Lett - Irsina · 2019. 1. 12. · Lett 4 parole di Don Primo Mazzolari, come Chiesa siamo chiamati...

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    Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

    Carissimi fratelli e sorelle,

    durante quest’anno pastorale, in più occasioni, ho maturato con i Vicari e il Collegio dei Consul-tori e ho condiviso nel Consiglio Presbiterale la necessità di porre all’attenzione dell’intera Chiesa di Matera-Irsina l’importante decisione presa: un percorso sinodale.

    Questo percorso è la logica conseguenza dei risul-tati prodotti dalla Visita Pastorale di S. E. Mons. Salvatore Ligorio (vi sarà consegnata un’ampia sintesi: ho chiesto che venisse pubblicata)1. Il pro-sieguo dell’iter avviato si attua in questo anno pa-storale, attraverso la riflessione sul senso del bene comune2.

    Siamo, dunque, in un percorso sinodale, perché il lavoro di questi anni ha sottolineato l’importanza di una pastorale comune a tutta la diocesi (dio-cesanità). Infatti un’esperienza concreta sono i progetti condivisi da più parrocchie (interparroc-chialità), con particolare attenzione alla famiglia e ai giovani, alla valorizzazione dei laici, per lavora-re insieme e promuovere il bene comune.

    Ma è anche una risposta all’invito pressante che viene da Papa Francesco, il quale, parlando ai delegati al Convegno di Firenze, ebbe a dire: «A tutta la Chiesa italiana raccomando ciò che ho indi-cato in quella Esortazione (si riferisce all’Evangelii gaudium): l’inclusione sociale dei poveri, che hanno

    1 Lavoro coordinato da Mons. Pierdomenico Di Candia, Mons. Filippo Lombardi, Don Angelo Gallitelli, Prof.ssa Tina Bozzo, Prof.ssa Giuditta Coretti, Prof. Marco Pelosi.2 Cfr. La mia Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per l’anno pastorale 2016-17, “Chi è mio prossimo? Va’ e anche tu fa’ così”.

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    un posto privilegiato nel popolo di Dio, e la capacità di incontro e di dialogo per favorire l’amicizia sociale nel vostro Paese, cercando il bene comune. (…) Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vici-na agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con liber-tà. L’umanesimo cristiano che siete chiamati a vive-re afferma radicalmente la dignità di ogni persona come Figlio di Dio, stabilisce tra ogni essere umano una fondamentale fraternità, insegna a comprende-re il lavoro, ad abitare il creato come casa comune, fornisce ragioni per l’allegria e l’umorismo, anche nel mezzo di una vita tante volte molto dura. Sebbene non tocchi a me dire come realizzare oggi questo so-gno, permettetemi solo di lasciarvi un’indicazione per i prossimi anni: in ogni comunità, in ogni par-rocchia e istituzione, in ogni Diocesi e circoscrizione, in ogni regione, cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue di-sposizioni, specialmente sulle tre o quattro priorità che avrete individuato in questo convegno. Sono si-curo della vostra capacità di mettervi in movimento creativo per concretizzare questo studio»3.

    In tante altre occasioni, il Papa, continua a ri-chiamare l’attenzione della Chiesa ad un vero e proprio “percorso sinodale”. «Ciò che intendo qui esprimere ha un significato programmatico e delle conseguenze importanti. Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari

    3 Francesco, Discorso ai delegati del Convegno ecclesiale di Firenze, 10 novembre 2015.

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    per avanzare nel cammino di una conversione pasto-rale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una semplice amministra-zione. Costituiamoci in tutte le regioni della terra in uno stato permanente di missione» 4.

    Se come Chiesa di Matera-Irsina avre-mo questa consape-volezza, allora sare-mo in grado di vivere l’avvento del Signore, capace di assumere tutto l’umano.

    La sua missione di-venta la nostra: biso-gnosi di fare un cammino di fede adulta, di vivere l’attesa di una vita di fede.

    Le nostre liturgie parleranno perché, accogliendo l’umano, lo faranno diventare divino, partendo dalla bellezza del Vangelo, capace di trasfigurare.

    L’umanesimo di Gesù, se vissuto pienamente, di-venta il nostro.

    «Lungo la strada è cominciata la Chiesa; lungo le strade del mondo la Chiesa continua. Non occorre, per entrarvi, né battere alla porta, né fare anticame-ra. Camminate e la troverete; camminate e vi sarà accanto; camminate e sarete nella Chiesa. Per un apostolo camminare vuol dire seguire i destini delle anime: essere pastore...»5. Facendo nostre queste

    4 Francesco, Esortazione apostolica, Evangelii Gaudium, 25.5 Don Primo Mazzolari, Tempo di credere - La strada -, La prima edizione - sequestrata il 5 marzo 1941, per ordine del Ministero della Cultura Popolare

    Se come Chiesa di Matera-Irsina avremo questa

    consapevolezza,allora saremo in grado di vivere

    l’avvento del Signore,capace di assumere

    tutto l’umano.

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    parole di Don Primo Mazzolari, come Chiesa siamo chiamati ad avere uno sguardo meno mio-pe e quindi capace di guardare oltre gli steccati e i personalismi, per percorrere la strada della po-litica6, dell’economia, della cultura: «La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della veri-tà. E’ Dio ad aver posto nel cuore dell’uomo il deside-rio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso»7.

    Ora è giunto il momento che quanto maturato “sinodalmente” si incominci ad attuare. Mi servirò della stupenda descrizione dell’evangelista Luca nel presentarci il cammino dei cosiddetti “Disce-poli di Emmaus” (Lc 24,13ss).

    A partire da questo brano evangelico, in questa mia seconda lettera, indirizzata a tutta la nostra Chiesa locale, mi appresto a spiegare il senso e il contenuto del percorso che siamo chiamati a fare.

    Fascista - fu diffusa clandestinamente dall’Editore Vittorio Gatti e dall’Autore. III edizione - Vittorio Gatti editore in Brescia.6 Francesco, Discorso all’Azione Cattolica, 30 aprile 2017.7 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica, Fides et ratio, circa i rapporti tra fede e ragione, 14 settembre 1998.

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    I discepoli, diretti verso un villaggio chiamato Emmaus, si allontanano da Gerusalemme. In que-sta città - che rappresenta la Chiesa terrena - sono successi fatti tristi e drammatici: lo scandalo della croce. Il Maestro e Signore, Gesù, è stato ucciso e tumulato in una tomba. Tutto è finito in un loculo scavato nella roccia e sigillato con un grosso masso. E’ quello che viviamo anche noi, quando, delusi o scandalizzati per quanto succede nel mondo, ma ancor di più nella Chiesa, ci allontaniamo dal-la stessa, dal luogo dello scandalo. Più ci allontaniamo e più scendiamo verso il dislivello che da Ge-rusalemme porta verso il Mar Morto, con la testa china, ma soprattutto, dice l’evangelista, con la tri-stezza dentro.

    C’è un altro particolare che vorrei sottolineare. Ancora oggi non sappiamo esattamente dove si trovi Emmaus. Ci sono ben quattro punti diversi e in direzioni diverse che gli archeologi indicano. Applicandolo al nostro ragionamento, potremmo dire che, lontani da Gerusalemme e con questo stato d’animo particolare, si cammina, ma non si sa dove si va esattamente. Non si riesce a capire dove Dio ci sta conducendo e cosa vuole dalla no-stra vita.

    Dio ci cerca sempre

    È quello che viviamo anche noi, quando, delusi o scandalizzati per

    quanto succede nel mondo, ma ancor di più nella Chiesa, ci allontaniamo dalla stessa, dal luogo dello scandalo.

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    Ed è proprio in queste situazioni che “Gesù in per-sona si avvicinò e camminava con loro”.

    E’ interessante che sia Gesù, quindi Dio, che prende l’iniziativa di accostarsi agli uomini, cam-minare con loro, ma, come successe ai discepoli di Emmaus, così agli uomini d’oggi, i nostri occhi sono incapaci di riconoscerlo. Chi di noi non ricor-da l’aneddoto attribuito a Diogene di Sinope8, detto il Cinico, che di giorno si aggirava con la lanterna accesa? E spiegava: “Cerco l’uomo!”

    La rivelazione biblica ci dice che la Parola di Dio è lampada ai nostri passi, luce sul nostro cammino (cfr Sal 118). Henri de Lubac dice: «Mani e Ma-ometto hanno scritto dei libri. Gesù, invece, non ha scritto niente; Mosè e gli altri profeti “hanno scritto di lui”. Il rapporto tra il Libro e la sua Persona è dunque l’opposto del rapporto che si osserva altro-ve. Il cristianesimo, propriamente parlando, non è affatto una “religione del Libro”: è la religione della Parola - ma non unicamente né principalmente della Parola sotto la sua forma scritta. Esso è la religione del Verbo, “non di un verbo scritto e muto, ma di un Verbo incarnato e vivo”. La Parola di Dio adesso è qui tra di noi, “in maniera tale che la si vede e la si tocca”: Parola “viva ed efficace”, unica e personale, che unifica e sublima tutte le parole che le rendono testimonianza9».

