“LEONIA” DI CALVINO E LA CITTÀ CONTEMPORANEA: IL MONDO DEI RIFIUTI

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Liceo scientifico Edouard Bérard Aosta ESAME DI STATO a. a. 2011-2012 “LEONIA” DI CALVINO E LA CITTÀ CONTEMPORANEA: IL MONDO DEI RIFIUTI Giorgio Gullone Classe V B P.N.I. 1

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Liceo scientifico Edouard Bérard

Aosta

ESAME DI STATO

a. a. 2011-2012

“LEONIA” DI CALVINO E LA CITTÀ CONTEMPORANEA: IL MONDO DEI RIFIUTI

Giorgio Gullone

Classe V B P.N.I.

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Indice

1. Premessa2. “Leonia”, di Italo Calvino3. “I resti di Leonia d’ieri”: i rifiuti

3.1. Definizione3.2. Classificazione3.3. I rifiuti nella storia3.4. L’aumento dei rifiuti e le sue cause3.5. Grafici relativi alla produzione dei rifiuti

4. “Saponette appena sgusciate dall’involucro”: gli imballaggi4.1. Definizione e classificazione4.2. I meriti degli imballaggi4.3. “Packaging”4.4. Il problema degli imballaggi

5. La gestione dei rifiuti5.1. La filiera della raccolta differenziata

5.1.1. Il compostaggio5.1.2. Il riciclaggio

5.2. La filiera dalla raccolta indifferenziata5.2.1. Trattamento a freddo dei rifiuti5.2.2. Trattamento termico dei rifiuti

5.3. Discarica controllata5.4. Grafici relativi alla gestione dei rifiuti5.5. Lo strano caso della Valle d’Aosta5.6. “Gli immondezzai” di Leonia

6. Provvedimenti, osservazioni e proposte per il futuro6.1. Provvedimenti legislativi6.2. Le proposte di Guido viale6.3. Bando agli imballaggi6.4. La Terra come “Leonia”

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1. Premessa

La mia attenzione per i rifiuti è andata crescendo negli ultimi mesi, se non addirittura negli ultimi anni. Infatti, ogni volta che mettevo in ordine la mia stanza e soprattutto ogni volta che svuotavo il cestino in camera mia, mi rendevo conto di quanti fogli, fotocopie, penne, fazzoletti, imballaggi mi dovevo sbarazzare dopo che erano trascorsi pochi mesi: riempivo periodicamente un paio di sacchetti con materiale che fino a poco tempo prima avrei considerato indispensabile, ma di cui avevo bisogno di disfarmi. E si trattava unicamente di materiale proveniente da un’attività che si svolgeva in una camera da letto, quindi principalmente luogo di studio, oltre che di riposo. E il mio pensiero viaggiava verso tutti i milioni di studenti come me, che riempivano milioni di sacchetti con una quantità infinita di immondizia. Che fine faceva questa immondizia? E che fine faceva tutta l’immondizia che andavo a buttare io o che vedevo buttare dai miei familiari?Inoltre, come tutti i valdostani, ho la sfortuna/fortuna che, ogniqualvolta imbocco l’autostrada e mi avvicino al casello di Aosta Est, sono praticamente obbligato a rendermi conto della presenza della discarica principale della regione. Dico sfortuna perché sono costretto ad accorgermene da un odore tutt'altro che piacevole, dal verso dei corvi che gracchiano e dall’immensa mole di quella montagna squadrata di immondizia che si accresce ogni giorno. Dico fortuna perché, avendo l’obbligo di realizzare quanto questa montagna cresca, non posso che provare un’immensa paura per un futuro che potrà riservare una gara in altezza tra la catasta di rifiuti e il Monte Emilius: ed è una fortuna perché capisco che così non si può andare avanti.Per quanto riguarda, invece, la scelta di “Leonia” come termine di riferimento per la mia analisi, essa è dovuta al fatto che sono rimasto esterrefatto dalla lettura di questo brano. In primo luogo, perché è stato scritto agli inizi degli anni ’70, durante i quali quello dei rifiuti non era ancora considerato un problema. In secondo luogo, perché, nonostante ciò e nonostante la lunghezza esigua (due pagine e qualche riga), Calvino è riuscito a condensare tutti i problemi e tutte le contraddizioni del mondo dei rifiuti, sui quali, ancora oggi, si sta ancora lavorando.

2. “Leonia” di Italo Calvino

“Le città invisibili”, edito da Einaudi nel 1972, è uno degli ultimi libri pubblicati da Italo Calvino.Non si tratta né di un romanzo, né di una raccolta di racconti, né di un saggio, bensì della descrizione dei caratteri di 55 città immaginarie. Sono le città che Marco Polo ha toccato durante i suoi viaggi e di cui il viaggiatore veneziano riferisce alla corte di Kublai Khan, fondatore del primo Impero cinese. Appare dunque chiaro che il testo propone la rivisitazione di un modello illustre: “Il Milione” dello stesso Polo, i resoconti del suo viaggio in Oriente dettati a Rustichello da Pisa. Tuttavia, come suggerisce il titolo, il percorso non attraversa più uno spazio geografico, ma è un viaggio astratto e mentale, con chiaro riferimento alle caratteristiche della città postmoderna. Nell’opera di Calvino, il mercante veneziano narra degli uomini che le hanno costruite, della forma della città, delle relazioni tra la gente che le popola e della forma architettonica delle città stesse. Ma, soprattutto, le descrive ora nei più minuziosi dettagli, ora valutando l'insieme, comunque sempre guardando dove tutti gli altri non guardano, verso dettagli che ad altri paiono invisibili.

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Queste città portano tutte nomi di donna. Leonia, è la città dei rifiuti.

La città di Leonia rifà se stessa tutti i giorni: ogni mattina la popolazione si risveglia tra lenzuola fresche, si lava con saponette appena sgusciate dall'involucro, indossa vestaglie nuove fiammanti, estrae dal più perfezionato frigorifero barattoli di latta ancora intonsi, ascoltando le ultime filastrocche dall'ultimo modello d'apparecchio.Sui marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti di Leonia d'ieri aspettano il carro dello spazzaturaio. Non solo i tubi di dentifricio schiacciati, lampadine fulminate, giornali, contenitori, materiali d'imballaggio, ma anche scaldabagni, enciclopedie, pianoforti, servizi di porcellana: più che dalle cose di ogni giorno vengono fabbricate, vendute, comprate, l'opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle nuove. Tanto che ci si chiede se la vera passione di Leonia sia davvero come dicono il godere delle cose nuove e diverse, o non piuttosto l'espellere, l'allontanare da sé, il mondarsi d'una ricorrente impurità

Il fatto curioso, è che Calvino non presenta immediatamente Leonia come città dei rifiuti. Anzi, leggendo le prime tre righe, si ha quasi l’impressione di trovarsi di fronte ad una società avveniristica, in cui ogni giorno i suoi abitanti si ritrovano vestiti a nuovo e dispongono di innovativi apparecchi tecnologici. Tuttavia, basta proseguire nella lettura per rendersi conto dell’altra faccia della medaglia. Calvino ci getta improvvisamente in mezzo alla strada, facendoci realizzare che l’innovazione non può non essere accompagnata da un’impurità di cui bisogna, in un modo o nell’altro, disfarsi. Concetto che esplicita nelle righe seguenti:

Il risultato è questo: che più Leonia espelle roba più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva: quella delle spazzature d'ieri che s'ammucchiano sulle spazzature dell'altroieri e di tutti i suoi giorni e anni e lustri.

