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Liceo scientifico tecnologico I.I.S. Da vinci – De Giorgio Il ruolo della tecnologia dall’illuminismo alla società post-moderna Classe V sez. A Candidato Andreoli Andrea Docenti referenti Quintino D'Annibale Rosamaria Di Loreto Ermenegildo Lemme Maria Grazia Aquilano Rocco Piccone Tiziana Torella

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Liceo scientifico tecnologico I.I.S. Da vinci – De Giorgio

Il ruolo della

tecnologia

dall’illuminismo

alla società

post-moderna

Classe V sez. A

CandidatoAndreoli Andrea

Docenti referenti

Quintino D'Annibale Rosamaria Di Loreto

Ermenegildo Lemme Maria Grazia Aquilano

Rocco Piccone Tiziana Torella

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Tesina esame di Stato 2012

SOMMARIO

1 PREFAZIONE ............................................................................................................................ 3

2 TRA ETICITA’ E PROGRESSO ............................................................................................... 5

3 FILOSOFIA................................................................................................................................. 7

3.1 IL PROGRESSO NELL’ILLUMINISMO: IL POSITIVISMO ........................................................................................................................................ 7

3.2 CRISI DEL PROGRESSO: PESSIMISMO E ESISTENZIALISMO ................................................................................................................................. 7

3.3 LA SCUOLA DEL SOSPETTO: LA FILOSOFIA COL MARTELLO DI NIETZSCHE ...................................................................................................... 8

4 STORIA ....................................................................................................................................... 9

4.1 PRIMA E SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE .............................................................................................................................................. 9

4.2 TECNOLOGIA NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE ............................................................................................................................................. 9

4.3 LA SECONDA GUERRA MONDIALE: LA BOMBA ATOMICA ............................................................................................................................... 10

5 LETTERATURA ....................................................................................................................... 13

5.1 SALVATORE QUASIMODO: “UOMO DEL MIO TEMPO” ................................................................................................................................... 13

5.2 CRITICA ALL’UOMO, CRITICA ALLA SCIENZA ................................................................................................................................................ 14

6 INGLESE ................................................................................................................................... 15

6.1 THE VICTORIAN AGE .................................................................................................................................................................................... 15

7 FISICA ....................................................................................................................................... 16

7.1 LA “GUERRA DELLE CORRENTI” ..................................................................................................................................................................... 16

7.2 PERDITE OHMICHE NEL TRASPORTO DELLA CORRENTE ................................................................................................................................ 16

7.3 IL TRASFORMATORE ....................................................................................................................................................................................... 17

7.4 PROBLEMI NEL TRASPORTO IN CORRENTE ALTERNATA: IL FATTORE DI POTENZA ........................................................................................ 18

7.5 RISONANZA ................................................................................................................................................................................................... 19

8 MATEMATICA ....................................................................................................................... 21

8.1 TEOREMA DELLA MEDIA INTEGRALE.............................................................................................................................................................. 21

9 BIBLIOGRAFIA ....................................................................................................................... 22

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1 PREFAZIONE Il nome dell’indirizzo scolastico da me frequentato è “Liceo scientifico tecnologico” e la mia scelta formativa non è stata casuale. Fin da sempre infatti sono stato affascinato dalla parola “tecnologia”, dal suo significato intrinseco, dal suo studio, dal suo progresso e soprattutto dai suoi molteplici impieghi nella società. Si parta di tecnologia dappertutto: per i computer, per i cellulari, per costruire una macchina, una casa, ma anche per lavorare la terra, cucinare o, addirittura, modificare il dna degli esseri viventi, ma anche nella guerra, nella messa a punto della bomba nucleare, delle armi chimiche o della pistola del serial killer. E tutta intorno a noi ed è parte della vita quotidiana ma cos’è in realtà? Qual è il suo significato? Come molte parole

deriva dal greco τεχνολογία (tékhne-loghìa), letteralmente “discorso sull’arte”, dove con arte si intendeva fino al XVIII secolo quella che oggi chiamiamo “tecnica”, ovvero il “saper fare”. La tecnologia quindi non è altro che l’insieme di quei ragionamenti logico-scientifici indirizzati alla creazione di qualcosa, che ha come obiettivo il fare, un oggetto concreto, in sintesi: è il progetto della tecnica.

