L'EVOLUZIONE DELLE IMPORTAZIONI AD AQUILEIA. … · relativi alla ceramica comune campana e alla...

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Paola Maggi, Renata Merlatti L'EVOLUZIONE DELLE IMPORTAZIONI AD AQUILEIA. II. PRODUZIONI ITALICHE E OENTALI: LA CERAMICA * In questa sede si presentano i primi risultati dello studio delle ceramiche fini e comuni I restituite dallo scavo dell'area a nord del Porto Fluviale 2, con particolare attenzione al vasellame di produzione italica e orientale difso tra il II secolo a.C. e il III secolo d.C. Lo scopo è quello di seguire, attraverso le attestazioni e le incidenze per- centuali delle varie classi, lo sviluppo dei flussi di importazione che interessarono Aquileia tra l'età repubblicana e quella medioimperiale sia dall'area tirrenica in senso lato sia dal bacino orientale del Mediterraneo 3 All'inteo delle varie classi a cui afferisce il vasellame con- siderato, il riconoscimento delle differenti produzioni, e delle rela- tive aree di origine, è stato basato sulle caratteristiche tecnico-morfo- logiche dei pezzi e sull'esame autoptico degli impasti, non essendo stato possibile effettuare analisi archeometriche. * Il testo è stato redatto dalle scriventi in parti uguali. Si precisa che i paragrafi relativi alla ceramica comune campana e alla ceramica comune orientale sono frutto della rielaborazione di dati e testi forniti da Andrea Marensi, che ringraziamo per la ttiva col- laborazione. ' Tale studio è tuttora in corso: in questa sede se ne illustrano alcuni risultati in forma sintetica e preliminare; va specificato che, vista la notevole quantità dei mate- riali ceramici rinvenuti, i dati numerici e percentuali presentati potrebbero subire qual- che variazione con il procedere del lavoro. L'analisi completa di tutte le classi di vasel- lame qui prese in esame sarà pubblicata a cura delle scriventi (ceramica a vernice nera, ceramica ellenistica a rilievo, "piatti di Efeso", terre sigillate italiche e orientali) e di Andrea Marensi e Brunella Portulano (ceramiche comuni) nell'ambito di un volume monografico sugli scavi del Porto Fluviale di Aquileia attualmente in fase di prepara- zione. ' Per una sintesi generale dei dati relativi allo scavo si rimanda all'introduzione a cura di Marie-Brigitte Carre in questo volume. 3 Il presente contributo si correla con il quadro ricostruito da Marie-Brigitte Carre per le anfore italiche e orientali e, per quanto riguarda l'età medioimperiale, con quello delineato da Corinne Rousse attraverso lo studio dei materiali africani. Cfr. i contributi pubblicati di seguito in questo volume. 547

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Paola Maggi, Renata Merlatti

L'EVOLUZIONE DELLE IMPORTAZIONI AD AQUILEIA. II. PRODUZIONI ITALICHE E ORIENTALI:LA CERAMICA *

In questa sede si presentano i primi risultati dello studio delle ceramiche fini e comuni I restituite dallo scavo dell'area a nord del Porto Fluviale 2, con particolare attenzione al vasellame di produzione italica e orientale diffuso tra il II secolo a.C. e il III secolo d.C. Lo scopo è quello di seguire, attraverso le attestazioni e le incidenze per­centuali delle varie classi, lo sviluppo dei flussi di importazione che interessarono Aquileia tra l'età repubblicana e quella medio imperiale sia dall'area tirrenica in senso lato sia dal bacino orientale del Mediterraneo 3

All'interno delle varie classi a cui afferisce il vasellame con­siderato, il riconoscimento delle differenti produzioni, e delle rela­tive aree di origine, è stato basato sulle caratteristiche tecnico-morfo­logiche dei pezzi e sull'esame autoptico degli impasti, non essendo stato possibile effettuare analisi archeometriche.

* Il testo è stato redatto dalle scriventi in parti uguali. Si precisa che i paragrafirelativi alla ceramica comune campana e alla ceramica comune orientale sono frutto della rielaborazione di dati e testi forniti da Andrea Marensi, che ringraziamo per la fattiva col­laborazione.

' Tale studio è tuttora in corso: in questa sede se ne illustrano alcuni risultatiin forma sintetica e preliminare; va specificato che, vista la notevole quantità dei mate­riali ceramici rinvenuti, i dati numerici e percentuali presentati potrebbero subire qual­che variazione con il procedere del lavoro. L'analisi completa di tutte le classi di vasel­lame qui prese in esame sarà pubblicata a cura delle scriventi (ceramica a vernice nera, ceramica ellenistica a rilievo, "piatti di Efeso", terre sigillate italiche e orientali) e di Andrea Marensi e Brunella Portulano (ceramiche comuni) nell'ambito di un volume monografico sugli scavi del Porto Fluviale di Aquileia attualmente in fase di prepara­zione.

' Per una sintesi generale dei dati relativi allo scavo si rimanda all'introduzione acura di Marie-Brigitte Carre in questo volume.

3 Il presente contributo si correla con il quadro ricostruito da Marie-Brigitte Carre per le anfore italiche e orientali e, per quanto riguarda l'età medioimperiale, con quello delineato da Corinne Rousse attraverso lo studio dei materiali africani. Cfr. i contributi pubblicati di seguito in questo volume.

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PRODUZIONI ITALICHE

Le dinamiche e i caratteri delle importazioni dal versante tirreni­co si possono delineare sulla scorta delle attestazioni della ceramica a vernice nera, a partire da una fase non lontana da quella di fondazione della città fino all'età protoaugustea 4, della sigillata italica per l'arco cronologico compreso tra la fine del I secolo a.C. e il I secolo d.C., e delle ceramiche comuni campane per quanto riguarda il periodo tra gli ultimi decenni del I secolo a.C. e gli inizi del III secolo d.C.

Ceramica a vernice nera

All'interno di questa classe di vasellame 5, che comprende un numero minimo di oltre 2200 esemplari, si sono potuti riconoscere due grandi gruppi, oltre a quello ampiamente predominante rappresentato dalla vernice nera nord-italica o "padana": il gruppo centro-italico di produzione etrusca (Campana B) e il gruppo campano (Campana A). Nell'impossibilità di procedere ad altri tipi di analisi, la suddivisione è stata effettuata esclusivamente sulla base dell'esame macroscopico degli impasti e delle caratteristiche del rivestimento. Tali modalità in molti casi non hanno consentito, in presenza di un omogeneo reperto­rio formale, di affinare il riconoscimento per giungere ad una distin­zione delle diverse produzioni all'interno del vasto gruppo della cera­mica di origine centro-italica.

L'analisi del rapporto percentuale tra il vasellame di area tirrenica e quello "padano" (fig. l a) mostra come la ceramica d'importazione rap­presenti all'incirca un terzo delle attestazioni totali e sia per la maggior parte costituita dalla vernice nera etrusca, la quale raggiunge un valore pari al 27% delle testimonianze relative alla classe; l'incidenza della Campana A appare per contro piuttosto contenuta, limitandosi al 6%.

Il grafico indicativo degli indici di presenza nelle fasi dello scavo (fig. l b) permette di rimarcare una documentazione della ceramica a vernice nera singolarmente assai ridotta nel periodo più antico (fasi 7

' Tale te1mine cronologico si riferisce al periodo finale delle produzioni etrusco­settentrionali (BREccrAROLI TABORELU 2005, pp. 71-72); va però tenuto presente che il perdurare delle attestazioni di ceramica a vernice nera fino all'età augusteo-tiberiana è documentato dalla presenza, tra il materiale studiato, di forme riferibili all'ultima fase della vernice nera nord-italica.

' Per un inquadramento sulle presenze di ceramica a vernice nera ad Aquileia cfr.MAsELLI ScoTTT 1991a; MASELLI ScoTn 1992; MASELLI ScoTn, MANDRUZZATO 2003.

