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1 LICEO SCIENTIFICO STATALE “ENRICO MEDI” PROGETTO DI APPROFONDIMENTO SULLA PENA DI MORTE, DALL’ILLUMINISMO A OGGI. A CURA DELLA CLASSE 4^ LICEO SEZIONE H

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Page 1: LICEO SCIENTIFICO STATALE “ENRICO MEDI” · A CURA DELLA CLASSE 4^ LICEO SEZIONE H . 2 “Dei delitti e delle pene” Cesare Beccaria è nato a Milano il 15 marzo 1738. Durante

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LICEO SCIENTIFICO STATALE “ENRICO MEDI” ________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

PROGETTO DI APPROFONDIMENTO SULLA PENA DI MORTE, DALL’ILLUMINISMO A OGGI.

A CURA DELLA CLASSE 4^ LICEO SEZIONE H

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“Dei delitti e delle pene” Cesare Beccaria è nato a Milano il 15 marzo 1738. Durante la sua vita è venuto a contatto con numerosi intellettuali dell’epoca, tra cui Pietro Verri. Della sua lunga carriera di scrittore e filosofo, l’opera che riscosse maggiore successo fu il trattato “Dei delitti e delle pene”, pubblicato nel 1764 . In questo suo scritto di grande importanza Cesare Beccaria attacca lo stato, accusandolo di non compiere il proprio dovere verso il popolo, di non volere il benessere dei cittadini , ma la loro sofferenza. In particolar modo si pone contro la pena di morte e la tortura, incolpando entrambe di inutilità. La tortura non può che essere ingiusta, perché punisce sia i colpevoli sia gli innocenti, in quanto questi ultimi spesso confessano solo per non subire soprusi e violenze. Della pena di morte individua due funzioni principali: fungere da deterrente per la criminalità e garantire alla società la sicurezza. Sulla base di ciò sostiene che tale castigo non dovrebbe essere necessario e in uno stato forte e autoritario come lo stato assoluto, il quale non può che essere in grado di far rispettare le leggi attraverso pene più leggere, ma di sicura applicazione; non è inoltre legittimo poichè va contro l’accordo preso dagli uomini nel passaggio dallo stato di natura allo stato sociale, che ha il compito di garantire appunto la sicurezza agli uomini, che di certo non affiderebbero il

potere nelle mani di chi minasse la loro esistenza. Secondo Beccaria infatti la giustizia vera e propria consiste nell’impedire i delitti non nel compierne altri: ”quale può essere il diritto che si attribuiscono gli uomini di trucidare i loro simili?”. Per rispondere a tale esigenza la pena deve essere finalizzata al recupero e non alla repressione. Infine l’autore sostiene la laicizzazione della giustizia in quanto non vuole che gli stati si arroghino il diritto di mandare a morte un individuo con un semplice sospetto, e con la scusa che ciò è voluto da Dio. Cesare Beccaria non si limita soltanto a criticare il sistema vigente, ma propone delle soluzioni con valide motivazioni, che consistono nell’impedire i delitti attraverso l’utilizzo di pene più miti ma applicate fino in fondo. “Non è dunque la pena di morte un diritto, [...] ma è una guerra della nazione con un cittadino.” Matteini Roberta e Turrini Valentina

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Voltaire : La Coscienza d’Europa