Le origini della tecnologia si possono far risalire a ben prima della nascita dell’uomo ed è nata dai processi naturali di trasformazione operati dagli esseri viventi per adattare l’ambiente alle proprie esigenze. E non solo l’uomo è capace di sviluppare processi tecnologici in grado di soddisfare i propri bisogni, siano essi alimentari, abitativi, sociali o in generale di sopravvivenza, si pensi per esempio alla ragnatela, al nido, alla tana,.. ecc.. L’uomo deve il suo primato sulla terra proprio alla sua capacità di aver sfruttato la tecnologia a suo vantaggio, per la sua sopravvivenza e oggi sempre più anche per la sua comodità. Tutto ha avuto inizio con la conversione di risorse naturali in strumenti semplici che gli hanno permesso: di cacciare, di utilizzare a suo vantaggio il fuoco, di aumentare la disponibilità di cibo, l’ideazione della ruota, con la possibilità di percorrere lunghe distanze in sempre minor tempo, fino ad arrivare ad oggi con l’invenzione di telefoni , TV, satelliti e stazioni spaziali, che gli permettono di comunicare istantaneamente con tutto il mondo e di avere informazioni in tempo reale.

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Mediante la sua intelligenza, l’uomo ha quindi creato dal nulla ciò che per natura mancava. Guardandomi attorno però, osservando questo mondo, osservando questa società in cui viviamo viene spontaneo da pormi una domanda: tutta questa tecnologia che ci circonda, che tanto ci piace e di cui poco riusciamo a fare a meno, può essere considerata veramente progresso!?

Questa tesina non ha la presunzione di dare una risposta a questa domanda ne di proporre soluzioni miracolose ai problemi che si incontrano lungo la strada. L’obbiettivo è quello di analizzare in modo critico il concetto di “progresso e tecnologia” che a fronte di numerosi difetti e costi presenta altrettanti pregi che ne denotano la positività di fondo. L’importante, allora, è stimolare una riflessione che permetta di distinguere meriti e limiti in modo da avere una visione più globale del fenomeno ed essere in grado di affrontare il futuro con più consapevolezza delle scelte che si faranno.

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2 TRA ETICITA’ E PROGRESSO

Innanzitutto sarebbe utile definire la parola progresso ma, provandoci, ci si rende conto che la cosa non è affatto semplice. Sicuramente, nella nostra cultura, il progresso occupa una posizione sempre più centrale. Esso si presenta come un idolo da adorare, come un obiettivo nobile cui elevare sacrifici talvolta anche notevoli. Pensiamo per esempio alla situazione odierna in cui non si fa altro che parlare di crisi e recessione e qualsiasi azione viene giustificata in nome del progresso. Molto spesso, però, nel giudicare un’azione o nel fare una scelta ci si imbatte in opinioni contrastanti e principi di giudizio differenti. Si possono distinguere infatti 4 forme di progresso ognuna delle quali presenta pregi e difetti:

Progresso scientifico (delle conoscenze). Non esistono particolari obiezioni per questo tipo di progresso poiché, sebbene talvolta le ricerche si orientino verso orizzonti contestabili (v. armamenti, biogenetica…), l’ampliamento delle conoscenze a disposizione dell’umanità risulta essere un fenomeno positivo. Si consideri poi che le conoscenze fanno parte di quei beni "immateriali" che non solo non si consumano mentre vengono utilizzate, ma, inoltre, consentono di essere

usufruite da più persone (se esiste, alla base, un’uguaglianza di opportunità di accesso a tali conoscenze). Progresso tecnologico (per le applicazioni delle conoscenze). Rappresenta, in maniera maggiore, il problema appena accennato per la diffusione delle conoscenze: esso, infatti, non può diffondersi allo stesso modo ovunque, ma si deve considerare il costo delle attrezzature necessarie, la disponibilità di mano d’opera specializzata, le capacità tecniche, ecc.

Progresso economico (sviluppo e benessere materiale). Anch’esso non

presenta sempre, automaticamente valenze positive. Certo il progresso economico ha permesso il diffondersi di molte comodità, ma ci si è accorti che non è possibile che queste comodità vengano usufruite da tutti, liberamente. Si

pensi agli ingorghi di macchine: in quel momento sarebbero molte le persone che preferirebbero qualcosa di meno progredito ma decisamente più mobile come, ad esempio, una bicicletta. Progresso sociale (ridistribuzione del reddito, sicurezza sociale); etc.

