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L’esecuzione delle corde di un modello navale Salvatore Maccarone Tecnica modellistica Pag.1-17 L’insieme delle corde, o manovre, rappresenta una parte fondamentale, e certamente la più appariscente, di un modello navale: le manovre, dunque, possono valorizzare in modo determinante l’aspetto di uno scafo o, all’opposto, se malamente realizzate, distruggerne del tutto il valore. E sarebbe un vero peccato, perché l’attrezzatura di un modello navale è lavoro lungo complicato, e talvolta anche noioso. Una delle cause fondamentali che può condurre a questo deludente risultato, anche quando le manovre sono correttamente collocate (e non capita spesso), è rappresentata dalla cattiva qualità dei materiali usati, gli unici peraltro reperibili in commercio, che non hanno nulla a che vedere con quanto, in scala ridotta, essi dovrebbero rappresentare. Il refe disponibile nei negozi di modellismo, in poche grandezze, è un materiale filaccioso e rigido, del tutto diverso da quello che dovrebbe essere e incapace, tra l’altro, di “pendere” realisticamente sotto il suo peso, come nella navi vere. Eppure realizzare corde e cavi, in scala, perfettamente identici a quelli utilizzati nella seconda metà del diciottesimo secolo dalle marine di tutto il mondo è tutt’altro che difficile. Un piccolo investimento, più di tempo che di danaro, consentirà di ottenere risultati comparabili a quelli dei gloriosi modelli contemporanei dell’ammiragliato inglese, esibiti nei grandi musei navali del mondo. Prima di descrivere il procedimento utilizzato per realizzare perfette corde in miniatura, sono però necessarie alcune precisazioni. La dimensione delle corde e dei cavi, come tutto nelle navi del 18° secolo, risponde a regole precise e rigide delle quali anche il modellista serio deve tener conto. Le monografie edite da ANCRE contengono questi riferimenti e comunque il modo per ricavarle. Un primo problema che si pone è allora quello di “misurare” il diametro delle singole corde, che in molti casi è di qualche decimo di millimetro. Un normale calibro a corsoio non è utilizzabile, perché le corde verrebbero schiacciate nella chiusura delle ganasce, rendendo così del tutto inattendibile la lettura. Occorre allora ricorrere ad un altro strumento, il micrometro, usato però in modo diverso da quello tradizionale. Il procedimento è il seguente. La lunetta del micrometro va fissata in una morsa o in altro sostegno che consenta di avere le mani libere. La vite del micrometro viene quindi chiusa o aperta fino

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L’insieme delle corde, o manovre, rappresenta una parte fondamentale, e certamente la più appariscente, di un modello navale: le manovre, dunque, possono valorizzare in modo determinante l’aspetto di uno scafo o, all’opposto, se malamente realizzate, distruggerne del tutto il valore. E sarebbe un vero peccato, perché l’attrezzatura di un modello navale è lavoro lungo complicato, e talvolta anche noioso.

Una delle cause fondamentali che può condurre a questo deludente risultato, anche quando le manovre sono correttamente collocate (e non capita spesso), è rappresentata dalla cattiva qualità dei materiali usati, gli unici peraltro reperibili in commercio, che non hanno nulla a che vedere con quanto, in scala ridotta, essi dovrebbero rappresentare.

Il refe disponibile nei negozi di modellismo, in poche grandezze, è un materiale filaccioso e rigido, del tutto diverso da quello che dovrebbe essere e incapace, tra l’altro, di “pendere” realisticamente sotto il suo peso, come nella navi vere.

Eppure realizzare corde e cavi, in scala, perfettamente identici a quelli utilizzati nella seconda metà del diciottesimo secolo dalle marine di tutto il mondo è tutt’altro che difficile. Un piccolo investimento, più di tempo che di danaro, consentirà di ottenere risultati comparabili a quelli dei gloriosi modelli contemporanei dell’ammiragliato inglese, esibiti nei grandi musei navali del mondo.

Prima di descrivere il procedimento utilizzato per realizzare perfette corde in miniatura, sono però necessarie alcune precisazioni.

La dimensione delle corde e dei cavi, come tutto nelle navi del 18° secolo, risponde a regole precise e rigide delle quali anche il modellista serio deve tener conto. Le monografie edite da ANCRE contengono questi riferimenti e comunque il modo per ricavarle.