Voltaire nasce a Parigi e viene educato dai padri gesuiti. E’ poi avviato dal padre agli studi di giurisprudenza e alla carriera legale che lascia tuttavia ben presto per dedicarsi alla letteratura. Conosce, grazie agli studi classici, le grandi opere della cultura greca e latina ed ha una conoscenza superiore rispetto a quella comunemente diffusa nella Francia dei suoi tempi. Il suo particolare impegno politico e i suoi numerosi scritti fanno di Voltaire uno dei primi difensori dei diritti umani e civili. Egli utilizza la conoscenza delle leggi per combattere il fanatismo politico e religioso: si fa dunque cronista e portavoce delle ingiustizie dell’epoca, mettendo la sua penna al servizio delle vittime dell’intolleranza. Il più appassionato intervento dello scrittore militante è del 1765 ed è conosciuto come l' affaire Calas, un caso giudiziario in cui Jean Calas, un negoziante calvinista di Tolosa, ingiustamente accusato di aver ucciso suo figlio, che si era convertito al cattolicesimo, subisce un processo che, ispirato dall'ostilità dei cattolici, ne decreta la condanna a morte. Voltaire inizia dunque una vera e propria campagna contro il clero; difende poi altre vittime dell’autoritarismo, sollevando l’indignazione generale, ma contribuendo, nel contempo, a

creare una coscienza civile. L'opera che in questo periodo ha effetti pratici immediati è il Commentaire sur le livre Des délits

et des peines. L'allora quasi sconosciuto marchese Cesare Beccaria aveva pubblicato nel 1764 il suo saggio Dei delitti e delle pene. L'impressione suscitata in Europa dall'opera è dovuta al commento di Voltaire. Il saggio di Voltaire

oltre ad essere un commento a Beccaria , è quasi un'operetta a sé stante, ispirata dalla lettura del libro italiano. Le riforme in questo campo progrediscono da allora grazie a ciò che Voltaire ebbe a dire della tortura, del castigo, dell'eliminazione di eretici, streghe e colpevoli di lesa maestà e della pena capitale. Nella conclusione del saggio avanza tutta una serie di proposte dettagliate per una vera riforma in Francia. In un'epoca in cui era costumanza diffusa la compravendita delle cariche giuridiche, egli suggeriva che ai magistrati si dovesse offrire la possibilità di far carriera secondo i meriti. Riteneva poi che il diritto non dovesse applicarsi differentemente nelle diverse zone del paese. Voltaire morirà conservando intatti senso critico e sensibilità sociale tanto da essere ormai considerato come la “coscienza d’Europa”. Estratto da Voltaire, Commento a Dei delitti e delle pene, trad. di S. Traversetti, Milano 1948 Albertini Sara

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La Toscana e la pena di morte

Cesare Beccaria nel 1763 iniziò la sua opera “Dei delitti e delle pene” ponendosi l’ obiettivo di esaminare se la pena di morte fosse veramente utile e giusta per un governo bene organizzato. Egli volle dimostrare che la pena di morte non è né utile né necessaria e che non può rappresentare un diritto dello Stato, poiché sarebbe assurdo che lo stesso governo che punisce gli omicidi, ne commetta uno e per allontanare i cittadini dall’ assassinio. In principio Dei delitti e delle pene fu stampato anonimo a Livorno nel 1764 in modo da schivare i rigori della censura lombarda. Appena l’ opera fu pubblicata riscosse un enorme successo che oltrepassò i confini dell’Italia estendendosi in tutta Europa e portò a un movimento che costrinse gran parte dei prìncipi riformatori a sopprimere la tortura, ad attenuare le pene, a migliorare il sistema carcerario e a limitare la pena di morte o abolirla. Il primo che appoggiò l’ abolizione della pena di morte fu il granduca di Toscana Pietro Leopoldo. La riforma penale di costui si sviluppò attraverso un lungo e complesso processo; egli affermò che tra i suoi principali doveri vi era quello di prendere in esame la riforma e la legislazione criminale che riconosceva essere troppo severa e derivata da massime stabilite in tempi meno felici. Iniziarono così una serie di interventi e ordini per abolire la

