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export l’evento retail a pagina 9 a pagina 5 anteprima In scena dall’11 al 12 luglio a Parma il progetto, organizzato da Italia del gusto, Gea, Fiere di Parma e Ice. Una nuova formula per agevolare lo sviluppo delle Pmi all’estero. Per la prima edizione focus sul Paese asiatico. Sana 2012: sempre più internazionale Quando il business si avviCina L’Aventino della Gd In scena a Milano l’Assemblea di Centromarca. Sull’articolo 62 è battaglia aperta. Assente la distribuzione. Il lancio del nuovo marchio, una diversa politica di insegna, la partnership con Pam. Sono i punti cardine del programma del Gruppo. La “Re-voluzione” di Interdis passa per Delizie a pagina 4 a pagina 12 speciale crostini da pagina 6 a pagina 8 PRODOTTO MINI, OPPORTUNITà GRANDI Un mercato che vale 154 milioni di euro. Un’offerta polverizzata, legata al territorio. La ricerca di nuovi ingredienti per rispondere alle esigenze salutistiche dei consumatori. Le diverse modalità di consumo. La collaborazione con Nomisma. La partnership con la regione Emilia Romagna. Il rinnovo con Federbio fino al 2015. Sono alcune delle novità per la prossima edizione della manifestazione dedicata al biologico. In scena a Bologna dall’8 all’11 settembre.

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l’evento

retail

a pagina 9

a pagina 5

anteprima

In scena dall’11 al 12 luglio a Parma il progetto, organizzato da Italia del gusto, Gea, Fiere di Parma e Ice. Una nuova formula per agevolare lo sviluppo

delle Pmi all’estero. Per la prima edizione focus sul Paese asiatico.

Sana 2012: sempre più

internazionale

Quando il business si avviCina

L’Aventino della GdIn scena a Milano l’Assemblea di Centromarca. Sull’articolo 62 è battaglia aperta. Assente la distribuzione.

Il lancio del nuovo marchio, una diversa politica di insegna, la partnership con Pam. Sono i punti cardine del programma del Gruppo.

La “Re-voluzione” di Interdis passa per Delizie

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speciale crostini da pagina 6 a pagina 8

prodotto Mini, opportunità grandiun mercato che vale 154 milioni di euro. un’offerta polverizzata, legata al territorio. La ricerca di nuovi ingredienti per rispondere alle esigenze salutistiche dei consumatori. Le diverse modalità di consumo.

La collaborazione con Nomisma. La partnership con la regione Emilia Romagna. Il rinnovo con Federbio fino al 2015. Sono alcune delle novità per la prossima edizione

della manifestazione dedicata al biologico. In scena a Bologna dall’8 all’11 settembre.

pole position

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editoriale

Back to school e dintorniUn periodo caldo, quello che ci aspetta nell’ultima parte dell’anno.Sei mesi importanti, strategici, soprattutto in termini di business. E se il mercato dei sostitutivi del pane e degli snack salati, rispetto a quello del dolce, annovera meno prodotti legati alle festività natalizie (periodo in cui molte aziende sperano di poter recuperare, almeno in parte, quanto non si è ottenuto – se non addirittura perso – nei sei mesi precedenti) è pur vero che vanta referenze che raramente mancano dalle tavole degli italiani, soprattutto nei giorni di festa. Ma prima ancora del Natale vi è un altro periodo altrettanto importante per i consumatori (e per il mercato): il Back to school. Ovvero quel periodo che coincide con il ritorno a scuola. Strategico, in quanto, da qui in avanti, si incrementano i consumi di merendine e snack, prodotti classici per la ricreazione. Non è un caso che proprio per i mesi autunnali diverse aziende abbiano in serbo alcune novità di prodotto. Del resto, il settore offre ancora ampi spazi per manovre migliorative in tema di innovazione. Non solo in termini di packaging e di formati, ma anche per quel che riguarda le farine utilizzate e le tecniche di lavorazione, al fine di rendere il prodotto più digeribile oppure adatto a chi soffre di intolleranze particolari. Innovazione, quindi, è una delle parole chiave per i prossimi mesi. In proposito, buone nuove potrebbero arrivare dal fronte del Kamut. Sembra infatti che a partire dai prossimi mesi autunnali la farina tornerà ad essere disponibile sul mercato (sebbene ancora non si sappia molto sui quantitativi). La carenza di Ka-mut ha stimolato i produttori. Che hanno cominciato a guardare con più attenzione, e ad utilizzare, l’avena. Ingrediente apprezzato anche dal consumatore. Che, non di-mentichiamolo, nonostante la crisi, è alla ricerca di novità e, soprattutto, di qualità. Lo confermano le più recenti indagini di mercato. Da Bruxelles i dati dell’Eurobarometro mostrano che per il 96% degli intervistati la qualità degli alimenti “è un fattore deter-minante per decidere se acquistare o meno un determinato prodotto persino più del prezzo, citato dal 91% degli intervistati”. Innovazione e qualità. Un terzo tassello, infine, completerà il quadro autunnale: l’estero. In questo numero, come potrete notare man mano che vi addentrerete nella lettura, abbiamo dedicato diverso spazio al tema delle esportazioni. Proprio perché sembra essere l’argomento del momento. E’ forse un caso che anche le aziende del “salato” comincino ad essere interessate a Sweet & Snacks Middle East, salone satellite di Ism, in scena a Dubai il prossimo novembre? Dopo la stagione del Vecchio Continente, è ora la volta dei paesi emergenti. Se fino a qualche tempo fa quando si parlava di Bric ci si soffermava soprattutto su Brasile e Cina, ultimamente anche l’India è “sot-to osservazione”. Basta guardare alle strategie messe in campo dai più importanti gruppi distributivi internazionali per entrare nel Paese. Dove sono già presenti alcuni grandi nomi del Made in Italy. L’Osservatorio Gea-Fondazione Edison parla anche dei Next – 11: paesi come Bangladesh e Corea. Su cui, fino a qualche tempo fa, in pochi avrebbero scommesso. Eppure, qualcosa si muove. Insomma, i giochi sono aperti. E i prossimi mesi autunnali non saranno certamente monotoni.

Nunzia Capriglione

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news

Esselunga vs Coop Estense: l’Antitrust dà ragione a Caprotti

Obbligatorio il marchio Ue per i prodotti bio

Da oggi Mr. Day è anche Focaccia al rosmarino e Baguettes

In programma per il 2013 il Pizza tour dedicato alla vera pizza napoletana

Panifici e Gd: l’azienda “Il pane” e il no a 40 supermercati Coop

Koelnmesse Italia compie 10 anni

L’Antitrust ha comminato una multa da 4,6 milioni di euro a Coop Estense. Il 28 giugno, l’Authority ha, infatti, concluso l’istruttoria avviata nel febbraio 2011 e ha deliberato che Coop Estense ha abusato della propria posizione dominante per ostacolare l’espansione di Esselunga, in particola-re nella zona di Modena. Soddisfazione per l’insegna di Bernardo Caprotti. Con un comunicato stampa, l’azienda auspica che, in seguito alla dura condanna dell’Antitrust, “queste condotte poco lineari abbiamo a cessare in futuro anche in altri ambiti territoriali”. L’Antitrust chiude invece senza alcuna sanzione, per mancanza di prove, l’istruttoria nei confronti di Unicoop Tirreno, avviata su segnalazione di Esselunga.

E’ in vigore dal primo luglio l’obbligo di apporre il marchio comuni-tario su tutti gli alimenti biologici preconfezionati prodotti negli stati membri dell’Unione europea. Questo permetterà, quindi, di distin-guerli da quelli realizzati al di fuori dei confini europei. Nel campo visivo del logo biologico, rappresentato dalla foglia dell’Ue, devo-no figurare anche il numero di codice dell’organismo di controllo e il luogo di produzione delle materie prime agricole. Il logo comuni-tario resta però facoltativo per i prodotti biologici non confezionati e per quelli importati, mentre continueranno ad essere ammessi, insie-me al marchio Ue, altri loghi nazionali, regionali o privati. Obiettivo del nuovo marchio è quello di fornire ai consumatori un sistema di garanzie facilmente percepibile. In particolare, che almeno il 95% degli ingredienti agricoli siano stati prodotti con metodo bio. Solo in questo caso, infatti, può comparire la parola “biologico” o una sua abbreviazione nel pack del prodotto.

Novità in casa Mr. Day. Il marchio di Vicenzi en-tra nel settore bakery proponendosi come player di prodotti da forno non più legato solo alle me-rendine. Dallo scorso 3 luglio, infatti, la sua offerta si arricchisce della Focaccia al rosmarino e delle Baguettes: due prodotti, precedentemente legati allo storico brand Prontoforno. Focaccia al ro-smarino e Baguettes si prestano a molteplici occasioni d’uso: dal pasto che all’ aperitivo. Il confezionamento in atmosfera protetta consente di mantenere inalterata la qualità del prodotto, conservandone la fragranza e la freschezza. I pack delle novità sono stati sviluppati in linea con lo stile Mr.Day: colori caldi, presenza dell’ingrediente ca-ratterizzante, visual invitante e naturale, disegno del prodotto sulla farina che resta l’elemento ricorrente su tutte le confezioni. L’unica importante differenza per la linea salata è data dal colore verde del logo.

Il primo Pizza tour verrà realizzato nel 2013, dall’Associazione verace pizza napoletana, in collaborazione con Exit Communication. Sarà un viaggio nelle principali capitali europee per far conoscere una delle eccellenze della ga-stronomia campana. Lo ha reso noto Antonio Pace, presidente dell’Associazione in occasio-ne, della prima giornata delle Olimpiadi della verace pizza napoletana, in programma fino al 5 luglio a Napoli, a Città della Scienza. “Lo scopo – ha affermto Massimo Di Porzio, vice presidente dell’Associazione - sarà promuovere la tradizione della vera pizza napoletana in tut-ta l’Europa, sostenendo le aziende del territorio e favorendo il turismo verso Napoli e la Cam-pania. In ogni piazza sarà allestito un piccolo villaggio dove si svolgeranno corsi per pizzaio-li, degustazioni e dove si selezioneranno i futuri concorrenti per le Olimpiadi del prossimo anno a Napoli”.

Quella di Valter Fiozzi e Angela Pincamaria, titolari dell’azienda di Modena “Il pane”, è la storia di chi ha preso una decisione impor-tante e delicata: dallo scorso gennaio, infatti, hanno smesso di rifor-nire 40 supermercati Coop della provincia di Modena. La vicenda è raccontata, nei dettagli, da Fornaio Amico, quotidiano on line dell’Associazione panificatori italiani. Oggi i titolari si dichiarano soddisfatti del passo compiuto: “Abbiamo deciso di dare una svolta netta lo scorso anno – racconta Angela Pincamaria –. Verso otto-bre abbiamo chiesto un aumento del prezzo di vendita del pane. Aumento che la Coop ha rifiutato e quindi, dal 22 gennaio, ab-biamo disdetto i nostri contratti di fornitura. Il punto è che il vecchio

prezzo non ci garantiva un adeguato ritorno economi-co e non potevamo conti-nuare a svendere il nostro prodotto”. La decisione ha portato al licenziamento di sei dipendenti, e a un dra-stico calo del fatturato, ma non dei ricavi: “In termini di fatturato, parliamo di diffe-renze altissime. Se però en-

triamo nei ricavi la questione cambia di molto: oggi sono migliori di quelli di prima”. La collaborazione con l’insegna però continua. Infatti, continua la titolare: “Dopo poco tempo sono tornati da noi e ci hanno chiesto di garantirgli almeno la produzione di alcuni dolci: noi abbiamo proposto il nostro prezzo e loro lo hanno accettato. Hanno accettato il nostro prezzo perché noi offriamo un prodotto di altissima qualità e garantiamo un servizio eccellente. Qualità e servizio sono due fattori che devono essere ricompensati. Per cui se dovessi dare un consiglio a un mio collega alle prese con le forni-ture direi proprio questo: la qualità va pagata. Nessuno di noi può svendere ciò che produce o accettare supinamente condizioni di vendita che non permettono il giusto guadagno. Si può lavorare con la gdo, a patto di tenere a mente sempre questo”.

