LIbertà e amore

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L’autrice di "Sono qui con te" ci propone con questo suo ultimo volume un viaggio attraverso il tempo e lo spazio per scoprire una nuova modalità di approccio al bambino, dalla vita prenatale all’adolescenza: è la visione di Maria Montessori, che ha dato origine a un sistema educativo rivoluzionario diffuso in tutto il mondo ma ancora poco noto da noi in Italia. Le sue scuole sono un vero e proprio laboratorio creativo in cui, in un clima di estremo rispetto e di autentica libertà di scelta, le potenzialità del bambino possono svilupparsi e sbocciare in tutta la loro forza e bellezza. Ma quello montessoriano non è solo un metodo educativo; è molto di più: è un modo di guardare il mondo e le creature che lo abitano con gentilezza e amore, nella consapevolezza che siamo tutti parte della stessa grande ragnatela…

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Prologo

l’adulto e il bambino,

una relazione tutta da reinventare

“Dite: è faticoso frequentare i bambini.

Avete ragione. Poi aggiungete:

perché bisogna mettersi al loro livello, abbassasi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli.

Ora avete torto. Non è questo che più stanca.

È piuttosto il fatto di essere obbligati ad innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti.

Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi. Per non ferirli.”

Janusz Korczak

“Si diventa adulti equilibrati solo se si è stati pienamente bambini”

Maria Montessori

“L’educazione dei bambini è il problema più importante dell’umanità.…Bisogna ricostruire una nuova educazione che cominci fin dalla nascita.

Bisogna ricostruire l’educazione basandola sulle leggi della natura e non sui preconcetti e sui pregiudizi degli uomini”

Maria Montessori

Le sere d’estate mi incanto a osservare nel mio giardino la luce del sole che si prepara a tramontare: ha qualcosa di speciale, è come se rendesse tutto più luminoso. Non è la luce forte del mezzogiorno che ferisce gli oc-

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chi, è una luce che sembra tirar fuori l’anima delle cose: il prato sembra più verde, i fiori più vividi nei loro colori, il legno delle sedie più caldo e più intenso. Amo questa luce. È come se desse profondità a ogni creatura. È come se facesse sentire anche me più luminosa dentro. Sia io sia il mio giardino siamo sempre gli stessi, ma questa luce così particolare è come se ci offrisse una diversa percezione di noi: ci fa sentire speciali.

Mi chiedo se questo fenomeno non si verifichi anche nelle nostre rela-zioni e in particolare in quelle fra adulti e bambini.

Con quale luce guardiamo i nostri figli? Con quella al neon dei super-mercati, fredda e sempre uguale, o con la calda luce del tramonto che fa emergere la loro bellezza interiore?

Quante volte ci è capitato di sentire per strada, a scuola o in casa, adulti che ammonivano un bambino con questa enigmatica affermazione “Fai il bravo!”? Quante volte questa stessa ammonizione è stata rivolta a noi quan-do eravamo bambini? Il tempo non sembra essere passato, in questo caso. Le parole sono le stesse, lo stesso il tono con cui vengono pronunciate. Probabilmente l’unica cosa che cambia è la reazione dei bambini che oggi, sempre più, sembrano far finta di niente. Ma che cosa significa “fare il bra-vo”? Per un bambino non vuole dire nulla. Per un genitore forse significa “Stai fermo, non ti muovere, non toccare, non ti sporcare, non rispondere male, non gridare, non piangere” e soprattutto “non dare fastidio”!

Ma che cosa vuole l’adulto dal bambino, ce lo siamo mai chiesti? C’è un grosso fraintendimento, a mio parere, sulle aspettative dei genitori e degli insegnanti nei confronti dei bambini, che comincia fin dalla nascita. Come il neonato modello è quello che dorme tutta la notte (situazione pe-raltro non fisiologica), che non piange mai, che fa pasti distanziati a ritmo di orologio, in una parola non disturba l’adulto e non interferisce più di tanto nei suoi programmi e nelle sue attività, così il bambino ideale è quello che dice sempre di sì, che fa sempre ciò che gli viene detto, che sta fermo il più possibile, che non sbaglia mai, che non esprime la sua rabbia, il suo dolore, la sua tristezza ma sorride sempre: insomma un bambino congelato, finto, artificiale come un robot. Un bambino privo di desideri e di emozio-ni. È davvero questo che vogliamo dai nostri figli? Che adulti cresciamo in questo modo? Persone libere e dotate di spirito critico o automi da catena di montaggio?

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Come ci ricorda il nativo americano Manitonquat, sono molti i modi in cui noi adulti neghiamo l’espressione dei sentimenti ai più piccoli: “Quan-do sono tristi, diciamo loro di essere allegri, che tutto va bene. Quando han-no paura, diciamo loro che non c’è nulla di cui avere paura. Agli adulti non piace sentire queste emozioni e così le negano ai propri figli. Non capisco-no che l’espressione del sentimento non è il male, bensì la cura del male.”1

Eh sì, è proprio così, giacché le lacrime represse si cristallizzano e di-ventano dure come pietre, difficili poi da sciogliere o frantumare, mentre le lacrime espresse purificano e portano via i detriti proprio come acqua che scorre. “L’anima non potrà vedere alcun arcobaleno se prima gli occhi non hanno pianto” dicono gli indiani Minquass.

I famigerati “temper tantrum”, quei terribili capricci dei bambini piccoli che li portano a sbattere i piedi o a gettarsi per terra urlando disperati non sono altro che tentativi di buttare fuori la rabbia, di scaricarla proprio come fanno i fulmini con l’elettricità. Attraverso i piedi l’energia in accumulo esce e viene assorbita dalla terra che funge in questo caso da conduttore. La rabbia trattenuta invece si accumula nel corpo e crea tensioni, specialmente a livello di denti e mani ed ecco allora comparire problemi come ascessi e carie dentali o fenomeni come il bruxismo (digrignamento dei denti) o da adulti le artriti alle dita…

Eppure, come scrive Maria Montessori, “Se i bambini si mostrano mal-contenti, agitati, si racconta loro che non mancano di nulla, che sono fortu-nati d’avere un padre e una madre, e si finisce ‘bambini, siate felici; il bam-bino deve essere sempre lieto’; ed ecco come il bambino viene soddisfatto nei suoi bisogni misteriosi”2.

L’equivoco sta tutto nel fatto di confondere il bambino reale con il bam-bino ideale, esistente soltanto nella mente e nella fantasia degli adulti, di associare l’immobilità alla disciplina, le risposte preconfezionate e tutte uguali alla conoscenza, l’educazione all’accondiscendenza e la maschera dell’ipocrisia, del sorriso a denti stretti, alla “buona educazione”…

“I capricci e le disobbedienze del bambino – scriveva Maria Montesso-ri – non sono altro che aspetti di un conflitto vitale fra l’impulso creatore e

1 Manitonquat, Ritorno alla creazione, p. 125.2 M. Montessori, L’autoeducazione, p. 27.

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l’amore verso l’adulto, il quale non lo comprende.”3 E cita a questo propo-sito un bellissimo esempio: il bambino che quando va a letto la sera vuole il genitore di fianco a sé e gli dice: “ Guardami, stammi vicino!”. In genere questa richiesta viene interpretata dall’adulto come un capriccio e – come ci ricorda Maria – la risposta che viene data al bambino è “Non ho tempo, non posso, ho da fare!” oppure – potremmo aggiungere noi – “Sei grande! Non fare il bebè!”. I genitori pensano che non sia giusto accontentare il bambino perché altrimenti finiranno per diventare suoi schiavi e cercano di liberarsi di lui per non rinunciare alle proprie comodità (il che significa magari guardare la televisione). Sentite invece cosa dice Maria Montessori riguardo all’atteggiamento del bambino: “L’adulto passa accanto a questo mistico amore senza riconoscerlo: ma badate, quel piccino che vi ama cre-scerà e scomparirà. Chi vi amerà come lui? Chi vi chiamerà andando a letto, dicendo affettuosamente ‘Stai qui con me’, anziché dire con indifferenza ‘Buonanotte’? Chi desidererà altrettanto ardentemente starci vicino mentre mangiamo, soltanto per guardarci? Noi ci difendiamo da quell’amore e non ne troveremo mai un altro uguale!”4 Lo stesso vale per il bambino che la mattina appena alzato corre a svegliare i genitori, come se volesse – per usa-re le parole di Maria – chiamare il loro spirito. “Il padre e la madre dormono tutta la vita, tendono ad addormentarsi sopra tutte le cose e hanno bisogno di un nuovo essere che li svegli e li rianimi con l’energia fresca e viva che in essi non esiste già più: un essere che si comporti diversamente da loro e dica loro ogni mattina: ‘Alzatevi per un’altra vita, imparate a vivere meglio’. Sì, vivere meglio: sentire il soffio dell’amore”5. Parole forti queste, che scuoto-no e fanno riflettere.

