Lesina (FG) - san Primiano 2012

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SAN PRIMIANO 2012 numero unico - maggio 2012 A PAGINA 6 La statua lignea di San Primiano compie 300 anni A PAGINA 10 A vent’anni dalla sua scomparsa ricordiamo il caro don Domenico A PAGINA 27 Gli appuntamenti religiosi della Festa A PAGINA 31 Mostra fotografica Colori e suoni della tradizioneEVVIVA PRIMIANO! LE VIBRAZIONI Un tour di puro rock and roll A PAGINA 12 Il programma completo della festa A PAGINA 16

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Opuscolo dei festeggiamenti patronali svoltisi nel 2012 nella località pugliese

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SAN PRIMIANO 2012numero unico - maggio 2012

A PAGINA 6La statua lignea diSan Primiano compie300 anni

A PAGINA 10A vent’anni dalla sua scomparsa ricordiamo il caro don Domenico

A PAGINA 27Gli appuntamenti religiosidella Festa

A PAGINA 31Mostra fotografica “Colori e suoni della tradizione”

EVVIVA PRIMIANO!LE VIBRAZIONIUn tour di puro rock and rollA PAGINA 12

Il programma completo della festaA PAGINA 16

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La celebrazione delle solennità dei nostri Santi Patroni segna una “sosta” importantissima nella vita del credente.

Onoriamo i nostri Santi perchè intercedano per noi e ci aiutino a seguire il loro esempio.

Nell’augurare a tutti “buoni festeggiamenti nel segno della vera fede”, vi invito a meditare sul nostro essere uomini e donne chiamati ad una vocazione di santità.

Maria SS. Annunziata, San Primiano, San Rocco e Sant’Antonio risveglino in noi la voglia di camminare verso il Cielo,senza trascurare la nostra storia terrena.

don Josè C. Rivera

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300 anni di fedeL’antica tradizione del popolo lesinese di celebrare, con solennità e concorso di popolo, la festa di San Primiano, è meritevole di grande rispetto e di tutto quanto serve per viverla in pienezza come autenti-ca esperienza di fede popolare. Nel solco già tracciato lo scorso anno e con rinnovato impegno, il “Comitato Feste 2012”, vuole assicurare degni festeggiamenti sia religiosi che civili. Un programma che, attraverso le variegate iniziative, vuole favorire l’incontro tra le persone invitandole a “fare festa”, cioè a gioire nel fortificare la propria devozione al santo patrono.Unire forze, competenze e devozione è il compito che ci siamo prefissati nella realizzazione dei 7 giorni di festa, in tutte le varie manifestazioni religiose e civili-culturali che si riterrà opportuno organizzare al fine di incrementare la fede e il senso di appartenenza al territorio da parte dei cittadini residenti e non, e per valorizzare le tradizioni e le ricchezze del paese. Quest’anno, inoltre, ci sarà un motivo in più per festeggiare: il simulacro del nostro amatissimo patrono compie i suoi primi 300 anni (1712-2012).Ringraziamo già in questa occasione, tutti i lesinesi per la fraterna ac-coglienza e gli operatori economici per il prezioso contributo messo a disposizione del Comitato nonché l’amministrazione comunale per il patrocinio, le forze dell’ordine e l’associazionismo parrocchiale per l’in-dispensabile supporto che anche quest’anno garantiranno.Un vivo ringraziamento va rivolto anche a tutti coloro che, in qualche maniera, contribuiranno alla buona riuscita delle celebrazioni: tra-smettere la fede e le nostre tradizioni ai giovani, rinsaldare i vincoli della nostra peculiare identità, contribuire a tenere unito il tessuto connet-tivo del nostro paese sono gli obiettivi che desideriamo perseguire in questo nuova esperienza.Ricordiamo che, per il secondo anno consecutivo, i momenti più solenni della festa patronale saranno visibili in tutto il Mondo, collegandosi in diretta web dal sito: www.comitatofestelesina.it Buon San Primiano, davvero di cuore, a tutti !

COmItAtO FEstE

COmItAtO FEstE 2012Matteo SpecchiulliMatteo LalloMatteo PegoliAntonio SpecchiulliAntonio MaselliDomenico AugelliPrimiano AugelliRaffaele BramanteAntonio CardarelliAntonio ColellaFranco CorsoGiovanni DraicchioLuigi NistaGiuseppe MaselliGiovanni MimmoMaurizio MucedolaAntonio PanunzioRoberto RussoColombano SaccoRaffaele Tammaro

GRAFICAAntonio Specchiulli

FOtOMassimo TraniAntonio SpecchiulliGino MaselliAntonio F. Lombardiarchivio don D. Lombardifonti internet

ARtICOLIDon Josè C. RiveraPasquale TucciMaurizio LucciSalvatore Primiano CavalloNicola Lidio SavinoAntonio Fernando LombardiDesio CristalliAntonio SpecchiulliGiovanni MimmoRoberto Russo

stAmpADigipoint San Severo

[email protected]

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I saluti del Sindaco di Lesina

La festa patronale è alle porte e si rinnova ancora una volta l’emo-zione di tutti noi lesinesi nel fe-steggiare il nostro protettore San Primiano. Tradizioni, folklore e devozione caratterizzano i giorni di festa che allietano il mese di maggio nella nostra comunità che vive e fa vi-vere, ai tanti visitatori, emozioni intense e suggestive.A maggio le nostre famiglie si riag-gregano, ritornano in paese i tanti concittadini lontani per festeg-giare insieme il Santo Protettore. Sono riti importanti che testimo-niano i valori della famiglia unita, dell’attaccamento alla terra natìa, della fede sentita e praticata.La Festa del nostro Patrono è sem-pre una giornata speciale: Lesina non sarebbe la stessa Città senza quest’occasione unica, nella qua-le tutta la comunità si ritrova e si unisce per celebrare questo mo-mento solenne: Celebrare, la cui etimologia latina significa proprio

“riunire tante persone”. L’appun-tamento di questo 2012, però, assume un significato ulteriore

perché ci permette di riflettere su situazioni e questioni di comu-ne interesse: non sempre è facile pensare al domani con fiducia e ottimismo, specie quando la real-tà che stiamo affrontando è carica di preoccupazioni, proprio come quelle che stanno segnando que-sto prolungato periodo di crisi economica.Il giorno di San Primiano per i lesinesi deve essere, pertanto, il giorno della partecipazione, nel-la condivisione, nel dialogo e nel coinvolgimento delle persone, unite da un senso di appartenen-za che non è solo identità storica, bensì profondo e indispensabile spirito di comunità.Ai cittadini residenti, a quelli che vivono lontano, ai visitatori, ai de-voti, un caloroso saluto da parte di tutta l’Amministrazione comunale: siano per tutti, giorni di sentita devozione, spensieratezza e diver-timento.

Buon San Primiano a TUTTI.

Pasquale Tucci

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I saluti da Sabaudia

Il ricordo della nostra partecipazio-ne lo scorso anno ai solenni festeg-giamenti in onore di San Primiano, patrono della città, è ancora ben impresso nella mente di tutti co-loro che sono giunti con me nella vostra bella cittadina.Il Patto di amicizia tra le nostre due comunità, sugellato lo scorso anno, è stato solo il primo passo verso quella che spero possa diventare un’amicizia fraterna attraverso le iniziative sempre nuove che rende-ranno sempre ricche di saperi e di esperienze le nostre vite.Anche quest’anno, per la vostra festa patronale, sarà presente una delegazione di Sabaudia, segno di bel rapporto che si è instaurato tra le nostre città, che hanno tante affinità e che, nella conoscenza re-ciproca, possono solo crescere.Saluto cordialmente il Sindaco, tutta l’amministrazione comunale ed auguro ai cittadini di Lesina di poter trascorrere una festa patro-nale nel segno dell’amicizia e della fratellanza. Maurizio Lucci Sindaco di Sabaudia

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Nell’Archivio Storico della chiesa Madre di Lesina (riordinato tra il 2000 e il 2001 dall’amico Antonio Fernando Lombardi) sono presen-ti, tra gli altri, alcuni documenti, quali il Codice delle Visite della Città di Lesina, 1686 – 1797, l’In-ventario della Chiesa Arcipretale e Cappelle della Città di Lesina, del 1741 e l’ Inventario della Chiesa Arcipretale sotto il titolo della Santissima Annunziata della Città di Lesina, del 1742, in cui ci sono alcuni riferimenti alla statua di San Primiano Martire ed alla sua com-mittenza. Cerchiamo di esaminarli: un rife-rimento documentale per la com-missione della statua è presente in una relazione della visita pastorale conclusasi il 17 giugno 1693, in cui è espresso testualmente: (…) Che si faccia in Napoli da perito Artefice una nuova statua di S. Primiano Martire, non potendovi ridurre a decenza quella che vi è [di cui non conosciamo l’autore] p.[er] essere molto consumata (…) con danaj delle significatorie e delle entrate correnti della Confraternita di S. Primiano.Il primo riferimento documentale

attestante la presenza della statua del Colombo nella chiesa di Lesina è proprio del 1712, anno della sua realizzazione, ed è rappresentato dal testo citato: (…) vi si conserva la nuova ed imprezzabile statua di San Primiano Martire a mezzo busto. Un altro riferimento è del 1713, anno in cui fu compiuta una visita pastorale, la dodicesima, conclu-sasi il 24 maggio. Nel Codice delle Visite, sopra citato, si legge quanto segue: (…) Havendo la pietà di que-sto populo con limosine speso ducati 60 nella nuova statua di S. Primia-no, benedetta da Mons.[igno]r Ill.[ustrissi]mo [Carlo Francesco] Giocoli Vescovo di S. Severo, ordi-niamo al Sig. Arciprete ad instan [come] del nicchio di quella di S. Ciriaco nella Torre della Nocella [si fa, probabilmente, riferimento alla torre campanaria] [che si] faccia diligentemente lavorare un simile nicchio per la statua di S. Primia-no, sopra la Croce p[ri]ma fra le 12 della Consacrazione della Chiesa, come in muro più asciutto e la spesa si contribuisca dalla Confraternita dello stesso Santo. In una successiva visita pastorale

La Statua lignea di San PrimianoCompie trecento anni l’opera di Giacomo Colombo di Salvatore Primiano Cavallo.

