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m. Lo scontro di Cajamarca 49

. recentemente vittorioso in guerra. Ciò nonostante, pochi minu­averlo incontrato, Pizarro fece prigioniero Atahualpa, lo tennegio per otto mesi, durante i quali si fece consegnare il piu spro-

to riscatto della storia (circa 80 metri cubi d'oro!), e infine, ri­dosi ogni promessa, lo fece uccidere.

fine di Atahualpa fu un evento decisivo nella conquista dell'im-i..,ca. Probabilmente gli spagnoli, dotati di armi superiori, avreb­

into in ogni caso, ma non certo con l'incredibile facilità con cuienne. Atahualpa, venerato come una divinità solare, esercitava

rarità assoluta sui sudditi, che eseguivano i suoi ordini anche du­la sua prigionia. In quegli otto mesi di tregua Pizarro ebbe tempo,lorare indisturbato l'impero inca e di chiedere rinforzi a Panama.do dopo la morte di Atahualpa iniziò la guerra vera e propria, l'e-

. o spagnolo era assai piu consistente e organizzato.fine di Atahualpa ci interessa perché segna il momento decisivo

corso del piu grande scontro di popoli dell'era moderna. Ma ci inte­~ anche per un motivo generale: i motivi che permisero a Pizarro di

are Atahualpa sono gli stessi che determinarono il risultato di tan­ntri analoghi tra colonizzati e colonizzatori in epoca moderna.

fatti di Cajamarca sono ben nori, perché ne esistono testimonian­itte da parte di alcuni testimoni oculari. Riviviamoli insieme con

ti brani tratti da sei diversi resoconti, redatti dai compagni di Pi­(tra cui i suoi fratelli Hernando e Pedro):

La prudenza, la fortezza, la disciplina militare, le tribolazioni, la navigazione;>erigliosa e le battaglie degli spagnoli - vassalli dell'invincibile Sovrano dell'Impe­:0 Romano e Cattolico, nostro Sire e Sign<?re - saranno causa di letizia ai timorati:li Dio e di te~rore agli infedeli. Perciò, per la gloria di Dio nostro Signore e per Sua~1aestà Imperiale Cattolica, mi è parsa buona cosa lo scrivere questa narrazione ed:nviarla a Sua Maestà, affinché possa conoscere i fatti qui raccontati. E sarà a mag­gior gloria di Dio, perché essi [gli spagnoli] hanno conquistaro e condotto sotto la::lOstra fede Cattolica un cosi gran numero di pagani, con il Suo santo aiuto. E saràad onore del nostro Imperatore, perché a cagione della sua grande potenza e favo­:evole sorte questi eventi sono accaduti nell'età sua. Sarà motivo di gioia per i fe­deli sapere che tante battaglie sono state vinte, tante provincie scoperte e conqui­state, tante ricchezze portate in patria per il Re e per la nazione, e che tanto terro­:e è stato seminato tra ipagani, e tanta ammirazione suscitata nel mondo intero.

Perché quando, nei tempi antichi o moderni, un casi piccol numero di uominiampi gesta COSI grandi, sconfiggendo moltitudini, vincendo climi ostili, attraversan­

do i mari e le terre, per scoprire l'ignoto e soggiogarlo? Quali imprese si possono maicomparare a quelle spagnole? I nosm, essendo stati sempre in numero minore di 2 00

o 300, se non anche 100, hanno conquistato piu terre di quante fossero quelle note,piu di quanto posseggano i principi dei fedeli e degli infedeli. Qui scriverò solo degli

accadimemi della conquista, e non sarà molto, perché non voglio risultar prolisso.

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50 1. Dall'Eden a Cajamarca III. Lo scontro di Cajamarca 51

Il Governatore Pizarro desiderava avere notizie da alcuni indiani che erano ve­

nuti da Cajamarca, e li fece torturare. Questi confessarono di aver udito che Atahual­pa stava aspettando laggia il Governatore. Egli allora ci ordinò di marciare in città.Arrivati all'ingresso di Cajamarca, vedemmo ad una lega di distanza l'accampamentodi Atahualpa sulle pendici dei monti. Il campo sembrava una magnifica città, e letende erano cosi numerose che fummo colti da grande timore. Mai prima di alloraavevamo visto una simile cosa nelle Indie, che infuse a noi spagnoli terrore e con­fusione. Ma non potevamo mostrarci turbati o ritirarci, perché se gli indiani che ciscortavano in qLtalità di guide avessero scorto la nostra debolezza ci avrebbero sen­za fallo uccisi. Cosi facemmo mostra di buona disposizione di spirito, e dopo averosservato con cura l'accampamento e la città, entrammo a Cajamarca.