Un primo problema che si pone è allora quello di “misurare” il diametro delle singole corde, che in molti casi è di qualche decimo di millimetro. Un normale calibro a corsoio non è utilizzabile, perché le corde verrebbero schiacciate nella chiusura delle ganasce, rendendo così del tutto inattendibile la lettura. Occorre allora ricorrere ad un altro strumento, il micrometro, usato però in modo diverso da quello tradizionale. Il procedimento è il seguente.

La lunetta del micrometro va fissata in una morsa o in altro sostegno che consenta di avere le mani libere. La vite del micrometro viene quindi chiusa o aperta fino

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a raggiungere una distanza tra le incudini più o meno corrispondente al presumibile diametro della corda da misurare e che, tenuta con le due mani, sarà fatta passare in questo spazio. Chiudendo o aprendo le incudini, si arriverà ad un punto in cui la corda passerà con un minimo sforzo. Questo sarà il suo diametro, con una approssimazione di qualche centesimo di millimetro. Basterà, infatti, chiudere l’incudine mobile di una o due tacche, per verificare che la corda non passerà (sistema passa-non-passa).

Un altro modo, ancora più semplice, ma meno preciso è quello di avvolgere un certo numero di volte il filo o il cavo attorno ad un tondino, misurare la lunghezza dello spazio orizzontale occupato e dividerlo per il numero dei giri, ottenendo così il diametro del filo o del cavo.

Una seconda precisazione riguarda i materiali da utilizzare.

In commercio esiste un materiale assolutamente ideale per i nostri fini e, tra l’altro, molto più economico del refe modellistico, il “cordonetto” utilizzato per i lavori ad uncinetto, venduto in varie marche (DMC, Anchora, etc.) e in varie grossezze, a partire dal n. 100 (esiste anche il 120, ma pare irreperibile), fino ai più grossi (nn. 8 o 10), in colore grezzo o ecrù.

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Il cordonetto è un materiale ideale perché è esso stesso intrecciato, morbido nella struttura e che può essere anche utilizzato così com’è nel corretto diametro, avendo l’accortezza di passarlo preventivamente in un bagno di tè molto forte, per eliminare la sgradevole brillantezza che talvolta questo materiale presenta e per scurirne il colore. Quest’ultima operazione è necessaria non solo per una maggiore aderenza al colore originario della canapa, ma anche perché i fili chiari in un modello danno l’impressione di essere molto più spessi e quindi fuori scala.

Il cordonetto destinato alle manovre fisse (sartie, stragli, etc.), che nella realtà erano incatramate per proteggerle dalla corrosione della salsedine e del vento, andrà invece tinto di un coloro bruno nerastro, molto scuro, ma non nero, sempre per ragioni di scala. Il colore nero apparirebbe, infatti, “troppo nero” su un modello.

Per realizzare le manovre più piccole, useremo i comuni rocchetti di filo per la cucitura a macchina, di colore appropriato, n. 120 (diametro 0,18 mm.); il materiale in questo caso è poliestere, che va comunque benissimo.

Una terza precisazione riguarda il modo in cui corde e cavi erano (e vanno) realizzati. Utilizzo il termine corde e cavi (non so se tecnicamente corretti: in inglese, hawser e cable) per indicare i due tipi usati nella marineria classica, le prime, per la gran parte delle manovre fisse e correnti, i secondi per le manovre fisse più grosse (lo straglio di maestra, ad esempio, che è in assoluto la “fune” più spessa di tutta la nave) e per il sostegno dell’ancora.

La differenza tra i due tipi sta nel modo in cui essi sono realizzati, essendo le corde intrecciate, o commesse, in senso antiorario e i cavi in senso orario; normalmente le une e gli altri si compongono di tre capi fra loro intrecciati.

La foto che segue mostra il cavo dell’ancora di un modello in scala 1:48, realizzato con il sistema che mi appresto a descrivere.

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La regola fondamentale nella realizzazione è che corde e cavi vanno intrecciati in senso contrario a quello dei capi di cui si compongono; una corda sarà pertanto ricavata da capi commessi in senso orario e i cavi da corde commesse in senso antiorario. La ragione di questo sta nel fatto che la tendenza dei singoli capi e delle corde a tornare nella posizione di origine genera forze contrapposte che mantengono il tutto in equilibrio, impedendo alla corda di disfarsi una volta intrecciata.

Sia i fili da cucito che il cordonetto sono commessi in senso antiorario; la prima operazione da fare, dunque, è quella di disfare i capi, torcendoli in senso contrario a quello in cui essi si presentano, commettendoli poi in senso inverso e preparandoli così per la confezione delle corde.