3. “I resti di Leonia d’ieri”: i rifiuti

3.1. DefinizionePer rifiuto si intende qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi, dove il detentore è il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che li detiene. [ex decreto legislativo 22/97, ora facente parte del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante Norme in materia ambientale]

3.2. Classificazione I rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali, e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.

Sono rifiuti urbani: a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione; b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli del primo punto, assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità; c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade; d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua; e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali; f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni.

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Sono rifiuti speciali: a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali; b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di scavo; c) i rifiuti da lavorazioni industriali; d) i rifiuti da lavorazioni artigianali; e) i rifiuti da attività commerciali; f) i rifiuti da attività di servizio; g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti , i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi; h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie; i) i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti; l) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti.

Per ciò che concerne i rifiuti pericolosi, sono quei rifiuti speciali e quei rifiuti urbani NON domestici indicati espressamente come tali con apposito asterisco nel C.E.R., acronimo di Catalogo europeo dei rifiuti.Esso si applica a tutti i rifiuti, siano essi destinati allo smaltimento o al recupero ed è oggetto di periodica revisione.Per poter identificare un rifiuto, si utilizzano i codici C.E.R., ovvero delle sequenze numeriche composte da 6 cifre riunite in coppie (es. 03 01 01 scarti di corteccia e sughero). Il primo gruppo identifica il capitolo, mentre il secondo usualmente il processo produttivo da cui è originato.I codici, in tutto 839, sono inseriti all'interno dell'"Elenco dei rifiuti" istituito dall'Unione Europea con la Decisione2000/532/Ce.I codici C.E.R. si dividono in non pericolosi e pericolosi, i secondi vengono identificati graficamente con un asterisco "*" dopo le cifre (es. 02 01 08* rifiuti agrochimici contenenti sostanze pericolose).La pericolosità di un rifiuto viene determinata tramite analisi di laboratorio volte a verificare l'eventuale superamento di valori di soglia individuati dalle Direttive sulla classificazione, l'etichettatura e l'imballaggio delle sostanze pericolose.Più precisamente, i rifiuti pericolosi vengono suddivisi nelle seguenti classi di pericolo:- Esplosivo- Comburente- Facilmente infiammabile (incluso estremamente infiammabile)- Infiammabile- Irritante nocivo- Tossico (incluso molto tossico)- Cancerogeno- Corrosivo- Infetto-Teratogeno- Mutageno- A contatto con l'acqua libera gas tossici o molto tossici- Sorgente di sostanze pericolose- Ecotossico

A tal proposito, mi sembra doveroso riportare quanto scrive Calvino:

Aggiungi che più l'arte di Leonia eccelle nel fabbricare nuovi materiali, più la spazzatura migliora la sua sostanza, resiste al tempo, alle intemperie, a fermentazioni e combustioni. E' una fortezza di rimasugli indistruttibili che circonda Leonia, la sovrasta da ogni lato come un acrocoro di montagne.

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3.3. I rifiuti nella storiaSi può affermare che i rifiuti esistevano, per nostra fortuna, anche presso le popolazioni antiche. Infatti, è in virtù di tutto quanto rappresentava la loro pattumiera che oggi è possibile lo studio di queste civiltà. Si tratta, comunque, di quantità molto modeste, le quali, tra l’altro, venivano ampiamente recuperate. Questi rifiuti consistevano perlopiù in materiali litici (arnesi primitivi di pietra) e fittili (di terracotta), che servivano per cacciare e per raccogliere il cibo, e in resti di cibo bruciato, ossa spolpate ed escrementi, grazie ai quali è possibile ricostruire le loro abitudini alimentari.Per ciò che concerne l’Antica Roma, tutti quei rifiuti che non venivano direttamente riutilizzati venivano scaricati nella Cloaca Maxima, il sistema di fognature che fu costruito già ne VI secolo a.C.. Questo modello urbano venne in seguito esportato in tutte le città dell’impero. Tuttavia, bastava aspettare il calar delle tenebre per poter vedere piovere dalle finestre degli edifici di Roma rifiuti di ogni tipo. In una sua satira, Giovenale ricordava che nottetempo "ti minacciano di morte tutte le finestre che si aprono". In ogni caso, il giorno dopo, le vie venivano ripulite. Infatti, in epoca imperiale, pare che, subordinati agli edili, quattro "curatores viarum", due per la città e due per la periferia, controllavano lo stato di vie e piazze e invitavano i cittadini a tenere sgombra la parte davanti alle loro case, come stabilito dalla legge. Se poi qualcuno faceva orecchio da mercante, le autorità potevano incaricare della pulizia un imprenditore privato e addebitare la spesa ai proprietari negligenti. Con la calata dei barbari, la situazione in tutta Europa si fece disastrosa, mancando qualsiasi interesse per la pulizia e l’igiene delle città, e la situazione si protrasse per almeno un millennio. Indice di questa trascuratezza sono le frequenti epidemie di peste, veicolata dai topi, e di tifo, dal momento che i liquami finivano per inquinare i pozzi.Soltanto con il Rinascimento, onde ridurre gli effetti di tali epidemie, si rivolse l’attenzione verso l’igiene, e nacquero strutture urbane di pulizia e smaltimento di rifiuti, quantità che rimane tuttavia esigua agli occhi di un consumatore contemporaneo. Tali rifiuti, inoltre, erano costituiti perlopiù da ceneri: il riscaldamento domestico, infatti, si otteneva tramite la combustione di legna, la cui cenere poteva venire riutilizzata come fertilizzante o come detersivo, oppure di carbone, la cui cenere doveva tuttavia essere gettata. Nella loro pattumiera erano quasi assenti i metalli, dal momento che pentole rotte e altri oggetti domestici metallici venivano riciclati, ovvero venduti al “rottamaio” che dalla loro fusione forgiava nuovi oggetti.Questa situazione domestica rimase invariata fino a mezzo secolo fa. Non si può dire lo stesso per il settore industriale, che, nato con la prima rivoluzione industriale alla fine del 1700 e spinto dalla seconda tra 1800 e 1900, ha provocato un aumento vertiginoso dei rifiuti e un cambiamento radicale della loro sostanza. Il loro smaltimento avveniva direttamente nei corsi d’acqua, cosa che certamente non era un toccasana per l’ambiente.

3.4. L’aumento dei rifiuti e le sue causeLe modalità con cui oggi ci rapportiamo ai beni materiali sono diverse da quelle anche solo dei nostri nonni. Questo è dovuto a differenti processi, i quali, nel nostro paese in modo più evidente, negli ultimi decenni hanno rivoluzionato il nostro modo di usufruire della merce e hanno favorito un aumento vertiginoso dei rifiuti. Tra essi si possono annoverare:

Aumento dei consumi. In seguito alla diffusione su larga scala di merce prodotta in serie, avvenuta negli ultimi 50 anni, il potere d’acquisto è notevolmente aumentato. Ciò ha finito per portare all’acquisto di beni e servizi non strettamente necessari e che, il più delle volte, neanche vengono usati.Tuttavia, è bene sottolineare che non è sempre vero che ad un aumento dei consumi corrisponde aumento dei rifiuti e viceversa.Da una parte, come si è già riscontrato in Europa, in presenza di politiche generali di prevenzione dei rifiuti, la crescita di un paese può non essere pregiudicata dalla produzione di rifiuti. Dall’altra, vi sono fattori emotivi che, in tempo di crisi, spingono ad una tipologia di acquisto compulsivo di una grande quantità di merce a basso prezzo e di scarsa qualità. Con una risposta del genere alla precarietà, non si fa che aumentare la produzione di rifiuti.

