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LIBRO ANTICO 32 Biblioteche oggi - Luglio-Agosto ’98 T ra le mani di un biblioteca- rio addetto alla conserva- zione ed in particolare al restauro passano molti libri, antichi e moderni, le cui condizioni richie- dono degli interventi specifici per bloccare certi processi degenerativi che li porterebbero alla distruzione totale. Sebbene ogni volume abbia una storia sua per contenuti, materiali e composizione, spesso si ritrovano nei libri connotati molto simili che richiedono interventi di restauro ri- petitivi. Qualche volta ci si imbatte in “casi” particolarmente interes- santi. Tra questi, ultimamente è stato dedicato un notevole impe- gno ad un atlante olandese del Seicento. Trovandoci a dover agire, ci si è resi conto delle difficoltà che il restauro avrebbe comporta- to, difficoltà testimoniate fra l’altro anche da alcune note di un artico- lo di Ludovico Santucci, Il ruolo della chimica nella conservazione del patrimonio librario, comparso nel numero del 1982-83 del “Bol- lettino dell’Istituto centrale per la patologia del libro”. Alla pagina 130 si legge: “Nel 1975 Margaret Hey aveva messo a punto in questo laboratorio un metodo di della matematica, discipline a cui si dedicò frequentando l’Università di Lovanio dove, sotto la guida dell’astronomo Frisius si impegnò nella costruzione di strumenti ma- tematici, di astrolabi, di sfere armil- lari, specializzandosi anche nell’ar- te dell’incisione in rame. Nel 1537 Gerardo Mercatore è autore della sua prima carta geografica a stam- pa, quella della Palestina: l’ Am- plissima Terrae Sanctae descriptio ad utriusque testamenti intelligen- tiam, la cui unica copia conosciuta si trova presso la Biblioteca comu- nale di Perugia. Questa ed altre opere successive, come il mappa- mondo del 1538 e la grande carta della Fiandra in 4 fogli del 1540, non rappresentano però opere ori- ginali perché riutilizzano antiche carte. Tuttavia il loro autore era di- venuto tanto noto che nel 1541, su commissione di Carlo V costruì un mappamondo terrestre ed uno ce- leste. Da Lovanio, dove aveva fondato una delle maggiori scuole cartogra- fiche del tempo, dovette fuggire e rifugiarsi in Germania in seguito ad una accusa di eresia. Dal 1552 in- segnò cosmografia all’Università di Duisburg. Qui compose nel 1554 la grande carta d’Europa in 15 fo- gli, che rappresenta un vero mo- dello di elaborazione critica di tut- to il materiale geografico allora raccolto, opera assolutamente ori- ginale e tale da assicurare la fama di geografo al suo autore. Nel 1569 vede la luce il grande mappamondo in 18 fogli destinato alla navigazione che Mercatore realizzò applicandovi la proiezione Un restauro difficile L’Atlas novus di Gerardo Mercatore restituito alla consultazione in Braidense grazie a un complesso intervento che ha richiesto oltre 300 ore di lavoro di Franca Alloatti deacidificazione in mezzo non ac- quoso a base di acetato di calcio in soluzione alcolica. Quando si è tentato di applicarlo ad un atlante Mercatore del XVII secolo, perché illustrato con colori solubili in ac- qua, l’acidità di questo (PH iniziale 3,6) si è dimostrata singolarmente resistente al trattamento”. Collocato nel salone teresiano della Biblio- teca Braidense di Milano con se- gnatura PP XIV 43-45 si trova un esemplare di Atlas Novus, sive de- scriptio geographica Totius Orbis Terrarum, tabulis aeneis luculentis- simus et accuratissimis exornata tribus tomis distinctus. Amstelo- dami, apud Henricum Hondium et Joannem Janssonum 1638 di Ge- rardo Mercatore. Gerardo Mercatore Gerardo Mercatore, nome italiano attraverso la forma latina Mercator di Gerhard Kremer, è uno dei più grandi geografi del XVI secolo ed è considerato il riformatore della cartografia scientifica. Dimostrò giovanissimo di preferire agli studi religiosi ai quali era stato destinato, lo studio della filosofia e Le notizie tecniche sul restauro sono state ricavate dalla relazione preventiva sugli interventi sulle carte e sulle lega- ture dell’Atlas e dalla puntuale registra- zione delle operazioni svolte a Roma dal Laboratorio conservazione e restau- ro di opere d’arte su carta. Si ringrazia il dottor Federico Macchi per la consu- lenza sulla legatura.