    8 Diogene di Sinope, 412 a.C. circa – Corinto, 10 giugno 323 a.C.9 Henri de Lubac, Esegesi medioevale, Edizioni Paoline, Roma, 1972, I, pp. 353-354.

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    La seconda domanda di Dio: «Dov’è tuo fratel-lo?» (Gen 4,9). Dio cerca anche il fratricida, colui che, pur di affermare se stesso, si è messo al posto di Dio, rivestendosi del potere di decidere sulla vita dell’altro, che è “suo fratello”. Papa Francesco a Lampedusa, dopo l’immane tragedia che ha visto oltre tre-cento vite umane intrappolate in fondo al mare in un barcone, commentando questo interro-gativo, disse: «Il sogno di essere potente, di essere grande come Dio, anzi di essere Dio, porta ad una catena di sbagli che è catena di morte, porta a ver-sare il sangue del fratello! … la voce del suo san-gue grida fino a me, dice Dio. Questa non è una domanda rivolta ad altri, è una domanda rivolta a me, a te, a ciascuno di noi. Quei nostri fratelli e sorelle cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di serenità e di pace; cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie, ma hanno trovato la morte. Quante volte coloro che cercano questo non trovano comprensione, non tro-vano accoglienza, non trovano solidarietà! E le loro voci salgono fino a Dio»11!

    «Vattene dalla tua terra, dalla tua pa-rentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti in-dicherò» (Gen 12,1). Abramo aveva cono-

    11 Francesco, Omelia a Lampedusa, 08 luglio 2013.

    «Dov’è tuo fratello?»

    «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla

    casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò»

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    sciuto Dio? Ci sono tre tradizioni secondo i rab-bini. Mi piace soffermarmi sulla terza12 secondo la quale lo avrebbe incontrato a quarantotto anni. E’ l’età della piena maturità della vita. Nel-la simbologia biblica rappresenta l’ingresso nel quarantanovesimo anno: sette per sette. Un’età matura in cui si tirano le somme e spesso si col-gono le delusioni, le amarezze, i progetti frantu-mati, lo scontro con la dura realtà. E’ l’età in cui si avverte di più il bisogno di Dio. Accettando questa tradizione rabbinica dovremmo dire che questa è l’età in cui si sente il bisogno non solo delle consolazioni umane. Si sceglie Dio che si è fatto presente e compagno di viaggio. Ormai è iniziato un vero e proprio itinerario di fede che porterà a quella maturazione che troverà il suo compimento nella nascita alla vita eterna.

    Dopo il sogno che Giacobbe fece, si sve-gliò e disse: «Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sa-pevo». Ebbe timore e disse: «Quanto è terribile questo luo-go! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo». (Gen 28,16). Giacobbe è arrivato a Betel, in

    12 La prima tradizione dice che Abramo abbia conosciuto Dio all’età di un anno, per dire il grande dono che Dio gli ha fatto. La seconda tradizione parla che Dio si è rivelato ad Abramo all’età di tre anni: da una parte c’è il dono di Dio, dall’altra la partecipazione di Abramo perché a tre anni già si è in grado di capire molte cose.

    «Certo, il Signore è in questo

    luogo e io non lo sapevo».

    Ebbe timore e disse: «Quanto è terribile questo luogo! Questa è

    proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo»

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    fuga per sfuggire all’ira del fratello Esaù. E’ solo, è un viandante senza la protezione di nessuno, nemmeno di sua madre. Nel suo camminare, di giorno, è incapace di vedere la presenza di Dio, mentre di notte, mentre dorme, tutto diventa chiaro: lui è nella casa di Dio sulla terra, porta che conduce verso il cielo. Interessante è quanto dice-va il card. Martini, che sintetizzava quanto suc-cesso a Betel nella domanda: «Dove sono, Signore? E poi continua: dove Giacobbe crede di essere? Dove Giacobbe è in realtà? Dove sono io? A Giacobbe non è bastata la prima visione, in cui Dio gli si era rivela-to fedele. Viene il momento in cui, misteriosamente, Dio lotta con l’uomo e l’uomo con Dio. … Questo brano ha ispirato molti mistici, persone che viven-do in grande intimità con Dio si sono riconosciute in esso e hanno compreso che la fedeltà del Signore si fa notte oscura, lotta terribile, nella quale si giunge a poter chiedere solo la divina benedizione»13.

    Sul Sinai Dio si rivela a Mosè nel roveto ardente. E’ lo stesso Dio che il popolo non ha mai cono-sciuto. Dio si ricorda dell’uomo e del patto che ha stretto con lui e si rivela a Mosè per aiutarlo a li-berare i suoi discendenti dalla schiavitù (Es 3,6-8). Come è successo con Giacobbe, lo stesso avviene con Mosè: «Il Signore disse a Mosè: “Va’ dal popo-lo e purificalo oggi e domani: lavino le loro vesti e si tengano pronti per il terzo giorno, perché nel terzo giorno il Signore scenderà sul monte Sinai alla vista di tutto il popolo. Fisserai per il popolo un limite tut-to attorno, dicendo: Guardatevi dal salire sul mon-te e dal toccare le falde. Chiunque toccherà il monte

    13 cfr. C. M. MARTINI, Incontro al Signore risorto. Il cuore dello spirito cristiano, edizioni san Paolo, 2009, pp. 21-33.

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    sarà messo a morte”» (Es 19,10-12). Anche in questo caso, nel momento in cui Dio si manifesta, Mosè reagisce e si lascia prendere dal timore: si copre il volto per non vedere Dio. «Nes-sun uomo può vedermi e restare vivo», aveva detto Dio a Mosè (Es 33,20). Invece siamo di fronte non più a un Dio dei filosofi, a un’entità, a una sensazione, a un’emozione, a un ideale, ma ad un Dio persona: un Dio che ama relazionarsi e rivelarsi, un Dio concreto, della storia, degli uo-mini. Questo è anzitutto il suo nome: «Dio disse ancora a Mosè: “Dirai agli Israeliti: "Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi". Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricor-dato di generazione in generazione”» (Es 3,15).

    La medesima cosa succede con Gedeone quan-do vede Dio e dice: «“Signore, ho dun-que visto l’angelo del Signore faccia a fac-cia!”. Il Signore gli disse: “La pace sia con te. Non temere, non morirai!”» (Gdc 6,22-23). Questo ti-more non è semplice

    “Va’ dal popolo e purificalo oggi e domani: lavino le loro vesti e si tengano pronti

    per il terzo giorno, perché nel terzo giorno il Signore

    scenderà sul monte Sinai alla vista di tutto il popolo”

    «“Signore, ho dunque visto

    l’angelo del Signore faccia a faccia!”.

    Il Signore gli disse: “La pace sia con

    te. Non temere, non morirai!”»

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    paura, ma esprime la consapevolezza di stare di fronte alla grandezza e alla santità di Dio. Direbbe l’autore del libro dei Proverbi che il ti-more di Dio non è solo «il principio della scien-za» (cfr. Pr 1,7), ma indica che Dio è presente nella storia dell’uomo. In sintesi: è l’inizio della fede, del cammino di fede.

    L’elenco sarebbe ancora lungo: Elia, Samuele, Debora, Anna, Ester, tanto per citarne alcuni… Riporto solo alcuni passaggi con carattere vo-cazionale:

    f Il profeta Isaia: «“Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Si-gnore degli eserciti”. Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone arden-te che aveva preso con le molle dall'altare. Egli mi toccò la bocca e mi disse: “Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua iniquità e il tuo peccato è espiato”. Poi io udii la voce del Signore che diceva: “Chi manderò e chi andrà per noi?”. E io risposi: “Eccomi, manda me!”» (Is 6,5-8).

    f Il profeta Geremia: «Mi fu rivolta la paro-la del Signore: "Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito pro-feta delle nazioni". Risposi: "Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giova-ne". Ma il Signore mi disse: "Non dire: Sono giovane, ma và da coloro a cui ti manderò e annunzia ciò che io ti ordinerò. Non temerli,

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    perché io sono con te per proteggerti". Oracolo del Signore. Il Signore stese la mano, mi toccò la bocca e il Signore mi disse: "Ecco, ti metto le mie parole sulla bocca. Ecco, oggi ti costituisco sopra i popoli e sopra i regni per sradicare e de-molire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare"» (Ger 1,4-10).

    f Il profeta Ezechiele: «Quando la vidi (la visione), caddi con la faccia a terra e udii la voce di uno che parlava (1,28). Mi disse: “Figlio dell’uomo, alzati ti voglio parlare”. Ciò detto, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava (2, 1-2). Io guar-dai ed ecco una mano tesa verso di me teneva un rotolo[…]Figlio dell’uomo, io ti mando agli Israeliti; a un popolo di ribelli, che si sono ri-voltati contro di me [...] sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: Dice il Signore Dio. Ascoltino o non ascoltino - perché sono una genia di ribelli - sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro”» (Ez 2,3-5).

