Silenzio E Amore

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Anna Maria Vissani Adoratrice del Sangue di Cristo Ha insegnato, per diversi anni, Teologia spirituale. Ha dato inizio al Centro di Spiritualità “Sul Monte”, a Castelplanio (AN), curando con particolare interes- se una collana di Quaderni di Spiritualità e altre pub- blicazioni sul Mistero Pasquale e Sangue di Cristo. Presso il Centro Studi Sanguis Christi, ha pubblica- to: Il Sangue dell’Agnello Pasquale, Roma 1987. Presso l’Università Cattolica di Roma, nella collana CEPSAG: Creatività e apertura al futuro nelle suore anziane, Roma 1997 e La donna marchigiana. Una fem- minilità vissuta in pienezza, Roma 1998. Da 6 anni vive una particolare esperienza di eremi- taggio, presso il Santuario Madonna del Monte, in provincia di Massa Carrara. L’immersione nella natu- ra, la vita solitaria e silenziosa, unita all’ospitalità di quanti salgono sul monte diventano luogo misterio- so di prolungata riflessione e di feconda sintesi spi- rituale. Da questo stile di interiorità e dai moltissimi incontri con gli ospiti dell’eremo sono nati alcuni libri: Solo per amore (in coll.), Sul Monte, 18 Maggio 2003; L’identità Pasquale, Sul Monte, 1 Luglio 2003; Pregare è Pace, Sul Monte, Pasqua 2005; L’essenziale è libertà (in coll.), Sul Monte, 4 Febbraio 2006; Silenzio è Amore, Sul Monte, Natale 2006. A.M. VISSANI Silenzio è Amore Sul Monte ALLE SORGENTI A.M.Vissani - Identità Pasquale, Sul Monte, 1 Luglio 2003 A.M.Vissani - Pregare è Pace, Sul Monte, Pasqua 2005 A.M.Vissani (e coll.) - L’essenziale è libertà, Sul Monte, 4 Febbraio 2006 A.M.Vissani - Silenzio è Amore, Natale 2006 I LUNGHI PERIODI VISSUTI IN SOLITUDINE E SILENZIO, PREPARANO ALLA PARTICOLARE MISSIONE AFFIDATACI DA DIO. LA GIOIA, LA TENEREZZA, IL SENTIMENTO DI «LEGGEREZZA» E DI «LIBERTÀ», LA COMPASSIONE, L’AMORE PER TUTTA LA CREAZIONE E PER IL MONDO CHE ABITIAMO, SONO I FRUTTI DELL’EREMITAGGIO. A volte c’era nel mio cuore un ribolli- mento e una leggerezza, una libertà e una gioia cosi grande che mi sentivo trasfor- mato e come in estasi. A volte percepivo un amore ardente per Gesù Cristo e per tutta la creazione divina. A volte le mie lacrime scorrevano da sole per ricono- scenza verso il Signore che aveva avuto pietà di me, peccatore incallito. A volte il mio spirito ottuso si illuminava [...] A volte il dolce calore del mio cuore si espande- va in tutto il mio essere e con emozione sen- tivo la presenza del Signore. A volte pro- vavo una gioia forte e profonda nell’invocare il nome di Gesù Cristo e comprendevo il significato della sua paro- la: «Il regno di Dio è dentro di voi» (Il pellegrino russo) Silenzio è Amore Lettere agli amici dell’eremo A.M. VISSANI Sul Monte Silenzio è Amore Lettere agli amici dell’eremo

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Libro scritto da suor Anna Maria Vissani, come sintesi della esperienza di eremitaggio a Madonna del Monte -Mulazzo (MS).

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Anna Maria VissaniAdoratrice del Sangue di Cristo

Ha insegnato, per diversi anni, Teologia spirituale.Ha dato inizio al Centro di Spiritualità “Sul Monte”,a Castelplanio (AN), curando con particolare interes-se una collana di Quaderni di Spiritualità e altre pub-blicazioni sul Mistero Pasquale e Sangue di Cristo.Presso il Centro Studi Sanguis Christi, ha pubblica-to: Il Sangue dell’Agnello Pasquale, Roma 1987.Presso l’Università Cattolica di Roma, nella collanaCEPSAG: Creatività e apertura al futuro nelle suoreanziane, Roma 1997 e La donna marchigiana. Una fem-minilità vissuta in pienezza, Roma 1998.Da 6 anni vive una particolare esperienza di eremi-taggio, presso il Santuario Madonna del Monte, inprovincia di Massa Carrara. L’immersione nella natu-ra, la vita solitaria e silenziosa, unita all’ospitalità diquanti salgono sul monte diventano luogo misterio-so di prolungata riflessione e di feconda sintesi spi-rituale.Da questo stile di interiorità e dai moltissimi incontricon gli ospiti dell’eremo sono nati alcuni libri:Solo per amore (in coll.), Sul Monte, 18 Maggio 2003;L’identità Pasquale, Sul Monte, 1 Luglio 2003;Pregare è Pace, Sul Monte, Pasqua 2005; L’essenzialeè libertà (in coll.), Sul Monte, 4 Febbraio 2006; Silenzioè Amore, Sul Monte, Natale 2006.

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ALLE SORGENTI

A.M.Vissani - Identità Pasquale, Sul Monte, 1 Luglio 2003A.M.Vissani - Pregare è Pace, Sul Monte, Pasqua 2005A.M.Vissani (e coll.) - L’essenziale è libertà,Sul Monte, 4 Febbraio 2006A.M.Vissani - Silenzio è Amore, Natale 2006

I LUNGHI PERIODIVISSUTI IN SOLITUDINE E SILENZIO,PREPARANOALLA PARTICOLARE MISSIONE AFFIDATACI DA DIO.LA GIOIA, LA TENEREZZA,IL SENTIMENTO DI «LEGGEREZZA» E DI «LIBERTÀ»,LA COMPASSIONE,L’AMORE PER TUTTA LA CREAZIONE E PER IL MONDO CHE ABITIAMO,SONO I FRUTTI DELL’EREMITAGGIO.

A volte c’era nel mio cuore un ribolli-

mento e una leggerezza, una libertà e una

gioia cosi grande che mi sentivo trasfor-

mato e come in estasi. A volte percepivo

un amore ardente per Gesù Cristo e per

tutta la creazione divina. A volte le mie

lacrime scorrevano da sole per ricono-

scenza verso il Signore che aveva avuto

pietà di me, peccatore incallito. A volte il

mio spirito ottuso si illuminava [...] A volte

il dolce calore del mio cuore si espande-

va in tutto il mio essere e con emozione sen-

tivo la presenza del Signore. A volte pro-

vavo una gioia for te e profonda

nell’invocare il nome di Gesù Cristo e

comprendevo il significato della sua paro-

la: «Il regno di Dio è dentro di voi»

(Il pellegrino russo)

Silenzio è AmoreLettere agli amici dell’eremo

A.M.VISSANI

Sul Monte

Silenzio è AmoreLettere agli amici dell’eremo

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Silenzio è AmoreLettere agli amici dell’eremo

Sul Monte

ANNA MARIA VISSANI

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ALLE SORGENTI

A.M.Vissani - Identità Pasquale, Sul Monte, 1 Luglio 2003

A.M.Vissani - Pregare è Pace, Sul Monte, Pasqua 2005

A.M.Vissani e coll. - L’essenziale è Libertà, Sul Monte, 4 Febbraio 2006

A.M.Vissani - Silenzio è Amore, Sul Monte, Natale 2006

Eremo “Sanguis Christi”Madonna del Monte 54026 Mulazzo (MS)Tel. [email protected] 2006

Centro di Spiritualità sul Monte Castelplanio

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PRESENTAZIONE

Nell’immaginario collettivo il silenzio è molto spessoesperienza di abbandono... ed è inquietudine. Solo nellamaturità dell’“esperire”, del cercare in “spirito e verità”l’Altro dentro di noi, il silenzio si fa Parola e dialogo, si riem-pie di suoni e di colori..., il silenzio è amore.

L’uomo nella sua condizione presente, come creatura,può ricevere la comunicazione di Dio e il suo dono, ma soloin modo “oscuro”. Non può accogliere il dono di Dio nellasua immensità. La dimensione del mistero di Dio, che nonè assurdo ma resta comunque mistero, ha bisogno di esse-re conquistata. Ciascun uomo dovrà fare un cammino impe-gnativo di progressiva iniziazione.

San Gregorio di Nissa fa un’affermazione, che non è deltutto condivisibile, ma che dice paradossalmente una cosavera: nel tempo che io sono chiamato a vivere, la misuracerta del mio possesso di Dio è il desiderio che io ho di Luie la ricerca dell’anima. Nel mistero Egli che sempre mi supe-ra, continua a donarsi. Si dona a me nelle tenebre della fede,valorizzando le mie capacità così come sono, inadeguate.Nel suo dono non si fa possedere da me, ma mi attira; laforza viene da Lui; la speranza viene da Lui.

Davanti a questa sfida che chiama anche te, serviti di que-sto aiuto che Anna Maria Vissani ti offre con gesto fraterno.

Il volume che hai tra le mani è frutto del suo camminonella foresta delle emozioni più profonde, di pensieri di fedee di speranza che la Parola del Signore e la testimonianzadei Santi suggeriscono a tutti. È un testo carico di spiri-tualità cristiana, che può illuminare il tuo personale sen-tiero verso la gioia dell’incontro con Dio, che è un misteriosoAmore infinito.

+ Eugenio Binini, Vescovo di Massa-Carrara

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PREMESSA

SILENZIO, SILENZIO, SILENZIO!PRENDIMI SOTTO LE TUE ALI,O DIVINO SILENZIO (Papiro di Mitra).

C’è un esplicito invito di Gesù ai suoi che suona così:«Venite in disparte e riposatevi un po’» (Mc 6,32). Nasceda una duplice esigenza come duplice è l’insistenza: lamolta folla e il necessario dialogo con Lui su quanto è statofatto dai suoi. Questa intimità con Lui alla luce di quantoè avvenuto successivamente, appare come lo scopo fonda-mentale a cui tutto converge proprio come l’opera missio-naria degli apostoli, che devono ritrovare in disparte nellasolitudine la relazione fondamentale con Lui. Solitudine,silenzio sono per l’unione con Lui. A volte nella propostaspirituale che si continua a fare nella Chiesa si sono rove-sciate le cose: la solitudine-silenzio è per la missione, il riti-ro è per la ricarica, dando alla missione lo scopo praticamenteultimo. È vero che nell’episodio evangelico citato Gesù silascia commuovere dalla folla che lo ha inseguito e… tornaad insegnare. Ma è anche vero che Gesù ha sempre prefe-rito la qualità spirituale sua e dei suoi alla moltiplicazioneed estensione dei gesti e della predicazione. È vero ancheche l’unione mistica con Lui (“io sono la vite, voi i tralci”)è l’unica e fondamentale condizione per produrre frutti spi-rituali che Lui stesso vuole.

Il silenzio non è diventato solo una necessità psicologi-ca, ma sempre più è stato riscoperto come una esigenza fon-damentale dello spirito, per umanizzare le nostre azioni eper far emergere l’opera di Dio. Immersi nel flusso conti-nuo di parole, emozioni ed immagini, bombardati da espli-citi messaggi devianti da parte degli idoli del nostro tempo,

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camminiamo anche noi, consacrati, a rischio continuo diperdere il controllo del nostro io profondo, della nostrainteriorità e soprattutto di perdere la consapevolezza delMistero che ci avvolge e ci abita e di cui vogliamo essereuno dei volti.

“Mistero” è una parola che ha in sé la radice “tacere”,“cosa di cui non parlare”. È sempre più evidente che ognitestimonianza in parole e opere che siamo a dire e a dareal mondo, se non nasce dal silenzio dell’attesa e della con-templazione si assomiglia a chiacchiera inutile.

Ci sono giornate, anche di persone consacrate: sacerdotie religiosi, che assomigliano a pagine zeppe di scrittura, daitanti generi letterari, senza spazi bianchi.

Per comunicare il Mistero è forse necessaria più la poe-sia che in poche righe, disposte in verticale, esprime qual-cosa di profondo, avvolto da ampi margini bianchi.

La missione cristiana ha al suo cuore il mistero dell’a-more, accolto e condiviso. In amore i silenzi sono più elo-quenti delle parole, afferma Pascal. La commozione diGesù di fronte alla folla che lo cerca, in fondo, nasce da uncuore carico d’amore, quello del Padre che pulsa in Lui, quel-lo dello Spirito che lo sospinge alla missione.

