Leggere Italiano

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Ignazio Baldelli Fausto Minciarelli Alberto Mazzetti Marcello Silvestrini LEGGERE L'ITALIANO Letture graduate per stranieri con rielaborazioni di brani e stimoli per la produzione orale e scritta Le Monnier - Firenze

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Page 1: Leggere Italiano

Ignazio Baldelli

Fausto Minciarelli

Alberto Mazzetti

Marcello Silvestrini

LEGGERE L'ITALIANO Letture graduate per stranieri

con rielaborazioni di brani e stimoli per la produzione orale e scritta

Le Monnier - Firenze

Page 2: Leggere Italiano

Prima edizione: luglio 1983.

C.M. 85290.0

ISBN 88-00-85290-4

PROPRIETA LETTERARIA RISERVATA

Si ritengono contraffatte le copie non firmate o non munite del contrassegno della S.I.A.E.

Nell'eventualità che passi antologici, citazioni od illustrazioni di competenza al­trui siano stati riprodotti in questo volume, l'editore è a disposizione degli aventi di­ritto non potuti reperire. L'editore porrà inoltre rimedio, in caso di cortese segna­lazione, ad eventuali non volute omissioni e/o errori nei riferimenti relativi.

13434-7 - Stabilimenti Tipolitografici «E. Ariani>> e <<L'Arte della Stampa>> della S.p.A. Armando Paoletti - Firenze

Luglio 1983

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Premessa

Leggere l'italiano è un ausilio per lo studente e per l'insegnante nel loro lavoro di educazione linguistica.

L'opera comprende tre parti: letture con- vocabolario minimo, la prima; brani di autori contemporanei, la seconda; articoli da quotidiani e periodici italiani, la terza.

La prima parte si rivolge agli studenti del primo livello. È costituita di let­ture con vocabolario minimo che in parte sono creazione degli autori e in parte sono un adattamento di brani tratti da autori antichi e moderni.

Le letture sono redatte attenendosi al Vocabolario minimo della lingua ita­liana per stranieri, curato da Ignazio Baldelli e Alberto Mazzetti. All'inizio pre­valgono brevi passi narrativi e dialogati che si riferiscono alle più diverse si­tuazioni di vita di uno straniero in Italia; più avanti si incontrano cenni bio­grafici e aneddoti su italiani illustri, e infine vi sono ampie notizie sulla realtà italiana odierna: il tutto tende a dare nozioni della civiltà italiana. Qua e là vengono illustrati proverbi e modi di dire.

Per venire incontro a esigenze di colleghi che desiderino possedere uno strumento pratico, o degli stessi studenti che mostrino la necessità di saggiare la loro abilità e competenza e misurarne' insieme i progressi, si è ritenuto op­portuno far seguire alcuni brani da una serie di esercizi. Si tratta di esercizi di comprensione, del tipo «a scelta multipla», «di completamento», del tipo «ve­ro/falso», «domande di tipo K», «connessione di frasi», adatti sia allo stimolo che alla verifica della comprensione del brano. Si hanno anche esercizi di sfrut­tamento o riutilizzazione, del tipo « r6le-playing » nei dialoghi, «trasforma­zione», «sollecitazione di domande su risposte date», (<riassunto guidato», e così via.

Si è cercato, in questa prima parte, di dare l'avvio anche ad una produ­zione creativa con stimoli alla costruzione libera di frasi incorporanti un dato elemento lessicale o una data espressione, o con composizione di lettere su traccia.

III

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È importante mettere nel debito rilievo che i brani e le relative esercitazioni seguono un rigoroso criterio di gradualità linguistica generale.

Sono stati proposti esercizi o prove ovviamente solo per alcuni brani, ma intendendo con ciò fornire suggerimenti e stimoli estensibili anche agli altri. Ogni brano, infatti, può essere rielaborato e riutilizzato sia tenendo conto dei suggerimenti, sia operando liberamente secondo le necessità e gli obiettivi di­dattici prefissati.

La seconda e la terza parte di queste letture sono state organizzate per li­velli più avanzati, fino a quelli superiori dell'insegnamento linguistico.

La seconda parte comprende una ampia serie di brani di autori contempo­ranei, per la gran parte ancora viventi. Anche nel proporre queste letture si è mirato ad un criterio di gradualità, sia pure relativa. I brani sono stati scelti nell'intento di offrire una vasta gamma di situazioni e di realtà: la famiglia, la scuola, i sentimenti personali, i rapporti fra le persone, gli ambienti fisici e so­ciali, le realtà anche regionali dell'Italia. In questa maniera si è anche otte­nuto, proprio in opposizione con gli obiettivi della prima parte, di presentare un lessico estremamente vario per quel che riguarda la realtà sociale e i livelli culturali.

Molte letture sono state tratte da testi teatrali allo scopo di fornire esempi di italiano il più possibilmente vicino al parlato; cioè, esempi di parlato­drammatico.

Le letture della terza parte sono articoli tratti da quotidiani e periodici ita­liani: con esse si mira ad un'informazione concreta e linguistica su alcuni aspetti della realtà italiana di oggi. Contemporaneamente si è voluto proporre, abbastanza largamente, uno dei linguaggi settoriali più diffusi, cioè il linguag­gio giornalistico. Alcuni articoli si riferiscono peraltro a realtà scientifiche, nella volontà di informare anche sui linguaggi tecnico-scientifici.

Va da sé che anche le letture della seconda e della terza parte possono (anzi debbono) essere utilizzate per i più diversi esercizi. Degli esercizi possibili si consigliano particolarmente quelli di comprensione e di rielaborazione scritta ed orale. In particolare, i brani tratti da opere teatrali possono consentire am­pie espansioni proprio sulle parti linguistiche parlate che sono così limitata­mente presenti nella scrittura. È ovvio, che tali brani teatrali possono prestarsi a varie forme di drammatizzazione.

Gu AuTORI

IV

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Parte prima

Letture con vocabolario minimo

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l In aula

Sono in un'aula di una scuola di lingua italiana. Non sono solo; ci sono molti studenti nell'aula e sono tutti stranieri. Siamo qui per imparare l'italiano: per imparare a parlare, a leggere e a scrivere la lingua italiana.

L'aula non è piccola, anzi è grande; anche le tre finestre e la porta dell'aula sono grandi. Nell'aula ci sono tre lampadari, una lavagna, molti banchi per gli studenti, un tavolo e una sedia per il professore.

Gli studenti non sono ancora seduti; sono in piedi, fumano, parlano, ma non parlano italiano; parlano invece inglese, tedesco, francese, ecc.: parlano tutte le lingue del mondo, perché nell'aula ci sono studenti di tutto il mondo. Io non ho ancora amici, perciò non parlo, ma ascolto.

Ora entra un signore, chiude la porta, accende la luce della lavagna, saluta gli studenti e comincia a parlare: - La porta è chiusa, la finestra è aperta, la lavagna è nera, il libro è azzurro. - Parla italiano! È uno studente? No, non è tmo studente: è il professore.

ESERCIZI

a) Rispondere alle domande

1. Dove è Lei? ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

2. È solo nell'aula? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

3. Chi c'è nell'aula?

4. Sono italiani gli studenti?

5. Perché Loro sono qui? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

6. Come è l'aula? ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

7. Come sono le finestre e la porta? ------------------------------------------------------------------------------------------------

8. Che cosa c'è nell'aula? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

3

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9. Per chi sono i banchi? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

1 O. Per chi è la sedia? ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

11. Sono seduti o in piedi gli studenti? --------------------------------------------------------------------------------------------

12. Lei ha già (degli) amici nell'aula? ------------------------------------------------------------------------------------------------

13. Chi entra nell'aula? ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------

14. Che cosa chiude il professore? -------------------------------------------------------------------------------·--------------------

15. Che cosa accende i l professore? --····-··-----------------------·-·······--------------------·-··-······------------------------

16. Il professore comincia a parlare italiano?

b) Mettere le preposizioni

1. Sono--·········· un'aula-----······· una scuola ____________ lingua italiana.

2. Ci sono molti studenti ____________ aula.

3. Siamo qui ____________ imparare l'italiano.

4. Imparo ____________ parlare italiano.

5. Le finestre e la porta ----········ aula sono grandi.

6. Nell'aula ci sono molti banchi ............ gli studenti.

7. Nell'aula c'è una sedia------------ il professore.

8. Gli studenti sono ____________ piedi.

9. Nell'aula ci sono studenti ____________ tutto il mondo.

10. Il professore accende la luce ____________ lavagna.

11. Il professore comincia·········-·· parlare.

c) Completare secondo l'esempio: Nell'aula ci sono molti studenti - Nell'aula ci sono pochi studenti

1. L'aula è grande. L'aula è··--···········---------

2. Gli studenti sono seduti. Gli studenti sono ____________ -···········

3. Il professore entra. Il professore -----------------·······

4. Lo studente chiude la porta. Lo studente ···········------------- la porta.

5. Il professore accende la sigaretta. Il professore --------····------------ la sigaretta.

6. La lampada della lavagna è accesa. La lampada della lavagna è------------------------

7. La lavagna è nera. Il foglio è ·-···········--·--------

2 Alla stazione

Dopo la lezione devo andare alla stazione, perché oggi arriva mio fratello. Prendo l'autobus numero uno e con me sale anche la signorina Paola.

- Dove va signorina, parte?

4

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Sì, domani sono libera e voglio visitare Venezia. Signorina, preferisce viaggiare con il treno o con l'automobile? Preferisco il treno, perché così posso leggere, parlare, dormire, guardare

il panorama. Ma scusi, parte anche Lei? - No, vado a prendere mio fratello che arriva alle dodici da Firenze. Alla stazione il treno da Firenze non c'è ancora: c'è solo il rapido per Ve­

nezia che prende la signorina Paola. Sento una voce: - Il treno da Firenze per Roma viaggia con circa dieci

minuti di ritardo -. Devo aspettare. C'è molta gente che aspetta con me. Molti treni arrivano e partono.

La signorina Paola dal finestrino saluta con il fazzoletto. - Buon viaggio, signorina! Ecco mio fratello Roberto. Scende dal treno e usciamo insieme dalla sta­

zione. - Hai viaggiato bene? - Non molto: questo treno non è veloce e c'è sempre molta gente. La

prossima volta prendo il treno che parte da Firenze un'ora prima. Ora andiamo a casa, perché sono molto stanco e ho molta fame.

ESERCIZI

a) Rispondere alle domande

1. Dove devi andare? ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

2. Perché va i ali a stazione? ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------

3. Con che cosa vai alla stazione? ----------------------------------------------------------------------------------------------------

4. Con chi vai alla stazione?

5. Per dove parte la signorina Paola? --------------------------------------------------------------------------------------------

6. Perché Paola va a Venezia?

7. Perché Paola preferisce viaggiare con il treno? --------------------------------------------------------------------

8. A che ora arriva tuo fratello? --------------------------------------------------------------------------------------------------------

9. Da dove arriva tuo fratello? ------------------------------------------------------------------------------------------------------------

10. Quale treno c'è alla stazione?

11. Chi c'è ali a stazione? ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

12. Che cosa fa la gente? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

13. Che cosa fa Paola dal finestrino? ------------------------------------------------------------------------------------------------

14. Con che cosa saluta Paola? --------------------------------------------------------------------------------------------------------

15. Che cosa dici alla signorina Paola? --------------------------------------------------------------------------------------------

16. Da dove scende tuo fratello? --------------------------------------------------------------------------------------------------------

17. Da dove uscite tu e tuo fratello? ------------------------------------------------------------------------------------------------

18. Come ha viaggiato tuo fratello? ----------------------------------------------------------------------------------------------------

5 2.

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19. Perché tuo fratello non ha viaggiato molto bene? ----------------------------------------------------------------

20. Dove vuole andare tuo fratello? ----------------------------------------------------------------------------------------------------

21. Perché vuole andare a casa? --------------------------------------------------------------------------------------------------------

b) Costruire le domande secondo l'esempio: Vado a Parigi ~ Dove vai?

1. Parto oggi pomeriggio. ----)o --------------------------------------------------------------------------------------------------------

2. Vado a Parigi con il treno. ----)o ----------------------------------------------------------------------------------------------------

3. Parto alle 13,30 (tredici e trenta). ----)o ·--·-·-----·---------·------------------------------------------------------------------

4. No, non vado solo. ----)o ----------------------------------------------·----------------------------------------------------------·-----·

S. V ad o co n Luigi. ----)o -------------------------------------------------------·----------------------------------------------------------------

6. Arrivo a Firenze ali e 17 (diciassette). ----)o --------------------·--·-·------------------------------------------------------

7 .. Parto da Firenze alle 18,30 (diciotto e trenta). ----)o ---------------------------------------------------------------·

8. Arrivo domattina a Parigi. ----)o --·-------------------------------------------------------------------------------------------------

9. Rimango a Parigi tre mesi. ----)o ----------------·-·-···---------------------------·-------------------------------------------------

10. Vado a Parigi per studiare il francese. ----Jo -----·------------------·-····-·-········-----------------------------------

c) Scegliere fra gli infiniti viaggiare, visitare, prendere, andare, aspettare, guardare per completare

1. Dopo la lezione devo------------------------ alla stazione.

2. Preferisco -----------------------· con il treno.

3. Voglio ------------------------ Venezia.

4. Preferisco il treno, perché così posso ------------------------ il panorama.

5. Vado alla stazione a ------------------------ mio fratello.

6. Il treno che viene da Firenze è in ritardo. Devo ------------------------

d) Completare con le preposizioni

1. Devo andare ____________ stazione.

2. Preferisco viaggiare ____________ il treno.

3. Vado ____________ prendere mio fratello.

4. Il treno arriva ____________ dodici ----------·- Firenze.

S. Alla stazione c'è solo il rapido ____________ Venezia.

6. Il treno viaggia ____________ dieci minuti -----------· ritardo.

7. Alla stazione c'è molta gente che aspetta ____________ me.

8. Paola saluta ____________ finestrino.

9. Paola saluta ____________ il fazzoletto.

10. Mio fratello scende ____________ treno.

11. Usciamo ____________ stazione.

12. Sono stanco, andiamo ____________ casa.

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e) Completare secondo l'esempio: Il treno va a Roma - Il treno viene da Roma

1. Mio fratello arriva da Roma. Mio fratello ....... __________ , _____ per Roma.

2. lo salgo sull'autobus. lo ........................ dall'autobus.

3. Domani sono libera. Domani sono ...................... ..

4. C'è molta gente. C'è ........................ gente.

5. Usciamo dalla stazione ......................... nella stazione.

6. Ho viaggiato molto bene. Ho viaggiato molto ...................... ..

7. Questo treno è veloce. Questo treno è ..................... ..

8. Parto un'ora prima. Parto un'ora ...................... ..

f) Completare con le preposizioni

1. Il treno va a Roma. Il treno viene ........................ Roma.

2. Mio fratello arriva da Roma. Mio fratello parte ........................ Roma.

3. lo salgo su/l'autobus. lo scendo ........................ autobus.

4. Entriamo nell'aula. Usciamo ........................ aula.

3 L'australiano e l'inglese

Sono uno studente straniero: vengo dall'Australia. Sono arrivato quindici giorni fa in Italia, ma sono in questa città solo da dieci giorni, perché, prima d{ venire qui, ho voluto vedere la «Città eterna»: Roma.

È stato difficile trovare una stanza di mio gusto che finalmente ho trovato presso una famiglia al centro della città. Ora sto bene: la mia camera è grande, piena di luce e dalla finestra vedo i tetti della città e, lontano, verdi colline.

C'è uno studente inglese che ha una stanza vicino alla mia. Siamo diventati amici e tutte le mattine andiamo a scuola insieme.

L'amico inglese è un bravo studente: tutte le sere va a letto molto presto; io, invece, faccio le ore piccole, perché vado fuori con gli amici a parlare e a cantare per le vie della città e non trovo mai la strada di casa.

ESERCIZI

a) Rispondere alle domande

1. Sei italiano/a o straniero/a? ...................................................................................................... ..

2. Da quale paese vieni? ----------------------------------------------------------------------............. -----------..................... .

3. Quando sei arrivato/a in Italia? .................................................................................................. ..

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4. Da quanto tempo sei in questa città? ----------------------------------------------------------------------------------------

5. Quali città italiane hai visitato? --------------------------------------------------------------------------------------------,-------

6. Abiti in centro o in periferia? --------------------------------------------------------------------------------------------------------

7. Stai bene dove abiti? ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

8. Come è la tua stanza o il tuo appartamento?

9. Che cosa vedi dalla finestra? --------------------------------------------------------------------------------------------------------

10. Vai a dormire presto o tardi la sera?

11. Con chi vai fuori la sera? ----------------------------------------------------------------"-----------------------------------------------

12. Dove vai la sera? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

13. Che cosa fai, quando sei con gli amici? ------------------------------------------------------------------------------------

b) Per completare, scegliere fra luce, famiglia, colline, vie, studente, camera, strada, amici, giorni, sere, tetti, mattine, città

1. Sono uno ------------------------ straniero.

2. Sono arrivato quindici ------------------------fa in Italia.

3. È stato difficile trovare una ------------------------

4. Ho trovato una stanza presso una------------------------

5. La mia casa è nel centro della ------------------------

6. La mia camera è piena di ------------------------

7. Dalla finestra vedo i ------------------------della città.

8. Dalla finestra vedo verdi ------------------------9. Lo studente inglese e io siamo diventati _______________________ _

10. Tutte le------------------------ andiamo a scuola insieme.

11. L'amico inglese tutte. le------------------------ va a letto molto presto.

12. Vado a cantare per le------------------------ della città.

13. Non trovo mai la------------------------ di casa.

4 Tra un plurale e l'altro

Nell'aula fa caldo. Il professore parla, spiega, fa le domande e tutti rispon­diamo insieme. È necessario stare attenti e non perdere una parola.

Guardiamo spesso l'orologio; il tempo non passa mai. Ma ecco, finalmente suona il campanello. Usciamo per fumare una sigaretta, per @Pira.re. un po' di aria fresca, per dire due parole con un amico.

Dimentichiamo per un po' la lingua italiana e possiamo sentire, nei dieci minuti di riposo, tutte le lingue del mondo.

Lascio i miei amici, desidero restare un po' solo; dalla finestra guardo il panorama: lontano, lontano una lunga fila di monti coperti di boschi e, qua e là, piccole case come isole in un mare di verde. È sereno; non c'è una nuvola;

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l'aria è chiara e pulita. È bello vedere dall'alto un mondo che si apre da ogni parte.

Ho voglia di çmmninare,. correre per la campagna che abbraccio tutta con gli occhi. Guardo con attenzione, perché voglio ricordare bene le immagini e i colori.

Il suono del campanello chiama di nuovo gli studenti nell'aula. Ricomin­ciamo: - Il libro è sul banco. - Plurale: - I libri sono sui banchi. - ...

ESERCIZI

a) Rispondere alle domande

1. Nell'aula fa freddo o caldo?

2. In questa città fa caldo o freddo, adesso? --------------------------------------------------------------------------------

3. Nel tuo paese fa caldo adesso? ------------------------------------------------------------------------····················-·······

4. Che cosa fa il professore? ········-·········-·······-··-················-·······-·--·······-·-·········-·········--········-··········

5. Che cosa fanno gli studenti? ·-··-·······-·········--··········-·······---·····-·-·········----······---······················-------

6. Quando suona il campanello che cosa fanno gli studenti? ·----······------------------······-------------

7. Quando suona il campanello che cosa fai tu? ·······-··········------·····--------··--·--·-······--------------------

8. Dove vanno gli studenti quando suona il campanello? ··········----------··-·--------·······---------------··

9. Perché gli studenti vanno nel corridoio?

10. Perché vai nel corridoio? -----····--·-·····---······-·------------·········-······-·--············--·-······-·-··········-----······-·-·-

11. Che cosa guardi dalla finestra dell'aula? ------------········-········----·-··········--·--····-··--·-·······---··-···-------

12. Che cosa vedi lontano, lontano? ----·-····-----···········-···-----·-···-··········-------······--------··-···········----------

13. Com'è il cielo oggi? ·······-·------·····-········---······----------·--········------····················------------------·····--·-······--

14. È sereno o nuvoloso il cielo, oggi? ··--·----·-···---······---·········--··············---·-·········----·-····-··--·······--·-·

15. Com'è l'aria? -----·····-----········-----······-------·····--·······-·----·······-·······-···-·-···········-·--------···--·------···-------------

16. Quando fa bel tempo hai voglia di studiare o preferisci uscire? ······-·-----·-·····---------------·····

b) Completare con preposizioni e articoli

............ aula fa caldo. ------······ professore parla, spiega fa ............ domande e tutti ri-spondiamo insieme. È necessario stare attenti e non perdere -----······· parola.

Guardiamo spesso ---·-······· orologio; -···--····-- tempo non passa mai. Ma ecco, finalmente suona -·-···-----· campanello. Usciamo per fumare ---········- sigaretta, per respirare ____________ po' -·-·······-- aria fresca, per dire due parole····--······ ----·····--- amico.

Dimentichiamo per ··-·--·-···· po' ···-----·-·· lingua italiana e possiamo sentire, ____________ dieci minuti ----········ riposo, tutte·--·---····· lingue--··-···---· mondo.

Lascio ·------·-··· miei amici, desidero restare ............ po' solo: ----········ finestra guardo --·-·-··-··· panorama: lontano, lontano ·····----·-· lunga fila -·-···-·---- monti coperti ____________ boschi e, qua e là, piccole case come isole ···--·-·-··· ............ mare -----······- verde. È sereno; non c'è ····-------· nuvola; ··------·-·· aria è pulita e chiara. È bello vedere ··----·····- alto ·--···-····· mondo che si apre ___________ ogni parte.

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Page 13: Leggere Italiano

Ho voglia ............ camminare, correre ................ campagna che abbraccio tutta ........... . ............ occhi. Guardo ............ attenzione, perché voglio ricordare bene ............ immagini e ............ colori.

............ suono ............ campanello chiama ............ nuovo ............ studenti ............ aula. Ri-cominciamo: - ............ libro è ............ banco. - Plurale: - ............ libri sono ............ banchi.

5 Peter è uno studente tedesco

La mia padrona di casa ha dato in affitto anche l'altra camera; uno stu­dente tedesco ha preso in affitto la stanza.

Ho fatto amicizia con lui e passiamo molte ore insieme. Lui si alza sempre prima di me, bussa alla porta della mia camera e, a quel rumore, io mi sveglio. Mi alzo subito, mi faccio la barba, mi lavo, mi pettino, mi vesto in fretta, per­ché Peter, così si chiama il mio amico, è uno studente che non vuole arrivare mai in ritardo a lezione.

Questa mattina Peter ha bussato alla porta, ma io ho aperto un occhio solo e poi mi sono addormentato di nuovo, perché ieri sera sono stato fuori fino a tardi.

Stasera resterò a casa per studiare con Peter che è molto bravo e che co­mincia già a parlare con frasi semplici e corrette; io ancora parlo poco e male: ho sempre la parola giusta sulla punta della lingua, quella parola che non vuole uscire mai.

ESERCIZI

a) Rispondere alle domande

1. Che cosa ha dato in affitto la padrona di casa?

2. Chi ha preso in affitto la camera? ............................................................................................... .

3. Quante ore passate insieme? ·····································-··································································

4. Chi si alza prima la mattina? ....................................................................................................... .

5. Perché lo studente tedesco bussa alla porta della tua camera? ....................................... .

6. Quando lo studente bussa, tu che fai?

7. Quando ti sei svegliato, rimani a letto o ti alzi subito? ....................................................... .

8. Ti lavi con acqua calda o fredda? ............................................................................................... .

9. Con che cosa ti pettini? ·········-···································-··································································

10. Perché ti vesti in fretta? ............................................................................................................... .

11. Come si chiama il tuo amico?

12. Questa mattina, quando ha bussato, tu che hai fatto? ....................................................... .

13. Ti sei subito svegliato o hai continuato a dormire? ............................................................... .

14. Perché ti sei addormentato di nuovo? ....................................................................................... .

15. Fino a che ora sei stato fuori ieri sera? ................................................................................... .

lO

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16. Stasera che farai? ---·-·-- ·--·-··--····---··----------·-·-·------··--·--·················-··-------------·-··········---·-·····-----··-······-

17. Perché resterai a casa? ···············-·························----------·-···---·--··-·················------·-·······---······-------···

18. Come parla l'italiano Peter? ·····-·············-·····-···-·····-··---------·-·····-····-····-··-·-------······----···········------·

19. E tu come parli questa lingua? -----·--------·---··--··--·-········--··-··············-···---·----·-·-······-----········-·-----···

b) Dal presente al passato: si alza~ si è alzato

1. Si alza prima di me. Stamattina ·····------·--······-·--·--·---·····-·------········-------·-····-----·· prima di me.

2. Mi sveglio presto la mattina. Stamattina ·----···-····---------··-····----··········----·······---·-··---···· presto.

3. Ci laviamo con acqua calda. Ieri mattina --··-······------···-··········---·····-·------· con acqua calda.

4. Ti pettini in fretta. Ieri -····-······-------·-·-·-········-------········--·------·-···-·---············------·-···---·····-- in fretta.

5. Si vestono i n fretta. Ieri --········---··--------·--·······-----------·······-·-----······------··-·······---·-·····---··· i n fretta.

6. Mi addormento subito. Ieri notte ·----···············-··············----·-·······------·········---·--·····-·-·····-- subito.

c) Dal maschile al femminile: mi sono alzato~ mi sono alzata

1. Stamattina mi sono alzato prima di lui. Stamattina ·-··-··--···········-··············-----Prima di lui.

2. Stamattina mi sono svegliato presto. Stamattina ····-·······---··------------·······-·········---·······Presto.

3. Mi sono lavato con acqua calda. ····-····-·----··-······························· ______________ con acqua calda.

4. Mi sono pettinato in fretta. -------------------··-·--·----········-----·-··--··-···························---··········in fretta.

5. Mi sono vestito in fretta. ···-···················································-·······---------·-···············-·-····in fretta.

6. Mi sono addormentato subito. -··········-·······-·-----------------·-------···-··························--·········-subito.

d) Dal singolare al plurale: si è alzato ~ si sono alzati

1. Si è alzato prima di me. --------------·--------·········-------··-·-·----·-··-··---··------···---------------···Prima di me.

2. Stamattina mi sono svegliata presto. Stamattina --·--·····-···----·-----------·-·---------·········-·-·-Presto.

3. Ti sei lavato con acqua calda. --·-·····--·---------···--·------···--······-·······················con acqua calda.

4. Ti sei pettinata i n fretta. --·-··········----··-···-----------------------------··--··-········-·····-······-············--i n fretta.

5. Mi sono vestito in fretta. -·-··-·······-··-------------····-··-··--·-----·-···---····-····---·-····---------····-·····----in fretta.

6. Si è addormentata subito. ------·-···············-················································-·-···-······-·---······subito.

e) Costruire le domande secondo l'esempio: Stamattina mi sono alzato molto presto. ~ Quando ti sei alzato stamat­tina?

1. Stamattina mi sono svegliata alle sette.~ ·······---------·-······-····-·····················--·--····---···-·-·····--

2. Mi lavo sempre con acqua fredda. ~ ··-·-·---··------------···-················-·············----···--·····---···-·---··

3. Sì, mi sono pettinato in fretta.~ ---··-·--------------------··········---·-··-·-···-·-··-····--·······--·-·--·-····------····

4. Sì, mi sono vestita in fretta.~ ----------------------------·-·-·-·-------------------·-----------·--------·-----------------·--

5. Sì, la sera mi addormento subito.~ ....................................................................................... .

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Page 15: Leggere Italiano

6 La madre di Antonio

La madre di Antonio entra nella camera di suo figlio. Sono le dieci del mat­tino. Antonio dorme ancora.

- Sono le dieci. Che fai? Ancora non ti alzi? A che ora ti sei addormen­tato questa notte? Tu vai in giro la notte, ti diverti, torni tardi e poi la mattina non ti alzi mai ...

Sai a che ora si è alzato tuo padre? Molto presto. Si è lavato, si è pettinato, si è vestito in cinque minuti, ha preso un pezzo di pane e poi via, al lavoro, per riportare a casa qualche lira di più. E tu? Alle dieci ancora dormi? Ma chi dorme non piglia pesci ... Che fai? Non rispondi? Sei stanco di sentire ogni volta la solita musica? E tu, allora, cambia sistema.

Devi alzarti presto la mattina! Le ore del mattino hanno l'oro in bocca. Già, ma tu da quell'orecchio non ci senti. Ti alzi quando vuoi, poi vai al bagno e non esci mai: ti lavi, ti specchi, ti pettini; poi ti rilavi, ti rispecchi, ti ripet­tini... E allora, ti alzi o non ti alzi? -

Antonio si gira nel letto e continua a dormire.

