Libro verde sull'innovazione

200
INNOVAZIONE E COMPETIZIONE IL LIBRO VERDE SULL’INNOVAZIONE Cotec 00I-VIII.qxp 11-02-2008 9:50 Pagina I

description

Come rilanciare l’innovazione in Italia. I capitali per l’innovazione; Le politiche regionali a sostegno della ricerca e dell’innovazione; Domanda pubblica e innovazione; I capitali per l’innovazione;

Transcript of Libro verde sull'innovazione

Page 1: Libro verde sull'innovazione

INNOVAZIONE E COMPETIZIONE

IL LIBRO VERDE SULL’INNOVAZIONE

Cotec 00I-VIII.qxp 11-02-2008 9:50 Pagina I

Page 2: Libro verde sull'innovazione

Cotec 00I-VIII.qxp 11-02-2008 9:50 Pagina II

Page 3: Libro verde sull'innovazione

IL LIBRO VERDESULL’INNOVAZIONECome rilanciare l’innovazione in Italia

A cura di Mario Calderini, Maurizio Sobrero, Riccardo Viale

Prefazione di Luigi Nicolais

Cotec 00I-VIII.qxp 11-02-2008 9:50 Pagina III

Page 4: Libro verde sull'innovazione

Tutti i diritti sono riservati

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15 percento di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compensoprevisto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633.

Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commercialeo comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di speci-fica autorizzazione rilasciata da AIDRO, corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail:[email protected], sito web: www.aidro.org

ISBN 13: 978-88-8363-840-4

© 2008 Il Sole 24 Ore SpaEconomia & Management

Sede legale e amministrazione: via Monte Rosa 91, 20149 MilanoRedazione: via Patecchio 2, 20141 MilanoServizio clienti: tel. 3022.5680 (prefisso 02 oppure 06), fax 3022.5400(prefisso 02 oppure 06), e-mail: [email protected]

Realizzazione editoriale: Studio Allegri-Vaccher, Milano

Prima edizione: febbraio 2008

La collana Innovazione e Competitività nasce da una collaborazionefra Il Sole 24 e la Fondazione Cotec con l’intento di sostenere e orienta-re la capacità innovativa e industriale del nostro paese, attraverso la dif-fusione dei temi rilevanti della cultura tecnologica e dell’innovazione edegli strumenti più aggiornati e innovativi per rendere tali nozioni ope-rativamente efficaci.

La Fondazione Cotec ha l’obiettivo istituzionale di con-tribuire a orientare le scelte pubbliche italiane ed euro-pee verso gli interessi e le priorità tecnologiche del no-

stro mondo industriale. Questo volume è realizzato sullabase di ricerche effettuate dalla Fondazione.

Cotec 00I-VIII.qxp 11-02-2008 9:50 Pagina IV

Page 5: Libro verde sull'innovazione

Sommario

VII Prefazione di Luigi Nicolais

1 Introduzione

3 1. Il sistema innovativo italianodi Francesco Crespi

3 1.1 Introduzione7 1.2 Le risorse per la creazione e diffusione di nuova

conoscenza27 1.3 I risultati delle attività di creazione di nuova

conoscenza32 1.4 Conclusioni

35 2. Governancedi Mario Calderini e Maurizio Sobrero

35 2.1 Introduzione36 2.2 Meccanismi di governance europea46 2.3 Meccanismi di governance nazionale52 2.4 Le politiche regionali a sostegno della ricerca e

dell’innovazione57 2.5 Conclusioni

61 3. Università e ricercadi Carmelo Mazza, Paolo Quattrone e Angelo Riccaboni

61 3.1 Introduzione62 3.2 Lo scenario attuale

Cotec 00I-VIII.qxp 11-02-2008 9:50 Pagina V

Page 6: Libro verde sull'innovazione

70 3.3 Effetti dei cambiamenti in corso in tema di ricerca77 3.4 Ambiti d’intervento95 3.5 Conclusioni

99 4. Domanda pubblica e innovazionedi Enrico Forti e Maurizio Sobrero

99 4.1 Introduzione100 4.2 Le politiche dell’innovazione e il ruolo della domanda

pubblica107 4.3 L’evoluzione del public procurement e il caso

Consip113 4.4 Innovazione sistemica e tecnologie Ict125 4.5 Verso l’e-government128 4.6 Il ruolo dell’e-health134 4.7 Il ruolo della domanda militare136 4.8 Public technology procurement e risvolti organizzativi140 4.9 Conclusioni

143 5. I capitali per l’innovazionedi Mario Calderini e Marco Nicolai

143 5.1 Introduzione143 5.2 I capitali per l’innovazione146 5.3 Gli strumenti di sostegno pubblico al capitale

di rischio per l’innovazione151 5.4 Innovazione e politiche di credito157 5.5 Conclusioni

165 Conclusioni e raccomandazionidi Mario Calderini, Maurizio Sobrero e Riccardo Viale

166 Governance169 Università173 Public procurement176 Finanza

179 Personalità coinvolte

183 Bibliografia

188 Gli autori

VI Sommario

Cotec 00I-VIII.qxp 11-02-2008 9:50 Pagina VI

Page 7: Libro verde sull'innovazione

Prefazione

La nostra conoscenza delle determinanti e degli effetti dell’in-novazione è significativamente aumentata nel tempo. Oggi sap-piamo che, nonostante molto spesso si pensi all’intuizione crea-tiva con riferimento al singolo individuo, l’innovazione è il risul-tato di un processo collettivo e sistemico. Gli attori (sia di natu-ra pubblica che privata) di tale processo sono infatti molteplicie la produzione di nuova conoscenza scientifica e tecnologicascaturisce dall’interazione tra di essi.

La competitività tecnologica ed economica di un paese di-pende quindi dalla solidità e dalla qualità dei singoli attori, maanche e imprescindibilmente dalla capacità di questi di porsi inrelazione, scambiare conoscenze, cooperare attivamente ovve-ro di “fare sistema”.

Anche il nostro grado di consapevolezza delle caratteristi-che e del posizionamento internazionale del sistema innovativoitaliano è sicuramente aumentato nel tempo. La possibilità diutilizzare tecniche di misurazione ormai consolidate e di averea disposizione un’ampia base di informazioni statistiche con-sente, infatti, di individuare con precisione i punti di forza, maanche e soprattutto le lacune del nostro sistema dell’innovazio-ne. Al contrario, molto meno sappiamo riguardo alle politicheconcrete che possono e devono essere attuate per migliorare lepotenzialità scientifiche e tecnologiche del paese e quindi au-mentarne la competitività internazionale.

Il primo Libro Verde della Fondazione Cotec contribuisce inmaniera significativa a colmare questo vuoto, attraverso un’a-

Cotec 00I-VIII.qxp 11-02-2008 9:50 Pagina VII

Page 8: Libro verde sull'innovazione

nalisi delle maggiori criticità del sistema innovativo italiano eproponendo puntuali indicazioni di policy sugli assi principalidella politica della ricerca e dell’innovazione nazionale.

Grande rilevanza assume nel libro il tema della governancedell’innovazione. Sebbene recentemente siano state attuate nu-merose iniziative volte a rafforzare la capacità tecnologica e ditrasferimento delle conoscenze nell’economia, molto resta dafare per la creazione di un sistema di governance multilivelloche sia in grado di sollecitare da più direzioni il sistema nazio-nale e i sistemi locali dell’innovazione verso una maggiore pro-duttività e competitività tecnologica.

In particolare si rende necessaria la costruzione di un conte-sto infrastrutturale e di politiche pubbliche capaci di favorire leattività di cooperazione tra le varie organizzazioni coinvolte nel-la creazione di nuova conoscenza quali università, centri di ri-cerca pubblici e privati e imprese.

Occorre inoltre che il sistema di politiche pubbliche deter-mini concreti effetti di addizionalità. È quindi necessario evita-re che la mancanza di coordinamento tra i diversi strumenti diintervento generi effetti di spiazzamento.

Oltre a quello relativo alla governance, il Libro Verde affron-ta il tema di come potenziare il contributo dei singoli soggettidel processo innovativo. In particolare si fa riferimento al ruolodella ricerca pubblica e dell’università, ma anche al ruolo delladomanda pubblica in settori specifici e a quello dei sistemi fi-nanziari per favorire gli investimenti innovativi delle imprese ela nascita di nuove imprese nel settore dell’alta tecnologia.

Attraverso l’analisi di questi aspetti, il Libro Verde forniscenon solo un’agenda di temi per la politica tecnologica dell’Italia,ma anche un articolato insieme di proposte per la creazione el’utilizzazione di strumenti concreti che consentano al nostropaese di riprendere con decisione un percorso di progresso tec-nologico ed economico.

Luigi NicolaisPresidente Fondazione Cotec

VIII Prefazione

Cotec 00I-VIII.qxp 11-02-2008 9:50 Pagina VIII

Page 9: Libro verde sull'innovazione

Introduzione

La rilevanza di ricerca e innovazione per la competitività delleimprese e dei sistemi economici è un elemento che deve essereritenuto consolidato, grazie alla sistematica convergenza di ana-lisi puntuali, indagini settoriali, comparazioni internazionali econfronti longitudinali condotti da numerosi ricercatori e nume-rose istituzioni nazionali e internazionali di grande prestigio.

Il primo Libro Verde della Fondazione Cotec muove da que-sto dato per sviluppare un’articolata e approfondita analisi dellasituazione italiana circa il sistema della ricerca e dell’innovazio-ne, finalizzata al perseguimento della sua missione fondamenta-le di supporto e indirizzo delle politiche di sostegno allo svilup-po di nuove tecnologie e di innovazione.

Questo obiettivo è perseguito utilizzando in maniera innovati-va la grande quantità di dati e indicatori dell’Innovation Outlooksviluppato presso la fondazione e realizzato attraverso una rac-colta ragionata e originale di informazioni presenti presso diver-se fonti ufficiali, rapporti di ricerca periodicamente rilasciati daiprincipali organismi di ricerca economica nazionali e internazio-nali, ricerche pubblicate dalle più prestigiose riviste accademichee analisi direttamente condotte dalla fondazione stessa.

Le proposte che emergono nel corso del Libro Verde sonodunque più facilmente leggibili sia da parte del lettore espertosia da chi per la prima volta si confronti con questi temi, grazieal costante riferimento al dettaglio numerico delle situazionivolta a volta discusse. Questa grande attenzione a un’analisifondata su rilevazioni puntuali, tuttavia, è altresì accompagnata

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 1

Page 10: Libro verde sull'innovazione

da una discussione articolata dei diversi punti in questione, ca-lati nella realtà operativa attraverso un confronto sul camporealizzato dalla fondazione attraverso una serie di incontri te-matici promossi nel corso del 2006 con policy-makers, imprese,istituzioni, politici e accademici.

Per questa ragione il volume è articolato in due parti. La pri-ma offre una rapida, ma significativa e approfondita ricognizio-ne generale sullo stato di salute (o di malattia) del paese rispet-to agli elementi fondanti il sistema nazionale dell’innovazione.La seconda sviluppa diverse argomentazioni che portano a unaserie di indicazioni specifiche di indirizzo in campi diversi,strutturando la discussione attorno quattro filoni fondamentali:

• il sistema di governance dell’innovazione, con particolare at-tenzione a ruoli, responsabilità e strumenti in una logica diconfronto e collaborazione tra realtà regionali, nazionali edeuropee;

• il rapporto tra ricerca pubblica e ricerca privata, consideran-do in particolare il ruolo dell’università e la sua centralità nelsistema della ricerca pubblica italiana;

• il ruolo specifico della domanda pubblica e la sua articola-zione in campi diversi dal militare, poco rilevante per il pae-se, con particolare attenzione alle tecnologie Ict, all’energiae alla sanità;

• il ruolo trainante dei sistemi finanziari, con riflessioni speci-fiche sul ruolo di capitale e debito e della loro collocazionein funzione del ciclo di sviluppo dei settori che caratterizza-no l’economia del paese.

Il Libro Verde contiene quindi delle proposte specifiche che toc-cano diversi ambiti di intervento e interessano un numero am-pio di decisori politici, sviluppate non solo grazie a basi di daticredibili e affidabili che da sole rischiano di rendere eccessiva-mente sterile e non ancorate alla realtà le singole iniziative, maanche grazie a un attento esame delle condizioni di contesto eall’esperienza sul campo delle varie persone coinvolte nel pro-cesso di elaborazione delle differenti tematiche trattate.

2 Introduzione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 2

Page 11: Libro verde sull'innovazione

1. Il sistema innovativo italiano

di Francesco Crespi

1.1 Introduzione

Nel corso dell’ultimo decennio la crescita economica in Italia èstata molto modesta. Anche tenuto conto del rallentamento fat-to registrare da molti dei principali paesi europei, la posizionedell’economia italiana nel contesto internazionale è andata pro-gressivamente peggiorando. La ragione principale di questa sta-gnazione del sistema produttivo italiano è stata individuata neldeclino della produttività del lavoro che, a sua volta, è determi-nato non tanto da una generica riduzione dell’intensità di capi-tale ma da un’insufficiente capacità innovativa del sistema Ita-lia ampiamente dibattuta in letteratura (Malerba, 1993; Cotec,2007). Tale debolezza può essere facilmente quantificata ricor-rendo ad esempio all’indice sintetico di innovazione dello Euro-pean Innovation Scoreboard prodotto dalla Commissione euro-pea, che consente di confrontare la performance del sistema in-novativo italiano con quella dei sistemi innovativi dei principalipaesi avanzati.

La figura 1.1 riporta l’indice sintetico di innovazione per il2006 calcolato per Stati Uniti, Giappone, Svizzera e per i paesidell’Unione europea a 15 membri. Tra i paesi analizzati l’Italia ri-copre uno degli ultimi posti, davanti solo a Spagna, Portogallo eGrecia e si colloca ben al di sotto della media europea (Ue-15). Ipaesi del nord Europa (Svezia, Finlandia, Danimarca e Germa-nia) sono invece quelli che insieme a Svizzera, Giappone e StatiUniti registrano complessivamente le migliori performance intermini di capacità innovativa. Da tale analisi emergono inoltredue indicazioni importanti.

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 3

Page 12: Libro verde sull'innovazione

Da un lato esiste un numero consistente di paesi nuovi mem-bri, quali ad esempio Slovenia, Repubblica Ceca e Polonia a cuisi sommano Portogallo e Grecia, che si collocano decisamentesu un sentiero di catching-up. Infatti questi paesi, pur partendoda una situazione di forte ritardo, hanno fatto registrare nel2006 un tasso di crescita dell’indicatore sintetico di innovazionesuperiore alla media europea. Al contrario, l’Italia è inserita nelgruppo di paesi che sta ulteriormente perdendo terreno. Questonon solo perché, per l’anno in questione, l’indice di innovativitàcomplessiva è inferiore alla media europea ma anche perché iltasso di crescita dello stesso risulta inferiore a quello medio deipartner europei.

Questo divario in termini di capacità di innovare tra Italia e iprincipali paesi avanzati spiega gran parte dei differenziali in ter-mini di competitività internazionale messi in risalto da molti or-

4 Il sistema innovativo italiano

Figura 1.1 Indice sintetico dell’innovazione in Europa, Stati Uniti e Giappone, 2006

0,220,23

0,310,34

0,360,480,48

0,490,5

0,530,540,54

0,590,61

0,630.,680.,69

0.,73

0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8

Francia

UE-15Regno Unito

Lussemburgo

Germania

Danimarca

SvizzeraSvezia

Finlandia

Giappone

Stati Uniti

Paesi BassiIrlanda

BelgioAustria

NorvegiaItalia

Grecia

Spagna

0,480,48

Portogallo

Fonte: European Innovation Scoreboard, Commissione europea (2006).

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 4

Page 13: Libro verde sull'innovazione

ganismi e istituti di ricerca internazionali (Ferrari et al., 2007).Qui è riportata la classifica per il 2007 prodotta dall’Imd Interna-tional di Losanna, che pubblica ogni anno un rapporto sullacompetitività nel mondo, The World Competitiveness Yearbook,con l’obiettivo di fornire informazioni dettagliate sulle caratteri-stiche dei sistemi economici nazionali e su come queste influen-zino la competitività delle imprese.

Come evidenziato dalla figura 1.2, il rapporto 2007 mostrache gli Stati Uniti conservano la posizione di leadership in ter-mini di competitività internazionale. Dal rapporto emerge inol-tre che economie come quelle di Singapore e Hong Kong stannorapidamente colmando il gap con l’economia statunitense. Ilnostro paese invece si colloca nelle retrovie rispetto agli altripaesi avanzati occupando la posizione 42. Tuttavia, è interes-sante notare che rispetto al 2006 l’Italia migliora la propria posi-zione in termini dell’indicatore complessivo di competitivitàpassando dal 56° al 42° posto di questa particolare classifica.

Queste differenze in termini di capacità innovativa e quindidi competitività internazionale si traducono in un’insufficientedinamica dell’economia nel suo complesso e spiegano grossaparte dei differenziali di crescita tra Italia e i principali paesi in-dustrializzati. Occorre però sottolineare che i fattori che in-fluenzano la capacità innovativa di un paese e che definisconoil posizionamento di un sistema economico all’interno dellacompetizione internazionale sono molteplici. Gli indicatori sin-tetici qui citati consentono solo di esprimere un giudizio som-mario sulla qualità complessiva dei sistemi innovativi nazionaliposti a confronto. L’obiettivo di questo capitolo introduttivo èquindi quello di chiarire quali sono i principali elementi checonsentono di spiegare il risultato deludente dell’Italia in termi-ni di questi indicatori sintetici. A tal fine verrà proposto un con-fronto tra l’Italia e i suoi principali competitors internazionalisvolto mediante l’esposizione e l’analisi dei principali indicatoridi input dell’attività innovativa, come quelli sulle attività di ri-cerca e sviluppo e sul capitale umano, e dei più rilevanti indica-tori di output, come quelli sulla produzione scientifica e tecno-logica. Questo confronto consentirà inoltre di evidenziare leprincipali caratteristiche del sistema innovativo italiano.

Nel capitolo verranno prima analizzate le informazioni stati-

Il sistema innovativo italiano 5

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 5

Page 14: Libro verde sull'innovazione

6 Il sistema innovativo italiano

Figura 1.2 Indice globale di competitività (base 100 Stati Uniti) e classifica rispetto a 61 economie considerate, 2007

43

48

56

61

63

72

74

74

75

76

76

77

78

79

82

82

82

83

84

84

86

89

90

92

92

94

99

100

0 20 40 60 80 100

52. Polonia

42. Italia

39. Portogallo

30. Spagna

28. Francia

24. Giappone

22. Estonia

21. Israele

20. Regno Unito

19. Nuova Zelanda

18. Taiwan

17. Finlandia

16. Germania

15. Cina

14. Irlanda

13. Norvegia

12. Australia

11. Austria

10. Canada

9. Svezia

8. Paesi Bassi

7. Islanda

6. Svizzera

5. Danimarca

4. Lussemburgo

3. Hong Kong

2. Singapore

1. Stati Uniti

Fonte: The World Competitiveness Yearbook, IMD (2007).

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 6

Page 15: Libro verde sull'innovazione

stiche sulle risorse finanziare e umane impiegate nella creazio-ne e diffusione di nuova conoscenza.

Nello specifico si farà riferimento a:

• L’evoluzione delle spese in R&S in Italia negli anni più recen-ti. In particolare verrà considerata la dinamica del rapportotra R&S e Pil in Italia e nei principali paesi europei. Questoinfatti rappresenta l’indicatore più usato per descrivere econfrontare a livello internazionale l’intensità delle attivitàvolte all’introduzione di innovazione tecnologica effettuateall’interno di un sistema economico. L’analisi sui dati R&S in-clude le informazioni sugli addetti alla R&S.

• La qualità e la crescita del capitale umano in Italia. Le informa-zioni sulle risorse impiegate per l’istruzione e sul numero e di-stribuzione disciplinare dei laureati consentiranno di realizza-re una analisi comparativa tra Italia e i principali paesi europei.

• La diffusione delle nuove tecnologie dell’informazione e del-la comunicazione (Ict). Considerata la rilevanza dei tassi didiffusione delle nuove tecnologie dell’informazione e dellacomunicazione nello spiegare la dinamica della produttivitànei paesi avanzati, verranno presi in analisi gli indicatori su-gli investimenti in Ict per effettuare un confronto con i prin-cipali paesi industrializzati.

Per valutare il posizionamento del sistema innovativo italianonel panorama internazionale verranno inoltre presi in esame gliindicatori di produttività nella creazione di nuova conoscenzascientifica e tecnologica, facendo riferimento ai dati sulle pub-blicazioni scientifiche e sui brevetti.

1.2 Le risorse per la creazione e diffusione di nuovaconoscenza

Ricerca e sviluppo in Italia

La quantità di risorse allocate da un sistema economico per at-tività di ricerca e sviluppo è considerata come una delle misurepiù precise e dirette di input del processo innovativo.

Il sistema innovativo italiano 7

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 7

Page 16: Libro verde sull'innovazione

La figura 1.3 riporta l’evoluzione della spesa in R&S in Italiae in alcuni dei principali paesi europei nel periodo 1990-2005.Dall’analisi della figura emerge che dopo una marcata flessionein termini reali degli investimenti in R&S nel periodo 1990-1995,si è verificato un recupero fino al 2002, al quale è seguita unabattuta d’arresto nel 2003. Tra il 2004 e il 2005 la spesa per atti-vità di R&S svolta in Italia dalle imprese, dagli enti della pubbli-ca amministrazione, dalle istituzioni private non profit e dalleuniversità è tornata a crescere, seppur in maniera contenuta, fa-cendo registrare un aumento del 2,3% in termini monetari, paria un incremento dello 0,05% in termini reali. Se inoltre si guardaall’andamento degli investimenti in R&S nei principali paesi eu-ropei nello stesso periodo si può vedere come i progressi fattida Francia, Germania, Spagna e Regno Unito siano stati signifi-cativamente maggiori rispetto a quelli fatti registrare in Italia.

Una caratteristica comune agli indicatori basati sulle spesein R&S consiste nella necessità di tener conto della presenza dieffetti di scala. In questa ottica, misure di intensità di ricerca esviluppo possono essere ottenute pesando i valori assoluti tra-mite variabili dimensionali quali ad esempio il Pil. In particola-

8 Il sistema innovativo italiano

Figura 1.3 Evoluzione della spesa in R&S nei principali paesi europei 1990-2005(milioni di dollari PPP a prezzi costanti, anno base 2000)

0

10.000

20.000

30.000

40.000

50.000

60.000

1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

Francia Germania Italia Spagna Regno Unito

Fonte: Main Science & Technology Indicators, volume 2007/1, OCSE (2007) e Ricerca e sviluppo inItalia, ISTAT (2007), nostra elaborazione.

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 8

Page 17: Libro verde sull'innovazione

re l’indicatore standard di intensità di R&S (il rapporto tra spe-se in R&S e Pil) è particolarmente utilizzato per valutare la pro-pensione innovativa di specifiche aree geografiche.

La figura 1.4 consente di effettuare un confronto in base aquesto indicatore per i principali paesi industrializzati. Per quan-to riguarda gli investimenti in R&S, l’Italia si colloca in coda aglialtri paesi considerati con un risultato al di sotto della media eu-ropea. Nel periodo preso in considerazione Giappone e, in misu-ra minore, gli Stati Uniti rafforzano la propria posizione di lea-dership. Inoltre, la Spagna, che nel 1990 mostrava un forte ritar-do rispetto agli altri paesi, registra una buona performance pas-sando nel rapporto R&S/ Pil dallo 0,80% (1990) all’1,12% (2005).Al contrario l’Italia non evidenzia segnali di recupero ma peggio-ra nel complesso la propria posizione. In particolare, la crescitanell’intensità di R&S fatta registrare tra il 1999 e il 2002 si arre-sta, con l’indicatore che passa dall’1,16% del 2002 all’1,10% del2005. Da notare che tale andamento risulta essere incompatibilecon il raggiungimento nel 2010 dell’obiettivo del 3% nel rapportoR&S/Pil stabilito dalla Strategia di Lisbona (Sirilli, 2004).

L’analisi di questo indicatore di intensità di spesa per R&S ci

Il sistema innovativo italiano 9

Figura 1.4 Intensità degli investimenti in R&S nei principali paesi industrializzati.Spesa totale in R&S in percentuale del Pil

2,99

2,61

2,33

0,80

3,33

2,62

2,46

2,13

1,78

1,10

0,00

0,50

1,00

1,50

2,00

2,50

3,00

3,50

Giappone USA Germania OECD Francia UE-15 UK Italia Spagna

1990 2005

2,65

2,25

2,26

1,89

1,86

2,15

1,25

1,12

Fonte: Main Science & Technology Indicators, volume 2007/1, OCSE (2007) e Ricerca e sviluppo inItalia, ISTAT (2007), nostra elaborazione.

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 9

Page 18: Libro verde sull'innovazione

permette pertanto di evidenziare una prima importante peculia-rità del sistema innovativo italiano, che risulta quindi caratteriz-zato da una bassa propensione all’investimento in attività di ri-cerca. D’altra parte, per comprendere le origini di questo risul-tato e coglierne le implicazioni, occorre analizzare più in detta-glio la composizione della spesa in R&S per settori istituzionalie le caratteristiche della struttura produttiva italiana.

L’analisi della composizione della spesa in R&S per settoriistituzionali è a tal fine di particolare interesse, in quanto è ingrado di evidenziare la specificità italiana in termini di rapportotra R&S delle imprese e del settore pubblico.

Nel 2005 il settore delle imprese (escluso il settore delle isti-tuzioni private non profit) svolge poco più della metà (50,4% nel2005) dell’attività nazionale totale di R&S. Tra il 2000 e il 2005l’incidenza percentuale del settore delle imprese e di quello del-le istituzioni private non profit rispetto al totale delle spese inR&S passa dal 50,1% al 52,5% (figura 1.5), accrescendo la pro-pria rilevanza rispetto agli altri settori. Si riduce infatti il pesodel comparto delle amministrazioni pubbliche che, nello stessoperiodo, scende dal 18,9% al 17,3%, mentre rimane pressochéstatico l’apporto delle università, che passa dal 31% del 2000 al30,2% del 2005.

Analizzando valori di più lungo periodo, la ricerca pubblicaha comunque visto progressivamente incrementare il suo pesorispetto al totale nazionale, passando dal 41,6% nel 1990 al 47,5%nel 2005. Tale incremento complessivo, pari al 14,2%, è secondosolamente a quello registrato nel Regno Unito nello stesso pe-riodo (figura 1.6).

Se si guarda al confronto internazionale emerge chiaramen-te l’esistenza di una forte caratterizzazione italiana in termini diuna più bassa quota delle spese R&S attribuibile al settore delleimprese rispetto agli altri paesi considerati nell’analisi. In Ger-mania infatti quasi il 70% della spesa in R&S è effettuata dalleimprese nel 2005, mentre Regno Unito e Francia si attestano en-trambi a circa il 63%.

In questo senso, il sistema innovativo italiano mostra unatendenza opposta a quella necessaria per la realizzazione del-l’obiettivo di Lisbona che identifica in due terzi il rapporto traspesa in R&S privata e pubblica.

10 Il sistema innovativo italiano

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 10

Page 19: Libro verde sull'innovazione

Il sistema innovativo italiano 11

Figura 1.5 Composizione della spesa in R&S per settori istituzionali nei principalipaesi Europei, 2005

0%10%20%30%40%50%60%70%80%90%

100%

Francia Germania Italia Regno Unito Spagna

IMPRESE e IPNP UNIVERSITÀ AAPP

63,9 69,8

26,2

10,8 1717,3

30,2

52,563

53,9

29,116,5

13,717,2

18,9

Fonte: Main Science & Technology Indicators, volume 2007/1, OCSE (2007), e Ricerca e sviluppo inItalia, ISTAT (2007), nostra elaborazione.

Figura 1.6 Quota percentuale della R&S pubblica rispetto al totale nei principali paesi europei, 1990 e 2005

41,7 41,638,8

46,1

36,1

30,2

0

5

1015

20

25

30

3540

45

50

Spagna Italia Francia Regno Unito Germania

1990

47,5

27,5

37,0

28,7

2005

Fonte: Main Science & Technology Indicators, volume 2007/1, OCSE (2007), e Ricerca e sviluppo inItalia, ISTAT (2007), nostra elaborazione.

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 11

Page 20: Libro verde sull'innovazione

12 Il sistema innovativo italiano

Questo andamento è dovuto a una diversa dinamica dellespese in R&S del settore pubblico e delle imprese. Il livello ita-liano degli investimenti pubblici in R&S nel periodo 1990-2005 èinfatti cresciuto in particolare a partire dalla seconda metà de-gli anni Novanta. La figura 1.7 presenta la spesa nazionale inR&S del settore pubblico in percentuale del Pil nazionale per iprincipali paesi europei. Dall’analisi di questo dato emerge chele differenze tra Italia e gli altri partner europei non sono cosìforti come nel caso evidenziato guardando al dato complessivosulle spese R&S. Il rapporto tra R&S pubblica e Pil nazionale(0,52% nel 2005) rimane comunque inferiore a quello di Francia(0,78%) e Germania (0,76%), ma l’Italia risulta allineata al RegnoUnito (0,64%). Il dato italiano è invece superiore, seppur di po-co, a quello spagnolo (0,51%), che nel confronto internazionalerimane il paese più debole anche se in questo campo sta rapida-mente colmando il ritardo accumulato in passato.

È evidente a questo punto che, per spiegare grossa parte del di-vario tra Italia e gli altri paesi avanzati in termini di propensione ainvestire risorse in attività di ricerca, occorre guardare in partico-lare al settore delle imprese e alle sue caratteristiche strutturali.

Figura 1.7 Spesa per R&S del settore pubblico nei principali paesi europeiin percentuale del Pil, 1990 e 2005

0,93

0,76

0,54

0,35

0,63

0,78 0,76

0,52 0,51

0,64

0,00

0,10

0,20

0,30

0,40

0,50

0,60

0,70

0,80

0,90

1,00

Francia Germania Italia Spagna Regno Unito

20051990

Fonte: Main Science & Technology Indicators, volume 2007/1, OCSE (2007) e Ricerca e sviluppo inItalia, ISTAT (2007), nostra elaborazione.

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 12

Page 21: Libro verde sull'innovazione

Il sistema produttivo italiano è caratterizzato dalla predomi-nanza di imprese di dimensioni medio-piccole (spesso operantiin distretti industriali) specializzate in settori tradizionali a bas-sa intensità tecnologica. In Italia circa la metà degli occupati nelsettore manifatturiero è collocato infatti in imprese con menodi 50 dipendenti, mentre in paesi come la Francia o il RegnoUnito la quota è del 30%. In Germania i lavoratori impiegati inimprese della manifattura con meno di 20 dipendenti sono circail 10% mentre in Italia sono il 30%.

La dimensione media delle imprese italiane è vista semprepiù spesso dagli osservatori come una delle principali debolezzedel sistema produttivo italiano, poiché essa ne pregiudicherebbela capacità di innovare e di competere sui mercati internazionali.Questa tesi è in parte suffragata dall’analisi della composizionedella spesa in R&S delle imprese. Osservando infatti le caratteri-stiche del sistema della ricerca privata italiana, emerge una for-te concentrazione delle attività di R&S nel segmento delle gran-di imprese (Moncada Paternò-Castello et al., 2006). Nel 2005 leimprese con almeno 500 addetti sostengono ben il 73,8% dellaspesa per R&S del settore, mentre il contributo delle piccole im-prese (sotto i 50 addetti) rimane limitato al 6%.

D’altra parte è stato evidenziato che anche se la struttura di-mensionale delle imprese italiane fosse comparabile con quelladei paesi sopra citati rimarrebbe comunque un gap (seppur ri-dotto) in termini di intensità delle attività di ricerca e sviluppodelle imprese (Foresti, 2002). Una delle cause della persistenzadi questo divario è attribuibile all’altra debolezza strutturale delsistema produttivo italiano identificata nella specializzazionedelle imprese in settori cosiddetti low-tech e ad alta intensità dilavoro. Utili informazioni a questo riguardo emergono dall’ana-lisi di indicatori in grado di fornire informazioni circa la specia-lizzazione italiana nel commercio internazionale, quale adesempio la quota di esportazioni high-tech nel settore manifat-turiero. Come evidenziato dalla figura 1.8 tale quota è pari al10,8% rispetto al totale delle esportazioni del settore manifattu-riero. La media europea si colloca su un livello pari a circa ildoppio (20,6%) di quello italiano. La maggiore quota delle espor-tazioni del comparto manifatturiero italiano si concentra quindinei settori a bassa o medio-bassa tecnologia.

Il sistema innovativo italiano 13

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 13

Page 22: Libro verde sull'innovazione

14 Il sistema innovativo italiano

L’analisi della dinamica delle spese in R&S delle imprese ita-liane (figura 1.9) tuttavia consente, indipendentemente dallecaratteristiche strutturali del sistema, di individuare una ten-denza negativa in termini di sviluppo della propria capacità in-novativa.

Passando ad analizzare infatti l’andamento delle spese inR&S effettuate dalle imprese in Italia nel periodo 1990-2005,emerge che il settore delle imprese ha fatto registrare una scar-sa performance in termini di risorse investite in attività innova-tive. In termini reali la spesa in R&S delle imprese diminuiscetra il 1990 e il 2005. In particolare, nei primi anni Novanta si èverificata una riduzione della spesa in R&S da parte delle im-prese sia in termini reali che monetari. La stessa è rimasta co-stante tra il 1995 e il 1999, mentre ha cominciato a risalire tra il1999 e il 2002. Tale crescita si consolida nel 2005, il settore del-le imprese incrementa la propria spesa in R&S del 7% in termi-ni monetari.

Rispetto ai principali paesi europei, nel periodo 1990-2005

0% 20% 40% 60% 80% 100%

Spagna

Italia

Germania

UE19

Francia

Giappone

Regno Unito

Stati Uniti

Alta tecnologia Medio-alta tecnologiaMedio-bassa tecnologia Bassa tecnologia

Fonte: Science, Technology and Industry: Scoreboard 2007, OCSE (2007)

Figura 1.8 Esportazioni per intensità tecnologica nei principali paesi industrializzati,2005

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 14

Page 23: Libro verde sull'innovazione

l’Italia è il solo in cui le risorse destinate dalle imprese ad attivi-tà di R&S sono diminuite in termini reali. Forti incrementi si re-gistrano in particolare in Germania, Francia e Spagna.

Per quanto riguarda il rapporto tra R&S delle imprese e Pilesso passa dallo 0,75% allo 0,55%. Come evidenziato dalla figu-ra 1.10, tali livelli sono abbondantemente al di sotto di quellidei principali paesi industrializzati. Tra i paesi considerati ri-sulta di particolare rilievo la performance del Giappone che in-crementa ulteriormente l’intensità di R&S nel settore delle im-prese.

Se si guarda alla media Ocse, tra il 1990 e il 2005 il rapportotra R&S delle imprese e Pil rimane praticamente costante. LaGermania e soprattutto il Regno Unito registrano una riduzionein tale rapporto, mentre la Spagna, anch’essa come l’Italia carat-terizzata da una bassa propensione delle imprese a investire inattività di ricerca, realizza un buon incremento raggiungendo esuperando il dato relativo all’Italia.

Passando all’analisi delle risorse umane impiegate in attivi-tà di ricerca e sviluppo, il posizionamento dell’Italia rispetto aiprincipali paesi europei non cambia. Dal confronto internazio-nale realizzato considerando il numero di addetti alla R&S nel-

Il sistema innovativo italiano 15

Figura 1.9 Evoluzione della spesa in R&S delle imprese nei principali paesi Europei1990-2005 (Milioni di dollari PPP a prezzi costanti, anno base 2000)

0

5000

10.000

15.000

20.000

25.000

30.000

35.000

40.000

1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

Francia Germania Italia Spagna Regno Unito

Fonte: Main Science & Technology Indicators, volume 2007/1, OCSE (2007).

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 15

Page 24: Libro verde sull'innovazione

le imprese per ogni mille occupati nei diversi settori di attivitàeconomica (figura 1.11) emerge che in Italia solo 4 occupatinelle imprese su mille sono dedicati alle attività di R&S delleimprese.

Tale valore rimane costante tra il 1990 e il 2005 ed è abbon-dantemente al di sotto di quelli relativi a Francia (12) e Ger-mania (11,2) nel 2005, e comunque inferiore alla media euro-pea a 15 paesi (8,6). La Spagna che nel 1990 occupava nelleimprese per attività di R&S meno di 3 lavoratori su mille pas-sa nel 2005 a 5,4 superando il livello registrato nello stessoanno in Italia.

Pur riconoscendo che non necessariamente la scarsa pro-pensione a investire in attività formali di R&S equivalga siste-maticamente a una incapacità di innovare o migliorare prodottie processi produttivi attraverso attività di ricerca informali, dal-l’analisi di questi dati emerge sicuramente un’indicazione di de-bolezza del sistema innovativo italiano specie per quanto ri-guarda le risorse dedicate dalle imprese ad attività sistematichedi ricerca.

16 Il sistema innovativo italiano

Figura 1.10 Intensità degli investimenti in R&S delle imprese nei principali paesiindustrializzati. Spesa totale in R&S delle imprese in percentuale del Pil

2,11

1,93

1,87

1,56

1,49

1,41

0,75

0,46

2,54

1,71 1,

82

1,53

1,10

1,32

0,55 0,61

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

Giappone Germania Stati Uniti OCSE RegnoUnito

Francia Italia Spagna

1990 2005

Fonte: Main Science & Technology Indicators, volume 2007/1, OCSE (2007).

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 16

Page 25: Libro verde sull'innovazione

Il capitale umano

Il capitale umano costituisce un input cruciale per la creazione dinuova conoscenza e lo sviluppo economico e tecnologico. Si è di-mostrato da più parti, infatti, che l’aumento del livello di scolari-tà media acquisito in un paese, la sua più equa distribuzione al-l’interno della popolazione e l’ampliamento delle qualifiche sulmercato del lavoro hanno prodotto significativi rendimenti siasul piano individuale, in termini di maggiore probabilità d’impie-go e di profili di carriera e di guadagno più pronunciati, sia suquello sociale, in termini di maggiore competitività e sentieri dicrescita e sviluppo più sostenuti. Il miglioramento della qualità edell’efficacia dei sistemi di istruzione e di formazione, una elevatafacilità di accesso a tali sistemi da parte di tutti i cittadini, l’aper-tura del sistema scolastico e universitario al mondo esterno co-stituiscono pertanto fattori indispensabili per affrontare le sfideposte dalla crescente integrazione delle economie moderne.

Non sorprende quindi il ruolo centrale assegnato dall’Unioneeuropea alle politiche educative e a quelle della formazione al-l’interno della strategia globale concordata a Lisbona. Nel conte-sto delle nuove finalità dell’insegnamento in una dimensione eu-ropea, l’azione comunitaria ha prodotto negli ultimi anni un co-

Il sistema innovativo italiano 17

Figura 1.11 Addetti alla R&S nelle imprese per 1000 occupati nelle imprese nei principali paesi europei (il dato relativo alla Francia si riferisce al 2004)

4,0

8,3

2,6

7,5

3,95,4

8,69,6

12,0

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

12,0

14,0

1990

*11,2 11,2

7,1

Francia Germania Italia Regno Unito Spagna

F

UE-15

2005

Fonte: Main Science & Technology Indicators, volume 2007/1, OCSE (2007).

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 17

Page 26: Libro verde sull'innovazione

18 Il sistema innovativo italiano

stante impulso al rafforzamento della cooperazione tra gli Statiper il miglioramento della qualità della scuola e dell’università.

In ambito europeo, l’Italia non è tra paesi che dedicano piùrisorse all’istruzione scolastica.

Tuttavia, il divario nell’intensità di spesa tra l’Italia e i princi-pali partner europei non è particolarmente ampio. La spesa perstudente, dalla scuola primaria all’università, nel 2004 risultanel nostro paese di poco inferiore alla media europea sia in per-centuale del Pil (figura 1.12), sia come quota del totale dellaspesa pubblica. In questa classifica l’Italia è in linea con i valoridella Germania, mentre la Francia alloca in media rispetto alnostro paese un punto percentuale in più del proprio prodottointerno lordo in istruzione.

Se inoltre si guarda all’indicatore che misura la qualità dell’am-biente formativo costituito dal numero di studenti per ogni docen-te, dal confronto con alcuni Stati europei (figura 1.13), emergeche l’Italia ha il rapporto alunni/insegnanti più basso (in media ol-tre 10 studenti per 1 docente, stabile nel periodo 2003-2005). InGermania si trova invece il valore più alto, 17 a 1, in lieve crescitarispetto al dato del 2003, valore che supera quello del Regno Unito,che dai 20 studenti per docente nel 2003 scende sotto i 15 nel 2005.

Figura 1.12 Spesa pubblica per istruzione per studente dalla scuola primariaall’università in % Pil nei principali paesi industrializzati, 2004

Francia Portogallo Regno Unito Italia Germania Spagna

5,81

5,31 5,29

4,59 4,64,25

5,1

Media EU (25)

Fonte: Education and Training Indicators, Eurostat (2007).

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 18

Page 27: Libro verde sull'innovazione

Il soddisfacente posizionamento dell’Italia rispetto a questiindicatori non si riflette però automaticamente sulle capacitàacquisite dagli studenti italiani, specie nelle materie scientifi-che. Analizzando infatti i risultati dell’indagine Pisa (Program-me for International Student Assessment) per l’anno 2006,emerge che gli studenti italiani di 15 anni mostrano scarse com-petenze in matematica e bassa capacità di risoluzione dei pro-blemi. Un quadro della situazione si può ottenere considerandola percentuale di studenti che si colloca ai diversi livelli dellascala complessiva di matematica (mathematical literacy, figu-ra 1.14). I livelli alti della scala (livelli 5 e 6) corrispondono aquesiti contenenti una notevole quantità di elementi non comu-ni la cui risoluzione richiede un certo grado di riflessione ecreatività. All’estremo più basso della scala vi sono i quesiti cherichiedono una limitata capacità di interpretazione del contestoe l’applicazione di conoscenze matematiche familiari (semplicicalcoli aritmetici, ordinare un insieme di numeri, calcolare ilcambio di una valuta).

Solo l’1,3% degli studenti italiani di 15 anni raggiunge il livel-lo più elevato della scala (livello 6) contro una media dei paesi

Il sistema innovativo italiano 19

Figura 1.13 Numero medio di studenti per docente nelle scuole pubbliche neiprincipali paesi europei, 2003-2005

RegnoUnito

Germania Francia Spagna Italia Portogallo

2003 2004 2005

Fonte: Education and Training Indicators, Eurostat (2007).

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 19

Page 28: Libro verde sull'innovazione

Ocse del 3,3%. I paesi con i risultati migliori (Corea del Sud, Fin-landia e Belgio) hanno valori superiori al 6%. Al solito, la perfor-mance dell’Italia è superiore solo a quelle fatte registrare daPortogallo, Grecia e Messico ed è pari a quella spagnola. Al li-vello inferiore della scala (livello 5), troviamo il 5% degli alunniitaliani. Tale risultato è la metà della media dei paesi Ocse (10%)e meno di un terzo del valore dei paesi leader (Finlandia, Coreadel Sud e Paesi Bassi). Quasi un quinto (19,3%) degli studentiquindicenni scolarizzati italiani si trova al livello 1 della scala epiù di uno studente su 10 in Italia non riesce a rispondere allamaggior parte dei quesiti più semplici di Pisa. La percentualemedia dell’Ocse di studenti a livello 1 è del 13,6% e il 7,7% si col-locano in media al livello più basso della scala. Ai gradini piùbassi della scala, la distanza del nostro paese da quelli con laperformance migliore è consistente (in Finlandia, Paesi Bassi eCorea del Sud la percentuale di studenti sotto il livello 1 non su-pera il 2,5% ed è inferiore al 10% per il livello 1). In sintesi, solopoco più del 6% degli studenti italiani mostra elevati livelli di co-noscenze e competenze matematiche, contro una media Ocsedi oltre il 13% e vette che superano il 20% per i paesi migliori. Al-l’estremo opposto della scala, più del 30% degli studenti italiani

Figura 1.14 Capacità matematiche di giovani quindicenni nei paesi Ocse, 2006 -indagine Pisa

-40

-20

0

20

40

60

80

100

Finlandia

Corea del Sud

Paesi Bassi

Canada

Danimarca

Giappone

Irlanda

SveziaBelgio

Rep. Ceca

Norvegia

Germania

Media OCSE

Francia

Spagna

Stati Uniti

Portogallo

GreciaItalia

Turchia

Messico

Perc

entu

ale

dist

uden

ti

sottoliv. 1 liv. 1 liv. 2 liv. 6liv. 5liv. 4liv. 3

Fonte: PISA 2006, Sciences Competencies for Tomorrow’s World, OCSE (2007).

20 Il sistema innovativo italiano

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 20

Page 29: Libro verde sull'innovazione

non va oltre il livello 1, mentre la media Ocse è di circa il 20% ein alcuni paesi questo valore scende sotto il 10%.

Passando invece all’analisi delle statistiche sul numero dilaureati emerge che in Italia questi ultimi sono in costante cre-scita (tabella 1.1). Il numero dei laureati nel nostro paese è pas-sato infatti da poco più di 175.000 nell’anno solare 2001 a più di300.000 quattro anni dopo, con un incremento complessivo del71,8%. Dall’introduzione della riforma universitaria nel 2001, ilpeso delle lauree triennali previste dal nuovo ordinamento ècresciuto continuamente a scapito delle vecchie lauree di dura-ta quadriennale, quinquennale o superiore. Cresce anche il nu-mero di coloro che portano a compimento il biennio di studispecialistici previsto dal nuovo ordinamento dopo l’ottenimen-to della laurea triennale: nel 2005 i laureati nella specialisticasono più di 18.000, il 6% del totale dei laureati nell’anno solare.La nuova riforma ha consentito anche un graduale ma costanteabbassamento dell’età in cui si consegue la laurea. Nel 2005 lametà dei giovani laureati ha meno di 25 anni. Solo due anni pri-ma (2003) erano solo poco più di un terzo i laureati entro i 25anni, e nel 2001 poco più di un quarto. Grazie anche alle laureetriennali, quindi, si sta tentando di risolvere il fenomeno dellelauree tardive, da sempre caratteristica negativa del sistemauniversitario italiano nel panorama internazionale.

Se è vero quindi che il sistema economico italiano può bene-

Il sistema innovativo italiano 21

Tabella 1.1 Laureati per tipologia di corso e sesso in Italia (valori assoluti epercentuali), 1994-2005

Corsi diLaurea % Corsi di

Diploma % Triennale % Specialistica %

1994 93,5%1995 93,3%1996 92,4%1997 92,3%1998 92,2%1999 91,3%2000 89,1%2001 87,8%2002 80,2%2003 69,9%2004

Nuovo OrdinamentoAnnosolare Laureati

Var. %sull'anno

precedente

Vecchio Ordinamento

13,3%7,1%

10,5%6,1%6,2%8,7%6,0%8,6%

17,0%14,3%14,6%12,1%

1051621126081244571319871401261523411614841753862052352346722688213012982005

59,9%47,5%

6,5%6,7%7,6%7,7%7,8%8,7%

10,9%11,5%8,5%3,4%1,4%0,5%

---------------------

1267223045374192304

138307

---------------------

0,7%10,9%22,9%34,3%45,9%

---------------------

7916

87961154618309

---------------------

0,0%0,4%3,7%4,3%6,1%

687975119433

102021095913232175922013617484801238291625

98283105097115024121785129167139109143892153976164531164123161050142993

Fonte: DG Studi e programmazione, MIUR (2006).

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 21

Page 30: Libro verde sull'innovazione

ficiare di un numero di persone con elevati livelli di educazionesempre crescente, è altresì vero che la composizione per disci-plina del numero di laureati evidenzia una carenza nelle areetecnico-scientifiche.

Nell’anno 2005 un laureato italiano su sette proviene dal-l’area economico-statistica (14,3%). Seguono, con percentualisuperiori al 10%, le aree politico-sociale, ingegneristica e giuri-dica. Se si focalizza l’attenzione sul numero di iscritti e di lau-reati nelle materie scientifiche, un aspetto centrale nella strate-gia di Lisbona portata avanti dall’Unione europea, si scopreche meno di un quarto del totale degli iscritti nelle universitàitaliane nell’anno accademico 2005/2006 frequentava una clas-se appartenente all’insieme dei corsi di laurea in scienze, mate-matica e tecnologia. La quota di iscritti a questi corsi si attestainvece a circa il 30% in Spagna e Germania, ed è pari al 25,5%nella media dell’Europa a 25 paesi (figura 1.15). Allo stesso

22 Il sistema innovativo italiano

Figura 1.15 Iscritti ai corsi di scienze, matematica e tecnologia* in percentuale deltotale degli iscritti per anno accademico nei principali paesi europei, A.A. 2000/2001-2005/2006

28,8 28,6

24,1

26,2

24,5

28,8

29,930,7

29,4

25,5

23,6

Spagna Germania Portogallo EU (25) Italia Regno Unito

2000/2001 2005/2006

23,7

Fonte: Education and Training Indicators, Eurostat (2007).

* In armonia con le definizioni internazionali, i corsi di scienze, matematica e tecnologia comprendono leseguenti classi di corso di laurea: Biotecnologie, Scienze biologiche, Scienze e tecnologie farmaceutiche,Scienze e tecnologie chimiche, Scienze e tecnologie fisiche, Scienze geografiche, Scienze matematiche,Scienze statistiche, Scienze e tecnologie informatiche, Ingegneria dell’informazione, Ingegneria industria-le, Disegno industriale, Scienze dell’architettura e dell’ingegneria edile, Urbanistica e scienze della piani-ficazione territoriale e ambientale, Ingegneria civile e ambientale.

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 22

Page 31: Libro verde sull'innovazione

modo, solo il 23% dei laureati nell’anno solare 2005 ha acquisitoil titolo nelle discipline scientifiche. A tale riguardo, il ritardocon Francia e Germania è notevole, in quanto in questi paesipiù di un quarto dei laureati proviene dalle aree scientifica, ma-tematica e tecnologica. Inoltre, nel nostro paese tale quotasembra essersi stabilizzata, rendendo il traguardo posto dal-l’Unione europea, di un aumento del 15% entro il 2010, difficil-mente raggiungibile.

La diffusione delle nuove tecnologie dell’informazione e del-la comunicazione

La diffusione delle nuove tecnologie dell’informazione e dellacomunicazione (Ict) svolge un ruolo centrale nel determinare lepotenzialità di crescita della produttività nei sistemi economiciavanzati. È infatti ormai noto come esse ricoprano un ruolo cru-ciale nella nuova economia della conoscenza e nel processo diristrutturazione dei moderni sistemi economici. La rapida cre-scita della produttività negli Stati Uniti a partire dalla metà de-gli anni Novanta è stata infatti in gran parte attribuita alla forteespansione nella produzione e nell’uso delle nuove tecnologiedella comunicazione e dell’informazione. La diffusione capilla-re delle Ict in ogni settore delle moderne economie ha inoltregenerato un cambiamento nelle tecnologie di produzione, nel-l’organizzazione delle imprese e dei mercati e nella gestione delconsumo.

