Lezione n. 4 -...

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Gianni Bartoli/Claudio Mannini/Carlo Guastini Appunti di Tecnica delle Costruzioni (2) Revisione 28/05/12 Lezione n. 4 Le lastre piane inflesse Criteri di dimensionamento delle piastre in c.a. Progetto delle armature in una lastra in c.a. Le lastre in c.a. vengono usualmente armate disponendo le armature lungo due direzioni, dettate dalla configurazione geometrica dell’elemento; di fatto, si identifica quindi una “rete” di armature all’intradosso della piastra ed una all’estradosso della stessa. Si è qui usata l’accezione di “rete di armatura” (che in generale identifica una disposizione di armat ura uguale in due direzioni ortogona- li per passo e diametro dei ferri impiegati) anche se, in generale, le armature in una direzione pos- sono essere diverse (per diametri e passi) dall’armatura lungo la direzione ortogonale, così come le armature di intradosso sono in generale diverse dalle armature di estradosso. In piastre ad angoli non retti, le armature corrono di solito parallele ai lati e non sono quindi ortogonali fra loro. La flessione ovviamente induce nella piastra tensioni di trazione e di compressione che interessano le porzioni più esterne dell’elemento. Secondo il cosiddetto “modello sandwich”, si può quindi idealmente scomporre la lastra in tre diverse porzioni (lungo lo spessore): una porzione di estrados- so, caricata dalle forze normali corrispondenti alla flessione nelle due direzioni; una porzione inter- na, a cavallo del piano medio della lastra, che sostanzialmente non fornisce un contributo resistente alla flessione dell’elemento, essendo molto vicina all’asse neutro; ed una porzione di intradosso, con caratteristiche analoghe a quella di estradosso, anche se sollecitata da sforzi normali di segno opposto rispetto a questa. In prima battuta, lo spessore di tali porzioni può essere assunto pari ad 1/3 dello spessore della pia- stra (ricorrendo all’approssimazione per cui, in una sezione in c.a. semplicemente inflessa, l’asse neutro cade in una posizione generalmente non troppo diversa da quella posta ad 1/3 dell’altezza della sezione). Si assumerà che nelle due porzioni di estradosso e di intradosso trovino anche collo- cazione le armature destinate ad assorbire le tensioni di trazione derivanti dalla flessione. Di fatto, il problema può essere visto come se stessimo analizzando una lastra di spessore inferiore (pari a s/3) sottoposta a trazioni e compressioni nel suo piano. In ogni punto di ognuna di queste porzioni, si individuano in generale tre famiglie di direzioni “c a- ratteristiche” del problema: la prima corrisponde alle direzioni X e Y lungo le quali sono disposte le armature, di area A sX e A sY per unità di larghezza della lastra, che supporremo coincidente con le direzioni X e Y, lungo le quali sono state valutate le caratteristiche di sollecitazione della piastra (in genere parallele ai lati dell’elemento strutturale); la seconda, che verrà indicata con assi (1) e (2), corrisponde alle direzioni che individuano le direzioni principali di flessione (e quindi, le direzioni lungo le quali, nella porzione in esame, si hanno solo gli sforzi normali σ 1 e σ 2 mentre non si hanno sforzi di taglio); l’asse (1) si supporrà inclinato di un angolo rispetto alla direzione dell’asse X; la terza, infine, corrisponde alla direzione individuata dalle fessure che tendono ad aprirsi nell’elemento in c.a., a causa dell’assenza di resistenza a trazione del calcestruzzo; questa dir e- zione si suppone che formi un angolo con la direzione dell’asse Y, mentre le fessure si suppor- ranno distanziate tra loro di una distanza media a m . In linea teorica, nel caso di tensioni principali di segno diverso, la direzione delle fessure tenderà ad essere ortogonale a quella alla quale com- pete la tensione massima e quindi ad assumere un’inclinazione uguale ad rispetto ad Y, ren- dendo coincidente l’asse (2) con la direzione delle fessure, se (1) è la direzione principale alla quale competono le trazioni massime. Tuttavia, dato lo stato potenzialmente di trazione lungo entrambe le direzioni (1) e (2), si dovrà supporre in generale l’inclinazione rispetto all’asse Y diversa da .

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Gianni Bartoli/Claudio Mannini/Carlo Guastini – Appunti di Tecnica delle Costruzioni (2) Revisione – 28/05/12

Lezione n. 4

Le lastre piane inflesse Criteri di dimensionamento delle piastre in c.a.

Progetto delle armature in una lastra in c.a. Le lastre in c.a. vengono usualmente armate disponendo le armature lungo due direzioni, dettate

dalla configurazione geometrica dell’elemento; di fatto, si identifica quindi una “rete” di armature

all’intradosso della piastra ed una all’estradosso della stessa. Si è qui usata l’accezione di “rete di

armatura” (che in generale identifica una disposizione di armatura uguale in due direzioni ortogona-

li per passo e diametro dei ferri impiegati) anche se, in generale, le armature in una direzione pos-

sono essere diverse (per diametri e passi) dall’armatura lungo la direzione ortogonale, così come le

armature di intradosso sono in generale diverse dalle armature di estradosso. In piastre ad angoli

non retti, le armature corrono di solito parallele ai lati e non sono quindi ortogonali fra loro.

La flessione ovviamente induce nella piastra tensioni di trazione e di compressione che interessano

le porzioni più esterne dell’elemento. Secondo il cosiddetto “modello sandwich”, si può quindi

idealmente scomporre la lastra in tre diverse porzioni (lungo lo spessore): una porzione di estrados-

so, caricata dalle forze normali corrispondenti alla flessione nelle due direzioni; una porzione inter-

na, a cavallo del piano medio della lastra, che sostanzialmente non fornisce un contributo resistente

alla flessione dell’elemento, essendo molto vicina all’asse neutro; ed una porzione di intradosso,

con caratteristiche analoghe a quella di estradosso, anche se sollecitata da sforzi normali di segno

opposto rispetto a questa.

In prima battuta, lo spessore di tali porzioni può essere assunto pari ad 1/3 dello spessore della pia-

stra (ricorrendo all’approssimazione per cui, in una sezione in c.a. semplicemente inflessa, l’asse

neutro cade in una posizione generalmente non troppo diversa da quella posta ad 1/3 dell’altezza

della sezione). Si assumerà che nelle due porzioni di estradosso e di intradosso trovino anche collo-

cazione le armature destinate ad assorbire le tensioni di trazione derivanti dalla flessione.