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Sistema industriale e commerciale. Siamo continuamente bombardati da una pubblicità che ci obbliga ad acquistare beni non durevoli e prodotti “usa e getta”, facendoci perdere di vista il buon gusto del riciclaggio, del recupero e del riutilizzo fatti in casa. Se questi prodotti da una parte offrono una considerevole comodità di utilizzo, dall’altra sono una grande fonte di rifiuti.

Incremento popolazione nelle aree urbane. Ciò è dovuto in particolar modo all’allargamento del settore terziario e ha portato un netto cambiamento degli stili di vita. Infatti, non si consumano più i prodotti del proprio orto o dell’allevamento, e non si danno più i propri scarti agli animali, ma si acquistano prodotti imballati e si fa largo uso della pattumiera.

Nuova organizzazione del lavoro. Le persone mangiano spesso fuori casa e consumano cibi precotti, facendo uso di un maggior numero di piatti, bicchieri, stoviglie e contenitori monouso che finiscono nella spazzatura

Aumento dei single. Aumento della fruizione di pasti preconfezionati e monodose. Sviluppo tecnologico. Citando nuovamente Calvino: “la spazzatura migliora la sua sostanza”.

3.5. Grafici relativi alla produzione dei rifiutiPer fornire qualche numero relativo all’aumento dei rifiuti, riporto tre grafici presenti nell’annuario dei dati ambientali 2010 dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), alla voce “rifiuti”.

Nei dieci anni a cavallo dell’anno 2000, si è assistito al quasi raddoppiamento della produzione totale di rifiuti, dovuto in massima parte all’aumento dei rifiuti speciali.Nell’anno 2008, la produzione nazionale tocca i 171 milioni di tonnellate, 32,5 milioni dei quali sono rifiuti urbani, per cui si osserva un decremento dello 0,2% rispetto al 2007, assistendo, per la prima volta a partire dal 1995, a una lieve inversione di tendenza.Calano soprattutto nel Mezzogiorno (-2,2% tra il 2007 ed il 2008), molto meno nel Centro (-0,7%circa), mentre al Nord il dato appare in controtendenza, facendo rilevare una crescita di produzionepari all’1,5%.

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Nel 2008 i rifiuti speciali sono aumentati del 122% rispetto al 1997 in maniera, tutto sommato, costante.L’analisi delle singole tipologie evidenzia, tra il 2006 e il 2008 una crescita del 5,1% circa per i rifiuti speciali non pericolosi derivanti da attività di costruzione e demolizione, un calo dell’1,5% circa per i rifiuti speciali non pericolosi provenienti dalle altre attività produttive e una crescita del 1,11% circa per quanto riguarda la produzione dei rifiuti pericolosi.Il maggior contributo alla produzione totale dei rifiuti speciali è dato dal settore dellecostruzioni e demolizioni, con una percentuale pari al 41,3% del totale nel 2008. Le attività manifatturiere, prese nel loro complesso, contribuiscono per il 36%.

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Per quanto riguarda la produzione pro capite, la cui analisi risulta utile al fine di svincolare il dato afferente ai rifiuti dal livello di popolazione residente, si rileva, a partire dal 1995, un aumento superiore al 20%.Tuttavia, nel 2008 è riscontrabile una contrazione rispetto al valore del precedente anno, che fa seguito al calo già riscontrato tra il 2006 ed il 2007. Nell’ultimo anno, infatti, il dato di produzione pro capite nazionale si attesta a 541 kg/abitante per anno a fronte dei 546 del 2007 e ai 550 del 2006. Va evidenziato che sul dato di produzione pro capite incide in maniera sostanziale l’andamento della popolazione residente, che cresce tra il 2006 e il 2008 di oltre 910.000 unità.

4. “Saponette appena sgusciate dall’involucro”: gli imballaggi

Calvino ci parla di imballaggi per quanto riguarda “saponette” e “barattoli di latta” contenenti cibo di vario genere. È probabile che egli fosse stato uno dei pochi a potersi immaginare che nei supermercati del 2012 si sarebbero potuti trovare insalate, carote e funghi in contenitori di plastica, bustine monodose di salse, olio ed aceto, prugne impacchettate una ad una. Tutte cose che fan sì che la percentuale del volume degli imballaggi nelle odierne pattumiere si aggiri intorno al 40%.

4.1. Definizione e classificazioneL' imballaggio, per la normativa legale e regolamentare italiana, è il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere e a proteggere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore, e ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo [art. 35, lett. a), ex decreto legislativo 22/97, ora art. 218 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante Norme in materia ambientale

L'imballaggio primario (imballaggio per la vendita) è un imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, un'unità di vendita per l'utente finale o per il consumatore. In poche parole è il primo involucro o contenitore del prodotto che riveste direttamente l'articolo per la vendita. Esempi sono una bottiglia, un pacchetto di sigarette.

L'imballaggio secondario (imballaggio multiplo) è un imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, il raggruppamento di un certo numero di unità di vendita, indipendentemente dal fatto che sia venduto come tale all'utente finale o al consumatore. Esempi sono una cassa di bottiglie, una stecca di sigarette.

L'imballaggio terziario (imballaggio per il trasporto) è un imballaggio concepito in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli per evitare la loro manipolazione ed i danni connessi al trasporto, esclusi i container per i trasporti. Salvo casi particolari, non arriva all'utilizzatore finale. Esempi sono i pallet e gli scatoloni.

Per quanto riguarda gli imballaggi che devono andare a contatto con alimenti, essi devono rispondere ai parametri definiti dal D.M. 21/3/1977 e non devono rilasciare negli alimenti sostanze tossiche o pericolose.

4.2. I meriti degli imballaggiNelle antiche società agricole, una grandissima percentuale delle derrate alimentari raccolte veniva perduta per colpa di parassiti, di funghi, di processi di putrefazione o di animali che se ne cibavano. Infatti, i prodotti della terra dovevano venire consumati non lontano sia dal punto di raccolta, perché con i mezzi di trasporto di cui si disponeva non potevano fare tanta strada, sia dal momento in cui venivano raccolti, perché non venivano conservati adeguatamente.

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In seguito allo sviluppo nel campo del trasporto di beni e persone ed in seguito alla produzione di imballaggi innovativi in materiali inaspettati e tecnologicamente avanzati, questi inconvenienti sono stati facilmente superati. È merito degli imballaggi, infatti, se oggi parliamo di globalizzazione: essi hanno consentito il trasporto sicuro di beni da tutte le parti del mondo e, in modo particolare, di cibi, rendendo più semplice la possibilità di seguire una dieta completa e migliorando in questo modo le abitudini alimentari. Abbiamo, infatti, la possibilità di mangiare prodotti freschi provenienti da ogni regione italiana, per non parlare della varietà di frutta esotica che giunge da ogni angolo del pianeta.