Abbiamo, ora, tra le mani questo terzo scritto di sr AnnaMaria Vissani, l’ultimo di una serie nata durante l’espe-rienza sul monte. È il più autobiografico dei tre, infatti sipresenta come lettere agli amici. Chi è di questa cerchiaha ricevuto parte di questi scritti, ora li trova uniti sotto iltitolo “Silenzio è amore”. La raccolta è accompagnata dadue testi classici della spiritualità eremitica. Uno è delfamoso pellegrino russo e l’altro del monaco ortodosso MattaEl Meskin, recentemente scomparso. È come dire che la suaricerca della solitudine e del silenzio non ha lo scopo dellatranquillità in un mondo di trambusto, ma dell’incontro con

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il Signore, che il Pellegrino Russo racconta in modo vivo.La sua esperienza di solitudine e di silenzio non è affattouna fuga, ma una verifica esigente e combattuta della stes-sa azione missionaria: “in quanto tralcio della vite, che partedi frutti spirituali hai dato?”, incalza Matta El Meskin.

Le lettere riguardano l’esperienza del silenzio che con-duce alla unificazione interiore, alla ricerca di Dio, alla pre-ghiera contemplativa spoglia e libera. Il silenzio ha bisognodi solitudine e di deserto, proprio per “conoscere” le pro-fondità della misericordia di Dio.

Nella terza parte lo sguardo è sulla missione, che oggirivela difficoltà, ma che, a detta della scrittrice, non puòevitare il passaggio per il crogiuolo della solitudine e dellanudità, se è vero che il Regno di Dio si realizza con il dina-mismo misterioso dello Spirito e non semplicemente con inostri sforzi.

Infine da adoratrice del Sangue di Cristo, sempre apartire dalla sua esperienza di vita in una piccola frater-nità, posta nella solitudine del monte, rilegge due vie cherichiedono sempre più chiaramente un cuore più pacifica-to e libero, un cuore pieno di Dio: la via della intercessio-ne crocifissa e l’accompagnamento al discernimentospirituale.

Come gli altri due libri della serie, anche il presente èconsegnato a quanti oggi si ritrovano a cercare l’autentici-tà della vita in mezzo alle fatiche familiari, sociali, e ancheapostoliche e missionarie e obbediscono a quell’invito pres-sante di Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte arifuggire dall’attivismo e a contemplare il Volto di Cristo.«Il nostro è tempo di continuo movimento che giunge spes-so fino all’agitazione col facile rischio di “fare per fare”.Dobbiamo resistere a questa tentazione cercando di “esse-re” prima che di “fare”» (n.15; vedi anche i nn. 16-28).

Mariano Piccotti

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INTRODUZIONE

LA PAROLA DI UN TESTIMONE DEL MONTE ATHOS

Gettando uno sguardo indagatore sulle nostre vite, pos-siamo costatare quanto sia forte, nostro malgrado, l’attra-zione che subiamo a conformarci al ritmo della maggioranzadella gente nel suo attaccamento alle cose di questo mondoeffimero.

È davvero strano osservare negli altri gli errori di que-sto modo d’agire e non essere tuttavia in grado di evitarlia se stessi, continuando invece a sporgersi verso il corteorumoroso degli uomini, come se si fosse stati raggiunti dauna specie di follia della vita, senza potersi sottrarre alla cor-rente dilagante, ma al contrario, accelerando il movimen-to e chiamando altri a unirsi a questa marcia disordinata versoun destino oscuro.

Non sei forse proprio tu, caro lettore, l’oggetto di que-ste parole? Poco importa che tu sia prete o monaco, un con-sacrato o semplice fedele, perché non mi sto rivolgendoall’uomo esteriore, bensì alla tua anima indipendentemen-te da tutte le sue apparenze effimere: in quanto tralcio dellavite, che parte di frutti spirituali hai dato?

Non pretendere di dire al Signore: “Ho parlato nel tuoNome, ho servito il tuo vangelo, ho guarito i tuoi ammala-ti”, per non dover ascoltare il resto del passo: “Allontanatevida me ...avete già ricevuto la vostra ricompensa in dignità,denaro, celebrità e buona reputazione” (cf. Mt 7,22-23; 6,5).

Non dire nemmeno: “Ho frequentato regolarmente la tuachiesa, ti ho presentato offerte ogni giorno e anche incen-so sera e mattina”, per non sentire la dura parola: “Che m’im-porta dei vostri sacrifici senza numero? ... L’incenso è un

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abominio per me” (Is 1,11.13), “... le vostre lunghe preghieresono un pretesto” (cf. Mt 23,14). Tutto questo non è frut-to, ma fogliame verdeggiante; ci è necessario per un certoperiodo di tempo, ma un giorno seccherà e cadrà, lascian-doci nudi all’autunno della vita.

La tua anima, caro amico, è il tralcio, quanto al fruttoche il vignaiolo cerca, esso è il progresso della tua vita nellagrazia e il tuo miglioramento nella vita spirituale. Cerca talifrutti, temendo che gli sforzi del vignaiolo per quel che tiriguarda, restino vani, ciò che tu dai per la pigiatura sia insi-gnificante e la tua fine sia quella del tralcio che viene taglia-to e gettato nel fuoco.

Se vuoi conoscere i tuoi frutti, ritirati nella tua stanza,chiudi la porta, siediti, prega in silenzio e lì esamina le pro-fondità della tua anima; scoprirai allora l’estensione dellatua nudità, scoprirai di non essere quel ricco che credevi diessere, ma povero, pietoso e nudo (cf. Ap 3,17).

Vedrai senza dubbio il tralcio della tua vita, la tua anima,denudata di tutti i frutti spirituali; quanto alle opere e allerumorose attività con le quali riempivi lo spazio, ti appari-ranno come panni sporchi.

Quando sarai totalmente solo davanti a Dio, quandostarai alla sua presenza in un religioso silenzio, vedrai latua immagine come nello specchio di Dio e scoprirai lamediocrità del tuo aspetto e come non gli assomigli innulla.

Nel silenzio troverai l’occasione di piangere per lavarecon le tue lacrime la stupidità delle tue azioni. E uscirai dal-l’udienza divina solo dopo aver ricevuto, ogni volta, nuovoissopo che laverà la tua anima rendendola più bianca dellaneve.

Quando cominciamo a esercitarci nella solitudine, ilcorpo si annoia, la mente ricalcitra, l’uno e l’altra soffronol’oscurità della tomba. L’anima prova dolore e disagio a libe-

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rarsi dal corpo e dalle tenebre dei sensi. Probabilmentequindi, chi entra nella solitudine incontra questo disagio all’i-nizio, ma si tratta soltanto di una svolta critica che richie-de fede e pazienza e che l’anima può superare senza troppadifficoltà, perché percepisce bene che la luce è vicina e chedietro le tenebre della tomba si trova la gloria della resur-rezione.

Quando cominci a esercitarti nella solitudine, non ten-tare di costringere i tuoi sensi a sentire la santità o a perce-pire una qualche visione di Dio; così facendo sfinirai il tuointelletto e il corpo senza risultato, perché Dio non può esse-re visto con il corpo, né percepito con i sensi.

La sola cosa da fare nella solitudine è... non fare nien-te. Attendi Dio nella calma e non volerlo raggiungere conl’immaginazione, né attraverso la considerazione della crea-zione visibile, solo così si genera lo slancio dell’animaverso la presenza di Dio

E se proprio si dovesse fare qualcosa, dovrebbe essereil rientrare in se stessi con compunzione e grande umiltà,rattristandosi per i peccati che hanno prodotto spessi velitra l’anima e Dio. Questi sentimenti impregnati d’umiltàsaranno suscettibili di preparare il cammino sul quale l’a-nima potrà lanciarsi verso Dio.

Quando ti verrà donato di trascorrere un lungo temponella solitudine, scoprirai eccezionali opportunità per starealla presenza di Dio, per svelare la tua anima davanti al crea-tore affinché Egli possa correggerne difetti ed errori e pre-pararla al suo avvento meraviglioso. Così il tralcio saràrinvigorito nella vigna e potrà portare i frutti di vita e di mis-sione: “Il frutto ... è amore, gioia, pace, pazienza, benevo-lenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22).

Matta El Meskin,

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CON IL SILENZIO

E LA PREGHIERA

CONOSCEREMO MEGLIO

LA PREZIOSITÀ

DELLA CROCE

CONSACRATA

DAL SANGUE PREZIOSO

DI GESÙ

(Santa Maria De Mattias)

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e IL SILENZIO DELL’EREMO

Carissimi amici e amiche,su questo monte, nella quiete della solitudine, arricchi-

ta da tantissimi incontri con fratelli e sorelle che salgonofin quassù alla ricerca del silenzio e di una parola di luce,desidero dar voce ai gemiti più profondi dello Spirito.Quanto di bello e di buono mi è stato donato di sperimen-tare, per pura grazia di Dio, lo condivido con voi che avetedimorato in questo eremo.

Una domanda mi viene spesso rivolta da fratelli e sorel-le che scoprono qui un luogo di quiete, avvolto dal mor-morio del bosco: «Perché siete qui»? Voglio sintetizzare pervoi quanto via via ho cercato di comunicare con una rispo-sta sincera e pur sempre povera di certezze umane.

FASCINO PER DIO

Nella cultura del rumore e della frammentazione dellavita che si sposa sempre più con la superficialità, il solita-rio è chiamato oggi a riscoprire, in modo nuovo, un valo-re essenziale che le è proprio: il silenzio.

Ho incontrato molti uomini e donne, figli del nostro tempoche, stanchi e insoddisfatti di una vita senza scopo e privadi significato profondo, chiedono qualcosa che non è né lascienza, né la tecnica, né la moda, né il consumo e nem-meno la dottrina o discorsi intorno alla religione..

In modo anche inconsapevole, chiedono di poter fareun’esperienza di salvezza, un incontro nuovo con la lorostessa interiorità confusa e insoddisfatta.

Chi può indicare loro un percorso possibile?Questa società, ha bisogno di testimoni e cercatori di silen-

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ezio, capaci di ascolto interiore; ha bisogno di uomini edonne che con la loro vita, indichino una nuova forma diesistenza ancorata all’essenziale.

Sarebbe un errore e un peccato se l’eremita si chiudes-se nella sua cella, fatta anch’essa di altri rumori e tensioni,di altre seduzioni e superficialità, e si dimenticasse di que-sta società, che mai come oggi ha bisogno, di maestri e mae-stre di vita. Le comunità eremitiche sono chiamate adessere, oggi come ieri, spazi di silenzio, luoghi dove si puòpercepire la sapienza del raccoglimento, l’armonia del-l’essenziale, la quiete dello spirito, il ritmo tranquillo.

Solo in forza di questo silenzio e di un’attenzione pro-fonda alle mille voci discordanti di questo mondo il soli-tario può pronunciare parole: poche, profonde, giuste, cheinvitano ad una vita più piena e umana.

Molti di voi mi hanno più volte ripetuto che occorronoluoghi adatti a custodire il silenzio interiore; occorronopersone che vivono con l’orecchio del cuore proteso allavoce misteriosa dello Spirito; persone attente alla richiestadi accompagnamento spirituale e umano. Come realizzaretutto questo? Come coltivarlo e purificarlo dalle nuovefonti di rumore e di superficialità? Che tipo di silenzio pro-porre alla società contemporanea?

Il silenzio dell’eremitaggio non è solo silenzio esterio-re. Non è insonorizzazione di uno spazio, controllo deirumori molesti; non è una tecnica terapeutica, una vita tran-quilla, senza incontri con le persone, un esclusivo contattosereno con la natura.

Il silenzio che cerchiamo è prima di tutto uno stare dasoli davanti a Dio.

Il silenzio è mettersi in contatto con le profondità del pro-prio essere, tacere dinanzi all’immensità di Dio, adden-trarsi con fiducia nel suo amore insondabile. Esso è ancherimanere immersi nel Mistero, che non può essere né spie-

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e gato, né narrato, ma solamente venerato, adorato e custo-dito.

Il silenzio ha bisogno di far tacere i rumori, le solleci-tazioni che vengono di fuori. È, soprattutto, far tacere il rumo-re del nostro io, con le sue ambizioni, paure, forme d’orgoglioe autocompiacenze. Il silenzio, quando è pieno, diventa“utero”, che fa maturare la presenza oscura e nello stessotempo luminosa, inconfondibile, amorosa e tenera di Coluiche abita il nostro essere.

Il silenzio è fecondo quando è pieno di Dio. Per perce-pire tale pienezza occorre far tacere il nostro essere davan-ti a Lui, riconoscere umilmente la nostra finitezza e nonattitudine. Tacere davanti a Dio è accettare di esistere in forzadi questa realtà misteriosa e accogliere con fiducia questomistero che è fondamento del nostro essere. Tacere signi-fica scoprire con gioia che c’è qualcosa di più, di là di tutto,qualcosa che ci trascende ma è sempre qui, che fonda e sostie-ne la realtà; sapere che possiamo vivere di questa esperienzafondante.