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A fronte di queste precisazioni, è opportuno, dunque, stabilire un criterio di valutazione che ci permetta di stabilire l’efficacia e la positività del progresso. Esso, affinché lo si continui a chiamare progresso, deve essere estendibile a chiunque e non esclusivamente a determinate categorie di persone (che nella stragrande maggioranza risultano essere persone ricche): se ciò avvenisse, si dovrebbe parlare di privilegio visto che riguarda una fascia ristretta di persone. E’ evidente come il progresso sia da ricercare soprattutto nella sfera dei beni immateriali i quali, meglio di altri, permettono l’accesso a fasce sempre più ampie delle popolazioni, senza, per questo, venire distrutti.

Purtroppo oggi l’andamento che si sta evidenziando è sempre più tendente al privilegio anche se molto spesso non ce ne accorgiamo: tutti, infatti, possediamo una macchina, una tv, un telefonino,… tutte comodità che “ci tengono a bada e che ci annebbiano la vista”.

In realtà le differenze che ci sono tra Nord e Sud del mondo sono un esempio lampante di come i divari siano concreti, visto che circa il 20% della popolazione vive consumando circa l’80% delle risorse.

Queste disuguaglianze appaiono ancor più evidenti se si considera che 358 miliardari hanno un reddito superiore a quello del 45% della popolazione (fonti ONU).

Inoltre queste disparità sociali ed economiche non sono in fase di diminuzione, anzi, dal 1960 ad oggi sono più che raddoppiate e sono in continuo aumento. Appare chiaro, dunque, che la strada percorsa fino ad oggi ha portato si a dei miglioramenti sotto vari aspetti ma porta dietro di se dei difetti strutturali pericolosi che se non corretti possono portare alla distruzione della società. World Trade Organization (WTO), Fondo Monetario Internazionale (FMI), Banca Centrale Europea (BCE), tutte scelte portate dalla globalizzazione con conseguenze che non sono sempre state delle migliori.

L’obbiettivo, allora, non è di non limitarci a denunciare o a demonizzare un fenomeno che è ormai in atto; un atteggiamento più costruttivo ci impone di capire cosa bisogna fare, come bisogna agire perché esso non rovini la nostra vita, quella degli altri abitanti del pianeta e quella delle generazioni future.

Un metodo molto utile per affrontare il problema è quello di guardare al passato, studiare la storia, le scelte, giuste o sbagliate, fatte dai nostri avi che hanno portato il mondo ad essere quello che oggi è.

Questo è quello che ho voluto fare con la mia tesina partendo innanzitutto da un’analisi storica e filosofica dell’ideale di progresso, dagli albori fino a giungere ai giorni nostri, soffermandomi più dettagliatamente sul progresso tecnologico.

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3 FILOSOFIA 3.1 Il progresso nell’illuminismo: il positivismo

L’ideale di progresso non è “cosa nuova” ed è stato al centro delle discussioni intellettuali già dal XVIII secolo quando in Europa prende piede l’illuminismo e la rivoluzione francese. Sarà poi, nel XIX secolo, che, con l’affermarsi del positivismo, l’idea di progresso verrà fuori prepotentemente come completa fiducia nelle potenzialità della scienza e dell’uomo. Un esempio è la visione utilitaristica di Bentham che afferma: “con utilità si intende la proprietà di un oggetto con la quale esso tende a produrre beneficio,vantaggio, piacere, bene o felicità o a prevenire danno, dolore, male o infelicità. L’azione umana, dunque, deve essere giudicata in base ad un “calcolo felicifico” “. Bentham propone inoltre di sostituire la tradizionale parola “felicità”, che ha una coloritura astratta, con il termine “well-being” (ben-essere), che non indica uno stato dal quale sia escluso il dolore, ma una complessiva riduzione della sofferenza, sia per il singolo, sia per la collettività. E in questo senso la “felicità pubblica”, cioè la massima felicità per il maggior numero di persone, diventa l’obbiettivo ultimo di una legislazione sociale e di una politica ispirata alla ragione nonché del progresso stesso. La tecnologia allora non diviene altro che lo strumento per ottenere sempre più benessere collettivo e per collettivo oggi dobbiamo considerare anche i paesi in via di sviluppo e, soprattutto, la natura, elemento indispensabile per la nostra sopravvivenza. Quel qualcosa che non rispetta tali parametri non è degno di essere chiamato tecnologia.

