Legislazione dimpresa La concorrenza fra imprese.

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Legislazione d’impresa La concorrenza fra imprese

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Legislazione d’impresa

La concorrenza fra imprese

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Avv. Carlo Di Brino

Concorrenza

È la competizione tra più imprenditori e libertà di concorrenza è libertà di competizione

La legittimità della competizione è espressamente riconosciuta dalla legge

Sono legittimi i risultati della competizione, anche se questi si traducono in un danno per taluno di coloro che alla competizione partecipano

Bisogna tuttavia rispettare le regole del gioco Il comportamento dei singoli competitori deve

essere ispirato ai principi della lealtà e della correttezza

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Art. 41 Cost.

1. L’iniziativa economica privata è libera

2. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà alla dignità umana

3. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali

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Principi Generali (art. 41 Cost.)

Libertà dell’iniziativa economica (comma I) Limiti derivanti dai diritti soggettivi pubblici

(libertà, sicurezza, dignità) nonché dalle esigenze che si ricollegano all’utilità sociale (comma II)

Sottoposizione dell’attività economica a programmi e controlli, aventi fonte normativa primaria: “la legge determina…” (comma III)

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Libertà di iniziativa economica

L’art. 41 della Cost. garantisce la libertà di iniziativa economica: corollario di tale principio è la libertà di concorrenza fra le imprese, salva l’esistenza di particolari limitazioni

L’attività economica deve essere indirizzata e coordinata a fini sociali

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Effetti della libera concorrenza

La libera concorrenza tutela il consumatore perché assicura una effettiva corrispondenza tra qualità e prezzo del prodotto ed obbliga quindi l’imprenditore ad una continua opera di miglioramento qualitativo e di contenimento dei costi

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Limiti alla libera concorrenza

Limiti all’esercizio di determinate attività a carico di taluni soggetti possono essere stabiliti:

1. In via relativa: o mediante apposite norme di legge in dipendenza della natura di taluni rapporti (limiti legali) o attraverso lo strumento contrattuale (limiti negoziali)

2. In via assoluta: esclusivamente a tutela di interessi pubblici (c.d. monopoli di diritto)Non è consentito costituire per legge monopoli a favore di privati

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LIMITI LEGALI

trovano la loro fonte nella legge

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LIMITI CONTRATTUALI

trovano la loro fonte nell’esercizio dell’autonomia privata;

necessitano della forma scritta ad probationem;

sono validi solo se circoscritti1. ad una determinata zona, 2. ad una determinata attività, 3. non possono durare più di 5 anni

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LIMITI LEGALI

L’obbligo di svolgere la concorrenza in modo da non ledere gli interessi dell’economia nazionale (art.2595 c.c.)

Il divieto di concorrenza imposto a chi aliena l’azienda (art.2557 c.c.)

Il divieto imposto al lavoratore di trattare affari in concorrenza con l’imprenditore (art.2105 c.c.)

I divieti di concorrenza in materia societaria (artt. 2301, 2318, 2390 c.c.)

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Limiti legali alla concorrenza (art. 2595 c.c.) La concorrenza deve svolgersi in modo da

non ledere gli interessi dell’economia nazionale e nei limiti stabiliti dalla legge

I limiti cui si riferisce la norma in commento si individuano in due categorie: le norme di diritto pubblico dirette a proteggere gli interessi generali dei consociati; quelle di diritto privato, che tutelano in via esclusiva i diritti soggettivi di ciascun individuo

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Divieto di concorrenza (art. 2557 c.c.) “Chi aliena l’azienda deve astenersi, per il periodo di 5

anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta….”

Il divieto è:- relativo in quanto si riferisce all’esercizio di una nuova

impresa da parte dell’alienante dopo il trasferimento dell’azienda e pertanto non sussiste per le attività preesistenti al trasferimento

- derogabile in quanto le parti possono anche ampliarne la portata comprendendo attività non direttamente concorrenziali

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Obbligo di fedeltà (art.2105 c.c.)

“Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio”Tale obbligo, la cui violazione può rilevare come giusta causa di licenziamento si sostanzia nell’obbligo di un leale comportamento del lavoratore nei confronti del datore di lavoro e va collegato con le regole di correttezza e buona fede

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Divieto di concorrenza (art.2301 c.c.)

