Lettura dell’Inamoramento de Orlando (o Orlando innamorato · Tradizione dei poemi carolingi in...

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Lettura dell’Inamoramento de Orlando (o Orlando innamorato)

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Lettura dell’Inamoramento de Orlando (o Orlando innamorato)

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Tradizione dei poemi carolingi in ItaliaIncipit di alcuni poemi /1 – Falconetto 1483

E prego el soprano creatoreEl qual coreze el mondo universo,La Madre, che per la sua gran dolceza,Ch’è corona de tute le creature,Possa a mi’ concede gratia a lo mio dire,Che eio possa cuntare de Carlo imperatoreE de li baroni con li paladiniSì come la gran guerra féno con li sarraziniE de Gaino traditore de Ponte’,Sì che sempre tradire li voleva.Carlo imperatore tutte le terreDa za e da là de mare signorezava;Tutta la Franza e la Mania e ogna castelloSignorezava quel signore bello.Lo re d’Ongaria e quello d’Ingalterra

Al suo onore tenevano le soe terreLa Galia e la Toscana e la LombardiaTenevano la fede de la so signoria.Lo re de Barbaria lo temevaE sexe muli caricati de oro oni ano ge donave

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Tradizione dei poemi carolingi in ItaliaIncipit di alcuni poemi /2 – Ancroia (1479)*

* NB La data si riferisce alla prima edizione a stampa conosciuta

Regina madre de lo eterno DioChe su la croce per noi fu chiavatoSignor de l’Universo giusto e pioClemente verbo santo immaculatoMisericordia del peccato mioNel qual mi veggio tanto invilupatoSe non m’aiuta tua gran signoriaVedomi al fondo dolce stella pia(I,1)

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Tradizione dei poemi carolingi in ItaliaIncipit di alcuni poemi /2 – Ancroia (1479)*

Signor trovato glio chel bon RinaldoFu al sepolcro co fratelli mandatoCon Saligozzo stette il baron saldoCh’era da più pagani assediatoCostanza sua mogliera per gran caldoSe inamorò di Rinaldo pregiatoe tanto lo tentò di tal affareChe Rinaldo con lei conven usare

La donna ingravidò d’un nobil figlioChe fu barone di molto ardimentoE era più fresco che rosa o giglioE più che Pallante a quel ch’io sentoAdorno e saggio di molto consiglioTal che chi’l vede ne restò contentoQuando Rinaldo partì da CostanzaUn bel anello gli donò per certanza.

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Tradizione dei poemi carolingi in ItaliaIncipit di alcuni poemi /3 – Trabisonda (1483)*

* NB La data si riferisce alla prima edizione a stampa conosciuta

Gano malvagio et impio traditoreQualto può nella mente si assottigliaPer far morir Rinaldo di valoreUn giorno con malitia il tempo pigliaE dice a Carlo mostrandoli amore«Signore attendi a chi ben ti consigliaAciò che possi ben firmar tuo statoE sotto ti sia ognun pacificato (I 11)

Deliberati imperador al tuttoDi far morire lo ladron RinaldoSpesso il tuo stato ello ha quasi distrutoCon lo voler di superbia caldoA grande estremitate e’ lo ha conduttoTe con tutti li tuoi come ribaldoMorto che lui sarà imperator veraceCristianità vedrai poi tutta in pace (I 12)

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Tradizione dei poemi carolingi in ItaliaIncipit di alcuni poemi /4 – L. Pulci, Morgante (1481)*

* NB La data si riferisce alla prima edizione a stampa conosciuta

Dodici paladini aveva in corteCarlo, e ‘l più savio e famoso era Orlando;Gan traditor lo condusse alla mortein Roncisvalle, un trattato ordinando,là dove il corno e’ sonò tanto forte:“dopo la dolorosa rotta quando...”,nella sua Comedìa Dante qui dice,e mettelo con Carlo in Ciel felice.

Era per pasqua, quella di Natale:Carlo la corte avea tutta in Parigi:Orlando, com’io dico, è il principale;èvvi il Danese, Astolfo ed Ansuigi;fannosi feste e cose trïunfale,e molto celebravan san Dionigi;Angiolin di Baiona ed Ulivieriv’era venuto, e ‘l gentil Berlinghieri.

