schwarz mit gelben Querstreifen während ihrer Jugend. Später wird sie samtbraun mit

schwarzblauen Einschnitten. Ihre ziemlich langen Haare sind bräunlichrot. Das 8 cm lange Puppengehäuse erlaubt eine senkrechte, die Sonnenstrahlen aufsuchende Stellungsveränderung.

Die erdbraune Färbung der Dürrlaubspinnerraupe erklärt ihren Namen. Diese haarige Raupe ist 8 cm lang. Haarbürsten markieren ihre Ringe, von denen die

beiden ersten auf der Rückseite teilweise blau sind. Sie lebt auf Obstbäumen, uberwintert unter Moos oder Baumrinden und richtet keinen grossen Schaden an.Die Livreeraupe schlüpft zu Anfang des Früihlings aus und schleppt mit Hilfe von Seidenfaden junge Triebe und Zweige zusammen, um sie dann zu verzehren. Wird sie sehr schädlich, zerstört man sie durch Zerstauben von Arseniklösungen.6. - DIE RAUPENBuzephalus - Buchenspinner - Notodonta - Weidenbohrer.

Die sehr behaarte, schwarz bis schwarzbraune, gelbgestreifte Raupe des Buzephalus kommt häufig in Belgien vor. Sie lebt auf zahlrelchen Waldbäumen von Juli bis Oktober und ist dort nicht sehr schädlich.

Die Raupe des Buchenspinners kreuzt leicht die an den Körper herangezogenen langen Beine. Fratzenhaft, ungeheuerlich sogar mit ihren Rückenauswüchsen besitzt sie am Leibesende zwei stabförmige Anhängsel, die obschon sie die Stelle von Beinen einnehmen, unfähig sind, sich an Zweige anzuklammern. Dieser unbrauchbare Tei! des Körpers ist stets emporgerichtet, und bloss der Vorderkörper verändert sich, wenn man das Tier greifen will.Die Raupe der Notodonta ziczac besitzt zwei rosenrote oder violettgefarbte Höcker, und gelbe und braun-orangenfarbene Flecken auf beiden Seiten der Rückenpyramide des 11. Leibesringes. Man trifft sie haufig auf Weiden, manchmal auch auf Pappeln und Espen an.Der Weidenbohrer lebt in Baumstämmen und bohrt dort lange Gänge mit seinen schrecklichen Kiefern. Ein starker Essiggeruch verrät seine Gegenwart. Diese unten weissen, oben weinroten Raupen greifen die Waldbäume an und fügen ihnen erheblichen Schaden zu.1. Vanesse petite et grande tortue - Porte-queue - FlambéLes chenilles sont les larves du papillon. A ce stade elles deviennent nuisibles aux cultures. La tête de la chenille est pourvue d'un appareil buccal broyeur, suivie d'un corps cylindrique de consistance molle. Les pattes thoraciques portent une griffette à l'extrémité. Les fausses pattes de l'abdomen se terminent par une ventouse renfermant d'imperceptibles crochets, au moyen desquels les chenilles se cramponnent aux branches. La chenille de la Vanesse petite tortile, qui présente beaucoup de ressemblance avec son proche parent de plus grande dimension, représenté à droite, est plus nuisible. Elle frequente plus particulièrement les orties, attaque parfois les arbres fruitiers, ronge le chanvre et le houblon.

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La chenille du Porte-queue se plait le mieux sur les feuilles de carottes et fait moins de ravages.

La Vanesse grande tortue, dont chaque segment est orné d'épines droites, vit parfois sur les arbres fruitiers, parimi lesquels le cerisier, dont de grandes plantations furent ravagées en Provence (France).

Vient ensuite le Flambé, la plus dodue de nos chenilles. Au niveau du thorax elle est enorme. On la confond aisément avec les feuilles qui la portent. Son obésité et ses instincts sédentaires l'empèchent de descendre le long des tiges et de se cacher près du sol. Lesoir elle dévore les feuilles jusqu'à leur base. En automne, cette larve se fìxe à quelque rameau près du sol par un fìl dont elle s'entoure la taille, se transformant en une grosse chrysalide.2. Noctuelle craintive, du chou, fìancée - Cucullia Verbasci.La chenille de la Noctuelle craintive est très polyphage (elle possède une faim insatiable) et s'attaque à de nombreuses plantes potagères. Dans le midi de la France, on l'a trouvée rongeant les tubercules de pommes de terre en magasin. Elle ronge aussi les boutons d'oejllets en serre, mais est toutefois peu nuisible.

La Noctuelle du chou, chenille brune ou verte, passe son existence cachée dans les coins sombres. Se logeant de préférence dans les choux, elle mange avec voracité les feuilles les plus tendres et en salit le coeur de ses excréments.

La chenille terreuse de la Noctuelle fìancée est bien plus terrible que la précitée. Préférant les sorties tardives, elle s'attaque à de nombreuses plantes potagères, céréales, pommes de terre et à certaines plantes sauvages.La chenille de la Verbasci trouve plus appétissant de dévorer ses congénères.

Quand on veut la saisir, elle sécrète un liquide verdâtre, se rétracte brusquement et bondit. dans l'espoir d'échapper à la capture. On trouve la Cucullia Verbasci en juin-juillet. Son cocon formé de petits morceaux de feuilles rapprochés et accolés avec de la soie, est tissé à la surface du sol. Le groupe Cucullia renferme 20 à 30 espèces différentes.3. Pudibond - Nonne - Cul-doré - Cul-brunLa chenille du Pudibond, appartenant à la famille des Liparidés, est comme toutes les chenilles de cette famille très vetue, portant quatre touffes de poils orangés sur le corps et un long plumet rose en guise de queue. Elle mange tout, sauf les résineux. Son cocon, tissé en septembre-octobre, est fait d'un amalgame de soie et de poils de la chenille.La chenille de la Nonne se cache pendant le jour dans les fentes de l'écorce des arbres. Par son mimétisme (faculté de prendre une certaine ressemblance avec le milieu où vit l'insecte), il est diffìcile de la déceler. A l'éclosion, les jeunes chenilles restent groupées pendant quelques jours, formant des amas. Plus tard, elles se dispersent dans les pinèdes dont elles rongent les aiguilles. En Europe centrale, il y a parfois des invasions locales très préjudiciables.La chenille du Cul-doré ne se file pas de cocon pour l'hiver, mais cherche une place protectrice en-dessous de la mousse. De ce fait, on la détruit difficilement. Les oiseaux sont peu friands de cette chenille poilue, le coucou pourtant l'estime.

La chenille du Cul-brun vit rarement en isolée. La jeune chenille tisse une bourse soyeuse qui englobera des pousses et des feuilles d'arbres. C'est là son logement d'hiver. Parfois, plusieurs congénères s'unissent les uns aux autres. Dans les vergers, elles dénudent complètement les arbres de leurs bourgeons et sont capables de dévaster des régions entières.4. Phalène du pin - Phalène hiémale, du groseillier - ArpenteuseLa cheniIle de la Phalène du pin fréquente surtout le pin et le sapin, dont elle ronge les aiguilles. Elle appartient à la famìlle des Géométridés qui se meuvent d'une façon caractéristique. Se cram-onnant au support choisi, elles bouclent le corps de façon à former un arc vertical, ramenant alors l'arrière-train en avant, jusqu'à lui faìre toucher le thorax. Elles sont presque toujours glabres (dépourvues de poils).La chenille de la Phalène hiémale fait d'énormes ravages dans les vergers, broutant lesjeunes

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feuilles et pousses. Elle est détruite par la pose de ceintures gluantes sur le tronc des arbres. En cas d'invasion au printemps, on pulvérise des bouillies à l'arsenic de plomb ou nicotinées à l’aide de pulvérisateurs à forte pression.

La chenille de la Phalène du groseillier ravage très sérieusement les cultures de groseilliers et cassis au printemps.

La tenue rigide, le mimétisme et même les rugosìtés de l'Arpenteuse du sureau, la font ressembler étonnamment aux tiges lisses des arbrisseaux. On la trouve particulièrement sur le sureau, d'où son nom. S'abritant dans une fente d'écorce à la chute des feuilles, elle attaque les boutons naissants. Son cocon, tissé fin mai, comporte un amalgame de feuilles sèches et de soie. Cette frêle construction est suspendue à une branche, par une dizaine de fìls.5. Bombyx du pin, de la ronce, feuille-morte, à livrèeLa chenille du Bombyx du pin varie de couleur (brun, argenté. cendré) et possède à partir du 4e segment des taches noires carrées, et en avant du corps deux taches bleues veloutées. Au mois d'août, cet insecte ronge les bourgeons et les aiguilles du pin. A la fin de l'automne. elle se réfugie dans un tronc ou sous la mousse, près de la base d'un arbre.

Si on trouve une chenille morte couverte de cocons, elle a été tuée par son ennemi naturel, le microgaster nemorum, qui aide l'homme dans cette tâche.

La chenille du Bombyx de la ronce, ainsi dénommée parce qu'elle vit communément sur la ronce, est noire et rayée transversalement de lignes jaunes pendant sa jeunesse. Plus tard, elle devient brune, mais d'un brun de velours incisé de noir-bleu. Ses poils assez longs sont d'un rouge plutôt brunâtre. Le cocon de 8 cm lui permet un déplacement vertical, afìn de jouir des rayons solaires.

La couleur terreuse de la chenille Bombyx feuille-morte lui a valu cette dénomination. Cette chenille velue mesure 8 cm. Des brosses de poils marquent ses segments, dont les deux premiers de la face dorsale sont en partie bleus. Vivant sur les arbres fruitiers et hivernant dès l'automne sous les mousses ou les écorces, elle ne commet pas de grands dégâts.

La chenille du Bombyx à livrèe éclôt dès le début du printemps et réunit, à l'aide de fìls de soie, pousses et branches pour les ronger à l'intérieur. Très nuisible certaines années, on la détruit en pulvérisant des bouillies arsenicales dès que sa présence se manifeste.6. Bucéphale - Stauropus - Notodonta - Cossus-cossusTrès velue, noire ou d'un noir-brun entrecoupé de bandes jaunes interrompues, la chenille du Bucéphale est très commune dans notre pays, Elle vit sur de nombreux arbres forestiers de juillet à octobre et s'y affìrme peu nuisìble.

La chenille de la Stauropus (pied en croix) Fagi (hêtre) est ainsi appelée parce qu'elle croise légèrement ses longues pattes lorsqu'elle les tient repliées sur elle-même. Bizarre, monstrueuse même avec ses protubérances dorsales. elle possède au bout du corps deux prolongements fuselés impuissants à saisir la branche, quoi qu'ils tiennent lieu de pattes. Cette partie inutilisable de son corps reste toujours relevée et c'est l'avant-corps qui change d'aspect lorsqu'on veut saisir la bête.

La chenille Notodonta zic-zac possède deux bosses d'une couleur plutôt rose ou violacée, avec des teintes jaunes et brun-orange de chaque côté de la pyramide dorsale du 11e segment. On la rencontre fréquemment sur le saule, parfois aussi sur le tremble et le peuplier.Le Cossus-cossus gâte-bois vit dans le tronc des arbres et y creuse de longues galeries avec ses terribles mandibules. Une forte odeur de vinaigre trahìt sa présence. Blanche en dessous, rouge vineux sur toute la partie dorsale et longitudinale, cette chenille s'attaque aux arbres forestiers où elle cause de notables dégâts.

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1640STÄDTE DER SCHWEIZCITTA’ DELLA SVIZZERA.VILLES DE LA SUISSE.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1 - CITTA’ DELLA SVIZZERA.ZURIGO2 - CITTA’ DELLA SVIZZERA.GINEVRA3 - CITTA’ DELLA SVIZZERA.LUGANO4 - CITTA’ DELLA SVIZZERA.BERNA5 - CITTA’ DELLA SVIZZERA.LUCERNA6 - CITTA’ DELLA SVIZZERA.BASILEARückseite - Retro - Verso 1 - ZURIGOQuesta città, sita all'estremità inferiore del lago che da essa prende nome, ebbe origini

antichissime: vi si sono trovati resti di abitazioni su palafitte; e sin dall'epoca celto-romana esisteva un abitato con funzioni di testa di ponte, che si avvantaggiava delle circostanti colline, terminanti a morene, e della prossimità del fiume Limmat.

Della città di Zurigo si parla per la prima volta, nei documenti giunti fino a noi, nel 929 d. C; ma il castello romano risale al I secolo. Zurigo, dopo esser stata proclamata «Città lìbera» da Re Richard von Cornwallis nel 1262, entrò a far parte della Confederazione svizzera, col «Legame eterno» (Ewige Bund).

Sino al XIX secolo rimase circoscritta a una ristretta zona, in piano; ma poi, a partire dal 1830, cominciò ad estendersi fino ad assorbire i villaggi circostanti, con uno sviluppo dovuto in gran parte all'instaurarsi di rapide comunicazioni. Zurigo è oggi una bella città, di quattrocentomila abitanti, capitale del Cantone omonimo. Viene considerata il maggior centro commerciale della Svizzera, ma è altresì la sede di importanti industrie tessili e di abbigliamento, stabilimenti grafici, fabbriche di macchinari, di cuscinetti a sfere, di prodotti chimici, di cartonaggi, di laterizi, di birra.2 - GINEVRACapitale del Cantone svizzero di Ginevra, questa città di oltre centocinquantamila abitanti

si distingue per la sua bellezza, ed oltreché una prospera attività commerciale, svolge un'importante funzione di congiungimento tra la Svizzera e la Francia.

Il cuore della città è sull'altura del Burgberg, dominata dalla Cattedrale St. Pierre, in stile burgundico, la cui costruzione venne iniziata nel 1160; vi si ammirano palazzi in stile gotico-savoiardo e primo Rinascimento.

L'originaria colonia palaftiticola dei tempi più remoti, fu poi una posizione fortificata celtica. Cesare parla per la prima volta di Ginevra (58 a. C. nel «De Bello Gallico», e sotto la dominazione romana la città, per la sua importanza come centro di transito, assurse appunto al rango di « civitas ». Grande prosperità economica le venne dalla sua Fiera, che raggiunse la maggior importanza nel XV secolo e fu poi superata dalla Fiera di Lione. Ginevra entrò a far parte della confederazione svizzera al principio del XVI secolo. La Riforma, proclamata da Farei e Viret, vi fu introdotta nel 1536, e subito dopo venne ad organizzarvi la chiesa Calvino, regolando la vita civile e religiosa della città per 23 anni. Il carattere calvinista, pronunciatissimo fino al XVII secolo, cedette un poco, in seguito, all'influsso delle idee

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ìazionalistiche; nel 1794 alcuni circoli rivoluzionari, sensibili ai rivolgimenti delia vicina Francia, fecero cadere il Governo, si ebbero numerose condanne a morte, e Ginevra fu annessa alla Francia stessa; ma nel 1814 tornava ad essere indipendente e l'anno successivo veniva annessa alla Confederazione svizzera, come 22° Cantone.3 - LUGANOSituata in un'insenatura riparata dai venti, incorniciata dal Monte Brè e dal notissimo

Monte San Salvatore con la sua funicolare, Lugano gode di un clima eccezionalmente mite ed uniforme, con vegetazione sub-tropicale.Oltre ad essere la principale città e località turistica del Canton Ticino, con circa ventimila

abitanti, Lugano ha beneficiato della sua posizione di transito sulla linea del Gottardo e della sua vicinanza con importanti città estere.Nella «città vecchia» può scorgersi una sensibile impronta italiana. Una passeggiata

lungolago, bella e ben curata, è vanto di questa amena città, come lo sono i suoi alberghi, moderni è bene attrezzati, e gli estesi quartieri di villini, adorni di giardini e parchi.

Accanto alle attività alberghiere e commerciali connesse al turismo, Lugano coltiva piccole industrie del mobile, alimentari e tessili.La sua origine risale al VI secolo, e il dominio della città fu a lungo motivo di contesa fra

Como e Milano. Venne assorbita dalla Confederazione svizzera nel 1512, e fa parte del Canton Ticino dal 1803.4 - BERNABerna è la capitale della Confederazione svizzera dal 1848, ed è la sede dei più importanti

Uffici amministrativi confederali. E' altresì la capitale del Cantone di Berna. Conta oltre centocinquantamila abitanti.

La città è sita là dove il fiume Aar, volgendo verso ovest, dopo aver scavato gli strati superiori del terreno, forma nell'arenaria tre anse, profonde da 40 a 60 metri.

La parte più antica della città sorge su una penisola di argilla mista a sabbia. Le strade della città vecchia sono larghe, ornate su ambo i fianchi da portici. Le case, che possiedono quasi sempre volte ad, arco pieno, sono costruite in arenaria grigia.

La città di Berna fu fondata nel 1191 dal Duca Berchtold von Zähringen, e ricevette nel 1218 il titolo di «Città libera». Entrò a far parte della Confederazione nel 1353 e, come Zurigo, vi sostenne un ruolo di capitale importanza. La vita civica non fu insensibile agli eventi storici, ai grandi rivolgimenti mondiali, ma seppe attenersi a d un atteggiamento moderatore e conservare le tradizioni.5 - LUCERNANel sito ove oggi sorge Lucerna, pare che un tempo esistesse una colonia romana. Vi si ebbe

un monastero al tempo dei Franchi, e infine si iniziò - probabilmente nel 1180, ad opera di Murbach - la costruzione della città e del mercato. Lucerna, entrata a far parte della Confederazione nel 1332, si schierò, durante la guerra separatista, col partito cattolico-conservatore, che però rimase soccombente.

Posta là dove il Reuss esce dal Lago dei Quattro Cantoni, già nel Medioevo i suoi ponti rappresentavano un importante nodo per le varie strade che confluivano sulla via del Gottardo. La città conservò sino al secolo scorso il suo aspetto chiuso e medioevale.

In seguito, con lo sviluppo delle comunicazioni ferroviarie e dell'industria alberghiera, Lucerna divenne un'importante città della Svìzzera centrale, ricca di attrattive per i turisti che visitano la Confederazione. A ciò ha saputo aggiungere un'ottima fama di centro culturale, specie per le sue manifestazioni musicali.

II suo sviluppo opera tuttavia, in modo crescente, anche in senso industriale e la città si estende nei sobborghi: Emmen (industrie della seta, industria del ferro, costruzione di apparecchi), Kriens (costruzione di macchinari e fabbriche tessili), come pure Horw, Lìttau ed Ebikon.6 - BASILEA

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All'imbocco di alcune valli dello Jura e dello Schwarzwald (Foresta Nera), naturale passaggio verso l'interno della Francia attraverso la «Porta dei Burgundi». là dove il Reno forma un'ansa prima dì entrare nella pianura della Renania Superiore, sorge a 250 metri sul livello del mare Basilea, capitale del Cantone omonimo. Da tempo immemorabile svolge la sua importante funzione di punto di incrocio fra vie di comunicazione terrestri e fluviali; ed è indicata come «la Porta d'Oro della Svizzera», in quanto è considerata il principale ingresso nel territorio della Confederazione.

Basilea, punto terminale del traffico fluviale sul Reno, nonché del ramo di canale che congiunge il Reno col Rodano, è l'unico porto «nazionale» della fiotta marinara svizzera.Al tempo dei Celti era già abitata. Il più antico documento che si possieda e in cui la si trovi citata, risale al 374, quando fu visitata dall'Imperatore Valentiniano. Fu distrutta nel 917 dagli Ungari, ma in seguito l'Imperatore Enrico II la fece ricostruire, ed eresse la Cattedrale. Ottenne il riconoscimento dei principali diritti civici nel 1356, ed entrò a far parte della Confederazione nel 150.1. E' impossibile, nel poco spazio a nostra disposizione, enumerare le tappe che segnano lo sviluppo ed il fiorire culturale ed economico di'questa città, che oggi conta più di duecentomila abitanti. La «grande Basilea», sulla sinistra del Reno, sede delle banche, dell'Università, dell'attività commerciale, è unita con cinque ponti (il più antico fu costruito nel 1225) alla «piccola Basilea», sulla destra del fiume, dove sorgono vecchie industrie della seta e recenti, importanti industrie chimiche. A Basilea ha sede la Compagnia Liebig svizzera.

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1641INDIANER DER EBENEN UND WÄLDER NORDAMERIKAS.INDIANI DELLE PIANURE E DEI BOSCHIINDIENS DES PLAINES ET DES BOIS DE L’AMÉRIQUE DU NORD

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. - INDIANER DER EBENEN UND WÄLDER NORDAMERIKAS.Kriegs- und Festkleidung. 2. - INDIANER DER EBENEN UND WALDER NORDAMERIKAS.Ein Siouxdorf. 3. - INDIANER DER EBENEN UND WÄLDER NORDAMERIKAS.Büffeljagd. 4. - INDIANER DER EBENEN UND WÄLDER NORDAMERIKAS.Büffeltanz bei den Mandans. 5. - INDIANER DER EBENEN UND WÄLDER NORDAMERIKAS.Kanus der Grossen Seen. 6. - INDIANER DER EBENEN UND WÄLDER NORDAMERIKAS.Auf dem Kriegspfad. 1. INDIENS DES PLAINES ET DES BOIS DE L'AMÉRIQUE DU NORDCostumes de guerre et de cérémonie.2. INDIENS DES PLAINES ET DES BOIS DE L'AMÉRIQUE DU NORDVillage Sioux.3. INDIENS DES PLAINES ET DES BOIS DE L'AMÉRIQUE DU NORDChasse au bison.4. INDIENS DES PLAINES ET DES BOIS DE L'AMÉRIQUE DU NORD Danse des buffles chez les Mandan.5. INDIENS DES PLAINES ET DES BOIS DE L'AMÉRIQUE DU NORDCanoes des Grands Lacs.6. INDIENS DES PLAINES ET DES BOIS DE L'AMÉRIQUE DU NORD Sur le sentier de la guerre.Rückseite - Retro - Verso 1. - INDIANER DER EBENEN UND WÄLDER NORDAMERIKAS.Kriegs- und Festkleidung. Es ist sehr wahrscheinlich, dass Amerika bevölkert wurde durch über Jalirtausende hin verteilte Einwanderungen, die aus Richtung Asien über die Behringstrasse und die zwischen Asien und Amerika liegenden Inselketten erfolgten. Trotz beachtenswerter Unterschiede gehoren all diese Urvolker derselben Rasse an, fälschlich rote Rasse oder Rothaute genannt, denn ihre Hautfarbe ist gelblich braun. Der Name Indianer kommt daher, dass die ersten spanischen Entdecker, Kolumbus an der Spitze, sich in Indien zu befinden glaubten. Es ist nicht unmöglich, dass polynesische oder malaische Fischer durch Stürme an die Kusten Amerikas verschlagen wurden, aber eine Massenbesiedlung durch Bewohner Ozeaniens ist ausgeschlossen. Die "Indianer" oder "Rothäute" fanden Amerika unbewohnt vor und bevölkerten es von Norden bis Süden. Ihre zahlreichen Stämme empfanden nie das Gefühl der Rassengemeinschaft; den europäischen Eroberern fiel es nicht schwer, die eincn mit Hilfe der andern zu unterwerfen. Die Stämme erreichten sehr unterschiedliche Zivilisationsstufen; selbst den vorgeschrittensten gelangen gewisse Erfindungen nicht, die die Kultur Asiens und Europas ermöglichten: das Rad, der Pflug usw. Die sehr zahlreichen und verschiedenen Eingeborenensprachen Nordamerikas lassen sich auf 6 Gruppen zuruckführen: Algonkin-, Athabaska-, Irokesen-, Sioux-, Utah- und Aztekensprache. Es konnte keine Verwandschaft mit den Sprachen der Alten Welt festgestellt werden.Unser Bild stellt eine Gruppe in grossem Kriegs- und Festkleid dar; aut beiden Seiten mit