“Il socio non può, senza il consenso degli altri soci, esercitare per conto proprio o altrui un’attività concorrente con quella della società, né partecipare come socio illimitatamente responsabile ad altra società concorrente”

Il divieto di concorrenza si giustifica con l’esigenza di evitare che il socio, sfruttando le conoscenze acquisite nella società, cagioni ad essa dei danni mediante l’esercizio di un’attività concorrente, ed è inoltre espressione diretta dell’obbligo di collaborazione che grava sul socio stesso

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Soci accomandatari (art. 2318 c.c.)

I soci accomandatari hanno i diritti e gli obblighi dei soci della società in nome collettivo

L’amministrazione della società può essere conferita soltanto a soci accomandatari

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Divieto di concorrenza (art.2390 c.c.)

Gli amministratori non possono assumere la qualità di soci illimitatamente responsabili in società concorrenti, né esercitare un’attività concorrente per conto proprio o di terzi,salvo autorizzazione dell’assemblea.Il divieto imposto agli amministratori di assumere la qualità di soci illimitatamente responsabili in società concorrenti sussiste anche nelle ipotesi in cui tale qualità preesista alla loro nomina

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Altri divieti in materia societaria

A carico degli amministratori: Art.2464 c.c. Art.2487 c.c. Art.2516 c.c. Art.2547 c.c.

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LIMITI CONTRATTUALI

Clausole di esclusiva Patti di preferenza Patti di non concorrenza Cartelli

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Clausola di esclusiva Clausola che può essere inserita in vari contratti

con la quale una delle parti (nel caso di esclusiva unilaterale) o entrambe le parti (nel caso di esclusiva bilaterale) si impegnano a compiere una determinata prestazione solo nei confronti dell’altra

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Fattispecie Esclusiva a favore del somministrante (art. 1567 c.c.) “…l’altra parte non può ricevere da terzi prestazioni della stessa

natura….” Esclusiva a favore dell’avente diritto alla

somministrazione (art. 1568 c.c.)“…il somministratore non può compiere…. Prestazioni della stessa

natura di quelle che formano oggetto di contratto” Diritto di esclusiva nel contratto di agenzia (art. 1743

c.c.):“il preponente non può valersi contemporaneamente di più agenti

nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività, né l’agente può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona..”

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Vendita con esclusiva

Si parla di vendita con esclusiva, ma in senso improprio:

Più esattamente si tratta di una concessione di vendita con esclusiva, cioè di un contratto in cui il concedente si impegna a vendere i suoi prodotti al solo concessionario (normalmente con riferimento a una determinata zona), mentre il concessionario si impegna ad acquistarli dal solo concedente e a promuoverne la vendita secondo le direttive impartite dal concedente stesso (distribuzione integrata)

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Patti di preferenza (art. 1566 c.c.)

Il patto con cui l’avente diritto alla somministrazione si obbliga a dare la preferenza al somministrante nella stipulazione di un successivo contratto per lo stesso oggetto

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Patti di non concorrenza (art. 2596 c.c.) Intese tra imprenditori volte a costituire

obblighi di astensione a carattere assoluto o relativo a seconda che la non concorrenza riguardi l’intera produzione del concorrente ovvero uno specifico settore

Esempio: rinuncia a produrre televisori ovvero rinuncia a produrre solo televisori di certe dimensioni

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Cartelli

Accordi con i quali i singoli imprenditori si obbligano:

a non vendere i loro prodotti nelle zone riservate a taluni concorrenti (cartelli di zona),

a non vendere se non ad un dato prezzo (cartelli di prezzi)

a non vendere a condizioni diverse da quelle d’accordo stabilite (cartelli di condizioni contrattuali)

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Concorrenza sleale

L’art.2598 c.c. individua 3 categorie di atti di concorrenza sleale:

1. ATTI CONFUSORI

2. ATTI DENIGRATORI

3. ATTI NON CONFORMI ALLA CORRETTEZZA PROFESSIONALE

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Atti di concorrenza sleale (art.2598 c.c.)

“… compie atti di concorrenza sleale chiunque:

1. Usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività concorrente;

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Segue: art.2598, c.2 c.c.)

“… compie atti di concorrenza sleale chiunque:

2. Diffonde notizie ed apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente, idonei a determinare il discredito, o si appropria di pregi su prodotti o dell’impresa di un concorrente;

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Segue: art.2598, c.3 c.c.

