Letture di Geogra˜ a Generale - SEI Editrice · 2019. 7. 18. · IV GEOLOGIA La litosfera...

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Marco Bersanelli Mario Gargantini Patrizia Roberta Iotti Maria Cristina Speciani SOCIETÀ EDITRICE INTERNAZIONALE - TORINO Letture di Geografia Generale

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  • Marco Bersanelli Mario Gargantini Patrizia Roberta Iotti Maria Cristina Speciani

    SOCIETÀ EDITRICE INTERNAZIONALE - TORINO

    Letture di Geogra� a Geogra� aGenerale

  • Coordinamento editoriale: Anna Maria BattagliniCoordinamento tecnico: Francesco StacchinoImpaginazione: Gianni RoasioDisegni: BlueditCopertina: P.G. Anselmo

    © 2009 by SEI - Società Editrice Internazionale - Torinowww.seieditrice.com

    Prima edizione: 2009

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    Grafica Chierese - Arignano (TO)

    Si ringrazia EURESIS (Associazione per la Promozione e lo Sviluppo della Cultura e del Lavoro scientifico), per la collaborazione nello sviluppo dei contenuti di questo volume.www.euresis.org

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    Indice

    Astronomia e AstrofisicaAstronomia e astrofisica: una neonata… antica scienza, 2

    A Una questione di metodo, 3A1 Modelli e teorie in fisica, 3

    B Dall’astronomia antica alla “nuova scienza”, 5B1 Isaac Newton vs René Descartes. La confutazione della teoria dei vortici

    planetari nei Principia, 5

    C Per capire le stelle occorre comprendere l’atomo?, 8C1 Nascita dell’astrofisica, 9

    D L’Universo c’è sempre stato? Ovvero la cosmologia come storiadell’origine, 11

    D1 L’invenzione del Big Bang, 11

    E Il metodo scientifico e la scoperta della realtà, 14E1 L’avventura della scoperta, 14

    F Incontrare gli scienziati, 18F1 Verità e scienza: l’esperienza di un astrofisico, 18

    La Via Lattea e le stelle: l’esplorazione del cielo da Herschel a Hubble, 20

    A Una scala per arrivare fino alle stelle e alle galassie, 22A1 Short-lived Radioactivities in the early Solar System: Connections to the

    Interstellar Medium & Stellar Evolution in the Galaxy,22

    B Cos’è una stella?, 24B1 An Introduction to the Study of Stellar Structure, 24

    C La spettroscopia in Italia, 27C1 Nascita e sviluppo dell’astrofisica in Italia nella seconda metà dell’Ottocento, 27

    D La tradizione italiana continua: a caccia di “stelle”, 32D1 Briciole di cometa, 32D2 Quel bagliore lontano…, 33D3 Supernovae a grappolo, 33D4 Marta Burgay e la scoperta della prima pulsar doppia, 34

    E La storia della Galassia dalla chimica stellare, 37E1 Fingerprinting the Milky Way. Chemical Composition of Stars in Clusters

    can tell History of our Galaxy, 37

    F Via Lattea: fisica e oltre, 39F1 I “chicchi” dal cielo, 39

    Bibliografia, 41Sitografia, 42Percorsi interdisciplinari di approfondimento, 44

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    GEOLOGIALa litosfera terrestre, 48

    A Minerali e rocce, 48A1 Il mondo dei minerali, 49A2 La scienza che studia le rocce, 50A3 La crescita dei cristalli: un ponte tra passato, presente e futuro, 52A4 I minerali e la vita, 56

    B La classificazione delle rocce, 59B1 The Classification of Igneous Rocks, 59

    C Dove sono le rocce sulla Terra, 61C1 Darwin geologo in Patagonia: risalendo il Rio Santa Cruz, 61C2 Esplorare paesi ignoti: il lungo viaggio di Ardito Desio, 63C3 Spedizione sul Monte Everest: le tecniche del rilevamento applicate in alta

    quota, 67

    La Terra dinamica: la tettonica delle placche, 72

    A Esplorare il pianeta per ricostruirne la storia, 73A1 Intervista a Alfonso Bosellini, 73

    B Percorsi per capire i fenomeni geologici, 77B1 Dalla raccolta dei dati alla formulazione del modello, 77B2 Dinamica globale e tettonica delle placche: i problemi aperti, 81

    C L’avventura scientifica di Xavier Le Pichon, 84C1 Un modello per la dinamica terrestre, 84C2 La tettonica delle placche: una teoria rivoluzionaria, 85C3 Fare scienza: un’avventura della ragione, 86

    D La deriva dei continenti: la storia di Alfred Lothar Wegener, 89D1 Alfred Lothar Wegener: Moving Continents, 89

    E Appennino e tettonica delle placche, 90E1 L’evoluzione dell’Appennino attraverso la tettonica delle placche, 90

    Bibliografia, 92Sitografia, 92

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  • Astronomia e Astrofisica

    Astronomia e astrofisica: una neonata… antica scienza

    A Una questione di metodoB Dall’astronomia antica alla “nuova scienza”C Per capire le stelle occorre comprendere l’atomo?D L’Universo c’è sempre stato? Ovvero la cosmologia come storia

    dell’origine

    E Il metodo scientifico e la scoperta della realtàF Incontrare gli scienziati

    1

    La Via Lattea e le stelle: l’esplorazione del cielo da Herschela Hubble

    A Una scala per arrivare fino alle stelle e alle galassieB Cos’è una stella?C La spettroscopia in ItaliaD La tradizione italiana continua: a caccia di “stelle”E La storia della Galassia dalla chimica stellareF Via Lattea: fisica e oltre

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    1 Astronomia e astrofisica: una neonata… antica scienza

    «La più sublime, la più nobile tra le Fisiche scienze ella è senza dubbio l’Astronomia. L’uomos’innalza per mezzo di essa come al di sopra di sé medesimo, e giunge a capire la causa deifenomeni più straordinari».Quando Giacomo Leopardi scrisse queste parole, nel 1813, aveva solo quindici anni, maaveva già letto gran parte dei sedicimila volumi della biblioteca paterna, a Recanati. I pro-gressi nell’osservazione del cielo dall’antichità a oggi ci fanno guardare il cosmo con unaconsapevolezza che nulla toglie al fascino che le “vaghe stelle dell’Orsa maggiore” esercita-rono sul poeta di Recanati. Vogliamo ripercorrere alcuni dei tentativi di svelare i segreti delcielo susseguitisi dal Seicento a oggi, fino alle più recenti scoperte, senza tralasciare di get-tare un’occhiata sul futuro di questa disciplina antica quanto l’uomo. La conoscenza fisicadel cosmo, i progressi che hanno rivoluzionato le teorie e i metodi dell’astronomia, chespesso oggi vengono ignorati a causa di un sapere specialistico, astorico, proiettato nel fu-turo e ignaro del passato, è narrata come una storia, l’affascinante storia dell’uomo che si stu-pisce di fronte alla bellezza del cielo stellato e domanda, ne domanda il senso, ne cerca ilprofondo nesso con sé e con il tutto. Ma un fisico come pone la domanda? Come cerca la ri-sposta? Osservare il cielo e poi… modellizzare. Il ruolo dei modelli è fondamentale nel pro-cedere della conoscenza fisica, è una parte cruciale del metodo scientifico che permette diformulare ipotesi e poi di verificarle o confutarle.

    La storia della conoscenza del cielo comincia molto prima della nascita della fisica comescienza moderna. Ben prima di Galileo e Newton, generazioni di astronomi hanno misu-rato il cielo, calcolato la posizione delle stelle, previsto il moto degli astri. Soltanto in epocarelativamente recente questi moti celesti sono stati descritti con un’unica legge, semplice edelegante. Quando sembra tutto finito, noto, prevedibile, ecco che una nuova possibilità diindagine nasce inaspettata con l’avvento della spettroscopia. Cambiano le domande a cui sicerca di dare risposta, non il metodo di indagine: l’astrofisica usa nuovi strumenti per “os-servare” il cielo e apre nuovi orizzonti di conoscenza per comprendere la natura dei corpi ce-lesti e la loro evoluzione. Ma il desiderio di conoscere sfonda anche questi orizzonti, fino ainterrogarsi sulla storia dell’Universo nel suo insieme e dare vita alla cosmologia.

    Il bello di questa storia è che non è ancora finita, anzi, continua a sfidare la capacità di co-noscenza dell’uomo e a mettere in moto la sua creatività in ogni campo del conoscere:scienza, poesia, arte, musica e... insomma è l’uomo intero che sta di fronte al Cielo e vivesotto di esso, o meglio sarebbe dire lo abita.

    “Il cielo come laboratorio” dunque l’osservazione di una Natura in cui siamo “immersi”,un’avventura che comincia con il coraggio di Galileo di puntare un telescopio verso il cieloe oggi continua usando “strane macchine”, gli acceleratori di particelle come i grandi tele-scopi puntati nel cuore della materia, a caccia di particelle, per indagare “the nature of theNature” (R. Feynman) e scoprire “l’inizio della storia del cosmo” tornando indietro nel tempofino al “primo minuto” di vita dell’Universo stesso.

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    UNA QUESTIONE DI METODO

    La costruzione di modelli è una componente dell’esperienza conoscitiva del mondo fisico, in particolarein fisica. Formule , schemi, diagrammi, analogie vengono usati per interpretare i segnali della realtà coldesiderio che queste “creazioni” del pensiero corrispondano il più possibile al comportamento della na-tura e ne svelino più o meno nel dettaglio i tratti autentici. Il percorso che conduce alla formulazione di un modello è frutto di immaginazione creativa ed espres-sione di tradizioni culturali, di visioni del mondo. Intuizioni e idee innovative, ma anche scelte, elimi-nazioni, alternative, rinunce sono gli “strumenti” che occorre mettere in campo per districarsi fra i datidisponibili e trovare la rotta. Ci vogliono quindi criteri chiari e ragionevoli ma soprattutto la passioneper la realtà. Tutt’altro che un gusto astratto di creare delle rappresentazioni, piuttosto una grande ca-pacità di stare di fronte alla realtà con il desiderio di comprenderla e di entrare in un rapporto signifi-cativo con il dato che si ha davanti.

    A1 Modelli e teorie in fisica

    Il problema del valore conoscitivo in fisica

    […] Come diceva Whitehead1, la scienza nasce da “una convinzione istintiva che esiste un ordinenelle cose o più precisamente un ordine nella Natura” e che questo ordine può essere compreso,almeno in una certa misura.L’atteggiamento ultimo di uno scienziato di fronte a un problema di tipo conoscitivo è del tuttodifferente da quello di un ingegnere che deve realizzare una qualche macchina ed è ovviamenteinteressato alle nozioni scientifiche solo nella misura in cui esse possono esser utili allo scopo. […] Dobbiamo spiegare in qual preciso senso possiamo parlare di un progresso nella Fisica equale contenuto di “verità” possiamo attribuire a una teoria che, noi sappiamo, prima o poi saràtrovata in contraddizione con nuovi fatti: capire in quale senso una vecchia teoria e le spiega-zioni che essa dava a una classe di fenomeni possano rimanere valide all’interno di una nuova,quando anche i concetti basilari delle due sono completamente differenti.In questo contesto penso possiamo superare molte difficoltà se conveniamo di attribuire in ognicaso alle teorie fisiche il significato di modelli, anche se di livello differente, e rinunciamo unavolta per tutte all’idea che esse possano darci esplicita e in qualche modo diretta ed esaustiva co-noscenza della realtà naturale.