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500-

400·/

300

200

100·

L'EVOLUZIONE DELLE IMPORTAZIONI AD AQUILEIA. Il

campana

6 % (134 Nmi)

"padana"

67 % (1477 Nmi)

centro-italica

27 % (595 Nmi)

Fase 7 Fase 6.A Fase 6.B Fase 6.C Fase 6.E Fase 4 Fase 3 Fase 2 Fase I

I• campana D centro-italica lii "padana" I

a

b

Fig. 1. Ceramica a vernice nera: a. valori percentuali delle diverse produzioni; b. indici di presenza nelle fasi dello scavo.

e 6.A), dove, tra l'altro, manca del tutto la Campana A. Mostra invece una netta prevalenza della classe nelle fasi relative alla domus databili verso la fine del I secolo a.C. (fasi 6.B e 6.C), evidenziando come il materiale dello scavo comprenda soprattutto vasellame pertinente al

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momento finale della produzione, tra gli ultimi decenni del I secolo a.C. e l'inizio del I secolo d.C.; ciò spiega il picco di attestazioni dellavernice nera "padana" rispetto alla vernice nera di area tirrenica. Letestimonianze riferibili alle fasi successive sono da considerarsi resi­duali e rispettano in linea generale i rapporti quantitativi tra i tre grup­pi principali riconosciuti.

Terra sigillata italica

Per quanto riguarda l'età altoimperiale, l'analisi compara­tiva tra le ceramiche fini a verni­ce rossa di produzione italica 6

permette di osservare come l' in­cidenza delle importazioni dal-1' area etrusca diminuisca note­volmente, fino a dimezzarsi ri­spetto a quanto registrato nel periodo precedente per il vasella­me a vernice nera; infatti, la sigil­lata "aretina" non supera il 13% delle attestazioni (fig. 2).

terra sigillata "aretina" 13 % (52 Nmi)

terra sigillata nord-italica

87 % (357 Nmi)

Fig. 2. Terra sigillata italica: rapporto percentuale tra produzioni "aretine" e nord-italiche.

Diverso è tuttavia il rapporto quantitativo che si può desumere dall'esame dei bolli (cfr. Tabella): su un totale di 12 testimonianze, cin­que compaiono su vasi rapportabili ad una provenienza "aretina" (42%). Va rilevato che, nel caso di marchi leggibili, questi si riferisco­no unicamente a L. Gellius e a Camurius, ovvero a grandi produttori attivi tra l'età tiberiana ed il periodo flavi o, i cui flussi di smercio inte­ressarono un'area talmente estesa da indurre alcuni studiosi a sospet­tare l'esistenza di succursali esterne all'Italia centrale; le analisi archeometriche più recenti tendono però a indicare un'origine del loro vasellame unicamente da Arezzo o da altri centri dell'Etruria 7

6 Per un quadro generale delle tetTe sigillate italiche ad Aquileia cfr. MAsELLI SCOTTI 1984, pp. 55-62; MASELLI SCOTTI 1987, pp. 207-212; MASELLI SCOTTI 1988, pp. 271-276.

7 Per Gellius cfr. ScHNEIDER 2000a, p. 10; qualche riserva su un'esclusiva origine etrusca è espressa ancora da L. Mazzeo Saracino, che suppone possano essere esistite delle filiali nel Nord Italia almeno nella fase più avanzata della produzione: MAzzEo SARACINO 2000, p. 34. Per quanto riguarda Camurius (o C. Amurius), i centri di fabbricazione ven­gono riconosciuti in Arezzo e nella fornace di Torrita di Siena: cfr. Fornace di Umbricio

Cardo 1992, pp. 114 e 144; OLcEsE 2003, p. 15.

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L'EVOLUZIONE DELLE IMPORTAZIONI AD AQUILEIA. li.

Vasaio Produzione CVArr2 Bollo Cronologia

Albanus "padana" 61, var. I ALB/ANiin età augustea cartiglio rettangolare

Camurius (?) "aretina" 514 CA[- - -] 30-70 d.C. (?)in pianta pedis a dx.

L. Gellius "aretina" 878, var. 56 GE età tiberiano-claudia in pianta pedis a dx.

L. Gellius "aretina" 878 -879 [- - -]GEL in pianta età tiberiano-claudia pedis a dx.

L. Gellius "aretina" 879 L.GELLI età tiberiano-claudia in pianta pedis a dx.

Hilarus "padana" 951 HI[L]/A.RI in età augustea cartiglio rettangolare

L. Mag( ) Vìr( ) "tardopadana" 1085 LMV 40-120 d.C.in pianta pedis a dx.

Polycastus (?) "padana" I POL.C[- - -] dall'età liberiana in pianta pedis a dx.

Saturninus "padana" 1799, var. 1 SATVR/NINiin età augustea cartiglio rettangolare

Thyrsus Seriorum "padana" 1890 THY[- - -] in età augustea (servus) cartiglio rettangolare

Q. V( ) E( ) "tardopadana" I QVE seconda metà I -in pianta pedis a dx. prima metà II d.C. (?)

non det. "aretina" ? [- - -]NI in pianta pedis a dx.

Tabella dei bolli attestati su sigillata.

Ceramiche comuni campane

I dati tratti dalla ceramica fine sono completati da quelli ricava­bili dall'analisi della ceramica comune di provenienza campana 8

,

che, allo stato attuale dello studio, comprende solo vasellame da fuoco. Si tratta di un lotto formato da 134 esemplari privi di rivesti-

8 In questo caso, elemento indicatore per il riconoscimento dell'area di origine è l'evidente presenza di augite nel corpo ceramico.

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Fase

4.B

I.E

4.A

4.A

I

I

l .B

I.E

4.B

I.E

I.C

2.E

PAOLA MAGGI, RENATA MERLATTJ

mento e da 3 7 caratterizzati sulla superficie interna dalla classica verniciatura di colore rosso. Il valore percentuale del gruppo risulta avere una minima inciden­za - pari a solo l' 1 % - rispetto alle altre produzioni in ceramica comune (fig. 3).

Nell'ambito del vasellame d'importazione non verniciato sono attestati il tegame ad orlo bifido prodotto in Italia centrale a partire dalla fine del I secolo a.C. 9 e due varianti di coperchicon orlo più o meno ingrossato e piede-presa ad anello 10• La con­centrazione di queste forme negli strati attribuiti alle fasi 6 e 4, ol­tre a confermarne la loro colloca-zione cronologica nel periodo

ceramiche comuni campane 1 % (183 Nmi)

altre ceramiche comuni

99 % (12550 Nmi)

Fig. 3. Ceramica comune: rapporto percentuale tra le produzioni campane e le altre ceramiche comuni documen­tate.

compreso tra gli ultimi decenni del I a.e. e la fine del secolo succes­sivo, sembra indicare che tegami e coperchi venivano smerciati insie-me.

Per quanto riguarda la ceramica a vernice rossa interna, va rileva­ta l'assenza, tra il materiale rinvenuto, di esemplari attribuibili a pro­duzioni differenti da quelle campane; in particolare, colpisce la man­canza di testimonianze riferibili alle forme - verosimilmente coeve -di probabile origine padana 11

• Le attestazioni più antiche restituite dallo scavo sono pertinenti ai tegami Goudineau 5 e 8, databili già nel I secolo a.e. '2; risultano ben documentati anche i tipi Goudineau 28-30, prodotti fino agli inizi del III secolo d.e. e diffusi in tutto il Mediterraneo 13•

9 Per la forma, che si diffuse ampiamente nel bacino del Mediterraneo nel corso del I secolo d.C., cfr. D, GIOVANNI 1996, pp. 78-79.

IO Cfr. DI GIOVANNI 1996, p. 97. " Tali forme risultano ad esempio documentate a Tergeste: cfr. Gli scarichi della

domus 2002, p. 472. 12 Cfr. GoumNEAU 1970, p. 166. 13 Cfr. GouorNEAU 1970, p. 168. Il periodo di maggiore attestazione si pone tra l'età

flavia e i primi decenni del II secolo d.C.: v. CHIOSI 1996, pp. 227-230.

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Cyrenatca

Fig. 4. Le aree di origine della ceramica orientale attestata.

PRODUZIONI ORIENTALI

Lo studio delle importazioni dal bacino orientale del Mediterra­neo, basato su sette diverse classi ceramiche, evidenzia molteplici aree di origine (fig. 4). Tra queste rivestì senza dubbio una particolare importanza la regione efesina, dalla quale partiva una corrente di traf­fico che interessò Aquileia in modo continuativo dalla seconda metà del II secolo a.C. fino a circa la metà del II secolo d.C.

Per il periodo repubblicano e la primissima età imperiale dati elo­quenti si traggono dalla documentazione relativa alla ceramica elleni­stica a rilievo (cd. megarese) e ai "piatti di Efeso", che- sebbene risul­ti quantitativamente poco rilevante rispetto all'alto numero dei coevi prodotti italici rappresentati dal vasellame a vernice nera - appare non­dimeno assai significativa per le novità che apporta al quadro conosci­tivo della ceramica orientale in area altoadriatica.