3.2 Crisi del progresso: pessimismo e esistenzialismo

Già da subito questo punto di vista dell’umanità e della storia, che per certi versi accomunava molti filosofi, da Hegel a Marx, Comte… , fu criticato; pensiamo per esempio al pessimismo di Shopenhauer, l’esistenzialismo di Kirkegard, o lo spiritualismo di Bergson e Weber. Sono stati però i grandi orrori e le centinaia di

migliaia di morti che i due conflitti mondiali hanno lasciato dietro di loro a gettare nel fango la “fama del progresso”, accusato di non aver fatto altro che inventare nuovi modi per uccidere e per provocare sofferenza non cambiando così quella immutabile condizione esistenziale dell’uomo di angoscia e di dolore. Un macigno che ancora oggi pesa sulle spalle della scienza che fatica ad affermarsi come metodo di analisi globale della società e come via per il raggiungimento di una società migliore. Stessa cosa vale per la

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tecnologia che ancor più della scienza viene vista come lo strumento in mano ai potenti in grado di decidere le sorti del pianeta e del nostro futuro. Questo alone di sfiducia nella tecnologia aleggia sulla società e si fonda, oggi, su tre ordini di problema: la mancanza di controllo sociale sulla scienza e sulla tecnologia; la compatibilità o incompatibilità ambientale dello sviluppo tecnologico; la accessibilità o inaccessibilità all'innovazione tecnologica da parte delle popolazioni in ritardo di sviluppo. In parole chiave: eticità, sviluppo sostenibile, uguaglianza sociale.

3.3 La scuola del sospetto: la filosofia col martello di Nietzsche

Tutto questo a causa di erronee considerazioni sulle ragioni del progresso: gli si attribuiva, e in parte ancora oggi, una valenza universale, la si considerava una legge immanente della natura e il fine ultimo della storia. Si è finiti così per giustificare qualsiasi atto in nome del progresso e, come nel sistema hegeliano o nell’economia di Smith, si finiva per credere che esercitare il semplice interesse personale avrebbe portato inevitabilmente anche all’interesse collettivo. Un mondo in cui ognuno agisce per fini propri e giustifica il tutto con il progresso, non fa altro che tramutarlo in qualcosa di astratto, e quindi debole, criticabile. È così che le disfatte della guerra e i danni provocati dalle diverse tipologie di tecnologia vengono attribuiti alla tecnologia stessa e non alla mano di chi le ha utilizzate in modo sbagliato. Appare chiaro, a questo punto, come l’imputato da giudicare sia l’uomo e non la tecnologia: l’uomo fa la tecnologia e non il contrario. Ed è stato questo l’ambito di analisi della filosofia di Nietzsche in cui culmina quell’alone di sospetto delle certezze scientifiche e che spazzerà via ogni illusoria convinzione illuministica e positivistica sul progresso umano. Nietzsche però non si abbandona, non fugge dal mondo, ma accetta la realtà così com’è facendo diventare l'uomo superuomo. Un superuomo che accetta si di vivere senza alcuna certezza metafisica ma non distruggendo ogni senso o norma, bensì responsabilizzandolo affinché si ponga fonte di valori e di significati. In conclusione l’obbiettivo della società moderna, o meglio, di ogni singolo uomo, è quello di dare un senso a questa realtà, posto che un senso non vi sia già.

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4 STORIA 4.1 Prima e seconda rivoluzione industriale

Appare chiaro come a differenza della scienza, la quale è un sapere che ha come fine nient’altro che il sapere stesso, la tecnologia è un sapere indirizzato al fare ed è l’uomo che decide come utilizzarla. Essa ha permesso, nella prima e seconda rivoluzione industriale, di aumentare l’estrazione di materie prime, di ridurre i tempi di produzione, di aumentare il numero di beni in commercio, di avere servizi come acqua potabile ed elettricità nelle case, ha permesso quindi di migliorare le condizioni di vita di tutta la società. Questa grande fiducia nella tecnologia, nella scienza e nel progresso caratterizzava tutto l’ambiente intellettuale dell’illuminismo ed ha avuto come culmine la rivoluzione francese.

4.2 Tecnologia nella prima guerra mondiale

Questo spirito positivista si è spezzato però dopo poco più di un secolo quando in Europa scoppiarono la prima e seconda guerra mondiale. L’utilizzo tecnologico nelle due grandi guerre è stato di fondamentale importanza ma ne ha segnato duramente la “reputazione”. Già nel primo conflitto sono state svariate le ricerche in ambito bellico: basti pensare ai primi aerei caccia, ai primi carri armati, o ancor più ai sottomarini che hanno giocato un ruolo importante nelle sorti del conflitto provocando addirittura l’ingresso in guerra degli Stati Uniti con l’affondamento della Luisiana da parte di un sottomarino tedesco. Causa la grande richiesta di armi, bombe e macchine da guerra

molte industrie, soprattutto metallurgiche, sono state riconvertite per la produzione di materiale bellico, esempio eclatante di come una stessa tecnologia come quella metallurgica possa avere destinazioni diverse e come, questo caso, abbia portato non solo alla morte di migliaia di persone ma anche a grandi crisi economiche che caratterizzarono i dopoguerra a

causa dei costi elevati per la riconversione delle industrie e dell’economia che faticava a ripartire.