4.3. “Packaging” Il termine inglese “packaging”, nonostante in italiano si traduca con il termine “imballaggio”, ha un’accezione più ampia, riferendosi non solo alla materialità dell'imballaggio, ma anche agli aspetti immateriali riguardanti il processo produttivo, industriale ed estetico.La spietata concorrenza e le caratteristiche sempre più simili dei prodotti sono solamente alcune delle ragioni che hanno portato le imprese a investire sul packaging, ovvero sugli abiti che i prodotti indossano sul mercato. Abiti che devono risultare accattivanti, gradevoli, appealing, richiamare la casa produttrice e il suo sistema valoriale. Devono, inoltre, essere subito riconoscibili sugli scaffali di un supermercato dal consumatore che ne dovrebbe aver precedentemente visto la pubblicità in televisione, per strada, sui giornali e quant'altro. È oramai divenuta un’abitudine irrinunciabile quella di investire su questi abiti, che, fino a vent’anni fa, rappresentavano un anello debole, quasi insignificante, della catena del marketing aziendale, una spesa aggiuntiva ai limiti del superfluo su cui poter “tagliare” nei momenti difficili. Oggi, invece, si ha la propensione di trasformare l’imballaggio in un vero e proprio oggetto di culto da mettere in bella mostra, si dà più importanza al contenente che al contenuto.Ovviamente, questa condotta influisce enormemente sul costo finale del prodotto, ma i benefici che si ricavano dall’aumento delle vendite e la soddisfazione dei consumatori ne giustificano gli investimenti.Un esempio su tutti può essere quello dell’azienda italiana Perugina: la forma dei cioccolatini che producono è senz’altro accattivante, e quello del leggere le frasi d’amore che si trovano nella carta da imballaggio è un rito di cui non si può fare a meno ogni 14 febbraio.

4.4. Il problema degli imballaggiL’adozione massiccia di imballaggi negli ultimi anni, se da una parte ha facilitato la globalizzazione e giovato alle abitudini alimentari, dall’altra ha nuociuto in modo considerevole all’ambiente. Si è calcolato, infatti, che in Italia, paese che si trova al 6° posto al mondo nella produzione di imballaggi con 16 milioni di tonnellate all’anno di imballaggi prodotti, essi costituiscono il 40% del volume e il 30% del peso del totale dei rifiuti domestici. Il 15% circa di questa quantità è costituito da plastica.Quello della produzione di imballaggi, in Italia, è un settore trainante, in cui sono coinvolte più di 7000 imprese che, dal 1980 al 1990, hanno fatto sì che il loro quantitativo in peso nelle discariche avesse un tasso di crescita annua pari al 5%. Fortunatamente, oggi tale tendenza si è venuta riducendo progressivamente.Ciò è dovuto al fatto che in tutta Europa si è compreso come il problema degli imballaggi sia oggi il cuore del problema rifiuti e che la tendenza nell'Unione, e dell'Italia in particolare, è la riduzione massiccia degli imballaggi di rifiuto; a tale scopo è stato varato un programma confermato anche dal D.L. 22/97.

5. La gestione dei rifiutiPer gestione dei rifiuti si intende l'insieme delle politiche volte a gestire l'intero processo dei rifiuti, dalla loro produzione fino alla loro sorte finale, e coinvolgono quindi: la raccolta, il trasporto, il trattamento

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(riciclaggio o smaltimento) e anche il riutilizzo dei materiali di scarto, solitamente prodotti dall'attività umana, nel tentativo di ridurre i loro effetti sulla salute dell'uomo e sull'ambiente.

Le pratiche di trattamento dei rifiuti sono diverse tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, tra città e campagna e a seconda che i produttori siano residenziali, industriali o commerciali. Il trattamento dei rifiuti per gli utenti residenti e istituzionali nelle aree metropolitane è solitamente responsabilità delle autorità di governo locale, mentre il suo trattamento per utenti commerciali e industriali è solitamente responsabilità di colui che ha prodotto i rifiuti.La visione seguente riassume le modalità e le filiere per il trattamento dei rifiuti solidi urbani secondo le attuali politiche di gestione in Italia. Naturalmente, si tratta di uno schema teorico che non sempre, non completamente e non dappertutto, è attuato allo stesso modo e soprattutto è solo una delle possibili modalità di gestione dei rifiuti

5.1. La filiera della raccolta differenziata5.1.1. Il compostaggio

Essa è una tecnologia biologica usata per trattare la frazione organica dei rifiuti raccolta differenziatamente (anche detta umido), che può avvenire sia a livello domestico che a scala industriale.Il compostaggio, attraverso un processo di bio-ossidazione, permette di ottenere il cosiddetto compost, un ammendante agricolo di qualità da utilizzare quale concime naturale. La quantità in massa del compost è pari al 30-40% del quantitativo in massa della frazione organica da cui lo si ottiene.In ambiente anaerobico, in questi impianti può formarsi del biogas che, come nelle discariche, può essere bruciato per produrre energia elettrica e calore, di modo che le emissioni inquinanti diminuiscano. Il compostaggio si differenzia dal TMB per il fatto di trattare esclusivamente l'umido e non il rifiuto indifferenziato, anche se il TMB può comprendere un processo simile al compostaggio.

5.1.2. Il riciclaggio Esso comprende tutte le strategie organizzative e tecnologiche per riutilizzare come materie prime materiali di scarto altrimenti destinati allo smaltimento in discarica o distruttivo. I materiali che possono essere riciclati appartengono alla frazione secca, ovvero la parte non organica dei rifiuti urbani. Metalli, carta, vetro e plastiche sono alcuni esempi. Per ciò che concerne il riciclaggio dei materiali cosiddetti "poliaccoppiati" (cioè costituiti da più materiali differenti), come ad esempio flaconi di succhi di frutta o di latte, nonché per oggetti complessi (per esempio automobili, elettrodomestici eccetera), esso non presenta problemi insormontabili, dal momento che possono essere risolti con tecnologie particolari, in parte già adottate anche in Italia.Particolare è il caso della plastica, che, come noto, esiste in molte tipologie differenti e può essere costituita da diversi materiali (PET, PVC, polietilene ecc.). Tali diversi materiali vanno gestiti separatamente e quindi separati fra loro: questa maggior complicazione in passato ha reso l'incenerimento economicamente più vantaggioso del riciclo: si deve, infatti, tenere conto della separazione, del trasporto alle rispettive fonderie, e della produzione del materiale base. Oggi, tuttavia, appositi macchinari possono automaticamente e velocemente separare i diversi tipi di plastica anche se raccolti con un unico cassonetto.In Italia, il tasso di raccolta differenziata sta gradualmente crescendo (è oggi intorno al 22,7% per merito, soprattutto, delle regioni del Nord, dove supera il 35%), ma è ancora inferiore alle potenzialità. A titolo di confronto, si consideri che in Germania il tasso di raccolta differenziata raggiungeva nel 2004 ben il 56% a livello nazionale.Di norma, la raccolta differenziata viene condotta in strada. Tuttavia, per incentivarla, alcuni comuni hanno pensato di organizzare un sistema di raccolta porta a porta. Si tratta di una tecnica di gestione dei rifiuti che prevede il periodico ritiro presso il domicilio dell'utenza del rifiuto urbano prodotto dalla stessa, sia secco che umido. Ovviamente, questo procedimento fa leva sulla collaborazione da parte dei cittadini e sulla loro coscienza civica. Inoltre, nella maggior parte dei comuni che attuano questo tipo di raccolta differenziata, si è applicato il principio del "chi inquina paga", ossia la tariffazione del servizio operata dal

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comune viene applicata in base alla "produzione" del secco non riciclabile. I risultati sono notevoli, con percentuali di rifiuti differenziati superiori all’80%.Bisogna tenere un discorso a parte per quanto riguarda lo smaltimento di alcuni prodotti che risulterebbero molto dannosi per l’ambiente. Se ne occupano ditte specializzate soventemente iscritte a determinati consorzi, ovvero aggregazioni volontarie legalmente riconosciute, in quanto i loro operatori sono iscritti all'Albo Gestori Rifiuti. In particolare, si tratta dello smaltimento di:

Batterie esauste: vengono raccolte e riciclate dal COBAT (Consorzio Nazionale Batterie Esauste); Medicinali scaduti: generalmente inviati ad impianti di incenerimento; Oli esausti: sia di origine industriale che domestica, raccolti da aziende iscritte al CONOE (Consorzio

Obbligatorio Nazionale di raccolta e trattamento Oli e grassi vegetali ed animali Esausti). Essi subiscono tre tipi di processo: rigenerazione, combustione e, nel caso le prime due non possano venire applicate, termodistruzione;

Toner e cartucce esausti per stampanti: è sempre più facile il loro riciclaggio in quanto in ormai quasi tutti i rivenditori di cartucce si offre la possibilità di ritirare le cartucce vuote per poterle riutilizzare una volta che sono state trattate;

Rifiuti da imballaggio: onde evitare lo spreco e poter riutilizzare quelli già esistenti.