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den Stammesfarben bemalte Sioux- und Arapahoindianer.2. - INDIANER DER EBENEN UND WALDER NORDAMERIKAS.Ein Siouxdorf. Die in dieser Bilderreihe dargestellten Indianer gehören der alten Epoche an, (bis zum Beginn des 19. Jhd., das die Lebensweise, die Kleidung und die Gesellschaftsordnung tiefgehend geändert hat). Obschon es in Nordamerika sehr viele, unter sich verschiedene Stämme gibt, lassen sie sich dennoch in 3 Gruppen einteilen: 1) die Stämme der Ebenen, Seen und Wälder; 2) diejenigen des Südwestens, genannt die Pueblos; 3) diejenigen des Nordwestens von Alaska bis Britisch Kolumbien. Die endlosen Grasebenen, die sich im Osten des Felsengebirges ausdehnen und Prärien genannt werden, waren das Gebiet der abenteurischen und kriegerischen Nomadenstämme: Sioux, Pawnee, Cheyenne, Crowindianer usw. Ihre ktinstlerische oder handwerkliche Tätigkeit war auf ein Minimum beschränkt. Sie lieferten einer Unmenge von Romanschriftstellern (Fenimore Cooper, Gustave Aymard, Mayne Reid u. a.) Stoff zu oft übertriebenen Erzählungen, die zahlreiche falsche Ideen unter das Volk getragen haben wie Kriegslust, Adlerfederschmuck, legendenhafte "Tipi" genannte Zelte, Nomadenleben, Skalpieren und weite Reitzüge, Merkmale, die man allen Indianern zuschreibt und die nur für die Prärieindianer zutreffen. Seinerseits hat der Wildwestfilm einen einheitlichen Indianertypus geschaffen. Unser Bild stellt ein Siouxdorf dar, mit Tipis, wovon einige an ihrer obern Oeffnung durch eine Haube gegen den Regen geschützt sind, bei andern ist der Eingang durch einen Buffelledervorhang geschlossen. Man bemerkt auch eine alte, schwer arbeitenede "Squaw" (Frau), Mais stampfende Frauen, Krieger, von Pferden oder Hunden geschleifte Fahrzeuge. Man bemerke die Einfachheit der gewöhnlichen Kleidung im Gegensatz zur farbenfreudigen Kriegskleidung. Rechts u. links Kunst u. Handwerk der Prarie.3. - INDIANER DER EBENEN UND WÄLDER NORDAMERIKAS.Büffeljagd. Seit jeher sind die Prärieindianer Nomaden gewesen. Ehemals gebrauchen sie den Hund als Zugtier. Das von den Weissen eingeführte Pferd ermöglichte es ihnen, grosse Entfernungen zu meistern und anderte ihr Dasein, das hauptsächlich in der Büffeljagd bestand, die sie dazu zwang andauernd ihren Wohnsitz zu ändern und jedwede Landwirtschaft zu vernachlässigen. Der Büffel lieferte ihnen Nahrung und Leder für Zelte und Kleidung. Deshalb bedrohten die Weissen ihr Leben, indem sie ihrerseits auf übertriebene Art den Büffel jagten und fast ausrotteten. Es war dies eine der Ursachen des wilden Hasses zwischen Rothauten und nach dem Wilden Westen ziehenden amerikanischen Kolonisten. Bevor die Indianer von den Weissen den Gebrauch der Feuerwaffen übernahmen, bedienten sie sich des Bogens, der Lanze und des Tomahawks, einer Art steinernen Totschlagers, der sich erst nach dem Eintreffcn der Europäer in eine Axt verwandelte. Jagd und Krieg, Eroberung von Skalpen und anderen Kriegsbeuten erfüllten ihr Dasein. Sie glaubten an eine allgegenwärtige ubernatürliche Kraft, den "Wakonda", der bei einzelnen Stämmen die Gestalt einer wirklichen, persönlichen Gottheit annahm (z. B. Tirawa bei den Pawnees). Jedem Individuum schrieben sie mehrere Seelen zu, von denen eine nach dem Tode in die "ewigen

Jagdgründe" einging. Ihre Toten legten sie in hohle Baumstämme oder auf Anhöhen der Prärie. Sie gaben sich Zauberriten hin und übten die Vendetta. Ihr kegelförmiges Büffellederzelt (Tipi) war auf ein Stangengerüist aufgespannt. Die als Schmuck dienenden Adlerfedern und Igelstacheln, ihre Fussbekleidungen (Mocassins) und andere Gebrauchsgegenstände waren grell bemalt. Unser Bild zeigt auf beiden Seiten auf Holz gebrannte und natürlich gefärbte Zeichnungen.4. - INDIANER DER EBENEN UND WÄLDER NORDAMERIKAS.Büffeltanz bei den Mandans. In diesem "Büffeltanz" der Mandans (Unterabteilung der Sioux) tritt die den "Buffalos"

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(Büffel) beigemessene Bedeutung hervor. Die Männer sind über und über bemalt und auf dem Kopf tragen sie Fellstücke mit Hörnern. In ihrer Mitte bewegen sich zwei mit Zinnober bemalte, weiss gestreifte, die Sonnc verkörpernde Gestalten; zwei andere, schwarz mit weissen Tupfen bemalte Tänzer stellen die Nacht dar. Die Büffeltänzer tragen Büschel von Weidenzweigen, die im Brauchtum dieses Stammes eine Legende der Sintflut wachrufen. Die Mandans, die weniger herumwandern als die andern Indianer der Ebene, besitzen dauerhaftere Wohnungen, die mit einem aus sehr widerstandsfähigem Mörtel bestehenden Dach versehen sind, das das Gewicht der Zuschauer tragen kann. Die Indianer der Prärie liebten den Tanz sehr; er war keine Belustigung, sondern ein feierlicher Brauch mit symbolischem Charakter und wie die ganze indianische Kunst eng an Tradition gebunden. Damit man sich die Vielfältigkeit der Rothautstämme vorstellen kann, ist hier eine noch unvollständige Aufzählung derjenigen gegeben, die die Prarie bewohnen (mehrere einst von den Französen Kanadas und Luisianas in dieser Gegend und anderswo gegebenen Namen sind erhalten geblieben): Assiniboins, Arapaho, Chcyenne, Komantschen, Crow, Dickbauch, Kiowa, Sarai, Arikara, Hidatsa, Iowa, Kansas, Mandan, Missouri, Omahas, Osages, Otos, Pawnee, Ponca, Dakota, Wichita. Es ist erstaunlich zu sehen, wieviel jetzige geographische Bezeichnungen, Namen von Städten und Staaten, nichts anderes sind als die Namen der Stämme, die ursprünglich das betreffende Gebiet bewohnten.5. - INDIANER DER EBENEN UND WÄLDER NORDAMERIKAS.Kanus der Grossen Seen. Die Grossen Seen bilden den Mittelpunkt einer durch eine eigentümliche Zivilisation gekennzeichneten Gegend, welche einerseits an die Prärien, andererseits an den Atlantik grenzt. Die Autochtonen, oft Indianer des Nordostens genannt, leben nicht nur von Jagd und Fischfang, sondern sie besitzen ausgedehnte Pflanzungen. Ausser Bogen und Tomahawk gebrauchen sie bisweilen das Blasrohr. Stammesbünde sind nicht selten. Es bestehen geheime Gesellschaften, deren Gegenstand oft die Ausübung einer an Magie grenzenden Heilkunst ist; gewisse Stämme maskieren sich dabei und führen ihnen eigene Tänze auf. Die Indianer der Seen befolgen komplizierte Riten; ihre Götterlehre ist verhältnismässig entwickelt; sie glauben an geheimnisvolle, dem "Wakonda" der Ebenen ähnliche Kräfte. Mehrere Stämme der Seen gehören zu den bekanntesten Indianern: Irokesen, Hurons, Erie, Susquehanna, Fox, Illinois, Menominee, Ottawa, Shawnee, Delaware, Mohikaner, Massachusetts. Man bemerkt auch hier den Einfluss der Stammesnamen auf die geographische Namengebung. Unser Bild zeigt Wasserfahrzeuge aus Buffelleder oder Birkenrinde, die mit über dem Feuer geschmolzenem Gummi überzogen sìnd. Die Abbildungen links und rechts beweisen den allen Rothauten gemeinsamen Hang zur geometrischen Stilisation: die Indianer stellen Persönlichkeiten und Gegenstände nie dar wie sie wirklich sind, sondern wandeln sie um, um Kräfte und Absichten auszudrücken, die sie ihnen unterschieben. Die Kunst der Indianer ist streng traditionsgebunden, sodass der eigentliche Sinn der Symbole denjenigen unbekannt ist, die sie heute als nichtssagenden Schmuck nachzeichnen.6. - INDIANER DER EBENEN UND WÄLDER NORDAMERIKAS.Auf dem Kriegspfad. Die Abenteuerromane führten an die Gebräuche der Rothäute erinnernde Ausdrücke in mehrere Sprachen ein: sich auf den Kriegspfad begeben, das Kriegsbeil begraben (ausgraben), die Friedenspfeife rauchen usw. Die Pfadfinderbewegung entlieh ihrerseits bei den Indianern viele Ausdrücke und Gebräuche. Das Elend, eine Folge der primitiven Zivilisation, sowie die Notwendigkeit. die Jagdgründe ungeteilt zu lassen, machten die meisten Indianer kriegerisch. Die anfangs auf einen schmalen Kustenstreifen vom St. Lorenzstrom bis zum Golf von Mexiko begrenzte weisse Kolonisation schadete den Indianern kaum. Ja durch den Pelzhandel wurden sie

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sogar gewissermassen bereichert, auch wurden sie mit europäischen Werkzeugen und Waffen bekannt gemacht. Die Einführung des Pferdes erneuerte die Büffeljagd von Grund auf. Andrerseits richteten seuchenartige Krankheiten europäischen Ursprungs, die bis dahin in Amerika unbekannt geblieben waren, grosse Verheerungen an (z. B. die Pocken). Auch wurden die Kriege viel mörderischer. Die Weissen verwickelten die Eingeborenen in ihre eigenen Streitigkeiten. lm Laufe des langwierigen Streites zwischen Französen und Engländern (18. Jhdt.) wurden die Huronen, die Verbündeten der Französen, von den grausamen Irokesen, den Verbündeten der Engländer, fast gänzlich ausgerottet. Die Indianer wehrten sich bitter gegen die Kolonisierung des Binnenlandes, dies besonders im 19. Jhdt. während des grossen Dranges nach dem Pazifik und dem kalifornischen Gold und zur Zeit, als die Weissen den Büffel, die einzige Existenzmöglichkeit der Indianer, ausrotteten. Um 1850 gab es in Kalifornien 120.000, um 1880 nur mehr 20.000 Indianer.1. INDIENS DES PLAINES ET DES BOIS DE L'AMÉRIQUE DU NORDCostumes de guerre et de cérémonie.Il est très probable que l'Amérique s'est peuplée par des infiltrations successives, échelonnées sur des millénaires, et venant d'Asie par le détroit de Behring et par les chaines d'iles qui relient l'Asie è l'Amérique. En dépit de différences non négligeables, toutes ces populatiois prìmìtives appartiennent à une même race, improprement appelée race rouge ou Peaux-rouges, car la teinte de la peau est d'un brun jaunâtre. Le nom d'Indiens est dù au fait que les premiers explorateurs espagnols, à commencer par Colomb, se crurent arrivés aux Indes. Il n'est pas impossible que des pêcheurs polynésiens ou malais aient été jetés par les tempêtes sur les côtes de l'Amérique, mais un peuplement en masse par des Océaniens est exclu. Les "Indiens" ou "Peaux-Rouges" (puisque ces termes ont fait fortune) trouvèrent l'Amérique inhabitée et la peuplèrent du nord au sud. Leurs nombreuses tribus n'ont jamais ressenti de solidarité fondée sur la race; les conquérants européens n'ont eu aucu ne peine à s'assurer le concours des unes pour soumettre les autres. Eìles ont atteint des degrés de civilisation fort différents; cependant, même les plus avancées sont restées incapables de certaines inventions qui ont rendu possi ble la civilisatìon de l'Asie et de l'Europe: la roue, la charrue, l'usage d'animaux comme montures, etc. Les langues indigènes de l'Amérique du Nord, extrèmement nombreuses et très différentes, se ramènent à 6 groupes: Algonquin, Athabaska, Iroquois, Sioux, Ute et Aztèque. Aucune parenté n'a pu être découverte avec les langues de l'Ancien Monde.Notre image représente un groupe en grand costume de guerre ou de cérémonie; les volets latéraux offrent des types d'Indiens Sioux et Arapaho, les faces peintes aux couleurs de la tribu.2. INDIENS DES PLAINES ET DES BOIS DE L'AMÉRIQUE DU NORDVillage Sioux.Les Indiens représentés dans cette série sont ceux de l'ancienne époque, c. à d. d'avant le 19e s., qui a profondément modifié le genre de vie, le costume et l'organisation sociale. Bien que les tribus habitant l'Amérique du Nord soient extrémement diversifiées, elles se classent en 3 groupes: 1) les tribus des plaines, des lacs et des forêts; 2) celles du S. O., dites "des pueblos"; 3) celles du N. O.: de l'Alaska à la Colombie britannique.Les plaines herbeuses sans fin qui s'étendent à l'est des Montagnes Rocheuses et qui sont appelées "la prairie" étaient le domaine de tribus nomades, aventureuses et guerrières: Sioux, Pawnee, Cheyenne, Corbeaux, etc. De ce fait, leur activité artistique ou artisanale se trouvait réduite au minimum. EIles ont fourni à une plèiade de romanciers (Fenimore Cooper, Gustave Aymard, Mayne Reid, etc.) la matière de récits souvent romancés à l'excès et qui ont répandu bien des idées fausses dans un public porte à généraliser: l'humeur guerrière, les ornements en plumes d'aigles, les tentes légendaires appelées "tipi", la vie

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nomade, les scalps et les chevauchées, qui passent pour des traits communs à tous les Indiens,

n'appartiennent qu'à ceux de la prairie. De son côté, le film "western" a popularisé un type conventionnel et uniforme d'Indiens.

Notre image représente un village Sioux avec des tipis, dont certains ont leur ouverture supérieure protégée contre la pluie par un capuchon; d'autres ont leur entrée fermée par un rideau en cuir de bison. On y voit aussi une vieille "squaw" (femme) chargée des gros travaux, des femmes pilent du mais, des guerriers, des véhicules trainés par des chevaux ou des chiens. A noter la simplicité du costume ordinaire, contrastant avec l'éclat du costume de guerre. Sur les volets latéraux: art et artisanat de la prairie.3. INDIENS DES PLAINES ET DES BOIS DE L'AMÉRIQUE DU NORDChasse au bison.Depuis toujours, les Indiens de la prairie sont nomades. Jadis le chien de trait servait à leurs déplacements. Le ehèval, introdui: par les blancs, en a fait des coureurs d'espace et a transformé leur existence, dominée par la chasse au bison qui les obligeait à changer sans cesse d'habitat et à negliger toute agriculture. Le bison leur fournissait l'alimentatìon ainsi que le cuir de leurs tentes et de leurs vêtements; aussi les blancs mirent leur vie même en danger en pratiquant de leur côté, avec excès, la chasse au bison, exterminant presque l'espèce. Ce fut l’une des causes de la haine feroce qui opposa les Peaux-Rouges aux pionniers américains progressant vers le Far-West. Avant d'emprunter aux blancs l'usage des armes à feu, ces Indiens se servaient de l'arc, de la lance et du "tomahawk", sorte de casse-tête en pierre qui ne s'est transformé en hache qu'après la venue des Européens. La chasse et la guerre, avec la conquête de scalps et d'autres trophées, remplissaient leur existence. Ils croyaient à une force surnaturelle répandue partout, le "wakonda", qui prenait chez certaines tribus la forme d'une véritable divinié personnelle (p. ex. Tirawa, chez les Pawnee); ils attribuaient à chaque individu plusieurs âmes, dont l'une passait, après la mort, dans "le pays des chasses prospères". Ils déposaient leurs morts dans le creux de troncs d'arbres ou sur des éminences de la prairie, se livraient à des rites magiques et pratiquaient la vendetta. Leur tente conique en peau de buffle (tipi) eìait tendue sur une armature de perches. Ils teignaient de couleurs vives les plumes d'aigle et les piquants de porc-épic dont ils se paraient, leurs chaussures ("mocassins") et divers objets d'usage. Les volets de notre image montrent, comme spécimens d'art de la prairie, des dessins exécutés au fer rouge et rehaussés "au naturel".4. INDIENS DES PLAINES ET DES BOIS DE L'AMÉRIQUE DU NORD Danse des buffles chez les Mandan.L'importance du "buffalo" (buffle, bison) apparait eneore dans cette "danse du buffle" chez les Mandan (subdivision des Sioux), Les hommes sont entièrement peints et portent sur la tête des morceaux de peau avec les cornes. Au centre du groupe des danseurs évoluent deux sujets peints de vermillon strié de blanc, personnifiant le soleil; deux autres, peints en noir taché de blanc, représentent la nuit. Les danseurs-buffles portent des louffes de branches de saule évoquant, dans le folklore de cette tribu, une légende du déluge. Les Mandan, moins errants que les autres Indiens des plaines, possèdent des habitations plus solides, pourvues d'une toiture en un mortier spécial très résistant, capable de supporter le poids des spectateurs. Les Indiens de la prairie aimaient beaucoup la danse; elle n'etait pas une réjouissance, mais une cérémonie de caractére symbolique et, comme tout l'art ìndìen, strictement traditionnelle.Pour donner une idée de la multiplicité des tribus de Peaux-Rouges, voici une énumération, encore incomplète, de celles qui habitent la prairie (plusieurs noms, donnés jadis en cette région et ailleurs par les Francais du Canada et de la Louisiane, se sont maintenus): Assiniboine, Arapaho, Cheyenne, Comanche, Crow (Corbeaux), Gros-Ventres, Kiowa, Sarai, Ankara, Hidatsa, Iowa, Kansas, Mandan, Missouri, Omaha, Osage, Oto, Pawnee, Ronca.

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Dakota, Wìchita. If est frappant de voir combien de termes géographiques actuels, noms de villes et d'Etats, ne sont autre chose que les noms des tribus qui en occupaient primitivement le territoire.5. INDIENS DES PLAINES ET DES BOIS DE L'AMÉRIQUE DU NORDCanoes des Grands Lacs.Les Grands Lacs forment le centre d'une région caractérisée par une civilisation distincte et qui touche, d'une part à la Prairie, de l'autre à l'Atlantique. Les autochtones, appelés souvent Indiens du Nord-Est, ne vivent pas seulement de chasse et de pêche mais possèdent des cultures étendues. Outre l'arc et le tomahawk, ils utilisent parfois la sarbacane. Les confédérations de tribus ne sont pas rares. Il existe chez eux des sociétés secrètes, dont l'objet est souvent la pratique d une médecìne teintée de magie; certaines sociétés opèrent masquées et se livrent à des danses qui leur sont propres. Les Indiens des Lacs observent des rites compliqués; leur mythologie est rélativement développée; ils croient en des forces mystérieuses, comparables au "wakonda" des plaines.Plusieurs tribus des Lacs sont par mi les plus connues: Iroquois, Hurons, Erie,

Susquehanna, Fox, Illinois, Menominee, Ottawa, Shawnee, Delaware, Mohicans (v. Chateaubriand), Massachusetts. On note, ici eneore, l'influence des tribus sur la nomenclature géographique.Notre image représente des embarcations en cuir de bison ou en écorce de bouleau,

recouvertes de gomme fondu e au feu, Les éléments des volets montrent la tendance (générale chez les Peaux-Rouges) à la stylisation géométrique: les Indiens ne représentent ]amais les personnages et les objets tels qu'ils sont, mais les transforment pou- exprimer des forces et des intentions qu'ils leur prêtent. L'art indien, dessin et couleurs, est rigoureusement traditionnel, au point que le sens primitif des synnboles échappe à ceux qui les reproduisent aujourd'hui comme une banale décoration.6. INDIENS DES PLAINES ET DES BOIS DE L'AMÉRIQUE DU NORD Sur le sentier de la guerre.Les romans d'aventures ont naturalisé dans plusieurs langues des expressions qui rappellent les coutumes des Peaux-Rouges: prendre le sentier de la guerre, enterrer (déterrer) la ha che, fumer ie calumet de la paix, etc. Le mouvement scout a emprunté aux Indiens une partie considerable de son vocabulaire, de son cérémonial, et même de son organisation et de son esprit. La misère, conséquence d'une civilisation rudìmentaire, et notamment la nécessité de conserver sans partage leurs domaines de chasse, a rendu la plupart des Indiens belliqueux. La colonisation blanche ne leur fit guère de tort au début, continée à une bande cótìère ètroite allant du St. Laurent au Golfe du Mexique. En introduisant le commerce des fourrures, les blancs les enrichirent dans une certaine mesure; les outils et les armes de l'Europe se répandirent. L'introduction du cheval renouvela complètement l'art de la chasse au bison, au point que des tribus déjà sédentaires reprirent la vie nomade. En même temps que des maladies épidémiques d'origine européenne et jusqu'alors inconnues en Amérique causaient d'immenses ravages (p. ex. la variole), ies armes à feu rendaient les guerres beaucoup plus meurtrières. Les blancs mèlèrent les indigènes à leurs propres conflits. Au cours de la longue rivaIité entre Français et Anglais (18e s.), les Hurons, alliés des Français, furent à peu près exterminés par les féroces Iroquois; alliés des Anglais. Les Indiens opposèrent une résistance acharnée à la prise de possession de l'intérieur par les colons blancs, surtout au 19e s., quand se produisit la grande poussée vers le Pacìfique, encore renforcée par la ruée vers l'or de la Californie, et que les blancs, en exterminani les bisons, les prìvèrent de leur principal ou même seul moyen d'existence; p. ex. les Indiens de Californe, encore au nombre de 120.000 en 1 850, n'étaient plus que 20.000 en 1830.

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1642PUEBLO-INDIANER UND TOTEMISTEN NORDAMERIKAS.INDIANI PUEBLO E TOTEMISTI DEL NORD AMERICAINDIENS PUEBLOS ET TOTÉMISTES DE L’AMERIQUE DU NORD

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur PUEBLO-INDIANER UND TOTEMISTEN NORDAMERIKAS.1. - Ein Pueblo bei den Zuni.2. - PUEBLO-INDIANER UND TOTEMISTEN NORDAMERIKAS.Tänze der Hopi.3. - PUEBLO-INDIANER UND TOTEMISTEN NORDAMERIKAS.Navajo-Reiter - Felswohnungen.4. - PUEBLO-INDIANER UND TOTEMISTEN NORDAMERIKAS,Fischerdorf.5. - PUEBLO-INDIANER UND TOTEMISTEN NORDAMERIKAS.Maskentanz. 6. - PUEBLO-INDIANER UND TOTEMISTEN NORDAMERIKAS.Totendenkmal.1. INDIENS PUEBLOS ET TOTEMISTES DE L'AMÉRIQUE DU NORD. Un pueblo chez les Zuni.2. INDIENS PUEBLOS ET TOTÉMISTES DE L'AMÉRIQUE DU NORD. Danses chez les Hopi.3. INDIENS PUEBLOS ET TOTÉMISTES DE L'AMÉRIQUE DU NORD Cavaliers Navajo - Habitations rupestres.4. INDIENS PUEBLOS ET TOTÉMISTES DE L'AMÉRIQUE DU NORD Village de pêcheurs.5. INDIENS PUEBLOS ET TOTÉMISTES DE L'AMÉRIQUE DU NORD.Danse des masques.6. INDIENS PUEBLOS ET TOTEM ISTE S DE L'AMERIQUE DU NORD. Monument funéraire.Rückseite - Retro - Verso PUEBLO-INDIANER UND TOTEMISTEN NORDAMERIKAS.1. - Ein Pueblo bei den Zuni.Im Gegensatz zu den Indianern der Prärie, der Seen und Wälder, sind diejenigen der Pueblos (Neumexiko und benachbarte Gegenden) sesshaft. Der Name "Pueblo" ist spanischen Ursprungs und bezeichnet die Dörfer, in welchen die Indianer des Südwestens in Gruppen zusammenleben und sich nicht, wie ihre umherziehenden Artgenossen, aus Jagd- oder Kriegsgründen über das Land verstreuen. Die Bewohner der Puebios sind Landwirte, Töpfer, Korbflechter und Weber. Sie erzeugen schöne Sachen, wie z. B. die von, den Weissen heute noch hochgeschätzten Navajodecken, deren Färbung jedoch seit der Anwendung mittelmässiger chemischer Farbstoffe ihre ursprüngliche Harmonie verloren hat. Die Verwandtschaft der Kunsterzeugnisse der Pueblos mit denjenigen der Inkas ist sehr auffallend. Die Indianer des Südwestens sind die einzigen, die sich Wohnungen aus Stein bauen; ein Pueblo besteht aus einem einzigen sehr geräumigen Bau, dem die neuen Familien nach und nach Stockwerke mit Terrassen hinzufügen, die durch Leitern erreichbar sind. Diese an eine Festung erinnernde Bauart ist dazu bestimmt, den Angriffen umherschweifender, räuberischer Nachbarstämme, wie der Apatschen und eines Teiles der Navajos, standzuhalten. Obschon diese Stämme mit den Pueblos verwandt sind, haben sie die Sitten der Prärie angenommen, mit der sie in Berührung kommen. Die Puebloindianer treiben wenig Jagd; ihre Waffen sind Bogen, Keule und Bumerang; Mais, Bohnen und Melonen bilden die Grundlage ihrer Ernährung.

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2. - PUEBLO-INDIANER UND TOTEMISTEN NORDAMERIKAS.Tänze der Hopi.Erwähnen wir von den Bräuchen der Pueblos die sinnbildlichen Tänze wie Mais-, Schmetterlings-, Schlangen-, Hirsch-, Regenbogentanz u. a., sowie einen Brauch, der an belgisches Folklore erinnert, denjenigen der Riesen. Diese Gebräuche bilden heute eine touristische Attraktion. Die Macht der Priester macht sich auf allen Gebieten bemerkbar. Die Riten sind zahlreich; so werden z. B. bei grosser Trockenheit magische Zeremonien ausgeführt, um Regen zu erflehen. Unser Bild zeigt rechts und links Tanzmasken urd Puppen ("Kachina") der Hopi. Im Vergleich zu den andern Indianern Nordamerikas sind die Pueblos nicht die ruckständigsten. Die Zivilisation der Indianer steht hinter andern sie umgebenden Zivilisationen zurück einerseits durch eine gewisse Gleichgültigkeit und einen zu schwachen Wunsch nach Veränderung, ein Merkmal dieser Rasse, andrerseits durch

das Verhalten der Weissen, die sie gewissenlos zurückgedrängt und als nicht berücksichtigenswert behandelt haben. Von 1830 bis 1840 wurden fast alle östlich des Mississippi wohnenden Indianer gesetzlich nach der westlichen Prärie, die meisten nach Oklahoma, (Indian Removal Act) abgeschoben. Während der Ausbreitung der Weissen nach dem Pazifik beraubten Ausbeuter die Eingeborenen durch List und Gewalt des wertvollen Gelandes; mehr als einmal wurden mit den Indianern geschlossene Verträge

einseitig gekündigt. Ein Land Allotment Act (1887) schaffte das bei ihnen herkömmliche gemeinsame Eigentum des Bodens ab. Die Erbitterung der Indianer forderte oft unschuldige Opfer unter den Kolonisten und erschwerte den Bau der transkontinentalen Eisenbahnen.3. - PUEBLO-INDIANER UND TOTEMISTEN NORDAMERIKAS.Navajo-Reiter - Felswohnungen.Unser Bild zeigt die gefürchteten Navajo-Reiter, die einst der Schrecken der Weissen und der Indianer waren. In Europa sind sie weniger bekannt als ihre Nacheiferer, die Apatschen. Die Beziehungen zwischen Weissen und Indianern sind heute normal geworden. 1934 hat die Regierung der Vereinigten Staaten gründlich mit der Verdrängungspolitik gebrochen und zwar durch den "Indian Reorganization Act", der denjenigen, die es wunschten, die Rückkehr zum gemeinsamen Besitztum gewährte und den Stammen das Selbstbestimmungsrecht zuerkannte. Die Gesamtzahl der Indianer der Vereinigten Staaten, die 1920 auf 244.000 gesunken war, ist wieder rasch gestiegen: 1947 waren es 420.000, wovon die Hälfte in drei Staaten lebten: Oklahoma, Arizona und Neumexiko. Unter denjenigen, die am meisten zur Wiederherstellung des Friedens beitrugen, sei ein belgischer Mìssionar, Pater De Smet, genannt.