“… compie atti di concorrenza sleale chiunque:

3. Si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’impresa altrui”

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Oggetto della tutela

La disciplina è prevista a tutela degli imprenditori

Tale disciplina può essere invocata unicamente dall’imprenditore nei confronti di un altro imprenditore anche se non esercente la stessa attività economica, purché entrambe le attività abbiano come termine di riferimento finale la stessa categoria di consumatori

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ATTI CONFUSORI:

l’imprenditore usa nomi o segni distintivi confondibili con quelli di un concorrente (concorrenza per confusione) o imita servilmente (imitazione servile) i prodotti altrui sfruttando così l’avviamento non proprio

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Imitazione servile dei prodotti

È la riproduzione pedissequa dei prodotti altrui nei loro elementi e caratteri

sostanziali formali non necessari

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Concorrenza sleale per confusione È condotta volta a confondere la propria

attività (e non i prodotti) con quella di un altro concorrente (imprese di servizi)

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ATTI DENIGRATORI

Consistono nella diffusione di notizie negative sull’attività di un concorrente

Sono atti di concorrenza sleale: la diffusione di notizie e apprezzamenti sui

prodotti e sull’attività di un concorrente idonei a determinarne il discredito (denigrazione); diretti alla generalità di persone e non ad un singolo individuo

l’appropriazione dei pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente (sottrazione)

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Concorrenza sleale per sottrazione Réclame menzognera Réclame per riferimento

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Réclame menzognera

Deve contenere indicazioni inesatte in ordine alla provenienza, ai componenti ecc.

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Réclame per riferimento

È quella che si attua attraverso l’uso della formula tipo:

panettone tipo Motta, calze tipo nylonSi potrebbe rilevare che non vi è una appropriazione dei pregi altrui, perché espressamente si enuncia che si tratta di una imitazione del prodotto altruiTuttavia il riferimento al prodotto altrui nella mente dell’imprenditore ha il solo scopo di attribuire al proprio prodotto quelli che sono o pregi di un prodotto già affermatosi

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La nuova legge sulla pubblicità comparativa Il Dlgs. N.67/2000 ha dato attuazione alla

Direttiva 97/55/CE che modifica la Direttiva 84/450/CE in materia di pubblicità ingannevole

Il nuovo decreto enumera le condizioni che la pubblicità comparativa, in precedenza non consentita, deve soddisfare per essere considerata legittima.

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Caratteri della pubblicità comparativa La pubblicità non deve essere ingannevole deve confrontare beni e servizi che soddisfino

gli stessi bisogni paragonare in modo oggettivo caratteristiche

essenziali pertinenti e verificabili (quest’ultimo requisito è soddisfatto quando i dati offerti sono dimostrabili)

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Divieti

Per quanto riguarda i marchi o i segni distintivi in genere, il Dlgs. 67/2000 pone i seguenti divieti alla pubblicità comparativa:

1. Divieto di infondere confusione

2. Divieto di screditare o denigrare

3. Divieto di trarre vantaggi indebiti

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Divieto di infondere confusione

Il divieto di infondere confusione incorre tra i concorrenti, o tra i marchi o altri segni distintivi di chi effettuala pubblicità e quelli del concorrente con cui viene fatta la comparazione

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Divieto di screditare o denigrare

La pubblicità non deve screditare o denigrare i marchi di altro concorrente, e non deve presentare un bene o un servizio come imitazione o contraffazione di beni e servizi protetti da una denominazione sociale o da un marchio di un concorrente

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Divieto di trarre vantaggi indebiti

La pubblicità non deve trarre un vantaggio indebito dalla notorietà connessa al marchio o alla denominazione di altro concorrente

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Concorrenza parassitaria

Si verifica quando, indipendentemente da una confusione di attività e di prodotti, si ha una imitazione continua e immediata di ogni scelta compiuta dal concorrente

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ATTI NON CONFORMI ALLA CORRETTEZZA PROFESSIONALE

Sono tali tutte quelle azioni considerate “scorrette” in base a principi o usi consolidati nel commercio

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AmbitoL’atto di concorrenza sleale per essere tale è un atto di concorrenza. La slealtà deve pertanto inserirsi nei rapporti con gli altri imprenditori.