    Ma non sono forse le parole che dice Gesù ai suoi discepoli sul lago di Tiberiade: «“Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?” E furo-no presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: “Chi è mai dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?”» (Mc 4,40-41). Il timore di Dio aiuta a fare un vero e proprio cammino di fede, la paura annulla psicologicamente Dio.

    «La ragione più alta della dignità dell'uomo con-siste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l'uomo è invitato al dialogo con Dio: non esiste, infatti, se non perché, creato per

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    La presenza reale e sostanziale di Gesù si perpe-tua nel tempo attraverso il “memoriale” dell’Euca-ristia: «Chi mangia la mia carne e beve il mio san-gue ha la vita eterna» (Gv 6,54). Ma c’è una ragione ulteriore per cui il Verbo si è fatto carne: «perché diventassimo partecipi della natura divina» (2 Pt 1,4). Dio, dice Benedetto XVI, «si immerge nella nostra storia e assume su di sé la fatica e il peso della vita umana» in tutta la sua concretezza, in tempi e luoghi determinati. Riflettendo sull'Incarnazione, anche noi dobbiamo quindi «interrogarci sul reali-smo della nostra fede, che non deve essere limitata alla sfera del sentimento, delle emozioni, ma deve en-trare nel concreto della nostra esistenza, deve toccare cioè la nostra vita di ogni giorno e orientarla anche in modo pratico»17.

    17 Benedetto XVI, Catechesi del 09 gennaio 2013.

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    «Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro», per illumi-nare i due discepoli, smarriti, tristi e soffe-renti. Oggi c’è bisogno

    che ogni fedele sia illuminato dalla Parola di Gesù. La certezza della luce della fede ci aiuta a liberarci da una concezione della vita legata esclusivamente al mondo terreno, per allungare lo sguardo verso gli orizzonti di Dio. Il rimprovero che Gesù fa ai discepoli è molto elo-quente: «Stolti e lenti di cuore a credere…». Questa è la missione della Chiesa: cammi-nare accanto ai fratelli, stare accanto ad ogni sof-ferenza, tristezza, dolore, solitudine, amarezze, delusioni, che fanno chiudere il cuore alla spe-ranza e alla fiducia. Condivisione della fragilità umana che non ha bisogno di essere giudicata ma incoraggiata, sostenuta, illuminata. Questo è pos-sibile se si cammina accanto all’altro. Al termine del cammino, quando ormai il giorno sta per tra-montare, nasce nei due discepoli il forte deside-rio di continuare a stare con colui che ancora non hanno riconosciuto come il Maestro, ma dalla cui

    presenza si sentono fortemente attratti e si-curi: «Rimani con noi, perché si fa sera». Un invito che si fa preghie-

    Ritornandosulla strada per Emmaus

    «Gesù in persona si avvicinò e

    camminava con loro»

    «Stolti e lenti di cuore a credere…»

    «Rimani con noi, perché si fa sera»

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    ra. Questo invito diventi, per la nostra Chiesa di Matera - Irsina, durante questo itinerario sinoda-le, preghiera di intercessione e di adorazione. Tut-te le comunità parrocchiali stiano attorno a Gesù Eucaristia, quali cenacoli di preghiera eucaristica. La scena che segue, così come l’evangelista Luca ce la presenta, è di una luminosità incredibile, d’im-provvisa risurrezione da parte dei due di Emmaus: «Gli occhi si aprirono e lo riconobbero nello spez-zare il Pane». Il risorto, Gesù Cristo, che cam-mina oggi con noi, ci fa sperimentare che cosa significa essere Chiesa viva: aprire gli occhi, vivere l’entusiasmo, la gioia, la voglia di diventare Eucaristia, pane di vita che si spezza, nutrimento di vita eterna insieme ai fratelli. «Sine dominico non possumus - Senza l’eucaristia non possiamo vivere», dicevano i martiri di Abitene18. Ecco svelato il senso dell’espressione «l’Eucaristia fa la Chiesa e la Chiesa fa l’Eucaristia»19. Giovanni Paolo II spiega: «La Chiesa vive dell’Eu-carestia. (…) La Chiesa vive del Cristo eucaristico, da Lui è nutrita, da Lui è illuminata. L’Eucarestia è mi-stero di fede, e insieme “mistero di luce”. Ogni volta che la Chiesa la celebra, i fedeli possono rivivere in qualche modo l’esperienza dei due discepoli di Emmaus: “Si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero” (Lc 24,31)»20. D’altronde il Vaticano II ci dice nella costituzione dogmatica Lumen Gentium che l'eucaristia è il cul-

    18 Sine dominico non possumus. I martiri di Abitene e la Pasqua domenicale (Testo degli Atti dei martiri di Abitene, con introduzione, traduzione e note di G. Micunco, presentazione di Vito Angiuli), Ecumenica Editrice, Bari 2004.19 H. De Lubac, Meditazioni sulla Chiesa, Paoline, Milano 1955,151.20 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica, Ecclesia de Eucharistia,17 aprile 2003, nn. 1 e 6.

    «Gli occhi si aprirono e lo

    riconobbero nello spezzare il pane»

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    mine verso cui tende l'azione della Chiesa e a essa sono ordinate le fatiche apostoliche21; mentre nella Presbyterorum Ordinis ricorda che l'eucaristia è il cardine di ogni ministero sacerdotale22 . Anche per il Catechismo della Chiesa cattolica la Chiesa vive nelle comunità eucaristiche: "esiste nelle comunità locali e diventa concreta, soprattutto, in quanto as-semblea liturgica ed eucaristica"23. La Chiesa mostra, dunque, il suo vero volto proprio nella celebrazione eucaristica. Partendo da essa si “spezza” nella quoti-diana missione, divenendo alimento vitale per ogni uomo.

    I discepoli di Emmaus ritrovano entusiasmo, calo-re, nuova vitalità: «Non ardeva forse in noi il no-

    stro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via?». An-che la nostra Chiesa ritrovi, a contatto con Cristo, un cuore che arde. Una Chie-

    sa in cui laici e consacrati vincano la tentazione di rimanere imprigionati in schemi e tradizioni prettamente “ritualistiche”, se non adeguatamente illuminate dal Vangelo. Ritrovare il cuore che arde significa sentirsi avvolti dall’amore divino che ci in-vita e dare la vita per il Vangelo, mostrando la gioia di appartenere a Cristo ed essere figli di questa Ma-dre: la Chiesa.

    21 Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Sulla Chiesa, Lumen gentium, 11, 16 novembre 1964.22 Concilio Vaticano II, Decreto sul ministero e la vita sacerdotale, Presbyte-rorum Ordinis, 6, 07.12 1965.23 Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, 752, 21.11.1992.

    «Non ardeva forse in noi il nostro

    cuore mentre egli conversava con noi

    lungo la via?»

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    Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

    L’evangelista Luca ci dice che, subito dopo, i due discepoli «Fecero ri-torno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro». Geru-salemme, abbiamo già detto, è la Chiesa. Le nostre comunità par-rocchiali sono la Chiesa. E’ in essa che siamo chia-mati a vivere l’esperienza del Risorto, attraverso un itinerario di fede che ci aiuti a non fuggire dal-le difficoltà o dai contrasti che spesso si pongono sulla nostra strada e ci accompagni in un cammino di conversione. Comunità parrocchiali che nel Ri-sorto siano capaci di leggere la storia che Dio sta costruendo per ogni singolo membro. Una Chiesa che non sia autoreferenziale, ma che coltivi l’incon-tro con tutti, dove le relazioni mostrino il calore di un amore vero, superando qualsiasi sterile pratica burocratica. Compagni di viaggio, come Gesù, per parlare il linguaggio della carità, della fraternità, della comunione. E’ questo, d’altronde, l’itinerario sinodale che intendiamo fare per lasciarci illumi-nare dalla forza straordinaria del Vangelo: la lieta notizia.

    L’ultima parte di questo brano evangelico, a mio avviso la più significativa, è quanto intendiamo fare come Chiesa di Matera - Irsina: «Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via». Ci ritroveremo, senza fretta, nelle no-

    «Fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono

    riuniti gli Undici e gli altri che erano

    con loro»

    «Ed essi narravano ciò

    che era accaduto lungo la via»

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    stre comunità parrocchiali, nelle Vicarie, nella Cattedrale, per narrarci quanto il Risorto ci sta comunicando. Ci racconteremo quanto Dio sta facendo nella nostra vita personale e comunitaria. Volgeremo lo sguardo ad ogni periferia esistenzia-le e da questa impareremo a guardare verso il cen-tro. Come dice Papa Francesco, capovolgeremo la prospettiva dello sguardo per sentirci raccontare le tantissime storie che provengono da condizioni che sono lontane da noi.