ESERCIZI

a) Rispondere alle domande

1. A che ora la madre di Antonio entra nella camera di suo figlio? ----------------------------------------

2. Che cosa fa Antonio quando la madre entra nella sua camera? ----------------------------------------

3. Quando va a letto di solito? --------------------------------------------------------------------------------------------------------

4. Dove va la notte? ---------------------·------··-·······--·----····-------···-····-·-----·--·-····-·------------------------------------------

5. Quando torna a casa? -----------·-····---------------------------·-·----·--·-·---·-···----·-···-----------·--------------··--·-----------

6. Quando si è alzato suo padre? ·-----···---·---·-·-·····-----·-····-···-----·---··-··---·---·-···----··-··-·----·--··-··----·------

7. Che cosa ha fatto dopo che si è alzato? ···---······------------···-··-··-·------·····---····----·-·-·-·-·--·-····-·-·------

8. Che cosa ha mangiato?

9. Dove è andato? ·-·-----··------···-·-····-----·-···-·--·----·-·······-···-----···-·--·--···-·-------·-··----········------··---·-·--·----------

10. Perché Antonio non risponde a sua madre? --------·-----------·--·-·-···----·-·-·--··--··--·-----·-·-··---···---------

11. Che cosa deve fare per non sentire più <da solita musica»? ---------·-·····----------------------------

12. Quando si alza? --------------------------------------------------·-·------------·-·····-··-·-··--··--··--···--·---------·-··-·-----------------

13. Che cosa fa dopo che si è alzato? ---···-----·····--·-··--·-·······-·-·--·--·-·--····--·-···--·-·--------·-·-··-·-··-·-·------

14. Che cosa fa dopo che la madre è uscita dalla sua camera? ··--·-···--··-·-·-·--·----------·--···-·--·-----

15. Che cosa significa l'espressione "chi dorme non piglia pesci,?

16. Che cosa significa l'espressione «Sentire la solita musica»? ··-···-···-·-·····-----·-··-·····----··----·

17. Che cosa significa l'espressione <de ore del mattino hanno l'oro in bocca»?

12

Page 16: Leggere Italiano

J) Mettere le preposizioni

1. La madre entra ............ camera di suo figlio.

2. Sono le dieci ............ mattino.

3. Tu vai ............ giro la sera.

4. Si è vestito ............ cinque minuti.

5. Sei stanco ............ sentire ogni volta la solita musica.

6. Ti alzi quando vuoi, poi vai ............ bagno.

7. Antonio si gira ............ letto.

8. Il ragazzo continua ............ dormire.

7 Tra il dire e il fare ...

Otto ore di lavoro al giorno, quaranta ore alla settimana, centosessanta al mese: tutte queste ore per quattro soldi; con i tempi che corrono quello che prendo serve sì e no per non morire di fame.

Ma adesso basta, sono stanco di fare tutti i giorni i conti: tanto per man­giare, tanto per la luce, tanto per il telefono... alla fine del mese che cosa ci rimane? Niente.

Ormai ho deciso: andrò dal direttore e chiederò di aumentare il mio stipen­dio. Domani mattina mi alzerò presto, verso le sei, e farò una passeggiatina ai giardini pubblici per organizzare le idee; a quell'ora ai giardini non c'è nessuno e l'aria fresca e il silenzio aiutano a pensare e a preparare un discorso; un di­scorso breve, di poche parole, come per esempio: «Caro il mio direttore, o Lei pensa seriamente ad aumentare lo stipendio al qui presente Paolo Fantozzi, o dovrà cercare un altro impiegato». Dopo che avrò preparato il discorso, en­trerò in un bar e prenderò due paste e un cappuccino (discuto male a stomaco vuoto). Quando avrò fatto colazione, andrò in ufficio, poserò la borsa sul ta­volo, poi andrò alla toletta per specchiarmi e vedere se sono a posto (non vo­glio offrire al direttore l'occasione di cambiare discorso). Dopo che avrò con­trollato il mio aspetto, con passo lento, ma sicuro, mi dirigerò verso l'ufficio del direttore; arriverò davanti alla porta e, senza pensarci due volte, busserò.

Dopo che il direttore avrà detto: «Avanti!», entrerò, chiuderò la porta, guarderò il mio capo negli occhi e, con voce ferma, dirò: ... (Il giorno dopo)

- Signor Direttore, sono venuto da Lei, perché ... mi sono ricordato che oggi è il Suo compleanno. Tanti, tanti auguri! ...

13

Page 17: Leggere Italiano

ESERCIZI

a) Rispondere alle domande

1. Da chi andrà domattina Paolo Fantozzi? ------------------------------------------------------------------------------------

2. Che cosa chiederà al direttore? ----------------------------------------------------------------------------------------------------

3. A che ora si alzerà? ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

4. Dove farà un a passeggiati n a? --------------------------------------------------------------------------------------------------------

5. Perché farà una passeggiatina? ----------------------------------------------------------------------------------------------------

6. Chi ci sarà a quell'ora ai giardini pubblici?

7. Dove andrà, dopo che avrà preparato il suo discorso? --------------------------------------------------------

8. Che cosa prenderà al bar? ------------------------------------------------------------------------------------------------------------

9. Quando avrà fatto colazione, dove andrà? --------------------------------------------------------------------------------

1 O. Dove poserà l a borsa? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

11. Appena avrà posato la borsa, dove andrà? --------------------------------------------------------------------------------

12. Perché andrà alla toletta? ------------------------------------------------------------------------------------------------------------

13. Che cosa farà dopo che avrà controllato il suo aspetto? ----------------------------------------------------

14. Dove si ·d i ri g erà? ________ ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

15. Che cosa farà davanti alla porta del direttore? ------------------------------------------------------------------------

16. Che cosa farà quando il direttore avrà detto "avanti»? --------------------------------------------------------

b) Completare con le preposizioni

1. Studio tre ore ____________ giorno. Vedo un film ____________ settimana. Vado a Firenze una volta ............ mese.

2. Sono stanco ............ fare tutti i giorni i conti. Siamo stanchi ............ scrivere queste frasi.

3 ............. fine del mese che cosa ci rimane? ............ fine del corso ci sarà l'esame.

4. Chiederò ............ aumentare il mio stipendio. Chiederò ............ indicarmi la strada.

5. Il silenzio e l'aria fresca aiutano ____________ pensare e ............ preparare un discorso. Una passeggiata dopo pranzo aiuta ............ digerire.

6. Il direttore pensa ............ aumentare lo stipendio. La segretaria pensa ............ organizzare una gita.

7. Mi dirigo ............ l'ufficio del direttore. L'autobus si dirige ............ il centro.

14

Page 18: Leggere Italiano

:;) Mettere al futuro semplice o anteriore i verbi indicati

1. Ormai ho deciso. Domani ------------------------------------------ .. ·-------------------dal direttore e ............................................................ di aumentare il mio stipendio.

2. Domani mattina ........................................................ presto, verso le sei, e ........................................................ una passeggiatina ai giardini pubblici per organizzare le idee.

3. Dopo che ........................................................................ il discorso, .................................... in un bar e ....................................................... . due paste e un cappuccino.

4. Quando .................................... colazione, ....................................... . in ufficio, ........................................................................................ la borsa sul tavolo, poi ................................................................ alla toletta per specchiarmi e vedere se sono a posto.

5. Dopo che .................................................................... il mio aspetto con passo lento, ma sicuro, ........................................................... . verso l'ufficio del direttore; ........................................................... . davanti alla porta, e senza pensarci due vol-te ........................................................................................................... .

6. Dopo che il direttore "avanti ••, ................................................ , ........................................... . la porta, ........................................................................ il mio capo negli occhi e, con voce ferma, ................................................... .

d) Mettere le frasi al passato secondo l'esempio:

andare chiedere

alzarsi fare

preparare entrare -·prendere

fare - andare posare andare

controllare dirigersi arrivare

bussare

dire entrare -·chiudere guardare dire

Domani andrò dal direttore e chiederò di aumentare il mio stipendio - Ieri sono andato dal direttore e ho chiesto di aumentare il mio stipendio.

1. Domattina mi alzerò presto e farò una passeggiatina ai giardini. Ieri mattina ................................ presto e ................................ una passeggiatina ai giardini.

2. Entrerò in un bar e prenderò due paste e un cappuccino . ........................................ in un bar e ........................................ due paste e un cappuccino.

3. Andrò in ufficio e poserò la borsa sul tavolo. ............................................ in ufficio e ............................................ la borsa sul tavolo.

4. Mi dirigerò verso l'ufficio del direttore . ............................................................................................................ verso l'ufficio del direttore.

5. Arriverò davanti alla porta e, senza pensarci due volte, busserò. ................................ davanti alla porta e, senza pensarci due volte, ............................... .

6. Entrerò e chiuderò la porta . ........................................................................ e ...................................................................... la porta.

7. Guarderò il mio capo negli occhi e, con voce ferma, dirò: .. . .................................... il mio capo negli occhi e, con voce ferma, .................................... : .. .

15

Page 19: Leggere Italiano

e) Cambiare le frasi secondo l'esempio: Dopo che avrò preparato un discorso, entrerò in un bar - Prima preparerò un discorso, poi entrerò in un bar.

1. Dopo che avrò fatto colazione, andrò in ufficio.

2. Dopo che avrò posato la borsa sul tavolo, andrò alla toletta. --------------------------------------------

3. Dopo che avrò controllato il mio aspetto, mi dirigerò verso l'ufficio del direttore.

4. Dopo che avrò guardato il mio capo negli occhi, dirò con voce ferma: ... --------------------

8 Due buoni amici

Franco Buon giorno, Maria. Maria Buon giorno, Franco. Franco Come stai, Maria? Maria Io bene, grazie; e tu? Franco Non molto bene, questa mattina. Maria Mi dispiace molto. Hai dormito poco? Franco Sì, veramente ho dormito poco questa notte, perché ieri sera sono an­

dato a letto tardi. Maria Come mai? Franco Ho lavorato molto. Ho studiato le prime lezioni di grammatica e poi ho

voluto scrivere una lettera a mia sorella. Sono andato a letto verso l'una e mezzo.

Maria Io, invece, non ho studiato ieri sera. Sono andata al cinema con un'a­mica e sono tornata verso le undici e mezzo. Questa mattina mi sono alzata presto per ripetere i verbi: sono abbastanza difficili.

Franco Anch'io ho trovato alcune parti difficili; è per questo che studio molto durante il giorno e anche la sera dopo cena. Tu sai che per il mio fu­turo lavoro è molto importante conoscere bene la lingua italiana.

Maria Sì, lo so; ma anche il riposo è importante e necessario, se vuoi arrivare preparato alla fine del corso.

Franco Hai ragione. Le tue parole sono un buon consiglio. Devo senz' altro trovare la giusta misura per lo studio e per il riposo.

Maria Bene. Allora questa sera smetterai un po' prima di studiare, andrai a fare quattro passi dopo cena e poi, subito a letto!

Franco Grazie, «dottore». I Suoi consigli sono per me un ordine ...

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Page 20: Leggere Italiano

Mettere al passato composto i verbi indicati

Franco Buon giorno, Maria. Maria Buon giorno, Franco. Franco Come stai, Maria? Maria lo bene, grazie; e tu? Franco Non molto bene, questa mattina. Maria Mi dispiace molto. . ....................................................... poco? dormire Franco Sì, veramente ........................................................ poco questa dormire

notte, perché ieri sera ........................................................ andare a letto tardi.

Maria Come mai? Franco ................................................................................................ molto. lavorare

.......................................................................... le prime lezioni di studiare grammatica e poi ........................................................................ volere scrivere una lettera a mia sorella. ............................................ andare ....................................................... a letto verso l'una e mezzo.

Maria lo invece, non ........................................................................ ieri studiare sera. .. .................................................................. al cinema con andare un'amica e .................................................................... verso le tornare undici e mezzo. Questa mattina ................................................ alzarsi ......................................................... presto per ripetere i verbi: sono abbastanza difficili.

9 «Mettere le mani avanti»

ESERCIZI

Quando pensiamo che una persona dirà brutte cose contro di noi, siamo i primi a cominciare a parlare dell'argomento. Mettiamo, cioè, le mani avanti, come fa chi sta per cadere e porta avanti le mani per non battere la faccia per terra.

l O Fine delle lezioni

È mezzogiorno. Il campanello suona. Chiudiamo libri e quaderni: oggi le lezioni sono finite. Usciamo dall'aula stanchi, ma contenti: abbiamo imparato molte parole nuove. Uno studente inglese vuole fumare una sigaretta, ma non può, perché ha finito tutte le sigarette del pacchetto. Desidero offrire una siga­retta allo studente e non so come fare, perché non parlo l'inglese. Allora mo­stro il mio pacchetto allo studente e trovo il coraggio per parlare italiano:

- Posso offrire una sigaretta? - Grazie, accetto volentieri - risponde l'inglese. Scendiamo insieme le scale dell'Università e, mentre incontriamo e salu­

tiamo studenti e professori, parliamo sempre la lingua italiana.

17

Page 21: Leggere Italiano

Io sono -inglese e vengo da Londra. E io sono francese e vengo da Parigi. È la prima volta che viene in lta-

lia? No, è la terza volta. Le altre volte sono venuto soltanto come turista per

passare le vacanze e non per studiare la lingua italiana. Ho visitato Venezia, Firenze, Roma, Napoli.

- Io sono per la prima volta in Italia e l'italiano è la prima lingua che imparo.

Siamo arrivati in fondo alle scale. Non vogliamo più parlare, perché ab­biamo molto appetito. Lo studente inglese desidera offrirmi qualcosa al bar dell'Università e io accetto volentieri.

Entriamo nel bar. Prego, che cosa desiderano? - chiede il cameriere.

- Per me, un caffè - dico. - E per me, un'acqua minerale - dice l'inglese; poi continua: - Rara-

mente prendo qualcosa al bar prima di pranzo: in Italia, la cosa migliore prima degli spaghetti è mezzo bicchiere di vino.

- Sono d'accordo - rispondo. - Ho trovato, ieri, un piccolo ristorante al centro: la padrona, una vecchia signora, fa degli spaghetti molto buoni e mette sulla tavola un vino veramente generoso. Vogliamo pranzare insieme?

- Con piacere! Non vedo l'ora di sedere a tavola. Ho una fame!. .. Così andiamo verso l'uscita; ma, mentre siamo vicino alla porta: - Signori! Sono 1150 lire! - grida il cameriere. Diventiamo rossi: il vino e gli spaghetti ci hanno fatto dimenticare di pa­

gare il conto.

ESERCIZI

a) Rispondere alle domande

1. Che ore sono? -----------···-···-·········--·····-··---······---··········-···········---··-······-··--···-·············-···········-··-··········

2. A che ora finiscono le lezioni? ·····--·····---·-······--·········--·············-·---··-·····-··------··········-··················

3. Quando suona il campanello? -······----·······---······-·----········-·-··-·············--······································

4. Che cosa fanno gli studenti quando le lezioni sono finite? ·············-·--·······························

5. Perché gli studenti sono contenti? ·-----······---·······---·-·············--··········-·-·-······························-·-··

6. Che cosa vuole fare lo studente inglese? ·-··-········--··-··········----··········------································

7. È permesso o è vietato fumare durante la lezione? -···············---·-·····-·-----·············-···----·--·······

8. Quando possono fumare gli studenti? ··---·--·--·····--·-·-·············-------·-··········-----··-···········-----···-···-··

9. Chi incontrano per le scale i due studenti? ·····------···········-·-·-············----············--···-···············

10. Che lingua parlano? ·······----·-······----······----········-·--··········----··-··········-·-·-··········-·-···--·-·······················

11. Da dove viene lo studente inglese? ····------········-···········--------············----··············---·····················

12. Da dove viene lo studente francese? ·······----····-·-·---···········---------··-······-··-··--·-··········------········--·

18

Page 22: Leggere Italiano

13. È la prima o la terza volta che lo studente inglese viene in Italia? ------------------------------------

14. Perché è venuto le altre volte? ----------------------------------------------------------------------------------------------------

15. Quali città ha visitato? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

16. Dove sono arrivati i due studenti mentre parlano? ----------------------------------------------------------------

17. Perché non desiderano più parlare? --------------------------------------------------------------------------------------------

18. Dove entrano gli studenti? ------------------------------------------------------------------------------------------------------------

19. Che cosa prende al bar lo studente francese? ------------------------------------------------------------------------

20. Che cosa prende al bar lo studente inglese? ----------------------------------------------------------------------------

21. Qual è la cosa migliore in Italia prima di pranzo? ----------------------------------------------------------------

22. Come è la padrona del piccolo ristorante? --------------------------------------------------------------------------------

23. Che cosa mette sulla tavola la vecchia signora? --------------------------------------------------------------------

24. Come diventano gli studenti per le parole del cameriere?

b) Per completare, scegliere fra i nomi proposti

È mezzogiorno. Il ------------------------------------suona. Chiudiamo libri e ____________________________ ;

oggi le ---------------------------------------------------- sono finite. Usciamo dall' ---------------------------------------­stanchi, ma contenti: abbiamo imparato molte ----------------------------------------------------------------nuove.

Uno ------------------------------------ inglese vuole fumare una sigaretta, ma non può perché ha finito tutte le sigarette del -------------------­Desidero offrire una ---------------------------------------­allo studente e non so come fare, perché non parlo l' -------------------------------------------------------­Allora mostro il mio pacchetto allo stu-dente e trovo il -----------------------------------------------­per parlare italiano: - Posso offrire una sigaretta? - Grazie, accetto volentieri, -risponde l'inglese.

Scendiamo insieme le ---------------------------­dell'Università, e, mentre incontriamo e salutiamo studenti e ------------------------------------· parliamo ~empre la lingua italiana.

- lo sono inglese e vengo da

- E io sono francese e vengo da ------------------------ È la prima --------------------------------che viene in Italia?

- No, è la terza volta. Le altre -----------­sono venuto come turista per passare le ------------------------------------------ e non per studiare la lingua italiana. Ho visitato Venezia, Firenze, Roma, Napoli.

- lo sono per la prima volta in Italia e l'italiano è la prima lingua che imparo.

piano l orologio l campanello giornali l quaderni l porte ore l sigarette l lezioni aula l camera l ristorante

lettere l strade l parole

sbaglio l studente l uomo

pacchetto l fumo l pacco pasta l sigaretta l birra

spagnolo l tedesco l inglese

tempo l modo l coraggio

scale l autobus l sedia

ufficiali l amici l professori

Siena l Londra l Parigi

Londra l Parigi l Venezia settimana l volta l giornata

sere l lingue l volte

vacanze l esame l tempo

19

Page 23: Leggere Italiano

Siamo arrivati in fondo alle ___________________ _ Non desideriamo più parlare perché ab­biamo molto ---------------------------------------------------­Lo studente inglese vuole offrirmi qual-cosa al ---------------------------------------- dell'Univer­sità e io accetto volentieri.

Entriamo nel bar. - Prego, che cosa desiderano?

chiede il -----------------------------------------------------------­- Per me, un ---------------------------------------- -

dico. - E per me, un'acqua minerale -

dice l'inglese; poi continua: - Raramente prendo qualcosa al bar

prima di ____________________________________________________________ ;

in Italia, la cosa migliore prima degli spaghetti è mezzo-------------------------------------------­di vino.

- Sono d'accordo - rispondo. -Ho trovato ieri un piccolo ristorante al -------------------------------; la padrona, una vecchia ________ -------------------------- fa degli spaghetti mol­to buoni e mette sulla -----------------------------------­un -------------------------------- generoso. Vogliamo pranzare insieme?

-Con ________________________________________________________ !

Non vedo l' ------------------------------------ di sedere a ------------------------------------------------------------ Ho una ------------------------------------'

Così andiamo verso l' ____________________________ ; ma mentre siamo vicino alla ________________________ ;

- Signori! Sono 1150 lire! -grida il

Diventiamo rossi: il vino e gli spa­ghetti ci hanno fatto dimenticare di pa-gare il ----------------------------------------------------------------

scale l strade l corridoi

appetito l freddo l sonno

centro l bar l cinema

signore/ cameriere l bambino caffè l fiammifero l libro

spettacolo l concerto l pranzo

litro l bicchiere l chilo

centro l ufficio l segreteria casa l nonna l signora tavola l strada l mano cuore / vino l amico

gusto l dolore l piacere lettera l ora l sedia tavola l sedia l vaso sete l fame l voglia casa l sette l uscita stazione l finestra l porta

cameriere l uomo l amico

albergo l conto l affitto

c) Per completare, scegliere fra gli aggettivi proposti

È mezzogiorno. Il campanello suona. Chiudiamo libri e quaderni: le lezioni

'sono finite. Usciamo dall'aula --------------------ma ____________________ ; abbiamo imparato molte

parole ------------------------------------ Uno studente inglese vuole fumare una sigaretta, ma non può, perché ha finito ---------------------------­le sigarette del pacchetto. Desidero of­frire una sigaretta allo studente e non so come fare, perché non parlo l'inglese. Allora mostro il mio pacchetto allo stu­dente e trovo il coraggio per parlare ita­liano: - Posso offrire una sigaretta? -Grazie, accetto volentieri - risponde l'inglese.

20

ricchi l fortunati l stanchi contenti l tristi l brutti vere l nuove l grandi

qualche l ogni l tutte

Page 24: Leggere Italiano

Scendiamo insieme le scale dell'Uni­versità e, mentre incontriamo e salutiamo studenti e professori, parliamo la lingua italiana.

- lo sono inglese e vengo da Londra. - E io sono francese e vengo da Pa-

rigi. È _____________ , _______ .............................. volta che viene in Italia?

- No, è ........................................ volta. Le altre volte sono venuto soltanto come turista per passare le vacanze e non per studiare la lingua italiana. Ho visitato Ve­nezia, Firenze, Roma, Napoli.

-lo sono per la prima volta in Italia e l'italiano è la ............ ______________________________________ , lingua che imparo.

Siamo arrivati in fondo alle scale. Non desideriamo più parlare, perché

abbiamo ______________ , __________ , ______________________________ ,

appetito. Lo studente inglese vuole of­frirmi qualcosa al bar dell'Università e io accetto volentieri.

Entriamo nel bar. - Prego, che cosa desiderano?

chiede il cameriere. - Per me, un caffè -dico. - E per me, un'acqua .......................... ..

dice l'inglese; poi continua: - Rara­mente prendo qualcosa al bar prima di pranzo: in Italia la cosa ------------------------------.. prima degli spaghetti è mezzo bicchiere di vino.

- Sono d'accordo - rispondo. - Ho trovato ieri un ............................................... . ristorante in centro; la padrona, una ______ __ ___ .......................................................... signora, fa degli spaghetti molto ............................... . e mette sulla tavola un vino ....................... . Vogliamo pranzare insieme?

- Con piacere! Non vedo l'ora di se­dere a tavola. Ho una fame!

Così andiamo verso l'uscita; ma men­tre siamo vicino alla porta: - Signori! Sono 1150 lire!- grida il cameriere.

Diventiamo .......... __________________________________ : il vino e gli spaghetti ci hanno fatto dimen­ticare di pagare il conto.

l'unica l la sola l la prima

l'ultima l la terza l la prossima

sola l seconda l prima

poco l assai l molto

fresca l minerale l naturale

migliore l nuova l facile

nuovo l piccolo l moderno

giovane l brutta l vecchia buoni l amari l dolci nero l generoso l cattivo

neri l rossi l gialli

d) Completare le frasi secondo l'esempio: John viene da Londra, è inglese

1. Pierre viene da Parigi, è _______ , ______________ _

2. Pedro viene da Madrid, è ....................... . l

3. Peter viene da Berna, è ...................... ..

21

Page 25: Leggere Italiano

4. Mirko viene da Belgrado, è ------------------------

5. Helmut viene da Vienna, è ------------------------

6. Franz viene da Bonn, è ------------------------

7. Andreas viene da Atene, è------------------------8. James viene da New York, è _______________________ _

9. Mohammed viene da Teheran, è --~-~'-·"'""-----------10. Masao viene da Tokio, è _______________________ _

11. Alì viene dal Cairo, è------------------------

e) Completare con le preposizioni

1. Usciamo ____________ aula stanchi, ma contenti.

2. Mostro il mio pacchetto ____________ studente.

3. Desidero offrire una sigaretta ____________ studente.

4. Trovo il coraggio ____________ parlare.

5. È la prima volta che viene ............ Italia?

6. Siamo arrivati ............ fondo ____________ scale.

7. Entriamo ............ bar.

8. Raramente prendo qualcosa prima ____________ pranzo.

9. La cosa migliore prima ............ pranzo è mezzo bicchiere ............ vino.

10. Non vedo l'ora ............ sedere ____________ tavola.

11. Così mentre parliamo arriviamo vicino ............ porta.

12. Il vino e gli spaghetti ci hanno fatto dimenticare ____________ pagare il conto.

f) Per completare, coniugare l'infinito proposto

1. È mezzogiorno, il campanello -------------------------------------------------------- suonare

2. (Noi) ------------------------------------------------------------------------ libri e quaderni. chiudere

3. (Noi) ------------------------------------------------------------------------------------ dall'aula. uscire

4. Oggi ---------------------------------------------------------------- molte parole nuove. imparare

5. Uno studente inglese ------------------------------------------------ fumare una volere sigaretta, ma non può.

6. Lo studente non può fumare, perché ------------------------------------------·- finire tutte le sigarette.

7. (lo) -------------------------------------------------------------------- offrire una sigaretta desiderare allo studente.

8. (lo) -------------------------------------------------------- il pacchetto allo studente. mostrare

9. (Noi) ------------------------------------------------------------ le scale dell'Università. scendere

1 O. (Noi) ------------------------------------------------ e ---------------------------------------------------- incontrare - salutare studenti e professori.

11. (lo) ------------------·'·······------------------------------·-·--------------------------------- inglese. essere

22

Page 26: Leggere Italiano

12. (lo) --------------------------------------------------·--------------------------------- da Londra. venire

13. (lo) ------------------------------------------------------------ Venezia l'anno passato. visitare

14. (Noi) ------------------------------------------------------------------------------------·--- nel bar. entrare

15. (lo) -------------------------------------------------------- raramente qualcosa al bar prendere prima di pranzo.

16. Ieri (io) ---------------------------------------------------------------------------- un piccolo trovare ristorante al_ centro.

17. Di solito, la signora -------------------------------------------- degli spaghetti fare molto buoni.

18. (Noi) -----------------------------------------------·---------------------------- verso l'uscita. andare

19. (Noi) di pagare il conto. dimenticare

g) Costruire le domande secondo l'esempio: È mezzogiorno. - Che ore sono?

1. Abbiamo imparato molte parole nuove.-.... -----------------------------------------·---------------------·------------

2. Vengo da Londra. -.... -------------------------------------------------·------------------------------------------------------------------

3. Sono venuto in Italia per studiare la lingua italiana. -.... -------------------------------·---·-------·---·----

4. Ho visitato Venezia, Firenze, Roma, Napoli. -.... --------------------------------------------------------------------

5. Per me un caffè, grazie.-.... -------------------------------------·------------------------------------------------------------------

6. In Italia la cosa migliore prima di pranzo è mezzo bicchiere di vino.-.... --------·-----------

7. Andiamo verso l'uscita. - --------------------------------------------------------------------------------------------------------

t t La padrona di casa

«Signorina, Lei desidera una camera? È fortunata; ho una stanza ancora libera: non è né grande, né piccola ed ha una finestra che dà sulla srrada prin­cipale della città. Non c'è molto traffico fuori e perciò può lavorare tranquilla, perché non si sente rumore. La scuola è a cinque minuti di strada a piedi.

Come vede, una bella luce entra dalla finestra e il pomeriggio la stanza è piena di sole, perché il sole tramonta proprio davanti.

L'aria non manca: siamo all'ultimo piano; e nemmeno il panorama: dalla finestra può vedere quello che vuole.

Lì c'è un tavolino con una sedia e una lampada; a sinistra, un armadio dove può mettere i Suoi vestiti e, in fondo, contro il muro, il letto che mi è molto caro, perché ci ha sempre dormito mio figlio prima di prendere moglie.

C'è poi il termosifone che ora non è acceso, perché già l'aria è calda e così non spende i soldi del riscaldamento.

Come vede, c'è tutto quello che può servire a uno studente che ha voglia di lavorare.

Può consumare tutta la luce che vuole; può studiare anche tutta la notte, se

23

Page 27: Leggere Italiano

ha voglia, e può anche fare un caffè, se Le viene sonno. La cucina è in fondo al corridoio a destra e, a sinistra, c'è la toletta.

Può fare un bel bagno caldo quando vuole durante la settimana. Quando desidera divertirsi, può chiamare amici e amiche e fare tutto il ru­

more che vuole; mi piace l'allegria dei giovani. E poi il padrone dell'apparta­mento di sotto non ci sente molto.

Per l'affitto, ci mettiamo d'accordo. Preferisco guadagnare di meno ed avere in casa una persona simpatica come Lei che mi fa compagnia ... ».

Già, ma tutto questo non è altro che un sogno.

a) Completare scegliendo fra le proposte

«Signorina, Lei desidera una ------------? È fortunata; ho una stanza ancora libera: non è né grande, né piccola ed ha una ---------------------------------------------------------------- che dà sulla ------------------------------------ principale della

Non c'è molto -----------------------------------------------­e perciò può lavorare tranquilla, perché non si sente ----------------------------------------------------

La ---------------------------------------------------------------­è a cinque -------------------------------------------------------­di strada ------------------------------------------------------------

Come vede, una bella ---------------------------­entra dalla finestra e il --------------------------------la ________________________________________________________ è piena di

---------------------------------------------------- perché il sole tramonta proprio davanti.

L'-------------------------------------------- non manca: siamo all'ultimo ____________________________________________ ;

e nemmeno il ------------------------------------------------­dalla finestra può vedere quello che vuole.

Lì c'è un -------------------------------------------- con una ------------------------------------ e una lampada; a si n i stra un ---------------------------------------------------­dove può mettere i Suoi -------------------------------­e, in fondo, contro il -----------------------------------­il letto che mi è molto caro, perché ci ha sempre dormito mio -----------------------------------­prima di prendere --------------------------------------------

C'è poi il -------------------------------------------- che ora non è acceso, perché già l'-------------------­è calda e così non spende i -----------------------­del riscaldamento.

Come vede, c'è tutto quello che può servire a uno ----------------------------------------------------che ha voglia di lavorare.

24

sedia l camera l pasta

finestra l tavola l lampada piazza l chiesa l campagna città l montagna l strada traffico l rumore l freddo

rumore l caldo l freddo aula l albergo l scuola minuti l ore l giorni in piedi l a piedi l con i piedi luce l ragazza l giornata sera l notte l pomeriggio bottiglia l casa l stanza sole l vino l acqua

musica l aria l acqua piano l giorno l passo tema l panorama l problema

vaso l giornale l tavolino rosa l rivista l sedia vaso l pacco l armadio libri l regali l vestiti albero l auto l muro

nonno l figlio l collega pensione l moglie l borsa stufa l fuoco l termosifone acqua l aria l aula giorni l soldi l passi

ESERCIZI

studente l operaio l impiegato

Page 28: Leggere Italiano

Può consumare tutta la -----------------------­che vuole; può studiare anche tutta la ---------------------------------------------------- se ha voglia, e può anche fare un ------------------------------------se Le viene --------------------------------------------------------La cucina è in fondo al -------------------------------­a destra e, a sinistra, c'è la toletta.