Die Felsenwohnungen auf unserm Bilde sind Spuren der "Cliffdwellers" oder Bewohner der steilen Gestade, vorgeschichtliche Vorfahren der Pueblo-indianer. Heutzutage dienen diese Höhlen als Zufluchtsstätten. Der hier abgebildete Bau heisst "Schloss des Montezuma", (mächtiger Indianerherrscher des 16. Jahrhunderts). Auf beiden Seiten des Bildes vorgeschichtliche Gegenstände herrührend von den "Cliffdwellers" sowie zwei Navajotypen.4. - PUEBLO-INDIANER UND TOTEMISTEN NORDAMERIKAS,Fischerdorf.

Die totemistischen Indianer des Nordwestens (Kustenland von Alaska bis Britisch Kolumbien) weisen gemeinsame Merkmale auf, die sie von allen andern stark unterscheiden, nicht weil diese Merkmale nicht auch anderswo vereinzelt anzutreffen sind, sondern weil sie in dieser Gegend bei weitem am stärksten auftreten. An erster Stelle dieser unterscheidenden Merkmale steht der Totemismus. Das "Totem" ist ein Gegenstand, eine

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Pflanze oder häufiger ein Tier, das eine Menschengruppe (Familie, Verband oder Stamm) mit sich selber gleichstellt und dessen Darstellung ihr eigenes Sinnbild wird; das Totem ist Gegenstand eines Kultes und dient den Mitgliedern der Gruppe als Erkennungszeichen. Es hat eine gewisse Aehnlichkeit mit den bei den Fürstenhäusern und Nationen des Alten Kontinents gebräuchlichen Sinnbildern der Wappen : die Lilie Frankreichs, die weisse Rose von York, der Lowe von Flandern, der Adler des deutschen Kaiserreichs usw. ; aber seine Bedeutung ist verschieden: das Totem besitzt eine eigene Kraft, die die Gemeinschaft beschützt. Bei den Fischern der Tlinkiten, Chilkaten und Koloschen sind die Boote mit totemistischen Zeichnungen geschmückt. Unser Bild zeigt auf beiden Seiten Teile von

Totems und den Kopf einer Kwakluti-Frau mit nach einem fast verschwundenen Brauch künstlich verunstaltetem Schädel.5. - PUEBLO-INDIANER UND TOTEMISTEN NORDAMERIKAS.Maskentanz. Bei den Indianern des Nordwestens bestehen heute noch Tänze, Totenfeiern und

Zauberbräuche, deren Sinn wir schlecht kennen. Hierbei bedienen sie sich allerlei Masken und anderer Schmuckgegenstände. Dieses sonderbare Ritual sowie die riesigen Totemmasten reihen die Totemisten in die Gruppe der geheimnisvollsten Stämme ein. Man stellt bei ihnen eine hohe Achtung für die Inhaber von Reichtümern fest; diese letzteren halten darauf, ihren Reichtum zur Schau zu stellen. Einer der sonderbarsten Gebräuche ist derjenige der "Potlach", Feste, während denen Güter aller Art unter die Menge geworfen oder inmitten Belustigungen verbrannt werden. Diese Völker sind dennoch eher arm: sie leben von Küstenschiffahrt und Salmfischfang; ihre Nahrung besteht aus Salm, Fischöl

und getrockneten Beeren. Bei all ihrer "Primitivität übertreffen sie ihre Nachbarn des Binnenlandes (Mackenzie-Fluss), die Anbeter böser Geister (Chamanismus), die als einzigen religiösen Brauch das Tragen zahlloser Amulette kennen und ausschliesslich von der Renntierjagd ("Karibu") und dem Fischfange leben. Die Totemindianer übertreffen ebenfalls die Küstenstämme die in Kalifornien leben; die Kultur dieser letzteren ist eine des rückständigsten Nordamerikas; sie nähren sich von wilden Früchten und Wurzeln, kennen den Ackerbau nicht und leben in der abergläubischen Furcht der Toten; sie glauben an eine gute und eine schlechte Gottheit, welch letztere sich im Koyot oder Präriehund aufhält. In der Mitte rechts ein Häuptling und links maskierte Tänzer mit von symbolischen Motiven bedeckten Umhängen. Auf den Seiten: Haida- und Kwakiutlmasken.6. - PUEBLO-INDIANER UND TOTEMISTEN NORDAMERIKAS.Totendenkmal.

Die Totemindianer des Nordwestens verbringen den grössten Teil ihres Lebens auf dem Wasser; kein Wunder, dass bei ihnen die Totendenkmaler oft die Form eines Kanus annehmen. Sie betreiben Küstenschiffahrt und befahren besonders die unzähligen Wasserläufe, die aus dem Felsengebirge herniederströmen und deren schiffbare, äusserst klaren Teile von Stromschnellen und Wasserfällen unterbrochen werden: hier hält der Salm sich mit Vorliebe auf während seiner jährlichen Wanderung vom Ozean zu den klaren und eisigen Süsswassergewässern der Bergflüsse.Den Totemkult trifft man nicht nur in Nordamerika an, sondern auch in Afrika und Ozeanien, wo er früher entwickelter war als zu unsern Zeiten. Ursprung und genaue Bedeutung des Totemkults stellen zwei sehr schwierige Probleme der Volkerkunde dar.In Amerika stehen die Totemmasten entweder vor der Wohnung eines Häuptlings, oder im Mittelpunkt eines Dorfes oder an heiliggeltenden Stellen. Manchmal bilden

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sie Gruppen oder Reihen. Sie stellen gewöhnlich drei übereinanderstehende, stark stilisierte menschliche Gestalten dar, die von einem möglichst hohen Schaft überragt werden. Rechts und links auf unserm Bilde Totembildnisse der Kwakiuti- und Haïdaindianer, sowie Ruderlöffel der Haïda.1. INDIENS PUEBLOS ET TOTEMISTES DE L'AMÉRIQUE DU NORD. Un pueblo chez les Zuni.Contrastant avec les Indiens de la Prairie, des lacs et des forêts, ceux des pueblos

(au Nouveau-Mexique et dans les régions voisines) sont sédentaires. Le nom de "pueblo" est d'origine espagnole et désigne les villages od les Indiens du sud-ouest vivent groupés, au lieu de se disperser, comme leurs congénères nomades, au grè de la chasse et des collisions guerrières. Les habitants des pueblos sont agriculteurs, potiers, vanniers et tisserands, Leur artisanat produit de jolies choses, p. ex. les couvertures de la tribu Navajo, qui furent toujours fort appréciées; de nos jours, les blancs les prisent énormément, bien que le coloris ait perdu de son harmonie primitive depuis que des cclorants chimiques médiocres ont remplacé les anciennes teintures. La parenté artistique des productions des pueblos avec l'artisanat des Incas se manifeste à l'évidence. Les Indiens du sud-ouest sont les seuls qui se bâtissent des habitations en pierre; un pueblo consiste en une seule construction très vaste à laquelle les nouvelles familles ajoutent successivement des étages pourvus de terrasses, avec échelles d'accès. Cette disposition, qui fait penser à une forteresse, est en effet destinée à braver les raids de certaines tribus voisines, nomades et pillardes, entre autres les Apaches et une partie des Navajo; ces tribus, apparentées pourtant à celles des pueblos, sont en contact avec la Prairie et en ont les moeurs. Les Indiens des pueblos s'adonnent peu à la chasse; leurs armes sont l'arc, la massue et le "boomerang" (arme de jet revenant à celui qui l'a lancée); le mais, les haricots et les melons forment la base de leur alimentation!2. INDIENS PUEBLOS ET TOTÉMISTES DE L'AMÉRIQUE DU NORD. Danses chez les Hopi.Parmi les coutumes de la région des pueblos, citons les danses allégoriqués: danses du mais, du papillon, du serpent, des cerfs, de l'arc-en-ciel, etc.; ainsi que l'usage des géants („shalko"), qui rappelle notre folklore. Ces pratiques constituent aujourd'hui une attraction touristique. Le pouvoir des prêtres se fait senìir dans tous les domaines; la réligion de ces Indiens consiste surtout en rites nombreux et variés; lors des grandes sécheresses, ils accomplissent des cérémonies magiques pour obtenir de la pluie. Les volets de notre image reproduisent des masques de danse Hopi et des poupées folkloriques ("kachina").Comparés aux autres Indiens de l'Amérique du Nord, ceux des pueblos ne sont pas les

plus arriérés. Le retard des Indiens sur d'autres civilisations qui les entourent provient, d'une part, d'une certaine indifférence, d'un désir trop faible de changement, qui est un trait de la race, et d'autre part de l'attitude des blancs, qui les ont refoulés sans scrupule et les ont traités en quantité négligeable. De 1830 à 1840, presque tous les Indiens habitant à l'est du Mississipi furent légalement transférés dans la Prairie à l'ouest, la plupart dans l'Oklahoma (Indian Removal Act). Au cours de l'expansion blanche vers le Pacifique, des spéculateurs dépouillèrent par ruse ou par violence les ìndigènes des terrains qui présentaient quelque valeur; plus d'une fois, des traités conclus avec les Indiens furents dénoncés unilatéralement. Un Land Allotment Act abolit en 1887 la propriété collective du sol, traditionnelle chez eux. L'exaspération des Indiens fit souvent des victimes innocentes parmi les colons et entrava sérieuesment la construction des chemins de fer transcontinentaux.3. INDIENS PUEBLOS ET TOTÉMISTES DE L'AMÉRIQUE DU NORD

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Cavaliers Navajo - Habitations rupestres.L'image évoque les redoutables cavaliers Navajo, moins connus en Europe que leurs émules les Apaches, jadis terreur des blancs et des Indiens. A la vérité, les relations entre blancs et Indiens sont devenues normales. En 1934, le gouvernement des Etats-Unis a rompu radicalement avec la politique de refoulement, par l'Indian Reorganization Act, accordant à ceux qui le désiraient le retour à la propriété collective et reconnaissant aux tribus une large autonomie. Le nombre total des Indiens des Etais-Ums, descendu à 244.000 en 1920, s'est relevé rapidement ; en 1947 il était de 420.000, dont la moitié dans 3 Etats: Oklahoma, Arizona et Nouveau-Mexique. Parmi les hommes de bonne volonté qui contribuèrent le plus è la pacification, il convient de citer un célèbre missionnairs belge, le Père De Smet.

Les habitations rupestres que l'on aperçoit sur notre image sont des vestiges des "cliff dweklers" ou habitants des falaises, ancêtres préhistoriques des Indiens des pueblos. De nos jours, ces cavernes servent de refuges. L'ensemble représenté ici est appelé "le château de Montézuma", puissant souverain indigène du 16e s. Sur les volets latéraux: objets préhistoriques provenant des "cliff dwellers" et types Navajo.4. INDIENS PUEBLOS ET TOTÉMISTES DE L'AMÉRIQUE DU NORD Village de pêcheurs.Les Indiens totémistes du nord-ouest (zone côtìère, de l'Alaska à la Colombie britannique) présentent des caractères communs qui les distinguent fortement de tous les autres, non que ces caractères ne se retrouvent sporadiquement ailleurs, mais parce qu'ils s'affirment ensemble dans cette région avec le maximum d'intensité. Au premier rang de ces traits distinctifs, il faut noter le totémisme. Le "totem" est un objet, un végétal ou plus souvent un animal, qu'un groupe humain (famille, clan ou tribu) identifie avec lui-même et dont la représentation devient son propre symbole; le totem est l'objet d'un culte et sert de signe de ralliement aux membres du groupe. Il présente une vague analogie avec les symboles héraldiques usités par des nations et par des maisons princières du Vieux Continent: le lis de France, la rose blanche d'York, le lion de Flandre, l'aigle de l'empire allemand, etc.; mais l'esprit est different: le totem possède une force propre qui protège la communauté. Chez les pêcheurs Tlinki, Chilkat et Koloche, les embarcations sont décorées de motifs totémiques. Sur les côtés de notre image, fragments de totems, et tête de femme Kwakiuti, au crâne artificiellement deformé, suivant une coutume presque disparue. 5. INDIENS PUEBLOS ET TOTÉMISTES DE L'AMÉRIQUE DU NORD.Danse des masques.Chez les Indiens du nord-ouest subsistent nombre de danses et de cérémonies funèbres ou magiques dont le sens nous est mal connu, et dont le pittoresque est relevé par toutes sortes de masques et d'autres éléments décoratifs. Ce rituel étrange et les immenses mâts totémiques aux figures grimaçantes classent les tribus totémistes parmi les plus mystérieuses et les plus surprenantes. On constate chez elles un profond respect pour les détenteurs de richesses; ceux-ci tiennent à en faire montre, et l'un des usages les plus bizarres est celui des "potlach", fêtes au cours desquelles des biens de toute espèce sont jetés à la foule ou brûlés au milieu des réjouissances. Pourtant ces peuples sont plûtòt pauvres; ils n'ont pour vivre que le cabotage et la pêche au saumon; leur nourriture consiste en saumon, en huile de poisson et en baies séchées. Si "primitifs" qu'ils soient, ils sont supérieurs à leurs voisins de l'intérieur (région du fleuve Mackenzie), adorateurs des esprits malfaisants (chamanisme) et ne connaissant pour tout rite que le port d'abondantes amulettes, tirant toute leur subsistance de la chasse au renne ("caribou") et de la pêche. Les Indiens totémistes sont également supérieurs aux tribus côtières habitant plus au sud, en Californie; celles-ci ont l'une des civilisations les plus rudimentaires de toute l'Amérique du Nord, se nourrissant de fruits sauvages et de racines, ignorant toute agriculture, et vivant dans la crainte superstitieuse des morts; elles croient en une divinité bienveillante et

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en une méchante, qu'elles font résider dans le coyote ou chien des prairies.L'image centrale représente, à droite, un chef et à gauche des danseurs masqués; à noter

les couvertures enièrement décorées de motifs symboliques. Sur les volets: masques Haida et Kwakiuti.6. INDIENS PUEBLOS ET TOTEM ISTE S DE L'AMERIQUE DU NORD. Monument funéraire.Les Indiens totemisies du nord-ouest passent leur vie en grande partie sur l'eau; aussi n'est-il pas étonnant que chez eux les monuments funéraires affectent souvent la forme d'un canoe. Plus encore qu'ils ne se livrent au cabotage dans le Pacifique, ils parcourent les innombrables cours d'eau qui descendent des Montagnes Rocheuses et dont les biefs navigables, d'une limpidité idéale, sont séparés par des rapides et des chutes: c'est le type même de l'habitat préferé du saumon, lors de sa migration annuelle de l'océan vers les eaux douces, claires et glacées, des rivières de montagne.Il est à noter que le totémisme n'est pas absolument particulier à l'Amérique du Nord. Il existe en Afrique et en Oceanie, et il doit avoir été plus développé dans ces régions qu'il ne l'est à notre époque. L'origine et la signification exacte du totémisme se rangent parmi les problèmes les plus ardus de l'ethnographie et ont donné lieu à des théories souvent fort aventurées.

En Amérique, les fameux mâts totémiques sont érigés, soit devant la demeure d'un chef, soit au centre d'un village, soit en des endroits considérés comme sacrés. Ils forment parfois des groupes ou des alignements. Ils consistent ordinairement en trois figures humaines superposées et fortement stylisées, surmontées d'une hampe aussi élevée que possible.Les volets de notre image représentent des effigies funéraires Kwakiutl et Haida ainsi que des cuillers de rame Haida.

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1643INDUSTRIE DES SCHWEFELS.INDUSTRIA DELLO ZOLFO.INDUSTRIE DU SOUFRE.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. - INDUSTRIA DELLO ZOLFO.«I FORNI»2. - INDUSTRIA DELLO ZOLFO.PICCONIERI IN MINIERA3. - INDUSTRIA DELLO ZOLFO.TRASPORTO DEL MINERALE.4. - INDUSTRIA DELLO ZOLFO.CERNITA E FRANTUMAZIONE,5. - INDUSTRIA DELLO ZOLFO.LA GAVITTA.6. – INDUSTRIA DELLO ZOLFO.IMBARCOückseite - Retro - Verso 1. - «I FORNI»Fu il Lavoisier il primo a riconoscere lo zolfo come un corpo elementare e a comprenderlo

nella scala degli «elementi chimici». Questo elemento è presente in numerosissime combinazioni: ad esempio nei solfati, come il gesso, nei solfuri metallici, come la blenda e la pirite, nell'acido solfidrico, nelle acque sulfuree e nell'anidride solforosa, tipica delle emanazioni vulcaniche. Allo stato nativo lo si trova in forma cristallina o in grosse- croste nei coni vulcanici, oppure abbondantemente frammisto a dei materiali che vengono appunto detti solfiferi e che possono essere gesso, celestina, sostanze terrose od altre, tra cui il bitume. Come si può dedurre da questi cenni, la presenza dello zolfo è spesso connessa a manifestazioni vulcaniche o petrolifere.

Per liberare lo zolfo nativo dal minerale in cui è contenuto, ci si vale della proprietà .che questo elemento possiede dì fondere a una temperatura inferiore al punto di fusione della ganga. In tal modo lo zolfo fuso può esser fatto colar fuori e venire raccolto.

All'inizio dell'Ottocento, in Sicilia, si usava ancora, a tal fine, la calcarella, fornace a pianta circolare e a fondo inclinato verso l'avanti, su cui si ammucchiavano da tre a quattro metri cubi di minerale. Ma, dato che era completamente allo scoperto, riusciva malagevole il regolarne la combustione; e la resa in zolfo, dopo una lavorazione che durava due giorni, era a malapena di un 30%. Si giunse così a cercare un perfezionamento e ad escogitare un tipo di forni di cui si dirà nella nostra figurina successiva.2. - PICCONIERI IN MINIERAPer migliorare la resa di zolfo nella fornace, si provò ad aumentare il quantitativo di

materiale sottoposto a combustione, ed a limitare l'ammissione dell'aria mediante un mantello di «rosticci», cioè di residui di materiale già sfruttato: si ebbe così il calcarone. Fra ulteriori tentativi di coprire il calcarone o di progettare dei forni a camera, ebbe fortuna il forno Gili.Il tipo di forno Gili a quadriglia è costituito da quattro celle in muratura, a forma di tronco

di cono o talvolta di cilindro. Ciascuna di esse ha una calotta sferica e un fumaiolo. Un sistema di condutture permette all'aria della cella motrice, cioè della cella in cui il processo di combustione giunge al termine e che è piena di rosticci caldi, di passare nella cella successiva dove il materiale è in corso di fusione, alimentandone così la combustione. Da tale seconda cella passa a una terza, dove il materiale è in fase di preriscaldamento, e infine alla quarta cella, dove si è alla fase di scarico o a quella di caricamento. E' ovvio che, a turno, le celle si

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trovano a compiere l'una o l'altra mansione, secondo un ciclo che riduce la perdita di tempo.Questi forni, ed altri tipi più o meno analoghi, sono a combustione di zolfo, adoperano cioè

il minerale stesso come principale combustibile, bruciandone una parte per ricuperare l'altra. Si sono esperimentati anche fornì con altro combustibile per ottenere una resa economica più soddisfacente, e sono stati realizzati altri procedimenti di estrazione (ad esempio col solfuro di carbonio).

Il minerale per tali operazioni, naturalmente, ha avuto prima da esser scavato e portato alla luce, coi sistema propri alla tecnica mineraria. Nella nostra figura, è rappresentato il lavoro di scavo in miniera.3. - TRASPORTO DEL MINERALE.Le zolfatare, in Sicilia, impiegano una numerosa manovalanza che si distingue in ruoli

tradizionali: picconieri, carusi, calcaronai, arditori, spillatori, acquaroli.Ci riferiamo alle zolfatare siciliane - particolarmente numerose nelle Provincie di Agrigento,

Caltanissetta ed Enna - perchè sono tuttora fra le più importanti d'Europa, anzi del mondo, seconde solo a quelle americane. A lungo la Sicilia fu la massima rifornitrice di zolfo per tutto il mondo.

A seconda che sorgessero nuove applicazioni o decadesse l'impiego dello zolfo, l'industria produttiva conobbe alti e bassi. E al riguardo si ricordi che sin dalla remota antichità si conobbe e si adoperò lo zolfo: l'Odissea narra che Ulisse se ne servì per purificare la sua casa, dopo l'uccisione dei Proci; e invero lo zolfo fu a lungo impiegato nelle cerimonie di purificazione. Ma era utilizzato anche, presso i Romani, per confezionare torce, per comporre mastici, per sbiancare stoffe di lana. Più tardi, con l'invenzione della polvere pirica, e in seguito (nel sec. XVIII) quando si cominciò a fabbricare su larga scala l'acido solforico, il fabbisogno di zolfo crebbe immensamente.Data appunto dall'inizio del 1800 l'incremento delle zolfatare siciliane; e per buona parte di

tale secolo esse dovevano poi essere il bersaglio di manovre finanziarie e di speculazioni monopolistiche, data la fonte di guadagno che costituivano. L'industria solfifera siciliana consentiva così ampio margine di utile, in parte per la ricchezza dei giacimenti, ma soprattutto per il livello estremamente basso del costo della mano d'opera.4. - CERNITA E FRANTUMAZIONELa supremazia dell'industria siciliana dello zolfo durò fino a quando la speculazione potè

avvalersi di una produzione a costi più bassi che altrove. Ma alla fine dell'Ottocento, gli Stati Uniti d'America, fino allora grandi consumatori, divennero produttori. Che era accaduto?

Era stato scoperto e messo in atto dal chimico Ermann Frasch un nuovo metodo di estrazione che consentiva di sfruttare i ricchi giacimenti americani, già noti in precedenza: e ciò tanto perchè il sistema Frasch ovviava alla difficoltà rappresentata da strati di sabbie mobili o di materiale incoerente che ricoprivano i giacimenti, quanto perchè non richiedeva un elevato impiego di mano d'opera. Infatti il minerale solfifero potè esser raggiunto trivellando dei pozzi; riscaldandolo in seno al giacimento stesso mediante batterie di caldaie a vapore si ottenne zolfo liquido, che veniva recato alla superfìcie per mezzo di pompe. In tal modo il costo di produzione potè risultare relativamente basso, e il consumo di zolfo nelle più

svariate applicazioni divenne possibile. Nella produzione mondiale, gli Stati Uniti passarono al primo posto.Per aumentare la resa dell'estrazione si sono studiati ovunque svariati accorgimenti, principalmente intesi ad arricchire il minerale solfifero. Si è ricorsi ad esempio alla frantumazione e alla stacciatura, separando il minerale minuto (che fornisce un tenore più elevato) da quello medio, e sottoponendolo inoltre a lavaggio per eliminarne l'argilla.5. - LA GAVITTANello scavare e nel trasportare il minerale si forma un materiale minuto, detto sterro, di cui

una parte va perduta nella miniera stessa. Per molto tempo lo sterro (pur ricco di minerale)

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rimase inutilizzabile, ma si scoprì poi che era possibile impastarlo con acqua, formando i panotti, di circa dieci o quindici chilogrammi ciascuno, che una volta asciugati presentano la necessaria porosità per l'uscita dei gas e che vengono immessi nei soliti forni.

La nostra figurina numero uno riproduce la veduta di un gruppo di forni (una quadriglia), ma solitamente si hanno vari gruppi gli uni vicini agli altri e coperti da una tettoia unica. Ciascuna delle celle dispone nella volta di un'apertura per le operazioni di caricamento di minerale (una cella contiene normalmente da venti a trenta metri cubi), e dispone altresì di una bocca laterale, per lo scarico. Durante l'operazione di estrazione la bocca viene murata lasciando solo un foro per la colata dello zolfo.Da tale pertugio lo zolfo fuso cola appunto nella gavitta, dove rimane a raffreddare,

solidificandosi. Possono allora essere tolti dalle gavitte i pani di zolfo, atti a venire sistemati, ed accatastati nei magazzini in attesa dell'ulteriore destinazione.6. - IMBARCOOggi che i quattro quinti circa della produzione mondiale di zolfo nativo sono coperti dagli

Stati Uniti, mentre il quinto restante è diviso principalmente fra l'Italia e il Giappone, è inevitabile che cessi lo sfruttamento delle miniere meno ricche, o site in Paesi dove più elevato è il costo della mano d'opera, o che non dispongono di un adeguato mercato.

L'industria d'estrazione dello zolfo nativo subisce inoltre fortemente la concorrenza dell'estrazione delle piriti, più costosa, ma grandemente sviluppata in vari Paesi europei e soprattutto in Spagna.