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del 1715, leggiamo che (…) non essendosi potuto eseguire il decreto 3 della precedente visita, in ordine alla situazione della statua di S. Primiano sopra la Croce della Con-sacrazione per lo impedimento del

trave del soffitto della Sagrestia, che corrisponde al luogo designato [nel-la precedente visita] che forman-dosi il nicchio in una delle pareti maestre, la statua patirebbe per la umidità, ordiniamo che si situi colla sua cascia dipinta ed ornata, sovra lo armario dove precedentemente è situato lo Archivio (…). Altresì, in una visita conclusasi il 12 maggio 1717, si fa un ulteriore riferimento alla statua del Colom-bo, nel modo seguente: (…) Che si rimetta la serratura dell’Armario della nobile statua di S. Primiano, lavorata nel 1712 colla spesa di duc.ti 60, raccolti di pura limosina, oltre ad altri duc.ti 10 per la conduttura da Napoli. È chiaro che la statua di San Primiano era costata 70 ducati (trasporto compreso).Un’altra attestazione inerente la statua è nel citato Inventario del-la Chiesa Arcipretale e Cappelle della Città di Lesina, del 1741. Così recita: (…) vi è una nicchia [nel presbiterio dove era l’Altare Maggiore dedicato alla Santissi-ma Annunziata e a San Primiano Martire] stuccheggiata dentro, di cui si conserva una statua di legno a mezzo busto di S. Primiano Mar-tire fatta a mano dal celebre scultore Giacomo Colombo, colla sua portie-ra d’Armesino avanti, ondeggiata cremisi, con finim[en].ti, cordoni e frange seu fiocchi gialli, fiorata con ricamo alli quattr’angoli, coll’effige di d.[ett]o S.to, anco di ricamo in mezzo, che serve nelli dì festivi, nel-

li feriali un’altra d’armesino rosso e turchino, con cordoni a fiocchi rossi. (…). Nello stesso inventario, abbiamo una citazione inerente la vecchia statua, sostituita con quella dell’appena citato Giacomo Colombo: (…) in esso [riferendo-si al campanile della chiesa] vi è una nicchia, nella quale si conser-va l’antica statua di S. Primiano Mart. (…); un altro riferimento alla vecchia statua di San Primia-no, ci è dato anche da un inven-tario del 1742 (…) ove si vede una nicchia [all’interno del campanile della chiesa di Lesina] che serve per conservare l’antica statua di S. Pri-miano Mart., col suo portiero di Sangallo verde turchino, colla sua tenuta di ferro. L’ultimo riferimento, da noi cono-sciuto, inerente la statua del Co-lombo, ci viene offerto da Donato Gallarano che, recatosi a Lesina nel 1729, fu incaricato dall’Illustre Ceto, ossia i creditori del fallito Banco A. G. P., di fare un apprezzo del feudo di Lesina. Descrivendo la chiesa arcipretale, ad un certo punto scrive che nel presbiterio c’era un quadro dipinto sopra tela, coll’immagine della Vergine col bambino in braccio, S. Primiano, S. Filippo Neri e S. Domenico, (…) e di sotto altro quadro meno grande coll’immagine della Vergine An-nunziata e più di sotto in nicchia circondata da cornice di stucco sopra pedagna, in busto, l’immagine di rilievo di S. Primiano protettore.

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Degno di alta considerazione, Gia-como Colombo occupa un posto di spicco nella scultura napoletana tra la fine del Seicento e la prima metà del Settecento. Studi recenti, hanno stabilito che nacque ad Este (Padova) nel 1663 e che giunse a Napoli nel 1678, probabilmente al seguito dello scultore Pietro Barberis.Attivo soprattutto in Campania, Puglia, Basilicata ed Abruzzo, la-vorò molto per la realizzazione di statue lignee di carattere religioso che raggiunsero gran parte delle Province del Regno di Napoli. Fra le sue molteplici opere vanno ri-cordate una Madonna della Con-solazione, risalente alla fine del Seicento, conservata nella chiesa di Santa Chiara a Foggia. Succes-siva al 1694 è una statua di legno policromo, con tracce di doratura, raffigurante Sant’Emidio Vescovo, attualmente conservata nel museo diocesano di Nusco, in provincia di Avellino.Nel 1698 firmava e datava un Cro-cifisso per la chiesa di San Pietro di Cava de’ Tirreni, in provincia di Salerno. Nello stesso anno re-alizzava per la chiesa di Serre (Sa-lerno), un San Pietro in Cattedra e l’anno successivo, per la chiesa di Casavatore (Napoli), un San Giovanni Battista, oltre ad un al-tro San Giovanni Battista per la chiesa di Colletorto, in provincia di Campobasso. Degni di nota sono un Cristo

legato alla colonna, in legno poli-cromo (opera da lui firmata), ope-ra preparata per la chiesa di San Gines di Madrid, databile al 1698 oltre al complesso monumentale della Pietà con il Cristo, che si venera nella collegiata di Santa Maria della Pietà a Eboli (Salerno), ritenuta la sua opera lignea più im-portante, eseguita tra il 1698 e il 1701. È da attribuirgli inoltre, un bozzetto autografo (1703-1704) conservato nel Museo Nazionale di San Martino a Napoli, per il putto seduto a sinistra, in atteggia-mento dolente, posto sul sarcofago marmoreo del monumento fune-bre di Anna Maria Arduino (prin-cipessa di Piombino), presente nel-la chiesa napoletana di San Diego all’Ospedaletto. Risalente al 1708 è invece la statua a mezzo busto, in legno policromo, di San Marciano Vescovo, protettore di Taurasi e di Frigento (entrambi in provincia di Avellino). Nel 1712, come anticipato, rea-lizza la statua del nostro San Pri-miano Martire e l’anno successivo, per la chiesa Madre di San Pietro al Tanagro (Salerno), lavorava ad un San Pietro Apostolo, degno di nota soprattutto per la composi-zione e la carica espressiva del volto. È del 1714 la statua di San Gia-nuario eseguita per la cattedrale di Marsico Nuovo (Potenza). Inoltre è di sua fattura una Santa Lucia che si conserva nella Chiesa di San Mercurio a Serracapriola, un

San Giuseppe nella cattedrale di Lucera, una Madonna Addolora-ta conservata nella chiesa di San Francesco a Larino (Campobasso), un Crocifisso venerato nella chiesa della Madonna del Soccorso di So-lofra (Avellino) e un San Francesco di Paola conservato nella Collegia-ta di San Michele Arcangelo, sem-pre a Solfora. Tra il 1724 e il 1726, il Colombo realizzò la vasta decorazione mar-morea per il cappellone di San Vincenzo, nella chiesa napoletana di Santa Caterina a Formello; lo stesso anno realizza una Santa Te-resa per la chiesa delle Trinitarie di Madrid e l’anno successivo una Sant’Anna per la chiesa dell’An-nunziata di Cava de’ Tirreni.Morì a Napoli il 28 settembre del 1730, all’età di 67 anni. Un restauro ha il compito di con-servare e tramandare le singole opere d’arte e i monumenti sto-rici secondo tecniche che si sono andate perfezionando nel corso degli anni. Oggi si è più pondera-ti nell’affrontare un’operazione di restauro. In passato non si esclu-deva, anzi era considerato onesta-mente lecito, se non auspicabile, l’idea di ripristino, di rifacimento, d’integrazione inevitabilmente arbitraria rispetto alla struttura originaria delle opere d’arte. Nel concetto, il restauro non è altro che un ricorrere a mezzi idonei per la conservazione, vale a dire per la salvaguardia dell’opera d’arte.

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La statua di San Primiano Marti-re, come è documentato sul retro della base, subì un primo restauro, probabilmente intorno al 1800, ad opera di un certo D’Onofrio, ed un secondo da parte di Luigi De Luise nel 1905. Con il suo re-stauro, il De Luise alterò l’aspetto della statua, così come era stata concepita dall’autore, inserendovi elementi decorativi, stucchi e co-lori di sua iniziativa, diversi dagli originali, che sovrappose alla cro-mia del precedente “tentativo” di restauro; inoltre, rifece la base ex novo inserendovi dei piedi di fiera con artigli. Creò una corazza di gesso tutta decorata ed indorata, impreziosendola di false gemme ed incastonandole nel legno. Nei primi anni Sessanta del Novecen-to, la statua fu inviata ad Ortisei (Bolzano) per una pulitura ed un sommario tentativo di restauro, intervenendo ancora sulla cromia del De Luise con una ridoratura

con foglie d’oro sulla corazza e alla base, e con una diafana colorazio-ne degli incarnati. Nel dicembre del 1998, ad ope-ra di un comitato, su invito del compianto don Michele Rendina, allora parroco di Lesina, si ha fi-nalmente una vera svolta per il re-stauro del simulacro: con un’auto-rizzazione della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Bari, da-tata giorno 3, e con la supervisione della stessa, viene portato a San Severo nel laboratorio del valido e competente Raffaele D’Amico, per essere sottoposto ad un restau-ro conservativo, iniziato il 14 suc-cessivo, ispirato a canoni e criteri moderni per una corretta lettura dell’opera. Le finalità del restauro erano volte a riportare la statua così come il suo autore, nel 1712, l’aveva concepita, sia sul piano cromatico sia su quello tipologico, rimovendo gli arricchimenti este-tici inseriti nel 1905 dal De Luise.