pena di morte , la tortura e le pene immoderate in proporzione all’ atto commesso, cosa che portò successivamente anche ad una diminuzione delle trasgressioni commesse dai cittadini. Oltre a questo gli altri obiettivi del Granduca erano che agli accusatori si accordassero sui mezzi che avrebbero potuto contribuire alla loro difesa, che i processi dovessero essere eseguiti al più presto possibile, che venisse abbreviata o impedita la carcerazione degli imputati, che fosse abolita la confisca dei beni, che vi fosse proporzionalità e umanità nella pena , che vi fosse una prevenzione dei reati e che vi fosse un risarcimento degli errori giudiziari, in questo modo furono poste le basi per il diritto penale moderno. Nel 1786 si giunse così all’ abolizione permanente della pena di morte e alla sua sostituzione con pubblici lavori a vita per gli uomini e l’ergastolo per le donne. Questa riforma proposta da Pietro Leopoldo si allargò a tutta l’Europa ma incontrò le opposizioni degli stati più conservatori che riuscirono a ripristinare la pena capitale in tutti i paesi tranne che in Toscana. In proposito, nel 1860, Carlo Cattaneo commentò la riammissione della pena dicendo: “Sappiate che di qua stanno coloro che si chiamano toscani, uomini civili che obbediscono alla ragione; di là stanno coloro che si chiamano italiani ma non toscani, uomini a cui non basta legge o ragione, se non v’è anco il calpestro e la mannaia”.

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È necessario spiegare quali siano state le ragioni che hanno portato la Toscana a sostenere l’abolizione della pena di morte. Un primo passaggio riguarda l’ età risorgimentale quando Francesco Carrara, chiamato al governo provvisorio di Firenze, scrisse il Programma del corso di diritto penale, il quale stabiliva che la legge di natura vieta allo Stato di uccidere. Dopo l’ inverno del 1943, ci fu la nascita dell’ assemblea Costituente che prese in esame il dibattito sulla pena di morte. Essa giunse ad approvare il quarto comma dell’ art. 27 che stabiliva l’ abolizione della pena di morte, con l’eccezione per i casi previsti dalle leggi militari di guerra.

Il 4 novembre del 1983 a Roma venne abolita definitivamente la pena di morte. Si è giunti così alla Carta dei Diritti Fondamentali dell’ Unione Europea, nella quale viene affermato che ogni individuo ha diritto alla vita e nessuno può essere condannato a morte né giustiziato. Grande è stato quindi il contributo dato dalla Toscana per l’ abolizione della pena di morte attraverso un percorso di civilizzazione che ha legato questa regione all’Italia e successivamente all’ Europa. Estratto da E. Cheli, La Toscana e la pena di morte in Nuova Antologia, Gennaio-Marzo 2001, Anno 136°, Fasc. 2217, pp.36-44 Arduini Vanessa