Eravi Avolio ed Avino ed Ottone,di Normandia Riccardo paladino,e ‘l savio Namo e ‘l vecchio Salamone,Gualtieri da Mulione, e Baldovinoch’era figliuol del tristo Ganellone:troppo lieto era il figliuol di Pipino,tanto che spesso d’allegrezza geme,veggendo tutti i paladini insieme.

Ma la Fortuna attenta sta nascosaper guastar sempre ciascun nostro effetto.Mentre che Carlo così si riposa,Orlando governava in fatto e in dettola corte e Carlo Magno ed ogni cosa;Gan per invidia scoppia, il maladetto,e cominciava un dì con Carlo a dire:- Abbiàn noi sempre Orlando a obedire?

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Tradizione dei poemi carolingi in ItaliaIncipit di alcuni poemi /4 – L. Pulci, Morgante (1481)*

* NB La data si riferisce alla prima edizione a stampa conosciuta

Se ti ricorda, già sendo in Guascogna,quando e’ vi venne la gente di Spagna,il popol de’ cristiani avea vergognas’e’ non mostrava la sua forza magna.Il ver convien pur dir quando e’ bisogna:sappi ch’ognuno, imperador, si lagna.Quant’io per me, ripasserò que’ montich’io passai in qua con sessantaduo conti.

La tua grandezza dispensar si vuolee far che ciascuno abbi la sua parte;la corte tutta quanta se ne duole:tu credi che costui sia forse Marte? -Orlando un giorno udì queste parole,che si sedeva soletto in disparte:dispiacquegli di Gan quel che diceva,ma molto più che Carlo gli credeva.

Io ho creduto mille volte dirti:Orlando ha in sé troppa presunzione.Noi siàn qui conti, re, duchi a servirti,e Namo, Ottone, Uggieri e Salamone,per onorarti ognun, per obedirti;che costui abbia ogni reputazionenol sofferrem, ma siam deliberatida un fanciullo non esser governati.

Tu cominciasti insino in Aspramontea dargli a intender che fussi gagliardoe facessi gran cose a quella fonte.Ma se non fussi stato il buon Gherardo,io so che la vittoria era d’Almonte;ma egli ebbe sempre l’occhio allo stendardo,che si voleva quel dì coronarlo:questo è colui c’ha meritato, Carlo.

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Canto I i 1

1.Signori e cavalier che ve adunatiPer oldir cose diletose e nove,Stati atenti e quïeti, ed ascoltatiLa bela istoria che 'l mio canto move;E odereti i gesti smisurati,L'alta fatica e le mirabil proveChe fece il franco Orlando per amoreNel tempo del re Carlo imperatore.

Da notare Posizione del narratore che apostrofa il pubblico

Composizione del pubblico

Bella istoria/canto --> si mescola l’ambito della narrazione romanza con l’epica; rimando (anche) classico “canto”

La menzione del diletto e della novità

gesti smisurati,/ L'alta fatica e le mirabilprove: dimensione iperbolica tra romanzo ed epica

Amore viene menzionato nella prima ottava del testo: posizione enfatica e programmatica

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Canto I i 2Non vi para, signor, maravigliosoOdir contar de Orlando inamorato,Ché qualunque nel mondo è più orgoglioso,È da Amor vinto, al tuto e suiugato;Né forte bracio, né ardire animoso,Né scudo o maglia, né brando afilato,Né altra possanza può mai far diffesa,Che al fin non sia da Amor batuta e presa.

Da notare Uno dei titoli dell’opera è presente nella seconda ottava Orgoglio à Chanson de RolandNé forte braccio, né ardire animoso, eccNB anafora: la negazione ripetuta ribadisce (come col martello) il concetto; l’anafora scandisce un elenco in cui si nominano gli elementi fondamentali del cavaliere (e in particolare della sua forza)

1. Né scudo o 2. maglia, né vs Amor3. brando affilato,4. Né altra possanza

in molti contro uno; il contesto semantico rimane bellico

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Canto I i 33.Questa novella è nota a poca gente,Perché Turpino istesso la nascose,Credendo forsi a quel conte valenteEsser le sue scriture dispetose,Poiché contra ad Amor pur fu perdenteColui che vinse tutte l'altre cose:Dico de Orlando, il cavalier adato.Non più parole ormai: veniamo al fato.