Il simulacro si trovava in uno sta-to precario di conservazione per la sua debole tenuta alla base di appoggio e soprattutto per la pre-senza di insetti xilofagi (insetti di-voratori del legno) che ne avevano compromesso la consistenza lignea su gran parte della superficie. Inol-tre, i vari strati di ridipinture (nel corso dei secoli, ne furono posti ben cinque di cui tre furono quelli che hanno cambiato la policromia e la decorazione della statua stessa) e rifacimenti ne avevano cambiato il suo originale aspetto cromatico, plastico e decorativo. Dopo ben sette mesi di restauro, il 7 agosto 1999, il simulacro fece ritorno a Lesina, atteso con en-tusiasmo da tutta la popolazione e, con solenne processione, fu ac-compagnato nella chiesa a lui dedi-cata e riposto nella prima nicchia di sinistra.

Salvatore Primiano Cavallo

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Don DomenicoUomo con noi, maestro in mezzo a noi, sacerdote per noi!

Era doveroso, nell’anno del ven-tennale della morte di don Dome-nico, stringerci come comunità a pregare insieme nel suo ricordo. Parroco amatissimo per 40 lunghi anni, ha voluto essere Padre e Pa-store di tutti i suoi figli.L’Azione Cattolica e il Comitato Feste Patronali hanno inteso per questo motivo ricordarlo in modo solenne, non solo con la celebra-zione di una S. Messa lo scorso 20 Aprile, ma anche con la pubblica-zione di un libro con i suoi scritti, che sarà presentato durante i festeggiamenti del nostro Santo Patrono.Don Domenico è stato un UOMO, che ha voluto condividere la vita delle persone che incontrava, in-teressandosi proprio come un Pa-dre fa con i propri figli: educandoli, accompagnandoli, riprendendoli.E’ stato non un semplice sacer-dote, ma IL SACERDOTE, che per 40 anni ha guidato le nostre ani-me, amandole per “salvarle a tutti i costi” come lui stesso disse nel suo primo giorno da Parroco qui a Lesina.Don Domenico è stato il MAE-STRO di vita che ciascuno desidera incontrare sulla sua strada, perché

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IL CORO pARROCCHIALE ADULtI FEstEGGIAI sUOI pRImI 30 ANNIIl Coro parrocchiale Adulti ha festeggiato, nel giorno di pasqua, i suoi primi 30 anni al servizio della Chiesa. Correva l’anno 1982 quando l’al-lora parroco di Lesina, don Domenico Lombardi, decide di fondare un coro parrocchiale allo scopo di animare le solenni celebrazioni dell’an-no liturgico. Nasce così il Coro polifonico ss. Annunziata “Schola Canto-rum”, composto inizialmente da sole donne, e successivamente, anche da voci maschili. Riunisce attualmente 28 elementi, divisi in 3 sezioni: uomini e donne di età diverse, uniti dall’amicizia e dalla comune passio-ne per il canto. Questa eterogeneità si riflette anche nel repertorio che spazia tra diversi generi musicali: dai brani di musica classica in latino alle nuove sonorità liturgiche.Il Coro parrocchiale ha visto l’alternarsi di diversi organisti: primiano maiorano, Giuseppe e Gina palmieri, Giuseppina Nista e, oggi, Daniela D’Apote; la coordinazione e la direzione del gruppo, invece, è affidata, oggi come allora, alla signora maria De Ninno-milone, a cui è stata con-ferita, alla fine del rito, una targa celebrativa, in riconoscenza della sua instancabile dedizione e paziente costanza al servizio della liturgia e alla guida del Coro.La celebrazione eucaristica si è svolta all’insegna del ricordo del nostro amato parroco-fondatore don Domenico e delle nostre care sorelle Anna e primiana.

“Suona il salmo: è voce dello Spirito.

Suona l’Evangelo: è voce dello Spirito.

Suona l’omelia: è voce dello Spirito.

Lo Spirito parla nel silenzio, e poi esplode nel canto:

quando lo Spirito parla, tace la voce;

e quando lo Spirito tace, la voce proclama”. Gregorio di Nissa

ha avuto sempre e per tutti una parola buona da regalare.La realizzazione del libro con i suoi scritti, ha sicuramente richiesto tempo e sacrifici, in cui sono stati coinvolti i soci dell’Azione Cattoli-ca e i membri del Comitato Feste Patronali 2012. Ma tutto il tempo dedicato alla lettura e alla trascri-zione dei suoi discorsi e gli sforzi per conservarne la versione origi-nale, sono stati sicuramente ripa-gati dalla gioia di aver contribuito ad onorare una figura maestosa del nostro paese. Abbiamo il do-vere di tenere vivo il ricordo della persona di don Domenico, perché è stato nostro Padre e Pastore e perché la sua testimonianza può aiutarci a vincere ogni tentazione di appiattimento. Inoltre le parole del libro hanno una forte portata educativa. Lavoriamo per rilancia-re il nostro paese e la nostra comu-nità, perché da lui sono stati amati così tanto da renderlo Uomo con noi, Maestro in mezzo a noi, Sacer-dote per noi!

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Il classico appuntamento del 16 maggio quest’anno trova nuova linfa vitale con una giovanissima rock

band di indubbio talento. A esibirsi sul palco posto in Piazza Umberto I e a colorare di rock la serata saran-no Le Vibrazioni, gruppo milanese nato alla fine degli anni ’90. Il motore della loro rock story è Francesco Sàrcina che di musica riempie le sue giornate, e ha il pallino fisso di creare una band. Incontra Alessan-dro, che suona la batteria, grazie ad un annuncio su una rivista musicale. Entrambi appassionati dei Led

Zeppelin e di rock ‘n’ roll anni ’70, incontrano Ema-nuele, bassista milanese, e decidono di unire questa passione comune nel 1992. L’inizio è quasi un classico della storia del rock, tre amici che mettono insieme una band e sognano di vivere solo di musica. Dopo varie trasformazioni, Francesco abbandona la vecchia band e, in un anno sabbatico, crea Le Vibrazioni. Con l’arrivo di Stefano alla chitarra e di Marco Castellani al basso, Le Vibrazioni si lanciano alla conquista di Mi-lano, suonando senza sosta nei locali della città. Ma è con il ritorno di Alessandro alla batteria che diven-tano in poco tempo uno dei fenomeni più interes-santi della scena milanese e non solo. Arriva il 2003 che come un’onda elettrica irrompe inaspettatamen-te nelle vite di tutti. Il brano Dedicato a te diventa, con il suo ritornello dedicato a Giulia, il più cantato dell’anno, primo nella classifica dei singoli più venduti per ben 14 settimane. L’album d’esordio Le Vibrazioni

supera le 350 mila copie ed è subito Disco di Platino. Il video della canzone Dedicato a te dà origine ad una serie di remake d’eccezione: Elio e le Storie Tese e Frankie Hi NRG lo usano per lanciare le loro canzoni, chiedendo anche la partecipazione del gruppo mila-

nese. Nei mesi a seguire escono In una notte d’estate

e Vieni da me, sempre al n. 1 in classifica e i premi non si contano più. Ben 2 Italian Music Awards come Miglior Rivelazione e Miglior Gruppo, 3 nomination come Miglior Album, Miglior Tour e Miglior Video. Le Vibrazioni sbancano anche al Festivalbar: sono loro la Rivelazione dell’anno. Vincono anche il premio Opera

Prima nel referendum della prestigiosa rivista Musica & Dischi e sono in nomination come Best Italian Act all’European Music Award di MTV. Sempre nel 2003 esce il DVD Live all’Alcatraz . Nel 2004 il successo con-tinua. Le Vibrazioni girano il video di Sono più sereno. Il legame con il cinema si fa sempre più saldo tanto

Le Vibrazioni a LesinaFare musica è Come far nascere un fiore

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da ospitare in questo lavoro Alessandro Gassman. Il video sarà presentato al Giffoni Film Festival del 2004. A dicembre il singolo Raggio di Sole anticipa il secondo album. Il video è fra i più passati da MTV e dalle radio. Nel 2005 esce il secondo album dal tito-lo Le Vibrazioni II. è l’anno della loro partecipazione al Festival di Sanremo con Ovunque Andrò. L’album porta subito a casa Disco d’Oro e Disco di Platino. Il 20 aprile dello stesso anno esce Immagina - Le storie

della Family, Edizioni Bompiani, un libro che racco-glie racconti firmati da tutti i componenti della band. I cattivi ragazzi del rock and roll sono ormai inarre-stabili e scatta la voglia di andare oltre le frontiere della musica e affrontare anche temi sociali come la

lotta all’abbandono dei cani, in collaborazione con la Lega Nazionale per la Difesa del Cane. Il risultato di questo nuovo impegno è il remake del video di Aspettando in versione cartoon che vince il premio Animaclip nella sezione Provocazioni del Giffoni Film Festival. Ma il 2005 è anche l’anno di un lungo tour

che raccoglie successi in tutta la penisola. Un totale di 80 date tra cui la partecipazione all’Heineken Jam-min’ Festival ed al Live 8, evento mondiale al Circo Massimo di Roma. Continua l’impegno sociale de Le Vibrazioni che prendono parte al progetto collettivo Rezophonic i cui ricavati vengono devoluti all’African