Si sono svolti lo scorso 10 luglio, nella splendida cornice del Golf Club di Bergamo, i festeggiamenti per i dieci anni di Koelnmesse Italia. Alla presenza di un folto pubblico di operatori del settore, Gerald Böse e Thomas Rosalia, rispettivamente presidente di Ko-elnmesse e amministratore delegato di Koelnmesse Italia, hanno ripercorso i passaggiche hanno fatto la storia di questa società. “Oggi l’Italia rappresenta, dopo la Germania, il Paese che più di ogni altro partecipa con le sue aziende alle fi ere organizzate da Koelnmesse”,spiega Gerald Böse. “Una partecipazione sempre attiva e cordiale. Che ha permesso la crescita delle moltissime manifestazioni, circa 80, ospitate a Colonia”. Gli ha fatto eco Thomas Rosolia: “Desidero ringraziare tutto il mio staff peri risultati conseguiti in questi dieci anni. La crescita di Koelnmesse Italia è frutto di un intenso lavoro svolto in modo serio e professionale”.

luglio/agosto 2012

In scena a Milano l’Assemblea di Centromarca. Sull’articolo 62 è battaglia aperta. Assente la distribuzione.

L’Aventino della Gd

L’articolo 62, le liberalizza-zioni, la contrazione dei con-sumi, l’aumento dell’Iva, la food tax. E ancora: la situazione politica ed economica italiana e internazionale, la riforma del lavoro. Di questo (e di al-tro ancora) si è parlato all’Assemblea annuale di Centromarca, in scena a Mi-lano al Palazzo della Borsa.

A fare gli onori di casa, Luigi Bordo-ni, presidente dell’Associazione, che ha dato il via ai lavori. Sul palco si sono poi alternati relatori di prestigio che hanno affrontato i temi più caldi del momento. Ad Alberto Alesina, profes-sore di economia politica di Harvard University e Stefano Folli, editorialista de Il Sole 24 Ore il compito di illustrare il quadro politico nazionale e interna-zionale. Pietro Ichino, ordinario di Di-ritto del lavoro all’Università degli Stu-di di Milano, ha invece fatto un affondo sulla recentissima riforma del lavoro. Poi si è entrati nel merito del mercato dei beni di consumo e delle sue pro-blematiche. Con Roberto Ravazzoni, ordinario di Economia e gestione di impresa all’Università di Modena e Reggio Emilia, Fedele De Novelis, part-ner di Ref Ricerche e Marco Costagu-ta, consulente di strategia aziendale. Il loro dialogo si è sviluppato intorno a temi caldi: le liberalizzazioni in Italia, i rapporti aziende – distribuzione, le novità introdotte dall’ar ticolo 62. Ed è stato proprio questo il tema che ha ca-talizzato l’attenzione della platea. Che si è “scaldata” non poco sia quando l’argomento è stato toccato dal presi-dente Bordoni, sia durante l’intervento di Carla Bedogni Rabitti, componente dell’Autorità garante della concorren-za e del mercato (vedi box a lato).

Unico grande assente dell’evento il mondo distributivo, che non ha vo-

luto partecipare. Sembra infatti che i rappresentanti della distribuzione mo-derna, proprio per manifestare il loro malcontento in merito all’ar ticolo 62, abbiano deciso, in massa, di disdire la loro partecipazione (precedente-mente confermata) all’Assemblea. At-teggiamento che ha “sconcertato” lo stesso Bordoni che, in merito, ha così commentato: “Incontri come questo dovrebbero essere occasioni di com-prensione della posizione dei partner di mercato e di confronto, anche duro, ma costruttivo. Per una valutazione puntuale e definitiva della Disciplina occorrerà attendere i decreti attuati-vi, di imminente emanazione (in realtà dovevano essere emanati già lo scorso 25 giugno, ndr), e le prime fasi appli-cative”.

Non sono mancate le stilettate. Bor-doni, infatti, non ha esitato a ribadire come l’articolo 62 non possa proprio essere considerato un “fulmine a ciel

sereno” in quanto: “Centromarca si è costantemente impegnato per so-luzioni di autoregolamentazione dei rapporti tra industria di marca e Gdo. Ma quattro anni di lavori infruttuosi in questa direzione hanno evidenzia-to l’impossibilità o l’incapacità o, for-se la non volontà, di alcuni soggetti a risultati concreti e realmente efficaci. Anche la proposta da noi formula-ta esattamente nell’Assemblea dello scorso anno – affinché si riprendesse il Protocollo concordato in sede go-vernativa nel 2008 ed accantonato per motivi ora superabili – è caduta nel vuoto. L’intervento legislativo era ampiamente prevedibile e previsto.Nella stessa Assemblea di un anno fa, e in molte altre occasioni, Centro-marca, mentre sollecitava l’autodisci-plina poneva all’attenzione del trade: le contribuzioni ormai imponenti, le unfair commercial practices rilevate dalle indagini della Commissione Ue e dell’Antitrust…Tutte queste argomen-tazioni evidenziano la prevedibilità ma anche l’inevitabilità della regolazione emanata a tutela dell’equilibrio del sistema e dell’interesse generale”. E poiché sembra che già ci sia chi si sta muovendo ispirato dal detto popola-re “fatta la legge, trovato l’inganno”, sia il presidente di Centromarca, sia la rappresentante dell’Antitrust hanno ribadito che: “Sarebbe assai grave se i soggetti più forti tentassero di impor-re nei rapporti forme di compensazio-ne a fronte degli obblighi derivanti dal nuovo regime”. Il cambiamento è alle porte. E porterà a una concentrazione anche del mercato distributivo. Stare-mo a vedere. Per ora aspettiamo i de-creti attuativi.

Nunzia Capriglione

“[…] Il percorso che ha portato alla approvazione dell’articolo è stato lungo. […] Fino a quando, attra-verso il tavolo di alto livello, nel novembre 2011, si è giunti alla definizione di pratiche sleali. Iden-tificate in alcuni atteggiamenti quali: la risoluzione unilaterale di un rapporto senza preavviso e giusti-ficato motivo, la modifica unilaterale retroattiva del costo dei prezzi di beni e di servizi, l’applicazione di clausole penali immotivate e sproporzionate ri-spetto al pregiudizio sospetto senza dimenticare la compensazione. Molte volte nel rapporto tra produttori – soprattutto piccoli e medi – e di-stribuzione – intesa come grande distribuzione organizzata e centrali di acquisto – si sono posti dei problemi di asimmetria delle posizio-ni che hanno obbligato il produttore ad accettare condizioni unilateralmente im-poste dalla parte più forte […]. Qual è l’am-bito di applicazione della norma? Inizialmente, si è posto un problema a livello interpretativo: si applica solo ai produttori piccoli e medi o anche alle gran-di imprese? Personalmente, penso che nei fatti e in concreto si applicherà ai piccoli e medi produttori. Tuttavia, anche la grande impresa di produzione si potrà avvantaggiare di questo, se dovesse tro-varsi a contrattare con un distributore più forte, in grado di imporre le proprie condizioni e creando, così, quell’asimmetria contrattuale che si vuole eli-minare con l’articolo 62 […]. Il decreto mini-steriale chiude una situazione di slealtà: non potrà esserci un abuso consapevole della debolezza della controparte. In sinte-si, non è possibile abusare della propria maggiore forza commerciale imponendo ad altri un sacrificio indebito: questo è immorale. L’articolo 62 interviene anche in materia di compensazione. L’obiettivo è sancire che l’eliminazione delle condizioni contrattuali previste dall’art.62 del Dm non potrà essere compensata a vantag-gio dell’impresa con maggiore potere negoziale dalla riduzione del prezzo di cessione che comporti addirittura delle perdite per la controparte […]. Come Anti-trust riteniamo di essere ben strutturati per svolgere i compiti che il legislatore ci ha assegnato. Non solo nel settore della concorrenza, ma anche per quel che riguarda la tutela dei consumatori e, ora, delle micro imprese e di quelle di piccole e medie dimen-sioni. Dovremo lavorare per scongiurare il rischio che il divieto di alcune clausole contrattuali si traduca in un indesiderabi-le allineamento delle condizioni pratica-te dalle imprese della distribuzione mo-derna - cioè che si mettano d’accordo – con conseguente allentamento della tensione concorrenziale tra i mercati interessati. O, addirittura, che si assista a un aumento dei prezzi. Inoltre, il divieto di applicare condizioni diverse per prestazioni equivalenti – sacrosanto sotto il profilo di un’azienda più debole – comporta sicuramente la necessità di tutelare bene l’applicazione di questa disposizione e probabilmente dovrà essere interpre-tata in linea con le più ampie politiche del diritto An-titrust, al fine di salvaguardare le potenziali offerte pro concorrenziali nella determinazione del prezzo. […] In Italia la trasparenza del contratto potrà essere uno stimolo alla concorren-za, alle efficienze economiche e dalla cre-scita”.

Benvenuto articolo

Parola di Carla Bedogni Rabitti, componente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Di seguito alcuni stralci dell’intervento all’Assemblea di Centromarca.

62

All’Assemblea di Centromarca si è parlato anche di con-sumi, di aumento dell’Iva e di food tax. E’ senza dubbio l’incremento delle aliquote dell’Imposta sul valore ag-giunto a preoccupare fortemente gli esponenti del mondo produt-tivo. Infatti, sulla base delle sti-me dal centro Ref, il passaggio al 12% e al 23% delle aliquote Iva comporterebbe un aumento dell’1,2% dei prezzi degli ali-mentari e dell’1,8% per il non food. Il che determinerà un calo dei consumi dello 0,6% per quel che riguarda il food e dello 0,9% per i beni durevoli. Inoltre, sulla base dei dati SymphonyIri, sebbene il gettito fiscale potenziale su base annua, de-rivante dall’incremento dell’Iva, si attesti a 900 milioni di euro, in virtù di una riduzione dei consumi, lo Stato riuscirebbe ad incassare solo il 60% dell’importo com-

plessivo. Già i dati relativi alle vendite grocery della distribuzione moderna nel periodo da gennaio a mag-gio 2012 non sono certo entusiasmanti: le elaborazioni

Nielsen mostrano infatti un calo dello 0,8%. In un quadro siffatto, l’unica nota positiva è rappresentata dal ruo-lo che la marca industriale con-tinua a ricoprire agli occhi del consumatore, con una quota di mercato pari al 70%. “La marca conferma la sua centralità nelle preferenze dei consumatori – ha commentato Bordoni -. La cre-scita della Private label avviene senza grandi accelerazioni, no-

nostante le difficoltà del momento e le politiche di of-ferta dei distributori, i quali accordano un significativo privilegio alle marche proprie, in alcuni casi con grave riduzione delle possibilità di scelta del consumatore”.

Tra Iva e calo dei consumi, cresce la marca dell’industria

Luigi Bordoni

l’evento

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La collaborazione con Nomisma. La partnership con la regione Emilia Romagna. Il rinnovo con Federbio fino al 2015. Sono alcune delle novità per la prossima edizione della manifestazione dedicata al biologico. In scena a Bologna dall’8 all’11 settembre.

Sana 2012: sempre più internazionale

Lo spazio espositivo non cam-bia. Come anche il numero del-le aziende attese. Ma la ‘mission’ diventa più internazionale e attenta a due tematiche: nutrizione e pianeta. An-che quest’anno Sana, la fiera dedicata al biologico - in programma dall’8 all’11 settembre presso Bolognafiere - occupe-rà 25mila metri quadrati di spazio, con quattro padiglioni espositivi (31, 32, 33, 35) e due aree separate: una dedicata all’alimentare, l’altra al benessere. La fie-ra amplia per la sua 24° edizione anche gli ingressi, che da uno diventano due: “Quest’anno si potrà accedere sia da via Aldo Moro, sia da Piazza Costituzione. Questo permetterà di utilizzare anche il centro servizi di BolognaFiere. Il dop-pio ingresso arricchirà la manifestazione. Tutti i padiglioni potranno usufruire dei due flussi di entrata e anche di una più prestigiosa hall”.

