Lezione 4 Letteratura Italiana

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Lezione letteratura italiana (Paolino) [09/10/2012](Riepilogo lezione precedente) Analisi dellestratto Vita Nova, 16 capitolo e ampia parentesi sulla metrica.Dante pone un'equivalenza tra il fare poesia in volgare e il fare poesia in lingua latina. Questa equivalenza serve a Dante a spiegare al lettore della "Vita Nova", che anche lui in quanto poeta volgare pu usare quegli artifici retorici che solitamente usava la poesia classica, la poesia latina in particolare. Quindi pu per esempio parlare d'amore come se fosse una persona, una "sostanza" dice Dante, non un'accidente, cio una caratteristica transitoria dell'essere, ma uno statum essere vero e proprio. Cosa che in se e per s non vera, ma che il poeta pu dire proprio perch alla lingua poetica concessa una certa licenza che invece nella prosa non si pu avere. Lui per un poeta volgare, quindi per poter giustificare il fatto che sta usando una metafora, come un poeta latino ha bisogno di mettere sullo stesso piano poesia volgare e poesia latina. Quidi definisce per la prima volta il poeta volgare (prima d'allora l'aveva chiamato dicitore volgare), ovvero chi scrive versi in lingua volgare. Mette insieme quindi due parole che in precedenza aveva separato: il termine poeta ( poete > poetae) che aveva associato allo scrittore di versi in latino, e il dicitore in lingua volgare, creando la parola poete vulgari. Ma perch unisce queste due parole che prima aveva separato?Egli spiega che si possono definire poeti i dicitori in lingua volgare, perch "dire per rima in volgare tanto quanto dire per versi in latino, secondo alcuna proportione" [da estratto Vita Nova] facendo per le dovute differenze. La diversit tra le due poesie dovuta alle regole di versificazione, cio alle regole in base alle quali si scrivono versi in latino da un lato e nelle lingue romanze dall'altro. Il latino ha una metrica quantitativa, cio basata sulla durata sillabica, quindi abbiamo la distinzione in latino tra sillabe lunghe e sillabe brevi, o ancora sillabe accipiti ovvero che sono lunghe o brevi a seconda della posizione; le lingue romanze invece perdono questa sensibilit che il latino aveva sulla durata, questa sensibilit d'orecchio sulla durata sillabica, il sistema di versificazione delle lingue romanze, non pu essere basato sulla durata delle sillabe. Quindi la metrica delle lingue romanze, e in particolare della lingua italiana, non una metrica quantitativa. Nella versificazione classica, a un tipo di verso particolare, uno dei pi usati, ovvero l'esametro, possono corrispondere varie misure sillabiche, cio un esametro pu oscillare tra un numero minimo di 12 sillabe a uno massimo di 17 continuando ad essere sempre un esametro. Una cosa del genere non sarebbe possibile nella metrica romanza, italiana in particolare, dove la stessa terminologia che definisce i versi fa riferimento al numero di sillabe di cui questi versi si compongono. Per cui parliamo di: endecasillabo per un verso di 11 sillabe, di decasillabo per un verso di 10 sillabe e cos via. Questa diversit comporta il fatto che la metrica italiana sia diversa rispetto a quella classica, latina in particolare.Non quindi una metrica quantitativa, ma una metrica che viene definita accentuativa e ritmica, cio si basa sugli accenti tonici delle parole. L'endecasillabo quindi ha 11 sillabe, ma ci non basta a definire questo verso, infatti diciamo che l'endecasillabo quel verso in cui l'accento tonico principale cade sulla decima sillaba. Questa definizione ci aiuta a definire anche le altre tipologie di versi, infatti decasillabo sar quel verso il cui accento tonico principale cade sulla nona sillaba, e cos via.Perch quindi si chiama endecasillabo se pu avere anche 10 sillabe? O ancora, come facciamo a distinguere un endecasillabo di 10 sillabe da un decasillabo normale che ne ha 10?Diventa a questo punto fondamentale per identificare i versi, capire dove cade l'accento principale, infatti il decasillabo normale avr l'accento tonico principale sulla nona sillaba, mentre nell'endecasillabo di 10 sillabe l'accento tonico principale cadr sull'ultima sillaba, appunto la decima. Come si chiama allora questo strano verso endecasillabo di 10 sillabe? Si chiamer endecasillabo tronco, perch l'ultima parola di quest'endecasillabo tronca*.