5.2. La filiera della raccolta indifferenziataI rifiuti raccolti indifferenziatamente sono naturalmente molto più difficili da trattare rispetto a quelli raccolti in modo differenziato. Possono essere seguite tre strade principali, i cui scarti finiranno per forza di cose in discarica.

5.2.1. Trattamento a freddo dei rifiuti Si tratta di un insieme di processi di trattamento a freddo dei rifiuti indifferenziati o residui (ossia i rifiuti che rimangono dopo la raccolta differenziata), finalizzati a: recuperare un’ulteriore parte di materiali riciclabili; ricavare biogas; ridurre il volume del materiale in vista dello smaltimento finale in discarica; stabilizzare i rifiuti in modo tale che venga minimizzata la formazione dei gas di decomposizione e del

percolato.Il principale tipo di trattamento a freddo è il Trattamento meccanico-biologico (TMB). Esso sfrutta l'abbinamento di processi meccanici a processi biologici, quali la digestione anaerobica e il compostaggio. Appositi macchinari, come nastri trasportatori, magneti industriali e separatori galvanici, separano la frazione umida dalla frazione secca. Quest'ultima frazione può essere in parte riciclata oppure usata per produrre combustibile derivato dai rifiuti (CDR) rimuovendo i materiali incombustibili: è questa l'applicazione principale che ufficialmente ne viene fatta in Italia, soprattutto al sud. In questo caso dovrebbe essere rimosso solamente l'umido ed i materiali non combustibili (vetro, metalli), mentre carta e plastica sarebbero confezionati in "ecoballe" da incenerire, con un rendimento maggiore rispetto a quello degli inceneritori che utilizzano RSU : in questo modo il trattamento a freddo si può intrecciare con quello termico.

5.2.2. Trattamento termico dei rifiuti Si distinguono tre processi di base: Incenerimento con recupero energetico

Si tratta di una tecnologia consolidata che consiste nella combustione di rifiuti indifferenziati o di CDR in forni inceneritori. Si può dunque produrre energia elettrica con un rendimento piuttosto basso (intorno al 20%), sfruttando, tramite delle turbine, la spinta del vapore acqueo. Oppure si può fare del teleriscaldamento, con un rendimento più elevato, attraverso una rete di in cui scorrono fluidi termovettori.

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Tale energia recuperata è da confrontarsi con quella necessaria al riciclaggio, e, almeno nell’Italia degli ultimi decenni, gli inceneritori si sono dimostrati economicamente più vantaggiosi.

Pirolisi e gassificazioneSono dei trattamenti che implicano la trasformazione della materia organica tramite riscaldamento a temperature variabili, più basse per la pirolisi (da 400 a 800 °C), più alte per la gassificazione (fino a 1200 °C). La differenza tra queste due tecniche consiste ne l fatto che, mentre la prima avviene in condizioni di totale assenza di ossigeno, la seconda prevede una limitata quantità di questo elemento, con la conseguente presenza di reazioni di ossidazione che fan sì che questa tecnologia si trovi in una posizione intermedia tra l'incenerimento e la pirolisi. Di norma, inoltre, la pirolisi è una tappa del processo di gassificazione. In ogni caso, gli impianti che sfruttano tali tecnologie, piuttosto che fondarsi sulla combustione, attuano la dissociazione molecolare ottenendo in tal modo molecole in forma gassosa più piccole rispetto alla originarie (syngas) e scorie solide o liquide. Questi prodotti possono essere combusti o essere utilizzati per successivi processi chimici.Nonostante la tipologia di rifiuti trattabili sia ben definita, quali plastiche, pneumatici, scarti di cartiera e scarti legnosi o agricoli, si ritiene che gli impianti di pirolisi e di gassificazione siano destinati a sostituire in futuro gli attuali inceneritori anche per i rifiuti urbani.In confronto agli odierni inceneritori, i vantaggi che si hanno dall’attuazione di tali processi sono molti e consistenti: i rendimenti energetici possono anche essere doppi, l'impatto delle emissioni gassose risulta sensibilmente ridotto, i costi di realizzazione ed i tempi di ammortamento dovrebbero essere inferiori.Inoltre, gli impianti sono più piccoli degli inceneritori, cioè ciascun impianto tratta un minor quantitativo di rifiuti, in modo da evitare il cosiddetto “turismo dei rifiuti”, ovvero il trasporto dei rifiuti per lunghe tratte, e il problema di dover alimentare l’inceneritore con il quantitativo di rifiuti per il quale è stato costruito. In Italia, questo fenomeno è stato accentuato dai forti incentivi statali che hanno favorito l'incenerimento a scapito di altre modalità di smaltimento più rispettose dell'ambiente.

5.3. Discarica controllataLa discarica controllata è il luogo in cui vengono depositati in modo non selezionato i rifiuti solidi urbani e gli scarti dei processi che sono stati sopra descritti. Tuttavia, l'Unione europea con la direttiva (99/31/CE) ha stabilito che in discarica devono finire solo materiali a basso contenuto di carbonio organico e materiali non riciclabili, dando priorità al recupero di materia. Infatti, in alcuni paesi come la Germania, l'Austria e la Svizzera, le discariche sono utilizzate principalmente per lo stoccaggio delle ceneri dei termovalorizzatori o dei residui degli impianti di trattamento biologico e compostaggio. Attualmente, nei paesi poco sviluppati e in Italia, lo smaltimento in discarica è il principale metodo di eliminazione dei rifiuti, in quanto è semplice ed economico.Questa posizione dell’UE è dovuta al fatto che, attraverso i naturali processi di decomposizione anaerobica, i rifiuti indifferenziati producono biogas e numerosi liquami con tenore più o meno elevato di inquinanti organici e inorganici, il cosiddetto percolato, altamente contaminante per il terreno e le falde acquifere, oltre che maleodorante. Inoltre, tra i gas emessi, il metano, che costituisce più della metà della miscela definita biogas, e l’anidride carbonica sono due gas serra molto attivi e quindi responsabili dei cambiamenti climatici.Questi problemi inducono, pertanto, all’adozione di accorgimenti nella costruzione e nell’organizzazione delle discariche. In modo particolare, sono presenti:

un terreno di fondazione e sottofondo della discarica; una barriera di impermeabilizzazione sul fondo e sui fianchi costituita da geomembrane per

impedire la fuoriuscita del percolato; un sistema di drenaggio del percolato, che verrà successivamente inviato a centri di depurazione; l'ammasso dei rifiuti in strati compattati delimitati da coperture; un sistema per la captazione del biogas.

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Gli standard internazionali indicano che in una discarica moderna si riesce a recuperare anche il 90% del biogas, prodotto della fermentazione anaerobica dei rifiuti ad opera di microorganismi, che può essere utilizzato in impianti di termovalorizzazione. La discarica deve essere costantemente controllata in tutte le sue fasi di vita, dalla realizzazione a fino 30 anni dopo la sua chiusura. Nel frattempo l'area è utilizzabile per altri scopi: in genere il terreno superficiale può essere usato per la crescita di piante.