Da notare Uno dei titoli dell’opera è presente nella seconda ottava Orgoglio à Chanson de RolandNé forte braccio, né ardire animoso, eccNB anafora: la negazione ripetuta ribadisce (come col martello) il concetto; l’anafora scandisce un elenco in cui si nominano gli elementi fondamentali del cavaliere (e in particolare della sua forza)

1. Né scudo o 2. maglia, né vs Amor3. brando affilato,4. Né altra possanza

in molti contro uno; il contesto semantico rimane bellico

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Canto I i - Rappresentazione del potere e della sovranità - Gradasso4. La vera istoria de Turpin ragionaChe regnava in la terra de Orïente,Di là da l'India, un gran re di corona,Di stato e di richeze sì potenteE sì galiardo dela sua persona,Che tutto il mondo stimava nïente:Gradasso nome avea quello amirante,Che ha cor di drago e membre di gigante.

6. Unde per tutto il suo gran tenitoroFece la gente ne l'arme asembrare,Ché ben sapeva lui che per tesoroNé il brando, né il corsier puote acquistare;Duo mercadanti erano coloroChe vendean le sue merce troppo care:Però destina di passare in FranzaEd acquistarle con sua gran possanza.

7. Cento cinquanta millia cavallieriElesse di sua gente tutta quanta;Né questi adoperar facea pensieri,Perché lui solo a combatter se avantaContra al re Carlo ed a tutti guerreriChe son credenti in nostra fede santa;E lui soletto vincere e disfareQuanto il sol vede e quanto cinge il mare.

5. E sì come egli avviene a' gran signori,Che pur quel voglion che non ponno avere,E quanto son difficultà maggioriLa desïata cosa ad ottenere,Pongono il regno spesso in grandi errori,Né posson quel che voglion possedere;Così bramava quel pagan gagliardoSol Durindana e 'l bon destrier Baiardo.

Ricchezza e potenzaGagliardiaTracotanza

La descrizione del potere si affianca al campo semantico del desiderio e dell’errore

Desiderio ed errore minacciano la salute pubblica

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Canto I i - Rappresentazione del potere e della sovranità – Carlo Magno8. Lassiam costor che a vella se ne vano,Che sentirete poi ben la sua gionta;E ritornamo in Francia a Carlo Mano,Che e soi magni baron provede e conta;Imperò che ogni principe cristiano,Ogni duca e signore a lui se afrontaPer una giostra che aveva ordinataAllor di maggio, alla pasqua rosata.

9. Erano in corte tutti i paladiniPer onorar quella festa gradita,E da ogni parte, da tutti i confiniEra in Parigi una gente infinita.Eranvi ancora molti Saracini,Perché corte reale era bandita,Ed era ciascaduno assigurato,Che non sia traditore o rinegato.

20. Quivi si stava con molta allegrezza,Con parlar basso e bei ragionamenti:Re Carlo, che si vidde in tanta altezza,Tanti re, duci e cavallier valenti,Tutta la gente pagana disprezza,Come arena del mar denanti a i venti;Ma nova cosa che ebbe ad apparire,Fe' lui con gli altri insieme sbigotire.

Elementi del potere che ritornano tra Gradasso e Carlo:1. Senso dell’altezza, valutazione

della propria fortuna2. Senso di superiorità

Il potere di Carlo è legato in maniera specifica alla presenza dei suoi paladini:

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Canto I i - Rappresentazione dell’errore – Orlando e Gradasso4. La vera istoria de Turpin ragionaChe regnava in la terra de Orïente,Di là da l'India, un gran re di corona,Di stato e di richeze sì potenteE sì galiardo dela sua persona,Che tutto il mondo stimava nïente:Gradasso nome avea quello amirante,Che ha cor di drago e membre di gigante.

30. “Ahi paccio Orlando!” nel suo cor dicia“Come te lasci a voglia trasportare!Non vedi tu lo error che te desvia,E tanto contra a Dio te fa fallare?Dove mi mena la fortuna mia?Vedome preso e non mi posso aitare;Io, che stimavo tutto il mondo nulla,Senza arme vinto son da una fanciulla.