Gli effetti sulla concorrenza internazionale dell’incrementodei tassi di adozione delle nuove tecnologie dell’informazionesono stati straordinari. Molti vincoli fisici e informativi per ilcommercio, le transazioni finanziarie, la ricerca sono caduti ra-pidamente al crescere del ritmo di diffusione delle nuove tecno-logie in particolare di Internet e della comunicazione mobile.

Negli ultimi anni gli investimenti in Ict hanno rappresentatola componente più dinamica del totale degli investimenti innuovo capitale. Essi cominciano a costituire una quota rilevan-te del Pil in particolare in paesi come Svezia o Giappone, dove ilrapporto tra investimenti in Ict e prodotto supera il 4%. Esisto-no però divergenze pronunciate tra paesi con diversi livelli neitassi di penetrazione delle nuove tecnologie.

Il sistema innovativo italiano 23

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 23

Page 32: Libro verde sull'innovazione

Collocare l’Italia all’interno del quadro internazionale attra-verso indicatori specifici sul grado di diffusione delle Ict risultadi notevole importanza per comprenderne le potenzialità in ter-mini di crescita futura della produttività e della competitività.Tale confronto internazionale viene effettuato qui attraversol’analisi di tre indicatori:

• percentuale delle spese in tecnologie della comunicazionerispetto al Pil;

• percentuale delle spese in tecnologie dell’informazione (It)rispetto al Pil;

• percentuale di occupazione nei settori Ict rispetto al totaledell’economia.

In Italia le spese in Ict sono cresciute considerevolmente negliultimi anni raggiungendo una incidenza sul Pil pari al 4,8% nel2006. Questo dato riflette sicuramente un aumento della diffu-sione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comuni-cazione all’interno del nostro sistema economico. Contraria-mente a quanto accaduto in altri paesi avanzati tale dinamicanon si è però tradotta ancora in una corrispondente crescitadella produttività. Una delle ragioni sottostanti a questo feno-meno può essere individuata distinguendo tra le due compo-nenti delle spese in Ict, ovvero la spesa in tecnologie della co-municazione e le spese in tecnologie dell’informazione.

Mentre per quanto riguarda la prima componente l’Italia è inlinea con la media europea, anche se si colloca al di sotto deipaesi come la Svezia e il Giappone (figura 1.16), guardando al-la seconda dimensione emerge che in Italia l’incidenza rispettoal Pil delle spese in tecnologie dell’informazione per l’acquistodi hardware, software e altri servizi connessi nel 2006 è pariall’1,7%. La media europea (Ue-15) è invece pari al 2,7%. Franciae Stati Uniti si collocano al di sopra del 3% mentre Regno Unitoe Svezia si avvicinano al 4% (figura 1.17). Questo significa chel’intensità degli investimenti e quindi i tassi di penetrazione del-le tecnologie informatiche sono in Italia ancora al di sotto diquelli dei principali paesi avanzati.

Passando infine a esaminare la quota di occupati nei settoriIct rispetto al totale degli occupati nell’intera economia, dalla

24 Il sistema innovativo italiano

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 24

Page 33: Libro verde sull'innovazione

Figura 1.16 Spesa in tecnologie della comunicazione in percentuale del Pil nei principali paesi industrializzati, 2006

2,1

2,3

2,8

28

2,9

3,0

3,0

3,1

3,2

3,5

4,2

0,0 1,0 2,0 3,0 4,0 5,0

Stati Uniti

Francia

Germania

Finlandia

UE-15

Olanda

Regno Unito

Italia

Spagna

Svezia

Giappone

Figura 1.17 Spesa in tecnologie dell’informazione per hardware, software e altri servizi in percentuale del Pil nei principali paesi industrializzati, 2006

1,4

1,7

2,7

2,9

3,1

3,2

3,3

3,3

3,4

3,5

3,8

0 0,5 1 15 2 2,5 3 3,5 4

Spagna

Italia

UE-15

Germania

Francia

Finlandia

Olanda

Stati Uniti

Giappone

Regno Unito

Svezia

Fonte: New Cronos Database, Eurostat (2007).

Fonte: New Cronos Database, Eurostat (2007).

Il sistema innovativo italiano 25

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 25

Page 34: Libro verde sull'innovazione

26 Il sistema innovativo italiano

figura 1.18 si evince come l’Italia si collochi su valori simili aquelli dei principali partner europei. La percentuale degli occu-pati nei settori Ict è infatti pari al 2,8% del totale nel 2004 conuna buona crescita rispetto al dato del 1995.

Il settore Ict italiano sta però oggi sperimentando una ridu-zione dell’occupazione, conseguenza delle attuali difficoltà delmercato, che si caratterizza per una scarsa crescita della do-manda e per un forte incremento del numero di imprese sospe-se, in liquidazione, o in fallimento (salite nel 2005 all’11% del to-tale). Il numero degli addetti del comparto Ict nel 2001 era paria 697.000, mentre nel 2004 essi scendono a 675.000, con una ri-duzione di 22.000 unità.

È inoltre interessante notare che, nonostante il numero diimprese Ict attive sia salito nel 2005 dell’1,9% (passando da110.400 nel 2001 a 112.600 nel 2005), il settore si sta caratteriz-zando per la presenza di attori sempre più numerosi ma sem-pre più di piccola dimensione. Infatti, dopo la forte crescitadella fine degli anni Novanta, nel settore stanno prevalendo fe-nomeni di razionalizzazione e di ristrutturazione. Questa ten-denza si riflette anche in una scarsa dinamica delle nuove as-sunzioni nel settore. Ciò è testimoniato anche dall’andamentoinsoddisfacente delle nuove assunzioni effettuate dalle impre-

Figura 1.18 Quota percentuale di occupazione nei settori Ict rispetto al totaledell’economia

2,90

2,222,44

2,92

2,22

3,11 3,002,80

3,09

2,69

0,00

0,50

1,,00

1,50

2,00

2,50

3,00

3,50

Francia Germania Italia Regno Unito Spagna

1995 2004

Fonte: Science, Technology and Industry: Scoreboard 2007, OCSE (2007).

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 26

Page 35: Libro verde sull'innovazione

se, che in ogni caso reclamano però la presenza di difficoltànel reperimento del capitale umano, da attribuirsi, spesso, al-la scarsa sinergia tra il sistema formativo e quello imprendito-riale.

1.3 I risultati delle attività di creazione di nuovaconoscenza

Brevetti e pubblicazioni scientifiche

Sebbene i risultati delle attività di creazione di nuova conoscen-za possano essere misurati in molte maniere, qui effettuiamo unconfronto internazionale per mezzo degli indicatori sui brevettie sulle pubblicazioni scientifiche. L’analisi di questi semplici in-dicatori ci consente infatti di valutare se il posizionamento delsistema innovativo italiano descritto nella parte precedente uti-lizzando le informazioni sulle risorse (finanziarie e umane) de-dicate allo sviluppo di nuova conoscenza si conferma ancheguardando ai principali indicatori di output innovativo.

La letteratura specializzata ha identificato una chiara corre-lazione positiva tra l’ammontare complessivo delle spese per laR&S e il numero di brevetti, suggerendo conseguentementel’opportunità di impiegare degli indicatori brevettuali per valu-tare l’attività innovativa condotta a livello locale o nazionale.Se analizzati in relazione ad altre tipologie di indicatori, quali lespese per la ricerca, gli indicatori basati su brevetti presentanoil vantaggio di fornire delle stime più aderenti all’effettivo out-put innovativo generato. A questo riguardo è opportuno ricor-dare come il ricorso alla brevettazione sia indice delle aspetta-tive da parte delle imprese relativamente alla possibilità di po-sitivi ritorni economici derivanti dallo sfruttamento commer-ciale dell’invenzione brevettata. Tale tipologia di indicatori ha,inoltre, il pregio di rispondere a dei requisiti di misurabilità, re-peribilità e oggettività tali da renderla un utile parametro perl’analisi comparata tra differenti realtà geografiche ed econo-miche.

Il numero assoluto di brevetti registrati da un singolo sogget-to economico o relativi a un’area geografica costituisce un risul-

Il sistema innovativo italiano 27

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 27

Page 36: Libro verde sull'innovazione

tato di difficile interpretazione. Non è, infatti, definibile a prioriun livello di efficienza in termini assoluti per tale parametro.Per poter formulare una valutazione significativa dei livelli loca-li di produzione brevettuale si rende, quindi, indispensabilel’adozione di un approccio comparativo, tramite indicatori che,opportunamente corretti per la presenza di eventuali effetti discala, permettano un confronto tra differenti realtà. Per questomotivo in questa sezione vengono presentati indicatori di inten-sità brevettuale in cui il numero di brevetti presso gli uffici bre-vetti degli Stati Uniti (Uspto) ed europeo (Epo) è pesato per lapopolazione di riferimento.

Le statistiche sull’intensità brevettuale mostrano un forte ri-tardo del sistema innovativo italiano nel realizzare innovazionibrevettabili. Per ogni milione di abitanti l’Italia ha depositatopresso lo Uspto nel 2003 circa 30 brevetti contro i 180 della Ger-mania e i 75 della Francia (figura 1.19). Forti differenze esisto-no anche se si guardano i dati relativi all’Epo con l’Italia che nel2002 produce circa 75 brevetti per milione di abitanti contro, adesempio, i 301 della Germania e i 147 della Francia. A partire da-gli anni Novanta anche la capacità innovativa del paese, misura-

28 Il sistema innovativo italiano

Figura 1.19 Numero di brevetti presso Uspto nei principali paesi Europei, 1998 e 2003

73,2

150,9

32,2

71,2

8,1

75,5

180,0

35,0

79,7

8,1

0,020,040,060,080,0

100,0120,0140,0160,0180,0200,0

Francia Germania Italia Regno Unito Spagna

1998 2003

Fonte: Main Science & Technology Indicators, volume 2007/1, OCSE (2007).

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 28

Page 37: Libro verde sull'innovazione

ta in termini di numero di brevetti per milione di abitanti, sebbe-ne già prossima al 50% della media Ue-15, ha registrato una ulte-riore contrazione. Una valutazione dell’andamento dell’attivitàbrevettuale in termini di rapporto tra brevetti high-tech e bre-vetti totali fa emergere, inoltre, una sempre più ridotta qualitàdell’attività innovativa, particolarmente evidente nell’ultimo pe-riodo e con una tendenza a divergere dall’Ue-15. Per quanto ri-guarda la composizione settoriale dei brevetti qui si riporta nel-la figura 1.20 un indicatore di intensità brevettuale nei settorihigh-tech. L’evidenza empirica mostra ancora la presenza di for-ti disparità tra paesi, con l’Italia che conferma anche secondoquesto indicatore la propria posizione rispetto ai principali par-tner europei.

Nel complesso, la quota mondiale di brevetti dell’Italia nel-l’high-tech si è ridotta da un valore superiore al 2% agli inizi de-gli anni Novanta a un valore pari circa all’1,5%, con una perditatotale di circa il 25%, che conferma la natura strutturale delladebolezza competitiva del nostro paese.

La debolezza del sistema innovativo italiano nella produzio-ne di innovazioni brevettabili si contrappone invece a una so-

Il sistema innovativo italiano 29

Figura 1.20 Richieste di brevetti high-tech presso l’Epo per milione di abitanti nei principali paesi Europei, 1998 e 2003

23,2

33,7

5,6

22,4

2,3

32,1

44,0

8,4

25,7

4,0

0,05,0

10,015,020,025,030,035,040,045,050,0

Francia Germania Italia Regno Unito Spagna

1998 2003

Fonte: New Cronos Database, Eurostat (2007).

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 29

Page 38: Libro verde sull'innovazione

stanziale solidità del mondo della ricerca italiano che si con-traddistingue per un buon livello di produttività scientifica.Questo risultato è di particolare importanza considerata l’in-fluenza della capacità di generare nuova conoscenza scientificasulla competitività dei moderni sistemi economici.

In termini di numero totale di pubblicazioni scientifichel’Europa mantiene la propria posizione di leadership. Nel 2003la quota europea in percentuale delle pubblicazioni scientifichemondiali è pari al 38,3%, mentre quella degli Stati Uniti è del31,1%. Per quanto riguarda l’Italia, essa detiene nel 2003 il 4,6%delle pubblicazioni mondiali, mentre, ad esempio, la quota diGermania e Francia è rispettivamente dell’8,4% e del 6,1%.

Passando all’analisi di un indicatore di intensità della produ-zione scientifica, ovvero il numero di articoli scientifici per mi-lione di abitanti (figura 1.21), troviamo che l’Italia si collocanella media europea (Ue-15). In Italia, nel 2003, sono stati realiz-zati 429 articoli scientifici per milione di abitanti. Non troppo di-stante è il dato per Francia (516) e Germania (537), mentre esi-ste un gap nei confronti del Regno Unito, che produce nel 2003,per ogni milione di abitanti, 811 articoli scientifici, e degli StatiUniti (726).

Per quanto riguarda la dinamica nel tempo, la figura 1.22 of-fre un confronto tra i principali paesi europei negli anni 1993 e2003 circa il numero di articoli scientifici per milione di abitanti.

Nella seconda metà del periodo considerato, tra il 1998 e il2003, l’Italia, insieme alla Spagna, accresce la quota mondiale dipubblicazioni scientifiche passando dal 4,3% al 4,6%. Sia Fran-cia che Germania e Regno Unito registrano invece una riduzio-ne della propria quota. Inoltre, l’Italia compie progressi signifi-cativi anche per quanto concerne il rapporto tra numero di arti-coli scientifici e popolazione. Infatti, il numero di articoli permilione di abitanti passa da 269 a 429 tra il 1993 e il 2005.

I dati sui risultati delle attività di creazione di nuova cono-scenza in Italia confermano quindi la presenza di una inadegua-ta attitudine del nostro sistema produttivo alla produzione dinuova conoscenza tecnologica derivante da attività innovativesistematiche. La limitata quantità di risorse dedicate ad attivitàdi R&S si riflettono quindi in una scarsa capacità di produrre in-novazioni brevettabili. D’altra parte, l’Italia realizza un buon ri-

30 Il sistema innovativo italiano

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:00 Pagina 30

Page 39: Libro verde sull'innovazione

sultato in termini di produzione di pubblicazioni scientificherealizzate principalmente dalle università e dagli enti pubblici diricerca. Questo riflette da un lato il fatto che il divario tra Italiae gli altri paesi avanzati per quanto riguarda l’intensità di spesapubblica in R&S non è particolarmente pronunciato e, dall’al-tro, la buona produttività del sistema pubblico della ricerca ita-liano.

Figura 1.21 Numero di articoli scientifici per milione di abitanti nei principali paesi industrializzati, 2003

251

342

401

429

440

470

486

516

537

573

604

637

726

811

831

982

998

1143

0 200 400 600 800 1000 1200

Portogallo

Grecia

Spagna

Italia

Irlanda

Giappone

Slovenia

Francia

Germania

UE - 15

Austria

Belgio

Stati Uniti

Regno Unito

Olanda

Danimarca

Finlandia

Svezia

Fonte: Science, Technology and Industry: Scoreboard 2007, OCSE (2007).

Il sistema innovativo italiano 31

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 31

Page 40: Libro verde sull'innovazione

1.4 Conclusioni

Questo capitolo introduttivo, pur senza obiettivi di completezza,ha offerto una rassegna di evidenze empiriche che consente di in-quadrare le principali caratteristiche del sistema innovativo italia-no. La possibilità di conoscere e valutare le maggiori criticità deisistemi nazionali di innovazione è infatti una pre-condizione fon-damentale per sviluppare opportune politiche della ricerca e del-l’innovazione. Dall’analisi emerge chiaramente l’esistenza di un di-vario in termini di capacità di innovare tra Italia e i principali pae-si avanzati che è in grado di spiegare gran parte dei differenziali intermini di competitività internazionale messi in risalto da molti or-ganismi e istituti di ricerca internazionali. Questo è particolar-mente vero se si analizzano, nell’ambito di un confronto interna-zionale, i dati sulle spese in R&S o i dati sulle attività brevettuali,entrambi però influenzati dalla caratteristica struttura produttivaitaliana, sia in termini di dimensione di impresa che di composi-zione settoriale. D’altra parte, l’analisi evidenzia come le dinami-che in atto non siano tali da far pensare a un rapido recupero del-l’Italia rispetto ai principali paesi avanzati in questi due ambiti.

Figura 1.22 Numero di articoli scientifici per milione di abitanti nei principali paesieuropei, 1993 e 2003

444 420

269

736

249

516 537

429

811

401

0

100

200

300

400

500

600

700

800

900

Francia Germania Italia Regno Unito Spagna

1993 2003

Fonte: Science, Technology and Industry: Scoreboard 2007, OCSE (2007).

32 Il sistema innovativo italiano

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 32

Page 41: Libro verde sull'innovazione

Per quanto riguarda i dati sul capitale umano il capitolo mo-stra come in Italia, a fronte di una spesa in istruzione per stu-dente in linea con quella degli altri paesi industrializzati, il livel-lo di capacità acquisite dagli studenti specie nelle materie scien-tifiche non sia adeguato a quello raggiunto in altri paesi avanza-ti. Tuttavia, segnali positivi emergono rispetto alla costante cre-scita del numero di laureati in rapporto alla popolazione e algraduale abbassamento dell’età in cui si consegue la laurea.

L’analisi ha inoltre mostrato come in Italia le spese in Ict sia-no cresciute considerevolmente negli ultimi anni. Tuttavia, di-stinguendo tra le due componenti delle spese in Ict, ovvero laspesa in tecnologie della comunicazione e quella in tecnologiedell’informazione, si scopre che per quanto concerne la primacomponente l’Italia è in linea con la media europea, mentreguardando alla seconda dimensione il nostro paese risulta an-cora in ritardo rispetto ai paesi presi in esame. Infine, lo studioevidenzia come l’Italia realizzi un buon risultato in termini dipubblicazioni scientifiche, prodotte principalmente dalle uni-versità e dagli enti pubblici di ricerca. Questo dato riflette un in-cremento costante della produttività scientifica del sistemapubblico della ricerca italiano.

Il sistema innovativo italiano 33

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 33

Page 42: Libro verde sull'innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 34

Page 43: Libro verde sull'innovazione

2. Governance

di Mario Calderini e Maurizio Sobrero

2.1 Introduzione

L’evoluzione del ruolo delle amministrazioni nelle diverse attivi-tà di pianificazione, sviluppo e implementazione di politicheorientate al sostegno dell’innovazione ha delineato in questi ul-timi anni un quadro articolato sul quale riflettere in chiave di go-vernance istituzionale.

Come accaduto anche in altri Stati europei, infatti, in Italia losviluppo delle autonomie locali è stato accompagnato da una al-trettanto marcata crescita del ruolo e dell’influenza delle istitu-zioni comunitarie. Nell’ambito specifico delle politiche per l’in-novazione e la ricerca, la riforma del titolo V ha assegnato alleRegioni potestà concorrente per la definizione e l’attuazione diprogrammi di sviluppo a sostegno delle attività sia di imprese siadi università ed enti di ricerca pubblica. Contemporaneamente,il sistema europeo a sostegno delle attività di ricerca e innova-zione si è fortemente sviluppato con l’esperienza dei precedentipiani attraverso gli interventi dell’ormai concluso VI programmaquadro, caratterizzato da una forte diversificazione degli stru-menti e delle modalità di sostegno di iniziative principalmenteorientate all’ambito precompetitivo. Lo sviluppo della cosiddet-ta area europea della ricerca, che ha portato tra le altre cose allarecente istituzione della European Science Foundation, delloEuropean Research Council, tuttavia, amplia significativamentelo spettro di intervento estendendolo alla ricerca più di base.

In questo quadro istituzionale, gli strumenti, le modalità diintervento e il ruolo del governo nazionale, fissati nella legge diriordino delle competenze in materia di ricerca e innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 35

Page 44: Libro verde sull'innovazione

del 1999, sono oggetto di sviluppo e cambiamento attraversouna serie diversificata di interventi di natura e portata diversa,legati essenzialmente al ddl Industria 2015 e ai recenti provvedi-menti relativi all’Agenzia nazionale per la valutazione della ri-cerca (Anvur). L’evoluzione dello scenario normativo nazionalesottolinea diversi aspetti tra loro collegati sui quali focalizzarel’attenzione.

Questo capitolo si propone di riflettere sulla rilevanza di talitemi analizzando l’evoluzione dei meccanismi di governancequi intesi in senso ampio come organi e strumenti, distinti a li-vello europeo, italiano e regionale.

2.2 Meccanismi di governance europea

L’Unione europea possiede una competenza di natura concor-rente rispetto a quella degli Stati in materia di ricerca e sviluppotecnologico (Rst) ovvero un’abilitazione ad agire solo nel casoin cui la sua azione sia ritenuta tale da apportare un valore ag-giunto rispetto a quelle intraprese, individualmente, dai singoliStati membri. Pertanto gli Stati membri dell’Unione europea,nello stato attuale dell’evoluzione del diritto comunitario, nonhanno acconsentito a una cessione di sovranità1 in materia di ri-cerca e innovazione e rimangono i principali responsabili dellapolitica della ricerca nell’Unione europea.

L’esercizio di una competenza concorrente da parte del-l’Unione (nel caso della ricerca come delle altre materie sotto-poste al regime di competenze concorrenti)2 è subordinato allaverifica del rispetto del principio di sussidiarietà (articolo 5 delTrattato Ce): ogni atto adottato dal legislatore comunitario do-vrà quindi dimostrare che gli obiettivi che si prefigge non posso-no essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e pos-sono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azio-ne in questione, essere realizzati, in maniera più compiuta, a li-vello comunitario.

La competenza concorrente comunitaria in materia di Rst èstata attribuita dagli Stati membri alla Comunità con l’Atto uni-co europeo (Tue) entrato in vigore il 1° luglio 1987 e si è concre-tizzata nell’inserimento del titolo XVIII “Ricerca e sviluppo tec-

36 Governance

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 36

Page 45: Libro verde sull'innovazione

nologico” nel Trattato di Roma. A oggi l’azione dell’Unione eu-ropea in materia di ricerca può quindi contare su una base giu-ridica esplicita nel Trattato che rende possibile l’istituzione deiprogrammi-quadro per la ricerca.

Le modalità di adozione del principale provvedimento legi-slativo in tema di ricerca (il programma-quadro o PQ) è quelladella codecisione tra i due organi legislativi comunitari, il Parla-mento e il Consiglio, che contribuiscono, in eguale misura, allaformazione del regolamento istitutivo finale. Con l’entrata in vi-gore del Trattato di Amsterdam, il 1° maggio 1999, la regola delvoto all’unanimità in seno al Consiglio in materia di ricerca èstata sostituita da quella del voto alla maggioranza qualificata.

Nel caso del regolamento istituente le regole di partecipazio-ne al PQ (modalità di partecipazione delle imprese, dei centri diricerca e delle università al PQ, regime di protezione della pro-prietà intellettuale, ammissibilità delle spese, procedura di sele-zione, caratteristiche dei proponenti) la procedura in vigore è,anche qui, quella della codecisione, mentre nel caso dei pro-grammi specifici all’interno del PQ (all’interno del VII PQ i pro-grammi Cooperation, People, Ideas e Capacities) il Consiglioagisce come unico legislatore (alla maggioranza qualificata deivoti espressi) e il Parlamento europeo svolge unicamente unruolo consultivo.

Gli obbiettivi della politica di ricerca e sviluppo tecnologicodell’Unione sono, oggi, enunciati negli articoli 163 e 164 del Trat-tato: “La Comunità si propone l’obiettivo di rafforzare le basiscientifiche e tecnologiche dell’industria della Comunità, di fa-vorire lo sviluppo della sua competitività internazionale e di pro-muovere le azioni di ricerca ritenute necessarie ai sensi di altricapi del presente trattato. A tal fine essa incoraggia nell’insiemedella Comunità le imprese, comprese le piccole e le medie im-prese, i centri di ricerca e le università nei loro sforzi di ricerca edi sviluppo tecnologico di alta qualità; essa sostiene i loro sforzidi cooperazione, mirando soprattutto a permettere alle impresedi sfruttare appieno le potenzialità del mercato interno...”.

L’attenzione del legislatore comunitario si rivolge principal-mente alla competitività dell’industria europea, con un approc-cio di ricerca applicata che solo con il lancio del VII PQ e con lacreazione dell’European Research Council (Erc) si è aperto an-

Governance 37

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 37

Page 46: Libro verde sull'innovazione

che al sostegno della ricerca di base. Inoltre l’azione comunita-ria, proprio per le ragioni di sussidiarietà insite nella naturaconcorrente della competenza dell’Unione in materia, deve con-centrarsi sulla promozione di una ricerca collaborativa basatasulla cooperazione tra attori della ricerca provenienti da diver-si Stati membri (Stati associati e candidati all’adesione) e nonpuò che incidentalmente sostenere attività di ricerca svolte dasoggetti attivi in un unico Stato dell’Unione.

Gli strumenti di cui si avvale l’Unione europea in attuazionedella propria competenza in materia di ricerca e sviluppo sonodi due tipi:

• Azioni dirette promosse dal Centro comune di ricerca (JointResearch Centre) o Ccr, direzione generale della Commis-sione europea direttamente legata al commissario alla ricer-ca (per il periodo 2004-09 Janez Potocnik, di nazionalità slo-vena)3. Il Ccr svolge la funzione di fornitore indipendente diconoscenze scientifiche e tecnologiche a supporto all’elabo-razione delle diverse politiche dell’Unione. ll Ccr si occupainoltre della ricerca in materia nucleare assolvendo agli ob-blighi che discendono dal trattato Euratom. Il suo finanzia-mento è assicurato direttamente dai programmi-quadro,nonché da risorse proprie derivanti dalla conclusione di con-tratti con soggetti terzi. Il Ccr si compone di sette istitutispecializzati in diversi ambiti scientifici.

• Azioni indirette (ovvero i programmi-quadro). Le azioni di ri-cerca promosse indirettamente dall’Unione attraverso il pro-gramma-quadro possono essere ricondotte a tre tipologie:- progetti di ricerca condotti da un’équipe composta da

soggetti giuridici provenienti da diversi Stati membri,paesi associati o candidati all’adesione (in genere almeno3) e finanziati dall’Unione a un tasso compreso tra il 50%e il 75% a seconda dell’identità del soggetto (imprese,Pmi, università ecc.);

- azioni di supporto o coordinamento alle attività di ricercafinanziate al 100% dall’Unione;

- azioni tese a favorire la mobilità dei ricercatori, finanzia-te al 100% dall’Unione.

38 Governance

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 38

Page 47: Libro verde sull'innovazione

Lo Spazio europeo della ricerca (Ser)

La creazione di uno Spazio europeo della ricerca è stata propo-sta dalla Commissione nel gennaio 2000,4 quale progetto politi-co volto a ovviare alle debolezze del sistema europeo della ricer-ca e a creare, a termine, un vero e proprio mercato unico dellaricerca, sul modello delle già raggiunte libertà di circolazione al-l’interno dell’Unione di merci, servizi, capitali e persone. L’ob-biettivo temporale di riferimento per il funzionamento efficacedel SER è fissato dalla Commissione per l’anno 2020 circa.5

La decisione di promuovere la creazione di un mercato co-mune europeo della ricerca trova la sua origine nella constata-zione di numerosi fattori di criticità che contraddistinguono laricerca scientifica in Europa nel 2000:6

• L’Europa investe una parte sempre più ridotta della sua ri-cerca in ricerca e sviluppo: gli investimenti in Rst rappresen-tano mediamente l’1,8% del Pil comunitario (anche se note-voli sono le differenze tra gli Stati membri) rispetto al 2,8%degli Stati Uniti e al 2,9% del Giappone. Tale divario si è no-tevolmente ampliato durante gli anni Novanta.

• La bilancia commerciale dell’Europa per i prodotti ad altatecnologia registra ogni anno un deficit di circa 20 miliardi dieuro; tale deficit è in continuo aumento.

• In termini di posti di lavoro il peso dei ricercatori sul totaledella forza lavoro è molto inferiore in Europa (2,5%) rispettoai suoi competitori diretti: Stati Uniti (6,7%) e Giappone (6%).

• Il numero degli studenti europei che compiono studi di livel-lo universitario negli Stati Uniti è oltre il doppio di quello distudenti americani che svolgono studi in Europa e oltre il50% degli europei che effettuano un dottorato negli Usa vi ri-siedono per un lungo periodo dopo il completamento deglistudi.

• L’immagine che gli europei hanno della scienza si è, con iltempo, deteriorata: uno dei risultati è un tasso decrescentedi iscrizioni alle facoltà scientifiche in Europa.

La risposta fornita dalla Commissione alla situazione di debo-lezza della ricerca europea constatata nel 2000 consiste nella

Governance 39

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 39

Page 48: Libro verde sull'innovazione

creazione del Ser, ovvero di un’area all’interno della quale pos-sa essere garantita una libera circolazione di ricercatori, di co-noscenze e di tecnologia al fine di stimolare la cooperazione traattori della ricerca e di rafforzare la concorrenza addivenendo auna migliore allocazione delle risorse in Europa (“mercato uni-co” europeo della ricerca).

Il concetto di Ser si compone di tre elementi: la costituzionedi un “mercato unico” europeo della ricerca all’interno del qualepossano circolare liberamente ricercatori, tecnologie e cono-scenze; un coordinamento efficace a livello europeo delle attivi-tà, dei programmi e delle politiche di ricerca nazionali e regio-nali: e, infine, le iniziative elaborate e finanziate direttamente alivello europeo.

Oltre alla creazione di un mercato unico della ricerca laCommissione prevede di intensificare il coordinamento tra atti-vità di ricerca promosse dagli Stati membri a livello nazionale eregionale (le quali incidono per l’80% sulla spesa totale in Rst inEuropa) attraverso lo schema EraNet in maniera tale da argina-re l’eccessiva frammentazione degli sforzi intrapresi individual-mente dai singoli Stati e dalle Regioni (e la duplicazione che,inevitabilmente, ne deriva).

EraNet è uno strumento elaborato allo scopo di fornire so-stegno al coordinamento e all’avvio congiunto di programmi diricerca regionali e nazionali: i partner (enti o agenzie governa-tive nazionali o regionali) hanno la possibilità di studiare i reci-proci programmi di finanziamento della ricerca per poi addive-nire alla formulazione di programmi di ricerca congiunti che fi-nanzino attività di ricerca transnazionale. Nel quadro del VIprogramma-quadro si contano circa 75 programmi EraNet inattività.

Le iniziative finanziate direttamente dell’Unione si dividonoin azioni dirette di ricerca svolte dal Centro comune di ricerca asupporto dell’elaborazione delle politiche comunitarie e in azio-ni indirette all’interno del programma-quadro svolte da consorzitransnazionali di ricerca e secondo le indicazioni tematiche emetodologiche fornite dall’Unione.

Al di fuori del Ser, ma sempre nell’ambito di un rafforzamen-to del coordinamento tra le politiche della ricerca nazionali, laCommissione ha inoltre proposto la creazione di Piattaforme

40 Governance

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 40

Page 49: Libro verde sull'innovazione

tecnologiche europee. Si tratta di strutture d’incontro, coordi-nate dall’industria, in cui i portatori di interesse dei settori dipunta dell’industria europea7 (esponenti del mondo industriale,accademico e istituzionale) si riuniscono per definire le strate-gie di ricerca (“strategic research agenda”) a medio lungo termi-ne e garantire, simultaneamente, stabili fonti di finanziamento,contribuendo ad aumentare la certezza giuridica degli operato-ri. È da notare che la Commissione europea partecipa alle atti-vità delle Piattaforme ma non si considera vincolata a sottoscri-vere gli indirizzi di ricerca da esse scaturiti, che, ciò nonostante,considera un utile strumento di concentrazione tra gli attoricoinvolti. Dal punto di vista politico la volontà di creare un Serè stata rafforzata dall’approvazione, nel marzo 2000 (ovverodue mesi dopo l’adozione della comunicazione sul Ser da partedella Commissione), della strategia di Lisbona.

Tale ambizioso programma, a cui gli allora 15 Stati membridell’Unione si sono formalmente impegnati ad aderire, prevededi rendere l’Unione europea l’economia basata sulla conoscen-za più competitiva del mondo entro l’anno 2010 anche attraver-so un importante innalzamento della spesa in ricerca e svilupponei paesi dell’Unione. Il Consiglio europeo di Barcellona nel2002 si è occupato di quantificare l’aumento necessario al rag-giungimento degli obbiettivi di Lisbona: la spesa totale in Rstdeve raggiungere il 3% del Pil europeo (il dato di partenza, nel2002,8 è di 1,9%) e il numero di ricercatori europei deve salire fi-no a 700.000 unità. L’aumento della percentuale del Pil europeodedicato alla Rst dovrebbe essere attribuito per i due terzi all’in-vestimento privato e, per un terzo, all’investimento pubblico inricerca.

I progressi degli Stati verso la realizzazione degli obbiettividi spesa enunciati a Barcellona sono oggetto di confronto tra gliStati membri attraverso il Metodo aperto di coordinamento(Open Method of Coordination, Omc), lo strumento di soft lawutilizzato dall’Unione europea nelle politiche che rilevano dellacompetenza degli Stati e, di conseguenza, permangono di domi-nio intergovernativo. Essa si fonda sull’individuazione di obiet-tivi e indicatori condivisi tra gli Stati (in questo caso, gli obbiet-tivi di Barcellona) e su un processo di peer review tra i paesimembri tesa a verificare i rispettivi progressi (peer pressure).

Governance 41

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 41

Page 50: Libro verde sull'innovazione

La Commissione svolge, nell’ambito Omc, un mero ruolo di os-servatore.

Il rilancio della strategia di Lisbona all’insegna della crescitae dell’occupazione, deciso dai capi di Stato e di governo nel2005 per rinvigorire l’impatto della strategia sull’economia eu-ropea, ha implicato una maggiore attenzione ai temi della ricer-ca e dell’innovazione tecnologica.

A seguito del rilancio della strategia di Lisbona diverse ini-ziative comunitarie sono state intraprese a sostegno della ricer-ca e dell’innovazione in Europa. In questa sede ci limiteremo apresentare il nuovo programma europeo per la competitività el’innovazione (Cip),9 la strategia europea per l’innovazione el’utilizzo della politica di coesione comunitaria (fondi struttura-li) al servizio dell’innovazione.

Il Cip ha una dotazione finanziaria di 3,6 miliardi di euro e siprefigge di finanziare gli investimenti delle imprese europee(prevalentemente Pmi) che intendano aumentare la loro capa-cità di innovazione. Esso si compone di tre programmi specifi-ci. Il programma per l’innovazione e l’imprenditorialità, dotatodi uno stanziamento di 2,170 miliardi, intende facilitare l’acces-so delle Pmi al credito anche attraverso gli strumenti finanziariofferti dal Fondo europeo d’investimento (Fei), mira a una mi-gliore integrazione delle reti esistenti di servizi alle imprese inambito europeo (fusione delle reti Euro Info Centre e Innova-tion Relay Centre) e finanzia direttamente attività innovativeposte in essere dalle reti esistenti in materia (Europa innova,Pro Inno Europe). Il programma di sostegno alla politica in ma-teria di tecnologie dell’informazione e della comunicazione(Tic) dotato di uno stanziamento di 730 milioni, intende svilup-pare l’adozione e l’utilizzo efficace delle Tic in particolare at-traverso il sostegno di azioni pilota per la loro diffusione neiservizi pubblici d’interesse generale. Il programma Energia In-telligente Europa, invece, dotato anch’esso di uno stanziamen-to di 730 milioni di euro, interviene sostenendo l’efficienzaenergetica, le fonti rinnovabili e le soluzioni tecnologiche perridurre le emissioni di gas a effetto serra nel settore dei tra-sporti.

Nel 2006 la Commissione ha adottato una strategia europeaper l’innovazione,10 stabilendo una correlazione necessaria tra

42 Governance

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 42

Page 51: Libro verde sull'innovazione

i progressi realizzati in materia di innovazione e il successodella strategia di Lisbona rinnovata. In questo contesto è statoapprovato un nuovo quadro normativo per gli aiuti di stato inmateria di ricerca e innovazione11 e dei nuovi orientamenti perlo stimolo dell’innovazione attraverso delle misure di naturafiscale.12 La Commissione si è inoltre fatta promotrice di unastrategia per il potenziamento giurisdizionale del brevetto eu-ropeo13 (per ovviare alle difficoltà emerse nella creazione diun brevetto comunitario) e per l’azione sui “lead markets”, imercati promettenti perché connotati da una forte intensitàtecnologica.

Nell’ambito della strategia europea per l’innovazione laCommissione ha inoltre presentato una proposta14 per la crea-zione dell’Istituto europeo di tecnologia (Iet), concepito comeun centro di formazione e ricerca di eccellenza in Europa neisettori dell’innovazione, della ricerca e dell’istruzione superio-re, sul modello del Mit. Nell’idea della Commissione l’Iet saràdotato di un massimo di 2,4 miliardi di euro per il periodo 2008-2013, di provenienza pubblica e privata, per stimolare la moda-lità di ricerca collaborativa tra università e imprese, dando cosìvita a vere e proprie “comunità della conoscenza e dell’innova-zione” (Kic)15 di portata europea. Il 23 novembre 2007 il Consi-glio Competitività ha raggiunto un accordo politico sull’Eit e ilsuo finanziamento, a seguito di una risoluzione in merito delParlamento europeo approvata nel settembre 2007. Contestual-mente è stato deliberato un finanziamento per il 2008 pari a 309milioni di euro.

Un’altra importante iniziativa intrapresa a sostegno dellastrategia di Lisbona e, di conseguenza, per la politica della ricer-ca e dell’innovazione è stata quella di legare gli investimenti chegli Stati membri dell’Unione e le loro regioni potranno fare nelquadro della politica di coesione (308 miliardi di euro per i 27Stati membri a cui si devono aggiungere i cofinanziamenti diorigine nazionale e regionale) agli obbiettivi perseguiti dal-l’Unione con la strategia di Lisbona: almeno il 60% della spesadei fondi strutturali nelle Regioni convergenza (quelle il cui Pilè inferiore al 75% del Pil medio comunitario) e almeno il 75%della spesa nelle Regioni competitività regionale e occupazione(tutte le altre che beneficiano dei fondi strutturali) deve essere

Governance 43

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 43

Page 52: Libro verde sull'innovazione

finalizzato a una categoria di spesa prevista nella strategia di Li-sbona: è questo il motivo per cui i fondi strutturali 2007-2013 so-no destinati ad avere un impatto infinitamente maggiore sullapolitica di ricerca e innovazione di quanto non avessero avutonel corso del precedente periodo di programmazione comunita-rio (2000-2006).

Il processo di costituzione del Ser è giunto a una prima fasedi valutazione nel 2007. La Commissione ha pubblicato in data 4aprile 2007 un Libro Verde sul Ser,16 proponendo un bilancio deirisultati ottenuti e una consultazione delle altre istituzioni co-munitarie e degli stakeholder della ricerca e dell’innovazione.Questi ultimi sono invitati a esprimersi sulle misure necessarieper la realizzazione del Ser in maniera da alimentare la riflessio-ne sull’elaborazione di nuove proposte legislative previste per il2008. I ricercatori, i policy makers implicati nella politica dellaricerca e dell’innovazione, nonché qualsiasi altro cittadino inte-ressato sono stati coinvolti in una consultazione pubblica sulSer conclusasi nell’ottobre 2007. I risultati di tale consultazionesaranno utilizzati come spunto di riflessione per il pacchetto le-gislativo per il Ser che la Commissione presenterà nel 2008 alConsiglio e al Parlamento.

Per il fine tuning della politica di creazione dello Spazio eu-ropeo della ricerca la Commissione si è dotata, a partire dal2001,17 di un Comitato consultivo sulla politica europea della ri-cerca, Eurab (European Research Advisory Board). Questo Co-mitato, su richiesta della Commissione o di propria iniziativa,elabora pareri per le istituzioni comunitarie circa le misure perla realizzazione del Ser, nonché sull’orientamento delle prioritàtematiche del programma-quadro. Formato da 45 membri,esponenti del mondo accademico e industriale, Eurab fungeinoltre da punto di raccordo con le rappresentazioni d’interessea livello europeo nella politica della ricerca.

Il VII programma-quadro per la ricerca (2007-2013)

“Il VII programma-quadro non sarà esclusivamente un altroprogramma-quadro. Esso è stato concepito come un contribu-to imprescindibile per la realizzazione della strategia di Lisbo-na e dello Spazio europeo della ricerca e si pone l’ambizioso

44 Governance

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 44

Page 53: Libro verde sull'innovazione

obbiettivo di contribuire a realizzare il mercato interno euro-peo della conoscenza”. Così il commissario alla ricerca Po-tocnik ha salutato l’adozione da parte del Consiglio e del Par-lamento europeo del VII programma-quadro avvenuta il 18 di-cembre 2006.18

Il VII programma-quadro ha una durata di sette anni (anzi-ché di quattro anni come i programmi-quadro precedenti), chelo pone in sintonia con la programmazione comunitaria dei fon-di strutturali (2007-2013), e dispone di una dotazione finanziariadi 50.521 milioni di euro19 (ovvero un aumento di più del 60% ri-spetto alla dotazione di 19.113 milioni di euro del VI program-ma-quadro).

Oltre all’armonizzazione della sua durata con il ciclo di pro-grammazione comunitaria e all’aumento della dotazione finan-ziaria, il VII PQ si differenzia dai precedenti programmi-quadroin particolare per quanto riguarda il suo nuovo ruolo di finan-ziamento della ricerca di base. Il Consiglio ha infatti deciso diestendere il sostegno comunitario anche ai progetti di ricercadi base, presentati da singoli ricercatori o da équipe di ricerca,in tutte le discipline scientifiche e umanistiche. Il processo diselezione dei progetti sarà gestito dall’European ResearchCouncil (Consiglio europeo della ricerca), composto da venti-due eminenti studiosi europei nominati dalla Commissione eu-ropea.20

Le borse di studio offerte dall’Erc si rivolgono a ricercatorijunior (starting grants per proponenti con meno di 10 anni diesperienza di ricerca dopo l’ottenimento del dottorato di ricer-ca) e ricercatori senior e coprono l’interezza dei costi del pro-getto. L’unico criterio di selezione dei progetti di ricerca saràquello dell’eccellenza scientifica. L’obbiettivo dell’Erc è di finan-ziare 1400 starting grants entro il 2013. La cooperazione tran-snazionale rimane la principale modalità di intervento anchenel VII programma-quadro nell’ambito delle dieci aree temati-che individuate dalle istituzioni comunitarie. Esse ricalcano learee d’intervento del VI PQ con l’eccezione della ricerca nel set-tore della sicurezza dei cittadini, introdotta ex novo nel VIIPQ.21 La formazione e la mobilità dei ricercatori europei vengo-no sostenute dal programma specifico People, che raccogliel’eredità delle azioni Marie Curie. Il programma-quadro aumen-

Governance 45

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 45

Page 54: Libro verde sull'innovazione

ta sensibilmente la quota di finanziamento per la partecipazionedelle piccole e medie imprese nell’ambito del programma speci-fico Capacities che sostiene, inoltre, la collaborazione tra Re-gioni e tra distretti, nonché il potenziamento delle infrastruttu-re di ricerca in Europa.

2.3 Meccanismi di governance nazionale

In linea con gli obiettivi della strategia di Lisbona il sistemascientifico nazionale ha visto negli ultimi anni una profonda ri-visitazione dei propri strumenti di intervento. La necessità distabilire un raccordo con la dimensione europea e internaziona-le ha ispirato la predisposizione delle “Linee guida per la politi-ca scientifica e tecnologica” approvate dal consiglio dei ministrie dal Cipe nell’aprile 2002.

Tali linee guida sono state recepite dal Piano nazionale dellaricerca del 2002-2004, che, nel quadro delle azioni coordinatefra Miur (oggi Mur) e Regioni, ha definito le missioni per il siste-ma italiano di ricerca e ha identificato alcuni obiettivi strategici.Tra questi, particolare enfasi è stata dedicata all’adozione di mi-sure per favorire le sinergie tra i diversi attori del sistema e laconcentrazione delle risorse su obiettivi strategici: è in questadirezione che si iscrive il concetto di distretto tecnologico.

I distretti tecnologici vengono, infatti, delineati come un nuo-vo strumento di governance locale delle attività di ricerca ispira-to al raggiungimento di tre obiettivi fondamentali: consentire lacollaborazione delle tre reti del sistema italiano della ricerca,cioè le università, gli enti pubblici di ricerca e le imprese; orien-tare il sostegno pubblico a programmi di ricerca e sviluppo prin-cipalmente verso settori strategici per l’economia e l’industria;consentire di aggregare più imprese attorno a programmi ad al-to contenuto tecnologico e con forti ricadute applicative.

Sia nel decreto legge del 2005 sulla competitività (poi con-vertito in legge, n. 80/2005), sia nel quarto asse del Programmanazionale per la ricerca 2005-2007, viene ribadita la centralitàdei distretti tecnologici quale strumento di policy per favorire ilrecupero di competitività e l’emergere di eccellenze scientifichee tecnologiche attorno a poli territoriali.

46 Governance

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 46

Page 55: Libro verde sull'innovazione

La forte valorizzazione del concetto di distretto tecnologico,definita nei documenti programmatici a livello nazionale sopra-citati, è naturalmente in linea con quelli che sono gli obiettivi egli strumenti proposti a livello europeo.

Tra i diversi strumenti proposti a livello comunitario vi sonoinfatti i cosiddetti poli di innovazione, che sembrano corrispon-dere, anche se solo in parte, al concetto italiano di distretto tec-nologico. Il sostegno allo sviluppo e al potenziamento dei poli diinnovazione avverrà, nella nuova programmazione comunitariaper il periodo 2007-2013, principalmente mediante tre strumen-ti finanziari: Fondi strutturali comunitari, il VII programma-qua-dro comunitario di ricerca e sviluppo tecnologico, che all’inter-no dell’asse Capacity promuove una serie di misure per lo svi-luppo e il rafforzamento di cluster high-tech, e il programmaquadro comunitario per la competitività e l’innovazione.

A partire dal 2002 il Mur ha stipulato protocolli di intesa perla costituzione di 15 distretti tecnologici, mentre un certo nu-mero di ulteriori candidature sono attualmente in fase di defi-nizione.

A fronte di tali processi di riconoscimento, le agende di ri-cerca proposte dai distretti sono state finanziate mediante spe-cifici accordi di programma quadro Governo-Regioni.

Inoltre, le attività dei distretti prevedono l’utilizzo di ulterio-ri risorse finanziarie, definite attraverso la predisposizione dibandi mirati del Mur, per il finanziamento di specifici progetti diricerca proposti dagli attori del distretto. In tale contesto, il so-stegno allo sviluppo e al potenziamento dei distretti tecnologiciavviene, e avverrà, a livello statale, principalmente attraverso iseguenti strumenti finanziari, canalizzati verso di essi dal DLcompetitività del 2005:

• Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investi-menti in ricerca (Legge finanziaria 2005 - art. 1, comma 354legge 30 dicembre 2004, n. 311). Una quota pari ad almeno il30% del nuovo “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese egli investimenti in ricerca” è destinata anche a “favorire larealizzazione o il potenziamento di distretti tecnologici, dasostenere congiuntamente con le Regioni e gli altri enti na-zionali e territoriali”.

Governance 47

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 47

Page 56: Libro verde sull'innovazione

• Fondo aree sottoutilizzate (Legge finanziaria 2003 - art. 61,legge 27 dicembre 2002, n. 289). Il Cipe può riservare unaquota di questo fondo al finanziamento di nuove iniziativeimprenditoriali a elevato contenuto tecnologico nell’ambitodei distretti tecnologici. Tale fondo è stato recentemente im-piegato per due convenzioni siglate tra Mur e Sviluppo Italiaper il sostegno ai distretti tecnologici: la prima prevede lacostituzione di un fondo rotativo di 40 milioni di euro per ilsostegno alla realizzazione di programmi di ricerca da partedi piccole e medie imprese e l’avvio di start-up tecnologici; laseconda ha una copertura finanziaria di 25 milioni di euro eintende promuovere il marketing territoriale per l’attrazionedi investimenti nei distretti tecnologici e nelle filiere high-tech del mezzogiorno.

• Altri strumenti (art. 6, comma 10, della legge 80/2005). Il Ci-pe orienta e coordina strumenti e risorse finanziarie esisten-ti per la realizzazione di progetti di sviluppo dei distretti tec-nologici di intesa con le Regioni interessate, anche facendoricorso alle modalità delle programmazione negoziata (pattiterritoriali, contratti di programma e contratti d’area).

Il riconoscimento dei distretti tecnologici da parte del MURavviene sulla base di alcuni criteri, riportati nella delibera CI-PE 17/2003, che identificano una serie di caratteristiche dei di-stretti tecnologici e che riflettono la necessità di tener contodi alcune criticità per lo sviluppo di questi nuovi sistemi terri-toriali per l’innovazione. In primo luogo viene posta la neces-sità di definire efficaci sistemi di governance, di individuarel’eccellenza scientifica e tecnologica già presente sul territo-rio, di alimentare il processo innovativo lungo la filiera pro-duttiva e, ancora, di aprire il distretto verso le reti internazio-nali di ricerca.

Pur a fronte della presenza di questi criteri generali per lacandidatura a distretto tecnologico, le prime esperienze deidistretti mostrano una elevata eterogeneità sia nei dossier dicandidatura, sia nei modelli di governance proposti. In alcu-ni casi la gestione del distretto è stata affidata a preesistentistrutture regionali, mentre più spesso si è ricorsi alla costitu-zione di società consortili partecipate dai principali stake-

48 Governance

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 48

Page 57: Libro verde sull'innovazione

holder locali pubblici e privati coinvolti nel progetto del di-stretto.

Sebbene le risorse erogate a livello statale siano state indiriz-zate prevalentemente al finanziamento di bandi per progetti diricerca e sviluppo precompetitivo da parte dei soggetti locali, idistretti sono chiamati a una missione che prevede una effetti-va molteplicità di obiettivi.

In questa prospettiva, l’impatto “differenziale” dei distretti ri-spetto a misure tradizionali di supporto alla ricerca è correlatotanto alla capacità di favorire l’emergere di reti di ricerca e in-novazione, quanto alla capacità di erogare servizi complemen-tari e fattori di contesto abilitanti per la generazione di ricaduteindustriali. In questo ambito vanno intese le azioni per il sup-porto alla proprietà intellettuale, per favorire l’accesso al capi-tale di rischio e per il supporto alle pratiche manageriali.

Rispetto all’attuale sviluppo dell’esperienza dei distretti tec-nologici si pone la necessità di affrontare alcune questioni rile-vanti, sia di carattere locale sia a livello di coordinamento na-zionale.

Una prima questione di valenza locale è riferita al rischio disovrapposizione delle attività dei distretti tecnologici rispettoprecedenti misure di carattere generalista già presenti sui terri-tori regionali, in relazione ad attività di trasferimento tecnologi-co, promozione territoriale, sostegno all’imprenditorialità. Pe-raltro una gestione efficace di servizi, quali il supporto alla valo-rizzazione dei diritti di proprietà intellettuale, richiede una mas-sa critica sia di risorse in input sia di utenti finali probabilmen-te non compatibile con le dotazioni dei singoli distretti. In taleprospettiva è auspicabile l’avvio di progetti per la condivisioneinterdistrettuale delle risorse e infrastrutture altamente specia-lizzate nell’erogazione di quei servizi in cui la sussidiarietà geo-grafica non rappresenta un vincolo stringente.