Il silenzio di cui avvertiamo l’urgenza è soprattutto unfascino per Dio.

È il silenzio di chi si sente affascinato, sedotto, attrattodal mistero di Dio e cerca insistentemente una via perincontrarlo. È ancora il silenzio di chi ha scoperto che inDio è rinchiusa la verità a cui tanto aspira il cuore umano.Egli è l’unico che può curare il vuoto ultimo dell’uomo, cheniente e nessuno può colmare.

Il solitario lo sa, perché ha incontrato ciò di cui si puòvivere e non lo abbandonerà per nulla e per nessuno. Eglirimarrà in Colui che è la fonte di tutta la vita.

Questo fascino per Dio è decisivo in quest’epoca d’i-persollecitazione e seduzione dei sensi.

Forse, carissimi e carissime, vi sorprende quest’orizzontedel silenzio che covate nel vostro cuore come desiderio che

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e spinge a chiedervi: «Quali sono i colori e i sapori del segre-to che ha affascinato uomini e donne nella storia del cri-stianesimo?».

RICERCA SINCERA

Desidero prendere in considerazione alcuni aspetti delvero silenzio, dono della Grazia divina per chi vive in ere-mitaggio e per chi è pienamente immerso nel mondo.

- Cercare, sempre e ovunque, con cuore sincero la pre-senza dell’Amato.

Voler stare accanto a Lui, vivere con Lui. Si tratta di toc-carlo, di sentire in noi la sua vita piena di calore, godere esoffrire la sua presenza amata, sentirlo nascosto nell’inti-mo del nostro essere. Nessuno è esente dall’avvertire la pro-pria fragilità e incapacità di rimanere in silenzio davanti aDio, quando il fascino si traduce in desiderio e brama diAssoluto.

- Mettere al centro d’ogni interesse, come elemento cheimpregna tutta la persona, l’Amore.

Per esprimerlo, nella tradizione mistica cristiana, si sonoimpiegate molte espressioni: fiamma viva di amore, ecci-tazione cieca di amore, nudo impulso di desiderio, scoper-ta della musica silenziosa. Più forte è l’amore, più dolce èil silenzio e più profondo il fascino.

- Accettare la rottura di livello: un capovolgimento dellavita che il silenzio della presenza dell’Amato produce.Questa presenza misteriosa e operante di Dio rende possi-bile una esperienza diversa da quelle incentrate sull’utili-tà, sull’efficientismo, sulla seduzione, sulle mode e sulconsumismo.

- Stare in silenzio davanti a Dio per indicare l’Eterno,in un mondo che vive nel cambiamento continuo. Occorreessere segno del Profondo, in una società sommersa nel-

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el’effimero e nel superficiale; testimoniare l’unico Assoluto,in una cultura rivolta verso il molteplice e il non trascendente.

UNIFICAZIONE INTERIORE

Chi arriva alla cima di questo monte, con il desiderio ditrovare un angolo di silenzio e una parola di consolazione,desidera incontrare qualcuno che, senza interesse umano,sia capace di ricostruire la propria persona e farla vivere inmaniera più degna e umana. Costui chiede aiuto a una per-sona capace di testimoniare che è possibile trovare un fon-damento stabile e un significato ultimo all’esistenza;qualcuno che gli dica che è possibile guarire dal vuoto edalla frivolezza, dalla separazione e dalla solitudine inte-riore.

In concreto, chi bussa alla nostra porta, avverte in pro-fondità che il silenzio contemplativo è fonte di unificazio-ne, di integrazione e di liberazione interiore.

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e I momenti più belli e di grande stupore, per me, sonoquelli dell’incontro con persone a cui posso testimoniareche si può vivere oggi alla radice dell’esistenza; che è pos-sibile liberarsi della superficialità vivendo a contatto con l’es-senziale; che si possono utilizzare le tecnologie e le conquistedel progresso, senza cadere nell’alienazione e diventareschiavi delle mode; che si può essere ben informati senzalasciarsi pervadere dal rumore dei mezzi di comunicazio-ne; che si può vivere, lavorare ed essere in relazione con lavita moderna, senza perdere la gioia interiore e la pace.

Non si tratta di dare una ricetta di relax o una semplicetecnica di auto-conoscenza. Si tratta di mostrare che il silen-zio davanti a Dio e la docilità al suo Spirito, rendono pos-sibile un cammino di umanizzazione.

Lo Spirito di Dio, accolto nel silenzio, è la forza inte-riore che permette di vivere nella verità, fa gustare la vitain tutta la sua profondità, insegna a non dissiparla e a nonpassare superficialmente davanti all’essenziale. L’incontrocon lo Spirito è pace divina che permette di trovare un’ar-monia nuova e un ritmo più sano; fa crescere la nostralibertà interiore e ci apre a una comunicazione nuova eprofonda con Dio, con noi stessi e con il prossimo.

Lo Spirito lavora in silenzio. Lo Spirito libera dal vuotointeriore e dal senso negativo della solitudine; dona la capa-cità di dare e ricevere, di amare e di essere amati nella veri-tà. La Sua presenza dinamica rigenera, fa rinascere ognigiorno, permette di ricominciare di nuovo nonostante la fati-ca, il peccato e il logorio del vivere quotidiano.

Vivere e cercare tempi prolungati di silenzio davanti aDio vuol dire: lasciare che Dio penetri fin nel più profon-do del nostro essere, per cominciare, liberi dalle nostre inu-tili chiacchiere, menzogne e autogiustificazioni, a conoscercialla luce della sua verità. Vuol dire scoprire la nostra pic-colezza e povertà, la superficialità e il vuoto, sentire il biso-

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egno di perdono e di trasformazione. Vuol dire pentirsi delnostro peccato e del tempo sprecato nella ricerca di coseinutili e allo stesso tempo rendere grazie di tutto, perchédavanti a Dio scopriamo anche la nostra grandezza di crea-ture da Lui infinitamente amate, trasformate e salvate dalsuo amore.

SCALATA DELL’AMORE

Carissimi amici, chi di voi ha il coraggio di intrapren-dere la scalata verso la vetta del vero silenzio interiore, sco-pre il mondo, la vita, le cose, l’esistenza intera, con una lucenuova; non si sente estraneo a nessuno e a nessuna cosa. Ècapace di abbracciare interiormente, con pace e amore fra-terno, l’universo intero. È capace di ascoltare il canto dellacreazione e di unirsi alla lode che da essa si innalza a Dio.Soprattutto impara ad ascoltare e ad amare gli uomini e ledonne; trova più facile cogliere tutto ciò che di buono,bello, degno, grande c’è nella vita umana. Gli è più facileascoltare le sofferenze e il dolore di chi vive e muore senzaconoscere l’amore.

Il silenzio davanti a Dio e a partire da Dio dona all’uo-mo e alla donna di oggi la capacità di contemplare il mondocon amore, di guardare la Chiesa con tenerezza e com-prensione, di aprire il cuore, la casa e la famiglia all’acco-glienza.

Non può esistere alcuna scelta di solitudine senza esse-re aperta all’ospitalità generosa e fraterna. Ogni cella ere-mitica diventa un’eco del grido di chi soffre, una scuola direlazione amorosa e un’opportunità di compassione pertutto il mondo.

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e IL SILENZIO DELL’ATTESA

Carissimi amici e amiche,con questa seconda lettera voglio continuare a riflette-

re con voi sulla preziosità del silenzio, come ricerca e setedi pace e di unità interiore.

Abbiamo già detto che il coraggio di intraprendere lascalata del silenzio rende possibile, gradualmente, di sco-prire il mondo, le persone, la vita, le cose, l’esistenza inte-ra, in una luce nuova.

A partire dalla mia esperienza su questo monte, lonta-na per alcuni anni dalla fretta e dai rumori della città, vicomunico la scoperta di un possibile itinerario interiore,che conduce, passo dopo passo, all’ascolto del misterodivino in noi.

Un itinerario di silenzio presuppone un progetto di vita,un orientamento, un senso profondo da dare al proprio futu-ro e il coraggio di sottoporlo al discernimento di un mae-stro di vita interiore, attento alla voce e ai segni delloSpirito.

Ecco alcuni tornanti della scalata del silenzio.

L’ INTERIORITA

La gente di oggi, che vive esteriormente ed è abituata arelazioni superficiali, frettolose e marginali, ha bisogno diun incontro più profondo con testimoni che vivono da pel-legrini nel profondo del cuore, capaci di incontrarsi con lapropria verità; testimoni che ricordano a tutti, qualunque siala rotta che tiene il mondo, che nessuno troverà la vita veraal di fuori della sua anima, malandata ma inabitata dalloSpirito Santo.

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e Solo dialogando fraternamente, con vera empatia spiri-tuale, si può trovare la via della rigenerazione, si può appren-dere l’essenziale. Lo Spirito dona la forza necessaria per laliberazione dalla confusione, per la crescita nella libertà. Chiè docile allo Spirito può orientare le persone ad addentrar-si con pace nella loro interiorità.

LA PURIFICAZIONE

Il contemplativo suggerisce non solo il cammino dell’in-teriorità, ma invita anche a percepire la presenza di Dio checontinua ad offrirsi silenziosamente a ciascuno e ovunque. Egliricorda che c’è uno spazio interiore in cui la persona può incon-trarsi con Dio e, a partire da esso, cominciare a dare un signi-ficato alla vita, un fondamento e un orizzonte nuovo.

Per molti cristiani, che si stanno allontanando dalla pra-tica religiosa, il silenzio e l’ascolto interiore, possono esse-re la via più breve per aprirsi nuovamente al Mistero. Ilsilenzio purifica, risveglia il desiderio di verità e disponeall’ascolto sincero dell’Assoluto.

Molte persone hanno paura del silenzio e della medita-zione prolungata, perché nelle loro coscienze è rimastal’immagine di un Dio che vigila, fa giustizia e condanna esi ha paura di incontrarlo. Il dimorare su questo montetestimonia che il silenzio cristiano è un’esperienza gioiosadi amore e di incontro.

Da questa sorgente nasce la contemplazione: l’espe-rienza, cioè, di essere amati e di amare a livello più profon-do della stessa vita psichica, perché è lo Spirito che ama innoi. Stare in silenzio con e davanti a Dio è sapersi amati.Proprio da questo sentirsi amati deriva l’equilibrio del con-templativo e la profondità della sua esistenza: Io sono amatoincondizionatamente non perché sono buono, ma perché Dioè buono e santo.

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eDio accetta la creatura umana, con le sue contraddizio-ni e incoerenze, il suo peccato e la sua mediocrità. Chi siavvicina a Lui con questa fede, si sente amato e accolto,non cade nella disistima di sè, né in un senso di colpa mal-sano. Sono molti i giovani e gli adulti che hanno bisognodi fare un’esperienza nuova di Dio, passando dalla pauraall’amore, da un atteggiamento difensivo alla consegnafiduciosa di sè

Occorre esercitare una funzione critica verso una reli-giosità che coltiva uno spostamento verso l’interno di carat-tere fusionale, che alcuni psicanalisti definiscono di strutturasimbolica materna. Questa religiosità spersonalizza Dio, eli-mina l’alterità, chiude la persona nell’individualismo; essaconfonde la dimensione psicologica con quella spirituale,l’emozione con la profondità interiore, la quiete con lacomunione con Dio.

Molto spesso mi sono trovata a dover suggerire, con espe-rienze possibili alle singole persone, un silenzio che apreal Dio vivo rivelato e incarnato in Gesù Cristo. Tale silen-zio non è immersione nell’abisso indeterminato della divi-nità o esperienza dell’energia che governa il cosmo, madialogo con Dio Padre che ci offre il suo amore personalein Gesù Cristo. È un silenzio che è ascolto della Parola annun-ciata e incarnata in Gesù Salvatore e Maestro di vita. Tuttoquesto non può essere donato o suggerito come una sem-plice illuminazione della coscienza. È comunicazione fidu-ciosa dell’esperienza e azione di grazie a Dio Padre, Figlioe Spirito. Non è semplicemente invito al relax psicofisico,ma ascolto profondo e fiducioso della Parola di Dio e dellasua chiamata alla conversone evangelica.

L’ASCOLTO

È necessario, oggi, mettere in guardia e scuotere le

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e comunità cristiane dalla mediocrità. Di Elia, il profeta chescoprì nel vento leggero la presenza di Dio, il Siracide diceche la sua parola “bruciava come fiaccola”. I solitari e i con-templativi, i consacrati tutti, oggi, devono indicare che Dionon sta nel vento impetuoso (nel potere, nell’arroganza onell’apparire), non sta nel terremoto (nell’agitazione, nelrumore, nelle molte parole), non sta nel fuoco (nella lotta,nell’ardore, nella passione), ma nel silenzio e nell’ascoltodel mormorio dello Spirito.