Può fare un buon ....................................... . caldo quando vuole durante la settimana.

Quando desidera divertirsi, può chia-mare--------·-----·····---·····--·······-·-------·-·····--······--······

e fare tutto il rumore che vuole; mi piace l'-····-····--····----···--·-··-----·····-----------······-······--·-····-----

dei giovani. E poi il ····--------······----------·--------------------------·

dell'appartamento di sotto non ci sente molto.

Per l' ---·----······--------·----·-------- ci mettiamo d'accordo. Preferisco guadagnare di meno ed avere in casa una ---·---·------·------··· simpatica come Lei che mi fa ................ ».

Già, ma tutto questo non è altro che un -----------·----····----------------·-----------·------·----------------

b) Completare scegliendo fra le proposte

«Signorina, Lei desidera una camera? È ------·-················-·······--·················-·········-······-···· ho una stanza ancora .................................. .. non è né -···-····-------·······- né -----------------·------···-ed ha una finestra che dà sulla strada ---·-------------·---····-------------·············--·-------------- della città. Non c'è ------------------------------------traffico fuori e perciò può lavorare ----------------·------­perché non si sente rumore. La scuola è a cinque minuti di strada a piedi.

Come vede, una -------------------·-------- luce entra dalla finestra e il pomeriggio la stanza è _______________________________________________________________ _

di sole, perché il sole tramonta proprio davanti.

L'aria non manca: siamo all' _______________ _ piano; e nemmeno il panorama: dalla finestra può vedere quello che vuole.

Lì c'è un tavolino con una sedia e una lampada; a sinistra, un armadio dove può mettere i ---------------------------------------- vestiti e, in fondo, contro il muro, il letto che mi è molto --------·-------------------------·-------------, perché ci ha sempre dormito ----------------·-----·- figlio prima di prendere moglie.

corrente l luce l benzina

notte l settimana l sera passeggiata l rumore l caffè noia l sete l sonno strada l corridoio l marciapiede

tè l viaggio l bagno

vecchi e giovani l grandi e piccoli l amici e amiche

allegria l amicizia l fortuna

signore l uomo l padrone

spesa l affitto l stipendio

quadro l persona l musica forza l un favore l compagnia

sogno l speranza l sorpresa

fortunata l bella l forte occupata l pronta l libera alta, bassa l grande, piccola

principale l scura l nascosta gran l molto l buon preoccupata l preparata l tranquilla

bella l piena l debole

vuota l aperta l piena

terzo l primo /ultimo

miei l Suoi / loro

simpatico l caro l vicino vostro l mio l tuo

25

Page 29: Leggere Italiano

C'è poi il termosifone che ora non è ----------------------------------------· perché già l'aria è ---------------------------------------- e così non spende

i soldi del riscaldamento. Come vede, c'è ---------------------------------------­

che può servire a uno studente che ha voglia di lavorare.

Può consumare ------------------------ la luce che vuole; può studiare anche -------------------­la notte, se ha voglia, e può anche fare un caffè, se Le viene sonno. La cucina è in fondo al corridoio a destra e, a sini­stra, c'è la toletta.

Può fare un bel bagno ---------------------------­quando vuole durante la settimana.

Quando desidera divertirsi, può chia­mare amici e amiche e fare ------------------·----­il rumore che vuole; mi piace l'allegria dei giovani. E poi il padrone dell'appar­tamento di sotto non ci sente molto.

Per l'affitto ci mettiamo d'accordo. Preferisco guadagnare di meno ed avere in casa una persona -----------------------------------· come Lei che mi fa compagnia».

Già, ma tutto questo non è altro che un sogno.

c) Rispondere alle domande

1. Che cosa desidera la signorina?

acceso l uscito l entrato aperta l calda l fredda

qualche l ogni l tutto quello

alcuna l tutta l nessuna tutta l ogni l molta

cotto l caldo l crudo

quello l tutto l ogni

ricca l buona l simpatica

2. Come è la stanza? ------------------------------------·-----·----------------------------------------------···································

3. Dove dà la finestra? -------------------------------------------------------·----------------------------------------------------------------

4. Perché la signorina può lavorare tranquilla? ----------------------------------------------------------------------------

5. La scuola è lontana o vicina? --------------------------------------------------------------------------------------------------------

6. Che cosa entra dalla finestra?

7. Come è la stanza il pomeriggio? ------------------------------------------·--------------------------········--------·--------···

8. A quale piano è la camera? -------------------------------------------------------------------------------------------------·-·--------

9. Che cosa si può vedere dalla finestra?

10. Che cosa c'è nella stanza? ---------------------------------------------------------------------------·------------------------------··

11. Che cosa c'è a si n i stra? ------------------------------------------------------·---------------------------------------------------------

12. Che cosa c'è in fondo alla camera? -------------------------------------------------------------------------------------------·

13. Che cosa può mettere nell'armadio? ----------------------------------------------------------------------------------------

14. Perché il letto è molto caro alla padrona di casa? ----------------------------------------------------------------

15. Perché il termosifone è spento?

16. Quanta luce può consumare la signorina? --------------------------------------------------------------------------------

17. Che cosa può fare la signorina, se ha voglia? ------------------------------------------------------------------------

26

Page 30: Leggere Italiano

18. Che cosa può fare la signorina, se le viene sonno?

19. Dov'è la cucina? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

20. Che cosa può fare la signorina, durante la settimana? --------------------------------------------------------

21. Che cosa può fare la signorina, quando desidera divertirsi?

22. Che cosa piace alla padrona di casa? ----------------------------------------------------------------------------------------

23. Il padrone dell'appartamento di sotto ci sente molto o poco? --------------------------------------------

24. Che cosa preferisce la padrona di casa? --------------------------------------------------------------------------------

25. Che cos'è tutto questo? ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------

d) Completare con le preposizioni

1. La finestra ____________ stanza dà ____________ strada principale.

2. La scuola è ............ cinque minuti ____________ strada ____________ piedi.

3. Una bella luce entra ____________ finestra.

4. La stanza è piena ____________ luce.

5. È il letto dove ha sempre dormito mio figlio prima ------------ prendere moglie.

6. È uno studente che ha voglia ............ lavorare.

7. La cucina è ............ fondo ............ corridoio ............ destra.

8. C'è tutto quello che può servire ............ uno studente.

9 . ............ sinistra, c'è la toletta.

12 Un grande amore

Guardo il suo corpo bello e il suo colore biondo che mi invitano. Ha un collo lungo ed elegante.

Non posso vivere senza di lei. Mi accompagna in macchina; mi guarda quando sono al mio tavolo di la­

voro; mi sta sempre davanti quando sono al ristorante. Quando cammino è qui sempre vicino a me e di nascosto la tocco e la

stringo. Sento il suo caldo e la sua passione. I suoi baci sono di fuoco. Quando avvicino la mia bocca alla sua, il respiro

si fa grosso, chiudo gli occhi e sogno; sogno e immagino un mondo pieno di gioia. La felicità entra nella mia anima. I suoi baci sono diventati un'abitudine che non p1.1ò, non deve mancare.

La sera, quando vado a letto, mi segue. Chiudo gli occhi e subito li riapro per essere sicuro che è ancora lì, che non mi ha abbandonato. Muovo la mano per cercarla, per sentirla.

Mentre dormo la sogno e sono felice. La mattina il primo saluto, il primo bacio, sono per lei. È lei la mia forza,

la mia voglia di vivere. Con lei vicino non ho paura di nulla: comincio la mia giornata tranquillo e sicuro.

27

Page 31: Leggere Italiano

La prendo per uscire, ... ma ahimè, ... devo fermarmi... È una cosa terribile. All'improvviso si mostra diversa, stanca. No!, nessuna pena. Ho capito.

L'ho amata troppo; l'ho troppo tenuta al mio fianco, alle mie labbra. Ora è vuota ... Mi fermo. Ne compro un'altra. Il padrone della bottega qui di fronte lo sa: - Ecco la sua solita bottiglia di vino bianco!

a) Rispondere alle domande

ESERCIZI

1. Che cosa guardi? -----------------------------------·---········-·-··-···-·-··-··········--········--············----·--········-·--·-·······

2. Come è il suo corpo? ----········----·······----··········--·-······-·--···········-···-·····-·----···········-····-···············

3. Come è il suo colore? ·····-··-········-········-············---···········--·-···········--··-········--·-·-··········--·················

4. Che cosa fanno il suo colore biondo e il suo corpo bello? ······-············-··········-·················

5. Come è il suo collo? ···································-············--·········-··-············-····-·········-··-··-················-······

6. Che cosa fa quando sei al tuo tavolo di lavoro? ······················-··-··································--······

7. Quando tu cammini lei dov'è? -··········---··················································--··································

8. Che cosa senti? ·--·······················-··-·······-·-············--··········---··············--·········-···················-···--··········

9. Come sono i suoi baci?

10. Che cosa immagini quando sei con lei? ·················-·-·-······························-···········-··-················

11. Che cosa sono diventati per te i suoi baci? -············-··-·········-·················-·······························

12. Quando vai a dormire di che cosa hai paura? ·····-·-·········---·-·············-·--------··········-··----··-·······

13. La mattina quando ti svegli che cosa fai? ····················································-····················--·····

14. Che cosa è lei per te? ·-··-······-·············-···········-··-········-··-··················-···----··-················--················

15. Come cominci la tua giornata? ··················-········-·-··········-·············---·-·-··············-·--················--···

16. Ma come si mostra all'improvviso? -······----·······---·········-·-····-······---·--·······---·--···················--········

17. Perché si mostra diversa? -···········-····················-··-········-················-············--··-··················-·--······

18. Che cosa fai, allora? --········-·-········----··-······----············-····-·--·-········-·----·-········-··----····-·······-----·-·--······

19. Che cosa dice il padrone della bottega? ·-·--···········-·······-··--············-····-·········-·-······················-··

b) Completare le frasi

1. Guardo il suo corpo bello e il suo colore biondo che····-··········---·-······················-·····

2. Ha un collo lungo ed···--·······--·····-·--·

3. Non posso vivere senza ········--······--······

4. Mi accompagna in---·····---·····--·-····

5. Mi guarda quando ·······-··--······--·····--·--'···--·····-·--···

6. Mi sta sempre davanti quando sono ····---·-·····-··········-··········-··-·-······

7. Quando cammino è qui--·····--···········-······-····---······--·····

8. E di nascosto········-····························-··-····-··

28

Page 32: Leggere Italiano

9. Sento ------------------------------------------------10. l suoi baci sono _______________________ _

11. Quando avvicino la mia bocca alla sua------------------------------------------------

12. Chiudo gli occhi e------------------------

13. Sogno e immagino ------------------------------------------------

14. La felicità entra------------------------------------------------

15. l suoi baci sono diventati un'abitudine che -------·----------------------------------------16. La sera, quando vado a letto, _______________________ _

17. Chiudo gli occhi e subito li riapro per ------------------------------------------------

18. Muovo la mano per------------------------------------------------

19. Mentre dormo la sogno e ----·-------------------------------------------

20. È lei la mia------------------------

21. Con lei vicino------------------------------------------------

22. Comincio la mia giornata----·-------------------------------------------

23. La prendo per ------------------------

24. È una cosa ------------------------25. Ora è _______________________ _

26. Ne compro ------------------------

27. Il padrone della bottega------------------------

28. Ecco la sua solita ------------------·-----------------------------

c) Completare con i pronomi

Guardo il suo corpo bello e il suo colore biondo che ____________ invitano. Ha un collo lungo ed elegante.

Non posso vivere senza di ___________ _ ------------ accompagna in macchina; ____________ guarda quando sono al mio tavolo di lavoro;

------------ sta sempre davanti quando sono al ristorante. Quando cammino è qui sempre vicino a ____________ e di nascosto -----·------ tocco e ___________ _

stringo. Sento il suo caldo e la sua passione. l suoi baci sono di fuoco. Quando avvicino la mia bocca alla ____________ , il respiro si fa

grosso, chiudo gli occhi e sogno; sogno e immagino un mondo pieno di gioia. La felicità entra nella mia anima. l suoi baci sono diventati un'abitudine che non può, non deve mancare.

La sera, quando vado a letto, ____________ segue. Chiudo gli occhi e subito ____________ riapro per essere sicuro che è ancora lì, che non ____________ ha abbandonato. Muovo la mano per cercar. ___________ , per sentir. __________ _

Mentre dormo ____________ sogno e sono felice. La mattina il primo saluto, il primo bacio, sono per ____________ È ------·----- la mia forza, la

mia voglia di vivere. Con -----------· vicino non ho paura di nulla: comincio la mia giornata tranquillo e sicuro.

------------ prendo per uscire, ... ma ahimè, ... devo fermar ____________ È una cosa terribile. ------------ ho amata troppo; ____________ ho troppo tenuta al mio fianco, alle mie labbra.

Ora è vuota. ____________ fermo. ____________ compro un'altra. Il padrone della bottega qui di fronte ____________ sa: - Ecco la sua solita bottiglia di vino bianco!

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Page 33: Leggere Italiano

d) Completare con le preposizioni

1. Non posso vivere senza ____________ lei.

2. Mi accompagna ____________ macchina.

3. Mi sta davanti quando sono ____________ ristorante.

4. Quando cammino è qui vicino ____________ me.

5. l suoi baci sono ____________ fuoco.

6. Avvicino la mia bocca ____________ sua.

7. La felicità entra ____________ mia anima.

8. Muovo la mano ____________ cercarla.

9. È lei la mia voglia ____________ vivere.

10. Con lei vicino non ho paura ____________ nulla.

11. L'ho troppo tenuta ____________ mio fianco.

13 Il vestito per la festa

Franco Luciano Franco Luciano

Come sei elegante stamattina! Dove hai trovato questo vestito? L'ho trovato ai grandi magazzini 1.

Franco

Luciano

Franco

Luciano Franco

Ti sta veramente bene e anche il colore mi piace. Quanto costa? Non molto: 150.000 lire. Ai grandi magazzini tutto è a buon mercato. Ma vedo che anche tu hai un paio di scarpe nuove. Sì, sono all'ultima moda. Le ho comprate in un negozio del centro. Sono molto care. Gli abitanti di questa città, specialmente i giovani, sono molto eleganti. Non possiamo fare brutta figura. Già, ma per essere eleganti e per fare bella figura dobbiamo anche spendere molti soldi. Ti faccio una proposta: devo andare alla festa di Maria, ma il mio vestito è vecchio. Se tu mi presti oggi il tuo vestito, domani io ti pre­sto le mie scarpe. La proposta mi piace, ma non posso accettarla. Perché?

Luciano Perché il vestito non è mio, è di Tommaso che ho incontrato proprio ieri ai grandi magazzini.

1 grandi magazzini: department stores, grands magasins, Kaufhaus, grandes almacenes.

a) Completare con le parole di Luciano

Franco Luciano Franco

30

Come sei elegante stamattina! Dove hai trovato questo vestito?

Ti sta veramente bene e anche il colore mi piace. Quanto costa?

ESERCIZI

Page 34: Leggere Italiano

Luciano Franco Sì, sono all'ultima moda. Le ho comprate in un negozio del centro. Sono molto

care. Gli abitanti di questa città, specialmente i giovani, sono molto eleganti. Non possiamo fare brutta figura.

Luciano Franco Ti faccio una proposta: devo andare alla festa di Maria, ma il mio vestito è vec­

chio. Se mi presti oggi il tuo vestito, domani io ti presto le mie scarpe. Luciano Franco Luciano

Perché?

b) Completare con le parole di Franco

Franco Luciano L'ho trovato ai grandi magazzini. Franco ·····-----------············-··-···········--·························-·----··································-·--·--···················-··············· Luciano Non molto: 150.000 lire. Ai grandi magazzini tutto è a buon mercato. Ma vedo

che anche tu hai un paio di scarpe nuove. Franco Luciano Già, ma per essere eleganti e per fare bella figura dobbiamo anche spendere

molti soldi.

La proposta mi piace, ma non posso accettarla. Franco Luciano Franco Luciano Perché il vestito non è mio, è di Tommaso che ho incontrato proprio ieri ai

grandi magazzini.

14 Una strana visita

Nella casa c'è silenzio. Sono solo. Leggo un libro non molto interessante e spesso chiudo gli occhi pieni di sonno. Dalla radio viene una vecchia e noiosa canzone.

All'improvviso sento bussare forte alla porta. Mi alzo; lascio il libro aperto sulla poltrona e vado ad aprire. Un signore alto, magro, mi guarda fisso negli occhi per un po' di tempo e, senza aspettare il mio invito, entra.

Non lo conosco; non l'ho mai visto prima e non riesco ad immaginare cosa voglia da me.

- Signore, mi scusi, che cosa desidera? Nessuna risposta. - Prego, chi è Lei, e cosa viene a fare a casa mia? Egli continua a guardarmi dalla testa ai piedi con grande attenzione. - Le assicuro, signore, che ha sbagliato appartamento; io non ho il pia­

cere di conoscerLa. Ancora silenzio. Il signore guarda intorno per essere sicuro che in casa sono solo. Poi

prende dalla borsa un pacchetto e me lo dà; se ne va rapidamente senza salu-

31

Page 35: Leggere Italiano

tare. Lo guardo mentre si allontana. Resto a bocca aperta e non trovo le parole per fermarlo.

* * *

Sono già tre giorni e tre notti che non mangio e non dormo. Fumo tante sigarette e prendo solo caffè. Passo ore e ore seduto davanti al tavolo dove ho messo il pacchetto. Questa situazione, ho capito, durerà fino a quando non troverò il coraggio

di aprirlo.

ESERCIZI

a) Rispondere alle domande

1. Chi c'è in casa?

2. Come è la casa? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

3. Che cosa fai? ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

4. Come è il libro? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

5. Che cosa ascolti? ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

6. Cosa succede all'improvviso? --------------------------------------------------------------------------------------------------------

7. Dove lasci i l libro? ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

8. Come lo lasci? ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

9. Chi ha bussato? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

10. Come è il signore? ------------------------------------------------------------·----------------------------------------------------------------

11. Che cosa fa il signore? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

12. Come ti guarda? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

13. Perché il signore guarda intorno? ------------------------------------------------------------------------------------------------

14. Cosa prende dalla borsa? ------------------------------------------------------------------------------------------------------------

15. A chi dà il pacchetto? ---------------·----------------------------------------------------------------------------------------------------

16. Che cosa fa dopo? ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

17. E tu cosa dici? ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

18. Che cosa fai da tre giorni? ------------------------------------------------------------------------------------------------------------

19. Quanto durerà questa situazione? ------------------------------------------------------------------------------------------------

b) Mettere al passato secondo l'esempio: Nella casa c'è silenzio - Nella casa c'era silenzio

c) Rispondere alle domande

1. Eri a casa ieri pomeriggio verso le quattro? ------------------------------------------------·---------------------------

2. Chi c'era con te? ----------------------------------------------------------------·---------------------------------------------------------------

32

Page 36: Leggere Italiano

3. Che cosa facevi? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

4. Hai sentito bussare; chi era? --------------------------------------------------------------------------------------------------------

5. Come era? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

6. Che cosa faceva il signore? ------------------------------------------------------------------------------------------------------------

7. Per quanto tempo ti ha fissato? ----------------------------------------------------------------------------------------------------

8. Come ti guardava il signore? --------------------------------------------------------------------------------------------------------

9. L'avevi visto prima da qualche parte? ----------------------------------------------------------------------------------------

10. Che cosa voleva da te? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

11. Gli hai domandato che cosa desiderava? --------------------------------------------------------------------------------

12. E lui che cosa ti ha risposto? --------------------------------------------------------------------------------------------------------

13. Gli hai detto che forse aveva sbagliato appartamento? --------------------------------------------------------

14. E lui?

15. Poi, che cosa ha fatto? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

16. Ti ha detto che cosa c'era nel pacchetto? --------------------------------------------------------------------------------

17. Dove hai messo il pacchetto? --------------------------------------------------------------------------------------------------------

18. Quanto durerà questa situazione? ------------------------------------------------------------------------------------------------

15 Lo studente che mi saluta sempre cwVC\v'lti

Ieri ho conosciuto lo studente della casa di fronte: lo studente che incontro spesso ..rua:,. la strada e che mi saluta sempre.

L'ho visto al bar; anche lui mi ha visto e subito mi ha invitato al suo ta­volo. Io ho accettato il suo invito e l'ho ringraziato.

Abbiamo parlato del più e del meno, poi il discorso è caduto sulla lingua italiana. Così ho preso la mia grammatica, l'ho aperta e ho cercato un esercizio routtosto difficile; l'ho trovato e l'abbiamo fatto insieme.

Ho scoperto con piacere che lo studente è molto bravo, che conosce molto bene la grammatica italiana e che è simpatico. Ora che ; ci siamo conosciuti, abbiamo deciso di incontrarci ancora. -c.ì .

ESERCIZI

a) Mettere al plurale secondo l'esempio: ~li studenti che ci salutano sempre

b) Rispondere a queste domande personali

1. Chi hai conosciuto in questa città? --------------------------------------------------------------------------------------------

2. Dove l'hai conosciuto? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

3. Vi incontrate spesso o poche volte? --------------------------------------------------------------------------------------------

33

Page 37: Leggere Italiano

4. Dove vi incontrate?

5. Dove andate quando state insieme? --------------------------------------------------------------------------------------------

6. Di che cosa parlate? ---------------------·------------··----------·-------------------·---------------------------------------------------··

7. Che cosa studiate insieme? ·-------------------------···------------·----------------··-----------------------------·------------------

8. Come sono i tuoi amici?

16 La partita

Non ho voluto prendere appuntamenti; ho raccontato una bugia al capo e non sono andato con lui al concerto; ho fatto uscire mia moglie con i figli, in macchina, contro ogni regola di prudenza (non mando mai mia moglie sola, in macchina, con i figli). Sono così passato sopra ai doveri di amico e di padre di famiglia. Ho fatto tutto questo, perché oggi l'Italia gioca contro il Brasile e ·la partita è trasmessa per televisione.

Sono le 14 e 50 minuti. Mancano cinque minuti al grande momento. Io sono pronto: le sigarette sono sufficienti e sono al loro posto, vicino a me, fe­deli amiche nei momenti importanti; c'è anche la bottiglia del cognac per aiu­tare il cuore, se ci sarà bisogno. Controllo ancora un'ultima volta: sigarette, fiammiferi, posacenere dalla parte e alla distanza giusta, bottiglia, bicchiere. Tutto è a posto.

Comincia l'incontro. Con la palla che parte per la sua corsa pazza si aprono tutte le mie speranze.

Passa tra gioie e paure il primo tempo. Nulla di fatto: siamo ancora zero a zero. Per quarantacinque minuti ho gridato, ho sofferto, ho mangiato unghie e fazzoletti.

Secondo tempo. Le due squadre si affrontano con forze nuove; c'è odore di goal nell'aria.

Suonano alla porta. Vado di corsa ad aprire, pronto a riprendere il mio po­sto; ma è la signora dell'appartamento accanto che ha finito lo zucchero e che mi domanda se sono gentile, ma tanto gentile da prestarle non molto, appena un poco, solo un poco di zucchero, basta una tazza, ma non una grande, una piccola e domani senz'altro, posso stare sicuro, domani me la ridarà. Mentre getto mezzo chilo di zucchero nella tazzina, dalla sala arriva alle mie povere orecchie il grido che annuncia il goal.

Saluto la signora con un sorriso triste. Lei si scusa per avermi disturbato ed io le dico che non mi ha affatto disturbato e che non deve fare complimenti. La porta che chiudo alle sue spalle serve a salvarla da mille pensieri cattivi che le invio e che non posso dire.

Così perdo l'unico goal della partita. Comincio a capire quelli che uccidono per motivi considerati di poca importanza.

34

Page 38: Leggere Italiano

ESERCIZI

a) Completare

Non ho voluto ............ appuntamenti: ho raccontato ............ bugia al capo ............ non sono andato ____________ lui al concerto: ............ fatto uscire mia ···--·-····· con i figli, ____________ mac-china, contro ogni ·-----···-·· di prudenza (non ............ mai mia moglie ............ , in macchina con ____________ figli). Sono così passato sopra ai doveri ............ amico e di padre di ____________ Ho fatto tutto ____________ perché oggi l'Italia ............ contro il Brasile e ·---·------- partita è trasmessa ____________ televisione.

Sono--------···· 14 e 50------------ Mancano cinque minuti----------·· grande momento. lo ___________ _ pronto: le sigarette ____________ sufficienti e sono -------····· loro posto, vicino, ____________ me, fedeli amiche ··----···--· momenti importanti; c'è ____________ la bottiglia del ____________ per aiutare il ____________ , se ci sarà ............ Controllo ancora una ............ : sigarette, fiammiferi, posacenere ___________ _ parte e alla ............ giusta, bottiglia, ____________ Tutto è a ___________ _

Comincia l'incontr~. Con ·-------·-·· palla che parte ............ la sua corsa ······--·--- si aprono tutte ____________ mie speranze.

Passa tra ····-------- e paure ____________ primo tempo. Nulla ____________ fatto: siamo ancora ___________ _ a zero. Per ____________ minuti ho gridato, ____________ sofferto, ho mangiato ____________ e fazzoletti.

Secondo ____________ Le due squadre ____________ affrontano con forze ____________ : c'è odore di ............ nell'aria.

Suonano ____________ porta. Vado di ____________ ad aprire, pronto ____________ riprendere il mio ____________ ; ma è la ____________ dell'appartamento accanto ·····-····-- ha finito lo ____________ e che mi ____________ se sono gentile, ____________ tanto gentile da ____________ non molto, appena ____________ poco, solo un ____________ di zucchero, basta ----------·- tazza, ma non ____________ grande, una piccola ····-------- domani senz'altro, ____________ stare sicuro, domani ____________ la ridarà. Mentre ___________ _ mezzo chilo di -····------- nella tazzina, dalla ------------ arriva alle mie ____________ orecchie il grido ____________ annuncia il goal.

------------ la signora con ____________ sorriso triste. Lei ____________ scusa per avermi ____________ ed io le ------------ che non mi ____________ affatto disturbato e ____________ non deve fare ____________ La porta che --·····--··· alle sue spalle ____________ a salvarla da ____________ pensieri cattivi che ---·-------- invio e che non ____________ dire.

Così ·····-··-·-- l'unico goal della ............ Comincio a capire ............ che uccidono per -·····---··· considerati di poca ........... .

b) Rispondere alle domande

1. Quel signore che cosa ha raccontato al suo capo? ----------------------------------------------·-····------------

2. Dove doveva andare con lui? ··-·····-·--···--············-----------------------·----··-·----·--···-------------------------·-···-·-

3. È uscito o è rimasto a casa? ·····-··--·-······-···················-----------------------------------·---------·-··-····------------

4. Perché non è andato al concerto? ----------------------·----·--·------------·-··-------·-·-···-····--------------------------

5. Chi ha fatto uscire il signore? -------------------------------------------------------------·--·-·-··-···-··-··-·----------------------

6. Con che cosa è uscita sua moglie? --·-········----------------···------------------------·-··-····-··--···--·-···-···-··------

7. Con chi è uscita? --------------·---·-----·---------------------------···········-····-·-·----·-·····-······-----------------------

8. A che ora comincia la partita Italia-Brasile? ···············-·-····-·-··-·········--·······-···--------------------------

9. Che cosa ha preparato?

10. Perché ha preparato anche la bottiglia del cognac? ···-----------·-··-········----···--·········--------·-····-

11. Che cosa ha fatto durante il primo tempo? ·-·-···-·····---·······-···············-----····-------·-······-------·-···-

35

Page 39: Leggere Italiano

12. Qual è il risultato del primo tempo? --------------------------------------------------------------------------------------------

13.

14.

15.

Chi suona alla porta?

Che cosa vuole la signora dell'appartamento accanto? -------------------------------------------------------­

Dove mette lo zucchero il signore? --------------------------------------------------------------------------------------------

16. Quanto zucchero le dà? ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------

17. Che cosa sente il signore mentre dà lo zucchero alla signora? ----------------------------------------

18. Che cosa annuncia il grido? --------------------------------------------------------------------------------------------------------

17 Cristoforo Colombo (1451-1506)

«Arrivare a levante 1 andando verso ponente 2 », ecco l'idea fissa di Cristo­foro Colombo.

Egli ha in mente un difficile progetto: pensa di giungere alle Indie attra­verso una via più pericolosa di quella seguita finora, ma, secondo lui, molto più breve: «arrivare a levante andando verso ponente».

Non è facile per uno straniero come Colombo farsi ricevere dal Re di Spa­gna.

Il primo maggio 1486 è per Colombo il giorno più bello della sua vita: la regina 3 Isabella vuole parlare con lui e promette il suo aiuto.

Soltanto molto più tardi riesce a partire con tre navi e non più di cento uomini. Per giorni e giorni: cielo e acqua, acqua e cielo. Molti uomini hanno paura:

- Quell'italiano ci vuole portare alla morte! Perché non tornare indietro? Ma Colombo è ancora certo di trovare nuove terre. Proprio nel momento in cui gli uomini non vogliono più andare avanti,

Colombo vede sull'acqua il ramo in fiore di un albero: la terra deve ormai es­sere vicinissima.

Tre giorni dopo, alle due del mattino del 12 ottobre 1492, dalla Pinta si alza una voce:

- Terra! Terra! Colombo piange e prega. Sì, è davvero la terra, questa volta. Cristoforo Colombo ha vinto.

1 levante: east, est, Osten, levante. 2 ponente: west, ouest, Westen, poniente. 3 regina: Queen, reine, Konigin, reina.

18 Rustico

Rustico è buono e bravo; non è nemmeno capace di far male all'erba dove cammina; mantiene la parola data; fa la carità. Eppure la gente non gli vuole bene.