Da un punto di vista di politica nazionale per l’innovazione,sembra porsi invece la questione dell’integrazione delle espe-rienze dei distretti tecnologici rispetto agli indirizzi delineati al-l’interno del DDL 2015, che traccia una strategia di medio perio-do fondata sull’individuazione di grandi assi di sviluppo attornoa progetti chiaramente privi di una connotazione territoriale. Inquesta prospettiva, pur non trascurando la rilevanza geografica

Governance 49

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 49

Page 58: Libro verde sull'innovazione

nei processi di creazione e diffusione di conoscenza innovativa,sembra opportuno definire dei meccanismi di coordinamentoche favoriscano la partecipazione dei distretti a tali progetti dirilevanza nazionale. Le specializzazioni tecnologiche di diversidistretti già attivi garantiscono la possibilità di generare impor-tanti sinergie in questa direzione.

Una delle questioni più rilevanti per lo sviluppo dei distrettitecnologici è quella relativa all’accountability delle attività daessi condotte sul territorio. Sebbene la natura stessa degli inter-venti messi in atto dai distretti implichi obiettive difficoltà nellamisurazione nel breve periodo di ricadute tangibili sulle econo-mie locali, la condivisione di modelli relativamente omogeneiper la valutazione ex post delle misure adottate è un passaggiofondamentale.

L’osservazione della attuale distribuzione geografica dei di-stretti tecnologici mostra una sostanziale distribuzione omoge-nea sulle regioni italiane. In questo senso è importante che i fu-turi processi di candidatura non siano interessati da effetti dicarattere redistributivo rispetto ai singoli governi regionali. Lerisorse dedicate agli attuali e futuri distretti tecnologici dovran-no essere addizionali rispetto ad altre politiche per il sostegnoall’innovazione. In questa prospettiva, all’impiego di risorse fi-nanziarie derivanti da fondi quali il Far potrebbe essere preferi-bile la costituzione di fondi espressamente dedicati a questa ti-pologia di interventi.

Le misure della Finanziaria 2007, con cui nella nuova legisla-tura si è inteso dare nuovo impulso alle attività di sostegno allaricerca e all’innovazione di origine privata, indicano un percor-so nel quale le politiche di natura non sembrano assumere unruolo centrale. In realtà, il finanziamento dei distretti è affidatooggi alle decisioni del tavolo interministeriale costituito tra i di-casteri dello sviluppo economico, dell’università e ricerca e del-l’innovazione, ma non appare prossima la riattivazione di una li-nea di finanziamento esplicita.

Al contrario, la ridefinizione delle politiche di origine nazio-nale si orienta, almeno nella sua costituente fondamentale, auna più stretta adesione alla nozione di piattaforma tecnologicasviluppata in ambito europeo.

In questa direzione si inquadra il finanziamento di 5 progetti

50 Governance

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 50

Page 59: Libro verde sull'innovazione

di innovazione industriale, individuati nell’ambito di altrettantearee tecnologiche: efficienza energetica, mobilità sostenibile,nuove tecnologie della vita, nuove tecnologie per il made in Ita-ly, tecnologie innovative per i beni e le attività culturali, scienzadella vita, tecnologie innovative per il patrimonio culturale. Perl’individuazione dei contenuti di ciascuno dei progetti viene no-minato un responsabile di progetto scelto, in relazione alla com-plessità dei compiti, tra i soggetti in possesso di comprovati re-quisiti di capacità ed esperienza per realizzare gli obiettivi tec-nologici e produttivi da perseguire.

La Finanziaria 2007 ha istituito inoltre il Fondo per la com-petitività, che finanzierà sia i progetti di innovazione industria-le, sia gli interventi di sostegno agevolato alle imprese di com-petenza del ministero dello Sviluppo economico. A questo sco-po sono stanziati 1,1 miliardi di euro nel prossimo triennio. Ilnuovo Fondo, in cui confluiscono tutti gli strumenti di agevola-zione, rivoluziona il meccanismo finora esistente, in base alquale a ogni strumento di agevolazione ha corrisposto una for-ma tecnica di intervento agevolativo. La pubblica amministra-zione potrà così avere a disposizione una sorta di “cassetta de-gli attrezzi” funzionale al raggiungimento dei diversi obiettivi darealizzare. Inoltre, la Finanziaria 2007 ha istituito il Fondo per lafinanza d’impresa, cui destina uno stanziamento pari a 300 mi-lioni di euro nel prossimo triennio. L’intervento mira a facilitarel’accesso al credito, alla finanza e al mercato finanziario da par-te delle piccole imprese e a razionalizzare le modalità di funzio-namento dei fondi pubblici di garanzia e di partecipazione al ca-pitale di rischio.

Grazie a questo nuovo Fondo sarà, dunque, possibile fornireuna sponda certa a quelle operazioni che il sistema bancariometterà in atto, qualora esse abbiano finalità coerenti con gliobiettivi di rafforzamento e riqualificazione del sistema dellepiccole e medie imprese.

Infine, per ciò che attiene alle politiche di respiro regionale,la Finanziaria 2007 ha esteso alle Regioni, che si faranno caricodei relativi oneri per interessi, il Fondo rotativo della Cassa de-positi e prestiti, finalizzato al sostegno alle imprese e agli inve-stimenti in ricerca.

Governance 51

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 51

Page 60: Libro verde sull'innovazione

2.4 Le politiche regionali a sostegno della ricerca edell’innovazione

A partire dalla fine degli anni Novanta le Regioni hanno assun-to un ruolo sempre più significativo nell’ambito delle politichedi promozione dei processi di innovazione e di sostegno alla ri-cerca.

Tale processo di progressiva acquisizione di competenze espazi di intervento è risultato determinato da due dinamiche pa-rallele.

Da un lato, dal vertice di Lisbona in poi, le istituzioni euro-pee, nell’indicare la centralità dell’innovazione, della ricerca edella conoscenza nell’ambito del processo di qualificazione del-l’economia e, più in generale, della società europea, hanno so-prattutto sottolineato ed enfatizzato la dimensione locale e par-tecipativa dei processi di innovazione e alcune decisioni prese alivello europeo hanno senza dubbio favorito le Regioni, identifi-candole come il soggetto più idoneo all’applicazione di politi-che comunitarie.

Dall’altro, le trasformazioni in senso federalista (fiscale e po-litica) dello Stato italiano hanno contribuito all’identificazionedelle Regioni quali tassello chiave per la pianificazione econo-mica, e quindi anche per le politiche per l’innovazione, il trasfe-rimento tecnologico e la ricerca.

La prima significativa attribuzione di competenze alle Regio-ni nell’ambito della politica di sostegno alla ricerca e all’innova-zione si è avuta nel 1998, con il decreto legislativo n. 112 (“Con-ferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alleRegioni e agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15marzo 1997, n. 59”), che ha offerto anche alle Regioni a statutoordinario la possibilità di strutturare il proprio intervento in ma-teria di politica industriale e tecnologica.

Più precisamente, l’art. 19 di tale decreto prevedeva una de-lega alle Regioni per le erogazioni degli incentivi e la verifica dicondizioni e contesti per l’applicazione degli interventi relativialla politica industriale e alla ricerca industriale, materie mante-nute comunque nella competenza statale. Restava, infatti, a li-vello nazionale la formulazione delle politiche e della loro decli-nazione in via fondamentale, lasciando al livello territoriale una

52 Governance

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 52

Page 61: Libro verde sull'innovazione

competenza esecutiva rispetto alle erogazioni o limitata a quel-l’insieme di interventi non rilevanti, ma congruenti, con le politi-che decise a livello nazionale.

Successivamente, tuttavia, un maggior grado di autonomiaregionale viene riconosciuto con la legge n. 340 del 24 novembre2000, dove all’art. 19, c. 1, viene attribuita alle Regioni la possibi-lità di “... modificare ... le disposizioni delle leggi vigenti alla datadi entrata in vigore della presente legge, con riguardo sia allespese ammissibili, sia alla tipologia e alla misura delle agevola-zioni, sia alle modalità della loro concessione ed erogazione”.

Nel 2001, inoltre, con legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre(7), l’autonomia delle Regioni risulta ancora rafforzata alla lucedella riformulazione dell’art. 117 del Titolo V della Costituzione,per il quale la ricerca scientifica e tecnologica e il sostegno al-l’innovazione per i settori produttivi divengono materia concor-rente tra Stato e Regioni; di conseguenza spetta a queste ultime“la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei prin-cipi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”. L’art.117, inoltre, non annovera la legislazione di incentivazione per isettori produttivi tra le materie di competenza esclusiva delloStato o di competenza concorrente, rimandando tale materia al-la diretta competenza regionale.

Infine, nel 2003, la legge nazionale n. 131 chiarisce che “Ledisposizioni normative statali vigenti alla data di entrata in vi-gore della presente legge nelle materie appartenenti alla legi-slazione regionale continuano ad applicarsi, in ciascuna Regio-ne, fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regiona-li in materia”, demandando quindi alle sole Regioni la scelta tramantenersi nell’ambito di quanto stabilito a livello statale opassare a una maggiore caratterizzazione regionale degli inter-venti.

Il processo di acquisizione delle competenze in campo di so-stegno alla ricerca e all’innovazione da parte delle Regioni è sta-to caratterizzato da una estrema variabilità di approcci e meto-dologie, sia nella scelta degli strumenti sia nella definizione de-gli obiettivi.

Secondo una recente analisi di Piccaluga e Primiceri (2005)le cause di tale varietà di comportamenti sono riconducibili adalcuni fattori, tra cui in particolare:

Governance 53

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 53

Page 62: Libro verde sull'innovazione

• la diversità del contesto politico-istituzionale, ma soprattut-to socioeconomico, dal momento che le tradizioni imprendi-toriali e industriali già presenti sul territorio regionale hannofortemente condizionato le scelte a sostegno dell’innovazio-ne e del trasferimento tecnologico, imponendo nella defini-zione di obiettivi di lungo periodo un confronto con le pro-blematiche immediate delle piccole e grandi imprese locali econ la loro capacità di diventare soggetto attivo nella nego-ziazione delle politiche;

• le caratteristiche dei soggetti di riferimento per la pianifica-zione regionale, in particolare di università e i centri di ricer-ca pubblici e privati, i cui punti di forza e di debolezza e lacui capacità di interfacciarsi con il legislatore regionale han-no significativamente condizionato la definizione del pianoregionale per l’innovazione.

Dal punto di vista legislativo, il periodo successivo al 1998 è sta-to caratterizzato in tutte le Regioni da una significativa accele-razione dell’attività normativa e di regolazione in questo ambi-to, anche se ciascuna Regione ha utilizzato strumenti diversi.

Un recente studio sul ruolo delle Regioni nell’economia del-la conoscenza (Cavallaro, 2007) individua 106 leggi regionalisulla ricerca e l’innovazione promulgate a partire dal 1999, pro-ponendone una classificazione per tipologia: in alcuni casi l’in-tervento normativo è consistito in un riordino della legislazionedefinita prima del processo di decentramento – è il caso, adesempio, dell’Abruzzo, che si era dotato di una legislazione spe-cifica nel 1991 –, in altri, invece, si è avuto un recepimento del-la materia “ricerca e innovazione” nell’ambito delle leggi di bi-lancio – è il caso, ad esempio, di Lazio e Lombardia – e di incen-tivazione alle imprese – è il caso, ad esempio, dell’Umbria–, inaltri pochi casi si è scelto di inserire norme relative alla ricercae all’innovazione all’interno di leggi di sviluppo settoriale, o de-dicate alla costituzione di enti o agenzie regionali o emanate perintervenire sulle politiche di sviluppo.

Alcune Regioni, infine, hanno invece scelto di dotarsi di unostrumento legislativo specifico, per il coordinamento organicodi tutte le misure e gli interventi in materia di ricerca, innovazio-ne e trasferimento tecnologico:

54 Governance

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 54

Page 63: Libro verde sull'innovazione

• Basilicata, l.r. 2 gennaio 2003, n. 4, Disciplina delle attività diricerca, sviluppo tecnologico ed innovazione.

• Campania, l.r. 28 marzo 2002, n. 5, Promozione della ricercascientifica in Campania.

• Emilia-Romagna, l.r. 14 maggio 2002, n. 7, Promozione del si-stema regionale delle attività di ricerca industriale, innova-zione e trasferimento tecnologico.

• Piemonte, l.r. 30 gennaio 2006, n. 4, Sistema regionale per laricerca e l’innovazione.

• Friuli Venezia Giulia, l.r. 30 aprile 2003, n. 11, Disciplina ge-nerale in materia di innovazione.

• Liguria, l.r. 16 gennaio 2007, n. 2, Promozione, sviluppo, valo-rizzazione della ricerca, dell’innovazione e delle attività uni-versitarie e di alta formazione.

• Valle D’Aosta, l.r. 7 dicembre 1993, n. 84, Interventi regionaliin favore della ricerca, dello sviluppo e della qualità nel set-tore industriale (successivamente modificata con l.r. 15 no-vembre 2004).

È da sottolineare, comunque, che, in quasi tutti i casi, anche leRegioni che non hanno definito leggi specifiche hanno comun-que individuato piani strategici per il sostegno alla ricerca e al-l’innovazione, che riconducono a una visione sistemica le lineedi intervento in questo ambito (si pensi, ad esempio, al Docu-mento strategico per la ricerca e l’innovazione della RegioneLombardia o al Piano regionale per lo sviluppo dell’innovazionee della società dell’informazione della Regione Lazio).

Anche dal punto di vista della scelta del modello di gover-nance sono stati seguiti modelli e approcci diversi. Nella mag-gior parte dei casi le Regioni hanno scelto di istituire un asses-sorato specifico o di affidare a un assessorato esistente la dele-ga all’innovazione e alla R&S. Tale scelta non è stata seguita sol-tanto da Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Valle D’Aosta e dallaProvincia autonoma di Bolzano.

Anche rispetto alla definizione degli obiettivi e all’individua-zione degli interlocutori si osserva una significativa eterogenei-tà nelle scelte compiute dalle Regioni. In generale, quasi tutte leRegioni hanno ritenuto le imprese loro interlocutrici prioritariee hanno optato per politiche indirizzate alla domanda piuttosto

Governance 55

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 55

Page 64: Libro verde sull'innovazione

che al sostegno all’offerta (in particolare pubblica) o a interven-ti di valorizzazione dei risultati di ricerca attraverso la loro dif-fusione, in primo luogo informativa, presso le imprese. Fannoparzialmente eccezione Calabria, Campania, Molise e Sicilia, incui la strategia di sostegno alla ricerca e all’innovazione risultafortemente focalizzata su misure rivolte al finanziamento dicentri di ricerca e università, al loro potenziamento, ammoder-namento o alla riorganizzazione dell’attività.

In tutte le Regioni, inoltre, con la sola eccezione delle Mar-che, l’obiettivo di incrementare le azioni di finanziamento dellaricerca industriale e pre-competitiva, condotta dalle imprese incooperazione con enti di ricerca e università, viene esplicitatoin almeno una misura.

Il sostegno alla domanda delle imprese viene attuato presso-ché ovunque con la presenza di misure per il finanziamento diservizi per l’innovazione delle imprese, ad esempio servizi per lagestione della proprietà intellettuale o di audit tecnologico.

Anche le tipologie di aiuti sono molteplici: contributi e sov-venzioni a fondo perduto, in conto capitale e interessi, mutuiagevolati, partecipazioni, crediti di imposta, agevolazioni tarif-farie, de minimis. Ovviamente non tutte le normative fanno rife-rimento a tutte le tipologie di aiuti previste. Si può dire che han-no la maggior frequenza i contributi e le sovvenzioni a fondoperduto, in conto capitale e le partecipazioni.

L’eterogeneità fin qui presentata si ritrova naturalmente an-che rispetto ai destinatari degli interventi: università ed entipubblici di ricerca, imprese, consorzi o associazioni di enti pub-blici e privati, distretti industriali, parchi scientifici e tecnologi-ci, fondazioni, società di servizi, fino ai fondi chiusi o ai consor-zi di garanzia fidi e ai giovani.

Quasi tutte le Regioni, infine, hanno riservato al tema dellaselezione e della valutazione un’attenzione particolare, preve-dendo la costituzione di comitati, la cui composizione, durata,dimensione, funzione o il cui collocamento si diversifica quasiin ogni Regione: si trovano infatti comitati o consulte per l’inno-vazione, comitati tecnici, comitati scientifici e comitati di esper-ti. La loro funzione va dalla garanzia del processo e della rispon-denza con la programmazione, a quella consultiva fino a quelladi valutazione dei singoli progetti, dei loro risultati, dell’effica-

56 Governance

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 56

Page 65: Libro verde sull'innovazione

cia degli interventi. La loro composizione può essere di espertidelle varie materie, di rappresentanze delle parti sociali e istitu-zioni coinvolte, con durate pluriennali definite o legate alle legi-slature regionali.

2.5 Conclusioni

Lo scenario delineato nelle sezioni precedenti evidenzia chiara-mente quali e quanti siano stati i cambiamenti nei ruoli e nelmix di strumenti presenti a livelli diversi e con una variabile di-stribuzione geografica per sostenere direttamente o indiretta-mente la domanda e l’offerta di ricerca e innovazione. Questocambiamento è principalmente dovuto a un allargamento deisoggetti chiamati a intervenire su questi ambiti e anche all’am-pliamento delle competenze usualmente attribuite agli stessisoggetti.

Se, dunque, è di per sé difficile verificare puntualmente l’ef-ficacia delle politiche pubbliche di sostegno alla ricerca e all’in-novazione, tale difficoltà risulta ulteriormente amplificata dal-l’interazione tra questi diversi strumenti e soggetti. In chiave po-sitiva, questo significa che le interazioni e i possibili effetti mol-tiplicatori devono essere oggetto di esplicita attenzione. In chia-ve negativa e forse più realistica, si corre il rischio concreto diun cosiddetto effetto “crowding out”, con un eccesso di stru-menti che si concentrano essenzialmente sugli stessi ambiti.

Il tema del coordinamento tra i diversi livelli istituzionaliemerge dunque in chiave di governance come un elemento diattenzione primario, ancor più che non i singoli strumenti o i di-versi tipi di approccio al problema. Questo snodo istituzionaledeve e può essere affrontato in modi radicalmente differenti nelrapporto tra Stato e Unione europea piuttosto che nel rapportoStato-Regioni. Questo ultimo passaggio, in particolare, rivestegrande delicatezza a valle di alcuni anni di sostanziale immobi-lismo a livello nazionale e un notevole dinamismo nelle Regionidel paese che più pesano in termini di input e output del proces-so di ricerca e innovazione.

Governance 57

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 57

Page 66: Libro verde sull'innovazione

Note1 Le competenze esclusive dell’Unione europea, ovvero gli ambiti nei qualil’Unione agisce sola in nome degli Stati membri (cha hanno acconsentito a unatotale perdita di sovranità) sono: la politica di concorrenza nei suoi aspetti es-senziali per il funzionamento del mercato unico, la politica monetaria, la politicacommerciale comune e la protezione delle risorse derivanti dalla pesca.2 Le principali competenze concorrenti dell’Unione europea riguardano i seguen-ti ambiti: agricoltura, ambiente, coesione economica e sociale, mercato unico, pe-sca, protezione dei consumatori, trasporti, energia e giustizia e affari interni. 3 Ex ministro degli Affari esteri della Slovenia, responsabile del negoziato diadesione della Slovenia all’Unione, avvenuta il 1° maggio 2004.4 Comunicazione della Commissione COM (2000) 6 del 18 gennaio 2000, “Versouno Spazio Europeo della Ricerca”.5 SEC (2007) 412.6 La Comunicazione COM (2000) 6 si fonda sui dati forniti da Eurostat per l’an-no 1998.7 Si contano, a oggi (maggio 2007), 31 Piattaforme tecnologiche europee: Advan-ced Engineering Materials and Technologies (EuMaT), Advisory Council for Ae-ronautics Research in Europe (ACARE), Embedded Computing Systems (ARTE-MIS), European Construction Technology Platform (ECTP), European Nanoe-lectronics Initiative Advisory Council (ENIAC), European Rail Research Adviso-ry Council (ERRAC), European Road Transport Research Advisory Council (ER-TRAC), European Space Technology Platform (ESTP), European Steel Techno-logy Platform (ESTEP), European Technology Platform on Smart Systems Inte-gration (EPoSS), Food for Life (Food), Forest based sector Technology Platform(Forestry), Future Manufacturing Technologies (MANUFUTURE), Future Texti-les and Clothing (FTC), Global Animal Health (GAH), Hydrogen and Fuel CellPlatform (HFP), Industrial Safety (ETP), IndustrialSafety, Innovative Medicinesfor Europe (IME), Integral Satcom Initiative (ISI), Mobile and Wireless Commu-nications (eMobility), Nanotechnologies for Medical Applications (NanoMedici-ne), Networked and Electronic Media (NEM), Networked European Softwareand Services Initiative (NESSI), Photonics21 (Photonics), Photovoltaics (Photo-voltaics), Plants for the Future (Plants), Robotics (EUROP), Sustainable Chemi-stry (SusChem), Water Supply and Sanitation Technology Platform (WSSTP),Waterborne ETP (Waterborne), Zero Emission Fossil Fuel Power Plants (ZEP). 8 Il dato è stabile anche nel 2006: 1,9%.9 Acronimo dal nome inglese del programma: Competitiveness and InnovationProgramme, istituito dalla decisione 1639/2006 del 24 ottobre 2006 per una dura-ta di sette anni (2007-2013).10 COM (2006) 502 del 13 settembre 2006.11 GUUE 323 del 30 dicembre 2006, p.1.12 COM (2006) 728 del 22 novembre 2006.13 COM (2007) 165 del 4 aprile 2007.14 COD (2006) 197.

58 Governance

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 58

Page 67: Libro verde sull'innovazione

15 Knowledge and Innovation Communities, nella più corrente traduzione inglese.16 COM (2007) 161, Lo Spazio Europeo della Ricerca: nuove prospettive.17 Decisione 531/2001 del 16 giugno 2001.18 Decisione 1639/2006.19 La Commissione nella sua proposta iniziale del 6 aprile 2005 aveva propostouna dotazione di 67.082 milioni di euro. Il Consiglio ha però deciso di diminuiretale dotazione nel corso dell’iter legislativo anche a seguito dell’accordo sulleProspettive finanziarie dell’Unione europea raggiunto faticosamente nel dicem-bre 2005. 20 L’Erc conta due membri di nazionalità italiana: Salvatore Settis, direttore dellaScuola Normale Superiore di Pisa, e Claudio Bordignon, professore di Ematolo-gia e direttore scientifico dell’Istituto San Raffaele di Milano.21 I dieci temi di ricerca del programma specifico Cooperation di ricerca collabo-rativa transnazionale sono: Information and Communication technologies (euro9.1 bn), Health (euro 6 bn), Transport (including Aeronautics) (euro 4.1 bn), Na-noproduction (euro 3.5 bn), Energy (euro 2.3 bn), Food, agriculture and biote-chnology (euro 1.9 bn), Environment (including climate change) (euro 1.8 bn),Security (euro 1.4 bn), Space (euro 1.3 bn), Socio-economic sciences and the hu-manities (euro 0.6 bn).

Governance 59

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 59

Page 68: Libro verde sull'innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 60

Page 69: Libro verde sull'innovazione

3. Università e ricerca

di Carmelo Mazza, Paolo Quattrone e Angelo Riccaboni

3.1 Introduzione

Il ruolo e le funzioni delle università sono oggetto di un intensodibattito a livello internazionale da diverso tempo, che sottoli-nea l’inattualità di molte soluzioni storicamente caratterizzantimolti paesi tra i quali l’Italia. Senza limitare in alcun modo lafunzione e gli aspetti fondativi delle istituzioni universitarie le-gate all’avanzamento dei saperi e alla formazione avanzata, silamenta da più parti un distacco crescente tra il mondo accade-mico e la società “reale”, particolarmente critico alla luce del-l’evoluzione dello scenario economico e sociale a livello inter-nazionale.

Anche non volendo caricare sulle spalle delle università ec-cessive responsabilità e tralasciando di considerare tutti gli al-tri attori ugualmente coinvolti, come imprese, amministrazionipubbliche, sistema politico, diviene sempre più evidente comeil sistema necessiti di un radicale rinnovamento, al fine di forni-re risposte adeguate alle domande che arrivano dalla societàcontemporanea.

Questo capitolo è quindi dedicato a un approfondimentodella situazione specifica della realtà italiana, attraverso un’at-tenta disamina di elementi puntuali e di processo, finalizzata asintetizzare le decisioni non più rinviabili di intervento lungo di-rezioni che consentano un effettivo allineamento della realtàitaliana alle sfide poste dalla competizione internazionale.

Non v’è dubbio che la situazione attuale nel paese abbia cau-se complesse, e che sia caratterizzata da differenze e asimme-trie rilevanti che devono esser considerate con attenzione per

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 61

Page 70: Libro verde sull'innovazione

sostenere e accompagnare con efficacia il necessario processodi cambiamento.

In questo capitolo verranno presentati alcuni punti essenzia-li, come la necessità di elaborare appropriati strumenti di valu-tazione nell’allocazione delle risorse e l’avvio di cambiamentinei modelli di governance, per i quali è indispensabile interveni-re senza indugi.

3.2 Lo scenario attuale

L’università si è da sempre caratterizzata come Universitas Stu-diorum, comunità dedicata sia alla definizione dei contenuti edei confini delle conoscenze, sia alla trasmissione di queste ul-time. Oltre che per le tipiche funzioni di produzione e trasmis-sione del sapere, l’università si qualifica per essere al centro diun’intensa rete di relazioni con molteplici settori della società edell’economia. Essa rappresenta, infine, anche in Italia, la prin-cipale istituzione responsabile della formazione e della selezio-ne della classe dirigente. Tali tradizionali funzioni dell’istituzio-ne università oggi si confrontano con un contesto profonda-mente mutato.

Le università fanno parte di un sistema di organizzazione delsapere che è diventato globale, all’interno del quale stannoemergendo nuovi standard di riferimento per definire ciò checonta come buona ricerca e didattica. Meccanismi “oggettivi” divalutazione si stanno diffondendo in tutti i paesi: la “occupabili-tà” degli studenti “prodotti” costituisce un criterio essenziale dianalisi della validità dei percorsi formativi; i corsi di studio e leattività amministrative tendono ad applicare metodologie diprogrammazione, gestione e controllo mutuate dalle organizza-zioni private; la capacità di attrazione di studenti e studiosi pro-venienti da altri paesi viene considerato un importante parame-tro di giudizio. L’affermazione di criteri condivisi per valutare laqualità della ricerca e, sebbene in misura minore, della didatticastimola e favorisce un’esplicita competizione tra atenei a livellonazionale e internazionale. Tale confronto viene favorito, natu-ralmente, anche dalla crescente scarsità di risorse a disposizio-ne dell’alta formazione, dalla crescente autonomia degli atenei,

62 Università e ricerca

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 62

Page 71: Libro verde sull'innovazione

dalla definizione dei primi esercizi di valutazione nazionale (dicui esempi recenti nel nostro paese sono la Valutazione trienna-le della ricerca, Vtr, 2001-2003 a cura del Comitato d’indirizzoper la valutazione della ricerca, Civr e il recente progetto di co-stituzione dell’Agenzia nazionale di valutazione dell’università edella ricerca) e dagli effetti della riduzione demografica.

Anche per quanto riguarda la formazione della classe diri-gente, la prospettiva di analisi è generalmente cambiata, inquanto il contributo alla creazione dell’élite è misurato semprepiù spesso con riferimento alla produzione della classe impren-ditoriale o manageriale piuttosto che della comunità scientificao intellettuale. La crisi dei tradizionali modelli di produzione ca-pitalistica e l’affermazione dell’economia della conoscenza,inoltre, portano sempre più spesso l’opinione pubblica, la clas-se politica e gli imprenditori a chiedere all’università di fornireun importante contributo al recupero di competitività del pae-se. Questo giustifica, fra l’altro, le forti pressioni nei confrontidegli atenei ad aprirsi agli interlocutori esterni anche per co-de-lineare le strategie della ricerca e dell’offerta formativa. La stes-sa legittimazione sociale dell’università sembra a volte legata al-la capacità di fornire un apporto positivo al benessere economi-co delle nostre comunità.

In sintesi, in tutto il mondo i criteri che legittimano l’univer-sità come attore centrale nella definizione e trasmissione del sa-pere contemporaneo stanno modificandosi. Il valore delle uni-versità è sempre più basato sul rispetto di criteri riconosciuti alivello internazionale (meritocrazia su basi “globali”), sull’attra-zione di risorse umane di diversa estrazione, formazione e pro-venienza (multiculturalità) e sul contributo al miglioramentodelle condizioni economiche e sociali del paese. In tale conte-sto, da molti segnali emerge come sia i governi nazionali e so-pranazionali sia l’opinione pubblica pongano sempre più spessoalla base della reputazione dei singoli ricercatori e delle lorostrutture la qualità dei risultati di ricerca, avendo preferibilmen-te riguardo alle ricadute in termini applicativi, anche per con-sentire quel miglioramento di produttività (e di benessere socia-le: basti pensare al caso della sanità) oggi atteso dall’istituzioneuniversitaria.

Per comprenderne meglio la portata nel nostro contesto è

Università e ricerca 63

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 63

Page 72: Libro verde sull'innovazione

64 Università e ricerca

opportuno, però, ricordare alcuni tratti del sistema italiano del-la ricerca e di come questo si posizioni nel contesto globale pri-ma accennato.

Molteplici sono le analisi che evidenziano come la spesa to-tale in ricerca e sviluppo sia in Italia chiaramente al di sotto diquanto rilevabile nelle altre principali economie (a tal proposi-to si rimanda alla figura 1.3 che confronta l’evoluzione dellaspesa in R&S rispetto al Pil nei maggiori paesi dell’Unione euro-pea tra il 1990 e il 2005).

Al di là dell’importo totale, ciò che differisce rispetto ad altresituazioni è la preponderanza dell’intervento pubblico (si vedafigura 1.5 e figura 1.6).

Probabilmente la ricerca effettivamente condotta dalle im-prese italiane è sottostimata per le modalità di rilevazione deidati di questo genere di analisi, che tendono a non considerarela ricerca realizzata dalle Pmi. In effetti, i dati rappresentati nel-la figura 3.1, inerenti alle caratteristiche del sistema della ricer-ca privata italiana, evidenziano una forte concentrazione delleattività di R&S nel segmento delle grandi imprese. Nel 2003 leimprese con almeno 500 addetti sostengono infatti il 72,7% dellaspesa per R&S del settore, mentre il contributo delle piccole im-prese (sotto i 50 addetti) rimane limitato (5,1%).

A prescindere dalle difficoltà nella stessa definizione di atti-

Figura 3.1 Spesa per R&S intra-moenia delle imprese per classe di addetti in per-centuale del totale spese in R&S delle imprese, 2003

5,1 3,48,5 10,2

15,3

57,5

0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

1-49 addetti 50-99 addetti 100-249addetti

250-499addetti

500-999addetti

1000 e oltreaddetti

Fonte: Ricerca e sviluppo in Italia, ISTAT (2006).

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 64

Page 73: Libro verde sull'innovazione

Università e ricerca 65

vità di ricerca, in ogni caso, è inevitabile che in un paese carat-terizzato dalle imprese di piccole e piccolissime dimensioni ilprincipale protagonista della ricerca, e in particolare di quella dibase, non possa che essere l’operatore pubblico e l’università inprimis. Questa considerazione, condivisa da molti osservatori,dovrebbe rendere più consapevoli i decisori pubblici della par-ticolare criticità che nel nostro paese assume la spesa per l’uni-versità. Essa, allo stesso tempo, dovrebbe fornire ulteriori sti-moli agli atenei a svolgere al meglio la funzione di relazione conil territorio.

Gli entusiasmi nei confronti dell’impegno pubblico nei con-fronti dell’università sono però spesso raffreddati dalle rilevazio-ni in merito alla performance competitiva complessiva degli ate-nei in termini di ricerca. I dati che emergono da molte misurazio-ni, infatti, non appaiono incoraggianti, come quelli relativi albrain drain degli accademici, quelli connessi al rapporto tra stu-denti italiani che scelgono di andare all’estero (tabella 3.1) e stu-denti stranieri che vengono in Italia (figura 3.2) e quelli inerential numero di studiosi italiani all’estero disponibili a rientrare.

Anche il numero di pubblicazioni scientifiche appare sotto lamedia europea (a tal proposito si rimanda alla figura 1.21).

Allo stesso tempo, però, molteplici analisi dimostrano che laproduttività italiana rispetto alle (scarse) risorse (perlopiù pub-bliche) impiegate è una fra le più alte al mondo. Ad esempio, co-sì come dimostrato dai dati raccolti in tabella 3.2, il nostro pae-se si colloca fra i primi posti per numero medio di papers per ri-cercatore.

Probabilmente, come accade per altri settori nel nostro pae-se, anche con riferimento alle performance di ricerca non esisteuna omogeneità di situazioni. La stessa Vtr 2001-2003, del resto,evidenzia come ci siano settori caratterizzati da un elevato livel-lo di internazionalizzazione e altri molto meno aperti e che leperformance degli atenei dipendono anche dalla loro colloca-zione geografica. Come al solito, l’Italia è un paese a macchia dileopardo, dove si trovano aree scientifiche e atenei esposti almiglior confronto internazionale e allo stesso tempo situazionidi elevato degrado, anche etico.

Il mondo accademico ha lamentato in passato come l’univer-sità e la ricerca non costituissero una priorità nell’agenda politi-

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 65

Page 74: Libro verde sull'innovazione

Tabella 3.1 I paesi con il maggior numero di laureati e dottorati emigrati all’estero:percentuale dei laureati e dottorati emigrati in altri paesi Ocsesul totale dei residenti in possesso di laurea o dottorato in ciascun paese (dati anno 2000)

Fonte: OCSE (2006), OECD Factbook.

Paesi% Laureati e dottorati emigrati

in altri paesi Ocse

1 Irlanda 26,1

2 Nuova Zelanda 24,4

3 Repubblica Slovacca 16,0

4 Lussemburgo 15,4

5 Regno Unito 14,9

6 Austria 13,8

7 Portogallo 11,9

8 Svizzera 10,8

9 Polonia 10,2

10 Ungheria 9,7

11 Grecia 9,4

12 Paesi Bassi 8,9

13 OCSE 8,8

Repubblica Ceca

14 GermaniaDanimarca Italia

7,3

17 Messico 6,9

18 Finlandia 6,8

19 Belgio 6,4

20 Canada 5,4

Svezia

22 Turchia 4,9

Norvegia

24 Francia 4,4

25 Austria 2,4

26 Spagna 2,3

27 Corea 1,4

28 Giappone 1,1

29 Stati Uniti 0,7

66 Università e ricerca

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 66

Page 75: Libro verde sull'innovazione

Figu

ra 3

.2St

uden

ti di

dot

tora

to s

trani

eri n

ei p

rinci

pali

paes

i del

mon

do, i

n te

rmin

ipe

rcen

tual

i sul

tota

le d

ei d

otto

rand

i isc

ritti

e in

term

ini a

ssol

uti

Sviz

zera

Regn

oUn

ito

Belg

io

Stat

i Uni

ti

Aust

ralia

Svez

ia

Dan

imar

ca

Cana

da

Nor

vegi

a

Aust

ria

Isla

nda

Spag

na

Nuo

va Z

elan

da

Repu

bblic

a Ce

ca

Port

ogal

lo

Finl

andi

a

Turc

hia

Repu

bblic

a Sl

ovac

ca

Mes

sico

Italia

Stat

i Uni

ti

Regn

oUn

ito

Spag

na

Aust

ralia

Sviz

zera

Cana

da

Svez

ia

Aust

ria

Belg

io

Finl

andi

a

Repu

bblic

a Ce

ca

Port

ogal

lo

Nor

vegi

a

Dan

imar

ca

Turc

hia

Nuo

va Z

elan

da

Italia

Repu

bblic

a Sl

ovac

ca

Mes

sico

Isla

nda

Perc

entu

ale

sul t

otal

e de

i dot

tora

ndi,

2001

Num

ero

tota

le p

er p

aese

, 200

1

78,8

84

26,1

83

025

0050

0075

0010

.000

40 %50

2010

0

Font

e: O

ECD,

Edu

catio

n da

taba

se, n

ovem

bre

2003

.

Università e ricerca 67

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 67

Page 76: Libro verde sull'innovazione

ca nazionale. I programmi politici delle due coalizioni in occasio-ne dell’ultima campagna elettorale, prima che il fisco rubasse lascena a qualunque altro tema, avevano dato speranze per un ri-torno a un interesse della politica sulla valenza di bene pubblicodell’università e della conoscenza, anche per l’attenzione degliopinion leader e dei mass media circa il ruolo della ricerca a so-stegno di una declinante competitività delle imprese italiane.

Era auspicio diffuso, pertanto, che il governo agisse su stru-menti in grado di garantire merito e rispetto di standard inter-nazionali, richiesti da tutti a gran voce come le leve fondamen-tali per ricominciare a legittimare l’istituzione universitaria. Inquesto quadro, il progetto di costituzione dell’Agenzia naziona-le per la valutazione dell’università e della ricerca costituisceun’innovazione che potrebbe permettere finalmente di avereun organismo in grado di promuovere il rispetto di standard in-ternazionali in tutte le aree disciplinari, anche quelle più resi-

Paesi Media papers per ricercatore

1 Svizzera 2,75

2 Italia 2,47

3 Paesi Bassi 2,26

4 Regno Unito 2,23

5 Svezia 1,66

6 Belgio 1,65

7 AustriaIrlanda

1,56

8 DanimarcaCanada

1,55

9 Australia 1,51

10 Norvegia 1,29

11 Francia 1,28

12 Germania 1,24

13 Islanda 0,99

14 Stati Uniti 0,98

Tabella 3.2 I paesi con i ricercatori più produttivi

Fonte: CRUI (2006), Elaborazione su dati ISI riferiti al quinquennio 2000-2004.

68 Università e ricerca

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 68

Page 77: Libro verde sull'innovazione

stenti alla competizione globale propria ormai di tutta la ricer-ca scientifica.

Essa potrebbe costituire uno strumento adatto per differen-ziare nettamente le strutture universitarie nelle quali si fa ricer-ca collaborando con centri di eccellenza esteri e pubblicandosu riviste dopo rigidi blind-referee review, da quelle in cui le ri-cerche si pubblicano sulle riviste di casa su segnalazione del do-cente di riferimento. E se anche la blind-referee review non fos-se, come succede in alcuni casi, uno strumento perfetto, essa si-curamente costituisce un pilastro fondamentale nel riconosci-mento del valore della ricerca.

Al contempo, le innovazioni previste nei criteri di selezionedel corpo docente, che mirano a svincolare le procedure daimeccanismi di cooptazione locale e a renderle competitive e ba-sate sui risultati scientifici conseguiti, sembrano muovere versola direzione di recuperare la dimensione del merito e della qua-lità nell’attività delle università. Se a ciò si aggiungessero misu-re in grado di fornire un adeguato riconoscimento in termini dirisorse a disposizione, di livelli retributivi e di prospettive dicarriera, allora si potrebbe avviare un auspicabile circuito vir-tuoso nel processo di produzione della conoscenza.

Un altro aspetto che caratterizza il nostro sistema della ri-cerca è quello della presenza di eccessive forme e canali di fi-nanziamento, che porta a supportare economicamente moltiprogetti, ma ciascuno con somme inadeguate, invece di privile-giare le proposte veramente di qualità. Questo modello, inoltre,non fornisce i necessari incentivi a una più che auspicabile ag-gregazione dei ricercatori e delle loro strutture. La costituzionedi un fondo unificato (il First) rappresenta un primo passo nelladirezione della razionalizzazione e dell’accentramento dei fi-nanziamenti della ricerca, che risulterà vano se non sarà dotatodi risorse adeguate e se si ricade nella logica della parcellizza-zione dei finanziamenti: il First deve razionalizzare e sistematiz-zare, non riprodurre logiche di finanziamenti a pioggia. Un ruo-lo importante, in tal senso, potrà essere svolto dall’Anvur, pur-ché, naturalmente, i criteri per tali assegnazioni siano veramen-te trasparenti, meritocratici e comunicati tempestivamente.

D’altra parte, però, preoccupano i ritardi a oggi rilevabili nelcollegare i risultati della Vtr 2001-2003 con i finanziamenti alla

Università e ricerca 69

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 69

Page 78: Libro verde sull'innovazione

70 Università e ricerca

ricerca. Così come criticabile appare l’intenzione del governo diprevedere che la nuova Valutazione triennale della ricerca siasvolta da parte della costituenda Anvur, che sarà impegnatacontemporaneamente su più fronti assai pesanti; questo, infatti,porterà probabilmente a un inopinato rinvio del nuovo eserciziovalutativo e in ogni caso causerà la perdita di quella focalizza-zione che aveva permesso al Civr di riuscire a fare in pochi me-si quello che nessuno in questo paese aveva nemmeno progetta-to, ovvero valutare tutte le strutture di ricerca italiane.

In termini di avvertenze, occorre fare attenzione ai criteriper individuare i componenti dell’Agenzia. Al timone di un orga-nismo così importante vi devono essere persone di alta qualifi-cazione, che conoscano il mondo della ricerca e della didatticae facciano da “garanti” con l’Accademia della coerenza dei mec-canismi adottati con le migliori pratiche internazionali, nonchédella correttezza e trasparenza delle procedure.

Tali soggetti possono essere rinvenuti certamente anche fuo-ri dalle università, in alcuni centri di ricerca e imprese. Attenzio-ne va posta, invece, ad aprire la porta ai consulenti o alla richie-sta ai componenti accademici di “lasciare” l’università per unlungo periodo, criterio che porterebbe all’esclusione di chi vuo-le restare attivo nella ricerca e nella didattica. L’esperienza delCivr dimostra che l’università italiana è in grado di fornire lecompetenze e la passione necessarie per valutare e valutarsisenza snaturare la propria carriera, purché vi sia una leadershipmotivata e capace. Un mix fra diverse tipologie di competenze(accademici di alto standing, esperti di valutazione - accademicie di provenienza amministrativa-, rappresentanti di imprese chenella ricerca e nella formazione possiedono elevata reputazio-ne) costituirebbe probabilmente la miglior soluzione.

3.3 Effetti dei cambiamenti in corso in tema di ricerca

La crescente attenzione rivolta dalle istituzioni e dagli opinionleader verso la ricerca e la diffusione di criteri “globali” per lasua valutazione (Impact Factor, Journal Rankings internazionaliecc.) possono certamente contribuire a un maggior grado di in-ternazionalizzazione degli studi e al consolidamento dell’unita-

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 70

Page 79: Libro verde sull'innovazione

rietà della comunità scientifica all’interno della quale operare ilconfronto delle idee. Gli stessi risultati della Vtr 2001-2003 evi-denziano come in molte aree scientifiche il contributo dei ricer-catori italiani al dibattito internazionale sia non di rado di sicurorilievo, anche se con inevitabili differenze fra atenei.

Il rafforzamento di tale apertura può certamente consentireun innalzamento dei livelli qualitativi della ricerca italiana. Allostesso tempo, però, esso può indurre alcune “tensioni”, sintetiz-zabili in tre tipologie, rappresentate nella figura 3.3:

1. Tensione fra didattica e ricerca. La forte enfasi sulla ricer-ca può causare una minor attenzione nei confronti delle al-tre attività istituzionali, e in primis la didattica, nonché ver-so la partecipazione alle attività amministrative di ateneo e aquelle di natura “sociale”.

2. Tensione fra “ricerca globale” e “ricerca locale”. La consa-pevolezza che il parametro di successo accademico è rap-presentato sempre più spesso dai risultati della ricerca valu-

Figura 3.3 Le tre tensioni dell’università e i relativi rischi

Opinione pubblica

Studenti/Famiglie Attori locali/ImpreseGoverno

Supporto acompetitività

Valutazione

della ricerca

Stimolo alla ricercacon ricadute locali

Ricerca applicataDidattica di qualità

Criteri “globali ”

Tradizioni di ricerca nazionali

Visibilità ad aree ecompetitors internazionali

Focus su ricerca efficiente

Appiattimento su linee diricerca “mainstream”

Tensione fra ricercaglobale ed esigenze locali

Rischi

Università e ricerca 71

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 71

Page 80: Libro verde sull'innovazione

tata secondo criteri “globali”, inevitabilmente induce i ricer-catori a definire strategie di ricerca coerenti con tale impo-stazione. Ciò può influenzare il comportamento degli studio-si, che possono essere orientati a seguire linee di studio as-sai omogenee fra loro, tipicamente quelle ritenute più effi-cienti o premiate dalle riviste più qualificate, inducendo cosìun pericoloso appiattimento sulla ricerca di tipo “mainstre-am”. Si potrebbe verificare, inoltre, la perdita di alcune pro-spettive di analisi e di veicoli di pubblicazione (come gli ap-profondimenti di tipo monofigura o le pubblicazioni in italia-no) che, se vengono opportunamente garantiti i necessari re-quisiti di qualità, possono consentire di sviluppare nuove li-nee di studio, specialmente nell’ambito delle scienze sociali.

3. Tensione fra “ricerca globale” ed “esigenze locali”. Il fortefocus a pubblicare sulle riviste internazionali porta inevita-bilmente ad assumere scelte diverse da quelle necessarie perrispondere alle esigenze delle imprese e della società civile.Quanto pubblicato sulle migliori riviste, infatti, difficilmentesi basa su dati o esperienze locali. Più in generale, pubblica-re su riviste internazionali implica seguire un dibattito e par-tecipare a un confronto scientifico, attività che mal si conci-liano con la possibilità di rispondere alle esigenze degli atto-ri locali.

Tali “tensioni”, insieme ad alcune indubbie difficoltà relazionaliche ancora permangono, inducono nelle università alcune diffi-coltà nel “rispondere” adeguatamente alle esigenze locali. Co-me conseguenza di tali questioni e delle caratteristiche dei mec-canismi di definizione della conoscenza contemporanea, anchealtri attori partecipano oggi attivamente alla definizione del sa-pere e assumono a volte posizioni centrali e più influenti nellarete di relazioni che l’università ha tradizionalmente contribui-to a tessere.

È così che media, società di consulenza, nuove istituzioni for-mative e corporate universities stanno sempre più spesso occu-pando spazi che l’istituzione università non riesce a presidiare.

A partire dai primi anni Novanta le università italiane si sonosicuramente aperte nei confronti del territorio, anche mediantela messa in atto di soluzioni innovative. Molti atenei si sono dota-

72 Università e ricerca

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 72

Page 81: Libro verde sull'innovazione

ti di specifiche strutture, gli Industrial Liaison Office, intorno allequali hanno organizzato le proprie attività di trasferimento tecno-logico verso il sistema delle imprese, in modo da assicurareun’adeguata interazione tra domanda e offerta di conoscenze tra-sferibili. Secondo Chiesa e Piccaluga (2000), grazie a queste strut-ture si è assistito a un incremento “dei legami tra scienza e tecno-logia, che ha fatto sorgere diversi meccanismi di interazione ecollegamento tra organismi di ricerca e realtà produttive manifat-turiere e di servizi, con crescente attenzione ai processi di trasfe-rimento e sfruttamento dei risultati della ricerca scientifica”.

Per rendere omogenei principi e criteri cui ispirare le azioniin materia di trasferimento tecnologico, tali strutture hanno co-stituto nel 2001 un network per la valorizzazione della ricercauniversitaria, Netval. Tale rete oggi annovera 49 partecipanti,che rappresentano il 64,9% degli atenei, il 76,9% degli studenti eil 79,5% dei docenti sul totale nazionale. I compiti istituzionali diNetval possono essere riassunti nel modo seguente:

• messa punto di “best practices”, quale insieme di principi,criteri, strumenti e processi omogenei cui informare i singo-li progetti posti in essere dalle università nel settore di riferi-mento;

• definizione di modelli valutativi del potenziale innovativodi idee brevettabili, delle strategie di protezione legale dellestesse, nonché del relativo valore di mercato e del loro im-patto;

• valorizzazione dei risultati delle ricerche in termini im-prenditoriali, favorendo l’attrazione di investimenti nei set-tori innovativi, la creazione di spin-off e la promozione di in-vestimenti e di partecipazioni al capitale di rischio di impre-se high-tech.

Relativamente alle politiche per il trasferimento tecnologico, aconclusione di un’indagine condotta su un campione di 50 uni-versità italiane (Piccaluga, 2006), è emerso che quelle maggior-mente adottate sono rappresentate dalla protezione della pro-prietà delle invenzioni (indicate nell’83% dei casi), dalla creazio-ne di imprese spin-off (80,9% dei casi), dalle collaborazioni conl’industria e da ricerche a contratto (57,4% dei casi).

Università e ricerca 73

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 73

Page 82: Libro verde sull'innovazione

Per quanto riguarda la spesa per la protezione della proprie-tà intellettuale, con riferimento alle 32 università rispondenti al-l’indagine, nel 2005 è risultata di poco inferiore agli 1,4 milionidi euro, con un importo medio di circa 44.000 euro per ateneo,mentre nello stesso anno si contavano 55 contratti di cessionedi brevetti. Dal punto di vista quantitativo, il numero di brevettio domande di brevetto in cui istituzioni accademiche italianecompaiono come titolare è cresciuto sostanzialmente nel corsodegli ultimi anni, dimostrando una vivace attenzione per la pro-tezione della proprietà intellettuale (Baldini et al., 2006). Secon-do i dati più recenti (project iRis , 2006), a livello italiano si èpassati da 35 domande presentate all’Uibm nel 1996 a 181 nel2006, mentre i dati riguardo la brevettazione presso uffici esteri(Epo, Uspto) presentano situazioni analoghe con 15 brevet-ti/estensioni nel 1996 e 232 nel 2006.

Col termine di “spin-off accademici”, s’intendono comune-mente imprese operanti in settori high-tech, costituite da alme-no un professore/ricercatore universitario o da un dottorando/contrattista/studente che abbia effettuato attività di ricerca plu-riennale su un tema oggetto della creazione d’impresa. A oggine risultano attivi 454 con un tasso di sopravvivenza superioreal 97% (Piccaluga e Balderi, 2006).). Per quanto attiene la lorolocalizzazione geografica, la creazione di imprese spin-off dellaricerca pubblica rappresenta un fenomeno concentrato e con-solidato soprattutto al Centro-Nord: oltre il 60% delle impreseidentificate è infatti localizzato nell’Italia settentrionale, il Cen-tro ne ospita circa il 24% mentre nella parte meridionale e insu-lare della penisola risiede il residuo 13,8%. La regione più attivarisulta l’Emilia Romagna (con il 21% degli spin-off), seguita dal-la Toscana (13%), Piemonte (12,1%), Lombardia (11,5%) e FriuliVenezia Giulia (6,4%).