    […] Le teorie fisiche come modelli e l’evoluzione della fisica

    Cerchiamo di chiarire brevemente il concetto di modello in Fisica.Noi usiamo in genere il termine modello con riferimento a una idealizzazione e a una forte sem-plificazione di una situazione complessa allo scopo di comprendere gli aspetti più importanti diun fenomeno, trascurando i particolari meno rilevanti. Tuttavia cosa è importante, e cosa meno,o per nulla, rilevante, dipende dal contesto e dalla scala di osservazione. Così possiamo dire cheun modello è adeguato a una certa scala, o per un certo scopo, e inadeguato a un’altra scala o perun certo altro scopo. Se rappresentiamo idealmente i pianeti come punti materiali, otteniamo un

    A

    1 Alfred North Whitehead (1861-1947) filosofo e matematico britannico è con B. Russell e G. E. Moore un grande protagonista delrinnovamento logico-epistemologico maturato a Cambridge nei primi decenni del Novecento. Le sue opere più importanti sono Pro-cesso e realtà (1929), Il concetto di natura (1920), La scienza e il mondo moderno (1926) e Avventure di idee (1933).

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    modello che è perfettamente sufficiente per comprendere il moto dei pianeti rispetto al sole o ilmoto apparente del sole sullo sfondo delle stelle. Questo modello non è tuttavia sufficiente perspiegare l’alternarsi del giorno alla notte, il cambio delle stagioni, le fasi della luna. Per studiarequesti fatti abbiamo bisogno di ricorrere al modello del corpo rigido per la terra e per la luna. Si-milmente, se vogliamo trattare con i complessi fenomeni che avvengono nell’atmosfera o sullacrosta terrestre, dobbiamo considerare in dettaglio la composizione chimica e le condizioni fisi-che delle varie parti del nostro pianeta e i loro moti relativi.Quello che è importante sottolineare, per il mio ragionamento, è che tutti questi modelli, che sisuppone si riferiscano ultimamente allo stesso oggetto, sono disposti secondo una gerarchia. Inrelazione a un ben definito scopo, una volta che è raggiunto il livello adeguato della gerarchia,non guadagniamo nulla usando un modello di livello più elevato. Per quello che riguarda quelloscopo specifico i due modelli sono completamenti equivalenti, ci insegnano esattamente le stessecose.Mi sembra che nell’ambito di questo discorso, possiamo comprendere in qual senso si può pen-sare che una teoria fisica sia in uno stato sempre provvisorio e incompleto e, nello stesso tempo,che ci insegni qualcosa che possiamo ritenere anche conclusivo sul mondo naturale. Se è vero chenon possiamo pretendere che tale teoria ci dia una comprensione esaustiva del suo oggetto, tut-tavia è innegabile che essa fornisce un “modello intelleggibile” di validità potenzialmente per-manente in un dato contesto. Da questo punto di vista noi possiamo guardare senza difficoltàalle relazioni esistenti tra due diverse teorie, quando la seconda oltrepassa e include la prima.Possiamo pensare alla vecchia teoria come a un modello di livello gerarchico inferiore rispetto aquello nuovo, un modello che si applica solo in una situazione più particolare, ma che in tale si-tuazione può persino essere più conveniente del nuovo, grazie alla sua maggiore semplicità. Comeci insegna la lezione dei modelli matematici, questi rimangono veri anche se le due teorie agi-scono all’interno di strutture concettuali abbastanza diverse, naturalmente alla condizione chesia compreso il codice di traduzione appropriato.[…] In conclusione mi sembra che la relazione di natura simbolica esistente tra due differentimodelli posti in una gerarchia, o fra due differenti teorie corrispondenti a un diverso livello dellanostra comprensione, può essere essa stessa vista come un modello della relazione tra le nostreteorie fisiche e il mondo naturale che vogliamo studiare. Le idee che usiamo, i modelli, le teorie,sono costruzioni della nostra mente, ma non sono concetti vuoti di significato o arbitrari. Essisono creati per comprendere la Natura e parlano di qualcosa a ogni stadio della nostra ricerca,anche se non sono mai completamente adeguati o non forniscono una comprensione esaustiva.«O noi vogliamo speculando tentar di penetrar l’essenza vera ed intrinseca delle sostanze natu-rali; o noi vogliamo accontentarci di alcune affezioni. Il tentar l’essenza, l’ho per impresa nonmeno impossibile e per fatica non men vana nelle prossime sostanze elementari che nelle remo-tissime e celesti. […] Ma se vorremo fermarci all’apprensione di alcune affezioni, non mi par ci siada disperar di poter conseguirle anco nei corpi lontanissimi da noi non meno che nei prossimi»(Galileo, terza lettera a M. Welser sulle macchie solari).

    G. M. PROSPERI, in Emmeciquadro, n. 10, dicembre 2000

    Note biografiche

    Giovanni Maria Prosperi

    Già Ordinario di Istituzioni di Fisica Teorica presso l’Università degli Studi di Milano; autore di numerosi articoli su rivistescientifiche e di testi universitari e membro di diverse società scientifiche internazionali.

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    B1 Isaac Newton vs René Descartes. La confutazione della teoria dei vortici planetarinei Principia

    Nel XVII secolo fu generalmente accolta, e insegnata nelle scuole, la teoria dei vortici di RenéDescartes come modello esplicativo dei moti planetari e satellitari del sistema solare.[...] Lo spazio interplanetario è considerato un plenum, ossia è interamente occupato da materiadisgregata. Ogni trasmissione di moto avviene per contatto, il movimento principale è circolare,trasmesso dal materiale fluido costituente i vortici stessi. I pianeti (e i satelliti) sono trasportatidalla materia fluida che gira costantemente attorno al Sole (e attorno al singolo pianeta): piùrapide le parti vicine, più lente le parti lontane. I pianeti, Terra compresa, si comportano comeun battello su un corso d’acqua trascinato dalla corrente.Occorre poi ricordare, in senso lato, le vedute di Descartes per quanto riguardava i problemi fi-sici. Cartesio aveva scritto la “sua” fisica senza usare formule matematiche. Tutto ciò appare pa-radossale trattandosi di un filosofo-scienziato, profondo studioso di questioni algebriche efondatore della geometria analitica, eppure è così. La sua, è stato detto, era una fisica matema-tica senza matematica. Il principio fondamentale dell’universo cartesiano era quello di conser-vazione: tutte le azioni mutue meccaniche si riducevano alla legge della conservazione dellaquantità di moto.Da questo punto di vista, e come indicazione degli intenti perseguiti nel costruire la fisica, è sin-tomatica una lettera scritta a padre Marin Mersenne (1588-1648) in data 15 novembre 1638 sulmetodo galileiano, della quale riportiamo il seguente passo: «Per ciò che scrive Galileo sulla bi-lancia e sulla leva, egli spiega molto bene il quod ita sit [che sia così], ma non il cur ita sit [perchésia così], come io ho fatto mediante il mio principio». Si può obiettare che nella fisica non si procede così: ossia non si pone un principio preminentesu ogni altra considerazione di natura sperimentale.Come si pose Newton di fronte a questa teoria dei vortici?Innanzitutto per lui le leggi della filosofia naturale (la fisica) erano scritte nei fenomeni stessi; oc-correva poi indagare sensatamente, come diceva Galileo, per mezzo di un’appropriata analisimatematica e sperimentale. I successivi passi nello studio di Newton sono i seguenti: una disa-mina riguardante i fluidi viscosi e le loro proprietà; la traduzione in veste matematica della teo-ria qualitativa di Cartesio; la confutazione di quest’ultima, su una base che oggi diremmopopperiana2, mediante il confronto con i dati sperimentali concernenti il moto dei pianeti e deisatelliti. [...]

    DALL’ASTRONOMIA ANTICA ALLA “NUOVA SCIENZA”

    La confutazione newtoniana della teoria cartesiana dei vortici planetari è un esempio che permette dicomprendere il passaggio dall’astronomia antica alla “nuova scienza”, mediante la ricostruzione delragionamento complessivo di Newton. Un contenuto interessante che permette di cogliere i tratti essen-ziali del “nuovo” metodo di “pensare” le cose del cielo.

    B

    2 Sir Karl Raimund Popper (1902-1994) è considerato uno dei maggiori filosofi del XX secolo, in particolare qui ci si riferisce allasua filosofia della scienza. Popper afferma che le teorie scientifiche sono proposizioni universali che possono essere controllate soloindirettamente a partire dalle loro conseguenze.

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    Sviluppo della confutazione newtoniana

    Ricostruiamo il processo del pensiero newtoniano contenuto nella Proposizione LII del secondolibro dei Principia. Vediamo come Newton applica i risultati ottenuti nel precedente paragrafo,adottando la viscosità costante per il fluido e mantenendo l’assunto cartesiano: la trasmissione,senza alterazione, e per contatto, di forze e coppie all’interno del fluido.L’inizio della Proposizione LII è:«Teorema XL. Se una sfera solida, in un fluido uni-forme e infinito, ruota di moto uniforme intorno aun asse di posizione data, se il fluido è costretto aruotare dal suo solo impulso, e se ogni parte delfluido persevererà uniformemente nel proprio moto:dico che i tempi periodici delle parti del fluido sta-ranno come i quadrati delle distanze dal centro dellasfera». Segue una dimostrazione di tipo qualitativo assaitortuosa e involuta, accompagnata dal diagrammariportato nell’immagine. [...] Dopo aver posto la teoria di Cartesio in terminimatematici, Newton passa al suo confronto con idati sperimentali. Infatti, nello scolio3 susseguentealla Proposizione LII, egli afferma:«In questa proposizione sono stato costretto a inve-stigare le proprietà dei vortici, al fine di provare se ifenomeni celesti possano essere in qualche modo spiegati per mezzo dei vortici. Il fenomeno è ilseguente: i tempi periodici dei pianeti che ruotano intorno a Giove sono nella relazione della po-tenza 3/2 delle loro distanze dal centro di Giove; la stessa legge si ottiene per i pianeti che ruo-tano attorno al Sole. Queste leggi, inoltre, valgono per entrambi i pianeti con la massimaesattezza, in quanto discendono dalle attuali osservazioni astronomiche.Perciò, se i pianeti che ruotano attorno a Giove o al Sole, sono trasportati dai vortici, anche que-sti vortici dovranno ruotare osservando la stessa legge».Ecco quindi la chiave della verifica sperimentale: si confrontano i moti medi dedotti dalla teoriadi Cartesio con quelli forniti dalla terza legge di Keplero. Quest’ultima è assunta come “base spe-rimentale” della verifica.[...] Newton non nascose il suo compiacimento per il suo risultato e, nello scolio alla fine del se-condo libro, dichiarò: «Di qui è evidente che i pianeti non sono trasportati da vortici corporei […].Per cui l’ipotesi dei vortici urta totalmente contro i fenomeni astronomici e conduce non tantoa spiegare quanto ad oscurare i moti celesti. In quale modo questi moti si effettuino negli spaziliberi indipendentemente dai vortici, può venir capito dal libro primo, e nel Sistema del mondoverrà insegnato più ampiamente».