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4.3 La seconda guerra mondiale: la bomba atomica

Ma l’esempio che più mette in mostra il lato negativo della tecnologia è senz’altro lo sgancio delle due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki il 6 e il 9 agosto 1945. La guerra in Europa era ormai volta al termine con l’armistizio della Germania il 7 maggio 1945 e l’attenzione degli alleati si era spostata in Oriente dove l’esercito nipponico continuava a combattere con eccezionale accanimento, rifiutando di arrendersi anche nelle condizioni più disperate. È a questo punto che il nuovo presidente americano Harry Truman, succeduto a Roosevelt, decide di impiegare la nuova arma di distruzione di massa in mano agli Stati Uniti. Nel 1939 un gruppo di scienziati europei rifugiatisi in America, tra cui l’italiano Enrico Fermi, cominciarono a lavorare alla possibilità di sfruttare la relazione di Einstein E=mc2 per scopi bellici. Fu proprio lui a firmare una lettera, detta di Einstein-Szilárd, inviata poi al Presidente americano Roosevelt nell'agosto 1939.

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In questa lettera egli avvisa il presidente americano che la Germania nazista avrebbe potuto condurre ricerche sulla possibilità di usare la fissione nucleare per creare bombe atomiche, e suggeriva che gli Stati Uniti avrebbero dovuto iniziare anche loro stessi a condurre ricerche in tal senso. La lettera fu ampiamente scritta da Leó Szilárd un fisico che lavorava in collaborazione con Enrico Fermi sull’energia nucleare con l’intento di ottenere i finanziamenti necessari alla sperimentazione della fissione, finanziamenti che arrivarono in un progetto top secret del governo statunitense ( “Progetto Manhattan”), con oltre due miliardi di dollari.

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Qui studiarono un raro isotopo dell’uranio, l’uranio 235, e il 2 dicembre 1942 Fermi assemblò a Chicago la prima pila atomica e ottenne la prima reazione di fissione nucleare artificiale autoalimentata. Queste ricerche furono poi sfruttate su scala industriale per costruire un ordigno nucleare di potenza mai vista, e la prima bomba nucleare, nome in codice “The Gadget”, fu fatta esplodere nel “Trinity Test” il 16 luglio 1945 nel deserto del New Messico. Neanche un mese dopo “Little Boy” e “Fat Man” venivano sganciante sulle due città giapponesi. L’imperatore Hirohito si arrese e il 2 settembre 1945 si concludeva così la seconda guerra mondiale ma le conseguenze di quegli attacchi furono devastanti: 100.000 morti a Hiroshima e 60.000 a Nagasaki oltre alle gigantesche nubi radioattive sprigionatesi che hanno portato gravi malattie in quelle zone per decine e decine di anni. Tutta la comunità scientifica ne fu scioccata e nel 1955 Russell e Einstein promossero una dichiarazione invitando gli scienziati di tutto il mondo a riunirsi per discutere sui rischi per l'umanità prodotti delle armi nucleari.

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5 LETTERATURA 5.1 Salvatore Quasimodo: “Uomo del mio tempo”

La critica e la denuncia di quei feroci atti che caratterizzarono la seconda guerra mondiale fu portata avanti non solo dal mondo scientifico ma anche e soprattutto da quello letterario. Innumerevoli sono i poeti e gli scrittori che hanno posato la loro penna per imprimere su carta gli orrori della guerra, dalle deportazioni degli ebrei a tutte le vite innocenti spazzate via dalla crudeltà di alcuni uomini, e uno fra questi è Salvatore Quasimodo, poeta d’origine siciliana che, vissuto a cavallo di tutte e due i conflitti mondiali, dedica gran parte della sua vita, soprattutto dopo il 1945, alla stesura di opere che testimoniano il suo impegno morale e sociale e che si pongono come esempio di limpida poesia civile. Una tra queste è la poesia “Uomo del mio tempo”, ultima lirica della raccolta “Giorno dopo giorno” (1946).

“UOMO DEL MIO TEMPO”

Sei ancora quello della pietra e della fionda,

uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,

con le ali maligne, le meridiane di morte,

t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,

alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,

con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,

senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,

come sempre, come uccisero i padri, come uccisero

gli animali che ti videro per la prima volta.