Un altro indicatore significativo delle attività delle universi-tà tendenti ad avvicinare l’alta formazione e la ricerca ai bisognidel territorio è da ricercare nella costituzione di sedi distaccatein cui sono stati istituiti nuovi corsi di laurea basati su specifi-che esigenze provenienti dagli stakeholder locali. Nell’anno ac-cademico 2004-2005, secondo i dati Miur, l’offerta formativa dei60 atenei statali si componeva di 4968 corsi di laurea, così distri-buiti:

74 Università e ricerca

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 74

Page 83: Libro verde sull'innovazione

• 4048 corsi (83,7%) non delocalizzati;• 512 corsi (10,6%) unilocalizzati in una sede diversa da quella

centrale di ateneo;• 204 corsi (4,1%) plurilocalizzati (unica sede amministrativa,

più sedi didattiche);• 204 corsi (4,1%) gemellati (facoltà con uguali offerte forma-

tive ma sedi distinte).

Per certi versi tali interventi sono censurabili, in quanto non dirado hanno provocato un’inopinata dispersione di risorse, por-tato all’apertura di corsi di studio eccessivamente focalizzati suesigenze meramente locali e spesso si sono basati su forme didocenza precarie. Tanto che, giustamente, il governo è recente-mente intervenuto in direzione della limitazione all’apertura daparte degli atenei di nuove sedi decentrate. La proliferazionedelle sedi decentrate, peraltro, si è andata a sommare a un altrofenomeno che ha causato un’inopinata dispersione delle pocherisorse pubbliche disponibili, rappresentato dall’apertura, negliultimi due decenni, di troppi nuovi atenei. Tale evoluzione, perfortuna, sembra destinata a fermarsi. In tal senso, non può cheessere visto con favore anche il chiaro stop che il governo ha fi-nalmente imposto all’attivazione delle università telematiche.

Le molteplici aperture di corsi di studio e master al di fuoridelle sedi storiche spesso non sono state il frutto di organichepolitiche di ateneo. Sono derivate, invece, da ambiziose mire“espansionistiche” e dall’esigenza di singoli gruppi di docenti ofacoltà di trovare nuovi spazi e nuove risorse sul territorio perfini a volte censurabili. L’attivismo e l’efficacia mostrata dagliatenei nel creare nuovi programmi didattici costituiscono, però,tangibili segnali della voglia e della capacità di rispondere alleistanze dei portatori di interesse locali. Alcuni atenei in questomodo hanno dimostrato di saper rispondere positivamente econ convinzione alle richieste, da parte degli attori politici edeconomici locali, di aprire nuove strade di comunicazione framondo della didattica e della ricerca e il territorio. Salvo poi, inmolti casi, trovarsi impegnati in costosi programmi e non potercontare sulle risorse e le relazioni privilegiate inizialmente pro-messe. Nel rapporto fra università e territorio, insomma, spessoè stato inadempiente il secondo termine della relazione e non il

Università e ricerca 75

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 75

Page 84: Libro verde sull'innovazione

primo, come troppo spesso viene denunciato. È ben difficile,oggi, imputare agli atenei l’accusa di costituire delle inavvicina-bili “torri d’avorio”, così come avveniva in passato. Probabil-mente gli atenei devono migliorare ancora nelle loro capacitàrelazionali con il loro contesto di riferimento; tuttavia, se i risul-tati non sono stati sempre all’altezza delle aspettative, la ragio-ne non va ricercata solo nell’isolamento in cui l’università tene-va sé stessa, quanto, piuttosto, nella scarsa attitudine “cultura-le” delle imprese e delle istituzioni a confrontarsi con il mondouniversitario. Inadeguatezza, quest’ultima, dovuta principal-mente, almeno per le unità economiche, alla loro ridottissimadimensione media, e alle oggettive difficoltà finanziarie che inquest’ultimo decennio hanno caratterizzato le aziende e le pub-bliche amministrazioni italiane.

Con riferimento al rapporto università-territorio, peraltro, oc-corre tenere in debito conto la differenza di prospettiva spazio-temporale oggettivamente esistente fra atenei e parti interessate.In relazione alla questione “fisica”, ad esempio, il territorio di ri-ferimento di ciascuna università non può esser fatto coinciderecon la provincia o la regione dove essa è fisicamente insediata.Per alcune discipline, infatti, il livello da considerare per apprez-zare l’efficacia della didattica o il supporto fornito dalla ricercapiù o meno applicata è ben più ampio del perimetro locale.

Un’inevitabile distonia fra università e territorio è rilevabile,inoltre, anche per quanto riguarda il profilo temporale, con rife-rimento alla differente lunghezza del “ciclo di ritorno” degli in-vestimenti in ricerca (e in didattica). Le imprese e le pubblicheamministrazioni, infatti, richiedono quasi sempre di otteneredalle ricerche universitarie ritorni spendibili velocemente nel-l’ambito delle proprie attività produttive o delle frequenti sca-denze elettorali. La ricerca di base, invece, quella che maggior-mente caratterizza l’università, e di cui il nostro tessuto econo-mico avrebbe maggior bisogno, fornisce i propri frutti solo nelmedio-lungo termine.

Affinché il rapporto università-territorio produca fruttiscientifici interessanti per tutti, occorre che chi governa gli ate-nei, le imprese e le istituzioni abbia ben chiare tali differenzeprospettiche e ne tenga adeguatamente conto nelle sue iniziati-ve e nei suoi giudizi.

76 Università e ricerca

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 76

Page 85: Libro verde sull'innovazione

3.4 Ambiti d’intervento

Una premessa indispensabile

Nello scenario appena ricordato, riteniamo che per indurre l’au-spicato innalzamento nei livelli della ricerca condotta nel no-stro paese occorre prendere in considerazione in maniera siste-matica diversi profili di analisi fra loro eterogenei. Prima di af-frontare tali questioni è opportuno ribadire l’importanza di dueaspetti che hanno sempre qualificato l’istituzione universitariain Italia e dai quali non si può transigere in qualsiasi analisi cheriguarda il miglioramento della ricerca.

Il primo di essi è quello delle finalità e del carattere pubblicidell’istituzione universitaria. Sulla natura pubblica dei fini per-seguiti dall’università il dibattito nazionale e internazionale èconcorde. Per quanto riguarda la natura pubblica di tali istitu-zioni, gli autori di queste note concordano sul fatto che le istitu-zioni private possono svolgere un ruolo importante per la ricer-ca e la didattica; tuttavia l’esperienza del nostro paese dimostrachiaramente le difficoltà dei privati a impegnarsi in settori uni-versitari che non abbiano pronte ricadute economiche positive,come la formazione economica e quella sanitaria. Pertanto, purauspicando la diffusione di strumenti operativi di diritto priva-to, e in primis convenzioni, partecipazioni a consorzi, fonda-zioni e quant’altro, riteniamo che il carattere pubblico degli ate-nei costituisca un valore fondamentale, specialmente se la ri-cerca viene ritenuta funzione inderogabile, anche se non esclu-siva, delle università.

Un altro tema da evidenziare è l’importanza dell’eterogenei-tà delle singole istituzioni. In altri termini, la complessità inter-na che caratterizza l’offerta didattica, l’organizzazione della ri-cerca e i meccanismi di governo e operativi dei diversi ateneicostituisce un valore da non disperdere, purché non si traducain autoreferenzialità, discrezionalità e iniquità. Bisogna evitare,pertanto, che si renda concreto il rischio di un’elevata omoge-neizzazione degli strumenti di governo e delle attività di ricercae di didattica. Gli atenei dovrebbero definire un ambiente ido-neo alla miglior ricerca, stando attenti, però, a mantenere le pe-culiarità e i caratteri positivi che li contraddistinguono. Lo stes-

Università e ricerca 77

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 77

Page 86: Libro verde sull'innovazione

so rispetto delle diversità dovrebbe far valutare con attenzionel’effettiva applicabilità alle diverse aree scientifiche di un ate-neo delle medesime soluzioni, con riferimento, ad esempio, aiparametri di valutazione degli output o ai meccanismi operatividi gestione interna.

Differenziarsi nelle attività che si svolgono e nel modo dieseguirle consente di rispondere meglio ai compiti oggi asse-gnati alle università. A tal fine le singole facoltà e i singoli dipar-timenti devono disporre di maggior autonomia e maggiori re-sponsabilità all’interno di un quadro di ateneo formato da rego-le certe e da gestione a budget collegato a sistemi di accounta-bility allo stato praticamente assenti.

Tutto questo non significa che non vi sia la necessità di rego-le comuni a tutte le università. Tutt’altro. Le norme di recluta-mento devono garantire equità e qualità nelle scelte. Gli ordina-menti didattici devono essere redatti secondo uno schema di ri-ferimento che garantisca allo studente coerenti livelli di appren-dimento e possibilità di mobilità nazionale e internazionale.Non si può ritenere, invece, che i problemi della nostra ricercasi risolvano imponendo a tutte le università le medesime solu-zioni in termini di governance, di organizzazione e di strumenta-zione operativa, anche per il tempo che sarebbe necessario pertrasformare radicalmente assetti e procedure già esistenti. Nonuna minore autonomia quindi, ma una maggiore autonomia acondizione che vi sia un sistema di accountability e valutazionedegno di questo nome.

A proposito di norme, vorremmo evidenziare come una del-le ragioni dei problemi attuali dell’università italiana è costitui-to proprio dalla mancanza di un quadro normativo stabile. Nel-l’ultimo decennio gli atenei hanno dovuto dedicare molte ener-gie, spesso quelle delle persone più capaci, per introdurre i nuo-vi ordinamenti didattici, i nuovi meccanismi di valutazione, lenuove procedure concorsuali, le nuove regole sullo stato giuri-dico, e hanno dovuto lavorare, allo stesso tempo, con quadrinormativi inadeguati in materia di rapporti con l’esterno o di as-segnazione dei compiti didattici. La successiva tabella 3.3 offreal riguardo una breve rassegna delle principali nuove normativeche negli ultimi dieci anni hanno avuto impatto sui processi in-terni delle università.

78 Università e ricerca

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 78

Page 87: Libro verde sull'innovazione

Tutto questo ha reso più pesanti le attività amministrativesvolte dal personale docente e da quello tecnico-amministrativoe ha richiesto logoranti processi di implementazione e interpre-tazione. Spesso si trascura la dimensione del lavoro ammini-strativo che, in una logica di autogoverno responsabile, i docen-ti hanno dovuto sostenere per introdurre i molteplici cambia-menti intervenuti nelle varie normative di riferimento e, allostesso tempo, le difficoltà richieste a svolgere le attività univer-sitarie facendo riferimento a norme che in alcuni casi risalgonoagli anni Trenta! Il tutto, peraltro, nell’ambito di una costante ri-duzione delle risorse reali assegnate agli atenei. Crediamo che

Tabella 3.3 Principali normative che negli ultimi dieci anni hanno avuto impatto suiprocessi interni delle università.

Provvedimento Titolo provvedimento Impatto sugli atenei

L. 19.10.1999, n. 370 Disposizioni in materia diuniversità e di ricercascientifica e tecnologica

D.M. 3.11.1999, n. 509 Regolamento recante nor-me concernenti l’autono-mia didattica degli atenei Riordino di tutta l’offerta

didattica, introducendo cor-si di laurea, corsi di laureaspecialistica, master di I eII livello totalmente nuovi

D.M. 4.8.2000 Determinazione delle clas-si delle lauree universitarie

D.M. 28.11.2000 Determinazione delle clas-si delle lauree specialisti-che

D.M. 22.10.2004, n. 270 Modifiche del regolamentorecante norme concernentil’autonomia didattica degliatenei, approvato con de-creto del ministro dell’Uni-versità e della ricercascientifica e tecnologica3.11.99, n. 509

Rettifiche al D.M. 509/99concernente il riordino del-l’offerta didattica

L. 4.11.2005, n. 230 Nuove disposizioni concer-nenti i professori e i ricer-catori universitari e delegaal governo per il riordinodel reclutamento dei pro-fessori universitari

Innovazioni rispetto alD.P.R. 382/80 in materiadi reclutamento dei docen-ti universitari

Università e ricerca 79

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 79

Page 88: Libro verde sull'innovazione

tutti gli operatori universitari auspichino come prima esigenzanon tanto l’incremento dei finanziamenti agli atenei, quanto ladefinizione di un quadro di riferimento certo e stabile, all’inter-no del quale potersi dedicare in maniera più focalizzata e sicuraalle attività istituzionali.

Le questioni da affrontare per migliorare la ricerca

Il miglioramento della ricerca in termini di standard internazio-nali e di maggiore impatto sulla crescita economica richiede diaffrontare molteplici questioni.

Il primo aspetto da considerare è quello della composizionedel corpo accademico. A livello “di sistema” e di singoli ateneisono facilmente rilevabili, infatti, un’età media eccessivamenteelevata dei docenti (figura 3.4) e una distribuzione fra i ruoliparticolarmente sbilanciata verso le posizioni più alte, quelle diprofessore ordinario e professore associato (tabella 3.4). Il fat-to che i docenti universitari (professori e ricercatori) nell’uni-versità italiana siano vecchi è ormai un luogo comune, tantoche, se nel 1985 l’età più diffusa fra i docenti era di 38 anni, nel2001 questa è salita a ben 54 anni (Cnvsu).

La difficoltà dei giovani a inserirsi nel mondo accademico edella ricerca, il problema dei precari di cui si parla spesso e ilunghi periodi in cui le assunzioni sono ridotte al lumicino sonoalcune delle principali ragioni per cui in questi ultimi anni si èvenuta a creare una struttura anagrafica dei docenti universita-ri caratterizzata da uno squilibrio tra il personale anziano e quel-lo giovane che non ha eguali negli altri paesi. Il risultato è quindiquello di escludere alcune generazioni dalla docenza universita-ria a vantaggio di altre. L’università italiana è quindi quasi privadi docenti e ricercatori nell’età della loro maggiore creativitàscientifica e favorisce di fatto la fuga dei cervelli (Zapperi, SylosLabini 2006).

Per fronteggiare questa distorsione è necessario un cambia-mento nei comportamenti degli atenei in materia di reclutamen-to. In questi ultimi anni le limitate risorse disponibili e la centrali-tà attribuita dall’attuale ordinamento agli interessi locali hanno“inevitabilmente” portato gli organi accademici a soddisfare leesigenze di promozione interne ai vari gruppi di ricerca, sacrifi-

80 Università e ricerca

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 80

Page 89: Libro verde sull'innovazione

cando l’accesso di nuove leve alla vita universitaria. A tal risulta-to ha contribuito anche la riduzione nel grado di attrattività di unacarriera, quella del professore universitario, che non garantiscepiù i livelli retributivi del passato e neppure lo status che, in man-canza dei primi, costituiva comunque un fattore di attrazione.

Ai fini dell’innalzamento dei livelli qualitativi, particolare ri-lievo va posto, inoltre, alle modalità stesse in cui viene “gestita”la ricerca. Occorre, innanzitutto, che l’attenzione alla dimensio-ne internazionale degli studi, sempre formalmente esplicitata,diventi pratica concreta. A tal fine è indispensabile non solo chel’ordinamento definisca modalità concorsuali idonee a incenti-vare la partecipazione attiva al dibattito internazionale, ma an-che che ciascuna comunità e gruppo di ricerca accademico

Figura 3.4 Il confronto delle distribuzioni delle età degli accademici in diversi paesi

Fonti: per l’Italia MIURURST e AFAM-Ufficio di Statistica (rilevamento 2004), per la Francia rapporto sulla“Démographie des personelles emeseignant” del ministère de l’Education Nationale (rilevamento 2004-2005), per il Regno Unito dall’HESA (rilevamento 2000), per gli Stati Uniti dal U.S. Department ofEducation, National Center for Education Statistics (rilevamento 1999) (in Zapperi, Sylos Labini, 2006).

Università e ricerca 81

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 81

Page 90: Libro verde sull'innovazione

adotti scelte coerenti in materia di reclutamento e di definizio-ne dei meccanismi di reputazione individuale. E ciò lo si può fa-re anche in forma indiretta creando un legame tra ottenimentodi certi risultati di ricerca e finanziamenti erogati dall’ammini-strazione centrale.

Una migliore “gestione” della ricerca implica, inoltre, la valo-rizzazione, la riqualificazione e la riduzione nel numero a favoredi una maggiore qualità dei dottorati di ricerca, che devono as-sumere i caratteri di corsi di studio strutturati, aventi chiariobiettivi formativi e idonei percorsi didattici e miranti a “pro-durre” personale destinato non tanto a clonare la scuola scien-tifica di provenienza o “il docente di riferimento”, quanto a com-petere a pieno titolo nel costituendo “mercato” europeo dei gio-vani ricercatori. Vanno curate, altresì, la riduzione dell’impegnodei dottorandi e dei ricercatori in attività diverse dalla ricerca ela definizione di esplicite strategie di ricerca e di pubblicazione,all’interno delle quali attribuire ampio spazio a collaborazioniinternazionali e interdisciplinari.

Torneremo su questo punto, che rappresenta un aspetto diri-mente per la futura legittimazione dell’istituzione universitaria,nelle considerazioni conclusive. Qui di seguito ci focalizzeremo,

Tabella 3.4 Personale docente di ruolo distribuito per qualifica (dati al 31 dicembredi ciascun anno).

Fonte: MIUR, Banca dati dei docenti di ruolo.

Anno Ordinario Associato Ricercatore TotaleVal. ass. % su tot.

1997 13.402 15.618 20.167 41,00% 49.187

1998 13.402 15.619 20.186 41,02% 49.207

1999 12.913 18.032 19.556 38,72% 50.501

2000 15.026 17.259 19.668 37,86% 51.953

2001 16.891 17.875 20.090 36,62% 54.856

2002 18.131 18.502 20.900 36,33% 57.533

2003 17.958 18.096 20.426 36,17% 56.480

2004 18.071 18.102 21.229 36,98% 57.402

2005 19.275 18.966 22.010 36,53% 60.251

82 Università e ricerca

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 82

Page 91: Libro verde sull'innovazione

invece, su due strumenti che ci appaiono particolarmente pre-ziosi al fine di indurre comportamenti virtuosi nelle attività di ri-cerca e per i quali il dibattito attuale ci appare procedere perluoghi comuni piuttosto che per riflessioni approfondite: i mec-canismi di governance operativa e le valutazioni di sistema.

Abbiamo in precedenza ricordato che la ricerca si deve an-che porre la questione di come rispondere alle esigenze di sup-porto alla competitività e all’innovazione del territorio di riferi-mento. È stato evidenziato, inoltre, che tale esigenza può far de-viare i docenti dal conseguire i risultati globali particolarmenteapprezzati oggi dai meccanismi di valutazione esterni e interni.In altri termini bisogna essere in grado di far fronte alle richie-ste locali senza deflettere rispetto ai criteri globali di svolgimen-to della buona ricerca.

I meccanismi di governance operativa

Una soluzione spesso richiamata per migliorare la qualità dellaricerca (e anche quella della didattica) e per consentire unamaggior apertura verso l’esterno è quella dell’introduzione dimodifiche nei meccanismi di governo degli atenei.

In merito al tema del governo, oggi così dibattuto, ci sembrautile svolgere un’analisi più attenta, che distingua fra governo“strategico” degli atenei, che si sostanzia in questioni quali lacomposizione, le funzioni, la durata del mandato, i meccanismidi relazione degli organi di vertice (rettore, senato accademicoe consiglio di amministrazione), e governo operativo, relativo,invece, alle modalità interne mediante cui le scelte di naturastrategica si traducono in termini concreti; ci si riferisce ad ar-gomenti quali l’organizzazione delle autonomie e delle respon-sabilità all’interno degli atenei e il sistema della valutazione edegli incentivi interni.

Le proposte avanzate a proposito del governo strategico pre-vedono quasi sempre una riduzione dell’autogoverno da partedelle componenti la comunità universitaria. Non c’è dubbio cheun maggior confronto con l’esterno aiuti a evitare pericolosi fe-nomeni di autoreferenzialità e di iniquità. Può aiutare, inoltre, aintrodurre maggiori capacità pianificatorie degli atenei. Il profi-lo strategico richiede certamente alcuni necessari aggiustamen-

Università e ricerca 83

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 83

Page 92: Libro verde sull'innovazione

ti. Tuttavia, riteniamo che sia maggiormente utile, e agevole, og-gi, intervenire in profondità sui profili di governo operativopiuttosto che su quelli strategici.

È inevitabile, forse, che l’attenzione degli osservatori si foca-lizzi su temi affascinanti e intellettualmente stimolanti, comequelli propri del governo strategico. Ciò che veramente conta,però, non è tanto l’eleganza delle soluzioni formali prospettate inmerito a come governare un ateneo, quanto indurre comporta-menti effettivamente in grado di migliorare la qualità della ricer-ca (e della didattica). L’analisi dei cambiamenti nei meccanismiconcorsuali introdotti in questi ultimi quindici anni, e la consa-pevolezza delle distorsioni prodotte da ciascuno dei regimi in-trodotti, evidenzia quanto sia difficile, in una comunità profes-sionale sostanzialmente autogovernata, la traduzione operativadi quelle che teoricamente appaiono soluzioni assai convincenti.

Ecco perché ci sembra particolarmente utile soffermarci sulmeso-livello della governance operativa, ovvero quello della tra-duzione in azioni concrete delle grandi e belle dichiarazioni diprincipio proprie degli statuti e dei quadri normativi. Ci riferia-mo, a tal proposito, a temi quali il miglioramento delle relazionifra facoltà e dipartimenti; l’aggregazione delle strutture di ricer-ca; il bilanciamento, nel carico di lavoro del singolo ricercatore,fra attività didattica e attività di ricerca; la valorizzazione del con-tributo del personale tecnico-amministrativo; l’introduzione dimeccanismi interni di valutazione “integrati”, che considerino inmaniera sistematica ricerca, didattica e attività amministrative.

Introdurre alcune mirate iniziative, infatti, può essere per leuniversità molto più utile di imbarcarsi in lunghissimi e spessosimbolici processi di ridefinizione dei generali meccanismi digovernance. Va sottolineata, inoltre, l’esigenza di essere cautinell’introdurre cambiamenti radicali delle forme di governo de-gli atenei, specialmente in direzione di quelli tipici delle impre-se. Le principali direttive possono essere riassunte nei seguentipunti:

• L’università deve mantenere il proprio carattere pubblico.• I cambiamenti profondi, anche laddove siano auspicabili e ra-

zionali, richiedono spesso tempi lunghissimi per andare a re-gime in ambienti altamente istituzionalizzati quali l’università.

84 Università e ricerca

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 84

Page 93: Libro verde sull'innovazione

• I meccanismi di governance tipici delle imprese spesso indu-cono rigidità, mentre l’università deve essere caratterizzatada alte dosi di flessibilità.

• I meccanismi di governance tipici delle imprese spesso asse-gnano il potere in mano a poche persone o alla tecnostruttu-ra. In tal modo si riduce il senso di partecipazione a una co-munità, aspetto non secondario per lo svolgimento delle fun-zioni assegnate all’istituzione università anche nello scena-rio in corso di affermazione.

Spesso si discute animatamente della composizione degli orga-ni di governo, prevedendo figure di superamministratori o con-fidando nelle virtù taumaturgiche di amministratori provenientidal mondo delle imprese o dalla “società civile”. La rappresen-tanza di portatori di interessi diversi da chi lavora in ateneo ècertamente importante. Ritenere che da tale rappresentanza de-rivi la soluzione dei problemi dell’università è certamente inge-nuo, specialmente considerando l’esperienza in termini di rap-porto con il territorio che gli atenei italiani hanno maturato inquesti ultimi dieci anni.

Sicuramente le imprese e le istituzioni possono fornire inte-ressanti contributi, progettuali e finanziari. Tuttavia, non bastaavere come presidente del consiglio di amministrazione un im-prenditore per risolvere i problemi dell’università. Anzi, nellecittà più piccole, sedi della maggior parte degli atenei, l’atten-zione agli interessi particolari, inevitabilmente propria dellaclasse dirigente locale, può tradursi con particolare facilità inuna delle molteplici patologie particolarmente pericolose per leuniversità, come il localismo, l’orientamento al breve termine,la creazione di percorsi di studio eccessivamente focalizzati, laconsiderazione dell’università quale elemento del gioco politicocittadino.

Con una battuta, l’università deve essere in grado di portareil sapere e l’esperienza globale nel contesto locale e l’esperien-za e il sapere locale nello scenario globale, e non il locale nel lo-cale. Se è vero, infatti, che l’interazione fra agenti economici eambiente circostante è rilevante nello sviluppo di know howproduttivi derivanti da un corpus di conoscenze diffuse nel ter-ritorio, e capaci di influenzare in modo decisivo, grazie alla loro

Università e ricerca 85

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 85

Page 94: Libro verde sull'innovazione

specificità, la competitività della struttura produttiva locale sumercati molto ampi (Becattini, 1987), altrettanto vero è che ilprocesso di globalizzazione rende oggi i “saperi locali” spessonon più sufficienti a garantire il successo delle imprese di uncerto territorio (Riccaboni e Giovannoni, 2005). La stessa globa-lizzazione, del resto, offre interessanti opportunità di accederea “saperi globali” da parte dei sistemi locali. Le nuove tecnolo-gie dell’informazione migliorano la capacità di accedere alle co-noscenze disponibili nella rete globale e consentono l’interazio-ne con realtà che si collocano sulla frontiera dell’innovazione,anche se localizzate in paesi lontani.

Risulta più facile, inoltre, l’accesso al circuito internazionaledi divisione del lavoro, selezionando le migliori conoscenze ecompetenze, nonché le risorse più efficienti, non più su base lo-cale, ma su scala globale (Becattini e Rullani, 1993). Molti osser-vatori (Dierickx e Cool, 1990) sottolineano come la riproduzio-ne del vantaggio competitivo non possa più fare leva unicamen-te sulle risorse e sulla capacità di innovazione locale, ma debbapartecipare a un più ampio sistema di divisione del lavoro co-gnitivo che travalica i confini locali. La capacità di un’impresadi stare sul mercato dipende, pertanto, non più solo dal governodi dinamiche di innovazione basate su processi di learning bydoing, quanto piuttosto dalla capacità di partecipare a sistemidel valore, a reti di relazioni, di scala internazionale, cioè dallaabilità di riconoscere e acquisire innovazioni, conoscenze, com-petenze e relazioni prodotte anche in altri contesti, da integraree valorizzare con le conoscenze e le specificità aziendali e terri-toriali (Becattini e Rullani, 1993).

In questa relazione biunivoca locale-globale l’università puòsvolgere un ruolo determinante e altamente positivo per sé eper il territorio. Se, invece, per interessi di breve termine, si pre-sta a diventare attore dello scenario locale, impigrendosi rispet-to alla rete globale di cui deve far parte, rende un servizio pessi-mo, non solo con riferimento alla propria missione, ma anche albenessere del contesto di riferimento.

Del resto, i politici e gli imprenditori locali sono pronti aconsiderare come vanto della città il locale ateneo, ne richiedo-no più volentieri i possibili servizi e ne promuovono le attività,se esso si piazza bene nelle varie classifiche “globali” oggi di-

86 Università e ricerca

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 86

Page 95: Libro verde sull'innovazione

sponibili con riferimento alla ricerca, alla didattica o al suppor-to alla competitività. Se invece l’ateneo locale risulta ai livellipiù bassi, chi lo governa viene accusato da quegli stessi attori diinadeguatezza e scarsa attenzione ai problemi dell’economiadella conoscenza. I portatori di interesse delle università nonchiedono, dunque, di governare loro direttamente, ma di poterriconoscere i risultati positivi delle iniziative universitarie. Sen-za preoccuparsi se quanto porta al buon piazzamento nelle clas-sifiche internazionali è una tipologia di ricerca di solito distantedalle questioni locali.

Se ciò che conta è conseguire i risultati migliori in termini diricerca e didattica, non crediamo che sia una più robusta presen-za di esponenti della vita sociale o economica locale a consenti-re di raggiungerli. La presenza di alcuni soggetti esterni negli or-gani di governo, specialmente nell’organo maggiormente dedica-to all’amministrazione, è certamente utile per eliminare qualsiasitentazione di autoreferenzialità. Ma le dimensioni del contributoche possono offrire i consiglieri esterni, spesso poco motivati onon conoscitori della complessità dell’università, non va sovra-stimata. Ci sembrerebbe auspicabile, invece, considerare con at-tenzione alcune questioni inerenti al governo operativo.

La prima di esse è costituita da una miglior definizione dellerelazioni fra facoltà e dipartimenti. Può essere utile ricordareche nel nostro ordinamento i dipartimenti sono le strutture de-dicate alla ricerca mentre le facoltà hanno competenza con rife-rimento alla didattica. Spetta alle facoltà, però, la competenza,centrale nell’ambito della vita accademica, di decidere in meri-to ai bandi di concorso per nuove assunzioni di personale do-cente. I dipartimenti spesso utilizzano risorse (aule, attrezzatu-re, laboratori, personale) della facoltà, senza magari che taleuso venga esplicitamente riconosciuto. I docenti di un certo di-partimento a volte afferiscono tutti a una sola facoltà, a volte,invece, appartengono a diverse facoltà.

Le facoltà, che nelle università più consolidate del nostropaese sono comprese in un numero fra dieci e quindici, sonocertamente molto più visibili all’esterno rispetto ai dipartimen-ti. Questi ultimi variano notevolmente di numero; sono comun-que sempre molto più numerosi delle facoltà, di solito con unmultiplo di quattro o cinque, e portano spesso denominazioni

Università e ricerca 87

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 87

Page 96: Libro verde sull'innovazione

farraginose, frutto di estenuanti componenti fra le anime scien-tifiche che li compongono. In tale situazione si possono averedue tipologie di conseguenze indesiderate che incidono certa-mente in maniera negativa sulla ricerca:

• Innanzitutto, ci possono essere tensioni fra la facoltà e i di-partimenti oppure fra gli stessi dipartimenti. Le prime posso-no derivare dall’inadeguata regolazione delle risorse comunio dal considerare in contrasto o prioritari gli obiettivi dei di-partimenti (ricerca) rispetto a quelli delle facoltà (didattica),o viceversa, sebbene le persone che compongono tali strut-ture siano le medesime. Le tensioni fra i dipartimenti, inve-ce, sono dovute alla mancanza di strategia di ricerca unita-ria, rilevabile specialmente laddove vi siano dipartimentiche risultino assai simili per gli argomenti studiati. Va evi-denziato, peraltro, che eventuali performance scientifichepoco positive da parte di un ricercatore o di un dipartimentoagli occhi degli osservatori esterni ricadono anche sulla re-putazione dell’intera facoltà, sebbene questa abbia di solitopoca capacità di incidervi.

• Dalla netta distinzione fra strutture responsabili per la ricer-ca (dipartimenti) e per la didattica (facoltà) si possono gene-rare inopinate aree di “irresponsabilità”. La facoltà, infatti,ha delle responsabilità di verifica dello svolgimento delle at-tività dei docenti esclusivamente con riferimento alla didat-tica. Per quanto riguarda la ricerca, al di là dei concorsi edelle conferme in ruolo, per le quali vengono redatte più omeno simboliche relazioni che coinvolgono sia la facoltà siail dipartimento, non vi sono, di solito, altri momenti di verifi-ca delle attività dei singoli. Negli ultimi anni qualche univer-sità ha introdotto in maniera sperimentale meccanismi di ve-rifica dei risultati della ricerca, di solito comunque condottia livello di dipartimento.

Per superare le tensioni e le irresponsabilità appena ricordate,sembrerebbe auspicabile prevedere una maggior cooperazionefra facoltà e dipartimenti. La soluzione più drastica sarebbequella di far coincidere i due perimetri. Una stessa struttura,cioè, sarebbe incaricata di svolgere tutta la ricerca e tutta la di-

88 Università e ricerca

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 88

Page 97: Libro verde sull'innovazione

dattica inerente a una determinata area scientifica. Si tratta diun’ipotesi per certi versi assai interessante, tipica delle univer-sità britanniche, difficile, però, da importare da noi, per le diffe-renze istituzionali che hanno caratterizzato lo sviluppo delleuniversità nei due paesi. Oltre a una questione dimensionale, cisarebbe da affrontare, fra l’altro, il tema dell’interdisciplinarietàche caratterizza molti corsi di studio delle nostre facoltà.

Una strada più facile da percorrere è quella di definire mec-canismi di cooperazione fra facoltà e dipartimenti, sia per quan-to riguarda in generale il coordinamento fra le attività dei dipar-timenti e quelle di facoltà sia con specifico riferimento al temadella valutazione. Facoltà e dipartimenti, infatti, potrebbero de-finire insieme dei meccanismi di verifica riguardanti sia l’attivi-tà didattica sia quelle di ricerca dei singoli docenti. In tal modopotrebbero essere previsti dei meccanismi attraverso i qualieventuali performance scientifiche di particolare rilievo venga-no “premiate” riducendo il carico didattico, il quale sarà mag-giore per i docenti che invece non svolgono adeguate attivitàscientifiche.

Secondo gli autori, l’introduzione di meccanismi integrati,nel senso che riguardano didattica, ricerca e attività istituziona-li, gestiti in maniera collaborativa dalle facoltà e dai dipartimen-ti, costituisce una delle iniziative più preziose se si vuole re-sponsabilizzare in maniera opportuna i docenti, i ricercatori e iresponsabili delle due strutture.

Questo potrebbe essere anche l’inizio di un’evoluzione cheporterebbe a compiti didattici differenziati, una delle possibilisoluzioni anche rispetto al tema di come consentire la “ricercaper il territorio” senza perdere di vista gli obiettivi di ricerca glo-bali. La valutazione locale della didattica e della ricerca, in ognicaso, dovrà essere svolta in coerenza con i criteri stabiliti a li-vello nazionale. E, infatti, se il prossimo sviluppo di sistemi divalutazione della ricerca e della didattica fosse legato fortemen-te al trasferimento di fondi centrali alle facoltà e dipartimenti,ciò renderebbe i responsabili delle due strutture più attenti aquestioni di qualità e risultati nelle due aree di competenza (siveda in materia il prossimo paragrafo).

A proposito di rappresentanza istituzionale, è importanteche il mondo della ricerca trovi il modo di esprimersi al meglio

Università e ricerca 89

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 89

Page 98: Libro verde sull'innovazione

non solo in facoltà, attraverso i meccanismi di cooperazione so-pra auspicati, ma anche in ateneo. A tal fine occorre garantire,in particolare, il miglior funzionamento degli organi che riuni-scono tutti i direttori di dipartimento e un’adeguata rappresen-tanza di tali strutture all’interno degli organi di governo.

Per valorizzare al meglio la ricerca occorre impegnarsi, inol-tre, affinché si definiscano meccanismi in grado di stimolarel’aggregazione delle strutture di ricerca. Nelle università italia-ne la creazione e la vita dei dipartimenti dipendono da scelte, avolte anche da bizze, di singoli docenti o di piccoli gruppi. Que-sto non risulta più sostenibile, in quanto reitera il nanismo pro-gettuale e operativo, causa infinite discussioni e induce notevo-li sprechi di risorse.

Con riferimento al perimetro delle strutture di ricerca, un te-ma di rilievo è quello della coerenza fra l’ampiezza delle areeCun, nell’ambito delle quali si è articolata fino a oggi la valuta-zione del Civr e quella, assai inferiore, dei dipartimenti. Al di làdelle sei aree “sperimentali”, la prima Vtr si è fondata sulla tra-dizionale classificazione della ricerca italiana in 14 aree effet-tuata dal Cun. È ovvio che, se venissero fortemente incentivati irisultati della Vtr nell’attuale configurazione, si produrrebbe unforte stimolo ad avere strutture di ricerca che replicano tale pe-rimetro o, assai più probabilmente, sue subaree non sovrappo-ste. Il limitato numero odierno delle aree Cun, 14 per l’appunto,rende per ora difficile, ma non impossibile, specialmente per al-cune di esse, organizzare dipartimenti tanto grandi da contene-re tutta la ricerca nelle discipline giuridiche o chimiche.

È innegabile, comunque, che avere una struttura scientificatutta dedicata a un’area o a una subarea Cun indurrebbe innega-bili vantaggi in termini di risultati raggiunti e di uso (ma anchedi rinvenimento) delle risorse. Se il legame fra i risultati conse-guiti in termini di Vtr e finanziamenti agli atenei e ai dipartimen-ti fosse particolarmente forte, è probabile che le strutture cheraggiungono i risultati meno soddisfacenti sarebbero stimolatea provare tutte le soluzioni, compresa l’aggregazione, per supe-rare il gap in termini di finanziamenti. Tuttavia, se le strutturefossero in grado di raggiungere ottimi risultati malgrado qual-che sovrapposizione, ciò significherebbe che in quel contesto laframmentazione paga e dunque potrebbe non valere la pena so-

90 Università e ricerca

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 90

Page 99: Libro verde sull'innovazione

stenere gli innegabili oneri legati ai processi di aggregazione. Ameno che, naturalmente, non vengano offerti convincenti in-centivi locali.

Un’altro ambito nei cui confronti i dipartimenti sono spessoinadempienti è quello della programmazione. Così come avvie-ne anche a livello di ateneo e facoltà, in tali strutture è raro rin-venire la redazione di espliciti piani che focalizzano l’uso dellerisorse e definiscono i progetti di ricerca nei quali la struttura siimpegnerà nel prossimo futuro, individuando con chiarezzaobiettivi e responsabilità scientifiche e gestionali e assegnandoin maniera coerente le risorse finanziarie a disposizione. Taliprocessi, peraltro, facilitando il rinvenimento di nuovi fondi, at-tiverebbero virtuosi percorsi di crescita. Gli atenei dovrebberoinoltre razionalizzare le procedure di assegnazione delle risorsefinanziarie interne, attraverso l’aggregazione dei molteplici rivo-li mediante i quali viene finanziata la ricerca, e attuare una foca-lizzazione su interventi pluriennali. Si tratta, tuttavia, di decisio-ni che collidono con l’esercizio più difficile da attuare nelle uni-versità italiane, quello della definizione delle proprie priorità.Nulla è più ostico che assumere decisioni che potrebbero pena-lizzare qualche gruppo di docenti. Oltre che per il timore di per-dere consenso, ciò è dovuto alle oggettive difficoltà nel valuta-re i punti di forza e quelli di debolezza di un ateneo.

Questa costituisce un’ulteriore ragione per cui le valutazionirisultano, in questo momento, di particolare rilievo. Se condot-te in maniera corretta, esse permettono di comprendere, infatti,qual è il rilievo delle diverse anime scientifiche dell’ateneo. Par-ticolarmente utili risultano a tal fine le valutazioni di sistema,oggetto del prossimo paragrafo, in quanto consentono il con-fronto con i risultati conseguiti dalle strutture analoghe di altreuniversità. Disponendo di tali informazioni diventerebbe piùagevole individuare le priorità dell’ateneo o del singolo diparti-mento. Anche in tale situazione, tuttavia, gli organi di governoaccademico hanno a disposizione un’ulteriore opportunità perposporre qualsiasi scomoda decisione. Essi, infatti, devonosciogliere l’annoso dilemma se è meglio premiare le aree forti osostenere quelle carenti affinché si rafforzino.

La questione è certamente di livello più alto di quella prece-dente. Ma gli esiti possono essere altrettanto scoraggianti.

Università e ricerca 91

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 91

Page 100: Libro verde sull'innovazione

Le valutazioni di sistema

Le modifiche nel governo operativo sono fondamentalmente ri-messe all’autonomia del singolo ateneo. La teoria e l’esperienzainsegnano che ai fini del cambiamento organizzativo si rivelanoparticolarmente preziosi la presenza di leader molto motivati elo stimolo di forti incentivi esterni.

Il meccanismo democratico di elezione del rettore, che hacertamente i suoi vantaggi, rende tuttavia difficile la possibilitàche i cambiamenti in oggetto possano derivare soltanto dal-l’azione di Magnifici particolarmente illuminati. Crediamo mol-to di più, invece, allo stimolo che può provenire dai meccanismidi “regolazione” esterna. Ci riferiamo, in particolare, alle proce-dure attraverso le quali gli organi politici monitorano il settoredell’istruzione avanzata, attraverso, ad esempio, la valutazionedella didattica e della ricerca e la verifica del rispetto dei requi-siti minimi, specialmente se i loro esiti sono opportunamentecollegati ai finanziamenti erogati.

Si tratta di meccanismi che se ben definiti non svilisconol’indispensabile autonomia dei singoli atenei ma, anzi, possonoesercitare un ruolo essenziale per il miglioramento della ricer-ca italiana. Basti pensare, ad esempio, al dibattito suscitato neisingoli atenei e nelle varie accademie dalla prima valutazionedi sistema, quella sostanziatasi nella Vtr 2001-2003. La generaleaccettazione da parte del mondo scientifico italiano dei princi-pi e dei risultati della Vtr 2001-2003, condotta in tempi rapidi ea costi ridotti, ha dimostrato che la valutazione della ricercabasata sul principio della peer review si può fare anche nel no-stro paese. Ci troviamo, pertanto, di fronte a un’occasione sto-rica, quella di indurre auspicabili comportamenti virtuosi, apatto che una parte cospicua del fondo di finanziamento ordi-nario venga presto collegato ai risultati della Valutazione dellaricerca.

Strumenti più precisi di valutazione della ricerca, peraltro,possono rappresentare il punto di riferimento essenziale perqualsiasi sistema universitario, il riconoscimento più oggettivopossibile del merito nell’ambito dei meccanismi di reclutamen-to dei docenti e, magari, anche per l’assegnazione di incentiviindividuali.

92 Università e ricerca

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 92

Page 101: Libro verde sull'innovazione

A causa, forse, della turbolenza della vita politica di questiultimi mesi, l’opinione pubblica, la classe imprenditoriale, gliopinion leader non si sono resi conto che, a differenza di moltealtre pubbliche amministrazioni (e anche di molte imprese...), icosì tanto vituperati e autoreferenziali professori universitari sisono sottoposti a un approfondito esercizio valutativo che haprodotto una serie di ranking nazionali per ciascuno dei 20 set-tori di ricerca individuati. Si tratta di un risultato assai incorag-giante, che per fortuna il governo non sembra intenzionato a farsvanire nel nulla. A tal fine è auspicabile, naturalmente, che siaattivata quanto prima una nuova valutazione, quella relativa aglianni 2004-2006, per fornire l’indispensabile messaggio di ciclici-tà dell’esercizio e non far ritenere che il primo esercizio fossemeramente simbolico.

Occorre certamente operare alcuni miglioramenti nella meto-dologia seguita nella valutazione dei prodotti e delle strutture.Tuttavia il percorso iniziato è estremamente importante, e forsel’unico che può salvare la ricerca italiana da un inopinato declino.

Se il successo del Civr ha dimostrato che gli accademici sipossono autovalutare con rigore con riferimento alla ricerca,considerazioni simili si possono portare a proposito della didat-tica, richiamando le metodologie di valutazione utilizzate incentinaia di corsi di studio ed effettuate secondo il ben notomodello definito dalla Crui. È importante che il governo el’Agenzia sappiano valorizzare tali esperienze e costruire su diesse le prossime iniziative di misurazione, valutazione e finan-ziamento del mondo universitario.

Conciliare criteri “globali” ed esigenze “locali”

Come evidenziato in precedenza, è assai probabile che per i sin-goli docenti o gruppi di ricerca l’esigenza di essere presenti sulterritorio si ponga in contrasto con quella di partecipare attiva-mente al dibattito scientifico internazionale.

Abbiamo già evidenziato che, per consentire agli studiosi dinon deflettere dai loro obiettivi “globali” e all’università di sod-disfare alle esigenze “locali” di essere supporto al territorio, puòrivelarsi utile la creazione di spin-off nei quali vi siano compe-tenze universitarie in grado di coordinare persone non interes-

Università e ricerca 93

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 93

Page 102: Libro verde sull'innovazione

94 Università e ricerca

sate ai percorsi accademici ma capaci di fornire quel tipo di “ri-cerca applicata” necessaria ai nostri interlocutori locali.

Un contributo prezioso può derivare anche dall’utilizzo deimeccanismi “integrati” di analisi delle performance accademi-che, mediante i quali individuare docenti che potrebbero svol-gere parte dei loro compiti focalizzandosi sulle relazioni con ilterritorio.

Le relazioni con il territorio possono inoltre essere facilitatemediante la predisposizione di nuove strutture integrate di in-terfaccia, capaci di portare efficacemente all’esterno le notevo-li potenzialità dell’università ai fini della competitività di impre-se e pubbliche amministrazioni, di supportare i ricercatori nelfundraising e di definire insieme agli interlocutori esterni pro-getti di ricerca ad hoc. Solo in tal modo l’università potrebbetornare nuovamente al centro di un crocevia di relazioni chetrovano in tale istituzione un momento virtuoso di incontro.

In tale prospettiva, il ruolo dei Liaison offices a supporto del-l’applicazione industriale della ricerca di base resta inalterato.Se gli atenei vogliono veramente portare un contributo alla cre-scita competitiva occorre però superare la monodirezionalitàinsita nel concetto stesso di “trasferimento tecnologico” e inte-grare i Liaison offices nell’ambito di momenti di dialogo univer-sità-territorio di più ampio perimetro. Tali nuove strutture, rela-zionandosi in maniera attenta con le facoltà e i dipartimenti, do-vrebbero fungere da facilitatrici rispetto al lavoro svolto da par-te di unità organizzative che di solito già esistono in ateneo mache spesso non comunicano fra loro. Fra le attività che rientra-no in tale perimetro ci sono, ad esempio, la rilevazione sistema-tica, la classificazione e l’illustrazione all’esterno di tutta l’attivi-tà di ricerca condotta in ateneo, la proposizione delle compe-tenze formative esistenti, la stimolazione e l’organizzazione del-la partecipazione comune, ricercatori-imprese, ai molteplicibandi di finanziamento emanati ai vari livelli istituzionali, il sup-porto nei confronti dei ricercatori nella predisposizione di busi-ness plan e piani di finanziamento, la presentazione alle impre-se e alle istituzioni esterne di tutti i servizi che potrebbero risul-tare loro utili (stage, placement, incontri con gli studenti ecc.).

Determinante ai fini dell’auspicato dialogo in oggetto è chele aziende, le associazioni, le pubbliche amministrazioni abbia-

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 94

Page 103: Libro verde sull'innovazione

no di fronte a sé un’unica interfaccia, professionale e affidabile,che apra loro le porte di tutto l’ateneo e che si faccia garantedello svolgimento dei servizi concordati. Ciò eviterebbe inutiliincomprensioni e perdite di tempo. Consentirebbe, inoltre, lafornitura di risposte più soddisfacenti nonché la definizione dimigliori relazioni con gli interlocutori esterni. Per quanto ri-guarda più strettamente il tema trattato in queste pagine, l’atti-vazione di un servizio di interfaccia integrato ridurrebbe l’inve-stimento di tempo altrimenti richiesto ai ricercatori per gestirein maniera diretta alcune delle attività sopra indicate, consen-tendo così di trovare più tempo ed energie per la ricerca e la suamigliore trasmissione.

3.5 Conclusioni

Abbiamo ripercorso in questo capitolo alcune delle problemati-che più attuali connesse ai temi dell’università e della ricerca. Apartire dal contesto italiano, abbiamo cercato di affrontare que-gli aspetti del governo dell’università, in termini strategici eoperativi, che affollano il dibattito corrente sull’università. Nelfar questo, abbiamo cercato di evitare di delineare soluzioni disicuro effetto mediatico ma di altrettanto sicura astrattezza. Perquesta ragione abbiamo privilegiato l’analisi degli aspetti con-cretamente operativi, quali i rapporti tra le attese del territorioe le performance delle università e i rapporti all’interno degliatenei tra facoltà e dipartimenti, sottolineando come l’universi-tà debba portare il globale nel locale e sfuggire dalla tentazionedi portare il locale nel locale, un modo per dire riprodurre quasigattopardianamente l’esistente.

Comunque, non ci sfuggono le rilevanti criticità dell’interosistema, né ignoriamo la diffusa sensazione per cui per le uni-versità si sono tentate tutte le soluzioni ma l’impatto reale delleinnovazioni è rimasto sempre modesto. Tuttavia non vogliamocadere nel cinismo di chi sostiene da una parte l’immutabilità(irrecuperabilità?) dell’istituzione universitaria o, dall’altra, lanecessità di soluzioni draconiane certamente inattuabili. E perquesta ragione vogliamo chiudere il nostro ragionamento solle-vando il tema della gestione della ricerca negli atenei.

Università e ricerca 95

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 95

Page 104: Libro verde sull'innovazione

Siamo convinti che in Italia non manchino aree di eccellenzaper certi versi formidabili vista la media del sistema. Tuttavia, lanostra esperienza ci dice che tali aree mai diventano motore perla crescita del sistema e spesso sono costrette a rimanere “iso-le” per non risentire di una diffusa pressione verso l’isomorfi-smo delle pratiche di gestione della ricerca universitaria. Per-ché questo accade? Noi azzardiamo due risposte in qualche mo-do complementari.

Da una parte, il sistema universitario, con particolare riferi-mento all’area delle scienze sociali, risente in modo ancora limi-tato dell’apertura verso il contesto internazionale. Nelle univer-sità è ancora prassi accettata e culturalmente riprodotta la valo-rizzazione in termini di carriera della collaborazione con il do-cente di riferimento in alternativa alla pubblicazione in ambitointernazionale. Non sono pochi anche gli esempi in cui le pub-blicazioni internazionali non rappresentano un effettivo titolodi distinzione ma sono equiparate a lavori non blind-refereed.Gli effetti di tali situazioni tendono in molti contesti a prevaleresugli incoraggianti segnali di apertura che vengono da molti ate-nei. In quei contesti, gli studenti apprendono sin dal livello un-dergraduate delle regole di comportamento che non chiederan-no di cambiare successivamente e, molto probabilmente, ripro-durranno. In altri versi, il sistema mantiene ampi settori che neprevengono la trasformazione in senso meritocratico (per comela meritocrazia si intende in ambito internazionale).

Dall’altra parte, riteniamo che troppo spesso le iniziative ditrasformazione dell’università siano state gestite proprio dagruppi e coalizioni scarsamente interessati all’innovazione neimeccanismi di gestione della ricerca. Questo spiega come il si-stema universitario, sotto il profilo del proprio cambiamento, sisia caratterizzato per i processi di adverse selection, per i qualiiniziative di trasformazione hanno generato la riproduzione diquegli stessi aspetti che volevano cambiare. In questo ambito, ilfenomeno del brain drain è un esempio illuminante. La presen-za di cervelli italiani all’estero è rilevante. Questi cervelli po-trebbero essere comunque una risorsa importante per accelera-re processi di internazionalizzazione e per diffondere le practi-ce internazionali di ricerca all’estero. Invece, il programma, purmeritorio, di rientro dei cervelli non riesce a far tornare chi oc-

96 Università e ricerca

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 96

Page 105: Libro verde sull'innovazione

cupa una posizione di rilievo perché non mette a disposizioneabbastanza risorse e non garantisce flessibilità per collabora-zioni durature, serie ma a tempo parziale (si veda la pratica dif-fusa dei double appointments all’estero). In conclusione, c’è lapossibilità che a rientrare siano studiosi in posizione marginalerispetto alle comunità scientifiche. La probabilità che tali stu-diosi, una volta rientrati nel sistema, ne riproducano gli aspettipiù tradizionali è, in linea di principio, elevata. Così si garanti-sce il permanere di modalità di gestione della ricerca differen-ziate rispetto a quelle internazionali anche attraverso program-mi nati per accelerare l’internazionalizzazione del sistema!