    Ma quali sono queste periferie? Lo esprimo con le stesse parole di Papa Francesco: Sono i luoghi in cui «c’è sofferenza, c’è sangue versato, c’è cecità che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni24», luoghi abitati da persone ben preci-se: «Significa che dobbiamo andare verso la carne di Gesù che soffre, ma anche soffre la carne di Gesù di quelli che non lo conoscono con il loro studio, con la loro intelligenza, con la loro cultura. Dobbiamo andare là! Perciò, a me piace usare l’espressione “an-dare verso le periferie”, le periferie esistenziali. Tutti, tutti quelli, dalla povertà fisica e reale alla povertà intellettuale, che è reale, pure. Tutte le periferie, tutti gli incroci dei cammini: andare là. E là, seminare il seme del Vangelo, con la parola e con la testimo-nianza»25; durante la GMG di Rio de Janeiro: «in ogni ambiente, fino alle periferie esistenziali, anche a chi sembra più lontano, più indifferente. Il Signore cerca tutti, vuole che tutti sentano il calore della sua misericordia e del suo amore»26.

    24 Francesco, Omelia crismale, 28 marzo 2013.25 Francesco, Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti al Convegno Ecclesiale della Diocesi di Roma, 17 giugno 2013.26 Francesco, Omelia GMG, Rio de Janeiro, 28 luglio 2013.

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    Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

    Durante la Visita pastorale ad Assisi, incontran-do il clero e le persone consacrate, disse: «Ma sono anche persone, realtà umane di fatto emarginate, di-sprezzate. Sono persone che magari si trovano fisica-mente vicine al “centro”, ma spiritualmente sono lon-tane. Non abbiate paura di uscire e andare incontro a queste persone, a queste situazioni. Non lasciatevi bloccare da pregiudizi, da abitudini, rigidità mentali o pastorali, dal famoso “si è sempre fatto così!”. Ma si può andare alle periferie solo se si porta la Parola di Dio nel cuore e si cammina con la Chiesa, come san Francesco. Altrimenti portiamo noi stessi, non la Parola di Dio, e questo non è buono, non serve a nessuno! Non siamo noi che salviamo il mondo: è proprio il Signore che lo salva! dove “Dio non c’è»27.

    Infine, nella Evangelii gaudium, viene espresso chiaramente il pensiero di Papa Francesco nel ri-badire: «Oggi, in questo “andate” di Gesù, sono pre-senti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa, e tutti siamo chiamati a questa nuova “uscita” missionaria. Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accetta-re questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo».

    Benedetto XVI, nel primo messaggio nella Cap-pella Sistina, dopo la sua elezione a Vescovo di Roma disse: «Mi sta dinanzi, in particolare, la te-stimonianza del Papa Giovanni Paolo II. Egli la-scia una Chiesa più coraggiosa, più libera, più gio-

    27 Francesco, Visita pastorale ad Assisi, Incontro con il Clero e i religiosi, 04 ottobre 2013.

  • Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

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    vane. Una Chiesa che, secondo il suo insegnamento ed esempio, guarda con serenità al passato e non ha paura del futuro. Col Grande Giubileo essa si è introdotta nel nuovo millennio recando nelle mani il Vangelo, applicato al mondo attuale attraverso l’autorevole rilettura del Concilio Vaticano II. Giu-stamente il Papa Giovanni Paolo II ha indicato il Concilio quale “bussola” con cui orientarsi nel vasto oceano del terzo millennio»28.

    Il tema si ritrova sviluppato nella liturgia del 24 aprile successivo: «Chiesa che riflette il volto di Dio-amore, e che porta sempre con sé il libro della Parola, il Pane, l’olio e il vino, assieme ad una brocca colma d’acqua, "per ridare un cuore nuovo all’uma-nità contemporanea immersa in una civiltà malata" (Giovanni Paolo II), che sembra veder esaurire le scorte di speranza».

    In preparazione e a conclusione della Visita Pa-storale venivano date delle preziose indicazioni che riporto di seguito:

    • Il metodo privilegiato da Mons. Ligorio per con-durre la Visita Pastorale, vale a dire di mettersi in ascolto del popolo a lui affidato, battezzati e cercatori di Dio, visitando le comunità ecclesiali e il Cortile dei Gentili come suggerito da Bene-detto XVI, è lo stesso che ci deve contraddistin-guere come Chiesa Diocesana.

    28 Benedetto XVI, Omelia, durante la concelebrazione eucaristica nella Cappella Sistina, del 20 aprile 2005.

    Le indicazioni della visita pastorale di Mons. S. Ligorio

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    Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

    • A conclusione della Visita nelle tre Zone pasto-rali (ora Vicarie) l’Arcivescovo, nel corso di una liturgia della Parola, consegnò ai parroci, in bu-sta chiusa, la relazione sullo status delle singole comunità. Da questa traspare in modo chiaro e inequivocabile che il desiderio del mio prede-cessore era quello di proseguire con la celebra-zione del primo Sinodo Diocesano della Chiesa di Matera-Irsina. Tale volontà è emersa altresì nei dialoghi con gli organismi di comunione dioce-sani, con l’intento di valorizzare la ricchezza di esperienze e di contenuti offerti dagli incontri con le comunità.

    Nello stesso tempo sono state focalizzate alcune debolezze da affrontare:

    • Anche nella nostra comunità diocesana incon-triamo le criticità emerse nel documento della Congregazione Culto Divino e Disciplina dei Sacramenti, Evangelizzare la religiosità popolare, in merito alla percezione dell’esistenza di Dio e alla sua incidenza nella vita dell’uomo. Da qui l’interrogativo:

    • «A che punto è la nostra fede? e la fede della nostra comuni-tà?».

    • Un’idea diffu-sa oggi è: «se Dio vuole, ci può salvare»; frutto di un fideismo superficiale, tipi-co atteggiamento contemporaneo, figlio del modernismo e della post-modernità.

    «A che punto è la nostra fede? E la fede della nostra

    comunità?»

  • Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

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    • Si evince una grossa difficoltà a seguire gli inse-gnamenti del Gesù della Croce, della sofferen-za, del grido del Getsemani, perché in questo tempo storico tutto si deve ottenere subito. Be-nedetto XVI con la sua trilogia su Gesù di Na-zareth riporta l’uomo all’immagine con il crea-tore: “nel Getsemani…piangeva e soffriva per me”.

    Dalle relazioni della visita pastorale emergono anche tante cose positive:

    • Si percepisce la volontà di penetrare di più nel mistero di Dio, richiesta manifestata dai giova-ni in dialogo attento con l’Arcivescovo, dai loro sguardi, dai loro silenzi e dalle loro domande, per ridare certezza di vita, di fede e di affidamento come scrive l’evangelista Giovanni: «abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me» (14,1-14). In ogni cultura religiosa l’uomo è in relazione con la divinità, ma solo Gesù rivela l’uomo all’uomo e indica che Lui non è venuto per abolire il pas-sato ma per darne compimento.

    • Occorre illuminare i cuori con la luce della Pa-rola senza relativizzarla né «addomesticarla». La Chiesa deve parlare di Dio a partire dal suo essere amore, declinato in bontà, misericordia, comunione per essere testimoni credibili. Il be-ato Paolo VI affermava, infatti, che il mondo ha bisogno di testimoni perché molti sono i maestri.

    • Altro aspetto da sottolineare è la «grazia di Dio» donata nel Battesimo, da cui scaturisce il senso della nostra responsabilità per un impegno fat-tivo nella famiglia e nella comunità ecclesiale e civile.

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    Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

    Per dare una risposta all’interrogativo posto dall’Ar-civescovo «a che punto è la nostra fede?» si sono pro-poste delle linee guida e delle scelte da fare:

    I fedeli laici singolarmente o in quanto membri di associazioni, confraternite, movimenti e gruppi ec-clesiali, sono chiamati a vivere l’appartenenza alla Chiesa, a riscoprire la propria vocazione battesimale e il proprio ruolo nella comunità, in dialogo con i presbiteri e con il Vescovo per la crescita della nostra Chiesa. Se le comunità cristiane sono ricche di una attività che rasenta “il fare per il fare” spesso rive-lano una frammentazione nociva alla comunione. Infatti l’arcivescovo evidenziava i tanti segni positivi e di crescita che si notano nelle singole comunità: ca-techesi per gli adulti, catechesi biblica, preparazione ai sacramenti, gruppi di famiglie, liturgie, adorazioni eucaristiche, ma caldeggiava l’ulteriore impegno per sentirsi famiglia diocesana.