Nei nostri ambienti religiosi, nelle comunità ecclesiali,oggi più di ieri, si parla molto, ma quando e dove si ascol-ta Dio? Quando ci mettiamo in atteggiamento umile e sin-cero davanti a Lui?

Lo Spirito continua a sfidarci con luoghi di riferimen-to, cuori attenti alla Sua voce, uomini e donne audaci chehanno ricevuto il carisma del silenzio contemplativo. Costorohanno il mandato interiore di invitare la chiesa contempo-ranea al silenzio e all’ascolto del Mistero e di ripetere a que-sta società le parole di S. Agostino: Perché ti piace tantoparlare e così poco ascoltare? Chi insegna davvero sta den-tro; al contrario quando tu insegni, esci da te stesso e te neesci fuori. Ascolta prima Colui che parla dentro e, dal didentro, poi parla a chi sta fuori.

Isacco il Siro ci ricorda che Il silenzio è il mistero delsecolo a venire. Giovanni Climaco: La pace perfetta del silen-zio è madre della preghiera.

Isacco di Ninive esorta: Molti cercano avidamente, matrova soltanto chi sta in continuo silenzio… Chi si compiacedi molte parole, anche se dice cose meravigliose, è vuotodentro. Se ami la verità, sii amante del silenzio. Il silenziocome la luce del sole ti illuminerà in Dio, e ti libererà dalleillusioni dell’ignoranza. Il silenzio ti unirà a Dio stesso…Ama il silenzio più di ogni altra cosa: ti darà un frutto chenon si può descrivere a parole. Da principio dobbiamo sfor-

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e zarci di essere silenziosi. Ma poi nasce qualcosa che c’in-duce al silenzio. Forse Dio può farti conoscere questo“qualcosa” che nasce dal silenzio. Se lo pratichi, una luceindicibile apparirà su di te in conseguenza …dopo un po’una certa dolcezza nascerà nel bel mezzo di quest’eserci-zio e il corpo sarà indotto quasi per forza a rimanere insilenzio.

Non crediate, miei cari amici, che sia sufficiente ritirarsinella propria stanza, o salire su un monte, per essere in silen-zio. No, il silenzio comincia nella mente, non nella bocca,matura nella capacità di tempi di solitudine, che vuotano ilnostro cuore di tutto: della felicità e della tristezza, della spe-ranza e della disperazione, dell’amore e dell’odio. Questispazi di solitudine abilitano ad abbandonare ogni interes-se personale, ad affidare e consegnare tutto, come uno chesi appresta a entrare nella tomba.

Quando ci sentiremo soli e silenziosi davanti a Dio,quando staremo alla sua presenza in religioso ascolto,vedremo la nostra immagine come nello specchio di Dio escopriremo la mediocrità del nostro aspetto e come non gliassomigliamo in nulla. Dio, nella sua infinita tenerezza, nonci svelerà la nostra vergogna e la nostra nudità in un sol colpo,ma ci farà scoprire, a poco a poco, il nostro orgoglio eattenderà con pazienza la conversione del nostro cuore.

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eLA CONTEMPLAZIONE

Carissimi amici e amiche,Il valore inestimabile del silenzio è quello di essere

luogo e grembo della vera contemplazione dell’eremita ed’ogni uomo o donna di buona volontà.

Ognuno di noi è chiamato, in qualche modo, ad essere“eremita”, un solitario tra la folla e nel cuore del rumoreassordante delle città. Eremita vuol dire essere uomo edonna unificati in Dio.

Il clima del tempo di solitudine è simile al deserto, dovec’è assenza di comodità, dove le sicure abitudini della cittànon sorreggono più, e dove la preghiera è sostenuta sol-tanto da Dio nella prova della fede. La Parola di Dio è unicoconforto e profondo tormento. La preghiera liturgica ècapace di riempire il cuore umiliato e svuotato dalla paura.La purezza del cuore è la scala per entrare in comunionecon Dio. Essa è abbandono incondizionato e umile alloSpirito di Dio, totale accettazione di se stessi e della pro-pria situazione. È un rinunciare a tutte le immagini illuso-rie di se stessi, a tutte le stime esagerate delle propriecapacità, allo scopo di obbedire alla volontà di Dio, chegiunge nelle difficili domande della vita con le esigenze dellasua realtà. La purezza del cuore corrisponde a una nuovaidentità spirituale, è la consapevolezza dell’uomo nuovo.È una lunga traversata del deserto.

L’ATTESA FIDUCIOSA

Da una lunga ed intensa esperienza di silenzio, di pre-carietà, di purificazione interiore, matura la preghiera con-templativa.

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e Essa inizia quando si percepisce di salire il sentierooscuro e sconosciuto dell’aridità prima che ogni altra via.Il contemplativo scopre di non conoscere, di non godere,di non avere prova umana dell’amore di Dio. Accetta l’a-more di Dio nella fede, diffidando di ogni apparente evi-denza.

Amici e amiche carissime, la contemplazione è sem-plicemente un ascoltare nel silenzio e un’attesa colma disperanza. Il vero contemplativo rimane vuoto perché sa dinon poter sperare o prevedere la parola che trasformerà lasua oscurità in luce. Non prevede nemmeno uno specialetipo di trasformazione. Non chiede luce al posto del buio.Attende in silenzio la Parola di Dio e, quando ottiene la rispo-sta, essa emerge dal silenzio, e si rivela improvvisamentea lui come parola di grande potenza, piena della voce di Dio.

Il silenzio, infatti, è la voce di Dio.Solo quando riconosciamo a ritroso questo agire di Dio

nella nostra povertà e vuotezza, possiamo riscoprire il semedella contemplazione, gettato dallo Spirito nella nostraarida e assetata terra, e nelle terribili notti dell’attesa.

La via contemplativa non è una tecnica voluta e studia-ta di autosvuotamento allo scopo di creare un’esperienzaesoterica. È la risposta paradossale all’appello quasi incom-prensibile di Dio, che ci conduce nella solitudine, c’immergenel buio e nel silenzio. Sarà Lui stesso a portarci in salvoda immensi pericoli, comprese le malattie e le solitudini piùaspre, come miracolo d’amore e di potenza divina.

La via contemplativa, in realtà, non è una via. SoloCristo è la via, una via invisibile.

Il grande mistico renano Johannes Tauler afferma:Quando lo abbiamo provato nel profondo della nostraanima, ci fa sprofondare e svanire nella nostra nullità e pic-colezza. Quanto più luminosa e pura la luce si effonde sudi noi dalla grandezza di Dio, tanto più chiaramente vedia-

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e mo la nostra piccolezza e nullità. Infatti è così che possia-mo distinguere la genuinità di questa illuminazione: essaè il Dio divino che splende nel nostro essere, non attraversoimmagini, non attraverso le nostre facoltà bensì nel pro-fondo della nostra anima; il suo effetto sarà di farci spro-fondare sempre più nella nostra nullità.

Possiamo dedurre che la contemplazione è il verticedella preghiera cristiana, perché il Signore desidera più diogni altra cosa diventare la nostra via, la nostra verità, lanostra vita. Egli è venuto per condurci al Padre. Nessunaforza umana può compiere la trasformazione della nostravita interiore.

Nella contemplazione non c’è né desiderio, né rifiuto didesiderio che conta, ma solo quel desiderio che è una formadi “vacuità”, che acconsente a progredire inconsciamentee quietamente dove non si vede la via.

Il paradosso del contemplativo è questo: essere senza desi-derio, lasciarsi guidare da un desiderio così grande che èinafferrabile, un desiderio talmente enorme che si perde. Èun desiderio cieco, che somiglia a un desiderio di “nulla”,solo perché nulla può soddisfare il cuore di chi vive in Dio,e per questo si basa sul vuoto di sé.

Il vuoto non fine a se stesso! La vacuità dei contem-plativi cristiani è l’amore puro, la pura libertà: l’amorelibero d’ogni cosa, non determinato, non dipendente dauna particolare relazione. È l’amore per l’amore. È unapartecipazione, attraverso lo Spirito Santo, all’infinitacarità di Dio.

È arduo questo percorso, amici e amiche carissime, maè possibile per tutti. Ad ogni battezzato è promessa la pie-nezza della comunione con Dio Trinità: la santità. Lo SpiritoSanto custodisce nel nostro intimo tale desiderio e lo risve-glia quando noi decidiamo di lasciarlo libero di operaresecondo la tenera Volontà Divina.

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e Salire sul monte, dimorare per alcuni giorni in un eremo,abitato da persone che accettano di “perseverare” in Dio pertutto il tempo che Lui vuole, per molti di voi è stato un donoe una chiamata.

Per me, per noi, incontrarvi è stato spesso motivo di stu-pore e di rendimento di grazie che ci hanno dato forza e per-severanza a “rimanere salde in Dio” nell’oscurità dei giornie nella precarietà del succedersi delle stagioni, a mille metridi altitudine.

LA PREGHIERA SPOGLIA

Non vi nascondo, carissimi/e, di aver provato spesso losmarrimento e la durezza del deserto.

Il silenzio della vetta, infatti, è quello stesso di molti uomi-ni e donne della Bibbia, che attendono un segno da Dio. Lapreghiera spesso non trova altro sostegno che la nuda fedee il mormorio misterioso dello Spirito.

Nella preghiera- afferma Voillaume - dobbiamo comegiungere ai limiti di noi stessi, delle nostre possibilità, inmodo da essere in grado di esporci a quest’azione delloSpirito Santo che non può essere sostituita da nient’altro.

Il cuore giunge pian piano alla sua pacificazione e all’ab-bandono totale in Dio. Chi vive nel cuore di Dio sperimentauna naturale disponibilità alla compassione e al farsi cari-co di tutti.

Ciò è possibile perchè il cuore umano si scopre poveroe vuoto. Solo allora il vero discernimento, rivestito di silen-zio permette di distinguere le cose che valgono da quelleche sono false. Lo Spirito dona alla creatura la grazia di com-prendere che la salvezza del mondo non risiede nelle atti-vità umane, anche se in nome di una missione, ma soltantonella nuda croce di Cristo. Sul calvario della povertà quo-tidiana Dio ci spoglia di tutto e ci rende conformi a Cristo

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ecrocefisso.Come Elia profeta, noi siamo tentati di adattare le nostre

possibilità e le nostre risorse al fine che ci proponiamo ecrolliamo con facilità di fronte alle prove. La consapevo-lezza della nostra vacuità rimettere a fuoco il progetto ori-ginario del Regno di Dio.

Abbiamo bisogno di solitudine e di silenzio- continuaVoillaume- perché Dio ci rimetta di nuovo di fronte al pro-getto autentico a cui deve come sposarsi la nostra attivitàapostolica.

Veramente il silenzio, accompagnato dalla solitudine eda una ospitalità generosa di quanti salgono sul monte,permette di capire che non è l’attivismo esasperato a soste-nere la trasformazione del mondo, secondo i progetti miste-riosi di Dio, ma piuttosto la testimonianza sofferta e silenziosache “a Dio nulla dobbiamo anteporre”, come spesso ciricorda il Papa Benedetto XVI.

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e LA PROVA DEL DESERTO

Carissimi amici e amiche,abbiamo toccato il vertice del monte a cui Dio vuol con-

durre ogni sua creatura: la contemplazione. Ora torniamoal tempo della prova e della purificazione, il tempo del deser-to: stile di vita per chi decide di vivere tempi prolungati dieremitaggio in un luogo che ha tutte le caratteristiche dellaprecarietà e dell’arida solitudine umana.

LA SETE ARDENTE

Afferma Jean Lafrance: Per poter parlare al nostrocuore e mostrarci il suo Volto (Os 2,16), Dio deve condur-ci nel deserto. Tutti quelli che hanno fatto esperienza di vitaeremitica, lo sanno bene: quegli anni di silenzio e solitu-dine ci mettono duramente a confronto con noi stessi e cifanno perdere le illusioni che abbiamo su di noi. È quelloche accadde al popolo dell’Esodo, destinato a prenderecoscienza della propria povertà attraverso i suoi fallimen-ti, le sue ribellioni e la sua conversione.

È interessante rileggere il libro dell’Esodo in questaprospettiva. Vivere un lungo tempo in solitudine significaentrare nella prospettiva del grande Evento biblico della tra-versata del deserto. Significa impegnarsi a ruminare, gior-no dopo giorno, le parole che svelano l’amore immenso diDio per il suo popolo.