Medical and Research Foundation. Durante l’Arez-

zo Wave 2006 i ragazzi Ricevono, infatti, una targa per l’apertura di un pozzo in Africa realizzato grazie alla loro musica e molti altri negli anni successivi. A novembre dello stesso anno danno alle stampe Of-ficine Meccaniche. L’album è subito Disco d’Oro e il 2007 si preannuncia ricco di successi. Portami via, singolo estratto dal disco, riceve il Premio come Vi-deoclip Italiano dell’anno. Il 2008 segna un passaggio importante per il gruppo. I ragazzi decidono, infatti, di intraprendere un percorso che coniughi due delle loro grandi passioni: l’impegno sociale e l’amore per il cinema. Nasce cosí il video di Drammaturgia, altro singolo estratto da Officine Meccaniche, con ospiti d’eccezione come Riccardo Scamarcio, Paolo Bonolis e Sabrina Impacciatore. Il video è, inoltre, il primo la-voro a emissioni ridotte di CO2 e partecipa alla cam-pagna No Excuse 2015 dell’ONU insieme a MTV, di cui Le Vibrazioni sono testimonial. Lo scambio tra cinema e musica continua con Insolita, title track del film Col-po d’Occhio di Sergio Rubini. Sarà poi lo stesso Rubini a firmare, per la prima volta nella sua carriera, il vide-oclip del brano. Il 22 gennaio del 2010, dopo quasi tre anni Le Vibrazioni tornano con un nuovo album di inediti intitolato Le strade del tempo, un sogno rock fatto di emozioni nette, precise, che colpiscono dritte al cuore e che vede la partecipazione di Valeria Golino nel video di Va così. Il 2011 è l’anno della maturitá. Le Vibrazioni ripercorrono la loro storia con una raccolta dei pezzi piú importanti e alcuni inediti. Il 25 ottobre esce infatti Best Of anticipato dal singolo Come far

nascere un fiore. L’avventura de Le Vibrazioni conti-nua con la stessa sana e insaziabile voglia di rock che da sempre li contraddistingue.

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La serata del 12 maggio ci cata-pulterà indietro nel tempo diretta-mente nei favolosi anni ’60.Ad allietare la serata, lo storico gruppo milanese de I PROFETI.

Il gruppo si forma a Milano nel 1964; dopo le prime esibizioni nel-la loro città, entrano in contatto con la CBS, che propone loro un contratto: viene così pubblicato nel 1966 il loro primo 45 giri, Bam-

bina sola, che riscuote un discreto successo (la canzone sul retro, Le

ombre della sera, è scritta da Lucio Battisti).Il secondo 45 giri contiene la can-zone Rubacuori, cover di Ruby

Tuesday dei Rolling Stones, con

testo di Mogol; sul retro Sole nero, cover di Call my name dei Them; dopo questo disco si ha il primo di una lunga serie di avvicendamenti nel gruppo (dovuti al servizio mili-tare di alcuni componenti). Duran-te la registrazione del primo album infatti avviene l’ingresso di R. Mar-garia e R. Favero.L’album risulta molto interessan-te per gli inediti come Asciuga le

tue lacrime (altro brano di Battisti), Per fare un uomo di Francesco Guccini ed una cover di The Bells

of Rhymney di Pete Seeger (con l’arrangiamento simile a quello re-alizzato dai The Byrds).Anche nel look, i Profeti cercano di trovare una strada originale, e sulla

copertina dell’album si fanno foto-grafare vestiti con tuniche orientali e caffettani; inoltre vi è nell’album anche una ricerca sulle sonorità, con l’uso di strumenti esotici come il sitar o la proposta di alcuni brani strumentali come Sunny o Fa fa

fa fa.Dopo l’album, Favero abbandona il gruppo (si trasferirà in Afghani-stan diventando musulmano e prendendo il nome di Raffiullah Khan, per poi finire ucciso in guer-ra), sostituito da Franco D’Onofrio che lascerà il gruppo, sostituito dal rientrante O. Bernasconi, nell’aprile del 1969 per dedicarsi alla carriera di attore teatrale (lavorerà anche nella compagnia di Eduardo De Filippo). Anche D. Ciletti ritorna, e Margaria si sposta dal basso alla chitarra al posto di La Rovere, che abbandona il gruppo.Nel 1968 partecipano al Festivalbar con Ho difeso il mio amore, cover di Nights in White Satin dei Moo-dy Blues (incisa anche dai Nomadi, da Dalida e dai Bit-Nik), che riscuo-te un buon successo, bissato da quello di Gli occhi verdi dell’amo-

Profeti Story in Concertotorna in scena uno dei gruppi storici degli anni ‘60 con Donato Ciletti.

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re, cover di Angel of the morning, nell’autunno dello stesso anno.Il biennio 1969-1970, dopo la pub-blicazione dei singoli La Tua Voce e La mi Vita Con Te, segna una crisi per il gruppo; la casa discografica decide di puntare sul leader, Rena-to Brioschi, che partecipa da solista a Un disco per l’estate del 1970 con Lady Barbara, vincendolo: convinto da questo successo, Renato lascia il gruppo. Nel 1969 entra Maurizio Bellini all’organo Hammond in so-stituzione di Roberto Margaria che lascia il gruppo per continuare gli studi in Medicina diventando un famoso cardiologo e dietologo autore di numerosi libri sul cole-sterolo.

I Profeti tornano in hit parade nel 1971 con Non Si Muore Per Amore e nel 1972 con Era bella, cover di Nothing Rhymed, bella canzone di Gilbert O’Sullivan, con la quale partecipano al Cantagiro; nel 1973 pubblicano il singolo Prima notte

senza lei e, l’anno successivo, a Un disco per l’estate presentano Io perché, io per chi, che rimane il loro ultimo grande successo.Nel 1972, per divergenze musicali, se ne va il batterista Osvaldo Ber-nasconi, il quale rientrerà nel 1974, e subentra Claudio Belloli.Tornano ancora a Saint Vincent nel 1975 con Dimmi papà, mentre l’anno successivo partecipano con Cercati un’anima al Festival di San-

remo 1976.Dopo quest’ultimo 45 giri, i Profeti si sciolgono nel 1977; solo Cilet-ti tenta di continuare la carriera musicale (come del resto Brioschi, seppur dietro le quinte come au-tore e produttore), mentre gli altri componenti si dedicano ad altre attività: Nazareno La Rovere diven-ta un noto chirurgo stomatologo, mentre Osvaldo Bernasconi di-venta direttore artistico della Ciao Records.Torneranno ad esibirsi insieme nel 1989 per presentare nella trasmis-sione televisiva Una rotonda sul

mare, condotta da Red Ronnie, Ho

difeso il mio amore, Gli occhi verdi

dell’amore, e Lady Barbara.

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I Lavori di restauro e i nuovi arredi della Chiesa MadreDescrizione iconografica delle opere scultoree e pittoriche di arredo liturgico.

Il linguaggio formale e la ricerca pla-stica adottata sono comuni a tutte le nuove opere che, dal 26 Marzo 2012, arricchiscono la nostra Chie-sa Madre. Le forme proposte sono state realizzate tenendo presente il luogo che le accoglie e, in partico-lare, le forme architettoniche con le soluzioni cromatiche ed i materiali caratterizzanti lo spazio, in modo da favorire la necessità di appartenenza e interrelazione tra le opere artistiche e lo spazio architettonico, al fine di una corretta funzionalità liturgica. Le scelte dei materiali ed il loro impiego sono state fatte con lo scopo di valo-rizzare cromaticamente le forme pla-stiche dei poli liturgici, evidenziando-ne le loro proprietà e caratteristiche iconografiche.ALTAREE’ questo il luogo del Sacrificio, il luogo dove l’Uomo incontra Dio per mezzo dell’Eucaristia. L’altare è realizzato da un blocco monolitico in pietra di Apricena. La lavorazione a tuttotondo permette di ottenere la percezione immediata ed inequi-vocabile di solidità e inamovibilità dell’altare. La mensa è ampia e re-golare di forma quadrangolare. Sulle

quattro facce, la scultura evidenzia forme concave e convesse da un chiaroscuro dinamico, sinuoso, av-volgente e contiguo sulle quattro facce. Il centro del corpo dell’altare è sottolineato dall’inserimento, su tutte le facce di un piccolo elemento in bronzo non figurativo che, sulla fac-cia posteriore del blocco, serve anche ad assicurare la chiusura della nicchia entro la quale sono poste le reliquie durante la liturgia della consacrazio-ne. La faccia frontale accoglie un al-torilievo bronzeo raffigurante un pe-sce, contornato da onde dalle forme sinuose e movimentate. La struttura formale del blocco e gli elementi sim-bolici applicati, esaltano la centralità dell’altare come fulcro liturgico, polo visivo e magnetico, gli ampi piani scultorei che lo segnano fungono da captazione luministica convergente al centro del blocco-ara, centro ben esaltato ed impreziosito dalle scultu-re bronzee.AMBONEIl secondo polo liturgico, comple-mentare all’altare è stato pensato in stretta relazione plastica con esso. Realizzato impiegando gli stessi ma-teriali lapidei dell’altare, sarà un vo-

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lume avvolgente ed alto che cinge ed innalza il lettore. Ricavato da un unico blocco di pietra di Apricena, ha, nella porzione anteriore in alto, il piano della mensa della Parola per accogliere i Sacri Testi, ben visibile anche dall’assemblea. L’iconografia portante che struttura l’ambone è quella pasquale della Resurrezione; nell’ampio spazio concavo dell’ala laterale, infatti, ha collocazione la fi-gura ad altorilievo in bronzo dell’an-gelo al S. Sepolcro, annunciante la resurrezione alle pie donne: “Perché

cercate fra i morti colui che è vivo?