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Page 40: Leggere Italiano

Ma perché? Attenzione, cari amici. Rustico non è per niente elegante. I suoi vestiti sono sempre sporchi e rotti, anche se ha soldi per comprarne dei nuovi.

Non dice bugie, ma sempre la verità; e per esempio è capace di dirti in faccia: - Che brutto aspetto che hai!. .. -, oppure: - Ho visto un uomo pic­colo e brutto come te!. .. -, oppure: - Come devi vederci poco tu, che sei senza un occhio! ... -.

Certi giorni è allegro e pieno di vita; altre volte è silenzioso, nero, chiuso. Se ti spinge o ti fa male a un piede, non ti dice nemmeno: - Scusa -; se

gli fai un piacere, non ti sa dire nemmeno: - Grazie -; se ti incontra, non ti dà né il «Buon giorno», né la «Buona sera»; se gli porti la notizia che qual­cuno lo saluta, è capace di risponderti: - Non me ne importa niente -; se cominci un discorso, nemmeno ti ascolta; se gli parli, è lontano cento chilome­tri; poi all'improvviso ti domanda: - Che? Cosa hai detto?

Sul più bello ti interrompe e ti risponde una cosa per l'altra. Se poi è lui che racconta, non sa mai venire al «dunque», e le parole gli

restano sempre sulla punta della lingua, e dice: - Quel tale ... , come si chiama ... , di quel paese ... , aiutami a dirlo ...

A casa sua fa sempre un gran rumore e se qualcuno cerca di fargli capire che disturba i vicini, risponde: - Sono in casa mia e posso fare quello che voglio!

È in mezzo alla gente? Spinge l'uno o l'altro per essere davanti a tutti. Ha promesso di venire e ha dato un appuntamento? Si fa aspettare per

delle mezze ore. Gli presti un libro? Non lo rivedrai più. Proponi di andare a destra? Egli vuoi girare a simstra. Vede che vai verso il fiume? No, lui vuole andare verso il monte. A tavola durante il pranzo comincia a parlare di morti, di malattie, di inci-

denti e di altre cose di cattivo gusto. Leggi un libro, un giornale? Te lo prende subito per guardarlo prima di te. Hai in mano una lettera? Ci getta un occhio anche lui. In treno occupa sempre il posto migliore. Quando arriva l'ascensore, entra per primo. Anche quando fa del bene, non è gentile. Se qualche volta fa buone cenette con il vino migliore, i suoi amici non

vanno volentieri da lui, perché non li accoglie mai con il sorriso dell'ospite, che è il piatto più buono.

Il suo giardino è pieno di fiori meravigliosi: forse che le sue cugine ne hanno mai avuto uno?

In mezzo al giardino, poi, c'è un albero di mele; ebbene, le lascia cadere tutte.

Un giorno ne ha regalate tre o quattro a un suo nipotino e le ha accompa­gnate con le parole: - Tieni, tanto io non so cosa farmene ...

Libera riduzione da Cesare Cantù ( 1804- 1895)

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Page 41: Leggere Italiano

ESERCIZI

a) Rispondere alle domande

1. Come è Rustico? --------------------------------------········----------------------------------------------------------------------------------

2.

3. Fa del male o del bene? ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Mantiene la parola data o dice le bugie?

4. Aiuta le altre persone o pensa solo a sé? --------------------------------------------------------------------------------

5. La gente gli vuole bene o male? ------------------------------------------------------------------------------------------------

6. Rustico è elegante o disordinato? ------------------------------------------------------------------------------------------------

7. Come sono i suoi vestiti? ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------

8. È povero o ricco? ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

9. È sempre allegro o triste? ------------------------------------------------------------------------------------------------------------

10. Chiede scusa quando disturba qualcuno o non dice niente? --------------------------------------------

11. Se gli presti un libro, te lo restituisce subito o non lo rivedi più? ------------------------------------

12. Se gli chiedi un piacere, te lo fa volentieri? ----------------------------------------------------------------------------

13. Se leggi un libro o un giornale che cosa fa lui? --------------------------------------------------------------------

14. Quando è in treno come si comporta con una signora?

15. Quando arriva l'ascensore sta in fila o passa davanti a tutti? --------------------------------------------

16. l suoi amici vanno volentieri a cena da lui? ----------------------------------------------------------------------------

17. Come è il suo giardino?

b) Indicare con V o F se la frase è vera o falsa

1. Rustico è cattivo. ___________ _

2. Rustico mantiene la parola data. ___________ _

3. Non fa la carità. ___________ _

4. La gente gli vuole bene. ___________ _

5. Non è per niente elegante. ___________ _

6. l suoi vestiti sono sporchi e rotti. ___________ _

7. Non ha soldi per comprare nuovi vestiti. ___________ _

8. Non dice bugie, ma sempre la verità. ___________ _

9. È sempre triste e stanco. ___________ _

10. Se ti spinge o ti fa male a un piede ti chiede scusa. ___________ _

11. Se gli fai un piacere non ti ringrazia. ___________ _

12. Quando ti incontra ti saluta. ___________ _

13. Quando gli parli non ti ascolta. ___________ _

14. Rustico ha buona memoria. ___________ _

15. A casa sua fa sempre un gran rumore. ___________ _

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Page 42: Leggere Italiano

16. Quando dà un appuntamento non si fa aspettare. ···---------

17. Non restituisce gli oggetti che riceve in prestito. ___________ _

18. A tavola parla sempre di argomenti di cattivo gusto. ___________ _

19. 1 suoi amici vanno volentieri a cena da lui. ___________ _

19 Mario e Luisa vanno al cinema

Mario Vuoi venire al cinema con me? Luisa Se mi porti a vedere un bel film, volentieri. Mario AI cinema « Odeon» c'è un film giallo. Ti piacciono i film gialli? Luisa I film gialli non mi piacciono molto: preferisco quelli di amore o i we-

stern. Mario Ma questo film è di Hitchcock. Luisa Davvero? Mario Sì, certamente. È il suo ultimo film; è un successo. Luisa Anche se non mi piace vedere i film gialli, questo di Hitchcock non vo-

glio perderlo. Mario Io ho visto tutti i suoi film, dal primo all'ultimo. Luisa A quale spettacolo andiamo? Mario Andiamo al primo spettacolo che comincia alle 16; ma dobbiamo arri­

vare molto prima, per non fare una lunga fila per i biglietti e per essere sicuri di vedere il film dall'inizio. Verrò a prenderti a casa alle 15.

Luisa Non ti devi preoccupare: sarò senz'altro pronta per quell'ora. Mario Se mi farai aspettare, sarà l'ultima volta che andiamo al cinema in­

sieme.

ESERCIZI

a) Completare con le parole di Luisa

Mario Vuoi venire al cinema con me? Luisa ---------------------------·--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Mario Al cinema Odeon c'è un film giallo. Ti piacciono i film gialli? Luisa ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Mario Ma questo è un film di Hitchcock. Luisa ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Mario Sì, certamente. È il suo ultimo film; è un successo. Luisa ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Mario lo ho visto tutti i suoi film, dal primo all'ultimo. Luisa ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Mario Andiamo al primo spettacolo che comincia alle 16; ma dobbiamo arrivare molto

prima, per non fare una lunga fila per i biglietti e per essere sicuri di vedere il film dall'inizio. Verrò a prenderti a casa alle 15.

Luisa ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Mario Se mi farai aspettare, sarà l'ultima volta che andiamo al cinema insieme.

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Page 43: Leggere Italiano

b) Completare con le parole di Mario

Mario --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Luisa Se mi porti a vedere un bel film, volentieri. Mario ---------·---··-··········-·-···············-·-----·················-··-··--·····--··········----·············--·-········---············-···············-····· Luisa l film gialli non mi piacciono molto. Mario ....... ····----··········--· ----··-·········--------·--············--···------·----·········-·------·········-----········-· --·······---·······--·········· Luisa Davvero? Mario --·····-······------··········----··-··········-----·---·······················-------········-·----········-··----······-----··········---·······--·········· Luisa Anche se non mi piace vedere i film gialli, questo non voglio perderlo. Mario ·-············---·········----······-··---······-·····-·--·········-----------·····-···----····-----··-····-----·········---·······-··-······--····---········· Luisa A quale spettacolo andiamo? Mario ····---·· ······-----··········----················--·--·---·-················----···-···········----·-·········-·-·-········---·········---··················· Luisa Non ti devi preoccupare: sarò senz'altro pronta per quell'ora. Mario ···--· ······----······-··--·-----··········-------················-·------···-·········----···········----·········--·-··-·······--·························-·

c) Rispondere alle domande

1. Dove vuole andare Mario?

2. Con chi vuole andare? -·-------···············---·····-·········-·-·········----···········-··-······----········-········-·-····-·-······

3. A Luisa piacciono i film gialli? ·-··---·--················--·········----········----··········--··································-

4. Quali film preferisce? ············--··············----·················-··········-···········---·········-···················-···············

5. "Odeon, è il titolo del film? ----·············-··--·-·-··········-·--········--··········-··--·······-·-······----·····--············

6. Che film vuole vedere Mario? ·····---············-···-·-···········-··-·········--··········-·····'··············-······-············

7. Quanti film di Hitchcock ha visto? ···-··--·----···········-·····-·······--··········-···················--·········-············

8. Questo film è buono?

9. A quale spettacolo vuole andare Mario? ····--··-··-····-·····----········-·-··········--·: ................................ .

10. Perché vuole arrivare molto prima dell'inizio? ··-·----·-······------········----········-·········---····-········--··

11. Perché Luisa dice a Mario di non preoccuparsi? ·····-------·······-----·······----···-·---····-·-··-···---·······--

12. Che cosa promette Mario a Luisa? ----··-········----·----·····-··------······------···--·---······----····-··--······-·······

20 «La lingua batte dove il dente duole»

Se tu non hai mai avuto male ai denti, non puoi capire questa espressione. Parlo ai più che sanno quanto dolore può venire da un dente malato. Quando parli, quando bevi, quando mangi, la lingua finisce sempre con il toccare quel dente che ti «fa vedere le stelle in pieno giorno».

Ma la lingua oltre che a mangiare serve soprattutto a parlare. E quando hai una pena, un dolore, che vuoi tenere nascosti, finisci sempre con il par­larne.

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Page 44: Leggere Italiano

ESERCIZI

Cercare altri proverbi

1. Chi troppo vuole nulla stringe.

2. Chi male fa male pensa.

3. Chi rompe paga.

4. Chi dorme non piglia pesci.

5. Meglio un asino 1 vivo che un dottore morto.

6. ··············--···············-······---·-·-·--·----·····--·-·············--··--·-----·······--·--·-·-···----------·--·-·········-···---------·-·---·---·--·-·-

7. -·---·-·----------------·--·--·-····--·-----·-------·--·--····---·------·----·-·--------·············--·-····---··--····························----·······--·--

8.

9. -····----············---------------·-···············-···------·--····--······--·-·--·-·········--·----·--·--·-·--·----·-····---···-·········--·-···--·-·---·---10.

1 asino: donkey, àne, Esel, asno.

21 Gian Lorenzo Bernini ( 1598-1680)

Nella Roma del Seicento, ricca e grande, ancora bambino, vive lunghe ore nella bottega del padre Pietro. Lo guarda mentre lavora il marmo; ama quel lavoro. Gli piace vedere come da un freddo pezzo di pietra, piano, piano nasce una fanciulla gentile e dolce, un David forte e bello, la figura seria di un grande uomo di chiesa.

Fortuna poco frequente anche per un grande artista, il Bernini, a soli di­ciannove anni, ha la fiducia del generoso Cardinale Borghese che vuole ricca di opere d'arte la sua villa e si rivolge per questo al giovane Bernini.

Il papa, nel 1624, gli ordina la costruzione del Baldacchino di San Pietro in Vaticano e, poco tempo dopo, alla morte del Maderno, lo fa «Architetto» 1

della Fabbrica di San Pietro. Ha solamente trenta anni e mai prima di allora egli si è interessato di architettura, e tuttavia sa essere architetto dei più grandi del suo tempo. Gli inizi però non sono felici, con grande gioia dei suoi nemici.

Maturo ormai negli anni e ricco di gusto e fantasia, costruisce il Colonnato di Piazza San Pietro: il lavoro dura sette anni. Ma in quegli anni non smette di lavorare il marmo, di fare fontane e figure umane.

Tornato dalla Francia, nel 1680, è colpito da una grave malattia: non può più muovere il braccio destro.

Poco dopo muore, con lo spirito ancora giovane, ma il corpo stanco per le troppe fatiche.

1 architetto: architect, architecte, Baumeister, arquitecto.

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Page 45: Leggere Italiano

22 L'ospite

Roberto Bracco 1 è stato invitato da alcuni amici per una settimana a Fiuggi. Ma passata la settimana, egli non pensa per niente di andarsene. I pa­droni di casa si sono stancati di averlo come ospite e non sanno come man­darlo via.

Alla fine della seconda settimana la padrona gli va vicino, a tavola, e gli dice:

- Penso che Sua moglie sarà molto contenta di rivederla! - Mia moglie? Certamente! - risponde pronto e tranquillo lo scrittore. -

Quanto è gentile nel pensare anche a lei! Corro subito a telefonarle di venire!

1 Roberto Bracco, scrittore di commedie e poeta napoletano (1862-1943).

23 Il mestiere del nonno

Il dottore mi ha consigliato di smettere di lavorare ed i miei mi ci hanno costretto: «Per motivi di salute», hanno detto tutti.

Così, da quando non lavoro più, non sono più io. Passo le mie giornate cer­cando qualche cosa da fare; tento di rendermi utile in casa; accomodo una se­dia, una finestra; qualche volta rompo tutto; aiuto, consiglio, discuto, faccio sentire il mio parere su ogni argomento. Do una mano, insomma, per quello che posso, a mia moglie ed ai miei figli.

Un compito, però, mi è rimasto: è quello del vino. Cercare il vino migliore, metterlo in bottiglia con attenzione e soprattutto con molto amore, è affar mio; nessuno lo farebbe meglio di me. Bere vino buono, lo considero non solo un diritto, ma anche un dovere di ogni persona della mia famiglia.

Questa attività però dura poco. Allora, come riempire i vuoti? Mia moglie pensa alla casa, mio figlio e sua moglie hanno la scuola. E io? «Il tuo compito è di fare il nonno», dicono. Fanno presto loro a dirlo; ho fatto sempre e solo il mio mestiere e quando il dottore mi ha detto di non lavorare più, non mi ha consigliato di fare il nonno. E poi, che mestiere è quello del nonno?

Me ne sono accorto da qualche tempo, da quando, cioè, accompagno la mia nipotina a scuola: l'accompagno io tutte le mattine. Come un giovane al suo primo lavoro, ben pettinato, ben vestito, con la barba fatta, ogni mattina mi presento, alle otto precise, a casa di mio figlio ed avverto che non c'è tempo da perdere se vogliamo arrivare in tempo a scuola. Silvia, la mia nipotina, si fa naturalmente aspettare, poi si scusa ed inventa un sacco di bugie per spiegare il suo ritardo.

La strada che ci porta a scuola non è lunga, ma è qui che facciamo i nostri discorsi, da buoni amici. Lei mi parla della maestra, dei lavori che le fa fare, delle scarpe nuove della sua amica Luigina, degli scherzi che fa o che riceve. Io parlo poco, perché parla quasi sempre lei; ma sa quel che dice, la piccola.

Mentre l'ascolto, penso a tutto il tempo che ho passato lontano dai miei

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Page 46: Leggere Italiano

figli, occupato solo ad assicurare loro il pane e scopro allra che la loro voce e i loro pensieri di quando erano bambini non li ho mai c~osciuti, che non ho ascoltato le loro domande, che non ho goduto del loro af etto sincero, che ho perso, insomma, le occasioni per dare a me e a loro i mo , enti più belli. Allora le stringo più forte la mano e il sentirmi ancora vivo e an~ora in tempo a pro­vare e a godere questa nuova esperienza lo considero un fatto eccezionale e meraviglioso.

Il mestiere del nonno è veramente il più bello del mondo.

ESERCIZI

a) Indicare la risposta giusta fra quelle proposte

1. Perché il nonno ha smesso di lavorare? Perché è vecchio D Perché è malato D Perché è ricco D

2. Dove passa le sue giornate? Al bar con gli amici D Ai giardini pubblici D In casa D

3. Come passa le sue giornate? Fa lunghe passeggiate D Va a vedere qualche spettacolo D Fa piccoli lavori in casa D

4. Qual è la sua attività preferita? Bere vino buono D Cercare e mettere in bottiglia il vino D Vendere vino buo-no D

5. Qual è il vero mestiere del nonno? Leggere il giornale ai giardini pubblici D Stare con i nipoti D Guardare la tele-visione D

6. Che cosa fa quindi il nonno la mattina? Dorme fino a tardi D Porta il cane a spasso D Porta a scuola la nipotina D

7. Come si presenta a casa del figlio? Contento e in ordine D Stanco e nervoso D In ritardo D

8. Silvia, la nipotina, quando il nonno arriva, che fa? Si fa aspettare e è in ritardo D È già pronta D È già uscita D

9. Per la strada cosa fanno nonno e nipotina? Parlano insieme D Camminano in silenzio D Corrono D

10. Come è veramente questo mestiere per il nonno? Triste e noioso D Il più bello del mondo D Pieno di ricordi del passato D

b) Usare in situazioni diverse le frasi seguenti

1. Da quando ____________ non sono più io.

Da quando mi sono innamorato non sono più io.

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Page 47: Leggere Italiano

l Da quando ho avuto quell'incidente non sono p1u 10. Da quando ho smesso di fumare non sono più io. Da quanto ho cominciato a bere non sono più io. Da quando ho fatto quella operazione non sono più io. ecc.

2. Se ···--------- ti do una mano. Se sei stanco e vuoi riposarti ti do una mano. ecc.

3. ____________ è affar mio.

Pagare il telefono e la luce è affar mio. Pensare ai bisogni della famiglia è affar mio. Pulire la casa è affar mio. ecc.

4. Il mio compito è quello di ___________ _

Il mio compito è quello di organizzare le vacanze. Il mio compito è quello di prenotare l'albergo. Il mio compito è quello di svegliare la famiglia. Il mio compito è quello di preparare il caffè la mattina. ecc.

5. ____________ un sacco di ___________ _

Il mio cane mi ha fatto un sacco di feste. Ho ricevuto un sacco di regali.· Ti mando un sacco di baci. ecc.

6. Non saquel che ______ ., ___ _

Non sa quel che vuole. Non sa quel che fa. Non sa quel che dice. ecc.

c) Cosa intende dire il nonno con l'espressione

1. Da quando non lavoro non sono più io? Ho cambiato il mio modo di pensare D Mi sento un'altra persona D La mia salute non è buona D

2. Do una mano per quello che posso? Aiuto mia moglie e i miei figli D Li saluto sempre D Parlo tutto il giorno e mi arrabbio D

3. Cercare il vino migliore ... è affar mio?

È cosa mia D È lavoro mio D È proprietà mia D

4. Allora, come riempire i vuoti? Come riempire bottiglie vuote O Come occupare spazi vuoti O Come occu-pare il tempo D

5. Fanno presto loro a dirlo? Impiegano poco tempo a dire così D È facile per loro dire così D Sono tutti problemi loro D

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Page 48: Leggere Italiano

24 La memoria di Dante

Un giorno un uomo si avvicina a Dante che passa per Piazza Santa Maria del Fiore a Firenze, e gli fa questa domanda:

- Ho un grande problema che mi preoccupa molto; tu che sai tutto puoi certamente darmi aiuto: qual è la cosa più buona da mangiare?

- L'uovo - risponde il poeta. Un anno dopo, lo stesso uomo incontra di nuovo Dante.

Con che cosa? - gli domanda all'improvviso. - Con il sale - risponde pronto il poeta e continua la sua strada.

25 Una gita al lago

Domenica scorsa, Paolo, Antonio, Luigi ed io abbiamo fatto una gita al lago.

Siamo partiti alle 7,30 del mattino con la mia macchina. La giornata era meravigliosa: in cielo non c'era una nuvola, gli uccelli volavano nel cielo az­zurro, felici come noi.

Il viaggio non è stato lungo, perché il lago non è lontano dalla nostra città, anzi è piuttosto vicino.

Appena siamo arrivati, ci siamo messi a giocare sulla spiaggia con la palla; ci siamo divertiti molto, perché non c'era molta gente e noi avevamo tutto il posto che volevamo per correre e per saltare.

Verso mezzogiorno abbiamo fatto il bagno, abbiamo nuotato, poi abbiamo preso il sole.

Marco non è venuto con noi: lui ha detto che la mia macchina è troppo piccola e che non c'era posto per tutti; io, però, so che questa non è la verità: domenica Marco non è venuto con noi, perché ha preferito passare il fine set­timana con un'amica che gli piace molto.

ESERCIZI

a) Rispondere alle domande

1. Che cosa hai fatto domenica scorsa?

2.

3. Chi c'era con te? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

A che ora sei partito?

4. Come si chiama il lago?

5. Siete partiti la mattina o il pomeriggio? ________________ -------------------------------------------------------------------

6. A che ora? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

7. Siete andati con l'autobus o con la macchina?

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Page 49: Leggere Italiano

8. Come era la giornata?

9. C'erano molte nuvole in cielo?

10. Come è il cielo senza nuvole?

11. E con le n uv o l e? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

12. Che cosa c'era i n cielo? ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------

13. È stato lungo o breve il viaggio? ------------------------------------------------------------------------------------------------

14. Perché? ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

15. Che cosa avete fatto appena arrivati? ----------------------------------------------------------------------------------------

16. Vi siete divertiti? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

17. C'era molta gente? ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

18. A che ora avete fatto il bagno? ----------------------------------------------------------------------------------------------------

19. Che cosa avete fatto dopo il bagno? ----------------------------------------------------------------------------------------

20. Perché Marco non è venuto al lago con voi?

21. È una bugia? ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

22. Qual è la verità? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

b) Raccontare brevemente una gita

c) Mettere al tempo giusto i verbi proposti

1. Domenica scorsa Paolo, Antonio, Luigi e io ------------------------------------------------ una gita al lago.

2. ------------------------------------------------ alle 7,30 con la mia macchina.

3. La giornata------------------------ meravigliosa:

4. in cielo non c' ------------------------ una nuvola,

5. gli uccelli ------------------------------------------------ nel cielo azzurro.

6. Il viaggio non ------------------------------------------------ lungo,

7. perché il lago non ------------------------ lontano dalla città,

8. anzi ------------------------ vicino.

9. Appena ------------------------------------------------·

10. ------------------------------------------------ a giocare sulla spiaggia;

11. ------------------------------------------------ molto, 12. perché non c' ________________________ molta gente

13. e noi ------------------------ tutto il posto per correre e saltare.

14. Verso mezzogiorno ----------------------------------------- ______ il bagno

15. e------------------------------------------------·

16. poi ------------------------------------------------ il sole.

17. Marco non------------------------------------------------ con noi:

18. lui ------------------------------------------------ che

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fare

partire

essere

essere

volare

essere

essere

essere

arrivare

meHersi

divertirsi

essere

avere

fare

nuotare

prendere

venire

dire

Page 50: Leggere Italiano

19. la mia macchina------------------------ troppo piccola essere

20. e che non c' --------.,--------------- posto per tutti; essere

21. io però, ------------------------ che sapere

22. questa non ------------------------ la verità: essere 23. Marco non ______ , _________________________________________ con noi, venire

24. perché ---------·-·-----·-------·---------------------- passare il fine settimana preferire con un'amica

25. che gli-------------·-------·-- molto. piacere

26 Non ho voglia di studiare

Oggi non ho voglia di studiare. Nei giorni passati è piovuto sempre. I primi raggi 1 di sole hanno battuto ai vetri della mia finestra questa mattina. Erano le cinque ed io dormivo ancora e sognavo città e campagne sotto la pioggia. Un raggio di sole si è fermato sulla mia guancia e mi ha invitato ad aprire gli oc­chi. Ho obbedito volentieri; mi sono ·alzata e, di corsa, sono andata alla fine­stra. L'ho aperta. Davanti a quel sole grande e caldo ho gridato con gioia: - Oggi i libri possono aspettare!

1 raggio: beam, rayon, Strahl, rayo.

ESERCIZI

Completare

Oggi non ho ____________ di studiare. Nei -----·----·- passati è piovuto -----------· l primi ............ di sole hanno ····-··-···· ai vetri della ·····-·····- finestra questa mattina. Erano ............ cinque ed -········-·- dormivo ancora e·----······- città e campagne -·······-··· la pioggia. Un ............ di sole si ............ fermato sulla mia --···-----·· e mi ha ··--····---- ad aprire gli ····-······- Ho obbedito volen-tieri; --·--·-·---- sono alzata e, --······---· corsa, sono andata ·-····-·-··· finestra. L'ho aperta ............ . a quel ···-·····--- grande e caldo··---·····-- gridato con gioia: - ·-·-····---- i libri possono ............ !

27 Una serata in casa

Ieri sera sono tornato a casa alle otto. Ho cominciato a mangiare alle otto e mezza. Mentre mangiavo, bevevo e guardavo la televisione.

Stavo così tranquillo, quando il telefono ha suonato. Era il mio amico Gior­gio:

- Vengo a farti visita. Posso? Sono solo stasera ed ho voglia di parlare un po'.

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Page 51: Leggere Italiano

- Vieni! Vieni! - ho risposto. - Ti aspetto. Mentre aspettavo, leggevo il giornale e fumavo una sigaretta. Alle nove e un quarto è arrivato Giorgio. Aveva un abito molto leggero,

portava una cravatta all'ultima moda e una camicia rosa. · L'ho invitato a sedersi vicino a me e a bere qualcosa.

- Hai fatto un buon viaggio a Londra? - gli ho domandato. - Ottimo. Tu sai che sono andato per imparare l'inglese. A Londra an-

davo a scuola ogni giorno. Mi alzavo presto la mattina; compravo sempre il giornale, perché volevo sapere notizie del mio paese. Il pomeriggio era abba­stanza noioso. Ero solo e perciò andavo a riposarmi un po'; scrivevo delle let­tere; visitavo la città; andavo qualche volta al cinema. Dopo cena avevo l'abi­tudine di uscire ancora con i miei amici; andavamo a spasso, o a teatro, o a ballare. Sono stati giorni molto belli e sono passati veramente in fretta. Non volevo tornare nella nostra città dove non ci sono divertimenti e dove la gente va a letto troppo presto.

Mentre parlavamo così, è arrivata mia moglie; ci aveva preparato un ottimo caffè ...

ESERCIZI

Mettere la punteggiatura.

Ieri sera sono tornato a casa alle otto Ho cominciato a mangiare alle otto e mezza Mentre mangiavo bevevo e guardavo la televisione

Stavo così tranquillo quando il telefono ha suonato Era il mio amico Giorgio Ve.ngo a farti visita Posso Sono solo stasera ed ho voglia di parlare un po' Vieni Vieni ho risposto Ti aspetto Mentre aspettavo leggevo il giornale e fumavo una sigaretta Alle nove e un quarto è arrivato Giorgio Aveva un abito molto leggero portava una

cravatta all'ultima moda e una camicia rosa L'ho invitato a sedersi vicino a me e a bere qualcosa Hai fatto un buon viaggio a Londra gli ho domandato Ottimo Tu sai che sono andato per imparare l'inglese A Londra andavo a scuola

ogni giorno Mi alzavo presto la mattina compravo sempre il giornale perché volevo sapere notizie del mio paese Il pomeriggio era abbastanza noioso Ero solo e perciò andavo a rjposarmi un po' scrivevo delle lettere visitavo la città andavo qualche volta al cinema Dopo èena avevo l'abitudine di uscire ancora con i miei amici andavamo a spasso . o a teatro o a ballare Sono stati giorni molto belli e sono passati veramente in fretta Non volevo tornare nella nostra città dove non ci sono divertimenti e dove la gente va a letto troppo presto

Mentre parlavamo così è arrivata mia moglie ci aveva preparato un ottimo caffè

28 Fichi 1 e mele

Un signore, che possiede molta terra, passa un giorno per uno dei suoi campi. Vede un albero di fichi e ne chiede uno. Il contadino che è nel campo subito lo coglie e glielo dà.

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Page 52: Leggere Italiano

Quando tutti i fichi sono maturi, il contadino, che vuole molto bene al suo padrone, li coglie tutti e glieli porta. Purtroppo sceglie un momento poco felice, perché in questo periodo i fichi sono tanti, che nessuno vuol più mangiarne e perciò vengon dati anche agli animali.

Così, il signore, 'alla vista di tutti questi fichi, si sente quasi offeso e co­manda agli uomini che stanno al suo servizio di tirarli in faccia al contadino.

Questi, invece di gridare, per ogni fico che gli arriva in faccia ringrazia il buon Dio.

Il padrone, saputa la cosa, lo vuol vedere e gli domanda il perché. - Signore, - risponde il contadino, - ringrazio Dio, perché mi fate tirare

fichi. Ché se al posto dei fichi, vi avessi portato delle mele, adesso avrei la testa rotta.

Libera riduzione dal Novellino (sec. XIII)

1 fico: fig, figue, Feige, higo.

29 Il mio primo amico in questa città

È un piccolo ragno 1 che è venuto ad abitare da poco tempo nella mia stanza. Ha scelto un angolo in alto e tutto il giorno sta lì, buono buono e aspetta.

Quando ci siamo visti la prima volta non siamo stati contenti del nostro incontro: io non avevo voglia di dividere la mia stanza con lui; lui non aveva nessuna intenzione di cambiare casa. Perciò ci siamo girati le spalle: lui si è nascosto; io sono andato a cercare qualcosa per mandarlo via.

Mentre con una scarpa in mano mi avvicinavo a lui con cattive intenzioni, un pensiero mi è passato per la testa: ero solo in questa città, non conoscevo nessuno e quel piccolo ragno poteva, in fin dei conti, farmi compagnia ed es­sere il mio portafortuna.