    Ad una dimensione teologale della Carità corrispon-de la sua testimonianza attraverso gesti concreti.

    • È necessario educare tutta la comunità all’agire nella carità, superare la frattura tra il Vangelo e la vita concreta, perché il mistero dell’Incar-nazione e della sequela Christi diventi evangelo di speranza e di carità, di manifestazione dell’a-more di Dio, di assunzione di stili di vita pronti all’accoglienza e alla condivisione.

    • La conoscenza del territorio, che può e deve emergere anche attraverso il dialogo con le Isti-tuzioni, con i Servizi sociali, i centri di ascolto Caritas (auspicabili in ogni parrocchia), per-mette di avere una mappa delle potenzialità e

  • Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

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    delle povertà. La carità va organizzata, testimo-niata e strutturata secondo un ordine necessa-rio alla varietà dei bisogni, delle situazioni e del-le risorse che le comunità possono esprimere.

    • La presenza di immigrati, ad esempio, nelle no-stre comunità e soprattutto nel metapontino, dove si vive una permanente emergenza, aiuta le comunità a riconoscere il diverso, a superare ogni forma, anche latente, di razzismo.

    La nostra Chiesa ha bisogno di mettersi in ascolto, di dialogare al suo interno con lo stile della sinoda-lità, cercando strade nuove per portare il messag-gio del Vangelo nelle nostre comunità parrocchiali.

    Abbiamo la certezza che Gesù ci accompagna con la luce dello Spirito Santo e apre il nostro cuore verso quanti incontriamo sul nostro cammino. Dio Padre, nel Figlio, Gesù, ci ha manifestato il suo grande amore verso tutti, in particolare ver-so gli ammalati nel corpo e nello spirito, verso gli esclusi.

    «A me - scriveva don Tonino Bello - piace moltissi-mo l’espressione Chiesa del grembiule, cioè Chiesa del servizio. Sembra un’immagine un tantino auda-ce, discinta, provocante, ma è al centro del Vangelo: ‘Gesù, preso un asciugatoio, se lo cinse intorno alla vita. Poi, versata dell’acqua in un catino, cominciò a lavare i piedi dei discepoli’ (Gv13, 3-12). Stola e grembiule. Forse a qualcuno può sembrare un’e-

    Una Chiesa in ascolto,in dialogo

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    Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

    spressione irriverente, e l’accostamento della stola col grembiule può suggerire il sospetto di un piccolo sa-crilegio. Si, perché di solito la stola richiama l’arma-dio della sacrestia, dove con tutti gli altri paramenti sacri, profumata d’incenso, fa bella mostra di sé, con la sua seta ed i suoi colori, con i suoi simboli ed i suoi ricami. Non c’è novello sacerdote che non abbia in dono dalle buone suore del suo paese, per la pri-ma messa solenne, una stola preziosa. Il grembiule, invece, ben che vada, se non proprio gli accessori di un lavatoio, richiama la credenza della cucina, dove, intriso di intingoli e chiazzato di macchie, è sempre a portata di mano della buona massaia»29.

    D’altronde così preghiamo durante la celebrazio-ne Eucaristica:

    Tu non ci lasci soli nel cammino,ma sei vivo e operante in mezzo a noi.Con il tuo braccio potente guidasti l’assemblea errante nel deserto;oggi accompagni la tua Chiesa,pellegrina nel mondo,con la luce e la forza del tuo Spirito;per mezzo del Cristo, tuo Figlio e nostro Signore,ci guidi, nei sentieri del tempo, alla gioia perfetta del tuo regno. (Va)

    Rendici aperti e disponibili verso i fratelli che incontriamonel nostro cammino,perché possiamo condividere i dolori e le angosce,le gioie e le speranzee progredire insieme sulla via della salvezza. (Vb)

    29 T. Bello, Stola e grembiule, Ed. Insieme, Terlizzi, 1993.

  • Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

    28

    In lui (Padre Onnipotente)ci hai manifestato il tuo amoreper i piccoli e i poveri,per gli ammalati e gli esclusi.Mai egli si chiusealle necessità e alle sofferenze dei fratelli.Con la vita e la parolaannunziò al mondo che tu sei Padree hai cura di tutti i tuoi figli. (Vc)

    Ascoltando i confratelli sacerdoti e i fratelli laici ho colto che è giunto il momento di passare dalle cosiddette “assemblee” o “convegni” annuali al bi-sogno di ritrovarsi, di dialogare e scegliere secon-do lo Spirito di Dio. Cosa significa oggi, qui, sul nostro territorio, essere Chiesa?

    Siamo chiamati a guardare alle nostre radici, al percorso fatto in tutti questi anni, soprattutto dopo l’erigenda nuova Arcidiocesi di Matera-Ir-sina: sarebbe il primo Sinodo!

    L’episodio dei discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35) offre ulteriori spunti al nostro essere Chiesa oggi, al nostro Cammino Sinodale e alla nostra pre-ghiera.

    La nostra Chiesa locale sta già esprimendo in tan-ti modi e in tante situazioni questo stile sinodale. Per esempio, anche in vista della grande oppor-tunità data da Matera 2019, una commissione, nella quale sacerdoti e laici, coordinati dal Vica-rio Generale, Mons. Pierdomenico Di Candia, ha lavorato in comunione. Il risultato prodotto è stato quello di fornire indicazioni progettuali ben precise per un apporto concreto e costruttivo alla

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    Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

    realizzazione degli obiettivi di Matera 2019. Ne riporto un passaggio significativo: «La Comuni-tà ecclesiale deve saper cogliere e proporre in forme attualizzate il senso del farsi di una cultura e di un vissuto pienamente inseriti nella storia. Si ritiene pertanto essenziale individuare alcune linee-guida per orientare l’impegno delle comunità cristiane nella presa di coscienza del valore culturale della propria missione e nel proporre iniziative culturali future. Senza fermarsi a una generica considerazione del patrimonio artistico religioso come cifra di un contri-buto della comunità dei fedeli a questo percorso, né pensare che la cultura sia appannaggio di pochi ad-detti ai lavori, né indulgere a lamentele rivendicative o moralistiche, è necessario far leva sulla straordina-ria forma di creatività e partecipazione che viene dal vissuto di fede, speranza e carità di tanti fedeli. Pri-ma che di eventi, convegni e mostre, è indispensabile che le comunità cristiane siano promotrici del più ampio coinvolgimento di associazioni, comunità e singoli credenti, nella riscoperta della propria identi-tà. Nella progettazione e proposizione di iniziative è opportuno far leva su un’impostazione “policentrica”, capace di attivare il più possibile il protagonismo e la funzione dei vari uffici, comitati, associazioni e fedeli laici. Le iniziative individuate, valutate e opportuna-mente coordinate, debbono mettere in moto processi, prima di essere momenti celebrativi, e rispondere al criterio di una progettualità pastorale piuttosto che a quello di eventi occasionali, ed esprimere la vocazio-ne della Chiesa di stare con gli uomini e le donne di questo tempo, con le loro storie e le loro esperienze»30.

    30 Tra radici e futuro. Il contributo dell’Arcidiocesi di Matera-Irsina al percor-so di Matera 2019.

  • Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

    30

    Occorre, dunque, lasciarsi guidare come Chiesa dalle preziose indicazioni del Papa nella sua Let-tera apostolica, ma altrettanto necessario tener conto di quanto emerso in occasione della Visita Pastorale alle parrocchie della nostra Arcidiocesi di Matera-Irsina.

    Incamminarsi in un percorso sinodale è la strada maestra da percorrere per crescere nell’identità di Chiesa in uscita. «Voi uscite per le strade e andate ai crocicchi: tutti quelli che troverete, chiamateli, nes-suno escluso (cfr Mt 22,9). Soprattutto accompagnate chi è rimasto al bordo della strada, «zoppi, storpi, ciechi, sordi» (Mt 15,30). Dovunque voi siate, non co-struite mai muri né frontiere, ma piazze e ospedali da campo»31.

    Fare il percorso sino-dale significa, dunque, camminare insieme, come Chiesa pellegrina capace di guardare ver-so l’Oltre e verso l’Al-trove. Significa risco-

    prire la propria identità e appartenenza: Chiesa che nasce dall’Alto, che non ha la preoccupazione di stabilire regole (a volte necessarie e rassicu-ranti) ma di favorire l’incontro di tutti con Gesù Cristo32. «La sinodalità, come dimensione costitu-

    31 Francesco, Incontro con i rappresentanti del V Convegno Nazionale della Chiesa Italiana, 10 novembre 2015.32 S. Giovanni Crisostomo scriveva nel Commento al salmo 149: “la chiesa

    Cosa significafare un percorso sinodale?