Non è qui, è risuscitato” (Lc 24,5). La figura è seduta, orante, rassicurante rivolta alle pie donne, a loro annuncia la resurrezione del Cristo. Collocato sul piano presbiteriale con un gradi-no che lo eleva, si protende in avanti, sormontando i gradini del presbite-rio, per trovare appoggio sul primo di essi. Il Vuoto che si crea è il rimando figurativo alla tomba vuota di Cristo.SEDEFormalmente in accordo con gli al-

tri arredi liturgici, anche la sede è realizzata da un blocco monolitico di pietra di Apricena. è collocato la-teralmente all’altare, ed in posizione avanzata rispetto ad esso. I tre poli sono in questo modo distinti e im-mediatamente percepibili. è inoltre, evidenziato nella collocazione avan-zata, un maggior senso di legame e diretta comunicazione con l’assem-blea, sottolineando la figura di guida assembleare espressa dal ministrante durante le funzioni liturgiche. Gli ampi braccioli di appoggio, rendono la seduta preziosa e degna, ma senza eccessi. Lo schienale che accoglie il presbitero ci suggerisce che è un po-sto particolare, una seduta importan-te, diversa dalle altre, unica e prima. L’uso dello stesso materiale scultoreo e dello stesso modulo iconografico, permette di percepire in maniera immediata la relazione tra ambone, altare e sede.FONTE E CERO PASQUALEè ricavato anch’esso da un unico blocco di pietra di Apricena. La for-

ma della vasca si articola su otto piani, quale riferimento alla simbo-logia escatologica dell’ottagono. I lati sono strutturati su piani asimmetrici. Sul margine della vasca è collocata una scultura in bronzo raffigurante lo Spirito Santo. Nei pressi del fonte battesimale vi è il basamento per il cero pasquale, realizzato in bronzo. La scelta del bronzo consente di “legare” il cero all’ambone, arricchito dalle sculture bronzee, quando la liturgia lo prevede.TABERNACOLOLa custodia Eucaristica ha conservato la collocazione centrale ed è com-posta da una cassa in bronzo, dorata internamente ed assicurata con una chiusura di sicurezza. La porta è in bronzo iconografata con la rappre-sentazione cristologica ed eucaristica del Pellicano. L’intera cassa è alloggia-ta su un blocco in pietra di Apricena modellato a forma di nido; su di esso sono rappresentati in bronzo, i tre piccoli, pronti in attesa del Cibo Sal-vifico.

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Roberto Vollaro De Lieto fu un

deputato parlamentare che si oc-

cupò, tra le sue tante attività, del

primo progetto di bonifica del no-

stro territorio lagunare.

Nasce a Reggio Calabria l’11 agosto

del 1847; laureato in Giurispruden-

za, intraprende la carriera di avvo-

cato e, subito dopo, quella politica.

Grande sostenitore e fautore del

progetto di legge per la regola-

mentazione della Condizione giuri-

dica dei figli naturali e delle donne

sedotte, del 21 febbraio 1893 insie-

me ai firmatari Facheris, Gianturco

e Gualtierotti nella XVIII Legislatura

del Regno di Sardegna, dal 3 luglio

1900 al 6 febbraio 1902 è membro

della Commissione generale del

bilancio e dei conti amministrati-

vi della XXI Legislatura del Regno

d’Italia insieme, tra gli altri, ad Anto-

nio Salandra, Pietro Lacava e Paolo

Boselli.

Nel 1901 l’on. Vollaro De Lieto pre-

senzia all’inaugurazione del nuovo

canale Acquarotta, insieme alle

autorità provinciali e ai sindaci dei

comuni limitrofi che speravano di

risentire ben presto di benefici fino

ad allora mai raggiunti: sfamare

operai e pescatori che tanto ave-

vano da rivendicare e, non meno

importante, arginare il rischio di

infezione della malaria.

Fu sicuramente un primo impor-

tante passo per il territorio laguna-

re, ma sicuramente non sufficiente

per debellare la malaria. Sarà sol-

tanto 27 anni più tardi, con un nuo-

vo progetto di bonifica espletato

dall’impresa P. Cidonio di Roma che

verrà sconfitta la piaga malarica.

Siamo nell’epoca del fascio littorio,

precisamente nel 1928 quando nel

quartiere oggi denominato “Can-

tiere”, le mastodontiche draghe

“Roma” e “Derick” bonificarono la la-

guna di Lesina con potenzialità in-

gegneristiche idro-lagunari molto

più moderne rispetto alla bonifica

precedente: lavori di escavazioni,

colmate, arginature e pontili per-

durarono 9 anni, fino al 1937.

Ma erano già altri tempi… tempi

moderni.

Conoscere il territorio della città

in cui viviamo, essere in grado di

leggere l’imago urbis significa ri-

scoprire la realtà che ci circonda e

di cui siamo parte integrante. Così

come sviluppare la conoscenza del

territorio, acquisire la capacità di

relazionarsi col patrimonio da tute-

lare e conservare, risulta di basilare

importanza al fine di recuperare le

radici storiche e culturali del nostro

Via Banchina Vollaroscopriamo chi era questo personaggio a cui è stato intitolato il nostro lungolago

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vivere quotidiano.

Consideriamo, in particolare, le

possibili forme di lettura e di os-

servazione del territorio a nostra

disposizione in rapporto alle trac-

ce lasciate dall’attività umana, da

quell’uomo, attore principale del-

la storia, che con la sua azione ha

costruito nel tempo e costruisce

tuttora ciò che lo attornia. In fon-

do, l’immagine di una città è pro-

prio quella che i suoi stessi abitanti

hanno forgiato, modellato e pla-

smato nel corso dei secoli in una

continua opera di sovrapposizione

e di incessante stratificazione in-

fluenzata dalle vicende della storia

socio-economica, politica e religio-

sa. Esistono, quindi, dei tratti carat-

teristici, degli elementi peculiari,

determinati dal continuo evolversi

della storia, che contraddistinguo-

no ogni realtà urbana rispetto alle

altre: il nostro amato territorio è

uno di quelli.

L’Onorevole Vollaro morirà a Napoli

il 10 giugno 1909.

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Torna a Lesina l’orchestra di fiati “Città di San Severo”Per la nostra bella Festa Patronale di San Primiano, tornerà ad allietare la serata del 15 maggio, l’Orchestra di fiati “Città di San Severo”, diretta dal M° Antonello Ciccone. Ren-deranno ancora più bello lo spet-tacolo di piazza le voci liriche del nostro soprano Gina Palmieri e del tenore Giovanni Mazzone di Ruvo di Puglia. Presenterà lo spettacolo ancora una volta il dr. Desio Cristal-li, Addetto Stampa del Comune di San Severo e Fondatore e Direttore del settimanale “LA GAZZETTA DI

SAN SEVERO”. Ricordiamo ai Let-tori che non lo sapessero, che San Severo, quanto a Bande Musicali, ha una storia che viene da molto lontano. Infatti, nel 1906, presso il Naviglio di Milano, la BANDA BIANCA sanseverese, composta da 65 musicisti d’alto livello e diretta dall’allora famoso M° Luigi Sartori da Massafra, vinse un concorso in-ternazionale per Bande classifican-dosi – come scrissero le cronache dell’epoca – “PRIMISSIMA TRA LE

PRIME”. Fu un trionfo che segnò la storia musicale della Città di San Severo ma anche della Capitana-

ta. A San Severo, in quel periodo d’oro tra fine ‘800 e primi del ‘900, esisteva anche una BANDA ROSSA, di segno politico opposto, che era altrettanto famosa e prestigiosa e che, già prima della Banda Bianca, aveva vinto concorsi nazionali ed internazionali d’alto livello. Le due Bande sanseveresi continuarono a mietere successi fino agli anni della 1^ Guerra Mondiale, poi la crisi bellica le costrinse pian pia-no a spegnersi definitivamente. Nel 1968, un Maestro di musica sanseverese, il M° Nicola Franconi, appartenente ad una famiglia di appassionati musicisti, rifondò l’As-sociazione Musicale “Città di San Severo” e ridiede vita ad una Banda

degna di questo nome. Oggi, dopo ben 44 anni, quella Banda, diretta dal nipote del M° Franconi, cioè il M° Antonello Ciccone, ha ripreso a spopolare un po’ dappertutto, per-correndo tra un successo e l’altro ben cinque Regioni dell’Italia me-ridionale (Puglia, Campania, Basili-cata, Abruzzo e Molise). L’appunta-mento per tutti è fissato, dunque, per la sera di martedì 15 maggio nella nostra bella Piazza Umberto I, dove assisteremo sicuramente ad un altro grande concerto di quella che abbiamo definito, a giusta ra-gione, la Storica Banda “CITTA’ DI SAN SEVERO”. Accogliamola con l’entusiasmo che sicuramente me-rita.