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Ceramica ellenistica a rilievo

Il vasellame più antico è costituito dalle coppe ellenistiche a rilie­vo, definite in modo convenzionale "ceramica megarese" 14

, le quali, com'è noto, furono fabbricate in varie zone della Grecia continentale, dell'Egeo, del Mar Nero e dell'Asia Minore tra la fine del III e la metà del I secolo a.C. 15

• A tale classe viene riservata in questa sede partico­lare attenzione, in considerazione del fatto che essa risulta ancora scar­samente conosciuta nella regione altoadriatica 16

, e più in generale nell'Italia settentrionale 17 (fig. 5).

14 Per una sintesi sulla classe, per la cui definizione si preferisce ora la dicitura "ceramica ellenistica a rilievo" rispetto alla tradizionale - ma impropria - denominazione di "megarese", cfr. SrnsERT 1980; P1EROBON 1987; PuPPo 1995, pp. 147-167; PrERosoN­BENorT 1996, con bibliografia precedente.

" La produzione più antica, attribuita all'ultimo quarto del III secolo a.C., si loca­lizza ad Atene (RoTROFF 1982, pp. 6-7). Sicuramente successivo, ma ancora non ben defi­nito, è l'inizio dell'attività delle officine microasiatiche: la maggior parte degli studiosi tende a collocarlo verso la metà del II secolo a.C., sulla scorta dei rinvenimenti provenien­ti dai contesti abitativi di Delo studiati da A. Laumonier (LAuMONIER 1977); tuttavia, la sco­perta di alcuni frammenti di tale ceramica sia nei livelli di fondazione del portico di Filippo V nella stessa Delo (EowARos 1981, p. 198), sia nel relitto II di Apollonia in Cirenaica, in associazione con anfore rodie (LARONDE 1987, pp. 328-329), porterebbe ad anticipare la cronologia ai primi decenni del II secolo a.C. Incerta rimane anche la datazione delle fasi produttive finali degli ateliers ionici, che potrebbe spingersi fin nella seconda metà del I secolo a.C. (PLERosoN-BENOIT 1996, p. 738; PuPPO 2001, pp. 161 e 170).

16 Per Aquileia risulta finora èdita solo una coppa dagli scavi del Fondo Gallet: cfr. STRAZZULLA RuscoN1 1977, pp. 110-111, tav. 28, 3; MAsELu ScoTT1 1984, pp. 49-50, tav. I, !; MASELLI ScoTT1 1988, p. 269; PuPPO 1995, p. 149, n. X3, fig. 15. Altri siti di attesta­zione sono: Pola (Pula - Forum 2007, p. 31, n. 60: esemplare erroneamente attribuito ad una Sariusschale); Fornace-Fornace, presso Pirano-Piran (STOKIN 1992, p. 81, nn. 1 e 3, pp. 83-84, fig. 5 e tav. 1, 1 e 3: due frammenti di produzione ionica dall'autore riferiti alla cera­mica italo-megarese; HoRvAT 1995, p. 29 e tav. 6, 8-9, con c01Tetta attribuzione) e Sermino­Sennin, nella Baia di Capodistria-Koper, in Slovenia (HoRVAT 1997, p. 103 e tav. 5, 8-9);Elleri, presso Muggia (Civico Museo 1997, pp. 55, 67 e 168, tav. XII, 16); Duino, nell'areadelle foci del Timavo (MASELu ScoTT1 1984, p. 49; MAsELu ScoTT1 1986, p. 158; MAsELLIScoTT1 1988, p. 269; MASELLI ScoTT1 1991b; Tempus edax rerum 2001, 37, con scheda con­sultabile all'indirizzo Internet http://xoomer.alice.it/wjennan/fotom/testid.htm, n. 30; inol­tre, HoRVAT 1997, p. 129, carta a fig. 53, dove sono segnalati tre punti distinti, indicantiAurisina, Duino e Timavo, riferibili alla stessa area di rinvenimento); Altino, da cui pro­viene quasi una trentina di esemplari (PuPPO 1995, p. 149, X4; FERRARINI 1999, fig. 4, 18-19; GAMBACLJRTA 1999, pp. 105 e 120, fig. 11; fERRARrN1 2003, fig. 1, b-h; LAv 1zzAR1PEoRAzz1N1 2003, p. 212; BoRTOLTN 2005); Marteggia di Meolo (Venezia) (CRoCE DAV1LLA 1999, p. 216, n. 7, fig. 3, 7); Oderzo (FERRAR1N1 2003, p. 203, nt. 39); Treviso(T1RELL1 1999, p. 9); Adria (PuPPO, MoscA 1998-99).

" Il quadro delle attestazioni fornito nella nota precedente è completato dai rinve­nimenti di Verona (LAv1zzAR1 PEDRAzz1N1 1995, p. 405), Calvatone-Bedriacum (PuPPO

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L'analisi delle caratteristiche tecniche e morfologiche indica come il complesso delle attestazioni dello scavo di Aquileia - costi­tuito da 37 frammenti pertinenti a 23 esemplari - rimandi, nella quasitotalità dei casi, alla pro­duzione ionico-efesia 18•

Il gruppo comprendecoppe a vasca emisferi­ca, caratterizzate da unorlo liscio leggermenteispessito e rientrante eda un corpo ceramicomolto depurato e duro altatto, con numerosi evi­denti inclusi micacei. Dinorma la decorazione,realizzata a matrice, sisviluppa in più registri apartire dal bordo, sottol'ispessimento dell'orlo,fino al centro del fondo.Solo per un esemplare èstato possibile ricostrui­re l'intero profilo delvaso e risalire allo sche­ma compositivo comple­to; in nessun caso è pre­sente la firma del pro­duttore.

V

o Fig. 5. Ceramica ellenistica a rilievo: diffusio­ne nell'Alto Adriatico e in Italia settentrionale. 1. Pola; 2. Fornace (Pirano); 3. Sermino; 4. Elle­ri (Muggia); 5. Duino; 6. Altino; 7. Maiteg­gia (Meolo); 8. Oderzo; 9. Treviso; 10. Adria;11. Verona; 12. Calvatone-Bedriacum; 13. Ge-nova.

1995, p. 141, n. X2), Genova (Purro 1996). La carta di distribuzione delle testimonian­ze qui presentata (fig. 5) aggiorna quella pubblicata in Purro 1995 (pp. 188-189, fig. 29); va segnalato che, a differenza di quest'ultima, essa non comprende i luoghi in cui la "megarese" è documentata solo in collezioni museali, senza indicazioni di prove­nienza.

18 Per le prove fornite dall'archeometria circa l'origine di tale produzione dall'area di Efeso cfr. ScHNEIDER 2000b, p. 532 e tab. 3. È opportuno rilevare che, allo stato attua­le dello studio, sembrano assenti nel contesto archeologico in esame testimonianze riferi­bili alle coppe fabbricate in Italia nel II - metà del I secolo a.C. (cd. ceramica italo-mega­rese: cfr. Purro 1995 e, da ultimo, LEOTTA 2005).

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Stretti confronti con la "megarese" attestata ad Efeso e a Delo 19

emergono dall'esame dei soggetti iconografici e dei motivi ornamen­tali documentati 20, che talora permette di giungere all'identificazione, oltre che dell'area di origine, anche dell'atelier di fabbricazione.