Di fatto, il problema può essere visto come se stessimo analizzando una lastra di spessore inferiore

(pari a s/3) sottoposta a trazioni e compressioni nel suo piano.

In ogni punto di ognuna di queste porzioni, si individuano in generale tre famiglie di direzioni “ca-

ratteristiche” del problema:

la prima corrisponde alle direzioni X e Y lungo le quali sono disposte le armature, di area AsX e AsY per unità di larghezza della lastra, che supporremo coincidente con le direzioni X e Y, lungo

le quali sono state valutate le caratteristiche di sollecitazione della piastra (in genere parallele ai

lati dell’elemento strutturale);

la seconda, che verrà indicata con assi (1) e (2), corrisponde alle direzioni che individuano le direzioni principali di flessione (e quindi, le direzioni lungo le quali, nella porzione in esame, si

hanno solo gli sforzi normali σ1 e σ2 mentre non si hanno sforzi di taglio); l’asse (1) si supporrà

inclinato di un angolo rispetto alla direzione dell’asse X;

la terza, infine, corrisponde alla direzione individuata dalle fessure che tendono ad aprirsi nell’elemento in c.a., a causa dell’assenza di resistenza a trazione del calcestruzzo; questa dire-

zione si suppone che formi un angolo con la direzione dell’asse Y, mentre le fessure si suppor-

ranno distanziate tra loro di una distanza media am. In linea teorica, nel caso di tensioni principali

di segno diverso, la direzione delle fessure tenderà ad essere ortogonale a quella alla quale com-

pete la tensione massima e quindi ad assumere un’inclinazione uguale ad rispetto ad Y, ren-dendo coincidente l’asse (2) con la direzione delle fessure, se (1) è la direzione principale alla

quale competono le trazioni massime. Tuttavia, dato lo stato potenzialmente di trazione lungo

entrambe le direzioni (1) e (2), si dovrà supporre in generale l’inclinazione rispetto all’asse Y

diversa da .

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Dal momento che queste cinque direzioni (X, Y, (1), (2) e la direzione delle fessure) non sono in

generale coincidenti tra loro, il problema che deve essere affrontato è relativo alle modalità di veri-

fica della sezione in c.a.; infatti, in generale non è possibile verificare semplicemente la sezione per

i momenti flettenti ricavati dal calcolo, a meno che questi non coincidano con le direzioni principa-

li.

Suddivisione della lastra lungo lo spessore

Se consideriamo elementi di lunghezza unitaria nelle due direzioni (1) e (2), indicando con d lo

spessore della porzione di lastra che si sta analizzando (che, per quanto detto, si può generalmente

assumere uguale a s/3), gli sforzi agenti sono pari a

1 1n d 1 2 2n d 1

dove σ1 e σ2 rappresentano le tensioni normali causate dai due momenti principali m1 e m2, in prima

approssimazione assunte costanti lungo lo spessore d. In alternativa, indicando con zm il braccio

della coppia interna (che, in prima battuta, può essere assunto pari alla distanza tra i due strati di

armatura), i valori di n1 e n2 possono essere calcolati a partire dai valori dei momenti flettenti prin-

cipali m1 e m2

11

m

mn

z 2

2

m

mn

z

Analogamente, lungo le direzioni X e Y, attraverso gli stessi passaggi, si possono identificare i tre

sforzi nX, nY e nXY (quest’ultimo dovuto all’azione del momento torcente mXY) espressi dalle rela-

zioni che seguono:

n2

n2

1

X

Y

(1)

(2)

direzione

fessure

zm

n1 n1

n1 = m1 / zm

n2 = m2 / zm

zm = (zX + zY)/2

zY

zX

m1

m2

m2

m1

zm

1

Z

X Y

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XX X

m

mn d 1

z

YY Y

m

mn d 1

z

XYXY XY

m

mn d 1

z

Obiettivo dell’analisi è quello di determinare (ai fini delle verifiche) i valori delle tensioni σsX e σsY

che agiscono nelle due direzioni di armatura, e la tensione σC nel calcestruzzo compresso, in ognu-

no dei due strati esterni della lastra inflessa. Un problema analogo potrebbe essere affrontato, una

volta noti i momenti resistenti mX,Rd e mY,Rd nelle due direzioni X e Y, per determinare i momenti

sollecitanti da confrontare con questi ultimi per la verifica allo stato limite ultimo per flessione.

Considerando il comportamento dell’elemento in c.a., l’equilibrio alle forze interne determinate in

precedenza è garantito dalle forze dovute agli elementi di armatura in direzione X, a quelli in dire-

zione Y ed agli sforzi che trasmessi attraverso gli elementi compressi in calcestruzzo. Per questi

ultimi, che hanno la stessa direzione delle fessure (che tendenzialmente si formeranno in direzione

ortogonale alle trazioni massime), ossia sono inclinati di un angolo rispetto all’asse Y, si trascu-

rano gli sforzi di taglio che in realtà si trasmettono lungo la direzione delle fessure; infatti, a causa

dell’ingranamento degli inerti lungo i bordi della fessura e dell’effetto bietta dovuto alle armature

che attraversano la lesione, nel piano insorgono anche sforzi di taglio che hanno approssimativa-

mente la stessa direzione delle fessure.

Le tre risultanti valgono (sempre su elementi di larghezza unitaria)

X sX sXz A risultante dovuta alle armature in direzione X

Y sY sYz A risultante dovuta alle armature in direzione Y

Cc d 1 risultante dovuta alla compressione nel calcestruzzo

dove si sono indicate con σsX, σsY e σC le tensioni nelle armature e nel calcestruzzo.