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Il termine “tango” iniziò a diffondersi a Buenos Aires verso il 1820, riferito ad un tipo di percussione usata dagli afroame-ricani. In origine il tango è sola musica per accompagnare la danza, e gli stru-menti musicali del tango sono, infatti, il pianoforte, la chitarra e il flauto che, in combinazione con le diverse tradizioni musicali degli immigrati, produssero uno sviluppo della “milonga” (che in spagnolo significa festa) in una prima forma anticipatoria del tango, così come oggi lo conosciamo. Fra la gente dei bassifondi, il pianoforte era sostitui-to dal “bandoneòn”. Amato dagli italiani, ma originario della Germania (dove non ebbe molta fortuna) - lo strumento fu inventato da Heinrich Band (da cui il nome) - dove venne impiantata la pri-ma fabbrica nel 1843. Il bandoneòn fu creato come strumento per la liturgia ecclesiastica, con lo scopo di sostituire l’organo nelle parrocchie meno dotate

di mezzi economici. A partire dal 1900, quando il tango comincia a entrare nei teatri e nei caffè, si impone il trio bandoneòn-violino-pianoforte. Mentre il genere si evolve e l’orchestrazione di-viene più ricca, negli anni ‘10 al trio si so-stituisce sul palco il sestetto tipico: due bandoneònes, 2 violini, pianoforte, con-trabbasso. Cominciano così a dedicarsi al tango strumentisti e direttori sempre più colti musicalmente, quasi sempre italiani. Enrique Santos Discépolo, uno dei primi compositori di tango, disse: “Il tango è un pensiero triste espresso in forma di danza”.Ma il tango non è solo un pensiero, è un’emozione, una sensazione, un enig-ma. E’ una danza non solo del momento, ma della potenzialità del momento. E’ la danza con centinaia di segreti, migliaia di ombre, milioni di misteri. E’ la danza della velatura azzurrina della nebbia e dello sfavillio del riflesso delle luci dei

lampioni sui mosaici di pietra delle stra-de; è la danza di uno sguardo scambiato, di uno stiletto in una mano invisibile.Il tango è stato dichiarato dall’Unesco, nel 2009, “patrimonio dell’umanità”, in quanto “bene culturale immateriale”. Il Trio Celos, consapevole del grande va-lore umano e culturale di questa stra-ordinaria espressione artistica, propone un percorso musicale che, contestual-mente al tango, prende in esame anche altri generi musicali collaterali, quali la milonga, il vals, la cançion, l’habanera, il bolero, il choro, che hanno contribuito a diffondere la tipica cultura musicale sudamericana ed, in particolare, quella argentina ed uruguaiana. Gli autori presi in esame sono tutti esponenti di spicco dei vari generi musicali summenzionati, dalle origini fino ai giorni nostri: Rafael Iriarte, Carlos Gardel, Pedro Laurenz, Francisco Canaro, Roberto Firpo, Ed-gardo Donato, Waldyr Azevedo, Carlos Almaran, Astor Piazzolla. Il repertorio è arricchito anche dalla presenza di brani famosi di autori “classici”, quali Isaac Al-beniz e Maurice Ravel che hanno contri-buito ulteriormente a nobilitare i generi e gli stili sopra citati, nati negli ambienti della musica popolare e tradizionale.

Tango e dintorniUn viaggio nella cultura musicale sud-americana e mediterranea proposto dal tRIO CELOs con la partecipazione straordinaria della coppia dei ballerini tangueros, Greta Luna saccone e Francesco mastromauro, campioni nazionali delle edizioni 2010 e 2011 di “tango Argentino”

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comitato feste lesina

L’Apprezzo Gallaranopresentazione del libro di Antonio F. Lombardi

L’APPREZZO DI LESINA di AntonioFernando Lombardi, pubblicato loscorso ottobre 2011, riporta l’atten-zione di noi tutti, sui caratteri espli-citi di una Lesina proiettata nella ricerca dei nostri comuni connotati storico-sociali. L’esigenza di appro-fondire ed esaltare i dati storico-rappresentativi, legati alla eviden-ziazione del particolare periodo più recente e settecentesco di Lesina-

Alexina, hanno indotto Antonio Fernando Lombardi ad una obietti-va disamina interpretativa del diffi-cile elaborato di Donato Gallarano. La storia, che ha tutto il fascino di una indagine incompiuta, quando è confronto documentale, soprat-tutto se la fonte costituisce perizia di parte, diviene disamina obiettiva solo quando essa viene letta come contenuto esplicativo atto ad evi-denziare il confronto tematico col quadro storico generale di una Le-sina le cui caratteristiche implicano motivazioni obiettivo-interpretativi legati all’esigenza di riscoprire ri-scontri fondati e atti ad elaborare un percorso tematico finalizzato alla reale toponomastica del suo centro storico. L’opera del Gallarano s’inserisce, non a caso pochi decen-ni dopo l’operato di Giovan Battista

Pacichelli (Roma 1634- 1695) sto-riografo che, chiamato alla corte di Parma (1677) come Consigliere del Duca Ranuccio II, fu inviato, dallo stesso, nel Regno di Napoli.

Nel 1702 il Banco della Santa Casa dell’Annunziata di Napoli, cui il feu-do di Lesina fu donato dalla regina Margherita, vedova di Carlo III di Durazzo il 6 novembre 1411, fallì. Nel 1715 iniziarono le pratiche di cessione per transazione dei beni al Ceto dei Creditori, le quali culmi-narono nella transazione del 1717 mediante strumento vergato per mano del notaio Vincenzo Colloco-la, sanzionata da papa Benedetto

XIII, il 1° gennaio 1725 e da re Carlo VI, datato da Vienna il 23 ottobre 1728. Nel 1729, per tale cessione si provvide a far eseguire i rilievi topografici per la valutazione del-la giurisdizione della Santa Casa. Venne nominato, per la realizza-zione dei rilievi, il Tavolario e perito Donato Gallarano, regio ingegnere, che consegnò la relazione dell’Ap-prezzo di Lesina il 4 ottobre 1730. Le coordinate di questo manoscrit-to sono assai semplici (Lombardi). Si tratta di una copia autentica dell’apprezzo di Lesina firmato dal Gallarano il 4 Ottobre 1730. La presente risulta essere una delle copie realizzate a Napoli, almeno in numero di tre, probabilmente commissionate dal Ceto dei Credi-tori in occasione della realizzanda cessione per transazione del feudo di Lesina. Il prezioso manoscritto, da noi rivisitato, si sviluppa su 105 fogli numerati, preceduti dal foglio del frontespizio, e stilato in 5.092 righe. L’apprezzo servì non solo ad evidenziare l’esatta consistenza dei beni di Lesina, ma oggi, ci fornisce l’esatta dimensione socio-econo-mica, usi e costumi della Lesina settecentesca. E’ doveroso evidenziare il grande

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impegno del Lombardi nel riordinare il filo della trascri-zione storica, con frequenti soggiorni in quel di Napoli, spinto dai tratti storici che evidenziano il suo interesse alla fine e logica interpretazione del documento. An-tonio Lombardi, già in tenera età mio alunno a scuola negli anni ’70 e del quale mi onoro di riconoscerne il pregio delle sue qualità intellettuali anche come mio nipote diretto, aduso a frequenti soggiorni di studio da Noci a Bari, da Montecassino a Subiaco ed a tante altre sedi, esposto intellettualmente alla dissertazione documentale, com’è nel suo stile atto ad evidenziare i contenuti riflessi nella tematica storica e caratterial-mente proiettato in positivo nella tematica obiettiva, riesce a saper amalgamare connotati controversi fino a stabilirne l’esatta loro identificazione sul piano storico-interpretativo. Ricorre altresì il dovere di evidenziare e rinnovare, da parte mia e di tutta la comunità lesinese, la stima ed il ringraziamento all’attuale Comitato Pro Ricorrenze Patronali di Lesina, per l’impegno culturale che sa profondere ai fini della riscoperta della nostra cultura ambientale. Nella prossima estate infatti, tra i suoi molteplici impegni, pubblicherà “LESINA – Percor-si tematici” (Vol.VII) di Nicola Lidio Savino che devolve tutti i proventi per devozione a San Primiano ed al Comitato stesso. Questo amabile scritto possa essere umile riferimento atto ad identificare maggiormente le nostre comuni radici ed ulteriore tassello culturale per il progresso della nostra amata Lesina, alla quale ciascu-no di noi deve e dovrà sempre tributare attiva disponi-bilità e perenne affetto.E’ bello riscoprire le nostre radici culturali, percorrere la nostra cittadina per notare ciò che ci disagia e sot-toporlo a chi fa finta di non vedere; è bello ed utile coltivare la nostra storia per finalizzarla alla riscoperta, rispetto, crescita e tutela del nostro patrimonio lagu-nare-territoriale, rendere accogliente il nostro paese, sistemare le strade, attrezzare gli spazi pubblici, ridare un volto al nostro centro storico, vigilare, interessare i giovani alla co-produttività, ravvivare il paese, rivalutar-ne la bellezza paesistico-lagunare, curare i giardini, otti-

mizzare i servizi, rendere vivibile il nostro ambiente pre garganico con le meraviglie delle nostre albe e dei suoi tramonti, del nostro lungolago che ci invita all’ameni-tà, ma anche al rispetto ed al riserbo in un areale, non fatiscente e trascurato come oggi, ma pulito, curato e dignitoso come si conviene (…). Nicola Lidio Savino