    Osservazioni conclusive

    Contestualizzando questa ricerca nel suo tempo, i primi ottant’anni del secolo XVII, Newtonperseguì due fini assai importanti per il progresso della scienza. Innanzitutto continuò assai rigorosamente l’opera di Galileo considerando lo spazio, assimilato

    3 Annotazione, nota critica o linguistica posta da antichi grammatici in margine a testi classici.

    a

    b

    c

    de

    S

    FG

    HI

    K

    LM

    NO

    P

    A B C D E Q

    Correnti circolari in moto intorno alla sfera S.

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    a un plenum, come un residuo della fisica aristotelica, assai resistente a essere giudicato per ciòche era, ossia un semplice pregiudizio. Certamente le critiche alla dinamica galileiana, e a quelladei suoi allievi, non si erano ancora così attenuate e quindi non erano completamente rientrateda poterle trascurare. Se si legge un testo di storia della scienza che riflette gli orientamenti piùdiffusi nella seconda metà del XVII secolo appare chiaramente quanto fosse allora radicata laconvinzione che l’interazione meccanica tra corpi potesse avvenire solo per contatto: l’azione adistanza era considerata impossibile se non un’assurdità. Alle pagine 27 e 28 si può leggere:«Paolo Mattia Doria ricostruendo le vicende culturali che avevano contrassegnato la sua for-mazione ricordava che “tutti erano della filosofia di Pier Gassendi 4 seguaci, né altro si cantava,che quel verso del poeta Lucrezio tangere, vel tangi nisi corpus nulla potest res”. Era, si ricorderà pro-prio il punto sul quale si era accentrata l’attenzione del padre Vanni nella sua critica al Del Papa,ma era anche il punto che Leonardo di Capua riprendeva e sviluppava nel Parere, considerandouno dei pochi “sillogismi dimostrativi intorno alle cose naturali”, quello che riteneva “esser ne-cessariamente corpo ciò, che gli organi de’ sentimenti ne muove; conciossiecosache la cosa, chemuove, a ciò fare è ben mestier che tocchi; e ’l toccamento, salvo che da corpo, non si può in-contrare”».In secondo luogo la falsa teoria dei vortici cartesiani aveva conquistato larga parte dell’opinionescientifica più accreditata in Europa: bisognava sgombrare i cieli per poter procedere alla nuovainterpretazione dei moti planetari.Altre considerazioni interessanti riguardano il metodo di deduzione seguito in questa ricercanewtoniana. Lo scrivente è certo che Newton abbia condotto lo studio sino a impostare un’equa-zione differenziale [...], per poi integrarla [...]. Ci si pone allora la domanda: perché allora eglinon ha estesamente e palesemente esposto questo procedimento?La risposta appare assai complessa: certamente vi è in Newton una certa ritrosia nel ricavare espli-citamente, e correlativamente esporre con i relativi dettagli, soluzioni giuste a partire da pre-messe altrettanto giuste; [...]. A conferma di queste tesi vi sono corrispondenze e manoscritti(presenti alla Royal Society) di David Gregory (1661-1710) e altri presso la biblioteca Christ Churchdi Oxford che attestano come questo metodo di approccio, con equazioni differenziali, sia con-sapevolmente applicato in più parti dei Principia.

    [...]. In ogni caso è del tutto errata la netta affermazione di François de Gandt secondo la qualenon vi sarebbe stata alcuna applicazione, nei Principia, del calcolo infinitesimale, o meglio, flus-sionale5 di Newton.Il ragionamento fisico sui volumetti infinitesimi è, in questo caso, implicitamente con-dotto; in altri punti dei Principia del tutto manifesto: esso è comunque un tipico metododi Newton. Il grande matematico russo Vladimir I. Arnol’d nel suo testo edito da BollatiBoringhieri nel 1996 dal titolo Huygens, Barrow e Newton, Hooke, così si esprime a pagina27:«Nei moderni corsi di analisi non è di moda parlare di grandezze infinitamente piccole, sicchégli studenti non padroneggiano del tutto questo linguaggio; sarebbe bene tuttavia che se ne im-padronissero».

    4 Pierre Gassend detto Gassendi (1592-1655), abate, matematico, filosofo, astronomo e teologo francese, tra le sue opere ricor-diamo il De motu impresso a motore traslato del 1643.5 Newton sviluppa il calcolo flussionale definendo ”fluente” una grandezza geometrica variabile e “flussione” la velocità istanta-nea di variazione, esempio se z è una fluente z è la sua flussione. Il linguaggio e il rigore sono certamente differenti da quelli del-l’analisi matematica attuale, tuttavia decisamente il calcolo flussionale è in sostanza il precursore del calcolo infinitesimale comeoggi lo intendiamo e applichiamo.

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    Per finire è interessante riportare alcuni passi del “Signor di Fontanelle”6, della Reale Accademiadi Francia a proposito di questo nostro problema .«Il Newton, com’è suo costume, stabilisce sovra una profondissima geometria ciò che deve ri-sultare da quella resistenza [del mezzo o plenum interplanetario], secondo tutte le cause ch’essaaver puote: la densità del medio, la velocità del corpo mosso. La spaziosità della superficie. Et egliarriva infine a conclusioni delle quali vengono distrutti i turbiglioni o vortici del Descartes, e ro-vesciato quel vasto aereo edificio ch’altri credevano inconcussibile7. Se i Pianeti si muovono in-torno al Sole in un medio, qual egli sia, non ne resisterà meno, come vien dimostrato; in qualmaniera avverrà dunque che i movimenti dei Pianeti non ne siano perpetuamente, anzi, tosto, in-deboliti? Sovratutto, come mai le comete traverserrann’elleno liberamente in ogni senso, queivortici? […] I corpi celesti si muovono dunque in un grande vuoto, eccettuandone la poca mate-ria che a spazi materiali, e quasi infiniti, (o immisurabili) mescolata viene dalle loro esalazioni eraggi di luce che vi formano di se medesimi innumerabili intralciamenti. L’attrazione e il vacuoche Descartes esiliò dalla Fisica, e che allora secondo la apparenza, ne furono per sempre sban-diti; vi tornano ricondotti dal Newton, armati di una forza totalmente nuova […]». Dopo aver letto questa vivace descrizione del 1757, possiamo concludere così: la visione newto-niana del mondo si impose dopo la metà del 1700 per la sua fecondità operativa e per l’ottimaprevisione dei moti planetari.

    VITTORIO BANFI, in Emmeciquadro, n. 30, agosto 2007 pagg. 35-42

    6 Paolo Rolli (1687-1765) poeta e letterato, si dedica alla versione italiana di un’opera postuma di Isaac Newton, che Rolli avevaconosciuto di persona a Londra, la cui edizione veneziana del 1757 così titola: La Cronologia degli Antichi Regni emendata. Operapostuma del Cavalier Isaac Neuton. Tradotta dall’originale Inglese in sua prima Edizione fin dell’Anno MDCCXXVIII. Dal Sig. PaoloRolli In Venezia MDCCLVII. Appresso Giovanni Tevernin. Rolli premette alla traduzione una sezione introduttiva (introduzione diFontanelle) dedicata alla figura di Newton al fine di far conoscere le teorie newtoniane in ambito italiano.7 Inattaccabile o incrollabile (stabile).

    Note biografiche

    Vittorio Banfi

    Nato a Milano, laureato al Politecnico nel 1952, ha conseguito la Libera Docenza nel 1966. Ha lavorato, dal 1969 al 1984,come collaboratore esterno presso l’Osservatorio di Pino Torinese. Membro del Centro di Astrodinamica “G. Colombo”,ha sviluppato la sua ricerca nel campo dell’astrofisica teorica del Sistema Solare.

    PER CAPIRE LE STELLE OCCORRE COMPRENDERE L’ATOMO?

    L’astronomia dopo Newton non è più la stessa. Da studio cinematico che prescinde dalle cause dei motidegli astri, diventa studio dinamico nel quale per la prima volta si considera la gravità come il motorequantitativamente descrivibile dei moti celesti. E tuttavia nonostante il mutato atteggiamento degliastronomi, l’astronomia continua a occuparsi quasi esclusivamente del moto degli astri. La meccanicaceleste suscita stupore per la sua bellezza e i grandi successi della teoria della gravitazione fanno del-l’astronomia il modello di tutte le scienze. Ma ecco che si aprono nuovi orizzonti, nuove possibilità… chestentano ad affermarsi a causa di fattori contingenti, non da ultimo “l’ingombrante” genio di Newton.Dall’osservazione, resa possibile dall’uso di nuovi strumenti, sorgono domande che aprono la via anuove direzioni di indagine. Ciò che veramente conta è mantenere spalancato lo sguardo sul reale eaperta la ragione per coglierne i suggerimenti.