"Pietro Leopoldo, per grazia di Dio, principe reale d'Ungheria e di Boemia, arciduca d'Austria, granduca di Toscana Fino dal Nostro avvenimento al Trono di Toscana riguardammo come uno dei Nostri principali doveri l'esame e riforma della Legislazione Criminale, ed avendola ben presto riconosciuta troppo severa e derivata da massime stabilite nei tempi meno felici dell'Impero Romano, o nelle turbolenze dell'Anarchia dei bassi tempi, e specialmente non adattata al dolce, e mansueto carattere della Nazione, procurammo provvisionalmente temperarne il rigore con Istruzioni ed Ordini ai Nostri Tribunali, e con particolari Editti, con i quali vennero abolite le pene di Morte, la Tortura, e le pene immoderate, e non proporzionate alle trasgressioni, ed alle contravvenzioni alle Leggi Fiscali, finché non ci fossimo posti in grado mediante un serio, e maturo esame, e col soccorso dell'esperimento di tali nuove disposizioni di riformare intieramente la detta Legislazione. Con la più grande soddisfazione del Nostro paterno cuore Abbiamo finalmente riconosciuto che la mitigazione delle pene congiunta con la più esatta vigilanza per prevenire le reazioni, e mediante la celere spedizione dei Processi, e la prontezza e sicurezza della pena dei veri Delinquenti, invece di accrescere il numero dei Delitti ha considerabilmente diminuiti i più comuni, e resi quasi inauditi gli atroci, e quindi Siamo venuti nella determinazione di non più lungamente differire la riforma della Legislazione Criminale, con la quale abolita per massima costante la pena di Morte, come non necessaria per il fine propostosi dalla Società nella punizione dei Rei, eliminato affatto l'uso della Tortura, la Confiscazione dei beni dei Delinquenti, come tendente per la massima parte al danno delle loro innocenti famiglie che non hanno complicità nel delitto, e sbandita dalla Legislazione la moltiplicazione dei delitti impropriamente detti di Lesa Maestà con raffinamento di crudeltà inventati in tempi perversi, e fissando le pene proporzionate ai Delitti, ma inevitabili nei respettivi casi, ci Siamo determinati a ordinare con la pienezza della Nostra Suprema Autorità quanto appresso.(...) LI. Abbiamo veduto con orrore con quanta facilità nella passata Legislazione era decretata la pena di Morte per Delitti anco non gravi, ed avendo considerato che l'oggetto della Pena deve essere la soddisfazione al privato ed al pubblico danno, la correzione del Reo figlio anche esso della Società e dello Stato, della di cui emenda non può mai disperarsi, la sicurezza nei Rei dei più gravi ed atroci Delitti che non restino in libertà di commetterne altri, e finalmente il Pubblico esempio, che il Governo nella punizione dei Delitti, e nel servire agli oggetti, ai quali questa unicamente diretta, è tenuto sempre a valersi dei mezzi più efficaci col minor male possibile al Reo; che tale efficacia e moderazione insieme si ottiene più che con la Pena di Morte, con la Pena dei Lavori Pubblici, i quali servono di un esempio continuato, e non di un momentaneo terrore, che spesso degenera in compassione, e tolgono la possibilità di commettere nuovi Delitti, e non la possibile speranza di veder tornare alla Società un Cittadino utile e corretto; avendo altresì considerato che una ben diversa Legislazione potesse più convenire alla maggior dolcezza e docilità di costumi del presente secolo, e specialmente nel popolo Toscano, Siamo venuti nella determinazione di abolire come Abbiamo abolito con la presente Legge per sempre la Pena di Morte contro qualunque Reo, sia presente, sia contumace, ed ancorché confesso, e convinto di qualsivoglia Delitto dichiarato Capitale dalle Leggi fin qui promulgate, le quali tutte Vogliamo in questa parte cessate ed abolite. (...) Tale è la Nostra volontà, alla quale Comandiamo che sia data piena Esecuzione in tutto il nostro Gran-Ducato, non ostante qualunque Legge, Statuto, Ordine, o Consuetudine in contrario." Dato in Pisa li 30. Novembre 1786. Trascrizione del Proemio e dell'articolo LI (Abolizione della pena di morte) della Legge di riforma criminale del 30 novembre 1786, n. LIX conosciuta anche come Codice Leopoldino o Leopoldina

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Il ritorno della vendetta Pena di morte: giustizia o assassinio?

New Jersey, marzo 2008: processo Charles Cullen, infermiere arrestato nel 2003 per aver ucciso oltre 30 pazienti in una casa di cura. Prima della sentenza la sorella di Michael Strenko, una delle vittime, ha dichiarato davanti alla giuria: "Poiché Cullen ha tentato di suicidarsi più volte, la pena di morte non sarebbe adatta per lui". Diverse furono invece le parole del padre:"Che uomo è mai quello che priva una madre e un padre del figlio? (...) questo mostro non ci conosceva neppure, non conosceva nostro figlio e le sue condizioni, ma ha avuto il coraggio di privarlo della vita. Come vorrei che Cullen fosse riuscito a suicidarsi, una delle volte in cui ha tentato di farlo. Mio figlio oggi sarebbe ancora vivo". Con tali parole l’uomo manifesta la volontà che l’assasino di suo figlio paghi con il reato che lui stesso ha commesso: la morte. Da qui inizia un percorso alla ricerca di una risposta a cos'è oggi la pena di morte. Da questo caso l’autrice, Eva Cantarella, risale all'antichità. Partendo da ideali primordiali, che emergono ad esempio dall’analisi della figura eroica di Achille, e inserendo autorevoli opinioni di grandi pensatori di varie epoche, arriva