E’ quanto spiega Marco Momoli. L’exhi-bition director di Sana, a due mesi dall’ini-zio della fiera, elenca le novità previste per la kermesse che fanno leva, prima di tutto, su quelli che sono stati i successi della scorsa edizione: “L’anno scorso ab-biamo lanciato l’area delle novità, dedi-cata ai prodotti immessi sul mercato e caratterizzati da elementi rinnovati nella

fase di produzione, trasformazione, con-fezionamento e packaging. Con par tico-lare riferimento ai temi della sostenibilità ambientale”.

Tra le conferme della scorsa edizione anche il rinnovato accordo con la Fede-razione italiana agricoltura biologica e biodinamica (Federbio), in scadenza per il primo ciclo lo scorso anno. Federbio sarà dunque ancora par tner di Sana: “Fino alle prossime edizioni del 2015. L’obiettivo è costruire una rete di ser-vizi che favorisca la promozione a livello internazionale delle aziende italiane bio-logiche attraverso un crescente contatto con i buyer esteri”.

Internazionalizzazione delle aziende in primis, dunque. E servizi volti a favorire questo obiettivo tanto che l’Osservato-rio di Sana ha stretto anche una par tner-ship con Nomisma. La società bolognese di consulenza appor terà un sostegno concreto nell’elaborare e nell’analizzare quelle che sono le tendenze di questo specifico mercato.

“Si tratta della prima collaborazione tra la società di consulenza e Sana”, spie-ga Marco Momoli. L’Osservatorio della kermesse sarà così in grado di ‘stilare’ il punto della situazione rispetto a quelli che sono i dati di mercato e gli andamen-

ti, ma anche nei riguardi di quelle che sono le tendenze soprattutto da par te del consumatore di prodotti biologici.

In una strategia di internazionalizzazio-ne rientra anche il rafforzato sostegno da par te della regione Emilia Romagna che per l’edizione in programma ha scelto di: “Affiancare l’organizzazione della fiera in base ai fondi che erano stati messi a di-sposizione dall’ex Ice”. Questo consen-tirà a Sana 2012 di ospitare buyer dalla Russia, dalla Cina e dagli Stati Uniti.

I contatti con l’estero caratterizzano tutt’ora i lavori in corso per la prepara-zione della fiera. In quest’ottica rientrano due eventi internazionali, uno organizzato a Mosca, l’altro a Washington in contem-poranea con Fancy Food in cui le azien-de italiane del biologico sono entrate in contatto con alcuni buyer esteri. “Queste operazioni continueranno anche dopo la fiera con altri eventi in calendario. Sono state occasioni che ci hanno consentito di selezionare i buyer che invece invite-remo a Sana grazie al finanziamento della regione Emilia Romagna”.

Non mancherà al nuovo appuntamen-to, come consuetudine ormai da diver-si anni, la presenza del ministero delle Politiche agricole alimentari e foresta-li (Mipaaf). Nel pomeriggio della prima

giornata il mini-stro presenterà, infatti, i dati sulle coltivazioni biologi-che, fornendo ai profes-sionisti una riflessione sul settore e su quello che è l’andamento del mercato. In totale, saranno 140 circa i convegni, i corsi di aggiornamento (per baristi, er-boristi e ristoratori) e gli eventi dedicati nel corso dei quattro giorni della fiera ai professionisti del settore. Primo tra tutti quello sulla nutriceutica: ovvero il ricorso alle specialità nutrizionali aggiuntive nella normale alimentazione. Il primo conve-gno di aper tura sarà inoltre orientato al tema di ‘nutrire il pianeta’. “Un tema che, fino a Expo 2015, si ripeterà molto e che pone il legittimo quesito sul ruolo dell’agricoltura biologica oggi”. Questa scelta metterà in scena a Sana 2012 le tecnologie, l’innovazione, la cultura, le tradizioni e la creatività legati al settore dell’alimentazione e del cibo: “Alla luce dei nuovi scenari globali e dei nuovi pro-blemi, l’intera fiera si focalizzerà sull’asse principale del diritto a una alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutti gli abi-tanti della Terra”.

Samanta Torchia

Marco Momoli

speciale crostini

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un mercato che vale 154 milioni di euro. un’offerta polverizzata, legata al territorio. La ricerca di nuovi ingredienti per rispondere alle esigenze salutistiche dei consumatori. Le diverse modalità di consumo.

di nunzia Capriglione

Taralli, friselle, panbiscotti e crostini. Sono loro i componenti della famiglia dei croccan-ti. Un comparto che vale 270 milioni di euro l’anno e che a volume si attesta sulle 48mila tonnellate. In que-sti numeri, ai crostini va una quota a valore pari a 154 milioni di euro. Sul fronte dei volumi, si parla di 24mila tonnellate. Si è, quindi, davanti a un settore interessante, anche se molto polverizzato. Esemplificativo, in questo senso, il fatto che il leader di mercato, Barilla, vanta una quota del 30%. Per tutte le altre aziende i numeri sono ben diversi, a par tire da chi si colloca al secondo posto della top ten dei maggiori produttori. Il numero elevato di aziende che “popolano” questo comparto fa si che anche l’offer ta a scaffale sia par ticolarmente ampia. Un fenomeno che si spiega anche con i localismi che carat-terizzano questo settore. Non a caso, tra i produttori vi sono aziende di piccole e medie dimensioni. Mediamen-te, negli iper e nei supermercati, infatti, l’assortimento raggiunge anche le 35 referenze. E nel display, è presen-te anche la marca commerciale. Che vanta una quota del 15%, un risultato significativo, ma con ampi spazi di crescita. Anche la distribuzione segue con attenzione lo sviluppo di questo settore. Trattandosi di una nicchia di mercato, che ancora assicura buoni margini, raramente

si trova questo prodotto sui classici volantini piuttosto che nelle operazioni di promozione. Queste scelte dei par tner della Gd vengono ovviamente apprezzate dai produttori. Molti dei quali, nella realizzazione dei loro crostini, rivolgono un’attenzione par ticolare sia alla scelta delle materie prime, sia alle tecniche di lavorazione. La valorizzazione del prodotto, e non la sua banalizzazione, è dunque un fattore importante, se si vuole continuare a registrare con i crostini risultati positivi. Olio extra ver-gine d’oliva, olio di riso, farina di Kamut, ma anche soia e sesamo sono gli ingredienti privilegiati dalle società di piccole e medie dimensioni. Che, di fatto, hanno bandito dalle loro etichette (e dai loro prodotti) grassi idrogenati e olio di palma.

Ma qual è il target principale di questo prodotto? Fon-damentalmente un target adulto, con un’età superiore anche ai 40 anni. Si tratta, quindi, di consumatori spesso attenti alla qualità del prodotto e alla sua ingredientisti-ca. Disposti, se necessario, a sostenere anche una spesa leggermente superiore per l’acquisto del prodotto. L’of-fer ta ampia, cui si accennava poc’anzi, consente anche di coprire fasce di prezzo differenti: dal primo prezzo, al segmento premium.

Diversi, invece, i momenti e le modalità di consumo.

Quando si parla di crostini, infatti, ci si riferisce sia a quei prodotti a forma di “barchetta” che possono essere uti-lizzati come sostitutivi del pane, come dei veri e propri snack “spezzafame”, sia a quelli di dimensioni minori, uti-lizzati soprattutto per condire minestre e zuppe. Anche se sono sempre più numerose le aziende che propon-gono questa “versione” come ingrediente delle insalate estive. Un trend, quest’ultimo, molto diffuso all’estero, in par ticolare in Francia. E che, lentamente, prende piede anche nel Bel Paese.

Le vendite dei crostini in Italia mantengono comunque livelli costanti grazie alla consuetudine, sempre più diffusa, dell’aperitivo in casa: un escamotage a cui i consumatori ricorrono per non rinunciare al tradizionale momento di relax “pre-pasto”. Che, fuori dalle mura domestiche, è chiaramente più costoso. Analoga la ragione che guida l’acquisto di questi prodotti per consumarli durante la pausa pranzo oppure come snack veloce e leggero.

Infine, l’export. Ebbene sì, il crostino è apprezzato fuori dai confini nazionali, sia nell’area Ue che negli Stati Uniti. Non sono poche le aziende che, sebbene in Italia presi-diano aree di mercato limitate, all’estero registrano ri-sultati interessanti, proprio con le insegne della Grande distribuzione.

prodotto Mini, opportunità grandi

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“Qualità e passione sono i due elementi che con-traddistinguono i nostri prodotti. Plus che caratterizzano anche le ali di pane e i crostini Gran Bon”, a parlare è An-tonio Zuffo, titolare dell’azienda veneta. Che presidia sia il comparto dei crostini da minestra con la linea Tosti, sia quello dei crostini da snack con ali di pane. “Questi ulti-mi possono considerarsi dei veri e propri stuzzichini per aperitivi. Mentre i cubetti sono pensati soprattutto per condire le insalate estive. In generale, è un prodotto che registra risultati di vendita interessanti. Ogni giorno rea-lizziamo circa 26mila confezioni. Indubbiamente, i crostini per insalate sono quelli più performanti. Altrettanto po-sitivo il riscontro delle ali di pane per aperitivi con metà grassi rispetto ai tradizionali snack. Oggi, il consumatore è attento alla qualità. Per questo sceglie prodotti salubri che contribuiscono a migliorare lo stile di vita. I nostri crostini e le ali di pane vengono realizzati seguendo una ricetta molto semplice, con ingredienti genuini. Ma, l’aspetto più importante, è che le principale materie pri-me sono di origine italiana. Inoltre, non utilizziamo grassi

idrogenati, né olio di palma, ma olio extra vergine di oliva. Mediamente, la lavorazione dura ben 24 ore: un tempo necessario se si vuole ottenere un prodotto fragrante”. Sul fronte dei canali di vendita, i crostini Gran Bon sono presenti sugli scaffali di iper e supermercati di tutto il ter-ritorio nazionale. E Antonio Zuffo non esita ad esprimere anche una certa soddisfazione circa l’attenzione dedicata dagli operatori di questo canale al prodotto crostino: “Vi sono alcuni buyer che valorizzano le ali di pane e il cro-stino per insalate solo quando lo hanno assaggiato”. Non manca, in casa Gran Bon, il presidio dei mercati esteri. Soprattutto da quando l’azienda ha tolto definitivamen-te l’olio di palma e naturalmente i grassi animali: “Molto dipende dalla cultura gastronomica del paese a cui ci si rivolge. In Francia, Olanda e Svizzera ad esempio, sono molto apprezzati quelli a cubetti, per con-dire le insala-te”.

Quello dei crostini è una nicchia di mercato per l’azienda lombarda Valledoro. Come precisa Giorgio Zu-bani, titolare: “Oggi questa produzione rappresenta il 2% del nostro fatturato, seb-bene si tratti di un prodotto storico di Valledoro, propo-sto sia come condimento per minestre e zuppe, sia per le insalate estive. Ma questa soluzione è più apprezza-ta all’estero, soprattutto in Francia”. La linea, denomi-nata I Cirri, offre due gusti diversi: classico e al rosmari-no, entrambi in confezioni da 200 grammi. “I crostini I Cirri sono preparati col partico-lare sistema a lunga cottura e tostatura, dorati con olio extra vergine di oliva e salati in superficie. Fonte di fibre e senza conservanti, sono ideali anche come snack per ogni momento della giorna-ta”.