5.4. Grafici relativi alla gestione dei rifiuti

Dal 2004 al 2008 la percentuale della raccolta differenziata ha subito un incremento di quasi 10%.Nel 2008, la raccolta differenziata si attesta, a livello nazionale, al 30,6% della produzione totale deirifiuti urbani. Rispetto al 2007, anno in cui tale percentuale si assestava al 27,5%, si osserva dunqueun’ulteriore crescita. Tuttavia, non vengono ancora conseguiti né l’obiettivo fissato dalla normativa per il 31 dicembre 2008 (45%), né quelli previsti per il 2007 e il 2006 (rispettivamente 40% e 35%).Più precisamente, solamente il Nord, con una percentuale pari al 45,5%, supera l’obiettivo del 45% fissato dalla normativa, mentre il Centro, con il 22,9% e il Sud, con il 14,7%, risultano ancora decisamente lontani da tale target. A livello regionale, le maggiori percentuali di raccolta differenziata si rilevano per il Trentino Alto Adige e il Veneto ( 56,8% e 52,9%), le minori in Molise e Sicilia (6,5% e 6,7%).

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Parallelamente alla crescita della raccolta differenziata, il compostaggio ha mostrato un notevole incremento in tutta la penisola, superiore al 40%, dal 2004 al 2008.Nel 2008, il quantitativo di frazione organica da raccolta differenziata gestito presso gli impianti di compostaggio è pari a circa 2,7 milioni di tonnellate, con un incremento, rispetto all’anno precedente, pari al 12% circa.Per quanto riguarda il trattamento meccanico/biologico, si rileva, invece, un calo del quantitativo di rifiuto urbano indifferenziato complessivamente trattato, a fronte di un calo dell’ammontare prodotto.

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I rifiuti totali avviati a incenerimento hanno subito nel corso degli anni un costante aumento che, comunque, rimane ben al di sotto della media registrata in molti Paesi europei. Infatti, mentre l’Italia incenerisce circa il 10% dei rifiuti totali, paesi come Belgio Francia e Paesi bassi ne inceneriscono più del 30% del toltale. Nel biennio 2006-2007, tuttavia, si registrata una leggera flessione del 5% imputabile esclusivamente alla diminuzione dei rifiuti speciali inceneriti (-12% circa), mentre i rifiuti urbani avviati a incenerimento hanno registrato un aumento dell’1%.Nel 2008 si registra un aumento dei rifiuti avviati a incenerimento del 2,7%; tale variazione è dovuta principalmente a una crescita del 4,9% a carico dei rifiuti urbani e del CDR trattati.La Lombardia è in assoluto la regione che incenerisce il maggio quantitativo di rifiuti: il 48% del totale italiano dei rifiuti urbani e il 33% del totale dei rifiuti speciali.

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Dal 1997 al 2008, nonostante un incremento dei rifiuti urbani prodotti superiore al 20%, la quantità di tali rifiuti smaltita in discarica è diminuita di una percentuale superiore al 30%. Infatti, mentre nel 1997 l’81% dei rifiuti urbani prodotti veniva smaltita in discarica, nel 2008 tale quantità raggiunge il 49,2%.In particolare, essa ammonta a circa 33 milioni di tonnellate, di cui circa 16 milioni sono costituiti da rifiuti urbani e oltre 17 milioni da rifiuti speciali, facendo registrare, nel complesso, una riduzione del 5,6%, dovuto principalmente alla riduzione di rifiuti urbani. La riduzione indicata è imputabile al Sud e al Nord dove si registrano riduzioni percentuali, rispettivamente del 9% e del 7%. Un incremento, anche se contenuto, si rileva, invece, al Centro (+ 1,5%). Più in particolare, le percentuali maggiori di rifiuti smaltiti in discarica rispetto a quelli prodotti si hanno in Molise, in Sicilia e in Lazio (91%, 89% e 86%).Per quanto riguarda il dato pro-capite, quello riferito all’intero territorio nazionale è pari a 165 kg/abitante per anno, quindi inferiore al valore obiettivo fissato per l’anno 2008 di 173. Infatti, risulta che solamente 9 Regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Campania, Calabria e Sardegna) hanno raggiunto tale obiettivo.

5.5. Lo strano caso della Valle d’AostaLa discarica principale della Valle d’Aosta si trova a Brissogne, e, a partire dalla sua creazione nel 1989, il quantitativo di rifiuti ivi portato è cresciuto in maniera esponenziale, con un ritmo, negli ultimi anni, di 50 mila tonnellate l’anno di rifiuti depositati. Onde evitare una sua eccessiva espansione e le probabili questioni di emergenza, la regione, dopo aver accantonato il progetto di costruzione di un inceneritore, si sta concentrando sulla realizzazione di un pirogassificatore. In questo modo, oltre alla riduzione delle emissioni di gas tipici delle discariche e soprattutto delle scorie, le quali risulterebbero oltretutto inertizzate, la regione avrebbe in mano il governo dell’intera gestione dei rifiuti, dalla raccolta fino allo smaltimento, in modo da evitare la dipendenza da condizioni esterne, di natura sia economica che politica. Infatti, la società che vincerà l’appalto per la costruzione del pirogassificatore, si dovrà anche preoccupare del controllo e della post-gestione della discarica e della gestione del materiale indifferenziato. Il tutto per la “modica” cifra di 225 milioni di euro.Le polemiche non mancano, soprattutto da parte del comitato “Rifiuti Zero” valdostano. Esso rivolge una pesante critica nei confronti della linea di condotta adottata dalla regione. Infatti, la scelta politica adottata finora è stata quella di garantire il business solamente ai produttori delle “macchine magiche”, ovvero gli impianti di termovalorizzazione, senza concedere la parola agli esperti del recupero-riciclo-riuso e senza informare in modo completo i cittadini. Infatti, il trattamento della pirogassificazione non porta vantaggi né dal punto di vista ambientale e sanitario, dal momento che semina sostanze cancerogene sulle nostre teste, né dal punto di vista economico, come dimostrato da alcuni esempi italiani. Il Centro di Vedelago dell’imprenditrice Carla Poli ha dimostrato che i rifiuti sono in realtà una risorsa che può rendere dal punto di vista economico, in quanto costituiscono di fatto materia prima. La Cooperativa Sociale Apas di Palermo ha dimostrato che si può creare occupazione, soprattutto per i soggetti disagiati, raggiungendo altissimi livelli di raccolta differenziata. Infine, nel 2005, a Milano, città che fa ampio uso dell’incenerimento, si sono spesi 135,42 €/abitante contro gli 83,67 di Aicurzio, paese più virtuoso di Lombardia nello stesso anno con il 70,52% di raccolta differenziata.Le alternative, dunque, ci sono e sono assolutamente da prendere in considerazione

5.6. “Gli immondezzai” di LeoniaNel suo libro Calvino tratta l’argomento dello smaltimento dei rifiuti prendendo in considerazione solamente l’ipotesi della discarica. E non poteva fare diversamente. Infatti, la prima direttiva europea sarebbe stata emanata nel luglio del 1975, proprio in risposta ai malumori che si stavano diffondendo in quegli anni e di cui “Leonia” rappresenta un esempio emblematico. E sia a Parigi, luogo dove l’autore scrisse questo libro, sia in Italia, dove dal 1941 vigeva una legge sui rifiuti sebbene quello dei rifiuti non era considerato un problema, lo smaltimento avveniva tranquillamente nei corpi idrici più prossimi o in siti non

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a norma. Ma nel momento in cui cominciano ad emergere chiaramente i primi preoccupanti segnali dell’impatto dell’attività dell’uomo sull’ambiente, si comprende la gravità della situazione.