invece a ideali che meglio si ricollegano ai nostri tempi. Alla preghiera di Agamennone: "Non lasciare che i cani mi sbranino (.....) ma dai indietro il mio corpo alla mia casa"; Achille rispose dicendo: "Mi bastassero animo e rabbia e divorerei io stesso le tue carni crude". Oggi questo uomo non potrebbe in alcun modo essere considerato un eroe. A ciò si contrappone la figura di Cesare Beccaria, il primo a pronunciarsi contro la pena di morte con un'argomentazione, oggi abbandonata, che si rifà alla teoria del patto sociale, il quale implica che l'uomo, per vedere garantiti i suoi diritti all'interno della società, rinunci a buona parte della sua libertà: nel momento in cui accetta di entrare in società non è dunque accettabile che si permetta di privare un altro individuo, suo pari, della vita. A conclusione del libro si denota una volontà accesa della scrittrice di aprire gli occhi al mondo mostrando che la morte non è la giusta punizione per l'assassinio ma un semplice sollievo, privo di qualsiasi senso. Estratto da E. Cantarella, Il ritorno della vendetta. Pena di morte: Giustizia o assassinio?

Peretti Claudia, Bettoni Daniela, Tomelleri Valentina

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Pena di morte: tra abolizionisti e mantenitori Anche nel 2008 l’obiettivo di Amnesty International, e di numerose altre associazioni che vogliono garantire i diritti di ogni uomo, si è riconfermato sempre lo stesso: abolire la pena di morte. I Paesi ABOLIZIONISTI (di diritto o di fatto) sono in tutto 150; 95 per ogni tipo di crimine, 7 solo per reati ordinari, 4 quelli che hanno attuato una moratoria delle esecuzioni e 44 quei Paesi che non attuano esecuzioni da almeno 10 anni e si stanno impegnando ad eliminare completamente la pena capitale. I MANTENITORI erano invece 54 nel 2005, 51 nel 2006, 49 nel 2007. Nel 2008 sono 47; tra questi 38 sono i Paesi dittatoriali, illiberali e autoritari, solo 9 quelli liberali(4 di questi hanno eseguito 49 esecuzioni). America Europa Asia Africa Nessun Paese, se non gli Stati Uniti, mantiene come condanna la pena di morte. 24 esecuzioni

La Biellorussia rappresenta l’unica eccezione di un continente altrimenti libero dalle esecuzioni capitali. 3 esecuzioni

E’ il continente dove si pratica quasi la totalità delle esecuzioni. 5.410 esecuzioni

Nel 2008 la pena di morte è stata eseguita in soli 4 Paesi 17 esecuzioni Più quelle non ufficiali

Sul triste podio troviamo la Cina seguita dall’ Iran e dall’ Arabia Saudita. Nel 2006 le esecuzioni sono state 5.635, nel 2007 5.851 e nel 2008 (almeno fino ad ora) 5.454. • PENA DI MORTE IN BASE ALLA SHARIA

Nel 2008, almeno 373 esecuzioni, sono state effettuate in paesi a maggioranza musulmana a causa dell’applicazione della Sharia. Anche se si pensa che il problema sia proprio il Corano non è completamente corretto affermare ciò. In parte vi è un’errata traduzione e interpretazione delle scritture che inciterebbero, in caso di necessità, a impiccagioni, decapitazioni…questo è vero. Dall’altra parte non tutti i Paesi islamici che fanno affidamento alla Sharia praticano infatti la pena di morte.