Per far questo e tutto il resto utilizzeremo un meccanismo, forse complesso a descrivere, ma certamente assai semplice da usare. Non si tratta, peraltro, di una novità, ma piuttosto dello sviluppo di un sistema presentato in varie riviste di modellismo inglesi, francesi e americane e che riproduce nella sostanza il sistema in cui le corde vere erano e presumo siano ancora intrecciate.

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Il sistema si basa su due congegni, entrambi mossi da un piccolo motore, con gli assi centrali alla stessa altezza, l’uno fisso, l’altro mobile. Entrambi i motori sono a 12 Volt, al fine di consentire agevolmente l’inversione del senso di rotazione, attraverso l’inversione dei poli, e collegati ad un variatore di velocità, del tipo di quelli utilizzati per variare l’intensità dell’illuminazione domestica. Lo scopo del variatore è duplice: ridurre la velocità normale, che è troppo elevata e potrebbe spezzare i capi durante la lavorazione, e consentire una velocità costante, quando la torsione, nella fase finale, aumenta il carico. In realtà, la potenza richiesta è minima e anche motori molto piccoli andranno benissimo.

La parte fissa, quindi vincolata all’asse di sostegno del tutto, è costituita da un meccanismo composto da un ingranaggio centrale fissato sull’albero del motore, che muove a sua volta sei ingranaggi disposti a stella, che ruotano quindi in senso contrario l moto del motore; su ciascuno degli assi degli ingranaggi è fissato un occhiello, al quale andrà connessa una estremità dei capi da intrecciare (Fig. 2 e 3).

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La parte mobile è un po’ più complessa; è anch’essa composta da un motore, posto su una struttura mobile, realizzata nel caso concreto con un carrellino della Lego, che nella parte sottostante è munita di una guida che scorre in una scanalatura dell’asse di sostegno, facilmente realizzabile con una passata sulla sega circolare da parte di un falegname amico (Fig. 6).

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Sull’albero motore della parte mobile è fissato un disco, sul quale sono inseriti, nella stessa posizione della parte fissa, sei occhielli sui quali si annoderà la parte opposta dei capi (Fig. 4 e 5).

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Nella parte fissa, dunque, mossi dagli ingranaggi a cui sono fissati, ruoteranno gli occhielli sul loro asse, svolgendo o torcendo i capi, mentre nella parte mobile ruoterà l’intero disco, trascinando contemporaneamente i capi nella fase di realizzazione della corda.

La parte mobile è poi munita di un contrappeso, di peso tale da spostare lentamente, ma decisamente, all’indietro il carrellino, al fine di assecondare le variazioni di lunghezza dei capi e poi della corda, mantenendone la tensione durante tutta l’operazione (Fig. 9).

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La lunghezza dell’asse sul quale sono fissate le due parti del meccanismo determina la lunghezza della corda che potrà essere realizzata; io ho utilizzato un asse lungo due metri, poggiato su cavalletti o su qualunque altro sostegno, ad altezza da terra adeguata alla comodità dell’uso e alla lunghezza del contrappeso. Con un asse di 2 metri si ottengono corde della lunghezza di circa 140 cm., più che sufficienti per una singola manovra anche su un modello in scala 1: 48 (Fig. 7).

Il procedimento inizia con il fissaggio di tre capi ad altrettanti occhielli (alternati) della parte fissa che saranno poi collegati ai rispettivi occhielli della parte mobile; raramente avremo bisogno di quattro capi, ma, disponendo di sei occhielli, anche in questo caso non avremmo alcun problema. É necessario che i capi siano ben tesi e tutti con la stessa intensità, operazione questa che risulta agevolata dal bloccaggio dello scorrimento del carrello mobile, ottenuto fissando con un morsetto un pezzetto di legno all’altezza delle ruote anteriori, tenendo peraltro presente che, poiché il carrello arretrerà nella prima fase dell’operazione, è necessario che venga lasciato uno spazio sufficiente, almeno 20 centimetri, tra l’estremità di esso e l’estremità dell’asse (Fig. 8).

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La prima operazione consiste nell’avvio della parte fissa, i cui occhielli dovranno ruotare in senso antiorario, consentendo così di disfare i capi; l’operazione durerà qualche minuto e passerà per una fase di allungamento dei capi durante lo svolgimento - e quindi di arretramento del carrello trascinato dal contrappeso - seguita da una fase di sensibile accorciamento, man mano che i capi cominceranno ad intrecciarsi nella direzione opposta. Durante questa fase dell’operazione il carrello avanzerà di circa il 20 – 25% della distanza totale (Fig. 11, 12 e 13).