E' chiaro quindi che anche la produzione siciliana di zolfo deve fronteggiare difficoltà non indifferenti, di natura economica, tanto più che gli Stati Uniti, oltre ad avere un indirizzo industriale diverso, più moderno, possono attuarlo avvalendosi di carburante a prezzo assai più basso.In America, appunto, quando il Frasch aveva iniziato tra il generale scetticismo ad

applicare il sistema da lui ideato, per sfruttare un. giacimento che aveva già provocato il fallimento dì alcune società, la produzione si era assai avvantaggiata dalla scoperta del grande campo petrolifero dì Spindletop, dal quale il Frasch potè ottenere a buon mercato le grandi quantità dì combustibile di cui necessitava.In Sicilia il petrolio si è trovato abbastanza di recente, e non è esclusa che la produzione petrolifera, attraverso tutta una serie di ripercussioni economiche, possa recare a una trasformazione di vari indirizzi industriali, ivi compreso quello della produzione di zolfo siciliano.

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1644RIESENINSEKTEN AUS BELGISCH-KONGO.INSETTI GIGANTI DEL CONGO BELGA.INSECTES GÉANTS DU CONGO BELGE.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. - RIESENINSEKTEN AUS BELGISCH-KONGODie Riesenheuschrecke: Ornithacris cyanea (Stoll).2. - RIESENINSEKTEN AUS BELGISCH-KONGO.Der Rieseagoliath: Goliatus giganteus (Drury).3. - RIESENINSEKTEN AUS BELGISCH-KONGO.Der Riesenipetrognatha: Petrognatha gigas (Fabricius).4. - RIESENINSEKTEN AUS BELGISCH-KONGODie Riesengrille: Ugada limbata (Fabricius).5. - RIESENINSEKTEN AUS BELGISCH-KONGODie Riesenfangschrecke: Idolum diabolicum (Saussure).6. - RIESENINSEKTEN AUS BELGISCH-KONGO.Der Afrikanische Riesenschmetterling: Papilio 1 . INSECTES GÉANTS DU CONGO BELGE.LE CR I QU ET GEA NT: Ornithacris cyanea (Stoll).2. INSECTES GÉANTS DU CONGO BELGE.LE GOLIATH GEANT: Goliathus giganteus (Drury)3. INSECTES GÉANTS DU CONGO BELGE.L E P E T R O G N A T H E G E A N T : Pctrognatha gigas (Fabricius).4. INSECTES GÉANTS DU CONGO BELGE.LA CI GA LE GEA NTE: Ugada limbata (Fabricius).5. INSECTES GÉANTS DU CONGO BELGE.LA MANTE GEANTE: Idolum diabolicum (Saussure).6. INSECTES GÉANTS DU CONGO BELGE.LE PAPILLON GEÀNT DE L'AFRIQUE: Papilio antimachus (Drury).Rückseite - Retro - Verso 1. - RIESENINSEKTEN AUS BELGISCH-KONGODie Riesenheuschrecke: Ornithacris cyanea (Stoll).Die Heuschrecken, geradflüglige Insekten, sind gekennzeichnet durch zermalmende Mundteile, Springbeine und dachartig über dem Körper zusammengefaltete Flügel. In der Ruhelage liegen die Unterflügel fächerartig unter den schmalen Oberflügeln. Man bemerkt kurze Fühler, sehr grosse und sehr entwickelte Augen. Die Larve unterscheidet sich von dem erwachsenen Insekt durch ihre geringere Korpergrösse und durch das Fehlen vollkommener Flügel. In beiden Stadien sind die Heuschrecken von ausserordentlicher Gefrässigkeit: sie sind Vegetarier oder Allesfresser.

In der Ruhelage reiben sich die hinteren Schenkelbeine gegen den verhärteten Rand der Oberflügel, wodurch ein zirpendes Geräusch entsteht. Beobachtet man die sehr leicht wahrnehmbaren Bewegungen der Hinterbeine, so kann man sich leicht erklären, wie die Heuschrecken "singen".

Die Insekten legen ihre Eier klumpenweise in den Boden; sie haben eine zahlreiche Nachkommenschaft.

Viele Arten verwüsten die Felder der warmen Länder. Die Heuschreckenregen, eine wahrhafte, sich fortbewegende Landplage, welche die massenhaften Wanderungen gewisser Arten begleiten, ergeben sich aus der überaus grossen Vermehrung dieser Insekten.Die Riesenheuschrecke erreicht eine Länge von 90 mm.

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2. - RIESENINSEKTEN AUS BELGISCH-KONGO.Der Rieseagoliath: Goliatus giganteus (Drury).Der Goliath ist einer der grössten Hartflügler. Er gehört zur Familie der Blatthornkäfer, Abteilung der Blumenkäfer. Der Goliathus giganteus - eine der grössten Arten - erreicbt eine Länge von 75 mm.

Die geschlechtliche Zweigestaltigkeit ist weniger ausgeprägt als bei anderen artgleichen Tieren. Die hornartigen Fortsätze des Kopfes sind jedoch ein charakteristisches Merkmal des Männchens. Die hellen Längsstriemen, die das Brustschild zieren, sind beim Weibchen kürzer als beim Männchen.Der Riesengoliath hat eine engerlingartige Larve, ähnlich derjenigen des Maikäfers. Sie

gleicht einem grossen weissen Wurm und erreicht eine Länge von 20 cm, d. h. das Doppelte der Länge eines fertigen Insektes. Die Larven leben in faulendem Holz. Das Insekt dagegen ernährt sich vom Saft gesunder Bäume und hauptsächlich vom Pflanzensaft der Elaeispalme.

Wie die Mehrzahl der dicken, holzfressenden Larven der Hartflügler ist auch diejenige des Goliath ein von den Eingeborenen sehr geschätztes Nahrungsmittel.

Den Goliath findet man in Afrika, besonders in der Gegend der grossen Wälder.3. - RIESENINSEKTEN AUS BELGISCH-KONGO.Der Riesenipetrognatha: Petrognatha gigas (Fabricius).Dieser Hartflügler aus der Familie der Schrägkopfböcke, Unterfamilie der Spitzböcke, trägt auch den Namen Langhorn. Er besitzt sehr lange Fühler, die ihm ein besonderes Aussehen verleihen.Die Langhörner sind über die ganze Erde verbreitet. Die schönsten jedoch findet man unter den zahlreicheren tropischen Arten. Viele weisen Färbungen und Formen auf, die der Umgebung angepasst sind. Beispiel: Die ganze Ruckenoberfläche des Riesenpetrognathas gleicht einem halb braunen, halb grauen, samtartigen Moose. Die unregelmässigen Fühler gleichen gewissen Halmen. In der Ruhelage wird das Insekt der Baumrinde, auf welcher es sich aufhält, zum Verwechseln ähnlich und wird von seinen Feinden, Vögeln und anderen insektenfressenden Wirbeltieren, nicht wahrgenommen.

Die Larven der Schrägkopfböcke bohren das Holz, im allgemeinen dasjenige dürrer Bäume, an. Die Larven des Riesenpetrognathas greifen verschiedeie Arten, unter ihnen den Kaffeebaum an. Diese fast beinlosen Larven gleichen dicken weissen Würmem. Der kleine Kopf und die Farblosigkeit des Insektes entsprechen seiner zurückgezogenen Lebensweise im Innern der ins Holz gebohrten Gänge.Der Petrognatha wird 65 mm lang.4. - RIESENINSEKTEN AUS BELGISCH-KONGODie Riesengrille: Ugada limbata (Fabricius).Die Zikaden gehören zur Ordnung der homopteren Halbflügler, d .h. sie sind gekennzeichnet durch häutige und gewöhnlich durchsichtige Flügel von gleichmässiger Festigkeit.Es handelt sich gewöhnlich um dicke Insekten. Das Männchen besitzt einen sehr charakteristischen, häutigen Summapparat auf jeder Seite des unteren Teils des Unterleibes. Das Häutchen wird durch die Bewegung eines speziellen Muskels in Schwingung versetzt, wodurch ein leicht zu erkennendes Klappergerflusch erzeugt wird, das man in den Mittelmeerländern und in allen andern warmen Gegenden hört. Deshalb sind die Grillen als die am geräuschvollsten Insekten der Erde bekannt.

Als Larve lebt das Insekt unter der Erde. Der Bau der Vorderbeine ermöglicht der Larve

das Wühlen. Die Larven saugen den Saft verschiedencr Baumwurzeln. Nach einigen Jahren - die genaue Zahl ist für die hier beschriebene Art bis jetzt noch nicht festgestellt - steigt das fertige Insekt aus dem Boden und fliegt davon. Das Leben der Larve dauert bedeutend länger als dasjenige des fertigen Insektes, das über eine Jahreszeit nicht hinauskommt und

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während dieser Zeit ein Schmarotzer der oberen Teile gewisser Bäume ist. Die Riesengrille erreicht eine Länge von 55 mm.5. - RIESENINSEKTEN AUS BELGISCH-KONGODie Riesenfangschrecke: Idolum diabolicum (Saussure).Die Fangschrecken sind geradflüglige, durch Fangbeine gekennzeichnete Insekten.

Schienbein und Schenkelbein der Vordergliedmassen bilden eine Zange. Desweiteren ist der Prothorax d. h. der vordere Ring des Mittelleibes gewöhnlich sehr lang, was dem vorderen Teile des Körpers eine grosse Beweglichkeit verleiht. Die Riesenfangschrecken sind fleischfressende Insekten : sie ernähren sich von anderen Insekten, welche sie fangen und lebendig verschlingen.

Das "Idolum diabolicum" besitzt ein Pronotum (Brustpanzer) das einen besonders langen Hals bildet, was kennzeichnend für die der Unterfamilie der Empusinaen angehörenden Insekten ist. Das Insekt sitzt gewöhnlich regungslos mit aufgerichtetem Mittelleib, die zusammengefalteten Vorderfüsse wie zum Gebet erhoben. Diese Haltung begünstigt den Fang einer Beute die beim Vorbeifliegen von der lauernden Fangschrecke gehascht wird.

Der Körper des Insektes ist sehr oft mit verschiedenen Auswüchsen (aus Chitin bestehende Häutchen) versehen und hat die Fähigkeit eine seiner Umgebung ähnliche Färbung anzunehmen. So ist die Fangschrecke ihrer Umgebung zum Verwechseln ähnlich und kann die andern Insekten leichter überraschen.

Die Gefrässigkeit der Fangschrecken ist so gross, dass sie sich gegenseitig auffressen: das Weibchen frisst das Männchen nach der Befruchtung. Ein solches Betragen ist nicht einzigartig bei den Gliederfüssern. Namentlich die Spinnen tun dasselbe.6. - RIESENINSEKTEN AUS BELGISCH-KONGO.Der Afrikanische Riesenschmetterling: Papilio antimachus (Drury).

Dieser Schmetterling gehört zur Familie der richtigen Papilionidäen, zu denen die grossen Tagfalter gehören. Er erreicht eine Flügelweite von ungefähr 200 mm, und man sieht ihn als einen der grössten Tagfalter Afrikas an. In seiner Heimat, dem grossen Walde, trifft man ihn häufig in der Nähe des Wassers, wo er anmutig einherschwebt. Er lässt sich gern an morastigen Stellen nieder, um seinen Durst zu stìllen.Nur das Männchen des afrikanischen Riesenschmetterlings (s. Bild) ist sichtbar. Das lange unbekannt gebliebene Weibchen ist im Kongo bis jetzt noch nie gefangen worden. Die ausländischen Museen besitzen nur eine sehr geringe Anzahl weiblicher Exemplare, die auf dem Sammlernarkt von sehr hohem Werte sind. Warum begegnet man dem Weibchen so selten? Aus einer sehr einfachen Ursache: es verlässt den Gipfel der Bäume, wo die Raupe lebt, nicht. Dieses bemerkenswerte Beispiel von sesshafter Lebensweise ist nicht einmalig bei den Insekten. Die Weibchen anderer Schmetterlingsarten leben unter ähnlichen Bedingungen und bleiben dadurch sogar unbeflügelt. Das Riesenschmetterlingsweibchen besitzt zwar Flügel, sie sirft jedoch anders geformt als diejenigen des Männchens.1 . LE CR I QU ET GEA NT: Ornithacris cyanea (Stoll).Les Acrididae, insectes Orthoptères, se caractérisent par les appendices buccaux broyeurs, les pattes saltatoires (destinées au saut) et la disposition des ailes en toit sur l’abdomen. Au rcpos, les ailes postérieures sont pliées en éventail, sous les ailes antérieures étroites. On remarque des antennes courtes, des yeux très grands et très développés. A l'état larvaire, l’insecte diffère seulement de l'adulte par la taille plus petite et l'absence d'ailes parfaites. Aux deux stades, les Acrididae sont d'une voracité extrèmc lcur regime est végétarien ou omnivore.Au rcpos, les fémurs postérieurs frottent contre le bord durci des ailes supérieures,

formant un appareil stridulatoire ( qui provoque un bruit aigu). En obscrvant les mouvements des pattes postérieures, parfaitement perceptibles, il est aisé de se rendre compte comment «chantent» les criquets.

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Les insectes déposent leurs oeufs en paquets, dans le sol; une nombreuse progéniture leur échoit.Beaucoup d'espèces dévastent les cultures des pays chauds. Les pluies de criquets,

véritable fléau mouvant accompagnant les migrations massives de certaines espèces, résultent de la grande prolificité de ces insectes.Le criquet géant atteint 90 mm de longueur.2. LE GOLIATH GÉANT: Goliathus giganteus (Drury)Les Goliaths figurent parmi lcs plus grands Coléoptères. Ils appartiennent à la famille des Scarabeidae, sous-famille des Cctoninae. Le Goliathus giganteus - l'une des plus grandes espèces - atteint 75 mm de longueur.Le dimorphisme sexuel (différences structurales entre mâle et femelle ) est moins prònoncé

que chez d'autres espèces du même genre. Les appendices cornus de la tête constituent cependant une nette caractéristique chez le mâle. Les bandes longitudinales claires qui ornent le pronotum ou corselet sont moins longues chez la femelle que chez le mâle.La larve du Goliath géant est une larve mélolonthiforme (analogue à celle du hanneton). Elle se présente sous l'aspect d'un grand ver blanc dont les dimensione atteignent 20 cm, soit le double de la longueur d'un insecte parfait. Les larvcs vivent dans le bois en decomposition. L'adulte, au contraire, se nourrit du suc végétal d'arbres sains et notamment de la sève du palmier Elacis.Comme la plupart des grosses larves xylophages de Coléoptères (xylophages - qui mangent du bois), celle du Goliath entre dans l'alimentation dcs indigènes, qui en sont particulièrement friands.Les Goliaths se rencontrent en Afrique, spécialement dans la région de la grande forêt.3. L E P E T R O G N A T H E G E A N T : Pctrognatha gigas (Fabricius).Ce Colèoptère de la famille des Cérnmbycidae. sous-famille des Lamiinae, porte

ègalement l'appellation de Longicorne. Il possedè des antennes particulièrement longues qui lui confèrent un aspect pnrticulier.Les Longicornes sont disséminés dans le monde entier, mais les espèces tropicalcs,

plus nombreuses, conprennent également les plus belles espèces. Beaucoup prèsentent des teintes homochromiques (qui ressemblent aux couleurs du milieu où vit l'insecte ) et adoprent des formes mimetiques. Exemple: toute la surface dorsale du Petrognathe géant ressemble à une mousse veloutée, mi-brune, mi-grise. Les antennes irrégulières offrent quelque ressemblance avec certaines brindilles. Au repos, l’insecte se confond admirablement avec l'ècorce sur bquelle il se tient et passe inaperçu de ses ennemis: oiseaux et autres vcrtébrés insectivores.

Les larves des Cerambycidae forent le bois. généralement celui des arbres morts. Celles du Petrognathe géant s'attaquent à diverses essences, y compris le caféier. Ces larves, presque apodes (privées de pattes) ressemblent à de gros vers blancs. La petite tête et la coloration pâle de l'insecte sont en fonction de l'habitat retiré, à l'intérieur des galeries ereusées dans le bois.Le Petrognathe atteint 65 mm de longueur.4. LA CI GA LE GEA NTE: Ugada limbata (Fabricius).Les Cidadidae se classent dans l'ordre des Hémiptères homoptéres, c. à d.

caractérisés par des ailes de consistance uniforme, mcmbraneuses et généralement transparentes.

Il s'agit généralement de gros insectes dont le mâle possède un appareil vibrateur membraneux très caractéristique, de chaque côté de la base de l'abdomen. La membrane vibre sous l'action d'un muscle spécial, produisant un son de crécelle bien reconnaissable que l'on entend dans toutes les régions chaudes, méditerranéennes et autres. Aussi, les cigales possèdent-elles la réputation justifiée d'insectes les plus bruyants du globe.

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Au stade larvaire, l'insecte vit sous le sol; la structure des pattes antérieures permet le fouissement. Les larves sucent la sève des racines d'arbres divers. Au bout de quelques années - le nombre exact n'en est pas déterminé jusqu'à présent pour l'espèce considérée ici - l'insecte parfait émerge du sol et prend son vol. La vie larvaire dépasse de loin la durée de l'existcnec adulte. L'insecte adulte vit généralement pendant une saison et devient, durant ce laps de temps, un parasite des parties aériennes de certains arbres.

La Cigale géante atteint une longucur de 55 mm.5. LA MANTE GEANTE: Idolum diabolicum (Saussure).Les Mantidae sont des insectes orthoptères caractérisés par les pattes antérieures

ravisseuses: le tibia forme pince avec le fémur. En outre, le prothorax (segment antérieur du thorax ) est généralement très long, conférant une grande mobilité à la partie avant du corps. Les mantes gcantes se classent parmi les insectes carnivores: elles se nourrissent d'autres insectes qu'elles capturent et dévorent vivants.

L’«Idolum diabolicum» possède un pronotum ou corselet formant un cou particulièremcnt long, caractéristique des insectes appartenant à la sous-famille des Empusinae. L'insecte se tient habituellement immobile, le prothorax redressé, les pattes antérieures repliées et levées dans une attitude de priere, en réalité favorable à la capture d'une proie de passage saisie au vol par la mante aux aguets.Le corps de l'insecte est très souvent pourvu de diverscs expansions (membranes

chitineuses) et possède la faculté d'adopter une coloration homochromique. Ainsi, la mante se confond avec le milieu et surprend plus aisément les autres insectes.

La grande voracité des mantes les pousse a s'entredévorer: la femelle mangc le mâle après la fécondation. Un tel comportement n'est pas unique dans le monde des arthropodes. Les araignées, notamment, font de même.6. LE PAPILLON GEÀNT DE L'AFRIQUE: Papilio antimachus Drury.Ce papillon appartient à la famille des vrais Papillonidae, comprenant les grandes espèces

diurnes. Il atteint une envergure d'environ 200 mm et on le considère comme un des plus grands papillons de jour d'Afriquc. Dans la grande forêt, son habitat, un le voit fréquemment évoluer avcc gräce à proximité de l'eau. Il se pose volontiers dans les endroits bourbeux pour se désaltérer.Seul le mâle du papillon géant d'Afrique, représenté sur notre chromo, est visible. Restée longtemps inconnue, la femelle n'a jusqu'à présent jamais été capturée au Congo. Les Musées étrangers ne possèdent qu'un nombre infime de specimens femelles, dont la valeur atteint un niveau élevé sur le marché des collectionneurs. Pourquoi rencontre-t-on si rarement la femelle? Pour une raison bien simple: elle ne quitte pas le faite des arbres où vit la chenille. Ce rcmarquable exemple de sédentarisme n'est pas unique chez les inssectes. D'autres especes de papillons femelles adoptent des condititions de vie analogucs, au point de devenir aptères. c. à d. privées d'ailes. Cet aptérisme ne frappe pas la femclle du papillon géant d’Afrique; seulc la forme des ailes diffère de cellcs du mâle.

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1645DIE INSEKTENFRESSERGLI INSETTIVORILES INSECTIVORES.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. DIE INSEKTENFRESSERDer Igel (Erinaceus europaeus)2. DIE INSEKTENFRESSERDer Maulwurf (Talpa europaea).

3. DIE INSEKTENFRESSERDie Spitzmaus (Sorex vulgaris). - 4. DIE INSEKTENFRESSER.Die Elefantenspitzmaus (Macroscelides typicus) -Der Tanrek (Centetes ecaudatus)5. DIE INSEKTENFRESSER.Der Desman (Myogale moschata) -Die Wasserspitzmaus (Ntomys fodiens)6. DIE INSEKTENFRESSERDer Pelzflatterer (Galeopithecus volans).1. - LES INSECTIVORES.Le Hérisson (Erinaceus europaeus).2. - LES INSECTIVORES.La Taupe (Talpa europaea).3. - LES INSECTIVORES.La Musaraigne (Sorex vulgaris) - La Crocidure (Crocidura suaveolens).4. - LES INSECTIVORES.Le Macroscélide (Macroscelides typicus) - Le Tanrec (Centetes ecaudatus).5. - LES INSECTIVORES.Le Desman (Mygale ou Mygale moschata) - Le Crossope (Neomys fodiens).6. - LES INSECTIVORES.Le Galéopithèque (Galeopithecus volans).Rückseite - Retro - Verso 1. DIE INSEKTENFRESSERDer Igel (Erinaceus europaeus)Die auf diesen Bildern dargestellten Tiere sind trotz einer gewissen Ähnlichkeit mit Ratten und Mausen keineswegs Nagetiere, sondern Insektenfresser. Ihre Zähne sind klein und spitz und so durch ihre Form vorzüglich zum Durchknacken und Knabbern von Insekten geeignet.

Der 25 bis 30 cm grosse Igel zeichnet sich aus durch spitze Stacheln auf Rücken und Seiten. Er rollt sich kügelförmig zusammen, indem er Kopf und Beine unter den Bauch einzieht und seine Stacheln aufrichtet, sodass er in einen regelrechten Stachelmantel eingehüllt ist. Zu diesem Verteidigungsmittel greift er, wenn er von Hunden oder Fuchsen, seinen grössten Feinden, angegriffen wird. Um dennoch zum geliebten Happen zu kommen, greift der Fuchs zu einer List. Er benetzt das Tier mit seinem übelriechenden Urin. Der arme Igel, dessen feiner Geruchssinn diesen ekelhaften Gestank nicht erträgt, will fliehen, er streckt Kopf und Füsse heraus... und schon ist es um ihn geschehen!Der Igel bewohnt Wälder und Ebenen. Den Winter verbringt er in einem tiefen

Winterschlaf. Der Igel unserer Gegenden erwacht im Monat März.In der Dämmerung geht er auf Nahrungssuche. Er ist Allesfresser. Seine Nahrung

besteht grosstenteils aus Insekten, Fröschen, jungen Vögeln und verschiedenen

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Pflanzen. Er frisst sogar Schlangen, wie Ottern, gegen deren Gift er immun ist. Der Igel ist ein nützllches Tier, das verdient, geschützt zu werden.2. DIE INSEKTENFRESSERDer Maulwurf (Talpa europaea).

Der Maulwurf ist genau so bekannt wie der Igel. Er haust in Feldern und Wiesen und verrät sich durch die sogenannten «Maulwurfshügel», die sich an den Offnungen unterirdischer Gänge befinden. Das Tier selbst trifft man selten an, da es sich meist unterirdisch aufhält.Der Körper dieses kleinen, schwerfälligen und walzenförmigen Tierchens ist bedeckt von einem dichten und milden Fell, welcher das Tier gegen Kälte und Feuchtigkeit schützt. Sein ganzer Körperbau entspricht den Anforderungen seiner unterirdischen Lebensweise. Der halslose, kegelförmige Kopf besitzt keine Ohrmuscheln, die Augen sind klein und fast vollständig durch das Fell bedeckt. Die Vordergliedmassen stellen bezeichnenderweise zwei kurze, starke, rückwärts gerichtete Schaufeln dar, deren fünf Zehen starke, zum Graben geeignete Krallen tragen. Der spitze Rüssel bietet ebenfalls ein vorzügliches Grabinstrument. Ein wahres Kunstwerk ist der unterirdische Bau. Lange verzweigte Gäange münden in einer Zentralkammer, in welcher der Maulwurf seine Jungen aufzieht und einen Teil des Tages verbringt. Um seinen gesunden Appetit zu befriedigen, treibt er sich in seinen Gängen umher- oder gräbt neue auf der Suche nach Würmern, lnsekten und Larven. Da er sehr gefrässig ist, zerstört er eine beträchtliche Menge dieser Tiere und könnte somit zu den nützlichen Tieren gezählt werden. Die Schaden, die er jedoch anrichtet durch das Durchbeissen von Wurzeln und das Aufwerfen seiner Hügel in den Wiesen, überwiegen die geleisteten Dienste. Eben deshalb ist er auch der Verfolgung durch den Bauer ausgesetzt. Sein mildes, samtartiges Fell ist im Pelzhandel sehr gesucht.3. DIE INSEKTENFRESSERDie Spitzmaus (Sorex vulgaris). - Die Wimperspitzmaus (Crocidura suaveolens). Die Ähnlichkeit dieser Insektenfresser mit den Mäusen ist nur oberflächlich. Es genügt, sich den langen Rüssel, die spitren Zähne, den behaarten, schuppigen Schwanz und die kurzen Gliedmassen anzusehen, um hiervon überzeugt zu sein.Die gemeine Spitzmaus ist die am häufigsten in Europa vorkommende Art. Sie ist klein (11 cm, wovon 4 cm Schwanz), schlank, ein entschlossener, mutiger, kämpferischer Fleischfresser, der Mäuse und Artgenossen verfolgt und angreift und sie leicht besiegt. Sie nährt sich von Würmern, Insekten, Schnecken und andern Kleintieren in grossen Mengen. Würde die Spitzmaus die Grösse des Tigers erreichen, so wäre sie bestimmt eines der am meisten zu furchtenden Tiere unseres Planeten. Da sie keine Pflanzen zerstört und keine Gänge gräbt, ist sie von grossem Nutzen für die Landwirtschaft. Die Spitzmaus ist vorwiegend ein Nachttier. Sie bewohnt am liebsten unterirdische Höhlen, manchmal sucht sie Unterschlupf in hohlen Bäumen, Felsspalten, Mauerrissen oder unbewohnten Bauwerken.