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• PENA DI MORTE NEI CONFRONTI DI MINORI

7 sono i minorenni giustiziati nel 2008, rispetto ai 12 dello scorso anno. Le esecuzioni non hanno tenuto conto dell’articolo 37 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Fanciullo: “Nè la pena capitale né l’imprigionamento a vita senza possibilità di rilascio devono essere decretati per reati commessi da persone di età inferiore a 18 anni”. Il Paese in cui si registra il maggior numero di queste esecuzioni è l’Iran.

• LA PENA DI MORTE “TOP SECRET”

Il problema maggiore non sembra più essere l’abolizione della pena di morte in sé, ma il segreto di Stato sulla pena di morte. Molti Paesi infatti non forniscono le statistiche ufficiali sulle applicazioni della pena di morte…il numero delle esecuzioni potrebbe quindi essere ancora più alto rispetto al numero reale che viene dichiarato.

Fonte: www. nessunotocchicaino.it Caliari Silvia

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La campagna per la moratoria ONU delle esecuzioni capitali

Nel 1994 l’Italia del Governo Berlusconi propose al Palazzo di Vetro la Risoluzione italiana di moratoria; fu sconfitta per soli otto voti ma segnò l’inizio di una lunga campagna per la moratoria delle esecuzioni capitali. Tre anni più tardi, sempre l’Italia, presentò la medesima Risoluzione, che fu approvata con 27 voti sui 53 totali, alla Commissione Diritti Umani dell’ONU, nonostante il parere contrario degli altri Paesi Europei. Nel luglio del 2006 la risoluzione è stata presentata all’Assemblea generale delle Nazioni Unite “in consultazione e non “in concentrazione” con i partner europei. L’idea però era quella di presentare, più che una Risoluzione pro moratoria, una semplice Dichiarazione contro la pena di morte. Quest’ultima è stata presentata poi con 93 firme anche se, 97 Paesi hanno dichiarato di essere favorevoli alla moratoria e non alla semplice Dichiarazione. Il 2007 è stato l’anno della svolta, almeno a parere di molti. Il Parlamento Europeo ha infatti sostenuto l’iniziativa italiana, proponendosi di presentare, in tempi brevi, all’Assemblea generale ONU, la Risoluzione pro moratoria. Nel giugno del 2007 il mandato è stato ribadito con aspettative positive; su 192 paesi membri dell’ONU infatti, 108 hanno votato a favore, 68 sono stati i contrari, 18 gli astenuti e 7 gli indecisi. L’Italia ha avuto quindi il via libera per riaprire la questione della moratoria. Il 18 dicembre 2008 la moratoria è stata approvata con 104 voti favorevoli, 54 i contrari, 29 gli astenuti. Fonte: www.nessunotocchicaino.it Caliari Silvia

«Considerando che l'uso della pena di morte mina la dignità umana e convinti del fatto che una moratoria sulla pena di morte contribuisca al miglioramento e al progressivo sviluppo dei diritti umani; che non esiste alcuna prova decisiva che dimostri il valore deterrente della pena di morte; che qualunque fallimento o errore giudiziario nell'applicazione della pena di morte è irreversibile e irreparabile; accogliendo con favore le decisioni prese da un crescente numero di Paesi di applicare una moratoria delle esecuzioni, in molti casi seguite dall'abolizione della pena di morte», l'Assemblea Generale: «Esprime la sua profonda preoccupazione circa la continua applicazione della pena di morte». L'Assemblea generale, continua il testo, «invita tutti gli Stati che ancora hanno la pena di morte a: A) Rispettare gli standard internazionali che prevedono le garanzie che consentono la protezione dei diritti di chi è condannato a morte, in particolare gli standard minimi, stabiliti dall'annesso alla risoluzione del Consiglio Economico e Sociale, 1984/50; B) Fornire al segretario generale le informazioni relative all'uso della pena capitale e al rispetto delle garanzie che consentono la protezione dei diritti dei condannati a morte; C)Limitarne progressivamente l'uso e ridurre il numero dei reati per i quali la pena di morte può essere comminata; D) Stabilire una moratoria delle esecuzioni in vista dall'abolizione della pena di morte». L'Assemblea, si legge in conclusione, «invita gli Stati che hanno abolito la pena di morte a non reintrodurla; chiede al segretario generale di riferire sull'applicazione di questa risoluzione alla 63ma sessione; decide di continuare la discussione sulla questione durante la 63ma sessione allo stesso punto all'ordine del giorno».