    “Fare il percorso sinodale significa, dunque, guardare

    verso l’Oltre e verso l’Altrove”

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    Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

    tiva della Chiesa, ci offre la cornice interpretativa più adeguata per comprendere lo stesso ministero gerarchico. Se capiamo che, come dice san Giovanni Crisostomo, “Chiesa e Sinodo sono sinonimi” - per-ché la Chiesa non è altro che il "camminare insieme" del Gregge di Dio sui sentieri della storia incontro a Cristo Signore - capiamo pure che al suo interno nessuno può essere "elevato" al di sopra degli altri. Al contrario, nella Chiesa è necessario che qualcuno "si abbassi" per mettersi al servizio dei fratelli lungo il cammino»33.

    Una Chiesa che fa un percorso sinodale ha la ne-cessità di mettersi in ascolto, di verificare, di ride-finirsi non in base a ciò che ha sempre fatto ma in base a ciò che lo Spirito oggi suggerisce. «Il primo livello di esercizio della sinodalità si realizza nelle Chiese particolari. Dopo aver richiamato la nobile istituzione del Sinodo diocesano, nel quale Presbite-ri e Laici sono chiamati a collaborare con il Vescovo per il bene di tutta la comunità ecclesiale (CJC, cann. 460-468), il Codice di diritto canonico dedica ampio spazio a quelli che si è soliti chiamare gli "organismi di comunione" della Chiesa particolare: il Consiglio presbiterale, il Collegio dei Consultori, il Capitolo dei Canonici e il Consiglio pastorale (CJC, cann 595-514). Soltanto nella misura in cui questi organismi riman-gono connessi col "basso" e partono dalla gente, dai problemi di ogni giorno, può incominciare a prendere forma una Chiesa sinodale: tali strumenti, che qual-che volta procedono con stanchezza, devono essere va-lorizzati come occasione di ascolto e condivisione»34.

    è sinodo” (Ex in Psalm 149,2 in PG 55, 493).33 Francesco, Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015.34 Idem.

  • Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

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    Una Chiesa in ascolto, parten-do dalla Parola di Dio, che è l’inse-gnamento della Chiesa, deve veri-ficare e ridefinirsi non in base a ciò che si è sempre fatto ma in base a ciò che lo Spirito oggi suggerisce. La religiosità e la pietà popolare sono un patrimonio grande della Chiesa, ma han-no bisogno di essere evangelizzate per non corre-re il rischio di rimanere fermi a tradizioni che, a volte, potrebbero penalizzare la crescita di un po-polo. Tutto va bene se esprime la forza dirompen-te del Vangelo di Gesù Cristo, se converte i cuori, se aiuta a maturare un cammino di fede. «Non ci sarebbero più pagani - diceva san Giovanni Cri-sostomo - se ci comportassimo da veri cristiani»35.

    Una Chiesa in cammino sinodale entra in dialogo con l’umanità variegata, in una società sempre più multietnica e multiculturale. «Lungi dall’irrigidir-ci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e ren-de possibile la strada del dialogo con tutti»36. Papa Francesco, riflettendo sul camminare dei cristiani, dice: «Penso che questa sia veramente l’esperienza più bella che viviamo: far parte di un popolo in cam-mino, in cammino nella storia, insieme con il suo Signore, che cammina in mezzo a noi!»37. Chiamati

    35 S. Giovanni Crisostomo, Ep ad Tim. 3, hom. 10.36 Francesco, Lettera Enciclica, Lumen Fidei (LF), 34.37 Francesco, Incontro con il Clero, persone di vita consacrata e membri di Consigli Pastorali, durante la visita pastorale ad Assisi, 04 ottobre 2013.

    “Mettersi in ascolto, partendo dalla

    Parola di Dio, che è l’insegnamento della

    Chiesa, deve verificare e ridefinirsi non in base a ciò che si è sempre fatto ma in base a ciò

    che lo Spirito oggi suggerisce”

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    Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

    a trovare «vie nuove al cammino della Chiesa nei prossimi anni»38. Un grande teologo, Dietrich Bonhoeffer, già tanti anni addietro, affermava: «La Chiesa deve uscire dalla sua stagnazione. Dob-biamo tornare all'aria aperta del confronto spirituale con il mondo. Dobbiamo rischiare di dire anche delle cose contestabili, se ciò permette di sollevare questioni di importanza vitale»39.

    Una Chiesa in cam-mino sinodale abita le relazioni umane per accogliere e donare. «Il primato della relazione, il ricupero del ruolo fon-damentale della coscien-za e dell’interiorità nella costruzione dell’identità della persona umana, la ne-cessità di ripensare i percorsi pedagogici come pure la formazione dei giovani e degli adulti, divengono oggi le priorità ineludibili»40. Una Chiesa in uscita, che sta in mezzo alla comunità degli uomini per ascoltare, capire, discernere, operare. Una Chie-sa capace di toccare, immergersi e toccare le tristi piaghe della povertà, della divisione, combattere la cultura dello scarto41, che ama la nostra “casa comune”42, la terra, la rispetta e l’aiuta a ritrovare la bellezza originaria della creazione. Una Chie-sa sinodale è di per sé missionaria perché cerca «di guardare e di leggere la realtà, anzi le realtà, di

    38 Francesco, EG,1.39 D. Bonhoeffer, Resistenza e Resa, 458 (WE 202).40 CEI, In Gesù Cristo il nuovo umanesimo, Una traccia per un cammino verso il 5° Convegno ecclesiale nazionale, p. 52.41 Francesco, EG, 53.42 Francesco, Lettera Enciclica, Laudato sii, sulla cura della casa comune, 24 maggio 2015.

    “Una Chiesa in cammino

    sinodale abita le relazioni umane per accogliere e

    donare”

  • Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

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    oggi con gli occhi di Dio, per accendere e illuminare con la fiamma della fede i cuori degli uomini, in un momento storico di scoraggiamento e di crisi sociale, economica, morale e di prevalente negatività»43.

    Una chiesa in cammino sinodale capace di parlare profeticamente. Diventa “Madre e Maestra” per-ché insegna, accostandosi e camminando con gli uomini, che non bisogna mai disperare e prose-gue il cammino con loro per andare dove chiama lo Spirito e dove porta il cuore44.

    Ripartiamo dalla visita pastorale di Mons. Sal-vatore Ligorio, dalle conclusioni del Convegno di Firenze (cinque verbi: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare), dall’Esortazione apostoli-ca Evangeli gaudium di Papa Francesco, avendo come sfondo per un cammino pluriennale le Co-stituzioni del Concilio Vaticano II, dalla mia pri-ma Lettera pastorale.

    L’esigenza è quella di mettersi in un cammino sinodale, insieme laici e presbiteri sotto la guida del Pastore, per verificare il cammino fatto. Non possiamo pensare di guardare avanti (la fretta è una brutta consigliera) senza verificare il percorso pastorale già fatto. Dobbiamo interrogarci sulla direzione che nell’attuale momento storico stan-

    43 Francesco, Discorso a conclusione dei lavori della XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei vescovi, 24 ottobre 2015.44 M. G. Masciarelli, Una Chiesa tutta sinodale, in Settimana News, 21 giugno 2016.; «Il sogno di papa Francesco: una Chiesa e una Curia romana nel segno della sinodalità», in Kairós 3 (2013/1-2) 21-46.

    Da dove ripartiamo?

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    Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

    no prendendo il mondo e la società. Dobbiamo chiederci quali sono le domande più profonde che gli uomini e le donne, i giovani soprattut-to, oggi si pongono o hanno nell’animo (vanno coinvolti i consigli pastorali diocesani e parrocchiali, consiglio presbiterale, collegio dei consultori, consigli degli affari economici, incontri e organismi vicariali. Le nostre comunità parrocchiali avranno un sussi-dio che sarà preparato perché tutti ci mettiamo in ascolto, come i discepoli di Emmaus, per le strade della nostra Arcidiocesi). Dobbiamo individuare stili nuovi di evangelizzazione secondo le indica-zioni dell’Evangelii gaudium di Papa Francesco. Dobbiamo avviare una vera e propria riforma dell’azione pastorale, non più centrata sulla reli-giosità, ma su Gesù Cristo e sull’uomo. Questo itinerario complesso ma carico della dimensione comunitaria ci consentirà di formulare proposte per essere Chiesa sempre più rispondente alle esi-genze evangeliche che sono, in fondo, le esigenze di felicità che ogni persona avverte.

    Tutto questo richiede:

    • di confidare nell’azione dello Spirito Santo che guida la Chiesa

    • di mettere in discussione prassi pastorali ormai desuete, “si è fatto sempre così”

    • di abbandonare lo stile di una Chiesa che dà per scontato di sapere tutto e di avere in mano la soluzione di tutti i problemi

    • di saper valorizzare i laici con i loro carismi, che non mancano nelle nostre comunità

  • Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

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    • di mettersi in ascolto e in ricerca di tutto il bene che è presente nel mondo, evitando giudizi o pregiudizi, che non aiutano ad abbracciare la realtà e le persone che ci vivono accanto.