In casa Morato, è il marchio Pan d’Este quello dedicato ai sostitu-tivi secchi del pane: dai grissini, core business del brand, ai crostini. “Quello dei crostini è un settore molto polveriz-zato – spiega Veronica De Cicco, dell’ufficio mar-keting -. Per quel che ci riguarda, la nostra market share a valore è dell’11%, a volume, invece, si at-testa all’1,5%”. L’offer ta di crostini a marchio Pan d’Este include quattro diversi gusti: all’olio extra vergine d’oliva, al sesamo, alla soia e al kamut. “Le referenze al kamut sono entrate nella gamma Pan d’Este circa quattro anni fa. Una scelta legata alla volontà di rispondere alla domanda di prodotti salutari avanzata dai consumatori”. Per quel che riguarda, invece, i canali di vendita e le aree di mercato, se super e iper sono i format in cui il marchio è più presente, le regioni del Nord Ita-lia restano quelle più presidiate: “Storicamente, il marchio Pan d’Este, che Morato ha acquisito a fine 2011, è sempre stato presente in Area 1 e Area 2. Nel corso del 2012, siamo riusciti a portare il brand anche in Centro Italia. Ora l’obiettivo è col-mare il vuoto presente nel Sud”. Infine, il posizio-namento di prezzo e le novità per i prossimi mesi: “Ci collochiamo nella fascia medio-alta del merca-to, per la qualità delle materie e la complessità del processo produttivo. Nei prossimi mesi autunnali, inoltre, anche questo comparto verrà arricchito di nuove referenze realizzate con una nuova farina, par ticolarmente digeribile”.

gran Bon antonio Zuffo

Valledoro giorgio Zubani

Morato pane - pan d’EsteVeronica de Cicco

26mila

2%

54,5%

2005

24

2

+2,8%

le confezioni di crostini realizzate ogni giorno

quota del comparto crostini sul fatturato aziendale

la quota di mercato a valore di San Carlo nel comparto dei crostini da minestra

i grammi di ogni confezione

le linee di crostini da minestra firmate San Carlo

le ore necessarie per la produzione

i gusti disponibili: classico e al rosmarino

incremento a valore registrato dall’azienda nel 2011 sul 2010

11%

1,5%

quota a valore di Pan d’Este nel mercato dei crostini

quota a volume

gran Bon Crostino con olio di riso

pan d’EsteCrostini sesamo

pan ducaleCrostini all’olio di oliva

ingredientiFarina di frumento, olio di riso 6%, olio di oliva, olio vegetale, sale ioda-to 2%, lievito di birra. Prodotto senza Ogm. Vanta la certificazione Kosher.peso confezione150 gr.

ingredientiFarina di grano tenero tipo “0”, sesamo 13%, oli ve-getali, olio d’oliva, sale, lievito di birra. Gusto rustico.peso confezione 250 gr.

ingredientiFarina di grano tenero 0, olio ve-getale, olio extra vergine di oliva (4%), sale, lievito di birra, malto di frumento, aromi naturali.peso confezione 200 gr.

Per il marchio San Carlo, il compar-to dei crostini si identifica con quelli da minestra. “Nel canale della distribuzione moderna il mercato crostini da minestra vale 21,128 milioni di euro. E nel 2011, San Carlo ha consolidato la sua leader-ship con una quota a valore del 54,5%, in crescita del 2,8%”, spiega Marco Man-giarotti, brand manager. Un risultato ottenuto anche grazie alla profondità dell’assortimento che include cinque diversi formati: il sacchetto da 40 gram-mi della linea San Carlo Party, al gusto Vivace (paprika), disponibile anche nella busta doypack da 150 grammi. I crosti-ni dorati San Carlo, in sacchetto da 75 grammi in tre diverse varianti: Autentici, Vivace, e Campagnola (erba cipollina). Il sacchetto a fondo quadro da 200 gram-mi, al gusto “Autentici” e, sempre nello stesso gusto, è disponibile un sacchetto da 500 grammi. Proprio la profondi-tà della gamma consente all’azienda di presidiare diversi canali: dal normal tra-de alla Gd, senza dimenticare il vending. “I differenti formati e gusti sono creati appositamente per soddisfare le esi-genze di clienti e momenti di consumo

molto diversi. Il formato da 40 grammi nasce per servire il canale vending e, di conseguenza, raggiunge un pubblico eterogeneo a seconda dell’ubicazione del distributore: stazioni, metropolitane, mense aziendali. Quello da 75 grammi, disponibile in tre gusti, si orienta al più vasto pubblico e ventaglio di momenti di consumo possibili: da un uso ingre-dientistico nelle zuppe, minestre ed in-salate, per un pubblico maturo; ad un consumo puramente snack fuori casa, o rompi-digiuno; fino ad un utilizzo come stuzzichino per aperitivi e come sup-porto di prodotti spalmabili per giova-ni famiglie. Il formato da 150 grammi è appositamente pensato per un aperitivo casalingo, mentre i formati da 200 e 500 grammi trovano impiego familiare pre-valentemente come formato-scorta per i pasti, come complemento ingredienti-stico è chiaro, quindi, che per Unichips i crostini dorati rappresentano una re-ferenza molto importante – precisa il brand manager – pur appartenendo ad una classe merceologica (panificati) di-versa da quella in cui San Carlo è leader indiscussa (chips)”.

San Carlo Marco Mangiarotti

continua

speciale crostini

8

luglio/agosto 2012

Bocconcini e Sfogliette sono le refe-renze a firma Bontà Lucane per il com-parto dei crostini. “Realizziamo questi prodotti dal 1987. Si tratta di referen-ze che hanno nell’assenza di additivi e coloranti i loro plus più importanti. Che si aggiungono all’impiego di ingredien-ti naturali e di qualità: farina, acqua e olio – spiega Valerio Moliterni, responsabile produzione -. La lievitazio-ne è naturale. E, la cottura al forno rende i nostri crostini particolarmen-te leggeri”. La gamma è di-sponibile nei punti vendita di

delicatessen, ma anche all’estero. “In Ita-lia ci concentriamo soprattutto in Cam-pania. All’estero, invece, lavoriamo in di-versi paesi con alcune insegne della Gd. Particolarmente positivi i risultati che re-gistriamo negli Stati Uniti. Il nostro è un prodotto italiano, realizzato nel rispetto di antiche ricette. E, questo, è molto ap-

prezzato”. I Bocconcini sono disponi-bili in tre varianti – formaggio e cipolla, olive verdi, pomo-doro piccante. Sono invece quattro i gu-sti per le Sfogliette: pomodoro e ori-gano, pomodoro piccante, aglio e prezzemolo, aceto

balsamico.

“Il fatturato crostini di Deco Indu-strie è pari al 10% del giro d’affari complessivo – spiega Andrea Liboa, direttore marketing -. Si parla, quindi, di circa 10 milioni di euro. A volume ci attestiamo sulle 5.500 tonnellate annue”. La produzione dell’azienda di Bagnocavallo, in provincia di Ravenna, anche sul fronte dei crostini, è destina-ta soprattutto alla marca commerciale. “Le nostre referenze sono destinate ad importanti player del mercato, sia nel mondo della produzione che della distribuzione. L’essere scelti da partner di alto livello è un’ulteriore conferma della qualità dei nostri crostini, realiz-zati con materie prime selezionate”. Sul fronte dell’offerta, per Deco In-dustrie, la versione integrale registra performance migliori rispetto a quella classica. “E’ comunque un comparto in evoluzione. Che, ogni anno, cresce del 3%. Si tratta di un prodotto versa-tile, che può essere consumato anche come snack dolce, dipende dal tipo di ‘farcitura’ scelto dal consumatore. Che, nei mesi estivi può prediligere la mar-mellata e d’inverno il burro”.

Meliora è un brand nato solo un anno fa dall’esperienza pluriennale del Gruppo ali-mentare mediterraneo Milo-Gramm. “Siamo nati realizzando pasta per la marca commer-ciale di alcune importanti insegne distributive degli Stati Uniti – afferma Vito Mona, del re-parto produzione -. Dall’esperienza sviluppa-ta in questi anni, è nato il marchio Meliora. Che, al momento, per quel che riguarda i pro-dotti da forno, concentra la sua produzione su quattro referenze principali: le scrocchiet-te, i tocchetti, le sfogliette e le mini bruschet-te. Ogni referenza è disponibile in due diversi gusti: sale e rosmarino, cipolla e formaggio”.

Anche con il brand Meliora, il Gruppo alimen-tare mediterraneo Milo-Gramm si mantiene fedele alla sua vocazione internazionale. “In Italia i prodotti Meliora sono già stati inseriti in alcune realtà distributive. Molto significativi sono anche i risultati raggiunti all’estero: una voce di business importante anche per que-sto nuovo brand. Nei nostri piani di sviluppo, vogliamo che il 30% del fatturato Meliora sia sviluppato negli Stati Uniti, il 10% in Giappo-ne, il 5% in Australia e il 55% in Europa, Italia inclusa. In Germania abbiamo già sottoscritto un accordo di esclusiva, così come in Giap-pone”.

Bontà Lucane Valerio Moliterni

deco industrie andrea Liboa

Meliora Vito Mona

1987

5.500

154

30% 15% 17%

24milamilioni di euro tonnellate

tutti i numeri

del comparto

fonte: Nielsen

4

10 milioni di euro

3

10%

anno in cui è iniziata la produzione di crostini

le tonnellate di prodotto realizzate ogni anno

giro d’affari produzione annua complessiva

la quota del leader di mercato

la quota della marca commerciale

la quota di mercato di tutti i “piccoli produttori”

i gusti per le Sfogliette

fatturato sviluppato dal comparto crostini

i gusti disponibili per la linea Bocconcini

incidenza del comparto crostini sul giro d’affari complessivo

Bontà LucaneBocconcini

Valledoro Crostini Cirri Classici

CaratteristicheCroccante biscotto dalla sfiziosa forma cubica. Da sgranocchiare per uno spuntino o come aperitivo in ogni momento della giornata. Gu-sti disponibili: formaggio e cipolla; olive nere; pomodoro piccante. I bocconcini sono prodotti a lievi-tazione naturale e preparati con materie prime di alta qualità sulla base di antiche ricette. Leggeri e salutari perché cotti al forno. Zero colesterolo, zero grassi trans, zero Ogm.

CaratteristicheI Cirri sono crostini, preparati col particolare sistema a lunga cottura e tostatura, dorati con olio extra vergine di oliva e salati in superficie. Fonte di fibre e senza conservanti, sono ideali come snack per ogni momento della giornata o per accompagnare zuppe e minestre. ingredienti Farina di grano tenero tipo “0”, oli ve-getali, olio extravergine di oliva (4,7%), sale iodato, lievito, farina di cereali maltati. Può contenere tracce di sesamo.

Nello stabilimento Pan Ducale ad Atri, in provincia di Teramo, la produzione di crostini è iniziata circa 15 anni fa. “Ingredienti naturali, l’assenza di conservan-ti e la lavorazione artigianale sono i tratti distintivi di questi prodotti, disponibili in nove diversi gusti”, spiega Paola D’Amario, responsabile commerciale dell’azienda. I crostini Pan Ducale sono presenti sia in Italia che all’estero. “E’ un comparto in evoluzione. Che, per quel che ci riguarda, rappresenta il 20% del nostro fatturato. Il crostino riscuote grande succes-so soprattutto sulle piazze straniere. Dove vengono apprezzate le versioni all’aglio e alle olive nere. Ol-tre confine, siamo molto presenti negli Stati Uniti. In Italia, invece, copriamo i mercati più vicini alla nostra regione d’origine, l’Abruzzo. I nostri prodotti trovano quindi spazio sugli scaffali dei punti vendita di Abruz-zo, Lazio e Marche”.

pan ducale paola d’amario

20%

15

9

200

quota dei crostini sul fatturato aziendale

numero di anni da cui l’azienda produce crostini

i gusti disponibili

i grammi di ogni confezione

fine

9

In scena dall’11 al 12 luglio a Parma il progetto, organizzato da Italia del gusto, Gea, Fiere di Parma e Ice. Una nuova formula per agevolare lo sviluppo delle Pmi all’estero. Per la prima edizione focus sul Paese asiatico.