{*In base allaccento tonico le parole si distinguono in PIANE quando laccento cade sulla penultima sillaba( sono le pi abbondanti), le TRONCHE o OSSITONE che hanno laccento sullultima sillaba( cio,perch,poich) e poi le SDRUCCIOLE con laccento sulla terzultima e BISTRUCCIOLE,con laccento sulla quartultima ( andarono).}Da questa considerazione, e soprattutto dalla considerazione che la maggior parte delle parole italiane sono piane, discende come conseguenza il fatto che nella maggior parte dei casi gli endecasillabi abbiano per l'appunto 11 sillabe, ci spiega anche il suo nome. Nell'80/90% dei casi un endecasillabo nella poesia italiana avr 11 sillabe, se per caso per in ultima posizione c' una parola tronca, allora l'endecasillabo prende il nome di tronco e avr per l'appunto 10 sillabe. Lo stesso discorso vale con le parole sdrucciole, nel caso in cui un poeta usi come ultima parola del verso una parola sdrucciola, quindi l'accento in terzultima posizione, dopo l'accento tonico nel verso endecasillabo (decima sillaba), abbiamo altre due sillabe, quindi il verso sar un endecasillabo di 12 sillabe, che prende il nome di endecasillabo sdrucciolo. Nella metrica classica prendendo ad esempio un esametro: primo verso, prima bucolica,di Virgilio (vedi lezione 3) , possiamo dire che lo schema ritmico monotono, sempre lo stesso dato che ci possono essere solo dattili (lunga breve breve) , o spondei (lunga, lunga), e posto che l'accento deve ricadere sempre sulla prima sillaba lunga di ogni piede. Per quanto riguarda la poesia italiana le cose cambiano. Fornendo esempi infatti, si pu capire come possiamo avere endecasillabi che hanno per tra di loro ritmi molto diversi. Questi tre versi sono tutti endecasillabi, ma hanno schemi ritmici molto differenti. La metrica romanza si serve infatti degli accenti tonici naturali delle parole, per cui il ritmo di questi tre versi, che sono tutti endecasillabi, dipende da dove cade l'accento tonico delle parole da cui sono composti. Ed per questa ragione che il ritmo diverso.Fat/ta /di /gio/co_*in/fi/gu/ra /d'a/m/re // Cavalcanti *Sinalefe (sono unificate in una sola posizione la vocale finale duna parola e quella iniziale della parola successiva)L'ultima parola "amore", parola piana, l'accento cade su 'mo', questa deve quindi essere la decima sillaba. Questo un endecasillabo. Al/cor/gen/til/ reim/pa/ra/ sem/pre_*a/m/re// Guinizzelli *SinalefeAnche qui, l'ultima parola "amore", parola piana, anche questo un endecasillabo normale, piano, come l'altro.Se/ mer/c/ fos/se_*a/mi/ca_*ai/ miei/ de/s/ri// Cavalcanti *Sinalefe *SinalefeL'ultima parola "desiri", parola piana, anche questo un endecasillabo.Hanno tutti l'accento sulla decima sillaba, quindi sono tutti endecasillabi normali, ci che cambia la tipologia ritmica, che ha una terminologia metrica propria.Nel primo caso si parla infatti di endecasillabo dattilico, dove l'aggettivo dattilico deriva da dattilo (lunga, breve, breve). Il dattilo ha l'accento ritmico che cade sempre sulla sillaba lunga, in una sequenza di dattili quindi, avremo una sillaba accentata e due no, una sillaba accentata e due no. Quindi:Ft/ta /di /gi/co_*in/fi/g/ra /d'a/m/re // accentata/ no/ no accentata/no/no accentata/no/no accentata/no/noQuindi abbiamo una somiglianza ritmica tra questo verso e quello di Virgilio. Ma nel caso di Virgilio un ritmo artificiale, che si sovrappone alle parole, le quali fuori dal contesto metrico non si pronuncerebbero cos. Nel caso invece della metrica italiana un ritmo naturale, perch sono parole che si pronunciano cos anche al di fuori del contesto di versificazione.Nel secondo caso si parla di endecasillabo giambico, nello giambo (breve, lunga)l'accento ritmico cade sulla lunga, quindi avremo una sillaba accentata e una no, una accentata e una no, e cos via.Al/cr/gen/tl/ reim/p/ra/ sm/pre_*a/m/re// no/s/ no/s no/ s/ no s/ no / s/no (accenti)Questo tipo di verso (giambico) era spesso usato dai poeti latini nella poesia satirica.Nel terzo caso si parla di endecasillabo anapesto, nell'anapesto (breve, breve, lunga) tutti gli accenti cadono sempre sulla prima lunga, quindi avremo due