Dove portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede: fuori dalla città, certo; ma ogni anno la città s'espande, e gli immondezzai devono arretrare più lontano; l'imponenza del gettito aumenta e le cataste s'innalzano, si stratificano, si dispiegano su un perimetro più vasto.[…] Il pattume di Leonia a poco a poco invaderebbe il mondo, se sullo sterminato immondezzaio non stessero premendo, al di là dell'estremo crinale, immondezzai d'altre città, che anch'esse respingono lontano da sé montagne di rifiuti. Forse il mondo intero, oltre i confini di Leonia, è ricoperto da crateri di spazzatura, ognuno con al centro una metropoli in eruzione ininterrotta. I confini tra le città estranee e nemiche sono bastioni infetti in cui i detriti dell'una e dell'altra si puntellano a vicenda, si sovrastano, si mescolano.

In queste righe, si può vedere come Calvino riesca ad evidenziare, in modo tanto chiaro quanto geniale, il disinteresse tipico di una parte della popolazione, ma, soprattutto, per mezzo di un’iperbole tragicomica, la preoccupazione che il resto della popolazione cominciava a provare.

6. Provvedimenti, osservazioni e proposte per il futuro

6.1. Provvedimenti legislativiLe legislazioni comunitaria (già con la direttiva CEE 442/1975) e nazionale (con la norma capostipite DPR915/1982) hanno introdotto da oltre 30 anni come strategia gestionale dei rifiuti le cosiddette “4 R”.Riduzione alla fonte: è la prima scelta strategica da applicare per ragioni ovvie: usare meno materiali per un prodotto significa eliminare contemporaneamente la necessità dello smaltimento e anche il pur ridotto inquinamento del riciclaggio.Riutilizzo degli oggetti: evitando di buttarli attraverso iniziative quali lo scambio o la vendita.Riciclaggio di residui quando questi sono reintrodotti nel ciclo produttivo di provenienza, attraverso la filiera della raccolta differenziata.Recupero energetico: bruciando i rifiuti nei termovalorizzatori, cioè l’incenerimento accoppiato con il recupero di energia. Ovvero, se non è possibile eliminare la produzione dei rifiuti, è necessario “trattarli” e trasformarli in risorsa.

6.2. Le proposte di Guido VialeA proposito della strategia delle “4 R”, è interessante la riflessione fatta dall’economista Guido Viale e presente sul suo blog. Qui di seguito è riportata una rielaborazione di tale articolo.

La Terra è fatta di mille e mille cose “naturali” e di mille e mille cose “artificiali”, costruite e trasformate dall’uomo nel corso della storia e la manutenzione e la riparazione di ciascuna di esse, per farle durare nella loro forma e ne loro uso originario, fin che ci possono essere utili o indispensabili, è il modo principale in cui ciascuno di noi, o ciascuna delle organizzazioni, delle istituzioni, delle associazioni di cui facciamo parte, possono ”prendersi cura” della salute della Terra nel suo complesso. Ed è anche il modo, visto l’affollamento di uomini e cose a cui l’evoluzione degli ultimi due secoli ha sottoposto il pianeta, per ridurre al minimo la necessità e il bisogno di “produrre” cose nuove, strappando all’ambiente più risorse di quelle che ogni anno esso è in grado di rigenerare e riversando in esso più scarti di quanto sia in grado di accogliere perché invece di riparare quello che abbiamo si è preferito buttarlo via per sostituirlo con qualcosa di “nuovo”.La manutenzione è l’elemento fondamentale che garantisce il “buon fine” del riuso: la condizione ineliminabile di un prolungamento della vita di un oggetto, di un’apparecchiatura, di un edificio o di una risorsa naturalistica è

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l’attenzione verso il loro stato, la loro funzionalità, il loro aspetto esteriore, la loro igiene o la loro pulizia. In molti casi manutenzione vuol dire riparazione. E qui si apre il capitolo più delicato.Perché riparare un bene, di qualsiasi genere esso sia, anche di tipo naturalistico vuol dire conoscerlo a fondo; sapere come funziona; saperci “mettere le mani dentro”.E proprio il riuso, insieme al solito stile di vita e di consumi più sobri ed alla maggiore attenzione negli acquisti, è il tassello principale del più importante obbiettivo della strategia delle “4 R”: la riduzione dei rifiuti. Esso, insieme alla raccolta differenziata, rende praticabile l’obiettivo “rifiuti zero” (o, meglio, “riciclo totale”, che vuol dire evitare di mandare in fumo materiali preziosi contenuti nei rifiuti per produrre, con gravi rischi per la salute, quantità irrisorie di energia): un obiettivo nel cui perseguimento è ormai impegnato un numero crescente di comuni, di associazioni, di enti, di comitati in tutto il mondo.L’Unione europea ha preso atto di questo dato e nella più recente revisione della normativa comunitaria sui rifiuti, la Direttiva 2008/98, ora recepita anche dall’Italia, introduce, inserendola tra la riduzione e il riciclo, le attività di “preparazione per il riuso”: che sono tutte quelle che possono concorrere a rimettere in circolo dei beni dismessi per destinarli allo stesso utilizzo a cui sono stati impiegati precedentemente; o a un uso analogo. Cioè selezione, pulizia, riparazione, utilizzo come componente, acquisto e vendita.Ma ciò comporta anche adoperarsi per aprire, a favore del riuso, tutti gli sbocchi possibili per i prodotti usati: facilitazioni per il commercio elettronico; giornate e sedi per lo scambio di oggetti dismessi; attrezzature e circuiti dedicati alla raccolta di particolari categorie di rifiuti; accesso a beni durevoli scartati e conferiti ai circuiti di raccolta dei rifiuti ingombranti o alle riciclerie (o ecocentri); laboratori di riparazione e recupero delle cose guaste; mercatini dell’usato.Poi, facilitazioni per il commercio o la cessione dei prodotti scartati senza essere stati consumati . Il che riguarda soprattutto i prodotti alimentari appena scaduti o prossimi alla scadenza e molti residui del catering rimasti intatti; ma anche gli avanzi di magazzino del settore abbigliamento che finiscono nei cosiddetti outlet. Tutte attività in cui il piccolo business si intreccia, o lavora fianco a fianco, sia con grandi imprese che con organizzazioni che operano con finalità assistenziali e di beneficenza.Si tratta, come si vede, di una gamma molto ampia di soluzioni. Alcune richiedono un impegno specifico di ricerca e sviluppo da parte delle imprese produttrici (le produzioni modulari, che facilitano le operazioni di sostituzione); altre sistemi organizzativi e logistici molto complessi (il vuoto a rendere, ovvero l’atto elementare di riportare le bottiglie di latte o di bibite al supermercato dove sono state acquistate in cambio di qualche decina di centesimi); altre ancora un impegno civico dei cittadini-consumatori (l’abbandono dell’usa-e-getta). Ma tutte richiedono iniziative capillari e grandi campagne di informazione e di educazione, sia in campo alimentare che ambientale. Alcune, infine, comportano promozione e ”accompagnamento” di iniziative imprenditoriali, cioè una nuova imprenditoria dedicata: sociale, privata o cooperativa. Ma tutte queste attività rientrano comunque in un’unica politica generale, finalizzata alla promozione del riuso, che non può prescindere, per essere efficace, dalla diffusione di una cultura di maggiore affezione per gli oggetti di cui facciamo un uso quotidiano. Esattamente il contrario di ciò che ogni giorno ci propongono e ripropongono la moda e la pubblicità.