Se il bisogno del bambino di essere considerato e compreso – che è poi l’esigenza primaria di ogni essere umano – non viene soddisfatto, ecco che questi reagisce ribellandosi oppure annullandosi. Nel primo caso l’adulto risponde con la punizione o lasciando correre, soluzioni entrambe scorrette e controproducenti; nel secondo caso, in realtà più grave, in genere si ri-tiene fortunato ad avere un figlio così buono e ubbidiente e non si accorge nemmeno del dramma sotterraneo che invece questi sta vivendo.

3 M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, p. 139.4 Ibidem, p. 140.5 M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, p. 141.

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Il bambino è capace di compiere imprese impossibili pur di farsi vedere e considerare dai genitori: rinuncia a parti di sé, ad aspetti della sua indivi-dualità pur di piacere e farsi amare dagli adulti che lo circondano. Ma quale sarà poi il prezzo da pagare per tale sforzo? La perdita della sua autenticità, della sua libertà, della sua vera natura.

Oggi, in un’epoca in cui si sbandiera tanta attenzione all’infanzia, i bam-bini sono in realtà per lo più abbandonati a se stessi, lasciati fin da lattanti per otto ore al giorno (orario di un operaio) nelle istituzioni (nido, scuola ecc.) o affidati al turnover delle baby-sitter e nel migliore dei casi ai nonni quando sono piccoli; poi, quando sono un po’ più grandicelli, verranno la-sciati soli in casa davanti agli schermi televisivi. Nello stesso tempo però sono per lo più soffocati di attenzioni e ipercontrollati: stravestiti, rimpin-zati di cibo e imbottiti di farmaci.

Ma dare troppo è dannoso come dare troppo poco… specie se ciò che si dà non è quel che viene richiesto o di cui il bambino ha bisogno. In realtà si tratta di una forma mascherata di non-considerazione. Anche il lasciar correre e il non sapere mai dire di no, il non riuscire a mettere con-fini, è in fondo una forma di abbandono, anche se più subdola e difficile da riconoscere.

Il problema vero è che per educare un bambino occorre prima di tutto educare se stessi… E questa sì è una grande impresa!

Molto spesso noi non riusciamo a comportarci nei confronti dei nostri figli nel modo che vorremmo perché ci identifichiamo in loro, rivivendo nel loro dolore e nella loro sofferenza la nostra di quand’eravamo piccini: il loro pianto che non riusciamo a reggere o la loro rabbia che non riuscia-mo a sopportare è in realtà la nostra… Così reagiamo comportandoci come all’epoca si comportarono i nostri genitori con noi (perché è ciò che ab-biamo inconsciamente assorbito e imparato) oppure facendo esattamente l’opposto, a costo di cadere nell’esagerazione contraria. Educare è un’arte che richiede la profonda conoscenza e padronanza di se stessi.

“L’adulto non ha compreso il bambino e l’adolescente – scrive la Mon-tessori – e perciò è in una continua lotta con lui: il rimedio non è che l’adul-to impari qualcosa intellettualmente o che integri una cultura manchevole. No: è diversa la base da cui bisogna partire. Occorre che l’adulto trovi in sé l’errore ancora ignoto che gli impedisce di vedere il bambino. Se questa preparazione non è stata fatta e se non si sono acquistate le attitudini che

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stanno in rapporto con tale preparazione, non si può procedere oltre.”6

La verità è che “La preparazione all’educazione è uno studio di se stes-si; e la preparazione di un maestro [ma anche di un genitore, aggiungo io] che deve aiutare la vita implica assai più che una semplice preparazione intellettuale; è una preparazione spirituale”7.

Il bambino e l’adulto – sostiene Maria – sono due facce della stessa vita e hanno due diverse missioni: l’uno di formare gli esseri, l’altro di guidare gli esseri formati. “Guai se si ritrovano in lotta: è solo dalla loro armonia che può nascere l’essere umano migliore di noi. Ma chi deve fare il primo passo è l’adulto: oltre gli sforzi esterni deve compiere uno sforzo immane su se stesso, per potersi avvicinare al bambino, per comprenderne l’animo: l’altra parte della sua stessa vita.”8

Diceva una famosa canzone di Giorgio Gaber: “Non insegnate ai bam-bini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all’amore: il resto è niente”…

Le ammine della vita

Ecco perché questo, che vi accingete a leggere, non è un testo di peda-gogia ma un libro che parla di educazione.

Perché i bambini crescono e, dopo l’epoca del maternage, viene l’età in cui sono chiamati a confrontarsi con la realtà esterna, con tutti i problemi che questo comporta. E se è vero che ci preoccupiamo tanto di proteggere i nostri figli dalle malattie o di somministrare loro vitamine per farli cre-scere più sani e più forti, è altrettanto vero che non sempre pensiamo a offrire loro gli anticorpi necessari ad affrontare le sfide che la vita inevita-bilmente presenterà a ognuno di essi. I nomi di queste “immunoglobuline” e “ammine della vita” naturali sono: rispetto, fiducia, libertà e amore. Sen-tite cosa dice Maria a questo proposito: “Ora i problemi dell’educazione si risolvono con la semplicità, la fiducia e la stima del bambino. Ci sono dei pedagogisti che dicono che bisogna conoscere la pedagogia, ma la cosa

6 M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, p. 147 M. Montessori, La mente, pp. 134-135.8 M. Montessori, Le due vite, in “Il quaderno Montessori”, n° 39, autunno 1993, p. 223.

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fondamentale è invece la fiducia nel bambino, la fede nelle sue forze, il rispetto della sua personalità, il riconoscimento che egli è superiore a ciò che crediamo.”9 La fiducia è essenziale per crescere bene. Come ci ricor-da Jeannette Toulemonde, se un bambino non si sente apprezzato, stimato, ascoltato, se viene continuamente criticato e rimproverato (“Combini solo guai”, “Sei un buono a nulla”), può prendere strade diverse: o si scoraggia e interrompe il dialogo (“Tanto nessuno mi crede, nessuno mi capisce”) e si rifugia nell’immaginazione o ancor peggio approda al mondo delle dipen-denze (alcol, droga ecc.); oppure si ribella e se ne va di casa o, al contrario, diventa un lavoratore accanito per provare a se stesso e a gli altri che è degno di stima, che ha il diritto di esistere. In ogni caso porterà con sé un bagaglio di cui sarà difficile disfarsi: il dubbio sulle proprie capacità (“Ce la farò da solo?”) che paralizza l’azione, rende problematiche le decisioni, in una parola rovina la vita.

Rispetto, fiducia, libertà e amore: queste sono le fondamenta di una casa sicura, di una dimora confortevole da cui si può partire per avventurarsi nel mondo. È di questo che ha bisogno un bambino e di ciò parleremo nelle prossime pagine. O meglio, è di questo che ci parlerà Maria Montessori, offrendoci un nuovo sguardo sul bambino, “una prospettiva nuova dalla quale guardare la vita”10, una nuova chiave di lettura per reinventare la re-lazione con i nostri figli, i nostri alunni, i nostri bambini. E per renderla ve-ramente speciale, come dovrebbe e potrebbe essere se fosse semplicemente “secondo natura”…

9 M. Montessori, Il contare, in “Vita dell’Infanzia”, gennaio/febbraio 2008 n1/2 (24° le-zione corso formazione Roma 1931), p. 62.

10 Osho, Una perfetta imperfezione, p. 12.

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VI

EducazIonE cosmIca, oVVEro ognuno al suo posto, un posto pEr ognuno nEl cErchIo dElla VIta

“Questo noi sappiamo: tutte le cose sono collegate, come il sangue che ci unisce. Noi non tessiamo la trama della vita, siamo solamente un filo in essa.

Qualunque cosa facciamo al tessuto, la facciamo a noi stessi”

Capo Seattle

“Io sono perché noi siamo”

Detto Zulu

“Che visione offrite ai vostri figli affinché possano desiderare l’arrivo del domani?”

Un leader nativo americano al presidente Nixon

“Che cos’è l’erba?/ Mi chiese un bambino, portandomene a piene mani./ Come potevo rispondergli?/ Non so, meglio di lui che cosa sia… Io credo che un filo

d’erba/non sia niente di meno/che la struttura portante/ delle stelle”

W. Whitman

Un’ape si è posata su un fiore, attirata dalla bellezza dei suoi colori e dal suo profumo inebriante, ed ecco che il fiore le offre il suo nettare, quella polverina dorata che le permetterà di dar vita al dolce miele. L’ape, in cam-bio del prezioso dono, gli lascia un po’ del polline di un altro fiore, permet-tendogli così di riprodursi.