Rispetto a tali dinamiche non possono tuttavia sostenersi leipotesi di “privatizzazione” dell’università che talvolta i quoti-diani riportano, le quali ritengono che il mercato possa operareattraverso la sua mano invisibile per scacciare le università cat-tive e valorizzare quelle buone. Siamo lontani da questa conce-zione del mercato e, ancora, troppo consapevoli della natura dibene pubblico dell’università. Non riteniamo sia il momento perproporre etichette vuote da riempire con norme, procedure eprassi farraginose. Pensiamo che lo Stato debba agire per porta-re l’università lì dove c’è più bisogno di discontinuità e dove c’ènecessità di un’istituzione che possa fare da motore di sviluppoculturale ed economico. Paradossalmente, l’università serve do-ve l’economia e l’impresa da sole non ce la fanno, non dove que-ste istituzioni riescono ad alimentare circoli virtuosi di crescitae sviluppo culturale. Vige ancora la frase attribuita all’ex presi-dente degli Stati Uniti Bill Clinton: “Volete un modo per crearesviluppo economico? Portate in una comunità un aeroporto eun’università!”.

Ciò su cui vogliamo porre l’attenzione è quale università bi-sogna portare. Se è vero che l’università deve portare disconti-nuità allora deve essere capace di portare il globale nel locale enon essere espressione mera del locale. Da qui la proposta dicreare joint research centers, in cui università di prestigio, at-traverso i cervelli italiani lì presenti, possano direttamente esse-re chiamate a formare centri di ricerca seguendo i loro standarddi gestione della ricerca e non mutuando quelli locali. Questijoint research centers dovranno localizzarsi nelle aree dove ri-cercare maggiori discontinuità tecnologiche (aree ad alto svi-

Università e ricerca 97

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 97

Page 106: Libro verde sull'innovazione

luppo ma a rischio perdita di competitività) o socio-economi-che (il Meridione).

Attraverso un simile progetto di intervento potrebbe ancheassicurarsi il coinvolgimento dei cervelli migliori che avrebberoassicurata la continuità della qualità del loro ambiente di lavo-ro. Questo perché dobbiamo essere tutti coscienti che, in moltearee del sistema universitario attuale, un’iniezione di innovazio-ne e di risorse non comporterebbe alcun cambiamento se gesti-ta con gli stessi atteggiamenti che hanno caratterizzato il siste-ma fino a oggi.

E chiudiamo, sperando di suscitare un sorriso ma ancheun’acuta riflessione nel lettore, con una parabola cara a due deicoautori siciliani del presente capitolo: la parabola dello ZioVincenzo (u Zu Vicè). La parabola dice che un giorno Zu Vicè,contadino siciliano, incontra con il suo tipico carretto un giova-ne che gli suggerisce l’acquisto di un’autovettura con l’argomen-to che “basta mettere la prima e ci fai 10 volte dalla campagna aPalermo e ritorno”. Dopo una settimana, Zu Vicè convinto al-l’acquisto della vettura incontra il giovane e lo affronta vistosa-mente contrariato. “Ma che mi hai consigliato? Io ho messo laprima e dopo un po’ sono rimasto tutto pieno di fumo e con ilmotore bruciato!” “Ma Zu Vicè,” risponde subito il giovane “laseconda l’hai messa?”.

Riempire di benzina un motore non lo fa andare più veloce,a maggior ragione quando chi lo guida ha l’atteggiamento di ZuVicè. La ricerca internazionale, la valutazione, la meritocrazia,sono tutti elementi che possono essere introdotti con successose a introdurli sono coloro che queste cose le hanno fatte e nonsoltanto sentite dire. Una considerazione che deve fare riflette-re chi ha la responsabilità di incidere sul cambiamento del siste-ma universitario del paese.

98 Università e ricerca

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 98

Page 107: Libro verde sull'innovazione

4. Domanda pubblica e innovazione

di Enrico Forti e Maurizio Sobrero

4.1 Introduzione

La società europea contemporanea, avversa al rischio e rilut-tante ai cambiamenti, attraversa un periodo complesso, in cui lestrutture organizzative che durante la seconda metà del secoloscorso gettarono le basi del benessere diffuso sono messe a du-ra prova e le aspettative di crescita ininterrotta non trovano piùriscontro nella realtà. Parallelamente emergono differenze so-stanziali tra la retorica celebrativa della politica riguardo le sfi-de della “Knowledge Economy” e la quotidianità del sistemacompetitivo che lamenta le esitazioni e s’interroga sul ruolo del-lo Stato in rapporto al sistema economico.

Il cambiamento certamente fa paura e l’incertezza è nemicadei mercati, tuttavia non è possibile ridurre il dibattito alla lace-rante dicotomia tra un modello interventista “dirigista” e una“libera” rinuncia alla politica industriale. Le strategie di ieri de-vono compiere un enorme salto evolutivo di fronte alla scalaglobale delle sfide di oggi, è necessario riconoscere la centrali-tà strategica dell’innovazione, comunicare questa cultura vin-cente e potenziarne gli strumenti applicativi.

La società tutta è costretta a trovare risposte nuove a frontedi mutamenti radicali nella natura del progresso tecnologico enell’evoluzione delle economie, e in questo contesto si rendononecessari nuovi approcci alla gestione dell’innovazione e allepolitiche industriali per riaffermare la nostra valenza competiti-va sullo scacchiere internazionale. In questo capitolo concen-treremo la nostra attenzione sul ruolo della domanda pubblicacome strumento di sostegno allo sviluppo d’innovazione.

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 99

Page 108: Libro verde sull'innovazione

4.2 Le politiche dell’innovazione e il ruolodella domanda pubblica

Il Public Technology Procurement (Ptp), vale a dire l’utilizzodella domanda pubblica di beni e servizi in chiave strategica ecome impulso all’innovazione, ha dato vita di recente a un viva-ce dibattito politico. Interventi di questo tipo promettono mi-glioramenti dei servizi pubblici a tutti i livelli, uniti a esternalitàpositive legate in gran parte alle dinamiche specifiche dell’inno-vazione tecnologica. È evidente, tuttavia, che per canalizzare inquest’ottica il volume di risorse associato al public procure-ment saranno necessari sforzi importanti, uniti a una migliorecomprensione delle dinamiche alla base degli approvvigiona-menti pubblici e al fondamentale commitment da parte dellaclasse politica.

Un punto fermo per la comprensione dei processi innovativiva ricercato in primo luogo in alcuni concetti chiave che ritro-viamo in letteratura. Le teorie economiche contemporanee, aquesto proposito, sottolineano la natura sistemica dell’innova-zione e si focalizzano sull’apprendimento nell’ambito delle inte-razioni tra utenti e produttori: la conoscenza circa i bisogni de-gli enti deve essere trasferita ai fornitori potenziali e la com-prensione delle soluzioni tecnologiche da parte dei fornitori de-ve fluire verso gli acquirenti pubblici.

In particolare, al fine di evitare fuorvianti generalizzazioni,occorre definire preventivamente il “contenuto” e il “campod’azione” della parola innovazione. Essa deve essere intesa co-me “ricerca, scoperta, sperimentazione, sviluppo, imitazione eadozione di nuovi prodotti, processi o soluzioni organizzative”(Dosi, 1988), ma anche come “processo continuo nel tempo enello spazio” caratterizzato nelle società moderne da una forteverticalizzazione delle competenze. Tutto ciò implica il ricono-scimento di una natura sistemica e non lineare dell’innovazione(Lundvall, 1992), la quale ha luogo sostanzialmente nella condi-visione di conoscenza per mezzo di processi d’apprendimentomultilaterali nell’ambito delle interazioni produttore-utente(Von Hippel, 1988). A tal proposito, rielaborando queste osser-vazioni in relazione alla domanda pubblica d’innovazione tecno-logica, i risultati di un recente studio condotto a livello europeo

100 Domanda pubblica e innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 100

Page 109: Libro verde sull'innovazione

(Fraunhofer ISI, 2005), suggeriscono che l’approccio sistemico,implica un ruolo del public procurement inteso come “appren-dimento interattivo guidato dalle istituzioni”.

L’interazione tra soggetti potenzialmente innovatori, di con-seguenza, è un presupposto necessario, poiché l’innovazionenon si verifica quasi mai in contesti isolati (Edquist e Johnson,1997), ma trova il suo motore nell’apprendimento, inteso comeattività sociale tra persone operanti nell’ambito di istituzioniformali e informali. La politica in questo contesto ha quindi lafacoltà di configurare le istituzioni e assicurare il commitmentnecessario affinché l’innovazione si concretizzi per mezzo del-le relazioni.

Il contributo dei flussi di conoscenza e dell’apprendimentoreciproco si esplicita nel Public Technology Procurement doveil prezzo non contiene da solo tutta l’informazione rilevante perla transazione e si rendono necessarie interdipendenze profon-de fra acquirenti e fornitori volte alla costruzione di consapevo-lezza reciproca in merito ai requisiti funzionali.

L’acquisizione di beni o servizi innovativi da parte degli entipubblici presenta inoltre dinamiche diverse a seconda del ti-ming rispetto allo stadio di sviluppo del mercato e al ciclo divita delle tecnologie. Nella fase di lancio di un’innovazione, adesempio, quando ancora non è emerso un mercato di riferi-mento, la domanda pubblica può agire da market maker, men-tre un intervento nelle fasi successive può favorire il consolida-mento dei mercati, integrando le nicchie tecnologiche versouno standard condiviso e tipico di una tecnologia relativamen-te matura.

Se immaginiamo il mercato come un panno teso e i soggettieconomici come biglie d’acciaio, l’effetto aggregato dei vari seg-menti di “domanda pubblica” è quello di generare una distorsio-ne nel “tessuto” economico che aggrega l’offerta e influenza al-cuni processi a essa correlati. Il Ptp è quindi d’interesse partico-lare sia nelle vesti di sostegno all’offerta che in quelle di mezzoper favorire l’emersione di nuove tecnologie.

Tale approccio strategico al procurement ha effetti di vastaportata sulle caratteristiche merceologiche dei beni scambiati edei servizi offerti, poiché un incremento sostenuto nella doman-da di soluzioni tecnologiche innovative in ambiti quali e-govern-

Domanda pubblica e innovazione 101

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 101

Page 110: Libro verde sull'innovazione

ment e e-health spinge gli operatori del mercato Ict ad adegua-re il paniere di attributi e la propria strategia competitiva. Ana-logamente, lungi dal caratterizzarsi come intervento discrimina-torio, l’efficacia nella selezione dei fornitori può ulteriormentediventare un elemento importante per sostenere dinamicheorientate all’efficienza, limitando le rendite di posizione e favo-rendo i processi meritocratici orientati all’innovazione del siste-ma economico.

Secondo una prospettiva storica, la domanda pubblica èstata tradizionalmente impiegata come strumento di politicaeconomica per mutare i confini e le dimensioni di settori chia-ve dell’economia di uno Stato, e proprio in questo sensol’Unione europea si è dotata di regole basilari per evitare com-portamenti discriminatori a garanzia della concorrenza e dellatrasparenza del mercato. In altri termini, tuttavia, la presenzadei governi in alcuni settori strategici attraverso politiche dipublic procurement cosiddette “discriminatorie” può esserenecessaria a incentivare l’ascesa di una cultura orientata all’in-novazione, garantendo una rapida diffusione delle esternalitàpositive verso la collettività nel suo complesso, con effetti po-sitivi per la competitività di molti settori e facilitando la com-petizione, la cooperazione e i comportamenti virtuosi nel siste-ma economico.

Alcuni studi riguardo all’efficacia del Ptp condotti tra gli an-ni Ottanta e Novanta (Rothwell e Zegveld, 1981; Geroski, 1990;Edquist, 1998) delineano una situazione coerente con le dinami-che proprie del ciclo di vita delle tecnologie, ma dai forti chiaro-scuri. Nonostante molti casi di studio d’eccellenza, rimangonoforti difficoltà all’implementazione sistematica di una politicapubblica profondamente complessa nelle modalità realizzativee difficilmente caratterizzabile secondo categorie discrete. Ciònonostante la letteratura economica generalmente concordanel classificare il Ptp tra le forme di sostegno all’innovazionepiù efficaci dal lato della domanda.

In tutto il mondo i governi, nell’intento di realizzare le pro-prie funzioni, investono un ammontare enorme di risorse finan-ziarie negli approvvigionamenti. È essenziale rispondere a que-ste sfide attraverso un impiego efficiente delle risorse, per inno-vare la pubblica amministrazione nell’ambito di una competi-

102 Domanda pubblica e innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 102

Page 111: Libro verde sull'innovazione

zione aperta ed equa fra i potenziali fornitori. Nel caso opposto,le imprese fornitrici sono disincentivate a perseguire l’innova-zione, a competere sulla qualità o sul contenimento dei costi e iprocessi di selezione subiscono distorsioni di varia natura attra-verso relazioni pubbliche o private, collusione ed eventualmen-te corruzione.

Il Ptp, creando un “mercato di riferimento” per le nuove tec-nologie, è un potente strumento di stimolo all’innovazione. Inun’ottica di avversione al rischio, le imprese ricevono un forteincentivo a investire in ricerca per lo sviluppo di soluzioni avan-zate, in quanto possono contare sulla willingness to pay delcomparto pubblico. Inoltre secondo un approccio sistemico alprocurement, con valutazioni d’impatto sull’intero ciclo di vitadell’acquisto, l’azione istituzionale di market making fa sì chetecnologie allo stadio embrionale, sviluppate su commessa pub-blica, possano evolvere in soluzioni mature per il mercato pri-vato.

Sul finire del 2004, il rapporto Kok sulla strategia di Lisbonaha riconosciuto nel Ptp un importante strumento a sostegno dimercati pionieristici per prodotti e servizi innovation-intensi-ve e, analizzando alcuni casi a livello europeo, si trova confer-mata un’accresciuta attenzione per l’argomento.

Nel Regno Unito il rapporto del governo sull’innovazione nel2003 ha proposto una serie di misure puntate sugli effetti delPtp che includono la produzione di una guida destinata ai pro-curers su “come catturare l’innovazione” e la revisione delleprocedure d’acquisto del servizio sanitario nazionale (Nhs). InSpagna la Fondazione Cotec ha prodotto un rapporto su “Ap-provvigionamento pubblico e tecnologia”. Nei Paesi Bassi unatask force governativa sta valutando il potenziale del publicprocurement per le politiche sull’innovazione. In Germania ilcosiddetto “Impulse Circle Innovation Factor State” sta valutan-do le possibilità di promuovere l’innovazione a partire dal mer-cato, attraverso una revisione dei criteri di public procurementin una prospettiva di “procurement strategico” verso settori tec-nologici selezionati.

Il messaggio chiave è che il Ptp può essere promosso consuccesso senza compromettere il mercato unico e la liberalizza-zione degli appalti pubblici. In tal senso la teoria economica

Domanda pubblica e innovazione 103

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 103

Page 112: Libro verde sull'innovazione

suggerisce (Aghion et al., 2002), infatti, che il rapporto fra inten-sità di concorrenza e innovazione non è lineare, ma si articolasecondo pochi “balzi in avanti” e lunghi periodi di “inattività”nell’ambito di due possibili configurazioni degli attori:

• se le imprese competono testa a testa, la concorrenza stimo-la un ciclo virtuoso di azioni e reazioni in cui il leader tentadi avvantaggiarsi attraverso l’innovazione, provocando unarisposta imitativa del follower volta a recuperare il terrenoperduto;

• se al contrario c’è una posizione dominante, l’aumento dellaconcorrenza riduce la spinta all’innovazione, poiché la ri-compensa per il follower in caso di reazione è comunque vin-colata alla rendita di posizione del leader.

Nel caso di mercati allo stadio embrionale sostenuti attraversoil Ptp, è necessario prevedere forme di co-sourcing e suddivi-sione dei finanziamenti per le commesse, in modo da evitareconcentrazioni/dipendenze troppo forti e l’emergere di posizio-ni dominanti. Tuttavia, dal momento che il Ptp può implicarel’acquisto di beni o servizi che ancora non esistono o che ri-chiedono investimenti in ricerca per essere concretizzati, le de-cisioni di bundling/unbundling delle commesse, dovrebberoessere affrontate comunque in una doppia prospettiva di pro-mozione dei comportamenti innovativi e di gestione delle inter-dipendenze, dialogando con i fornitori più importanti per ren-dere trasparente la supply chain e aumentare le occasioni diaccesso ai subappalti per i piccoli fornitori. Ne consegue che icontratti dovrebbero limitarsi a specificare requisiti funzionalie vincoli di budget, evitando clausole eccessivamente normati-ve. Ciò finirebbe per impedire l’emersione di comportamentiinnovativi, penalizzando i piccoli fornitori che non possono so-stenere costi eccessivi per la compliance. Anche i regolamentialla base dei bandi, quindi, dovrebbero prevedere clausole spe-cifiche riguardo alle varianti, in modo da accettare di buon gra-do proposte alternative in assenza di solide argomentazionicontrarie.

Un ostacolo rilevante verso un utilizzo strategico del procu-rement è rappresentato dalla frammentazione dei regolamenti.

104 Domanda pubblica e innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 104

Page 113: Libro verde sull'innovazione

Ad esempio nel procurement ospedaliero (il settore healthcareè considerato un’area molto interessante per le potenziali ester-nalità positive degli acquisti) la decentralizzazione è una ten-denza comune, che si concretizza in una varietà di forme, peresempio attraverso livelli multipli di governo (nazionale/regio-nale/locale), aziende ospedaliere quasi-indipendenti e organiz-zazioni non governative, tutte operanti in porzioni diverse delterritorio. In queste circostanze purtroppo si rischia di dover so-stenere elevati costi di transazione per l’individuazione delle ne-cessità comuni e la definizione di una strategia su scala aggre-gata.

A questo proposito nonostante gli acquisti pubblici costitui-scano una materia altamente regolamentata dai diversi legisla-tori nazionali, più di trenta istituzioni europee, operanti nel set-tore degli acquisti pubblici, partecipano all’EU Public Procure-ment Learning Lab (Euppll), un laboratorio permanente istitui-to nel dicembre 2003 con l’obiettivo di condividere in chiavetransnazionale esperienze in materia di acquisti pubblici. La va-lenza di una programmazione strutturata di incontri tra paesimembri dell’Ue è quella di stimolare i partecipanti a confrontar-si sulle problematiche degli acquisti pubblici e a condividereesperienze e best practices da poter essere poi riadattate nellesingole realtà nazionali. Dal punto di vista della diffusione delleidee, molti Stati europei hanno affinato la gestione dei processid’acquisto, sia nel caso di asset “strategici” che in quello di pro-dotti “ordinari”. Diverse strategie sono state implementate, rive-lando i benefici di un approccio sistemico al procurement. Tut-tavia, per la sistematizzazione delle best practices in ambito Ptpsaranno necessari professionisti addestrati al ruolo di “clientiintelligenti”. Acquirenti che vantano familiarità con gli ultimitrend riguardo a tecnologie, mercati e competenze dei fornitori,ma anche capacità di specificare i requisiti funzionali valutandole offerte in termini di Tco.

Queste osservazioni valgono a illustrare non soltanto il pesospecifico del settore pubblico rispetto al tessuto economico,ma anche l’ampio spettro d’implicazioni strategiche per il soste-gno all’innovazione. Analogamente, i sempre più rapidi cambia-menti tecnologici, e la necessità da parte dello Stato di definire ipercorsi entro cui indirizzare lo sviluppo tecnologico nell’inte-

Domanda pubblica e innovazione 105

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 105

Page 114: Libro verde sull'innovazione

resse della collettività, hanno conferito negli ultimi anni un ruo-lo nuovo e critico alle attività di regolamentazione. In Italia, da-ta la crescita ridotta e l’elevata inefficienza del settore pubblico,è sempre più urgente lo sviluppo di politiche pubbliche integra-te in un’ottica di Public Technology Procurement, a sostegno diuna rapida penetrazione della “cultura dell’innovazione” in tuttii settori chiave dell’economia. La maniera in cui il paese rag-giungerà questo obiettivo influenzerà la qualità di vita dei citta-dini, le condizioni lavorative e la competitività globale dell’indu-stria e dei servizi.

106 Domanda pubblica e innovazione

Public Technology Procurement nel Regno Unito

Il governo inglese attraverso il ministero del Commercio e dell’Industria destinaannualmente circa 125 miliardi di sterline all’acquisto di beni e servizi seleziona-ti nell’intento di stimolare l’innovazione, creare nuovi mercati e a favorire le bestpractices.I programmi del governo mirano a istituzionalizzare il Ptp e, a tale scopo, da un la-to aggiornano le imprese con informazioni precise sulle richieste del settore pub-blico, dall’altro analizzano i mercati e investono nel technology foresight. Le co-struzioni, i rifiuti e i centri sanitari sono stati scelti come mercati pilota, e tra leazioni varate ci sono provvedimenti volti a mitigare le barriere all’ingresso per lepiccole aziende.Le Pmi innovative sono numerose, ma la maggior parte non ha le risorse neces-sarie ad affrontare le gare d’appalto: redigere un’offerta costa almeno 1500 eu-ro e le possibilità di vincita sono nell’ordine del 25%. Le Pmi spesso si limitanoa concorrere per commesse di circa 60.000 euro, perché gare di più vasta por-tata potrebbero costare all’azienda fino a 1-2 milioni di euro soltanto per la com-pliance.Nel Regno Unito si sono verificati casi di successo riguardo ai partenariati pubbli-co-privato nell’ambito di programmi di costruzione di ospedali. Il settore privatovuole massimizzare i profitti costruendo strutture caratterizzate da bassi costi digestione ed elevata longevità, tali requisiti funzionali hanno esercitato una pres-sione che si è rivelata un potente motore di innovazione e ha prodotto ospedalimigliori. L’azione nel settore dei rifiuti è stata troppo tardiva e non è riuscita a sti-molare le soluzioni innovative necessarie.

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 106

Page 115: Libro verde sull'innovazione

4.3 L’evoluzione del public procurement e il caso Consip

In Italia, nel periodo 2000-2005, la spesa pubblica corrente alnetto degli interessi è passata da 475 miliardi di euro (pari al39,9% del Pil) a 622 miliardi di euro (43,9% del Pil) con un tassomedio di crescita annuo reale del +2,6%, mentre nello stesso pe-riodo il Pil è cresciuto dello 0,6% (Censis, 2006).

A partire dall’impulso al contenimento della spesa e dalla ne-cessità pressante di un recupero strutturale d’efficienza nel set-tore pubblico, la riorganizzazione delle procedure d’acquisto dibeni e servizi della pubblica amministrazione (PA) ha condottoalla successiva istituzione di Consip. In un quadro d’innovazio-ne generale della macchina amministrativa italiana, il ripensa-mento del public procurement, anche alla luce degli avanza-menti tecnologici, ha portato all’adozione delle aste elettroni-che, accanto all’introduzione di nuovi strumenti come i market-place, i cataloghi elettronici ecc. La finalità perseguita è stataquella di concorrere, in tal modo, a razionalizzare e monitorarepiù efficacemente la spesa pubblica, così da contribuire a unamaggiore competitività complessiva del paese. Tuttavia, aun’analisi più approfondita, la riforma svela aspetti controversi:da un lato persegue la logica delle economie di scala operandouna centralizzazione delle condizioni d’acquisto; dall’altro fa le-va sull’avanzamento tecnologico diffuso a livello locale per au-mentare la produttività delle amministrazioni.

Un sistema efficiente di procurement genera, in teoria, eco-nomie di scopo o di varietà, ovvero è possibile produrre più be-ni congiuntamente a costi inferiori rispetto a quelli che sarebbe-ro sostenuti in aggregato da un insieme di amministrazioni cia-scuna delle quali ne producesse uno solo.

La premessa logica è che Consip, in veste di banditored’asta, goda di informazioni qualitativamente e quantitativa-mente più accurate delle singole amministrazioni locali nellascelta dei fornitori, tali da diminuire i rischi di azzardo morale eselezione avversa nei processi contrattuali (Williamson, 1998).In realtà, esistono sia problemi pratici di aggregazione per la do-manda differenziata espressa dalle amministrazioni locali cheproblemi decisionali riguardo gli acquisti di prodotti e servizi

Domanda pubblica e innovazione 107

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 107

Page 116: Libro verde sull'innovazione

complessi o con forti ripercussioni sui settori chiave dell’econo-mia (Ict in primis). Emerge pertanto la necessità di forme dicoordinamento più o meno volontarie che assicurino da un latolivelli più elevati di efficienza nel sistema degli acquisti della PAe dall’altro una maggior corrispondenza tra i criteri di procure-ment e le implicazioni strategiche dell’orientamento al Ptp.

L’obiettivo di Consip nella trasformazione del sistema degliacquisti della PA si è concentrato in una prima fase sul conteni-mento della spesa pubblica attraverso le convenzioni nazionaliobbligatorie, cioè contratti quadro per le forniture di ampie di-mensioni, suddivisi in lotti geografici o per caratteristiche tecni-che dei prodotti e servizi forniti. Fattore critico di successo nel-l’ambito di tale programma era l’implementazione di un sistemadi procedure elettroniche d’acquisto al fine di ridurre i costi del-le transazioni, standardizzare la qualità delle forniture in tuttaItalia e i cicli di procurement.

Per stipulare le convenzioni quadro, Consip valuta la doman-da aggregata delle amministrazioni a livello nazionale, invita ifornitori a formulare proposte contrattuali per le forniture ri-chieste, seleziona le migliori condizioni contrattuali per la quan-tità di beni e servizi a livello nazionale e implementa la piatta-forma tecnologica per gestire gli acquisti on line.

Nell’agosto 2003, tuttavia, sotto la pressione del diffuso“malcontento” delle amministrazioni e dei piccoli fornitori, lalegge finanziaria abroga l’obbligo delle convenzioni e la maggiorparte delle amministrazioni torna a negoziare liberamente i con-tratti d’acquisto, con l’unico vincolo di confrontare le condizio-ni contrattuali con le condizioni offerte nelle convenzioni. Dalsistema centralizzato delle convenzioni quadro si passa così aun regime decentrato in cui le amministrazioni aderiscono alleconvenzioni o selezionano autonomamente i propri fornitori,nonché gli strumenti informatici che meglio rispondono alle lo-ro esigenze, ricorrendo alla consulenza e all’assistenza tecnicadi Consip per lo sviluppo di tecnologie informatiche e per la ge-stione di complessi processi di acquisto.

La valorizzazione dei sistemi di public procurement è dive-nuta prioritaria nel settore pubblico, e a ragione. Nelle istituzio-ni governative circa il 5-10% della forza lavoro è, in qualche mo-do, coinvolto negli approvvigionamenti. Eppure, nonostante la

108 Domanda pubblica e innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 108

Page 117: Libro verde sull'innovazione

loro evidente importanza, molte decisioni di acquisto non sonocoordinate, non sono supportate da informazioni e restano in-trappolate nel labirinto della burocrazia.

Nonostante l’esistenza di alcuni aspetti critici nella configu-razione delle aste, in merito alla massima chiarezza delle rego-le, alla “usabilità” della piattaforma d’asta, e alla sua “robustez-za” nei confronti dei rischi di possibile collusione, e più in gene-rale dei rischi insiti nelle forme di marcata centralizzazione, sireputa comunemente (European Dynamics SA, 2004) che leaste elettroniche possano determinare, se generalizzate, rispar-mi dell’ordine del 5% sul totale della spesa pubblica, e risparmitra il 50 e l’80% nei costi di transazione fra le parti coinvolte.

Il semplice criterio del massimo ribasso tuttavia, sebbeneconsenta un’accettabile approssimazione per le commodities,rischia di non considerare variabili chiave, introducendo distor-sioni ed eccessive semplificazioni nel processo decisionale, ra-gion per cui negli ultimi anni comincia a prevalere un orienta-mento che privilegia, sopra ogni altra cosa, l’efficacia. Il che si-gnifica che l’amministrazione deve intraprendere azioni inun’ottica di Total Cost of Ownership (Tco), sulla base di unapiena consapevolezza dei bisogni sociali nel settore d’interven-to, monitorandone costantemente l’andamento e verificandonel’efficacia attraverso le reazioni dell’utenza. Parallelamente si ri-chiede una gestione sempre più strategica del Ptp, in quantonell’ambito di un completo orientamento al Tco sarebbe auspi-cabile una valutazione delle implicazioni degli investimenti an-che dal lato dell’offerta. Il criterio d’allocazione, infatti, messoin atto dalla PA attraverso il procurement, impatta inevitabil-mente sulle dinamiche alla base dell’innovazione tecnologica,in quanto il volume elevato di risorse che si riversa sul mercatogenera delle ripercussioni sull’ecosistema competitivo dei for-nitori.

D’altra parte, non tutto il public procurement è effettuatoper soddisfare le necessità o gli obiettivi diretti dei servizi pub-blici. In alcune circostanze l’acquisto di beni o servizi da partedegli organi dello Stato è volto principalmente a influenzarespecifici segmenti della domanda dei privati. E proprio a parti-re da queste considerazioni, in un tentivo di formalizzazione delfenomeno, sono state individuate (Edquist e Hommen, 2000) tre

Domanda pubblica e innovazione 109

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 109

Page 118: Libro verde sull'innovazione

classi principali di public procurement: “direct”, “co-operative”e “catalytic”.

Essenzialmente, queste categorie si riferiscono ai diversi uti-lizzatori finali e a corrispondenti classi differenti di bisogni so-ciali e possono essere estremizzate in una dicotomia fra “direct”e “catalytic”.

• Nel direct public procurement, l’agenzia o l’amministrazio-ne pubblica che effettua l’acquisizione è l’utilizzatore finaleprincipale del prodotto in questione e i bisogni che motivanola spesa hanno perciò natura intrinseca al compratore. L’ac-quisto di un treno ad alta velocità da parte di una società ditrasporto ferroviario di proprietà pubblica costituisce unclassico esempio di questo tipo di approvvigionamento.

• Per catalytic public procurement, s’intendono gli acquisti dibeni e servizi per conto di utilizzatori finali diversi dall’agen-zia o amministrazione pubblica acquirente; i bisogni socialiche vengono soddisfatti possono essere definiti come estrin-seci, individuabili soprattutto all’interno del settore privato,fra le imprese o i consumatori. Un tipico esempio è l’acqui-sto e la fornitura da parte dello Stato di riduttori di flusso peri rubinetti, il risparmio d’acqua nel lungo termine ha effettianche sulle aziende di pubblica utilità, ma l’obiettivo prima-rio è quello di ridurre il consumo d’acqua delle utenze dome-stiche.

• Infine, in caso di co-operative public procurement, l’ammini-strazione pubblica che effettua l’acquisizione è tra gli utiliz-zatori finali del prodotto in questione, ma non ne è l’unico e ibisogni che motivano l’acquisizione sono compartecipaticon altri utenti finali. L’acquisizione di pannelli fotovoltaici ètra gli esempi di questo tipo di procurement, il bisogno allabase dell’acquisto è condiviso con la società più in generalee lo stesso prodotto potrebbe essere acquistato anche daiprivati. Lo scopo principale del public procurement, in que-sto caso, è l’avvio di un mercato di riferimento.

In questa ottica e per valutare appieno le conseguenze dei pro-cessi di ristrutturazione della domanda pubblica, è necessarionon dimenticare che l’introduzione di infrastrutture d’approvvi-

110 Domanda pubblica e innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 110

Page 119: Libro verde sull'innovazione

gionamento informatizzate, oltre a risparmi di spesa, ha dato ilvia alla riallocazione di un enorme volume di risorse, influen-zando specifici settori del sistema economico. Il processo di ra-zionalizzazione della spesa tramite il ricorso a strumenti di e-procurement ha attraversato, negli ultimi anni, una notevoleevoluzione, caratterizzata dal susseguirsi di fasi diverse, nellequali l’attenzione è venuta progressivamente spostandosi daobiettivi inizialmente di natura “tattica” a finalità nettamentepiù “strategiche”, attinenti ai criteri cui ispirare la gestione del-la spesa nella sua totalità.

Su scala aggregata, la PA genera un volume di acquisti tal-mente elevato da influenzare significativamente la natura stes-sa dell’offerta intervenendo nelle dinamiche evolutive di stan-dard e procedure. La stessa attività di e-procurement per lecommodities di fatto agisce già in questo senso, in quanto spin-ge le imprese a partecipare come fornitori ai sistemi elettronicidi procurement e incentiva di conseguenza l’adozione di piatta-forme simili per le proprie forniture. In una prima fase l’obietti-vo prevalente è stato costituito dalla riduzione dei prezzi unitaridi acquisto, resa possibile dalla creazione di economie di scala,attraverso l’aggregazione del volume di spesa e la negoziazionesui prezzi. Queste esperienze tuttavia hanno messo in evidenzala necessità di affrontare in modo più radicale la modificazionedei processi di acquisto per sfruttare appieno i potenziali bene-fici negoziali dell’e-procurement, declinando nel contempo gliacquisti della PA secondo un’ottica di Tco in una prospettiva se-minale di Ptp orientato alla generazione di valore aggiunto.L’obiettivo di rimodulazione del fabbisogno di acquisto è quindipassato da un puro esercizio di riduzione dei costi in relazioneagli obiettivi dell’organizzazione a un’ottica di migliorata e piùstrategica definizione delle risorse da impiegare e dei volumi daacquistare.

In questo senso, l’elevato impatto economico, l’alto profilodi rischio intrinseco e la specificità della relazione tra cliente efornitore nell’acquisto di tecnologie e di servizi informatici ren-dono opportuna la definizione di un contesto relazionale co-struito su regole chiare e condivise, sia sotto il profilo operati-vo, sia sotto il profilo di tutela delle responsabilità delle parti.

L’analisi del public procurement ancora oggi è fondata in

Domanda pubblica e innovazione 111

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 111

Page 120: Libro verde sull'innovazione

112 Domanda pubblica e innovazione

gran parte sulla teoria classica delle aste competitive. In que-st’ottica l’informazione disponibile è completa e l’approvvigio-namento è considerato come un gioco, in cui entrambe gli atto-ri (PA e fornitore) tentano di sfruttare a proprio vantaggio le de-bolezze della controparte. Sfortunatamente però, le dinamichealla base del Ptp si discostano molto dal classico approvvigio-namento di prodotti standardizzati, poichè le acquisizioni di so-luzioni tecnologiche superano i confini della teoria economicaclassica.

In caso di Ptp l’acquirente spesso detiene informazioni es-senziali sulle caratteristiche della soluzione che sarà sviluppata,una forma di conoscenza tacita che deve essere trasferita al for-nitore in un’ottica cooperativa, nell’intento di massimizzarel’utilità complessiva generata dall’investimento. In contrastocon il classico sistema di aste, la teoria alla base dei processi in-novativi guarda al Ptp come un caso particolare di interazionecollaborativa produttore-utente basata sulla condivisione di co-noscenza (Von Hippel, 1988). Cuore dei sistemi innovativi è, in-fatti, l’apprendimento, che caratterizzandosi come attività fon-damentalmente relazionale e sociale è mal descritto dall’anoni-mità dei processi d’asta.

Nel tentativo di individuare i settori maggiormente interes-sati dal Ptp, il focus è ancora nella natura sistemica dei progettidi procurement e dei processi cooperativi di condivisione di co-noscenza, in quanto si selezionano i settori target a seconda dellivello di correlazione con le dinamiche dell’innovazione tecno-logica e in particolare Ict. L’obiettivo finale, indipendentementedal settore specifico, è quello di creare un mercato di riferimen-to per la tecnologia, laddove i rischi da affrontare sono così ele-vati da rendere proibitivo l’investimento nella ricerca da partedelle singole imprese.

In alcuni settori, come la Difesa, l’implementazione dei con-cetti di Network Centric Warfare/Network Enabled Capability,che vede impegnati in uno sforzo coordinato e parallelo tutti imaggiori paesi, a partire da quelli della Nato, è destinata a se-gnare profondamente il futuro sia delle forze armate, in qualitàdi utilizzatori, che dell’industria Ict, in qualità di fornitore. Ana-logamente, in nuovi settori, tra cui e-health e e-government, sista assistendo a una trasformazione di grande portata, caratte-

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 112

Page 121: Libro verde sull'innovazione

rizzata anche in questo caso da una crescente domanda pubbli-ca di soluzioni Ict.

Il Ptp rappresenta pertanto il luogo ideale per sperimenta-re nuove forme di collaborazione pubblico-privato. L’obiettivoprincipale consiste nell’individuare le caratteristiche desidera-bili del sistema di procurement nazionale, alla luce dell’espe-rienza Consip e delle altre amministrazioni che si stanno dotan-do di strumenti moderni di procurement. Vi è inoltre la necessi-tà di costruire un quadro coerente di azione tra i soggetti che sioccupano di tecnologie dell’informazione all’interno dell’ammi-nistrazione centrale, al fine di cogliere tutti i benefici collateralilegati alla disseminazione delle tecnologie. Gli effetti di talicambiamenti, se opportunamente governati, si manifesterannonon solo sul piano tecnologico, ma anche sul piano operativo esu quello economico.

4.4 Innovazione sistemica e tecnologie Ict

La permeabilità dei sistemi economici alle soluzioni Ict e la loroconseguente diffusione svolgono un ruolo centrale nel determi-nare i livelli di produttività nelle economie avanzate. È ormaiassodato come esse ricoprano un ruolo trainante nella nuovaeconomia della conoscenza e nel processo di ristrutturazionedelle moderne economie di mercato.

Tra i settori che offrono grandi potenzialità verso la creazio-ne di un sistema economico “innovation friendly” l’Ict (di cui In-ternet è l’emblema e il motore) è considerato la chiave di voltaper il posizionamento dell’Italia sulle frontiere tecnologiche piùavanzate. Questo entusiasmo nei confronti della tecnologia èspiegato dall’emergere di un nuovo modello organizzativo “ena-bling” che ricombina risorse e competenze modificando alla ba-se le dinamiche competitive, favorendo la crescita economica,creando nuovi e migliori posti di lavoro, aumentando la prospe-rità e la qualità della vita.

Le analisi sulla produttività effettuate da Eito partendo daidati Ocse mostrano chiaramente che i livelli di produttività ecompetitività dei vari paesi sono strettamente legati agli investi-menti Ict uniti a condizioni di effettiva concorrenza e imprendi-

Domanda pubblica e innovazione 113

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 113

Page 122: Libro verde sull'innovazione

torialità diffusa. Il contributo degli investimenti Ict alla produt-tività Usa nella seconda metà degli anni Novanta ad esempio èstato calcolato pari all’80%, contro il 40% in Europa, e molti stu-di individuano le cause scatenanti del calo di produttività del-l’economia italiana proprio nella scarsa attenzione allo stream-lining dei processi produttivi, unito a un evidente ritardo nel-l’assorbimento di nuove soluzioni Ict (aspetto a sua volta con-nesso alle modeste dimensioni medie delle imprese).

Mentre la dotazione di computer è indipendente dalla di-mensione aziendale, il re-engineering dei processi produttivi at-traverso l’Ict è fortemente frenato dalle piccole dimensioni del-le imprese e la frammentazione delle soluzioni adottate nonconsente il perseguimento delle economie di scala di cui neces-sita il settore.

In Italia ulteriori difficoltà sono legate a una bassa “doman-da di innovazione”, in gran parte sbilanciata sul segmento con-sumer e molto poco sviluppata sul segmento PA e imprese. Unrecente studio (Aho Group Report, 2006) ha dimostrato, infatti,che un basso livello di early adopters, consumatori positiva-mente orientati verso le novità tecnologiche e con una willing-ness to pay molto positiva, diventa una barriera molto forte neiconfronti dell’innovazione da parte delle imprese.

Per ottenere un cambiamento radicale che consenta la pene-trazione dell’innovazione anche nei settori maturi occorre lavo-rare contemporaneamente su due fronti: facilitare la nascita diimprese innovative e favorire la diffusione dell’IT nelle impresee nelle amministrazioni esistenti. Tali fronti spesso vengonocontrapposti. In realtà, sono inseparabili. Il primo riguarda il fu-turo e la collocazione italiana nella competizione globale. Il se-condo interviene in modo selettivo sul tessuto produttivo in es-sere per elevarne la competitività.

Come già ampiamente discusso, è impossibile perseguire unobiettivo senza cogliere anche l’altro. I processi innovativi han-no natura sistemica e nascono dal mash-up delle competenzein un complesso di relazioni sociali. Di conseguenza, non è pos-sibile ottenere miglioramenti generalizzati senza favorire pro-cessi d’apprendimento multilaterali nell’ambito di interazioniproduttore-utente. Accanto all’innovazione più strettamentetecnologica, che riguarda l’introduzione di nuovi prodotti e pro-

114 Domanda pubblica e innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 114

Page 123: Libro verde sull'innovazione

cessi o il loro miglioramento, opera anche una componente im-materiale legata al miglioramento multilaterale delle competen-ze. Non esiste una priorità della prima rispetto alla seconda o vi-ceversa, ma ambedue concorrono a determinare la competitivi-tà delle imprese della PA, delle nazioni. Di qui nasce la necessitàdi politiche strategiche di Ptp orientate ad aggregare i compor-tamenti virtuosi, istituzionalizzando (anche con l’utilizzo di ap-posite clausole contrattuali) i processi d’apprendimento e lacondivisione della conoscenza tra le parti. L’informatica italiananel 2006 ha ripreso a crescere incrementando il trend degli ulti-mi anni, con un discreto +1,6% a fronte del timido +0,9% del2005 e del segno negativo (–0,4%) del 2004. Il divario rispetto aitassi di crescita internazionali dovuto anche al gap nella capaci-tà di produzione di nuove soluzioni tecnologiche, resta tuttaviaimportante.

Negli ultimi anni gli investimenti in Ict cominciano a costi-tuire una quota rilevante del Pil, in particolare in paesi comeStati Uniti, Finlandia o Svezia, dove il rapporto tra investimentiin Ict e prodotto raggiunge il 4%. La quota degli investimenti Ictrappresenta in Usa il 20% degli investimenti fissi totali controun 10% per l’Europa (Assinform, 2007). Tenuto conto dei livellinon dissimili tra Usa ed Europa, relativamente agli investimentie alla domanda di telecomunicazioni, il divario è particolarmen-te grave a livello IT. Ed è quindi su offerta e domanda di IT cheè necessario concentrare l’attenzione in Italia.

La spesa italiana per IT in rapporto al Pil è del 2% contro il3% della media Ue e il 5% degli Usa, ma soprattutto per l’Italiatale debolezza dell’offerta IT vincola la possibilità di sviluppo eutilizzo efficace degli investimenti ai fini della competitività delsistema economico. Contrariamente a quanto accaduto in altripaesi avanzati, l’adozione di soluzioni Ict non ha determinatouna corrispondente crescita della produttività, e tale divario ri-spetto al resto delle economie avanzate dimostra chiaramenteun sottodimensionamento negli investimenti e nei tassi di pene-trazione delle soluzioni tecnologiche. Dal punto di vista del “ca-pitale umano”, inoltre, si possono rilevare ulteriori fragilità delsistema italiano. Valutando il numero di addetti al settore Ict ri-spetto al totale degli occupati nell’intera economia, si nota co-me l’Italia, pur collocandosi su valori simili a quelli dei principa-

Domanda pubblica e innovazione 115

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 115

Page 124: Libro verde sull'innovazione

116 Domanda pubblica e innovazione

li partner europei, sconta un numero elevatissimo di piccole omicro-imprese spesso operanti in settori tradizionali a bassa in-tensità tecnologica. Circa la metà degli occupati è collocato inimprese con meno di 50 dipendenti mentre in paesi come Fran-cia e Regno Unito la quota scende al 30%. A fronte di circa87.000 imprese nel settore Ict italiano e quasi un milione di oc-cupati, solo 20 hanno oltre 1000 dipendenti, le prime 10 hanno il50% del mercato e le prime 50 arrivano al 90%. Si verifica quindi,contemporaneamente, grande concentrazione e grande fram-mentazione.

Se confrontiamo la crescita dell’Ict in Italia con i dati analo-ghi a livello mondiale, possiamo osservare come la spesa Ict ab-bia un enorme ritardo rispetto ai livelli medi raggiunti oltre con-fine, tuttavia a partire dal 2004 si è verificata una crescita soste-nuta che ha garantito una progressiva attenuazione del divariopassando dal –5,8% del 2003 al –4,2% nel 2006. I settori più viva-ci sono legati ai consumatori, ai cittadini, agli enti territoriali eai nuovi servizi, ove sono richieste nuove applicazioni per sod-disfare le esigenze emergenti e utilizzare al meglio le nuove in-frastrutture Tlc (fisse e mobili).

La classica giustificazione del ritardo italiano, attribuita albasso livello di spesa Ict da parte delle piccole imprese (che inItalia sono circa il 98% sul totale), non riesce tuttavia a spiegareil fenomeno nella sua interezza e parte della responsabilità do-vrebbe essere ricercata anche nelle scarse capacità innovativedell’industria Ict nazionale (la quale non ha saputo risponderecon strumenti adeguati alle necessità delle Pmi italiane) e so-prattutto nella frammentazione della domanda di tecnologie. InItalia l’innovazione in ambito Ict rimane relegata a pochi casiisolati e non è ancora riuscita ad assumere un ruolo strutturalenello sviluppo del paese. Dal lato della domanda ciò significaimplementare soluzioni spesso poco adatte al soddisfacimentodei requisiti funzionali tipici delle Pmi italiane, rimanendo espo-sti a crescenti difficoltà nella competizione mondiale.

È necessario riconoscere che il circolo virtuoso generatodall’innovazione tecnologica in Italia non è mai pienamente de-collato e occorre ritornare a investire in modo massiccio instrumenti e strategie di ampio respiro a sostegno dell’innovazio-ne e dell’offerta di soluzioni Ict, scommettendo sulla capacità di

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 116

Page 125: Libro verde sull'innovazione

generare nuove applicazioni e soluzioni informatiche con rica-dute positive intersettoriali sulla struttura produttiva nazionalee sul sistema della PA.

Un miglioramento in un’ottica di semplificazione del sistemad’incentivi alla ricerca può essere un primo passo in avanti, tut-tavia le analisi empiriche esistenti per altri paesi suggerisconoun limitato effetto positivo sulla propensione a innovare da unmigliorato sistema di incentivi. I sovvenzionamenti si dimostra-no, infatti, poco efficaci a indurre le piccole imprese a sviluppa-re, da sole, più innovazioni.

Folksonomics: l’apporto della connettività allo sviluppo

Alcuni esempi famosi di enabling technologies tra cui Blue-tooth, Java, Jini e WiFi permettono di comprendere meglio lanatura sistemica delle innovazioni e l’impatto che può averel’Ict in termini di applicazioni accessibili entro e oltre i confiniorganizzativi.

Questa natura propulsiva dell’industria Ict in quanto insiemedi tecnologie “abilitanti” è oggi di grande attualità in rapportoalle politiche industriali delle nazioni, è stata più volte sottoli-neata anche in sede comunitaria (Aho Group Report, 2006) ecostituisce l’anima del settimo programma quadro per l’innova-zione secondo il quale: “Ict is the very core of the knowledge ba-sed society”. Al di là della retorica politica, tuttavia, l’industriaitaliana per reagire prontamente alle istanze della società, ri-chiede un coordinamento degli investimenti per l’innovazioneindustriale, l’efficienza nei servizi, lo sviluppo delle Pmi, ma an-che, e soprattutto, per la modernizzazione e l’integrazione deisistemi nella PA.

L’introduzione massiccia di Ict, in questo senso costituiscel’occasione per ripensare dalle fondamenta l’impianto organiz-zativo della pubblica amministrazione e convogliare al tempostesso ingenti risorse sugli operatori privati di un settore chiavedell’economia quale l’industria Ict; tuttavia, senza un progettostrategico di lungo periodo che rivoluzioni l’impianto organizza-tivo della pubblica amministrazione, la semplice e destrutturatatrasposizione di tecnologie informatiche su una macchina orga-nizzativa obsoleta e farraginosa sortirebbe solo effetti limitati.

Domanda pubblica e innovazione 117

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 117

Page 126: Libro verde sull'innovazione

Una volta spesi i fondi, si ritroverebbero inefficienze simili aquelle di partenza.

Ciò che occorre è il varo di un piano strategico nazionale, pergovernare le opportunità legate alla modernizzazione della PAattraverso una gestione innovativa del public procurement, af-frontando senza pregiudizi di dirigismo le problematiche che ab-bassano il livello di competitività del paese. In questo senso, af-frontare le sfide connesse al digital divide e all’offerta fram-mentata di banda larga è un passo essenziale sulla strada dell’in-novazione sistemica, poiché può consentire sia un’implementa-zione fruttuosa delle politiche per il sistema di servizi al cittadi-no, sia un rilancio dello sviluppo economico su scala nazionale.

Le disuguaglianze nell’accesso e nell’utilizzo dell’informazio-ne hanno ripercussioni sulla qualità della vita e sulle opportuni-tà professionali e culturali, che vanno ad amplificare sul pianotecnologico i tradizionali meccanismi di stratificazione sociale.Internet come tessuto connettivo del mercato è “il” mezzo di la-voro e l’assenza di connessione conduce al sottosviluppo. Legrandi disparità nei livelli di connessione e nelle conseguentimodalità di utilizzo della rete da parte di imprese, PA e singolicittadini determinano di conseguenza una distribuzione nonuniforme dei benefici economici e sociali derivanti dalla tecno-logia, consolidando pertanto disparità già esistenti.

Analizzando la problematica del digital divide sul territorioitaliano, si riscontra che l’assenza di un accesso veloce alla retenella propria città o nella propria abitazione interessa tuttoracirca il 20% della popolazione (Assinform, 2007), un numero im-portante di cittadini, piccole imprese e pubbliche amministra-zioni locali. Di solito questo accade perché, soprattutto nellepiccole comunità montane, isolane o nei centri molto piccoli, iprovider che offrono l’accesso a internet valutano i costi fissi le-gati alla copertura di zone limitate troppo elevati in rapporto alpotenziale ritorno economico.

Contestualizzando il problema secondo le peculiarità deltessuto sociale e imprenditoriale italiano, appare qui in tutta lasua enorme importanza il contributo della connettività verso losfruttamento pieno della “Long Tail” di internet anche alla lucedei recenti e radicali sviluppi in senso “social” del business inrete.

118 Domanda pubblica e innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 118

Page 127: Libro verde sull'innovazione

Se fino a pochi anni fa anche per il web valeva la legge di Pa-reto per cui il 20% dei prodotti genererà l’80% dei fatturati, oraquesto è stato smentito. È in atto una rivoluzione che grazie abassi costi di produzione e di distribuzione dei contenuti dà aiconsumatori la possibilità di scegliere e al piccolo produttorel’occasione per farsi trovare attraverso la semplice presenza inrete.

Il paradigma della “Long Tail” tratteggiato da Chris Ander-son, chief editor di “Wired”, osserva di fatto che, pur nella pre-ponderanza dell’offerta sulla domanda tipica delle società po-stindustriali, ci troviamo a fronteggiare una paradossale scarsi-tà di beni di consumo determinata dalla sostanziale omologa-zione dell’offerta, per quanto ampia, nonché dalla necessità del-l’industria di produzione di focalizzare tutta l’attenzione delmercato sui prodotti in grado di generare apprezzabili margini ovolumi.

Se gli scaffali dei più forniti negozi non potranno mai espor-re una tale massa di prodotti da soddisfare la più piccola nic-chia di domanda, la distribuzione on line valorizza al contrariola dimensione aggregata di contenuti residuali, caratterizzati dabassi volumi o bassa domanda, e può rivaleggiare con la quotadi mercato e i relativi margini generati dai pochi bestseller nelmainstream.