E questo sangue odora come nel giorno

Quando il fratello disse all’altro fratello:

«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,

è giunta fino a te, dentro la tua giornata.

Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue

Salite dalla terra, dimenticate i padri:

le loro tombe affondano nella cenere,

gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

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5.2 Critica all’uomo, critica alla scienza

«E’ un implacabile atto d’accusa contro la ferocia – bestiale e razionale ad un tempo – a cui si sono abbandonati gli uomini nella seconda guerra mondiale. Agli occhi del poeta appare un’umanità mostruosa che inizia il suo cammino con il più belluino dei suoi gesti: il fratricidio. Non solo non è mutato nulla da allora, ma l’uomo ha mirato a perfezionare sempre di più le armi dello sterminio; ha rivestito la guerra di ideali, legittimando perfino gli assassini. La cosiddetta “ civiltà”, quindi, invece di rendere gli uomini più buoni, li lasciò fermi nei loro istinti di primitivi, di uomini-belva, alla barbarie di Caino. Ma le nuove generazioni devono ora avere il coraggio di vergognarsi dei loro padri e di dimenticarli, piuttosto che vergognarsi di essere uomini, e devono sostituire, finalmente la legge di Caino con quella di Cristo»

In questa poesia egli critica aspramente anche la scienza e accusa gli scienziati di averla manipolata per fini bellici, malvagi, sbagliati. La sua visione della società è quindi molto pessimista e infatti ribadisce come l’uomo è vero si che ha fatto passi da gigante nella tecnologia ma dentro è rimasto sempre quella bestia dell’età della pietra. La sua conoscenza è servita solo per trasformare una fionda in un aereo e una pietra in una bomba. Dice allora, rivolgendosi ai giovani di rinnegare i propri avi, di dimenticarli, ma in tutto questo pessimismo c’è un barlume di speranza: la speranza in un mondo migliore fondato sulla pace, la fratellanza e l’amore.

Questa visione di quasimodo è molto particolare in quanto diversamente da altri pessimisti lui non ha sfiducia nel progresso, non accusa la scienza e la tecnologia di portare solo altra morte, ma vede le ragioni della sofferenza nell’incapacità dell’uomo di saper gestire un grande potere nelle sue mani: intelligenza e conoscenza. Lo accusa di non esser riuscito a crescere nel profondo rivelando la necessità dell’uomo di maturare nell’animo, nei cuori, e solo in quel modo sarà in grado di sfruttare gli strumenti a propria disposizione non per la guerra ma per la pace. E, altra cosa importante, Quasimodo affida questo compito non tanto agli adulti o agli anziani ma ai giovani, alle nuove generazioni, che potendo guardare il mondo con un cuore ancora puro e non contaminato dalle pericolose ideologie del passato, sappiano estraniarsi da ciò che c’è di sbagliato nella società, imparando anche dagli errori commessi dagli avi, per costruirne una migliore, per arrivare ad avere un vera civiltà.

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6 INGLESE 6.1 The Victorian Age

The Victorian age usually covers a period of time longer than the reign of Queen Victoria from 1832 to the end of the Boer War in 1902. This was a period of expansion and prosperity, of industrial developments and technological and scientific progress. Especially from about 1850 onwards England enjoyed severest decades of wealth and power and a new wave of optimism became to sweep all over the country. This period marked the triumph of the industrial middle classes, with their confidence in progress, their belief in the theory of laissez-faire in economics and utilitarianism in philosophy, their conventional religious faith and their moral observant of exterior forms and convenctions.

This is what has been called the Victorian compromise, that is the utilitarian compromise of a large section of English society that saw the industrial development only a source of progress, while was unable to solve the many social conflicts and problems raised by it.

But if there was a Victorian compromise there were also its enemies. Not all the Victorians accepted the current optimistic interpretation of the new industrial civilization; many of them realized that though brought about economic well-being, it left unsolved the problem of distribution of wealth and thus only increased social injustice. They thus became the severest critics of the economic, political, religious and moral principles of a society that was prepared to accept such a state of things. Beside the age was also an age of reforms which led to important improvements in labour legislation, sanitation, education, housing and social security.

The conflict between religion and science became very acute when the theory of evolution, by Charles Darwin, The Origin of Species, seemed to shake all their traditional belief on their foundation.

Victorian England was not therefore on the whole socially conformist. Many Victorian intellectuals were fully aware of the conflicts and were all in rebellion against it.