Die Wimperspitzmaus ist eines der kleinsten Säugetiere (6 cm) und gleicht der Spitzmaus. Sie hält sich mit Vorliebe in Gärten auf, manchmal in der Nähe von Behausungen, wo sie Schutz und Nahrung sucht. Ihr starker Moschusgeruch rührt von der Absonderung bestimmter Drüsen her und bildet ein Abwehrmittel gegen die Gefrässigkeit zahlreicher Feinde. In Wirklichkeit greifen die meisten Fleischfresser sie kaum an und veiachten sie. Die Katzen töten sie wohl, fressen sie jedoch nicht.4. DIE INSEKTENFRESSER.Die Elefantenspitzmaus (Macroscelides typicus) -Der Tanrek (Centetes ecaudatus)

Diese beiden Insektenfresser gehôren nicht zur europäischen Fauna. Der erste Iebt in den heissen Gegenden Afrikas. Durch seine Form ähnelt er leicht der Pyramidenratte (ein Nager). Wie diese hat die Elefantenspitzmaus kurze Vorder- und lange Hintergliedmassen. Anstatt zu gehen oder zu laufen, springt sie mit

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ausserordentlicher Flinkheit. In Ruhestellung dienen ihr die Hintergliedmassen und der eher schwache Schwanz als Stütze. Sie ist ein echtes Tagtier, welches es liebt, gerade in der höchsten Hitze zu jagen. Ihre lange Schnauze endet in einem sehr beweglichen Rüssel, der überall schnüffelt und schnuppert und in den Felsspalten die zum Leben notwendigen Insekten sucht. Das Tier ist furchtsam und vorsichtig und flüchtet beim geringsten Alarm. Es wird 30 cm lang, wovon die Hälfte auf den Schwanz kommt.

Der Tanrek (auch Tenrek), auf Madagaskar heimisch, gehört zu einer Art insektenfressender Säugetiere, welche kleine, stachelige, Höhlen bewohnende Tiere begreift, deren Sitten denen des Igels ähneln. Seine Stacheln bilden jedoch kein wirksames Verteidigungsmittel. Sie bestehen aus einem Gemisch von Borsten, Haaren und biegsamen Stacheln. Sie sind schwarz mit weissen oder gelben Streifen. Das scheue und furchtsame Tier gräbt unterirdische Gänge, die es während des Tages durchläuft. Es ist 40 cm lang und somit einer der grössten Insektenfresser. Es hält sich vorzugsweise in mit Dickicht bewachsenen Berggegenden auf, in der Nachbarschaft von Sümpfen und Seen. Der Tanrek ist ein sehr fruchtbares Tier: ungefähr dreimal im Jahre bringt das Weibchen 15 bis 20 Junge zur Welt.5. DIE INSEKTENFRESSER.Der Desman (Myogale moschata) -Die Wasserspitzmaus (Ntomys fodiens)

Der Desman kommt sehr häufig in Südosteuropa vor und sucht besonders die Ufergebiete

der grossen russischen Ströme auf. Er erreicht 42 cm, von denen 25 cm auf den Schwanz kommen, Er besitzt einen langen, nackten, beweglichen Rüssel, der ihm dazu dient, Schnecken, Würmer, lnsekten und andere Kleintiere zu greifen und zum Maule zu führen. Sein Schwanz ist stark abgeflacht, unbehaart und schuppig; die mit Schwimmhäuten versehenen Zehen ermöglichen ihm es, sein Leben unter Wasser oder in den längs des Ufers gegrabenen Gängen und Höhlen zu verbringen. Das schöne, oben dunkelbraune, unten silbrige Fell wird in der Pelzindustrie verwandt (Moskowitischer Desman).

Die Wasserspitzmaus lebt an den Flussufern und kommt sehr häufig in Europa vor. Sie ist von dunkler Farbe, ziemlich klein (12 cm, wovon.5 auf den Schwanz kommen), hat ein

niedliches Aussehen, ist flink, lebhaft und schnell in ihren Bewegungen. Sie hat breite Gliedmassen, die nach aussen hin mit einer Reihe unbiegsamer Schwimmhaare versehen sind. Als guter Schwimmer vermag sie unbeweglich unter Wasser zu verbleiben. Bei der geringsten Gefahr taucht sie und gleitet über den Grund. Die verzweigten Gänge, die sie sich gräbt befinden sich in der Nähe des Wassers. Der Unterschied zwischen ihrem niedlichen Aussehen und ihren raubtierähnlichen Gepflogenheiten bleibt hervorzuheben. Bei ihrer Jagd im Wasser klammert sie sich sogar auf dem Rücken grosser Fische fest und frisst ihnen Augen und Gehirn aus. Aus diesem Grunde ist die Wasserspitzmaus vom Fischzuchter gehasst.6. DIE INSEKTENFRESSERDer Pelzflatterer (Galeopithecus volans).

Diese sonderbaren Tiere trifft man auf der malaiischen Inselwelt, von Java bis Borneo, in Birma, auf den Molukken (Ozeanien) und auf den Philippinen an.Der Pelzflatterer ist ein katzengrosses Tier. Er besitzt eine eigenartige Flatterhaut, durch die Gliedmassen und Schwanz miteinander verbunden sind. Die durch Häute verbundenen Finger endigen in scharfe Krallenspitzen, mittels derer das Tier mühelos Bäume erklettern kann. Der Rücken ist von einem milden, samtartigen Fell bedeckt, während die Seiten unbehaart sind. Der Pelzflatterer lebt auf den Bäumen und bewegt sich durch weites Schweben von Ast zu Ast. Den Tag verbringt er mit Schlafen, wobei er sich mit den Hintergliedmassen, Kopf nach unten, an den Asten aufhängt.

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Seine Nahrung besteht aus verschiedenen Pflanzen, aus. Früchten und Insekten. Das Tier beginnt seine Tätigkeit in der Dämmerung: auf der Suche nach Insekten erklettert es langsam einen Baumgipfel. Von Zeit zu Zeit springt es von einem Astende ab, wobei es seine Flatterhaut ausbreitet und nun langsam, schief von oben nach unten, 60 bis 70 m weit schwebt. Es geht nie auf die Erde nieder. Wird es jedoch durch irgendeine Ursache dazu gezwungen, dann schleppt es sich mühsam bis zu einem Baumstamm, den es erklettern kann. Die Lebens- und Trächtigkeitsdauer des Tieres sind uns unbekannt. Das Weibchen bringt jeweils ein Junges zur Welt. Die Eingeborenen jagen das Tier wegen seines essharen Fleisches und seines dichten und milden Pelzes.1. - Le Hérisson (Erinaceus europaeus).Les animaux représentés sur les vignettes, malgré une certaine ressemblance avec les rats et les souris, ne sont nullement des rongeurs, mais des insectivores. Les dents, au lieu d'être tranchantes comme celles des rongeurs, sont petites et pointues, conformées spécialement pour croquer et grignoter les insectes.

Le Hérisson, mesurant de 25 à 30 cm, se distingue par les piquants aigus qui lui couvrent le dos et les flancs. Repliant la tête et les pattes sous le ventre, il se roule en boule, et dresse des aiguillons au point d'être enveloppé d'un véritable manteau épineux. Menacé de quelque peril, assailli ou attaqué par des chiens ou des renards, ses plus grands ennemis, il recourt à ce moyen de défense. Mais connaissez-vous les ruses de maître renard pour s'approprier les bouchées dont il raffole? Il arrose l'animal de son urine fètide. Le pauvre hérisson, ayant l'odorat délicat, cherche à fuir cette odeur infecte, il sort la tête et les pattes et adieu la vie!

Habitant des bois et des plaines, le hérisson est un animal hibernant, c. à d. qu'il passe tout l'hiver dans un état de profond engourdissement. Celui de nos régions se réveille au mois de mars.

Au crépuscule, il part à la recherche de sa nourriture. Le hérisson est omnivore ("il mange tout"). Son régime alimentaire se compose en majeure partie d'insectes, grenouilles, couvées d'oiseaux et de végétaux divers. Il dévore même les reptiles, tels les vipères dont ìl ne craint pas la morsure, étant immunisé contre leur venin. En fait, c'est un animal très utile qui mérite d'être protégé.2. - La Taupe (Talpa europaea).La taupe est aussi populaire que le hérisson. Elle a son habitat dans les champs et prairìes, trahissant sa présence par de petits monticules de terre, appelés „taupinières" et situés près des ouvertures de ses galeries souterraines. Ori l'y rencontre pourtant rarement, étant souvent enfouie.Le corps de ce petit animai lourd et cylindrique est recouvert d'une épaìsse et douce fourrure qui le protège contre le froid et l'humidité. Ressemblant à un saucisson, et dépourvu de cou, il est entièrement boti en fonction de sa vie souterraine. La téte conique ne possedè pas de pavillons d'oreilles, les yeux sont petits et presque complètement cachés dans la fourrure, sinon mème entièrement voilés par la peau (d'où le nom de „taupe aveugle"). Les pattes antérieures sont caractéristiques : deux pel les courtes, robustes, courbées vers l'arrière et les 5 doigts armés d'ongles puissants sont particulièrement aptes à fouir le terrain. Leur museau pointu constitue également dans ce domaine un instrument très efficace. On découvre une merveille de la nature en examinant comment la taupe creuse de longues galeries complexes, aboutissant à une chambre centrale d'habitation, dans laquelle elle élève les petits et passe une partie de la journée. Pour satisfaire son appétit robuste, elle róde dans ces mines ou en creuse de nouvelles, à la recherche de vers, insectes et larves. Très vorace, elle en détruit une quantité considérable et pourraìt donc être classée parmi les animaux utiles. Mais les dégâts qu'elle cause dans les plantations de tout genre en coupant les racines et en bouleversant la surface des prairies, sont plus considérables que les services rendus. Aussi le paysan lui fait-il une chasse continuelle. La fourrure, douce et veloutée, est recherchée pour la pelleterie.3. - La Musaraigne (Sorex vulgaris) - La Crocidure (Crocidura suaveolens).

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La ressemblance de ces insectivores avec les souris n'est que superficielle. Il suffit d'observer le long museau, les dents pointues, la queue velue et squameuse (écailleuse), les pattes très courtes, pour s'en convaincre.

La Musaraigne commune est l'espèce la plus fréquente dans une grande partie de l'Europe, surtout dans l'hémisphère nord. De petite dimension (11 cm dont 4 cm pour la queue), svelte, elle est un carnassier résolu, courageux, batailleur, poursuivant et attaquant les souris et ses congénères dont elle vient facilement à bout. Elle se nourrit de vers, insectes, escargots et autres bestioles, dont elle dévore d'énormes quantités. Si la musaraigne atteignait la taille du tigre, ce serait à coup sur un des animaux les plus redoutables de notre planète. Ne dévorant pas de plantes, ne creusant pas de galeries souterraines, elle est un auxiliaire précieux pour l'agriculture. La musaraigne est plutôt nocturne. Elle se tient de préférence dans les terriers, cherchant parfois refuge dans le creux des arbres, les fissures de rocs, les murs lézardés, les bâtiments inoccupés.

La Crocidure est un des plus petits représentants de la classe des mammifères (6 cm de longueur) et ressemble par sa forme à la musaraigne. Elle s'établit de préférence dans les jardins, parfois dans le voisinage des habitations, y cherchant abri et nourriture. La forte odeur de musc que ces insectivores dégagent provient de la sécrétion de ganglions spéciaux. Cette odeur ne constitue pas un luxe, mais un moyen de défense contre la voracité de ses ennemis multiples. Au fait, la majeure partie des carnivores ne les attaquent guère et les dédaignent. Si les chats les tuent, ils ne les mangent jamais.4. - Le Macroscélide (Macroscelides typicus) - Le Tanrec (Centetes ecaudatus).Ces deux insectivores n'appartiennent pas à la faune européenne. Le premier vit dans les régions arides de l'Afrique. Par sa forme, il offre quelque ressemblance avec le rat des pyramides (qui est un rongeur). Comme celui-ci, le Macroscélide a les pattes antérieures courtes, les postérieures longues. Au Iieu de marcher ou de courir, il saute avec une agilité extraordinaire. Au repos, les pattes postérieures et la queue peu robuste lui servent d'appui. Il a des habitudes diurnes (pendant le jour), aime de chasser aux heures où les rayons du soleil sont le plus brûlants. Son museau allongé, termine par une trompe très mobile, explore et flaire partout, cherchant dans les fissures des rocs les insectes dont il a besoin pour vivre. Timide, prudent, cet animal cherche refuge à la moindre alerte. Sa longueur est de 30 cm (dont la moitié pour la queue).

Le Tanrec (on écrit aussi tenrec), propre à l'île de Madagascar, appartient à un genre de mammifères insectivores qui comprend de petits animaux épineux, terrestres, ayant les moeurs du hérisson. Toutefois, les piquants qui couvrent le corps ne constituent pas, comme chez le hérisson, une défense efficace. Faits d'un mélange de soies, de poils et de piquants souples et flexibles, ils empèchent l'animal de se rouler en boule. La coloration est noire rayée de blanc ou jaune.

Timide et peureux, le tanrec creuse des galeries souterraines, qu'il parcour pendant le jour. Il a 40 cm de long et est donc un des plus grands insectivores. Il choisit son habitat de préférence dans les broussailles entre les montagnes,dans le voisinage des mares et des lacs. Très prolifique, la femelle met basenviron 3 fois par an, 15 à 20 petits.5. - Le Desman (Mygale ou Mygale moschata) Le Crossope (Neomys fodiens).Le Desman abonde en Europe sud-orientale et fréquente particulièrement les rives des grands fleuves russes. De dimension remarquable (longueur 42 cm, dont 25 cm pour la queue), il possède une espèce de trompe longue, nue, mobile, qui lui sert à enlever les escargots, vers, insectes et autres bestioles, et à les porter jusqu'à la bouche. Sa queue est fortement comprimée, nue et écailleuse; les pattes palmées lui donnent une grande agilité à la nage et lui permettent de passer la vie sous eau ou dans les galeries et terriers qu'il creuse le long des rives. Le pelage, d'un beau brun foncé au-dessus et argenté en-dessous, est utilisé en fourrure (Desman de Moscovie).

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Le Crossope, animal aux mcours aquatiques, vivant aux bords des rivières, abonde dans toute l'Europe et est commun en France. De teinte très foncée, petit de dimension (12 cm dont 5 cm pour la queue), il a un aspect gracieux, agile, vif et il est prompt dans ses mouvements. Ses pattes sont larges, munies de rangées de poils raides sur les bords externes (en guise de rame). Fort à la nage, il réussit à rester immobile sous eau. Au moindre danger, il plonge et se promène sur le fond. Les galeries compliquées qu'il creuse ou usurpe aux autres animaux se trouvent dans le voisinage des eaux.

Il est utile de remarquer que son aspect gracieux contraste avec ses habitudes féroces. Chassant ses proies dans l'eau, il fait une grande consommation de petits poissons. Il se cramponne même au dos de grands poissons, crevant leurs yeux, ouvrant leur crâne et dévorant la cervelle. Le crossope est de ce fait détesté et odieux aux pisciculteurs.6. - Le Galéopithèque (Galeopithecus volans).On rencontre ces animaux bizarres en Malaisie, de Java à Bornéo, enBirmanie, aux Moluques (Océanie), et aux îles Philippines.

Le Galéopithèque, aux dimensions d'un chat, possède un curieux repli cutané, qui réunit les membres, y compris la queue. Les doigts palmés et terminés par des griffes aigues, lui permettent de grimper aisément le long des arbres. Le dos est recouvert d'un pelage doux et velouté, les flancs sont nus. Cet animai vit dans les arbres et se meut en décrivant dans l'air de vastes paraboles, planant de branche en branche. Vivant dans les forêts montagneuses, cet insectivore passe la journée en dormant. Il se suspend aux branches par les pattes postérieures, la tête en bas.Sa nourriture se compose de végétaux divers, de fruits et d'insectes. Le Galéopithèque commence son activité au crépuscule: il grimpe lentement jusqu'à la cime des arbres, en quête d'insectes. De temps en temps il se pose sur l'extrémité d'une branche, d'où il fait un bond. Etendant la membrane qui lui permet de se déplacer librement dans l'air, il parcourt en oblique, de haut en bas, des distances de 60 à 70 m. Il ne descend jamais à terre. Au cas où un incident l'y oblige, il se traine péniblement jusqu'à un tronc d'arbre où il pourra grimper. La longévité et la durée de gestation de cet animal nous sont inconnues. Les femelles mettent bas un seul petit a la fois. Les indigènes lui font la chasse pour sa chair comestible et sa fourrure extrèmement épaisse et douce.

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1646IWAN DER SCHRECKLICHE.IVAN IL TERRUBILE.IWAN LE TERRIBLE.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. IWAN DER SCHRECKLICHE.Grausamer Zeitvertreib des Zarewitsch.2. IWAN DER SCHRECKLICHE.Die Einnahme Kasans. 3. IWAN DER SCHRECKLICHE.Verteidigung von Pskow.4. IWAN DER SCHRECKLICHE.Die "Opritschniki".5. IWAN DER SCHRECKLICHE.Die Reueanwandlungen Iwans des Schrecklichen. 6. IWAN DER SCHRECKLICHE.Iwan Koltzo bietet Iwan dem Schrecklichen Sibirien an.1. - IWAN LE TERRIBLE.Amusements cruels du «Tsarévitch».2. - IWAN LE TERRIBLE.Prise de Kazan.3. - IWAN LE TERRIBLE.Défense de la ville de Pskov.4. - IWAN LE TERRIBLE.Les «Opritchniki»5. - IWAN LE TERRIBLE.Les repentirs d'Ivan le Terrible.6. - IWAN LE TERRIBLE.Ivan Koltzo offre la Sibèrie à Ivan le Terrible.Rückseite - Retro - Verso 1. IWAN DER SCHRECKLICHE.

Grausamer Zeitvertreib des Zarewitsch.Iwan IV., der Schreckliche (1530 - 1584), herrschte während eines halben

Jahrhunderts über Russland. Sein Vorfahr Rurik, der Gründer des Reiches, gehörte zur Rasse der als Waräger (9. Jht. ) bekannten skandinavischen Eroberer. Dessen Nachkommen teilten Russland in zahlreiche Fürstentümer auf. Iwan Danilowitsch herrschte über Moskau, Wladimir und Nowgorod. Er wählte Moskau zu seiner Hauptstadt und nahm den Titel eines Grossherzogs (1338). Iwan III., der Grossvater des Schrecklichen, machte sich die Streitigkeiten der Tataren zunutze und befreite die russischen Gebiete von ihrem Joch; seinen Staaten verleibte er verschiedene herrenlose Distrikte ein und bereitete den Vorrechten der mächtigen Handelsstadt Nowgorod ein Ende. Basilius III. brachte die letzten Fürstentümer unter die Macht des Grossherzogs von Moskau. Er zog viele Fremden an seinen glänzenden Hof, forderte die Künste und interessierte sich für das Handwerkswesen. Bei seinem Tode hatte Iwan IV. erst 3 Jahre. Er kam unter die Vormundschaft der Bojaren (Edelleute). Diese raubten den Staat aus, wobei jeder nach dem grossherzoglichen Throne trachtete. Niemand kümmerte sich um die Erziehung des jungen Prinzen. Mit 12 Jahren ergötzte sich dieser daran, Tiere oder auch Untergebene von einem hohen Turm in die Tiefe zu stürzen. Am liebsten aber durchstürmte er mit seinen Genossen zu Pferd die engen Gassen, wobei hindernde Passanten rücksichtlos

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niedergerannt wurden. Einmal liess er einen wilden Bären inmitten eines Volksfestes los. Die Bojaren liessen ihn gewähren und regierten an seiner Stelle.2. IWAN DER SCHRECKLICHE.Die Einnahme Kasans. Zu 17 Jahren liess sich Iwan IV. feierlich zum «Zar alter Reussen» weihen. Er trug als erster diesen Titel (Zar kommt von Cäsar, d. h. Kaiser). Nichtsdestoweniger änderte er seine ausschweifenden und gewalttätigen Sitten nicht. Er kümmerte sich nicht um die Regierung. Die Bojaren unterdrückten das Volk, Feuersbrunste verheerrten Moskau, der Zorn des Volkes drohte zur Revolte auszuarten. Ein gerechter, ehrsamer Mann rettete die Lage: Pater Sylvester, ein Moskauer Priester, wagte es, dem Zar im Kreml strenge Vorwürfe zu machen. Er beschwor ihn, seinem unwürdigen Benehmen ein Ende zu bereiten und seinen Herrscherpflichten nachzukommen. Daraufhin änderte sich Iwan vollständig. Seine schlechten Ratgeber ersetzte er durch Pater Sylvester und einen unbescholtenen Mann namens Adachev. Zarin Anastasia ihrerseits übte einen guten Einfluss auf ihn aus. Iwan formte Gerichts- und Verwaltungswesen um, senkte die Steuern und liess das Volk die Distriktoberhäupter wählen. Um den Einfällen der Tataren ein Ende zu setzen, zog Iwan eine Armee von 150.000 Mann zusammen - eine für die Zeitumstände aussergewohnIiche Stärke - mit der er nach der Zerstörung der Armee des Chans zur Belagerung Kasans schritt. Seine Leute gruben unterirdische Gänge bis unter die Stadtmauern und rollten Pulverfasser heran, deren Explosion bei den Tataren eine Panik hervorruf. Ein rücksichtsloses Gemetzel begleitete die Einnahme der Stadt. 1552 war das ganze Chanat von Kasan unterworfen. Vier Jahre später erteilte das Königreich Astrachan dasselbe Los. Die ganze Wolga war jetzt russisch, das Reich erstreckte sich bis zum Kaspischen Meer.3. IWAN DER SCHRECKLICHE.Verteidigumg von Pskow.Trotz einiger Besitzungen am finnischen Meerbusen war Russland noch vom übrigen Europa abgeschnitten. Am meisten fehlte ein Fenster auf die Ostsee, besonders da das zu nördlich gelegene Weissmeer nicht immer schiffbar ist. Die Landverbindungen zwischen Russland und Europa waren behindert durch die Besitzungen der Deutschritter aus Livland, die die Abgesandten des Zaren abfingen und die westlichen Handwerker zurückhielten. Daraufhin fing lwan IV. Krieg an und nahm die Städte Narwa und Dorpat. In Ihrer Bedrängnis boten die livländischen Ritter dem König von Polen einen Teil Livlands an und gründeten das Herzogtum Kurland, das Polen gegenüber lehnspflichtig war.

Stephan Batory, König von Polen, eroberte Narwa und Dorpat zur129ck und nach mehreren Gefechten müssten die Russen all ihre westlichen Eroberungen aufgeben. Schweden, das bei Estland freiwillige Unterstützung gefunden hatte, erklärte ihnen seinerseits den Krieg, so dass sie ihre Besitzungen am finnischen Meerbusen an die Schweden abtreten mussten.

Schliesslich belagerte Stephan Batory Pskow, das sich heldenmütig verteidigte. Nach 24 Jahren Krieg kam es zum Frieden: Polen erhielt Livland, während Estland mit den lwan IV. abgenommenen Städten an Schweden fiel. So wurde Russland der Zugang zur Ostsee für lange Zeit gesperrt.4. IWAN DER SCHRECKLICHE.Die "Opritschniki".Gegen Ende dieses unheilvollen Krieges änderte sich manches im Charakter Iwans IV. Nach dem Tode der sanftmütigen Zarin Anastasia fielen Sylvester und Adachev schnell in Ungnade. Welches ist der Grund dieser Wandlung? War der Zar ihrer Ratschlüsse und Weisungen überdrüssig? Waren seine Geistesfähigkeiten angegriffen? Er wurde zum rohen, zynischen Alleinherrscher. Nach seinen Siegen

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über die Tataren war er das Idol der Mengen gewesen, die seine Tugenden und seine Güte feierten. Mit einem Schlage fiel er zurück in die blutige Grausamkeit seiner Jugend. Die Hinrichtungen folgten sich ohne Ende. Besonders die Bojaren, die der Zar verdächtigte, auf seine personhnliche Macht überzugreifen, müssten herhalten. Seine Minister und Ratgeber wurden der Reihe nach auf raffiniert grausame Weise zu Tode gebracht. Andere wurden verbannt und ihre Guter unter die Günstlinge des Zaren verteilt. Um sichere Leute um sich zu haben, schuf Iwan ein Korps von 1000 Mann, die dem niederen Adel angehörten oder selbst zweideutiger Herkunft waren. An ihrem Sattel trugen sie als Zeichen ihrer Würde einen Besen und einen Hundekopf. Sie hiessen "Opritschniki" (die Sonderbrigade). Sie führten auf unterwürfige Weise die blutigsten Befehle ihres Herrn aus und umgaben ihn mit den niedrigsten Schmeicheleien, wie z. B. jener berüchtigte Maluta Skuratow, ein gemeiner Mörder von herkuleanischer Stärke. Alle bereicherten sich an den vom Zare beschlagnahmten Gütern, einige wurden zu den untrennbaren Begleitern Iwans. Die Bojaren entrüsteten sich über diese Vertrautheit. Schreckliche Strafen liessen sie jedoch erkennen, dass Iwan nicht für Kritik empfänglich sei.5. IWAN DER SCHRECKLICHE.Die Reueanwandlungen Iwans des Schrecklichen. Der Metropolit von Moskau Philaret hatte den Mut, dem Zaren zu wiederholten Malen die Wahrheit zu sagen. Er wurde zu Tode gefoltert. Hie und da jedoch empfand Iwan Gewissensbisse. So gründete er eine Bruderschaft von 300 "Sühnebrüdern", deren Prior er war. In Mönchskutten gehüllt verliessen Iwan und seine Freunde oft die nächtlichen Gelage der Opritschniki, um, Kerzen tragend, in

die Krypte des Kremls für das Seelenheil der Verurteilten beten zu gehen. Manchmal begaben sie sich auch in dieser Verkleidung zur ersten Frühmesse. Dabei gab der Zar Anzeichen tiefster Reue, er weinte, schlug sich an die Brust und warf sich auf die Knie. Dann, beim Verlassen der Kirche, stieg er zu Pferde, um den Verhören und dem Foltern Verdächtiger beizuwohnen. Der Rest seiner Regierungszeit war eine Reihe entsetzlicher Missetaten. In einem Wutanfall tötete er mit einer Eisenstange seinen eigenen Sohn.