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    C1 Nascita dell’astrofisica

    [...] Ma proprio quando la storia sembra avviata alla fine, accade l’imprevedibile. Intorno allametà dell’Ottocento nasce, in sordina, un nuovo ramo dell’astronomia, chiamato, dai suoi cul-tori, a volte fisica celeste, o astronomia fisica, o astrofisica, o fisica solare perché è dallo studiodel sole che prende le mosse, o addirittura nuova astronomia, perché questi “nuovi” astronomi,che non sono nemmeno capaci di mettersi d’accordo sul nome da dare a quel che fanno, hannoanche la presunzione di cambiare la visione del mondo, di provocare una specie di rivoluzione.In effetti, ai suoi primi passi, l’astrofisica – questo il nome che si imporrà – è approssimativa e po-vera di idee e fondamenti teorici. A differenza dell’astronomia – che verrà chiamata “classica”, o“di posizione” (perché registra e discute la posizione, o in caso di movimento, le posizioni, degliastri) – l’astrofisica, sulla base di certi nuovi risultati di laboratorio, sull’analisi della luce emessada sostanze portate all’incandescenza o dai gas di fiamme o di archi elettrici, si propone di esplo-rare ciò che finora è stato ritenuto inesplorabile: natura, composizione, struttura e funziona-mento, insomma chimica e fisica, dei corpi celesti.E all’inizio riceve scarsa attenzione. Anzi, per dirla schietta, dagli astronomi seri è malvista. Unaperdita di tempo. Chi sono questi “astrofisici”? In genere giovani, fisici o chimici, non molto ver-sati nelle matematiche – per loro, forse, ossi un po’ duri – che inventano e sviluppano nuovi stru-menti, tentano molte cose, e spesso senza risultati apprezzabili. Va be’, diciamo che sonosperimentatori. Non c’è da meravigliarsi se sono portati a grossolanità di linguaggio e di me-todo. E sono pochi gli astronomi che lasciano la ben fondata scienza astronomica per questanuova disciplina concettualmente confusa.Già nel 1672, Newton aveva esplorato a fondo la natura dei colori attraverso i fenomeni descrittinell’Ottica (1704) e aveva dimostrato che «la luce del sole è una mescolanza eterogenea di raggi»separabili da un prisma di vetro, e che «ogni luce omogenea ha un colore proprio, corrispondentealla sua rifrangibilità, quel colore non può essere cambiato con alcuna riflessione o rifrazione». Laseparazione dei “raggi” componenti – i colori elementari – ottenuta con uno spettroscopio formagli spettri. Con la luce solare Newton ne produsse di 25 cm di lunghezza.Egli attribuì i colori ai fenomeni che colorano le lamine sottili e, purtroppo, le idee (preconcettesì, ma anche parte di quelle che permettono di aprire la nuova strada) di una grande personalitàscientifica sui fenomeni che esamina possono costituire impedimento per nuovi approfondimentiteorici, perché è facile farsi condizionare dal genio. E proprio la grande influenza newtoniana con-tribuì a ritardare l’acquisizione del fenomeno fondamentale della spettroscopia: la luce emessadagli oggetti luminosi è caratteristica degli atomi di cui è composto il materiale che costituisce glioggetti. Per arrivarci occorsero circa due secoli. Naturalmente le ragioni di ciò vanno cercate anchein aspetti pratici della ricerca; gli strumenti si affinano solo man mano che i problemi vengonochiariti, le richieste precisate e le relative nuove tecnologie messe a punto. Quest’ultime, a lorovolta, pongono problemi e suggeriscono indagini. Sviluppi scientifici impensabili vennero da stru-menti (il cannocchiale di Galilei, per esempio) che offrirono nuovi modi di guardare le cose.In realtà anche se le idee sulla natura dei colori non fecero alcun passo avanti, la prima parte del-l’Ottocento fu ugualmente ricca di risultati.Nel 1800 William Herschel scopre l’esistenza dell’“infrarosso” e nel 1801 Ritter quella dell’“ul-travioletto”. E nel 1802 Wollaston8, mettendo, all’entrata dello spettroscopio, una fenditura

    8 William Hyde Wollaston (1766-1828) astronomo, chimico e fisico inglese. Fece importanti studi di elettricità, di chimica e di elet-trochimica. Indagò gli spettri luminosi, ed è noto per aver scoperto due nuovi elementi: il palladio e il rodio.

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    molto stretta al posto del forellino usato da Newton, si accorge che lo spettro solare anziché con-tinuo è solcato da sette (incomprensibili) righe scure. Sempre nel 1802, Young, dopo aver inter-pretato il fenomeno dell’interferenza con la teoria ondulatoria della luce, ottiene la prima misuradi lunghezza d’onda della radiazione.Nel 1814 Fraunhofer, per misurare con maggior precisione la deviazione dei vari colori dello spet-tro solare introdotte dal prisma dello spettroscopio, usa, a valle del prisma, anziché direttamentel’occhio, un piccolo telescopio e, con meraviglia, constata che lo spettro non è solcato da setterighe scure bensì da “un quasi innumerevole numero di righe verticali forti e deboli”. Ne conta piùdi 600, fa disegni registrandone 324 e designa con le lettere da A ad H le otto più intense.[...] La storia dell’astrofisica continua e abbraccia lo studio degli spettri stellari e nel 1886 [...] ilgrande Otto W. Struve9 dichiara:«Finora, le ricerche astrofisiche sono ben lontane dagli standard di accuratezza scientifica del-l’astronomia classica, la quale, con la sua solida base matematica e col costante progresso sia nel-l’osservazione che nella teoria, giustamente occupa il primo posto tra le scienze sperimentali.Dio non permetta che l’astronomia sia portata fuori strada dal fascino esercitato dalle novità esi allontani dalla sua base essenziale, consacrata dai secoli e dai millenni».Vi è però anche chi […] non rifiuta ma sostiene o abbraccia la nuova disciplina. John Herschel,per esempio, che forse vede come astronomia, fisica e chimica potrebbero trovare un punto di in-contro nell’astrofisica. [...] Nel 1888 Langley 10 pubblica La nuova astronomia. Un titolo famoso. Nel 1609 l’aveva usato Ke-plero per il suo Astronomia nova. Langley lo usa proprio per sottolineare il fatto che quanto è suc-cesso nel XIX secolo è paragonabile a quanto era accaduto nel XVII secolo. Vero. È vero anche,purtroppo, perché, come quelle di Keplero, le scoperte dell’astrofisica sono di natura empirica,prive di un sostegno teorico che le giustifichi razionalmente. Ebbene, per diventare scienza matural’astrofisica dovrà aspettare lo sviluppo della chimica e della fisica. Il primo passo decisivo arriverànella prima parte del XX secolo, con la comprensione della struttura dell’atomo, il secondo, dopola metà del XX secolo, con l’indagine sui componenti del nucleo atomico e le particelle elementari.Proprio così, bisognerà capire l’atomo per comprendere le stelle e le particelle elementari per af-frontare il problema dell’universo”.

    MARIO RIGUTTI, Storia dell’astronomia occidentale l’universo sfuggente, Giunti, Firenze 1999

    9 Otto W. Struve (1819-1905) celebre astronomo tedesco di origine russa, ha lavorato con il padre all’osservatorio Pulkovo, il princi-pale osservatorio astronomico dell'Accademia Russa delle Scienze, situato circa 19 km a sud di San Pietroburgo. Alla ricerca di stelledoppie, ne scoprì circa 500, oltre a un satellite di Urano, misurò con grande precisione gli anelli di Saturno, studiò comete e nebulose.10 Samuel P. Langley (1834-1906) astronomo, esperto di aerodinamica e pioniere dell’aeronautica, è stato uno degli scienziati piùfamosi e rispettati della sua epoca. Ha lavorato negli Osservatori di Harvard e Allegheny e ha inventato il bolometro a calore-ra-diante, molto sensibile a variazioni minime di temperatura.

    Note biografiche

    Mario Rigutti

    Ha insegnato astrofisica all’università di Firenze, è stato ordinario di astronomia alla facoltà di Scienze dell’università diNapoli. Direttore dell’Osservatorio astronomico di Capodimonte e di quello di Collurania (Teramo) è stato presidente delGruppo nazionale di astronomia del CNR. È autore di circa 150 pubblicazioni scientifiche, testi per la scuola e numerosiarticoli di giornali e riviste.

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    D1 L’invenzione del Big BangSi deve continuare a vivere anche se il cielo ci è piombato addosso

    D. H. LAWRENCE, L’amante di lady Chatterley (1928)

    La citazione dello scrittore inglese è sorprendentemente appropriata per due avvenimenti che sisono verificati nel mondo occidentale fra il 1925 e il 1935: una crisi economica e una crisi co-smologica, entrambe tanto violente quanto imprevedibili – anche se, in realtà, erano già com-parse alcune crepe che preannunciavano delle rotture, di cui nessuno aveva compresol’importanza.Crisi economica: nell’ottobre del 1929, dopo un periodo di prosperità apparentemente duraturo,la Borsa americana di Wall Street subisce un crollo impressionante. La situazione economica eindustriale peggiora rapidamente e la crisi si estende all’insieme dei paesi industrializzati. Ve-dendo crollare da un giorno all’altro il loro universo finanziario, gli uomini d’affari si suicidanoa decine. I disoccupati sono milioni. Perché la situazione sociale si risollevi saranno necessariquasi dieci anni. Benché non sia altrettanto drammatica e riguardi soltanto il microcosmo dei fisici teorici e degliastronomi di spicco, la crisi della rappresentazione cosmologica, che si verifica simultaneamentee nello stesso intervallo di tempo, influenzerà senza dubbio di più la storia del pensiero umano.Questa crisi si è risolta, infatti, in ciò che l’epistemologo Thomas Kuhn11 chiama una rivoluzionescientifica: si ha una rivoluzione scientifica quando una teoria consacrata dal tempo e dall’espe-rienza viene abbandonata a favore di una nuova teoria. Kuhn ha osservato che, più gli anni pas-sano, più le teorie vengono considerate certe e cessano di essere sottoposte a un esame rigoroso.Accettate nel loro insieme, finiscono col costituire il paradigma di una scienza – un consenso chediventa dottrina. Di conseguenza le discipline scientifiche si fanno difficilmente sconvolgere dauna rivoluzione, dato che ognuna di esse è fondata su un insieme di conoscenze specifiche accu-mulate nel corso di numerosi anni di osservazione, di documentazione e di esperimenti fatti in la-boratorio. Nel campo della cosmologia, la fisica ha conosciuto soltanto tre rivoluzioni scientifiche:la rivoluzione copernicana-galileiana, la rivoluzione newtoniana e la rivoluzione relativistica.

    L’UNIVERSO C’È SEMPRE STATO? OVVERO LA COSMOLOGIA COME STORIA DELL’ORIGINE

    Oggi due frontiere della conoscenza della natura si sono avvicinate in modo inaspettato: la fisica delleparticelle elementari, che studia le fattezze intime della materia nell’infinitamente piccolo, e la cosmo-logia, che studia l’universo nel suo insieme ricostruendone la storia fino ai primi istanti della sua esi-stenza. Il segreto dell’origine delle galassie può essere svelato dalle particelle più elementari della materiae l’identità di queste ultime può essere rivelata, a sua volta, dalle osservazioni della luce che riceviamodal fondo dell’universo. Quando cerchiamo di ricostruire la storia dell’Universo scopriamo una piùampia e completa conoscenza dell’unità dell’Universo stesso: pare che solo ricongiungendo gli aspetti ma-croscopici e microscopici della natura se ne possa svelare il mistero.

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    11 Thomas Kuhn (nato a Cincinnati, Ohio nel 1922 e morto nel 1996), storico e filosofo della scienza statunitense, si è formato nel-l'ambito di studi di fisica, passando poi alla storia della scienza, pubblicando un’importante monografia sulla nascita dell'astrono-mia moderna (La rivoluzione copernicana, 1957, tr. it. 1972) e La struttura delle rivoluzioni scientifiche (1962, tr. it. 1969). Tra lealtre sue opere, vanno menzionate: Sources for History of Quantum Physics (1966) e Alle origini della fisica contemporanea (1978,tr. it. 1981).