Ora, Romolo ed io - Romolo è il nome che ho dato al ragno - siamo diventati amici. Nei grigi pomeriggi d'inverno, mentre studio la grammatica italiana, mi giro ogni tanto verso quell'angolo dove Romolo si è costruito la sua casa; fermo lì, sulla porta, mi sembra un padrone di casa a riposo che si gode tranquillo il frutto del suo lavoro.

1 ragno: spider, araignée, Spinne, arafia.

ESERCIZI

a) Rispondere alle domande

1. Chi è stato il tuo primo amico in questa città? ........................................................................•

2. Da quanto tempo vive con te? ················································---------··--··--·---··--·--------------·----··-----·

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Page 53: Leggere Italiano

3. Dove vive? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

4. Come è stato il vostro primo incontro? ------------------------------------------------------------------------------------

5. Che cosa volevi fare quando l'hai visto? ------------------------------------------------------------------------------------

6. Perché non l'hai ucciso? ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------

7. Come l'hai eh i amato? --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

8. Dove ha costruito la sua casa? ----------------------------------------------------------------------------------------------------

9. Che cosa fa quando studi? ------------------------------------------------------------------------------------------------------------

10. Che cosa fai, ogni tanto, nei pomeriggi d'inverno, mentre studi la grammatica? _______ _

b) Indicare con V o F se la frase è vera o falsa

1. Un piccolo ragno abita da molto tempo con me. ___________ _

2. La sua casa è in un angolo alto. ___________ _

3. Gira tutto il giorno per la stanza. ___________ _

4. Non siamo stati contenti del nostro incontro. ___________ _

5. Non avevo voglia di dividere la mia stanza con lui. ___________ _

6. lo sono andato a cercare Giorgio. ___________ _

7. Mi sono avvicinato a lui con un libro in mano. ___________ _

8. Un pensiero mi è passato per la mente. ___________ _

9. Il piccolo ragno poteva essere il mio portafortuna. ___________ _

10. Ora Romolo e io siamo diventati amici. ___________ _

11. Nei freddi pomeriggi d'inverno studio la grammatica. ___________ _

12. Mentre studio mi giro verso quell'angolo. ___________ _

13. Romolo sembra un padrone di casa a riposo. ___________ _

14. Romolo sembra un vecchio a riposo. ___________ _

15. Romolo si gode tranquillo il frutto del suo lavoro. ___________ _

30 Luna Park

Sono tornato al Luna Park. Ci sono tornato con la gioia di quand'ero bam­bino e tiravo la mano della mamma per arrivare presto.

C'era tanta gente di tutte le età. In mezzo a quel fiume di persone, a quel concerto di voci e di suoni ho cercato i miei amici di un tempo: i cavalli alti, neri e bianchi; quei grandi cavalli con gli occhi fissi e la bocca aperta che gira­vano senza essere mai stanchi. Ma non li ho trovati; non c'erano più. Al loro posto c'erano macchine dalle forme più strane, piene di luci che -si accendevano e si spegnevano. Non c'era più nemmeno quel suono dolce, antico, che cento bambini con le ali, di legno anche loro, facevano piovere da tutte le parti men­tre volavo in alto sul mio cavallo.

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Page 54: Leggere Italiano

Deluso, volevo andare via, ma l'odore dello zucchero e le grida di gioia dei bambini mi hanno fatto tornare il sorriso.

31 Spettabile Ditta

Spett/le Ditta 1 Giorgio Rossi Vini e liquori Via Chiara n. 5 - 24100 BERGAMO

Ho saputo che tra non molto ci sarà un posto libero per la corrispondenza 2

commerciale coriTestero presso di Voi. Poiché da molto tempo desidero un lavoro di questo tipo per il quale mi sento particolarmente capace, sia per gli studi che ho fatto, sia per la conoscenza delle lingue, sarei felicissimo se voleste accettare la mia domanda.

Per quanto riguarda la mia attività passata, Vi invio il mio curriculum vitae unito a questa mia e Vi prego inoltre di rivolgerVi, per altre notizie, al mio presente Direttore, che conosce i miei desideri e che non può, almeno per il momento, accontentarmi.

Attendo una Vostra risposta e Vi prego di accettare i miei più distinti sa­luti.

ALBERTO GIORDANI

1 Spettabile Ditta G. R.: Dear Sir G. R.; Cher monsieur G. R.; Sehr geehrte Herr G. R.; Estimado seiior G. R. 2 corrispondenza: correspondence, correspondance, Korrespondenz, correspondencia.

32 Caro Nicola

Caro Nicola,

forse questa è l'unica volta che non ti devo delle scuse per il mio ritardo: un noioso raffreddore con febbre molto alta, un'influenza insomma, mi ha te­nuto a letto per alcuni giorni.

Così, mentre tu aspettavi la mia lettera, io facevo con pazienza e con corag­gio la cura che il medico mi aveva dato.

Basta. Ormai è acqua passata. Adesso sto bene ed ho ricominciato a fre­quentare l'Università. Per fortuna non sono molte le lezioni che ho perduto e non mi ci vorrà molto tempo per imparare gli argomenti di grammatica dei quali non ho potuto ascoltare la spiegazione.

Sono contento ogni giorno di più di vivere un po' della mia vita in questa città dove c'è tutto e nella giusta misura; forse non ci sono molti divertimenti, ma questo rende più facile la vita degli studenti con pochi soldi.

Vorrei che tu fossi qui per potere visitare insieme monumenti, chiese e mu­sei e per fare delle gite qui intorno. Potremmo parlare di molte cose, ricordare

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Page 55: Leggere Italiano

il bellissimo periodo passato insieme in Francia e fare dei programmi per le prossime vacanze.

Non ho più tempo per continuare questa lettera che ti spedirò appena sarà finita la lezione: sono a scuola e ti ho scritto queste poche notizie durante il quarto d'ora di riposo tra una lezione e l'altra.

Non farmi aspettare troppo la tua prossima. Un abbraccio cordiale,

a) In una lettera alla tua famiglia

tuo FAUSTO

ESERCIZI

1. parla della casa in cui vivi; 2. presenta i tuoi nuovi amici; 3. parla della tua gior­nata.

b) In una lettera ad un amico prendi accordi per una vacanza insieme

c) In una lettera ad un tuo vecchio professore

1. parla di questa città; 2. parla del tuo tempo libero; 3. presenta i tuoi programmi futuri.

33 Gentile Signore

Gentile Signore Remo Paoletti Direttore dei Corsi dell'Università Italiana per Stranieri 06100 PERUGIA (ITALIA)

Mi chiamo John Davies e sono inglese di Londra. Sono stato studente molto tempo fa - 15 anni fa per la precisione - presso l'Università Italiana per Stranieri, dove ho avuto il piacere di essere stato suo allievo.

Lei forse non si ricorderà di me, ma un particolare Le potrà essere di aiuto: ero uno studente molto noioso e venivo quasi ogni giorno da Lei per chiederLe consigli e per chiarire i miei dubbi; Lei mi ascoltava paziente e parlava con me anche se il momento in cui venivo a trovarLa non era il più adatto.

Queste poche parole per dirLe che conservo un ricordo vivissimo dell'Uni­versità, della città, e per chiederLe se vorrà ancora una volta ascoltare questo Suo studente, ora non più tanto giovane, che si prepara a ritornare in Italia. Verrò il prossimo ottobre.

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Page 56: Leggere Italiano

DicendoLe ancora grazie per l'aiuto che mi ha dato in passato, La prego di voler accettare i miei più cordiali saluti.

JoHN DAviEs

34 Un giorno da zia Mimì

Sono un bambino e non vado a scuola volentieri, perché il maestro usa troppo spesso le mani con gli allievi come me. Perché quando sono in classe vorrei essere sempre fuori a giocare, vorrei correre per i prati, andare a spasso, saltare, salire sugli alberi, vorrei ...

Questa mattina non sono riuscito a finire il compito, perciò vado verso la scuola a passi lenti e con il cuore che batte forte per la paura.

Pasqualino, che mi aspetta di solito sulla porta di casa sua per fare la strada insieme, è più preoccupato di me.

- Hai fatto il compito? - gli domando. -No. E quasi vorrebbe piangere. Ci fermiamo a metà strada. Ci guardiamo in faccia e siamo subito d'ac­

cordo: è meglio non andare a scuola. Ma dove andare? Ci piacerebbe andare al fiume, ma è troppo lontano; desidereremmo stare con Nino, ma lui è senza dubbio a scuola; andremmo anche volentieri a rubare l'uva, ma è troppo peri­coloso: il contadino è cattivo.

A questo punto ho un'idea: - In campagna, a Santa Margherita, dalla zia Mimì. E via, di corsa, fuori di porta. - E che diremo alla zia Mimì? - Diremo che oggi è vacanza. La zia Mimì, una delle sorelle di mio padre, sta a Santa Margherita tutto

l'anno con Pina, la matta, come la chiamano ed è matta davvero. Per via dico a Pasqualino: - La zia Mimì ci farà qualcosa di buono! Appena la zia ci vede arrivare, ci guarda e capisce subito tutto. - Siete scappati di casa, non è vero bambini? La bugia preparata ci muore sulle labbra. - Cattivi! ... Con questo sole! ... Col pericolo di prendere una malattia! ... La zia vorrebbe continuare, ma poi finisce lì. Ci conduce dentro casa, ma prima di darci da mangiare, si affaccia alla

finestra e grida a Beppe, che con i cavalli è diretto in paese: - Beppe! Di' a casa che i bambini sono qui. Torneranno stasera. Pasqualino intanto mi domanda a bassa voce: - Che cosa ci preparerà? Lo chiederei volentieri alla zia, ma oggi non ne ho il coraggio. La zia ci dà

ogni ben di Dio. Pina, la matta, nel preparare la tavola ci fa gli occhiacci e con la mano ci fa capire che cosa ci aspetta a casa stasera.

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Page 57: Leggere Italiano

Poco dopo, in giardino, vediamo Checco con tutti i suoi tacchini 1 • I maschi fanno la ruota, le femmine mangiano tranquille e Checco, in mezzo, che suona.

Deve essere felice quel Checco, coi suoi tacchini! Pasqualino ed io, per fare qualcosa, ci mettiamo a correre dietro ai tacchini:

ne prendiamo uno per un'ala e un altro per la coda; Pasqualino poi, che è più forte di me, riesce a tener fermo un grosso maschio fra le gambe.

- Smettete, - grida Checco. - Così fate morire il tacchino! Smettete o chiamo il vecchio del monte!

- Chi è il vecchio del monte? - Quello che abita lassù; ma spesso viene qui, prende i bambini che in-

contra e se li mangia. - L'hai visto tu? - dico. - Se l'ho visto?... Ma sono scappato via. Mentre ci stringiamo intorno a Checco e ci guardiamo pieni di paura,

Checco mette in fila i tacchini come soldati e li spinge verso zia Mimì che ha tutto pronto per farli mangiare.

Intanto è arrivato Paolo, apposta per riportarci a casa. Sarebbe bello rima­nere ancora; purtroppo dobbiamo lasciare per forza zia Mimì, Checco e i tac­chini.

Ci allontaniamo, mentre la Pina ci fa sempre gli occhiacci. Arrivati a casa, ci aspetta una lezione così bella da levarci la voglia di scappare di nuovo.

Libera riduzione da Le paesane di Luigi Capuana (1839-1915)

1 tacchino: turkey, dindon, Truthahn, pavo.

ESERCIZI

Costruire la conversazione tra Pasqualino e la mamma al ritorno dei ragazzi a casa dopo l'avventura dalla zia Mimì in campagna

35 Un musicista annoiato

Una sera a una festa da ballo, Gioacchino Rossini 1 è molto annoiato dalle parole inutili della padrona di casa.

Ad un certo momento la signora dice: - È vero che se mangiamo alcune qualità di pesci, aumenta l'intelligenza? - Verissimo.

Ecco, a me quali pesci consiglia di mangiare? - Tutti, signora - risponde pronto il musicista.

1 Gioacchino Rossini, 1792-1868: musicista nato a Pesaro; la sua opera più conosciuta è il Barbiere di Sivi­glia.

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Page 58: Leggere Italiano

36 «L'appetito viene mangiando»

Davanti ad una tavola invitante e ricca anche chi non ha fame non riesce a vincere la voglia di prendere qualche cosa.

Ma è proprio vero che l'appetito viene mangiando? Direi proprio di no. Forse è una comoda bugia e fa ricordare le parole di quella persona che man­giava tanto volentieri:

- Dicono tutti che l'appetito viene mangiando: non è vero. Sono due ore che io mangio e bevo ogni ben di Dio e l'appetito non viene.

37 L'appuntamento

Bella! Bellissima! È arrivata, finalmente! L'ho aspettata per tanto tempo. Devo andare a prenderla tra due ore. Non

sto più nella pelle. Da quando ho ricevuto la telefonata il pacchetto delle siga­rette non ha più pace: accendo una sigaretta dopo l'altra; i portacenere di tutta la casa non hanno mai avuto tanto lavoro come adesso e accolgono pezzi più o meno lunghi di sigarette piegate, distrutte.

Qualcuno mi chiama, ma è cosa che non mi riguarda, sono troppo occupato a girare qua e là ~ome un pazzo; rispondo, forse, dopo un quarto d'ora con uno stupido «Che?», ma così debole che nessuno può sentire.

Accendo ancora un'altra sigaretta e prendo a caso un giornale; mi siedo; leggo. Leggo? Che cosa? Niente naturalmente, perché mentre gli occhi volano sui titoli, il pensiero va per i fatti suoi. Basta! Non ne posso più! E poi, per fortuna,· non c'è più tempo per leggere: venti minuti al nostro incontro.

Mi preparo: metto la cravatta, mi pettino, mi specchio, pulisco in fretta le scarpe, sono a posto. Via!

Le scale, sei file, non le vedo. Per la strada, volo. Gli ultimi cinquanta metri cerco di andare più piano, faccio forza su me stesso.

Sono arrivato; entro nella sala; il cuore mi batte forte; la cerco con gli oc­chi, ma non la vedo; ce ne sono molte altre, anche loro molto belle, che aspet­tano, ma senza un movimento.

Domando, me la indicano, è laggiù. Ora siamo uno di fronte all'altra. Non apro bocca, non posso, non respiro quasi; sorrido e la guardo in silenzio e an­che lei mi guarda con i suoi grandi occhioni.

Finalmente insieme, la mia bella, bellissima 126 Fiat ed io.

ESERCIZI

Indicare la risposta giusta tra le tre proposte

1. «Non sto più nella pelle,, significa:

La giacca di pelle mi stringe D Sono veramente felice D Sono molto preoccu-pato D

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Page 59: Leggere Italiano

2. «Il pacchetto delle sigarette non ha più pace, significa:

Il pacchetto delle sigarette è vuoto O Non trovo il pacchetto delle sigarette O Fumo tante sigarette D

3. «Ma è una cosa che non mi riguarda, significa:

Non ascolto chi mi chiama O Non ho sentito chi mi chiama O Non guardo chi mi chiama O

4. "Prendo a caso un giornale, significa:

Scelgo con attenzione un giornale D Prendo il giornale sul tavolo O Prendo un giornale qualsiasi O

5. <<Il pensiero va per i fatti suoi •• significa:

Non riesco a fare attenzione alla lettura D Leggo con attenzione le notizie del giornale O Sono molto attento O

6. ''Non ne posso più, significa:

Non ho più forza O Sono stanco O Non posso aspettare più O

7. <<Faccio forza su me stesso, significa:

Cerco di andare piano O Provo le mie forze O Controllo la mia volontà O

8. <<Non apro bocca, significa:

Non voglio parlare O Non devo parlare O Non riesco a parlare D

38 Carlo Goldoni ( 1707 -1793)

Figlio di un medico, nasce a Venezia nel 1707 e già a nove anni comincia a scrivere commedie. Il padre vuole che egli studi legge, ma il giovane non ne ha voglia. Lo vediamo a Perugia, dove il padre fa il medico; a Rimini, a studiare filosofia. Due anni dopo, il padre gli trova un posto in una famosa scuola a Pavia, dove rimane tre anni.

A Pavia scrive delle cose molto cattive sulle ragazze della città e deve fug­gire. In seguito, fa l'avvocato a Venezia, il segretario d'un grande uomo politico a Milano, il console 1 di Genova a Venezia, l'avvocato molto fortunato a Pisa. Ma i suoi desideri, la sua vita, sono per il teatro.

Quando parliamo di Goldoni, ricordiamo: La locandiera, La bottega del caffè, I pettegolezzi delle donne, e molte altre celebri commedie: ne scrive cen­toventi in tutto. Spesso le sue commedie in lingua veneziana sono le più felici e giustamente si parla della «rivoluzione» da lui fatta nel teatro.

A Parigi è maestro di lingua italiana della figlia di Luigi XV e scrive in francese le sue Memorie.

Il Goldoni si guarda intorno con serenità e con gioia. Egli mette sulla scena la gente del mondo, gli studenti, le cameriere, gli abitanti di Venezia e tante figure femminili simpatiche e semplici.

1 console: consul, consul, Konsul, c6nsul.

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Page 60: Leggere Italiano

39 Giuseppe Garibaldi (1807-1882)

Preferisce l'avventura, il pericolo, l'azione. Nella sua vita, senza un giorno di riposo, vuole prima di tutto l'Italia libera, unita dalle Alpi alla Sicilia.

A otto anni, mentre una donna che lavava, caduta nel fiume, corre il peri­colo di morire, egli si toglie gli abiti, si getta in acqua e la riporta a riva.

La madre vuole farne un uomo di chiesa, ma egli risponde fuggendo più volte da casa. Il padre genovese, allora, lo invita nella sua nave e a soli venti­cinque anni è capitano e comincia a correre tutti i mari. A Marsiglia, nel 1833, conosce Mazzini e si iscrive alla «Giovine Italia».

L'America è per lui l'unica vera scuola di guerra. Da modesto capitano sulle coste del Brasile, diviene uno dei più grandi campioni di guerra. Prende parte nella provincia di Rio Grande do Sul alla guerra contro il governo di Don Pedro ed ha il comando in difesa dell'Uruguay contro l'argentino Rosas.

Dodici anni dura l'avventura americana. Garibaldi richiamato fortemente dalla sua patria torna in Italia. Anita, la moglie e i figli Ricciotti, Menotti e Teresita partiti prima di lui, lo aspettano a Nizza, dove arriva con sessantatré amici soldati.

È presente con tutta la sua forza alla prima guerra d'Indipendenza 1.

Organizza la Spedizione 2 dei Mille e libera tutta l'Italia del Sud. Finita la sua opera, si ritira nell'isola di Caprera. Profondamente stanco e

malato, ha bisogno di pace. La trova finalmente il 2 giugno 1882, quando muore quasi s'pio nella sua isola.

1 guerra d'indipendehza: Independence war, guerre d'Indépendance, Unabhangigkeitskrieg, guerra de la In­dependencia. 2 spedizione: expedition, expédition, Expedition, expedici6n.

ESERCIZI

Completare le frasi

1. Nella sua vita vuole prima di tutto ·················-·····························································-············-··-

2. A otto anni, mentre una donna caduta nel fiume corre il pericolo di morire,

3. La madre vuole ··············-···························································································-·······-······-······

4. Ma egli ·············-········································································································-·········-···-····-····-·

5. Il padre genovese, allora ·················································-····················································-·······-·

6. A soli 25 anni è capitano e comincia ....................................................................................... .

7. L'America è per lui ··········································································-······························-·············-····

8. Garibaldi richiamato fortemente dalla sua patria ................................................................... .

9. A Nizza lo aspettano ....................................................................................................................... .

10. Organizza ........................................................................................................................................... .

11. Finita la sua opera si ritira ........................................................................................................... .

12. Muore ................................................................................................................................................... .

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Page 61: Leggere Italiano

40 Le lenzuola 1

Una sera arrivano a Ferrara alcuni fiorentini all'albergo di Basso della Penna.

Dopo che hanno cenato, dicono: - Basso, ti preghiamo di darci stasera delle lenzuola bianche. Basso subito risponde: - Non dite altro; è come se fosse fatto. Venuta notte, gli ospiti vanno a letto e si accorgono che le lenzuola sono

sporche. La mattina dopo vanno da Basso: - Che cosa ci hai dato? - dicono. - Ti abbiamo pregato di darci delle

lenzuola bianche e tu hai fatto tutto il contrario. Dice Basso: - Oh, questa è bella! Andiamo a vederle. Arrivato in camera, scopre il letto e così parla ai fiorentini: - E come sono queste? Sono rosse? Sono forse azzurre? O sono nere?

Non sono forse bianche? Quale pittore potrebbe dire che non sono bianche? Gli ospiti si guardano tra loro, poi cominciano a ridere dicendo che in fin

dei conti Basso ha ragione e che nessuno potrebbe dire che quelle lenzuola non sono d'altro colore che bianco.

È per questo che ogni volta che vado in un albergo non chiedo lenzuola bianche, ma lenzuola pulite.

Libera riduzione da Franco Sacchetti (1335·1400)

1 lenzuolo: sheet, drap, Bettuch, sabana.

41 Cantaci una canzone

Luisa, cantaci una canzone, cantacene una bella e, ti prego, cantacela in italiano.

E tu, Paolo, accompagnala al piano. Se qualcuno non vuole ascoltare, se ne vada subito e chiuda senza far ru­

more la porta. Anna, ti prego, accendi la lampada e chiudi la finestra, poiché le automobili

ci disturbano. È veramente una bella canzone! Francesco, smetti di dare fastidio alla tua amica e ascolta senza darci noia.

Guarda, Antonio ti chiede una sigaretta; dagliela. E se proprio la musica non t'interessa, va' nell'altra stanza, bevi qualcosa, leggi un giornale, fuma una siga­retta, ma lasciaci ascoltare in pace un po' di musica.

Luisa, ripetici la canzone; ci è piaciuta molto; faccela ascoltare di nuovo, per favore.

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Page 62: Leggere Italiano

ESERCIZI

a) Cambiare nella forma di cortesia, secondo l'esempio: Luisa ci canti una canzone, ce ne canti una bella e, La prego, ce la canti ...

b) Cambiare secondo l'esempio, usando ''vorrei'': Luisa, vorrei che tu ci cantassi una canzone, che ce ne cantassi una bella e, ti prego, vorrei che ce la cantassi ...

42 «(Non) fare i conti senza l'oste» 1

C'è però chi i conti li sa fare anche meglio dell'oste. Uno di questi è anche quel signore che alla fine del pranzo chiama il cameriere e gli dice:

- Portami una bottiglia di cognac! - Eccola, signore. - Quanto costa?

12.000 lire, signore. Uhm! Allora portami una bottiglia di spumante. Eccola, signQ[e. E questa quaq.to costa?

- Anche questa; sempre 12.000 lire. - Bene, allora lascia questa e riprendi indietro il cognac. Il signore beve con gli amici tutto lo spumante e poi si prepara ad uscire

senza pagare la bottiglia. Il cameriere lo !ferma e gli dice: - Signore, ha 'dimenticato di pagare la bottiglia di spumante! - Oh, bella! E\ non ti ho dato in cambio quella di cognac? - È vero, signore, ma la bottiglia di cognac lei non l'ha pagata! - Eh, certamente, perché non l'ho bevuta! ... Il signore esce e lascia il cameriere a bocca aperta.

1 oste: innkeeper, aubergiste, Gastwirt, mesonero.

43 Un incontro difficile

(Camera di Beatrice: Arlecchino e Beatrice)

Ehi di casa. C'è nessuno? Chi sei? Sono il servo del mio padrone. E il tuo padrone chi è?

Arlecchino Beatrice Arlecchino Beatrice Arlecchino È quello che mi manda a salutarla e a domandarle se è contenta.

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Page 63: Leggere Italiano

Beatrice Di che? Arlecchino A dire il vero non mi ricordo altro. Beatrice Sei un servo gentile. Arlecchino Ma lei è contenta, o non è contenta? Beatrice Se non so di che, non posso rispondere. Arlecchino Il mio padrone aspetta la risposta. Beatrice Ma chi è il tuo padrone? Arlecchino Non lo conosce il mio padrone? Beatrice Se mi dirai chi è, vedrò se lo conosco. Arlecchino Ma lo conosce o non lo conosce? Beatrice Fino ad ora non lo conosco. Arlecchino Dunque se non lo conosce, arrivederla. Beatrice Dove vai? Arlecchino Vado via; se non lo conosce avrò sbagliato. Le bacio la mano. Beatrice Ma senti, il tuo padrone da chi ti ha mandato? Arlecchino Mi ha mandato ... mi ha mandato ... Chi è lei, signora? Beatrice Io sono Beatrice Anselmi. Arlecchino Proprio dalla signora... Radice di Seleno. Beatrice E che cosa vuole da me? Arlecchino Mi ha detto di portarle i suoi saluti e di chiederle se è contenta. Beatrice Ma contenta di che? Arlecchino Oh bella, che ne so io degli affari del mio padrone? Beatrice (Da sé) (Oh povera me!) Il tuo padrone chi è, chi è, chi è? Arlecchino Non gridi così, che ci sento bene. Certo, signora, è lui che mi

manda, e se no chi? Beatrice Va' al diavolo. Non sai rispondere come si deve? Arlecchino Oh, vi cada la testa. Non sapete capirmi. Beatrice Va' via di qui, pezzo di stupido. Arlecchino Grazie e arrivederla a presto. Beatrice Lasciano la porta aperta ed entrano gli stupidi. Arlecchino Dica, dica: è contenta o non è contenta? Beatrice Di che? Arlecchino Che il mio padrone venga a farle visita. Beatrice Ah, dunque il tuo padrone vuole venire da me? Arlecchino Certo, signora, gliel'ho detto dieci volte. Beatrice E chi è il tuo padrone? Arlecchino Come! Non lo conosce? Verrà di persona a farsi conoscere. Beatrice Se verrà, lo vedrò. Arlecchino Verrà, verrà. Le farà vedere lui, chi è il signor Lelio Ardenti. Beatrice Ah, Lelio Ardenti è il tuo padrone? Arlecchino Allora, è contenta o non è contenta? Beatrice Ora ti ho capito. Il signor Lelio Ardenti vuoi farmi visita e manda a

vedere se io sono contenta, non è vero? Arlecchino Ci vuoi tanto a capirlo? Vedo bene che lei ha la testa dura. Beatrice E tu sei divertentissimo. Arlecchino Lo conosce?

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Page 64: Leggere Italiano

Beatrice Lo conosco. Arlecchino È contenta? Beatrice Arlecchino Beatrice Arlecchino Beatrice

Arlecchino

Sono contenta. Se è contenta lei, non sono contento io. Perché? Perché non mi regala niente. (Da sé) (Voglio liberarmi da questo matto). Tieni, ecco un soldo, sei contento? Sì signora. Lei ha fatto contento me e il mio padrone verrà a far contenta lei. (Parte).

Libera riduzione da l pettegolezzi delle donne di Carlo Goldoni ( 1707-1793), atto l, scena I

44 La prova

Maestro Taddeo insegna ai suoi studenti che chi mangia melanzane 1 per nove giorni di seguito diventa matto e lo dimostra secondo le leggi della medi­cina.

Uno studente decide di voler provare la verità di quanto dice il maestro. Mangia per nove giorni di seguito melanzane, poi si presenta al maestro e dice:

- Maestro, quello che voi avete detto non è vero e ve lo dimostra il fatto che ho mangiato melanzane per il tempo stabilito e non sono matto.

Mentre dice così, si alza e gli fa un brutto gesto. - Scrivete - dice il maestro agli studenti - che quanto vedete è l'effetto

delle melanzane ed è provato. Aggiungete questo esempio agli altri. Libera riduzione dal Nave/lino (sec. XIII)

1 melanzana: aube~gine, aubergine, Aubergine, berenjena.

45 Il dolcino di \Maruzzedda

Tutti i vicini volevano un gran bene a Maruzzedda. Le mamme la portavano come esempio alle loro figlie più grandi di lei. A v eva dieci anni compiuti e sembrava proprio una donnina. Non era bella, ma piaceva, con grandi occhi e le labbra sempre sorridenti. Si alzava prestissimo, quando suo padre stava per andare in campagna; preparava subito il pane, la bottiglia del vino, il formag­gio, che papà Nasaccio non guardava neppure prima di prendere, tanto era si­curo che la ragazza non avrebbe dimenticato niente di quello che gli occorreva. Quasi per abitudine, prima di partire le diceva:

- Bada a Nittuzzu, che ha un po' di raffreddore ... , pensa per le scarpe di Mena che hanno bisogno di essere accomodate. Se viene qualcuno a cercarmi, digli di tornare stasera.

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Page 65: Leggere Italiano

E Maruzzedda rispondeva seria e tranquilla: - Ho pensato per Nittuzzu; gli farò prendere un po' di latte caldo e lo

farò stare a letto fino a tardi..., ho già pensato per le scarpe di Mena ... Oggi farò il pane.

- Chi ti aiuterà? - Non ho bisogno di aiuto; posso fare da me. E mentre il fratellino e la

sorellina dormivano, si legava attorno alla testa un fazzoletto, riscaldava l'ac­qua e preparava il pane. E intanto tendeva l'orecchio, se mai i bambini di là fossero svegli e chiamassero. Spesse volte si era visto arrivare in cucina Nit­tuzzu, in camicia, a piedi nudi.

- Torna a letto; vengo subito. - Mi farai il dolcino? - Sì, te lo farò: va' a letto. - Grande così? - Grande così, ma se non torni a letto lo farò soltanto a Mena. - Anche a Mena, ma il mio più grande - insisteva il bambino. - Sei ancora qui? E Nittuzzu andava di là saltando dalla gioia, e diceva a Mena: - Maruzzedda mi fa il dolcino. E poiché non aggiungeva mai «Lo farà anche a te!», Maruzzedda vedeva

arrivare di corsa anche la sorellina, ancora piena di sonno, senza scarpe. - Farai il dolcino anche a me? - Sì, sì, finisci di vestirti. - Più grande di quello di Nittuzzu?