La vita continua e si perpetua grazie agli scambi. La vita stessa è uno scambio: io arricchisco te, tu arricchisci me, io illumino te, tu illumini me.

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Si cresce insieme, insieme si evolve.I vermi e i microrganismi nel terreno, separando le molecole di idroge-

no e sostituendole con quelle dell’ossigeno, trasformano le sostanze orga-niche azotate, come l’ammoniaca, in nitrati, cioè in sostanze assimilabili dalle radici dell’albero che così può nutrirsi. La clorofilla, insieme all’azio-ne dei raggi solari, rende verdi le sue foglie e gli permette di trasformare l’anidride carbonica in prezioso ossigeno: grazie a queste collaborazioni, l’albero è in grado di offrirci ombra, fiori e frutti e di rendere pulita l’aria che respiriamo.

All’interno del nostro organismo miliardi di cellule diverse svolgono in silenzio il loro compito creando una perfetta armonia, proprio come gli strumenti di un’orchestra affiatata.

“Quando cominciamo a capire il lavoro di questo universo, allora ogni cosa assume un significato. Incominciamo a vedere nel come e nel perché delle cose.”1 Tutto acquista un senso ben preciso. Ci rendiamo conto di quanto sia perfetto il creato e di come ogni cosa sia al suo posto nel grande piano cosmico.

Così come c’è un posto per ogni cosa, c’è anche un posto per ognuno nel grande cerchio della vita. Ognuno ha il suo, perché ognuno di noi è uni-co e speciale, non esiste un altro essere umano uguale a lui: noi siamo pezzi unici, firmati dal Creatore, non fotocopie.

Ecco perché quando nasce un bambino occorre preparargli uno spazio, non solo nell’ambiente esterno ma anche nel cuore, nella propria interiori-tà. “Com’è dentro, così è fuori” dicono i Nativi Americani: tutto ciò che si vuole ottenere esteriormente deve prima avvenire interiormente. Il bambi-no ha bisogno di sapere che c’è posto per lui, c’è un posto particolare che lo aspetta, che è solo suo, non è di nessun altro. Ha bisogno di sentirsi amato per il semplice fatto che esiste, che c’è e non perché possiede qualche dote o talento particolare, perché assomiglia a qualcun altro o riempie il vuoto di qualcuno che non c’è più. Come dice Winnicott “Si tratta di essere amato senza riserve”2, incondizionatamente.

1 M. Montessori, The creative development of a child, vol. 2, p. 163. 2 D. Winnicott, I bambini e le loro madri, p. 84.

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“Ogni essere ha una ragione di esistere – un compito da adempiere nella sua vita”3, “Chi più chi meno tutti gli esseri viventi sulla terra hanno una missione cosmica”4 ha scritto Maria Montessori. “Ogni essere umano giun-ge in questo mondo con un destino particolare e ben preciso – dice Osho –: deve adempiere qualcosa, deve trasmettere un messaggio, deve ottemperare a un compito. Nessuno di voi è qui per caso, la vostra presenza è estrema-mente significativa e valida: dietro ciascuno di voi vi è uno scopo. Il Tutto vuole adempiere qualcosa attraverso di voi”5. È proprio per comprendere cosa siamo venuti a fare che ci mettiamo in cammino e intraprendiamo a volte una lunga ricerca.

In genere, ci ricorda Chopra, il nostro “dharma”, cioè il nostro scopo nella vita, è legato a qualcosa che solo noi sappiamo fare così bene, che nessun altro potrebbe fare al nostro posto, qualcosa insomma di veramente speciale, che sentiamo dentro, che faremmo senza bisogno di ricompensa alcuna. È il nostro particolare dono, il nostro contributo al mondo.

Ed è quando riusciamo a trovarlo, e quindi a fare della nostra meta la meta del tutto, che otteniamo la piena realizzazione. Solo quando ci allineiamo sul filo del nostro destino (inteso non come fato ineluttabile ma come libera adesione al nostro compito terreno) tutto scorre e si in-canala nella giusta direzione perché, come ci ricorda Maria Montessori, “l’evoluzione avviene solo lungo queste linee guida”6. Ed ecco allora che il classico esercizio montessoriano del camminare sul filo, cioè lungo una linea tracciata per terra a forma di cerchio, assume ben altro significato che quello di un semplice coordinamento e controllo dei movimenti: si tratta di un esercizio di equilibrio non solo esterno ma anche interiore. Quando l’allineamento sul proprio cammino è perfetto, l’energia scorre. La vita in fondo non è altro che camminare su un filo e noi dobbiamo apprendere l’arte dei funamboli…

3 M. Montessori, Creative development of the child, vol. 2, p. 159.4 M. Montessori, Educazione e pace, p. 98.5 Osho, La creatività, p. 99.6 M. Montessori, Creative development of the child, vol. 2, p. 163.

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Educazione cosmica

Il termine “cosmo” deriva da una parola greca che significa “ordine”. Anche se a noi sembra a volte di essere immersi nel caos, in realtà viviamo in un universo che è perfettamente ordinato e armonico.

È come se fossimo i fili di un grande arazzo cosmico, di cui però vedia-mo solo il rovescio per cui non comprendiamo il disegno che c’è dietro. Siamo intrecciati in modi che ci sfuggono ma che hanno una loro precisa ragione di essere. E tutti indistintamente tendiamo verso la stessa meta.

“L’universo è ciò che va verso l’uno”7, ci ricorda Raniero Regni.“Il valore dell’educazione cosmica, per come la vedo io – scrive A.Wolf

– è che pone la vita del bambino in una prospettiva spirituale. Nessuno può confrontarsi con il miracolo cosmico e non vedere che c’è qualcosa di più nella vita delle nostre esperienze quotidiane. Fast food, eroi dei videogame e dello sport impallidiscono tutti a fianco della meraviglia dell’universo.”8

In un momento così particolare come il nostro, in cui i bambini vivono sempre di più immersi nella crudezza e nel grigiore di un mondo violen-to e artificiale, di una realtà materialistica e consumistica, dove l’avere ha preso il posto dell’essere, dove i ritmi frenetici di lavoro hanno rubato i tempi dell’affettività e della relazione, dove gli esigui spazi cittadini hanno privato i piccoli del contatto con gli elementi naturali, rendendoli schiavi degli schermi televisivi ed elettronici, è veramente urgente ed essenziale riproporre loro una visione “cosmica” della vita, in cui la dimensione “ma-gica” abbia il posto che le compete. Educare alla bellezza, favorire il senso di meraviglia, che è già insito nello spirito del bambino, ecco ciò di cui c’è un pressante bisogno. In un’epoca in cui ci si preoccupa enormemente di diete e alimentazione, ci si è dimenticati che occorre nutrire anche l’anima dei bambini, non solo il loro corpo. “Il vero pericolo dell’umanità è il vuoto delle anime”9 scriveva Maria Montessori in Educazione e pace. Sante pa-role, purtroppo dimenticate, su cui bisognerebbe a lungo meditare…

“I bambini sono assetati di una grande visione” diceva ancora Maria. Ma noi che visione offriamo ai nostri figli “perché possano desiderare l’ar-

7 R. Regni, Annuario 2003, p. 59.8 A. D. Wolf, cit. in R. Miller, Nourishing the Spiritual Embryo, p. 4.9 M. Montessori, Educazione e pace, p. 62.

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rivo del domani?” Ci abbiamo mai pensato? Spesso gli adulti utilizzano una pedagogia del terrore, basata sul ricordo delle grandi tragedie dell’umanità (guerre, deportazioni, argomento privilegiato di studio scolastico) e sulla prospettiva di altrettante situazioni catastrofiche, nella convinzione che in questo modo – attraverso cioè la paura per ciò che potrebbe succedere – si possano prevenire futuri disastri ambientali e sociali. Ma non è così. La legge che regola l’universo è una legge di attrazione: il simile attira il si-mile. La paura genera solo altra paura, non può certo far nascere l’amore necessario a curare le ferite del nostro pianeta e degli esseri che lo abitano.

L’educazione cosmica montessoriana invece va oltre, ben al di là di que-sta ristretta visuale. Non solo abbraccia e riassume in sé i concetti di “edu-cazione ecologica”, “educazione alla pace”, “educazione alla mondialità” ma li trascende con una visione veramente olistica. L’educazione cosmica è volta a seminare nel bambino l’amore per la vita che può nascere solo dalla conoscenza e dalla propria personale esperienza nell’ambiente. È da lì che nasce l’amore. Si ama solo se si è stati amati e si ama quello che si cono-sce, che ci è familiare. Questo vale sia nei confronti della natura sia delle persone, dei popoli diversi dal nostro. Ecco perché è importante offrire al bambino, fin da piccolo, il mondo intero da scoprire. “Ciò che prende deve essere interessante, deve affascinarlo: bisogna offrirgli cose grandiose: per cominciare offriamogli il Mondo”10 diceva Maria Montessori. “Non restrin-gete la natura del bambino, dategli tutto. Non date cose piccole e materiali. … L’anima del bambino si nutre di grandezza”11. Quella montessoriana è propriamente un’educazione di vastità.