Una significativa esemplificazione di queste forti analogie viene da un esemplare decorato con scena di Amazzonomachia (fig. 6a) che testimonia l'uso di punzoni riconducibili alla cd. officina del Monogramma 21

, identificata da Alfred Laumonier sulla base del mate­riale ceramico di Delo 22 e attiva ad Efeso nella seconda metà del II secolo a.C. 23

• Da un lato, risulta essere tipico l'unico elemento con­servato del calice vegetale - una foglia d'acanto diritta, sottile e ben distanziata dalle altre 24

-, dall'altro appaiono peculiari alcuni dettagli della scena figurata: in primo luogo, la sequenza e la postura delle due Amazzoni ancora visibili, che avanzano entrambe verso sinistra, il loro

19 Va ricordato che l'ingente quantità di vasi "megaresi" ionici attestata a Delo (oltre 10.000 esemplari) ha indotto in passato alcuni studiosi a denominare tale produzio­ne "delia", per distinguerla da quella attica, e a suppon-e l'esistenza nell'isola di un vero e proprio centro di fabbricazione (per primo CouRBY 1922, pp. 279-280, 378 e 486). In realtà, vista l'assenza di matrici o di scarti di lavorazione, si è oggi portati a pensare - sulla scorta di A. Laumonier (LAuMoN1ER 1977, pp. 1-3) - che tali prodotti provenissero tutti dalle officine microasiatiche e che anche per questi manufatti l'isola fungesse solo da punto di transito: KossATZ 1990, p. 134; PuPPO 1995, pp. 18 e 23, nt. 11; P1EROBON-BEN01T 1996, p. 737; P1GNOCCH1, Vmzì HAGGLUND 1998, p. 141; PuPPO, MoscA 1998-99, pp. 317, nt. 3 e 319, nt. 28; FALco 2000, p. 385.

20 Si precisa che per la descrizione dei motivi decorativi ci si basa sulla terminolo­gia proposta da RornoFF 1982, pp. 3-4, da KossATZ 1990, p. l , fig. l a (per i calici vege­tali) e da PuPPO 1995, pp. 174-175.

21 Cfr. G1uL1AN1, RoGL 2002, p. 73, tav. 13, III a. 22 LAUMONIER 1977, pp. 129-213. 23 Si tratta di una delle più importanti officine dedite alla fabbricazione di coppe

megaresi "ionie", la cui localizzazione ad Efeso è dimostrata dal rinvenimento di alcune matrici ad essa riconducibili. I suoi prodotti risultano diffusi su amplissima scala, in tutto il bacino del Medite1rnneo e nell'area del Mar Nero, tanto che si è ipotizzata l'esistenza di succursali. In generale, sulla bottega del Monogramma cfr. FALCO 1999, pp. 32-36; sull'a­rea di distribuzione dei suoi vasi cfr. GuLDAGER B1LDE 1993; sulla possibile localizzazio­ne di una succursale a Samo vedi TsAKOs 1994. L'inizio dell'attività dell'atelier potrebbe essere anticipato ai primi decenni del II secolo a.C. sulla base dei ritrovamenti effettuati nel relitto II di Apollonia in Cirenaica: cfr. FALco 1999, p. 36, nt. 15; per il relitto v. PARKER 1992, p. 57 (datazione 180-150 a.C.).

24 La tipologia della corona di foglie intorno al medaglione centrale del fondo del vaso costituisce l'elemento distintivo assunto dal Laumonier per classificare i punzoni all'interno di uno stesso atelier; in particolare, il motivo decorativo attestato sul pezzo in esame rientra nella serie IX della bottega del Monogramma: LAuMONIER 1977, p. 154, tavv. 34 e 124, n. 384.

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a

b

/

c

Fig. 6. Ceramica ellenistica a rilievo: a. coppa ionica con Amazzonomachia (foto in scala 1: 1 e disegno ricostruttivo da G1uuAN1, RoaL 2002); b. coppa ionica con Eroti; c. coppa attica (disegni G. Merlatti; scala 1 :2).

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abbigliamento completo dei calzari, e il particolare dell'Amazzone che sostiene una compagna ferita 25

Alla medesima officina sono altresì riferibili cinque frammenti, tra i quali si segnalano un pezzo decorato con due delfini affrontati separati da un fiore a forma di stella a 12 raggi 26 e un altro con fregio a kyma lesbio e calice vegetale con rosetta a sette petali 27

Ugualmente al contesto produttivo efesino riporta la coppa meglio conservata restituita dallo scavo ( fig. 6b ), sul corpo della quale è raffigurata una teoria di Eroti musicanti. Nella decorazione è possi­bile notare la forma quadrata delle rosette stellate presenti sulla fascia sotto l'orlo, l'incedere degli Eroti con le braccia levate in alto all'al­tezza della testa e il tipo di calice vegetale e di medaglione centrale del fondo: tutti elementi che inducono ad ascrivere il vaso ad un'originale serie individuata da A. Laumonier e da lui attribuita - pur con alcune riserve - all'atelier cd. "del comico con il bastone" 28

Caratteristiche rapportabili invece all'officina di Menemachos, che sembra essere stata attiva già nella prima metà del II secolo a.C. 29

, pre­

senta una coppa ornata con doppio meandro continuo "ad incastro" e croci di Sant' Andrea, cui segue un fregio con serie di "esse" coricate 30

Pur non essendo riconducibili ad alcuna specifica officina a causa delle ridotte dimensioni e dei generici motivi decorativi, altri undici frammenti possono essere comunque riferiti alla produzione micro­asiatica in base al profilo dell'orlo e/o alla presenza sul bordo di ele­menti ornamentali a carattere geometrico-vegetale tipici dell'ambiente

25 Di questa figura si notano la testa che ricade in avanti e le gambe che pendono tra quelle dell'Amazzone combattente; si tratta di un particolare che trova preciso riscon­tro nella coppa n. 3343 pubblicata da LAuMONIER 1977, pp. 139-140 e tav. 31: pur essen­dovi presente un calice vegetale diverso da quello documentato nel frammento aquileiese, è in tal caso decisivo per il confronto lo schema generale della fascia figurata.

26 Cfr. LAUMONIER 1977, tavv. 37, nn. 3009-3010, 3017 e 125, nn. 1118 + 3172. Un confronto viene anche da Pola: Pula - Forum 2007, p. 31, n. 60.

27 Cfr. LAuMoNIER 1977, tav. 34, n. 2093. 2

8 Cfr. LAUMONIER 1977, pp. 122-123; più specificatamente, il calice formato dafoglie d'acanto ripiegate verso sinistra, alternate a foglie lanceolate di nymphaea coerulea con nervatura mediana perlinata, si ritrova nel frammento n. 882 a tav. 123 e, in abbina­mento con gli stessi altri motivi ornamentali qui attestati (rosone, Eroti e rosette stellate), nella coppa 8765 a tav. 28.

29 Cfr. S1EBERT 1977, p. 149, nota 3. '

0 Tale motivo ornamentale (cfr. Purro 1995, pp. 174-176, tipo I) risulta impiega­to su vasi di "megarese" pertinenti a diverse officine, ma il suo abbinamento con il bordo a meandro trova confronto solo sulla ceramica attribuita a Menemachos: cfr. LAuMONIER 1977, tavv. 2, nn. 428-477; 12, n. 9316; 114, nn. 477 + 1036.

558

L'EVOLUZIONE DELLE IMPORTAZIONI AD AQUILEIA. II.

ionico 31• Tra questi sono documentati la fila di rosette a otto petali, il

fregio di ovoli e dardi, il meandro continuo con croci di Sant' Andrea e il kyma lesbio con contorno striato.

La produzione ionica non è tuttavia l'unica attestata tra il vasella­me ellenistico a rilievo rinvenuto nello scavo del Porto Fluviale: ad ateliers dell'Attica sono infatti attribuibili tre frammenti di coppe che si contraddistinguono per l'orlo con labbro inclinato verso l'esterno e, in un caso, per un particolare stile decorativo, a motivi geometrici (fig. 6c). Per tali esemplari i confronti più stretti si individuano nel reperto­rio ceramico presente nell'Agorà di Atene 32

Nel caso della ceramica "megarese" i dati stratigrafici dello scavo non forniscono alcun elemento significativo: osservando gli indici di presenza nelle fasi riconosciute si registra, infatti, una totale assenza nella fase 7, la cui datazione è contestuale al periodo di diffusione della classe. Tutti i frammenti rinvenuti risultano pertanto residuali e si con­centrano quasi esclusivamente nelle fasi 6.B e 4.B.