Questo avviene perché la rete annulla il limite dello spazio(non c’è un limite fisico dove allocare i prodotti) e azzera quellache possiamo definire “soglia di distribuibilità” di un bene(scompaiono i vincoli che obbligano a distribuire e/o mantene-re accessibili solo quei prodotti in grado di generare cospicuimargini).

La connettività unita alle potenzialità di Internet apre quindiinnumerevoli possibilità nei confronti dei piccoli soggetti, indi-pendentemente dal loro peso economico in rapporto al merca-to globale, e le tecnologie informatiche, unite alla virtualizzazio-ne dello spazio fisico, giocano il ruolo principale, poiché riduco-no i costi di transazione e di conseguenza favoriscono l’emer-sione delle nicchie e l’accesso ai mercati.

Sulle infrastrutture a banda larga, quelle che consentono unaccesso veloce e affidabile alla rete, il messaggio è chiaro: biso-gna accelerare, non solo per portare l’Italia ai livelli dei paesi Ue

Domanda pubblica e innovazione 119

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 119

Page 128: Libro verde sull'innovazione

più avanzati, ma anche e soprattutto per porre fine all’attuale si-tuazione di forte squilibrio tra le diverse aree del territorio, ga-rantendo a tutti i soggetti l’accesso alle opportunità di sviluppoconnesse alla “Long Tail” di Internet.

Assodato che un’onda lunga formata da piccole quote tota-lizza una massa notevole (per esempio, quasi il 60% del fatturatodi Amazon) e offre opportunità evidenti per il sistema economi-co nel suo complesso, la presenza in rete delle piccole realtà ita-liane assume un ruolo di primo piano ed emerge la necessità didefinire in maniera chiara il ruolo strategico della connettività abanda larga in rapporto alle decisioni di politica pubblica.

Al di là dei problemi pratici e dei risvolti economici, infatti,se fosse percepita come un bene essenziale e irrinunciabile, lacopertura dell’intero territorio nazionale diventerebbe priorita-ria sia per le imprese che per lo Stato. Il problema non riguardasoltanto zone montane irraggiungibili. Il Sud Italia è ancora ingran parte scoperto e con una realtà produttiva frazionata inpiccole e medie imprese come la nostra, escludere centri abita-ti da diecimila abitanti significa “lasciar fuori” molte attività, PAlocali e privati cittadini.

Le difficoltà degli operatori associate ai costi di coperturaportano a chiedersi quale debba essere il ruolo dello Stato inrapporto a un fenomeno critico per la competitività del paese.Prima riflessione: è ipotizzabile un ruolo attivo dello Stato attra-verso una gestione strategica del Ptp? Seconda riflessione: èpossibile escludere una porzione di società da un servizio sequesto servizio è essenziale? Terza riflessione: possiamo affer-mare che la banda larga rappresenta oggi un servizio essenzialeper lo sviluppo del paese?

In economia, un fallimento del mercato è una situazione incui i mercati non organizzano la produzione in maniera efficien-te, o non allocano efficientemente beni e servizi ai consumato-ri. Come ci si potrebbe aspettare, il tema dei fallimenti del mer-cato, soprattutto con riferimento ai cosiddetti monopoli natura-li, è fonte di un vivace dibattito tra diverse scuole di pensiero. Iltermine si riferisce normalmente a situazioni in cui l’inefficien-za risultante è notevole, o quando istituzioni esterne al mercatopotrebbero essere impiegate per raggiungere un risultato prefe-ribile. Nel linguaggio di tutti i giorni, d’altra parte, esso è impro-

120 Domanda pubblica e innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 120

Page 129: Libro verde sull'innovazione

priamente utilizzato per designare situazioni in cui le forze dimercato non appaiono servire ciò che è percepito come “inte-resse pubblico”.

Gli economisti della scuola della“Public Choice (Buchanan eTullock, 1962) affermano che il fallimento del mercato non im-plica necessariamente l’esigenza o l’opportunità dell’interventodello Stato, in quanto i costi legati a potenziali fallimenti del go-verno potrebbero superare quelli legati al fallimento del merca-to che si cerca di regolare. In alternativa, si argomenta che i ri-sultati definiti “fallimenti del mercato” non sarebbero in realtàtali, in quanto condizioni che molti considererebbero negativesono spesso viste come effetti della distorsione delle forze delmercato da parte dell’intervento dello Stato. Numerosi opposi-tori all’intervento pubblico, inoltre, affermano che in molti mer-cati la riduzione dei costi di transazione associata al progressotecnologico e le economie di scala derivanti dalla virtualizzazio-ne riescono da sole a minimizzare l’incidenza dei fallimenti dimercato.

Per quanto ci riguarda, e con riferimento alle reti di comuni-cazione, ci sentiamo di dissentire, almeno in parte, da queste os-servazioni. Questo perché, nonostante l’innovazione tecnologi-ca abbia mitigato le determinanti di alcuni monopoli naturali(i.e. e-mail VS servizi postali), la maggior parte dei servizi dipubblica utilità (elettricità, gas, telefonia ecc.) rimane tuttoracaratterizzata da alti costi fissi e bassi costi marginali. È moltocostoso fondare una nuova rete di telecomunicazioni, ma relati-vamente economico gestirla. Pertanto l’intensità di uno specifi-co fallimento di mercato dipende da molteplici fattori e risultapiù marcata in relazione alle modalità competitive del settoreIct, con amplificazione nelle aree in maggiore ritardo di svilup-po. Secondo Joseph Stiglitz, analizzando le determinanti del di-gital divide come ostacoli all’esistenza del mercato, il proble-ma più rilevante appare la necessità di connettere i nodi perife-rici, stimolando l’offerta di connettività in maniera da garantirel’esistenza e il funzionamento del mercato laddove gli operatoridi telecomunicazioni non riescono a far fronte ai margini ri-stretti o negativi legati ai costi fissi delle infrastrutture.

In conclusione quindi, fatta salva l’importanza della variabi-le tecnologica per ridurre i costi fissi nel contesto di riferimen-

Domanda pubblica e innovazione 121

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 121

Page 130: Libro verde sull'innovazione

to, si segnala l’esigenza di politiche di Ptp orientate alla creazio-ne di un backbone nazionale, intendendo la connettività comeservizio pubblico a sostegno della diffusione di conoscenza e in-novazione. Dal punto di vista delle soluzioni possibili, in menodi una decade dal suo debutto come tecnologia commercialeper accesso ad aree limitate, il Wi-Fi si ripresenta ora, sotto ilconcetto di Wi-Fi mesh network (architettura mobile tesa a ag-gregare isole di access points Wi-Fi), come valida alternativa albroad band access di tipo terrestre. Dispiegati in misura di alcu-ne decine e interconnessi tra loro, mesh di Wi-Fi possono offri-re copertura ad aree quali quelle di un paese o di una piccola cit-tà, ma dispiegati in misura di centinaia o migliaia, mesh di Wi-Fipossono offrire copertura a intere metropoli (si vedano i casi distudio di Philadelphia e San Francisco negli Usa). Inoltre la tec-nologia mesh è poco costosa, scalabile e inoltre, tecnicamenteparlando, consente di mantenere sotto una soglia minima i livel-li di fuori servizio.

Da considerare per il broad band access è anche WiMax. Aldi là della tipica idea di utilizzare la tecnologia WiMax per rag-giungere siti con asperità geografiche in alternativa al satellite,in un certo senso, è la stessa emergenza di Wi-Fi mesh networkche apre le porte a eventuali implementazioni WiMax. Mentre leWi-Fi mesh, infatti, incrementano la proliferazione dell’accessoalla banda larga con mobilità, WiMax può essere usato come ag-gregatore di topologie Wi-Fi mesh e hotspot, con utenti Wi-Finel backend. In definitiva, i benefici ottenibili dalla combinazio-ne delle due tecnologie sono: soluzioni realmente efficaci in ter-mini di costo e performance veramente considerevoli sull’ulti-mo miglio. In Italia, sembrano ormai superati gli ostacoli perl’assegnazione delle frequenze e gli sviluppi recenti in chiave re-golamentare fanno ben sperare nell’ottica di un’effettiva imple-mentazione sul territorio di queste tecnologie.

Nell’ottobre 2007 l’Autorità per le garanzie nelle comunica-zioni ha intrapreso la procedura d’asta per l’assegnazione di li-cenze nelle bande di frequenza 3,4 - 3,6 GHz. Nella seconda me-tà di gennaio 2008, verranno battute 35 licenze in totale, ma sud-divise in categorie diverse: per 14 autorizzazioni all’esercizio delWiMax potranno concorrere tutti, altre 21 licenze, invece, sa-ranno aggiudicate su base regionale e saranno destinate a “nuo-

122 Domanda pubblica e innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 122

Page 131: Libro verde sull'innovazione

vi entranti”, cioè a società che non siano già attive nella largabanda mobile attraverso il protocollo Umts.

Per ciascuna regione italiana e le province autonome diTrento e Bolzano saranno assegnate fino a 2 licenze (in un bloc-co pari a 7 MHz per ciascuna parte dello spettro accoppiato) eulteriori 2 licenze saranno assegnate su base provinciale. Inogni caso, a uno stesso soggetto sarà assegnata una sola licenzaper area di estensione geografica, ma non è escluso un networknazionale se un gruppo riuscirà a vincere un’autorizzazione perognuna delle 7 macroaree. Al fine di garantire condizioni di ef-fettiva concorrenza per le società aggiudicatarie che non pos-siedano potere di mercato sulle reti fisse, l’Autorità ha stabilito(delibera n. 400/01/CONS del 10 ottobre 2001) che gli operatoricon notevole forza di mercato non possano avviare alcun servi-zio commerciale che utilizzi le frequenze in questione per alme-no 24 mesi dal conseguimento della licenza.

La base d’asta decisa è di 45 milioni di euro, ragion per cuil’introito ipotizzabile per le casse dello Stato non è paragonabilecon le alte cifre raggiunte in ambito Umts. Le licenze WiMaxavranno una durata di 15 anni e, secondo un principio di neutrali-tà tecnologica, non ci sarà limite all’utilizzo finale. Il WiMax con-sentirà, infatti, due tipi di impiego: connessioni fisse e mobili.

Dal punto di vista dell’impatto sulla collettività, la normativaprevede che entro 24 mesi dal rilascio della licenza, i licenziata-ri implementino una rete radio a banda larga punto-multipuntoin standard WiMax, garantendo la fornitura del servizio ad al-meno il 60% della popolazione residente nelle aree ove siano as-segnatari di frequenze. Per tutti i licenziatari vige anche l’obbli-go di realizzare almeno il 25% della copertura in “aree di DigitalDivide”.

Riguardo alla connettività mobile, accogliendo la richiestadella Commissione europea per il riutilizzo dello spettro Gsmcon tecnologia Umts (e successive evoluzioni, Hsdpa, Hsupa),l’Autorità ha aperto una consultazione pubblica dalla quale na-scerà una delibera sul cosiddetto “refarming” delle frequenze2G. Si cerca di raggiungere, nella pratica, una redistribuzionedelle frequenze utilizzate, sia a 900 che a 1800 MHz, includendoanche lo spettro liberato dalla vecchia tecnologia analogicaTacs e le frequenze inutilizzate di Ipse, il quinto operatore mobi-

Domanda pubblica e innovazione 123

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 123

Page 132: Libro verde sull'innovazione

le mai partito, rientrate nella disponibilità del ministero delleComunicazioni.

Innanzitutto si dovrà decidere se e come la capacità trasmis-siva aggiuntiva (Tacs, Ipse e frequenze della Difesa) dovrà esse-re ridistribuita tra gli attuali operatori (Telecom, Vodafone,Wind e H3g) o se invece c’è spazio per una gara per un quintooperatore mobile.

L’Autorità potrebbe concedere le nuove frequenze agli in-cumbent a fronte di un’apertura agli operatori virtuali, riducen-do in tal modo le barriere all’entrata per gli operatori non strut-turati (senza una rete di trasmissione proprietaria) che potran-no acquistare capacità di trasmissione dagli operatori tradizio-nali.

124 Domanda pubblica e innovazione

Il caso Lepida

La Regione Emilia-Romagna a partire dal Piano telematico regionale 2002-2005ha avviato importanti investimenti per potenziare le infrastrutture di rete.Il progetto, in corso di realizzazione, collega tra loro la Regione, i 341 comuni, le9 province, le 18 comunità montane, università, aziende sanitarie, ospedali escuole favorendo la realizzazione di servizi on line per cittadini e imprese. Per l’implementazione della rete Lepida (così chiamata in onore di Marco EmilioLepido, il console romano che nel secondo secolo a.C. realizzò la Via Emilia) so-no utilizzate tre diverse tecnologie:

• Fibra ottica: posata in 243 aree comunali;• Hdsl: sarà portato in 51 aree comunali;• Satellite: servirà 47 aree comunali prevalentemente montane.

Il backbone in fibra di oltre 50.000 km sarà di proprietà della Regione Emilia-Romagna e delle altre pubbliche amministrazioni; gli altri enti, invece, saranno pro-prietari delle reti urbane (Man) necessarie al collegamento degli uffici distribuitinelle città.Lepida è realizzata in collaborazione tra Regione Emilia-Romagna e aziende multi-servizi. Queste ultime posano il tratto in fibra di proprietà della Regione e una re-te complementare di ulteriori 230.000 km, che resterà di loro proprietà e attraver-so cui potranno essere assicurati a cittadini e imprese servizi a banda larga.

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 124

Page 133: Libro verde sull'innovazione

4.5 Verso l’e-government

Facendo leva su connettività e disintermediazione delle proce-dure, le amministrazioni sono in grado di virtualizzare gli spor-telli fisici, fornendo a cittadini e imprese nuovi e più efficientimodelli di interazione per mezzo delle tecnologie. Per e-gover-nment si intende un articolato complesso di soluzioni tecnolo-giche applicate alla PA, contestualmente ad azioni di businessprocess re-enginering sul piano organizzativo. Tale strategiaconsentirebbe di trattare la documentazione e di gestire i backoffice in maniera sempre più automatizzata attraverso l’Ict, otti-mizzando l’operatività degli enti, abbattendo i costi della PA eoffrendo a cittadini e imprese servizi sempre più efficienti.

Secondo un recente studio (Accenture Outlook, 2006) il valo-re creato nel settore pubblico non è confinabile al solo conteni-mento dei costi, ma si basa su due criteri paritari: i risultati pro-dotti e la riduzione di spesa. Minimizzando i costi, si cerca corret-tamente di fare la cosa giusta e nel modo giusto, ma le PA real-mente efficienti definiscono la propria mission in base a esigen-ze, aspettative e percezioni degli utenti in un’ottica di creazionedi valore. A questo proposito, tuttavia, le amministrazioni pubbli-che di tutto il mondo si trovano spesso schiacciate tra le crescen-ti aspettative degli utenti e i vincoli finanziari dovuti al conteni-mento della spesa e, nonostante l’impegno politico per il cambia-mento, molte iniziative di riforma hanno deluso le aspettative.

In alcuni casi vincoli esterni, quali l’insediamento di nuoveamministrazioni o lo spostamento delle priorità legislative, han-no creato ostacoli che hanno soffocato il rinnovamento. In altri,vincoli interni, quali la mancanza di competenze, la riluttanza alcambiamento, la lunghezza dei processi e l’inadeguatezza delletecnologie hanno pregiudicato l’attuazione delle riforme inno-vative.

Riguardo alla valutazione dei risultati degli enti pubblici eagli strumenti di benchmarking, la responsabilità purtroppo èstata a lungo confinata alla contabilità finanziaria, valutando laprestazione delle PA in termini di input e output, senza perfezio-nare indicatori sul valore generato per gli utenti. In realtà, il cit-tadino-cliente è poco interessato a quanto il governo spende perla singola procedura amministrativa, mentre è molto sensibile

Domanda pubblica e innovazione 125

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 125

Page 134: Libro verde sull'innovazione

al livello di corrispondenza tra il risultato dei servizi erogati e lesingole richieste specifiche.

Le amministrazioni, per soddisfare i cittadini, non solo devo-no misurare e segnalare la spese, ma devono monitorare anchel’efficacia e l’efficienza del servizio. Tuttavia, per costruire untale sistema di amministrazioni pubbliche orientate al servizio ealla creazione del valore, è necessario un cambiamento cultura-le fondamentale che introduca a tutti i livelli del sistema la con-sapevolezza di essere parte di un organismo complesso, checomprende e supera i semplici confini del settore pubblico, cheintreccia e coltiva relazioni con altri soggetti del sistema econo-mico. L’operatività delle imprese moderne, infatti, pubbliche oprivate, si sviluppa necessariamente all’interno di un ampio net-work di relazioni che comprende altri enti statali, soggetti poli-tici, organizzazioni non governative, imprese private e la comu-nità dei cittadini. Questi elementi si influenzano reciprocamen-te in svariati modi – rapporti di fornitura, scambio di competen-ze, pressioni finanziarie e politiche –, rappresentando al tempostesso un enorme bacino di risorse su cui far leva per il raggiun-gimento dei propri obiettivi.

Gran parte delle amministrazioni faticano a reperire le infor-mazioni di cui hanno bisogno per una gestione efficace; se vo-gliono eccellere, quindi, devono investire pesantemente sull’or-ganizzazione e la progettazione dei processi, eliminando le fun-zioni che non danno alcun contributo alla missione principale,snellendo le attività operative, ridisegnando i processi e utiliz-zando la creativit, per stimolare attivamente la ricerca di nuovimetodi lavorativi.

Le tecnologie informatiche in questo ambito possono snelli-re le transazioni, permettendo l’erogazione di un servizio mi-gliore ai cittadini e agli stessi dirigenti, i quali attraverso l’Ictpossono approfondire e rivedere le strategie e i metodi di servi-zio. Molte amministrazioni purtroppo non si sono rese contodei benefici dell’applicazione di queste tecnologie, concentran-dosi sul binomio tecnologia-procedura piuttosto che sui risulta-ti. Per poter organizzare questo processo, sempre più comples-so, di erogazione di “soluzioni per l’utente”, è spesso necessariointegrare dati provenienti da fonti eterogenee tra loro, mentremolti upgrade tecnologici negli enti pubblici non sono andati di

126 Domanda pubblica e innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 126

Page 135: Libro verde sull'innovazione

pari passo con una revisione dei processi, sommando alle obso-lete procedure operative il mancato allineamento con i nuovi si-stemi.

È chiaro che la PA, declinando la tecnologia in termini di ge-stione delle relazioni con gli utenti, non è ancora in grado di uti-lizzare attivamente le informazioni sui cittadini per modellareservizi, canali e operazioni. Tale gestione attiva dei dati, che nel-le imprese private è definita Crm (Customer Relationship Mana-gement), si occupa di raccogliere e analizzare le transazioni stu-diando i diversi segmenti di utenza, per ideare e posizionare iservizi, personalizzando i canali di erogazione e massimizzandoil valore globale attraverso una forma di apprendimento bilate-rale basato sulle relazioni.

Le amministrazioni che mirano all’efficienza devono innan-zitutto sostenere una cultura basata sull’informazione, forman-do il personale affinché percepisca l’importanza della qualitàdelle informazioni e l’effetto che queste hanno sull’erogazione eil costo del servizio. La PA deve gestire attivamente le iniziativeIct per massimizzarne il valore, selezionando i progetti attraver-so un’analisi rigorosa del contributo fornito, a livello di risultatie di riduzione dei costi, ma soprattutto coordinando gli sforzi alivello nazionale, per garantire l’interoperabilità dei sistemi esuperare la frammentazione delle soluzioni tecnologiche.

La determinazione della priorità degli investimenti nell’Ictpuò essere positiva in quanto tale, ma come piano d’azione è so-lo un primo passo. Le vere opportunità stanno nella possibilitàdi creare un valore completamente nuovo per il business attra-verso l’Ict.

Dal punto di vista del Ptp, il finanziamento selettivo dei mi-glioramenti consentiti dall’Ict, giustificato da un processo rigo-roso volto a comprendere le opportunità capaci di creare valo-re, amplia il significato strategico dell’Ict stessa. Espande inol-tre la visione della politica industriale, perché permette di af-frontare assieme la razionalizzazione della spesa e gli investi-menti propulsivi, secondo un orientamento al mercato e al difuori delle logiche di sovvenzionamento. La difficoltà sta nel di-stinguere gli investimenti essenziali da quelli inutili o contropro-ducenti, coordinando gli sforzi verso standard tecnologici affi-dabili e condivisi.

Domanda pubblica e innovazione 127

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 127

Page 136: Libro verde sull'innovazione

4.6 Il ruolo dell’e-health

Il complesso ambiente dell’assistenza sanitaria è uno dei punticentrali della politica e dell’attività di governo, in Italia e in tuttele nazioni avanzate. Dal punto di vista dei policy makers, gliobiettivi principali vanno dal controllo dei costi a un servizio aipazienti sempre più personalizzato ed evoluto attraverso l’ado-zione di piattaforme e-health. Su un piano strettamente operati-

128 Domanda pubblica e innovazione

Condivisione della conoscenza: il progetto Icar

La realizzazione di progetti e di servizi di e-Gov richiede la disponibilità di infrastrut-ture “fisiche”, per far circolare i dati, e “logiche”, per permettere il dialogo e loscambio d’informazioni tra sistemi ed enti differenti. In sostanza, occorre indivi-duare standard e metodologie che garantiscano la cooperazione e lo scambio insicurezza di dati tra sistemi differenti, utilizzati da enti differenti, con funzioni ete-rogenee. Proprio con queste finalità è nato il progetto Icar, i cui obiettivi sono:

• realizzare l’infrastruttura di base per l’interoperabilità e la cooperazione appli-cativa a livello interregionale;

• gestire i Service Level Agreement (Sla) a livello interregionale;• realizzare un Sistema federato interregionale di autenticazione;• sviluppare case-study applicativi ai fini della sperimentazione e della dimostra-

zione delle funzionalità dell’infrastruttura;• realizzare interoperabilità e cooperazione applicativa in ambiti specifici.

Icar propone una nuova visione di insieme sia sul tema dell’infrastruttura che suquello dei contenuti attraverso lo sforzo congiunto di Regioni e province autono-me. Il progetto si articola in un insieme di interventi progettuali paralleli, coordi-nati e integrati fra loro: tre interventi di carattere infrastrutturale che potremmo de-finire di tipo orizzontale e sette interventi di tipo verticale per lo sviluppo di casidi studio applicativi. Questo perché è vero che le infrastrutture sono indispensa-bili per veicolare tutte le banche dati di cui le amministrazioni dispongono, ma èaltrettanto vero che occorre una metodologia condivisa per conoscere come svi-luppare e operare in ambito applicativo concreto. Scendendo nel dettaglio, gli in-terventi orizzontali a cui partecipano le amministrazioni regionali coinvolte riguar-dano l’infrastruttura di base per cooperazione applicativa interregionale (fisica elogica); la gestione di Sla, gli strumenti comuni per la gestione del monitoraggiodei livelli di servizio; ed infine il sistema federato di autenticazione.

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 128

Page 137: Libro verde sull'innovazione

vo, accelerare la penetrazione dell’IT nella sanità ha un ruolofondamentale nel processo di trasformazione, ma si rende ne-cessario un contestuale mutamento tecnologico, organizzativoe soprattutto culturale per superare il gap tra le soluzioni esi-stenti e le aspettative dei cittadini e degli operatori della salute.

Da un lato c’è la consapevolezza che alcune tecnologie nonsono più un lusso ma un asset competitivo e strategico, dall’al-tro si scontano investimenti in IT che sono non la metà, ma de-cine di volte inferiori a quelli a disposizione di altri sistemi sani-tari europei e occidentali. Eppure tutti concordano nel ritenerela leva tecnologica una delle strade principali per dare al siste-ma sanitario la possibilità di rispondere con maggiore efficaciaed efficienza alle richieste di assistenza, di qualità, di tempesti-vità che vengono dalla società. Non più, dunque, un’area tecni-ca riservata ai responsabili Ced, ma un tema di forte coinvolgi-mento per direttori generali e sanitari, e per il management pub-blico in generale.

Il Ptp in questa ottica può contribuire in modo determinantea vincere la sfida, sostenendo gli operatori della salute con in-frastrutture adeguatamente selezionate, incentivando l’offertadi soluzioni innovative e favorendo implementazioni su vastascala di tecnologie avanzate applicate alla sanità, con ripercus-sioni positive sul sistema economico in generale, in termini diapprendimento e scambio di conoscenza tra acquirenti e forni-tori. Se combinato con l’esigenza di politiche orientate al chan-ge management il potenziale dell’e-health può condurre a cam-biamenti tecnologico-organizzativi che, oltre a ridurre i costi vi-vi del sistema sanitario, garantiscono la creazione di un sistemacittadino-centrico in grado di ridistribuire il contributo margi-nale dei miglioramenti soprattutto sulle classi più deboli.

Affrontando il problema su scala europea, inoltre, si potreb-be far leva su effetti di scala sia dal punto di vista dell’adozionedi standard comuni sia da quello della customizzazione secon-do le specificità locali e le esigenze multiculturali dovute ai flus-si migratori. Secondo i dati dell’Ue, oggi almeno quattro medicisu cinque in Europa sono regolarmente connessi a Internet e il25% degli europei è abituato ad accedere al web per trovare ri-sposte alle proprie domande riguardo ai problemi di salute. Cisono numerosi esempi di successo riguardo all’implementazio-

Domanda pubblica e innovazione 129

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 129

Page 138: Libro verde sull'innovazione

ne di piattaforme Ict su scala continentale (health informationnetworks, telemedicina, portali dedicati ecc.), tuttavia il poten-ziale insito nella connettività standardizzata attraverso i proto-colli internet è ancora tutto da sfruttare.

Nel corso degli anni numerosi programmi di ricerca europeihanno erogato risorse a progetti di e-health per un co-finanzia-mento complessivo di 500 milioni di euro all’inizio degli anniNovanta. Molti di quei progetti sono stati concretizzati trasfe-rendo l’innovazione nelle strutture sanitarie, e numerosi altricontinuano a essere finanziati e sviluppati consentendo all’Eu-ropa da un lato di mantenere un ruolo di primo piano nell’ambi-to delle applicazioni digitali per la sanità (cartella clinica digita-le, smart card ecc.), dall’altro di fertilizzare un vivace ecosiste-ma di nuove imprese operanti nei segmenti e-health e Ict.

Sempre secondo i dati comunitari, il settore e-health, tuttorain espansione, ha le carte in regola per diventare una delle tremaggiori industrie del comparto sanità con un turnover di 11miliardi di euro e una quota di mercato potenziale per il 2010stimata in circa il 5% del budget complessivo per la sanità in Eu-ropa. Attualmente l’industria e-health europea, principalmentecomposta da Pmi, gode di un vantaggio competitivo nei con-fronti dei competitors a livello globale; tuttavia i potenziali dicrescita per il futuro sono strettamente legati alle decisioni dipolicy a livello comunitario riguardo alla creazione di un merca-to reattivo verso prodotti e servizi innovativi.

Focalizzandoci sul mercato italiano, la situazione attualedell’Ict in sanità risente di alcuni aspetti critici che, nell’arco deltempo, ne hanno condizionato lo sviluppo e l’evoluzione. Men-tre nel passato la situazione si è determinata più per motivi or-ganizzativi e culturali che per problemi di risorse, oggi il cre-scente costo della sanità e il suo impatto sul bilancio del paeseriducono le risorse che possono essere destinate alle tecnologiein genere e in particolare all’Ict.

L’assenza di politiche coordinate di Ptp, unita all’esiguità del-la domanda, sia in termini economici, sia funzionali, ha influen-zato l’offerta e le strategie dei fornitori, limitandone la capacitàd’investimento per lo sviluppo di nuove soluzioni; di fronte a unnumero ridotto di clienti, queste sono state realizzate come pro-getti isolati e non pensate come prodotti industriali.

130 Domanda pubblica e innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 130

Page 139: Libro verde sull'innovazione

La complessa organizzazione delle aziende sanitarie, artico-lata in un elevato numero di dipartimenti, unità operative, re-parti e servizi, spesso dotati di ampia autonomia decisionale, haframmentato la domanda in tante richieste, alcune molto spe-cialistiche e particolari, dividendo la già esigua capacità di spe-sa in tanti rivoli. La frammentazione a sua volta ha determinatouna proliferazione di sistemi informativi estremamente difformisia in termini architetturali (piattaforme hardware, tecnologiesoftware e reti), sia in termini applicativi e funzionali (interfac-ce, comandi e processi), con un effetto aggregato sul sistemasanitario nel suo complesso in termini di incomunicabilità e fu-turi costi per integrazione.

In aggiunta a una situazione non rosea, si sta affermando,inoltre, un approccio federalista alla sanità, che si esplicita inuna sempre maggiore differenziazione sul territorio dei proces-si e dei flussi amministrativi. Questa scelta ha avuto un impor-tante impatto sui fornitori di soluzioni Ict e, di conseguenza, suiloro utenti, che devono dedicare sempre più risorse per lo svi-luppo e la manutenzione dei programmi per la gestione ammini-strativa e sanitaria senza poter raggiungere nessun tipo di eco-nomia di scala a causa delle dimensioni regionali delle singoleiniziative.

L’approccio tradizionale e parcellizzato che vede i singolifornitori ricercare, sviluppare, distribuire e implementare leproprie soluzioni mostra, ogni giorno di più, i propri limiti. Gliinvestimenti necessari per sviluppare sia il livello di base delsoftware sia il livello applicativo sono incompatibili con i profit-ti attuali e futuri. La situazione è insostenibile anche per azien-de dotate di un consistente portafoglio clienti e di un’articolatastruttura commerciale.

Nonostante le problematiche appena descritte, lentamentesi sta diffondendo anche in Italia una consapevolezza crescenteriguardo alle soluzioni e-health e la domanda si sposta verso im-plementazioni via via più sofisticate nelle quali integrazione, in-teroperabilità e condivisione dei dati diventano sempre più im-portanti. Si fa sentire l’esigenza di soluzioni fruibili non soltan-to nei tradizionali ambiti operativi, ma anche in un contesto al-largato nel quale rientrano i medici di famiglia, le farmacie, glioperatori sociosanitari e i pazienti stessi.

Domanda pubblica e innovazione 131

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 131

Page 140: Libro verde sull'innovazione

Questo fenomeno è destinato a rafforzarsi nel breve futurocon l’affermarsi di nuovi modelli e richieste del mercato, comeil fascicolo sanitario in rete (Ehr), la continuità di cura, la de-ospedalizzazione e l’assistenza domiciliare. L’e-health ha una se-rie importante di ricadute per il settore Ict. La necessità discambiare e condividere informazioni cliniche implica, prima ditutto, la capacità di raccogliere, collegare e standardizzare tuttii documenti prodotti all’interno delle aziende sanitarie, raziona-lizzando e organizzando tutti i flussi informatici, eliminando lacarta grazie a infrastrutture di knowledge management per ar-chiviare, ricercare e condividere i documenti e creando un net-work attivo tra dipartimenti e singoli all’interno delle aziendedalla sanità.

Il passo immediatamente successivo prevede la creazionedelle infrastrutture di collegamento tra i processi sanitari inter-ni alle aziende e il mondo esterno, coadiuvando la continuità dicura con un flusso ininterrotto d’informazioni, rendendo acces-sibili dall’esterno alcuni processi aziendali con un’architetturaorientata ai servizi (Soa - Service Oriented Architecture), cosìda consentire, per esempio, non solo la prenotazione via web,ma anche la condivisione delle risorse in ambiti locali o regio-nali, come nel caso dei Cup, oppure l’accesso alla cartella clini-ca del paziente da parte del medico di famiglia.

System & business integration per la sanità: il ruolodegli operatori Ict

Dal punto di vista tecnologico il paese ha bisogno di perfeziona-re l’informatica sanitaria attraverso architetture coerenti con inuovi modelli, ma soprattutto occorre un chiaro commitmentda parte delle istituzioni e un forte coordinamento a livello na-zionale. Perseguire una visione integrata e un approccio siste-matico all’IT attraverso il Ptp è l’unica via che permette di otte-nere economie di scala e interoperabilità dei sistemi.

Negli ultimi anni, infatti, uno dei fattori chiave del successodella tecnologia è il pieno supporto ai principali standard infor-matici per garantire la massima apertura e interoperabilità.L’architettura service oriented in questo senso è una visione ca-ratterizzata da una particolare spinta verso l’integrazione,

132 Domanda pubblica e innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 132

Page 141: Libro verde sull'innovazione

esemplificata dall’uso di Xml come fondamentale meccanismoper la strutturazione e la distribuzione delle informazioni come“servizio”.

Health Level Seven (HL7), ad esempio, è un organismo inter-nazionale che punta a sviluppare il futuro standard, basato suXml per la condivisione, la gestione e l’integrazione dei dati insupporto al trattamento clinico del paziente e per la gestione,l’erogazione e la valutazione dei servizi sanitari. È probabilmen-te lo standard per la comunicazione di messaggi più diffuso almondo nel settore dell’Ict in sanità. È stato sviluppato inizial-mente per il sistema sanitario degli Stati Uniti e ha accumulatouna notevole esperienza nell’utilizzo quotidiano nella maggiorparte degli ospedali e il suo sviluppo ormai coinvolge l’interacomunità internazionale. HL7 ambisce a diventare il linguaggioutilizzato per costruire le cartelle cliniche digitali e mettere inrelazione diretta le applicazioni e i servizi che assicurano la pre-sa in carico e la gestione, anche amministrativa, dei pazienti epiù in generale di tutti i soggetti del sistema sanitario informa-tizzato.

Al centro dei benefici connessi con l’e-health c’è una fitta ra-gnatela di rapporti tra gli operatori della salute e tra questi e ipazienti attraverso un’offerta di servizi che dovranno esseresempre più ricchi e personalizzati, utilizzando tutti i canali di-sponibili: dagli sportelli fisici per le prenotazioni ai pc dei pa-zienti, sfruttando anche la convergenza in atto tra laptop e tele-foni cellulari di prossima generazione. L’integrazione delle in-formazioni e dei processi deve essere sempre più realizzata at-traverso la rete, connettendo sistemi informativi eterogenei me-diante standard condivisi e permettendo a differenti programmie procedure informatiche di scambiarsi dati in un linguaggio co-mune.

Questo d’altronde è lo scenario dominante nel mercato, intutti i settori si sviluppano strategie di system & business inte-gration che l’industria IT sta indirizzando attraverso i web servi-ce. La forte eterogeneità dei sistemi informativi esistenti, infat-ti, ha posto le condizioni per l’ascesa di componenti applicativiprogrammabili, accessibili per mezzo di protocolli standard edestinati ad assicurare l’interazione delle applicazioni, dei servi-zi e dei dispositivi di accesso tramite interfacce standard.

Domanda pubblica e innovazione 133

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 133

Page 142: Libro verde sull'innovazione

Le architetture service oriented rappresentano una rispostaconcreta alle esigenze di cooperazione applicativa caratteristi-che del settore sanitario: interoperabilità delle applicazioni indi-pendentemente dalla piattaforma su cui sono realizzati i servizi,integrazione a basso costo con i sistemi esistenti e adozione distandard aperti per gli strumenti e per le policy di sicurezza.Inoltre, favorendo l’aggregazione dei servizi prodotti da ammi-nistrazioni diverse, le strutture sanitarie possono integrare i si-stemi legacy esistenti, realizzare nuovi servizi ed erogarli viaweb alle altre amministrazioni e ai cittadini. Fortunatamente sistanno diffondendo, anche in Italia, linguaggi e protocolli persemplificare e standardizzare lo scambio di dati sanitari sia am-ministrativi, sia clinici, come HL7, Dicom e Ihe, tuttavia su que-sto fronte si ripropone in tutta la sua criticità la necessità di co-ordinamento e indirizzo strategico degli investimenti in Ict.

Senza un ruolo forte dello Stato, attraverso politiche di Ptp,superare l’attuale frammentazione dei sistemi informativi sanita-ri sarà un percorso lento, difficile e costoso. In quest’ottica unastrategia integrata per l’Ict in sanità a livello nazionale, mirata acoordinare la domanda frammentata a livello locale verso stan-dard implementativi di provata efficacia, costituirebbe un giocowin-win con benefici evidenti per tutti gli attori coinvolti.

4.7 Il ruolo della domanda militare

Un ulteriore ambito nel quale storicamente il public procure-ment ha svolto un ruolo d’indirizzo dell’attività di ricerca è quel-lo della Difesa. Non esiste nessun altro settore della ricercascientifica nei paesi più industrializzati in cui l’intervento stata-le abbia peso maggiore. Gli effetti della ricerca bellica sono pe-raltro molteplici ed è particolarmente significativo il loro impat-to sull’economia e il loro effetto sull’innovazione tecnologica equindi sull’aumento della produttività in molti settori correlati.

Per quanto riguarda la realtà italiana manca uno studio orga-nico in merito alle relazioni intercorse tra ricerca militare e svi-luppo tecnologico civile, tuttavia sarebbe un errore considerareil valore della ricerca militare limitatamente all’output dell’indu-stria bellica dal momento che, nel medio-lungo periodo, il feno-

134 Domanda pubblica e innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 134

Page 143: Libro verde sull'innovazione

meno è permeabile nei confronti del sistema economico nel suocomplesso e genera importanti ricadute per la ricerca di base ci-vile e il miglioramento dell’innovazione nelle imprese. Analizzan-do il fenomeno a un livello macro anche alla luce delle consoli-date iniziative statunitensi è più facile comprenderne la portata.

Nel corso degli ultimi cinquant’anni il Pentagono ha finanzia-to le ricerche di circa il 58% dei premi Nobel per la chimica e del43% dei laureati in fisica, mentre istituzioni di ricerca bellica co-me il Darpa continuano a sovvenzionare molti dei progetti di ri-cerca più avanzati della società contemporanea come il famosoGrand Challenge Race, che si propone l’obiettivo di accelerarelo sviluppo di sistemi di guida robotizzati per veicoli completa-mente autonomi. Ciò riflette il ruolo duale della ricerca bellicaquale motore per gli avanzamenti nazionali nell’innovazione estrumento di competizione mondiale per la supremazia tecnolo-gica.

Si tratta in sintesi di un “motore pubblico per l’innovazione”,che in Europa, nonostante le spinte verso l’aggregazione del pu-blic procurement militare su scala comunitaria, non ha ancoratrovato un corrispettivo. Chiaramente il focus attuale degli inve-stimenti pubblici europei è sulla ricerca di base e l’Ict, con pos-sibili risvolti a lungo termine per l’innovazione della Pmi e l’anti-cipazione dei bisogni futuri, tuttavia non dobbiamo dimenticarele esperienze degli Stati Uniti, che rivelano come il nucleo dellosforzo federale non vive nell’Nsf (National Science Foundation)e negli altri istituti tecnologici (Nist, Acp), ma è costituito da unsolido gruppo di iniziative mission oriented finanziate in granparte dal budget per la sanità e da quello militare.

Una recente ricerca (Bozeman e Dietz, 2001), che ha cercatodi valutare l’impegno in ricerca militare degli Stati Uniti duranteil periodo di minor espansione della spesa bellica, ha evidenzia-to che il settore Difesa erogava i 3/4 delle risorse federali per laricerca industriale, la metà dei finanziamenti dei laboratori fede-rali ed era fra i tre maggiori sostenitori delle università. Questecifre sono sufficienti per dimostrare la predominanza e gli effet-ti della ricerca militare in ambito civile, di cui il precursore di In-ternet, Arpanet, è il simbolo più noto all’opinione pubblica.

Oggi gli Usa da soli contribuiscono per oltre il 75% alla ricer-ca militare dei paesi dell’Ocse. Ne consegue che, fuori dai natu-

Domanda pubblica e innovazione 135

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 135

Page 144: Libro verde sull'innovazione

rali contrasti di tipo ideologico, è lecito interrogarsi in merito alruolo dei paesi europei in quest’ambito, così da comprenderegli effetti di una spesa militare frammentata tra i singoli Stati evalutare l’opportunità di costituire un “motore europeo” perl’innovazione. Vale la pena di coordinare gli investimenti milita-ri e i fondi per la ricerca bellica dei singoli membri in un’unicapolitica integrata a livello comunitario? Dovremmo seguirel’esempio degli Usa e sviluppare un’incisiva politica europea ri-guardo alla ricerca militare?

La prima domanda ci chiede di considerare il modo in cui lascienza e la tecnologia vengono prodotte. È comune attribuireun ruolo importante alla domanda pubblica dei governi in rela-zione allo sviluppo economico dei decenni immediatamentesuccessivi alla fine della seconda guerra mondiale. I grandi pro-grammi (militari in Usa, soprattutto civili in Europa) sono statitradizionalmente considerati di importanza fondamentale nellosviluppo di innovazioni radicali. Per questo motivo, il coordina-mento degli investimenti su vasta scala può rappresentare unadecisione positiva e coerente con il resto delle politiche per losviluppo dell’innovazione che si attivano per mezzo di program-mi quadro a livello comunitario.

Cercare risposte alla seconda domanda è più complesso. Inprima istanza si presta a facili strumentalizzazioni ideologiche,ma soprattutto implica una difficile rimodulazione di obiettivi erisorse nel budget comunitario per la ricerca e comporta sforzienormi nell’ambito del processo d’integrazione delle politichemilitari.

4.8 Public technology procurement e risvoltiorganizzativi

Alcune iniziative dello Stato centrale tentano di rispondere allerichieste d’investimenti a favore dell’innovazione da parte delleassociazioni di imprese Ict, attraverso investimenti mirati e di-stribuiti a tutti i livelli della pubblica amministrazione, destinatia impattare sull’operatività, la trasparenza e l’offerta di servizi alcittadino ma anche a causare una rivoluzione culturale adegua-ta alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie.

136 Domanda pubblica e innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 136

Page 145: Libro verde sull'innovazione

Nel macromodello organizzativo che prevedibilmente pre-varrà in ambito pubblico, un ruolo importante verrà giocatodalla condivisione di soluzioni, sia dal punto di vista organizza-tivo che strettamente tecnologico, al fine di ottimizzare le ri-sorse disponibili, ma anche per generare valore aggiunto, conla creazione progressiva di comunità professionali in tema diPtp. Il crescente uso di soluzioni tecnologiche aperte, inoltre,consentirà l’operatività del già annunciato Portale della PA,una sorta di marketplace riservato agli applicativi open sourceinteramente dedicato a rendere noti e condividere i progetti inessere nelle diverse amministrazioni, per generare massa criti-ca ed economie di scala, diffondendo rapidamente le soluzionimigliori e facilitando l’adozione di standard comuni su scalanazionale.

Unitamente alla condivisione delle best practices, un’altraprospettiva innovativa si propone di mettere in condivisione iprocessi di servizio, superando la tradizionale frammentazionee le barriere interne alle amministrazioni attraverso i cosiddetti“Shared Services”, intesi come condivisione di processi e servi-zi comuni a più amministrazioni o unità organizzative attraver-so le tecnologie Ict. Si tratta di un nuovo modello organizzativo,basato sull’erogazione comune a più amministrazioni dei servizidi back-office, che consente di ridurre drasticamente i costi difunzionamento della PA, tagliare inefficienze e funzioni ridon-danti, concentrare risorse su servizi e funzioni core e standar-dizzare processi e tecnologie.

Tale approccio alla riorganizzazione della PA richiede certa-mente un cambio di paradigma, ma offre un’effettiva opportuni-tà per re-ingegnerizzare e semplificare i processi di servizio, mi-gliorando l’efficienza complessiva del sistema amministrativo afavore di una migliore erogazione dei servizi al cittadino.

Il Codice della PA digitale, a tal proposito, favorisce la condi-visione, riprendendo alcune norme preesistenti, come quellecontenute nella legge 340/2000. Esso stabilisce, ad esempio, chele pubbliche amministrazioni titolari di programmi applicativirealizzati su commessa pubblica hanno obbligo di concederli informato sorgente, completi della documentazione disponibile,in uso gratuito ad altre amministrazioni che li richiedono e cheintendano adattarli alle proprie esigenze.

Domanda pubblica e innovazione 137

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 137

Page 146: Libro verde sull'innovazione

Intesa come parte essenziale del servizio pubblico, la tecno-logia deve essere concepita, attraverso un radicale salto cultu-rale, come strumento per favorire e misurare il risanamentodella PA, perché implementazioni in “via sperimentale” di servi-zi ad alto contenuto di Ict non hanno più senso, devono diventa-re la prassi ed entrare a far parte dell’operatività ordinaria, met-tendo al centro la tecnologia per obiettivi primari, come il con-trollo dei flussi finanziari, la trasparenza amministrativa e lapersonalizzazione del servizio.

La PA dovrà essere intesa come un grande sistema di comu-nicazione e le attuali procedure dovranno migrare massiccia-mente su nuove piattaforme tecnologiche. L’architettura di basedeve essere indirizzata all’integrazione tra le grandi anagrafi delpaese, sollecitando le singole amministrazioni ad abbandonarela cultura del “possesso” dei dati dell’utente in favore di quelladell’accesso, i dati sono del cittadino e devono essere facilmen-te accessibili alle altre amministrazioni e a tutti i soggetti che nehanno diritto.

In questo senso il problema non sono mai le tecnologie – l’in-teroperabilità tra i sistemi è facilmente raggiungibile –, il vinco-lo più complesso rimane di origine culturale. A tal proposito ilCodice della PA digitale rende esplicito il collegamento tra in-formatizzazione e riorganizzazione, legando, in particolare,l’uso delle nuove tecnologie a un approccio orientato all’effica-cia dell’azione amministrativa.

Sinora ha prevalso proprio la tendenza contraria, quella diconsiderare in maniera separata le questioni tecnologiche equelle organizzative. Abbiamo scontato e continuiamo a sconta-re un diffuso atteggiamento di scetticismo, quando non addirit-tura di diffidenza, nei confronti del cambiamento e della tecno-logia a esso associata. Per quanto importante sia l’investimentoin innovazione, l’idea di una cultura dell’innovazione è probabil-mente una delle cose più difficili da costruire.

Partnership: il ruolo della collaborazione

Il ruolo di traino della domanda di Ict è attualmente moltocondizionato da quella pubblica, spesso ripiegata su sé stessain un circolo assai poco virtuoso, ristretto al binomio Stato-

138 Domanda pubblica e innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 138

Page 147: Libro verde sull'innovazione

cliente e fornitore di sé stesso che non riesce a sfruttare appie-no le potenzialità offerte da relazioni di partnership pubblico-privato.

Un’evoluzione in senso cooperativo garantirebbe di poter in-dividuare aree e progetti specifici per periodi anche limitati, fa-cendo fronte a un contesto fortemente caratterizzato dal cam-biamento tecnologico. Le aziende innovative, infatti, progettanole strutture in modo che siano flessibili e creano programmi pi-lota per testare nuove idee e progetti. A livello strutturale sonospesso decentrate, istituiscono rapporti di partnership con pri-vati e consentono ai dipendenti a ogni livello di assumersi per-sonalmente la responsabilità dei processi e delle attività che liinteressano, stimolando in tal modo la cultura dell’imprendito-rialità.

Se l’obiettivo è costruire amministrazioni pubbliche innova-tive e di successo, tuttavia, l’individuazione di potenziali partnerè solo il primo passo verso la creazione di valore. Le PA devononecessariamente articolare il valore strategico della coopera-zione e fare in modo che sia complementare al modello operati-vo, migliorando il proprio funzionamento e adeguandosi neltempo all’evoluzione dei rapporti.

La formula del partenariato pubblico-privato ha caratterizza-to lo sviluppo di alcuni casi di successo a livello locale, legati al-la necessità di poter disporre di competenze adeguate e al gra-do di efficienza più facilmente assicurato da attori operanti sulmercato. Tale strada inoltre appare percorribile anche attraver-so la creazione di società strumentali dedicate all’erogazione emanutenzione di servizi particolari. Questo soprattutto per ga-rantire il superamento delle problematiche connesse a unastruttura complessa, a esclusivo controllo pubblico, completadi tutte le professionalità necessarie, e per ragioni legate alla so-stenibilità economica e al rischio di duplicazione inefficiente dicompetenze a costi non competitivi. Le partnership possono as-sumere svariate forme, dalla collaborazione con fornitori priva-ti e appaltatori di servizi, fino alla cooperazione con altri entipubblici, nel quadro di progetti multifunzionali. L’abbattimentodelle barriere tra i diversi enti inoltre permetterebbe di esten-derne la portata nonché di ridurne i costi. Ciò che è stato ampia-mente dimostrato in ambito privato è che le aziende ad alte per-

Domanda pubblica e innovazione 139

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 139

Page 148: Libro verde sull'innovazione

formance individuano e attirano partner provenienti da svariatisettori con cui operano per incrementare il valore prodotto peril pubblico.

4.9 Conclusioni

La normativa attuale in merito al public procurement non rap-presenta adeguatamente le implicazioni sistemiche delle tecno-logie digitali e costituisce un ostacolo verso l’utilizzo della do-manda pubblica di Ict in chiave strategica.

Il Public Technology Procurement è un soggetto relativa-mente trascurato nella letteratura economica e parallelamentele criticità comunemente associate a misure supply-side in re-gime di libero mercato hanno condotto i decisori a evitare que-sto strumento di politica per l’innovazione. In Italia, sul solcodella normativa comunitaria, è stata perseguita una generalestandardizzazione dei processi d’acquisto da parte della PA al fi-ne di garantire trasparenza e imparzialità, evitando distorsioni esovvenzionamenti discriminatori verso privati da parte dellecommesse pubbliche. Nello specifico, tuttavia, la domanda pub-blica italiana rimane associata a una dimensione di inefficienza,nel quadro di una regolamentazione essenzialmente orientata alcontenimento dei costi per mezzo di regimi d’asta competitiva.Per contro, le dinamiche alla base del Ptp superano i classicicriteri d’approvvigionamento di commodities, mentre la com-prensione delle conseguenze associate alle diverse alternativetecnologiche richiede un approccio sistemico in una prospetti-va di Total Cost of Ownership.

Il Ptp, al di là degli aspetti quantitativi, va inteso come “con-divisione di conoscenza guidata dalle istituzioni”, ed è proprioin tale prospettiva che le risorse investite in tecnologia diventa-no uno strumento di politica industriale. Da un lato nelle vestidi sostegno all’offerta di Ict, dall’altro come impulso alla crea-zione d’innovazione. In Europa negli ultimi anni si è verificatoun graduale risveglio dell’attenzione verso politiche market dri-ven a sostegno dell’innovazione, viste come strategie concreteper cogliere e andare oltre i meccanismi d’asta del public procu-rement. L’obiettivo diventa una spesa pubblica orientata alla

140 Domanda pubblica e innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 140

Page 149: Libro verde sull'innovazione

creazione di valore anziché una semplice politica dei tagli. Siscopre, in altre parole, che il vero elemento di differenziazionedella performance di un paese non è tanto la riduzione dellaspesa totale per gli apparati della pubblica amministrazione,quanto l’allocazione efficiente delle risorse a favore di migliora-menti della competitività del sistema guidati dall’Ict.

L’Italia deve passare ad azioni concrete nel quadro di inter-venti coordinati, su scala nazionale e comunitaria. È necessariosfruttare il peso economico della PA per trasformare la doman-da pubblica in un motore di crescita per il paese, convogliandole risorse verso alcune principali direttive strategiche, nel ri-spetto delle normative su trasparenza e concorrenza, in un’otti-ca di impulso alla nascita di innovazione.