Discutemmo il da farsi tra di noi. Tutti eravamo colmi di terrore, perché cosipochi in numero ci eravamo spinti nel cuore di una terra dove non vi era speranzadi ricevere aiuti e rinforzi. Ci incontrammo con il Governatore per decidere le im­prese del giorno seguente. Pochi tra noi dormirono quella notte; rimanemmo di guar­dia nella piazza di Cajamarca, osservando i fuochi dell'accampamento indiano. Erauna vista terribile: i fuochi erano su di una collina, e cosi vicini e numerosi che pa­revano un cielo brillante di stelle. Quella notte non ci fu riguardo per il rango, nonci fmono cavalieri e fanti: ognuno osservò il dovere della guardia ben armato. Pureil nostro buon Governatore andava tra i suoi uomini a infondere in loro coraggio.IIernando Pizarro, il fratello del Governatore, stimò gli indiani in numero di 40 000,ma sapevamo che mentiva per farci cuore, perché erano in realtà piti di 80 000.

Il mattino giunse un messaggero di Atahualpa, e il Governatore disse: «Di' altuo signore di venire a me quando piu gli aggradi; e che nel caso lo riceverò comeun amico fraterno. Lo prego di affrettarsi, perché ho grande desiderio di vederlo.Nessun torto o danno gli sarà fatto».

Il Governatore nascose le truppe attorno alla piazza di Cajamarca; la cavalleriafu divisa in due squadre, di cui una ebbe il comando suo fratello IIernando Pizar­ro, e l'altra IIernando de Soto. Similmente divise la fanteria, egli stesso assumen­do il comando di una squadra e affidando l'altra a suo fratello Juan. Ordinò poi aPedro de Candia e a un paio di soldati di entrare in un piccolo forte in mezzo allapiazza, portando con sé una fanfara e un archibugio. Quando gli indiani fossero en­trati nella piazza, egli avrebbe dato un segnale a de Candia e ai suoi uomini, e que­sti avrebbero dovuto iniziare a suonar le trombe e a sparare il fucile, al quale stre­pito la cavalleria saIebbe entrata rapidamente in piazza, uscendo dall'ampio cortilein cui era nascosta.

A mezzodi Atahualpa raccolse a sé i suoi uomini e iniziò la marcia. Presto ve­demmo l'intera valle colmarsi di indiani che avanzavano e si fermavano di tanto in

tanto per far si che altri ancora si aggiungessero ai ranghi, e fu cosi per molte ore.Quando le prime truppe già erano vicine ai nostri alloggia menti, le ultime ancorastavano uscendo dall' accampamento. Atahualpa era preceduto da 2000 indiani chespazzavano la strada che egli avrebbe percorso; due ali di soldati marciavano allasua destra e alla sua silùstra.

Prima si avanzò un gruppo di indimù, vestiti di stoffe colorate da parere unascacchiera, che nettavano la strada rimuovendo erbe e pagliuzze. Poi tre squadreaddobbate con vesti di altri colori, che danzavano e cantavano. Indi una squadra diarmati, con cotte e scudi di metallo e corone d'oro e d'argento. Cosi grande era l'ap­parecchio di oro e di argento che lo scintillio del sole faceva meraviglia a vedersi.Tra di loro comparve Atahualpa, in una meravigliosa lettiga le cui stanghe erano co­perte di argento alle estremità, portata da ottanta gentiluomini in una ricca livrea

blu. Atahualpa era magnificamente vestito, con la corona e una collana di smeraldi

al collo, e sedeva su di uno sgabello ornato da uno splendido cuscino. La lettiga erabordata da piume di pappagallo di vari colori, e da scudi di oro e di argento.