    L’attenzione dell’Italia e dell’Europa sulla Città di Matera, capitale europea della cultura 2019, solle-cita la nostra Chiesa ad accompagnare con grande responsabilità non solo questa data significativa per tutto il Sud Italia, ma ancor di più a risco-prire e valorizzare il grande patrimonio di fede e di cultura che caratterizza la storia delle nostre comunità, per incidere in profondità sull’“oggi” e sulle sfide poste all’evangelizzazione dalla secola-rizzazione in atto.

    La conversione pastorale e lo slancio missionario, auspicati quale modalità per la pastorale in questo nostro tempo; l’essere Chiesa “in uscita”, attenta ai poveri e agli ultimi, chiedono alla nostra diocesi di attenzionare concretamente le tante forme di povertà che si moltiplicano nella società della cul-tura dello “scarto”, che contempla anche la povertà di chi vive relazioni mancate, frustrate, negate, che incidono sulla vita delle persone, delle famiglie, dei figli soprattutto45.

    Vi è inoltre la povertà di chi ha perso il lavo-ro, di chi non l’ha mai

    45 Cfr. Francesco, EG, 20, 24, 25.

    Guardando a Matera 2019, Capitale europea della cultura

    “La conversione pastorale e lo slancio

    missionario”

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    Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

    avuto, di chi ha smesso di cercarlo perché caduto nella rassegnazione se non addirittura nella de-pressione, di chi è costretto a emigrare, di chi ar-riva in Italia (immigrati) e nelle nostre comunità con la speranza di trovare una vita dignitosa, che non sempre si realizza in una società percorsa da pregiudizi e rifiuto.

    Tra i tanti percorsi da attuare e da incrementa-re nella nostra Chiesa diocesana siamo chiama-ti, sicuramente, a rafforzare la co-munione presbi-terale, assumendo linee condivise di di scernimento, di accompagna-mento, di cura delle fragilità, so-prattutto verso le famiglie in diffi-coltà e le persone disorientate rispetto ai valori fondamentali della vita, della famiglia, del senso di appartenenza alla comunità non solo ecclesiale ma anche cittadina e sociale. Inoltre va valorizzata maggiormente la corresponsabilità dei laici in ordine alla pro-mozione del bene comune e della stessa missione evangelizzatrice.

    Una possibile progettualità pastorale dovrebbe aiutarci ad assumere in maniera più decisa il frutto dell’Anno della Misericordia, dando spazio alla fan-tasia della misericordia, che ci permetta di guarda-re alle persone oltre i recinti delle nostre parrocchie

    “Rafforzare la comunione presbiterale,

    assumendo linee condivise di

    discernimento. Va anche valorizzata la

    corresponsabilità dei laici in ordine al bene

    comune”

  • Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

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    e gruppi ecclesiali e facendoci carico delle proble-matiche esistenziali che la gente oggi vive.

    Come annunciare Gesù Cristo a quanti, pur bat-tezzati, sono presi dalle difficoltà a mandare avan-ti la famiglia, ad accettare la prova della malattia, della mancanza di lavoro e di prospettive per il futuro, del fallimento di un rapporto coniugale? Come annunciarlo a quanti vivono chiusi nelle sicurezze di opinioni dominanti? A coloro che vi-vono la più grande povertà, quella dell’esclusione di Dio dalla loro vita? Come preparare la Gior-nata mondiale dei poveri perché non sia solo un momento celebrativo ma un punto di partenza per operare concretamente la “scelta preferenziale dei poveri” nelle nostre comunità?

    Anche le linee programmatiche del Convegno di Firenze, incentrato su Cristo modello del nuo-vo umanesimo, chiedono di essere accolte dalla nostra Chiesa diocesana. Centralità di Cristo e centralità dell’uomo possono essere assunte come criterio per rifondare l’azione pastorale in chiave missionaria. L’umanesimo declinato secondo la prospettiva della trascendenza e dell’interiorità, dell’ascolto e della concretezza, l’umanesimo plu-rale e integrale potrebbero offrire un criterio di riferimento per la nostra progettualità: per rifon-dare in Gesù Cristo l’identità umana, le relazioni, il senso della vita come dono.

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    Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

    «Incontrare, accompagnare, prendersi cura di ogni giovane, nessuno escluso». È la prospettiva del do-cumento preparatorio del Sinodo dei giovani, in programma nell’ottobre del 2018, sul tema: «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale»46.

    Riporto una sintesi del documento preparatorio.

    “Riconoscere, interpretare, scegliere”. Sono i tre verbi, che troviamo nell’Evangelii gaudium, in cui è riassunta l’essenza del “discernimento voca-zionale”. «Il percorso della vita impone di decidere, perché non si può rimanere all’infinito nell’indeter-minatezza».

    Di qui l’importanza dell’accompagnamento per-sonale, che non è “teoria del discernimento” ma ca-pacità di «favorire la relazione tra la persona e il Si-gnore, collaborando a rimuovere ciò che la ostacola».

    È «la differenza tra l’accompagnamento al discerni-mento e il sostegno psicologico».

    “Uscire, vedere, chiamare”. Sono i tre verbi dell’Evangelii Gaudium al centro della terza e ul-tima parte del documento, in cui si risponde alla domanda centrale del testo: «Che cosa significa per la Chiesa accompagnare i giovani ad accoglie-re la chiamata alla gioia del Vangelo, soprattutto in un tempo segnato dall’incertezza, dalla precarietà,

    46 Sinodo dei Vescovi, XV Assemblea generale ordinaria, I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, Documento preparatorio, Città del Vaticano 2016.

    Passando attraversoil Sinodo dei giovani

  • Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

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    dall’insicurezza?». La ricetta suggerita è «l’inclusio-ne reciproca tra pastorale giovanile e pastorale voca-zionale, pur nella consapevolezza delle differenze». “Uscire” è abbandonare gli “schemi” che incasel-lano le persone, vedere è “passare del tempo” con i giovani per “ascoltare le loro storie”, chiamare è «ridestare il desiderio, smuovere le persone da ciò che le tiene bloccate, porre domande a cui non ci sono risposte preconfezionate».

    Pastorale vocazionale, inoltre, «significa accogliere l’invito di Papa Francesco a uscire, anzitutto da quel-le rigidità che rendono meno credibile l’annuncio della gioia del Vangelo, dagli schemi in cui le per-sone si sentono incasellate e da un modo di essere Chiesa che a volte risulta anacronistico». «Tutta la comunità cristiana deve sentirsi responsabile del compito di educare le nuove generazioni».

    È quanto si legge nella parte finale del testo, in cui si auspica il «coinvolgimento dei giovani negli orga-nismi di partecipazione delle comunità diocesane e parrocchiali, a partire dai consigli pastorali».

    No, quindi, «all’improvvisazione e all’incompeten-za»: servono «adulti degni di fede, credenti auto-revoli, con una chiara identità umana, una solida appartenenza ecclesiale». «Insostituibile» il ruolo educativo svolto dalle famiglie.

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    Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

    Per fare un percorso sinodale e successivamente celebrare il Sinodo Diocesano, le quattro costi-tuzioni conciliari ci orienteranno per i prossimi anni, tenendo presenti le cinque vie indicate dal Convegno ecclesiale di Firenze.

    Sacrosanctum con-cilium: dalla liturgia celebrata alla vita vis-suta accanto a persone come noi e diverse da noi… Occorre ora ricordare che «la proclamazione liturgica della Parola di Dio, soprattutto nel contesto dell’assemblea eucaristica, non è tanto un momento di meditazione e di catechesi, ma è il dialogo di Dio col suo popolo, dialogo in cui vengono proclamate le meraviglie della salvezza e continuamente riproposte le esigenze dell’Alleanza»47.

    TRASFIGURARE: Bellezza e sobrietà insieme per una liturgia rinnovata.

    Bellezza e sobrietà, insieme, sono i due perni at-torno a cui dovrà ruotare «un profondo rinnova-mento» della liturgia. «Trasfigurare è sguardo che cerca l’uomo, specialmente i poveri», è far emergere la bellezza che c’è, che il Signore non si stanca di suscitare nella concretezza dei giorni, delle perso-ne che incontriamo e delle situazioni che viviamo.