“Cina, la strada da percorrere per avere succes-so nel lontano Oriente” è stato il tema del primo Business incubator, in scena presso Fiere di Parma mercoledì 11 e giovedì 12 luglio. Ma di che si tratta? Sicu-ramente non è un semplice convegno, quanto piuttosto una nuo-va formula per agevolare lo sviluppo sui mercati esteri delle Pic-cole e medie imprese. Quattro i soggetti coinvolti nella creazione di questo “strumento”: Consorzio Italia del gusto, Gea, società di consulenza, Fiere di Parma ed Ice. Luigi Consiglio, chairman di Gea, ha così definito il Business incubator: “Abbiamo voluto invertire il sistema fieristico. A differenza di quello che succede solitamen-te, durante il Business incubator gli espositori sono i compratori, vale a dire le società di distribuzione dei paesi che, di volta in volta, rappresentano il focus dell’evento. Sono quindi le aziende produttrici a recarsi negli stand dei distributori per discutere di eventuali possibilità di business e non viceversa”. E, poiché, questa nuova formula intende offrire alle aziende un servizio a 360 gradi, tra i partner dell’evento vi sono nomi come Intesa SanPaolo, Sace, Simest e il ministero della Salute.

ATTENZIONE ALLA “PSICOLOGIA”Il workshop in scena mercoledì è stato il primo passo per ac-

compagnare le aziende alla “scoperta” delle opportunità offerte dalla Cina – una nazione che, come ha affermato uno dei relatori, è un vero e proprio continente con regioni così diverse tra loro, anche in termini di consumi e tradizioni, da considerarsi delle na-zioni. Visto il paese focus, all’evento non poteva non essere pre-sente la Fondazione Italia Cina. Il cui presidente, Cesare Romiti, ha ricordato come si stesse parlando di una nazione il cui Pil cresce a un ritmo annuo del 10% e che guarda con sempre più interesse e simpatia all’Italia e alle sue tradizioni. Francesco Boggio Ferraris, di-rettore della Scuola di formazione permanente della Fondazione Italia Cina, ha invece presentato alcuni aspetti della psicologia cine-se, da considerare quando si vuole fare business nel Paese. Boggio Ferraris ha così accompagnato la platea in un viaggio particolar-mente interessante che ha messo in luce come per i cinesi, ad esempio, contenere le emozioni sia un plus: “In sede di contratta-zione con un’azienda cinese, è importante contenere il tono della voce e dell’atteggiamento. Un altro elemento da non sottovalu-tare è l’equivalenza dei ruoli. E’ bene mandare in rappresentanza della propria azienda, un manager con una responsabilità analoga a quello della persona che si va ad incontrare. Attenzione all’età: in Cina è un valore importante. Per un manager incontrare un suo omologo con un’età inferiore può essere un affronto”. Insomma, gli accorgimenti sono numerosi, soprattutto se si vuole portare a termine, con successo, la contrattazione. “Non sono rari i casi in cui, nonostante una missione sul territorio, il business non vada in porto. E a volte proprio perché si sono verificate mancanze in questo senso, legate alla cultura del Paese”, ha aggiunto il profes-sore. L’importanza di questi elementi, del resto, è stata ribadita anche dagli stessi esponenti della distribuzione cinese.

LE ESPERIENZE DI DUE DISTRIBUTORI“Ultimamente abbiamo incontrato circa 300 fornitori. Ne ab-

biamo scelti due. Se per l’azienda è importante, anzi fondamen-tale, trovare il distributore giusto, anche per noi la scelta del forni-tore è un processo molto selettivo. Perché avvia una partnership assimilabile al matrimonio”, ha affermato Hiufan Tsang, senior na-tional marketing manager di Sinodis. Che, proprio in merito alla collaborazione con il fornitore, ha ribadito l’importanza di avere,

nel Paese, un rappresentante della propria azienda: “Che il vostro prodotto sia inserito nel listino degli articoli commercializzati non è sufficiente. E’ necessario seguire tutti gli step della supply chain. Il distributore offre gli strumenti per gestire la logistica, ma a voi è chiesto di studiare il Paese, di capire le esigenze e le abitudini di consumo dei potenziali acquirenti”. Altrettanto precise le pun-tualizzazioni di Tsang, in merito agli aspetti pratici, legati all’ingresso nel Paese. “Prima di entrare in Cina è importante far tradurre il marchio. Un processo lungo, che richiede circa tre anni: è questo l’arco di tempo necessario per la registrazione del brand. Quindi, prima di avviare qualsiasi pratica risolvete questa problematica”. Una volta ottenuta la registrazione, si può partire. Attenzione, però, a non sottovalutare alcuni elementi. Innanzitutto il tempo: il viaggio dall’Italia alla Cina, via mare, è lungo. “Sono necessari al-meno sette giorni per far partire il container. A questo periodo è necessario sommare il tempo richiesto per lo sdoganamento.

Che, normalmente, determina un ritardo di 15 giorni sui tempi medi. Sono poi 30 i giorni necessari per ottenere l’autorizzazio-ne sanitaria: esiste una lista di ingredienti il cui ingresso in Cina non è autorizzato. Per cui, prima di avviare il business, accertatevi che questi non siano presenti nel prodotto che volete esportare. In questo senso è importante corredare la confezione di un’eti-chetta in cinese: accorgimento che contribuisce a velocizzare lo sdoganamento”. Considerati i tempi tecnici, è quindi importante che il prodotto vanti una shelf life lunga, intorno ai 12 mesi. “La flessibilità è un’altra dote importante se si vuole entrare in Cina: siate pronti agli ordini last minute. Tendenzialmente, per quel che riguarda la nostra azienda, effettuiamo ordini a cadenza trimestra-le. Tuttavia, se il prodotto è apprezzato è importante che siate pronti a inviarne via area altri quantitativi. I volumi iniziali sono limitati. Ma se si stabilisce una partnership si passa da quattro a 100 container”.

UN CASO DI SUCCESSOUn dato confermato dalla case history presentata da Daniel

Zhou, managing director di Goodwell China, azienda nata nel 1993 a Shangai e, dal 2009, in joint venture con una società pub-blica locale: “Mediamente sono necessari tre anni per insediarsi nel Paese. Ma se si incontra il partner giusto si possono ottenere ottimi risultati. Ad esempio, le attività di comunicazione che ab-biamo sviluppato con Lotus Bakeries ha fatto si che dal 2010 ad oggi si sia passati, come accennato, da quattro a 100 container”. Il lancio dei biscotti è avvenuto in occasione del World Expo 2010 in scena a Shangai. “Per tutta la durata dell’evento, abbiamo distri-buito campioni omaggio di questo prodotto. Si parla di un milio-ne di persone. Successivamente Goodwell, insieme all’azienda, ha organizzato una promozione nei punti vendita, creato una pagina Facebook e contattato le persone giuste. Tutto questo ci ha per-messo di ottenere il successo che vi sto raccontando. Del resto la mission di Goodwell è duplice: da un lato offre prodotti al consu-matore finale, dall’altro trasferisce informazioni ai produttori. Oggi siamo presenti in 70 città, gestiamo sei filiali e il nostro organico conta più di 200 dipendenti. Per Goodwell China le aziende ita-liane sono partner importanti. Il nostro portafoglio vanta fornitori come Bauli, Parmareggio, Levoni, Citterio e San Benedetto”. Mar-chi importanti che possono conquistare il consumatore locale che, come ha spiegato Giovanni Lazzarotti di Ogilvy&Mather, è sempre più attento a quel che succede al di là della Grande Mu-raglia. “Si chiamano prosumer i nuovi consumatori della Cina. Una nuova ‘classe’ che, oltre ad acquistare i prodotti, guidano gli acquisti di chi li circonda. La conoscenza dei digital media, l’attenzione alla modernità e il tentativo di integrarla con la tradizione sono gli elementi che li caratterizzano e che permettono di assimilarli, in un certo senso, alla figura dei produttori. Da qui il nome pro-sumer”. Si parla quindi di consumatori che conoscono e utiliz-zano Internet per ‘studiare’ e ‘capire’ il mercato, i suoi prodotti e le sue innovazioni. Cultura, innovazione e modernizzazione sono, per Ogilvy&Mather le tre parole chiave da non dimenticare se si vuole entrare in Cina: “Si è davanti a un Paese in cui il senso di appartenenza alla comunità è molto forte. La persona si identifica in questo fenomeno. E questo, insieme alla progressiva apertura al mondo occidentale e a ciò che questo porta, sono fattori da cui non si può prescindere”.

Nunzia Capriglione

Quando il business si avviCina

export luglio/agosto 2012

L’ExPORT ITALIANO vERSO LA CINA

NEL 2011

I PRODOTTI PIù RIChIESTI

gli anni necessari per la registrazione del marchio

incremento delle vendite di bollicine italiane

I prodotti italiani più richiesti sul mercato cinese sono, nell’ordine: vino, olio, caffè, cioccolato, pasta e formaggio.

(Fonte: Metro China)

aziende italiane presenti nel Paese

volume d’affari complessivo in miliardi di dollari

crescita export del solo settore wine&food

fatturato complessivo delle esportazioni di agroalimentare made in Italy verso la Cina in milioni di euro

i giorni della shelf life più apprezzata dalla distribuzione

il numero di giorni minimo richiesto per il viaggio via nave dall’Europa alla Cina e lo sdoganamento

365:

40:

3:

236%:

900:

51:

36%:

248:

I tempi tecnici

Nella foto, da sinistra: Francesco Boggio Ferraris, Mario Breve, Cesare Romiti, Alberto Volpe e Luigi Consiglio

Quali sono le piazze “del futuro” per il Made in Italy? Quali le strategie per presidiare, con successo, i mercati esteri? Risponde l’Osservatorio Gea - Fondazione Edison.

Come vincere la partita dell’export

“Chi non si mette in moto rischia di perdere la partita”. Comincia con queste parole l’incontro di presentazione dell’Osservatorio Gea – Fon-dazione Edison, dal titolo “Pmi ed export per uscire dalla crisi”, in scena a Milano il 12 giugno. Di grande rilievo i relatori: Marco Fortis, vicepresidente di Fonda-zione Edison e docente dell’Università Cattolica, Andrea Car-rara, managing partner Gea e Carlo Marinoni, senior partner Gea. A moderare l’incontro Alessandro Plateroti, vicedirettore de Il Sole 24 Ore. Al centro del dibattito le esportazioni, con un focus sui paesi dell’area Bric e sui Next-11. Ma prima di entrare nel dettaglio dei mercati, i relatori fanno il punto sulla situazione italiana. Perché esportiamo? Quattro ragioni: inse-guire la crescita, l’economia di scala, acquisire know how e difendersi dallo straniero alle porte. Ed è proprio dall’export che arrivano le buone notizie. Perché il leit motiv di questo incontro, l’argomento che ritorna in tutti gli interventi dei re-latori, è lo stato di buona salute delle esportazioni del Made in Italy. Certificato dai numeri ma quasi ignorato dai media e dal-la politica. Tanto che, proprio verso questi due interlocutori, si levano le critiche più importanti. Alla politica, accusata di non saper sostenere, anche sul piano economico, le aziende sane che esportano le eccellenze nostrane sui mercati mondiali. E ai media, che con il loro disfattismo tutto italiano offrono al Paese e agli interlocutori stranieri un’immagine del tutto distorta di trend economici e situazione finanziaria. “Gli im-prenditori dovrebbero promuovere una class action contro certi editorialisti da strapazzo che scrivono sui giornali italiani”, è la boutade con cui chiude l’incontro Marco Fortis, vicepre-sidente di Fondazione Edison. Che commenta: “I problemi del nostro Paese dipendono dalla debolezza della domanda interna. E le manovre anticrisi avranno l’effetto di deprimere ulteriormente i consumi. L’export, invece, è decisamente po-sitivo. Andiamo meglio di Francia e Inghilterra, diversamente da quel che ci hanno raccontato giornali e politica per oltre dieci anni.”