Occorre dare al bambino una visione ampia dell’universo, fargliene sentire il respiro, gustarne la bellezza attraverso tutti i sensi: di qui nasce-rà in lui un senso di ammirazione per la vita e per l’umanità. Non quindi un’ecologia in senso negativo e catastrofico – come quella proposta in ge-nere dai mass-media – ma un’ecologia positiva, un amore per tutto ciò che vive. E questo è possibile attraverso un approccio graduale alla conoscenza dell’equilibrio cosmico e del funzionamento dell’ecosistema Terra.

10 M. Montessori, Dall’infanzia all’adolescenza, p. 45.11 M. Montessori, The child, society and the world, p. 39.

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Per trasmettere ai bambini questo amore per la natura, per la vita in tutte le sue manifestazioni e forme non serve moltiplicare le materie di studio – educazione ecologica, educazione civica, educazione interculturale, edu-cazione alla pace – ma offrire loro un ambiente che consenta di assorbire, vivendoli, tutti questi concetti. Non noiose lezioni teoriche quindi ma la possibilità di scoprire, esplorare, sperimentare in un ambiente adatto. Di “sentire” dentro di sé, di comprendere, nel senso etimologico di “fare pro-prio”, il senso dell’amore, che il bambino peraltro si porta dentro di sé fin dalla nascita. Perché il bambino è amore. Come del resto ogni altra creatura vivente o non vivente. Siamo fatti della stessa sostanza delle stelle, siamo parte di un universo il cui collante è una forza potente, un’energia che sia-mo soliti chiamare amore. Ma ce ne siamo dimenticati. Il bambino, se viene rispettato e lasciato libero di esprimere le sue potenzialità, può ricordarcelo e diventare veramente per noi un maestro di questo amore.

Inter-essere

“Sei parte del tutto. Il tutto ti penetra, il tutto respira in te, pulsa in te, il tutto è la tua stessa vita”12 dice Osho. “Mitakuye oyasin” è il tipico saluto degli indiani Lakota, che significa: “Siamo tutti parenti”, ovvero tutto è correlato. “Tu non sei solo, sei collegato al Tutto” dicono gli aborigeni au-straliani ai loro bambini quando nascono.

“Tutto è legato insieme. Quando tagli un albero, le cui radici sono colle-gate con tutto, devi chiedere il suo perdono, altrimenti una stella cadrà dal cielo” ci ricordano gli indiani Maya. I popoli nativi lo sanno bene. La loro è una visione cosmico-spirituale basata sull’interdipendenza.

Il monaco buddista Thich Nhat Han la descrive efficacemente e in ter-mini molto semplici, introducendo il concetto dell’inter-essere: “Agli occhi di un poeta – egli dice – non sfugge certo che in questo foglio di carta c’è una nuvola. Senza la nuvola non c’è pioggia; senza pioggia, gli alberi non crescono; e senza alberi non si può fare la carta. Se non ci fosse la nuvola non ci sarebbe nemmeno il foglio di carta. … Se spingiamo più a fondo il nostro sguardo, vedremo nel foglio di carta anche la luce del sole. Senza la

12 Osho, Con te e senza di te, p. 77

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luce del sole le foreste non crescono. Ecco perché in questo foglio di carta splende il sole. Continuiamo a guardare: ecco il taglialegna che ha tagliato l’albero e l’ha portato alla cartiera dove lo trasformano in carta. E c’è anche il grano. Sappiamo che il taglialegna deve la sua esistenza al pane quotidia-no e quindi in questo foglio di carta c’è anche il grano con cui è fatto il pane del taglialegna. E ci sono pure il padre e la madre del taglialegna. Questo modo di guardare ci fa capire che senza tutte queste cose il foglio di carta non esisterebbe. Tutto coesiste in questo foglio. Essere è inter-essere”13. Una parola nuova, che non esiste ancora nel vocabolario ma che esprime la realtà dell’esistenza, la grande legge che regola la vita sul nostro pianeta e in tutto l’universo ovvero l’interdipendenza degli esseri viventi, siano essi piante, animali o uomini. “Non possiamo essere da soli, per conto nostro. Dobbiamo “inter-essere” con tutto il resto”14. “Siamo legati gli uni agli al-tri, la realtà non può essere divisa.”15

L’indipendenza è un concetto politico, non un concetto biologico, ci ricorda la biologa Lynn Margulis e il naturalista John Muir afferma che quando cerchiamo di scegliere una cosa solamente, scopriamo che è attac-cata a tutto il resto dell’universo16. La vita è di per sé mutua collaborazione. Come l’ape ha bisogno del fiore e il fiore dell’ape, così a livello macrosco-pico il nord del pianeta dipende dal sud e viceversa. Questa è la realtà: non hanno senso retorici inviti alla cooperazione o alla fratellanza per motivi umanitari o fini moralistici, si tratta semplicemente di raggiungere la con-sapevolezza del proprio ruolo all’interno dell’ordine cosmico universale. Si tratta di rispondere al richiamo della vita. Quando si è colta l’unità so-stanziale del genere umano, al di là delle apparenti diversità, quando si è compreso il significato del compito cosmico che lega ogni essere vivente a ogni altro, non si può non sentirsi membri di una stessa grande famiglia e cittadini del mondo.

“L’uomo di oggi – scriveva Maria Montessori circa settant’anni fa – è il cittadino della grande nazione dell’umanità. Egli è il nuovo cittadino del

13 Thich Nhat Hanh, La pace è ogni passo, p. 87-88.14 Ibidem, p. 88.15 Ibidem, p. 93.16 Si veda M. Wheatley, Finding our way

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nuovo mondo, il cittadino dell’universo.”17

L’educazione cosmica montessoriana nasce proprio da questa visione dell’inter-essere, maturata da Maria nei lunghi anni trascorsi nel continente indiano ma che evidentemente già le apparteneva come patrimonio inte-riore, che già si portava dentro e che a contatto con altre culture ha avuto modo di manifestarsi in modo ancora più esaustivo e completo.

Educazione interculturale: e Maria Montessori?

Interculturalità, ecco un tema di cui oggi si parla tanto. A ragion veduta, data la presenza in continuo aumento nel nostro paese di persone – soprat-tutto donne e bambini – provenienti da altri universi culturali. Si molti-plicano convegni, pubblicazioni, corsi di formazione su un argomento che sembra essere stato scoperto di recente e mai si fa il nome di Maria Mon-tessori che, da pioniera, circa un secolo fa, tradusse in pratica i princìpi dell’intercultura attraverso scuole fondate dai suoi allievi in tutto il mondo e nelle quali si mescolano il più possibile le differenze: di età, di sesso, di cultura, di religione. “Nelle nostre scuole abbiamo francesi, singalesi, tamil, inglesi, indiani e pakistani appartenenti a diverse religioni che lavorano in-sieme in completa armonia, pronti ad aiutarsi scambievolmente”, così rife-riva L.Wikramaratne all’8° Congresso Montessori a Sanremo nel 1949.

Fra tutte le scuole esemplare fu quella aperta proprio da Maria Montes-sori e da suo figlio Mario a Kodaikanal in India tra il ’39 e il ’47, negli anni da loro forzatamente trascorsi in quel lontano Paese.

È lì che venne ancor meglio delineato il suo progetto di educazione co-smica, l’aspetto più sconosciuto e meno compreso (almeno da noi) della sua proposta formativa, ma nel contempo anche il più attuale e innovativo. L’educazione cosmica infatti rappresenta, a mio parere, uno strumento ec-cezionale per “fare” e non soltanto per “parlare” di intercultura.

“L’educazione cosmica è un modo per mostrare ai bambini che ogni cosa nell’universo è interrelata e interdipendente, non importa che si tratti della più piccola molecola o del più grande organismo mai creato. Ogni singola cosa ha un ruolo da giocare, un contributo da offrire per mantenere

17 M. Montessori, Educazione e pace, p. 31.

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l’armonia del tutto. Nel comprendere questa rete di relazioni, il bambino scopre che anche lui è una parte del tutto e ha un ruolo da svolgere, un con-tributo da dare”18. Studiando la storia dei popoli, degli inventori, dei gran-di personaggi che hanno contribuito al progresso dell’umanità, il bambino sviluppa un senso di gratitudine nei confronti di chi l’ha preceduto e di chi, ogni giorno, contribuisce al suo benessere e rende possibile la sua vita: il fornaio che prepara il pane per la sua colazione, la mamma che gli cucina la cena, il muratore che ha costruito la casa in cui abita e così via…

Ma anche di chi, a distanza di migliaia di chilometri, coltiva il cacao che lui mette nel latte la mattina o le banane che mangia per merenda.