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LIBRO ANTICO

32 Biblioteche oggi - Luglio-Agosto ’98

T ra le mani di un biblioteca-rio addetto alla conserva-zione ed in particolare al

restauro passano molti libri, antichie moderni, le cui condizioni richie-dono degli interventi specifici perbloccare certi processi degenerativiche li porterebbero alla distruzionetotale.Sebbene ogni volume abbia unastoria sua per contenuti, materiali ecomposizione, spesso si ritrovanonei libri connotati molto simili cherichiedono interventi di restauro ri-petitivi. Qualche volta ci si imbattein “casi” particolarmente interes-santi. Tra questi, ultimamente èstato dedicato un notevole impe-gno ad un atlante olandese delSeicento. Trovandoci a dover agire,ci si è resi conto delle difficoltàche il restauro avrebbe comporta-to, difficoltà testimoniate fra l’altroanche da alcune note di un artico-lo di Ludovico Santucci, Il ruolodella chimica nella conservazionedel patrimonio librario, comparsonel numero del 1982-83 del “Bol-lettino dell’Istituto centrale per lapatologia del libro”.Alla pagina 130 si legge: “Nel 1975Margaret Hey aveva messo a puntoin questo laboratorio un metodo di

della matematica, discipline a cuisi dedicò frequentando l’Universitàdi Lovanio dove, sotto la guidadell’astronomo Frisius si impegnònella costruzione di strumenti ma-tematici, di astrolabi, di sfere armil-lari, specializzandosi anche nell’ar-te dell’incisione in rame. Nel 1537Gerardo Mercatore è autore dellasua prima carta geografica a stam-pa, quella della Palestina: l’Am-plissima Terrae Sanctae descriptioad utriusque testamenti intelligen-tiam, la cui unica copia conosciutasi trova presso la Biblioteca comu-nale di Perugia. Questa ed altreopere successive, come il mappa-mondo del 1538 e la grande cartadella Fiandra in 4 fogli del 1540,non rappresentano però opere ori-ginali perché riutilizzano antichecarte. Tuttavia il loro autore era di-venuto tanto noto che nel 1541, sucommissione di Carlo V costruì unmappamondo terrestre ed uno ce-leste.Da Lovanio, dove aveva fondatouna delle maggiori scuole cartogra-fiche del tempo, dovette fuggire erifugiarsi in Germania in seguito aduna accusa di eresia. Dal 1552 in-segnò cosmografia all’Università diDuisburg. Qui compose nel 1554la grande carta d’Europa in 15 fo-gli, che rappresenta un vero mo-dello di elaborazione critica di tut-to il materiale geografico alloraraccolto, opera assolutamente ori-ginale e tale da assicurare la famadi geografo al suo autore.Nel 1569 vede la luce il grandemappamondo in 18 fogli destinatoalla navigazione che Mercatorerealizzò applicandovi la proiezione

Un restauro difficile

L’Atlas novus di Gerardo Mercatore restituito alla consultazione in Braidense grazie a un complessointervento che ha richiesto oltre 300 ore di lavoro

di Franca Alloatti

deacidificazione in mezzo non ac-quoso a base di acetato di calcioin soluzione alcolica. Quando si ètentato di applicarlo ad un atlanteMercatore del XVII secolo, perchéillustrato con colori solubili in ac-qua, l’acidità di questo (PH iniziale3,6) si è dimostrata singolarmenteresistente al trattamento”. Collocatonel salone teresiano della Biblio-teca Braidense di Milano con se-gnatura PP XIV 43-45 si trova unesemplare di Atlas Novus, sive de-scriptio geographica Totius OrbisTerrarum, tabulis aeneis luculentis-simus et accuratissimis exornatatribus tomis distinctus. Amstelo-dami, apud Henricum Hondium etJoannem Janssonum 1638 di Ge-rardo Mercatore.

Gerardo Mercatore

Gerardo Mercatore, nome italianoattraverso la forma latina Mercatordi Gerhard Kremer, è uno dei piùgrandi geografi del XVI secolo edè considerato il riformatore dellacartografia scientifica.Dimostrò giovanissimo di preferireagli studi religiosi ai quali era statodestinato, lo studio della filosofia e

Le notizie tecniche sul restauro sonostate ricavate dalla relazione preventivasugli interventi sulle carte e sulle lega-ture dell’Atlas e dalla puntuale registra-zione delle operazioni svolte a Romadal Laboratorio conservazione e restau-ro di opere d’arte su carta. Si ringraziail dottor Federico Macchi per la consu-lenza sulla legatura.