In questo percorso siamo molto lontani dalla dolcezzadel giardino in cui Dio si manifesta nella brezza della sera.Il popolo guidato da Mosè sperimenta la fame, la sete, è con-tinuamente minacciato dai nemici naturali o dagli egizianie allora arriva a rimpiangere le cipolle dell’Egitto e le pen-tole di carne. La manna appare insipida e la sete rende

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eimpossibile il cammino: Perché ci hai fatto uscire dall’Egitto,per farci morire di sete...? (Es 17,3)

Gli israeliti scoprono la durezza del loro cuore e Mosèè costretto ad alzare le braccia e a intercedere presso Dioper ottenere il perdono e la riconciliazione. Dio placa la suacollera e si riconcilia con il popolo. Molti secoli più tardi,i profeti comprenderanno che il tempo trascorso nel deser-to è stato un tempo di grazia, un’epoca in cui Dio si è unitoal suo popolo in modo unico e del tutto privilegiato (cf. Os2,16 e 21-22).

Tutto ciò vale anche per noi quando attraversiamo la provadella solitudine, che è un deserto, anche se non sempre unluogo geografico. Quando Dio non ha un luogo deserticosottomano, ci pone in un deserto spirituale, in seno alla fami-glia, ad una comunità, o in un posto di lavoro, e allora spe-rimentiamo la nostra povertà e la nostra miseria; in una parola,ci accorgiamo di avere un cuore duro che si chiude all’a-more. Se potessimo capire che di là dalle nostre ribellionilo Spirito Santo è pronto a unirsi a noi nel più profondo delnostro essere, diremmo con il profeta Geremia: È beneaspettare in silenzio la salvezza del Signore. È bene per l’uo-mo portare il giogo fin dalla giovinezza. Sieda costui soli-tario e resti in silenzio, poiché egli glielo ha imposto; caccinella polvere la bocca (Lam 3,26-29).

Nell’esperienza della sete ardente, nell’aridità del deser-to, ogni persona deve lasciarsi riconciliare con Dio e nellostesso tempo con se stessa e con i fratelli. In altre paroledeve convertirsi per diventare povera, come un bambino acui sono rivelati i segreti del Regno.

Ci viene offerta un’unica sorgente d’acqua, che scatu-risce dalla dura roccia dello spogliamento: lasciarci sedur-re e condurre da Dio nel deserto dove saremo iniziati almistero di una nuova nascita. Può accadere anche a molticonsacrati che ricevano solo all’ultimo momento quest’in-

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evito ad andare nel deserto, dove gli si rivelerà il Volto di Cristo.Dio si serve abbastanza spesso dei "quarant’anni di deser-to" per introdurci a quest’iniziazione al mistero del suoVolto. Il modo con cui si reagirà all’invito e all’opportuni-tà che ci si offre sarà decisivo e lo scoglio delle tempestesi trasformerà nel "Capo di buona speranza"! Altrimenti Dioaspetterà un’altra occasione propizia che potrà presentarsisolo al momento della nostra morte, anch’essa tempo di pre-muroso invito di Dio, per immergerci nel deserto estremodella solitudine.

Guardiamo, cari amici e carissime amiche più da vici-no cosa accade nel cuore di chi ha avuto il dono di viverela dolce e tremenda solitudine come un deserto. Egli nonha più niente né nessuno e deve avanzare di là delle sue pos-sibilità umane e di tutto ciò che rende possibile la relazio-ne. Pian piano e tra le lacrime scopre quanto è ancoraimpura la sua fiducia. Crede in Dio, ma deve sperimenta-re come la sua fede si basa ben poco sulla vera speranzateologale. Egli fa ancora leva sulle proprie forze, sulle pro-prie qualità, sulle proprie virtù, su ciò che lo circonda. Neldeserto tutto crolla ed egli è alla mercé del più piccoloimprevisto, come Pietro che cammina sulle acque e appe-na smette di guardare Gesù va a fondo.

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e RICONCILIAZIONEE MISERICORDIA

Carissimi amici e carissime amiche,nella più quieta solitudine di un inverno ricco di neve

viene spontaneo riflettere sul senso del deserto come pre-carietà, che abilita al distacco da tutto e da tutti, per vive-re solo dell’essenziale.

Ci sono tempi, più o meno lunghi, in cui la durezza dellaprecarietà si fa sentire come il non potersi appoggiare anessuno e senza prospettive di futuro.

Diventa allora bruciante l’attesa che il sole si alzi eridoni la speranza di una primavera che fa fatica a impor-si su questo monte.

LA PRECARIETÀ DEL DESERTO

La precarietà chiama a vivere solo di speranza, di atte-sa, di fedeltà all’oggi di Dio nella piccolezza e nella fragi-lità del tempo: le ore, le giornate spesso grigie e monotone,i mesi che portano in sé le ferite, le delusioni, le incom-prensioni, i desideri non realizzati e tutta la povertà di mezzie di persone. Restare fedele a quel deserto che lo Spiritooffre ogni giorno e nel quale chiama a rimanere, è la solasopravvivenza.

A volte questo “status” è talmente fragile e spoglio d’o-gni prospettiva di futuro, che il cuore sperimenta una realee profonda lacerazione interiore.

La precarietà, infatti, frantuma il cuore, lo mette alla prova,lo spoglia di ogni pretesa e della possibilità di confidare inse stesso e lo pone in un particolare stato di pentimento.

La Bibbia descrive il deserto come una “terra secca, asse-

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e tata e senz’acqua”. Chi vi si avventura, sempre guidatodallo Spirito di Dio, generalmente non sospetta a qualeprova si espone. Ben presto incontra la desolazione, l’iso-lamento, la mancanza di viveri e di nutrimento terreno.Dio si sottrae, talora per giorni e anche anni. Può accade-re di stancarsi, di scoraggiarsi, a volte anche di crollare,costretti come siamo a vivere ridotti ai minimi termini,facendo, giorno dopo giorno, l’esperienza cocente dellapovertà, della debolezza, della radicale impotenza, della evi-dente inutilità ed inefficienza umana.

Numerosi e svariati sono i campi in cui questa debolezzapuò manifestarsi. Il fatto è che essa emerge quasi semprelà dove siamo più vulnerabili, nel nostro punto debole,dove siamo totalmente sguarniti. Ci ritroviamo spesso al limi-te estremo e quasi mortale della nostra debolezza, dove nonresta più che una sola speranza: quella di abbassare final-mente le armi e di capitolare davanti a Dio. Nel profondodel nostro cuore, allora, avvertiamo la spinta ad abbando-narci alla misericordia divina, accettando di cedere il testi-mone allo Spirito, unico maestro interiore, nel momentopreciso in cui siamo sul punto di sprofondare.

Dio viene presto a frantumare lo specchio del nostro idea-le di perfezione nel quale amiamo gettare ogni tanto unosguardo furtivo. Quando Dio frantuma il nostro cuore, cisentiamo ridotti a una realtà insignificante, e non sappia-mo più uscirne. Questa crisi colpirà anche la preghiera eperfino la fede. È il deserto della preghiera; un desertonecessario per raggiungere la contemplazione.

Questo svuotamento può portarci molto lontano e sve-larci nel più profondo di noi stessi dei mostri che preferi-remmo non conoscere. È come trovarci di fronte al nostroateismo. E da lì si riparte per una reale conoscenza ed espe-rienza della misericordia di Dio.

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e Il VOLTO DELLA COMPASSIONE

Verrà il giorno, ma non sappiamo quando e come, in cuipotremo dire come san Paolo: So, infatti, a chi ho creduto(2 Tm 1, 12). Nel momento in cui capiremo che tutto dipen-de dal reciproco interscambio fra misericordia divina e lanostra fiducia, vivremo nel totale abbandono.

Ma questo, carissimi/e, è un punto di arrivo.È tipico della fiducia non cercare altro e contare solo sul-

l’amore e sulla misericordia. Per poterci affidare soltantoalla misericordia, occorre fare l’esperienza del salmista egridare a Dio: Nel mio affanno invocai il Signore, nell’an-goscia gridai al mio Dio. Dal suo tempio ascoltò la mia voce;al suo orecchio pervenne il mio grido (Sal 17,7). Come gliEbrei nel deserto, capita di trovarci di fronte a un pericoloreale e invocare Dio perché egli ci esaudisca. Non è più pos-sibile contare su altre cose se non su di lui e su lui soltan-to: Chi si vanta dei carri e chi dei cavalli, noi siamo fortinel nome del Signore nostro Dio (Sal 19,8).Tutti noi, in qual-che modo, dobbiamo recarci nel deserto affinché Dio possainfrangere il nostro cuore di pietra e riconciliarci con lui.

Il deserto è sempre il crogiolo della nostra fede, ed è ancheuna sorgente di limpide acque, da cui scaturisce la vera pre-ghiera. Essa non sarà frutto dei nostri sforzi, ma volontà diun Dio che vorrà colmarci della sua misericordia! Occorrepertanto fare in modo che Dio s’intenerisca, come il cuoredi un padre si lascia commuovere dai gemiti del figlio infer-mo o malato. Siccome però non si può costringere Dio, l’u-nica cosa da fare è dirgli: "Riconosco che non mi è dovuto,che non ne sono degno, ma te lo chiedo a causa del tuo Nomeche è Misericordia". L’avere ammesso e confessato la nostramiseria dà modo a Dio di intenerirsi e fare breccia nelnostro cuore di pietra. A volte ci vogliono degli anni per-ché questa preghiera sgorghi spontaneamente dal cuore di

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euna persona, sia essa prete, religioso, o laico. È la pre-ghiera di chi sa farsi bambino, “piccolo per il Regno deiCieli”.

Il tempo della solitudine e della prova ci rende capacidi saper dire a Dio "per piacere", perché non basta dirlo conle labbra, occorre che parta dal fondo del cuore e ciò com-porta una confessione molto efficace, profonda e merito-ria: Dio non ha alcun obbligo di esaudirci. Egli lo desidera,ma a patto che gli accordiamo una fiducia illimitata e incon-dizionata. È allora necessario che, alla fine, ognuno di noisi ritrovi in una particolare esperienza di deserto. Il deser-to c’insegna, così, a pregare, ad amare e a lasciarci ricon-ciliare con Dio e con i fratelli e le sorelle. Il solitario nonsi emargina dal mondo, ma vive una comunione più inten-sa e particolare con tutti, perché tutti egli porta nel cuoredella misericordia divina. È importante ripeterlo e impedi-re che chi non comprende tale invito renda insipido il saledella terra. Dio soltanto può riconciliare l’uomo con sé econ suo Figlio Gesù Cristo. E in Lui soltanto possiamoincontrare i fratelli e le sorelle, con cuore capace di com-passione.

Paolo, parlando della riconciliazione, non parte dall’i-niziativa dell’uomo, ma da quella gratuita di Dio: Tutto que-sto però viene da Dio, che ci ha riconciliato a sé medianteCristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazio-ne. È stato Dio, infatti, a riconciliare a sé il mondo inCristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidan-do a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quin-di da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse permezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciate-vi riconciliare con Dio (2 Cor 5,18-20). È a questa ricon-ciliazione, apice della vita cristiana, che Dio vuol condurreognuno di noi, perché la compassione diventi l’habitusdelle nostre relazioni fraterne.

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e LA NUDITÀDELLA MISSIONE

Carissimi amici e amiche,è stato molto costruttivo e di grande consolazione con-

dividere con molti di voi la segreta forza interiore che citrattiene nel cuore di questo piccolo eremo, senza maidimenticare il mondo da amare.

Vi voglio raccontare come Dio, dopo aver scelto una per-sona per confidarle una missione, usa mezzi e tempi per ren-derla sua amica e confidente. La chiama in disparte percomunicarle i suoi divini segreti. Normalmente Dio non parlanel chiasso o nel tumulto delle cose da fare e da realizza-re: “La attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò alsuo cuore” (Os 2,16).

Dio ha sempre agito così con i patriarchi, con i profe-ti, con tutti i suoi eletti. Gesù stesso vivrà l’esperienza deldeserto, in vista dell’adempimento della volontà del Padre.Chiama i discepoli e li invita a “stare con Lui”.

Posso testimoniare come solo una tale certezza aiuta asuperare l’asperità della solitudine, con tutte le prove cheessa incontra nello scorrere dei giorni e degli anni.

IL DESERTO DELLA MISSIONE

Troppo spesso abbiamo creduto che il primo scopo dellanostra vita fosse la missione e che tutto di noi dovesse esse-re plasmato a tal fine. La missione ha rischiato, molte volte,di mascherare in qualche modo la vera esperienza di Dio,che dovrebbe, prima di tutto, trasparire dal nostro stile divita. Nella Bibbia, infatti, ogni invio in missione è prece-duto da un tempo di ritiro nel deserto.

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eCi chiediamo perché Dio sceglie il deserto, questo luogoarido, duro e inospitale? La motivazione è intrinseca allastessa missione a cui la persona è chiamata e al tipo d’in-timità che Dio vuole realizzare.