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    [...] Sembra che le rivoluzioni scientifiche debbano per forza accompagnare altre rivoluzioni, chesiano sociali, politiche o economiche: perché si osi mettere in discussione la rappresentazione delmondo, spesso sono necessari grandi sconvolgimenti sociali. Al contrario, un cambiamento delparadigma scientifico provoca, in modo più sottile e più lento, le evoluzioni nel campo della fi-losofia e dell’estetica. Affermare la centralità del Sole contribuisce infatti a minimizzare l’im-portanza delle questioni terrestri o umane nell’ordinamento del mondo, cosa che non puòlasciare indifferente il pensiero filosofico e letterario.Se le rivoluzioni cosmologiche esercitano un influsso culturale così grande, è anche perché vannodi pari passo con una rielaborazione della fisica fondamentale. La rivoluzione copernicano-gali-leiana è sfociata nell’idea dell’unificazione della fisica terrestre e celeste, nelle leggi del moto deipianeti e ha influenzato la nascita stessa della meccanica. La rivoluzione cosmologica newto-niana, con il suo tempo eterno e il suo spazio infinito assoluto all’interno del quale si muovonogli astri sottoposti all’attrazione universale, accompagna l’enunciazione dei princìpi fondamen-tali della dinamica e la definizione delle forze.La rivoluzione cosmologica relativistica, ovvero la scoperta dell’espansione dell’Universo e il ri-conoscimento di una evoluzione del cosmo nel suo insieme a partire da una singolarità iniziale(chiamata oggi “Big Bang”), prende origine dalla teoria della relatività generale. Questa teoria, ela-borata nel 1915 da Albert Einstein e Davis Hilbert, modifica sostanzialmente i concetti di spa-zio, di tempo, di luce e di gravitazione. Nella sua versione attuale, la cosmologia relativistica sibasa anche, come preannunciato da Georges Lemaître già nel 1931, sull’altro grande pilastrodella fisica moderna: la meccanica quantistica che, descrivendo le interazioni tra particelle ele-mentari e onde elettromagnetiche, modifica i concetti della meccanica classica.Così il legame indissolubile esistente tra cosmologia e concetti fisici fondamentali non facilitala rapida assimilazione dei nuovi paradigmi cosmologici. Per quanto riguarda la rivoluzione co-smologica relativistica, ci sono voluti almeno trent’anni perché tra i fisici si cominciasse a creare,non dico l’unanimità, ma almeno un certo consenso.Le rivoluzioni scientifiche non sono sufficienti per il progresso delle conoscenze: bisogna chesiano seguite da periodi di rielaborazione, che permettano la decantazione, la stabilizzazionetemporanea e la riformulazione di nuove teorie. Tuttavia, l’immagine dell’evoluzione del-l’Universo offerta oggi dalla cosmologia è assai simile, nelle sue linee fondamentali, alloschema proposto inizialmente da Alexander Friedmann12 e, soprattutto, da Georges Lemaî-tre13. È stato dimostrato che l’origine delle grandi strutture cosmiche risiede effettivamentenelle disomogeneità di densità dell’Universo primordiale. Le tracce di queste irregolarità sonostate rivelate nel 1992 dal satellite di osservazione COBE (Cosmic Background Explorer). Nel 1998 si è aperta un’era di cosmologia osservativa di alta precisione, che ha permesso di de-terminare il valore dei parametri fondamentali dell’Universo con margini di errore minimi. Apartire da febbraio 2003, i dati del satellite Wilkinson Microwave Anisotropy Probe (WMAP)sulle fluttuazioni di temperatura della radiazione fossile14 confermano i modelli generali diBig Bang e permettono di determinare le caratteristiche essenziali (età dell’Universo, dina-

    12 Alexander Friedmann (1888-1925), matematico e fisico russo che nel 1921 trovò diverse soluzioni alle equazioni di Einstein tracui quella dinamica che corrisponde al Big Bang, prima che Hubble scoprisse la recessione delle Galassie.13 Monsignor Lemaître, Georges Edouard (1894-1966), astrofisico belga, deriva indipendentemente da Friedmann il modello di unUniverso dinamico in espansione. L'origine dello "spazio-tempo-materia" poteva essere secondo lui descritta utilizzando la ter-modinamica e la meccanica quantistica. Egli propose che l’inizio dell’universo si potesse pensare come la disintegrazione di ununico quantum che riuniva in sé tutta "l'energia-materia" dell'Universo in uno stato di massimo ordine (cioè con entropia). Que-sto quantum fu battezzato da Lemaître: «atomo primitivo».14 Radiazione cosmica di fondo.

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    mica temporale, geometria spaziale, contenuto energetico) con la stupefacente precisione diqualche centesimo.Contemporaneamente, alcune intuizioni di Lemaître, a lungo trascurate, se non dimenticate, si sonorivelate corrette – per esempio, il ruolo fondamentale giocato dall’energia nel vuoto quantistico15, sianel processo di nascita dell’Universo che nella fase di espansione accelerata che sembra sia in atto inquesto momento. Ormai non esistono più dubbi riguardo alla validità della teoria e delle osserva-zioni su cui si fondano i modelli cosmologici relativistici, anche se, qua e là, nella letteratura speciali-stica appaiono ancora critiche salutari – benché troppo velocemente rilanciate e amplificate dai media.Analogamente alle due precedenti rivoluzioni cosmologiche, la rivoluzione relativistica trascendeampiamente l’ambito dell’applicazione strettamente astronomica. Bisogna ammettere che si trattadella teoria scientifica più ambiziosa della storia. Come sottolinea Jacques Merleau-Ponty16, il co-mandamento del catechismo rivoluzionista “Non parlerai del Tutto” viene trasgredito in modoirreversibile. La cosmologia relativistica parla dell’Universo come di un sistema fisico sottopostoa leggi e messo a confronto con fatti sperimentali. Il sistema “Universo” gode tuttavia di uno sta-tus del tutto particolare: proprio per questo motivo la cosmologia, nonostante sia una brancadella fisica estremamente specialistica, ha la particolarità di essere incessantemente commen-tata e criticata da ricercatori appartenenti ad altri settori.

    JEAN-PIERRE LUMINET, L’invenzione del big bang. Storia dell’origine dell’Universo, Dedalo, Bari, 2006

    Note biografiche

    Jean-Pierre Luminet

    Astrofisico, conferenziere, scrittore e poeta francese, esperto di fama mondiale di buchi neri e di cosmologia. È direttoredi ricerca al CNRS, membro del Laboratoire Univers et Théories (LUTH) dell’osservatorio di Paris-Meudon. Nel 1979 è statoil primo a simulare le distorsioni ottiche causate dal campo gravitazionale di un buco nero, nel 1982 è stato tra i primi astudiare, con il fisico Brandon Carter, gli effetti del passaggio di una stella in vicinanza di un buco nero supermassivo, de-scrivendone gli effetti, in seguito osservati nel 2004 grazie ai satelliti Chandra e XMM-Newton.Qualche anno fa ha ideato, assieme a Weeks, Riazuelo, Lehoucq e Uzan, un interessante modello cosmologico, noto agliaddetti ai lavori come dodecaedro iperbolico di Poincaré, chiamato da Luminet “universo stropicciato”.

    15 Il vuoto torricelliano (o pneumatico) è inteso come assenza di materia-energia e corrisponde all’idea intuitiva di vuoto. Il vuotoquantistico, invece, è concepito come lo stato di minima energia di un sistema fisico, dal quale non è possibile transire verso statia energia inferiore.16 Maurice Jean Jacques Merleau-Ponty (14 marzo 1908-4 maggio 1961), importante filosofo francese del Novecento, di recenteal centro di un grande interesse per la ripresa del suo pensiero da parte di numerosi studiosi. Dal 1953 fu Ordinario di Filosofia alCollège de France.

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    E1 L’avventura della scoperta

    Ruiz LopezIl professor Rañada, nel suo articolo La fisica es divertida, afferma che «se una scienza non èdivertente, emozionante e stimolante, non può essere buona», e il professor Tsallis, nell’arti-colo Fisica, ¿por qué hacerla?, che «la teoria nasce dall’immaginazione e il primo passo hasempre a che vedere con la fantasia». Da queste affermazioni ci sembra di capire che per «farescienza» non bastano l’analisi e la dimostrazione, ma sono necessarie anche l’intuizione e l’af-fezione. Volete dire che questi atteggiamenti sono parte della dinamica della ragione?

    Fernàndez-Rañada

    Un punto di vista comune è che la scienza è sostenuta da una specie di automatismo che la rendefredda e lontana per il grande pubblico. Invece, la scienza consiste in uno sguardo intelligente ecapace di meravigliarsi. Lo stupore è ciò che sostiene la curiosità intellettuale, come riconobberoi greci nel simbolizzare la saggezza nella civetta di Minerva, con occhi smisuratamente aperti. Ilpositivismo del secolo XIX volle affermare il contrario – non c’è più un luogo per lo stupore – cer-cando di incapsulare tutto in un sistema di equazioni. Però questa posizione non regge: ogniprogresso della scienza implica la scoperta di un nuovo mistero e ogni scoperta rende manifestoche esiste un “velo” che si sposta sempre più in là.

    Tsallis

    …Einstein diceva che «ciò che è più incomprensibile dell’Universo è che esso è comprensibile». Esi-ste un vincolo profondo tra l’io e la realtà; così recentemente uno scienziato francese, che si de-dica a un argomento di grande attualità, in che modo funziona il cervello, aggiungeva: «e ciò cheè più incomprensibile di questo incomprensibile è che sembra che noi possiamo comprenderecome comprendiamo». …senza intuizione, usando solo procedimenti deduttivi, non ci sarebbero veri progressi scienti-fici. Il metodo deduttivo consiste nel partire da alcune premesse che possono rivelare conse-guenze inaspettate da uno schema già esistente. Per esempio, data una corda che circonda laTerra sull’equatore, vogliamo sapere quanta corda in più serve per fare lo stesso giro a un metrodi altezza sopra la superficie. Date le dimensioni della Terra si potrebbe rispondere: molti metri,forse più di mille. La risposta invece è circa sei metri: il perimetro di un cerchio è π volte il dia-metro; per cui se il diametro aumenta di due metri, il perimetro aumenta di 2π indipendente-mente dalle dimensioni del cerchio di partenza. Questa risposta può andare contro l’intuizione,però è facilmente deducibile. Ciò nonostante i grandi progressi sono sempre induttivi…

    Bersanelli

    …Un atteggiamento di stupore è decisivo per qualsiasi conoscenza ed è un fenomeno affettivo che

    IL METODO SCIENTIFICO E LA SCOPERTA DELLA REALTÀ

    Incontrare il reale in modo significativo significa compiere un’esperienza di bellezza profonda, che vaben oltre il “sentimento” o l’emozione fugace. Questo dibattito tra fisici di diverse nazionalità, il brasi-liano Constantino Tsallis, lo spagnolo Antonio Fernàndez-Rañada e l’italiano Marco Bersanelli, svol-tosi presso l’Universidad Complutense di Madrid, è ricco di spunti che insegnano a capire la genesiprofonda dell’innovazione in campo scientifico.