sillabe senza accento e la terza accentata. Questo per vale solo per la prima parte del verso (fino a amica). Poi per il ritmo cambia nel secondo emistichio. Se/ mer/c/ fos/se_*a/m/ca_*ai/ miei/ de/s/ri// Cavalcanti no/no/s no/ no /s (accenti)Grazie a questi esempi possiamo capire perch Dante pensava che rimare in volgare o in latino avessero lo stesso valore ("secondo alcuna proportione").Questo passo della Vita Nova ("dire per rima in volgare tanto quanto dire per versi in latino, secondo alcuna proportione" ) importante anche perch Dante usa per la prima volta la parola 'rima', e la mette in associazione alla parola 'volgare' in quanto sappiamo bene che egli non pu parlare di rime per la poesia latina. Con la parola rima, parliamo di un aspetto della metrica romanza, ed in particolare quella italiana, che Dante sapeva benissimo essere peculiare della lingua volgare, ma non della metrica classica. Infatti oltre alla differenza di schemi ritmici, vi quest'altra caratteristica, quella cio che la poesia italiana, poesia che costruisce le sue forme metriche sulla base degli schemi di rime.Quando descriviamo un componimento poetico, non basta dire da che tipo di verso composto (endecasillabi, settenari, esametri), ma bisogna dar conto anche di come sono disposte le rime. Es: La Commedia di Dante scritta in terzine di endecasillabi a rima incatenata (detta anche terzina Dantesca, in quanto Dante stato il primo a usare questo schema metrico).Che cosa vuol dire rima incatenata?Quando si parla di rima incatenata, si usa un'espressione metaforica, in quanto se le terzine fossero metaforicamente degli anelli di una catena, bisognerebbe individuare quell'elemento che unisce un anello all'altro. Il meccanismo costituito dal fatto che in ogni terzina, la rima centrale (B) rima del primo e del terzo verso della terzina successiva.Nel mezzo del cammin di nostra vita (A)mi ritrovai per una selva oscura (B)ch la diritta via era smarrita. (A)Ahi quanto a dir qual era cosa dura (B)esta selva selvaggia e aspra e forte (C)che nel pensier rinova la paura! (B)Ricordiamo questi versi grazie alla rima, infatti la rima un espediente mnemonico. Infatti lo sviluppo della rima nella poesia volgare, strettamente legato all'origine stessa della poesia volgare, poesia che veniva recitata oralmente. Il fatto che ci fossero delle rime quindi aiutava chi doveva recitare il testo a ricordarlo meglio. La rima quindi un espediente molto pratico, che diventa sempre pi diffuso.Ma che cos' la rima?Due parole rimano fra di loro se sono identiche a partire dalla vocale accentata in poi, quindi noi di queste parole dobbiamo considerare solo la parte a partire dalla vocale accentata. Convenzionalmente le rime di un componimento vengono identificate con una lettera dell'alfabeto, che viene scritta in maiuscolo se si riferisce a un verso endecasillabo, o in minuscolo se si riferisce agli altri versi. Ogni tipo di componimento ha il suo schema metrico. Quando in una poesia volgare si chiede lo schema metrico, si chiede lo schema di rime che identifica non solo la successione delle rime, ma anche i tipi di verso che vengono usati. In quanto se si usa il maiuscolo si identifica un endecasillabo, ma se si usa il minuscolo si identificano altri tipi di verso. Es: "Tanto gentile e tanto onesta pare". (sonetto di Dante)DOMANDE:Che tipo di componimento ? Un sonetto. (individuiamo la tipologia metrica)Qual lo schema metrico? Due quartine* e due terzine. (dobbiamo dire come si succedono le rime)*Ma come facciamo a dire che si tratta di quartine? Come facciamo a dire che questa sequenza di 4 versi endecasillabi una quartina e non per esempio un'ottava?Lo diciamo grazie alla sequenza delle rime che individua le unit.Se noi abbiamo una quartina che ha questo schema metrico: ABBA ABBA. Queste sono due quartine di un sonetto. Le rime consentono di vedere questi elementi isolati. Questo sonetto ha la fronte (nome delle due quartine insieme) suddivisa in due quartine con rima incrociata. Potremmo anche avere un'altra sequenza di rime, molto attestata nei sonetti pi antichi: ABAB ABAB. Noi sappiamo che sono due quartine, ma un poeta che sceglie questo tipo di rima, che si chiama rima alternata, vuole dare enfasi alle quartine come unica