5. E sì come egli avviene a' gran signori,Che pur quel voglion che non ponno avere,E quanto son difficultà maggioriLa desïata cosa ad ottenere,Pongono il regno spesso in grandi errori,Né posson quel che voglion possedere;Così bramava quel pagan gagliardoSol Durindana e 'l bon destrier Baiardo.

31. Io non mi posso dal cor dipartireLa dolce vista del viso sereno,Perch'io mi sento senza lei morire,E il spirto a poco a poco venir meno.Or non mi val la forza, né lo ardireContra d'Amor, che m'ha già posto il freno;Né mi giova saper, né altrui consiglio,Ch'io vedo il meglio ed al peggior m'appiglio.”

v Connessione tra desiderio ed errore/ deviazione v Rappresentazione della tracotanza, poi punita

55.Orlando grandemente avea temutoChe altrui non abbia la donna acquistata,Perché, come il fratello era abattuto,Doveva al vincitore esser donata.Lui de vittoria sta sicuro e tuto,E già li pare averla guadagnata;Ma troppo gli rencresce lo aspettare,Ché ad uno amante una ora uno anno pare.

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Canto I ii – Carlo senza i suoi paladini64. Quando il re Carlo intende tanto oltraggio,E di sua corte così fatto scorno,Turbato nella vista e nel coraggio,Con gli occhi accesi se guardava intorno.- Ove son quei che me dièn fare omaggio,Che m'hanno abandonato in questo giorno?Ov'è Gan da Pontieri? Ove è Rainaldo?Ove ene Orlando, traditor bastardo?

65. Figliol de una puttana, rinegato!Che, stu ritorni a me, poss'io morire,Se con le proprie man non t'ho impiccato! -Questo e molt'altro il re Carlo ebbe a dire.Astolfo, che di dietro l'ha ascoltato,Occultamente se ebbe a dispartire,E torna a casa, e sì presto si spaccia,Che in un momento gionse armato in piaccia.

v Si rappresentano le conseguenze della diaspora dei paladiniv Problema della sostenibilità di un potere che si fonda sulla forza dei paladini

62. Ogni om crede di certo che 'l sia morto,Perché l'elmo per mezo era partito,E ciascadun che l'ha nel viso scorto,Giura che il spirto al tutto se n'è gito.Oh quanto Carlo Magno ha disconforto!E piangendo dicea: - Baron fiorito,Onor della mia corte, figliol mio,Come comporta tanto male Iddio? -

63. Se quel pagano in prima era superbo,Or non se può se stesso supportare,Cridando a ciascadun con atto acerbo:- O paladini, o gente da trincare,Via alla taverna, gente senza nerbo!Io de altro che di coppa so giuocare.Gagliarda è questa Tavola Ritonda,Quando minaccia e non vi è chi risponda! -

v Amore vs guerra

<Astolfo> Stava molto atto sopra dello arcione,E somigliava a cavallier soprano;Ma color tutti che l'han cognosciuto,Diceano: - Oh Dio! deh mandaci altro aiuto! 67.Chinando il capo in atto grazïosoDavante a Carlo, disse: - Segnor mio,Io vado a tuor d'arcion quello orgoglioso,Poi ch'io comprendo che tu n'hai desio. -Il re, turbato d'altro e disdegnoso,Disse: - Va pur, ed aiuteti Iddio! -E poi, tra' soi rivolto, con rampognaDisse: - E' ci manca questa altra vergogna. -

v Rovesciamento delle aspettative: Astolfo

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Canto I iii – La rappresentazione del pubblico e la delusione delle aspettative

v Rappresentazione della reazione del pubblicov Verità e apparenza: confronto tra diverse versioni;

4. Or ne viene il pagano furïoso.Astolfo contra lui è rivoltato,Pallido alquanto e nel cor pauroso,Bench'al morir più che a vergogna è dato.Così con corso pieno e ruïnosoSe è un barone e l'altro riscontrato.Cadde Grandonio; ed or pensar vi lassoAlla caduta qual fu quel fraccasso.