Dennoch besass dieser blutrünstige Tyrann einen feingebildeten Geist. Seine persönliche Bibliothek gehörte zu den reichhaltigsten seiner Zeit. Laster und Grausamkeit entstellten seine ehemals schönen Züge. Er wurde kahl, sein Bart wurde äusserst spärlich. Sein erloschener Blick, sein ganzes Antlitz spiegelten Misstrauen und Verdorbenheit wider. Der Verfolgungswahn bemächtigte sich seiner immer mehr und trieb ihn zu blutigen "Säuberungsaktionen". Schliesslich verliess er Moskau und liess sich in der keinen Ortschaft Alexandrowska Sloboda (Bezirk Wladimir) nieder. Sein Schloss wandelte er zur Festung um. Die Wache schoss ohne Warnruf auf alles, was sich näherte.6. IWAN DER SCHRECKLICHE.Iwan Koltzo bietet Iwan dem Schrecklichen Sibirien an.

Gegen Ende der Regierungszeit Iwans IV. unterwarf Jermak Sibirien. Diese Eroberung begann durch die Gründung von Handelsburos durch die Gebrüder Stroganow, die russische Waren gegen Pelze und Salz eintauschten. Um sich gegen die Uraltataren zu schützen, erbauten diese befestigte Posten, die von besoldeten Kosaken bewacht wurden. Sie sahen jedoch ein, dass sie ohne Verbundeten bald unterliegen wurden. Deshalb wandten sie sich an den Ko-sakenhauptmann (Hetman) Jermak, der wegen Räuberei zum Tode verurteilt worden war. Dieser, erfreut dem sicheren Tode zu entgehen durch einen Zug in entlegene Gegenden und die Annahme einer ehrbaren Aufgabe, lief sofort herbei. Mit 840 Mann und viel Mut unternahm er die Eroberung des unermesslichen Sibiriens. Er hatte über all

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Erwarten Erfolg und beschloss Sibirien dem Zar anzubieten. Trotz des grossen Wertes seines Geschenkes wagte Jermak nicht, selbst beim Zar vorstellig zu werden und entsandte lwan Koltzo mit einem grossen Gefolge. lwan der Schreckliche empfing mit Wohlwollen diese Abordnung alter vogelfrei erklärter Räuber. Er gewährte ihnen Verzeihung für ihre Vergangenheit, liess ihnen Geschenke für Jermak überreichen und entsandte bewaffnete Truppen, um dessen Eroberungen zu festigen.Nach dem Tode Iwans des Schrecklichen kam der Thron an dessen Sohn Theodor. Dieser war ein guter, aber leider ziemlich schwachsinniger Herrscher. Mit ihm begann die Periode der "unruhigen Zeiten".1. - Amusements cruels du «Tsarévitch».Ivan IV, surnommé le Terrible (1530 - 1584) regna sur la Russie perdant un demi-siècle. Son ancêtre Rurik, fondcteur de l'empire russe, appartenait à la race des conquérants scandinaves connus sous le nom de Varègues (9e s.). Les descendants de Rurik morcelèrent la Russie en de nombreuses principautés. Ivan Danilovitch réunit sous son ajtorité Moscou, Vladimir et Novgorod; il fìt de Moscou sa capitale et prit le titre de grand-duc (1338). Ivan III, grand-père d'Ivan le Terrible, profitant des graves discordes qui divisaient les Tartares, libera les territoires russes soumis à leur joug; il joignit à ses Etats plusieurs districts sans maître, et mit fin aux privilèges dont jouissait encore la puissante ville cornmerçante de Novgorod. Basile III acheva la concentration des principautés russes sous l'aulorité du grand-duc de Moscou. Comme son père, il attirait les étrangers à sa cour, très brillante pour l'époque; il encourageait les arts et s'intéressait à l'artisanat. A sa mort, Ivan IV n'était âgé que de trois ans; le Tsarévitch (fils du Tsar) perdit bientôt sa mère et devint le pupille des «boyards» (nobles). La minorité du prince leur permit de piller l'Etat et de pressurer les populations; ils se divisèrent en coteries rivales qui guettaient l'occasion de s'emparer du trône grand-ducal. Personne ne s'occupait d'éduquer le jeune prince. Les boyards, tantôt se montraient hostiles, tantôt s'inclinaient devant ses volontés d'enfant mal élevé.

Agé de 12 ans, il j'amusait à précipiter du haut d'un donjon des animaux, parfois même ses propres sujets. Un de ses passe-temps favoris consistait à foncer à cheval dans les rues étroites avec ses ami; et à écraser les passants qui n'avaient pu se garer à temps. Il lui arriva de lâcher un ours sauvage au milieu d'une fête populaire. Les boyards le laissaient faire et gouvernaient à sa place.2. - Prise de Kazan.A 17 ans, Ivan IV se fìt solennellement sacrer Tsar de toutes les Russies. Il fut le premier à porter ce titre (Tsar vieni de César, c. à d. empereur). Ivan n'en continua pas moins sa vie de débauché et de violences, sans se donner la peine de gouverner; les boyards opprimaient le peuple; de grands incendies ravagérent Moscou, la colère populaire menaça d'évoluer en soulèvement général. Un homme juste et intègre sauva la sìtuation. Le Père Sylvestre, prêtre moscovite, osa se rendre au Kremlin et admonester sévèrement le Tsar. Il l'adjura de mettre fin à sa conduite indigne, le supplia de se consacrer à ses devoirs de souverain et le menaça de la colère divine. Fort effrayé, Ivan changea du tout au tout. Un sujet probe du nom d'Adachev et le Pére Sylvestre remplacèrent les mauvais conseillers de naguère; de son côté, la Tsarine Anastasia Romanovna exerçait une influence bienfaisante. Ivan réforma la justice et l'administration, modera les impôts et fit élire par le peuple des chefs de district qui étaient écoutés à la cour.Les Tartares, quoique affaiblis, commettaient encore quelques incursions, s'approchant parfois même de Moscou. Ivan réunit une armée de 150.000 hommes, ce qui était enorme pour l'époque, et s'en fut assiéger Kazan, après avoir défait l'armée du Khan. Ayant fait crouser des galeries souterraines jusque sous les murailles, il y fìt rouler des tonneaux de poudre, dont l'cxplosion sema la panique parmi les Tartares. Par les nombreuses brèches, l'armée du Tsar fìt irruption; un massacre impitoyable s'ensuivit. En 1552, tout le khanat de Kazan était soumis. Cette guerre victorieuse exalta le peuple russe, et quatre ans après

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Kazan, un autre royaume tartare fut soumis: Astrakhan. Les nouveaux terntoires furent rapidement colonìsés par des Slaves et le chnstianisme s'y répandit. La Volga était désormais entièrement russe et l'empire atteignait la mer Caspienne.3. - Défense de la ville de Pskov.Malgré quelques possessions sur le golfe de Finlande, la Russie était encore coupée du reste

de l'Europe. Un débouché sur la mcr Baltique faisait gravement défaut, d'autant plus que la mer Blanche, trop septentrìonale, constituait une voie précaire. Les Communications

terrestres entre la Russie et l'Europe étaient bloquées par les possessions des chevaliers de l'Ordre Livonien, opposés à ce que les Russes, en se modernisant, deviennent puissants. Ils interceptaient les émissaires du Tsar et refoulaient les artisans occidentaux. Ivan IV se decida alors à la guerre, prit Narva et Dorpat. Se voyant menacés, les chevaliers livoniens offrirent au roi de Pologne une partie de la Livonie et créèrent un duché de Courlande dont ils déférèrent la suzeraineté à la Pologne.Stéphane Batory. roi de Pologne, reprit Narva et Dorpat et après plusieurs engagements, les

Russes durent abandonner toutes leurs conquêtes occidentales. La Suède, qui avait reçu l'appui volontaire de l'Esthonie, leur ayant déclaré la guerre à son tour, ils durent lui céder leurs possessions sur le golfe de Finlande.

Poussant toujours plus loin, Stéphane Batory assiégea Pskov, dont la garnison et les habitants se défendirent héroìquement. Lorsque, après 24 ans d'etat de guerre, la paix fut conclue, la Pologne obtint la Livonie tandis que la Suède s'adjugea l'Esthonie avec les villes reprises à Ivan IV. De cette manière l'accès de la Russie à la Mer Baltique était coupé pour longtemps.4. - Les «Opritchniki»Vers la fin de cette guerre désastreuse survint un changement dans le caractère d'Ivan IV. La douce Tsarine Anastasia étant morte, les deux conseillers, Adachev et le Pére Sylvestre, tombèrent rapidement en disgrâce. A quoi attribuer ce revirenent? Le Tsar en avait-il assez de se sentir guide et conseillé? Ses facultés mentales étaient-elles atteintes? En tout cas, son règne prit l'allure d'une autocratie brutale et cynique. Après ses victoires sur les Tartares, Ivan IV avait été l'idole des foules, qui célébraient ses vertus et sa bonté. Tout d'un coup, l'homme qui, entouré de conseillers sages et prudents, avait déployé des qualités morales admirables, retomba dans la férocité de sa jeunesse. Une longue période d'exécutions commença. Le Tsar s'en prit surtout aux boyards, qu'il soupçonnait probablement de vouloir empiéter sur son autorité personnelle. Ses mimstres et ses conseillers étaient mis à mort les uns après les autres avec des raffìnements barbares. Ceux qui échappaient à la mort étaient exilés aux confins de l'empire, leurs biens distribués par le Tsar à ses favoris. Voulant s'entourer de gens en qui il pût avoir une entière confìance, Ivan créa un corps de 1,000 hommes de petite noblesse ou mème de provenance obscure. Ils portaient, attechés à leur selle, un balai et une tête de chien, symboles de leur charge. On les nommait Opritchniki ("les spéciaux", la brigade speciale). Ces prétoriens surent se rendre indispensables à leur maître en exécutant servilement ses ordres les plus féroces et en le flattant bassement, tel le fameux Malotta Skouratov, ignoble tueur, doué d'une force herculéenne. Tous s'enrichissaient des biens confìsqués par le Tsar, quelques-uns devinrent ses compagnons inséparablcs. Les boyards s’indignaient de cette familiarité, mais des châtiments effrayants leur fìrent comprendre qu'Ivan IV ne supportait pas la critique.5. - Les repentirs d'Ivan le Terrible.Camme jadis le Pére Sylvestre, le métropolite de Moscou, Philarète, eut le courage de sermonner le Tsar à plusieurs reprises. Il ne réussit pas, et fut torture à mort. Parfois, cependant, Ivan IV ressentait des remords. Ainsi fonda-t-il une confrérie de 300 «frères repentants» dont il était le prieur. Affublés de robes de bure et de cagoules, Ivan le Terrible et ses amis s'en allaient souvent en pleine nuit, même en s'arrachant à un festin parmi les

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Opritchniki, prier, un cierge à la main, dans la crypte du Kremlin pour le repos des âmes des condamnés. Parfois ils se rendaient dans cet accoutrement à la première messe matinale. Le Tsar donnait les signes du plus vif repentir, pleurait, se frappait la poitrine, se prosternait. Mais en sortant de l'église, il montait à cheval pour aller assister aux interrogatoires et à la torture des suspects. Tout le reste de son règne fut une suite épouvantable de forfaits; dans un accès de rage, il tua son propre fìls avec une barre de fer.

Pourtant ce tyran sanguinaire avait un esprit fin et lettré. Sa bibliothèque personnelle comptait parmi les plus riches de l'epoque. Il avait été un bel homme, mais ses vices et surtout sa ferocité déformèrent ses traits. Il devint chauve, il ne restait plus que quelques poils à sa barbe, son regard eteint et toute sa physionorme respiraient la suspicion et la perversité. Son esprit s'obscurcissait progressivemeni, gagné par la folie de la persecution. Obsédé par des soupçons, il se livra à de sanglantes «épurations» qui atteignirent même quelques Opritchniki. Finalement il abandonna Moscou et se retira dans une petite localité du district de Vladimir, Alexandrovska Sloboda. Il s'y terra dans un château qu'il transforma en forteresse; les murailles et les palissades étaient gardées jour et nuit par des gardes qui tiraient sans avertissement sur quiconque s'approchait.6. - Ivan Koltzo offre la Sibèrie à Ivan le Terrible.C’est vers la fin du règne d'Ivan le Terrible que Yermak soumit la Sibèrie. Cette conquête

commenda par l'élablissement de comptoirs commerciaux par les frères Stroganov, qui troquaient des marchandises russes contre des fourrures et du sel. Les Tartares de l'Oural leur causant parfois des dommages, les Stroganov érigèrent des postes fortifìés qu'ils fìrent garder par des Cosaques mercenaires. Mais ils se rendirent compte que, s'ils ne trouvaient un allié, ils fìniraient par succomber. Aussi acressèrent-ils un appel à l'hetman (chef de Cosaques) Yermak, lequel se trouvat sous le coup d'une comdamnation à mort pour actes de brigandage. Yermak accourut aussitôt, heureux d'échapper à une mort certaine en se jetant dans des contrées éloignées et en acceptant une mission honorable. Très brave, il entreprit la conquête de l'immense Sibérie avec 840 hommes armés. Il réussit au-delà de toute espérance et une fois vainqueur, résolut d'offrir la Sibèrie au Tsar. Malgré l'importance du don, Yermak n'osa pas se présenter en personne et délégua Ivan Koltzo avec une suite nombreuse. Le Tsar reçut gracieusement cette délégation d'anciens hors-la-loi; pardonnant le passé, il leur fit remettre des cadeaux pour Yermak et envoya des forces armées pour l'aider à consolider ses conquêtes.Après la mort d'Ivan le Terrible, le trône de Russie échut à son fils Theodore, Celui-ci fut un bon souverain, malheureusement un peu simple d'esprit. Sous son règne commença pour l'empire la longue période des «temps troubles».

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1647PILGERSTÄTTEN.LUOGHI DI PELLEGRINAGGIO.LIEUX DE PLÉRINAGE.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. PILGERSTÄTTEN.DELPHI.2. PILGERSTÄTTEN.EPIDAURUS.3. PILGERSTÄTTEN.JUPITER AMMON.4. PILGERSTÄTTEN.DIE JAHRESVERSAMMLUNG DER DRUIDEN.5. PILGERSTÄTTEN.MEKKA.6. PILGERSTÄTTEN.FEZ, DAS MEKKA DES WESTENS.1. LIEUX DE PLÉRINAGE.DELPHES2. LIEUX DE PLÉRINAGE.EP1DAURE3. LIEUX DE PLÉRINAGE.JUPITER AMMON4. LIEUX DE PLÉRINAGE.L'ASSEMBLEE ANNUELLE DES DRUIDES5. LIEUX DE PLÉRINAGE.LA MECQUE.6. LIEUX DE PLÉRINAGE.FES, LA MECQUE DE L'OCCIDENT.Rückseite - Retro - Verso 1. PILGERSTÄTTEN.DELPHI.Auf einem Ausläufer des Parnasses entstieg einem Felsspalt, so sagten die alten Griechen, ein Dampf, der eine Art prophetischer Begeisterung hervorbrachte. Dort weihte man Apollo, dem Gotte der die Zukunft kannte, einen Tempel. Über dem Felsspalt stand der Dreifuss, auf den die Priesterin, die Pythia, sich setzte; sie stammelte undeutliche Worte, die die Priester sorgfàltig sammelten und zu Hexametern zusammenfügten, um sie dem Volke mitzuteilen. Öfters hatte das Orakel von Delphi einen entscheidenden Einfluss auf die Ereignisse. Auf seinen Rat hin beschlossen im Jahre 480 v. Ch. die Athener, den Persern auf dem Meere Widerstand zu leisten und sie besiegten sie bei Salamis. Während mehreren Jahrhunderten genoss Delphi eine einmalige Autorität: aus ganz Griechenland pilgerte die Menge zum Heiligtume Apollos. Kein Krieg, keine Koloniengründung, ohne dass Apollo seine Meinung abgegeben hatte. Im zerrissenen Griechenland war Delphi wie ein starkes Band. Die Römer befragten mehrmals offiziell das Orakel, so wie schon der König von Lydien, Krösus, und andere fremde Prinzen es getan hatten.In der Folge verlor das Orakel nach und nach sein Ansehen; mehr als einmal schien es politischen Zwecken zu dienen, dazu kamen die Fortschritte des Christentums, und im Jahre 390 verordnete Kaiser Theodosius seine Schliessung.2. PILGERSTÄTTEN.EPIDAURUS.

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Asklepios oder Äskulap, der Heilgott, besass viele Heiligtümer, von denen das berühmteste sich zwischen Nauplien und Epidaurus befand, am Füsse des Berges Thitth0-on. Sein Ruf zog Kranke aus allen Gegenden Griechenlands an, die sich dort länger aufhielten und regelrechte Heilkuren befolgten. Ruhe und Behandlung waren mit religiösen Reinigungen verbunden. Die Römer verehrten ihn und bauten ihm mehrere Tempel. Der Dank der Kranken drückte sich aus durch reiche Opfergaben und Gedenkinschriften. Das Heiligtum war in stetiger Entwicklung begriffen: es begriff ausser den Tempeln Bäder, Säulenhallen, Gymnasien, Empfangsstätten für die Kranken, Erholungsheime und ein grosses Theater, das besteingerichtete und das heute am besten bewahrte ganz Griechenlands. Zur Römerzeit verbanden die Priester Göttesdienst und Heilkunst.

Nach der Legende wurde Asklepios, der Sohn Apollos und der orchomcnischen Königstochter Koronis aus Böotien, auf dem Berge Thittion ausgesetzt und von einer Ziege ernährt; ein Schäfer bemerkte diesen wunderbaren Vorgang und das Gerücht verbreitete sich, dieser Ort vermöge Kranke zu heilen und Tote wieder zu erwecken. Alle vier Jahre feìerte man zu Epidaurus turnerische und dramatische Festspiele zu Ehren des Asklepios.3. PILGERSTÄTTEN.JUPITER AMMON.In einer Oase der Libyschen Wüste, die unter dem Einflusse ägyptischer Kultur stand, erhob sich ein sehr altes Heiligtum, das den griechischen Kolonisten von Cyrene und durch diese der griechischen Welt bekannt war. Man verehrte dort denselben Gott mit Widderkopf wie im ägyptischen Theben; die Griechen stellten ihn gleich mit Zeus, der bei den Römern Jupiter hiess. Das Heiligtum beherbergte ein schon zu Zeiten Herodots berühmtes Orakel. Während der römischen Epoche büsste es jedoch an Berühmtheit ein, und im Jahre 160 n. Ch. stellte der grosse Reisende Pausanias fest, dass es keine Sprüche mehr von sich gäbe. Es bestehen noch Ruinen und Insehriften, die bis ins 4. Jahrhundert n. Ch. zurückreichen.

Unser Bild zeigt seinen berühmtesten Besucher, Alexander den Grossen, der eben den Persern Ägypten entrissen hatte. Man empfing ihn wie einen Befreier und die Priester huldigten ihm wie dem leibhaftigen Sohne Ammons. Der Besuch Alexanders hatte wahrscheinlich ab Ursache nicht nur seine stets lebhafte Neugier und die Hoffnung ermutigende Vorhersagungen für seine Armee zu erhalten, sondern auch den politischen Hintergedanken, die Ägypter für sich zu gewinnen, auf deren Mithilfe bei der Eroberung Asiens er angewiesen war. Im Verlaufe dieses selben Winters von 332 - 331 v. Ch. gründete er Alexandrien, das während mehreren Jahrhunderten die Hauptstadt Ägyptens und die geistige Hauptstadt der Welt werden sollte. Die Ammon-Oase, heute Siwa genannt, fiel nach der römischen Zeit so tief in Vergessenheit, dass erst 1732 der erste Europäer sie betrat.4. PILGERSTÄTTEN.DIE JAHRESVERSAMMLUNG DER DRUIDEN.Während seinen Feldzügen in Gallien sammelte Cäsar mancherlei sonderbare Erkundigungen über die alten Gebräuche der Einwohner. Ein Teil davon bezieht sich auf ihre gesellschaftliche Ordnung und ihren Glauben. Die Klasse des Volkes besass keine Macht; sie wurde beinahe wie Sklaven behandelt; sie teilte jedoch die religiösen Überzeugungen der zwei privilegierten Klassen, der Adligen und der Druiden genannten Priester, an deren Kulthandungen sie ebenfalls teilnahm.

Die Druiden nahmen die Opferungen vor und gaben sich aus als die Ausleger des Willens der Götter. Sie zogen eine Menge junger Leute an, die von ihnen unterrichtet sein wollten und sie sehr hochschätzten. Die Druiden sprachien Recht sowohl bei Verbrechen als auch in Eigentums- oder Erbstreitigkeiten. Unterwarf sich jemand ihrem Beschlusse nicht, so schlossen sie ihn von den Opferungen aus. In den Augen der Gallier gab es keine schlimmere Strafe; der Geächtete war, wie die Gottlosen und Verbrecher, aus der Gesellschaft

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ausgeschlossen. Die Druiden erkannten ein Oberhaupt an. Bei dessen Tode nahm der Geehrteste von ihnen seine Stelle ein. Wenn mehiere auf gleiche Verd ieri sue pochten, musste gtewählt werden. Manchmal mussten segar die Waffen entscheiden. Zu einer bestimmten Zeit im Jahre versammelten sich die Druiden an einem geweihten Ort im Zentrum Galliens d. h. im Gebiet der Karnuten. Von allen Seiten kamen dann die Kläger dort zusammen, um sich bei der hohen Versammlung ihr Recht zu holen.5. PILGERSTÄTTEN.MEKKA.

In einem engen Tale der trockenen Berggegend, die sich von den Ufern des Roten Meeres bis zur öden Hochebene von Arabien erstreckt, liegt die Stadt. Mekka, die Hauptpilgerstätte der mohammedanischen Welt. Sie zählt nur 80 000 Eìnwohner; jàhrlich aber empfängt sie mehr als 220 000 Pilger, die alle über den Hafen von Djedda kommen, der 95 km von Mekka entfernt ist. Für jeden Mohammedaner ist es Pflicht, wenigistens einmal im Leben nach Mekka gepilgert zu sein. Dort wurde (um 630 n. Ch.) der Islam von Mohammed dem Propheten gegründet. Die neue Religion wurde anfangs schlecht aufgenommen. Im Jahre 650 fielen die Anhänger des Propheten mit Gewalt in die Stadt ein. Politisch gesehen trugen Medina und dann Damas den Sieg über Mekka davon, das mehrmalìs nacheinander unter ägyptische und türkische Herrschaft fiel; augenblicklich gehört es zum Königreich Saudi-Arabien.

Der religiöse Mittelpunkt Mekkas ist die Moschee El Haram. Sie enthält das verehrteste Heiligtum des ganzen Islams: die Kaaba, ein wurfelförmiges Monument ohne jedweden andern innern Schmuck als unzählige Lampen; äusserlich ist es mit einem schwarzen Tuche bedeckt. Im östlichen Winkel ist der schwarze Stein eingebaut, auf den der Prophet im Schlafe seinen Kopf gelegt haben soll.

Mekka ist eine sehr alte Stadt; schon vor Mohammed war sie ein wichtiges Karawanenzentrum. Der Prophet soll anfangs Karawanenführer gewesen sein. Die zu versehiedenen Zeiten umgebildete Stadt ist den Nicht-Mohammedanern verschlossen.6. PILGERSTÄTTEN.FEZ, DAS MEKKA DES WESTENS.

