Lettera dal centro di un poema - Elva, 11 febbraio 2013

download Lettera dal centro di un poema - Elva, 11 febbraio 2013

of 5

Transcript of Lettera dal centro di un poema - Elva, 11 febbraio 2013

  • 7/29/2019 Lettera dal centro di un poema - Elva, 11 febbraio 2013

    1/5

    Anno II 02/2013 n.5

    Winterblattauf den ein Winterschatten fllt

  • 7/29/2019 Lettera dal centro di un poema - Elva, 11 febbraio 2013

    2/5

    LA

    TEX Literature Project

    email: [email protected]: http://federicofederici.netblog: http://leserpent.wordpress.comcover: The dark side of the room, F. Federici

    Le berceau de cristal, Ash Ra Tempel

  • 7/29/2019 Lettera dal centro di un poema - Elva, 11 febbraio 2013

    3/5

    Elva, 11 febbraio 2013

  • 7/29/2019 Lettera dal centro di un poema - Elva, 11 febbraio 2013

    4/5

    Federico Federici 4

    caro *,

    mi capitato ieri tra le mani un vecchio foglio di appunti, sul quale avevoannotato dei versi e dei frammenti che potrebbero un giorno diventaretali: ora il filo del discorso si sbriciolava riducendosi a parole isolate diraccordo, ora si ricompattava in strofe o in pi piccoli grumi di significato.Non cerano cancellature o ripensamenti, ma lunghi spazi bianchi, divari-cazioni a riflettere la tensione tra un punto e laltro nel difficile accordodellispirazione, nellavanzare senza traccia, come creatura che proceda abalzi nella neve.Ho riletto quei tentativi provando a nascondere a me stesso la loro vera

    origine, immaginando si trattasse non di prove, ma di poesia compiuta.Il primo dato evidente stata una sensazione di maggior purezza rispettoad altri miei lavori pi meditati, evocata proprio dalle assenze, dalle con-tinue sparizioni della parola sulla carta, sino ai suoi riaffioramenti altrove.Se da un lato la ragione fortifica i discorsi, sottrae dallaltro la selvaticapropensione di un paesaggio incolto a lasciarsi attraversare senza centroo direzioni.Le parole, specialmente quelle pi isolate e in bilico, rapprese tra la realtdel foglio e linvisibile dettato del pensiero, sembravano, ancora pi dei

    fiori, recise ferite, si direbbe immaginandole da vive e disperse.So che non quello il mio modo di scrivere, cos come non ho mai dipintoriportando solo lespansione dei licheni sopra i muri, pur amandoli neldisperato trasporto del cuore, in notti interminabili di luna, trascorse asorvegliarli da vicino, quasi fossero da soli il mio paesaggio. So che, met-tendo un giorno mano a quei frantumi, sradicher qualcosa e qualcosaltropoi cadr nellestenuante cura del suono e del significato.Credo che tutti noi, nel tentare di star dietro alla scrittura, dovremmoconfrontarci con la vertigine del suo vuoto, dellincolmabile divario tra

    senso e suono, per non rischiare di lasciarci dietro solo le macerie che cisiamo costruiti, poesie o prose, mentre credevamo di erigere dei templi odei magnifici edifici, squadrando pietre nel vivo ventre della montagna,disponendole secondo quello che, al momento, sembrava gi un criterio dibellezza e di ragione sufficiente a progredire verso una punto imprecisato.Sotto questa prospettiva, la scrittura, quella poetica specialmente, pro-cede con un rigore tutto interiore che la rende non dissimile dallaspira-zione a dimostrare finalmente qualcosa di primordiale, frantumandolo inelementi minimi ulteriori. A fatica si tenta di ricostruire la visione circo-

    scritta a un lampo dilluminazione. Loggetto pi evidente del discorso,quello che saremmo tentati di chiamare il tema dei versi, non di rado solo un espediente, loccasione che ha innescato il meccanismo e che for-

  • 7/29/2019 Lettera dal centro di un poema - Elva, 11 febbraio 2013

    5/5

    Lettera dal centro di un poema 5

    nisce la materia da manipolare.

    Se in un testo ossa e radici insieme costruiscono una figura e in un altroancora radici ed ossa appaiono realt contigue, non certo per istituireun paradigma nuovo, nel quale lalbero sostituisce la forma antropomor-fa. Altrove le radici di un tronco mozzato potranno richiamare un giornoi capelli rovesciati di una testa nellerba, o il fitto diramarsi dacqua infiumi sulla terra e avranno perso in s memoria delle ossa. nellistintoalla migrazione del segno che trovo la ragione della mia scrittura, quellaragione che qui dichiaro e che vorrei non si sostituisse per al testo, nsollevasse lo spessore del suo silenzio.

    Diversamente dal procedere matematico, anche laddove il metodo unico,molteplici e contraddittorie sono qui le conclusioni e ci non d contraddi-zione, cos come foglie derba hanno diverse forme in una sola vocazione.Le conclusioni cui si giunge son talvolta cos superficiali da ridurre lo stile,nel quale si tentata unaderenza pi profonda, quasi una modificazionedellessere, a unintonazione della voce, che poco (o nulla) decide dellaverit. Non del resto di questa verit che si va in cerca, ma di ci chela parola non trattiene. E come in un teorema si verifica a ogni passaggiola sua premessa, il suo costrutto, le provvisorie deduzioni su cui poggia,

    cos nella scrittura il vincolo originario sta nella parola, nella sua identitvariabile staccata dal contesto.Lungi dal lasciarsi incidere da unaffilata logica, la parola occupa lo spaziodellapparizione, provoca lo sguardo, infrange un attimo il silenzio che lacontiene interamente, lasciando un buco contornato di sillabe, attraversoil quale spira il nulla, il nulla eterno, attraverso il buio del suo significato.Ecco, caro *, perch non trovo vergognoso il vuoto tra le parole, ma nepercepisco la continua crisi, la tensione insuperata nei legami di significa-to: perch non vuoto, come non spazio vuoto che contiene la materia

    o tra le parti che le danno forma.Ogni poesia uno stadio solo nella continua metamorfosi di questo nulla.Un abbraccioF.