Il problema è a questo punto quello di impostare l’equilibrio tra le sollecitazioni nX, nY e nXY e le tre

azioni interne zX, zY e c. Si possono quindi scrivere due equazioni di equilibrio alla traslazione lun-

go due direzioni qualsiasi, che possono essere scelte coincidenti con quella degli elementi compres-

si in calcestruzzo (ossia la direzione delle fessure) e con la direzione a questa ortogonale.

d am

am

X

Y

(1)

(2)

direzione

fessure

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Individuando un elemento triangolare con due lati paralleli agli assi X e Y (con normali concordi

con gli assi coordinati) ed il terzo parallelo alla fessura, si può imporre l’equilibrio alla traslazione

nelle direzioni degli assi coordinati (in figura sono riportate le azioni per unità di lunghezza):

X X XYz cos n cos n sin

Y Y XYz sin n sin n cos

e quindi

X X XYz n n tg

Y Y XYz n n cotg

In queste espressioni non compare la com-

ponente c di compressione che agisce su

facce ortogonali a quella considerata (ossia

su facce che hanno la normale coincidente

con la direzione delle fessure). Inoltre, la

presenza della fessura fa sì che non si tra-

smettano sforzi tangenziali in quella dire-

zione (trascurando, come detto, effetto biet-

ta e ingranamento degli inerti).

Sostituendo le espressioni che legano gli sforzi normali ai valori dei momenti flettenti e torcenti si

ha:

X X XY

m

1z m m tg

z

Y Y XY

m

1z m m cotg

z

In altre parole, osservando che zX·zm rappresenta il momento flettente che sollecita le armature in

direzione X, inducendo in esse la trazione zX (e analogamente per zY·zm), si può dire che la verifica

nelle direzioni delle armature deve essere effettuata con valori dei momenti di progetto pari a:

d,X X XYm m m tg

d,Y Y XYm m m cotg

da confrontare con i valori dei momenti resistenti mX,Rd e mY,Rd in quelle direzioni.

Tali valori coincidono rispettivamente con mX e mY soltanto nel caso in cui le direzioni X e Y coin-

cidessero con le direzioni principali dei momenti (nel qual caso si avrebbe mXY = 0).

Il problema sarebbe determinato se si conoscesse la direzione delle fessure, assunta sin qui arbi-traria. È possibile procedere per due strade diverse:

la prima (cfr. Leonhardt & Moenning1) è quella di imporre alcune condizioni di congruenza che

potrebbero condurre alla determinazione di in campo elastico (attraverso il lavoro di deforma-

zione oppure imponendo la congruenza tra le deformazioni lungo X e Y e quelle lungo la dire-

zione della fessura);

la seconda corrisponde a ricercare, tra tutte le possibili inclinazioni delle fessure, quella che cor-risponde al massimo valore del momento flettente in direzione ortogonale alla fessura stessa.

Operando secondo questa ultima modalità, si ottiene un risultato che di fatto corrisponde ad assu-

mere le fessure inclinate di un angolo = 45°; si giunge quindi alle seguenti espressioni (valide nel

caso in cui sia mX che mY siano positivi):

d,X X XYm m m

d,Y Y XYm m m

1 Leonhardt , F & Moenning, E, “C.A. & C.A.P. Calcolo di progetto e tecniche costruttive”, vol. 2, EST, 1977

cos

sin

1 zY

zX

nX

nXY

nXY

nY

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e questi rappresentano i momenti di progetto con i quali procedere alla verifica della sezione in c.a.

nelle due direzioni X e Y.

Da notare che, supponendo che l’altezza utile della sezione sia la stessa nelle due direzioni,

l’armatura complessiva necessaria in ogni punto della lastra risulta proporzionale alla somma md,X +

md,Y, il cui minimo2 si ottiene proprio progettando in base all’assunto = 45°.

Il diagramma di flusso proposto in EC2 (versione 1993) Nella versione 1993 dell’Eurocodice 2

3 era riportato un diagramma di flusso per il calcolo delle

sollecitazioni di progetto nelle lastre inflesse, che rifletteva lo schema di calcolo che è stato appena

introdotto.

Nella notazione di EC2, i momenti di calcolo ultimi nelle direzioni X e Y sono indicati con mud,X e

mud,Y se questi inducono trazione nella parte inferiore della piastra (momenti positivi) e con m'ud,X e

m'ud,Y se i momenti inducono trazione nella parte superiore della lastra (momenti negativi); inoltre,

si suppone che mY ≥ mX.

Con riferimento all’intradosso della piastra, la condizione mX < ˗ |mXY| corrisponde alla sicura pre-

senza di un momento flettente negativo, per cui le armature lungo X risulterebbero compresse;

mud,X e m'ud,X si riferirebbero quindi entrambi a momenti negativi ma con valori assoluti in conflitto

fra loro. Dato che in sostanza non servirebbero armature all’intradosso della piastra in direzione X,

si può assumere nullo il momento di progetto in tale direzione e valutare a quale inclinazione della

linea di snervamento corrisponda questa ipotesi (ricordando che mX è negativo):

Xd,X X XY

XY

m0 m m m tg tg

m

2 2

XY XY XYd,Y Y XY Y XY Y Y

X X X

m m mm m m cotg m m m m

m m m

2 Lo si vede imponendo d(md,X + md,Y) /dφ = 0

3 UNI-ENV 1992-1-1:1991 “Eurocode 2: Design of concrete structures – Part 1-1: General – Common rules for build-

ing and civil engineering structures”

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Le espressioni dei momenti negativi nel caso in cui mY > |mXY| si ricavano in maniera analoga.

Sempre nella versione 1991 dell’EC2 è riportato che, in alternativa alle relazioni precedenti, è pos-

sibile utilizzare le seguenti espressioni per i momenti di progetto

udx X XYm m m

udy Y XYm m 1/ m

(e analoghe per m'ud,X e m'ud,Y), dove il parametro γ può essere scelto in modo tale che le equazioni

diano valori compresi tra la metà e il doppio dei valori che derivano dalle espressioni viste prima.

Tale possibilità (se si riconosce che il parametro γ corrisponde al valore, incognito, di tg) è eviden-

temente offerta dalla circostanza di poter assumere valori diversi da 45° per l’inclinazione delle

fessure rispetto all’asse Y.

L’influenza del taglio Alla presenza dei momenti flettenti in generale si accompagna quella di tagli vX e vY, che possono

alterare lo schema di calcolo proposto in precedenza.

Secondo lo schema semplificato visto in precedenza (modello sandwich), la resistenza a taglio è

affidata alla parte centrale dello spessore della lastra e, nel caso in cui le azioni di taglio siano tali da

indurre fessurazione in tale zona, richiedendo così la disposizione di opportune armature, nascono

azioni aggiuntive di trazione nelle due parti esterne dello spessore.

Nel Model Code 20104 viene proposto un modello generale di calcolo che segue lo schema riportato

nel seguito.