Ogni cosa assume il valore che le è proprio, la sua giusta importanza e viene collocata nel posto che le spetta. Tutto si incastra alla perfezione, tutto acquista un senso ben preciso: vi è ordine e armonia. Il bambino ha bisogno di ritrovare l’aspetto “cosmico”, cioè ordinato e armonico, della vita per poterle dare un senso, per poterla vivere totalmente, in pienezza. Per farne quella incredibile avventura che è.

All’interno di una visione cosmica la vita assume prospettive comple-tamente differenti, la diversità per esempio diventa un arricchimento: io imparo da te, tu impari da me. In questo senso, la scuola Montessori è di per sé interculturale.

In un’ottica di ascolto individualizzato quale è quella montessoriana, si può immaginare e realizzare la scuola davvero come “una struttura metic-cia in cui tutti hanno un posto”19 per usare le parole di Marie Rose Moro. In essa il bambino arrivato dal Maghreb, dal Ghana o dal Bangladesh può sentirsi accolto come un ospite portatore di doni e ricchezza, unico e spe-ciale nella sua diversità, al pari di ogni bambino che viene al mondo. Que-sta è anche la strada migliore – oserei dire l’unica strada – per evitare che il disagio sociale e culturale di chi si sente estraneo in un mondo che non gli appartiene si trasformi in fallimento scolastico e sfoci in disturbi psichici, episodi di razzismo, aggressività, violenza.

L’impostazione Montessori mi pare quanto mai adatta a favorire l’in-tegrazione di bambini di culture diverse: attraverso l’approccio sensoriale e le attività di vita pratica in cui l’utilizzo del linguaggio verbale è ridotto

18 P. Pottish-Lewis, cit. in Lillard, The genius behind, p. 130.19 M. R. Moro, Enfants d’ici venus d’ailleurs, p. 32.

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al minimo indispensabile, il contatto tra coetanei è immediato. L’imparare facendo è poi metodologia tipica dei sistemi educativi tradizionali di tutti i popoli.

E qui vorrei soffermare per un attimo la mia e la vostra l’attenzione. Nella mia ultima rivisitazione degli scritti di Maria Montessori, mi sono

resa conto che molti sono i punti di contatto non ancora esplorati tra pen-siero montessoriano e prassi educativa delle culture tradizionali di ogni continente che meriterebbero un’indagine approfondita, dato il contesto culturale in cui viviamo. Sono convinta infatti che sia urgente riscoprire e riproporre il messaggio di Maria Montessori anche da nuove angolazioni e prospettive, così da portare avanti la sua opera ampliandone i campi di ap-plicazione: quando si dispone della potente luce di un faro, perché non farla scorrere anche negli angoli più bui e remoti o perlomeno meno conosciuti così da illuminare zone ancora inesplorate?

Mi limiterò in questa sede a dare solo alcuni cenni rispetto a questo argomento così particolare che, confesso, mi affascina enormemente e che potrei denominare:

Montessori e culture tradizionali: pratiche educative a confronto

Quando, all’epoca dell’università, andai in Uganda e vissi per un perio-do all’interno di una comunità di bambini poliomielitici, una delle cose che più mi colpirono fu la manualità di quei piccolini e la grazia dei loro mo-vimenti: bimbetti di circa tre-quattro anni maneggiavano grossi coltelli e tagliavano da soli con gesti lenti e accurati la manioca che serviva loro per il pranzo. Mi venne alla mente il terrore dei genitori e delle maestre “no-strane” nel dare in mano a un bambino dell’età della scuola materna anche solo un semplice coltello dal bordo liscio e non affilato… Con altrettanta naturalezza le bimbe ugandesi rimestavano la zuppa di fagioli nei grandi pentoloni e lavavano piatti e bicchieri.

Non si tratta forse di quelle che i montessoriani chiamano “attività di vita pratica”?

Notai poi che gli adulti avevano nei confronti dei bambini un atteg-giamento molto “passivo” che ai nostri occhi di occidentali poteva venire interpretato come un atteggiamento di indifferenza. La mamma si lasciava

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completamente manipolare dal suo piccolino di pochi mesi ma anche di uno-due anni: questo le toccava il seno, lo pizzicava, ci si attaccava per succhiare un po’, le trotterellava in grembo e lei non mostrava alcun cenno di fastidio, come fosse un oggetto inerme nelle sue mani. La mamma non stimolava il bambino ma si limitava a rispondere alle sue richieste. Ma non è forse proprio ciò di cui parla Maria Montessori quando dice “Noi, quan-do il bambino ci si rivolge col suo cuore e si fissa a chiedere nutrimento all’anima nostra, dovremmo sempre essere presenti come oggetti passivi, nel senso di non sottrarci mai per nostro egoismo alle necessità del bam-bino; ma corrispondendo con tutte le intime attività per riflettere su di lui i raggi luminosi di cui ha bisogno la sua anima pura e non ancora adattata alla vita. … La nostra “corrispondenza” dev’essere così piena, così solleci-ta e così completa, come quella degli oggetti che si lasciano maneggiare ma che a ogni tocco spingono in alto la vita intellettuale del bambino. Giam-mai attratti dalle sue grazie affascinanti dobbiamo aggredirlo con le nostre carezze, … mai respingere i loro slanci affettuosi ma corrispondervi con delicatezza e sincera devozione. … Noi siamo gli oggetti del suo amore, gli oggetti sui quali la vita si va organizzando”?20. Ecco perché – ella dice – le madri e le maestre migliori saranno quelle “piene di risposte; passive come abnegazione, attive come fonti di amore”21.

Ma torniamo ai bimbi ugandesi: i più grandicelli giocavano tra loro in gruppi misti per età. I grandi aiutavano i piccoli mostrando nei loro con-fronti un atteggiamento di protezione materna o paterna, i più piccini li seguivano ammirati e si affidavano a loro con gioia e fiducia, cercando di imitarli: non è forse la caratteristica saliente della montessoriana “società per coesione”?

Quando poi, negli anni a venire, ho cominciato a interessarmi di etno-pediatria, mi sono resa conto che anche qui Maria Montessori è stata un precursore perché proprio al diverso approccio al maternage nelle altre cul-ture dedica diverse pagine ne La mente del bambino. Sentiamo cosa dice ri-spetto a popoli lontani da noi, non solo geograficamente, ma per mentalità e abitudini: “Ognuno di questi gruppi ci sembra in fatto di allevamento infan-tile più intelligente di noi occidentali, con le nostre idee ultramoderne. In

20 M. Montessori, L’autoeducazione, p. 292.21 Ibidem, p. 293.

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molti Paesi vediamo che i bambini non sono trattati così in contrasto con le esigenze della natura come dagli occidentali. Nella maggior parte dei Paesi il bambino accompagna la madre ovunque vada e madre e figlio sono come un corpo solo”22. Riguardo al portage scriveva: “Il modo diverso che si usa per portare il bambino è una particolarità tra le più interessanti, messa in valore dagli studi etnologici”23. In tutte le culture tradizionali del mondo le mamme portano con sé il proprio bambino, “esse si considerano quasi un sol corpo con lui; il bambino è una parte della madre. … Noi siamo disposti ad attribuire a merito di quei costumi il carattere tranquillo di quei bambini, che non sono ‘difficili’ e non presentano ‘problemi’ come i nostri”24. Le os-servazioni della Montessori, fatte un secolo fa, sono ancora del tutto attuali. Le ricerche etnopediatriche più recenti confermano infatti come i bambini “portati” sulla schiena, sul fianco o in una fascia, siano quelli che piangono meno: i primi in classifica sono i coreani. Il che la dice lunga sul ruolo che lo stile di accudimento ha nei confronti del disagio del bambino e delle sue esigenze emotive e fisiologiche insoddisfatte.

Il mio atavico, spiccato interesse per la cultura dei popoli nativo ame-ricani mi ha portato poi a studiare in modo particolare le loro pratiche di maternage e di educazione e qui devo dire che ho ritrovato in modo ecce-zionalmente vivo lo spirito montessoriano. È come se la visione di Maria affondasse le sue radici proprio in terra indiana, come se la sua anima si fosse nutrita alla fonte di quella cultura e di quel mondo e il suo pensiero si fosse costruito su quella antica matrice.

Moltissime sono infatti le analogie che ho potuto notare tra il suo ap-proccio educativo e quello tradizionale nativo-americano. Esaminiamone alcune.