6.3. Bando agli imballaggiSi è già precedentemente accennato a come, in tutto il continente europeo, si è compreso che il problema degli imballaggi fosse al centro del problema rifiuti. L’Unione Europea, sin dalla prima direttiva sui rifiuti del 1975, ha sempre affermato la necessità di una riduzione degli imballaggi, che si è cercato di raggiungere, nei diversi paesi, in maniere di verse e più o meno efficaci.Il sistema forse più efficiente è andato a costituirsi in Germania: qui si è visto cadere verticalmente le quantità prodotte, perché la legge Topfer impone gli oneri dello smaltimento ai produttori e quindi, nel caso degli imballi, alle industrie dei beni di consumo. Essa ha anche permesso ai consumatori di rendere direttamente alla rete di distribuzione i vuoti a perdere, il che, per le catene di supermercati come per i piccoli negozianti, è diventato un costo insostenibile in termini di spazi commerciali. I distributori, perciò, hanno fatto pressione sui produttori di merci e oggi essi hanno ridotto drasticamente gli imballi e curato la loro distruzione tramite recupero energetico. In Italia, sebbene non si sia giunti a questi livelli, notevoli risultati si sono ottenuti per merito del CONAI, il Consorzio Nazionale Imballaggi. Esso ha fornito un programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, sulla base del quale si è scritto l’ART. 42 del decreto legislativo 22/97. Ivi, si auspicano diversi obiettivi: la prevenzione della formazione dei rifiuti di imballaggio, l’utilizzo di imballaggi riutilizzabili e riciclabili, e il miglioramento delle caratteristiche dell'imballaggio allo scopo di

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permettere ad esso di sopportare più tragitti o rotazioni nelle condizioni di utilizzo normalmente prevedibili.Tuttavia e per fortuna, ci sono delle iniziative che partono dal basso, dai piccoli imprenditori, che sono tanto originali quanto efficaci. Si parla, dunque, dei cosiddetti negozi “a chilometri zero”, ovvero negozi che vendono prodotti, in modo particolare alimentari, nelle immediate vicinanze del loro luogo di produzione, in contrapposizione con il “modello McDonald’s”. In questo modo, si evita sia l’utilizzo di imballaggi, sia il trasporto su gomma di merce da una parte all’altra della penisola.Altra idea interessante è quella dei “negozi alla spina”, dove si vendono detersivi, cereali, pasta, legumi sfusi come si faceva 40 anni fa. In questo modo non vi è la necessità di imballaggi né per l’esposizione sugli scaffali, né per l’attrattiva sul cliente, perché il prodotto si vende da sé.Un’azienda che si preoccupa della distribuzione di detersivi sfusi, attiva in Piemonte e che sta riscuotendo molto successo, è Aqsystem. Sul suo sito, campeggia una frase tratta da " La convivialità", di Ivan Illich: “...ma la crisi di cui io descrivo la prossima venuta non è interna alla società industriale, bensì riguarda il modo di produzione industriale in se stesso. Questa crisi obbligherà l'uomo a scegliere tra gli strumenti conviviali e l'essere stritolato dalla megamacchina, tra la crescita indefinita e l'accettazione di limiti multidimensionali...”. Questa azienda, infatti, in una sorta di ritorno alla parchezza del passato, ripropone anche l’utilizzo dell’acqua del rubinetto attraverso l’utilizzo di filtri appositi che la depurano da ogni tipo di scorie. È sicuramente un passo decisivo nel paese che detiene il record mondiale di consumo di acqua imbottigliata.

6.4. La Terra come “Leonia”Per concludere, allargando le frontiere, si può parlare di discariche del pianeta Terra in generale. Forse il termine “discarica” è esagerato, ma resta fuori di dubbio la necessità di ripulire le orbite intorno al nostro pianeta. Infatti, sono troppi i pericoli derivanti dai milioni di pezzi di vecchi satelliti, di stadi di razzi vettori e di moduli spaziali: tutti detriti che continuano a collidere tra loro e che non possono che essere definiti “rifiuti”. Basti pensare che tra i 6000 satelliti lanciati a partire dal 1957, solamente 900 sono realmente operativi. Tra i 250 e i 2000 km di altezza, si estende una sorta di nube composta da detriti che viaggiano ad una velocità relativa di 10 km/s, che rappresenta un serio problema per le missioni spaziali future intorno alla Terra.Si è parlato molto di soluzioni più o meno auspicabili. Quella forse più certa riguarda la spedizione, tra il 2015 e il 2016, di un satellite “spazzino”, il Clean Space One, che, lanciato in orbita con un razzo vettore, andrà a caccia di pezzi da recuperare e da rottamare, per poi autodistruggersi con l’intero carico.L’Università di Bologna, attraverso il progetto REDEMPTION, ha brevettato una schiuma che può espandersi ed indurirsi anche in condizioni di microgravità, e si ha la speranza che, in futuro, per merito di questa sostanza, si possano compattare i rifiuti spaziali e trascinarli fuori dalla nostra orbita, oppure farli precipitare, per il peso e l'attrazione gravitazionale, verso terra. Non mancano, tuttavia, idee originali quali l’adozione di magneti giganti e l’indirizzamento dei rifiuti verso il Sole.Se ora ritorniamo a “Leonia”, ed in particolare alle ultime righe del testo, si possono leggere eventi che sono tragicamente comparabili con la realtà dei rifiuti spaziali:

Più ne cresce l'altezza, più incombe il pericolo delle frane: basta che un barattolo, un vecchio pneumatico, un fiasco spagliato rotoli dalla parte di Leonia e una valanga di scarpe spaiate, calendari d'anni trascorsi, fiori secchi sommergerà la città nel proprio passato che invano tentava di respingere, mescolato con quello delle altre città limitrofe, finalmente monde: un cataclisma spianerà la sordida catena montuosa, cancellerà ogni traccia della metropoli sempre vestita a nuovo. Già dalle vecchie città sono pronti coi rulli compressori per spianare il suolo, estendersi nel nuovo territorio, ingrandire se stesse, allontanare i nuovi immondezzai.

Infatti, le frane di rifiuti non si discostano molto dai frammenti di satelliti compattati con la schiuma che si ha intenzione di far precipitare sulle nostre teste, e l’idea del continuo allontanamento da sé degli immondezzai è sulla stessa linea dei progetti di invio dei rifiuti spaziali sul sole o in un punto indefinito del sistema solare ad autodistruggersi.“Leonia” è tutt'altro che “invisibile”.

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BIBLIOGRAFIA

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detriti-vaganti-intorno-alla- [visto il 07/05/2012]

ARTICOLI ONLINE

o VIALE, Guido, Ho scritto per la rivista “Parole chiave” un articolo sul tema del riuso, 19/10/2011 [ http://www.guidoviale.it/?p=155 ] consultato il 26/05/2012

o IASPARRA, Giuseppe, Aumenta la produzione di rifiuti in Italia? Intervista a Roberto Cavallo, 08/11/2011 [ http://www.ecodallecitta.it/notizie.php?id=108156 ] consultato il 10/05/2012

o PICCIRILLI, Andrea, Gestione rifiuti in Valle d’Aosta: un dossier da riaprire, 12/05/2012 [ http://rifiutizerovda.altervista.org/category/inceneritore/ ] consultato il 26/05/2012

DOCUMENTI IN FORMATO PDF DISPONIBILI ONLINE

o http://annuario.isprambiente.it/capitoli/Ver_8/versione_integrale/10_Rifiuti.pdf [consultato il 10/05/2012]

o www.itisfocaccia.it/docenti/aquila/Pofrifiuti.pdf [consultato il 25/04/2012]

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