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LO SAPEVATE CHE ... * Il culto nella città di Ancona per S. Primiano, comin-

ciò nel 1376, quando una pia donna di nome Cecola, disse di averlo sognato in abiti vescovili mentre le in-dicava il posto dove era sepolto, nella antica chiesa di S. Maria in Turriano, nei pressi del porto. Sempre nel sogno, il santo narra che era stato ucciso per la fede in Gesù Cristo e che da più di mille anni, alcuni navi-ganti avevano trasportato il suo corpo ad Ancona, prelevandolo da un luogo abitato dai pagani. L’iscri-zione rinvenuta sul suo sepolcro, nel luogo indicato nel sogno, lo classifica come greco e vescovo; il culto aumentò man mano al punto che la chiesa fu poi de-dicata allo stesso san Primiano. Alcuni studiosi e scrit-tori lo considerano come primo vescovo, oppure tra i primi vescovi di Ancona, mentre altri lo escludono, considerandolo piuttosto un vescovo martire orienta-le, il cui corpo, per sottrarlo alle devastazioni barba-riche, era stato messo al sicuro in questa città. Dopo la scoperta della tomba, la chiesa venne ricostruita e il corpo del santo ebbe una decorosa sistemazione presso l’altare maggiore; fu ancora restaurata negli ultimi anni del ‘700, per essere poi completamente distrutta sotto i bombardamenti dell’ultima guerra mondiale e le reliquie di S. Primiano andarono disper-

se; rimane solo un frammento conservato nella cripta della cattedrale, fra le altre dei Santi Protettori della città.

* La Cattedrale di S. Maria Assunta a Spoleto, denomi-nata Santa Maria del Vescovato, edificata tra l’VIII e il IX secolo accerta con un decreto vescovile del 1067 la presenza di un altro edificio facente parte del gruppo cattedrale, la cosiddetta “tribuna di San Primiano”, da-tabile al IX secolo e della quale si è conservata la cripta sotto all’attuale Cappella delle Reliquie. La costruzio-ne del Duomo odierno fu avviata dopo il 1155, anno in cui Spoleto fu devastata dall’esercito imperiale di Federico “Barbarossa” e terminò tra il XII e il XIII secolo, quando i Papi Innocenzo IV nel 1198 e Onorio III nel 1216, consacrarono solennemente il nuovo edificio.

* Nel VI sec. d.C., il vescovo di Lucera, per trovare scampo dalle orde longobarde del duca Zottone di Benevento, si rifugiò con il popolo e il clero nel suo “oppidum” a Lesina. Con il suo trasferimento il vescovo recò con sé anche il tesoro della sua Chiesa, costituito per lo più da reliquie di santi, tra cui quelle di San Tellurio, proba-bilmente il primo patrono di Lesina fino all’arrivo delle reliquie dei santi Primiano e Firmiano da Larino.

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comitato feste lesina 27

Gli appuntamenti religiosiUn popolo in cammino, pellegrini nella propria comunità

Le feste patronali sono strettamen-

te collegate con la storia e la vita

dei nostri paesi. Sono nate il più

delle volte quando le città colpite

da guerre, carestie, epidemie han-

no chiesto protezione, beneficio

e l’allontanamento di ogni tipo di

male, ad un Santo, celebrando in

suo onore riti religiosi, processioni,

momenti culturali e folcloristici. An-

cora oggi la festa del Santo diventa

inevitabilmente “la festa del paese”,

momento in cui la comunità si sen-

te unita e si prodiga nell’organiz-

zazione dei diversi momenti della

festa, investendo energie fisiche e

risorse economiche, che possono

apparire come un’esagerazione,

solo da chi non si lascia coinvolge-

re pienamente da questo spirito di

esaltazione dei valori caratteristici

del proprio paese.

Una “bella” festa, per essere tale,

deve considerare con la stessa

cura e rilevanza sia l’aspetto civile

che religioso. Una festa patronale

svuotata del suo contenuto specifi-

catamente cristiano è una festa che

si allontana dalle sue origini, per-

dendo la caratteristica originaria

del ringraziamento e finendo per

ridursi ad un insieme di elementi

coreografici e folcloristici che nulla

hanno a che fare con la fede.

E’ importante quindi continuare

a sottolineare “il cammino di fede”

della nostra festa.

Il primo momento importante lo

abbiamo vissuto il 26 Marzo scor-

so, con la S. Messa per la solennità

dell’Annunciazione, durante la qua-

le la popolazione ha accolto con

grande gioia e profonda devozione

il Simulacro della SS. Annunziata

riportato in chiesa dopo i lavori di

restauro conservativo.

Il 29 Aprile parteciperemo invece

alla tradizionale Processione di tra-

slazione del Simulacro di S. Primia-

no dalla chiesetta alla cattedrale. Il

giorno 8 Maggio avranno inizio le

Novene per la SS. Annunziata e S.

Primiano Martire.

Giungendo ai tre giorni principali

della festa, il 14 Maggio l’appunta-

mento è con la S. Messa alla quale

seguirà la processione della SS. An-

nunziata e dei Santi.

Il 15 Maggio, S. Messa per la so-

lennità di S. Primiano seguita dalla

tradizionale processione per le vie

del paese.

Anche quest’anno i festeggiamenti

si concluderanno con la caratteri-

stica Processione dei Simulacri del-

la SS. Annunziata e di S. Primiano

sul nostro lago.

Come di consueto chiediamo la

collaborazione di tutta la cittadi-

nanza, nel partecipare a questi ap-

puntamenti con il dovuto ordine e

raccoglimento, affinché possano

restare momenti intensi di preghie-

ra e riflessione comunitaria.

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28 san primiano 2012

comitato feste lesina

Il gruppo nasce a seguito del

tradizionale corteo storico Luce-

rino, che si tiene ogni anno il 14

Agosto; in cui si rivivono i festeg-

giamenti del popolo, dopo la

cacciata dei saraceni di Federico II.

Come tutti possono immaginare il

nome del gruppo è un omaggio

al grande imperatore che scelse

Lucera per costruire una delle sue

dimore che dopo la sua morte

grazie agli ulteriori ampliamenti

apportati da Carlo D’angiò diven-

ne la fortezza piu grande d’Europa.

Il gruppo è composto da circa 30

elementi fra Tamburini, Sbandie-

ratori e Chiarine. I costumi sono

stati realizzati per riprodurre i mo-

delli del 1200/1300 circa, periodo

dominato dalle Case Reali Svevo/

Angioine. Suggestivi sono stati gli

spettacoli a cui il gruppo ha par-

tecipato, sfilando in varie regioni

d’Italia, esibendosi anche oltre

confine (Maastricht, Lione, Fran-

coforte, Monaco di Baviera e Vil-

lafranche de Rouergue), vincendo

in quest’ultima nel 1997 il Festival

del Folklore.

SBANDIERATORIIl gioco della Bandiera ha origini

molto antiche, forse anche ante-

cedenti il medioevo, ma solo alla

fine del 1400 si ha una maggiore

documentazione sulla sua esi-

stenza. Molto probabilmente la

figura dello sbandieratore tra ori-

gini dall’immagine dell’alfiere che

durante il periodo di guerra fun-

geva da segnalatore indicando a

distanza tramite lanci e sventolii

dei vessilli, precedentemente resi

come segnali militari, il momento

oppurtuno per effettuare attacchi

e spostamenti/movimenti delle

truppe. Gli Sbandieratori avevano

il compito di difendere, dove ne-

cessario con la morte, la propria

bandiera poichè molto forti erano

i valori da essa rappresentati. La

bandiera medioevale e rinasci-

mentale era costituita da un telo

ottenuto con l’uso di stoffe o di

pelli in tinteggianti di vari colori

in modo tale da essere visibili ai

propri alleati durante i vari spo-

stamenti sul campo di battaglia. I

Signori d’Italia, videro nello sban-

dieratore un utilissimo milite per

la difesa dei propri principati, e

quindi fecero diffondere questa

arte nelle Accademie Militari e nei

Collegi di Educazione Militare. Ma

le bandiere non venivano usate

solo in ambito militare, ma anche

in tempo di pace, in occassione di

parate, lo sbandieratore portava i

vessilli dei nobili, papi, città o eser-

citi facendo roteare e volteggiare

le loro insegne e all’inizio del 1600

venivano effettuati giochi con la

bandiera presso le più grandi ed

importanti corti delle famiglie

italiane per intrattenere cavalieri

e dame.

TAMBURINIIl tamburo ha origini molto anti-

che difatti raffigurazioni risalen-

I FedericianiA Lesina lo storico gruppo di sbandieratori di Lucera.