L'esame del materiale aquileiese suggerisce invece alcune inte­ressanti considerazioni sulle modalità di circolazione e commercializ­zazione di questa ceramica. In primo luogo si può rilevare come la per­centuale nettamente inferiore di esemplari di produzione attica, peral­tro fino ad ora assenti nei contesti èditi di area altoadriatica 33

, risulti in linea con i dati raccolti da Paola Puppo per tutta l'Italia 34

Per quanto riguarda poi il vasellame di origine ionica, i numerosi riscontri ravvisati con le coppe ritrovate a Delo confennano il noto e fondamentale ruolo di intermediazione e di smistamento svolto dall'i­sola nella rete di scambi commerciali tra Oriente e Adriatico setten­trionale. È probabile che tale ceramica giungesse ad Aquileia quale merce di accompagno per le anfore 35 o per altro materiale, come paio­no indicare le quantità mai rilevanti recuperate nei relitti o nei siti costieri adriatici, se si eccettua il caso di Torre Santa Sabina 36

• Allo

" Tra questi motivi sono attestati la fila di rosette a otto petali, il fregio di ovoli e dardi, il meandro continuo con croci di Sant' Andrea e il kyma lesbio con contorno striato. Per il repertorio decorativo più comune nei fregi cfr. P1EROBON 1987, p. 86; LANG-AurNGER 1996, p. 39; G1uuAN1, RoGL 2002, tav. 13; CARCA1so 2005, p. 301.

32 Cfr. S1EBERT 1980, p. 82, fig. 1; RoTROFF 1982, pp. 14-15 e tav. 92; KossATZ 1990, pp. li 1-112.

33 Cfr. FERRAR1N1 2003, p. 199; BoRTOLLN 2005, p. 120. 34 Cfr. il quadro dei rinvenimenti in PuPPo 1995, pp. 147-167. 35 Significativa è al riguardo la presenza, fra il materiale dello scavo, di un certo

numero di anfore rodie coeve: si veda, più analiticamente, il contributo di Marie-Brigitte Carre sulle anfore in questo volume.

36 A Ton-e Santa Sabina (Brindisi) è noto il rinvenimento di circa 300 esemplari di

559

PAOLA MAGGI, RENATA MERLATTI

stato attuale delle conoscenze, la presenza di attestazioni tanto sulla sponda occidentale 37

, quanto su quella orientale 38 dell'Adriatico non consente di stabilire con certezza le vie di traffico utilizzate, anche se appare più verosimile l'ipotesi di una rotta lungo le isole e le coste fra­stagliate della Dalmazia e dell'Istria 39

"Piatti di Efeso "

I rinvenimenti aquileiesi documentano come, anche dopo la metà del I secolo a.C., quando si esaurì la diffusione della "megarese", il flusso commerciale della ceramica dall'area di Efeso non venne meno. Lo testimonia la presenza di un'altra classe finora scarsamente attesta­ta nell'Italia nord-orientale: quella dei cd. "piatti di Efeso" o "piatti grigi", pertinenti a una ceramica ad impasto poco depurato rivestita di vernice nera 40

, che risulta ben rappresentata nei contesti efesini datati tra il I secolo a.C. e il primo quarto del I secolo d.C. 41

• Si tratta di un vasellame prodotto sulla costa occidentale dell'Asia Minore, come

"megarese", che sembra da riferire al carico di un relitto; tuttavia, anche in questo caso, si ritiene che la merce principale trasportata fosse costituita da anfore: cfr. S1EBERT 1977; AuRJEMMA 2004, voi. I, p. 76; AuRJEMMA 2004, voi. II, pp. 12, 175.

37 Si possono richiamare le testimonianze in vari siti del Salento (AuRJEMMA 2004, voi. II, p. 175), ad Ancona (Purro 1995, pp. 156-157, X 18-19), a Rimini (MA1ou 1979, p. 143, fig. 2: coppa attribuita dall'autrice alla produzione "italo-megarese", da ascrivere invece al gruppo microasiatico) e ad Adria (Purro, MoscA 1998-99). Cfr. FERRAR1N1 2003, p. 203.

38 Per la Dalmazia si vedano i rinvenimenti segnalati da BRus1é 1993, pp. 82-83, tav. I, 5 e BRus1é 1999, p. 15, sottogruppo 2 e figg. 37-39, nn. A222 e A224; A227-A240 con provenienze descritte alle pp. 93-95; da JuR1s1é 2000, p. 27; da M1GOTT1 1987, pp. 145-146, tav. III, IO e p. 152, n. 10. In tale ambito appare particolannente significativo il con­testo del porto ellenistico di Siculi (odierna Resnik, presso Spalato), dove la "megarese" risulta presente in rilevante quantità (BRus1é 1999, pp. 9-1 O). Per l'Istria cfr. HoRVAT 1995, p. 29; HoRVAT 1997, p. 129, fig. 53 e Pula - Forum 2007, p. 31, n. 60.

39 Potrebbe trattarsi delle stesse rotte ipotizzate per l'afflusso della terra sigillata orientale in epoca alto e medio imperiale: cfr. MAGGI 2006, in part. p. 183. Vedi inoltre LAV IZZARI PEDRAZZINI 2000, p. 368.

40 Nei numerosi contributi in lingua tedesca sulla ceramica di Efeso questa classe è definita in generale come "graue Ware", "graue und schwarze Keramik", "graue Ware mit schwarzem Ùberzug" e, più in particolare, come "graue Platten" o "Ephesische graue Platten". Cfr. M1TsorouLos-LEoN 1991, pp. 78-85; Graue Platten 1996; GAsSNER 1997, pp. 152-153 e 251-252; OuTSCHAR, ZABEHLJCKv-Sc1-1EFFENEGGER 1998; MER1ç 2000; MER1ç 2002, pp. 39-42.

" Per l'inquadramento cronologico cfr. OuTscHAR, ZABEHLJcKv-ScHEFFENEGGER 1998, p. 12; MERJç 2000, p. 92.

560

L'EVOLUZIONE DELLE IMPORTAZIONI AD AQUILEIA. Il.

testimoniato non solo dai ritrovamenti particolarmente numerosi ivi effettuati 42

, ma anche dalle analisi archeometriche 43, che evidenziano

una composizione dell'argilla analoga a quella delle coppe "megaresi" e delle lucerne efesine.

Nella zona indagata sono venuti alla luce 173 frammenti, riferibi­li a una ventina di piatti da portata molto grandi, con un diametro di misura oscillante tra 50 e 90 cm. Essi si contraddistinguono per il corpo ceramico piuttosto grossolano, con inclusi bianchi e alta quan­tità di mica, e per uno spesso rivestimento di colore nero.

Gli esemplari appartengono tutti al tipo dei cd. piatti rotondi, mentre non trova attestazione il pur frequente tipo del vassoio di forma rettangolare dotato di manici 44

• Sono documentate, in un rapporto per­centuale pressoché paritario, due varianti morfologiche distinte: una con orlo modanato 45 (fig. 7a-b), l'altra con orlo arrotondato e rien­trante 46 (fig. 7c ). Entrambe trovano ampio riscontro tra i repe1ii cera­mici di Efeso 47 e di altri centri del Mediterraneo orientale 48

; inoltre, presentano significative analogie con i materiali rinvenuti sul Magdalensberg 49

• Nei piatti della prima variante, peculiare risulta, nel nostro caso, l'assenza sul bordo profilato della decorazione a perline, a ovuli o a cordicella molto diffusa altrove 50

42 A tale proposito risultano significativi i dati quantitativi riportati da Susanne Zabehlicky-Scheffenegger: solo nel contesto dell'Agorà di Efeso sono stati rinvenuti circa 1800 frammenti notevoli relativi a "piatti grigi". Cfr. Graue Platten 1996, p. 42.

43 Per i risultati cfr. Graue Platten 1996, pp. 47-51, 53-59; Sc1-1NEIDER 2000b, p. 532 e tab. 3.

44 Per la classificazione si fa riferimento alla distinzione proposta da S. Zabehlicky­Scheffenegger in Graue Platten I 996, pp. 42-43. Va tenuto presente che questa ceramica comprendeva anche altre fom1e, ascrivibili a vasi potori e ad altro vasellame da mensa, che però in generale sono attestate più sporadicamente.

45 Tipo i.e in Graue Platten 1996, p. 43 e tav. 12, nn. 18-20. 46 Tipo i.a in Graue Platten 1996, p. 42 e tav. 11, nn. 1-2. 47 Cfr. M1Tsorouws-LE0N 1991, pp. 82-84, tav. 84, F2-F7 e F9-13; tavv. 96-97,

F37-F41; LANG-AuTNGER 1996, pp. 42-44; Graue Platten 1996, tav. 11, 1m. 1-2 e tav. 12, nn. 18-20; GAsSNER 1997, pp. 251-252 e tav. 76, H98-100; MERJC 2002, p. 40 e tav. 11, K97-Kl00.