Dietro Atahualpa venivano altre due lettighe e due amache, in cui erano postisignori di alto rango, e poi molte legioni di indiani con corone di oro e di argento.Con grandi canti e strepiti gli indiani entrarono nella piazza e la empirono comple­tamente. AtallLlalpa rimase al centro, alto sulla sua lettiga, mentre ancora altre trup­pe giungevano. Noi spagnoli, nel mentre, eravamo nascosti nei cortili vicini, colmidi terrore. Molti di noi, dal gran spavento, orinarono senza volerlo.

Il Governatore Pizarro mandò in ambasciata Fra' Vincente de Valverde, perchiedere ad Atahualpa che in nome di Dio e del Re di Spagna si sottomettesse allalegge del nostro Signore Gesti Cristo e si ponesse al servizio di Sua Maestà il Re. Ilfrate avanzò fendendo le truppe, con la Croce in una mano e la Bibbia nell'altra;giunto che fu davanti ad Atahualpa lo apostrofò cosi: «Sono un Ministro di Dio e

ammaestro i Cristiani nella Santa Dottrina, e in tale veste giungo a te. Le mie pa­role sono le parole che Dio ci ha dato in questo Libro. Pertanto, in nome di Dio edei Cristiani, ti prego di accoglierli in amicizia, perché tale è la volontà di Dio, e ta­le sa.rà il tuo interesse».

Atahualpa chiese che gli fosse mostrato il Libro, e il frate glielo porse chiuso. Ilre non sapeva come apru'lo, e Fra' Vincente stese una mano per mostrarglielo, maAtahualpa si infuriò e lo colpI. Quindi lo apri e senza alcun interesse o meravigliaper ciò che conteneva lo gettò via da sé, rosso in volto.

Allora Fra' Vincente si volse verso Pizarro e gridò: «Uscite fuori, Cristimù I Col­pite questi cani infedeli che rifiutano la Parola di Dio! Avete visto? Il tiranno ha

gettato nella polvere il Libro della legge divina' Perché rimanere in soggezione diquesto cane orgoglioso, quando la valle intorno è piena di indiani? Colpitelo, per­ché io vi assolvo dai vostri peccati! »

Il Governatore diede il segnale a de Candia, che iniziò a sparare e a suonare lefanfare. A tale suono, i soldati spagnoli uscirono dai loro nascondigli e si gettarononella piazza contro gli indiani disarmati, al grido di guerra di «Santiago!» I cavallierano ornati con sonagli per fare maggior strepito; e gli spari, i suoni e le grida get­tarono i nemici in un confuso terrore. Gli spagnoli iniziarono a colpirli e a farli apezzi. Gli indiani erano cosi pielù di angoscia che si spingevano e schiacciavano l'unl'altro, e molti ne furono soffocati. Poiché non portavano armi, furono uccisi sen­za alcun danno per i Cristiani. La cavalleria li schiacciò, li uccise con le spade e liinsegui, mentre la fanteria fu cosi abile che in poco tempo tutti coloro che eranoscampati ai cavalieri furono passati a fil di spada.

Il Governatore prese la spada e il pugnale, con alcuni uomini si gettò nella fol­la di indiani e con grande coraggio raggiunse la lettiga di Atahualpa. Senza alcun ti­more afferrò il braccio del tiranno gridando «Santiago I », ma l'eccessiva altezza del­la lettiga non gli permise di tirarlo a sé. Uccidemmo gli indiani che portavano a spal­la Atahualpa, ma altri prendevano subito il loro posto, e in questa maniera perdemmomolto tempo tentando di ucciderli man mano che sopraggiungevano. Allora sette ootto cavalieri lanciarono i loro cavalli contro la lettiga e con grande sforzo riusciro­

no a rovesciarla su di un lato. Cosi Atahualpa fu catturato e portato negli alloggi delGovernatore. Gli indiani di scorta non lo lasciarono un solo istante, e morirono tut­ti con lui.

I rimanenti indiani nella piazza, gettati nel piu profondo terrore dagli spari edai cavalli - che non avevano mai visto prima -, cercarono di fuggire verso i campiabbattendo un muro. Ma la nostra cavalleria usci a sua volta dalla breccia e si spar-