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isogonica (detta di Mercatore), unaproiezione cilindrica universalmen-te adottata per la compilazione dicarte nautiche. Mediante questaproiezione gli archi di parallelo edi meridiano appaiono amplificatiin funzione della loro distanzadall’equatore; in tal modo si otten-gono carte geografiche che sonorappresentazioni piane della terrain cui le relazioni angolari esistentisulla superficie terrestre rimangonoinalterate. Tali carte si rivelarono diinestimabile aiuto per la navigazio-ne, in quanto permettevano di in-dividuare la rotta più semplice tradue punti congiungendo semplice-mente tali punti con una linea ret-ta. Sempre del 1569 è una carta del-l’America, prima parte di un’operapiù complessa terminata nel 1581,indicata come mappa del Nuovomondo.L’ambizione di programmare inuna vasta sintesi l’ordinamento e ilfunzionamento dell’universo con lastoria cronologica del cosmo, dellescienze cosmologiche e geografi-che, si dimostrò un’impresa troppopoderosa per le forze di un solouomo, tuttavia fu in parte realizza-ta, come dimostra l’esistenza di al-cuni capitoli staccati. I viaggi, lespedizioni, il progresso delle cono-scenze geografiche e lo sviluppodella cartografia nautica e scientifi-ca, avevano ormai chiarito gli erro-ri delle carte tolemaiche, che Ge-rardo sottopose ad una rigorosacritica, collazionando varie opereper ricostruire i testi tolemaici nelloro primitivo aspetto. Da questostudio derivarono nel 1578 le Ta-bulae Geographicae Cl. Tolemaei,una raccolta di 28 carte che fustampata in lingua latina a Colonianel 1584. Contemporaneamente sidedicò alla preparazione di un’altragrande raccolta di carte moderne acui collaborarono amici, dotti deltempo e corrispondenti disseminatiun po’ ovunque. La prima parte diquesta grande opera che Mercatoreideò e coordinò dirigendo a di-

stanza i suoi collaboratori com-prendeva Gallia, Belgio inferiore eGermania; la seconda l’Italia, laSclavonia e la Grecia; la terza uscìcon il nome di Atlas sive cosmo-graphicae meditationes de fabricamundi. Le prime carte uscirononel 1585, le ultime nel 1595 e furo-

no curate, dopo la morte di Ge-rardo, avvenuta nel 1594, dai figliRumold e Arnold. La raccolta com-pleta uscì nel 1602.L’Atlas ebbe un grande successo.Alla morte di Rumold, la proprietàdelle tavole in rame passò al carto-grafo olandese Josse Hondius

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Frontespizio del primo volume dell’Atlas Novus

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che curò tra il 1606 ed il 1640 unaquarantina di edizioni. Sul belfrontespizio a colori dell’esemplaredi Atlas del 1638 posseduto dallaBraidense compaiono affiancati ilnome di Mercator e quello diHondius.Nel 1592 fu pubblicato un saggio

filosofico scritto in età giovanile,sulla storia del mondo che rivelauna ricerca di sintesi illuminatadalla conoscenza e dalla ragione,dimostrando la forza innovativache egli introdusse nella scienzacartografica. In questa materiaesercitò il suo spirito critico, sosti-

tuendo ai sistemi empirici, fino adallora usati, i procedimenti mate-matici. Le sue carte rappresentano,se osservate da un punto di vistanon solo specifico, ma anche filo-logico e filosofico, la sintesi delRinascimento, con la sistemazionedel materiale preesistente, la rigo-rosa critica a cui fu sottoposto, lecollazioni, la volontà di risalire allefonti della cartografia antica rein-terpretandola per conciliare l’anticocon il nuovo.

L’Atlas della Braidense

L’esemplare di Atlas Novus posse-duto dalla Braidense è diviso in trevolumi rispettivamente composti di104, 84, e 113 tavole a colori ed itesti scritti sul verso delle tavole.La coperta, tipica del mondo nor-dico ed in particolare olandese,eseguita in pergamena rigida, colorcrema, ricca di fregi, di fine esecu-zione, è caratteristica della primametà del ’600 e particolarmenteusata per gli atlanti. Dalla sommadi questi elementi e da altri parti-colari, come i segni di cucitura, sipuò affermare che si tratta dellacoperta originale.L’area nordica non produsse unostile suo originale, ma assorbì inquesto periodo vari stili, compo-nendoli ed elaborandoli, soprattut-to dall’arte della decorazione fran-cese ed italiana; infatti questo tipodi impressione detta a “centre etcoins” si incontra già in Francianella prima metà del ’500 ed è ca-ratterizzata da una placca centralee da decorazioni angolari uguali suentrambi i piatti.Tutti i particolari denotano unagrande cura: la pergamena di buo-na qualità e ben tesa, la doraturaottenuta con oro di una certa pu-rezza, non derivato da leghe conargento o con piombo, evidentenella brillantezza ancora visibile,anche sul taglio, a “culla”, con ef-fetto lucente e non opaco, come