    47 Francesco, EG, 137.

    Le quattroCostituzioni Conciliari e le cinque vie di Firenze

    “Sacrosanctum concilium”

  • Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

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    Dei Verbum: in ascolto della Parola e in ascolto della vita…saper riconoscere i semina Verbi. La Chiesa, che è discepola missionaria, ha bisogno di crescere nella sua interpretazione della Parola rivela-ta e nella sua comprensione della verità. Il compito degli esegeti e dei teologi aiuta a maturare «il giudizio della Chiesa». In altro modo lo fanno anche le altre scienze. Riferendosi alle scienze sociali, per esempio, Giovanni Paolo II ha detto che la Chiesa presta at-tenzione ai loro contributi «per ricavare indicazio-ni concrete che la aiutino a svolgere la sua missione di Magistero». Inoltre, in seno alla Chiesa vi sono innumerevoli questioni intorno alle quali si ricerca e si riflette con grande libertà. Le diverse linee di pensiero filosofico, teologico e pastorale, se si lasciano armonizzare dallo Spirito nel rispetto e nell’amore, possono far crescere la Chiesa, in quanto aiutano ad esplicitare meglio il ricchissimo tesoro della Parola. A quanti sognano una dottrina monolitica difesa da tutti senza sfumature, ciò può sembrare un’imperfet-ta dispersione. Ma la realtà è che tale varietà aiuta a manifestare e a sviluppare meglio i diversi aspetti dell’inesauribile ricchezza del Vangelo.

    ANNUNCIARE: Rivedere il sistema educativo e formativo di chi evangelizza. Accompagnare gli evangelizzatori sempre nella profonda conoscen-za della Parola di Dio, affinché l’annuncio sia te-stimoniato dentro e fuori la Chiesa.

    Lumen gentium: una Chiesa, “sacramento o segno e strumento di co-munione”, missionaria, in uscita, che annuncia

    “Lumengentium”

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    Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

    e offre Cristo agli uomini e alle donne del nostro tempo. Dio «invia il suo Spirito nei nostri cuori per farci suoi figli, per trasformarci e per renderci capaci di rispondere con la nostra vita al suo amore. La Chiesa è inviata da Gesù Cristo come sacramento della salvezza offerta da Dio. Essa, mediante la sua azione evangelizzatrice, collabora come strumento della grazia divina che opera incessantemente al di là di ogni possibile supervisione. Lo esprimeva bene Benedetto XVI aprendo le riflessioni del Sinodo: “È importante sempre sapere che la prima parola, l’iniziativa vera, l’attività vera viene da Dio e solo inserendoci in questa iniziativa divina, solo implo-rando questa iniziativa divina, possiamo anche noi divenire - con Lui e in Lui - evangelizzatori”. Il prin-cipio del primato della grazia dev’essere un faro che illumina costantemente le nostre riflessioni sull’evan-gelizzazione»48.

    EDUCARE: «Cuore aperto» di fronte alle sfide odierne. Scelte d’impegno e invito a mettersi in rete. Continuare a credere nel potere forte dell’e-ducazione e nella sua capacità dirompente di tra-sformare la storia e la società di ogni tempo, con-sapevoli che, per affrontare le sfide odierne - che sono «un’opportunità», una «sollecitazione alla conversione pastorale» piuttosto che «un proble-ma» - occorre «avere il cuore aperto».

    Gaudium et spes: la Chiesa nel mondo con-temporaneo, nell’era della globalizzazione e della comunicazio-

    48 Francesco, EG, 112.

    “Gaudiumet spes”

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    ne dei social network, nuove vie per annunciare il Vangelo. «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le spe-ranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore»49. Il Concilio ci ha insegnato che non ci può essere fedeltà a Dio se non c’è fedeltà all’uomo. L’ascolto, il dialogo, la comprensione si mostrano in gesti concreti di attenzione, cura e preoccupazione: l’attenzione verso l’humanum.

    USCIRE: Audaci nella testimonianza col corag-gio di sperimentare. L’annuncio del Vangelo non deve essere offerto come una summa dottrinale o come un manuale di morale, ma anzitutto come una testimonianza sulla persona di Cristo, attra-verso un volto amichevole di Chiesa tra le case, nella città.

    ABITARE: La dottrina sociale riferimento e «fonte» dell’agire pubblico. Si abitano relazioni prima che luoghi. E «stare in mezzo al popolo» non può limitarsi ad una presenza fisica, ma ha bisogno di uno stile che passa per cinque verbi: ascoltare, lasciare spazio, accogliere, accompa-gnare e fare alleanza.

    49 GS, 1.

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    Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

    Il Convegno ecclesiale di Firenze ci sta aiutando a capire che il "nuovo umanesimo in Gesù Cristo" deve necessariamente mostrare il volto dell’incarnazio-ne. Significa entrare, visitare e stare in ogni forma di periferia esistenziale, soprattutto le più lontane.

    Il Convegno di Firenze ha puntualizzato che dev’essere un umanesimo che si mette "in ascolto, concreto, plurale e integrale, d’interiorità e trascen-denza".

    In ascolto «per riconoscere la bellezza dell’umano ‘in atto’», concreto per dare risposte ai reali bisogni: in questo modo l’evangelizzazione diventa pro-mozione umana.

    Un umanesimo che dev’essere plurale e integrale, il quale ci insegna che non c’è differenza tra uomo e uomo: esiste solo l’uomo che, nella diversità di razza e cultura, è una ricchezza che aiuta a capi-re meglio come valorizzare e promuovere il bene comune.

    Nello stesso tempo dev’essere un umanesimo d’interiorità e trascendenza. L’ascolto della Parola di Dio aiuta ad entrare in relazione con Lui attra-verso la preghiera, per vivere la vita nella sua pie-nezza. L’uomo, ogni uomo, viene incontrato dallo sguardo umano di Cristo che ama, libera e salva.

    Avremo tre fasi diverse e successive che ci aiuteranno come Chiesa di Matera-Irsina a metterci in ascolto e discernere comunitariamente, sinodalmente:

    Percorso che faremo

  • Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

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    1. In ascolto di quello che ci dice lo Spirito Santo: Per-corso sinodale che ci proietta verso “Matera 2019”: settem-bre 2017/di-cembre 2018.

    Durante l’appuntamento annuale dell’Assem-blea Diocesana saranno presentati i membri (sacerdoti, consacrati e consacrate, laici: un centinaio) che lavoreranno durante questi anni per avviare il percorso sinodale nelle vicarie, nelle parrocchie, in preparazione alla cele-brazione del Sinodo. Questo comporta che il gruppo, rappresentativo dell’intera Arcidiocesi di Matera - Irsina, si incontri per progettare il metodo di lavoro, assuma i contenuti dell’E-vangelii Gaudium, del Convegno ecclesiale di Firenze, delle quattro Costituzioni Conciliari, per aiutare le Vicarie e le Parrocchie a lavorare sinodalmente, non tralasciando quanto emerso durante la Visita Pastorale di Mons. Salvatore Ligorio. Si cercherà, così, di capire che cosa il Signore, oggi, chiede alla nostra Chiesa Dioce-sana: “Gesù in persona si avvicinò e cammina-va con loro”.

    2. Il Vangelo è Gesù Cristo: Celebrazione del Si-nodo Diocesano: gennaio 2019.

    E’ il momento in cui si esprime la “Chiesa co-munione”, guardando alla “missione” che Gesù

    “In ascolto di quello che ci dice lo Spirito Santo:

    Percorso sinodale che ci proietta

    verso Matera 2019: settembre 2017/dicembre 2018”

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    Lettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

    le ha affidato. Non personalismi, inte-ressi di parte, stec-cati secondo logiche o punti di vista, ma linguaggio di una Chiesa che prenda tra le mani il Vange-lo e si lasci guidare dallo Spirito Santo.

    Durante quest’anno ci saranno quattro sessioni di lavoro (fine settimana) per ascoltare, lavora-re in gruppi di studio e assembleare. Così ar-riveremo ad una sessione conclusiva di sintesi, per elaborare delle normative che ci permetta-no di continuare il percorso sinodale.

    3. Gustare i frutti del Sinodo. Attuazione dello stile sinodale dal gennaio 2020.

    Questo stile diventa attuativo in tutte le Vicarie e nelle Par-rocchie, non per imparare le norme e metterle in pratica, quanto piuttosto per avere un mo-dus comune che ci aiuti come Chiesa a cresce-re, maturare ed esprimere una fede adulta.

    “Il Vangelo è Gesù Cristo:

    Celebrazione del Sinodo Diocesano:

    gennaio 2019”

    “Gustare i frutti del Sinodo.

    Attuazione dello stile sinodale dal gennaio 2020”

  • ARCIDIOCESI DI MATERA-IRSINALettera ai cristiani della Chiesa di Matera-Irsina per il percorso sinodale

    Supplemento a Logos le ragioni della verità n. 18

    Finito di stampare nel mese di Settembre 2017 presso:D&B stampagrafica Bongo | Gravina in Puglia

    progetto grafico: Dream Graphics di Antonio Gargano | Matera