Quanto quello di Nittuzzu! ... Finisci di vestirti. Libera riduzione da Le ultime paesane di Luigi Capuana (1839-1915)

ESERCIZI \.

'...... Completare le frasi

\

1. Tutt) volevano un ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

2. Le mamme la portavano ------------------------------------------------------------------------------------···----------·--------------

3. Aveva dieci anni compiuti e ------------------------------------------------------------------------------------------------------------

4. Non era bella, ma ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

5. Si alzava prestissimo, quando --------------------------------------------------------------------------------------------------------

6. preparava subito il ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

7. che papà Nasaccio non --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

8. tanto era sicuro che la ragazza non --------------------------------------------------------------------------------------------

9. Quasi per abitudine ---------------------------------------------------- ---------------------------------------- --------------------------

10. Bada ------------------------------------------------- -----------------------------------------------------------------------------------·--------------

11. pensa per

12. Se viene qualcuno a cercarmi --------------------------------------------------------------------------------------------------------

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46 La toletta di Nittuzzu

Ogni mattina succedeva una specie di gara per lavare e pettinare Nittuzzu, che aveva una naturale paura dell'acqua e del pettine. La sorella doveva pren­derlo fra le gambe, porre intorno al collo e sul petto l'asciugamano, e poi te­nerlo fermo davanti all'acqua, mentre con una mano gli lavava la faccia che il bambino girava di qua e di là, piangendo quasi avesse paura di morire ammaz­zato. E quando era stato ben asciugato, continuava a gridare per evitare che il pettine gli entrasse tra i capelli sempre in disordine.

Le domeniche, quando veniva il barbiere per fare la barba al babbo, Nit­tuzzu scappava fuori di casa, per paura che gli tagliassero i capelli.

- Ti do due soldi; ti do tre soldi! Carmelo farà in un momento. Allora si metteva in piedi sulla sedia e stava fermo sotto le forbici. Ma vo-

leva i soldi prima, per essere sicuro. - Te li tengo io! diceva Maruzzedda. -No! No! Li metteva in un pezzo di carta, e quando si credeva non visto, andava a

nasconderli dietro la casa fra due alberi. Mena aveva scoperto il posto; e la­sciato passare qualche giorno gli portava via i soldi.

Quando il bambino se ne accorgeva, piangeva a lungo, ma poi finiva con il dimenticarsi di tutto.

Libera riduzione da Le ultime paesane di Luigi Capuana (1839-1915)

ESERCIZI

Completare le frasi

1. Ogni mattina succedeva

2. Nittuzzu aveva una naturale------------------------------------------------------------------------------------------------------------

3. La sorella doveva prenderlo --------------------------------------------------------------------------------------------------------

4. porre ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

5. e poi tenerlo ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

6. mentre con una mano --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

7. Il bambino girava ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

8. come se ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

9. E quando era stato ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

10. continuava a ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

11. Le domeniche, quando il barbiere ---------------------------------------------------------------- -------------------------------

12. Nittuzzu ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

13. per paura che ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

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Page 67: Leggere Italiano

47 Tra donne

(Grilletta e Felicita, poi la signora Leonilde)

Grilletta È qui la signora Leonilde. Felicita Va in caml'agna? Grilletta Se ci va? E vestita da viaggio. Felicita Ah! Tutte sì, ed io no. Quando ci penso mi vengono cento mali. Leonilde Buon giorno, signora Felicita. Felicita Buon giorno, signora Leonilde. Come sta? Leoni/de Direi bene. E lei? Felicita Non c'è male. Grazie. (A Grilletta la quale porta due sedie e parte)

Datele da sedere. Leonilde Non si disturbi, sono qui per poco tempo. Sono venuta a farle una

visitina. Felicita Vedo che lei sta per partire. Per dove, se è possibile saperlo? Leoni/de In campagna. Nei nostri terreni. A godere l'autunno, a stare allegra-

mente, con una buonissima compagnia. Felicita Ci starà un pezzo? Leoni/de Tutto l'autunno; fino a che ci staranno gli altri. Felicita Oh! Leoni/de Che ha, che mi pare triste? Felicita Niente, mi fa male un po' la testa. S'accomodi. Leoni/de No, perché bisogna che io vada via. Felicita Quando parte? Leoni/de Oggi, a una certa ora. Felicita Viene il signor Ridolfo? Leoni/de Sì, signora: viene anche il signor Roccolino e altri tre o quattro amici

di mio fratello. Non manca gente; staremo allegri. Felicita Ma! È fortunata la signora Leonilde! Leoni/de Oh, in verità non posso dire il contrario. In casa mi fanno tutto

quello che voglio. Vede questo abito? Me l'hanno fatto ora, apposta per andare in campagna.

Felicita Anch'io me ne faccio uno. Si accomodi un poco. Leonilde No, perché vado via. Di che cosa lo fa questo. abito? Felicita Ci penserò. Mi dispiace vederla in piedi. Leoni/de Bisogna che io me ne vada: mi aspettano. Dica, lei non ci va in cam­

pagna? Felicita Non so; può essere. Leoni/de Poverina! In verità me ne dispiace. Sempre chiusa qui. Hanno poca

carità, quei suoi parenti, e per dirla com'è, poca comprensione. Felicita Oh, non mi è dispiaciuto affatto restare in città; per altro ... Leoni/de Oh, se lei stesse un anno in campagna, come ci stiamo noi, le assi­

curo che non la lascerebbe più. Felicita Stanno allegri dunque?

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Page 68: Leggere Italiano

Leoni/de Allegrissimi! Senta: voglio dirle la vita che abbiamo fatto l'anno pas­sato.

Felicita Non vorrei che per me l'aspettassero. Leoni/de Che me ne importa? Che aspettino. Siamo andati in dodici in campa­

gna, e tutti, uomini, donne, padroni, servi, cavalli, tutti alla nostra villa. Arrivati là, abbiamo trovato preparata una ricchissima cena; dopo cena abbiamo giocato, e, poiché il sonno andava prendendo ora l'uno ora l'altro, e mio fratello ed io eravamo impegnati nel gioco, chi aveva voglia di dormire andava nel primo letto che trovava, ed io ho dovuto dormire con la cameriera e mio fratello su una poltrona.

Felicita Questo è piacere! Questa libertà mi piace. E la mattina, come è an-data poi?

Leoni/de La mattina? Bellissima ... Felicita Ma non stia così in piedi. Leoni/de (Sedendo). La mattina dopo, chi si è alzato tardi e chi si è alzato di

buon'ora. Chi è andato a passeggiare e chi a leggere. Verso mezzo­giorno ci siamo trovati tutti a bere la cioccolata; e poi al gioco, ed abbiamo giocato fino all'ora di pranzo. E dopo chi è andato a dor­mire, chi a passeggiare, e chi... chi, amica, bisogna saper vivere, mi capisce.

Felicita Ed io sempre qui. Leonilde Non farei la vita che lei fa per niente al mondo. Felicita Eh! Questa volta mi sentiranno. Basta. Basta. E così? Com'è andata

poi? Leoni/de È andata benissimo. E tutti i giorni bene, e sempre bene. Tardi a

letto, buona tavola, gioco continuo, amoretti tra un ballo e una pas­seggiata, un poco di dire male del prossimo; abbiamo fatto la villeg­giatura più divertente di questo mondo.

Felicita Queste sono cose, per altro, che si possono fare anche in città. Leoni/de Oh, in campagna è tutta un'altra cosa. Quante cose si possono fare là

liberamente che qui non stanno bene. Per esempio ... Felicita Cara signora Leonilde, non vorrei che lei restasse per causa mia. Leonilde Niente; niente; non ho da fare niente. Felicita Perché mi pareva che lei avesse fretta ... Leoni/de Per esempio, se qui una ragazza uscisse a fare una passeggiata con un

giovanotto, chissà che cosa direbbe la gente? Felicita Oh! Poveri noi! E in campagna è possibile ... Grilletta Signora, la vogliono di sopra. Leonilde Vengo. In campagna è possibile vedere ogni giorno visi nuovi, che

vanno e vengono e parlano con libertà; qui? Pensate. Felicita Qui? Se viene uno in casa, apriti cielo. Leonilde E poi? ... Grilletta Signora, la pregano di fare presto. Leonilde Vado subito. E poi, quell'aria aperta, quel verde, quei fiori, quell'ac­

qua chiara fanno proprio aprire il cuore. Felicita Ed io qui.

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Page 69: Leggere Italiano

Leonilde Poverina! E lei qui. Felicita Ma non ci starò. Grilletta Sente, signora? Bussano. Leonilde Signora Felicita, io me ne vado. Felicita Faccia buon viaggio. Leonilde Vuoi venire con noi? Felicita Se potessi! Leonilde Poverina! Non vogliono, eh? Felicita Oh! Chissà? Leonilde Mi dispiace tanto. È una disgrazia la sua. Felicita Ma se proprio lo vorrò, sono sicura di riuscirei ad andare. Leonilde Io intanto ci vado. Felicita Auguri. Leonilde E mi divertirò moltissimo. Felicita Felice lei! Leonilde E vado presto. E in buona compagnia; e con denari da giocare, e con

degli abiti da mostrare e con l'amico al fianco, che nessuno sa niente. Signora Felicita, la saluto. (Da sé) Muore dal dispiacere. (Parte).

48 La vita fugge

Libera riduzione da l malcontenti di Carlo Goldoni (1707-1793), atto l, scene III e IV

La vita fugge e non si ferma un'ora e la morte viene dietro a grandi passi e le cose presenti e le passate mi danno dolore e le future ancora; e il ricordare e l'aspettare mi fanno per molti motivi soffrire.

In vero, se io non avessi di me stesso una grande pietà, sarei già da tempo fuori da questi pensieri.

Guardando al passato, penso spesso e con tristezza se mai il mio cuore ab­bia avuto un giorno felice; e poi, rivolto il pensiero al futuro, vedo già in peri­colo la barca della mia vita.

Quasi vedo la mia fortuna in porto, ma sono troppo stanco ormai e senza più speranza, perché i begli occhi della mia donna sono spenti.

49 Il senso delle parole

Libera riduzione da Le Rime di Francesco Petrarca (1304-1374), sonetto CC LXXII

Un commerciante di Bari, che deve andare a Roma per affari, lascia tre­cento denari ad un suo amico a queste condizioni:

- Devo partire per un lungo viaggio - dice - e non so se ritornerò. Se non dovessi ritornare, darai questi soldi per carità. Se, invece, ritornerò, mi ri­darai quello che vorrai.

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Page 70: Leggere Italiano

Il commerciante parte. Ritornato a Bari dopo qualche tempo, chiede indie-tro i suoi soldi.

L'amico risponde: - Ti ricordi delle condizioni che abbiamo stabilito? - Certamente - risponde l'altro. E gliele ripete per filo e per segno. - Eccoti allora dieci denari, mentre io ne tengo per me duecentonovanta. Il commerciante non è per nulla contento. E l'altro, allora: - Io non ti faccio torto; ma se tu credi che questo non sia giusto, por­

tiamo le nostre ragioni davanti al giudice. Il giudice sente le parti e, dopo un attento esame della faccenda, dà questa

risposta all'amico del commerciante: - Tu devi rendere duecentonovanta denari e prenderne per te solo dieci,

perché è stato detto: mi renderai quello che tu vorrai. Poiché quello che tu vuoi sono proprio duecentonovanta denari, questo è quanto devi rendere al tuo amico.

Libera riduzione dal Novellino (sec. XIII)

50 L'arte di Mirandolina (Mirandolina con le lenzuola 1 e il Cavaliere 2)

Mirandolina Cavaliere Mirandolina Cavaliere M irandolina Cavaliere Mirandolina Cavaliere

Mirandolina

Cavaliere

Mirandolina

Cavaliere Mirandolina Cavaliere

Mirandolina Cavaliere Mirandolina

(Entrando) Permette, Signore? (In modo duro) Che cosa volete?

' (Si avvicina un poco) Ecco qui delle lenzuola, delle migliori. (Indica il tavolo) Bene. Mettetele lì. Vuole almeno vedere se sono di suo gusto? Che roba è? (Si avvicina ancora di più) Sono di ottima qualità. Non chiedevo tanto. Mi bastava qualche cosa di meglio di quello che mi avete dato prima. Queste lenzuola le ho fatte per persone importanti: per quelle che le sanno riconoscere e in verità ve le do perché siete voi: ad un altro non le darei. «Perché siete voi»! Il solito complimento ... (Da sé) In verità non si può dire che questa donna non sia gentile. (Da sé) Veramente ha un viso così duro che sembra che non gli piacciano le donne. Date le lenzuola al mio cameriere, o mettetele da qualche parte. Per me è un gran piacere servire una persona come lei. Bene, bene, non mi serve altro; (Da sé) Mirandolina vorrebbe mostrarsi simpatica. Donne! Tutte così. Le metterò sul letto. (Serio) Sì, dove volete. (Da sé; va a mettere a posto le lenzuola) Oh, vi è del duro, ho paura di non far niente.

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Page 71: Leggere Italiano

Cavaliere

Mirandolina Cavaliere M irandolina

Cavaliere Mirandolina

Cavaliere

M irandolina

Cavaliere Mirandolina Cavaliere Mirandolina

Cavaliere Mirandolina Cavaliere M irandolina Cavaliere Mirandolina

Cavaliere M irandolina

Cavaliere Mirandolina Cavaliere Mirandolina Cavaliere

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(Da sé) Gli stupidi sentono queste belle parole, credono a chi le dice, e cadono. (Ritornando senza le lenzuola) A pranzo che cosa desidera? Mangerò quello che ci sarà. Vorrei sapere quali sono i suoi gusti. Se le piace una cosa più dell'altra, dica pure. Se vorrò qualche cosa, lo dirò al cameriere. Ma in queste cose gli uomini non hanno l'attenzione e la pazienza che abbiamo noi donne. Se le piacesse qualche sughetto o qual­che cosa di particolare, la prego di dirlo a me. Vi ringrazio: ma neanche in questo modo riuscirete a far con me quello che avete fatto col conte 3 e col marchese 4 •

Ha visto quei due signori? Prendono una camera nel mio albergo, e poi vogliono far l'amore con la padrona. Ma noi abbiamo altro per la testa, che ascoltare le loro parole. Cerchiamo di fare il no­stro interesse; se diciamo loro delle buone parole, lo facciamo per tenerli nel nostro albergo. E poi quando io vedo che loro fanno troppo i gentili, rido come una matta. Brava, mi piacciono questi vostri modi sinceri. Oh, io non ho altro di buono. Ma però con chi vi sta intorno ci sapete fare ... Io saperci fare? Per l'amor del cielo! Domandi un po' a quei due signori che fanno gli innamorati, se ho mai. dato loro un segno d'affetto, se ho mai scherzato con loro in maniera da dare qual­che speranza. Non li tratto male perché il mio interesse non lo vuole, ma poco meno. Questi uomini con modi femminili non li posso vedere. Come non posso vedere le donne che corrono die­tro agli uomini. V ed e? Io non sono più una ragazza. Ho qualche annetto; non sono bella, ma ho avuto delle buone occasioni; ep­pure non ho mai voluto sposarmi, perché amo troppo la mia li­bertà. Oh sì, la libertà è un gran tesoro. E tanti la perdono stupidamente. Ma io so bene quello che devo fare. Lontano da me questa idea. Ha moglie signore? Il cielo me ne liberi! Non voglio donne. Bravissimo. Rimanga sempre così. Le donne, signore ... Basta, non sta a me dirne male. Per la verità siete la prima donna che io sento parlare così. Le dirò. Negli alberghi vediamo e sentiamo tante cose; in verità ho pietà per quegli uomini che hanno paura di noi donne. (Da sé) È strana questa donna. Con il suo permesso... (Fa per uscire). Avete molta fretta di andarvene? Non vorrei darle fastidio. No, mi fate piacere; mi divertite.

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Mirandolina

Cavaliere Mirandolina Cavaliere Mirandolina

Cavaliere Mirandolina Cavaliere Mirandolina

Cavaliere Mirandolina Cavaliere Mirandolina

Cavaliere Mirandolina

Cavaliere Mirandolina

Cavaliere

Mirandolina

Cavaliere Mirandolina

Cavaliere Mirandolina

Cavaliere Mirandolina Cavaliere Mirandolina

4.

Vede, signore, così faccio con gli altri. Resto qualche momento; sono piuttosto allegra, racconto delle piccole storie per divertirli, ed essi subito credono... Lei mi capisce ... Questo accade perché avete delle buone maniere. Troppo buono, signor Cavaliere. Ed essi s'innamorano. Vede come sono deboli gli uomini! Innamorarsi subito di un donna! Questo io non l'ho mai potuto capire. Bella forza d'animo! Che uomini! Sono deboli, poveri uomini! È così che devono pensare i veri uomini. Signor Cavaliere, mi dia la mano. Perché volete che io vi dia la mano? Non abbia paura, sono pulita. Ecco la mano. Questa è la prima volta che ho l'onore di stringere la mano di un uomo che pensa veramente da uomo. Via, basta così. (Ritira la mano). Ecco. Se io avessi stretto la mano di uno di quei due signori, avrebbe subito creduto che io fossi innamorata di lui. Invece non permetterei loro la più piccola libertà per tutto l'oro del mondo. Non sanno vivere ... Se posso esserle utile me lo dica senz'altro; avrò per lei quelle attenzioni che non ho mai avuto per alcuna persona di questo mondo. Perché siete così tanto gentile con me? Per la sua condizione e perché con lei posso trattare con libertà, senza paura che voglia fare cattivo uso delle mie attenzioni. (Da sé) Che cosa ha di strano questa donna, che io non com­prendo? (Da sé) A poco a poco riuscirò a fargli fare tutto quello che vorrò. Ecco, se dovete badare alle cose vostre, non restate per me. Sì, signore, vado a fare le faccende di casa. Queste sono i miei amori, sono tutta la mia vita. Se desidera qualche cosa, manderò il cameriere. Bene... Se qualche volta verrete anche voi, vi vedrò volentieri. Io veramente non vado mai nelle stanze degli ospiti, ma da lei ci verrò qualche volta. Da me ... Perché? Perché, signore illustrissimo, lei mi piace moltissimo. Vi piaccio io? Mi piace perché lei è veramente un uomo, perché non è uno di quelli che si innamorano. (Da sé) Mi cada il naso, se prima di domani non lo faccio innamorare. (Parte).

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(Il Cavaliere solo)

Cavaliere Eh! So io quel che faccio. Con le donne? Lontano! Questa sa­rebbe una di quelle che potrebbero farmi cadere più delle altre. Quella verità, quel modo di parlare, è cosa poco comune. Ha un non so che di strano; ma non per questo mi lascerei innamorare. Per un poco di piacere, mi fermerei con questa piuttosto che con un'altra. Ma per fare all'amore? Per perdere la libertà? Non c'è pericolo. Pazzi, pazzi quelli che si innamorano delle donne. (Parte).

Libera riduzione da La Locandiera di Carlo Goldoni (1707-1793), atto l, scene XV e XVI

1 lenzuolo: sheet, drap, Bettuch, sabana. 2 cavaliere: knight, chevalier, Ritter, caballero. 3 conte: count, comte, Graf, conde. 4 marchese: Marquis, marquis, Marquis, marqués.

51 Se io fossi fuoco

Se io fossi fuoco, brucerei il mondo; se fossi vento, lo porterei con me; se fossi acqua, a forza di bere morire lo farei; se fossi Dio, laggiù lo getterei.

Se fossi papa, allora sarei contento, ché tutti quanti prenderei per il naso; se fossi un grande re, sai che farei? Ad ogni uomo la testa taglierei.

Se fossi morte, andrei da mio padre; se fossi vita, fuggirei da lui; la stessa cosa farei con mia madre.

Se fossi Cecco, come sono e fui, le donne giovani e belle prenderei e quelle vecchie e brutte agli altri lascerei.

Libera riduzione da S'i fossi foco di Cecco Angiolieri (1260-1312)

ESERCIZI

Completare

1. Se io fossi fuoco,

2. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------, lo porterei con me.

3. Se fossi acqua, --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

4. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------··-------------· laggiù lo getterei

5. Se fossi papa, ·--------·-------·--·---------··----······--·--··---····-----·-------------·----····--- --------··---·-------···--··------·------·--

6. ------------------------------------------------------------------------------------------------· ad ogni uomo la testa taglierei.

7. Se fossi morte, ----·------·------·--·----····--··----···-------··------·-----·----···------·-----·····---···--··~···-··-------·---·--·---··-------·

8. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------· fuggirei da lui.

9. Se fossi Cecco come sono e fui,

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52 Bellarmino e l'ordine

Bellarmino, un nostro compagno di scuola, non aveva il minimo senso del­l' ordine ed era sempre con la testa fra le nuvole.

Era rimasto presto senza madre. La mattina arrivava a scuola con certe scarpe, con certe calze, con certi pantaloni che non andavano mai d'accordo tra loro; perché le calze cercavano di scappare dalle scarpe, queste dai piedi, e i pantaloni appena si attaccavano ai fianchi. Non parlo delle mani colore caffè e latte, del collo e di certe orecchie ... I suoi libri offrivano il triste spettacolo di diventare ogni giorno più piccoli, quasi che egli mangiasse la sua scienza a fo­glio a foglio; ed era una vera fortuna se riuscivano ad arrivare alla fine del­l'anno.

Anche i suoi affetti cambiavano di giorno in giorno: oggi era tutto per me, domani tutto per te, un altro giorno di tutti o di nessuno. Chi l'ha conosciuto a fondo dice che egli era ugualmente sincero in ogni momento e che viveva nel momento e del momento. Abitava a pensione in casa di una donna, sua lontana_ parente, presso cui era stato lasciato dal padre, che faceva il viaggiatore di commercio.

Nella stanza di Bellarmino potevi trovare di tutto e nel posto meno adatto. Libri per terra, sul Ietto, sotto, e perfino ... nella libreria. I cassetti, aperti a metà, mostravano le cose più varie. Fotografie, cravatte, sapone, romanzi, chiavi, camicie, fiammiferi, pezzi di vetro, pezzi di formaggio, pezzi di ciocco­lata, fazzoletti usati, bottoni, sigarette, lettere, facevano una strana e polverosa insalata.

Libera riduzione da L'età preziosa di Emilio De Marchi (1851-1901)

ESERCIZI

Indicare la risposta giusta fra le tre proposte

1. «Non aveva il minimo senso dell'ordine •• significa che: Non conosceva il significato dell'ordine O Era disordinato O Non obbediva mai a nessuno O

2. "Era sempre con la testa fra le nuvole •• significa che: Bellarmino era molto alto O Guardava sempre il cielo O Non era mai atten-to O

3. Quando si dice che Bellarmino arrivava «con certe scarpe, con certe calze, con certi pantaloni, significa che: Queste cose erano sicure e forti O Queste cose erano fuori moda O Queste cose erano troppo grandi per lui O

4. E quando si parla di "certe orecchie •• si intende: Orecchie grandi O Orecchie brutte O Orecchie sporche O

5. Nella espressione «il triste spettacolo •• quale aggettivo potrebbe sostituire 'triste'?:

brutto O cattivo O pauroso O

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Page 75: Leggere Italiano

6. "Oggi era tutto per me" significa: Era pieno di affetto e amicizia per me O Passava tutto il tempo con me O Era molto importante per me O

7. «Viveva nel momento e del momento,, significa:

Si preoccupava del futuro D Viveva senza preoccupazioni O Viveva ogni mo-mento O

53 Bellarmino avvocato

Tre lettere importanti

L'avvocato Bellarmino mantiene sempre un'idea tutta personale dell'ordine, ma è intelligente e capace e possiede una memoria di ferro. I suoi colleghi pen­sano che sia un bravo avvocato e lo temono.

Una mattina lo vedo entrare nella mia stanza fuori di sé e con i capelli di­ritti come al solito.

Che cosa è accaduto, Bellarmino? - gli chiedo sorpreso. - Hai tempo di venire con me? - Subito; qualche disgrazia, forse? - Ah, sta' zitto, butterei via la testa. Vieni, non perdiamo tempo. Bisogna

che tu mi aiuti a trovare delle carte. - Hai perduto carte importanti? - È il diavolo che me le ha portate via. Andiamo, fammi questo piacere. Bellarmino, volando per le scale, con il suo gran passo, mi conduce a casa

sua. In questi giorni l'avvocato Bellarmino ha tra le mani una causa politica, in

cui ci sono dentro giornalisti e parecchi pezzi grossi della città e con loro tutto il «partito dell'ordine», contro il «partito detto del disordine». Bellarmino per sua natura è avvocato del «disordine» e, come accade in queste cause in cui è fortissima la passione di partito, le cose sono arrivate ad un punto molto peri­coloso.

Un amico ha consegnato all'avvocato Bellarmino tre letterine, in cui si di­cono cose da mettere in serio pericolo una persona seduta molto in alto, pre­sente alla causa, voglio dire lo stesso Presidente.

L'ultimo giorno della causa, Bellarmino crea in aula la fine del mondo. Promette di portare certe lettere che potrebbero mettere paura agli amici del­l'« ordine».

Il Presidente si alza in piedi e grida: - Portate queste carte! I giudici gridano: - Fuori il nome! Il nome! Gridano gli avvocati, grida il pubblico, gridano i giornalisti, gridano tutti. .. .......,. Sì, io porterò domani queste carte, e voi leggerete con i vostri occhiali

d'oro il nome che cercate. Voi vedrete e toccherete con mano la verità.

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Page 76: Leggere Italiano

Gli amici dell'avvocato battono le mani e gridano: «Bravo!», «Bravo!». Il Presidente fa uscire tutti dall'aula.

Le lettere non si trovano

Bellarmino corre subito a casa e cerca le tre famose lettere che deve portare in aula il giorno dopo ... Dove sono le lettere? Dove le ha messe? Le ha rice­vute veramente? Che sia stato un sogno? Viene l'amico che gliele ha portate e assicura di avergliele date proprio in mano. Sta bene, si ricorda; pensa di averle messe qui, là, crede di averle nascoste in una borsa. No. Nemmeno. I capelli si son fatti più diritti ed elettrici del solito.

Non è il caso di pensare che le abbiano rubate, perché nel suo studio è impossibile che entrino altri che lui. Si ricorda di aver chiuso sempre a chiave ogni volta che è uscito. Non ha nessun dubbio che le lettere siano in casa, lì in mezzo alle altre carte. Ma le carte sono tante, una montagna, e a metterei le mani dentro, la montagna cade, il disordine cresce e ti viene addosso.

Ci chiudiamo in tre nello studio. E, sicuri, dietro le sue parole, che le tre famose lettere non siano uscite di là, cominciamo un regolare e attento lavoro che sta nel riportare alla luce il nostro tesoro nascosto.

E cerca cerca, gira e guarda, apri e chiudi libri, muovi montagne di carte ferme da anni, guarda in ogni pagina, prendi di qua, metti di là, con la febbre addosso non tanto per la causa che, come al solito, sarebbe finita nel nulla, ma per la brutta figura che Bellarmino sta per fare con la città e con il paese. Però, per quanto si cerchi, le lettere non saltano fuori.

Bellarmino si sente un uomo rovinato, finito. Lo preghiamo di rimpnt~re tranquillo, di non mettere le mani nelle carte, di lasciare fare a noi; pent:i, f.h­vece, cerchi di ricordare dove abbia potuto mettere quelle benedette lettere.

La sorpresa

Il nostro difficile lavoro dura fino a notte alta. A mezzanotte Bellarmino ha una febbre da cavallo. Chiamiamo un medico. Il caso è grave. Il malato dice frasi senza senso, parole poco chiare ...

Verso le prime ore del mattino Bellarmino sembra, per un momento, avere ripreso coscienza: le sue idee appaiono chiare; parla fra sé di lettere dentro ... un cappello nuovo. Lo trovo, glielo porto: le lettere non ci sono.

- Tu hai fatto un sogno! - dico. - Scusa, questo non è il mio cappello - risponde Bellarmino guardan-

dolo con gli occhi rossi di febbre. - Il mio è nuovo, comprato proprio per questa occasione, e questo, invece, ha qualche anno di servizio.

Non è la prima volta che Bellarmino prende il cappello di un altro. - Vado subito a vedere - dico. Prendo il cappello sbagliato e vado a cercare il vero. Il portiere pare che

sappia già da un pezzo dello sbaglio. Mi prega di aspettare un minuto. Prende il cappello vecchio, entra in una stanza vicina e cinque minuti dopo torna con il nuovo. Guardo dentro il cappello e vedo, ben nascosti all'interno, dei fogli di

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carta azzurra, messi lì da Bellarmino per stringere un poco il giro. Faccio un rapido esame dei fogli, leggo la firma e c'è proprio quel nome che doveva far morire di paura il Presidente e tutto il «partito dell'ordine».

- Scusi, buon uomo - dico, mettendo una piccola mancia in mano al portiere - a chi è servito intanto questo cappello?

- Al Presidente - risponde serio il portiere. Quando dico a Bellarmino che le lettere che dovevano far saltare il Presi­

dente erano state proprio sulla testa del Presidente, prima mi guarda a lungo con l'occhio spento, poi, abbandonata la testa sulla poltrona, comincia a ridere con tanto gusto che si sente guarito del tutto.

Poi alla fine dice: - Capisco che l'avvocato non è il mio mestiere. Cercherò di fare l'impie­

gato. Che te ne pare? - Sì, tu sei nato per lavorare in una... biblioteca.

Libera riduzione da L'età preziosa di Emilio De Marchi (1851-1901)

ESERCIZI

a) Scegliere e coniugare il verbo adatto fra quelli proposti

L'avvocato Bellarmino ---------------------------­sempre un'idea tutta personale dell'or-dine, ma ____________________ intelligente e capace e ________________________________ una memoria di ferro. l suoi colleghi ____________________________ che sia un

bravo avvocato e lo ----------------------------------------Una mattina lo -------------------------------------------­

entrare nella mia stanza fuori di sé con i capelli diritti come al solito. -Che cosa è ____________________________________________________________ Sellar-mino? Gli ________________________________________ sorpreso. -Hai tempo di ________________________________ con me?