The history of English literature during this years is therefore very largely the history of the reactions against

the Victorian compromise.

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7 FISICA 7.1 La “guerra delle correnti”

La vita è fatta di scelte , ma anche la tecnologia è fatta di scelte. Si pensi per esempio alla scelta di sviluppare le macchine con motori a scoppio invece che macchine elettriche, la scelta di utilizzare le centrali nucleari anche con i rischi e le scorie che ne seguono, la scelta di sostituire i transistor alle valvole termoioniche o per esempio la scelta di utilizzare corrente alternata invece che corrente continua. Quest’ultima è stata alla base della diatriba chiamata “guerra delle correnti” che ha visto contrapporsi da una parte Edison, che era a favore della corrente continua, e dall’altra Tesla che sosteneva invece la superiorità della sua corrente alternata.

7.2 Perdite ohmiche nel trasporto della corrente

Nei sistemi di distribuzione dell’energia elettrica è auspicabile, sia per ragioni di sicurezza che di efficienza, avere a che fare con differenze di potenziale relativamente basse sia nel centro di produzione che all’utenza. Questo era certamente possibile con le prime centrali a corrente continua che distribuivano con una tensione a 110V . Il problema con la CC è sorto quando è stato necessario trasportare la corrente a grandi distanze perché a causa delle resistenze dei fili si dissipava una grande percentuale della potenza effettiva in calore . Il problema fu risolto dagli studi di Tesla che evidenziò come le perdite ohmiche si potevano ridurre ( a parità di potenza emessa i*V) trasportando elettricità con tensioni elevate in quanto aumentando V si diminuisce i e conseguentemente la potenza termica dissipata i2*R.

Se consideriamo per esempio una linea elettrica che deve trasportare la corrente a una distanza di 1000 km e supponendo che si abbia una tensione di 735 kV e una intensità di 500 A allora la potenza media erogata sarà di:

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Se la linea ha una resistenza unitaria di circa 0.220 Ω/km e quindi una resistenza totale di circa 220 Ω la potenza dissipata da quella resistenza sarà:

( ) ( )

ovvero quasi il 15% della potenza totale.

Si immagini cosa accadrebbe se raddoppiassimo la corrente dimezzando la tensione. La potenza erogata dalla centrale sarebbe la stessa di prima, ma ora la potenza dissipata lungo la linea è di circa:

( ) ( )

che è quasi il 60% della potenza totale.

7.3 Il trasformatore

La scelta vincente di Tesla fu quella di utilizzare corrente alternata, un corrente in cui la ξ varia in relazione alla funzione seno:

( )

Avendo a disposizione un f.e.m. variabile riuscì a soddisfare entrambe le richieste, bassa tensione all’utenza e alta tensione nel trasporto, sfruttando un semplice dispositivo che, basandosi sul principio d’induzione di Faraday, riesce a far variare a proprio piacimento la differenza di potenziale in un circuito mantenendo inalterato il prodotto corrente * tensione: il trasformatore.

Questa macchina elettrica è composta da due bobine avvolte attorno ad un materiale di ferro e silicio che permette al campo magnetico generato da una bobina di ripercuotersi in modo identico anche sull’altra. Supponendo quindi che il campo magnetico, e di conseguenza anche la variazione di flusso, sia di uguale intensità sia nell’avvolgimento principale che nel secondario si può affermare per la legge di Faraday che la f.e.m. generata su ogni spira, di tutte e due le bobine, a prescindere di chi abbia generato il campo, sia uguale e vale:

Ne consegue che le f.e.m. indotte ( ed ) si ottengono moltiplicando la f.e.m. di una spira per il numero di spire di ogni bobina:

Dal cui confronto si ottiene:

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Da questa relazione si deduce che le f.e.m. nelle due bobine sono legate semplicemente dal numero di spire e siccome sappiamo che la f.e.m. principale deve rimanere costante a causa del generatore siamo in grado di trasformare la f.e.m. in base al rapporto

. Precisamente se allora , e il trasformatore è detto riduttore, mentre

se avremo e quindi il trasformatore verrà detto elevatore.

Di conseguenza, per il principio di conservazione dell’energia, e supponendo che non ci sia assorbimento di potenza da parte del trasformatore ( in realtà l’efficienza può variare dall’80% fino anche al 99%), si può affermare che:

E quindi confrontandola con la 2) si ottiene:

Si deduce quindi che se un trasformatore eleva la differenza di potenziale conseguentemente riduce l’intensità di corrente; al contrario se riduce la d.d.p. eleva l’intensità.