48 Attestazioni sono note ad Atene (Ros1NsON 1959, 046; HAvEs 2005, p. 13, fig_ 3, d-e), Corinto (SLANE WRJGHT 1980, pp. 146-148, nn. 31-32 e 34-35 e p. 168), Olbia, Tarso, Pergamo (riferimenti bibliografici in SLANE WR.1G1-1T 1980, p. 168), Seleucia di Pieria (WA AGÉ 1948, p. 60 e tav. 11, GW2-3), Knossos (SACKETT 1992, p. 200 e tav. 144, Cl , 38).

49 Cfr. Graue Platten 1996, tav. 18; ZAsE1-1ucKv-Sc1-1EFFENEGGER, Sc1-1NEIDER 1998, pp. 432-434 e 446-447, tav. 3.

50 Esemplari con orli privi di decorazione si sono riscontrati solo tra i piatti della Basilica di Efeso: cfr. M1Tsoro uLos-LEoN 1991, p. 84, F38-39.

561

PAOLA MAGGI, RENATA MERLATTI

\ -==

a

b

c

Fig. 7. "Piatti di Efeso": a-b. tipo con orlo modanato; c. tipo con orlo rientrante (disegni G. Merlatti; scala 1:8).

I frammenti restituiti dallo scavo, sui quali talora compaiono in corrispondenza del fondo dei motivi impressi a punzone ( delfino, pal­metta) o delle fasce decorative a rotellature 51

, sono quantitativamente meglio rappresentati negli strati tardorepubblicani e augusteo-tiberiani pertinenti alla domus (fasi 7.D, 6.B e 6.C). Tale dato concorda con la collocazione cronologica attribuita a questo tipo di vasellame sulla base dei ritrovamenti effettuati ad Efeso, dove la variante con orlo arrotondato è documentata nei contesti tardoellenistici e augustei, mentre quella con orlo modanato è presente nei livelli augusteo-tibe­riani 52

• Corrispondenze si registrano anche con il Magdalensberg, dal momento che nel sito norico i "piatti grigi" provengono dagli strati del-1 'iniziale e media età augustea 53

In base ai dati noti, gli esemplari aquileiesi costituiscono il nucleo più cospicuo di "piatti di Efeso" finora documentato in Italia, dove ad oggi si conoscono solo sei attestazioni (fig. 8). Queste risul­tano pertinenti sia a piatti che a vassoi rettangolari e provengono da

51 Anche questi elementi trovano confronto nella ceramica rinvenuta ad Efeso, dove la palmetta è attestata, in associazione ad altre e con disposizione radiale, sui piatti di forma rotonda, mentre lo stampiglio a forma di delfino compare sui manici o negli ango­li dei vassoi rettangolari: cfr. Graue Platten 1996, pp. 43-33, tav. Il , n. li; tav. 15, n. 38; tav. 17, nn. 52-53; OuTscHAR, ZABEHLICKv-ScHEFFENEGGER 1998, p. 12.

52 Cfr. Graue Platten 1996, p. 45. 53 Cfr. Graue Platten 1996, p. 42; ZABEHLicKv-ScHEFFENEGGER, ScHNEIDER I 998,

p. 434.

562

L'EVOLUZIONE DELLE IMPORTAZIONI AD AQUILEIA. II.

cinque diversi siti: Trie­ste 54

, Trento 55, Adria 56

,

Luni 57 e Francolise pres­so Capua 58

• Il quadro delle testimonianze po­trebbe tuttavia essere più ampio: considerato che questa ceramica, per la presenza del rivestimen­to grigio/nero delle su­perfici, viene spesso er­roneamente catalogata tra il vasellame a vernice nera 59

, l'attuale docu­mentazione molto limi­tata potrebbe essere la conseguenza di un man­cato riconoscimento spe­cifico e non il riflesso di un reale vuoto di presen­ze.

V

o

Noricum

•Trento

Va rimarcato che tutti i rinvenimenti sopra citati rappresentano dei F

_ig. 8. "Piatti di Efeso": carta dei siti di attesta-

z10ne. casi sporadici; il numero dei piatti restituiti dallo scavo del Porto Fluviale, soprattutto se messo in connessione con quello degli esemplari del Magdalensberg 60

, viene a dimostrare una consistenza delle importa­zioni di questa classe ceramica in area altoadriatica finora non imma-

54 Cfr. La domus 2004, pp. 90-91, tav. I, n. 9. Il pezzo, classificato sotto la defini­zione "terra sigillata di produzione efesina", proviene da un livello databile al primo quar­to del 1 secolo d.C. nell'ambito degli scavi di una domus (cd. domus di Piazza Barbacan).

55 Cfr. 0BEROSLER 2002. 56 Cfr. DE M1N 1986, p. 213 e tav. I, n. 3, con scheda a cura di A. Toniolo (conte­

sto di fine I secolo a.C. - inizi I secolo d.C.). 57 Cfr. Ross1GNAN1 1973, p. 461 e tav. 80, 7, CM 1458; CAVALIER! MANASSE 1977,

pp. 104-105 e tav. 77, 5, CM 11827. 58 Cfr. CoTTON, MÉTRAux 1985, pp. 182-183, fig. 38, n. 5. 59 Così, ad esempio, i casi sopra citati di Adria, Luni, Francolise.60 Finora i rinvenimenti effettuati sul Magdalensberg consistono in sei esemplari

(ZABEHLICKY-SCHEFFENEGGER, ScHNEIDER 1998, pp. 446-447 e tav. 3), che senza dubbio

563

PAOLA MAGGI, RENATA MERLATTI

ginabile. Ne deriva un panorama più articolato dei traffici commercia­li provenienti dall'Oriente tra la fine dell'età repubblicana e l'inizio dell'età imperiale.

Terre sigillate orientali

Passando a considerare la ceramica da mensa importata dal baci­no orientale del Mediterraneo tra la fine dell'età repubblicana e l'età altoimperiale, le classi presenti nel contesto del Porto Fluviale consi­stono nelle sigillate orientali (Eastern Sigillata) A, Be C. La loro inci­denza numerica, in rapporto all'analogo vasellame a vernice rossa fab­bricato in Italia, risulta più alta rispetto a quanto constatato per le pro­duzioni del periodo precedente, ma pur sempre contenuta; infatti, essa si attesta sul valore del 24% delle sigillate del periodo 61•

Conformemente alle linee di tendenza generali, tra il materiale studiato è di gran lunga preminente (72%) la presenza di ES B (fig. 9), ceramica proveniente dall'Asia Minore, dove venne prodotta tra gli ultimi decenni del I secolo a.C. e la seconda metà del II secolo d.C. 62 in officine presumibilmente situate nella Valle del Meandro 63

• Il24% delle attestazioni è poi rappresentato dalla ES A, la classe più anti-

dovettero seguire una via commerciale per il tramite di Aquileia, centro notoriamente dota­to di un importante ruolo di intermediazione e di redistribuzione delle merci dirette dall'Adriatico al mercato norico: cfr. P1cconTN1 1990, in part. p. 123; WEBER 1990; ScHINDLER-KAUDELKA, ZABEHLICKY-SCHEFFENEGGER 2006, p. 154; ZABEHLICKY­ScHEFFENEGGER 2006, p. 519.

61 Una presenza scarsamente rilevante delle sigillate orientali ad Aquileia è anche riscontrata da Franca Maselli Scotti nel quadro generale delineato nel 1987, in cui, tra l'al­tro, risulta completamente assente la ES A: MAsELLI ScoTT1 1987, p. 215. Per un aggior­namento vedi MAGGI 2006, pp. 186-187, Appendice, 1. Un dato percentuale non molto dis­simile da quello registrato nell'area del Porto Fluviale è stato rilevato nello studio della ceramica restituita dallo scavo cd. di Crosada nel centro storico di Trieste (Università di Trieste), dove il valore è pari al 16%: MAGGI c.s. Assai diversa, invece, la situazione in altri contesti tergestini: si veda ad esempio il caso citato da MAsELLI ScoTT1 1987, p. 217 per la zona retrostante il teatro, dove il 60/70% delle sigillate è costituito dal vasellame di origine orientale.

62 Il perdurare della produzione oltre la metà del II secolo d.C., correntemente indi­cata come momento terminale, è suggerito da rinvenimenti effettuati a Corinto (cfr. SLANE 2000, p. 307) e ad Efeso (cfr. GASSNER 1997, p. 127, con datazione addirittura nella prima metà del III secolo d.C.).