Nel caso in cui la parte interna della lastra risulti fessurata a causa della presenza del taglio, allora

l’azione complessiva di quest’ultimo, che nel piano orizzontale è rappresentata da una forza di scor-

rimento v0, dove 2 2

0 X Yv v v

inclinata di un angolo 0 rispetto all’asse X, con

4 Il Model Code (MC1978 e MC1990 ad opera di CEB-FIP, e MC2010, sviluppato dalla fib), è un “modello normativo”

per le strutture in calcestruzzo strutturale, ossia un documento che viene redatto per sintetizzare le ricerche, definire le

nuove linee di ricerca e produrre indicazioni che troveranno spazio nelle future normative (tra cui l’Eurocodice),

nell’ambito della progettazione di strutture in cemento armato

dv·cotθ

vY

φ0

Z

X

Y

vX

dv

v0

dv

1

v0·cotθ

2

n

d

m X

v

X

2

n

d

m XY

v

XY

2

n

d

m XY

v

XY

2

n

d

m Y

v

Y

2

n

d

m X

v

X

2

n

d

m XY

v

XY

2

n

d

m XY

v

XY

2

n

d

m Y

v

Y

θ

2

cotv0

2

cotv0

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Y0

X

vtg

v

fa nascere una trazione nelle porzioni esterne della lastra che, per unità di lunghezza, assume il va-

lore:

0v cotgv

2

con inclinazione delle bielle compresse nella zona centrale della piastra. Il meccanismo individua-

to è dovuto al fatto che, a causa della presenza delle fessure nel calcestruzzo di anima, non è più

possibile assorbire lo sforzo di taglio attraverso sforzi tangenziali di scorrimento fra l’elemento in-

terno e quelli esterni; di conseguenza, la lastra segue un comportamento simile a quello riportato in

figura, dove l’equilibrio all’azione tagliante è garantito dalla presenza di bielle inclinate di calce-

struzzo nell’anima della trave e da trazioni nelle due parti esterne.

Impostando l’equilibrio nel piano orizzontale di una porzione triangolare di area delimitata dagli

assi X e Y (lati con normali concordi con gli assi coordinati) e dalla direzione ortogonale a v0, si ha

(analogamente a quanto fatto in precedenza, ossia imponendo l’equilibrio in direzione X e Y)

1) 0 X 0 XY 0v cos n cos n sin

2) 0 Y 0 XY 0v sin n sin n cos

L’equilibrio può essere scritto anche per la porzione triangolare di area delimitata dagli assi X e Y

(lati con normali rispettivamente discordi e concordi con gli assi coordinati X e Y) e dalla direzione

parallela a v0; poiché sulla giacitura parallela a v0 non si hanno forze applicate, in questo caso si

ottiene

3) X 0 XY 00 n sin n cos

4) Y 0 XY 00 n cos n sin con Claudio dicevamo che sarebbe meglio mettere il nY negativo

ed nXY positivo

È a questo punto possibile risolvere il sistema nelle tre incognite nX, nY e nXY in funzione di v; si

noti che si sono scritte quattro equazioni di equilibrio, ma di queste una è dipendente dalle altre. Se

avessimo lasciato indicati gli sforzi tangenziali con nXY e nYX, dall’ultima di queste avremmo infatti

ottenuto che nXY = nYX.

Sostituendo la 4) nella 1) si ottiene

XY 0 Y 0 0 X 0 Y 0 X Yn cos n sin v sin n sin n sin v n n

(si sarebbe ottenuto lo stesso risultato sostituendo la 3) nella 2)), mentre dal rapporto tra la 3) e la 4)

si ottiene

nXY

nY

nXY

nX sin0 cos0

nY

0

nXY

nX

1

sin0

nXY

v·cos0

v·sin0 v

cos0

1

0

X

Y

Y

X

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2X0 0 Y X 0

Y

ntg cotg n n tg

n

Poiché

Y0

X

vtg

v

l’ultima relazione può essere scritta come 2

YY X

X

vn n

v

per cui si ottiene 2

22 2

0Y X YX Y X X X2 2

X X X

vv v vv n n n 1 n n

v v v

e quindi 2 2 2

0X X XX 2 2

0 0 0

v cotgv v vn v

v 2 v 2 v tg

Sostituendo il risultato ottenuto si ha 2

YY

0

vn

2 v tg

X YXY

0

v vn

2 v tg

Quindi la presenza dei due tagli vX e vY induce nelle porzioni esterne della lastra uno stato di solle-

citazione in direzione X e Y analogo a quello prodotto dall’azione dei momenti mX, mY e mXY, ai

quali va a sommarsi.

Sempre in analogia a quanto fatto nel caso precedente, il problema è compiutamente definito qualo-

ra si conosca il valore dell’angolo , ossia l’inclinazione delle fessure (cioè delle bielle compresse)

nel calcestruzzo dello strato interno della piastra; per questo, possono essere utilizzate le consuete

approssimazioni utilizzate nel caso del taglio d’anima di una trave in c.a., assumendo

un’inclinazione arbitraria, solitamente pari a 45°.

Il problema del punzonamento Per punzonamento si intende il meccanismo di rottura per perforazione di un elemento strutturale a

prevalente sviluppo bidimensionale, determinato dall’applicazione di una forza di elevata intensità

su un’impronta di dimensioni piccole rispetto al campo strutturale considerato. In particolare, tale

meccanismo, generalmente associato a rotture di tipo fragile, risulta tipico di solai a piastra (a, b),

solette e platee di fondazione (c) in calcestruzzo armato di spessore contenuto e plinti snelli. Infatti,

questa rottura è direttamente influenzata dallo spessore della piastra in rapporto all’entità

dell’azione o della reazione localizzata ed alle dimensioni dell’impronta su cui è distribuita.

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Lezione n. 4 – pag. IV.9

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Per comprendere meglio il fenomeno del punzonamento consideriamo un solaio a piastra con ma-

glia regolare e costante, sufficientemente esteso da poter trascurare gli effetti di bordo, sul quale

viene applicato un carico uniformemente distribuito. Ricavando i momenti principali si osserva che

in prossimità dei pilastri questi tendono ad allinearsi in direzione radiale e tangenziale, ossia lungo

circonferenze concentriche. Nell’intorno degli appoggi della piastra sui pilastri si osserva che tale

andamento risulta ben definito nell’area circoscritta dalla linea di inversione del momento radiale

mr, che raggiunge il valore di picco negativo in asse al pilastro. Infatti proprio in tali zone di appog-

gio si concentra un problema di flessione e taglio bidimensionale, per cui diviene necessario analiz-

zare come i flussi di tensione, diffusi sull’estensione della piastra, possano essere trasmessi e con-

vogliati in sicurezza entro le dimensioni ridotte degli appoggi. La linea di inversione del momento

radiale coincide generalmente con una circonferenza e questo è uno dei motivi principali per cui

nella sperimentazione si fa spesso riferimento a piastre circolari.