unit.Quando si chiede lo schema metrico di un componimento si chiede quindi come sono disposte le rime.Vi poi una definizione pi antica di rima, pi generica e meno tecnica.Es: "Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono" (incipit primo sonetto del Canzoniere di Petrarca)In questo contesto 'rime' ha un altro significato, ovvero quello di componimento poetico.Il ricorso alla rima come espediente pratico mnemonico contrassegna talmente la poesia volgare, che nella lingua il termine rime ha poi finito per indicare il componimento poetico in lingua volgare. Questo passo della Vita Nova importantissimo per diversi aspetti, tra cui quello terminologico, del lessico tecnico che Dante utilizza ( dicitore, poete, rima etc); ma c anche laspetto ideologico, in quanto questo passo stabilisce una sostanziale equivalenza tra la poesia volgare e quella latina. Ma c anche un terzo aspetto che riguarda pi generalmente la storia letteraria. Lanalisi che Dante sta facendo, unanalisi per niente circoscritta alla situazione della poesia volgare italiana, ma prende in considerazione anche la poesia provenzale. Non che solo perch Dante sta scrivendo in volgare italiano allora gli interessa solo la storia del volgare italiano, lui mette insieme infatti sia il volgare doc che il volgare del s. (E segno che sia picciolo tempo, che se volemo cercare in lingua doco e in quella di s, noi non troviamo cose dette anzi lo presente tempo per .cl. anni.). Lui dice che la prova provata che la poesia italiana giovane, che se andiamo a cercare tra i componimenti poetici scritti in lingua doc e in volgare del s, noi non troviamo niente che rimonta a oltre 150 anni fa.Che centra il volgare doc?Questa la caratteristica dellanalisi dantesca sulla lingua del s che rimarr immutata nel tempo attraverso le sue opere. Dante uno che ama cambiare idea e che ama riscriversi, e a volte gli piace far capire al suo lettore che si ricorda di aver detto diversamente in altre opere, ma non si vergogna di cambiare idea su certe posizioni. Per su questa prospettiva allargata della sua analisi linguistica e anche storiografica (in quanto non parla solo della lingua, ma anche della storia della poesia), questa caratteristica di considerare insieme la produzione in volgare del s e quella in volgare doc una cosa che manterr inalterata. Tanto vero che ribadir limportanza del provenzale anche nella Commedia, in un canto molto importante del Purgatorio ( quello dove incontra Guinizzelli e in cui fa riferimento a Arnaut Daniel e a Giraut de Bornehl. Non un caso che Dante citi Arnaut Daniel, in quanto fu linventore della sestina che Dante copia e riproduce nel Al poco giorno e al gran cerchio dombra, che lunica sestina scritta da Dante.) Perch Dante non cambia mai idea su questo aspetto? Egli di certo non vuole fare unanalisi sovranazionale delle lingue volgari, soprattutto non nella Vita Nova. Nella vita nova un capitolo come questo una digressione incredibile, in quanto il capitolo 16 non centra assolutamente nulla con il suo amore per Beatrice. Quindi che cosa vuole fare Dante scrivendo questo capitolo? Se non ha intenzione di prendere in esame la situazione della storia della poesia europea, Dante assume qui una prospettiva di carattere storico e letterario, perch Dante non ignora affatto che la vera origine della poesia italiana vada ricercata nella poesia provenzale. Infatti la poesia provenzale che ha ceduto, regalato, alla poesia italiana, un repertorio di temi, di argomenti e anche un repertorio lessicale e soprattutto ha ceduto una serie di forme metriche. Quindi non la lingua, ma i temi e le rime. La forma metrica di cui lItalia vanta linvenzione il sonetto, sonetti che per lappunto vengono attribuiti per convenzione alla scuola siciliana. Queste forme metriche appaiono gi tra i poeti della corte di Federico II ma a parte il sonetto e forse un po lottava, tutte le forme liriche pi importanti derivano dalla poesia provenzale. A partire dal metro principe, che Dante considera, nel De Vulgari Eloquentia, il metro pi importante della poesia, che la canzone. La poesia provenzale allora fornisce temi, argomenti, per cui Dante non poteva non considerare come albero madre della poesia italiana, quello della poesia provenzale.