Während die mohammedanìschen Länder des Oriente zu verschiedenen Zeiten und in verschiedenem Masse die geistliche Macht von der weltlichen trennten, hat Marokko den alten Brauch beibehalten, aueh dem Sultan die oberste religiöser Autorität zuzugestehen. Er steht den wichtigsten religiösen Feierlichkeiten bevor. Er begibt sich z. B. mit grossem Aufwand zur Moschee, um den Ramadan zu eröffnen, den 9. Monat des islamischen Jahres, der ganz dem Festen und den relìgiösen Kundgebungen gewidmet ist.Nirgends haben diese Feierlichkeiten einen solchen Glanz wie zu Fez, dem alten Sitz des Sultanats von Maghreb oder Marokko, dem Zentrum der islamischen Kultur. Fez zieht die Pilger in Massen an und verdient die Bezeichnung: Mekka des Westens. Berühmt durch seinen Handel, seinen geistigen Glanz und die Pracht seiner Heiligtümer ist Fez die religiöse Hauptstadt Nordafrikas. Der Sultanspalast, inmitten seiner berühmten Gärten, ist von einer Zinnen tragenden Ringmauer umgeben und stellt das Zentrum der weltlichen und militärischen Macht dar. Der religiose Mittelpunkt ist die Moschee Karuia, eine der grösten ganz Afrikas; einc berühmte Universität ist ihr angeschlossen.1. DELPHESSur un contrefort du mont Parnasse, une fissure de la roche laissait échapper, disaient les anciens Grecs, une vapeur qui inspirait un délire prophétique. Un temple fut consacré en cet endroit à Apollon, le dieu qui connaissait l'avenir. Sur l'ouverture du rocher s'élevait un trépied où s'asseyait la prètresse, la Pythie; elle proférait des paroles mal articulées que des prêtres recueillaient avec soin et rédigeaient en vers hexamètres pour les communiquer au

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public. A plusieurs reprises, l'oracle de Delphes eut une influence decisive sur les événements. Sur son conseil, les Athéniens, en 480 avant J. C., décidèrent de resister sur mer à l'invasion des Perses et les défirent à Salamine. Durant plusieurs siècles, Delphes jouit d'une autorité sans pareille; de toutes les parties du monde grec la foule affluait au sanctuaire d'Apollon. Pas une guerre n'était entreprise, pas une colonie ne se fondait, sans qu'Apollon eût donné son avis. Pour la nation grecque, déchirée par la rivalité des cités, Delphes agissait comme un lien puissant. Les Romains consultèrent plusieurs fois officiellement l'oracle, comme l'avaient fait le roi de Lydie, Crésus, et d'autres princes étrangers.

Dans la suite, l'oracle d'Apollon perdit peu à peu de son prestige; il parut plus d'une fois servir des intérèts politiques. Sa décadence fut longue mais continue, les progrès du christianisme aidant, et en 390 l'empereur Théodose en decreta la fermeture.2. EP1DAUREAsklepìos ou Esculape, le dieu guérisseur, eut de nombreux sanctuaires; le plus célèbre se trouvait entre Nauplie et Epidaure, au pi ed du mont Titthion. Sa réputation attirait des malades de toutes les régions de la Grece; ils y faisaient des séjours prolongés et suivaient de véritables cures, où le repos et les soins s'accompagnaient de purifications réligieuses. Les Romains l'honorèrent et y construisirent plusieurs édifices. La reconnaissance des malades se traduisait par de riches offran-des et par des inscriptions commémoratives. Le sanctuaire ne cessa de se développer; il comprenait, outre les temples, des bains, des portiques, des gymnases, des établissements d'accueil pour les malades, des maisons de repos, et un grand théatre, le plus parfait de toute la Grèce et aujourd'hui le mieux conservé. A l'époque romaine, les prêtres joignirent au service du eulte l'exercice de la médecine.

D'après la legende, Asklepìos, fils d'Apollon et de Koronis, fille du roì d'Orchomène en Béotie, fut abandonné sur le mont Titthion, et nourri par une chèvre; un berger vit le prodige, le raconta, et le bruit se répandit que ce lieu avait la vertu de guérir les malades et de ressusciter les morts. Tous les quatre ans, on célébrait à Epidaure des fètes gymniques et dramatiques en l'honneur d'Esculape.3. JUPITER AMMONDans une oasis du désert de Libye, influencée par la civilisation égyptienne, s'élevait un sanctuaire très ancien que connaissaient les colons grecs de Cyrène et, par leur intermédiaire, le monde grec. On y vénérait le même dieu à tête de bélier que celui de Thèbes en Egypte; les Grecs l'identifiaient avec leur Zeus, qui correspond au Jupiter des Romains. Le sanctuaire renfermait un oracle qui répondait aux consultants, et déjà fameux au temps d'Hérodote. Il reste des ruines et des inscriptions remontant jusqu'au 4e siede avant J .C. L'oracle perdit sa célébrité à l'epoque romaine, et en 160 après J. C. le grand voyageur Pausanias le trouva muet.

L'image montre le plus illustre visiteur, Alexandre le Grand, qui venait d'arracher l'Egypte à la domination des Perses. Il se vit accueilli comme un libérateur et les prêtres lui rendirent hommage comme au fils d'Ammon en personne. La visite d'Alexandre fut probablement inspirée, non seulement par sa curiosité toujours très vive et par l'espoir d'obtenir des prédictions encourageantes pour son armée, mais encore par son désir politique de se concilier les Egyptiens, dont la collaboration allait lui être indispensable pour la conquête de l'Asie. C'est au cours de ce même hiver de 332 à 331 avant J. C. qu'il fonda Alexandrie, appelée à devenir, durant plusieurs siècles, la capitale de l'Egypte et la capitale intellectuelle du monde. Quant à l'oasis d'Ammon, appelée aujourd'hui Siwa, elle tomba si bien dans

l'oubli qu'après l'epoque romaine, le premier Européen n'y penetra qu'en 1792!4. L'ASSEMBLEE ANNUELLE DES DRUIDESAu cours de ses campagnes en Gaule, Cesar recueillit sur les anciens usages des habitants

des renseignements curieux, dont une partie se rapporte à l'organisation sociale et aux croyances.

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La classe populaire ne possédaìt aucun pouvoir; elle était presque regardée comme esclave, mais partageait les croyances et participait aux rites des deux classes privilégiées: les nobles et les prêtres, appelés druides.

Les druides accomplissaient les sacrifices et se donnaient pour les interprètes des dieux. Une foule de jeunes gens accouraient auprès d'eux pour s'instruire et les entouraient de respect. Les druides rendaient la justice, tant en matière criminelle qu'en matière de propriété ou d'héritage. Si quelqu'un, mème investi d'une fonction publique, ne se soumettait pas à leur arrêt, ils l'excluaient des sacrifices. Aux yeux des Gaulois, il n'existait pas de peine plus grave; l'interdit, rangé au nombre des impies et des scélérats, était rejeté de la société.

Les druides reconnaissaient un chef suprème. A sa mort, le plus consideré d'entre eux lui

succédait; si plusieurs se prévalaient de titres égaux, le suffrage des druides décidait du choix. Parfois la succession se dìsputait les armes à la main.

A une epoque déterminée de l'année, les druides s'assemblaient en un lieu consacré, situé au centre de la Gaule, sur le territoire des Carnutes. Des plaideurs y venaient de toutes parts faire trancher leurs litiges par l'auguste assemblée.5. LA MECQUE.Dans une vallèe étroite des montagnes arides qui s'étagent en bordure de la Mer Rouge jusqu'au plateau désert de l'Arabie, s'élève la ville de la Mecque, principal centre de pèlerinage du monde musulman. Elle ne compte que 80.000 habitants, mais reçoit annuellement jusqu'à 220.000 pélerins, qui arrivent presque tous par le port de Djedda, distant de 95 km. A tout Musulman s'impose le devoir de visiter La Mecque ne fut-ce qu'une fois dans sa vie. L'Islam y fut fondé par Mahomet (Mohammed), "le Prophète", vers 620 après J. C. mais d'abord mal accueilli. Les partisans du Prophète y entrèrent en force en 630. Politiquement, La Mecque fut éclipsée par Medine, puis par Damas; elle passa alternativement et à plusieurs reprises sous la domination égyptienne et turque; actuellement, elle faìt partie du royaume d'Arabie Séoudite.Le centre réligieux de La Mecque est la mosquée El Haram. Elle renferme le sanctuaire le plus vènere de tout l'Islam: la Kaaba, monument cubique sans autre ornementation intérieure qu'une profusion de lampes, et couvert extérieurement d'une draperie noire. Dans l'angle oriental se trouve encastrée la Pierre Noire, sur laquelle le Prophète aurait reposé sa tête.

La Mecque est une ville très ancienne, centre important de caravanes dès avant Mahomet. Le Prophète aurait commencé par étre guide de caravanes. La ville, transformée à plusieurs époques, reste interdite aux non-Musulmans.6. FES, LA MECQUE DE L'OCCIDENT.Alors que les pays musulmans d'Orient ont séparé, à diverses époques et à des degrés différents, le pouvoir réligieux du pouvoir civil, le Maroc seul a conservé l'ancien usage de reconnaître au Sultan l'autorité réligieuse suprème. C'est lui qui prèside aux solennités religieuses les plus importantes et se rend notamment avec un grand déploiement de pompe à la mosquée pour y ouvrir le Ramadan, le 9e mois de l'année islamique, consacré au jeune et aux manifestations réligieuses.Nulle part ces cérémonies n'ont autant d'éclat qu'à Fès (on écrivait au siècle passe Fez), l'antique résidence des sultans du Moghreb ou Maroc, centre de la culture islamique. Elle attire les pélerins en foule et mérite d'être appelée La Mecque de l'Occident. Célèbre par son commerce, son éclat intellectuel et le prestìge de ses sanctuaires, Fès est la capitale réligieuse de l'Afrique du Nord. Le palais du Sultan, renfermé avec ses célèbres jardins dans une enceinte crénelée, est le centre du pouvoir civil et militaire. Le centre réligieux est la mosquée Karouia, l'une des plus vastes de toute l'Afrique; une université célèbre y est annexée.

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1648GEHENLERNEN IN ALTER ZEIT.MODI DI INSEGNARE A CAMMINARE DI UNA VOLTAAPPRENTISSAGE DE LAS MARCHE JADIS.

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1. GEHENLERNEN IN ALTER ZEIT.Der Standkorb.2. GEHENLERNEN IN ALTER ZEIT.Die Standkiepe und der gewebte Tragkorb.3. GEHENLERNEN IN ALTER ZEIT.Der Kinderstäder.4. GEHENLERNEN IN ALTER ZEIT.Das Rollwägechen und das Gängelband.5. GEHENLERNEN IN ALTER ZEIT.Der Drehmast und die Laufbank.6. GEHENLERNEN IN ALTER ZEIT.Die Laufmühle.1. - APPRENTISSAGE DE LAS MARCHE JADIS.La Baillotte.2. - APPRENTISSAGE DE LAS MARCHE JADIS.Le «Brusc» et la «Hotte en tissu».3. - APPRENTISSAGE DE LAS MARCHE JADIS.La «Cabernotte».4. - APPRENTISSAGE DE LAS MARCHE JADIS.La «Charrette» et le «Harnais»5. - APPRENTISSAGE DE LAS MARCHE JADIS.Le «Virou» et le «Promenoir».6. - APPRENTISSAGE DE LAS MARCHE JADIS.Le «Tourniquet» ou ancien «Dunois».Rückseite - Retro - Verso 1. GEHENLERNEN IN ALTER ZEIT.Der Standkorb.Um dem Kinde den Übergang aus der Wiege, d. h. der horizontalen Lage, zur aufrechten Haltung zu ermöglichen, nahmen die Eltern zu allen Zelten Geräte zu Hilfe. Die Angst, das Kind werde vierfüssig, veranlasste im 17. Jahrhundert einen berühmten Geburtshelfer, den Doktor Mauriceau, den Gebrauch des Wickelbandes vorzuschreiben: "dieses Wickeln ist notwendig, um dem kleinen Körper die aufrechte Haltung, die einzig passende, zu verleihen: andernfalls wurde das Kind nicht lernen auf 2 Füssen zu stehen und würde vielleicht auf Händen und Füssen laufen." Der Standkorb erlaubt die Anwendung dieses Prinzips auf 8 Monate alte Kinder, in diesem Alter beginnt das Kind, sich mit Hilfe seiner Mutter oder durch Anklammern an einen Gegenstand aufrechtzuhalten. Es fällt jedoch beim geringsten Stosse um, da sein Gleichgewicht noch unsicher ist. Das dem Standkorb anvertraute Kind bleibt stehen, da es sich mit den Achseln auf den Rand des Korbes stützen kann.

Der Ursprung des Standkorbes verliert sich im Dunkel der Zeiten. Modell und Ausführung sind je nach den Gegenden verschieden. Die älteste Art bestand aus einem ausgehohlten Baumstamm. Oft auch bestand er aus über einem Holzboden kistenartig zusammengefügten Brettern.

Der Standkorb auf unserm Bilde ist aus 3 cm dicken Strohseilen angefertigt, die mittels Weidenbandern zusammengehalten werden.2. GEHENLERNEN IN ALTER ZEIT.

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Die Standkiepe und der gewebte Tragkorb.Die Reaktionen, die zur aufrechten Haltung führen, beginnen beim Kopf und gehen dann

auf Hals, Rumpf und Beine über. Die Bewegung der oberen Gliedmassen geht also derjenigen der unteren voraus. Dies kommt daher, dass die Reife des Nervensystems von oben nach unten verläuft.

Eine Reihe von Bewegungen, die auf das Gehen vorbereiten, lassen sich beobachten. Als erste das Heben des Kopfes, das im Alter von ungefähr 3 Monaten erfolgt. Das Aufrichten des Rückgrates ist eine absolute Bedingung zur Annahme der aufrechten Haltung. Zu 6 Monaten vermag das Kind, im Gleichgewicht zu sitzen, indem es sich auf eine Hand stützt. Zu 8 Monaten beginnt es, auf Händen und Füssen zu kriechen.

Früher wurde die stehende Haltung durch die "Standkiepe" und den "gewebten Tragkorb", regelrechte "Kinderkisten", gefördert. Die Standkiepe war mit einer Art Rückenlehne versehen, auf die das Kind den Kopf stützen konnte, und die zugleich als Aufhängevorrichtung diente. Dieser Brauch des Aufhängens bestand lange in Kanada und ist noch heute bei den Rothäuten Nordamerikas in Ehren. In Kanada tragen die Mutter den Korb mittels Schulterriemen auf dem Rücken. Beim Rasten lehnen sie die Kiepe an einen Baum oder hängen sie an einen Ast. Unser Bild stellt eine Standkiepe aus der Provence dar, sowie einen stoffenen, an einer Zimmerwand aufgehängten Tragkorb.3. GEHENLERNEN IN ALTER ZEIT.Der Kinderstander.Wenn das Kind beginnt sich längere Zeit aufrechtzuhalten, verliert das Rückgrat sein gerades Aussehen und nimmt unter dem Einfluss der Muskelarbeit zierliche Wölbungen an. Es ist nämlich die Aufgabe der Muskeln, den Kopf, der zum Fallen neigt, zu halten und das den Rumpf nach vorn ziehende Gewicht der in der Bauchhöhle enthaltenen Eingeweide auszugleichen.

Das Kind nimmt die stehende Haltung an, sobald die Reife auf diesem Gebiete sich vollzieht. Die Zwangserziehung, die dieser Reife vorangeht und ihre normale Entwicklung stört, kann schädliche Wirkungen haben. Selbst wenn die aufrechte Haltung ein Bedürfnis darstellt, stifteten diese früher gebrauchten Geräte mehr Unheil an als sie Gutes taten. So schadete z. B. den Kindern die Gewohnheit, sie im Kinderständer zu lassen bis sie aus Erschöpfung einschliefen.

Der Kinderständer hatte als Aufgabe, die Kinder an die aufrechte Haltung zu gewöhnen und sie zugleich ruhig zu halten. Er näherte sich mehr der Wiege als der Standkiepe. Er scheint sich jedoch aus dieser letzteren entwickelt zu haben. Er setzt sich zusammen aus einem schräg gestellten, von zwei Füssen gehaltenen Brett, das mit einer Stütze für die Füsse des Kleinkindes versehen ist.

Der Kinderständer liess sich besser reinigen als der Standkorb und die Standkiepe.4. GEHENLERNEN IN ALTER ZEIT.Das Rollwägechen und das Gängelband.

Normalerweise bedarf das zwölf Monate alte Kind einer Hilfe beim Gehen; mit 15 Monaten vertraut es auf seine eigenen Kräfte. Das Gehenlernen ist zweifelsohne der spektakulärste Abschnitt in der Entwicklung der Bewegungen. Seit jeher erwarten die Eltern die ersten Schritte ihrer Nachkommenschaft. Der geringste Rückstand auf diesem Gebiete beunruhigt sie sofort. Viele Kinder verdanken dem vorzeitigen Gebrauch des Rollwägelchens krumme Beine und missgestaltete Schultern. Zu dieser Zeit wussten die Eltern gewöhnlich nicht, dass die Gliedmassen des Kindes aus biegsamen Knochen ohne grosse Widerstandskraft bestehen. Ein Arzt des 18. Jahrhunderts schrieb schon: Man vermeide den Gebrauch dieser Rollwägelchen, in welche man die Kinder steckt, um sie am Fallen zu hindern, oder um sich die Mühe zu sparen, sie zu beaufsichtigen. Diese Apparate besitzen sehr hohe Armlehnen, auf welche die Kinder sich stützen, wodurch ihre Schultern nach oben gedrückt werden.

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Das auf unserm Bilde dargestellte Rollwägelchen besteht aus einem quadratförmigen, hölzernen Rahmen, der auf seitlich drehbaren Rollrädchen läuft, und auf dem vier hölzerne oder eiserne Stangen einen engeren Rahmen tragen. der oben mit einer Spielzeugkiste versehen ist.

Unser Bild zeigt ausser dem Rollwägelchen eine Grossmutter, die ihr Kind am Gängelband führt. Dieses Verfahren ist noch immer Mode. Heute lenken noch viele Mutter die ersten Schritte ihres Kindes, indem sie es in einem gewönlich mit Schellen behangenen ledernen Halter führen.5. GEHENLERNEN IN ALTER ZEIT.Der Drehmast und die Laufbank.Der Beginn des "zweifüssigen" Gehens ist gekennzeichnet durch das Ansteigen der Bewegungsschnelligkeit und der Schrittgrösse sowié durch die Verbesserung des Richtungssinnes. Anfangs geht das Kind auf den Fussspitzen, erst nach und nach gewöhnt es sich an die normale Gangart. Gibt es einen Zuzammenhang zwischen der Intelligenz und dem Alter, bei dem das Kind zu gehen anfängt? Die Pädagogen stellen fest, dass bei den begabtesten Subjekten keinerlei Wechselbeziehung besteht zwischen den Geistes- und den Bewegungsfähigkeiten. Bei anormalen Subjekten enspricht die späte Entwicklung der Bewegungsfähigkeit der Geistesschwäche.

Die Bewegung ist eine der Hauptmanifestationen des Lebens. Zu aller Zeit hat man versucht, sie zu erziehen. Diese Erziehung hat jedoch nicht immer glückliche Resultate

gezeitigt, woran der Empirismus, mit dem sie vorgenommen wurde, schuld war. Augenblicklich verfügen die Erzieher über genaue und kontrollierte wissenschaftliche Angaben. Die Mehrzahl der Spezialisten räumen jedoch der Natur die grösste Rolle in der körperlichen Entwicklung ein. Auf unserm Bilde sieht man zwei primitive Geräte: den Drehmast und die Laufbank. Der Drehmast dreht sich, wenn das Kind sich vorwärtsbewegt. Welter hinten steht die Laufbank: ein schmaler, länglicher Holzrahmen der auf 4 Füssen ruht. Das Kind kann sich umdrehen und sich in zwei Richtungen bewegen.6. GEHENLERNEN IN ALTER ZEIT.Die Laufmühle.Die Laufmühle ist eine Art verbesserter Drehmast. Aus diesem letzteren konnte das unbeaufsichtigte Kind sich gleiten lassen, indem es die Arme erhob. Um dies zu verhindern, ist die Laufmühle mit einer Spezialvorrichtung versehen, die aus einem Waagebalken mit zwei Seilen besteht, die einen unter den Achseln des Kindes befestigten Gürtel halten. So verliert das Kind seine aufrechte Haltung nicht, wenn seine Beinchen es nicht mehr tragen können. Genau wie beim Drehmast kann es rundherum laufen und desweitern sich um sich selbst drehen.

Die Zeit all dieser Cerate, die den Zweck hatten, die Kinder aufrechtzuhalten oder ihnen das Gehen beizubringen, ist vorüber. Die Entwicklung der Sauglingspflege hat mit den meisten von ihnen aufgeräumt. Heute weiss man, dass es nutzlos und sogar schädlich ist, das Kind vorzeitig zum Gehen zu zwingen. Es geht von selbst, sobald die Gehirnzentren, die das Gleichgewicht und die Gehbewegungen regeln, sich vollständig entwickelt haben, d. h. wenn die Nervenfiber von einer schleimigen, weissen, phosphorhaltigen und strahlenbrechenden Substanz, Myelin genannt, bedeckt sind, und sobald seine Beine stark genug sind, es zu tragen.

Die Wissenschaft hat den Empirismus verdrängt. Die manchmal auf gefährliche Weise erlangte Bequemlichkeit der Eltern ist von neuen Erkenntnissen ersetzt worden, die zum Ziele haben, die Gesundheit des Kindes und die vernunftgemässe Entwicklung seiner physischen Anlagen zu sichern.1. - La Baillotte.Pour accoutumer l'enfant à passer du berceau, c'est-à-dire de la position horizontale ou

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couchée, a la station debout, les parents ont de tout temps eu recours à des appareils. La peur de voir l'enfant devenir quadrupède incita même au XVIIe siècle un accoucheur célèbre, le docteur Mauriceau, à prôner l'usage du maillot: «cet emmaillottement est nécessaire pour donner à ce petit corps l'attitude droite, qui est la plus decente; sinon il ne saurait se tenir sur ses deux pieds et marcherai peut-être à quatre pattes». L'ustensile appelé ia «baiIlotte» permet d'appliquer le principe du maillot à des enfants ayant atteint l'âge de huit mois. A cet âge, l'enfant commence à se tenir debout, maintenu par la mère ou cramponné à un objet. Son équilibre étant encore instable, la moindre poussée le fait choir. Le bébé confié à la baiIlotte y reste debout tout en appuyant les aisselles sur le bord.

L'origine de la baillotte se perd dans la nuit des temps. Le modèle et la fabrication varient selon l'endroit. La plus primitive s'obtenait en évidant un tronc d'arbre. Souvent, la baiIlotte était constituée d'un assemblage de planches, clouées sur un fond de bois.

Notre image montre une baillotte confectìonnée à l'aide de cordons de paiIle tressée de 3 cm de diamètre, maintenus en place par des liens d'osier.2. - Le «Brusc» et la «Hotte en tissu».Les réactions qui mènent à la station debout, commençant par la tête, se poursuivent par le cou, et continuent par le tronc et les jambes. Le mouvement des membres supérieurs est donc plus précoce que celui des membres inférieurs, la maturation du système nerveux évoluant du haut vers le bas.Une série de mouvements qui préparent l'enfant à la marche peuvent être observés: la

première attitude est le redressement de la tête. Le bébé lève la nuque vers trois mois. Pour arriver à la station debout, il lui est indispensable de redresser la colonne vertebrale. Vers six mois, l'enfant reste assis en équilibre en s'appuyant sur une main. A huit mois, il prend pied et se met à marcher à quatre pattes.Jadis, la station debout avec appui était favorisée grâce au «brusc» et à la «hotte en tissu»,

véritables «boîtes à enfants». Le «brusc» possédait une sorte de dossier sur lequel l'enfant pouvait appuyer la tête; il servait en même temps de dispositif de suspension. La coutume de suspendre les enfants dans les hottes resta longtemps en vigueur au Canada et se pratique encore chez les Peaux-Rouges de l'Amérique du Nord; elle s'avère une variante du brusc provençal. Au Canada, les mamans se chargent de la hotte dont elles passent les courroies autour des épaules. Pendant les repos elles posent la hotte contre un arbre ou l'accrochent à une branche.

Notre image montre le «brusc» provençal et la «hotte à enfants» en tissu suspendu au mur de la chambre.3. - La «Cabernotte».Quand l'enfant commence à prolonger la station debout, la colonne vertebrale n'est plus droite comme chez le nourrisson, elle affecte d'élégantes courbures grâce à l'inìervention du travail des muscles. Ces derniers ont à maintenir la tête, qui tend au fléchissement, et à neutraliser les viscères contenus dans les cavités et sollicitant le tronc vers l'avant.

L'enfant prend la station debout dès que la maturation s'achève dans ce domaine. L'éducation forcée peut avoir des effets nuisibles, du moment qu'elle précède cette maturation, et en perturbe le développement. Même si l'attitude verticale répond à un besoin, les appareils utilisés jadis, tels que la cabernotte, faisaient souvent plus de mal que de bien, l'habitude d'y laisser les enfants jusqu'à ce qu'ils s'endorment d'épuisement, leur étant généralement préjudiciable.