- Subito; qualche disgrazia, forse? - Ah, sta' zitto, ------------------------------------------------via la testa. Vieni, non -----------------------------------­tempo. Bisogna che tu mi ---------------------------­a trovare delle carte.

b) Completare

conservare l mantenere l riservare

essere l stare l rimanere ricordare l possedere l usare pensare l credere l volere tenere l temere l cercare guardare l trovare l vedere

avvenire l capitare l accadere domandare l chiedere l chiudere stare l venire l rimanere

posare l mettere l buttare cercare l trovare l perdere servire l aiutare l sistemare

Bellarmino corre subito ____________ casa e cerca ____________ tre famose lettere ____________ deve portare in ____________ il giorno dopo ____________ sono le lettere? ____________ le ha messe? ------------ ha ricevute veramente? Che sia stato ____________ sogno? Viene l'amico ____________ gliele ha portate ____________ assicura di avergliele ____________ proprio in mano. ____________ bene, si ricorda; ____________ di averle messe------------· là, crede di ____________ nascoste in una ____________ No. Nemmeno. l ____________ si son fatti ____________ diritti ed elettrici ------------ solito.

Non è ____________ caso di pensare ------------ le abbiano rubate, ____________ nel suo studio __________ __

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impossibile che entrino ____________ che lui. Si ____________ di aver chiuso ____________ a chiave ogni ____________ che è uscito.

____________ ha nessun dubbio ____________ le lettere siano ____________ casa, lì in ____________ alle altre carte. ------------ le carte sono ____________ , una montagna, e ____________ metterei le mani ............ , la montagna cade, ____________ disordine cresce ____________ ti viene addosso.

54 Signor Agatone

Signor Agatone,

rispondo alla Sua lettera, benché non abbia niente di nuovo da aggiungere a quello che Lei sa.

So dalla Sua ultima che Lei rimane fermo sulla Sua decisione, quantunque Lei possa bene immaginare il grande dolore che mi procura.

Dopo molte riflessioni, mi sono decisa a risponderLe, affinché Lei sappia, una volta per tutte, che niente al mondo mi farà cambiare idea. Glielo ripeto per l'ultima volta: La sposerò, sì La sposerò, a patto che Lei cambi quel Suo terribile nome.

Se vorrà farmi contenta, e lo spero con tutto il cuore, non è necessario che venga da me; basterà che Lei mi scriva due righe e il Suo triste uccellino volerà da Lei, finalmente felice.

Attendo con serena fiducia una risposta.

ERMENEGILDA

ESERCIZI

Completare con le congiunzioni o locuzioni congiuntive

1. Rispondo alla Sua lettera ____________ non abbia niente di nuovo da aggiungere.

2. Lei rimane fermo sulla Sua decisione ............ sappia quanto dolore mi procura.

3. Le rispondo ____________ Lei sappia che niente mi farà cambiare idea.

4. La sposerò ____________ cambi quel Suo terribile nome.

5 . ............ che Lei venga da me.

6. ____________ che Lei mi scriva due righe e io sarò da Lei.

55 Demetrio vende l'orologio

Era un vecchio orologio d'argento, di quelli grossi così. Papà Vincenzo l'a­veva avuto da suo padre, che l'aveva avuto da un ufficiale, il quale a sua volta ... , insomma era un meraviglioso orologio che, dopo avere contato le ore

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belle e brutte dei vecchi di casa, continuava a indicare al nuovo e ultimo pa­drone un tempo inutile.

Dopo aver tentato due volte di venderlo come orologio, preso dalla paura del poco o nulla che gli offrivano nelle botteghe, provò a darlo via come og­getto antico. E fu più fortunato. Un tipo che sta di casa in San Vito, una vec­chia strada milanese, e che forse cercava proprio un oggetto simile, si decise a dare trentacinque lire; molto più di quanto gli offrivano gli altri.

Demetrio nel venire via provò un senso di dispiacere e di dolore. Gli sem­brò di essere come il suo orologio di Vienna e si accorse che anche lui era un oggetto fuori uso, con la differenza - sempre qualche differenza! - che per trentacinque lire nessuno l'avrebbe voluto.

Più volte senza pensarci la sua mano andava a cercare al solito posto e ri­maneva quasi sorpresa di non trovare l'orologio; poi di notte - e adesso capi­tava spesso di non poter dormire - gli dispiaceva di non sentire più il solito «tic» «tac» del vecchio amico che prima g1i teneva compagnia.

Non è il caso di dire che in quel «tic» «tac» egli sentisse la voce dei vecchi che avevano riscaldato l'orologio con il caldo del loro corpo e che avevano da un pezzo finito di batter il loro tempo. Ma è certo che egli, guardando nel buio della notte molte pagine della sua vita passata, aveva quasi il senso d'un tempo vissuto in un altro mondo.

Libera riduzione da Demetrio Pianel/i di Emilio De Marchi (1851·1901)

56 Il figlio del re e le donne

Un re ha un figlio. Un giorno i più grandi dottori di palazzo visitano il bambino e dicono che se non rimarrà al buio per dieci anni, perderà la vista. Perciò il re tiene nascosto il figlio lontano dalla luce del sole per ben dieci lun­ghissimi anni. Passato questo tempo, gli mostra il mondo, il cielo, il mare, l'oro e l'argento, le bestie e la gente.

Tra le altre cose gli fa vedere anche delle belle ragazze: il giovane domanda chi sono e il re gli risponde che sono «diavoli». E allora quello subito dice:

- Questi diavoli veramente mi piacciono più di tutto quello che mi hai fatto vedere.

Libera riduzione dal Novellino (sec. XIII)

ESERCIZI

Cambiare le parti indicate con altre di significato simile, secondo l'esempio: Un re (Un sovrano) ha un figlio (un bambino): Un sovrano ha un bambino

Un re ha un figlio. Un giorno i più grandi dottori di palazzo visitano il bambino e di­cono che se non rimarrà al buio per dieci anni, perderà la vista. Perciò il re tiene nasco-

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sto il figlio lontano dalla luce del sole per ben dieci lunghissimi anni. Passato questo tempo, gli mostra il mondo, il cielo, il mare, l'oro e l'argento, le bestie e la gente.

Tra le altre cose gli fa vedere anche delle belle ragazze; il giovane domanda chi sono e il re gli risponde che sono «diavoli ••. E allora quello subito dice:

- Questi diavoli veramente mi piacciono più di tutto quello che mi hai fatto vedere.

57 La storia delle pecore 1

Ezzelino Da Romano tiene in casa un uomo che ha il compito di raccontare storielle; gliele fa raccontare, di solito, nelle lunghe serate d'inverno e fino a notte alta. ·

Una volta accade che il pover'uomo ha una gran voglia di dormire; ma Ez­zelino continua a pregarlo di raccontargli qualcosa. Il poveretto incomincia al­lora la storia d'un contadino che va al mercato per comprare delle pecore. Tornando a casa con le pecore che sono più di trecento, trova che il fiume, che ha passato al mattino, è cresciuto per la pioggia. Sulla riva c'è una piccola barca che può portare una sola pecora alla volta. Il contadino comincia a far passare le pecore.

A questo punto l'uomo che racconta si ferma. Ezzelino domanda perché si è fermato e quello risponde:

- Signore, lasciamo prima passare tutte le pecore e poi continueremo a raccontare la storia.

Libera riduzione dal Novellino (sec. XIII)

1 pecora: sheep, mouton, Schaf, oveja.

58 L'asino 1 rubato

Un giorno di mercato, una contadina viene a Napoli con il suo asino per vendere la frutta.

Posta davanti a sé tutta la roba da vendere e l'asino da un lato, comincia il suo lavoro. E mentre a gran voce chiama la gente, di tanto in tanto guarda il suo bell'asino per paura che qualcuno glielo rubi.

Il mercato di Napoli è visitato regolarmente da ladri che la sanno lunga sul modo di farla al prossimo. Così anche quel giorno sono presenti e pronti al loro lavoro. Vedono l'asino, in verità molto bello, e decidono di rubarlo; ma vedono anche che la padrona non lo perde d'occhio un momento. Studiano al­lora questo sistema: due di loro si mettono a parlare con la donna e mostrano di voler comprare e questo e quello; e mentre tengono così occupata la conta­dina, il terzo prende l'asino e se lo porta via. Quando l'animale è ormai sparito, i due clienti decidono che la frutta non è del tutto di loro gusto e se ne vanno senza comprare niente.

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Partiti i due, la contadina gira gli occhi verso l'asino e, non vedendolo più, alza al cielo alte grida di dolore, si porta le mani ai capelli, batte i piedi per terra, fa insomma un tal rumore, da richiamare tutta l'attenzione del mercato. Vorrebbe correre a cercare il suo asino, ma ha paura di perdere anche la frutta.

I tre ladri, intanto, si sono ritrovati e decidono di vendere l'asino ai frati 2

di Santa Maria. Vanno al convento 3 , bussano, e al padre che viene ad aprire dicono:

- Nostro padre aveva promesso di !asciarvi, alla sua morte, la somma di dieci ducati. Ora egli è morto e noi vogliamo pagare questo debito. Ma, poiché non abbiamo per il momento i denari, siamo venuti ad offrirvi quest'asino, l'u­nica cosa che abbiamo. Come potete vedere, è bello e di gran valore: almeno trenta ducati può essere il suo prezzo. Perciò siamo pronti a !asciarvelo, a patto

, che vogliate darci la differenza. Il frate fa esaminare la bestia e, trovatala giovane e forte, dà ai giovani

venti ducati. Ma la storia non finisce qui. I ladri, infatti, non sono ancora contenti di quello che hanno guadagnato e

ne pensano un'altra. Vanno dalla donna che piange ancora tutta disperata e uno di loro le dice: - Non prendertela così: se l'asino che ho visto in un certo posto è il tuo,

io posso dirti dov'è; e tu potrai facilmente riaverlo, a patto che mi dia una bella mancia.

La donna non sta più in sé dalla gioia; si fa indicare il posto, dà una buona mancia al giovane e corre dal suo asino, mentre una vicina di sua fiducia le guarda la frutta.

Giunta al convento, con altri due contadini suoi amici, spiega la cosa ai frati e vuol vedere l'asino. I frati la conducono là dove hanno messo la bestia tranquilla a mangiare e la contadina subito la riconosce. Vuole portarsela via, grida con quanta voce ha in gola che non può fare a meno del suo asino, ma i frati non sono d'accordo; l'hanno pagato venti ducati; è il loro ormai.

A questo punto, i due contadini, amici della donna, cercano di convincere così i frati:

- Che direbbe la gente se venisse a sapere che voi avete comprato un asino rubato? Qualcuno potrebbe pensare che eravate d'accordo con i ladri; la cosa potrebbe avere un seguito non molto piacevole.

Finalmente i frati si convincono e, per quanto dispiaccia loro perdere i venti ducati, lasciano andare la donna col suo asino. Questa riprende al mercato la frutta rimasta e se ne va convinta che per evitare il male del prossimo non vale tenere gli occhi ben aperti e che non si può avere fiducia nemmeno dei frati. ..

Libera riduzione da L'asino rubato e ricuperato di Francesco Angeloni

1 asino: donkey, ane, Esel, asno. 2 frate: monk, moine, Monch, monje. 3 convento: convent, couvent, Kloster, monasterio.

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59 Lo scrittore che non sapeva leggere

Giosue Carducci 1 si trova un giorno fermo all'ingresso della posta centrale di Bologna. Un contadino si avvicina e, non sapendo chi è, gli domanda:

- Sa leggere? - Un pochino - risponde ridendo il poeta. - Allora mi faccia il favore di leggermi questa cartolina. Carducci prende la cartolina dalle mani del contadino, ma poiché è scritta

malissimo, non riesce a leggerla facilmente. Il contadino allora gliela riprende dicendo:

- Lei mi fa perdere tempo! Perché non mi ha detto prima che nemmeno lei sapeva leggere? ...

1 Giosue Carducci (183 5-1907), grande poeta e scrittore, Premio No bel per la letteratura nel 1905.

60 Il fumo e il suono

In un piccolo paese dell'Umbria vive un uomo molto povero che difficil­mente riesce a mangiare tutti i giorni e spesso deve saltare il pranzo o la cena.

Una sera d'inverno, mentre passa per una via, è richiamato dal fumo che esce dalla finestra della cucina di un ristorante. Ha con sé un pezzo di pane. Lo tiene a lungo sopra quel fumo; lo gira e lo rigira, e poi se lo mangia. Proprio quella sera il padrone del ristorante non ha fatto buoni affari. Per questo si rivolge al poveretto che sta fuori e gli dice:

- Pagami quello che hai preso. - Io, della tua cucina, non ho preso altro che fumo - risponde quello. La cosa finisce davanti al giudice. Finalmente, dopo aver molto discusso, la

decisione è questa: «Poiché il povero ha goduto il fumo, ma non ha toccato nulla, prenda un soldo e lo batta sul banco. Il suono pagherà il conto del fumo».

Libera riduzione dal Novellino (sec. XIII)

ESERCIZI

a) Completare

1. In un piccolo paese deii'Umbria vive

2. 3.

Quest'uomo spesso ....................................................................................................................... .

Una sera d'inverno, mentre passa .............................................................................................. ..

4. è richiamato ....................................................................................................................................... .

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5. Ha con sé -------·-··---·····················--·······-···--··-------·····--······················-········-··-·······································

6. Lo tiene a lungo ···-----·····················-···········-········--·-···-··------··--·---······················-···---············-~----·-·····

7. e poi -··--···--·----------···············-·····-·--·······------------------------·······················-·······-----·······················-··-········

8. Proprio quella sera il padrone ············································--··-···-·-·····················--··················-···

9. Per questo si rivolge ································-············-··-····----····························-··--···-·-················--·-····

10. e gli dice:- --····················-······················---·-··-···-·-·-··------·······························-·····-··-··················-·······

11. -lo, della tua cucina, ·······------------------·--·----··--------·-···················-·······--·-···························-············

12. La cosa finisce ··················-······---·---···-·---··-····-····--····························-·-···························-···················

13. E la decisione è questa:

b) Rispondere alle domande

1. Come è l'uomo di questo racconto? ········-······--···-···-·-··························----···················-···············

2. Dove vive? ········---·····---·-····································-------------·-·-·-····················---·····---·················-·--············

3. Come è il paese deii'Umbria? ·························--·····························-····-······················-··--···············

4. Dove si awicina l'uomo? ························-···········---------································-··-··-·················-··········

5. Quando si awicina alla finestra del ristorante? -------·························-···-······-·············-····-·········

6. Che cosa lo fa awicinare alla finestra? ································-·-·················································

7. Che cosa ha con sé? ·································-·····----·-·-·--··················--··--······················-·······················

8. Dove tiene il pezzo di pane? ········-········-········-··························--··········································-······

9. Che cosa fa poi? ····················---··-··-··----····--···················-···-···---························-·-······························

10. Chi lo vede mentre mangia il pane? ················-······-·-·-··-·····················--······································

11. Perché il padrone del ristorante si rivolge al povero con parole poco gentili? ........... .

12. Che cosa risponde il povero? ····---·-·····-·-·····-····················--···-·····················-·································

13. E la cosa come finisce? ································----------··························-···········································

14. Con che cosa paga il fumo? ·········-·-·-·-·----··························-····-·-·········································-·······

15. Che cosa significa «Saltare il pranzo»? ······-·····--------··--··················---------·-···············--·-············

16. Che cosa significa «fare buoni affari»? -------·--·-·-·················-·······------···················------··············

61 San Francesco d'Assisi (1181-1226)

Ama e serve i poveri e i malati, dà consigli a re e papi, ascolta e capisce il canto degli uccelli, sposa la povertà, parla ai fiori, al sole, all'acqua, al fuoco, alle stelle, al vento, agli animali, all'amore e alla morte, costruisce conventi 1 e chiese, fa conoscere la parola di Dio a tutta la terra.

Ma soprattutto l'Umbria vive ancora e sente la sua presenza nei suoi luoghi più belli: Perugia, Gubbio, Todi, Spello, Spoleto, Foligno, il monte della Verna e tanti altri piccoli paesi portano i segni della sua presenza.

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È insieme poeta, uomo e santo. Si racconta che quando nasce, un volo di uccelli gira sul tetto della sua casa; e quando il Santo muore, al tramonto di una serena e tranquilla giornata di ottobre, gli uccelli, amici della luce, volano intorno alla finestra della povera e nuda stanza.

Questo leggiamo intorno alle sue ultime ore in questa terra: malato e quasi cieco, si fa mettere nudo sulla nuda terra; alza la faccia al cielo, prega a lungo e canta; chiama tutti i suoi frati 2 e li invita ad essere felici nella povertà e nell'amore di Dio.

1 convento: convent, couvent, Kloster, monasterio. 2 frate: monk, moine, Monch, monje.

62 Il Cantico delle Creature

Altissimo, buon Signore, che tutto puoi, tuoi sono la gloria, l'onore e ogni benedizione. Essi sono solo per te, Altissimo, e nessun uomo è degno di nomi­narti.

Sia gloria a te, o mio Signore, con tutte le creature: specialmente fratello sole che fa il giorno, e per lui ci dai la luce; ed esso è bello e lucente e grande; di te, Altissimo, è la vera figura.

Sia gloria a te, o mio Signore, per sorella luna e per le stelle: in cielo le hai create chiare e belle.

/

Sia gloria a te, o mio Signore, per fratello vento e per l'aria e le nuvole e il sereno e ogni tempo, con il quale alle tue creature dai la vita e la forza.

Sia gloria a te, o mio Signore, per sorella acqua, la quale è molto utile, semplice e pura.

Sia gloria a te, o mio Signore, per fratello fuoco, per il quale fai chiara la notte: ed esso è bello, allegro e forte.

Sia gloria a te, o mio Signore, per sorella nostra madre terra, la quale ci aiuta ed ha cura di noi e produce parecchi frutti con colorati fiori ed erba.

Sia gloria a te, o mio Signore, per quelli che dimenticano per il tuo amore e soffrono malattie e dolori: felici quelli che soffriranno in pace, poiché da te, Altissimo, saranno premiati.

Sia gloria a te, o mio Signore, per sorella nostra morte, dalla quale nessun uomo ·vivente può scappare: guai a quelli che morranno nel peccato mortale! Felici quelli che si troveranno nella tua santa volontà, perché la seconda morte non farà loro alcun male!

Rendete gloria e benedite il mio Signore e ringraziatelo e servitelo con grande amore.

Libera riduzione da Il cantico delle creature di San Francesco d'Assisi (1182-1226)

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63 Santa Chiara (1194-1253)

Alta e magra nella persona, occhi azzurri, capelli biondi come l'oro, era molto amata dai giovani di tutta Assisi.

Chiara, però, a diciotto anni, non pensa al matrimonio, alle ricchezze. Ad Assisi tutti parlano di uno strano giovane, Francesco figlio di Bernardone.

Come il «Poverello», così lo chiamano, anche lei impara ad amare i poveri, i malati, i deboli; preferisce la vita semplice e nascosta. Alla sua porta ci sono sempre poveri e tristi, sicuri di ricevere qualche cosa da lei.

In una notte di primavera, Chiara fugge di casa accompagnata da un'amica; scende a Santa Maria degli Angeli dove l'aspetta Francesco con alcuni frati 1•

«Il Poverello» le taglia i lunghi capelli, la copre con un semplice abito. Suor Chiara non torna più al suo palazzo. Quattro giorni dopo, un'altra giovane donna bussa alla porta del convento 2 : è Agnese, la sorella di quindici anni, e dopo, altre giovani ricche e povere, e Chiara le riceve tutte come sorelle.

Francesco prepara per le compagne di Chiara una casa in San Damiano che diviene ben presto un luogo di preghiera.

Un giorno anche Ortolana, la madre di Chiara, bussa a San Damiano per essere anche lei con Chiara ed Agnese.

L' 11 agosto 12 53, in una povera e nuda stanza sempre in San Damiano, fra il pianto di tutti, Chiara chiude gli occhi per sempre.

Tutti i suoi amici della città di Assisi vogliono per lei costruire una chiesa non lontano da quella di San Francesco, dove il suo corpo riposa da più di settecento anni.

1 frate: -monk, moine, Monch, monje. 2 convento: convent, couvent, Kloster, monasterio.

64 Come nasce Pinocchio

C'era una volta ... - Un re! - diranno subito i miei piccoli amici. No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno. Non era un legno speciale, ma di quelli

che d'inverno servono per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze. ·Un bel giorno questo pezzo di legno capita nella bottega di un vecchio fale­

gname 1, il quale ha nome «Mastro Antonio», ma che tutti chiamano «Mastro Ciliegia», perché ha la punta del naso rossa come una ciliegia 2 matura.

Appena Mastro Ciliegia vede quel pezzo di legno, è tutto contento e bat­tendo le mani per la gioia, dice:

- Questo legno è capitato al momento giusto: voglio farci una gamba di tavolino.

Subito comincia a lavorare. Ma quando è sul punto di dare il primo colpo, rimane con il braccio in alto, perché sente una vocina debole, debole che dice piangendo:

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- Non mi colpire tanto forte! Quel buon vecchio di Mastro Ciliegia ne prende una grande paura. Gira gli occhi intorno alla stanza per vedere di dove può essere uscita

quella vocina, e non vede nessuno! Guarda sotto il tavolo, nessuno; guarda sotto la sedia, nessuno; apre la porta della bottega per guardare anche sulla strada; e nessuno!

E allora? ... - Ho capito - dice ridendo e passandosi la mano fra i pochi capelli - si

vede che quella vocina me la sono immaginata io. Rimettiamoci a lavorare. E tira giù ancora un forte colpo sul pezzo di legno. - Ohi! tu m'hai fatto male! - grida ancora la solita vocina. Questa volta Mastro Ciliegia ha veramente paura: rimane a bocca aperta e

con la lingua di fuori; e ci resta un bel pezzo. Quando ritrova la parola comin­cia a dire piano piano:

- Ma da dove sarà uscita questa vocina che ha detto «Ohi!»? ... Eppure qui non c'è anima viva. Che sia per caso questo pezzo di legno che abbia impa­rato a piangere come un bambino? Io non lo posso credere. Questo legno, ec­colo qui; è un pezzo di legno come tutti gli altri. O dunque? Che ci sia nasco­sto dentro qualcuno? Se c'è nascosto qualcuno tanto peggio per lui. Ora l'ac­comodo io!

E così dicendo, prende con tutte e due le mani quel povero pezzo di legno e lo butta a destra e a sinistra, senza pietà, contro le pareti della stanza. Poi si mette ad ascoltare per sentire se la vocina si fa viva di nuovo. Aspetta due mi­nuti, e nulla; cinque minuti, e nulla; dieci minuti, e nulla!

- Ho capito - dice allora, cercando di ridere - si vede che quella vocina che ha detto «Ohi!», me la sono ancora immaginata io! Rimettiamoci a lavo­rare.

E poiché gli è entrata dentro una gran paura, prova a cantare per farsi un po' di coraggio ...

Libera riduzione da Pinocchio di Carlo Collodi (1826-1890)

1 falegname: carpenter, menuisier, Zimmermann, carpintero. 2 ciliegia: cherry, cerise, Kirsche, cereza.

a) Rispondere alle domande

ESERCIZI

1. Chi è Pinocchio? --·------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------·····

2. Di che cosa è fatto? ·-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

3. Chi è Mastro Antonio? ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------'----

4. Perché lo chiamano "M astro Ciliegia,? ------------------------------------------------------------------------------------

5. Che cosa trova un giorno nella sua bottega? ------------------------------------------------------------------------

6. Che cosa vuoi farci Mastro Ciliegia?

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Page 87: Leggere Italiano

7. Che cosa dice la strana voce appena Mastro Ciliegia comincia a lavorare? _______________ _

8. Che cosa fa Mastro Ciliegia dopo aver sentito queste parole?

9. Perché ha paura? ------------------------------------------------------------·---------------------------------------------------------------

10. Riprende il lavoro? ------------------------------------------------------------------------------------------------·---------------------------

11. Quante volte sente la vocina? ----------------------------------------------------------------------------·---------------------------

12. Che cosa fa dopo aver sentito per la seconda volta uscire la voce dal legno? ------------

13. Perché Mastro Ciliegia si mette a cantare?

14. Che cosa significa "ora l'accomodo io?,, ----------------·---------------------------------------------------------------

15. Che cosa significa "senza pietà>>? --------------------------------------------------------------------------------------------

16. Che cosa significa "se la vocina si fa viva di nuovo,, (farsi vivo)? ------------------------------------

17. Quali racconti cominciano di solito con le parole: C'era una volta ... ? ---------------------·---·--

b) Raccontare una storia ascoltata da bambino

c) Scrivere o inventare una storia

65 La cena di Pinocchio

Intanto comincia a farsi notte, e Pinocchio, ricordandosi che non ha man­giato nulla, sente qualcosa nello stomaco, che è molto simile all'appetito. Ma l'appetito dei ragazzi cammina presto; e infatti, dopo pochi minuti, l'appetito diventa fame, ma una fame da tagliarsi con il coltello.

Il povero Pinocchio si mette, allora, a correre per la stanza a cercare dap­pertutto un po' di pane duro, insomma qualche cosa da mettere sotto i denti. Ma non trova nulla, proprio nulla. E intanto la fame cresce, e cresce sempre.

- Ho fatto male a lasciare mio padre e a fuggire di casa ... Se mio padre fosse qui, ora non mi troverei a morire di fame! Oh, che brutta malattia la fame!

Mentre così dice e piange, gli sembra di vedere da una parte della stanza qualche cosa di bianco e che ha proprio la forma di un uovo ...

Ci si getta sopra. È un uovo davvero. Si può solo immaginare quale sia la gioia di Pinocchio. Credendo quasi che sia un sogno, gira quest'uovo fra le mani: lo tocca, lo bacia, e baciandolo dice:

- Ed ora, come me lo mangio? Nel piatto? Lo bevo? Forse è meglio berlo, faccio prima.

E così dicendo, rompe l'uovo ...

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Ne viene fuori allegro e felice un pulcino l, che facendo un bel saluto, dice: - Mille grazie, signor Pinocchio, di avermi aiutato ad uscire. ArrivederLa!

Stia bene e tanti saluti a casa. Libera riduzione da Pinocchio di Carlo CoUodi (1826-1890)

1 pulcino: chick, poussin, Kiiken, pollueìo.

66 Pinocchio si brucia i piedi

È una notte fredda e senza luna. Tira un forte vento che piega gli alberi della campagna e che alza grosse nuvole di polvere.

Pinocchio ha veramente paura; ma la fame è più forte della paura: per cui apre la porta e di corsa va verso il paese.

Quando arriva, non trova una luce accesa. Le botteghe sono chiuse; le porte di casa, chiuse; le finestre, chiuse; e per la strada nemmeno un cane. Pare il paese dei morti.

Allora Pinocchio si attacca al campanello di una casa e comincia a suonare, dicendo tra sé: «Qualcuno s'affaccerà!».

Infatti si affaccia un vecchio, che, ancora mezzo addormentato, gli grida: - Che cosa volete a quest'ora? - Che mi fareste il piacere di darmi un po' di pane? - Aspettami laggiù che torno subito - risponde il vecchietto, credendo

di avere a che fare con uno di quei ragazzi che la notte si divertono a suonare i campanelli delle case per dare fastidio alla gente per bene, che dorme tran­quilla.

Dopo mezzo minuto, la finestra si riapre e la voce del solito vecchino grida a Pinocchio:

- Vieni più sotto e prepara le mani! Pinocchio si avvicina e si sente piovere addosso una grande quantità d'ac­

qua che lo bagna tutto dalla testa ai piedi. Torna a casa, bagnato e stanco morto; e, poiché non ha la forza di stare

diritto, si mette a sedere con i piedi vicino al fuoco. E lì si addormenta. Mentre dorme, i piedi che sono di legno, gli prendono fuoco. Ma seguita a dormire come se i suoi piedi fossero quelli di un altro.

Libera riduzione da Pinocchio di Carlo CoUodi (1826-1890)

67 Geppetto fa di nuovo i piedi a Pinocchio

Pinocchio, appena che si fu levata la fame, cominciò subito a piangere, per­ché voleva un paio di piedi nuovi. Ma Geppetto, per fargli capire che l'aveva fatta grossa, lo lasciò piangere e disperarsi per una buona mezza giornata; poi gli disse:

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Page 89: Leggere Italiano

- E perché dovrei farti i piedi un'altra volta? Forse per vederti scappare via di nuovo da casa tua?

- Vi prometto, - disse Pinocchio piangendo a più non posso - che da oggi in poi sarò buono ...

- Tutti i ragazzi - disse ancora Geppetto - quando vogliono ottenere qualcosa, dicono così.

- Vi prometto di andare a scuola, studierò e mi farò onore ... - Tutti i ragazzi, quando vogliono ottenere qualcosa, ripetono la stessa

storia. - Ma io non sono come gli altri ragazzi! Io sono più buono di tutti e dico

sempre la verità. Vi prometto, babbo, che imparerò un'arte e vi sarò d'aiuto per tutta la vita.

Geppetto, che, sebbene facesse il viso duro, aveva gli occhi pieni di pianto e il cuore grosso dalla passione di vedere il suo povero Pinocchio in quello stato, non rispose altre parole: ma, presi in mano due pezzetti di legno vecchio, si mise a lavorare con buona volontà. E in meno d'un'ora i piedi erano bell'e fatti.

Allora Geppetto disse: - Chiudi gli occhi e dormi! E Pinocchio chiuse gli occhi come per dormire. E nel tempo che faceva

sembrare d'essere addormentato, Geppetto gli attaccò i piedi al loro posto e glieli attaccò così bene, che non si vedeva nemmeno il segno.