da Corriere della Sera, Il testo della moratoria sulla pena di morte, 18 dicembre 2008

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L'ultimo giorno di un condannato a morte

-Victor Hugo-

Victor Hugo (1802-1885), scrittore, poeta e drammaturgo francese

“L'ultimo giorno di un condannato a morte” è un libro scritto da Victor Hugo (1802-1885), maestro del romanticismo francese e grande pensatore che si schierò contro la pena di morte. Fu pubblicato per la prima volta nel 1829.

Ci troviamo in Europa, precisamente in Francia, dove uomini vengono giustiziati sotto i colpi della ghigliottina in Place de Grève, davanti ad un pubblico che paga addirittura i posti a sedere sulle terrazze intorno alla piazza per vedere meglio rotolare la testa del condannato. E’ un romanzo che si impegna a descrivere i sentimenti e gli stati d'animo del condannato e, più in generale, a difendere i diritti dell'uomo.

Il romanzo, strutturato in brevi capitoli, racconta i pensieri di un condannato che lascia ai posteri la sua storia scritta. Essendo riuscito a procurarsi alcuni fogli, racconta gli ultimi tragici giorni che lo aspettano, prima di andare al patibolo. Non sappiamo nulla del condannato di cui si parla nel romanzo: poche informazioni sul crimine commesso, sull'età e sull'estrazione sociale. In questo

modo l’autore sembra voler far capire come quanto si accinge a scrivere valga per tutti i giustiziati: ricchi o poveri che siano: “Che valga per un re o per l'ultimo brigante del popolo, la vita non può essere tolta a nessuno se non da Dio”. I pensieri del protagonista di questo romanzo vanno

in continuazione verso la figlia che non vede da più di un anno e l’idea di perderla per sempre lo fa morire dal dolore; forse è proprio questo quello che più lo fa soffrire, più del dolore fisico o provocato dal disconoscimento sociale.

Più il tempo scorre e più sono violenti i cambi di umore, pensieri e il continuo contrastarsi di emozioni: lui è il condannato, ma viene trattato come un signore dai carcerieri ed è acclamato come fosse un re dalla folla: è il protagonista dello spettacolo.

Il tempo è il fattore più angosciante: lento nella narrazione ma allo stesso tempo troppo veloce nel suo scorrere. Il condannato non smetterà mai di chiedere la grazia ai suoi giustizieri, fino all'ultimo istante di vita non smetterà di sperare…

Zampieri Michela

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Il miglio verde - Stephen King -

La storia è ambientata nel 1932 nel penitenziario di stato di Cold Mountain nel Nord Carolina. Il narratore è l’anziano Paul Edgecombe di 108 anni che scrive i suoi ricordi di quando era soprintendente al blocco E della prigione. Tutto si svolge lungo un ampio corridoio rivestito di linoleum verde del colore della buccia di un vecchio lime appassito e per questo chiamato “miglio verde”. È costituito da sei celle singole, tre per lato e molto grandi rispetto a quelle dei detenuti non condannati a morte. Nel blocco E del carcere, “il braccio della morte”, vengono rinchiusi i detenuti in attesa dell’esecuzione sulla sedia elettrica (Old Sparky= vecchia scintillante). La vicenda avviene nel caldissimo ottobre del 1932 quando John Coffey entra nel miglio. È un uomo di colore, apparentemente aggressivo e violento a causa delle sue dimensioni enormi, in realtà la sua indole si rivela mite e fragile. E’ stato condannato a morte per aver violentato e ucciso due bambine, poiché trovato in flagrante sulla riva di un fiume mentre teneva fra le braccia i loro corpi nudi e inermi. Il monotono corso della vita nel braccio della morte viene sconvolto da strane e inspiegabili guarigioni operate dal nuovo arrivato.