5. Levosse un grido tanto smisurato,Che par che 'l mondo avampi e il cel ruini.Ciascun ch'è sopra a' palchi, è in piè levato,E cridan tutti, grandi e piccolini.Ogni om quanto più può s'è là pressato.Stanno smariti molto i Saracini;L'imperator, che in terra il pagan vede,Vedendol steso a gli occhi soi non crede.

v L’inganno autoptico

6. Nella caduta che fece il gigante,Perché egli uscì d'arcion dal lato manco,Quella ferita ch'egli ebbe davante,Quando scontrosse col marchese franco,Tanto s'aperse, che questo africanteRimase in terra tramortito e bianco,Sprizzando il sangue fuor con tanta vena,Che una fontana più d'acqua non mena.

7. Chi dice che la botta valorosaDe Astolfo il fece, ed a lui dànno il lodo.Altri pur dice il ver, come è la cosa.Chi sì, chi no, ciascun parla a suo modo.Fu via portato in pena dolorosaIl re Grandonio; il qual, sì com'io odo,Occise Astolfo al fin per tal ferita,Benché ancor lui quel dì lasciò la vita.

v La menzione della rotta e la connessione con la grande narrazione carolingia

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Canto I iii – Fonte di Merlino (Disamore)

32. Dentro alla selva il barone amorosoGuardando intorno se mette a cercare:Vede un boschetto d'arboselli ombroso,Che in cerchio ha un fiumicel con onde chiare.Preso alla vista del loco zoioso,In quel subitamente ebbe ad intrare,Dove nel mezo vide una fontana,Non fabricata mai per arte umana.

33. Questa fontana tutta è lavorataDe un alabastro candido e polito,E d'ôr sì riccamente era adornata,Che rendea lume nel prato fiorito.Merlin fu quel che l'ebbe edificata,Perché Tristano, il cavalliero ardito,Bevendo a quella lasci la regina,Che fu cagione al fin di sua ruina.

Fonte del Disamore• È in un locus amoenus, luogo letterario per eccellenza• A rafforzare la letterarietà del luogo, la menzione della

storia di Tristano, Isotta e il filtro d’amore.

35. Era il sole alto e il giorno molto caldo,Quando fu giunto alla fiorita rivaPien di sudore il principe Ranaldo;Ed invitato da quell'acqua vivaDel suo Baiardo dismonta di saldo,E de sete e de amor tutto se priva;Perché, bevendo quel freddo liquore,Cangiosse tutto l'amoroso core.

• L’acqua è “viva” perché ha un effetto su chi la beve, produce un cambiamento.

• Il liquore è freddo, perché spegne il fuoco amoroso e raffredda gli animi innamorati.

Rinaldo si priva di sete e di amoreL’accostamento sottolinea la natura d’amore: l’amore è come la sete.

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Canto I iii – Fonte di Merlino (Disamore)

36E seco stesso pensa la viltadeChe sia a seguire una cosa sì vana;Né aprezia tanto più quella beltade,Ch'egli estimava prima più che umana,Anci del tutto del pensier li cade;Tanto è la forza de quella acqua strana!E tanto nel voler se tramutava,Che già del tutto Angelica odïava.

37.Fuor della selva con la mente altieraRitorna quel guerrer senza paura.Così pensoso, gionse a una rivieraDe un'acqua viva, cristallina e pura.

L’amore per chi è disamorato• viltà• vanità

NB parole che indicano la valutazione

NB dimensione mentale del disamoramento: mente altiera/pensosoAttenzione però: l’intenzione è quella di andare fuori. Ma ancora non è giunto fuori quando si imbatte nell’altra fontana

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Canto I iii – Riviera d’amore37, 3. Così pensoso, gionse a una rivieraDe un'acqua viva, cristallina e pura.Tutti li fior che mostra primavera,Avea quivi depinto la natura;E faceano ombra sopra a quella rivaUn faggio, un pino ed una verde oliva.38.Questa era la rivera dello amore.Già non avea Merlin questa incantata;Ma per la sua natura quel liquoreTorna la mente incesa e inamorata.Più cavallieri antiqui per erroreQuella unda maledetta avean gustata;Non la gustò Ranaldo, come odete,Però che al fonte se ha tratto la sete.[…]