63 I bolli ed i risultati delle analisi geo-chimiche indicano nella zona di Tralles una delle aree di fabbricazione: cfr. ScHNEIDER 1994, p. 64; ScHNEIDER 2000b, p. 532; HAvEs 2001, pp. 148-149. Da ultimo MALFITANA 2005a, p. 136.

564

L'EVOLUZIONE DELLE IMPORTAZIONI AD AQUILEIA. II

ca, i cui centri di fabbricazione sembrano da localizzare nel terri­torio costiero della Siria settentrio­nale, forse tra Tarso e Laodicea 64

;

prodotta dalla seconda metà del II secolo a.C., questa sigillata fu oggetto di esportazione su vasta scala solo a partire dal I secolo a.e. e mantenne un'ampia diffu­sione per tutto il I secolo d.C. eanche oltre 65

• Assai modeste (4%)sono infine le testimonianze relati-ve alla ES C, vasellame in uso trail I e il III secolo d.e., la cui origi­ne si pone nell'area di Pergamo 66

La distribuzione delle terre sigillate orientali nelle diverse fasi

ESA

24% ESC

ESB

72%

Fig. 9. Terre sigillate orientali: valori percentuali delle produzioni documen­tate.

riconosciute nel corso dello scavo (fig. 10) mostra come le attestazio­ni siano presenti già nella fase più antica con la ES A (fase 7) e conti­nuino poi nella fase 6, dove compaiono tutte e tre le classi, e nella fase 4 fino alla metà del II secolo d.C.; purtroppo molti frammenti risulta­no residuali (fase 2.E) o provengono dai riempimenti delle trincee moderne (fase 1.C).

Riguardo alla ES A, è significativa la documentazione di forme (Hayes 3 / 4a) diffuse nel I secolo a.e. fino all'età augustea, che trova piena concordanza con la provenienza stratigrafica da livelli della fase 7.D (fig. lla); si sono riconosciuti tuttavia anche esemplari attribuibi­li alla serie tarda di epoca antonina.

64 Per i più recenti dati archeometrici cfr. ScHNEIDER 1994, pp. 63-64, ScHNEIDER 2000b, p. 532. Pare aver perso validità la proposta precedentemente avanzata (cfr. GuNNEWEG 1987) di una localizzazione delle manifatture a Cipro. Sullo stato della que­stione cfr. HAYES 2001, pp. 146-147; da ultimo, MALFITANA 2005a, p. 127 e Eastern Sigillata 2005, pp. 199-200.

65 Nel secolo successivo si collocano sia il vasellame caratterizzato da vernice mar­morizzata, sia la serie di fo1me tarde di età antonina individuate da Hayes: cfr. HAYES 1985, pp. 41-42. Per un inquadramento cronologico delle varie fasi di produzione della ES A cfr. MALFITANA 2005a, p. 130.

66 Per tale classe, denominata da alcuni "ceramica di çandarli" da uno dei centri di fabbricazione (antica Pitane), le analisi indicano anche un impiego di argille provenienti dall'area pergamena, con composizione molto vicina a quella riscontrata nel te1Titorio di çandarli: cfr. BouNEGRU 2000; ScHNEIDER 2000b, p. 533; Archaeometry 2001; HAYEs 2001, pp. 149-150; MALFITANA 2005a, pp. \37-138.

565

PAOLA MAGGI, RENATA MERLATTI

12

g./·r----------------;:::=-·---

6·/

Fase 7 Fase 6 Fase 4 Fase 2.E Fase l .C

DESA

DESB

•Esc

Fig. 1 O. Terre sigillate orientali: indici di presenza delle diverse produzioni nelle fasi dello scavo.

Per quanto concerne la meglio attestata ES B, risultano quasi del tutto assenti la serie più antica BI e le forme di passaggio alla serie B2.Sono invece nettamente prevalenti le forme in B2 tipiche del periodo flavio-traianeo (Hayes 60, 74A, 75, 76B, 80), in alcuni casi prodotte fin oltre la metà del II secolo d.C. 67 (fig. 11 b ); queste ultime proven­gono da strati delle fasi 4.B, 6.E e 6.F, oppure da riporti di vecchi scavi (fase 1 .C ) che verosimilmente si riferiscono a depositi originari piutto­sto omogenei 68•

Infine, la ES C è testimoniata quasi esclusivamente dalla coppa Ll9, una delle forme più tipiche della seconda serie produttiva (cd. serie L) 69

, databile tra la metà del I e gli inizi del II secolo d.C. (fig. llc); l'unico esemplare da contesto stratigrafico affidabile è stato rin­venuto nell'ambito della fase 6.E.

67 Cfr. GAssNER 1997, p. 127; MALFITANA 2005a, pp. 136-137.68 Si fa in particolare riferimento alle US 50 e 58, in cui è stata ritrovata la maggior

parte degli esemplari in B2.69 Sulle tre serie in cui è correntemente suddivisa la ES C cfr. da ultimo MALFITANA

2005a, pp. 137-138.

566

l 'EVOLUZIONE DELLE IMPORTAZIONI AD AQUILEIA. 11.

\

'�c__-LL...�-=--=-===--J-L-====�

----------:::,,.,

'

a

7 / b

/ e

Fig. 11. Terre sigillate orientali: a. ES A, forma Hayes 4a; b. ES B, forma Hayes 80; c. ES C, forma Ll9 (disegni G. Merlatti; scala 1:2).

Le presenze delle sigillate orientali nello scavo aquileiese rifletto­no, con la loro diversa origine, una rete di importazioni dall'Oriente geograficamente piuttosto articolata, che comprende tre correnti di traffico attive ancora dall'Asia Minore occidentale - come già visto in precedenza-, ma anche dalla Siria settentrionale. È probabile che que­sti flussi abbiano seguito le principali rotte note per l'antichità lungo le coste della Dalmazia e dell'Istria 70

I dati ricavabili dallo studio della ceramica del Porto Fluviale con­cordano con il quadro generale delle attestazioni di Eastern Sigillata

1° Cfr. MAGGI 2006, in part. p. 183.

567

PAOLA MAGGI, RENATA MERLATTJ

nell'area adriatica nord-orientale, che nel confronto tra la distribuzio­ne della ES A e quella relativa all' ES B, rende evidente una presenza di quest'ultima nettamente maggioritaria dal punto di vista sia quantitati­vo che areale 71

Ceramica corinzia

Per quanto riguarda la ceramica fine di età inedioimperiale, si registra un unico rinvenimento, che consiste in un frammento in cera­mica corinzia, pertinente ad una coppa-pisside della forma canonica 72

(fig. 12). Com'è noto, si tratta di un tipo di vasellame decorato a rilie­vo e prodotto tra la seconda metà ( o fine) del II e la fine del III / inizi del IV secolo d.C. 7

3; sebbene esportato in quantità poco rilevanti, esso

conobbe ampia diffusione nel bacino del Mediterraneo 74• La sua origi­

ne da Corinto è testimoniata dalla scoperta in loco di una matrice e -più di recente - dalle analisi archeometriche 75

Gli ultimi studi condotti sulle modalità di distribuzione indica­no un altissimo numero di presenze nell'area adriatica 76

; in questo qua­dro Aquileia costituisce uno dei principali centri di attestazione della classe 77, insieme a Tergeste 78• Presenze, talora limitate a singoli esem-

71 Quadro generale delle attestazioni e carte di distribuzione in MAGGI 2006. Diversa è la situazione presentata nel recente contributo sul materiale ceramico rinvenuto nel contesto dello scavo di Via Bolivia, nella stessa Aquileia: i dati riportati, peraltro non verificabili per l'assenza di riferimenti tipologici precisi e di documentazione grafica, paiono indicare una maggiore presenza di ES A rispetto alla ES B ( cfr. CEAzz1, DEL BRusco 2007, pp. 122-123).

72 Cfr. MALFITANA 2000, p. 183, fig. 2, l; MALFITANA 2005b, pp. 85-86, fig. 4; MALFITANA 2005c, p. 23, fig. 1.

73 Per una sintesi su questa classe cfr. MALFITANA 2007; cfr. inoltre MALFITANA2000; MALFITANA 2005b, in part. pp. 87-88; MALFITANA 2005c, pp. 22-25.

74 Secondo Daniele Malfitana, la larga diffusione della ceramica corinzia sarebbe forse da mettere in relazione con una sua particolare funzione, connessa con il trasporto di unguenti e di sostanze odorose di tipo solido: MALFITANA 2005b, p. 87.