Questa macchina ha consentito così di ottenere basse tensioni all’utenza e basse perdite ohmiche nel trasporto con bassissimi costi e pochissime perdite di energia sbaragliando la concorrenza della corrente continua in favore di qualcosa più utile, più economica e più funzionale: la corrente alternata. Questa scelta è stata necessaria in quanto il campo magnetico variabile che attraversa le due bobine del trasformatore viene generato dalla f.e.m. variabile che attraversa il primario permettendo così l’applicazione della legge di Faraday.

7.4 Problemi nel trasporto in corrente alternata: il fattore di potenza

Il trasportare energia in corrente alternata comporta però una serie di accorgimenti necessari a mantenere alta l’efficienza e quindi massima la potenza fornita ad un utilizzatore. Come già visto la potenza istantanea con cui l’energia viene trasferita alla resistenza può essere scritta come:

( )

dove rappresenta la pulsazione generatrice e la costante di fase.

Possiamo calcolarci però la potenza media trasferita alla resistenza semplicemente introducendo il valore quadratico medio della corrente i che, come si nota anche dalla figura a lato, sarà

√ , e l’equazione diventa così:

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Analogamente se si definiscono anche

√ e

√ si possono scrivere le

equazioni:

Dove Z rappresenta l’impedenza del circuito che ricordiamo essere uguale a:

√ ( )

E dove e sono rispettivamente la reattanza induttiva e capacitiva del circuito.

L’equazione della potenza può essere allora riscritta in un’utile forma equivalente, combinandola con la relazione . Si ha:

Dalla figura a lato si osserva inoltre che il rapporto R/Z non è altro che il coseno della costante di fase φ :

L’equazione allora diventa:

7.5 Risonanza

Per rendere massima la potenza fornita ad una resistenza in un circuito RLC dovremo mantenere il fattore di potenza il più vicino possibile all’unità il che equivale a mantenere la costante di fase prossima allo 0. Nel trasporto della corrente un lungo filo conduttore può comportarsi da induttore con il risultato che la corrente, dalla centrale alle nostre case, arrivi sfasata di un angolo . Per ovviare a questo problema le società elettriche installano dei condensatori in serie alle loro linee di trasmissione in modo da aumentare la reattanza capacitiva, compensando così quella induttiva e riportando il rapporto R/Z prossimo a 1. Per calcolare il valore preciso della capacità (o

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dell’induttanza) da collegare al circuito RLC ci possiamo rifare alla definizione di impedenza sopra descritta da cui ricaviamo che per ottenere Z=R allora deve essere:

Sapendo che, dalla definizione di reattanza induttiva e reattanza capacitiva:

e

Si ha:

Ovvero, nel caso sia necessario calcolarsi la capacità:

È utile però osservare come nella equazione che descrive la corrente quadratica media

√ ( )

il caso in cui stia ad indicare nient’altro che il picco di corrente massima data una resistenza R. Dalla si ottiene anche che la I è massima quando:

Dato che anche la pulsazione propria del circuito RLC è uguale a 1/√ , il valore massimo di I si registra quando la pulsazione generatrice eguaglia la pulsazione propria, ovvero:

In queste condizioni il circuito è detto in risonanza

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8 MATEMATICA

8.1 Teorema della media integrale Nell’analizzare la potenza nella corrente alternata è stato introdotto il valore quadratico medio della

corrente i:

√ . Questo valore lo si ottiene facendo la media integrale della funzione della potenza. È dunque

necessario definire il teorema della media integrale, esso cita:

se è continua e derivabile in [a;b] allora esiste tale che

∫ ( )

( ) ed ( ) ( detto valore

medio di su [a;b] ) è compreso fra l’estremo superiore L e l’estremo inferiore l di .

Dimostrazione:

( ) ∫

∫ ( )

( ) ∫

( )

( ) ∫ ( )

( )

∫ ( )

Poiché è continua su [a;b] allora assume tutti i valori compresi fra l’estremo superiore e inferiore; allora esiste

tale che ( )

∫ ( )

C.V.D.

Applicando dunque il teorema alla nostra funzione: ( )

E, posto , integrando tra gli estremi 2π e 0, si ottiene:

Risolviamo l’integrale ∫ ( )

per parti:

( )

Andandolo a sostituire alla equazione precedente si ottiene:

Il risultato combacia perfettamente con quello analizzato in figura e si ricava quindi

che il valore quadratico medio della intensità di corrente è uguale a:

√ .

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