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La quantità di torsione da impartire ai capi va determinata con un po’ di pratica e con l’aiuto di una lente, tenendo presente che lo scopo è quello di raggiungere una torsione di circa il 40% in più del necessario e che un eventuale eccesso di torsione verrà comunque eliminato nella fase finale.

Quando avremo completato questa prima fase del lavoro, arresteremo il motore della parte fissa e avvieremo, in senso orario, quello della parte mobile; la corda comincerà immediatamente a formarsi nella parte centrale e si spingerà in pochi secondi via via verso le due estremità degli occhielli. Anche qui occorre un po’ di pratica e di apprezzamento per capire quando è il momento di fermarsi, ma, ancora una volta, non è cosa difficile (Fig. 13, 14 e 15).

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Quando la corda sarà formata, applicheremo un po’ di colla al cianoacrilato nella parte finale, in testa o in coda, per bloccare il tutto ed aggiungeremo due pinzette, il cui scopo è quello di appesantire, sia pur di poco, le due estremità della corda, in previsione della successiva operazione. Taglieremo i capi dall’una e dall’altra parte e sospenderemo la corda che comincerà immediatamente a torcersi in senso contrario, dando la sgradevole impressione che tutto il lavoro fino ad allora fatto si stia perdendo; in realtà non è così. La corda si agiterà per qualche secondo, equilibrando gli eccessi di torsione nel suo interno e in pochissimo tempo avremo tra le mani una splendida, piccola corda, esatta riproduzione in miniatura di quelle vere (Fig. 17 e 18).

La rapidità di formazione della corda è sorprendente; l’operazione più lunga è la connessione dei capi ai diversi occhielli, anche per la necessità di mantenere per tutti la stessa tensione. Una volta fatto questo, per il resto occorrono davvero pochi secondi.

Una volta completate e passate nel bagno di te o di caffè per scurirle, le diverse corde andranno appese con una pinza per carta, in testa e in coda, in modo da distenderle e renderne più regolare la struttura.

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Nel caso concreto, per rendere più evidente l’operazione, sono partito da un cordonetto n. 16, del dimetro di 0,35 mm., ottenendo una piccola corda del diametro di 0,85; il rapporto, in una corda formata da 3 capi, è infatti di circa 2,5 volte il diametro del capo iniziale.

Per realizzare i cavi, l’operazione è identica, solo un po’ più lunga (ma di cavi ne servono pochi) e con la differenza che i capi, per ragioni di dimensione, saranno costituiti non da cordonetto, ma a loro volta da corde realizzate con il procedimento appena descritto, alle quali impartiremo una torsione aggiuntiva, facendo ruotare gli occhielli della parte fissa in senso orario, il contrario cioè di quanto fatto prima. Ad operazione compiuta avvieremo il motore della parte mobile in senso contrario al precedente e dunque in senso antiorario. Partire dalle corde è in ogni caso consigliabile, anche quando disponessimo di un cordonetto dello spessore richiesto, in quanto il complesso equilibrio delle torsioni nel loro insieme consente una migliore realizzazione ed un migliore effetto estetico.

I cavi che possono realizzarsi in questo modo sono veramente belli; essi saranno composti da dodici capi (3 per ciascuna corda, più le tre corde) e la loro dimensione potrà essere agevolmente variata secondo le esigenze, modificando lo spessore dei capi con cui realizzare le corde di partenza.

Tutto qui. A qualcuno la cosa sembrerà forse complicata, ma, come sempre accade, il procedimento è più lungo a descriversi, che ad applicarsi: dopo i primi esperimenti, realizzare le nostre corde sarà diventato un (piacevole) gioco da ragazzi; nell’arco di un paio d’ore si potranno realizzare alcune decine di metri di corde e il modello sul quale esse saranno montate sarà infinitamente più attraente e realistico. Certo, occorre un po’ pazienza, soprattutto nella costruzione del meccanismo, ma la pazienza è il primo e più importante ingrediente del modellismo di qualità, unito alla ricerca, senza compromessi, della perfezione. Sappiamo bene che, alla nostra scala, un errore anche di pochi decimi di millimetro sarebbe ben visibile e rischierebbe di rovinare un lavoro, altrimenti perfetto, di mesi, se non pure di anni.

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Salvatore Maccarone