La cabernotte avait pour but d'apprendre aux enfants à se tenir debout tout en s'assurant de leur tranquillité. Elle se rapprochait plus du berceau que du brusc, mais semble pourtant dériver de ce dernier, et se compose d'une planche pourvue, d'un côté de deux pieds qui la tiennent fortement inclinée, et de l'autre d'un support qui reçoit les pieds du bébé. La cabernotte se nettoyait plus aisément que la baillotte

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et le brusc,4. - La «Charrette» et le «Harnais»Normalement l'enfant à douze mois a besoin d'aide pour marcher; à partir de quinze mois, il s'aventure seul. La marche est sans doute la phase la plus spectaculaire du développement moteur. Depuis toujours les parents notent la date des premiers pas de leur progéniture. Le moindre retard dans ce domaine a tôt fait de devenir un sujet d'inquiétude.C'est à l'usage prémature de la «Charrette» que beaucoup d'enfants devaient des

jambes arquées ou des épaules déformées. A cette époque les parents ignoraient couramment que les membres de l'enfant sont composés d'os flexibles sans grande

résistance. Déjà un praticien du 18e siècle écrivait: « On doit éviter l'emploi de ces roulettes où l'on a coutume de mettre les enfants pour les empècher de tomber et pour s'épargner la peine d'être toujours près d'eux. Ces roulettes ont des accoudoirs très hauts sur lesquels s'appuyent les enfants, et qui leur font lever les épaules».Le type de charrette que représente notre image comporte un châssis carré en bois, pourvu de roulettes pivotantes, sur lequel se fìxent quatre tiges en bois ou en fer qui soutiennent un encadrement plus étroit. Le dessus était souvent garni d'une boîte à jouets.Notre image montre, outre la charrette, une grand'mère conduisant un enfant soutenu par des bretelles. Ce dernier procédé n'est pas passé de mode. Aujourd'hui encore, de nombreuses mamans guident les premiers pas de leur bébé en le maintenant dans un harnais, généralement garni de sonnettes.5. - Le «Virou» et le «Promenoir».Le début de la marche «bipede» chez le jeune enfant se caractérise par un accroissement graduel de la rapidité de déplacement, de la longueur des pas et l'amélioration du sens de la direction.

L'enfant commence par marcher sur la pointe des pieds, lentement il s'habitue à une démarche normale. Y aurait-il une correlation entre l'intelligence de l'enfant et l'âge où il commence à marcher? Les pédagogues constatent que chez les mieux-doués il n'y a aucun parallélisme entre le développement des aptitudes intellectuelles et motrices. Par contre, pour les anormaux ils reconnaissent que la défìcience mentale va de pair avec un retard moteur.Presque toutes nos activités ont une base motrice. Le mouvement est une des principales

manifestations de la vie. De tout femps on a cherché à éduquer le mouvement. Cette éducation n'a pas toujours montré des résultats heureux en raison de l'empirisme avec lequel il se pratiquait. Actuellement, des données scientifìques précises et contrólées guident les pédiatres. Toutefois, la plupart des spécialìstes en la matière réservent à la nature elle-même la plus large place dans le développement physique des enfants.Notre image montre deux appareils primitifs, le virou et le promenoir. Le virou, mot ayant des accointances avec le verbe «virer», vire en effet quand le jeune bébé qu'il reçoit le pousse avec ses petites jambes.

Derrìère le virou nous remarquons un appareil mobile: le «promenoir». Celui-ci se compose d'un châssis de bois, étroit mais allongé, monté sur quatre pieds. L'enfant peut se retourner dans cet appareil et se déplacer dans les deux sens.6. - Le «Tourniquet» ou ancien «Dunois».Le tourniquet se présente en quelque sorte comme un virou perfectionné. Alors que l'enfant, en levant les bras et en se laissant glisser, pouvait sortir du virou en l'absence de surveillance, le Dunois (du nom du pays où il a pris naissance) possède un dispositif special composé d'une sorte de fléau de balance, d'où descendent deux cordes qui soutiennent la ceinture attachée sous les aisselles de l'enfant. Ce fléau et ces cordes servent à le maintenir

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dans la position verticale et l'empèchent de tomber si les jambes fléchissent.Tout comme pour le virou, l'apprenti-marcheur tourne autour d'un mât central, mais il

peut, en plus de cette manoeuvre monotone, pivoter sur lui-même.Comme vous pouvez le remarquer, la plupart de ces dìspositifs en vue de contenir les

enfants ou de leur apprendre à marcher, ont actuellement terminé leur carrière, L'évolution de la puericulture a condamné la plupart d'entre eux. Aujourd'hui on sait qu'il est inutile et même nuisible de chercher à hâter le moment où l'enfant marcherà. L'enfant marche dès que les centres du cerveau correspondant à l'équilibre et aux mouvements de la marche, ont achevé leur évolution, quand les fibres nerveuses se sont recouvertes d'une substance visqueuse, blanche, phosphorée et très réfringente, appelée myéline, et lorsque ses os sont assez solides pour le soutenir.La science a remplacé l'empirisme; à la facilité des parents parfois acquise au prix de dangereuses initiatives, se sont substituées des notions nouvelles ayant pour but d'assurer la sante de l'enfant et de garantir dans toute la mesure du possible le développement rationnel de son patrimoine physique.

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1649DIE WELT IST NICHT ÜBERALL DAS GLEICH 1IL MONDO NON É TUTTO UGYALE 1LE MONDE N’EST PAS TOUT ÉGALE 1

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1 - IL MONDO NON É TUTTO UGUALE 1GIAPPONE ESOTICO2 - IL MONDO NON É TUTTO UGUALE 1INDOCINA FAVOLOSA3 - IL MONDO NON É TUTTO UGUALE 1I CIELI DI TAHITI.4 - IL MONDO NON É TUTTO UGUALE 1LA GIUNGLA DEL BORNEO5 - IL MONDO NON É TUTTO UGUALE 1LE NEVI DEL KILIMANGIARO.6 - IL MONDO NON É TUTTO UGUALE 1LE SABBIE DEL SAHARA.Rückseite - Retro - Verso 1 - GIAPPONE ESOTICOIl mondo non è tutto uguale. Passando dall'uno all'altro meridiano o parallelo si passa, materialmente, in una realtà diversa. Ogni paese ha così un suo particolare sapore una sua particolare cifra, con cui resta poi nel ricordo di chi vi è stato. A che cosa è dovuta la diversità? ai colori, alla luce, all'aria? alla natura del suolo o della vegetazione? alle dimensioni dei paesaggi, all'andamento dei rilievi montuosi o delle pianure? A nessuna di tali cose, o a tutte quante insieme e ad altre ancora.Cominciamo questa serie di immagini, dedicate all'emisfero che può dirsi afroasiatico, con

un paesaggio del Giappone, che. di tutti i paesi esotici, è forse, per noi, il più esotico. Per «esotico» si intende che è lontano da noi, e non solo nello spazio ma anche nell'aspetto. Osservate l'immagine: questo paesaggio ammantato di neve, mostra un tratto di piana ondulosa ai piedi delle alture. Qualche albero, un boschetto, il declivio delle colline: nulla che non si possa trovare anche da noi, eppure quale aspetto diverso! Anche togliendo di mezzo quella costruzione dai caratteristici tetti sovrapposti, spioventi, a pagoda, il paesaggio resta esotico, simile a quelli della pittura giapponese. La verita è che i dipinti giapponesi non tradiscono la realtà. Lo sciame di isole grandi e piccole che compongono il Giappone, esposte all'impeto degli uragani, allo sconvolgimento dei terremoti, sia nella natura agreste che nell'edilizia delle città industriali alterna l'austerità alla leggiadria, la grandiosità al gusto del dettaglio. L'esotismo del Giappone non è però quello - convenzionale e antiquato - che spesso immaginiamo: perchè il Paese del Sol Levante è il più moderno, il più occidentale dei paesi dell'estremo Oriente.2 - INDOCINA FAVOLOSALe spedizioni verso le rive e le grandi isole dell'Asia ebbero inizio alcuni secoli or i sono. Ma con la prima metà del secolo scorso cominciò la grande avventura mercantile. Mentre le compagnie commerciali moltiplicavano gli emporii e i depositi, affluivano anche, in gran numero, trafficanti avventurosi, spesso più avventurieri che commercianti, in cerca di fortuna. Furono loro a spingersi alla ricerca di nuove basi di traffico, a stabilire nuovi contatti con le genti del luogo. Non tutti raggiungevano il successo, molti anzi cadevano sempre più in basso, finendo col vivere mescolati alla vita degli indigeni e costituendo una casta di paria bianchi in seno alla nascente e florida società coloniale. Ma, successo o no, furono costoro gli agenti diffusori dei contatti tra il mondo europeo e quello asiatico ed è incalcolabile il contributo che recarono all'evoluzione di quelle genti.

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Su questo particolare mondo non poteva mancare di fiorire una leggenda, e infatti diede origine a tutta una letteratura narrativa. Gli scali dell'Oriente assunsero un aspetto favoloso, nell'immaginazione; più degli altri, forse, gli scali dell'Indocina. Questa regione, a contatto (come lo dice il nome) dell'India e della Cina si rivestì dì un fascino remoto, che ancora è rievocato da nomi come la Cambogia, la Cocincina, Saigon, Bangkok, il Fiume Rosso, il Menam, il Mekong.

In realtà, accanto allo splendore decadente dei palazzi, dei templi, delle pagode, brulica un'umanità miserabile; le pingui campagne si alternano a sterminate e micidiali paludi lussureggianti di alte erbe: le piene dei fiumi sono un costante flagello. La nostra immagine fornisce un aspetto del Siam, che dell'Indocina fa parte, e ne indica a un tempo l'opulenza dorata e la torpida atmosfera.3 - I CIELI DI TAHITI.Passiamo all'Oceania e a quella miriade di isole sparse nell'immensità del Pacifico, che formano la Polinesia. Isole Scilly, Samoa, Tahiti, nomi magici, evocatori di un mondo lontanissimo! Emerse dal mare, sotto la spinta di un fenomeno vulcanico o per la proliferazione incessante dei coralli; protette dalle lagune degli atolli o battute dall'onda incessante dell'oceano; raggruppate in arcipelaghi ove spesso un braccio di mare strettissimo (che un buon nuotatore che non abbia paura dei pescecani può attraversare agevolmente) divide le une dalle altre, o sperdute nella distesa marina; queste isole sembrano sospese fra il cielo e l'acqia, in una luce straordinaria e senza eguali. Una vegetazione sgargiante, punteggiata di strani fiori dai vivaci colori, alterna le larghe foglie dei paletuvieri a quelle sfrangiate delle palme. In questa specie di paradiso terrestre vive una gente mite, dalla pelle olivastra, e di grande bellezza, dedita alla pesca e alle più semplici arti manuali, amante dei fiori.Quando il tempo è sereno, l'azzurro ineffabile del mare si confonde con quello del cielo,

tanto da far sembrare che le bianche vele delle imbarcazioni navighino nell'aria o le candide ali degli uccelli marini siano scese nell'acqua.E' probabile che con lo sviluppo dei mezzi di trasporto, si comincerà a cercare sempre più

lontano quella tranquillità che le spiagge nostrane, superaffollate, non concedono più. Già adesso le crociere che partono dagli Stati Uniti toccano talvolta questo mondo incantato; ma si tratta di brevi scali, in località fisse, il cui pittoresco mondo si è già standardizzato; per fortuna rimane ancora intatto un enorme numero di isole ed isolette, dove le future generazioni potranno forse trovare ancora il modo di godersi il lento trascorrere dei tempo, sotto cieli meravigliosi.4 - LA GIUNGLA DEL BORNEOSi suole ripartire l'Oceania (che comprende, come è noto, anche l'Australia la quale da sola è quasi un continente) in diverse zone, quali la Polinesia, la Micronesia. la Melanesia, la Malesia. Quest'ultimo termine comprende, peraltro, anche la penisola di Malacca, la quale é asiatica, protendendosi a sud dell'Indocina verso l'isola di Sumatra e limitando a occidente il Mar della Cina. Sumatra, come Giava e Borneo, fa parte delle Isole della Sonda. Il Borneo è di gran lunga la maggiore, coi suoi 635 mila chilometri quadrati di superficie; è anzi, dopo l'Australia, la più grande isola del mondo. Nota inoltre, da lungo tempo, per le sue risorse naturali (ad esempio il caucciù, ed ora il petrolio) si potrebbe pensare che ormai sia battuta, frequentata, intensamente ed interamente.Si è visto invece, anche in occasione di lotte abbastanza recenti degli indigeni per

affrancarsi dall'ingerenza olandese, che l'isola è ancora per buona parte allo stato vergine,

dominata dall'impenetrabile giungla equatoriale. Le vie d'acqua verso l'interno hanno conservato quindi tutta la loro importanza. Sulle rive, dopo lunghi tratti dominati cialla fitta vegetazione della giungla, si allargano ogni tanto gli ampi spiazzi delle piantagioni o presso un villaggio di capanne si presenta un approdo; sulle barche indigene, o sui piccoli battelli

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che periodicamente fanno la spola sul fiume, vengono caricate le materie prime vendute. Questo sistema di incetta molto redditizio, sui quale viveva tutta una comunità coloniale di piantatori e di mercanti, ha fatto probabilmente il proprio tempo, e il caratteristico ambiente che ne deriva è destinato probabilmente a sparire pian piano, mentre la giungla del Borneo cederà progressivamente alla spinta del progresso.5 - LE NEVI DEL KILIMANGIARO.In Africa ci sono le zone delle grandi foreste che si addensano lungo il corso di immensi

fiumi rimasti così a lungo misteriosi; ci sono le zone desertiche e le piane erbose, propizie al pascolo; ma l'Africa resta soprattutto nel ricordo come il paese delle boscaglie, sterminate boscaglie di acacie spinose, fitte ed alte poco più di un uomo, sul terreno brullo, oppure rade, fatte di alberi disseminati nella distesa di alte erbe. Non è rara, li in mezzo, l'apparizione delle belve in libertà o degli animali selvatici: il collo incredibile delle giraffe, simile a un telescopio che domina l'orizzonte o l'antilope-cavallo che emerge dalle acacie dal pettorale in su, con quella testa arcuata degna di un bassorilievo dei templi della Grecia antica.Ma tra tutte le apparizioni sorprendenti, resta indimenticabile quella della montagna sacra,

il Kilimangiaro. Si innalza nelle lontananze, al di sopra delle boscaglie, fino a 6.000 metri, col suo cono di forma vulcanica, ammantato dì neve. Quel biancore immacolato e freddo, in cima al solitario massiccio montuoso, sembra incredibile nel cuore dì quel mondo equatoriale, rovente, regno naturale dei leoni e della più caratteristica fauna africana.Il Kilimangiaro è presso i confini tra il Kenya e il Tanganyika. Non lontano da lì (e diciamo

non lontano rispetto alle enormi distanze cui ci si abitua in Africa) si inizia la catena dei grandi laghi africani. Per molti e molti decenni la regione conservò il suo segreto, rimase chiusa all'esplorazione. Ma ormai è abbastanza frequentata, da cacciatori e da ricchi turisti.6 - LE SABBIE DEL SAHARA.Ci sono parecchi deserti, ma quello vero, quello al quale pensiamo dicendo «il deserto», è il Sahara. Si estende per centinaia di migliaia di chilometri quadrati, nell'Africa Settentrionale, dall'Egitto all'Atlantico, tra Sudan, Libia, Tunisia, Algeria e Marocco. E' un

autentico oceano di sabbia, che si infrange talora su un massiccio montuoso come il Tibesti, o si solidifica in pianori pietrosi detti «hammàda»; in gran parte però è formato da dune che. come onde, sono in continuo movimento. Un movimento leggero e impercettibile, solitamente, quando l'aria è smossa appena e solo a tratti; uno sconvolgimento profondo allorché s'alza, come un flagello, il vento del deserto.In altre zone desertiche del globo una fauna e una flora particolari, ostiche all'uomo, trovano il proprio ambiente naturale, molto più che non nel Sahara. Eppure si finisce con lo scoprire che il Sahara vive una sua vita segreta, di cui non manca di intendere il fascino e il mistero chi ha prestato servizio, ad esempio, nei reparti cammellati o in altri corpi delle truppe coloniali. Sarà forse a causa delle rapide albe o dei tramonti, delle notti sotto un cielo puro ed incredibilmente stellato, dall'alto silenzio, della dura legge che la natura e l'immensità del deserto impongono agli uomini; certo il Sahara si rivela, a chi sì adegua alla sua quiete solenne, come un ambiente eccezionale, ma non ostile alla vita dell'uomo. E' la patria dei Tuàreg, dei Mauri, di quei nomadi che usiamo chiamare «beduini», che conoscono ogni segreto delle carovaniere, ogni pozzo sperduto, ogni oasi. Si dice che sotto la coltre di sabbia scorrano ricche falde di acqua: è forse questa ricchezza di linfa sotterranea il vero mistero del Sahara.

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1650DIE WELT IST NICHT ÜBERALL DAS GLEICH 2IL MONDO NON É TUTTO UGYALE 2.LE MONDE N’EST PAS TOUT ÉGALE 2

Vorderseite - Fronte - Côté antérieur 1 - IL MONDO NON É TUTTO UGYALE 2.INCANTEVOLI HAWAII.2 - IL MONDO NON É TUTTO UGYALE 2.LE MURAGLIE DELL'ARIZONA.3 - IL MONDO NON É TUTTO UGYALE 2.LE CASCATE DEL NIAGARA.4 - IL MONDO NON É TUTTO UGYALE 2.IL GRAN CANYON DEL COLORADO5 - IL MONDO NON É TUTTO UGYALE 2.DISTESE DESERTICHE DEL NUOVO MESSICO.6 - IL MONDO NON É TUTTO UGYALE 2.LA BAIA DI GUANABARA A RIO DE JANEIRO.Rückseite - Retro - Verso 1 - INCANTEVOLI HAWAII.Gli Americani degli Stati Uniti, quando dicono «l'emisfero» intendono il loro, quello cioè che comprende il continente americano del nord, del centro e del sud. Questa serie di figurine, dedicata appunto a quell'emisfero, si apre però con una immagine delle isole Hawaii che. a vero dire, fanno parte dell'Oceania e non dell'America, ma che sono un possesso degli Stati Uniti.Le Hawaii sono un arcipelago della Polinesia, e, incantevoli come sono, sono venute

rapidamente a rappresentare e a riassumere, per gli Americani, tutto l'incanto del mondo oceanico alla cui soglia si trovano. Era inevitabile, data la tendenza americana a industrializzare tutto, che anche il loro fascino si commercializzasse rapidamente: quelli che erano gli spontanei usi e costumi locali, le collane di fiori a chi arriva, i canti di benvenuto, la

gentilezza e la gaiezza della gente, le danze hawaiane, l'abilità al nuoto, i tipici gonnellini delle donne, fatti di frange, e i drappi fiorati che gli uomini si avvolgono intorno alle reni, sono divenuti oggetto di una vera e propria rappresentazione, fatta professionalmente, ad uso e consumo dei turisti.Ma l'incanto delle Hawaii resiste anche a questo. La natura è meravigliosamente

lussureggiante, sgargiante di colori, di aperture su paesaggi strani ed idillici: una specie di paradiso terrestre, che tale rimane, malgrado il turismo e l'invadenza commerciale.2 - LE MURAGLIE DELL'ARIZONA.Il Far-west dei films e dei romanzi d'avventure - il Far-West dei fuorilegge, dei pellirosse, desìi uomini lesti a maneggiar le pistole - non. è altro, ormai, che un ricordo e una leggenda. Ma Io sfondo naturale di quelle vicende esìste sempre, selvaggio e solitario, ed è ora noto soprattutto per la singolarità del paesaggio. In questi territori i pionieri, quando l'America era ancora un immenso territorio semiselvaggio, una terra da occupare, incontrarono - or ,non è molto più dì un secolo - le loro maggiori difficoltà. Nell'avventurosa e pericolosa migrazione verso l'Ovest, in cerca di terra di cui prender possesso e da coltivare, avevano già sormontato la barriera delle Montagne Rocciose, ed ecco che sull'altro versante trovavano paesi brulli e infocati, accidentati, ove la natura pareva compiacersi a frapporre, sul cammino della loro migrazione, deserti e muraglie. Così fu nell'Utah, così fu nello Arizona. Quest'ultimo territorio - che dal 1912 è diventato uno degli Stati Uniti, con capitale Phoenix - è per molta parte un vasto altopiano roccioso che arriva fino ad altitudini di 3.000 metri. Ma

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è anche la porta verso la California, che con esso confina ,ad ovest. Le muraglie rocciose, quindi, non arrestarono i pionieri, nè tanto meno gli avventurieri, irresistibilmente attratti da quella specie dì terra promessa, straordinariamente feconda, e dal miraggio dell'oro..3 - LE CASCATE DEL NIAGARA.Nel nord degli Stati Uniti esiste un gruppo di immensi laghi: lo compongono il Lago Superiore, il Michigan con l'Huron, l'Erie, l'Ontario. Largamente comunicanti tra loro costituiscono un gigantesco serbatoio di acque, da cui esce finalmente il fiume San Lorenzo. Attraverso il Lago Superiore, l'Huron. l'Erie. l'Ontario, e lungo un ampio settore del San Lorenzo corre il confine tra Stati Uniti e Canada. Il lago Eric e l'Ontario sono uniti dal

Niagara (che è quindi una sezione del San Lorenzo): esso forma le famosissime cascate, alte 50 metri, che sono uno dei paesaggi più popolari degli Stati Uniti, tradizionale mèta di gite. Che le coppie di giovani sposi ci vadano in viaggio di nozze è addirittura proverbiale, tanto più che la località, organizzata sia dal punto di vista logistico che da quello delle comunicazioni in modo da favorire il turismo spicciolo, è a portata degli abitanti di New-York (lo Stato di New-York giunge intatti sino all'Erie ed all'Ontario).Oltre a fornire uno dei più grandiosi spettacoli della natura, le cascate del Niagara rendono bene l'atmosfera dei grandi laghi americani, intorno ai quali si concentra tanta parte della prosperità industriale degli Stati Uniti. Detroit, Chicago, per non citare che due città notissime, sono sulle rive di questi laghi, ampiamente navigabili.4 - IL GRAN CANYON DEL COLORADONon meno celebre delle cascate del Niagara è il Gran Canyon del Colorado. Questo fiume raccoglie le acque che scendono verso ovest dalle Montagne Rocciose, su un arco che va dal picco Fremont (presso il Parco di Yellowstone, che è sulle pendici orientali di quei monti ma che qui citiamo perchè coi suoi boschi, i suoi laghetti, la sua flora e la sua fauna costituisce

una delle meraviglie degli Stati Uniti) fin giù al monte Wilson e anche più a sud.Ciò che ha reso famoso il Gran Canyon è l'aspetto fantasmagorico, di bolgia infernale, del

paesaggio che attraversa. La natura del suolo, infatti, è tale che l'erosione delle acque scava solchi proiondamente incassati, chiamati appunto «canyons», che lasciano a nudo le stratificazioni geologiche sovrapposte del suolo. Uno spettacolo vagamente consimile poteva vedersi forse solamente in Etiopia, lungo la via che scendeva in Dancalia. Ma l'ampiezza con cui il fenomeno si verifica nel Gran Canyon è senza eguali. L'acqua del fiume (il Colorado) scorre sul fondo della gola, e mentre i corsi d'acqua favoriscono sempre l'abbondanza della vegetazione sulle rive, questo invece scorre in un paesaggio arido e tormentato. Anche questo spettacolo della natura è. giustamente, una mèta favorita del turismo americano, uno dei luoghi da vedere.5 - DISTESE DESERTICHE DEL NUOVO MESSICO.Il Nuovo Messico, uno degli Stati Uniti d'America, fra il Texas e l'Arizona, è sulle grandi strade che oggi attraversano il continente e conducono alla California per i passaggi principali concessi dalla natura nelia barriera delle Montagne Rocciose e delle circostanti zone di erosione a carattere desertico. E' al centro della vastissima zona compresa tra il golfo del Messico e il golfo della California: ivi un fiume ben noto, il Rio Grande, entra nel Messico attraverso El Paso, famosa località di frontiera nel deserto.Il clima caldo e asciutto dovuto alla latitudine ormai vicina al Tropico del Cancro, è più temperato sulle altezze dei «tavolieri», conformazioni geologiche ad altopiano provocate dall'erosione sabbiosa dei venti. Corpi di roccia verticali, più resistenti di altre parti alla corrosione, si ergono solitari come fantastici personaggi, visibili da lungi, la cui presenza sembra custodire le memorie di un'epoca fatidica e gloriosa. Per i viaggiatori del passato il problema era di sopravvivere fino alla California, terra promessa, mentre qui era impossibile sostare a lungo. Non nacquero perciò grandi città, ed anche oggi non c'è apprezzabile densità

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di popolazione. Solo recentemente si sono scelte queste estensioni disabitate per impiantarvi i laboratori della scienza atomica, sorvegliate cittadelle chiuse agli estranei. Nei loro dintorni esistono minuscoli centri abitati per i semplici svaghi del personale nei turni di riposo, che crea un certo movimento tipicamente locale. Ma la zona interessa anche i turisti veri e propri, attirati dal fascino di quell'ambiente melanconico e strano.6 - LA BAIA DI CUANABARA A RIO DE JANEIRO.Uno degli approdi più sensazionali del Sudamerica è Rio de Janeiro, nella più bella rada del mondo, porto dotato di un retroterra che è una ciclopica riserva naturale per l'umanità intera. Punto di riferimento d'obbligo alla fantasìa di chi pensi alle radiose città di quella fascia costiera, tutti eccellenti porti sull'Atlantico, come gli importanti centri di San Paulo, Santos, Bahia e Pernambuco.Durante l'inverno europeo, laggiù è estate, ma anche durante la nostra estate sono colà

sconosciute le rigide temperature.Le condizioni naturali favoriscono lo sviluppo continuo e febbrile di Rio, anche dal punto di

vista industriale, dovuto in larga parte all'opera degli immigrati europei.Dall'alto del monte Corcovado (a destra nella nostra figurina) una grandiosa statua del

Cristo Redentore, a braccia aperte, guida la città di Rio de Janeiro, con la sua intensa vita commerciale e turistica a un tempo, in un'atmosfera luminosa dove trionfa l'accostamento di tersi e smaglianti colori.Da una parte le risorse del mare, che reca i traffici da tutti i continenti, e dall'altra- il retroterra lussureggiante, danno a questa baia meravigliosa ogni possibilità di aperta vita e di ricchezza, mentre anche il semplice soggiorno turistico in essa è quanto di più desiderabile.

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