40. Angelica, dapoi che fu partitaDalla battaglia orribile ed acerba,Gionse a quel fiume, e la sete la invitaDi bere alquanto, e dismonta ne l'erba.Or nova cosa che averite odita!Ché Amor vôl castigar questa superba.Veggendo quel baron nei fior disteso,Fu il cor di lei subitamente acceso.41.Nel pino atacca il bianco palafreno,E verso di Ranaldo se avicina.Guardando il cavallier tutta vien meno,Né sa pigliar partito la meschina.Era dintorno al prato tutto pienoDi bianchi gigli e di rose di spina;Queste disfoglia, ed empie ambo le mano,E danne in viso al sir de Montealbano.

NB dimensione mentale del disamoramento: mente altiera/pensosoAttenzione però: l’intenzione è quella di andare fuori. Ma ancora non è giunto fuori quando si imbatte nell’altra fontana

39,7 Dorme il barone, e nulla se sentiva;Ecco ventura che sopra gli ariva.

Nova cosa: cfr. I i 20Veggendo:L’amore per gli occhi

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Canto I iii – Roman de la Rose e le due fonti (fonte della vita, fonte di Narciso)

37, 3-4. Così pensoso, gionse a una rivieraDe un'acqua viva, cristallina e pura.

RdR une fonteine / qui tant est precieuseet seine / et bele et clere et nete e pure / qui toute arouse la closture (20357-20360)

37, 5-8 Tutti li fior che mostra primavera,Avea quivi depinto la natura;E faceano ombra sopra a quella rivaUn faggio, un pino ed una verde oliva.

RdR L’eve… la treuve une olivete basse / souz cui l’eve s’an passe (20465-6)Quex fu li pins qui l’a valu? (20494)

Tityre, tu patulae recubans sub tegmine fagisilvestrem tenui musam meditaris avena;nos patriae fines et dulcia linquimus arva;nos patriam fugimus: tu, Tityre, lentus in umbraformosam resonare doces Amaryllida silvas.Virgilio, Bucoliche 1, 1-5

Nel RdR:Acqua chiara di fonte e di vita: scaccia l’amoreAcqua torbida e scura: fonte di Narciso, che fa innamorare e che perde

NB in Boiardo la fonte dell’Amore è descritta come la fonte della vita nel Roman de la Rose, a sottolineare l’inversione ideologica

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Canto I iii – Fonti letterarie (Fonte di Merlino, Riviera dell’amore)

• Tristano e Isotta

• laghi, fonti, fiumi dotati di proprietà meravigliose, cfr Ovidio, Metamorfosi, dove se ne passano in rassegna parecchi:

Quodque magis mirum, sunt qui non corpora tantum,Verum animos etiam valeant mutare liquores.(XV, 317-8.)• Fazio degli Uberti, Dittamondo: lago della Beozia, in cuile membra e ’l coreA colui che ne bee tanto avalora,Ch’accende e ’nfiamma nel desio d’amore.(Dittam., III, XVIII, 28.)

• Frecce di Cupido: una fa innamorare, l’altra disamorare.

Ciò che è più stupefacente, ci sono quelle acque che sanno mutare non solo i corpi, ma anche gli animi

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Canto I iii – Roman de la Rose e le due fonti (fonte della vita, fonte di Narciso)

37, 3-4. Così pensoso, gionse a una rivieraDe un'acqua viva, cristallina e pura.

RdR une fonteine / qui tant est precieuseet seine / et bele et clere et nete e pure / qui toute arouse la closture (20357-20360)

37, 5-8 Tutti li fior che mostra primavera,Avea quivi depinto la natura;E faceano ombra sopra a quella rivaUn faggio, un pino ed una verde oliva.