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    muove la ragione. Succede la stessa cosa nello studio: è difficile, o impossibile studiare, e quindiconoscere, qualcosa di estraneo, che non interessa per niente la persona. Inoltre, non solo l’inizio, ma ogni passo del percorso della ricerca richiede un fascino e un’at-trattiva per l’oggetto dell’indagine. Per questo non è adeguata la riduzione della ragione al suoaspetto logico-deduttivo…

    Ruiz Lopez...citando Tsallis «Lo scienziato è un sognatore, desidera l’impossibile, desidera trovare unalegge valida sempre, in ogni luogo». Tuttavia, per ciò che conosco di voi, so che siete piena-mente coscienti che davanti a voi sempre ci sarà un oceano infinito ignoto. Perché, allora con-tinuate a cercare?

    Fernàndez-Rañada

    La domanda è un atteggiamento profondamente umano, è ciò che definisce l’umano anche difronte a ciò che è già noto; è ciò che permette di continuare a meravigliarsi in un cammino di sco-perta sempre nuovo. Mai potremmo fare a meno delle domande. Sapete come Einstein intuì per la prima volta la teoria speciale della relatività? Quando era an-cora un bambino e mentre aspettava un treno nella stazione, guardando l’orologio, si chiese cosasarebbe successo se si fosse allontanato così rapidamente da «cavalcare il raggio di luce» che glifaceva arrivare l’immagine dell’orologio. Sarebbe stato come se l’immagine fosse rimasta fissa,cioè il tempo si fosse paralizzato. E l’antica domanda che aveva provocato la disputa tra Platonee Democrito sui costituenti della materia, idee o atomi, è stata resa prepotentemente attualedalla fisica quantistica.

    Tsallis

    …la soddisfazione dello scopritore non dipende dal livello di conoscenza acquisito rispetto allacomprensione, totale o nulla, di un problema, ma dal “salto” che ha favorito, dalla novità sco-perta. Di fronte all’infinito ignoto, il progresso dell’uomo non è legato alla “funzione scoperta”,ma ai “piccoli incrementi” di detta funzione. L’uomo è soddisfatto se procede rispetto al puntoin cui è, ma io non so dire perché.

    Bersanelli

    …esiste ancora una tendenza diffusa tra gli scienziati: l’illusione che la fisica possa arrivare a “de-nudare” completamente la natura. Questa posizione censura l’incombenza sempre presente del-l’imprevisto. Invece, nella storia della scienza, ogni grande scoperta è stata la premessa di unanuova domanda ogni volta più interessante: non c’è scoperta, per piccola che sia, che non illu-mini più in là di se stessa. La realtà è sempre più ricca di qualsiasi definizione. Mi sembra chel’aspetto più “misterioso” della scoperta sia l’esistenza, nell’ambito della scoperta stessa, di quelladomanda che ridesta la volontà di incontrare nuovamente e più profondamente la realtà. Cioè:la realtà ci conduce continuamente oltre se stessa.

    Fernàndez-Rañada

    …citando Bersanelli, è un mito pensare che possiamo arrivare a raggiungere una scienza definitiva,come pretende per esempio il premio Nobel nordamericano Steven Weinberg, una grande figuradella fisica delle particelle elementari. Nel suo libro Sogni di una teoria finale egli afferma che siamo giàvicini ad avere la conoscenza completa e totale delle leggi della natura. Questo è impossibile. Per esempio, per conoscere che cosa successe nel primo istante del Big Bang dobbiamo costruire un

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    acceleratore di particelle di misura infinita: è vero che si stanno costruendo acceleratori sempre piùgrandi, avvicinandoci sempre più a quel primo istante, però non lo conosceremo mai totalmente.

    Ruiz Lopez…citando Tsallis «lo scienziato incontra nella bellezza della scoperta una prova inconfutabiledella sua veridicità». E citando Bersanelli la scoperta scientifica è «spettacolo di un nuovo sce-nario che si ha il privilegio di ammirare e di comunicare»...

    Fernàndez-Rañada

    Non si può sempre dire che ogni teoria bella è vera. Lungo tutta la storia della scienza conosciamoteorie molto belle che finirono per dimostrarsi false; però è vero che è un buon indizio. Per esem-pio, pensiamo a Pitagora quando elaborò le sue teorie sui numeri. O a Dirac (lo scopritore delladelta che porta il suo nome e della teoria relativistica elettronica) quando diceva che «è più im-portante dare bellezza alle equazioni del fatto che rispondano esattamente ai risultati sperimen-tali». Il grande Richard Feynmann sentiva un’emozione profonda di fronte alle leggi della natura,che classificava addirittura religiosa. E chiese ai suoi colleghi un silenzio contemplativo nell’istantein cui si ebbe, mediante il microscopio elettronico, la prima «visione» degli atomi.

    Tsallis

    …l’importanza della bellezza è tale che, in pratica, su di essa si pongono le basi di un metodo dilavoro. C’è una corrispondenza profonda tra la bellezza e la verità, così come c’è una profondaconnessione tra la scienza e l’arte. Per esempio, formulando la sua teoria della Relatività Gene-rale, Einstein aveva previsto che la luce proveniente da una stella, passando vicino al Sole, dovevasubire una piccolissima deflessione. Si fecero esperimenti in Brasile e in Sud Africa per verificarequesta previsione. I primi risultati del Brasile non confermarono la teoria. Einstein allora disse:«l’esperimento è sbagliato, perché la teoria è troppo bella per essere falsa». Effettivamente, era sbagliato; i risultati del Sud Africa confermarono la sua previsione con unaprecisione straordinaria! Un matematico indù che è mio amico e con il quale scambio informa-zioni tramite posta elettronica piene di equazioni, è solito dirmi: «questa equazione non sembrasufficientemente elegante». Arriva un momento in cui la forma e il contenuto incominciano aconfondersi. Perché è così? So che è così, ma perché? John Keats diceva: «La Bellezza è Verità e laVerità è Bellezza». Io non so esattamente in che cosa consista la bellezza, ma mettetemi davantiuna bella donna e la riconoscerò.Provo a spiegarmi partendo da un esempio. Noi percepiamo il mondo in tre dimensioni o, intutto, quattro, se teniamo in conto il tempo. Immaginiamo che io debba uscire da un carcere incui sono rinchiuso. Se questo carcere fosse un cerchio (due dimensioni), potrei uscire utilizzandola terza dimensione (l’altezza). Se ora il carcere fosse una stanza, potrei immaginare di uscireusando la quarta dimensione (il tempo), aspettando che prima o poi il carcere smetta di esisteree io ne sia già fuori. Però nessuno può immaginare di uscire dal carcere se fissiamo il tempo.Cioè: noi percepiamo in tre più una dimensioni. Non sappiamo se l’Universo è realmente così,però noi lo percepiamo così. Perché lo percepiamo in tre più una dimensioni? La spiegazione po-trebbe essere che percepiamo grazie alla forza elettromagnetica e questa interazione funziona inquattro dimensioni. Se percepissimo per interazioni gravitazionali in più di dieci dimensioni,potremmo forse percepire altre cose. La fisica dunque è lo studio di ciò che l’uomo può percepiredella verità ultima e non lo studio della verità ultima.Allora: come noi percepiamo la bellezza e la verità in una stessa forma, per interazione elettro-magnetica, questo potrebbe spiegare l’intima connessione tra le due di cui parlavo prima. La cosa

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    certa è che il bello provoca in noi una certa sensazione di armonia. Così un’equazione quando ènella sua forma bella, quando è “elegante”, non solo riflette adeguatamente gli esperimenti (po-trebbe farlo ugualmente senza essere bella), ma in più, nello stesso momento, è pronta per esserequalcosa di più grande.

    Bersanelli

    Possiamo discutere quanto vogliamo riguardo ai limiti che noi o la realtà stessa impongono allaconoscenza, però è certo che la realtà si disvela alla coscienza: questa è l’avventura della scoperta.Non solo per la genialità personale, ma anche grazie a una serie di circostanze favorevoli. Ognipasso avanti è fonte di allegria perché, come si diceva, è “inconcepibile” che l’Universo si lasci co-noscere, che esista un vincolo profondo tra il mio io e la realtà, fosse anche un solo “pezzo” dellarealtà; da qui l’allegria della scoperta. Però la gratitudine è qualcosa di più e di diverso dell’alle-gria, perché la gratitudine esiste solo verso le persone: implica il riconoscimento tanto del sog-getto che conosce la realtà quanto di chi “fa” le cose in questo momento. Questa gratitudinecostituisce il modo naturale di abbordare la realtà. Se mio figlio riceve come regalo una biciclettamolto più bella di quanto mai avrebbe sognato, può fare due cose: portarsela in giardino e salircio, un secondo prima, chiedersi da dove viene e da chi proviene. Se ha scelto questa seconda op-zione e si è fatto questa domanda, tratterà meglio la bicicletta. Allora: la gratitudine, o almenoun accenno di gratitudine, nasce insieme alla domanda; chi fa una scoperta non solo è contento,ma sente il bisogno di ringraziare. E desidera comunicarla perfino ai colleghi più antipatici, an-cora prima di avere elaborato la risposta completa.

    Tsallis

    Effettivamente, si ha una sensazione strana quando si scopre qualcosa. Non c’è nessun merito odemerito nell’essere intelligente come nell’essere rozzo, così come non c’è merito né colpa nel-l’essere bello o nell’essere brutto. È vero che per fare scienza c‘è bisogno di una certa intelligenza,però può essere che qualcuno scopra qualcosa che altre persone molto più intelligenti non hannopotuto scoprire pur lavorandoci sopra. L’intelligenza, la bellezza, la scoperta sono in ultimaistanza doni inaspettati: per questo, nell’ambito scientifico, il talento non potrà mai giustificarel’arroganza.

    Ruiz Lopez

    Ciò che avete appena detto mi suggerisce che tutti i fatti grandi nella vita, come le scoperte piùsignificative e importanti, accadono spesso in modo imprevisto.

    a cura di GUIOMAR RUIZ LOPEZ, in Emmeciquadro, n. 12, agosto 2001

    Note biografiche

    Constantino Tsallis dirige un gruppo di ricerca di Fisica Statistica al Centro Brasiliano di Ricerca Fisica (CBPF). Le sue ri-cerche si sono sviluppate in molti campi; ha generalizzato la termodinamica statistica di Boltzmann in quella che oggi èchiamata “statistica di Tsallis”.

    Antonio Fernàndez-Rañada insegna Fisica Teorica presso l’Universidad Complutense di Madrid (UCM). Ha svolto la suaattività di ricerca nel campo della Fisica teorica delle particelle elementari presso l’Università di Parigi.

    Marco Bersanelli insegna Astrofisica presso l’Università degli Studi di Milano. La sua ricerca si è sviluppata nel campodella Cosmologia presso il CNR e presso l’Università di Berkeley. È tra i responsabili del progetto spaziale Planck dell’ESA.

    Guiomar Ruiz Lopez insegna Matematica presso la Escuela Universitaria de Ingenierìa Tecnica Aeronautica dell’Universi-dad Politècnica di Madrid. È membro della Asociacion para la Investigacion y la Docencia Universitaria.