N + V

N

q

q

q

a) b)

c)

Schema di edificio con solai a piastra e fondazione su platea:

esempio di alcuni punti critici sensibili alla rottura per punzonamento

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Lezione n. 4 – pag. IV.10

Gianni Bartoli/Claudio Mannini/Carlo Guastini – Appunti di Tecnica delle Costruzioni (2) Revisione – 28/05/12

Schema di riferimento relativo ad una piastra circolare, intestata su un pilastro a

sezione circolare, caricata sul bordo della piastra

Immaginiamo dunque di poter caratterizzare il comportamento a punzonamento di una piastra di

solaio isolandone questa porzione sostenuta da un pilastro, ipotizzato a sezione circolare, e soggetta

ad un carico verticale lineare, applicato sul bordo, crescente nel tempo. In questa situazione possono

essere distinte e caratterizzate le fasi seguenti:

1. Fase elastica (calcestruzzo ed acciaio in campo elastico), stato non fessurato: la piastra co-

mincia a deformarsi elasticamente senza che si manifestino fessure apprezzabili.

2. Il taglio raggiunge il valore limite di fessurazione del calcestruzzo Vcr, si sviluppano delle

fessure tangenziali sull’estradosso della piastra in prossimità del perimetro del pilastro o

dell’area caricata (a). Comincia la fase di fessurazione con ridistribuzione continua delle

tensioni tra le direzioni radiali e tangenziali.

3. Le fessure successive sono essenzialmente dovute ai momenti tangenziali, dunque si svilup-

pano lungo direzioni radiali. Tali fessure dividono la piastra in settori circolari più o meno

regolari (b).

4. Quando il valore del taglio si avvicina all’80÷90% del taglio ultimo, VU, i momenti radiali

restano di entità modesta, così come le curvature in direzione radiale, nella zona vicina al pi-

lastro, ma altre fessure tangenziali si formano ad una distanza maggiore rispetto al perimetro

di appoggio (c).

5. Partendo dalle fessure tangenziali create dai momenti radiali, in direzione della testa del pi-

lastro, si sviluppano delle fessure interne che definiscono la tipica superficie di forma tron-

co-conica di separazione del pilastro dalla piastra.

6. A partire da un certo carico e fino al raggiungimento della rottura non si osserva l’apertura

di alcuna nuova fessura, ma solamente l’apertura delle fessure esistenti (d).

7. Nel caso di piastre armate con normali quantitativi di armatura la rottura si produce gene-

ralmente senza preavviso e senza essere accompagnata da alcuna precedente deformazione

significativa; la fessura tronco-conica tra la piastra e il cono di punzonamento si apre total-

mente e si arriva alla rottura improvvisa (e).

Sulla superficie si evidenzia in maniera marcata un’ampia fessura tangenziale, tuttavia que-

sta non identifica la reale dimensione del cono di punzonamento infatti la fessura visibile ri-

sulta dunque più grande di quanto non sia in realtà al livello delle stesse armature superiori

disposte a flessione. La piastra non viene completamente perforata dalla testa del pilastro so-

lo se inferiormente è stata disposta una sufficiente quantità di armatura passante, capace di

tenerla appesa senza essere strappata.

fessura tangenziale

o circonferenziale

z

fessura radiale r

V

mr φ

mt

h

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Lezione n. 4 – pag. IV.11

Gianni Bartoli/Claudio Mannini/Carlo Guastini – Appunti di Tecnica delle Costruzioni (2) Revisione – 28/05/12

Per quel che concerne le deformazioni radiali, nella zona compressa della piastra in prossimità della

testa del pilastro, che possiamo assimilare ad un tronco di cono, ha luogo un fenomeno che, a prima

vista, potrebbe sembrare anomalo. Inizialmente la compressione radiale nel calcestruzzo nella coro-

na cresce all’aumentare del carico applicato, come intuitivamente prevedibile. Ma quando il carico

applicato raggiunge un valore pari a circa l’80÷90% del carico di rottura, la compressione radiale

comincia a diminuire. Numerosi studi sperimentali hanno constatato che nella fase immediatamente

precedente la rottura, l’allungamento specifico radiale della zona di compressione decresce e, in

molti casi, la compressione diventa trazione. Infatti, in questa fase di ridistribuzione delle forze in-

terne per il mantenimento dell’equilibrio in direzione radiale, il meccanismo reticolare resistente si

modifica e nella zona inferiore della corona compressa si sviluppa un tirante. La compressione di-

minuisce quando la fessura principale (o critica) per flessione si è propagata all’interno della pia-

stra. Quindi, come mostrato nella figura successiva, deve formarsi un tirante per deviare in direzio-

ne del pilastro la biella compressa.

(a) (b)

(c) (d)

(e)

V=Vcr

Vcr<V<0.8 VU

V≈0.85 VU 0.9 V<V≤VU

V=VU

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Gianni Bartoli/Claudio Mannini/Carlo Guastini – Appunti di Tecnica delle Costruzioni (2) Revisione – 28/05/12

Schema esemplificativo della possibile evoluzione del meccanismo reticolare “stut&tie” resistente allorché

la profondità della fessura principale (tangenziale) determina l’ulteriore inclinazione del puntone superiore

in prossimità del pilastro e lo sviluppo di un tirante all’intradosso.