Noi siamo continuamente tentati di considerare la mis-sione dal punto di vista delle relazioni umane, e dell’effi-cienza (o efficacia) immediata. Vogliamo soppesare lenostre capacità umane, le possibilità di riuscita, accordan-do il tutto con le nostre reali capacità umane.

Normalmente vi è una radicale sproporzione tra l’am-piezza del compito che Dio ci affida e la povertà dei nostrimezzi umani.Siamo posti di fronte a un mondo che metteal primo posto delle sue preoccupazioni il denaro, il pia-cere, e il potere. Noi tutti siamo chiamati ad essere giudi-cati a partire dalla nostra povertà, dalla capacità di solitudinee di rinuncia, e dall’umiltà.

Dio, nella sua benevolenza, c’invita ad entrare in rela-zione con Lui. Questa relazione d’amore è oltre ogni espe-rienza umana sensibile. Il mondo ci prospetta esperienzetangibili e sempre più eclatanti. Per questo motivo non pos-siamo essere compresi e accolti nell’immediatezza della logi-ca umana. Lo scoraggiamento di chi si trova in questestrettoie mondane, è normale: è lo stesso scoraggiamentodi Elia profeta, che si scontra con l’impurità, l’egoismo, l’in-credulità, si siede sotto un ginepro e dice: Ora basta,Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono miglioredei miei padri (1 Re 19,4).

Proprio nel momento in cui tutto sembra crollare attor-no a noi e la situazione sembra perduta in modo irrimediabile,Dio ci fa passare nel deserto al pari di Elia. Ci vuole far capi-re che il motivo delle nostre azioni non dipende dalle risor-se umane, ma dalla forza divina. Non si costruisce il Regnodi Dio con la nostra generosità umana, ma con il dinami-smo dello Spirito. A tale scopo Dio sceglie tempi e luoghi

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eper manifestarsi come primo ed unico motivo del nostro vive-re e operare. Egli ci fa fare l’esperienza del crollo delle nostreiniziative, della nostra inutilità, della passività, fino all’e-marginazione.

Il deserto che dobbiamo attraversare, come lo è stato perElia, è la prova del limite delle nostre forze, perché possiamogiungere all’abbandono in Lui. Riconoscere d’essere sprov-visti d’ogni ricchezza umana è una delle tappe fondamen-tali della maturazione spirituale. È anche il presuppostonecessario per lavorare in modo efficace al Regno di Dio.

Il Signore si serve di Elia, come di ognuno di noi, pro-prio nel momento in cui ci riconosciamo poveri e al limi-te delle nostre forze umane.

Ogni opera è di Dio e solo a Lui appartiene realizzarla;per questo si serve di strumenti inadatti, perché tutto sia ripor-tato interamente a Lui e in modo verginale.

LE POVERTA’ DELL’APOSTOLO

La povertà è una delle leggi radicali del mondo sopran-naturale.

Il tempo di deserto ci è dato perché facciamo l’esperienzadei nostri limiti e della nostra povertà, prima di ricevere larivelazione della stessa dolcezza divina. Quando le risorseumane e la grazia coincidono possiamo essere certi che anco-ra troppo di noi è presente nella missione. La tentazione delripiegamento su noi stessi o dell’autocompiacimento deviale nostre intenzioni che apparentemente riteniamo pure.

Nel tempo dell’eremitaggio Dio ci rivela anche questopeccato segreto, che è attaccamento radicale a ciò che fac-ciamo o che riteniamo missione.

Ecco perché ci arriva la chiamata a percorrere il sentie-ro della solitudine e del silenzio.

Nel deserto non possiamo più contare sugli altri e sulla

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e loro approvazione. Non si può più fare del teatro e pren-dere le sembianze di un personaggio o di un compito da svol-gere, perché si è posti dinanzi alla dura realtà di noi stessi.Dio fa silenzio, perché è l’unico modo che ha per rivelar-si. Sperimentando Dio lontano e non udendo più la sua voce,siamo costretti a cercarlo con fede pura. Alcuni giorni que-sto silenzio può pesare tantissimo, fino ad essere tentati diabbandonarlo per fare qualsiasi cosa.

Entrando nel deserto, Elia lascia il suo servo a Bersabeae deve camminare da solo per un giorno nella regione deser-tica di Giuda. Il profeta deve passare attraverso il desertodelle purificazioni per poter conoscere relazioni più alte epiù intime con Dio. Sperimenta allora la tentazione dellastanchezza e dello scoraggiamento: desideroso di morire (cf.1 Re 19,4).

Il deserto non ci priva soltanto della presenza degli altri,ma ci obbliga anche a morire a noi stessi e ad evidenziareil nostro cuore di pietra. Come Mosè, occorre togliere i san-dali (cf. Es 3,5) e camminare scalzi a rischio di essere scot-tati dalla sabbia o morsicati dagli scorpioni.

Per lunghi anni ci siamo cuciti questi sandali per potercamminare, difenderci dalle scottature della sabbia e daglianimali pericolosi. Abbiamo creduto necessario acquisireun bagaglio di conoscenze con una lunga preparazioneintellettuale e spirituale, per affrontare la missione affida-taci e abbiamo forse camminato senza lasciarci ferire dallepietre disseminate lungo la strada. Ci siamo protetti da Dio,senza saperlo forse fino in fondo.

Nel tempo di solitudine e di silenzio questo tipo d’or-dine, che ci sembrava costitutivo anche della nostra con-sacrazione religiosa, ci appare del tutto formale. Alloraoccorre decidersi di togliere i sandali e mettere da parte tuttociò che ci protegge dall’ardore di Dio.

Crolla il muro delle protezioni perché possiamo ricevere

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e la bruciante rivelazione di Dio. Avevamo protetto il nostrocuore di pietra con una membrana capace di isolarlo allafusione dello Spirito Santo. E in qualche modo abbiamoanche sofferto spesso per questo tipo di protezione e nonabbiamo mai avuto il coraggio di spogliarcene.

Nel tempo della prova che Dio ci riserva, in un eremoo in altro luogo simile, avviene questa purificazione e nonsenza dolore. Risulta sempre duro e umiliante riconoscer-ci poveri davanti a Dio. Allora i nostri occhi si aprono nonsolo sulla nostra miseria, ma pure sulla ricchezza e lo splen-dore di Dio che vuole rivestirci della sua bellezza e del suoamore.

Carissimi/e, è senz’altro un dono di Dio provare ladurezza di questa chiamata, che ci isola, per un tempo piùo meno lungo, da tutto e da tutti, immergendoci in un vuotosenza pari, un vuoto che non ha nome, perché l’unico nomeè “Spirito di Dio”.

Si giunge così a comprendere che non siamo noi a sce-gliere la regola della missione a cui Dio ci manda, ma Diostesso ci rivela il suo volere, passando per la nostra estre-ma povertà. Lo Spirito di Dio trafigge il nostro cuore, la fiam-ma dell’amore ci conforta, ci cauterizza, ci guarisce e ci invia,liberi e spogli di noi stessi, alla missione.

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e LA PREZIOSITÀDELL’INTERCESSIONE

Carissimi amici e amiche,vi dono la bellezza della esperienza ai piedi del Crocifisso,

quando, avvolta dalle abbondanti nevicate del duro inver-no, i vostri volti popolano la piccola cappella dell’eremo.

Il Crocifisso, che a San Francesco ha parlato e a SantaMaria De Mattias ho scavato solchi profondi di interces-sione amorosa nelle sue lunghe notti di contemplazione spon-sale, ogni venerdì si illumina al riflesso del cero pasqualee invita a inginocchiarsi per una prolungata adorazione.

Dal deserto innevato della montagna al silenzio dellapiù pura compassione; dalla Parola crocifissa, come nutri-mento misterioso per la missione, all’intercessione pertutta l’umanità. La missione scaturisce dal Costato trafit-to di Cristo Crocifisso; si nutre del Sangue che scendelungo i sentieri della montagna, penetra nelle piazze dellecittà, nei luoghi di maggiore sofferenza e nell’animo diogni creatura che Dio ama e perdona ogni momento.

LA FECONDITÀ DELLA CROCE

Il Crocifisso mi è sempre apparso un albero glorioso chesvetta verso il cielo e con il volto rivolto verso chi si poneai suoi piedi e sosta in silenzio, per ascoltare l’unica vocedivina che è silenzio d’amore.

Ricordo lunghi momenti di adorazione e di lacrime inte-riori, consapevole di una Presenza dolce e compassionevole.Ogni Crocifisso di solito viene scolpito o dipinto con il Capodel Signore reclinato verso terra, mostrando l’eleganza delVolto di un Dio che rivela la Sua infinita misericordia.

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eLo sguardo amabile del Cristo che ha dato tutto peramore, riposa in un dolce silenzio, che accompagna l’of-ferta più alta della storia! Nessun sacrificio d’amore è tota-le e sincero se non è avvolto dal silenzio di chi si offre senzaattendere risposta, perché sa che l’amore è più forte dellamorte. Per questo possiamo ripetere con tutti i Santi: Tu seiil più bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusala grazia (Sal 44,2).

Spesso nelle ore più buie della sera ho sostato in silen-ziosa attesa, accogliendo il dolce invito a restare tra i rividella vita, che scorrono giù dal Suo Costato trafitto

Dal silenzio di quel Cuore squarciato l’unica voce chepochi sanno udire è “perdono”. L’unico impegno che tuttipossiamo adempiere è comprendere a quale regalità siamostati realmente chiamati. Noi piccoli e fragili creature cam-miniamo a tentoni dentro questa storia tanto martoriata ecrocifissa, e dobbiamo dare voce ad ogni grido di angosciae di disperazione che rompe il sacro silenzio dell’Amoredivino.

Tante persone salgono fin quassù e lasciano scorrere lacri-me di dolore; lacrime assorbite dal vecchio pavimento delsantuario della Madonna del Monte; lacrime di tante donne,uomini, giovani e anziani che hanno sostato a lungo davan-ti all’icona di Maria, perché ella implori misericordia pres-so suo Figlio crocifisso e risorto. Il pianto è sempre un intimoincontro con il silenzio della vita, con il vuoto che spessotroviamo nella stanza solitaria della nostra vita, con glispazi, a volte troppo grandi, dei nostri fallimenti, con le graf-fiature intime dei nostri affetti raffreddati dalla prova edalla corsa verso le vanità, con gli squarci violenti degli avve-nimenti improvvisi che ci spogliano di tutto, con le crepedi dolore per la separazione da persone care. Il pianto è ancheardore sincero del cuore di chi non smette di fare la veritàcon se stesso e aspetta con ansia una risposta da Colui che

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e ha conosciuto la vita, tutta la vita e l’ha resa sacra con l’at-to supremo del dono di sé, una volta per tutte.

Quanti di noi, miei cari fratelli e carissime sorelle, nelsilenzio di una preghiera a volte furtiva, nella solitudine diuna confessione sincera, durante una processione, nasco-sti tra la folla e in silenzio, abbiamo atteso una parola, unosguardo compassionevole del Signore e nella notte ci siamotrovati più sereni, senza sapere perché!?

La Croce ci ricorda che una vita riuscita dipende dal sapersedere con dignità sul trono della prova quotidiana e del mar-tirio che la vita ci prepara. La fedeltà all’amore impone disalirvi con purezza interiore. Il tuo trono, Dio, dura per sem-pre…Le tue vesti son tutte mirra, aloè e cassia, dai palaz-zi d’avorio ti allietano le cetre (Sal 44, 7-10)

Quanti troni il mondo prepara e propone alla nostraricerca di gloria! Essi ci lasciano l’amarezza nel cuore.

Il Cristo, dal suo trono glorioso, ci invita a non chiude-re mai il flusso di perdono e di solidarietà per tutti. Ciò èpossibile solo se diventiamo servitori dell’amore. Coluiche, inchiodato su quella croce, si lascia incatenare dalladurezza del potere umano, entra silenzioso con la nostra inter-cessione nelle prigioni del mondo, nei campi di concen-tramento, nelle case diroccate o distrutte dai missili diguerra, tra le mura delle famiglie distrutte da malattia dalfallimento dell’amore o dall’odio. Non si pone lontano oin alto, ma dentro ogni cuore e ascolta.

LO ZENITH DELLA VITA

Tra il punto zero della vita, dove regnano la guerra e lamorte, l’infedeltà, l’odio, il tradimento, la sterilità, il deser-to della prova… e lo zenith della storia amata e redenta dal-l’amore di Dio, c’è Lui il Crocifisso, piantato nella nostrafragile terra e svettante verso il punto più alto della volta

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e celeste, posto sulla verticale della nostra ricerca di salvez-za. Tra il Crocifisso e il nostro prossimo ci siamo noi in atteg-giamento di offerta. Dal Volto splendente dell’Uomo-Diovissuto solo per amore, raggi di luce, di speranza e di vit-toria, cadono giù e si posano su ognuno di noi, liberando-ci dalle ombre di morte.