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  • F1 Verità e scienza: l’esperienza di un astrofisico

    Marco Bersanelli, docente di Astronomia e Astrofisica presso l’Università di Milano, si presentainnanzitutto come uomo appassionato del suo lavoro.Questa passione è uno dei dati che immediatamente saltano all’occhio durante l’incontrocon il professore, avvenuto a Camplus Lingotto lunedì 10 dicembre. Il pubblico è formatoin gran parte da studenti, non solo di Fisica, ma anche di materie tecniche e umanistiche.Tutti vengono toccati in prima persona da una lezione interessante non solo sul pianoscientifico, ma anche sul piano umanistico… o meglio, su quello generale dell’umano, per-ché rimanda, anche attraverso frasi di grandi uomini di cultura, poesie, quadri e fotografie,alla bellezza e al significato delle cose… che interessano tutti, non solo gli appassionati distelle.

    Lo stupore, principio di ogni ricerca

    La lezione inizia con un excursus sul passato, in cui emergono i tentativi umani di conoscere e rap-presentare il cosmo. È importante chiedersi qual è la direzione della ricerca umana: la verità dellecose, appunto.Una delle parole chiave della ricerca umana è appunto lo stupore, perché «Chi ha raggiunto lostadio di non meravigliarsi più di nulla dimostra semplicemente di aver perduto l’arte del ra-gionare e del riflettere» (Max Planck). A ogni conoscenza dell’uomo, infatti, si accompagna uninsondabile mistero, che fa nascere nuove domande e chiama ad addentrarsi in nuove profonditàe nuovi misteri. In questo senso, la tensione alla verità, in chi si occupa di ricerca scientifica, nonè un residuo infantile, ma è il nobile tentativo di trovare il nesso tra le cose.

    Molta osservazione e poco ragionamento

    Tuttavia l’uomo che vuole cercare veramente la verità, oltre che capace di stupore, deve essereanche capace di osservazione. Bersanelli – e qui si nota l’uomo docente – afferma che la maggiorparte degli errori dei suoi studenti non è dovuto a un difetto di ragionamento, ma a una inca-pacità di osservazione. Paradossalmente – aggiunge, citando Alexis Carrel18 – «osservare è menofacile che ragionare. È risaputo che scarse osservazioni e molti ragionamenti sono causa di errori.Molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità».Il rischio dello scienziato è quello di perdersi nel ragionamento astratto allontanandosi concet-tualmente tanto da non poter verificare il risultato. L’esperimento – altra parola chiave della ri-cerca – è dunque la prima osservazione attraverso cui si cerca di semplificare il dato che si presentanella realtà.

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    INCONTRARE GLI SCIENZIATI

    Il 10 dicembre 2007 al Camplus Lingotto17 si è tenuto il primo incontro del ciclo tematico Il sensodella verità. Ospite della serata il prof. Marco Bersanelli, docente di Astronomia e Astrofisica.

    F

    17 Camplus Lingotto è una residenza universitaria, situata al quarto piano del Lingotto, che nasce dalla sinergia di Comune di To-rino, Università e Fondazione Pier Giorgio Falciola, allo scopo di utilizzare al meglio l’eredità delle Olimpiadi 2006.18 Alexis Carrel (1873-1944), medico chirurgo, biologo e fisiologo francese, premio Nobel per la Medicina e la fisiologia del 1912.

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    Saper cogliere l’imprevisto

    Le scoperte degli scienziati – alcune delle quali vengono illustrate dal professore con fotografiee immagini – possono avvenire anche per caso. Ma – come dice Beveridge19 – «la casualità favori-sce solo coloro che la sanno corteggiare»: è un merito saper cogliere l’imprevisto, e registrarlocome scoperta senza farsi bloccare e vincere dal pregiudizio. Spesso infatti noi cadiamo vittime dei nostri schemi, e non abbiamo la disponibilità a guardarequello che la realtà ci presenta davanti (di nuovo… un problema di osservazione!). Tra gli esempipiù interessanti di scoperte “casuali” vi è quella della radiazione cosmica di fondo, che valse ai duescienziati Penzias e Wilson il Premio Nobel per la Fisica nel 1978.

    La piccolezza dell’uomo di fronte alla vastità dell’Universo

    L’incontro si chiude con una interessante osservazione: noi conosciamo appena il 4% dell’Uni-verso, eppure dobbiamo tener presente che «la cosa più incomprensibile dell’Universo è che essosia comprensibile» (Einstein). Ed è comprensibile proprio dalla mente umana, che avverte al con-tempo questa grande sproporzione tra la piccolezza dell’uomo e l’immensità del cosmo. Anchequesto mistero apre altre domande sulla nostra origine e la verità di noi stessi… si tratta di do-mande che l’uomo non può eludere.Nel vivo dibattito che segue, emerge l’esperienza personale di Bersanelli, che ricorda come – nelloscoprire il proprio talento e nel coltivare la sua inclinazione – siano stati determinanti alcunigrandi maestri di fisica, ma anche maestri di vita. Tra le sue imprese menziona due missioni alPolo Sud e il Progetto PLANCK, cui partecipano circa 400 scienziati di tutto il mondo, che pre-vede nei prossimi mesi il lancio di un satellite per sondare le infinite prospettive spaziali.Alla domanda sincera di uno studente di fisica – «Come fare quando la passione per la fisica va-cilla o incontra la difficoltà oggettiva dello studio?» – il nostro astrofisico risponde che se unosi lascia condurre dagli aspetti che lo affascinano, la spinta affettiva aumenta. Questo non si-gnifica che non possano presentarsi momenti di aridità e di fatica. Il punto è non sottrarsi al-l’attrattiva di ciò che ci affascina, e guardare – anche nei momenti di difficoltà – chi quellaattrattiva la vive più di noi, e in modo più vero.

    Desiderare di conoscere e di comunicare

    Il richiamo finale interpella anche gli studenti di Camplus: la conoscenza è un fatto comunita-rio. Non a caso quando l’uomo fa un scoperta sente il bisogno impellente di comunicarla, ed ètriste fin quando non ci riesce.Il desiderio di conoscere la verità delle cose, e il desiderio di comunicare le proprie scoperte, sonocaratteri distintivi dell’essere umano: si tratta di una grande possibilità per ciascuno, possibilitàche, nell’esperienza di Camplus, può fiorire in una dimensione comunitaria. Ma questo può av-venire soltanto se uno, liberamente, decide di mettere in gioco la propria libertà… una sfida di cuiBersanelli ci ha dato un appassionato e appassionante esempio.

    a cura di CHIARA MICHELIS,http://www.camplus.it/cultura-e-tempo-libero/eventi-e-news/eventi/verita-e-scienza-lesperienza-di-un-astrofisico/

    19 William Henry Beveridge (Rangpur 1879 - Oxford 1963). Economista inglese. Legò il suo nome a un piano (elaborato in duerapporti, del 1942 e del 1944) che prevedeva l'assistenza sanitaria gratuita e l'estensione della previdenza sociale ai ceti menoabbienti. Ispirò la legislazione sociale del governo del laburista Attlee. Deputato liberale, fu nominato lord nel 1946.

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  • 2 La Via Lattea e le stelle: l’esplorazione del cielo da Herschel a Hubble

    Alla fine del Settecento gli astronomi erano convinti che l’Universo fosse costituito solo dallestelle della Via Lattea, mentre alla fine dell’Ottocento avevano ormai scoperto che la nostraè solo una di molti miliardi di Galassie che occupano uno spazio la cui profondità si misurain miliardi di anni luce. Questa rivoluzione nella comprensione del cosmo e del posto chel’uomo vi occupa è avvenuta in meno di un secolo grazie alla costruzione di telescopi sem-pre più potenti e alla scoperta di “nuovi modi” di guardare il cielo. La storia dell’esplora-zione del cielo narra la passione di uomini affascinati dalla bellezza dell’Universo e il loroduro lavoro di osservazione. Pochissimi pionieri all’inizio, e in fondo ancor oggi un numerorelativamente esiguo di ricercatori, scrutano il cielo con perseveranza e ingegno utilizzandoocchi sempre nuovi e più sensibili, dai grandi telescopi rifrattori del XVIII secolo agli attualitelescopi spaziali. Quale è il motore di questa ricerca?All’inizio l’astronomia era di supporto alla geografia e alla navigazione. Gli astronomisvolgevano un lavoro mirato soprattutto a attività pratiche, come la costruzione di se-stanti ed effemèridi (tavole numeriche che forniscono le coordinate degli astri) utili perl’individuazione di latitudine e longitudine sulla terraferma o in mare aperto. Con l’av-vento dei telescopi e della scienza moderna, le osservazioni sono state sempre più miratealla comprensione di fenomeni e sorgenti celesti da un punto di vista fisico. Wilhelm Her-schel (1738-1822) fu uno dei primi astronomi ad avventurarsi alla scoperta del cielo pro-fondo. A questo scopo costruì telescopi riflettori di grande diametro, molto potentiotticamente anche se poco precisi, con cui raccogliere anche il più tenue bagliore emessodagli astri lontani. Herschel scandagliò una grande quantità di debolissime stelle e provòa ricostruire la forma della Via Lattea e a misurarne l’estensione, che gli si rivelò immensa.Scoprì nuovi oggetti celesti nebulosi e diffusi dalle strane forme e si chiese se potesseroessere considerate stelle. Nell’Ottocento, seguendo la via aperta da Herschel, molti astro-nomi “dilettanti” costruirono grandi telescopi riflettori, di cui il Leviathan1, dotato di unospecchio di ben 1,8 metri di diametro, è il più celebre, soprattutto perché svelò sorgentie strutture mai viste prima, tra cui la forma a spirale di alcune nebulose, che oggi sap-piamo essere galassie esterne alla nostra. L’avvento dei grandi telescopi riflettori combi-nato con l’introduzione della montatura equatoriale e delle lastre fotografiche qualestrumento di acquisizione delle immagini fecero fare nuovi passi decisivi alle osserva-zioni astronomiche.Ma c’era una domanda alla quale all’inizio del XIX secolo ben pochi avrebbero scommessodi poter dare una risposta: di cosa sono fatte le stelle? Come spesso accade, la risposta giunsequasi casualmente. In un laboratorio dell’Università di Heildelberg, Robert Bunsen e Gu-stav Kirchhoff conducevano studi sulla composizione delle acque minerali per analizzarnechimicamente i sali. Kirchhoff suggerì di bruciare i sali su una fiamma e osservarli con unospettroscopio. Si rese conto che la luminosità si concentrava a lunghezze d’onda ben precise,

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    1 Telescopio a specchio di tipo “composito”, più specchi montati su un unico supporto, costruito da William Parson, conte diRosse, nobile e ricchissimo inglese. La costruzione del telescopio nel parco di una sua villa di Birr, in Irlanda ebbe inizio nel1842-43 e fu completata nel 1845. Era lungo 16,76 m., e lo specchio aveva un diametro di m. 1,83 e pesava 3808 kg. Nonper nulla fu soprannominato “il Leviatano”.