“Tenere un bimbo tra le braccia mi connette al cuore del mistero della Creazione più di ogni preghiera”25 dice Manitonquat, anziano story-teller26 e leader spirituale della nazione Wampanoag del Massachusetts. E così scrive Maria Montessori parlando del suo rapporto con il bambino: “Vici-

22 M. Montessori, La mente del bambino, p. 108.23 Ibidem, p. 109.24 M. Montessori, La formazione dell’uomo, p. 91.25 Manitonquat, Ritorno alla creazione, p. 11326 Termine con cui si indica il “cantastorie” tradizionale.

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no al bambino non sono nulla e il più grande privilegio che io abbia avuto nell’avvicinare il bambino è stato quello di non esistere, perché questo mi ha permesso di vedere ciò che non si vede se si è qualcuno: piccole cose, verità semplici ma preziosissime. Non è sempre necessario vedere delle grandi cose ma ciò che vale sommamente è il vedere l’origine delle cose”27. Ciò di cui stanno parlando Manitonquat e Maria Montessori è quella condi-zione di non-mente che permette di vedere oltre e di creare una connessio-ne con l’essenza di tutte le cose e di tutti gli esseri.

Ma veniamo ai princìpi su cui poggia la pedagogia dei popoli nativi. L’educazione tradizionale dei bambini indiani si basa su due valori fonda-mentali: il rispetto e la fiducia. “I valori non possono essere insegnati da conferenze, oppure tramite ricompense e punizioni. Si possono insegnare solo tramite l’esempio” dice Manitonquat. “Al pari della fiducia, il rispetto viene da dentro.”28 “I bambini sono persone complete, trattate col rispetto dovuto agli esseri umani di ogni età. … Nessun linguaggio infantile, nessun comando, nessun grido, nessuna moina o lusinga, nessun rimprovero né sarcasmo o critiche mortificanti. … Questo è rispetto, questa è fiducia.”29

Nelle scuole Montessori non esistono premi e castighi, l’adulto parla al bambino in tono calmo e fermo, senza sgridare e tantomeno urlare, stando molto attento a non ledere in alcun modo il suo senso di dignità. Non ordi-na, propone; non interferisce, è saggiamente accanto, pronto a intervenire ogni qualvolta il suo aiuto si riveli indispensabile.

Il concetto di fiducia permea ogni cosa nell’universo dei popoli nativi americani, gli adulti hanno “una fiducia totale nella bontà di base, nell’in-telligenza e nelle risorse dei bambini.”30; “…non si preoccupano della loro salute e della loro sicurezza in modo ossessivo, insistendo che mangino e bevano in una certa maniera o negando loro l’accesso a luoghi di pericolo soltanto immaginario. Gli adulti di questa cultura confidano che, appena sarà in grado di mangiare da solo, il piccolo mangerà quanto gli abbisogna. Confidano che, appena il piccolo sarà in grado di vestirsi da solo, impare-rà rapidamente a indossare gli indumenti necessari per mantenersi caldo e

27 M. Montessori, Educazione e pace, p. 129.28 Manitonquat, Ritorno alla creazione, p. 118.29 Ibidem, p. 12830 Ibidem, p. 116.

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asciutto. Hanno fiducia, una fiducia che deriva da migliaia di anni di vita, e sanno nel profondo che, una volta messi al corrente del pericolo, i piccoli sono naturalmente intelligenti e in gamba quanto basta per non bruciarsi ai fornelli, non tagliarsi con i coltelli, né fare una di quelle cose che i genitori della cultura dominante immaginano e temono costantemente. … I piccoli Indiani cresciuti alla maniera tradizionale … capiscono le cose molto pre-sto e diventano più indipendenti prima della maggioranza dei coetanei del-la società odierna”31. “Questi bambini non sono così rumorosi ed esplosivi come i piccoli della cultura dominante, poiché non hanno la necessità di lottare contro un sistema oppressivo.”32

Questo è quanto succede anche ai bambini cresciuti secondo il metodo Montessori…

“I bambini non hanno bisogno di una mole di istruzioni. In effetti im-parano meglio quando non s’insegna loro”, scrive ancora Manitonquat, “la Creazione li ha resi imitatori ed è così che imparano in modo più efficiente. Qualsiasi cosa vogliamo che facciano o siano, dobbiamo farla o esserla noi per primi. … Chi è la loro guida in questa educazione? La Creazione, cioè loro stessi. L’impulso viene da dentro”33. Non si tratta forse del maestro interiore di cui parla Maria Montessori quando dice “All’interno di ogni bambino vi è per così dire un maestro vigile…”?

L’adulto, il genitore, non deve far altro che esserci, accettare il bambino così com’è, apprezzarlo, proteggerlo ed essere disponibile nel momento del bisogno. Come un “consulente” che dà il suo parere se richiesto.

“Se qualcuno ti dice ‘Impara questo!’ non proverai alcuna curiosità ver-so quella cosa. Lavorerai per impararlo se devi, ma non ci metterai il cuore. La curiosità viene da dentro in risposta a qualcosa di interessante nell’am-biente, finché questo non viene forzato. Una volta risvegliata, la curiosità dà un sacco di energia. Allora non smetti finché non hai imparato tutto ciò che puoi per soddisfare quella curiosità e in questo processo sarai diventato curioso di qualcos’altro. È così che funziona la Creazione.”34

Non vi sembra un incredibile concentrato di “spirito montessoriano”?

31 Ibidem, p. 129.32 Ibidem, p. 128.33 Ibidem, p. 18.34 Ibidem, p. 122-123.

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Da quanto riportato finora direi che appaiono evidenti le analogie con la visione educativa Montessori basata sul rispetto e la fiducia nelle potenzia-lità del bambino, volta a favorire l’indipendenza di questo nell’ambiente, puntando sull’interesse e sul lavoro liberamente scelto ed evitando premi e punizioni come pungoli per l’apprendimento.

Ma pensiamo anche agli strumenti a misura di bambino forniti nelle scuole Montessori e all’abitudine dei nativi americani di costruire per i loro piccoli non giocattoli ma piccoli attrezzi veri quali archi per i maschi, crad-leboards (cioè culle mobili) e tipì (tende ad uso abitazione) per le femmine.

“Gli strumenti per giocare si trovano nel mondo. La maggior parte dei giocattoli sono attrezzi veri, che crescono di misura insieme al piccolo”35 scrive ancora Manitonquat, e aggiunge: “Il mondo non è separato fra lo spazio degli adulti e quello dei piccoli: i bambini imparano e trovano la propria strada in un mondo unificato, il mondo della loro gente.”36

Ed ecco poi un esempio di educazione sensoriale che ci viene da un po-eta e scrittore pueblo, Simon J. Ortis: “Vado all’aperto con mio figlio e gli indico un albero, gli lascio toccare le foglie. ‘Guarda, questa è una foglia, è verde, ha nervature, ha questa forma, prendila’. Lui tocca la foglia e si muo-ve anche il ramoscello, irruenti e tenere, le mani grassottelle afferrano quan-to gli vado indicando. Lo lascio camminare scalzo, a sentire questa terra, terra bruna e ciottoli, argilla solida, è difficile per i semi farvi radici: sabbia e foglie, rami e concime rendono il terreno fertile. Gli dico tutto questo.”37

Anche per Maria Montessori l’educazione sensoriale e cosmica passa prima di tutto attraverso l’esperienza nell’ambiente: prima di usare il ma-teriale di classificazione delle foglie, per esempio, si raccolgono foglie in giardino e si cerca di scoprirne e confrontarne insieme le differenze.

Un altro esempio, che trovo molto significativo: per i nativi americani era fondamentale insegnare ai bambini la lezione del silenzio. Saper stare in silenzio, saper ascoltare il silenzio e, attraverso di esso, i suoni della natura che ci circonda era ritenuto molto importante. Ecco cosa scrive, a questo proposito, il Dakota Orso In Piedi: “L’educazione al silenzio ini-ziava molto presto. Noi insegnavamo ai nostri bambini a sedere in silenzio

35 Ibidem, p. 128.36 Ibidem, p. 128.37 S. J. Ortis, in Amicizia con la terra, p. 105.

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e a gioire di questo. Noi insegnavamo loro a utilizzare i propri sensi, a percepire i diversi odori, a guardare quando all’apparenza non c’era nulla da vedere e ad ascoltare con attenzione, quando tutto appariva totalmente tranquillo. Un bambino che non sa sedere in silenzio è rimasto indietro nel suo sviluppo. Un comportamento esagerato, appariscente, lo respingevamo come falso e un uomo che parlava senza pause era considerato maledu-cato e distratto. Un discorso non veniva mai iniziato precipitosamente né condotto frettolosamente. Per i Dakota, il silenzio aveva una forza ben più grande della parola.”38

Non è forse evidente l’analogia con l’esercizio del silenzio montesso-riano? Non a caso il silenzio è considerato da Maria Montessori uno degli esercizi sensoriali che hanno come finalità “il perfezionamento dell’indivi-duo”. Ne parleremo meglio nel prossimo capitolo alla luce del suo signifi-cato spirituale.