L’OsservatorioMa quali sono le piazze “del futuro” per il Made in Italy?

Quali le strategie per presidiare, con successo, questi mercati? L’Osservatorio Gea - Fondazione Edison nasce per risponde-

re a queste e ad altre domande. Si tratta, infatti, di uno studio che analizza le opportunità offerte da alcune aree del mondo per i settori dell’eccellenza italiani, a partire dalle quattro A (automazione meccanica, alimentare, arredo casa e abbiglia-mento). Focus dell’edizione 2012 i paesi dell’area Bric (Brasile, India e Cina), l’Ucraina e i Next-11 - undici paesi emergenti (Bangladesh, Egitto, Indonesia, Iran, Corea del Sud, Messico, Nigeria, Pakistan, Filippine, Turchia e Vietnam) - che hanno mo-strato uno sviluppo estremamente dinamico negli anni recenti e promettono, ancora per il futuro, i tassi di crescita più inte-ressanti per l’export italiano. I dati evidenziano che, nel 2016, queste aree svilupperanno più del 41% del Pil mondiale.

L’area BricIn questo risultato i quattro paesi del Bric, dove vive il

41,8% della popolazione mondiale, rappresenteranno ben il 30,5%. Lo scenario, dunque, si prospetta interessante anche per l’Italia, oggi il terzo Paese esportatore verso quest’area. E i dati relativi al recente passato confermano le potenzialità: nel 2011, l’export italiano verso i più grandi e blasonati Bric ha generato un fatturato di 27,8 miliardi di euro, considerando tutti i comparti merceologici: dall’alimentare, all’abbigliamento, dalla meccanica alla chimica.

I Next -11Ma anche i Next - 11 “valgono”, per il nostro Paese, 23,6

miliardi di euro. “Cominciamo a sfatare una delle tante leg-gende intorno a questi mercati: non è vero che l’Italia non sia in grado di aggredirli. Sono questi i paesi chiave per la cresci-ta delle aziende nostrane che, grazie a uno strumento come l’Osservatorio, potranno scegliere dove indirizzare i propri investimenti”, ha affermato Andrea Carrara, managing direc-tor di Gea, la società di consulenza strategica indipendente. “Abbiamo scelto di collaborare con la Fondazione Edison perché Gea crede nell’unione delle competenze e ritiene che la profonda conoscenza di entrambe le strutture del mondo dei distretti industriali e delle Pmi italiane possa offrire uno strumento di analisi indispensabile alle aziende per la crescita del proprio business”. Per quel che riguarda le piazze più stra-tegiche per il Made in Italy, dall’Osservatorio emerge il ruolo chiave della Turchia. Verso questo Paese, sempre nello scorso

anno, l’Italia ha esportato merci per un valore di 9,6 miliardi di euro. Le potenzialità della Turchia, nonché degli altri paesi dell’area Next-11, sono confermate anche dal Trade perfor-mance index del Wto Unctad: uno studio che analizza i primi dieci posti delle classifiche di competitività del commercio estero di 14 settori.

I prodottiQuesti dati, utilizzati da Gea – Fondazione Edison per l’ela-

borazione dell’Osservatorio, mostrano che, su un totale di 5.517 prodotti in cui è suddiviso il commercio internazionale, l’Italia figura al quarto posto tra i paesi del G20, dopo Cina, Germania e Stati Uniti, con ben 923 articoli che occupano po-sizioni di primo piano. In questo quadro, per quel che riguarda l’alimentare, l’Italia guadagna il sesto posto della classifica della competitività con un fatturato pari a 25,7 miliardi di dollari.

Il contributo delle “4A”* al saldo della bilancia commerciale italiana

Totale bilancia commerciale “4A” Energia Altri settori

(miliardi di euro)Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Eurostat140

120

110

100

80

60

40

20

-20

-40

-60

-801991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

107

-25

-65

-67

rett

* (Automazione meccanica, alimentare, arredo casa e abbigliamento)

I dati delle esportazionidei principali paesi europei

GERMANIA FRANcIA ITALIA NEW SERIES (*)

GRAN BRETAGNA ITALIA OLD SERIES (**)

Volumi (Index, 2003=100)Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Eurostat

160

150

140

130

120

110

100

90

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

(* La curva delle esportazioni italiane secondo vecchi dati Istat) (** La curva delle esportazioni italiane secondo i dati aggiornati diffusi da Eurostat, che mostrano l’andamento positivo rispetto ad altri paesi europei)

il convegno

10

luglio/agosto 2012

Come vincere la partita dell’export

Ed è nel comparto del food che i prodotti italiani vantano in Turchia posizioni da leader con il primo posto per quel che riguarda sia la farina e gli agglomerati in forma di pellets sia i succhi di uva, inclusi i mosti non fermentati. Per gli uni e per gli altri si tratta di un business da 3 milioni di dollari. Cioccolata in tavolette, barre o bastoncini conquistano invece la seconda posizione con 4 milioni di dollari. Sempre nell’area dei Next-11 si distingue l’Egitto, dove l’export Made in Italy ha raggiunto i 2,6 miliardi di euro. Mentre è di 1,9 miliardi di euro il business sviluppato in Iran. Dati che dimostrano una grande capacità delle aziende italiane di presidiare molti mercati. Anche piccoli, complessi e difficili. “E’ proprio grazie ai mercati di nicchia che, nel futuro, continueremo ad arginare la crescente potenza dei paesi emergenti”, commenta Carrara. “Che aggiunge: ecco un altro mito da sfatare. Non è vero che di nicchie si muore, anzi. Come è altrettanto vero che la taglia delle medie e picco-

le aziende italiane non è un ostacolo allo sviluppo, anche sui mercati esteri. Ma, anzi, esattamente il contrario”.

Le criticitàNel corso del dibattito sono emerse anche alcune proble-

matiche legate alle piccole e medie imprese italiane. Sia per ciò che concerne l’approccio ai mercati esteri che a livello generale. Tra queste, emerge con forza il basso livello assicura-zione credito. Una misura fondamentale, invece, per mitigare il rischio, in particolare in tema di export. A questo si aggiun-gono la scarsa conoscenza delle risorse Ice e Sace disponibili per le aziende. L’export, insomma, appare sempre più decisivo per qualsiasi azienda. E tutti i numeri sono dalla parte delle aziende. “Il solo mercato interno è una gabbia”, chiosa Fortis.

Alice Realini

• Fare rete, unendo le forze per esportare le eccellenze Made in Italy e partecipare insieme a fiere ed attività di promozione sui mercati esteri• Seguire passo dopo passo il processo di penetrazione nei singoli mercati, dall’export indiretto fino ad arrivare all’apertura di filiali• Fare dell’export un lavoro: ricercare, riadattare, applicare risorse• Mantenere l’identità dei prodotti andando incontro al gusto locale• Adattare il pack• Disporre di un management con esperienza sui sui mercati esteri• Esportare su più mercati per mitigare il rischio

I caposaldi dell’export

Alle aziende…• Mantenere i propri marchi rendendoli però comprensibili nella lingua locale• Studiare il paese di sbocco con tecniche economicamente accettabili, ad esempio le comunità straniere già presenti in Italia (crowd wisdom)• Individuare attorno al prodotto le condizioni di servizio minime per con-sentire la vendita, come il sito internet in lingua• Contattare le banche italiane, che all’estero possono risultare partner fondamentali• Utilizzare forme di vendita e pagamento cautelanti che, allo stesso tempo, facilitino le transazioni• Ricorrere all’assicurazione del credito per minimizzare i rischi• Ripensare la catena logistica della fornitura

Alla politica…• Avere consapevolezza del valore delle esportazioni, perché certi luoghi comuni sono parte stessa della cultura di governo• Stabilire meccanismi premianti per le imprese efficienti e trasparenti che esportano, come ad esempio esentarle per cinque anni dal pagamento dell’Irap• Elaborare strategie per tutelare e incrementare l’export• Riavviare, velocemente, l’attività di Ice

I suggerimenti degli espertiEvoluzione storica delle esportazioni dei principali paesi europei verso i BRIC e i NEXT 11

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GERMANIA SPAGNA FRANcIA GRAN BRETAGNA ITALIA

(miliardi di euro)Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Eurostat

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l’insegna

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“Siamo realisti domandiamo l’impossibile”, con questa citazione dal ‘Caligola’ di Camus ha preso il via la conferenza stampa di Interdis, in scena lo scorso 29 giugno a Milano. Il lancio della nuova linea Delizie – un vero e proprio brand del gruppo che andrà a sostituire le già esistenti referenze a marchio Di Meglio e Sidis – è stata l’occasione per presentare i piani di sviluppo di Inter-dis, anche in seguito all’accordo, siglato lo scorso gennaio, con Pam. Un entusiasta Giorgio Santambrogio, direttore generale, ha presentato il progetto di “Re-voluzione”, messo a punto da Interdis circa sei mesi fa. “Re-voluzione è la parola più ade-guata. Perché, insieme al presidente Nicola Mastromartino, abbiamo avviato un processo che, da un lato, segna un punto di rottura con i vecchi modelli cui fino ad oggi si è ispirata la distribuzione, dall’altro sancisce una vera e propria evoluzione. Non siamo presuntuosi se affermiamo che Interdis è una nuo-va ‘specie’ nel panorama distributivo. E questo era già in nuce nel 1999, quando abbiamo iniziato questa avventura. Allora era stato creato uno slogan: ‘Gd o Do? Interdis. Una realtà, cioè, diversa da quello che offre il panorama distributivo”.

Sette i punti cardine del programma: l’alleanza con Pam (Ai-cube), il piano promozionale nazionale, l’eccellenza del piano strategico, la filiera corta, la nuova politica di insegna, l’acquisi-zione di nuovi soci e il progetto Delizie.

“Aicube ha mantenuto la promessa – ha precisato Santam-brogio -. Si tratta, infatti, di un’Associazione think tank, che, quindi affronta diversi aspetti dell’attività commerciale: dalla concertazione alle best practices. Grazie a questa partnership, ad esempio, abbiamo stipulato importanti contratti nell’am-bito della formazione piuttosto che nel settore dell’energia. Sul fronte delle sinergie i campi di azione sono molteplici: con Pam condividiamo i migliori copacker; è allo studio lo svilup-po di una piattaforma logistica comune e di un programma di formazione”. La collaborazione con il partner veneto ha avuto evidenti vantaggi anche sulle attività dei singoli soci. “Re-cuperare e migliorare l’efficienza è una delle nostre priorità. Da qui la volontà di sviluppare una filiera corta, elemento im-prescindibile, a cui non intendiamo rinunciare. Esemplificativo, in questo senso, il fatto che ogni accordo chiuso con Aicube è istantaneamente pubblicato, in originale, sulla rete interna, a diretto vantaggio di tutti i nostri soci”. E si inserisce in un’otti-ca di “snellimento” della struttura la nuova politica di insegna.