Effonde il mio cuore liete parole, io canto al re il miopoema… Farò ricordare il tuo nome per tutte le genera-zioni e i popoli ti loderanno in eterno, per sempre (Sal44, 1.18).

Sostare ai piedi del Crocifisso, nella cattedrale immen-sa di questo bosco di castagni, abeti, acacie e betulle, vuoldire stupirsi della Sua grande promessa che si è fatta real-tà: Chi ha sete venga a me e beva (Gv 7,37)

Chi dal profondo silenzio punta i suoi occhi sulla Croceradiosa del Signore si ritrova orientato verso lo Zenith dellavita. L’esperienza più luminosa che ci è dato di fare è quel-la di essere elevati al di sopra di ogni povertà e peccato delnostro “punto zero”, per trovarci nella traiettoria della SuaLuce divina.

È questo il senso più vero del porre il Crocifisso al cen-tro di una Chiesa e nel cuore delle nostre case. Se lo por-tiamo, dorato, al collo, abbiamo anche la fortuna di offrirgliil nostro petto come trono di gloria. Quella croce e quel Voltomisericordioso del Crocifisso ci ricordano che dobbiamopuntare lo sguardo sempre verso lo Zenith della nostra veralibertà.

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eACCOMPAGNAREIL DISCERNIMENTO

Carissimi amici e amiche,il Signore ci fa vivere tappe di silenzio, di deserto e tempi

di nudità interiore per trasformare il nostro cuore e pre-pararci alla particolare missione che ci immerge nel mondo,per elevarlo all’altezza dell’Amore divino. Per questo com-pito avvertiamo urgente una rinnovata effusione delloSpirito. A chi viene restaurato interiormente dalla provanel deserto, per una completa donazione di sé, la tradi-zione cristiana indica come via maestra il discernimentospirituale.

L’ASCOLTO DELLO SPIRITO

Il discernimento è un dono dello Spirito Santo e consi-ste in una nuova sensibilità, capace di percepire l’invisibi-le nel visibile, le urgenze del Regno di Dio nell’esperienzacontemplativa come nell’esperienza attiva. È come un esse-re risvegliato dal mormorio dello Spirito che grida in noi“Abba, Padre”, un riconoscere la pulsione interiore di quel-lo stesso Spirito che invita dolcemente a passare all’azio-ne. Il cuore di ogni apostolo, sempre in stato di veglia, èinvitato a spiare, a scrutare lungamente e ad ascoltare. Adesso è dato di captare l’azione interiore dello Spirito Santo,sia che lo Spirito preghi in noi, sia che ci inviti a compierel’opera del Padre.

Nella psicologia dell’uomo nuovo questa capacità didiscernere nello Spirito è, in un certo senso, più importan-te dei doni della preghiera o dell’impegno apostolico. Questiultimi, infatti, dipendono strettamente dall’influsso dello

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e Spirito e dalla capacità del soggetto di cogliere correttamentela Sua presenza. Che egli si lasci afferrare dal silenzio amo-roso e dalla preghiera, o che acconsenta a essere inviato perla testimonianza apostolica, ciò è sempre opera del mede-simo Spirito.

Al contrario, nulla è più rischioso che pretendere didecidersi per una esperienza di eremitaggio, darsi alla pre-ghiera, o credersi inviati ad evangelizzare, se si è perso ilcontatto interiore con lo Spirito. Nulla è più sterile del-l’impedire allo Spirito di mormorare in noi e di percepirnela voce. Ogni vita contemplativa vera, ogni vita apostolicaautentica sarebbe, in questo caso, compromessa.

L’ASCOLTO DELLA VITA

Per renderci capaci di discernere la vera volontà di Dio,lo Spirito ci spinge a tempi di deserto e di prolungato silen-zio. Dall’urgenza della missione scaturisce l’abilità a cer-care quei momenti di silenzio interiore, di deserto ritrovato,che permettono di “auscultare” la vita di tutti.

Il silenzio permette ad ognuno di noi di percepire imovimenti dello Spirito Santo, per regolare su di essi tuttol’agire umano. Questa grazia è strettamente legata al donodella preghiera che, essa pure, ha bisogno dell’orecchio inte-riore per mettersi all’unisono con i gemiti dello Spirito. Ilcontemplativo nella preghiera e il contemplativo nell’a-zione s’incontrano in quest’ascolto e sguardo interiore, inquesta sensibilità particolare della creatura nuova, che la tra-dizione chiama la diákrisis o discretio: il discernimento spi-rituale. La condizione indispensabile perché il credente -sia che preghi, che lodi Dio o che gli renda testimonianza- è rimanere innestato sull’agire stesso di Dio.

Il discernimento spirituale è quindi il terreno comune trai due tempi di ogni vita cristiana: il tempo del silenzio e della

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econtemplazione pura e il tempo della dimensione aposto-lica. Entrambi hanno origine dalla stessa realtà spirituale,dotata di un orecchio il cui timpano vibra all’unisono conil minimo mormorio dello Spirito, e di uno sguardo ingrado di percepire i primi barlumi della presenza del Signore.

Dalle origini della vita monastica e poi di quella religiosa,il discernimento spirituale è sempre stato il tesoro nasco-sto, la sorgente di luce che muove a scelte di novità e di auda-cia apostolica. In molte situazioni di vita esso è, oggi, ancheciò che di più sostanzioso è stato perduto. Solo dal corag-gio di intraprendere un serio cammino di maturazione spi-rituale, attraverso la via del discernimento, l’eremita e ilmissionario sapranno scorgere i germi di novità e i sentie-ri nuovi, racchiusi nel mistero pasquale di Cristo, per unanuova primavera nella Chiesa.

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e CON MARIA,MADONNA DEL MONTE

Carissimi amici e amiche,metto nel cuore di Maria, Madonna del Monte, tutte le

riflessioni condivise con voi. Ella serbava tutte le Paroledi vita nel silenzio del suo cuore.

CUSTODE DELLA VOCE DI DIO

Ci racconta l’evangelista Luca: Maria conservava tuttequeste parole, meditandole nel suo cuore (2,19).

Da profondo conoscitore dell’animo umano e genialepittore del volto di Maria, l’evangelista esprime l’atteggia-mento della Vergine di fronte agli annunci degli angeli,all’accorrere dei pastori, desiderosi di vedere la Parolaaccaduta (cf. Lc 2,15). Ella è figura del credente che, purconoscendo bene i fatti, non può mai fare a meno dell’a-scolto del Mistero che la Parola divina contiene. Lo stessoverbo “diaterein” che Luca usa per esprimere questa custo-dia di Maria, contiene nella sua radice il custodire attraversoil tempo. Vuol dire custodire i semi gettati nel cuore e saperattendere che essi crescano fino a maturazione della pian-ta e del frutto.

Maria, proprio per questa sua capacità di meditare e con-frontare gli eventi illuminati dalla Parola, si propone comela donna della silenziosa e amorosa attesa. Il verbo custo-dire dice anche la capacità di meditare, di comprendere, dicombinare le parole fra loro; meditare la Parola con la Parola.

Non è questo l’atteggiamento di fondo di chi vuol intra-prendere la via della maturazione interiore e della genero-sità apostolica?

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eA conclusione del vangelo dell’infanzia l’evangelista insi-ste La madre sua conservava tutti i detti nel suo cuore (Lc2,51). Il ritrovamento di Gesù nel tempio, avvolto dal miste-ro della non comprensione umana, diventa per Maria un’ul-teriore chiamata ad una nuova gestazione del Figlio di Dio.L’ha portato nel grembo per nove mesi, ora lo porterà nelcuore, divenendo realmente madre, proprio come la Chiesa.

OBBEDIENTE ALLA PAROLA

Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano laparola di Dio e la mettono in pratica (Lc 8,21), dice Gesùrivolgendosi ai discepoli che lo stanno ad ascoltare e lo seguo-no… Coloro che fanno la Parola diventano madri, fratellie sorelle, maturando la loro interiorità fino alla piena sta-tura di Cristo (cf. Ef 4,13).

Questo esercizio che Maria addita a tutti noi è un impe-gno e un dono. Un dono che lo Spirito elargisce a chi sa starein silenziosa attesa e vive nella fedeltà alle promesse di Dio.

L’eremita, come Maria, “sta”, dimora nella Parola conla fedeltà amorosa della sposa che attende, ogni momento,l’abbraccio dello Sposo divino.

Qui su questo monte Maria vigila la nostra preghiera eaccoglie ogni pellegrino che sale, portando nel fondo del cuoreafflizioni, ferite, angosce personali e di altri. Ella vigila e atten-de. A chi implora aiuto e serenità con occhi bagnati di lacri-me ella mostra il Figlio come unica risposta di pace, a chiresta in ginocchio per chiedere pietà ella assicura che Gesùè l’unica consolazione e certezza di perdono.

I suoi occhi sono aperti sul mondo intero. Ella accom-pagna il nostro dimorare in questa solitudine della vetta eci esorta a non fuggire, nei tempi della prova, dal desertodell’amore.

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e ATTENTA AD OGNI RICHIESTA

Maria ci ricorda che ogni preghiera è esaudita dal FiglioGesù. Ogni persona che sale sul monte e bussa al nostroeremo è amata profondamente da Gesù. Ogni peccatore, pro-strato ai suoi piedi, riceve misericordia e tenerezza filiale.

Per questo molti la invocano come Madre e consolatri-ce. Solo una madre, infatti, può tenere il cuore aperto nottee giorno e lasciarsi intenerire dai gemiti dei figli:

“Madonna del monte, tu ci hai accolti, oggi, nel nostro14° anniversario di nozze con la gioia e l’abbraccio di unamadre. Resta accanto a noi e a coloro che ci vogliono bene,così come oggi e sempre”. (C. e G.)

“Tu, cara Mamma, so che mi vuoi bene e spero che tumi possa aiutare, pregando tuo Figlio Gesù. Tu sei tantobuona e ti prego cambia il mio cuore. Insegnami a non pec-care più. Dio sa cosa tutti noi desideriamo,prima ancorache glielo domandiamo. Conosce la storia della nostravita, per questo non aggiungo altro. Tuo figlio P.”.

“Cara mamma, proteggi tutti i bambini del mondo, per-ché possiamo vederli sorridere. È stato bello visitarti. Unbacio”. (M.C.)

“Madonna del monte, siamo giunti fin qui: io e il mioragazzo. Cerca di riunirci tutti: noi, le nostre famiglie, gliamici e tutti coloro che sono umili verso la vita. Uniscicicon il Signore. Uniscici e indirizzaci alla pace con noi stes-si e con il mondo. È un brutto momento; il mio cuore è feri-to dal dolore. Vedo e sento sofferenza, troppa, intorno a mee ai miei cari. Dammi la forza di aiutare tutti e fà che pos-siamo coronare il nostro sogno d’amore”. (C. e R.)

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e “Ancora una volta ti ho chiamata, madre santa e tu seiarrivata. Sei arrivata ad aiutarmi. Grazie, oh mia caraMadonnina. Tu sei la mia Regina e io sarò sempre ai tuoipiedi”. (G.F.)

“Grazie, Madonnina cara, per le grazie implorate ericevute. Ciò nonostante sono ancora qui a chiederti ulte-riori grazie. Fà che ottenga ciò che è necessario alla miafamiglia. Tu sai ciò che voglio dire. Confido nella tua mater-na sollecitudine, perché implori queste grazie presso DioPadre. Grazie ancora ed aiutami ad amarti ogni giorno dipiù e a dedicarti le mie azioni e le mie opere. Tu porta tuttoal Signore Gesù. Ciao Madonnina mai dimenticata”. (L.M.)

“O Maria, prega il tuo Gesù per tutta la mia famigliae per il mondo intero”. (F.)

“Madonna, con umiltà ti prego: intercedi presso Gesùper …, chiedo serenità e pace… Tuo” (S.P.)

“Maria, madre mia, prendi sotto la tua protezione tuttii miei figli. Proteggici e allontana il male dai cuori e con-duci noi fra le braccia di Gesù, nostro Signore, via, veritàe vita infinita. Amen”. (F.)

“Grazie, Maria madonna del monte, per tutto quello checi hai donato. Proteggi tutti i miei cari”. (P. e L.)

“Affido a te, Maria, tutta la mia vita e la vita dei mieicari”. (R.)

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e

Oh Maria,che sei la Madre di Dio,che sei l’Immacolata,che sei la sempre Vergine,che sei l’Assunta in cielo,prega per noi.

Oh Maria, educatrice e faro di luce! Insegnaci a scegliere tecome Maestra e Guida.Invitaci a risvegliare in noii desideri più santi,gli affetti più puri,per amare Tuo Figlioe in Lui tutta l’umanità.