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Piatto anteriore dell’Atlas. Si nota il restauro operato alla cerniera e sulle punte

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invece era in uso nel Cinquecento.La cura della lavorazione risultaanche dalla decorazione sui con-tropiatti effettuata con una partico-lare tecnica detta “a rotella”, cioècon un strumento già in uso nel’300 in area nordica, che permette-va di imprimere con una certa ve-locità e precisione. Se il rosonecentrale risente della influenzafrancese, le parti mediane e ango-lari richiamano lo stile romano ri-nascimentale, evidenziato da ele-menti decorativi come le volutecontrapposte e le perle degradanti.Nei capitelli compaiono colori bril-lanti, di contrasto, tipici delle lega-ture olandesi: i verdi (come quello

delle bindelle di tessuto preziosoche ancora si riconosce dai fram-menti) ed i gialli che si sposavanocon l’oro delle decorazioni. Unacaratteristica dei capitelli delle le-gatorie olandesi del Seicento eral’anima che presentava una sezio-ne quadrata allungata e non circo-lare, rivestita poi con fili di seta.A differenza delle legature olandesitipiche, che presentavano i dorsipiatti, qui ritroviamo nervi doppi,in rilievo, non a vista. La scelta èdeterminata probabilmente dal for-mato e soprattutto dal peso rile-vante che hanno costretto il legato-re a costruire una struttura più so-lida ed elastica, perché i dorsi piat-

ti erano più adatti a sostenere vo-lumi più leggeri. La rifinitura chesottolinea i nervi contribuisce arenderli un elemento decorativo ead impreziosirne l’effetto. Un’altradifferenza presente nell’Atlas dellaBraidense riguarda l’unghiatura chequi è dritta, priva del classico “lab-bro” che accompagna, con funzio-ne protettiva, volumi di formato epeso inferiore.Il rosone centrale è stato decoratoa “placca”, le cornici “a rondella”,le decorazioni della fascia medianae angolari “a singoli ferri”. L’im-pressione, piuttosto profonda, èstata realizzata sicuramente con untorchio, risultando impossibile

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Carta dell’Europa (Primo volume dell’Atlas Novus)

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esercitare manualmente una forzatale da imprimere così regolarmen-te e profondamente il motivo de-corativo.Anche il dorso è finemente decora-to; anche qui il fiore centrale pre-sente nello spazio compreso traogni nervo ricorda lo stile romanoe francese rinascimentale. Caratte-ristica delle legature degli atlantiolandesi è la posizione del tassellonel secondo scomparto, ma qui, lascrittura capitale, la mancanza diabbreviazioni e l’applicazione di-retta sulle decorazioni fanno pen-sare ad una aggiunta settecentescadi questo elemento. Sulla carta diguardia anteriore si nota una fili-grana, che per il motivo che pre-senta appartiene al mondo nordi-co. Le carte di guardia sono piùpesanti delle altre, più chiare, han-no probabilmente risentito dellaacidità delle carte con cui sono acontatto ma sono senza dubbio dimigliore qualità, il che fa pensarealla provenienza da cartiere diver-se, probabilmente italiane, cheproducevano le carte migliori; op-pure si potrebbe supporre che sia-no state aggiunte in epoca poste-

riore; ma il fatto che presentino lastessa doratura sul taglio fa preferi-re la prima ipotesi.

Il restauro

Lo stato di conservazione delle le-gature era compromesso, sebbenenon in modo grave, infatti i piattianteriori dei primi due volumi era-no staccati, i nervi spezzati in pros-simità delle cerniere, le punte in-curvate, quasi i volumi avesserosubito un trauma. Tuttavia le cuci-ture in spago su sette nervi aveva-no retto abbastanza bene ed i ner-vi, con prolungamento, potevanoessere reinseriti nei piatti. Si è va-lutato quindi che con idonei inter-venti si poteva effettuare il recupe-ro della coperta (con integrazionio inserti di pelle di capra conciataal vegetale e allume, tinta dove eranecessario per avvicinarla al coloredella pergamena), delle cucitureconsolidate nei punti più deboli,delle nervature e dei capitelli.Il problema più grave era rappre-sentato dalle tavole, unite median-te brachette, senza strappi né lacu-ne, se non in misura quasi irrile-vante, che presentavano un inten-so colore tendente al marrone, co-me è ben noto a chi conosce que-st’opera (colorazione che è presen-te particolarmente nella carta deilibri di area nordica del ’5-600 ed èindice di un’elevata acidità), accen-tuata in certi punti, dove alcuni co-lori di origine minerale e non ve-getale avevano prodotto una parti-colare ossidazione e quindi un’ul-teriore degradazione ed indeboli-mento della carta. Analizzando at-tentamente i volumi si era pensatoin un primo tempo di deacidificarele tavole più intaccate distaccando-le dalle brachette con operazioni asecco o a umido a seconda dellaresistenza esercitata dall’adesivocon sui erano state fissate, che giàa prima vista sembrava molto tena-ce, risultando il dorso un blocco