Esempi di rottura di provini di piastra circolare su pilastro a sezione quadrata: risulta evidente

la differenza di forma della superficie tronco-conica di rottura nel caso di assenza o meno di

armatura inferiore (M. Dragosavic, A. van den Beukel. Punching Shear., Heron, Vol. 20, n° 2,

1972, scaricabile dal link http://heronjournal.nl/20-2/1.pdf)

Nel corso degli anni sono state sviluppate diverse teorie e proposti vari approcci per affrontare il

problema della verifica delle lastre soggette a punzonamento. Ad oggi non è stata ancora definita

una teoria analitica efficace per il punzonamento e la maggior parte delle normative internazionali

(EC2, ACI 318, CSA A.23.3) si basano su approcci di tipo esclusivamente empirico. L’importanza

della ricerca e dell’osservazione sperimentazione per lo studio di questo fenomeno risultano deter-

minanti e recentemente è stata sviluppata una nuova trattazione, la Critical Shear Crack Theory

(CSCT), di natura semi-empirica, adottata nel Model Code 2010 oltre che nelle SIA 262, capace di

prevedere in maniera più affidabile il comportamento a punzonamento di piastre in c.a. armate e

non armate a taglio. In attesa che tale trattazione venga recepita, nel seguito faremo riferimento alle

verifiche a punzonamento previste dalla versione vigente dell’EC2.

Tali verifiche a punzonamento, in quanto relative alla resistenza, vengono sempre eseguite in rife-

rimento allo Stato Limite Ultimo e consistono nella verifica dell’entità delle tensioni di taglio-

punzonamento di progetto su alcuni punti di controllo rispetto alla tensioni resistenti.

L’EC2 prevede che le tensioni di progetto vengono ricavate in riferimento ad un perimetro di verifi-

ca attraverso la relazione:

2

i

Edi,Ed LF

du

Vv

dove VEd indica il taglio sollecitante a punzonamento, β è un coefficiente che tiene conto della

eventuale eccentricità della forza sollecitante rispetto al pilastro o all’area caricata (ossia della pre-senza di momenti flettenti), d rappresenta l’altezza utile della piastra (generalmente calcolata come

media delle altezze utili dy e dz nelle direzioni y e z contenenti il piano della piastra) ed u il perime-

tro di verifica a cui ci riferiamo.

Vcr < V < 0.8÷0.9VU fessura principale V = 0.9VU

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Lezione n. 4 – pag. IV.13

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In normativa vengono definiti due diversi perimetri di verifica da determinare in relazione alla posi-

zione del pilastro o dell’area caricata rispetto alla piastra:

u0, che chiameremo “perimetro di base”, e che rappresenta il perimetro del pilastro o dell’area

caricata, che l’EC2 identifica come Aload;

u1, che chiameremo “perimetro critico”, posto a distanza 2d dal perimetro di base, corrispon-dente a quello che delimita superiormente la superficie di rottura, assunta quindi inclinata di

26.6° rispetto all’orizzontale;

Particolare attenzione deve essere posta nel calcolo del perimetro critico di verifica per pilastri (o

aree caricate) di bordo o cantonali, dove la superficie di rottura non potrà formarsi a 360° ma risul-

terà ridotta e dovrà rispondere ad alcune limitazioni geometriche in relazione all’altezza utile.

A testimonianza della varietà delle formulazioni esistenti per la verifica a punzonamento, è interes-

sante confrontare la distanza dal perimetro di base che viene considerata per la definizione del pe-

rimetro critico di verifica in alcune delle normative internazionali più conosciute.

L’EC2 considera due diverse situazioni progettuali, basandosi di fatto sull’analogia tra il taglio ed il

taglio-punzonamento, estensione al caso bidimensionale del fenomeno del taglio su elementi mono-

dimensionali:

1. Resistenza a taglio-punzonamento per piastre non armate

2. Resistenza a taglio-punzonamento per piastre armate

Piastre non armate a taglio

Nel caso di piastre non armate a taglio, due sono le verifiche previste dall’EC2. La prima richiede

che:

max,Rd0,Ed vv ,

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Lezione n. 4 – pag. IV.14

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ossia la tensione di taglio-punzonamento di progetto lungo il perimetro u0 deve essere inferiore

alla massima tensione resistente del calcestruzzo, direttamente proporzionale alla sua resistenza

caratteristica a compressione:

cdmax,Rd f4.0v

dove ν è un coefficiente adimensionale pari a 0.5 per classi di calcestruzzo non superiori alla

C70/85.

In altre parole, si tratta di verificare che non venga raggiunto il limite di schiacciamento della

biella in calcestruzzo che si forma nel meccanismo taglio-resistente in testa al pilastro o sul

contorno dell’area caricata.

Dalla definizione di vRd,max si ricavano direttamente i valori limite della massima tensione resi-

stente del calcestruzzo, rispettivamente pari a vRd,max(C20/25) = 2.267 N/mm2 e vRd,max(C70/85) =

7.993 N/mm2. Inoltre, ricavando d dalla disequazione di verifica, possiamo determinare

l’altezza utile minima, una volta fissata la geometria del pilastro e la classe del calcestruzzo:

cdi

0,Ed

minfu2.0

Vd

.

La verifica della tensione di progetto sul perimetro di base risulta spesso determinante in fase di

progettazione preliminare, infatti finché non fosse soddisfatta sarebbe necessario intervenire su

parametri progettuali importanti:

1. aumentando le dimensioni del pilastro e/o dell’area caricata (↑ u0);

2. aumentando lo spessore della piastra (↑ h);

3. adottando una classe di calcestruzzo superiore (↑ Ccls), scelta che potrebbe però compor-

tare un approfondimento specifico di altri aspetti progettuali per classi di calcestruzzo di

resistenza elevata;

4. inserendo il capitello in testa al pilastro, che equivale in sostanza ad aumentare lo spes-

sore della piastra in adiacenza al pilastro stesso (↑ ht = h + hH).

h

hH

d

hH

rcont rcont

c lH ≤ 2hH lH ≤ 2hH

a) Piastra con capitello con lH ≤ 2hH

θ = 26.6° θ

θ θ

h

hH

d

hH

rcont,int rcont,int

c lH > 2hH lH > 2hH

b) Piastra con capitello con lH > 2hH

θ = 26.6° θ

θ θ

rcont,ext rcont,ext

Il capitello può essere utilizzato

sia con pilastri a sezione circo-

lare che a sezione rettangolare

(la cui dimensione caratteristica

viene qui indicata con c). Sulla

base del rapporto tra le dimen-

sioni del capitello, larghezza lH

e dall’altezza hH, l’EC2 distin-

gue i casi in cui è sufficiente

verificare il perimetro critico di

raggio rcont (a) ed il caso in cui

è necessario verificare due pe-

rimetri critici di raggio rcont,int

ed rcont,ext (b).