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ti al IV secolo a.c. custodite nel

museo di Alessandria ritraggono

delle donne intente a suonarlo

in modo diverso da quello odier-

no poiche’ in civilta remote come

quella egizia il tamburo veniva

suonato a colpi di mano facendo

vibrare le membrane di quest’ulti-

mo; successivamente il tamburo

comparve anche nell’Asia Orien-

tale, in Persia e nel Tibet, ma solo

verso la fine del Medioevo si ha

la sua comparsa in Europa.Con il

passare dei secoli viene sottopo-

sto a notevoli modifiche specie

nelle dimensioni del fusto,e dato

il suo carattere puramente ritmi-

co assunto, il suo primitivo uso

viene limitato a scopi militari, i

primi ad introdurlo nelle proprie

milizie furono gli Arabi seguiti poi

a metà del XIV secolo dalle truppe

Francesi sostituendo quasi com-

pletamente l’uso della Tromba. Il

suo uso in ambito militare con il

passare del tempo viene regola-

rizzato da appositi organi infatti

nel XVII secolo in ogni reggimento

di fanteria sia a piedi che a cavallo

esisteva un certo numero di tam-

burini comandati da un graduato

chiamato ”Tamburo Maggiore”.

L’evoluzione continua sino ad in-

serirlo nel XVIII secolo in orchestra

e usato solo in alcuni brani per-

chè a quei tempi i tamburi erano

disponibili con due sole note. In

questo periodo i “tamburi” erano

ancora organizzati in corporazio-

ni e istruiti secondo le tradizioni

militari e di corte.Nelle prime

scritture per tamburo, venivano

indicate solamente le prime bat-

tute del brano, mentre nel resto

veniva lasciato interpretare a di-

screzione dell’esecutore.Il primo

vero compositore a scrivere parti

dettagliate per i tamburini, fu pro-

babilmente Haydn.

CHIARINEAppartenenti alla famiglia degli

aerofoni, le chiarine, sono corpi

cavi di forma cilindrica con can-

neggio curvato che producono

il suono con la vibrazione con la

colonna d’aria in esse sospinta.

Le chiarine come altri ottoni pre-

senta un’imboccatura ad ancia

doppia (il soffio d’aria fa vibrare

2 piccole linguette) costituita da

una particolare imboccatura det-

ta bocchino, una piccola tazza

conica o cilindrica sulla quale ap-

poggiano le labbra dell’esecuto-

re; e sono proprio queste ultime

che funzionano come linguette

sopraccitate. La tromba ha origini

molto antiche e sua prima com-

parsa si ha durante l’Impero Roma-

no presentando a quell’epoca una

struttura a forma di canna, preva-

lentemente cilindrica. E proprio

dalle cosiddette trombe Romane

traggono origini le Buccine o me-

glio conosciute come “Trombe

Medioevali” che solo agli inizi del

XIX secolo d.C. vengono munite

di valvole o pistoni ed in seguito

modificate ripiegando su se stessa

a forma di campana la parte finale

della canna.Le chiarine ad un solo

pistone che la maggior parte dei

gruppi di sbandieratori oggi usa-

no hanno origini molto recenti,

intorno al 1900 e furono costruite

con lo scopo di ottenere uno stru-

mento cromatico. La tromba trova

largo impiego in campo militare e

in quello della caccia ma in segui-

to alle modifiche apportate viene

sempre più largamente impiegata

nella musica strumentale ed ope-

ristica e a partire dal XVIII secolo

con l’aggiunta dei tre pistoni di-

viene uno strumento cromatico

con un’estensione di circa due

ottava e mezza. Strumento assai

usato nella musica e viene impie-

gato dapprima in opere come il

Fidelio di Beethoven e il Capriccio

Italiano di Čajkovskij e anche nel-

la musica Jazz dove trova valenti

esecutori tra cui : Louis Armstrong,

Dizzy Gillespie e Miles Davis.

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comitato feste lesina

Nicola MormoneOmaggio alla canzone napoletana

Il suo personale stile di chitarrista, la timbrica vocale che si accosta a grandi nomi del passato, la passione per gli studi, ma soprattutto l’importanza che infon-de alla cultura della tradizione napoletana, fanno di lui un esponente di primo piano del panorama ca-noro napoletano.Nato artisticamente negli anni ‘60 con il gruppo “I so-gnatori” con gli amici Mario Musella, James Senese, Gianni Thomas, Toni Savoia e Aldo Item, partecipò in seguito al festival di Napoli.Tutti gli anni ‘70 furono segnati dalla collaborazione con Antonello Rondi, come primo chitarrista, con lunghi tour in tutta Europa e negli Stati Uniti.Oggi Mormone, stimato anche dai suoi colleghi per l’innegabile poliedricità che lo contraddistingue, è protagonista in passaggi televisivi della trasmissio-ne “Mezzo secolo di Canzoni” in onda sull’emittente locale “Canale 21”.Delicato e garbato esponente del genere, Nico-la Mormone è uno dei più qualificati successori di artisti del calibro di Sergio Bruni, Roberto Murolo, Amedeo Parliante e Fausto Ciglian; corredato di una ottima conoscenza chitarristica ed una voce confi-denziale con la quale riesce a stabilire un feeling con

lo spettatore.Nel suo vasto repertorio non manca la cosiddetta

“macchietta” che tra un pezzo melodico e l’altro si sposa perfettamente.Nicola Mormone, saggio e attento uomo di spetta-colo, prima di affacciarsi a questo genere di musi-ca impegnativa ha alle sue spalle oltre trent’anni di esperienza di orchestrale e vanta prestigiose colla-borazioni tra le quali Aurelio Fierro, Roberto Murolo, Segio Bruni e Consiglia LicciardiNicola Mormone sarà ospite a Lesina il 14 maggio con Angelo Vacca al mandolino, Luigi Mormone alla chitarra, Enzo Vacca al contrabbasso e Mariano Prato alle percussioni.

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L’obiettivo generale della Mostra è quello di valorizzare e promuovere le Feste Patronali degli otto Comuni dell’Alto Tavoliere aderenti al GAL Daunia Rurale: San Severo, Apricena, Chieuti, Lesina, Poggio Imperiale, San Paolo di Civitate, Serracapriola, Torre-maggiore.L’obiettivo è quello di diffondere la storia, le tradizioni e gli aspetti fol-cloristici che caratterizzano le Feste Patronali dei Comuni coinvolti. Nella Mostra saranno esposte foto d’epo-ca e foto moderne, a mostrare come venivano vissute dalla popolazione le feste nel passato e come si svilup-pano in tempi più recenti e saranno, inoltre, esposti manichini con gli abiti tradizionali indossati dai fratelli delle arciconfraternite, protagoniste nell’organizzazione e nella realizza-zione delle feste.Altro obiettivo della Mostra è quel-lo di trasmettere tali conoscenze soprattutto ai giovani, attraverso il coinvolgimento delle scuole, e agli abitanti dei comuni e ai numerosi vi-sitatori e turisti, che si recano annual-mente nell’Alto Tavoliere per prende-re parte ai festeggiamenti in onore dei santi patroni. La Mostra nasce dalla volontà di va-

lorizzare e promuovere le tradizioni legate alle Feste Patronali, che il tem-po, spesso, cancella e porta via. È un progetto del Centro Studi Tradizioni Popolari “Terra di Capitanata”, in col-laborazione con l’Associazione “Valo-rizziamo San Severo” e la Biblioteca Comunale “Minuziano” di San Severo, nato per diffondere le tradizioni po-polari e folcloristiche del territorio: tra queste si inseriscono i diversi aspetti che caratterizzano le Feste Pa-tronali. L’organizzazione si avvarrà dei patrocini dell’Università degli Studi di Foggia, dei Comuni coinvolti, della Provincia di Foggia, della Regione Pu-glia, del Mibac (Ministero per i Beni e le Attività Culturali), del GAL Daunia Rurale, del Consorzio “Parco della Peranzana”, della FITP (Federazione Italiana Tradizioni Popolari), dello IOV Italia (Organizzazione Internazionale Arte e Cultura Popolare), del portale www.patronidipuglia.it, delle Arci-confraternite. Media Sponsor della mostra le testate giornalistiche regio-nali e Tenuta Inagro. L’evento sarà itinerante e caratteriz-zato dall’esposizione su pannelli di fotografie in bianco e nero e a colori delle seguenti feste patronali Festa di San Giorgio (Cheuti, dal 16 al 24

aprile), Festa di San Primiano (Lesina, dall’11 al 16 maggio), Festa di Maria SS. del Soccorso (San Severo, dal 17 al 22 maggio), Festa della Madonna Incoronata (Apricena, dal 23 al 28 maggio), Festa di San Sabino (Torre-maggiore, dal 29 maggio al 3 giugno), Festa di Sant’Antonio da Padova (San Paolo di Civitate, dal 9 al 14 giugno), Festa di San Mercurio (Serracapriola, dal 1° al 6 settembre), Festa di San Placido (Poggio Imperiale, dal 4 al 7 ottobre), Tenuta Inagro (Luglio – ago-sto), Le Marine (luglio – agosto).La mostra sarà arricchita da manichi-ni con gli abiti delle Arciconfraternite: didascalie esplicative aiuteranno i fruitori in una migliore lettura delle immagini. La mostra resterà aperta durante i giorni delle diverse feste patronali. Si organizzeranno visite guidate per le scuole; i visitatori, su loro richiesta, potranno essere sup-portati da una guida durante la visita. La mostra sarà accompagnata dalla pubblicazione di un catalogo.

Centro Studi Tradizioni Popolari “Terra di Capitanta”, Corso Gramsci, 20 71016 San Severo (FG)[email protected]

Anche a Lesina la mostra fotografica “Feste Patronali: colori e suoni della tradizione”

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