Occorre un rapporto di concorrenza effettiva (c.d. concorrenza prossima)

È scorretto ogni mezzo utilizzato in un rapporto di competizione che abbia per effetto di alterare le basi della competizione

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Segue:

Da ciò deriva una triplice conseguenza:

1. Esulano dall’ambito di concorrenza sleale gli atti inerenti all’organizzazione interna dell’impresa

2. Un atto illecito compiuto nell’esercizio dell’attività imprenditoriale non è per questo solo un atto di concorrenza sleale, così come non è escluso che un atto in sé pienamente lecito possa, in quanto professionalmente scorretto, essere qualificato come tale

3. Soggetto attivo può essere solo un imprenditore. Nulla esclude invece che l’imprenditore si avvalga dell’attività materiale di altri per il compimento dell’atto (ad es. per la diffusione di notizie e apprezzamenti ecc.)

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FattispecieVi rientrano: Violazione di norme di diritto pubblico poste a tutela

della libertà del mercato (non di norme fiscali, amministrative o penali)

Affermazione falsa della novità assoluta del proprio prodotto nonché l’attribuzione di qualità inesistenti al prodotto

Boicottaggio Storno di dipendenti Sviamento di clientela Appropriazione dei segreti di fabbrica

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Case Study: “I galletti Amburghesi”

Una casa produttrice di polli nella pubblicità attribuiva al prodotto un’origine geografica inesistente: galletti amburghesi.

Tale condotta integra un’ipotesi di concorrenza sleale?

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Case Study: “distrazione di clientela”

Un commerciante di scarpe al minuto al quale viene richiesta una determinata merce specificamente individuata da un marchio che la contraddistingue, reiteratamente consegna o tenta di consegnare una merce di provenienza diversa assicurandone la corrispondenza con quella domandata.

Tale condotta rappresenta atto di concorrenza sleale?

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Azioni legali

L’imprenditore colpito da concorrenza sleale può esperire azioni:

Accertamento Rimozione Inibizione (art.2599 c.c.) Risarcimento (art.2043 c.c.)

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Disciplina delle “azioni di concorrenza sleale” Indicano nel loro complesso le azioni

contro gli atti di concorrenza sleale: mirano complessivamente, ad inibire atti di concorrenza sleale e ad eliminarne le conseguenze

Il presupposto è la semplice prova dell’atto di concorrenza sleale abbia cagionato

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Segue

Non occorre la prova del danno, essendo sufficiente la mera idoneità dell’atto a cagionare danno

Tali azioni spettano inoltre, per il caso di atti che pregiudicano gli interessi di una categoria professionale, alle associazioni professionali ed agli enti che rappresentano la categoria (inibitoria e risarcimento)

Non spetta alle associazioni di consumatori

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Azione di accertamento

Rivolta ad accertare l’eventuale illecita concorrenza sleale altrui

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Azione di inibizione

Rivolta ad inibire la continuazione o ripetizione di atti di concorrenza sleale

Spetta all’imprenditore nei confronti del concorrente sleale

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Azione di rimozione È l’azione spettante al titolare del diritto di marchio

nei confronti del contraffattore, al fine di ottenere la distruzione delle prove o delle figure con le quali la contraffazione è stata commessa e, se necessario per sopprimere il marchio contraffatto, degli stessi prodotti sui quali è apposto

(es: rimozione di cartelloni pubblicitari) Si accompagna necessariamente ad un’azione

inibitoria, diretta ad impedire la continuazione da parte dei contraffattori, dell’uso del marchio

Prescrizione decennale dal compimento del fatto

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Azione di risarcimento

Quando la concorrenza sleale abbia già prodotto un danno

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I codici di lealtà

Determinate associazioni rappresentative di operatori economici di particolari settori, al fine di moralizzare il comportamento dei singoli aderenti, hanno elaborato dei codici deontologici

Sono richiamati nei contratti, in modo da consentirne l’applicazione come clausole contrattuali la cui violazione costituisce inadempimento

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Gli “incoterms”

Sono raccolte di regole ed usi uniformi, da parte di organismi internazionali, che si rivolgono agli operatori senza alcun rapporto di associazione specifica

Hanno carattere interpretativo (non deontologico) e per il loro costante, progressivo e generale affermarsi sono applicabili anche senza richiamo delle parti

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Trust

Termine che nel linguaggio comune designa una forma di concentrazione industriale che comporta l’integrazione di diverse imprese sotto un’unica direzione strategica

Si distingue dal cartello in quanto questa forma di accordo riguarda i prezzi o le quote di mercato ma non comporta né integrazione né unità di direzione

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Disciplina Antitrust

La normativa comunitaria La normativa statale

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La normativa comunitaria

(Trattato di Roma del 1957, istitutivo della CEE, e Trattato i Parigi del 1951, istitutivo della CECA)