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Lezione n. 4 – pag. IV.15

Gianni Bartoli/Claudio Mannini/Carlo Guastini – Appunti di Tecnica delle Costruzioni (2) Revisione – 28/05/12

La seconda verifica richiesta dall’EC2 è:

c,Rd1,Ed vv ,

ossia la tensione di taglio-punzonamento di progetto lungo il perimetro critico u1 deve risultare

inferiore alla tensione resistente a taglio-punzonamento offerta dal cemento armato, valutata

tramite una formula empirica del tutto simile a quella utilizzata per il taglio su elementi mono-

dimensionali tipo trave, salvo il fatto che viene tenuto conto del comportamento bidimensiona-

le, considerando il contributo delle armature e dello sforzo normale lungo le due direzioni della

piastra. Inoltre, tale tensione resistente deve essere maggiore della somma della tensione resi-

stente minima vmin,, funzione della resistenza a compressione del calcestruzzo e dell’altezza uti-

le della sezione, e di un contributo legato alla eventuale presenza di sforzi normali nel piano

della piastra.

cp1mincp1

3/1

cklc,Rdc,Rd kvkf100kCv

dove:

200k 1 2

d , con d espresso in mm

1 1y 1z 0.02, con ρly e ρlz riferiti alle armature tese aderenti rispettivamente in dire-

zione y e z

cd

czcy

cp f2.02

, con cy

y,Ed

cyA

N e

cz

z,Ed

czA

N

3/2 1/2min ckv 0,035 k f

CRd,c e k1 sono due costanti empiriche di valore rispettivamente pari a 0.18/γc e 0.1.

Nel caso in cui la verifica sopra descritta non risultasse soddisfatta, nemmeno modificando al-

cuni dei parametri geometrici o meccanici in gioco, si renderà necessario, a meno di non inter-

venire sulla geometria strutturale, prevedere l’inserimento di un’apposita armatura taglio-

resistente nella zona del perimetro critico, tipo cuciture o barre piegate5, per aumentare la ten-

sione resistente di punzonamento e procedere alle verifiche per piastre armate a taglio.

Piastre armate a taglio

Nel caso di piastre armate a taglio, l’EC2 richiede il soddisfacimento delle seguenti tre verifiche:

max,Rd0,Ed vv ,

stessa verifica prevista per piastre non armate a taglio.

out,c,Rdout,Ed vv ,

ovvero la tensione di progetto di taglio-punzonamento lungo il perimetro critico uout (o uout,ef), ,

deve risultare inferiore alla tensione resistente a taglio-punzonamento offerta dal cemento ar-

mato al di fuori dell’area interessata dalla resistenza garantita dall’armatura a taglio prevista. La

verifica è equivalente a quella per le piastre non armate a taglio ma si riferisce ad un perimetro

critico esterno, uout, definito come u1 ma a partire dall’ultima fila di armatura a punzonamento

disposta. Tale verifica è necessaria a garantire che la resistenza della porzione di piastra non

armata a taglio, al di fuori dell’area armata a taglio, sia sufficiente ad assorbire in sicurezza

l’azione tagliante.

cs,Rd1,Ed vv ,

5 Già nel 1930, negli Stati Uniti, sfruttando una tecnologia ancora oggi molto attuale, nei solai a piastra venivano inseri-

ti dei profili metallici passanti in testa ai pilastri, mentre le prime armature specifiche a taglio-punzonamento sono sta-

te sviluppate in Europa negli anni ’60.

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Lezione n. 4 – pag. IV.16

Gianni Bartoli/Claudio Mannini/Carlo Guastini – Appunti di Tecnica delle Costruzioni (2) Revisione – 28/05/12

ossia la tensione di progetto di taglio-punzonamento lungo il perimetro critico u1, deve risulta-

re inferiore alla tensione resistente a taglio-punzonamento offerta dalla piastra armata a taglio.

L’EC2 definisce tale tensione resistente come la somma di due contributi:

cs,Rdcs,Rdcs,Rd vvv

quello del calcestruzzo e dell’armatura a flessione (v'Rd,cs), considerato pari al 75% della ten-

sione resistente a punzonamento calcolata per piastre non armate a taglio (infatti al crescere

dell’ampiezza delle fessure circonferenziali che separano la piastra dal perimetro del pilastro o

dell’area caricata la risultante delle trazioni nel calcestruzzo diminuisce e, quando l’acciaio

raggiunge la tensione di snervamento, la resistenza offerta dal calcestruzzo è minore di quella

iniziale) e quello dell’armatura a taglio-punzonamento v''Rd,cs:

Rd,cs sw ywd,efr 1

d 1v" 1.5 A f sin

s u d

dove:

Asw è l'area di armatura a taglio-punzonamento disposta sul perimetro critico di verifica;

sr è il passo radiale dei perimetri dell’armatura a taglio-punzonamento;

fywd,ef rappresenta la resistenza di progetto efficace dell'armatura a taglio-punzonamento, se-

condo la relazione fywd,ef = 250 + 0,25 d ≤ fywd, da cui si ricava che fywd,ef ≡ fywd se d ≥ 565mm

per acciaio B450 o d ≥ 739 mm per acciaio B500;

d indica la media delle altezze utili nelle due direzioni ortogonali;

α è l'angolo compreso fra l'armatura a taglio e il piano della piastra.

A proposito del contributo delle armature a taglio alla resistenza delle piastre a punzonamento è

utile ricordare che le NTC 2008, pur demandando le verifiche a norme di comprovata validità e

non contemplando verifiche a punzonamento per piastre non armate a taglio, prescrivono che la

resistenza a taglio-punzonamento di piastre armate a taglio sia pari univocamente al contributo

delle armature a taglio disposte (vRd,cs(NTC2008) ≡ v''Rd,cs(EC2)), trascurando totalmente il contributo

del calcestruzzo e dell’armatura flessionale.

Vediamo adesso nel dettaglio come progettare l’armatura a punzonamento; inizialmente è consi-

gliabile fare alcuni passaggi preliminari:

1) Determinare il perimetro critico esterno uout per cui vEd,out = VRd,c,out da cui si ricava il perimetro

entro il quale dovrà essere inserita l’armatura a taglio, eventualmente disposta su più file. Tale

perimetro, coincidente con la fila più esterna di armatura taglio-resistente disposta, dovrà essere

ad una distanza inferiore a 1.5d dal perimetro uout, procedendo verso l’interno.