“Interdis, fino a qualche mese fa, poteva contare su ben 98 diverse insegne. Con la “re-evoluzione” abbiamo deciso di svi-luppare un unico brand nazionale, Sidis, che già vanta un’otti-ma brand awarness: è il marchio del petalo, elemento grafico che abbiamo scelto di utilizzare anche nella linea Delizie. E che si ripresenta al contempo in alcune insegne locali a cui, per storia, non è possibile rinunciare: Di Meglio, Eté, molto forte in Campania, Isa, per la Sardegna, Migross per il Veneto. Nei mesi autunnali, inoltre, rilanceremo, nel canale Cash&Carry, l’inse-gna Pantamarket”. Sempre in materia di insegne, dallo scorso 1° luglio la compagine del Gruppo si è arricchita di un nuovo

socio: l’azienda campagna Diveal/Idal. “L’ingresso di nuovi soci sarà un altro importante elemento di sviluppo nei mesi a ve-nire. Ci tengo a sottolineare che diversi imprenditori, usciti da Interdis, pensavano di trovare, altrove, una struttura analoga alla nostra in termini di caratteristiche commerciali e di orga-nizzazione. So anche di operatori che, in fase di contrattazione con le aziende, hanno chiesto loro le condizioni che riceveva-no in Interdis”. Il lancio della linea Delizie, quindi, rappresenta, in un certo qual senso, la “chiusura di un cerchio”. Si tratta, infatti, di un vero e proprio brand. Le referenze saranno sugli scaffali dei punti vendita dal prossimo autunno. E, progressiva-mente, andranno a sostituire i prodotti a marchio Sidis e Di Meglio. “Si parla, complessivamente, di 730 prodotti, per un fatturato a sell in pari a 100 milioni di euro, caratterizzati da un posizionamento di prezzo competitivo e con livelli qualitativi analoghi a quelli dei prodotti leader. Interdis non intende pre-sidiare tutte le categorie merceologiche con la private label. Siamo convinti che la marca commerciale non è un business che serve a incrementare il fatturato. Il numero identificato, 700, è quello che consente di aumentare la marginalità pon-derata della categoria di riferimento e di migliorare l’empatia con il consumatore. Elementi che non è necessario rafforzare in tutte le categorie. E’ per questo che il brand è presente là dove serve, in termini sia di merceologie sia di aree di mer-cato. Sicuramente non compare nell’assortimento dei Cash & Carry”, ha precisato Santambrogio. Il packaging colorato, con cromie differenti in base al comparto merceologico, il claim ‘Bentornata allegria’ e il pay off della campagna televisiva, on air dai mesi autunnali, ‘Fare la spesa ridiventa un piacere’ sono gli altri elementi che caratterizzano il brand Delizie.

La seconda parte dell’anno, per Interdis, sarà quindi ricca di ulteriori importanti novità. Oltre a questa gamma, infatti, è allo studio un marchio Premium, mentre per quel che riguar-da il primo prezzo, il Gruppo intende procedere in modo differente: “Per questo segmento vorremmo avviare rappor-ti di brevissimo periodo con i copacker, basandoci sulle aste on line. Procedimento escluso per Delizie e per il marchio Premium che presenteremo a gennaio 2013. Insomma, noi siamo realisti, chiediamo l’impossibile. E la prima re-voluzione di Interdis è iniziata”.

Nunzia Capriglione

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14le imprese associate

1.195 6 69210 710764 165 35 15i punti vendita

Ipermercati le province supermercati i comunisuperette specializzati discount Cash&Carry

14le regioni italiane “coperte”

I NUMERI

Il lancio del nuovo marchio, una diversa politica di insegna, la partnership con Pam. Sono i punti cardine del programma del Gruppo.

La “Re-voluzione” di Interdis passa per Delizie

Un esempio di locandina realizzata da Interdis per reclamizzare il nuovo brand nei punti vendita del Gruppo

Nella foto, da sinistra: Giorgio Santambrogio, Nicola Mastromartino, Susanna Bellandi e Edoardo Gambolli

“Gda 2012: ipermercati, supersto-re, supermercati, vicinati e discount” è questo il titolo del convegno in scena lo scorso 13 giugno presso la sede milanese de Il Sole 24 Ore. La presentazione della terza edizione del Rappor-to sulla Gda (Grande distribuzione associata) realizzato da Mark Up in partnership con Sym-phonyIri e TradeLab, si è presto trasformata in un’occasione per illustrare il nuovo contesto in cui la distribuzione, sia in Italia che all’estero, si muove.

GianMaria Marzoli di SymphonyIri, Luca Pellegrini di TradeLab i due relatori principa-li, coordinati da Cristina Lazzati del gruppo Il Sole 24 Ore che ha anche parlato del “Futuro prossimo del retail tra digitalizzazione e Made in Italy”.

IL QUADRO ITALIANOA GianMaria Marzoli di SymphonyIri il com-

pito di illustrare alla platea le evoluzioni del pa-norama distributivo italiano nell’ultimo biennio, non particolarmente semplice. “Oggi la distri-buzione si trova a dover affrontare e lavorare in un contesto difficile: la riduzione della capa-cità di spesa, l’aumento della pressione fiscale e dell’inflazione spingono il consumatore ad essere sempre più attento agli acquisti e sem-pre meno fedele alle insegne e alle marche”, ha affermato deciso. Per poi aggiungere: “Nella scelta, del prodotto e dell’insegna, è guidato soprattutto dalla convenienza. Sebbene non manchi un’attenzione particolare per la quali-tà”. In un contesto simile, che annovera più di 70mila negozi, si sono distinti tre canali di vendi-ta: superstore, discount e drugstore. Lo scorso gennaio, la quota di mercato dei primi, infatti, si attestava al 10,5%, in crescita dell’1,3% rispet-to al 2010. Un incremento interessante, se si considera che i supermercati registrano un calo dello 0,5%. “Quello dei superstore è il canale di vendita che continuerà a essere una ‘milestone’ per lo sviluppo del mercato – ha aggiunto Mar-zoli -. Non a caso, le insegne che hanno negli ipermercati il loro format principale, nel mo-mento in cui fanno sviluppo, si concentrano su superfici più contenute con un assortimento più sbilanciato sul fresco”. Dopo i superstore i discount. Che, sempre a gennaio 2012, rispetto allo stesso periodo del 2010, hanno portato al

10,6% la loro quota di mercato, mentre i drug-store si attestano al 2,9% (+0,4%). “Discount e drugstore si concentrano soprattutto in Area 4. I primi, infatti, nelle regioni del Sud Italia van-tano una quota di mercato dell’11%. Mentre, per i secondi, si parla di valori superiori al 18%, - ha aggiunto Marzoli -. Le regioni del Nord Ovest, quindi, sono, per questo canale, quel-le che offrono, al momento, maggiori spazi di crescita e possibilità di sviluppo”. Tra le ragioni che hanno sancito il successo di questi format un posto importante spetta alla loro capacità di adeguare l’offerta alle nuove esigenze della clientela. Se il cliente finale, come accennato, è sempre meno fedele alla marca, sia del produt-tore che del distributore, è anche più attento alla pianificazione degli acquisti e all’identifica-zione degli articoli da inserire nel carrello. Da qui le performance della marca commerciale, l’importanza del volantino – il 90% dei consu-matori lo ‘consulta’ prima di recarsi nel punto vendita – e l’aumento della frequenza di spesa. “La promozione e l’offerta a marca commer-ciale sono le due leve a disposizione della di-stribuzione per far fronte a questa situazione. Oggi, è aumentata anche l’efficacia degli sconti che hanno raggiunto un’incidenza superiore al 27%. E, nel caso degli ipermercati, si parla addi-rittura del 35%”. A fronte di questa situazione, superstore e discount hanno modificato la loro offerta. Le rilevazioni di SymphonyIri mostrano, ad esempio, che lo scorso febbraio il numero

di referenze del Largo consumo confezionato si è attestato su una cifra di poco superiore alle 12.500 unità sugli scaffali dei superstore, men-tre per i discount si parla di un valore intorno alle 2mila proposte. In entrambi i casi, si è di fronte a una crescita nel numero di prodotti rispetto allo stesso periodo del 2011: +2,9% per i superstore e +4,2% per i discount.

…E QUELLO ESTEROLuca Pellegrini, presidente di TradeLab ha in-

vece delineato i tratti distintivi della distribuzio-ne all’estero. Oltre confine il panorama vanta due scenari: da un lato, il Vecchio continente, con situazioni di stasi; dall’altro, i paesi emer-genti, dove vi sono ampie possibilità di crescita anche per le insegne storiche che, in Europa, fanno il mercato della distribuzione. L’analisi di Pellegrini è partita dal Brasile. Qui il gruppo Pao de Açûcar con una quota del 17,9% è leader di mercato. Seguono Carrefour con il 14,4% e Wal Mart con il 13,1%. Ed è proprio il gruppo brasiliano a “fare gola” alle insegne europee: non a caso, dallo scorso 22 giugno, i francesi di Casinò hanno rilevato la quota di maggioranza. Altrettanto interessante la situazione in Russia. Con Auchan, leader indiscusso nel canale degli ipermercati e una quota del 34,1% (dato riferi-to al 2010). Nel canale supermercati, invece, si distingue l’insegna locale X5 Retail group con una market share del 16,8%. Ottima anche la posizione di Metro nel canale cash & carry. Più

difficile la situazione in India. “Quello indiano è un mercato chiusissimo. Dove, con 12 mi-lioni di punti vendita, la distribuzione moderna vanta una quota dell’8% - ha sottolineato Luca Pellegrini -. Per entrare in India è fondamenta-le la partnership con gli operatori locali: è in questa direzione che si sono mosse aziende come Metro, Tesco e Carrefour. Che, in questo Paese, operano come se fossero dei grossisti”. Nell’Unione Europea, il paese che mostra una maggiore dinamicità è la Francia, soprattutto per quel che riguarda le evoluzioni dei format distributivi. Innanzitutto nel Paese della Senna si distinguono, per i loro risultati, i gruppi di acquisto: Lecler e System U, insieme, rappre-sentano il 40% del mercato. Un altro elemen-to che sembra contraddistinguere negli ultimi tempi i cugini d’Oltralpe è lo sviluppo notevole del franchising e del vicinato. “Occorre però sottolineare che, quando si parla di vicinato, non necessariamente ci si riferisce alle classi-che superette, di piccole dimensioni. Si tratta, piuttosto, di supermercati situati nei centri urbani dove viene dedicata importanza alle caratteristiche del negozio sotto casa soprat-tutto in termini di offerta e di rapporto con la clientela”, ha precisato Pellegrini. E i numeri confermano il fenomeno: in Francia Carrefour conta ben 973 Carrefour market, 336 discount Ed e Dia per ben 3.217 punti vendita in fran-chising. Area di business in cui Casinò supera le 6.600 unità. Mentre, nel caso dei discount, si parla di circa 2mila punti vendita tra quelli di proprietà e quelli in joint venture con Lef. Più contenuti i numeri di Auchan con 406 Simply. Se la distribuzione francese annovera diverse insegne, alquanto attive, il quadro spagnolo si presenta meno articolato con la leadership di Mercadona la cui market share è del 19,8%. I dati relativi alla Germania sfatano il mito che vede il Paese come la Patria del discount: Edeka e Rewe Group, infatti, sono le due aziende lea-der con quote pari, rispettivamente, al 24,8 e al 20,8%. Infine, l’intervento di Cristina Lazzati ha dimostrato come, non solo all’estero, ma anche in Italia, le insegne distributive, abbiano iniziato a utilizzare il Web e i social network come stru-menti per fidelizzare la clientela offrendo una molteplicità di servizi.

Nunzia Capriglione

La distribuzione moderna tra Italia ed esteroPresentata a Milano la terza edizione del Rapporto sulla Gda realizzato da Il Sole 24 Ore, TradeLab e SymphonyIri. Nel Bel Paese crescono superstore e discount. Oltre confine è il momento del negozio di vicinato.

Iper, super e discount: quote e punti vendita per aree di mercatoPeriodo: gennaio 2012

82,7% 77,1% 77,5% 68,2%9% 10,3% 10,3% 11,3%

1.076 974 1.154 1.107

AREA 1 AREA 2 AREA 3 AREA 4

IPER+sUPER

DIscoUNt

totAlE PUNtI vENDItA**incluse le piccole e medie superfici

numero medio di tipologie di negozio visitate in un mese

quota dei consumatori che effettua più spesso confronti di prezzi tra i negozi

quota di consumatori che cambia spesso la marca di fiducia. Nel 2004 era il 16%

quota di consumatori che guarda il volantino prima di fare la spesa. Nel 2004 era il 53%

3,7

85%

57%

90%

l’atteggiamento dei consumatori

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luglio/agosto 2012dossier

Fornire un’efficace assistenza per l’incasso dei crediti commer-ciali attraverso l’organizzazione di competenze specializzate e coordinate per sviluppare un in-sieme integrato di servizi profes-sionali.