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  • caratteristiche dell’elemento osservato. Nacque così la possibilità di analizzare chimicamentequalsiasi sorgente luminosa, mediante la spettroscopia, aprendo la strada alla possibilità disvelare quale fosse la composizione chimica delle stelle! La grande meraviglia fu scoprire chela materia di cui sono fatte le stelle è la stessa materia che abbiamo sulla Terra. Fu questo unmomento cruciale per la nascita di quella che poi venne chiamata “astrofisica”: lo studiodelle proprietà fisiche delle sorgenti, la loro composizione, la loro formazione ed evoluzione,la conoscenza dei meccanismi che stanno alla base dell’emissione della luce. E non solo allelunghezze d’onda visibili ai nostri occhi.All’inizio del Novecento la Via Lattea era indicata col termine “die Weltinsel”, ossia l’uni-verso-isola, ma molti segnali già indicavano che non fosse un’unica “isola” in un universoaltrimenti completamente vuoto e buio. Già nel 1920 un astronomo californiano, HeberCurtis, suggerì che le nebulose a spirale erano galassie parimenti alla Via Lattea. Ecco checi si mise alla caccia di informazioni su queste “nebulose extragalattiche”, con la caratte-ristica struttura a spirale, puntando telescopi sempre più potenti verso le zone più pro-fonde del cielo. Dopo il 1924 Edwin Hubble, grazie al nuovo telescopio di 100 pollici delMonte Wilson (allora il più grande telescopio del mondo), scattò fotografie di varie de-cine di nebulose extragalattiche e ne studiò accuratamente lo spettro (cioè la distribuzionedella luce emessa alle varie lunghezze d’onda). Nel 1929 fece la scoperta che aprì la stradaalla cosmologia moderna: si accorse che le galassie, quanto più sono lontane tra loro, tantopiù si allontanano velocemente le une dalle altre. In una parola: l’Universo delle galassienon è statico ma è in espansione. La “legge di Hubble”, che descrive questo fatto fonda-mentale dell’espansione cosmica, oggi è verificata fino ai confini dell’Universo osserva-bile, su distanze centinaia di volte superiori a quelle accessibili a Hubble. L’evidenzadell’espansione fu il primo dato formidabile per comprendere che l’Universo nel suo in-sieme non è statico ma è in evoluzione. Oggi i cosmologi hanno forti evidenze che l’Uni-verso ebbe inizio circa 14 miliardi di anni fa a partire da uno stato di altissima densità etemperatura.Nuovi modi di osservare il cielo portano nuove scoperte, che a loro volta aprono nuove do-mande. In meno di un secolo l’astrofisica ha svelato moltissimi fenomeni celesti: la strutturainterna delle stelle, la storia della loro vita, la natura e l’evoluzione della nostra Galassia, laVia Lattea, e delle galassie esterne. Oggi l’astrofisica non si limita all’osservazione della lucevisibile, ma si estende ben oltre, dalle onde radio fino ai raggi gamma. Una gran varietà di sor-genti peculiari sono state scoperte, come le pulsar, le stelle di neutroni e quasars, e proba-bilmente anche i segni di oggetti paradossali come i buchi neri. Negli ultimi decenni lastruttura e l’evoluzione dell’intero Universo sono state chiarite e svelate da formidabili os-servazioni ai confini dello spazio e del tempo osservabile.E, come sempre, questa storia non è finita, anzi i “problemi aperti” sono ancora molti e de-cisamente pieni di fascino.

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    A1 Short-lived Radioactivities in the early Solar System: Connections to the Interstellar Medium & Stellar Evolution in the Galaxy

    […] I miei amici Roberto Gallino e Maurizio Busso, con altri colleghi qui all’Università di Torino,mi hanno dato grande gioia e stimolo nelle nostre ricerche comuni su problemi di astrofisicanucleare o legati all’origine del sistema solare. Durante questi periodi intensi di ricerca ho im-parato e lavorato tantissimo. Rimane ancora molto lavoro, anche più importante, da compiere.Il mio primo vero contatto con uno scienziato italiano l’ho avuto seguendo le lezioni e i seminaridi Enrico Fermi all’Università di Chicago. Per me come per molti altri studenti, questo periodofu molto difficile. Enrico Fermi spiegava tutto con grande visione e semplicità. Durante le le-zioni, tutto sembrava chiarissimo. Ma dal momento in cui uscivamo dalla stanza, tutto quel chepensavamo di aver capito bene spariva! Analizzando questo fenomeno, concludevamo che la co-noscenza appena appresa sfuggiva dalla punta delle nostre dita mentre varcavamo la soglia dellaporta. Il rimedio doveva essere semplicissimo: occorreva solo uscire reggendo le mani in aria perimpedire quest’inesorabile perdita di conoscenza! In realtà, questo aiutò solo un po’. Quel cherimase sembra esser stato sufficiente perché io avessi l’onore di essere invitato qui a Torino. […]

    Estratto della lezione: versione italiana2

    C’è un piccolo, famoso dipinto di Salvador Dalí chiamato “La persistenza della Memoria”. Esso raf-figura degli orologi distorti drappeggiati su parti di un paesaggio che mostra scogliere rocciose,

    2 Questa sezione è preceduta nel testo originale da un paragrafo 1. Extended summary of the Lecture: English Version.

    UNA SCALA PER ARRIVARE FINO ALLE STELLE E ALLE GALASSIE

    La conoscenza delle stelle è certamente uno degli aspetti più affascinanti dello studio della natura. Perrispondere alla semplice domanda: che cos’è una stella? non basta osservare il cielo, occorre mettere ingioco tutta la conoscenza fisica e chimica del reale, partendo da indizi in apparenza poco attinenti allestelle, come ad esempio la presenza di nuclei radioattivi a breve vita media in alcune rocce della Terra.Strana storia, che indica una fondamentale posizione dello scienziato: uno sguardo chiaro e una menteaperta a cogliere ogni indizio nel reale, anche quello più apparentemente insignificante o imprevisto,lontano dagli schemi mentali applicati al problema cui si sta cercando di dare risposta.La scoperta che la materia di cui sono fatte le stelle è la stessa di cui è fatta la Terra ha rivoluzionato ilmodo di osservare il cielo e ha permesso all’uomo di conoscere sempre più in profondità la natura deicorpi celesti. Inoltre l’uso di telescopi sempre più potenti ha permesso di scavare sempre più in profon-dità nello spazio e nel tempo. “Tenere” questo sguardo chiaro e la mente spalancata non è ovvio né immediato. Tanto che, da soli, forseè impossibile. Tuttavia seguendo “grandi maestri”, come Enrico Fermi, nella tensione a non “perderenulla” di quanto essi ci mostrano e ci trasmettono, si può imparare a “trattenere ciò che basta” perchéle stelle ci siano sempre più vicine e familiari, cioè comprensibili. Tutta la storia della scienza racconta storie come questa: questi tratti non sono solo caratteristici dellostudio delle stelle, ma sono indispensabili requisiti per comprendere la realtà che ci circonda. La scalaper raggiungere le stelle sono le rocce che stanno sotto i nostri piedi.

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    il mare e il cielo. Dallo studio di variazioni delle abbondanze isotopiche in rocce antiche, spessodisturbate, è stato possibile stabilire la presenza di alcuni nuclei radioattivi di breve vita medianei meteoriti, nella Terra e nella Luna. Verranno presentate alcune prove dell’esistenza di questinuclei radioattivi in rocce formatesi nel Sistema Solare primordiale e si mostrerà come esse ser-bino la memoria di eventi e processi antichi. Ciò costituisce una chiave per la comprensione dieventi rapidi che portarono alla formazione del nostro Sistema Solare, all’evoluzione della nostragalassia, e all’evoluzione di altre galassie dopo il Big Bang. Queste radioattività forniscono ancheindizi sulla formazione e l’evoluzione dei pianeti nel nostro Sistema Solare. L’approccio fonda-mentale è basato sullo sviluppo e l’applicazione di tecniche di spettroscopia di massa di alta pre-cisione e sensibilità, su una raffinata micro-chimica ultra-pulita e sulla selezione e preparazionedi campioni extraterrestri. Lo schema concettuale è fondato sulle teorie dell’astrofisica nucleare,sviluppate pionieristicamente da Burbidge, Fowler e Hoyle e da A. G.W. Cameron. La grande arenasi estende dall’evoluzione cosmica a partire dal Big Bang, attraverso vari stadi di evoluzione stel-lare e fino ai meccanismi di accrezione del Sistema Solare e di formazione dei pianeti. I modelliteorici di nucleosintesi stellare per stelle di piccola massa, sviluppati in modo pionieristico spe-cie qui a Torino, hanno consentito di ottenere predizioni specifiche sulla produzione degli ele-menti. Tutti questi studi hanno portato alla comprensione che il Sistema Solare si formò a partireda materiali sparsi nel mezzo interstellare, attraverso un collasso con tempo scala di meno di 106

    anni3 , la rifusione di pianeti formatisi rapidamente, e la formazione successiva della Terra.Usando modelli teorici e la memoria persistente dei nuclei di breve vita media, fu possibile guar-dare indietro per definire la natura dei nostri predecessori stellari e dei processi cosmici su piùlarga scala coinvolgenti le supernovae e il comportamento delle “fabbriche di nuclei” durante leprime fasi della nostra galassia. Ora appare possibile, sulla base dell’unione di osservazioni astro-fisiche e di inferenze isotopiche4 (fortemente radicate qui a Torino), stabilire il tasso di forma-zione delle galassie nei primi tre miliardi di anni a partire dal Big Bang. Questa scienza scaturisceda piccole porzioni della tavola periodica e si espande a una visuale di grande scala che collegale rocce, la fisica nucleare, l’astronomia e la cosmologia. […] Per concludere, penso che la maggior parte del mio discorso assomigli a una storia di ItaloCalvino, che ha abitato a Torino per tanto tempo. Calvino scriveva favole meravigliose che a voltesembravano una specie di “finzione scientifica”: una scala mitica per salire fino alla Luna quandoera più vicino alla Terra e, come vi ho appena detto, una scala per salire fino alle stelle e Galassiequando erano più vicine anche loro. Come diceva Galileo Galilei, sono questi i nostri sforzi perleggere ciò che è scritto “in quel grande libro che è l’Universo”.

    GERALD JOSEPH WASSERBURG, lectio magistralis per il conferimento della laurea honoris causa in fisica, in Memorie della Società Astronomica Italiana (ISSN 0037-8720), Vol. 72, N. 2, 2001

    3 Un collasso dovuto all’attrazione gravitazionale che è avvenuto in meno di un milione di anni.4 Informazioni sui nuclei legate allo studio degli isotopi radioattivi e stabili di un elemento chimico.

    Note biografiche

    Gerald Joseph Wasserbur