Divieto di intese fra gli Stati membri che possano limitare o restringere la libera concorrenza

Divieto per le imprese di abusare della loro posizione dominante nel mercato

Regolamentazione degli interventi statali nell’economia, al fine di evitare limitazioni al libero esplicarsi della concorrenza

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La normativa statale(L.287/1990) Si ispira agli stessi principi della normativa

comunitaria È applicabile solo ove non vi siano interessi di altri

Stati essendovi in tal caso la competenza comunitaria

Sancisce la nullità di intese fra imprese, finalizzate a falsare la libera concorrenza

Ha istituito l’Autorità Garante per la Concorrenza, con poteri consuntivi e di vigilanza sul rispetto della normativa antitrust

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Intese restrittive della libertà di concorrenza L’art.2 L.287/1990 fissa il divieto – e la

conseguente nullità a ogni effetto – di intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante

Il divieto si applica allorquando esse abbiano per oggetto o per effetto una limitazione della concorrenza

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Le categorie di intese vietate

Si tratta delle intese consistenti:1. Fissare direttamente o indirettamente i

prezzi di acquisto o di vendita, ovvero altre condizioni contrattuali

2. Impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, gli investimenti, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico

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Segue

3. Ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento (c.d. cartelli di territorio)

4. Applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza

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Segue

5. Subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun rapporto con l’oggetto dei contratti stessi

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La collaborazione fra imprese

L’associazione in partecipazione Il consorzio fra imprese Associazione temporanea di imprese G.E.I.E.

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L’associazione in partecipazione (art.2549 c.c.) È il contratto consensuale non formale con cui una

parte (associante) attribuisce ad un’altra (associato) una partecipazione agli utili della sua impresa, o di uno o più affari, verso il corrispettivo di un determinato apporto

L’associato non diviene socio dell’associante ma resta un suo creditore: il rapporto tra loro, infatti, rimane puramente interno

Non si crea un rapporto di lavoro subordinato tra associante e associato

Non si costituisce un ente collettivo distinto dalle persone dei contraenti

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Ambito

Il fenomeno non si esaurisce nell’ambito dell’impresa ma si estende altresì a rapporti che, senza riferirsi all’esercizio dell’impresa, si limitano alla partecipazione ad un singolo affare o a più affari isolati

Anche le società – e non soltanto le persone fisiche – possono assumere la figura di associante e di associato

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Elementi

L’apporto da parte dell’associato L’attribuzione di una partecipazione agli

utili

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L’apporto da parte dell’associato

L’apporto consiste, di regola, in una somma di denaro ma può consistere anche nel conferimento di determinati beni ovvero nel semplice godimento di essi, nella prestazione di servizi, nonché in prestazioni di attività lavorativa (sotto la direzione dell’associante)

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L’attribuzione di una partecipazione agli utili A norma dell’art. 2553 c.c, l’associato –

salvo patto contrario – partecipa alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili; sullo stesso, però, non possono gravare perdite in misura superiore al suo apporto

La giurisprudenza considera la partecipazione alle perdite come un elemento meramente eventuale ma non necessario

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Differenza tra associazione in partecipazione e societàNell’associazione in partecipazione: Non si ha formazione di un fondo comune (assoluta

mancanza di patrimonio sociale) L’impresa resta impresa personale dell’associante;

pertanto le cose apportate dall’associato entrano nel patrimonio dell’associante, il quale solo acquista diritti e contrae obblighi nei confronti dei terzi

L’associato rimane un creditore dell’associante e, come tale, è soggetto al concorso degli altri creditori di lui

Allo scioglimento del contratto non consegue uno stadio di liquidazione

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Disciplina

L’iniziativa economica è rimessa alla determinazione dell’associante

L’associante è il solo responsabile verso i terzi (art.2551 c.c.)

La gestione dell’impresa o dell’affare spetta all’associante

L’associato dovrà prestare la sua opera sotto la direzione dell’associante

L’associato ha diritto al rendiconto dell’affare o della gestione dell’impresa (art.2552 c.c.)

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Segue

La partecipazione dell’associato agli utili ed alle perdite è disciplinata dal contratto, in ogni caso non superiori al suo apporto (art.2553 c.c.)