" Cfr. MALFITANA 2000, p. 184; per i risultati delle analisi cfr. i contributi di G. Schneider e di P. Degryse in MALFITANA 2007.

76 Cfr. MALFITANA 2000, pp. 185-186, carta alla fig. 4; MALFITANA 2005b, pp. 89-

90, figg. 10-11: in base ai dati quantitativi riportati, lungo la costa adriatica dell'Italia si contano più di 500 esemplari, di conh·o ai 98 noti per Corinto.

77 Cfr. MAsELLJ ScoTTI 1984, p. 69; MASELLJ ScoTTJ l 988, p. 286; CEAZZI, DEL BRUSCO 2007, p. 123.

78 Diversi esemplari di coppe di produzione corinzia provengono dagli scavi della domus di Piazza Barbacan (Gli scarichi della domus 2002, pp. 469-470) e dall'area di Crosada (MAGGI c.s.), nel centro storico di Trieste. Cfr. inoltre BAuL 1982, pp. l 69-170.

568

L'EVOLUZIONE DELLE IMPORTAZIONI AD AQUILEIA. Il

Il

Fig. 12. Ceramica corinzia: frammento di coppa-pisside (dis. G. Merlatti; scala 1 :2).

plari, si registrano poi ad Altinum 79, a San Vito al Tagliamento 80, aJoannis 81

, a Lucinico 82, a Ronchi 83

, nel Mitreo di Duina 84, a Pola 85 e

ad Emana 86•

Ceramica comune orientale

Completa il panorama delle importazioni medioimperiali la cera­mica comune orientale, classe diffusa fra il II e il III secolo d.C., alla quale è riconducibile nel contesto del Porto Fluviale un numero mini­mo di 94 esemplari.

Le forme meglio attestate corrispondono a tipologie già ampia­mente documentate nel Mediterraneo occidentale e in particolare ad Aquileia 87 (fig. 13a-c): si tratta di vasi da fuoco a corpo sia carenatoche ovoidale, con orli a tesa o a profilo triangolare, e di brocche trilo­bate.

Tra i recipienti da fuoco, è significativa la presenza della casse­ruola a ventre carenato e anse a nastro, tipologia di ampia circolazione

79 Cfr. PANCIERA 1986. 8° Cfr. BuoRA 1980, p. 50; MASELLI ScoTTI 1988, p. 286, n. 2.81 Cfr. STRAZZULLA RuscoN1 1979, cc. 50-51, tav. 10, 1. '

2 Cfr. VENTURA, DEGRAss1 2005, pp. 96-97 e p. 92, fig. 1, 1-7.83 Cfr. MAsELLI ScoTTI c.s.

84 Cfr. MASELLI ScoTTI 1988, p. 286, n. 1 e p. 289. 85 Cfr. MAGGI, STARAC 2000, p. 354, fig. 5, 1-3.86 Cfr. PETRu 1972, p. 62, tav. 42, 7.87 Cfr. Appunti sull'instrumentum 2000, pp. 360-362.

569

PAOLA MAGGI, RENATA MERLATTI

a

''

b

c

Fig. 13. Ceramica comune orientale: a. casseruola a ventre carenato; b. olla ovoi­de con orlo a sezione triangolare; c. olpe a bocca trilobata (disegni A. Marensi; scala 1 :2).

tra il II e il III secolo d.C. 88 (fig. 13a); i dati stratigrafici evidenziano per questa forma un'alta residualità.

88 La forma risulta già ben documentata ad Aquileia (Appunti sull 'instrumentum 2000, fig. 5.2-3), così come ad Ostia (Ostia III, tav. XIX, 84-86) e in Dalmazia (JuR1s1é 2000, fig. 24.6).

570

L'EVOLUZIONE DELLE IMPORTAZIONI AD AQUILEIA. II.

Numericamente consistenti sono altresì le testimonianze relative all'olla ovoide con orlo a sezione triangolare (fig. 13b), diffusa in siti collocabili intorno alla prima metà del II secolo d.C. 89

; tuttavia, lo scavo non ha restituito alcun elemento utile a un suo puntuale inqua­dramento cronologico, dal momento che, anche in questo caso, si trat­ta di esemplari residuali o intrusivi.

Infine, l'olpe a bocca trilobata (fig. 13c) è rappresentata solo dalla variante più tarda, databile dall'età antonina/severiana al IV secolo d.C. 90 e contraddistinta da un orlo di dimensioni minori e da un'ansarimontante; la maggior parte degli esemplari è stata ritrovata negli stra­ti delle fasi 4 e 2.

Dal momento che le analisi chimiche indicano come zona produt­tiva di questa classe ceramica l'area di F ocea, a nord di Efeso 91

, i rin­venimenti del Porto Fluviale dimostrano che anche in epoca medioim­periale, nonostante il venir meno delle importazioni del vasellame da mensa, continuava a giungere ad Aquileia un flusso commerciale pro­veniente dal settore occidentale dell'Asia Minore.

CONCLUSIONI

Dalla documentazione offerta dallo scavo si evince innanzi tutto che, all'interno delle produzioni italiche, il vasellame originario dalle regioni tirreniche non conquistò mai una fascia di mercato maggiorita­ria ( comunque non superiore ad un terzo). Le importazioni furono più abbondanti nell'epoca più antica, corrispondente al periodo di diffu­sione della ceramica a vernice nera, dimostrando una certa competiti­vità nei confronti dei prodotti nord-italici; si ridussero poi notevol­mente nel caso della ceramica a vernice rossa di età altoimperiale, non riuscendo a far fronte alla concorrenza delle officine "padane", fatta eccezione per alcuni grandi ateliers ( cfr. i bolli su sigillata). Stando ai dati raccolti, la ceramica di uso comune campana non rappresentò una vera alternativa a quella fabbricata in ambito regionale.

Il materiale studiato restituisce inoltre testimonianza di un com­mercio della ceramica dall'Oriente ad Aquileia ben organizzato e di

89 Si vedano ad esempio Ostia (CoLETT1, PAvouN1 1996, fig. 10, 2) e vari contesti in area adriatica, tra cui Aquileia (lsTEN1c, ScHNEIDER 2000, fig. 4.5; Appunti sull'instru­mentum 2000, fig. 5.5; JURISlé 2000, fig. 32.3).

'0 Per un'analisi sulle caratteristiche morfologiche delle diverse varianti e per la

collocazione cronologica cfr. PAvouN1 2000, pp. 151-152 e 154. 91 Cfr. Appunti sull 'instrumentum 2000, p. 361; ScHNEIDER 2000b, p. 532.

571

PAOLA MAGGI, RENATA MERLATTI

ceramica "megarese" 1% "piatti di Efeso"

3%

ceramica a vernice nera

96% a Sigillate italiche

76%

Sigillate orientali 24%

b

Fig. 14. Ceramiche fini italiche e orientali: dati a confronto. a. valori percentuali del periodo tra II a.C. e inizi I d.C.; b. valori percentuali del periodo tra I e metà II d.C.

grande vitalità 92; questo, tuttavia, non pare aver raggiunto un grado di incidenza tale da rivestire un ruolo di primissimo piano. Le quantità rilevate dimostrano, infatti, un rapporto percentuale sempre nettamen­te minoritario in confronto al vasellame fabbricato in Italia, seppure più alto nel primo periodo imperiale ( fig. 14a-b ); l'importazione di questi prodotti pare dunque essere stata in subordine rispetto a quella di altre merci (vino, marmi, unguenti, spezie?) e la quota di mercato da essi raggiunta piuttosto limitata.

I dati raccolti incrementano il panorama del vasellame interessato da tale commercio, attestandone la varietà: permettono di riscontrare la presenza non solo di alcune classi in ceramica fine e comune già ben conosciute, ma anche di altre finora apparentemente poco documentate non solo ad Aquileia ma, più in generale, nell'Italia settentrionale. L'analisi delle aree di origine dei prodotti mette infine in evidenza un legame commerciale preferenziale con l'Asia Minore occidentale.

92 Va ricordato che il materiale dello scavo di origine orientale comprende anche la ceramica focese datata tra V e VI secolo d.C. (Late Roman C), ancora in fase di studio, essa non è stata qui considerata in quanto pertinente ad un ambito cronologico più tardo rispetto a quello prescelto per questo contributo.

572

L'EVOLUZIONE DELLE IMPORTAZIONI AD AQUILEIA. II.

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