Domanda pubblica e innovazione 141

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 141

Page 150: Libro verde sull'innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 142

Page 151: Libro verde sull'innovazione

5. I capitali per l’innovazione

di Mario Calderini e Marco Nicolai

5.1 Introduzione

La capacità di innovazione di un sistema economico risultastrettamente interconnessa sia alle risorse imprenditoriali delsistema medesimo, sia all’effettiva disponibilità di adeguate ri-sorse finanziarie. Le imprese ad alto contenuto tecnologico, cheper propria natura sono fortemente innovative, presentano del-le caratteristiche e dei fabbisogni specifici che richiedono un si-stema finanziario adeguato a supportarle. La dimensione localedel sistema finanziario assume, dunque, un’importanza rilevan-te per la nascita e lo sviluppo di iniziative imprenditoriali “inno-vative”.

Il presente capitolo si pone come obiettivi descrivere le pro-blematiche relative al finanziamento delle attività imprendito-riali innovative, fornire un quadro degli interventi di sostegnosperimentati in diversi contesti nazionali e locali, e discuteredelle misure di intervento maggiormente rispondenti ai fabbiso-gni espressi dal sistema produttivo italiano.

5.2 I capitali per l’innovazione

Le ragioni della difficoltà nel reperimento di risorse finanziarieper gli scopi innanzi citati sono da ricercare nella natura stessadelle imprese innovative. L’“innovazione” di un’impresa derivaanche dalla capacità informativa e quindi dalla sua capacità disviluppare interazioni strategiche con potenziali finanziatori. Ilfallimento di questa interazione porta alla non concretizzazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 143

Page 152: Libro verde sull'innovazione

del finanziamento oggetto della transazione. Le difficoltà nelcondurre con successo interazioni o transazioni strategiche, equindi di accedere a finanziamenti, sono ancora più accentuatenel caso di investimenti per innovazione rispetto ad investimen-ti generici in attività produttive, in quanto i primi sono di piùcomplessa valutazione.

In tale contesto, è ragionevole pensare che il finanziamentodelle imprese innovative avvenga non solo con l’autofinanzia-mento e il credito bancario, ma anche coinvolgendo altri opera-tori finanziari, con esiti tuttavia molto eterogenei. Tra questioperatori, grande importanza rivestono i venture capitalist nelfinanziare imprese del segmento dell’early stage.

In Italia, tuttavia, popolata prevalentemente da piccole e me-die imprese a forte valenza locale e con assetti manageriali an-cora largamente inadeguati a instaurare rapporti con il grandecapitale internazionale, dati il numero ridotto di imprese quota-te e l’esiguità del mercato italiano del capitale di rischio (sia perraccolta sia per investimenti), le fonti esterne di finanziamentoafferiscono quasi esclusivamente al settore bancario.

Per quanto riguarda la raccolta di capitale di rischio, il valo-re nel mondo ha fatto registrare, nel 2004, un andamento deci-samente positivo, con ben 138 miliardi di dollari raccolti, rap-presentanti il 60% in più rispetto al 2003; in Europa, nel 2005, so-no stati raccolti 71,8 miliardi di euro, oltre il 160% in più rispet-to al 2004 (36,9 miliardi di euro). A fronte di ciò, l’Italia mostrauna netta controtendenza: 1,3 miliardi di euro raccolti nel 2005,con un decremento del 20% rispetto al 2004.

I dati relativi agli investimenti in capitale di rischio confer-mano tale trend. Si rileva a livello mondiale, un andamento so-stanzialmente stabile degli investimenti (110 miliardi di dollari,il 4% in meno rispetto al 2003) e un trend in forte crescita a livel-lo europeo (raggiungimento della cifra record di 47 miliardi dieuro, il 27% in più rispetto al 2004). Al contrario, l’Italia si accon-tenta di una performance modesta, mantenendo inoltre invaria-to il trend rispetto all’anno precedente (2 miliardi di euro circa).Concentrando l’analisi sul segmento dell’early stage, ovveroagli investimenti in imprese in fase di avvio e in successiva fasedi start-up, si osserva che il gap italiano risulta ancora più mar-cato. Nonostante l’incidenza degli investimenti in early stage

144 I capitali per l’innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 144

Page 153: Libro verde sull'innovazione

sul totale sia sempre stata abbastanza marginale nel mondo (es-sa rappresenta mediamente non oltre il 12% degli investimenticomplessivi), in Italia questo peso è ancora più contenuto, rag-giungendo un ammontare medio annuo pari a solo l’8% del tota-le. Se prendiamo in esame le operazioni di investimenti in im-prese cosiddette “high-tech”, il gap italiano trova ulteriore con-ferma: mediamente, ogni anno, solo il 17% degli investimenti ita-liani in capitale di rischio riguarda imprese di questo tipo, afronte dell’oltre 45% mediamente investito nel mondo.

Con riferimento a iniziative finanziarie di supporto per lacreazione e lo sviluppo di Pmi innovative, si segnalano alcunimodelli di intervento attivati all’estero che hanno ottenuto risul-tati di assoluto interesse, e in particolare, i fondi di fondi a capi-tale misto pubblico-privato, con vocazione all’investimento infondi di seed e di venture capital gestiti da strutture di carattereprevalentemente privatistico. In tale contesto, l’interesse desta-to da tali iniziative nasce dalla modalità, molto efficace, di im-piego della risorsa pubblica come leva finanziaria nel coinvolgi-mento di risorse private

L’adozione di misure di intervento similari a favore dellestart-up rivestirebbe grande importanza per l’Italia, paese a dif-fusa imprenditorialità nei settori tradizionali e nel commercio,ma ancora troppo poco vitale per quanto riguarda i settori adalta tecnologia. Ciò è imputabile in parte all’assenza di grandicorporation nei settori high-tech che fungano da bacini per lacreazione di start-up. Aziende come Telettra hanno agito neglianni Settanta da naturale incubatore di imprenditoria high-tech. Con il venire meno negli anni di queste imprese, è aumen-tata la potenzialità e l’importanza dell’altro grande bacino distart-up ad alta tecnologia, costituito dalle università e dai cen-tri di ricerca. Ed effettivamente qualcosa si è mosso e ancora sista lentamente muovendo a conferma della strategicità delmondo della ricerca, come mostra il caso degli Stati Uniti, neiquali, negli anni Novanta, il numero medio annuale di start-upper ateneo è quadruplicato.

Occorre, pertanto, adottare anche in Italia quelle giuste con-dizioni che consentano di creare un vero e proprio circolo vir-tuoso di investimenti in imprese giovani e innovative. A tal fine,devono essere risolti alcuni problemi di tipo strutturale, in pri-

I capitali per l’innovazione 145

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 145

Page 154: Libro verde sull'innovazione

mis la creazione di un mercato finanziario focalizzato sullo svi-luppo di impresa, incentivando la nascita di nuovi operatori de-dicati e favorendo loro il reperimento di risorse finanziarie.

Ciò è avvenuto in tutte quelle realtà in cui sono state avviateiniziative di successo, quali i fondi di fondi cui si accennavaprecedentemente. Le politiche di sviluppo dell’imprenditoriali-tà innovativa adottate negli Stati più sviluppati e innovativi a li-vello mondiale si caratterizzano anche per la previsione e l’at-tuazione di interventi diretti e mirati al sostegno degli operato-ri del venture capital. Si pensi, a titolo esemplificativo, alloSmall Business Investment Companies Program (Sbic) negliStati Uniti, ai Regional Venture Capital Funds, al UK High Tech-nology Fund e al Challenge Fund Scheme nel Regno Unito, aifondi (sia seed capital sia venture capital) attivati con il sup-porto della cassa depositi e prestiti nazionale in Francia, al BtuFruephasenprogramm e al High-Tech Master Plan in Germania,allo Scottish Co-investment Fund (Scf) in Scozia, al fondo Yoz-mà in Israele.

5.3 Gli strumenti di sostegno pubblico al capitaledi rischio per l’innovazione

In questi ultimi anni, l’Italia sta mostrando segni di maggiore vi-talità, almeno per quanto riguarda l’introduzione di iniziativepubblico-private per la promozione di start-up innovative. Sullascorta delle buone pratiche internazionali e degli indirizzi forni-ti dalle istituzioni comunitarie in tal proposito, anche in Italia siè cercato di introdurre misure a favore dello sviluppo del mer-cato del capitale di rischio sia a livello nazionale sia a livello re-gionale/locale.

Molteplici sono le possibili modalità di intervento pubblico asostegno del capitale di rischio. La maggior parte di esse è ri-conducibile alle seguenti tipologie:

• Costituzione di fondi di investimento (fondi di capitale dirischio) nei quali lo Stato possa entrare come socio, investi-tore o aderente, anche a condizioni meno vantaggiose rispet-to agli altri investitori.

146 I capitali per l’innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 146

Page 155: Libro verde sull'innovazione

• Contributi per la copertura di parte delle spese amministra-tive e dei costi di gestione dei fondi di capitale di rischio.

• Strumenti finanziari in favore di investitori in capitaledi rischio o di fondi di capitale di rischio (per incentivar-li a mettere a disposizione ulteriori capitali per gli investi-menti).

• Garanzie prestate a favore di investitori in capitale di ri-schio o di fondi di capitale di rischio a copertura di parte del-le perdite legate agli investimenti, ovvero garanzie prestatein relazione ai prestiti a favore di investitori/fondi per inve-stimenti in capitale di rischio.

• Incentivi fiscali a favore degli investitori affinché effettuinoinvestimenti in capitale di rischio.

In questa gamma di strumenti, relativamente ampia, il sottoinsie-me di modalità di intervento attivate in Italia risulta alquantoscarno. Tra le principali misure avviate a livello governativo figu-rano, infatti, l’articolo 106 della legge n. 388 del 2000; l’articolo 11del decreto ministeriale n. 593 del 2000 e il Fondo High-Tech peril Mezzogiorno (decreto ministeriale del 18 aprile 2005).

L’art. 106 della legge 388 del 2000, relativo allo sviluppo dinuove imprese innovative, si pone l’obiettivo di favorire l’acces-so al capitale di rischio di nuove Pmi in aree svantaggiate me-diante la concessione di anticipazioni finanziarie pubbliche a in-termediari finanziari, finalizzate all’acquisizione di partecipazio-ni temporanee e di minoranza, a fronte di programmi plurienna-li di sviluppo. Le risorse stanziate sono pari a circa 204,3 milio-ni di euro. All’inizio del 2007 rimanevano a disposizione del mi-nistero dello Sviluppo economico ancora più di 190 milioni dieuro. I dati evidenziano un sostanziale sottoutilizzo della misu-ra in esame, registrando, nel corso del triennio precedente al2007, un impiego complessivo (in termini di risorse impegnate)pari a meno di 7 milioni di euro, poco più del 3,3% delle risorsestanziate. Se estendiamo l’analisi all’ammontare effettivamenteversato, il dato è ancora meno consistente (2,9 milioni di euro,circa l’1,4% delle risorse stanziate).

Il decreto ministeriale n. 593 del 2000 ha reso operativa lalegge n. 297 del 1999 che razionalizza l’intero sistema di agevo-lazioni per la ricerca e l’innovazione. In particolare, l’articolo 11

I capitali per l’innovazione 147

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 147

Page 156: Libro verde sull'innovazione

del D.M. 593/2000 prevede la possibilità di contribuire al finan-ziamento di progetti di ricerca finalizzati a nuove iniziative eco-nomiche ad alto contenuto tecnologico, ossia a progetti di spin-off. Grazie a tale misura, dal 2001 al 2005, sono pervenuti alMiur 81 progetti di spin-off, 38 dei quali (quasi il 50%) sono statiaccolti, beneficiando di una contribuzione complessiva pari acirca 13,7 milioni di euro. Il 91% dei progetti finanziari sono di ti-po accademico,1 la restante parte è costituita da spin-off univer-sitari.2 In nove progetti di spin-off hanno partecipato diretta-mente operatori finanziari e venture capitalist.

Tra le misure non ancora pienamente operative, rientra ilD.M. del 18 aprile 2005 ossia il Fondo High-Tech per il Mezzo-giorno, promosso dall’allora ministero dell’Istruzione universitàe ricerca (Miur), un fondo di fondi di 100 milioni di euro desti-nato a sottoscrivere quote di fondi mobiliari chiusi che effettui-no investimenti nelle aree del Mezzogiorno, inclusi Abruzzo eMolise, con lo scopo di introdurre innovazioni di processo o diprodotto con tecnologie digitali. Il fondo dovrebbe operare se-condo meccanismi di funzionamento tipici del mercato del ca-pitale di rischio e applicare criteri meritocratici di valutazionedelle opportunità di investimento.

La stessa Commissione europea ha riconosciuto al capitaledi rischio un ruolo di primaria valenza nell’ambito dei propriprogrammi di indirizzo per lo sviluppo della competitività del-l’Unione europea. Lo strumento principe a livello comunitarioè, senza dubbio, il Fondo europeo degli investimenti (Fei), natodagli sforzi congiunti della Commissione europea e della Bancaeuropea degli investimenti. Il Fei è un fondo di fondi che investedirettamente negli operatori di capitale di rischio europei, indi-viduando e partecipando, in logica sussidiaria, a iniziative ad al-to impatto sul sistema economico-competitivo europeo. La mo-dalità principalmente adottata dal Fei è la sottoscrizione di quo-te di fondi di venture capital. Il Fei opera esclusivamente trami-te specifici mandati di gestione, in parte conferitigli dal proprioazionariato, in parte acquisiti esternamente presso i governi de-gli Stati membri. All’inizio del 2007, il Fei aveva sottoscritto 220fondi di capitale di rischio per un ammontare complessivo paria 3,2 miliardi di euro, circa il 17% della raccolta totale di capita-le di rischio (18,2 miliardi di euro), con un effetto leva di 1 a 5.

148 I capitali per l’innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 148

Page 157: Libro verde sull'innovazione

Nell’ultimo quinquennio, il Fei ha fornito mediamente ogni an-no l’1,2% del totale delle risorse raccolte sul mercato europeo.

Tra i fondi sottoscritti vi sono 17 fondi mobiliari chiusi italia-ni (pari a circa il 7,5% del totale), per un ammontare complessi-vo di 244 milioni di euro, che rappresentano il 14% del totalecomplessivamente raccolto (1784 milioni di euro), con un effet-to leva di 1 a 6. Tali fondi rappresentano il 12% (in termini di am-montare) del capitale di rischio raccolto in Italia dal 1998 al2005 (circa 15 miliardi di euro).

Tornando alle iniziative adottate in Italia, oltre alle misurepromosse a livello governativo, sono presenti diverse iniziativeregionali. Tali iniziative possono essere ricondotte, da una par-te, ai piani di utilizzo dei cosiddetti Fondi strutturali europei,per il tramite dell’implementazione delle cosiddette misure di fi-nanza innovativa o di ingegneria finanziaria; dall’altra parte pos-sono essere associate a specifiche misure di intervento regiona-le, condotte in partnership con operatori finanziari privati.

Relativamente alle prime, i regolamenti comunitari relativiai Fondi strutturali precisano che sono considerati strumenti diingegneria finanziaria quegli strumenti capaci di attivare, a livel-lo finanziario, un effetto moltiplicatore delle risorse comunita-rie, favorendo il massimo ricorso possibile a fonti di finanzia-mento private, allo scopo di aumentare le risorse disponibili perinvestimenti e assicurare al tempo stesso che l’esperienza delsettore privato influisca sui metodi di gestione dei programmi.Vengono considerati tali:

• fondi di capitale di rischio (diretti o indiretti), • fondi di garanzia,• fondi di finanziamento (prestiti a tasso agevolato, prestiti

partecipativi, mezzanine finance ecc.).

Le risorse complessivamente stanziate in Italia nell’ambito di mi-sure di finanza innovativa, “effettivamente” attivate, sono pari a88 milioni di euro, di cui il 25% nel Mezzogiorno, il 36% nel Centroe il 39% nel Nord. Tali risorse, a loro volta, hanno raccolto l’ade-sione di investitori privati per circa 25 milioni di euro, di cui il 27%nel Mezzogiorno, il 33% al Centro e il 40% al Nord. In totale, quin-di, sono state mobilitate risorse per più di 110 milioni di euro.

I capitali per l’innovazione 149

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 149

Page 158: Libro verde sull'innovazione

Relativamente alle iniziative regionali, ossia a quelle attivatecon il concorso di risorse regionali e non comunitarie, sei sonole iniziative di venture capital avviate, nella forma di fondi mo-biliari chiusi, in partnership con operatori/investitori privati. LeRegioni interessate sono Lombardia, Toscana e Piemonte.Un’iniziativa similare, che vede come promotore Regione Sici-lia, è in fase di attuazione. In totale sono stati attivati 246 milio-ni di euro, 185 dei quali da parte di investitori privati, con un ef-fetto leva quindi di 1 a 3. La parte del leone spetta alla Toscanae alla Lombardia. Nel primo caso, attraverso la società di gestio-ne del risparmio Sviluppo imprese Centro Italia Sgr (a sua voltacontrollata dalla finanziaria regionale Fidi Toscana), sono statelanciate due iniziative, Centroinvest e Toscana Venture, con unadotazione complessiva di circa 89 milioni di euro (con un effet-to leva su risorse pubbliche di 1 a 11,5). Regione Lombardia,con Finlombarda Gestioni Sgr Spa (controllata dalla propria fi-nanziaria regionale, Finlombarda Spa) ha, anch’essa, lanciatodue iniziative: Next ed Euromed, per 87 milioni di euro (con uneffetto leva su risorse pubbliche di 1 a 1,3). Infine, Regione Pie-monte si è fatta promotrice di due iniziative distinte: InnogestCapital, gestito da Innogest Sgr (controllata da Fondazione To-rino Wireless) con 40 milioni di euro (effetto leva di 1 a 5,6) eSviluppo Nord Ovest, gestito da Strategia Italia Sgr (partecipatada Unionfidi) con 30 milioni di euro e un effetto leva di 1 a 1.

Per completare il quadro sinora raffigurato, occorre accen-nare alle politiche per la ricerca e l’innovazione nel loro com-plesso e non solo limitatamente alle iniziative di capitale di ri-schio. Da un loro esame, si rileva in Italia una media di 4-6 inter-venti per regione. Tuttavia, se da una parte le regioni del Cen-tro-Nord (a esclusione di Marche e Lazio) preferiscono sostene-re le attività di sostegno all’innovazione attraverso il ricorso aproprie linee di intervento, d’altra parte le regioni meridionalifanno maggiore ricorso agli strumenti regionalizzati3 (in parti-colare attraverso l’articolo 11 della legge n. 598 del 1994)4. Perle regioni meridionali, infatti, le erogazioni regionali costituisco-no solo il 2,5% della spesa totale. Gli strumenti regionalizzatihanno subito un progressivo depotenziamento: dai 120 milionidi euro circa di finanziamenti erogati nel 2003, si è passati nel2005 a poco più di 74 milioni di euro. A fronte di questo anda-

150 I capitali per l’innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 150

Page 159: Libro verde sull'innovazione

mento, le regioni hanno dovuto potenziare gli strumenti di pro-pria e diretta competenza: da un ammontare di 26 milioni di eu-ro nel 2003 si è passati a una dotazione di 80 milioni di euro nel2005 per le iniziative regionali a favore della ricerca e dell’inno-vazione. È da rilevare che, nonostante il peso crescente dellemisure regionali, la spesa per il sostegno delle attività di ricercasi concentra ancora per l’85% sugli strumenti nazionali.5 L’impe-gno per il supporto della ricerca e dell’innovazione non si distri-buisce in misura paritetica tra le regioni. Emilia Romagna e To-scana dedicano una percentuale elevata delle proprie risorse6 amisure di supporto alla ricerca (con percentuali superiori al50%), seguite da Veneto e Piemonte (con valori superiori al40%), mentre le regioni meridionali presentano quote inferiorial 10%. La Lombardia si attesta al 35% e le Marche al 31%.

5.4 Innovazione e politiche di credito

Come già ricordato, le difficoltà che il sistema bancario deve af-frontare nella valutazione delle richieste di finanziamento perprogetti di innovazione e di ricerca derivano dalla natura preva-lentemente immateriale di quei progetti. L’incertezza di ritornilegati a investimenti in R&S, la frequente non disponibilità di ga-ranzie reali, in particolar modo per le Pmi, l’inadeguatezza deglistandard contabili che non danno chiara evidenza delle spese inR&S nel bilancio (frequentemente imputate nel conto economi-co), le difficoltà di valutazione degli intangibles, e infine l’asim-metria informativa che si instaura tra finanziatori e imprendito-ri hanno nel complesso contribuito negli anni scorsi a creare ilcosiddetto problema del razionamento del credito per l’innova-zione, condizionando e contenendo il ruolo del sistema banca-rio nel finanziamento dell’innovazione. Non sorprende, dunque,che, poiché le più recenti proposte di prodotti bancari specializ-zati per il finanziamento dell’innovazione hanno riscontrato unadebole risposta dal mercato, le banche si siano in gran parte ri-posizionate su prodotti per investimenti meno rischiosi e piùtradizionali.

Eppure, in Italia, dove i mercati azionari sono ancora scarsa-mente sviluppati, appare difficilmente sostenibile l’ipotesi di un

I capitali per l’innovazione 151

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 151

Page 160: Libro verde sull'innovazione

sistema nazionale di innovazione totalmente scollegato dal con-tributo che può fornire il sistema bancario. Ad oggi, nel nostropaese solo il sistema bancario, infatti, dispone di un strutturacapillarmente distribuita su tutto il territorio nazionale e quindidi più facile accesso alle imprese, e in particolare alle piccole epiccolissime imprese che costituiscono prevalentemente l’indu-stria italiana.

Gli stessi distretti industriali e le loro più recenti evoluzionimorfologiche7 fondano la loro genesi ed evoluzione sul rappor-to col sistema bancario. Le banche locali hanno consentito losviluppo di nuove imprese distrettuali, con la partecipazione alfinanziamento dell’acquisto dei mezzi tecnici per mettersi inproprio e la copertura del fabbisogno del capitale di esercizio.Inoltre, è stato rilevato come relazioni durature tra imprese ebanche abbiano prodotto effetti positivi sull’innovazione, diprodotto e di processo, così come sulla propensione a investirein R&S. Il ruolo di braccio finanziario della diversificazione ri-sulta tanto più vero in un momento in cui i distretti si stannosempre più orientando verso una rispecializzazione produttiva,anche attraverso nuove forme di aggregazioni “virtuali” di im-prese e centri della conoscenza.

Risulta, quindi, di importanza primaria interrogarsi sul ruoloche gli intermediari finanziari intendono rivestire nel finanzia-mento alle piccole medie imprese italiane, sia nei confronti diquelle che stanno cercando di ricollocarsi sullo scenario com-petitivo internazionale, sia verso quelle più innovative e tecno-logiche, che con grande difficoltà riescono a instaurare un rap-porto con il mercato dei capitali.

Nonostante i risultati non proprio soddisfacenti ottenuti dalsistema bancario nel finanziare l’innovazione, le banche stannodimostrando di voler agire con maggiore incisività nel rafforza-re il rapporto banche-imprese avviando tra l’altro programmi disostegno finanziario a progetti di innovazione tecnologica.

Anche Basilea II (in vigore a partire da gennaio 2008) sem-bra aprire verso la possibilità di fondare il rapporto banca-im-presa (e le relative valutazioni di rischio) sulla conoscenza spe-cifica delle tecnologie e del profilo dell’attività innovativa del-l’impresa. Tradizionalmente, le istituzioni bancarie si basavanoesclusivamente su un’analisi soggettiva del rischio di credito

152 I capitali per l’innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 152

Page 161: Libro verde sull'innovazione

dei prenditori e i cosiddetti “sistemi esperti” utilizzavano tutt’alpiù criteri quali reputazione, grado di indebitamento, volatilitàdei profitti e garanzie collaterali per raggiungere un giudizio lar-gamente soggettivo riguardo la possibile concessione di un pre-stito. Tale sistema, perlopiù incentrato su pratiche informali direlationship lending, contribuiva a penalizzare giovani impresea elevata potenzialità di sviluppo che, non avendo un rapportoconsolidato e di fiducia con la banca e non essendo in grado difornire garanzie o informazioni di bilancio puntuali, risultavanosoggette a razionamento del credito.

Oggi le banche, alla vigilia dell’implementazione sistematicadell’accordo di Basilea II, tendono a utilizzare in misura cre-scente l’approccio degli Internal Rating Systems (Irb), i qualiprevedono che vengano calcolati internamente i parametri perstimare il rischio. Basilea II, inoltre, prescrive che nei sistemi dirating interno occorra affiancare a parametri di natura quantita-tiva anche variabili qualitative. Ne deriva che fattori legati alleattività di innovazione delle imprese possono essere inseriti neimodelli di rating, contribuendo ad attenuare le asimmetrie in-formative tra prenditori e investitori. Se, infatti, tra le variabiliqualitative vengono considerate informazioni relative all’attivi-tà innovativa dell’impresa (brevetti, marchi, intensità delle spe-se in R&S, capacità di innovazione di prodotto/processo), im-prese giovani e dinamiche, potenzialmente non idonee al debitoperché prive di garanzie reali o con limitati track records, po-trebbero comunque ricevere finanziamenti bancari mostrandoun elevato rating qualitativo. In altri termini, attraverso un am-pliamento della valutazione del rischio di credito dei prenditoriche tenga conto anche di fattori di innovazione e di altre infor-mazioni qualitative, le imprese innovative potrebbero teorica-mente vedere ridurre il numero di situazioni di razionamentodel credito.

È evidente che l’efficacia di tali interventi è largamente con-dizionata dalla capacità del sistema finanziario, anche con ilsupporto del settore pubblico, di ampliare il proprio portafogliodi prodotti di finanza agevolata per le imprese e di adeguare eammodernare il sistema di garanzie necessarie per l’accesso alcredito.

Con riferimento a quest’ultimo aspetto, appare particolar-

I capitali per l’innovazione 153

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 153

Page 162: Libro verde sull'innovazione

mente importante il ruolo dei consorzi fidi, i quali potrebberoorientare al meglio gli spazi aperti da Basilea II verso un più vir-tuoso rapporto tra credito e innovazione. I confidi, infatti, pos-sono fornire un contributo decisivo a migliorare l’accesso dellePmi ai finanziamenti, con effetti positivi sulle potenzialità d’in-vestimento e di crescita e sul riequilibrio della struttura finan-ziaria. Basilea II non limita direttamente l’attività dei confidi,ma mette in condizione le banche e le imprese con cui normal-mente operano i consorzi e le cooperative di garanzia, di valu-tarne l’effetto concreto dal punto di vista della mitigazione delrischio. È quindi cruciale che il sistema dei confidi evolva versoun modello che consenta di revisionare le tipologie di garanzieattualmente in essere, sì che possano costituire effettivamentestrumenti di mitigazione del rischio. L’evoluzione dei principaliconfidi verso il modello dell’intermediario finanziario vigilato(ex art. 107 del Tuf), accompagnato da un processo di concen-trazione del mercato, costituisce un’opportunità di fondamenta-le importanza. L’evoluzione verso tale modello rappresenta nonsolo un recepimento efficace e organico delle prescrizioni diBasilea II, ma anche un passaggio essenziale e ineluttabile perfornire una più efficace assistenza ai consorziati, in special mo-do nei processi di crescita basati sull’innovazione.

Oltre all’ammodernamento del sistema delle garanzie, altret-tanto importante è la diversificazione degli strumenti intermedidi finanziamento, quali in particolare il prestito partecipativo eil mezzanino, con i quali la pubblica amministrazione può trova-re nuovi spazi e nuove forme di assistenza alla carenza di risor-se finanziarie per l’innovazione.

Il prestito partecipativo è uno strumento finanziario con ilquale si instaura un rapporto triangolare tra banca, impresa fi-nanziata e terzi co-obbligati affinché l’impresa, indebitandosi,possa realizzare programmi di sviluppo aziendale e di innova-zione, accrescendo il proprio valore e aumentando il patrimo-nio aziendale.

Le caratteristiche del prestito partecipativo sembrano, quin-di, particolarmente adatte a soddisfare le esigenze di impreseche si propongono di procedere a un rafforzamento patrimonia-le, a fronte di situazioni di eccessivo indebitamento con il siste-ma bancario, ovvero hanno l’esigenza di sostenere programmi

154 I capitali per l’innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 154

Page 163: Libro verde sull'innovazione

di sviluppo senza tuttavia avere la capacità di reperire e immet-tere nuovo capitale sociale. Il ricorso a questo strumento può,infatti, consentire il consolidamento dei debiti a breve di naturabancaria oppure può costituire una soluzione ponte in attesadella ricapitalizzazione dell’azienda da parte dei soci.

Pur appartenendo alla stessa categoria dei prestiti di naturaibrida, lo strumento finanziario in esame si differenzia sottomolteplici aspetti dal mezzanine finance (debito mezzanino).In particolare, contrariamente a quest’ultimo, i prestiti parteci-pativi non prevedono alcuna condizione di subordinazione.L’assenza di tale clausola, da un lato riduce il costo per interessigravante sul cliente, dall’altro porta, in genere, l’impresa a do-ver periodicamente rimborsare sia una quota capitale che unaquota interessi, analogamente a quanto si osserva in un mutuo.Un altro importante elemento di diversità tra i due strumenti èrappresentato dalla natura delle garanzie a supporto della rela-zione creditizia. Il prestito partecipativo è solitamente assistitoda una garanzia di natura personale, individuale o collettiva,mentre nel debito mezzanino si ha spesso la presenza di una ga-ranzia di tipo reale.

Il mezzanino è, in sintesi, una tipologia di finanziamento che,per la durata, le modalità di rimborso e la sua remunerazione, sicolloca in una posizione intermedia tra il capitale di rischio e ilcapitale di debito. Costituisce uno strumento di quasi equity, lacui configurazione tecnica è data da una durata del finanzia-mento di medio-lungo termine, da un unico rimborso alla sca-denza fissata e da una remunerazione basata su un mix compo-sto da un tasso d’interesse minimo garantito e un ritorno ag-giuntivo correlato alla performance del valore economico del-l’impresa finanziata. La combinazione tra caratteristiche e con-dizioni porta a considerare il mezzanino come un debito ad altocosto o un capitale di rischio a basso costo.

Con specifico riferimento all’innovazione, è importante os-servare che, nella valutazione del rischio, l’istituto di creditoprocede non solo all’analisi dei dati storici di bilancio dell’im-presa (in base ai criteri di affidabilità del credito ordinario), maanche all’analisi delle previsioni finanziarie (contenute in unbusiness plan che presenti varie ipotesi attinenti a scenari di-versi) per verificare la capacità dell’impresa di produrre nel

I capitali per l’innovazione 155

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 155

Page 164: Libro verde sull'innovazione

tempo flussi di cassa sufficienti a fare fronte agli impegni assun-ti. All’interno di queste valutazioni è evidente che può e deve au-spicabilmente trovare ampio spazio un’accurata valutazione te-chnology-based. In questo caso, il mezzanino potrebbe costitui-re un importante strumento di accompagnamento alla patrimo-nializzazione di imprese a elevato contenuto innovativo.

Occorre, infine, menzionare le opportunità di interventopubblico offerte dalla nuova programmazione comunitaria(2007-2013) in termini di sviluppo di strumenti per l’accesso a fi-nanziamenti, tra i quali quelli sopra descritti, allo scopo di supe-rare il problema del razionamento del credito per l’innovazione.

Il Programma quadro sulla competitività e l’innovazionedella Commissione europea (2007-2013) ha reso disponibili 1,1miliardi di euro per l’attuazione di programmi di promozionedell’accesso ai finanziamenti da parte delle imprese. Si stimache tale apporto dovrebbe liberare fino a 30 miliardi di euro afavore di circa 400.000 Pmi. L’iniziativa offre elementi di flessi-bilità tali da consentire modalità di utilizzo degli strumenti fi-nanziari molto diversificate. Ad esempio, le garanzie potrannoessere impiegate per assistere un range eterogeneo di strumen-ti che vanno dal tradizionale mutuo al debito mezzanino pas-sando per i microcrediti. Le risorse potranno anche essere uti-lizzate per supportare le banche nel raggruppare e vendere ipropri portafogli di prestiti alle Pmi, oltre a sostenere program-mi tesi a incoraggiare le Pmi ad adottare nuove tecnologie am-bientali.

Altri fondi sono stati previsti con il programma Jeremie(Joint European Resources for Micro to Medium Enterprises),iniziativa che fa parte della politica di coesione comunitaria(ovvero della nuova programmazione dei fondi strutturali). De-stinata a migliorare l’accesso ai finanziamenti per le Pmi delleregioni beneficiarie dei fondi strutturali sotto forma di micro-crediti, capitali di rischio, prestiti e garanzie, Jeremie intendesostenere in particolare l’assistenza tecnica, la creazione el’espansione delle imprese e l’innovazione. La combinazione ela natura complementare di questi fondi dovrebbero assicurareuna transizione morbida dall’attività di ricerca alla commercia-lizzazione del prodotto. Il finanziamento comunitario fungeràda catalizzatore per attrarre ulteriori investimenti e, si auspica,

156 I capitali per l’innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 156

Page 165: Libro verde sull'innovazione

porterà a un aumento dei finanziamenti privati e a una minoredipendenza dalle sovvenzioni pubbliche.

Tra le forme di sostegno indiretto al miglioramento del rap-porto tra capitale di credito e innovazione, ricordiamo, infine, ilruolo che il sistema della ricerca pubblica potrà svolgere per ri-durre le inefficienze legate alle difficoltà con cui il sistema ban-cario accede, in presenza di attività fortemente technology-ba-sed o science-based, a informazioni rilevanti e affidabili per lavalutazione del rischio e per la relativa concessione del credito.In questa chiave, può costituire un’opzione di grande interessela formulazione di una strategia di accordi con istituzioni e cen-tri di ricerca pubblici e privati, dove risiedono le competenzenecessarie alle attività di technology assessment e di prospezio-ne tecnologica.

Va, tuttavia, sottolineato che la mediazione informativa deiricercatori non potrà, da sola, risolvere gli elevati costi transa-zionali che caratterizzano il rapporto banca-impresa nel campodella ricerca e dell’innovazione: è necessario che i tre attori –banche, imprese e sistema della ricerca – interagiscano in unambiente in cui la conoscenza diretta, la vicinanza fisica, la ri-correnza e l’intensità dei rapporti professionali e sociali contri-buiscano a creare i valori di reputazione e fiducia che abilitanouna sinergia virtuosa tra imprese e mercato del credito.

5.5 Conclusioni

Il mercato italiano del venture capital, in primo luogo quello le-gato alle imprese innovative, sta attraversando una fase negati-va, soffrendo della crescente competitività dei principali com-petitor internazionali. La scarsa presenza di venture capitalistalimenta un circolo vizioso che non agevola il già complessomercato italiano dell’innovazione e dell’high-tech, con ripercus-sioni sul posizionamento competitivo dell’intero paese. Peruscire da questa impasse occorre un intervento dell’operatorepubblico, che distingua le soluzioni da proporre per rispondereai fallimenti di mercato emergenti sul lato dell’offerta da quelleper i fallimenti sul lato della domanda di capitale.

Complessivamente, le attuali politiche di incentivo al capita-

I capitali per l’innovazione 157

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 157

Page 166: Libro verde sull'innovazione

le di rischio non sembrano adeguate all’ampiezza del gap che di-stanzia l’Italia dal resto degli altri paesi, sia per ammontare siaper modalità di intervento. È necessario ridefinire gli strumentidi intervento seguendo modelli che premino la nascita e il con-solidamento di operatori specializzati nell’high-tech e nell’earlystage financing, ampliando il loro bacino di risorse funzionaliall’acquisizione e allo sviluppo di nuove imprese ad alto poten-ziale ma, nello stesso tempo, non snaturandone il ruolo di ope-ratore privato.

In questa prospettiva si fa sempre più impellente la necessitàdi risolvere alcuni problemi di tipo strutturale, quali la creazio-ne di un mercato finanziario dedicato allo sviluppo di impresa.I paesi più sviluppati a livello mondiale hanno avviato già da al-cuni anni politiche finalizzate al sostegno finanziario di impreseinnovative, per il mezzo delle quali si è proceduto alla costitu-zione di fondi di fondi pubblico-privati. Tali iniziative, in cui ilpubblico mantiene il proprio ruolo istituzionale, garantendo eco-finanziando, e il privato seleziona gli investimenti e vi com-partecipa assumendosi gran parte dei rischi d’impresa, si sonorivelate molto efficaci. La Francia ha mobilitato 1718 milioni dieuro in 45 fondi, l’Irlanda 546 milioni di euro in 30 fondi, il Re-gno Unito 2449 milioni di euro in 9 fondi e Israele 172 milioni dieuro in 10 fondi. L’elemento qualificante di queste iniziative è ri-conducibile principalmente al fatto che la loro gestione è eser-citata da strutture prevalentemente indipendenti dal soggettopubblico. Infatti, con poche eccezioni (Irlanda), i fondi di fondia capitale pubblico prevedono un intervento poco invasivo del-l’operatore pubblico nella gestione del fondo.

L’Italia, se si esclude l’esperienza della Regione Lombardiacon il fondo dei fondi Next, è sprovvista di un fondo sul model-lo delle principali esperienze internazionali.

La scarsa sensibilità al tema della promozione del capitale dirischio da parte delle politiche governative è una delle causedella limitata vitalità del tessuto imprenditoriale italiano. Infat-ti, non si può che constatare come in Italia venga impiegata unastrumentazione di intervento a sostegno dell’innovazione nonsempre adeguata.

Va rilevato che una politica di incentivo delle attività di ricer-ca e di innovazione nelle imprese tende, in generale, ad asse-

158 I capitali per l’innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 158

Page 167: Libro verde sull'innovazione

condare la domanda da parte del sistema produttivo, attraversostrumenti finanziari graditi alle aziende e con interventi in gra-do di sostenere un processo innovativo relativamente diffuso.Ciò è in parte dovuto alla struttura del sistema industriale italia-no, costituito in prevalenza da Pmi e generalmente debole inquei settori in cui le opportunità innovative derivano diretta-mente da avanzamenti scientifici, oppure laddove la gestionedell’innovazione richiede tecnostrutture complesse ed estesecapacità di management. Il nostro paese appare invece più fortein settori nei quali predominano attività relativamente informa-li di innovazione oppure dove l’innovazione è incorporata nellemacchine e nei beni intermedi acquistabili sul mercato.

In questo senso, quindi, dopo aver affrontato il problemadella riforma strutturale dal lato dell’offerta di capitale di ri-schio, apparirebbe rilevante che si ponesse mano anche alla ri-forma strutturale della domanda di capitale di rischio, creandoun sistema misure di intervento che consentano agli operatorispecializzati di sostenere investimenti fissi e attirare deal flowcompatibili col proprio posizionamento di mercato. Fondato èil sospetto che in questo momento vi sia un consistente strabi-smo a favore del sostegno all’offerta di capitali di rischio e unasistematica sottovalutazione del fatto che, senza un mutamentostrutturale, per dimensione e portafoglio di specializzazione,dell’industria italiana, ben difficilmente l’offerta di strumenti fi-nanziari sempre più evoluti potrà sostenere la crescita competi-tiva del paese.

Una politica di sostegno all’innovazione largamente rivolta asupportare l’innovazione di processo (prevalentemente di natu-ra incrementale) finisce per ignorare gli stimoli che provengonodal lato della domanda, ossia la ricerca e le competenze chestanno a monte, e l’interazione con gli utilizzatori che stanno avalle. Inoltre, rischia di canalizzare risorse finanziarie in manie-ra indiscriminata, con un’alta probabilità di sostenere progettiche le imprese avrebbero comunque realizzato e con l’effettoaggiuntivo di non conseguire nessun risultato in termini di mag-giore specializzazione produttiva nazionale (o regionale/locale)in settori strategici per lo sviluppo della competitività. Se da unlato è sicuramente positiva la capacità di raggiungere una mag-gior quantità di imprese con misure di sostegno all’innovazione,

I capitali per l’innovazione 159

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 159

Page 168: Libro verde sull'innovazione

dall’altro lato l’entità effettiva di tali interventi tende a essereestremamente modesta e la loro efficacia poco evidente.

Scarse sono state le risorse, come si evince dai dati presen-tati, dedicate a favorire i rapporti con i centri di ricerca, il soste-gno agli spin-off e al capitale di rischio.

Da queste considerazioni scaturiscono alcuni elementi di ri-flessione. In primo luogo, è evidente che, lo sforzo dei policymakers deve continuare a essere quello finalizzato alla costru-zione un sistema di strumenti sufficientemente diffusi per so-stenere lo sforzo innovativo delle imprese italiane. A tale riguar-do è necessario non solo superare il vincolo posto alle politichedi R&S dalla scarsa dotazione finanziaria, ma anche definiremeglio strumenti e processo allocativo delle risorse.

Un primo principio da tenere in considerazione nella pro-grammazione di tali strumenti è che per disegnare una politicadell’innovazione efficace occorre individuare priorità strategi-che, di cambiamento strutturale e di cambiamento tecnologico,sulle quali concentrare l’azione del pubblico. Si tratta, quindi, diselezionare quelle priorità verso cui indirizzare le scarse risorseper l’innovazione, introducendo un approccio selettivo, che in-dividui specifiche attività economiche, settori produttivi e cam-pi di ricerca, tipologie di imprese e soggetti sociali a cui ricono-scere un ruolo strategico per lo sviluppo economico, una capa-cità particolare di creazione di conoscenza, di diffusione dell’in-novazione e di creazione di valore aggiunto.

Solo accanto al riorientamento delle priorità della spesapubblica può rifiorire una politica efficace di incentivo al capi-tale di rischio. Sembra opportuno, a tale riguardo, ipotizzare laformazione di istituzioni finanziarie in parte pubbliche, anchese rigorosamente indipendenti dall’amministrazione e dai go-verni in carica, che favoriscano la nascita e il consolidamento digiovani imprese high-tech.

Va sicuramente riconosciuto che le politiche per la ricerca el’innovazione tecnologica sono caratterizzate da estrema com-plessità, varietà di attori, specificità di contesti e che quindi nonsi prestano a semplificazioni strumentali ma necessitano di unagamma coordinata e sufficientemente eclettica di modelli d’in-tervento. Proprio tenendo in debito conto tale presupposto, equindi senza la pretesa di proporre una soluzione unica ed esau-

160 I capitali per l’innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 160

Page 169: Libro verde sull'innovazione

stiva, è importante sottolineare l’importanza del ricorso al capi-tale di rischio per le politiche della ricerca e dell’innovazione.

Una recente ricerca8 stima che, nonostante le performancenon equiparabili a quelle di altri paesi, l’ammontare complessi-vo del capitale di rischio investito per il finanziamento dello svi-luppo in Italia nel solo periodo 2000-2004 abbia creato 37.000nuovi posti di lavoro di cui circa 9000 al finanziamento di nuoveimprese. A dimostrazione di quanto il capitale di rischio incidasulle performance delle imprese venture backed, lo studio evi-denzia come, negli ultimi quattro anni, a livello occupazionaleogni milione d’investimento abbia generato mediamente alme-no 13 posti di lavoro e prodotto valore aggiunto per 0,6 milionie produca un investimento in capitale immobilizzato per 1,7 mi-lioni.

Considerato il contributo che il venture capital può offrirealle politiche di sviluppo e nello specifico a quelle della ricercae innovazione tecnologica, le esperienze più recenti dimostranocome l’intervento con capitale di rischio abbia consentito di af-frontare sia il deficit quantitativo sia il deficit qualitativo del fi-nanziamento dell’innovazione. Questo consentirebbe anche al-l’Italia di circoscrivere la patologia che caratterizza il nostro si-stema e che nasce dal connubio tra scarsità di risorse finanzia-rie del sistema pubblico e necessità di razionalizzare l’impiegodegli incentivi, oggi poco selettivi e meritocratici e in gran parteoggetto di effetti distorsivi del mercato.

Il panorama internazionale delle esperienze relative ad azio-ni di promozione del capitale di rischio a favore delle politicheper l’innovazione è, infatti, sufficientemente articolato per offri-re interessanti spunti di riflessione. Si potrà, quindi, valutare co-me, in tale azione di promozione, il soggetto pubblico possaadottare diversificati modelli d’intervento caratterizzando il cre-dit enhancement pubblico secondo metodiche sofisticate, tutteugualmente tese a fare leva sulla risorsa privata, ovvero massi-mizzando l’effetto che può essere prodotto a favore del sistema,a parità di contributo privato. Poiché ad oggi sono gli investito-ri privati a guidare i mercati del capitale di rischio, è necessarioche l’intervento pubblico si sposi con l’offerta di risorse finan-ziarie (leva finanziaria privata elevata) e professionali (know-how degli operatori professionali) provenienti dal settore priva-

I capitali per l’innovazione 161

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 161

Page 170: Libro verde sull'innovazione

to, sfuggendo alla tentazione di avviare iniziative a totale matri-ce pubblica.

È importante precisare che, in relazione alle difficoltà cicli-che dei mercati di equity, il sistema bancario può difficilmenterinunciare a sostenere completamente le imprese impegnate inattività innovative. Solo un sistema territorialmente distribuitocome quello bancario può, infatti, incidere profondamente suun sistema industriale come quello nostrano. È quindi auspica-bile che il sistema bancario continui a giocare, semmai conmaggiore incisività, un ruolo significativo nel supportare il pro-cesso di crescita innovation-based del tessuto imprenditorialeitaliano, accompagnando le imprese verso soglie dimensionali ecapacità manageriali adeguate a farle accedere ad altre forme difinanziamento, strutturalmente più adeguate al profilo di ri-schio dell’attività innovativa.

In particolare, la nuova disciplina derivante dagli accordi diBasilea II offre la possibilità di incidere considerevolmente sulleasimmetrie informative che limitano la capacità di finanziamen-to, facendo leva sugli elementi di valutazione qualitativa intro-dotti per la valutazione del rischio di credito. In questa direzione,un’opportunità strategica risiede nella specializzazione tecnolo-gica settoriale, tipica ad esempio di molti venture capitalist, ac-compagnata dalla crescita di competenze specifiche interne.

Note1 Gli spin-off accademici hanno come scopo l’utilizzazione imprenditoriale, incontesti innovativi, dei risultati della ricerca attuata all’interno di un ateneo e losviluppo di nuovi prodotti e servizi che da questa scaturiscono. In tale ambito,l’università non partecipa nel capitale di rischio della società neocostituita ma silimita a rendere disponibili risorse e/o servizi per facilitarne l’avvio e il primo svi-luppo.2 Per spin-off universitari si intendono quelle società alle quali l’università parte-cipa come socio con una quota massima del 10% del capitale, anche attraverso ilconferimento di beni in natura.3 Si intendono per strumenti di “legislazione nazionale ad attuazione regionaliz-zata” quegli interventi la cui competenza è stata devoluta dallo Stato alle Regio-ni (come ad esempio la legge n. 140 del 1997 “Misure fiscali a sostegno dell’inno-vazione nelle imprese industriali” e la legge n. 598 del 1994 articolo 11 “Agevola-zioni per investimenti produttivi e per la finanza d’impresa”).

162 I capitali per l’innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 162

Page 171: Libro verde sull'innovazione

4 Infatti, oltre il 50% degli strumenti regionali risulta afferente alle regioni setten-trionali, il 17% a quelle dell’Italia centrale e il 25% a quelle meridionali.5 Rapporto Met 2006.6 Il riferimento deve essere fatto alle risorse effettivamente spese a valere sulleiniziative per R&S oggetto di ricognizione (Rapporto Met 2006).7 Si pensi per esempio ai meta-distretti lombardi, introdotti nel 2001 con delibe-ra di giunta regionale n. 7/6356 del 5 ottobre 2001, che rappresentano una realtàdove ai rapporti di contiguità fisica tra le imprese si sostituiscono i rapporti di re-te e una crescente interazione tra imprese produttive, centri di ricerca e della co-noscenza e attività di servizio della filiera.8 Si veda lo studio di Aifi e PricewaterhouseCoopers (2006).

I capitali per l’innovazione 163

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 163

Page 172: Libro verde sull'innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 164

Page 173: Libro verde sull'innovazione

Conclusioni e raccomandazioni

di Mario Calderini, Maurizio Sobrero e Riccardo Viale

La ripresa dello sviluppo dell’economia italiana passa attraver-so la risoluzione di una serie di nodi strutturali. L’analisi delloscenario del sistema dell’innovazione in Italia continua a evi-denziare una minore propensione a innovare e investire in ricer-ca e sviluppo unita allo scarso dinamismo di nuove imprese neisettori a più elevato contenuto tecnologico. Il tema del Techno-logy Transfer, cioè del rapporto fra ricerca e imprese risulta cru-ciale, così come il Public Technology Procurement si candida alivello strategico come mezzo per favorire l’emersione di nuovetecnologie. Le difficoltà nell’implementazione dell’innovazionerichiamano tuttavia al ruolo fondamentale della governance, at-traverso un deciso miglioramento delle politiche nazionali e lo-cali. Infine permane il rischio di una dispersione dei finanzia-menti e duplicazione di ruoli e attività, a conferma del ruolotrainante dei sistemi finanziari e della loro collocazione in fun-zione del ciclo di sviluppo dei settori che caratterizzano l’eco-nomia del paese.

Le osservazioni contenute in questa sezione del Libro Ver-de cercano di mettere a fuoco alcuni ambiti di intervento suiquali riteniamo importante attirare l’attenzione per lo svilup-po di iniziative concrete a vari livelli, tutte concentrate sul-l’obiettivo fondamentale di creare le condizioni necessarieper un recupero di produttività attraverso la ricerca e l’inno-vazione.

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 165

Page 174: Libro verde sull'innovazione

Governance

Ruolo e significato delle responsabilità di coordinamento

Le politiche sull’innovazione sono identificate a livello europeocome il grande ambito di intervento industriale sul quale rima-ne forte il ruolo dei singoli Stati e la possibilità di azione. Con ilrafforzamento dell’indirizzo delle politiche per la concorrenza alivello europeo, il progressivo indebolimento dell’autonomia sulfronte della politica monetaria a seguito dell’integrazione, l’in-sieme coordinato degli interventi a supporto dell’innovazionetecnologica deve catalizzare l’attenzione riformatrice e propul-siva. Per segnalare questa centralità, in chiave di governance,appare fondamentale concentrare le responsabilità di coordina-mento presso la presidenza del Consiglio dei ministri, attraver-so la costituzione di un comitato permanente, in grado di coin-volgere i diversi ministeri interessati e le rispettive competenzee aree di responsabilità; affidare la responsabilità diretta di talecoordinamento alla presidenza, inoltre, è un segnale del ruolocentrale attribuito alle politiche per l’innovazione tecnologica.