Uno dei personaggi è Delacroix, un piccolo francese mezzo calvo condannato per aver stuprato e dato fuoco ad una bambina causando un incendio che uccise altre sei persone. Ma i problemi giungono con l’arrivo di William Wharton noto anche come Bill il selvaggio, un piantagrane brufoloso con la faccia stretta e capelli lunghi, biondi e aggrovigliati. E’ un individuo psicopatico a cui non importa niente di niente ed è soltanto interessato a creare scompiglio all’interno del carcere. Si scoprirà in seguito che i delitti di Billy the Kid saranno la causa di un colpo di scena inaspettato… Questo libro è incentrato sulla pena di morte eseguita ancora oggi in America utilizzando la sedia elettrica, impiegata in alcuni stati in cui la legge marziale prevede che i reati più gravi, come omicidio e pedofilia, vengano puniti in questo modo. L’aspetto tragico che l’autore vuole mettere in risalto è che spesso le vittime della pena capitale si rivelano innocenti e che soprattutto non si possa fare nulla per salvarli. Inoltre tutto il tempo trascorso nel braccio della morte può portarli al suicidio, poiché si auto convincono che la loro morte sia meritata e piuttosto che attendere il giorno della loro fine in condizioni terribili, preferiscono “farla finita” il più presto possibile. Adami Anna e Preosti Giada

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The life of David Gale Un film di Alan Parker. Con Kevin Spacey, Kate Winslet, Laura Linney, Rhona Mitra Drammatico, durata 131 min. USA 2003 "The life of David Gale" è la storia di un martirio, del sacrificio estremo di due attivisti delle organizzazioni che in America combattono la pena di morte. Una giovane giornalista di grido Bitsey Bloom (Kate Winslet) è inviata per realizzare un'intervista a David Gale (Kevin Spacey), un condannato a morte prossimo all'esecuzione capitale. David Gale è un noto professore universitario che viene accusato di aver ucciso brutalmente una collega, Constance, dopo averla stuprata. Il film scorre tra flashback che raccontano le vicende che hanno condotto Gale alla condanna a morte e le indagini che la giornalista, accompagnata dal collega Zack , svolge per arrivare all'incredibile, paradigmatico e inaspettato finale. Il film tratta il problema della pena capitale che in America si compie sempre con maggior frequenza e vuole dimostrare l'inefficacia della pena di morte e, soprattutto, la sua fatale fallibilità proprio per dimostrare l’inutilità e la grande percentuale di errori che la pena di morte può causare. Ambrogio Laura, Baietta Denise, Frugoni Alice

Un film di Frank Darabont. Con Tom Hanks, David Morse, Michael Clarke Duncan, Michael Jeter, James Cromwell.

Titolo originale The Green Mile. Fantastico, durata 188 min. - USA 1999 Il film è tratto dal romanzo in sei puntate scritto da Stephen King. La storia è molto toccante e commuovente, composta da episodi di violenza e odio alternati a episodi di amore e amicizia.

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Bibliografia Libri: C. Beccaria, Dei delitti e delle pene, Roma 1994 E. Cantarella, Il ritorno della vendetta. Pena di morte: Giustizia o assassionio?, Milano 2007 V. Hugo, L’ultimo giorno di un condannato a morte a cura di F. Zanelli Quarantini, Milano 1994 S. King, Il miglio verde, trad. di T. Dobner, Milano 1998 Voltaire, Commento a Dei delitti e delle pene, trad. di S. Traversetti, Milano 1948 Siti: www.nessunotocchicaino.it Film: The life of David Gale, Regia di A. Parker, USA 2003 Il miglio verde, regia di F. Darabont, USA 1999