unico e compatto. Quindi, svoltele operazioni necessarie come lamisurazione del PH iniziale ed i te-st sulla solubilità dei colori, si sa-rebbe proceduto al lavaggio e alladeacidificazione, dopo aver fissatopreventivamente le parti colorate.Il lavaggio sarebbe stato eseguitocon la tecnica “a pelo d’acqua”(operazione meno traumatica diuna normale immersione) che con-siste nell’adagiare sulla superficiedell’acqua deionizzata i fogli, ba-dando a che l’acqua penetri dasotto. Successivamente si sarebbeproceduto ad una deacidificazioneacquosa con bicarbonato di calcioo idrossido di calcio, per neutraliz-zare l’acidità presente e dare allecarte una riserva alcalina che pre-venisse l’insorgenza di altri proces-si di formazione di acidità. Le cartemeno brunite non sarebbero statedistaccate dalle brachette, ma trat-tate localmente, tamponandole consoluzioni deacidificanti.Al momento di intervenire ci si èimbattuti in due ostacoli che han-no reso inapplicabile la teoria: ilprimo consisteva nella colla nonsolubile con cui le tavole eranostate fissate alle brachette e chenon si poteva rimuovere né con

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In questa pagina due particolari delladecorazione dei piatti dell’Atlas

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interventi a secco, né con interven-ti ad umido, se non con la certez-za di provocare degli strappi alletavole sulla linea di applicazionealle brachette; il secondo inconve-niente era rappresentato dall’estre-ma solubilità dei colori che sebbe-ne fossero stati preventivamentefissati sia con fissativo sinteticoacrilico, sia con gelatina animale,rifiutavano ogni contatto direttocon l’acqua.Il laboratorio incaricato di eseguireil restauro, laboratorio noto per lasua esperienza e competenza inmateria di stampe, disegni ed ope-re d’arte su carta, e che sin daprincipio si era manifestato estre-mamente dubbioso circa l’applica-bilità a quelle carte di operazioninormali, eseguì un’accurata spolve-ratura e pulizia a secco delle tavo-le, terminata la quale iniziò il la-vaggio di ogni carta, agendo conuna leggera nebulizzazione con ac-

qua deionizzata. Quindi effettuò ladeacidificazione — operazionefondamentale per togliere l’aciditàalle carte e fornire una riserva al-calina — con lo stesso sistema,tamponando ogni tavola con solu-zione semisatura di idrossido dicalcio, più efficace del bicarbona-to, in acqua deionizzata ed insi-stendo con un’ulteriore deacidifica-zione a pennello, con la stessa so-luzione, sul verso delle tavole do-ve i verdi e gli arancioni, coloricon una componente minerale,avevano degradato particolarmentela carta creando delle aree a ri-schio ben riconoscibili per le ele-vate punte di ossidazione visibilianche sul retro delle carte.Poiché né la composizione dei co-lori, né la struttura della legatura(che era ed è quella originale epertanto meritava di essere conser-vata) consentivano un’immersione,tutta l’operazione è stata effettuata

collocando le tavole su un fogliodi carta assorbente bagnata, isolan-dole naturalmente dalle carte suc-cessive, senza mai rimuovere lecarte dalle brachette, permettendocosì una serie di operazioni in cuil’acqua e la soluzione penetranonella carta e vengono assorbitegradualmente dalle fibre. Ultimatequeste operazioni, senz’altro le piùdifficoltose, il laboratorio ha proce-duto all’eliminazione dei vecchi re-stauri con impacchi umidi e colvapore, alla sutura degli strappi ealla reintegrazione di qualche pic-cola lacuna, con carta giapponesedi diversa grammatura a secondadello spessore della carta.Questo restauro, che ha richiestopiù di 300 ore, alterando al mini-mo i connotati originali, ha restitui-to un’opera alla consultazione, per-mettendoci così di ammirarne oggie si spera per molti anni ancoratutto lo splendore. ■

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