E’ questo l’obiettivo con cui agli inizi degli anni 90 a Buja, un piccolo paese in provincia di Udine, Alessandro Salvatelli, fondava Assicom.

“In una fase di forte crisi economica, Salvatelli intravide l’opportunità di dar vita ad un progetto innovativo di gestione del credito per supportare le imprese nel-la tutela della liquidità aziendale”, spiega Maurizio Riccardi, responsabile dell’ufficio marketing. A Riccardi abbiamo chiesto di illustrare, nel dettaglio, il campo d’azione della società e la storia del suo sviluppo. “Assicom è presente a Milano, Roma, Ve-rona e Brescia. Tuttavia, il piccolo comune di Buja è sempre rimasto residenza della sede principale, a testimonianza del forte legame con il territorio ed i valori d’ori-gine”.

Dagli anni 90 ad oggi, quali sono stati i risultati che avete raggiunto?

Con una crescita costante ed il miglio-ramento continuo della qualità delle so-luzioni proposte, Assicom è riuscita ad emergere confrontandosi ad armi pari con gli storici operatori del settore fino a diventare il terzo operatore italiano nel mercato della business information. Ele-mento distintivo di Assicom è la capacità di garantire in un’unica offer ta una gamma di servizi completi per la gestione globale del credito: dalle informazioni commerciali al recupero crediti. In sintesi, con un’unica formula contrattuale sono disponibili in-formazioni commerciali, servizi di preven-zione del rischio e recupero crediti che ogni azienda cliente può liberamente uti-lizzare in base alle sue specifiche esigenze.

vediamo nel dettaglio ognuno di questi servizi…

Con l’attività di prevenzione forniamo al cliente le informazioni commerciali che gli permettono di conoscere a fondo lo stato di salute finanziaria dei potenziali e attuali partner. E’ infatti possibile osservare in anticipo potenziali situazioni di rischio e individuare probabili “cattivi pagatori”, grazie a un sistema che si basa su indica-zioni quali fido, rischio commerciale, analisi di bilancio, valutazione e commento degli analisti Assicom.

E per quel che riguarda le informazioni commerciali?

Tutte le informazioni commerciali, diver-sificate con progressivi livelli di approfon-dimento, sono garantite grazie al costante aggiornamento dei dati. Inoltre, integriamo tutte le informazioni di fonte pubblica con qualificati elementi ufficiosi reperiti diret-tamente da nostre fonti.

Infine il recupero crediti, la parte più delicata…

Assicom rende disponibili azioni stragiu-diziali, prelegali e giudiziali, differenziate in base al tipo e all’importo del credito da recuperare. Particolare attenzione, è de-dicata alla comunicazione al cliente che nell’area web dedicata può controllare tutte le attività svolte e i risultati ottenu-ti sulle pratiche affidate. Infine, per tutti i servizi di recupero, Assicom garantisce il pieno controllo dei costi, sempre fissi e predefiniti, anche in caso di azione legale infruttuosa, dove l’esclusiva formula con franchigia è studiata per contenere le spe-se a carico del cliente.

Il vostro pacchetto clienti annovera an-che aziende dell’alimentare?

In oltre 20 anni di attività, Assicom ha instaurato rapporti continuativi con mol-te aziende del settore alimentare: dalle grandi aziende con aree di mercato inter-nazionale a realtà di medie e piccole dimensioni. Per questa categoria,

la maggior parte dei debitori appartiene alla distribuzione organizzata e al settore Horeca con operatori molto eterogenei, dove è fondamentale il ricorso continuati-vo ai servizi di prevenzione e monitorag-gio del rischio. In questo caso, i servizi di informazione Assicom offrono un partico-lare valore aggiunto dato dalla significativa esperienza di recupero fatta nel settore, grazie alla quale si determina una fonte di osservazione privilegiata del compor-tamento dei cattivi pagatori. Per quanto riguarda il recupero crediti è essenziale la possibilità di agire sia in fase stragiudiziale che, ove necessario, giudiziale, assicurando omogeneità di intervento ovunque si trovi il debitore.

Quali sono per un’azienda del compar-to alimentare gli accorgimenti da seguire per assicurarsi che l’ordine venga poi re-golarmente pagato?

Prevenzione, monitoraggio e interventi tempestivi: in queste tre parole si racchiu-de la filosofia della qualità nella gestione

del credito ed è così che si può ri-assumere l’atteggiamento “corret-to” da adottare a tutela dei propri crediti commerciali. Non bastano però servizi professionali e spe-cifici, serve anche prestare una

grande attenzione ai processi order-to-cash che vengono messi in atto. Nel set-tore alimentare, ad esempio, le forniture

sono spesso ripetute e rivolte a un nu-mero molto elevato di clienti. Per supportare al meglio tali esigenze, Assicom ha realizzato un ambien-te web dedicato alla gestione

del rischio credito dell’intero portafoglio, par-t i c o l a r m e n t e utile per le so-

cietà operanti nel settore alimentare. Di che si tratta?Mioport@foglio è il sistema di gestione

a disposizione dei clienti Assicom. Grazie al quale è possibile controllare dinami-camente ed in ogni momento il rischio commerciale dell’intero parco clienti. At-traverso un layout grafico di immediata lettura, è possibile individuare con estre-ma semplicità il grado di rischio associato (ed aggiornato dai monitoraggi) ed acce-dere al dossier Informazioni, Monitorag-gio o Recupero di ciascuna posizione. Si possono richiedere nuove informazioni commerciali o attivare eventuali azioni di recupero ed è possibile consultare una se-zione statistica dedicata al dettaglio degli esiti ed ai confronti settoriali e territoriali. Tutto con un semplice click.

Parliamo di gestione del credito: se si dovesse disegnare una mappa dell’Italia con le zone più a rischio, quali sono le regioni che verrebbero evidenziate?

Da uno studio condotto da Assicom, sulla base delle pratiche di informazioni commerciali e recupero crediti richie-ste dai propri clienti, relative al periodo intercorso dal 2007 al 2011, le principali problematiche commerciali si sviluppano su due fronti: da un lato riguardano i clien-ti un tempo ritenuti più affidabili (clienti della propria area geografica e società di capitali) e, dall’altro, si rafforzano in aree geografiche che più di altre stanno sof-frendo gli effetti dell’attuale congiuntura economica negativa.

Quali sono le regioni con maggiori dif-ficoltà?

Alcune regioni del Nord est (Friuli Ve-nezia Giulia), del Centro Italia (Lazio) e dell’Area Nielsen 4, con Calabria e Cam-pania su tutte. In queste regioni la con-giuntura economica negativa continua a impattare in maniera sempre più critica sull’operatività delle imprese, determinan-do un aumento delle imprese con rilevanti

Prevenzione, monitoraggio e tempestività: queste le parole d’ordine alla base dell’attività di Assicom. Parla Maurizio Riccardi, responsabile dell’ufficio marketing.

Obiettivo: recupero credito

Il rischio insolvenza regione per regione

Molto contenuto

Contenuto

Medio

Sopra la media

Medio-elevato

Elevato

focus on

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squilibri di liquidità corrente e un aumento dei ritardi nei pagamenti e delle insolvenze. Emblematica la situazione del Friuli Venezia Giulia dove alcuni distretti, un tempo trasci-natori dell’economia regionale, come quello della sedia e del mobile, stanno faticando a superare le difficoltà legate alla congiuntura economica negativa e questo sta impattan-do sull’attività commerciale delle imprese. A queste criticità, soprattutto nell’Area Niel-sen 4, si somma la difficoltà strutturale delle aziende nel diversificare il rischio allargando i propri orizzonti commerciali e ricercando opportunità al di fuori dei confini regionali e nazionali. Alcune di queste imprese hanno cercato, con successo, di superare le difficol-tà, tramite un rafforzamento dell’export, ver-so i paesi dell’Unione Europea. Ad esempio, nel primo trimestre 2012, l’export di Puglia e Campania ha registrato, rispettivamente, un incremento del 10,1% e 7,5% rispetto allo stesso periodo del 2011. Al contrario, altre regioni, fino a qualche anno fa tra le più atti-ve nelle esportazioni, come il Friuli e la Ligu-ria nel primo trimestre 2012 registrano una significativa contrazione ( Friuli Venezia Giuia -6,1%, Liguria -12,9%). Voglio però sottoline-are che le evidenze emerse dallo studio As-sicom, circa le difficoltà nei pagamenti delle aziende ubicate in alcune regioni italiane, tro-vano conferma nei dati Istat relativi ai prote-sti levati nel corso del 2011. Posto pari a uno l’ammontare dei protesti levati per abitante a livello nazionale, nelle regioni sopra citate, Lazio, Calabria e Campania, il numero indice del valore dei protesti levati è rispettivamen-te pari a 1,83, a 1,51 e a 1,38. Tra le regione del Nord spicca la Lombardia con un indice pari a 1,18.

Una delle problematiche più diffuse è la gestione (e l’assicurazione) del credito nel momento in cui si decide di andare all’este-ro: che cosa suggerite in questo caso?

L’estero, oggi più che mai, rappresenta una concreta opportunità per sfuggire agli effetti della contrazione del mercato inter-no a seguito della crisi economica in atto. Insieme ai vantaggi vi sono però anche in-numerevoli incognite: il rischio di mancato pagamento è senza dubbio quella principale, da tenere necessariamente in considerazio-ne. Le soluzioni assicurative, se da un lato sembrano garantire una protezione efficace

delle transazioni internazionali, risultano in molti casi troppo vincolanti ed onerose per l’assicurato. Per questo motivo Assicom ha scelto di realizzare, in collaborazione con la compagnia assicuratrice belga TCRe specia-lizzata nell’excess of loss, la formula “Siste-ma protetto” finalizzata a garantire ai pro-pri clienti piena autonomia gestionale negli affidamenti commerciali e nella gestione dei recuperi, abbinabile ad una copertura assi-curativa leggera, mirata alla tutela delle sole perdite più rilevanti.

Nunzia Capriglione

Prevenzione: le informazioni commerciali che permettono di conoscere a fondo lo stato di salute finanziaria dei potenziali e attuali partner. Consente di osservare in anticipo potenziali situazioni di rischio e individuare probabili “cattivi pagatori”, gra-zie a un sistema che si basa su indicazioni quali fido, rischio commerciale, analisi di bilancio, valutazione e commento degli analisti Assicom.Informazioni commerciali: diversificate con progressivi livelli di approfondimento, sono garantite grazie all’aggiornamento dei dati. Inoltre, integrano tutti le informa-zioni di fonte pubblica con qualificati elementi ufficiosi reperiti direttamente da fonti Assicom.Recupero crediti: sono disponibili azioni stragiudiziali, prelegali e giudiziali, differen-ziate in base al tipo e all’importo del credito da recuperare. Per tutti i servizi di recu-pero, Assicom garantisce il pieno controllo dei costi, sempre fissi e predefiniti, anche in caso di azione legale infruttuosa, dove l’esclusiva formula con franchigia è studiata per contenere le spese a carico del cliente. Mioport@foglio: sistema di gestione a disposizione dei clienti Assicom che permette di controllare dinamicamente ed in ogni momento il rischio commerciale dell’intero parco clienti. Attraverso un layout grafico di immediata lettura, è possibile individuare con estrema semplicità il grado di rischio associato (ed aggiornato dai monitoraggi) ed accedere al dossier Informazioni, Monitoraggio o Recupero di ciascuna posizione.Sistema protetto: garantisce piena autonomia gestionale negli affidamenti commerciali e nella gestione dei recuperi abbinabile ad una copertura assicurativa leggera, mirata alla tutela delle sole perdite più rilevanti.

I servizi firmati Assicom

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