Lo scioglimento del contratto attribuisce all’associato il diritto alla liquidazione della sua quota sulla base della situazione esistente in quel momento

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Il consorzio fra imprese

Generalità Il consorzio volontario Il consorzio obbligatorio Il consorzio coattivo

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Generalità

Nozione:È un gruppo di imprese, dotato di

un’organizzazione comune, in grado di soddisfare le esigenze di coordinamento della produzione e dello scambio

Fonti dell’organizzazione:1. La volontà dei singoli (CONSORZIO

VOLONTARIO)2. Un atto di Pubblica Autorità (CONSORZI

OBBLIGATORI)3. La legge (CONSORZI COATTIVI)

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Avv. Carlo Di Brino

Il consorzio volontario

Trova il suo fondamento nel contratto consortile, attraverso il quale più imprenditori istituiscono una organizzazione comune per la disciplina e lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese (art.2062 c.c.)

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Caratteri

Contratto, formale, di natura associativa plurilaterale

Organizzazione comune Autonomia delle imprese consorziate

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Tipi di consorzio volontario

Consorzio con attività interna Consorzio con attività esterna

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Consorzio con attività interna

Disciplina solo i rapporti fra i consorziati Chi opera per il consorzio è

responsabile verso i membri dello stesso, secondo le norme sul mandato (art. 2068 c.c.)

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Consorzio con attività esterna

L’organizzazione consortile esplica i suoi effetti anche verso i terzi, nasce una vera e propria persona giuridica (società consortili art. 2615 ter c.c.) in tal caso il contratto:

deve prevedere l’istituzione di un ufficio destinato a svolgere attività con i terzi

Un estratto del contratto deve essere depositato per l’iscrizione nel Registro delle imprese

Si costituisce, attraverso i contributi dei consorziati, un fondo consortile, che rappresenta l’autonomo patrimonio del consorzio

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Avv. Carlo Di Brino

Il consorzio obbligatorio

È costituito dall’autorità governativa con un proprio provvedimento quando la costituzione di esso:

Risponde alle esigenze dell’organizzazione della produzione

Serve per la gestione collettiva di prodotti agricoli per i quali sia prescritto l’ammasso

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Avv. Carlo Di Brino

Il consorzio coattivo

È costituito con procedimento legislativo.

Tipi: Ufficio per la vendita dello zolfo italiano Ente nazionale per la cellulosa e la

carta

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Associazione temporanea di imprese

Forma di cooperazione temporanea ed occasionale fra più imprese finalizzata all’esecuzione di una determinata opera.

Le imprese (senza perdere la loro autonomia) conferiscono mandato ad una di esse (capogruppo) per la loro rappresentanza

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Differenze con il consorzio

L’associazione temporanea è un contratto atipico

Ha ad oggetto l’esecuzione di una determinata opera e di uno specifico affare

Produce meri effetti inter partes Non è mai imprenditore

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Gruppo Europeo di Interesse Economico (G.E.I.E.) È un organismo associativo comunitario

finalizzato a consentire a soggetti europei lo svolgimento di iniziative economiche comuni, nonché la realizzazione di rapporti di cooperazione internazionale

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Caratteri

Scopo mutualistico Carenza di personalità giuridica Necessaria partecipazione di almeno due

membri appartenenti a stati diversi dalla CE Responsabilità personale solidale ed

illimitata di ciascuno dei membri per le obbligazioni del Gruppo

Possibile soggezione al fallimento (senza estensione ai singoli membri, art. 151 L.F.)

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Soggetti partecipanti

Società ed enti giuridici di diritto pubblico o privato

Persone fisiche che esercitino attività industriali, artigianali, commerciali, agricole

Liberi professionisti e coloro che prestino altri servizi nella comunità

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Se un imprenditore pubblicizza il proprio prodotto attribuendogli qualità non rispondenti al vero l’arbitrio può essere perseguito non già da un qualsivoglia consumatore (che è il destinatario del prodotto stesso) ma solo da un imprenditore concorrente il quale da una pubblicità non veritiera, può ricevere un danno in termine di perdita o di mancata acquisizione di una parte del mercato

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È concorrente l’impresa che interponendosi tra produzione e consumo compie atti diretti a distrarre la clientela che si sarebbe altrimenti rivolta al prodotto originario.

Se l’attività considerata sleale dall’art.2598 c.c. è posta in essere da un terzo non imprenditore non troverà applicazione la disciplina della concorrenza sleale, ma semmai quella comune dell’illecito extracontrattuale ex art.2043 ravvisandosi il diritto soggettivo leso nel diritto alla libertà di iniziativa economica garantito dall’art. 41 Cost.