“Il silenzio assoluto equivale ad un’assoluta immobilità” scrive Maria Montessori e quindi richiede un elevato controllo dei movimenti. “Il silen-zio – dice Ohiyesa – è l’assoluto equilibrio di corpo, mente e spirito”.39

Un’ultima coincidenza per concludere questo paragrafo: tutto l’univer-so dei nativi americani è basato sul cerchio, dalla struttura del tipì e del vil-laggio, alla ruota di medicina (sorta di mappa simbolica che racchiude il si-gnificato del viaggio terreno e delle interconnessioni dell’uomo con il resto del creato). “Ogni cosa fatta da un indiano è in un cerchio. Questo succede perché il Potere dell’Universo agisce secondo dei cerchi e ogni cosa tende a essere rotonda. Il cielo è rotondo e io ho sentito dire che la terra è rotonda come un pallone e che anche tutte le stelle lo sono. … Gli uccelli costrui-scono i loro nidi facendoli a cerchio. Il sole sorge e tramonta disegnando un cerchio. La luna fa lo stesso ed entrambi sono rotondi. Persino le stagioni, nel loro alternarsi, formano un grande cerchio… La Vita dell’uomo è un cerchio dall’infanzia all’infanzia, ed è lo stesso per ogni cosa che il potere anima”40 dice il saggio Alce Nero.

38 Orso In Piedi, in Sai che gli alberi parlano?, p. 66.39 Ohiyesa, L’anima dell’indiano, p. 54.40 Alce Nero, in Sai che gli alberi parlano?, p. 54

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Ebbene, l’ultima “casa” di Maria Montessori, a Noordwijck, dove è sta-ta sepolta, ha la forma di un cerchio e queste sono le parole che vi sono incise: “Ai bambini che tutto possono”.

Prospettive “cosmiche”…

Viviamo tempi di grande crisi e insicurezza, il vecchio mondo sta crol-lando e quello nuovo è ancora tutto da costruire. Una enorme sfida ci attende ed è dal modo in cui sapremo affrontarla che dipenderà il nostro futuro. Tutti siamo chiamati. Per far questo occorre innanzitutto “assumere la cittadinanza terrestre” che significa “assumere la nostra comunità di destino”41. “Non più dominare la Terra, ma curare la Terra malata, abitarla, ripararla, coltivarla”42: come ci ricorda Edgar Morin, questo pianeta è la nostra Patria!

Unire le forze e le energie, i saperi e le competenze, ritrovare la tribù, ri-costruire la vita del villaggio. È di questo che c’è bisogno oggi. È di questo che hanno bisogno i bambini, sempre più soli, sempre più abbandonati a se stessi. Occorre ritessere la rete della famiglia allargata e riscoprire il potere della poesia…

“La poesia non è un genere letterario, è anche un modo di vivere nella partecipazione, nel rito, nella festa, nell’ebbrezza, nella danza, nel canto, che effettivamente trasfigurano la vita prosaica fatta di compiti pratici, uti-litaristici, tecnici”43. Ci vogliono tutte due: poesia e prosa, se non ci fosse l’una non ci sarebbe l’altra, perché la vita esiste solo nella polarità.

Se è vero poi, come dice Panikkar, che “L’incontro tra le culture è con-dizione indispensabile per la sopravvivenza dell’umanità” e che “solo da un dialogo tra le civiltà potrà nascere un progetto planetario per l’inven-zione dell’avvenire” come sostiene R. Garaudy, occorre darsi da fare ur-gentemente perché la scuola in primis diventi uno spazio privilegiato di accoglienza, di condivisione e di educazione alla vita.

Non occorre inventare nulla di nuovo, non serve elaborare complicate teorie pedagogiche, basta osservare il bambino e la natura, come ha fatto

41 E. Morin, op. cit., p. 191.42 Ibidem, p. 191.43 Ibidem, p. 180.

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Maria Montessori, e ci si renderà conto che è tutto molto più semplice di quanto pensiamo. Infatti “Non vi può essere che un unico mezzo di educare o trattare i bambini nella prima età; e se l’educazione deve cominciare dalla nascita non vi può essere che un solo modo. Non si può dunque parlare di metodi particolari per trattare bambini indiani, cinesi o europei; né bam-bini appartenenti a differenti classi sociali, ma di un metodo che segue ‘la natura umana che si svolge’, poiché tutti hanno gli stessi bisogni psichici e seguono lo stesso procedimento per raggiungere la costruzione dell’uomo: ognuno deve passare attraverso le stesse fasi di crescenza”44.

La scuola Montessori è in questo senso, a mio avviso, la scuola per eccellenza, quella con la S maiuscola, adatta a ogni bambino, a qualsiasi cultura appartenga, a qualsiasi credo religioso; è una scuola di per sé in-terculturale ed ecumenica, che insegna ad aprirsi al mondo e a costruire concretamente l’armonia e la pace, a partire da sé e dalla propria realtà, dal qui e ora di tutti i giorni.

E qui si apre un nuovo capitolo: Maria Montessori e l’educazione alla pace…

Educazione alla pace

Una volta mi capitò, durante un viaggio in treno, di imbattermi in un gruppo di giovani che andavano a Roma a manifestare per la pace. Ciò che mi colpì con forza fu notare come, sebbene sventolassero le loro ban-diere arcobaleno, utilizzassero un linguaggio violento e mostrassero atteg-giamenti aggressivi. Ma come si può – mi chiesi allora – parlare di pace o battersi per la pace quando si ha il cuore così pieno di rabbia?

Fu solo un po’ di anni dopo che trovai conferma del mio pensiero nelle parole di Thich Nhat Hanh che così scriveva: “Lavorare per la pace si-gnifica innanzitutto essere pace. Senza essere pace non si può fare nien-te per la pace. Se non sappiamo sorridere non possiamo aiutare gli altri a sorridere”45. È proprio così: non si può dare agli altri ciò che non si pos-siede. I nativi americani dicono “Walk your talk – Cammina le tue parole”,

44 M. Montessori, La mente del bambino, p. 77.45 Thich Nhat Hanh, La pace è ogni passo, p. 99.

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ovverossia “vivi ciò di cui parli” ma questo profondo insegnamento viene di rado messo in pratica…

Gandhi diceva: “Diventa tu stesso il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Non c’è nessuna possibilità di trasformazione della realtà che ci circonda che non passi attraverso la nostra personale trasformazione. Tutto il resto sono solo pie illusioni. Tutte le rivoluzioni e le guerre hanno fallito perché – come ci ricorda Osho – “non ci può essere una rivoluzione politica o sociale o economica. L’unica rivoluzione è quella dello spirito, è indivi-duale. Se milioni di individui cambiano, di conseguenza cambierà anche la società, ma non viceversa. Non puoi cambiare prima la società e poi spera-re che gli individui cambino di conseguenza.”

Per realizzare la pace “non sono sufficienti leggi e trattati: ma un mondo nuovo, pieno di miracoli” diceva Maria Montessori in una conferenza a Ginevra nel 1932: “Un mondo nuovo per un uomo nuovo, ecco l’imperio-sa necessità”46. Ma il mondo nuovo può essere costruito solo dall’uomo nuovo, un uomo liberatosi dalle catene della schiavitù dei pregiudizi, dei sensi di colpa, della paura e della rabbia. Un uomo che ha saputo integrare e trasformare le sue emozioni – non reprimerle! – utilizzando l’enorme po-tenziale di energia che esse contengono.

L’educazione ha in questo senso un ruolo fondamentale: “Costruire la pace è opera dell’educazione”47, “l’educazione è l’arma della pace”48 ha scritto la Montessori e in particolare l’educazione cosmica è uno strumento eccezionalmente efficace per piantare i semi della pace.

A. J. Muste, leader del movimento pacifista americano degli anni ’50 diceva: “Non c’è una via alla pace, la pace è la via.”

Se il nostro principale interesse consiste nell’educare l’umanità – scri-veva Maria – occorre rifarsi al bambino “perché in lui risiede l’origine e la chiave degli enigmi dell’umanità”49. “Il bambino non va considerato come l’essere debole e indifeso, che bisogna soltanto proteggere e aiutare: ma come un embrione spirituale, dotato di vita psichica fin dalla nascita, e gui-

46 M. Montessori, Educazione e pace, p. 24.47 Ibidem, p. 29.48 Ibidem, p. 37.49 Ibidem, p. 33.

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dato da istinti sottili a costruire attivamente la personalità dell’uomo”50. “Il bambino costituisce insieme una speranza e una promessa per l’umanità. Curando dunque questo embrione come il nostro tesoro più prezioso, noi lavoriamo alla grandezza dell’umanità”51.