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Lezione n. 4 – pag. IV.17

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2) Calcolare l’area della sezione resistente di un elemento di armatura a taglio, che dovrà risultare

non minore di:

cossin5.1

ss

f

f08.0A tr

yk

2/1

ckmin,1sw

dove st è il passo tangenziale, lungo il perimetro, tra le file di armatura a taglio-punzonamento.

3) Calcolare l’area massima efficace di armatura a taglio per la tipologia scelta, infatti dalle verifi-

che a punzonamento per piastre armate a taglio si ricava:

cs,Rdout,c,Rdmax,RdEd V;V;VminV

h d

uout

a1≤ 0.5d

a) Piastra armata a taglio con barre piegate

θ

b) Piastra armata a taglio con cuciture verticali

c

sr≤ 0.75d 2d

bu≤ 1.5d

d

uout

0.3d ≤ a1 ≤ 0.5d

θ

c

2d

bu≤ 1.5d

≤ 0.25d

sr≤ 0.75d

st≤ 2d

bu≤ 1.5d

uout

Il termine “fila” indica quanti elemen-

ti resistenti vengono disposti in dire-

zione radiale: nel caso di cuciture

corrisponde al numero di anelli di

cuciture disposti in pianta o nel caso

di barre piegate corrisponde invece al

numero di barre con interasse sr diffe-

rente.

La superficie tronco-conica di rottura

individuata a partire dal perimetro uout

dovrà intercettare solamente la fila più

esterna di armatura a taglio. Il numero

minimo di file di armatura da disporre

è di 1 per le barre piegate e di 2 per le

cuciture verticali.

Le armature descritte (a, b) rappresen-

tano solamente degli esempi, esistono

diverse altre armature e tecnologie

taglio-resistenti non citate in questa

sede. h

caso 2 file caso 1 fila

caso 3 file caso 2 file

α α

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Lezione n. 4 – pag. IV.18

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di conseguenza si ha che esiste un valore massimo di area, Asw,max, oltre il quale l’ulteriore ar-

matura a taglio disposta risulterà totalmente inefficace ai fini della resistenza a punzonamento.

Tale valore può essere ricavato sostituendo le relazioni di verifica descritte precedentemente

nell’espressione seguente:

out,c,Rdmax,Rdcs,Rd V;VminV .

-

Vale la pena ricordare che il momento MEd da considerare per entrambe le direzioni nel piano della

piastra (y, z) è dato dalla somma dei momenti flettenti nella sezioni di testa del pilastro inferiore e

di base del pilastro superiore come indicato nella figura sopra riportata.

Occupiamoci adesso del coefficiente β necessario al calcolo della tensione di taglio-punzonamento

di progetto, fin qui trascurato. Tale coefficiente, definito in riferimento al perimetro di verifica u1, è

stato introdotto per amplificare la tensione media in relazione alla trasmissione dell’eventuale mo-

mento flettente MEd,(y,z) tra la piastra ed il pilastro, dovuto dunque all’eccentricità della reazione del

pilastro.

i,Edi,Ed

i

Edi,Ed vv

du

Vv

Considerando la superficie S1, data da u1·d, possiamo esprimere la tensione tangenziale agente su

questa come somma dei contributi prodotti dal taglio (vEd,V) e dai momenti flettenti (vEd,M(y,z)) in

termini di tensioni:

)z,y(M,Ed

1

EdEd)z,y(M,EdV,EdEd v

du

Vvvvv

dividendo entrambi i membri per l’espressione di vEd,V, si ottiene

du

V

v1

v

v1

Ed

z,yM,Ed

V,Ed

Ed

.

Volendo esplicitare il termine vEd,M(y,z), poniamo il momento flettente uguale all’integrale delle ten-

sioni lungo il perimetro critico:

1u

0z,yz,yM,Edz,y,Ed duedvM

dove:

e(y,z) è la distanza del tratto infinitesimo du dall’asse intorno al quale agisce il momento flettente

MEd,(y,z);

du è il tratto infinitesimo del perimetro critico u1.

Ipotizzando che la distribuzione di tensioni tangenziali sia di tipo plastico (|vEd,M(y,z)| = cost.), pos-

siamo scrivere l’equazione di equilibrio alla rotazione nella forma:

z,y,1z,yM,Ed

W

u

0z,yz,yM,Edz,y,Ed WdvduedvM

z,y,1

1

h d

M``Ed,(y,z)

M`Ed,(y,z)

MEd,(y,z) = M`Ed,(y,z) + M``Ed,(y,z)

z

y x

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Lezione n. 4 – pag. IV.19

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dove W1,(y,z) rappresenta il momento flettente intorno all’asse di sollecitazione prodotto da una di-

stribuzione di tensioni tangenziali unitarie di tipo plastico (vEd,M(y,z) = 1) sulla superficie S1, come

rappresentato in figura.

Dalle espressioni precedenti si ricava

z,y,1

z,y,Ed

z,yM,EdWd

Mv

che, sostituita nelle equazioni precedenti, permette di ricavare l’equazione generale di β:

z,y,1

1

Ed

z,y,Ed

1

Ed

z,yM,Ed

W

u

V

M1du

V

v1

Questa relazione non coincide esattamente con quella fornita dall’EC2, dove viene introdotto un

coefficiente k che tiene conto del fatto che la distribuzione delle tensioni tangenziali non è perfet-

tamente uniforme, come ipotizzato con l’approssimazione della distribuzione perfettamente plasti-

ca, data la presenza di taglio non uniforme, di flessione e di torsione. Tale coefficiente risulta fun-

zione del rapporto tra le dimensioni caratteristiche della sezione del pilastro.

z,y,1

1

Ed

z,y,Ed

W

u

V

Mk1

L’EC2 contiene ulteriori indicazioni specifiche, spesso semplificate, per il calcolo di β e di k in una

casistica molto ampia riferita ad alcune posizioni del pilastro rispetto alla piastra (pilastro interno, di

bordo o cantonale) ed alla presenza di flessione retta o deviata.

Le verifiche descritte possono essere estese alle strutture di fondazione (platee e plinti snelli) con la

principale specifica che la resistenza a punzonamento sia verificata lungo un perimetro critico di

verifica distante non più di 2d dal perimetro di base.

d

c1

h

MEd,(y,z)

S1 u1

2d

c2

2d

vEd,M