Natura degli interventi e ruolo dei singoli ministeri

L’accentramento del coordinamento sopra menzionato non de-ve in alcun modo comportare una deresponsabilizzazione deisingoli ministeri o un loro depauperamento in chiave di inter-venti diretti e di gestione di specifici provvedimenti e relativi ca-pitoli di spesa. Al tempo stesso, tuttavia, è necessario ripensarefortemente all’esigenza di collaborazione concreta dei singoliministeri per superare una frammentazione strutturale che hacaratterizzato il modus operandi del passato e che non è piùcompatibile con le sfide del futuro. Indipendentemente dalledenominazioni che possono essere modificate per scelte politi-che o come effetto di riforme strutturali, accanto ai dicasteri re-sponsabili storicamente di industria e commercio e di universi-tà e ricerca, devono essere coinvolti a livello di coordinamentocentrale non solo il ministero per le Politiche regionali e il mini-stero per l’Innovazione nella PA, ma anche gli Esteri, il Lavoro,il Welfare, la Salute e l’Ambiente. La partecipazione allargata aun tavolo di coordinamento permanente, infatti, serve a segna-

166 Conclusioni e raccomandazioni

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 166

Page 175: Libro verde sull'innovazione

lare il ruolo in chiave complessiva degli interventi di politica perl’innovazione tecnologica e a farli uscire da una logica mera-mente funzionale, che appare superata non solo a livello teori-co ma anche a livello pratico.

Coordinamento permanente con le Regioni

Un secondo livello di coordinamento particolarmente importan-te a seguito dell’evoluzione della riforma del titolo V della costi-tuzione e dell’accresciuto ruolo delle Regioni sul fronte dell’in-novazione e della ricerca deve trovare soluzioni istituzionali an-cora inesistenti o affidate a strumenti poco adatti. Vista la cen-tralità ribadita nei due punti precedenti, appare essenziale defi-nire un tavolo di confronto permanente, collegato alla Conferen-za Stato-Regioni, ma specificamente finalizzato alla discussionedegli interventi relativi alle politiche per l’innovazione tecnologi-ca e per la ricerca, per garantire, anche a livello verticale, il coor-dinamento orizzontale già discusso. Inoltre, vista l’estrema ete-rogeneità in termini di attivazione su questi ambiti che si registraconfrontando tra loro le Regioni, questa opportunità di coordi-namento offrirebbe occasioni concrete di diffusione di procedu-re e strumenti attuativi attraverso la condivisione di esperienzepositive e negative. Infine, le ben note asimmetrie territoriali checaratterizzano il paese dovrebbero portare in questa sede alladefinizione di politiche sovreregionali, per macroaggregazioniche, se prese individualmente, non sarebbero in grado di espri-mere una dimensione minima in grado di portare a risultati con-creti, ma, anzi, foriera di sprechi e duplicazioni inefficienti.

Chiara differenziazione tra ruoli e strumenti

Una profonda riorganizzazione dei ruoli e delle responsabilità alivello istituzionale deve anche essere accompagnata da inter-venti altrettanto chiari sul fronte degli strumenti e delle aree diattenzione lungo il ciclo della ricerca e dell’innovazione. In que-sto senso, ancorché apparentemente molto stilizzata, una distri-buzione di competenze per dimensione degli interventi, tipolo-gia prevalente dei destinatari e fase del ciclo richiede di imma-ginare nuove articolazioni dei vari strumenti, dai fondi, agli in-

Conclusioni e raccomandazioni 167

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 167

Page 176: Libro verde sull'innovazione

terventi sul costo del capitale, alla mobilità dei ricercatori, allevarie forme di integrazione tra ricerca privata e ricerca pubbli-ca. Lo Stato dovrebbe diventare l’unico soggetto responsabileper la fissazione di obiettivi strategici e il conseguente finanzia-mento di grandi programmi pluriennali, evitando fortementeogni forma di concorrenza implicita o esplicita da parte delleamministrazioni regionali su questi ambiti. Analogamente, a li-vello centrale dovrebbero essere mantenute la responsabilità el’indirizzo delle attività di ricerca più di base. Viceversa, i terri-tori dovrebbero giocare un ruolo fondamentale nel coinvolgi-mento delle piccole e medie imprese e nell’attivazione dei rap-porti tra strutture pubbliche e strutture private. Questa impo-stazione generale, al di là delle soluzioni specifiche, richiedeuna riflessione profonda sul significato di autonomia locale esull’arricchimento che alla stessa deriva da un proficuo coordi-namento con altre realtà locali e con lo Stato centrale, non co-me elemento che sminuisce le possibilità di intervento, ma co-me pilastro fondamentale per un’efficace allocazione delle ri-sorse disponibili e un obiettivo più generale di crescita armo-niosa dell’intero paese.

Il coordinamento con le politiche europee

Questa forte attenzione al coordinamento interno non deve tut-tavia risolversi in una focalizzazione eccessiva sulla dimensionenazionale. La rilevanza dei fondi europei e la profonda revisio-ne dell’insieme di organismi e istituzioni coinvolte nell’Europaa 25 sul fronte della ricerca e dell’innovazione rafforza un’esi-genza, in passato spesso fortemente disattesa, di estrema atten-zione a una presenza strutturata e istituzionale permanente a li-vello europeo non di tipo politico, ma tecnico. Diverse istituzio-ni nazionali sono più o meno attive in sede di programmi qua-dro, di organismi tecnico-consultivi e di indirizzo, ma il paesenon ha mai curato con attenzione un approccio coordinato e si-stematico alla definizione di una propria rappresentanza organi-ca. Questo gap va colmato, soprattutto considerando quantomeno spazio rispetto al passato lasci l’allargamento in terminidi nomine, individuazione di ruoli decisionali chiave e quanto,per converso, diventi strategico definire attività di lobbying isti-

168 Conclusioni e raccomandazioni

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 168

Page 177: Libro verde sull'innovazione

tuzionali come una priorità permanente. Questo, per non arriva-re impreparati a momenti decisionali chiave nei quali inserirsicon soluzioni spesso conflittuali e dovute al mancato coordina-mento di parti diverse del paese che, muovendosi in assoluta egiusta autonomia, finiscono tuttavia per impedire un effetto-si-stema imprescindibile in chiave futura.

Università

Il ruolo centrale dei meccanismi allocativi

Il sistema italiano rimane fortemente incardinato a un ruolopubblico centrale delle università e ogni forma di privatizzazio-ne dello stesso rimarrebbe comunque vincolata a partecipazio-ni rilevanti di istituzioni, anch’esse legate al pubblico, ancorchémagari con una maggiore vocazione territoriale. Ciò non impe-disce, tuttavia, di ridefinire in maniera innovativa i criteri di di-stribuzione delle risorse pubbliche alle stesse università, spin-gendo fortemente su una dimensione di merito e incentivi, ab-bandonando progressivamente l’attuale approccio ancora pog-giante sul principio del riequilibrio. La variazione del mix deiparametri considerati per il riequilibrio, infatti, pur non avendoefficacemente affrontato il problema alla radice come necessa-rio, anche in virtù della riduzione delle risorse allocate che hacaratterizzato questi ultimi anni, ha avuto il merito di sollevareil problema dell’importanza dell’introduzione di meccanismi in-centivanti al fine di generare scelte coraggiose e portare a com-portamenti virtuosi. Questo percorso deve essere perseguitocon forza ribadendo il principio degli incentivi come il meccani-smo cardine di ogni tipo di intervento sia a livello istituzionale(la singola università), sia a livello più micro (le facoltà e i dipar-timenti), sia a livello personale (i singoli docenti e ricercatori).

Maggiore autonomia con forte verifica

La definitiva istituzionalizzazione di un sistema di incentivi nonpuò non accompagnarsi a un rafforzamento dell’autonomia, unpassaggio ancora largamente inesplorato anche a seguito del-l’implementazione di provvedimenti centrali che hanno portato

Conclusioni e raccomandazioni 169

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 169

Page 178: Libro verde sull'innovazione

ad aumentare la dipendenza delle università dal ministero sottodiversi ambiti, magari poco evidenti, ma che nel complesso han-no determinato un depauperamento del principio di autonomia.Ciò richiede la disponibilità ad accettare situazioni transitoriedi disparità territoriale non riequilibrabili nel breve, pena l’arre-tramento dell’intero sistema e l’impossibilità di creare casi disuccesso che possano rappresentare un esempio virtuoso daseguire per altri. Il rafforzamento dell’autonomia comporta unripensamento del ruolo del ministero, come anche l’introduzio-ne simultanea di provvedimenti cogenti sul fronte della valuta-zione, ma rappresenta l’unica possibilità concreta a fronte di uninnegabile fallimento di un approccio molto centralizzato e in-compatibile anche con il maggior ruolo progressivamente attri-buito alle Regioni.

La valutazione come strumento di policy

Secondo quanto sopra delineato, la valutazione cessa di essereun esercizio meramente tecnico e diventa uno strumento diret-to di policy. Per questo, la sua collocazione nel sistema di go-vernance della ricerca e dell’innovazione deve essere di imme-diata contiguità al governo e non a un organo ministeriale spe-cifico. La caratterizzazione originaria di Civr e Cnsvu come or-gani di consulenza del ministro dell’Università non sembranodunque compatibili con le caratteristiche innovative attribuitealla istituenda Agenzia nazionale per la valutazione, così comenon lo sono le prerogative di coordinamento delle nomine attri-buite al ministero. Pensare alla valutazione come strumento dipolicy richiede anche di connotarla fortemente sul fronte delleprofessionalità tecniche richieste, piuttosto che sulla rappre-sentatività dei diversi assetti e interessi istituzionali. Inoltre, di-venta necessario impostarne correttamente i differenti aspettidi controllo, confronto e certificazione con una forte prospetti-va internazionale. Appare importante sottolineare come l’ele-mento guida che dovrebbe accompagnare questo processo sia ilprincipio del ranking come modalità per identificare classi diprestazioni, più che l’idea di “classifica” puntuale, che non ap-partiene ad alcuna esperienza analoga già implementata in altricontesti e in altri paesi.

170 Conclusioni e raccomandazioni

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 170

Page 179: Libro verde sull'innovazione

Ridefinizione del ruolo del ministero dell’Universitàe della ricerca

Un intervento serio che si muova in maniera coordinata su tuttiquesti fronti non può non accompagnarsi a una ridefinizione delruolo del ministero dell’Università e della ricerca, da struttura-re non più come componente del governo centrale direttamen-te responsabile dell’intero sistema, ma come organismo fonda-mentale per un’azione efficace di regolazione e controllo. Lasemplificazione dell’attuale assetto dei settori scientifico-disci-plinari e delle corrispondenti aree, la ridefinizione delle proce-dure concorsuali, la gestione e finalizzazione dei fondi di soste-gno alla ricerca attraverso i vari strumenti disponibili, la ridefi-nizione delle regole e caratteristiche dei dottorati di ricerca,l’accreditamento dei percorsi formativi ai vari livelli, la fissazio-ne dei parametri prestazionali su cui concentrare l’attenzionesono tutti ambiti naturali e preziosi di intervento. La fissazionedelle regole e la verifica del loro rispetto, tuttavia, non richiedo-no interventi attuativi pesanti o la moltiplicazione delle proce-dure e dei passaggi attualmente in vigore che diluisce responsa-bilità e tempi, di fatto svilendo autonomia e ruolo centrale di co-ordinamento e indirizzo. Un sistema universitario più forte habisogno di un ministero più forte, che sappia reintepretare inchiave moderna il ruolo dello Stato senza cadere nella tentazio-ne inattuale di governo diretto dell’intero sistema. Sono da po-tenziare, viceversa, meccanismi indiretti non solo legati alla fis-sazione delle regole, ma, tra gli altri, per esempio, all’allocazio-ne delle risorse addizionali destinate al sistema della ricerca.

Valorizzazione della ricerca come presuppostoper il technology transfer

Deve essere sottolineato con forza come un dato di fatto chenon merita discussione, vista l’assoluta convergenza dei dati edelle analisi in merito, la centralità della ricerca scientifica perassicurarsi l’opportunità di uno sviluppo economico fortemen-te incentrato sull’innovazione e l’applicazione commerciale dinuova conoscenza. Per favorire lo sviluppo economico, dunque,non si deve affatto disincentivare la ricerca di base a favore diquella applicata. Al tempo stesso, tuttavia, è fondamentale rico-

Conclusioni e raccomandazioni 171

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 171

Page 180: Libro verde sull'innovazione

noscere che il trasferimento con successo della nuova cono-scenza nel sistema economico non può avvenire solo grazie al-la disponibilità di una maggiore e migliore “scienza”. Contem-poraneamente al forte sostegno alla ricerca nelle sue diverseforme, dunque, è fondamentale investire sia attraverso fondi de-dicati, sia attraverso un radicamento forte sul territorio dei nu-merosi programmi europei, sia attraverso un coinvolgimentoimportante delle Regioni, nelle diverse forme del cosiddetto“technology transfer”. Ciò può essere fatto in primo luogo raf-forzandone i presupposti istituzionali, quali ad esempio il con-trollo degli Ipr da parte delle università e l’esplicita introduzio-ne nel sistema premiante di indicatori legati al trasferimentotecnologico. In secondo luogo, è auspicabile l’identificazione diquesta area specifica come una delle aree di attenzione istitu-zionale stabile da parte del ministero nell’accezione sopra deli-neata, come strumento di naturale coordinamento con altri at-tori istituzionali impegnati sul fronte delle politiche di supportoall’innovazione.

Istituzionalizzazione dei processi di peer-review

Tra i vari aspetti più operativi trasversali ai diversi ambiti di ap-plicazione, l’istituzionalizzazione dei meccanismi di peer-reviewappare essere un elemento centrale, di facile attuazione, con unforte significato simbolico e la possibilità di raggiungere in tem-pi brevi risultati importanti. Pur nelle sue diverse accezioni ecaratterizzazioni che ne connotano differenze intersettoriali an-che significative, esso rappresenta il sistema di riferimentoadottato a livello europeo nell’ambito dell’European ResearchCenter e un cardine per lo sviluppo dell’intera area europea del-la ricerca. Le sperimentazioni avviate in Italia con le esperienzedei primi Prin ne confermano la piena applicabilità anche nelnostro paese e non giustificano più alcun ritardo operativo.

Forte sostegno centrale alla mobilità

Un ulteriore elemento prioritario risulta essere la mobilità comeproprietà del sistema. Questo attiene alla mobilità studentescanelle sue diverse forme, all’inizio degli studi, durante gli studi, tra

172 Conclusioni e raccomandazioni

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 172

Page 181: Libro verde sull'innovazione

le sedi, a diversi stadi del percorso degli studi, tra ambiti discipli-nari differenti. Ma attiene anche alla mobilità dei docenti, an-ch’essa declinabile territorialmente, disciplinarmente, vertical-mente in chiave di stadi di carriera, ma anche orizzontalmente, inchiave di flessibilità non solo in ingresso, ma anche in uscita dalsistema della ricerca e dell’università. Per rendere possibili realicambiamenti in questo senso è necessario lavorare su incentivinon solo istituzionali, quali ad esempio gli attuali fondi per la mo-bilità del personale docente o il trasferimento per il diritto allostudio ai vari atenei, ma anche individuali, quali ad esempio lapredisposizione di fondi per la rilocalizzazione da destinare diret-tamente ai docenti per sostenere i costi legati al cambiamento disede o borse di studio direttamente assegnate agli studenti e daquesti liberamente spendibili sul territorio di loro scelta.

Public procurement

Assetti legislativi e impatto sull’innovazione

L’Unione europea è intervenuta da non molto tempo con unarevisione importante della legislazione sugli appalti pubbliciattraverso le direttive 2004/17 e 2004/18, individuando il 2010come momento fissato per una revisione dell’impatto dellestesse sui processi di R&S e innovazione. Dando seguito alleraccomandazioni indirizzate ai paesi membri, appare necessa-rio procedere con tempestività all’analisi dell’evoluzione delpercorso legislativo nazionale conseguente all’emanazione ditali direttive. La sua strutturazione dovrà provvedere opportunistimoli per la domanda di prodotti innovativi, indirizzando letraiettorie tecnologiche in ambiti fondamentali, quali ad esem-pio Ict e sanità, attraverso corrette pratiche di gestione della do-manda pubblica.

Foresight e sviluppo dei mercati

L’utilizzo e la rilevanza di analisi di scenario futuro e di applica-zioni settoriali delle diverse tecniche di foresight si va sistemati-camente affermando come un elemento centrale nell’indirizzo dinumerose attività caratterizzate da elevato contenuto tecnologi-

Conclusioni e raccomandazioni 173

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 173

Page 182: Libro verde sull'innovazione

co. Questo tipo di approccio vede tipicamente coinvolti soggettidi natura privata, interessati o in quanto produttori o in quantoutilizzatori di tecnologie. Assai meno diffusa, se non assente ilpiù delle volte, è la consapevolezza di un ruolo centrale giocatoin questo senso anche dalle diverse amministrazioni pubblichedirettamente coinvolte o come utilizzatori diretti o come eroga-tori di servizi incentrati sull’evoluzione delle nuove tecnologie.Una sensibilizzazione generale e un indirizzo più specifico, dastrutturare secondo modalità diverse a seconda degli ambiti diinteresse, a una sistematico sviluppo di attività di foresight an-che all’interno della pubblica amministrazione rappresenta unintervento imprescindibile per incidere positivamente sia su di-mensioni più soft, quale un cambiamento della cultura organiz-zativa nei confronti del ruolo del public procurement, sia suaspetti più direttamente operativi, quale la diffusione di una co-noscenza aggiornata dello stato dell’arte che possa portare apratiche di acquisto svincolate da un mero confronto di conve-nienza economica – spesso comunque difficilmente applicabilein contesti a elevato contenuto e specificità tecnologica.

Procedure di bando, valutazione e assegnazionedei contratti

Le raccomandazioni contenute nelle numerose indicazioni a li-vello europeo sulle modalità di intervento procedurale in gradodi influenzare positivamente le dinamiche di stimolo della do-manda attraverso il public procurement convergono su alcunipunti. In primo luogo, la necessità di includere esplicitamentenei bandi dei criteri sui quali misurare l’innovatività dei prodot-ti/soluzioni proposte e oggetto del bando. Conseguentemente,definire procedure di selezione che consentano di dare adegua-ta importanza a tali criteri, mantenendo al contempo, tuttavia,una forte attenzione ai termini di garanzia di prestazioni, di re-sponsabilità e di vincoli all’implementazione che, a seconda deilivelli di innovatività della soluzione proposta, vadano oltre unclassico problema di tutela del contraente e dei soggetti even-tualmente coinvolti nel servizio, accettando, laddove possibilee secondo le specificità legislative nazionali, le attività di forni-tura anche come opportunità di sperimentazione e aggiusta-

174 Conclusioni e raccomandazioni

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 174

Page 183: Libro verde sull'innovazione

mento dei bisogni e delle prestazioni correlate. Questo tipo diraccomandazioni porta direttamente alla necessità da parte del-le amministrazioni di prefigurare organi propri, o meglio terzi, acui appoggiarsi per valutazioni di carattere tecnico-scientifico,che possano fungere da supporto non solo nella valutazionedelle proposte, ma anche nella fissazione dei criteri di selezio-ne, nella loro articolazione e nella definizione di scenari con-trattuali compatibili con le esigenze dell’acquirente e con le ca-ratteristiche di innovatività della commessa.

Gestione dei diritti di proprietà intellettuale

Ogni attività di public procurement orientata a prodotti e solu-zioni innovative pone automaticamente il problema dei dirittidi proprietà intellettuali coinvolti nella transazione. Nella suaforma più semplice ciò riguarda una mera definizione dei limitiassociati all’uso, replicazione e condivisione dei beni e servizioggetto della transazione così come sarebbe il caso con unqualsiasi interolocutore privato. La potenzialità di traino insitanel public procurement e la rilevanza commerciale futura a es-sa potenzialmente collegata, tuttavia, rende potenzialmente uninterlocutore pubblico fortemente anomalo rispetto a uno pri-vato, anche con riguardo alle aspettative sulla circolazione omeno dei diritti di proprietà intellettuale sia direttamente asso-ciati alla transazione, sia indirettamente derivabili da un suosviluppo previsto o non previsto. In questo ambito specifico,preservando in ogni forma il principio del libero mercato comeelemento di riferimento per gli output immateriali della transa-zione, appare comunque possibile prefigurare scenari molto di-versi in termini di crescita complessiva delle conoscenze delpaese derivabile da attività di indirizzo di ricerca e innovazioneattraverso la domanda pubblica. Appare dunque importantedefinire linee di indirizzo generale in proposito che servano daprincipi di riferimento per l’intero settore pubblico in tutte lesue forme, al fine di garantire omogeneità di condizioni e svin-colarle dall’arbitrarietà della singola amministrazione o di por-zioni del territorio.

Conclusioni e raccomandazioni 175

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 175

Page 184: Libro verde sull'innovazione

Finanza

Aumentare la dotazione di finanza pubblica

Il problema della scarsa dotazione finanziaria a favore delle po-litiche per l’innovazione e la ricerca non appare risolvibile strut-turalmente; una redistribuzione a monte tra risorse destinate adaltri macrosettori appare di difficile attuazione, a tutti i livelli digoverno, europeo, nazionale e regionale. Non essendo plausibi-le nel breve periodo lo spostamento di quote anche piccole del-le risorse allocate ai settori di intervento tradizionali, è pertan-to opportuno attivare forme di coordinamento leggero tra com-petenze politiche (e quindi capitoli di bilancio) che incorporanostrutturalmente la necessità di finanziare l’innovazione, quali inprimo luogo le politiche energetiche, sanitarie, agricole e deitrasporti. Ciò si concretizza nell’impegno per i diversi settori diconcertare una quota fissa del budget di spesa allocandola a fa-vore di iniziative che coniughino obiettivi di efficienza staticaed efficienza dinamica. La capacità di utilizzare lo stesso eurosia per le politiche tradizionali sia per le politiche a sostegnodello sviluppo e della competitività può consentire di mobilita-re risorse di un ordine di grandezza superiore di quelle oggi di-sponibili a sostegno dell’innovazione. È opportuno quindi che aidiversi livelli di decisione politica si attivino forme di progettua-lità trasversale, volte a integrare più strettamente politiche disettore e politiche dell’innovazione.

Strumenti per il capitale di rischio: l’offerta

Complessivamente, le attuali politiche di incentivo al capitale dirischio non sembrano adeguate all’ampiezza del gap di mercatoche distanzia l’Italia dal resto degli altri paesi, sia per ammonta-re sia per modalità di intervento. È necessario ridefinire gli stru-menti di intervento seguendo modelli che premino la nascita eil consolidamento di operatori specializzati nell’high-tech e nel-l’early stage financing, ampliando il loro bacino di risorse fun-zionali all’acquisizione e allo sviluppo di nuove imprese ad altopotenziale ma, nello stesso tempo, non snaturandone il ruolo dioperatore privato. Questo obiettivo può essere colto in manierabilanciata attraverso la costituzione di fondi di fondi a capitale

176 Conclusioni e raccomandazioni

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 176

Page 185: Libro verde sull'innovazione

misto pubblico-privato. In tali iniziative, il soggetto pubblicomantiene il proprio ruolo istituzionale, garantendo e co-finan-ziando, mentre il soggetto privato seleziona gli investimenti e vicompartecipa assumendosi gran parte dei rischi d’impresa. L’ef-ficacia dei fondi di investimento è legata principalmente al fattoche la loro gestione venga esercitata da strutture prevalente-mente indipendenti dal soggetto pubblico. I fondi di fondi a ca-pitale pubblico prevedono un intervento poco invasivo dell’ope-ratore pubblico nella gestione del fondo, quasi esclusivamentedelegata a una società privata.

Strumenti per il capitale di rischio: la domanda

Dopo una lungo periodo di difficoltà nella fase di raccolta e quin-di di disponibilità di capitali di rischio per il sostegno all’impren-ditorialità innovativa, la situazione attuale è caratterizzata dalladifficoltà di allocare anche le scarse risorse raccolte. La necessitàdi riequilibrare domanda e offerta passa attraverso la risoluzionedi alcuni problemi di tipo strutturale, sulla base di una nuova in-terpretazione della nozione di sussidiarietà tra capitale pubblicoe capitale privato. Il riequilibrio tra domanda e offerta di capitalidi rischio passa attraverso la creazione di un sistema di opportu-nità, capace di generare, con l’ausilio dei tradizionali strumentidella politica per l’innovazione, imprese caratterizzate da un pro-filo di rischio adeguato al portafoglio dei venture capitalist. Inquesto senso, oltre a una necessaria forma di sinergia con il mer-cato del credito o quello intermedio del mezzanino, appare op-portuno dotarsi di una serie di strumenti atti a sostenere e a faci-litare il transito nella fase early stage delle imprese provenientida settori science-based. Tra gli strumenti da attivare appaionoparticolarmente rilevanti l’affiancamento di competenze di carat-tere manageriale e legale-societario di alto profilo alle impresenella fase seed (eventualmente attraverso un sistema di voucher)e l’abbassamento dei costi di avvio della attività, ivi compresi inparticolare quelli legati all’eventuale fallimento.

Coinvolgere i mercati del credito

In relazione alle cicliche difficoltà che investono i mercati del-

Conclusioni e raccomandazioni 177

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 177

Page 186: Libro verde sull'innovazione

l’equity, appare difficilmente sostenibile l’ipotesi che il sistemabancario possa rinunciare completamente a sostenere le impre-se impegnate in attività innovative. Solo un sistema territorial-mente distribuito come quello bancario può infatti incidere pro-fondamente su un sistema industriale del tutto peculiare, carat-terizzato da imprese spesso molto piccole, con forte valenza lo-cale e assetti manageriali ancora largamente inadeguati a in-staurare rapporti con il grande capitale nazionale e internazio-nale. È quindi auspicabile che il sistema bancario possa giocareun ruolo estremamente rilevante nelle fasi di avvio di un pro-cesso di crescita innovation-based del nostro sistema indu-striale, accompagnando quest’ultimo verso soglie dimensionalie capacità manageriali adatte ad accedere ad altre forme di fi-nanziamento, strutturalmente più adeguate al profilo di rischiodell’attività innovativa.

In particolare, la nuova disciplina derivante dagli accordi diBasilea II offre la possibilità di incidere considerevolmente sul-le asimmetrie informative che limitano la capacità di finanzia-mento, facendo leva sugli elementi di valutazione qualitativaprevisti nella valutazione del rischio di credito. In questa dire-zione, un’opportunità strategica risiede nella specializzazionetecnologica settoriale, tipica ad esempio di molti venture capi-talist, accompagnata dalla crescita di competenze specifiche in-terne. Dall’altro potrebbe costituisce un’opzione di interessepolitico la formulazione di un quadro di accordi con istituzionie centri di ricerca pubblici e privati, dove tipicamente risiedonole competenze necessarie alle attività di technology assessmente di prospezione tecnologica. Particolarmente interessante ap-pare il sostegno pubblico a programmi di formazione congiuntaon the job tra giovani ricercatori e funzionari preposti all’eroga-zione del finanziamento.

In secondo luogo, il coinvolgimento del capitale di creditodeve essere favorito attraverso un intervento strutturale sul si-stema di concessione di garanzie, ad esempio prevedendo fon-di destinati alla mutualizzazione del rischio di attività tra impre-se giovani e di piccola dimensione operanti in settori ad altatecnologia.

178 Conclusioni e raccomandazioni

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 178

Page 187: Libro verde sull'innovazione

Personalità coinvolte

Lilia ALBERGHINA, Università degli Studi di Milano BicoccaPaolo ANNUNZIATO, direttore Public Affairs, Telecom ItaliaMichele APPENDINO, direttore generale, Net PartnersFrancesco ARCHETTI, direttore generale, Consorzio Milano Ricerche Arturo ARTOM, presidente, NetsystemPaolo BACCOLO, direttore generale, DG Industria, Pmi e cooperazione,

Regione LombardiaAndrea BAIRATI, assessore, Regione PiemonteFabrizio BARCA, dirigente generale, ministero dell’Economia e delle fi-

nanzeRoberto BARONTINI, ordinario di finanza aziendale, Scuola superiore

Sant’Anna di PisaMarisa BEDONI, presidente, Finlombarda SpaAndrea BIANCHI, direttore generale Sviluppo produttivo e competitivi-

tà, ministero dello Sviluppo economicoPatrizio BIANCHI, rettore, Università di FerraraPietro BIZZOTTO, direttore Marketing e sviluppo clienti, Csi PiemonteAndrea BONACCORSI, professore ordinario, Università di PisaGiampio BRACCHI, presidente, Aifi - Associazione italiana del Private

Equity e Venture CapitalRaffaele BRANCATI, presidente, MET SrlLuciano CAGLIOTI, pro-rettore per la Ricerca e sviluppo, Università de-

gli Studi di Roma La SapienzaArmando CAMPAGNOLI, assessore Attività produttive, sviluppo econo-

mico, piano talematico, Regione Emilia RomagnaSergio CAMPO DALL’ORTO, consigliere delegato per la Ricerca, Consor-

zio Politecnico InnovazioneGiovanni CONSO, presidente, Accademia nazionale dei Lincei

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 179

Page 188: Libro verde sull'innovazione

Eugenio CORTI, presidente, APSTI - Associazione dei Parchi scientificie tecnologici italiani

Daniela D’ALOISI, responsabile di progetti, fondazione Ugo Bordoni Lina D’AMATO, responsabile Area coordinamento società regionali,

Sviluppo ItaliaAdriano DE MAIO, sottosegretario alla Presidenza con delega all’Alta

formazione, ricerca e innovazione, Regione LombardiaEnrico DECLEVA, rettore, Università statale di MilanoNevio DI GIUSTO, amministratore delegato, Centro ricerche FiatPaolo DIPRIMA, direttore del Corporate Center, San Paolo Imi Private

EquitySergio DOMPÉ, presidente, Dompé farmaceuticiMassimo EGIDI, rettore, Luiss Guido CarliGianni FABRI, amministratore delegato, Fondazione Torino WirelessRoberto FALAVOLTI, presidente e direttore generale, Innovazione ItaliaGabriele FALCIASECCA, presidente, fondazione Guglielmo MarconiFerruccio FERRANTI, consigliere delegato, Sviluppo sistema fiera, fon-

dazione Fiera MilanoEnnio FRANCESCHETTI, presidente, Consorzio per l’innovazione tec-

nologica Inn. Tec.Paolo FUNDARÒ, amministratore Unico, Congenia SrlRiccardo GALLO, presidente, Ipi - Istituto per la promozione indu-

strialeSilvio GARATTINI, direttore, Istituto Mario NegriGaudenzio GARAVINI, direttore generale, Regione Emilia Romagna, di-

rezione generale Organizzazione, personale, sistemi informativi etelematica

Anna GERVASONI, direttore generale, Aifi - Associazione italiana delPrivate Equity e Venture Capital

Claudio GIULIANO, direttore Finanza, Fondazione Torino WirelessPietro GUINDANI, amministratore delegato, Vodafone OmnitelSonia KOHN, presidente, Bank Medici AGLinda LANZILLOTTA, ministro, ministero degli Affari regionaliMauro MALLONE, dipartimento Innovazione, IPI - Istituto per la pro-

mozione industrialeGabriello MANCINI, presidente, fondazione Monte dei Paschi di SienaGaetano MANFREDI, consigliere del ministro, ministero per le Riforme

e innovazione nella Pubblica AmministrazioneCarlo MANGO, Programme Officer Senior, Fondazione CariploAlfredo MARIOTTI, direttore generale, Ucimu - Sistemi per produrrePatrizia MATTIOLI, responsabile Area innovazione tecnologica e pro-

fessioni, Cgil

180 Personalità coinvolte

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 180

Page 189: Libro verde sull'innovazione

Nicola MELIDEO, direttore Area innovazione per le Regioni e gli entilocali, Cnipa - Centro nazionale per informatica nella Pubblica Am-ministrazione

Francesco MERLONI, presidente, Merloni finanziariaVincenzo MILANESI, rettore, Università degli studi di PadovaLuciano MODICA, sottosegretario, ministero dell’Università e della ricercaMassimo MONDINI, amministratore delegato, Strategia ItaliaAnnibale MOTTANA, professore ordinario, Università degli studi Roma

Tre e Accademia dei LinceiEdoardo NARDUZZI, presidente, Lait SpaMarco NICOLAI, direttore generale, Finlombarda SpaLuigi NICOLAIS, ministro, ministero per le Riforme e innovazione nella

pubblica amministrazioneFabio PAMMOLLI, direttore e professore di Economia e management,

Imt Alti Studi di LuccaAngelo Maria PETRONI, segretario generale, Aspen Institute ItaliaNicola PIAZZA, presidente, Sviluppo ItaliaFrancesca PASQUINI, dirigente Innovazione, Agenzia regionale - Siste-

ma di istruzione e lavoroAndrea PICCALUGA, ordinario di Economia e gestione delle imprese,

Università degli Studi di LecceAlberto PIERI, Segretario generale, Fast - Federazione delle associa-

zioni scientifiche e tecnicheLucio PINTO, direttore, Fondazione Silvio Tronchetti ProveraElserino PIOL, presidente, Pino Partecipazioni SpaGianfranco POLILLO, capo di gabinetto, ministero per l’Attuazione del

programma di governoGiuseppe PROVENZANO, docente di Finanza aziendale, Università de-

gli Studi di BresciaGiovanni A. PUGLISI, rettore, Iulm - Istituto universitario di lingue mo-

derneAlberto QUADRIO CURZIO, professore ordinario di Economia politica,

Università Cattolica del Sacro CuoreRaffaele RANUCCI, Sviluppo economico, ricerca, innovazione e turi-

smo, Regione LazioRenato RAVASIO, presidente, Finlombarda Gestioni Sgr SpaMaria Pia REDAELLI, direttore di funzione specialistica Progetto Alta

formazione, ricerca e innovazione, Regione LombardiaLuigi RICCIARDI, direttore, Biopolo ScrlRiccardo RIFICI, direzione generale Salvaguardia ambientale, ministe-

ro dell’AmbienteCarlo RIZZUTO, presidente, Sincrotrone SCpA

Personalità coinvolte 181

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 181

Page 190: Libro verde sull'innovazione

Gianfelice ROCCA, vicepresidente Area Education, ConfindustriaAldo ROMANO, professore ordinario di Economia dell’innovazione,

Università degli Studi di LecceUmberto ROSA, amministratore delegato, Sorin GroupRita ROSSI, direzione Attività produttive, Regione AbruzzoClaudio ROVEDA, Consigliere delegato per la ricerca, Fondazione Ros-

selliSilvio RUBBIA, presidente, Gramma SrlTommaso SALTINI, Associate Industrial Investment Analyst, UnidoGiorgio SALVINI, presidente onorario, Accademia nazionale dei LinceiFabio SATTIN, presidente, Private Equity Partners Sgr SpaAlberto SILVANI, direttore Centro d’ateneo per l’innovazione e il trasfe-

rimento tecnologico, Università statale di MilanoGiuseppe SILVESTRI, rettore, Università degli studi di PalermoGianpiero SIRONI, professore ordinario della facoltà di Scienze mate-

matiche fisiche e naturali, Università statale di MilanoWalter TOCCI, deputato del Partito Democratico, Camera dei DeputatiGianni TONIOLO, professore ordinario di Storia economica, Università

degli studi di Roma Tor VergataGuido TROMBETTI, presidente, CruiLuca UNGARELLI, partner, Value PartnersGiuseppe VALDITARA, senatore di Alleanza Nazionale, Senato della Re-

pubblicaStefano VENTURI, vicepresidente, Cisco Systems Inc.Giuseppe VEREDICE, amministratore delegato, TelespazioRoberto VERGANTI, professore ordinario di Gestione dell’innovazione,

Politecnico di MilanoGiuseppe VIESTI, professore straordinario, Università di PadovaRaffaello VIGNALI, presidente, Compagnia delle OpereMario ZANONE POMA, presidente, Intesa MediocreditoVincenzo ZANNI, presidente, Elsag

182 Personalità coinvolte

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 182

Page 191: Libro verde sull'innovazione

Bibliografia

Accenture Outlook (2003), 2nd Quarter.Accenture Outlook (2006), 2nd Quarter.Aghion P., Bloom N., Griffith R., Howitt P. e Bludell R. (2002), Compe-

tition and Innovation: an Inverted U Relationship, National Bu-reau of Economic Research, Paper W9269.

Aho Group Report (2006), Creating an Innovative Europe.AIFI, Yearbooks, 2001, 2002, 2003, 2004, 2005, 2006.AIFI, PricewaterhouseCoopers (2006), L’impatto economico del Pri-

vate Equity e del Venture Capital in Italia.Assinform (2007), Rapporto sull’informatica le telecomunicazioni e

i contenuti multimediali, www.rapportoassinform.it.Bagnasco A. (1988), La costruzione sociale del mercato, Il Mulino, Bo-

logna.Baldini N., Grimaldi R. e Sobrero M. (2006), Institutional changes

and the commercialization of academic knowledge: A study ofItalian universities’ patenting activities between 1965 and2002, “Research Policy”, n. 35, pp. 518-32.

Barney J. (1991), Firms Resources and Sustained Competitive Ad-vantage, “Journal of Management”, vol. 17, n. 1.

Becattini G. (1987), Mercato e forze locali: il distretto industriale, IlMulino, Bologna.

Becattini G. e Rullani E. (1993), Sistema locale e mercato globale,“Economia e politica industriale”, n. 80.

Bozeman B. e Dietz J.S. (2001), Strategic Research Partnerships:Constructing Policy-Relevant Indicators, “The Journal of Techno-logy Transfer”, Springer, vol. 26, n. 4, pp. 385-93.

Bramanti A. e Maggioni M.A. (1997), La dinamica dei sistemi produt-tivi territoriali: teorie, tecniche, politiche, Franco Angeli, Milano.

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 183

Page 192: Libro verde sull'innovazione

Brancati Raffaele (a cura di) (2006), L’offerta pubblica e le domandedei privati. Le politiche per le imprese. Rapporto MET 2006,Donzelli, Roma.

Briscoe B., Odlyzko A. e Tilly B. (2006), Metcalfe’s Law is Wrong, “IEEESpectrum”, July, pp. 26-31.

Brusco S. (1989), Piccole imprese e distretti industriali, Rosenberg& Sellier, Torino.

Buchanan J. e Tullock G. (1962), The Calculus of Consent, Universityof Michigan Press, Ann Arbor.

Cavallaro C. (2007), Le Regioni e l’economia della conoscenza, inQuarto rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia,Giuffrè, Milano.

Censis (2006), Rapporto sulla situazione sociale del paese, FrancoAngeli, Milano.

Chiesa V. e Piccaluga A. (2000), Exploitation and diffusion of publicresearch: the case of academic spinoff companies in Italy, “R&DManagement”, 30, pp. 329-40.

COM (2000) 6 del 18 gennaio 2000, Verso uno spazio europeo della ri-cerca.

COM (2006) 502 del 13 settembre 2006, Un’Europa realmente innova-tiva e moderna.

COM (2006) 728 del 22 novembre 2006, Orientamenti comunitari per lostimolo dell’innovazione attraverso delle misure di natura fiscale.

COM (2007) 161, Lo spazio europeo della ricerca: nuove prospettive.COM (2007) 165 del 4 aprile 2007, Enhancing the patent system in

Europe.Commissione europea (2006), European Innovation Scoreboard

2006, Bruxelles.Consiglio Europeo, Decisione 531/2001 del 16 giugno 2001 relativa al-

l’istituzione del Comitato consultivo europeo della ricerca.Consiglio Europeo, Decisione (CE) No 1083/2006 dell’11 luglio 2006

recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regio-nale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e cheabroga il regolamento (CE) n. 1260/1999.

Consiglio Europeo, Decisione 1639/2006 del 24 ottobre 2006 istitutivadel programma Competitività e innovazione (CIP).

Cotec - Fondazione per l’innovazione tecnologica (2007), Rapportoannuale sull’innovazione 2006, Roma.

Dalpé R., DeBresson C., Xiaoping H. (1992), The public sector as firstuser of innovations, “Research Policy”, vol. 21, n. 3, pp. 251-63.

Dierickx I. e Cool K. (1990), Asset Stock Accumulation and Sustainabi-lity of Competitive Advantage, “Management Science”, vol. 35, n. 2.

184 Bibliografia

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 184

Page 193: Libro verde sull'innovazione

Dosi G. (1988), Sources, Procedures, and Microeconomic Effects ofInnovation, “Journal of Economic Literature”, 26, pp. 1120-71.

Edquist C. (1998), Systems of Innovation. Perspectives and Challen-ges. The Oxford Handbook of Innovation, Oxford University Press.

Edquist C. e Hommen L. (2000), Public Technology Procurement andInnovation, Kluwer Academic.

Edquist C. e Johnson B. (1997), Systems of Innovation: Technologies,Institutions, and Organizations, Pinter, London.

European Dynamics SA (2004), A Report on the Functioning of thePublic Procurement Markets in the EU: Benefits from the Appli-cation of EU Directives and Challenges for the Future.

Eurostat (2007), Education and Training Indicators, Lussemburgo.Eurostat (2007), New Cronos Database.Ferrari S., Guerrieri P., Malerba F., Mariotti S., Palma D. (a cura di)

(2007), L’Italia nella competizione tecnologica internazionale.Quinto rapporto, Franco Angeli, Milano.

Finlombarda (2005), Finanza e Innovazione. Quarto quaderno suicasi di finanza innovativa per la creazione di techno start-up,Milano.

Finlombarda (2006), Atti del Forum finanza e innovazione.Foresti G. (2002), Specializzazione produttiva e struttura dimensio-

nale delle imprese: come spiegare la limitata attività di ricercanell’industria italiana, Centro Studi Confindustria, Working Pa-per n. 32, Roma.

Fraunhofer ISI (2005), Innovation and Public Procurement: Reviewof Issues at Stake, European Commission, Brussels.

Geroski P.A. (1990), Innovation, Technological Opportunity, andMarket Structure, Oxford Economic Papers.

Gibbons M. (1994), The new production of knowledge: the dynamicsof science and research in contemporary society, Sage, London.

Grandinetti R. e Rullani E. (1996), Impresa transnazionale ed econo-mia globale, Nis, Roma.

Guue 323 del 30 dicembre 2006, Disciplina aiuti di Stato in materiadi ricerca e innovazione, p. 1.

Imd (2007), The World Competitiveness Yearbook, Lausanne.Istat (2007), Ricerca e sviluppo in Italia, Roma.Kogut B. (1985), Designing global strategies: comparative and

competitive valueadded chains, “Sloan Management Review”,Summer.

Lundvall B.A. (1992), a cura di, National Systems of Innovation: To-wards a Theory of Innovation and Interactive Learning, Pinter,London.

Bibliografia 185

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 185

Page 194: Libro verde sull'innovazione

Malerba F. (1993), The National System of Innovation: Italy, in Nel-son R., National Innovation Systems: A Comparative Analysis,Oxford University Press, New York.

Moncada Paternò-Castello P., Ciupagea C., Piccaluga A. (2006), L’in-novazione industriale in Italia: persiste il modello “senza ricer-ca”?, “L’industria”, XXVII, n. 3, luglio-settembre, pp. 533-51.

Mur (2006), DG Studi e programmazione.Ocse (2006), Education at a Glance 2006, Paris.Ocse (2007), Main Science & Technology Indicators, volume 2007/1,

Paris.Ocse (2007), Main Science & Technology Indicators, volume 2007/2,

Paris.Ocse (2007), PISA 2006, Sciences Competencies for Tomorrow’s

World, Paris.Ocse (2007), Science, Technology and Industry: Scoreboard 2007, Pa-

ris.Parlamento europeo e Consiglio, Decisione n. 1639/2006/CE del 24 ot-

tobre 2006 che istituisce un programma quadro per la competitivi-tà e l’innovazione (2007-2013).

Piccaluga A. (2006), La valorizzazione della ricerca nelle universitàitaliane. IV Rapporto annuale, Fondazione Cotec.

Piccaluga A. e Balderi C. (2006), Consistenza ed evoluzione delle im-prese spin-off della ricerca pubblica in Italia, Rapporto di ricercadel Laboratorio In-Sat della Scuola superiore Sant’Anna per Fin-lombarda Spa.

Piccaluga A. e Primicerio A. (2006), Le politiche regionali per l’inno-vazione in italia, Rapporto predisposto da In-Sat Lab, Scuola su-periore Sant’Anna di Pisa, per Finlombarda.

Project iRis (2006), Patunit Database, dipartimento di Scienze azien-dali, Università di Bologna.

Riccaboni A. e Giovannoni E. (2005), L’innovazione organizzativo-gestionale: requisiti e criticità, “Quaderni senesi di economiaaziendale e di ragioneria”, serie Interventi, n. 94.

Rothwell R.e Zegveld W. (1981), Industrial innovation and public po-licy: preparing for the 1980’s and the 1990’s, Greenwood Press.

Rullani E. (1994), Il valore della conoscenza, “Economia e politica in-dustriale”, n. 82.

Rullani E. (1995), Distretti industriali ed economia globale, “Oltre ilponte”, n. 50.

Rullani E. e Romano L. (1998), Il postfordismo. Idee per il capitali-smo prossimo venturo, Etas, Milano.

Sirilli G. (2004), Will Italy meet the ambitious European target for

186 Bibliografia

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 186

Page 195: Libro verde sull'innovazione

R&D expenditure? Natura non facit saltus, “Technological Fore-casting and Social Change”, vol. 71, N. 5, pp. 509-23.

Toma G. (2006), PMI n. 10/2006, Ipsoa.Von Hippel H. (1988), The Sources of Innovation, Oxford University

Press.Williamson O.E. (1998), The Institutions of Governance, “The Ameri-

can Economic Review”, 88, pp. 75-79.Zapperi S. e Sylos Labini F. (2006), Lo tsunami dell’università italiana,

CNR, ROMA.

187 Bibliografia

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 187

Page 196: Libro verde sull'innovazione

Gli autori

MARIO CALDERINI è professore straordinario presso il dipartimento diSistemi di produzione ed economia dell’azienda del Politecnico di To-rino, dove insegna Strategia e management dell’innovazione. È inoltrevicedirettore della Scuola di dottorato del Politecnico di Torino e re-sponsabile scientifico della Summer School in Management of Innova-tion dell’Alta scuola politecnica dei Politecnici di Milano e Torino. Dal2005 è presidente di Finpiemonte, la finanziaria di sviluppo della Re-gione Piemonte. I suoi interessi di ricerca si concentrano nel campodell’economia e del management dell’innovazione, con particolare ri-ferimento alle politiche pubbliche per l’innovazione, allo studio delledeterminanti dell’attività innovativa delle imprese, al finanziamentodell’innovazione e all’utilizzo strategico della proprietà intellettuale.

FRANCESCO CRESPI è assegnista di ricerca presso la facoltà di Econo-mia dell’Università degli Studi Roma Tre. È autore di diverse pubblica-zioni internazionali su temi relativi all’economia del cambiamento tec-nologico e cura per la Fondazione Cotec il Rapporto annuale sull’in-novazione.

ENRICO FORTI è research fellow e presso il dipartimento di Scienzeaziendali dell’Università di Bologna. Si occupa di economia e marke-ting dell’innovazione, con particolare attenzione ai beni esperienziali,alle esternalità di rete e alla relazione tra strategia dell’impresa e ap-propriabilità del surplus dell’innovatore. È autore di pubblicazioni in-ternazionali su temi relativi all’economia dell’innovazione.

CARMELO MAZZA è professore affiliato presso il dipartimento di Orga-nizational Behavior della Grenoble École de Management, e visiting

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 188

Page 197: Libro verde sull'innovazione

189 Gli autori

professor di Teoria organizzativa presso l’Istituto de Empresa (Ma-drid). Collabora, inoltre, con la facoltà di Economia R. Goodwin del-l’Università degli Studi di Siena. I suoi interessi di ricerca si concentra-no nel campo della teoria istituzionalista delle organizzazioni, con par-ticolare riferimento al tema della trasformazione e delle persistenzadelle istituzioni. Le sue pubblicazioni in ambito internazionale com-prendono anche studi sulla creatività nelle organizzazioni.

MARCO NICOLAI è direttore generale di Finlombarda Spa, la finanziariadella Regione Lombardia e amministratore delegato di FinlombardaGestioni Spa. È professore a contratto di Finanza aziendale straordi-naria presso l’Università degli Studi di Brescia, facoltà di Economia, edi Finanza pubblica presso il Politecnico di Milano, facoltà di Ingegne-ria gestionale. È membro del consiglio di amministrazione di Aifi, re-sponsabile della commissione Infrastrutture e sviluppo territoriale econsigliere della Fondazione Rosselli, per la quale è anche direttorescientifico del Centro di Ricerca Ifip - Istituto per la finanza innovati-va e pubblica. È autore di numerose pubblicazioni in ambito finanzia-rio e collabora stabilmente con alcuni quotidiani economici nazionali.

PAOLO QUATTRONE è lecturer in Management Studies alla Saïd Busi-ness School dell’Università di Oxford e official student a ChristChurch. È tra i fondatori di Italian Studies at Oxford, un network in-terdisciplinare che si occupa dello studio della cultura, società, econo-mia e politica dell’Italia contemporanea. Si occupa dello studio delladiffusione e del successo delle pratiche amministrative e di controlloaziendale. La sua ricerca si sta indirizzando verso lo studio delle prati-che di governance dei processi di formazione delle élite, di gestionedei flussi migratori e sulla accountability delle istituzioni coinvolte intali processi.

ANGELO RICCABONI è preside della facoltà di Economia Richard Go-odwin dell’Università di Siena. Professore ordinario di Economiaaziendale, è componente del Management Committee (Consiglio di-rettivo) della European Accounting Association. La sua attività di ri-cerca è focalizzata sui temi del governo e controllo aziendale e delcambiamento nelle università. Ha pubblicato molteplici monografie,anche con case editrici internazionali, quali Kluwer e Routledge, e ar-ticoli su riviste nazionali ed estere.

MAURIZIO SOBRERO è professore ordinario di Gestione dell’innovazio-ne presso l’Università di Bologna, dove dal 2006 dirige il dipartimento

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 189

Page 198: Libro verde sull'innovazione

di Scienze aziendali. È membro del Comitato di esperti per l’innova-zione tecnologica e la ricerca della Regione Emilia Romagna e mem-bro indipendente non esecutivo del consiglio di amministrazione di Zi-gnago Vetro Spa. Si occupa di economia e gestione dell’innovazionetecnologica, con particolare attenzione alle attività di sviluppo prodot-to, al rapporto tra struttura proprietaria e investimenti in R&S, alla re-lazione tra investimenti in R&S e valore di mercato dell’impresa. Suquesti temi ha pubblicato cinque libri e numerosi articoli in riviste in-ternazionali e nazionali.

RICCARDO VIALE è docente stabile di Politica della ricerca e dell’inno-vazione presso la Scuola superiore della Pubblica Amministrazione diRoma e professore ordinario di Logica e Filosofia della scienza pressola facoltà di Sociologia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca.Membro e visiting scholar di diversi atenei stranieri, è fondatore e pre-sidente della Fondazione Rosselli; direttore generale della Fondazio-ne Cotec, direttore del Laboratorio sull’innovazione, la ricerca e l’im-presa (Lira) dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca; direttorescientifico dell’Istituto di metodologia della scienza e della tecnologiadi Torino. Attualmente è editorialista de “Il Sole 24 Ore”.

Gli autori 190

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 190

Page 199: Libro verde sull'innovazione

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 191

Page 200: Libro verde sull'innovazione

Finito di stampare nel febbraio 2008Dalla L.E.G.O Spa, stabilimento di Lavis (Trento)

Il Sole 24 ORE Spa

Cotec 001-192 copia 30-01-2008 16:01 Pagina 192