Maria Montessori fu candidata per diversi anni al premio Nobel per la pace e al tema della pace dedicò molti dei suoi scritti e delle sue conferenze, la maggior parte dei quali raccolti nel volume Educazione e pace. Ma ella stessa fu un “segno” di pace, attraverso il suo infaticabile lavoro e la sua opera.

“La verità risiede nelle cose semplici”52 diceva saggiamente Maria e, a tale proposito, vorrei concludere questo capitolo con le parole del monaco buddista Thich Nhat Hanh: “Prendete per mano vostro figlio e invitatelo a sedersi sull’erba accanto a voi. Insieme potrete ammirare il verde dei prati, i fiorellini che crescono fra gli steli, il cielo. Respirare e sorridere insieme è educazione alla pace. Se sappiamo apprezzare queste belle cose, non c’è bisogno d’altro. La pace è disponibile in ogni momento, a ogni respiro, a ogni passo.”53

Così è e così sia.

50 Ibidem, p. 47.51 Ibidem, p. 41.52 Ibidem, p. 131.53 Thich Nhat Hanh, La pace è ogni passo, p. 116.

Archivio Opera Nazionale Montessori

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352 Libertà e amore

IndIce

PresentazIone, di Piero Ferrucci ................................................................ 7

IntroduzIone .............................................................................................. 9

~ PRIMA PARTE ~

LA vIsIonE MonTEssoRI Prologo. l’adulto e Il bambIno, una relazIone da reInventare ..... 14 Le ammine della vita ...................................................................... 28

I marIa montessorI: chI era costeI? .................................................. 21 Interprete del bambino ................................................................... 26 Pioniera per un mondo nuovo ........................................................ 29

II Il segreto del bambIno, ovvero le chIavI del regno ....................... 33 I nuovi bambini .............................................................................. 36 Fisiologia dell’anima ..................................................................... 38 Il bambino, maestro d’amore ......................................................... 43 La missione del bambino ................................................................ 45 I doni dei bambini .......................................................................... 47 La visione Montessori .................................................................... 49 III Il metodo che non è un metodo, ovvero l’aPProccIo montessorI al bambIno .................................... 51 Educazione come aiuto alla vita .................................................... 54 Le basi del “metodo” ..................................................................... 58 A . Bambini difficili o bambini incompresi? .................................... 61 Deviazioni e normalizzazione ........................................................ 66

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Indice 353

Quale terapia? ............................................................................... 69 Mal di scuola .................................................................................. 71 B. Interesse e libera scelta, ovvero il lavoro come meditazione ....... 74 Il ciclo interesse-lavoro-concentrazione-meditazione- trasformazione ............................................................................... 79 Libertà e disciplina ........................................................................ 84 Indipendenza, la grande conquista ................................................ 88 C. L’adulto come mentore ................................................................ 90 D. Ambiente e ordine, ovvero ogni cosa al suo posto, un posto per ogni cosa ................................................................ 96 Ordine fuori, ordine dentro ......................................................... 101 Classificareperfareordine .......................................................... 105

Iv educazIone sensorIale, ovvero ImParare a rIconoscere le dIfferenze ............................... 107 Materiali sensoriali ...................................................................... 110 Corpo e movimento ...................................................................... 111 Immaginazione… ....................................................................... 115 …e creatività ................................................................................ 119

v I PerIodI sensItIvI: un temPo Per ognI cosa, ognI cosa a suo temPo .............................. 121 A ogni età i suoi periodi sensitivi ................................................. 127 La mente assorbente ..................................................................... 130 Il tempo dell’attesa ....................................................................... 133

vI educazIone cosmIca, ovvero ognuno al suo Posto, un Posto Per ognuno nel cerchIo della vIta .................................. 135 Educazione cosmica ..................................................................... 138 Inter-essere ................................................................................... 140 Educazione interculturale: e Maria Montessori? ........................ 142 Montessori e culture tradizionali: pratiche educative a confronto ...144 Prospettive “cosmiche” ............................................................... 151 Educazione alla pace ................................................................... 152

vII la sPIrItualItà In marIa montessorI: una dImensIone dImentIcata? .......................................................... 155 La religiosità del bambino ........................................................... 157 La lezione del silenzio .................................................................. 160 La religiosità di Maria Montessori .............................................. 163

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Postilla: Maria Montessori, spiritualità e io… ..................................167 1. L’evoluzione è un processo di liberazione .................................. 168 2. L’evoluzione avviene a balzi ...................................................... 169 3. L’importanza del giusto ambiente ............................................... 170 4. Ogni cosa a suo tempo ................................................................ 171 5. L’evoluzione è autoevoluzione: il maestro interiore ................... 172 6. Il ruolo del mentore .................................................................... 172 7. L’evoluzione dello spirito avviene attraverso il corpo ................ 173 8. Un approccio individualizzato .................................................... 174

~ sEConDA PARTE ~

DALLA TEoRIA ALLA PRATICA

vIII I PIanI dI svIluPPo e Il Progetto formatIvo montessorI ................. 178

IX Il bambIno PrIma della nascIta: nove mesI In ParadIso? ............... 183 Quando le cose non vanno per il verso giusto ............................. 186 Montessori e vita prenatale .......................................................... 188 Per una pedagogia dell’ascolto ................................................... 190 I desideri del bambino nella pancia della mamma.......................... 191 La canzone dello Spirito ................................................................. 192

X Il neonato, una Persona ................................................................. 193 Spazio sacro: non interferite! ....................................................... 195 Il breast-crawling: un ponte tra passato e futuro ......................... 196 I bisogni del neonato .................................................................... 198 Il neonato e Maria Montessori ..................................................... 200 La scuola per Assistenti all’Infanzia Montessoriane (AIM) ........ 205 Il promemoria di Adele Costa Gnocchi: 15 punti per l’accoglienza al neonato ............................................. 208 Equipaggiamento essenziale per il neonato .................................... 209

XI Il bambIno da 0 a 3 annI ................................................................. 210 La magia del movimento .............................................................. 213 Parola e linguaggio ...................................................................... 217 So di cosa ho bisogno: non interferite! ........................................ 221 Un ambiente che aiuta l’indipendenza ......................................... 224

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Il piacere di fare: il gioco come esperienza sensoriale ................ 226 Un nido per amico: l’esperienza Montessori ............................... 229 Cerimonia del lavare le mani .......................................................... 230

XII I bambInI daI 3 aI 6 annI .................................................................. 233 II messaggio dei cristalli di ghiaccio ........................................... 235 Nutrire la mente dei tre anni ........................................................ 237 La mano, organo dell’intelligenza ............................................... 238 Montessori è libertà ..................................................................... 241 Educazione come terapia ............................................................. 243 La Casa dei Bambini .................................................................... 248 I materiali Montessori .................................................................. 250 Un decalogo di Maria Montessori .................................................. 255 La camera del bambino: come organizzarla (di Tim Seldin) .......... 256

XIII I bambInI daI 6 aI 12 annI ................................................................ 258 Scuola sana e scuola malata ........................................................ 261 Una scuola diversa ....................................................................... 267 La scuola elementare Montessori ................................................ 268 I 10 desideri dei bambini (di Claus Dieter Kaul) ............................ 272 L’orto dei bambini (di Pia Pera) ..................................................... 256

XIv glI adolescentI, fIglI della terra ................................................. 276 Il progetto di Laren ...................................................................... 280 Una proposta per gli adolescenti: il diario creativo .................... 284

a mo’ dI ePIlogo: lIbertà e amore................................................... 285 Amore ........................................................................................... 288 Libertà .......................................................................................... 290

~ TERZA PARTE ~

LE sCuoLE MonTEssoRI nEL MonDo

un Po’ dI cIfre… ............................................................................. 294 Perché montessorI?… ................................................................... 296 che cosa non è Il “metodo” montessorI… ................................. 296 che cosa è l’aPProccIo montessorI .............................................. 296

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356 Libertà e amore

Il tIbetan chIldren’s vIllage dI dharamsala (IndIa) ................. 297 usa: la hershey school dell’ohIo ............................................... 298 francIa: la ferme des enfants ...................................................... 299 ItalIa: Il centro InfanzIa dI zuel .................................................. 301

~ QuARTA PARTE ~

Un PrOGETTO MOnTESSOrI E nOn SOLO…

Io ho un sogno… ............................................................................ 306 Il Progetto: hocIoka, Il vIllaggIo della gIoIa… .......................... 311

~ APPEnDICE ~

datI bIografIcI… ............................................................................ 315 hanno detto dI leI… ...................................................................... 319 …e del suo “metodo”… ................................................................ 320 scuole montessorI nel mondo ....................................................... 321 scuole montessorI In ItalIa .......................................................... 337 IndIrIzzI utIlI .................................................................................. 342 la voce dI marIa montessorI… .................................................... 344

bIblIografIa ........................................................................................... 348

IndIce....... ............................................................................................... 352

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