RdR L’eve… la treuve une olivete basse / souz cui l’eve s’an passe (20465-6)Quex fu li pins qui l’a valu? (20494)

Tityre, tu patulae recubans sub tegmine fagisilvestrem tenui musam meditaris avena;nos patriae fines et dulcia linquimus arva;nos patriam fugimus: tu, Tityre, lentus in umbraformosam resonare doces Amaryllida silvas.Virgilio, Bucoliche 1, 1-5

Nel RdR:Acqua chiara di fonte e di vita: scaccia l’amoreAcqua torbida e scura: fonte di Narciso, che fa innamorare e che perde

NB in Boiardo la fonte dell’Amore è descritta come la fonte della vita nel Roman de la Rose, a sottolineare l’inversione ideologica

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Canto I iii – La fuga di Rinaldo – Ovidio, Metamorfosi, I: Apollo e Dafne. La fuga di Dafne

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Canto I iii – La fuga di Rinaldo – Ovidio, Metamorfosi, I: Apollo e Dafne. La fuga di Dafne

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Canto I iii – La fuga di Rinaldo – Ovidio, Metamorfosi, I: Apollo e Dafne. La fuga di Dafne

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Canto I iii – La fuga di Rinaldo – Ovidio, Metamorfosi, I: Apollo e Dafne. La fuga di Dafne

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Canto I iii – La fuga di Rinaldo – Ovidio, Metamorfosi, I: Apollo e Dafne. La fuga di Dafne

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Canto I iii – Ovidio, Metamorfosi, Apollo e Dafne e la fuga di Rinaldofugit ocior aurailla levi neque ad haec revocantis verba resistit:'nympha, precor, Penei, mane! non insequor hostis;nympha, mane! sic agna lupum, sic cerva leonem, 505sic aquilam penna fugiunt trepidante columbae,hostes quaeque suos: amor est mihi causa sequendi!me miserum! ne prona cadas indignave laedicrura notent sentes et sim tibi causa doloris!aspera, qua properas, loca sunt: moderatius, oro, 510

curre fugamque inhibe, moderatius insequar ipse.cui placeas, inquire tamen: non incola montis,non ego sum pastor, non hic armenta gregesquehorridus observo. nescis, temeraria, nescis,quem fugias, ideoque fugis: mihi Delphica telluset Claros et Tenedos Patareaque regia servit;Iuppiter est genitor; per me, quod eritque fuitqueestque, patet; per me concordant carmina nervis.certa quidem nostra est, nostra tamen una sagittacertior, in vacuo quae vulnera pectore fecit!inventum medicina meum est, opiferque per orbemdicor, et herbarum subiecta potentia nobis.ei mihi, quod nullis amor est sanabilis herbisnec prosunt domino, quae prosunt omnibus, artes!'E seguitando drieto li ragiona:

- Ahi franco cavalier, non me fuggire!Ché t'amo assai più che la mia persona,E tu per guidardon me fai morire!Già non sono io Ginamo di Baiona,Che nella selva ti venne assalire,Non son Macario, o Gaino il traditore;Anci odio tutti questi per tuo amore.

Io te amo più che la mia vita assai,E tu me fuggi tanto disdignoso?Vòltati almanco, e guarda quel che fai,Se 'l viso mio ti die' far pauroso,Che con tanta ruina te ne vaiPer questo loco oscuro e periglioso.Deh tempra il strabuccato tuo fuggire!Contenta son più tarda a te seguire.

Che se per mia cagion qualche sciaguraTe intravenisse, o pur al tuo destriero,Serìa mia vita sempre acerba e dura,Se sempre viver mi fosse mistiero.Deh volta un poco indrieto, e poni curaDa cui tu fuggi, o franco cavalliero!Non merta la mia etade esser fuggita,Anci, quando io fuggessi, esser seguìta. -

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51.Segnori, io so che vi meravigliatiChe 'l re Gradasso non sia gionto ancoraIn tanto tempo; ma vo' che sappiatiChe più tre giorni non faran dimora.Già sono in Spagna i navigli arrivati.Ma non vo' ragionar de esso per ora,Ché prima vo' contar ciò che è avvenutoDe' nostri erranti, e pria de Feraguto.

Canto I iii – OTTAVA I iii 51: doppio passaggio di filo narrativo

Appello al pubblico:Il narratore dà forma alla aspettativa del suo pubblico

Indicazioni di regiaOperatori di coerenza del testo

Non vo’ ragionar:Regia capricciosa, oppure regia che segue un proprio preciso progetto Fruitore in balia del narratore: creazione dell’attesa.

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