Oh Maria, nostra Madre,insegnaci a “leggere"nella Tua Vita per imparare a “scriverla”nella nostra. Insegnaci come si fa ad avere la tua mano che aiuta,il tuo occhio che vede,la tua bocca che prega,il tuo cuore che ama.

A MARIA, DONNA DEL

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e

Oh Maria, donna del silenzio,mettici una cara nostalgia di Te.

Nostalgia per le cose pulite e buone,

nostalgia per il silenzioe lo Spirito Santo che abita in noi.

In te avremo una Stella su cui orientare la vita,

avremo un esempio per cui vincere la morte.

Oh Maria, Madonna del Monte,insegnaci a salire verso la vetta,

per avere un’anima più giovane del peccato,

un’anima che canta,un’anima che invoglia a chiederti aiuto,

un’anima piena di pace e di raccoglimento,un’anima slanciata,

un’anima ricca di dentro,un’anima che costruisce sull’amore,

che offre nel dolore,che muore per dare la vita. Amen

SILENZIO E DELL’ATTESA.

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In vertice

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e Montis

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e UNA PRESENZA ORANTE

Alcune suore Adoratrici del Sangue di Cristo (fondateda Santa Maria De Mattias nel 1834), hanno accolto dalloSpirito l’invito a dimorare nel piccolo eremo, attiguo alSantuario della Madonna del Monte. Fin dall’inizio, 21Aprile 2001, esse vivono una prolungata esperienza di pre-ghiera, nella solitudine e nel silenzio che l’ambiente natu-rale custodisce e alimenta, sempre pronte ad accoglierechiunque desidera dimorare con loro nell’ascolto attento dellavoce dello Spirito.

Il motivo che ha spinto la piccola comunità a salire e adimmergersi nel silenzio del bosco, abitato da castagni,betulle, acacie, ciliegi e abeti, non è certo quello di isolar-si dagli altri, ma semplicemente di accogliere, nella bellezzae nella pace del luogo, l’invito interiore a cercare Dio e invo-care il dono della contemplazione e della intercessione pertutti, insieme alla ospitalità generosa. Per questo le Adoratrici

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eche vivono nell’eremo, a 1000 metri, non hanno rinuncia-to alla loro identità apostolica.

La vetta di un monte costringe ad alzare lo sguardoverso l’alto; il monte, infatti, è sempre stato un simbolo del-l’incontro con Dio. Staccata dalla valle e più vicina al cielo,ogni altitudine favorisce l’a tu per tu con Colui che rinno-va ogni giorno la sua Alleanza con noi. I colori del succe-dersi delle stagioni e il silenzio del bosco, introducononaturalmente al cuore della propria esistenza, dove Dioabita e chiama.

La piccola casa, avvolta dal silenzio e staccata dai rumo-ri della città, esige da chi la abita la capacità di adattarsi, discegliere la sobrietà e l’essenziale come stile di vita quoti-diano.

Maria, Madonna del Monte, veglia sulle sorelle chevivono accanto a lei; esse la pregano come Sposa e Donnadella Nuova Alleanza. A lei è dedicato il piccolo santuario,costruito “in vertice montis”.

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e SEMPLICITÀ DI VITA

Chi desidera staccarsi per un qualche giorno o anche mesidalla frenetica vita del lavoro e della città può abitare conle sorelle. Può godere la semplicità del ritmo quotidiano edell’ambiente; può fare esperienza del dono del tempo vis-suto nella sintonia con il battito del proprio cuore.

Gli orari di preghiera danno la preminenza alla lode, conil canto dei Salmi e l’ascolto della Parola. La preghiera sialterna al lavoro (giardinaggio, ceramica, scrittura di icone)e allo studio (itinerari di vita spirituale, studio dei Padri deldeserto, della Bibbia, e stampa di libri per aiutare a medi-tare e approfondire la chiamata di tutti a condividere ilMistero Pasquale di Cristo).

La casa ha la disponibilità di tre camere per ospiti.La piccola fraternità è aperta anche a chi desidera con-

dividere l’esperienza per un tempo più prolungato di mesio anni. Questo è possibile anche a persone laiche che, sem-plicemente desiderano dare a Dio il proprio tempo,cercandoLo con cuore sincero.

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ePREGHIERA PASQUALE

L’orario della preghiera consacra alla lode e alla medi-tazione le ore principali della giornata. All’interno della set-timana la comunità celebra con particolare intensità liturgicala Pasqua del Signore.

- Il giovedì è il giorno dell’adorazione al Corpo eSangue di Cristo.

- Il venerdì è il giorno dell’intercessione ai piedi delCrocifisso. Tutte le richieste di preghiera delle perso-ne che telefonano o passano al Santuario, vengono pre-sentate a Dio, mediante una preghiera ardente ai piedidella Croce, sullo stile di quella del Venerdì Santo.

- Il Sabato è il giorno della Parola: tutto il pomeriggioè dedicato alla Lectio Divina. La notte del Sabato ècaratterizzata da una veglia di adorazione come la nottedi Pasqua, per restare sempre in attesa vigile del ritor-no dello Sposo.

- La Domenica, Pasqua del Signore, è particolarmen-te vissuta con il popolo di Dio che sale al monte o inqualche parrocchie della valle.

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e ACCOGLIENZA E OSPITALITÀ

Salire sul monte e recarsi al Santuario della Madonnadel Monte, favorisce al pellegrino o ai gruppi non solo lapreghiera personale, ma anche l’incontro con la comunitàeremitica.

Gruppi di giovani e adulti, o persone singole chiedonospesso di essere accolti e aiutati a vivere giornate di pre-ghiera, immergendosi nella pace del monte e nel ritmodella nostra preghiera.

- Dall’inizio dell’esperienza, 21 aprile 2001 ad oggi,hanno dimorato con noi, per alcuni giorni nell’eremo,più di 90 persone. Coppie di sposi, giovani, personesingole, consacrate/i e sacerdoti: tutti desiderosi diritrovare l’armonia interiore e la freschezza della lororelazione umana, hanno condiviso la nostra esperien-za di vita e di preghiera. Molti di loro sono stati nostriospiti varie volte e hanno chiesto di essere accompa-gnati nel cammino umano e spirituale.

Altri hanno bussato alla nostra porta per fare un corso

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edi esercizi spirituali, guidati personalmente. Giovani e adul-ti hanno chiesto la direzione spirituale.

- Hanno trascorso una giornata di spiritualità su questomonte moltissimi gruppi della diocesi e non solo: ado-lescenti in preparazione alla Cresima, gruppi di adul-ti e di catechisti delle diverse parrocchie, handicappatiaccompagnati dagli operatori per una esperienza di fra-ternità insieme alle loro famiglie, sacerdoti, anziani dellecase di riposo, gruppi di preghiera.

- Ai piedi del grande Crocifisso, che campeggia sulprato attorno al santuario e all’eremo, giovani e adul-ti hanno deposto le loro fatiche, le richieste di com-passione e le lacrime di pentimento.

- Al santuario tantissimi pellegrini provenienti da diver-se città d’Italia, soprattutto in estate, sono arrivati perinvocare Maria, la Vergine del Monte. Vedendo l’ere-mo abitato, hanno bussato per chiedere a noi suore con-solazione e aiuto fraterno ai molti problemi della vita,aprendo con empatia e sincerità i loro cuori.

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e VOCI AMICHEPrima di tutto un grande “Grazie” al Signore per la bel-

lissima giornata che ci ha donato. Cielo sereno, sole splen-dente, fiori di ogni colore che ci hanno salutato lungo lavia, alberi di ogni genere che ci han fatto respirare ariasalutare e poi…sali…sali…sali.. ancora una curva. Quantichilometri ancora? Ma come hanno pensato di venire quas-sù? E poi… e poi… Una volta arrivate in cima: che bello!Che silenzio, che raccoglimento. Proprio come la donnadopo il parto.

Abbiamo sentito la calda accoglienza della “grandecomunità”: due sorelle meravigliose… Poi un pranzoaccompagnato dalla vivacità degli osti e delle argentine risa-te delle sorelle. Poi la Celebrazione Eucaristica proprio alleore 15,00, molto curata e sentita. Alla fine, un incontro, nelcortile, per condividere le nostre impressioni sull’Eremo.

Grazie, sorelle, che vivete qui!Grazie per il vostro aiuto spirituale!Grazie per il vostro richiamo!Il Signore benedica tutte. Con affetto.

Sr Assunta Spigno per le ASC delle 4 Amministrazioni provincialidell’Italia, in visita all’eremo. 21 settembre 2006

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eVSono venuta a conoscere le sorelle Anna Maria e Vanda,

che mi hanno edificato per il loro zelo religioso, per la lorosimpatica accoglienza, per la loro cordialità e soprattuttoper la loro fede. Si sono ritirate in questo bellissimo eremo,incorniciato da una natura suggestiva e splendida, cheriempie il cuore di riconoscenza per il Creatore. Le due sorel-le vivono ritirate, ma col cuore aperto all’accoglienza deifratelli, coi quali amano dialogare delle cose di Dio.

Io che aspiro alla vita eremitica, ho imparato soprattut-to la dolcezza del rapporto con le persone, la simpatica ami-cizia fatta di semplicità, cultura, dinamismo e cordialità.

Qui ho riconosciuto la pace che viene dal Signore, lagioia dell’amicizia che vive del suo amore. Ho riscopertole radici della mia vocazione, confermata dalla pace chenasce dal silenzio, in cui riconosco la voce e la bellezza diDio. Ho goduto del Suo Amore che ci dona una natura splen-dida. La sua bellezza conferma le origini divine del crea-to. Questo periodo di distacco dal mondo vorrei viverlo inginocchio, grata al Signore per i suoi doni.

Ti rendo grazie Amore Assoluto; vi sono grata caresorelle Vanda e Anna Maria.

Laura 2-8 ottobre 2006

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Alcuni ospiti del nostro eremo:

Sr Augusta, Maria Grazia, Simone, Franca e Guido, Brunoe Rossella, Lucia, Don Mario, Padre Rossi De Gasperis,Alberto e Mirella, Padre Lino Maggioni, Silvia, Lucia, DonLucio, Francesca, Giusy e Silvio,Angela e Carlo, Giovanna,Gabriele, Doria e Piero, Giuseppina, Danila, Carla, Giuliana,Luca, Rino, Maria Rosa, Sr Tatiana, Sr Maria, Isabella eErnesto, Valentina, Maddalena, Agnes, Maria Luisa, SrMaria, Sr Margherita, Sr Antonietta, Sr Giuseppina, MariaGrazia, Natalino e Irene, Don Mariano, Nadia, Raffaella,Valentina, Cristina, Barbara, Sr Anna Rita, Sr Michela, SrDaniela, Don Roberto, Sr Floriana, Marco,Alberto, Leonardo,Sr Maria Rosa, Sr Lucia, Sr Luigina, Sr Bruna, Sr Maria, SrLia, Sr Rita, Stefania, Amparo, Maria Grazia e Marco,Vittoria, Fra Mauro, Padre Giovanni, Sr Tarcisia, Sr Sandrina,Maria, Laura, Tiziana, Raffaele, Michele, Beatrice e Fbrizio,Catia e Gianfilippo.

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eAUTORI DI RIFERIMENTO

- AA.VV., Dio intimo, Padova, 2003

- Bouyer L., La spiritualità dei padriVol. II, Bologna, 1968

- Lafrance J., Preferire Dio, Milano, 1977

- Leloir L., Deserto e Comunione, Torino, 1982

- Louf A., Generati dallo Spirito.L’accompagnamento spirituale oggiMagnano (BI), 2001

- Louf A., La vita spiritualeMagnano (BI ), 2001

- Matta El Meskin, L’esperienza di Dio nella preghieraMagnano (BI ), 2001

- Racconti di un pellegrino russo, Milano 1978

- Ragnault L., Vita quotidiana dei padri del desertoCasale Monferrato (AL), 1994

- Sant’Agostino, Le Confessioni, Roma, 1978

- Taulero G., Opere(a cura di B. de Blasio), Alba, 1976

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INDICE

PRESENTAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 3

PREMESSA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 4

INTRODUZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 8

SILENZIO1. Il silenzio dell’eremo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 142. Il silenzio dell’attesa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 223. La contemplazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 29

SOLITUDINE - DESERTO4. La prova del deserto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 385. Riconciliazione e misericordia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 42

MISSIONE6. La nudità della missione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 507. La preziosità dell’intercessione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 588. Accompagnare il discernimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 63

COME MARIACon Maria, Madonna del Monte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 68Preghiera a Maria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 74

IN VERTICE MONTISUna presenza orante sulla cima di un monte . . . . . . . . pag. 78

VOCI AMICHE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 84

BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 87