Appena Pinocchio si accorse di avere i piedi, saltò giù dalla tavola dove era steso, e cominciò a fare mille salti, come se fosse diventato matto dalla gioia.

- Ed ora - disse il burattino 1 al suo babbo - voglio subito andare a scuola.

- Bravo ragazzo! - Ma per andare a scuola ho bisogno d'un po' di vestito. Geppetto, che era povero e non aveva nemmeno un soldo, gli fece allora un

vestituccio di carta a fiori, un paio di scarpe di legno, e un cappellino di pasta di pane.

Pinocchio corse subito a specchiarsi e rimase così contento di sé, che disse facendo il grande:

- Sembro proprio un signore! - Davvero - fece Geppetto - perché, mettitelo in testa, non è il vestito

bello che fa il signore, ma è piuttosto il vestito pulito. - A proposito, - disse Pinocchio - per andare a scuola mi manca sem-

pre qualcosa: anzi mi manca il più e il meglio. - Cioè?

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- Mi manca il libro. - Hai ragione: ma come si fa per averlo?

È facilissimo: si va in una libreria e si compra. E i soldi? ... Io non ce l'ho. Nemmeno io - disse il buon vecchio facendosi triste.

E Pinocchio, sebbene fosse un ragazzo allegrissimo, si fece triste anche

Page 90: Leggere Italiano

lui: perché la povertà, quando è povertà davvero, la sentono tutti: anche i ra­gazzi.

- Pazienza! - gridò Geppetto all'improvviso alzandosi in piedi; e messa la vecchia giacca, uscì correndo di casa.

Dopo poco tornò: e quando tornò aveva in mano il libro per il figliolo, ma la giacca non l'aveva più. Il pover'uomo era in maniche di camicia, e fuori ne­vicava.

E la giacca, babbo? L'ho venduta. Perché l'avete venduta? Perché mi faceva caldo.

Pinocchio saltò al collo di Geppetto e cominciò a baciarlo per tutto il viso. Libera riduzione da Pinocchio di Carlo CoUodi (1826-1890)

1 burattino: puppet, marionnette, Marionette, tìtere·.

68 Chiare, fresche e dolci acque

Chiare, fresche e dolci acque, dove il bel corpo pose chi sola a me pare donna; ramo gentile, con cui piacque (e sospirando 1 mi ricordo) a lei di fare, al bel fianco, colonna 2 ; erba e fiori che la gonna bella ricoprì con il bianco suo seno; giorno dolce e sereno, quando Amor coi begli occhi il cuor m'aprì; ascol­tate tutti insieme le mie dolorose, ultime parole.

[ ... J Tempo verrà ancora, forse, che in questo stesso luogo torni la mia bella

donna; e là, dove lei mi vide nel benedetto giorno, giri gli occhi ed il suo viso rida, cercandomi; e, o pietà!, già terra diventato tra le pietre vedendomi, Amor la prenda e d'aver perduto un così grande bene s'accorga.

Dai bei rami cadeva (dolce nella memoria) una pioggia di fiori sopra il suo seno; e lei si sedeva semplice in tanta gloria, coperta già dalla amorosa nuvola: qualche fiore cadeva sul vestito, qualche altro sui bei capelli biondi, che d'oro lucente sembravano quel giorno a vederli; un fiore si posava in terra, un altro sull'acqua, ed uno, rimanendo un poco in aria, girando pareva dire: -Qui c'è l'Amore.

Quante volte dissi io allora sorpreso: - Questa donna per certo nacque in paradiso 3 ! - Così lontano dal presente, il suo passo gentile e il viso e le pa­role e il dolce riso m'avevano portato e così diviso dalla vera realtà, che io di­cevo sospirando: - Qui come venni io, o quando? - credendo essere in cielo, non là dov'ero. D'allora in poi mi piace quest'erba sì che in altro luogo non ho pace ...

1 sospirare: to sigh, soupirer, seufzen, suspirar. 2 colonna: column, colonne, Siiule, columna. 3 paradiso: paradise, paradis, Paradies, parafso.

Libera riduzione da Le Rime di Francesco Petrarca (1304-1374)

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Page 91: Leggere Italiano

69 Il re e la contadina

Una contadina, che porta delle uova fresche per la regina 1, è avvicinata una mattina dal re 2 Vittorio Emanuele II, che le dice:

Dalle a me quelle uova. Non posso. Ti regalo venti lire. Non posso anche se Lei mi desse cento lire! Queste uova sono per la

regma. - Ma io... sono il re. La contadina apre completamente gli occhi, lo fissa e poi: - Questa, signore, è una grande bugia! Lei, il re!? Una donna bella come

la regina non avrebbe mai sposato un uomo brutto come Lei! Vittorio racconta poi di questo incontro a Maria Adelaide, la regina, e in­

sieme ne ridono a lungo.

1 regina: Queen, reine, Konigin, reina. 2 re: King, roi, Konig, rey.

a) Rispondere alle domande

ESERCIZI

1. Chi sono i personaggi di questa storia? ····--------------------------------------------------------------··················

2. Dove ha luogo l'azione? .............................................................................................................. ..

3. Che cosa porta la contadina? ....................................................................................................... .

4. Chi incontra? .................................................................................................................................. ..

5. Che cosa vuole il re? ··-----·-····-·····----·-----·--···----·····--·---·······--·····-·--·····--······--··--·----··--··--·--····--····--·--··

6. Cosa vuole regalare il re alla contadina? ............................................................................... .

7. Perché la contadina non accetta la proposta? ....................................................................... .

8. Perché la contadina non crede che quel signore sia il re? ............................................... .

9. A chi racconta la storia il re? ....................................................................................................... .

b) Raccontare brevemente seguendo le indicazioni

1. Un giorno una contadina ............................................................................................................... .

2. Per la strada ---·····------···--·········-----·······--······-----·--··-------···----····-----······---······--·····-----····-----···-----···----·--·

3. Il re le chiede ................................................................................................................................... .

4. e le promette ................................................................................................................................... .

5. Ma la contadina risponde che ....................................................................................................... .

6. A questo punto il re ....................................................................................................................... .

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Page 92: Leggere Italiano

7. La contadina non ci crede e gli dice che una donna come la regina--------------------------------

8. Al ritorno a casa, Vittorio ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------

9. e insieme --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

70 Fra 1 Galdino

«Oh, dovete dunque sapere che, in quel convento 2 , c'era un nostro padre, veramente santo, che si chiamava padre Macario. Un giorno d'inverno, il padre Macario, passando per una stretta strada vicino al campo di un uomo che ci faceva sempre del bene, vede quest'uomo sotto un suo grande albero di noci 3 ,

che quattro contadini sono pronti a tagliare. - Che fate voi a quella povera pianta? - domanda il padre Ma cario. - Eh! padre, sono anni e anni che non mi dà più frutti e io la voglio ta-

gliare per il fuoco. - Lasciatela stare, - dice il padre - sappiate che quest'anno farà più

noci che foglie. Il padrone della pianta che sa chi è colui che ha detto queste parole, ordina

subito ai contadini di lasciare in pace la pianta; e chiamato il padre che conti­nua la sua strada:

- Padre Macario, - gli dice - la metà dei frutti sarà per il convento. Infatti, a primavera, fiori a non finire, e, a suo tempo, noci a non finire. Ma

il buon padrone non ha la fortuna di raccoglierle, perché muore prima. Il buon uomo ha lasciato un figlio del tutto diverso da lui. E quando il frate 4 va per prendere la metà dovuta al convento, il giovane risponde di non aver mai sen­tito dire che i frati sanno fare noci.

Sapete ora cosa avviene? Un giorno il giovane ha invitato alcuni amici della stessa razza, e mangiando e bevendo a più non posso, racconta la storia delle noci. Ma sentite: apre la porta, va verso l'angolo dove sono stati messi i sacchi, e mentre dice: -Guardate-, guarda egli stesso e vede ... che cosa? Al posto delle noci tutte foglie.

È un esempio questo? E il convento, invece di perdere, ci guadagna, perché dopo un così gran fatto riesce a farsi regalare tante noci, e perfino un asino 5

che aiuti a portarle a casa. E si fa tanto olio che ogni povero viene a prenderne secondo il suo bisogno; perché noi siamo come il mare, che riceve acqua da tutte le parti e la ridà a tutti i fiumi».

Libera riduzione da l Promessi Sposi di Alessandro Manzoni (1785-1873), cap. III

1 fra: brother, frère, Bruder, hermano. 2 convento: convent, couvent, Kloster, monasterio. 3 noce: walnut, noix, Walnuss, nuez. 4 frate: monk, moine, Monch, monje. 5 asino: donkey, ane, Esel, asno.

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Page 93: Leggere Italiano

7 t Giuseppe Verdi (t 8 t 3- t 90 t)

All'età di otto anni, quando tutti i bambini pensano soltanto a giocare, il piccolo Giuseppe Verdi ha un solo grande desiderio: vuole avere un piano. Suo padre, un povero operaio, decide di comprarglielo, perché sente che il suo Giu­seppino ha un vero, grande amore per la musica. Spende fino all'ultimo i pochi soldi che ha messo da parte, e può così fare felice il figlio.

E così Giuseppe passa al piano tutta la giornata. Egli vive di musica. - Questo ragazzo diverrà certamente un grande musicista! - Dicono in

paese quelli che lo hanno sentito suonare in chiesa. Alcuni amici invitano Verdi alla «Scala» di Milano, il più importante teatro

del mondo. La sua musica piace moltissimo: ormai il nome di Verdi è sempre più conosciuto. Ora tutti gli Italiani aspettano dal Maestro altre opere.

Nascono così: Il Nabucco, I lombardi alla prima Crociata, La battaglia di Legnano.

Siamo nel tempo in cui gli Italiani lavorano e soffrono per la loro libertà politica. Queste opere invitano il popolo italiano a preparare la battaglia finale.

Lo stesso suo nome, VERDI, per uno strano gioco del destino, per gli Ita­liani significa: Vittorio Emanuele Re d'Italia. E tutti i muri delle case sono co­perti di: «VIVA VERDI».

Intanto, come musicista, Giuseppe Verdi passa di successo in successo. Al­l'età di ottant'anni ancora scrive musica meravigliosa. E proprio così sono nate opere come: Rigo/etto, Il Trovatore, La Traviata, Aida, Otello, Falstaff, La forza del destino e molte altre.

72 Enrico Fermi (l90t-t954)

Tra i passeggeri 1 della nave « Franconia » che il 2 gennaio 193 7 entrava nel porto di New York, c'era Enrico Fermi. Andava in America per tenere delle lezioni presso la Columbia University.

Cominciò la guerra e Fermi restò come professore in quella università, dove insieme ad un gruppo di scienziati di varie nazionalità, continuò i suoi studi di fisica.

Allora tutti gli studi e tutte le scoperte erano al servizio della guerra. Albert Einstein capì l'importanza di questi studi e scrisse una lettera al Pre­

sidente Roosevelt in cui diceva che per la prima volta l'uomo poteva usare una forza quasi infinita che non viene dal sole.

«<l navigatore 2 italiano ha raggiunto il Nuovo Mondo», queste furono le parole che annunciarono al governo americano la prima bomba atomica. Il « navigatore italiano» era Enrico Fermi, uno dei più grandi fisici di tutti i tempi.

L'accademia delle scienze di Svezia diede nel 1938 il Premio Nobel per la fisica a Fermi.

1 passeggero: passenger, voyageur, Passagier, pasajero. 2 navigatore: navigator, navigateur, Seefahrer, navegante.

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73 Don Abbondio e i «bravi 1 »

La passeggiata

Per una di queste stradine di campagna, tornava tranquillo dalla passeg­giata verso casa, la sera del giorno 7 novembre dell'anno 1628, Don Abbon-dio. ·

Leggeva a bassa voce il suo libro di preghiere e ogni tanto lo chiudeva, te­nendovi dentro, per segno, un dito della mano destra e, messa poi questa nel­l'altra, continuava la sua strada, guardando a terra, e buttando con un piede verso il muro i sassi 2 che incontrava; poi alzava il viso e guardava verso il monte dove la luce del sole a poco a poco spariva.

Tra una preghiera e l'altra, giunse a una curva 3 della strada dov'era solito alzare sempre gli occhi dal libro e guardare davanti: e così fece anche quel giorno. Dopo la curva, la strada correva diritta, forse circa sessanta passi e poi si divideva in due; quella a destra saliva verso il monte e portava a casa sua, l'altra scendeva in basso verso il fiume.

I «bravi»

Don Abbondio, all'improvviso, vide in fondo alla strada una cosa che non immaginava e che non avrebbe voluto vedere. Due uomini stavano uno di fronte all'altro: il primo, seduto a cavallo sul muro; il secondo, in piedi, ccn le mani sui fianchi. Dal vestito, dalle armi, dall'aspetto, dalle intenzioni, si poteva capire a prima vista che quei due erano della specie dei «bravi».

Che quelli stessero aspettando qualcuno, era cosa fin troppo chiara; ma quello che fece più dispiacere a Don Abbondio fu il capire che la persona aspettata era proprio lui. Infatti, appena l'avevano visto s'erano guardati in viso, alzando la testa, e avevano fatto un movimento dal quale si poteva capire che avevano detto: «È lui». Allora quello seduto s'era alzato e tutti e due gli andavano incontro.

Il pover'uomo, tenendo sempre il libro aperto davanti, come se leggesse, guardava in su per studiare i loro movimenti: e, vedendoli venire proprio verso di lui, fu preso subito da mille pensieri. Domandò in fretta a se stesso se tra i «bravi» e lui ci fosse qualche via d'uscita, a destra o a sinistra. Si ricordò su­bito di no. Fece un rapido esame, se avesse offeso qualche grande signore, e, intanto, i «bravi» s'avvicinavano guardandolo fisso.

Si girò indietro per vedere se arrivava qualcuno, guardò fin dove poteva, ma non vide nessuno. Guardò a destra, a sinistra, in alto, in basso: nessuno, solo i «bravi». Che fare? Tornare indietro, non era più possibile; scappare, era come dire corretemi dietro o peggio. Non potendo evitare il pericolo, gli corse incontro, perché quei momenti erano così brutti per lui, da desiderare soprat­tutto che passassero in fretta.

Camminò rapidamente, recitò una preghiera a voce alta.

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73 Don Abbondio e i «bravi 1 »

La passeggiata

Per una di queste stradine di campagnà, tornava tranquillo dalla passeg­giata verso casa, la sera del giorno 7 novembre dell'anno 1628, Don Abbon-dio. ·

Leggeva a bassa voce il suo libro di preghiere e ogni tanto lo chiudeva, te­nendovi dentro, per segno, un dito della mano destra e, messa poi questa nel­l'altra, continuava la sua strada, guardando a terra, e buttando con un piede verso il muro i sassi 2 che incontrava; poi alzava il viso e guardava verso il monte dove la luce del sole a poco a poco spariva.

Tra una preghiera e l'altra, giunse a una curva 3 della strada dov'era solito alzare sempre gli occhi dal libro e guardare davanti: e così fece anche quel giorno. Dopo la curva, la strada correva diritta, forse circa sessanta passi e poi si divideva in due; quella a destra saliva verso il monte e portava a casa sua, l'altra scendeva in basso verso il fiume.

I «bravi»

Don Abbondio, all'improvviso, vide in fondo alla strada una cosa che non immaginava e che non avrebbe voluto vedere. Due uomini stavano uno di fronte all'altro: il primo, seduto a cavallo sul muro; il secondo, in piedi, con le mani sui fianchi. Dal vestito, dalle armi, dall'aspetto, dalle intenzioni, si poteva capire a prima vista che quei due erano della specie dei «bravi».

Che quelli stessero aspettando qualcuno, era cosa fin troppo chiara; ma quello che fece più dispiacere a Don Abbondio fu il capire che la persona aspettata era proprio lui. Infatti, appena l'avevano visto s'erano guardati in viso, alzando la testa, e avevano fatto un movimento dal quale si pQJ:_eva capire che avevano detto: «È lui». Allora quello seduto s'era alzato e tutti e due gli andavano incontro.

Il pover'uomo, tenendo sempre il libro aperto davanti, come se leggesse, guardava in su per studiare i loro movimenti: e, vedendoli venire proprio verso di lui, fu preso subito da mille pensieri. Domandò in fretta a se stesso se tra i «bravi» e lui ci fosse qualche via d'uscita, a destra o a sinistra. Si ricordò su­bito di no. Fece un rapido esame, se avesse offeso qualche grande signore, e, intanto, i «bravi» s'avvicinavano guardandolo fisso.

Si girò indietro per vedere se arrivava qualcuno, guardò fin dove poteva, ma non vide nessuno. Guardò a destra, a sinistra, in alto, in basso: nessuno, solo i «bravi». Che fare? Tornare indietro, non era più possibile; scappare, era come dire corretemi dietro o peggio. Non potendo evitare il pericolo, gli corse incontro, perché quei momenti erano così brutti per lui, da desiderare soprat­tutto che passassero in fretta.

Camminò rapidamente, recitò una preghiera a voce alta.

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Page 96: Leggere Italiano

L'incontro

- Signor Don Abbondio - disse uno dei due fissandolo negli occhi. - Cosa comanda? - rispose subito il prete, alzando gli occhi dal libro,

che gli restò aperto nella mani. - Lei ha intenzione - continuò l'altro -di unire in matrimonio domani

Renzo Tramaglino e Lucia Mondella! - Cioè ... - rispose con voce poco ferma Don Abbondio -. Loro, signori,

sono uomini di mondo, e sanno benissimo come vanno queste faccende. Il po­vero prete non c'entra: gli altri decidono come vogliono, e poi... e poi, vengono da noi che siamo i servi di tutti.

- Ebbene,- gli disse il «bravo», all'orecchio, ma con voce di comando - questo matrimonio non si deve fare, né domani, né mai.

- Ma, signori miei, - continuò Don Abbondio, con modi gentili - ma, signori miei, si mettano al mio posto. Se la cosa dipendesse da me, ... loro ve­dono bene che io non ci guadagno niente ...

- Se la cosa dovesse decidersi a parole, lei l'avrebbe vinta. Noi non ne sappiamo, né vogliamo saperne di più. Uomo avvertito ... lei ci capisce.

- Ma, loro, signori, sono troppo ... - Ma, - interruppe questa volta l'altro, che non aveva parlato fin allora

- ma il matrimonio non si farà, o chi lo farà la pagherà cara ... Il signor Don Rodrigo, nostro padrone, la saluta.

Don Abbondio, che, pochi momenti prima, avrebbe dato un occhio, per non incontrarli, ora avrebbe voluto che la conversazione continuasse a lungo.

- Signori... - cominciò chiudendo il libro con le due mani; ma quelli, senza più ascoltarlo, presero la strada da dove lui era venuto, e si allontana­rono cantando una brutta canzone che non voglio raccontare.

Libera riduzione da l Promessi Sposi di Alessandro Manzoni (1785-1873), cap. I

1 bravi: persone con un brutto passato che, per evitare di cadere nelle mani della giustizia, si mettevano al completo servizio di ricchi signori, e da questi erano spesso comandati di compiere cattive azioni. 2 sasso: stone, pierre, Stein, piedra. 3 curva: curve, tournant, Strassenbiegung, curva.

7 4 Dal barbiere

Luigino ha dodici anni e pensa di essere già un uomo: parla, si veste, si comporta come le persone più grandi di lui.

Un giorno entra dal barbiere, si siede sulla grande poltrona e dice: - Barba, per favore. Con un colpo d'occhio, il barbiere ha già visto che sulle guance del ragazzo

non c'è ombra di barba. Tuttavia non dice niente. Prende del sapone, lo passa sul viso del ragazzo, poi si siede e si mette a leggere il giornale.

- Perché non mi fa la barba? - domanda Luigino.

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- Ma, ragazzo mio, - risponde con un sorriso gentile il barbiere -aspetto che cresca.

7 5 Diogene e Alessandro

Diogene, il famoso filosofo, cade un giorno in acqua. Ne esce completa­mente bagnato e si mette al sole per asciugarsi.

In quel momento passa Alessandro di Macedonia che, vedutolo mezzo nudo, gli dice:

- Domandami ciò che vuoi ed io te lo darò. - L'unica cosa di cui ho bisogno - risponde il filosofo - è che ti tolga

dal sole e che mi lasci asciugare. Libera riduzione dal Novellino (sec. XIII)

7 6 Chichibio

Corrado Gianfigliazzi è un ricco uomo di Firenze. Molto spesso lascia per­dere i suoi affari per divertirsi con cani e uccelli.

Un giorno egli va a caccia e ammazza una gru 1, uccello dalle lunghissime zampe 2 • La gru è molto grossa e giovane; Corrado Gianfigliazzi la manda, per­ché sia preparata per la cena, al suo cuoco 3 , di nome Chichibio.

Chichibio prepara la gru e la mette sul fuoco. Quando l'uccello è quasi pronto, una bella donna del luogo, Brunetta, della quale Chichibio è innamo­rato, entra nella cucina. Vedendo la gru, prega molto e a lungo Chichibio per­ché gliene dia un pezzo.

Prima Chichibio rifiuta, ma poi commosso dalle parole di Brunetta, taglia una zampa della gru e la dà alla donna.

Più tardi la gru viene servita sulla tavola di Corrado e dei suoi ospiti. Il signore, vedendo che l'uccello ha una sola zampa, domanda al cuoco la ra­gione.

- Signore, le gru hanno tutte una sola zampa. - Cosa dici? -risponde Corrado. -Le gru hanno una sola zampa? E da

quando? Forse io non ho mai visto una gru? Chichibio seguita: - Quello che dico è vero, signore. E quando vi piacerà, io vi farò vedere il

vero nelle gru vive. Corrado, per rispetto degli ospiti, aggiunge soltanto: - Ti prendo in parola. Domani mattina voglio vedere se è vero ciò che

dici e sarò contento se tu avrai ragione. Ma se non sarà così, ti ricorderai di me per tutta la tua vita.

La mattina dopo Corrado si alza e ordina di preparare i cavalli. V anno

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verso il fiume, sulle rive del quale sono solite stare le gru di prima mattina, e dice a Chichibio:

- Vedremo subito chi, ieri sera, aveva ragione, se io o tu. Il cuoco è preso dalla paura, ma, non potendo fuggire, si guarda intorno

per trovare una via d'uscita per la sua bugia. Vicino al fiume Chichibio vede sulla riva dodici gru, le quali stanno in piedi su una sola zampa, come è loro abitudine quando dormono. Subito le mostra al padrone dicendo:

- Ora potete vedere chi diceva il vero ieri sera. - Aspetta un momento e ti mostrerò se esse hanno una o due zampe. E avvicinandosi molto, battendo le mani grida: - Ooh!, Oohh! Le gru, mandato giù l'altro piede, fuggono, e il padrone al cuoco: - Ti pare o no che esse hanno due zampe? Chichibio risponde pronto: - Signore, va bene, ma voi non avete battuto le mani e non avete gridato

«Ooh! Oohh! » alla gru di ieri sera. Perché se così aveste fatto, essa avrebbe mandato fuori l'altra zampa, come queste. ·

A Corrado piace tanto questa risposta che si mette a ridere e dice: - Chichibio, tu hai ragione. Avrei dovuto fare così, ieri sera.

Libera riduzione dal Decamerone di Giovanni Bocçaccio (1313-1375)

1 gru: crane, grue, Kranich, grulla. 2 zampa: leg, patte, Bein, pata. 3 cuoco: cook, cuisinier, Koch, cocinero.

77 Dante Alighieri (1265-1321)

Dante Alighieri, questo nostro sommo poeta, è il padre della lingua italiana. Nacque nell'anno 1265 nella bella città di Firenze.

Passò i primi anni della sua giovinezza nello studio della poesia, della lin­gua, della filosofia, della fisica e di tutte le scienze del suo tempo. Prese parte alla vita politica della sua città e nel 1300 divenne priore 1 di Firenze. L'anno successivo andò come ambasciatore 2 della sua città presso Papa Bonifacio VIII. Ma mentre era a Roma, i suoi nemici politici lo accusarono ingiustamente e lo condannarono a restare sempre lontano da Firenze.

Non tornò più nella sua amata e odiata Firenze e visse tutti gli anni della sua vita lontano dalla sua città, lontano da tutte le sue cose più care, ospite di importanti famiglie italiane.

Morì a Ravenna il 14 settembre 1321. La sua opera più celebre è la Divina Commedia, nella quale si racconta di

un meraviglioso viaggio nel mondo dei morti. Ma scrisse anche molte altre opere in latino e in italiano.

La Divina Commedia divenne presto per tutti gli italiani di cultura l'opera a

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cui si guardava come al principale esempio di poesia e di lingua: la lingua di questa opera fu così la base della lingua italiana.

1 priore: prior, prieur, Prior, prior. 2 ambasciatore: ambassador, ambassadeur, Botschafter, embajador.

78 Andreuccio da Perugia

C'è a Perugia un giovane chiamato Andreuccio di Pietro, che compra e vende cavalli sui mercati di tutta Italia.

Avendo sentito dire che a Napoli c'è un ottimo mercato, decide di andarci. Prende con sé una borsa piena di denaro e parte.

Arriva a Napoli la domenica verso sera e il mattino dopo va direttamente al mercato. Vede parecchi cavalli che gli piacciono molto, ma non riesce subito a concludere grossi affari.

Spesso, mentre parla, gira e rigira fra le mani la sua borsa davanti agli oc­chi di tutti. E così accade che una giovane e bella siciliana, che passa di lì, la nota, e decide fra sé che la farà, in qualche modo, sua.

La giovane non è sola: c'è con lei una vecchia, che, avendo riconosciuto in Andreuccio il figlio del suo antico padrone, gli corre incontro, l'abbraccia e gli fa un sacco di feste.

La ragazza siciliana, giunta a casa, si fa raccontare per filo e per segno dalla vecchia, che è al suo servizio, chi sia e da dove venga il giovane che poco prima ha salutato. In questo modo sa tutto di Andreuccio. ·

Così, venuta sera, manda all'albergo di Andreuccio un'amica per invitarlo a casa sua.

Il giovane perugino è ben felice di accettare l'invito, credendo d'aver fatto nascere un amore improvviso.

La bella siciliana lo riceve a braccia aperte e, fra le lacrime, gli dice: - Tu ti stupirai certamente delle mie lacrime e dei miei baci, ma devi sa­

pere che questo è un giorno molto fortunato per me. Tu non mi conosci e non hai mai sentito parlare di me, ma quello che sto per dirti, ti farà capire ogni cosa. Pietro, tuo padre, ha abitato per molto tempo a Palermo. Tutti gli vole­vano molto bene, ma soprattutto una donna lo ha amato di più; lo ha amato a tal punto che io ne sono nata. Poi un bel giorno, per una causa improvvisa, Pietro è partito da Palermo e è tornato a Perugia. Ha lasciato mia madre e me, ancora molto piccola, e non ci ha dato più sue notizie.

Andreuccio e colei che si dice sua sorella parlano a lungo; poi cenano in­sieme. E quando è giunta l'ora di andare a dormire, Andreuccio vuole tornare in albergo, ma la siciliana non glielo permette e, lasciato a lui il suo letto, si ritira in un'altra stanza con le altre donne.

Rimasto solo, il giovane comincia subito a togliersi gli abiti, che pone sopra una sedia accanto al letto e chiede ad un ragazzetto, che è rimasto con lui per servirlo, dove è il bagno.

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Questi mostrandogli una porta in un angolo della stanza: - Andate là dentro - gli dice. Andreuccio entra e ... cade insieme alla tavola, sulla quale aveva messo un

piede, dentro qualche cosa che manda un odore terribile e che si può facil­mente immaginare.

È sporco dalla testa ai pìedi; quasi del tutto nudo e non può far altro, per il momento, che gridare e chiedere aiuto.

Il ragazzetto, invece di aiutarlo, va ad avvertire la padrona che, entrata nella stanza, chiude ben bene la porta del bagno e si mette subito a cercare la borsa del denaro tra i vestiti lasciati sulla sedia.

Andreuccio fino a quel momento ha gridato a più non posso, e, non rice­vendo risposta o aiuto, comincia a capire di essere stato preso per il naso. Rie­sce a raggiungere, dopo molta fatica, una finestrella che dà sulla strada e a ve­nir fuori finalmente da quella difficile e sporca situazione.

- Povero me, - piange, - come è possibile che in così breve tempo io abbia perduto la mia borsa piena di soldi ed una sorella?!

Così dicendo si mette a bussare con quanta forza ha alla porta della casa; fa tanto rumore, che molti di quelli che abitano nelle case vicine, svegliati in piena notte, si affacciano e gli gridano brutte parole.

Si affaccia anche una cameriera della donna. - Chi bussa laggiù? - Oh, - risponde Andreuccio - non mi riconosci? Io sono Andreuccio,

fratello della tua padrona. - Buon uomo, se tu hai bevuto troppo, va' a casa, dormi e torna domat­

tina. Qui nessuno ti conosce e }asciaci dormire in pace. Dire queste parole, tornare dentro e chiudere la finestra è una sola cosa. Così Andreuccio rimane in mezzo alla strada, triste, nudo, sporco, solo e

senza soldi. Libera riduzione dal Decamerone di Giovanni Boccaccio (1313-1375)

79 Michelangelo Buonarroti (1474-1564)

Nacque nel Casentino, a Caprese nel 1474, e, ancora bambino, mostrò chiaramente la sua viva passione per il disegno. Ben presto frequentò la scuola di scultura 1 nella casa di Lorenzo dei Medici, il Magnifico. In questa scuola pose le basi di quella sua arte, alla quale ancora oggi tutto il mondo guarda con profonda meraviglia.

Morto il Magnifico, suo figlio Pietro continuò ad amare Michelangelo, ma non era in grado di capirne l'arte e la personalità. Lo teneva presso di sé per divertirsi, tanto da fargli fare, una volta, all'aperto, in una giornata freddissima, una statua 2 di neve, la quale, meravigliosa com'era, andò perduta dopo poche ore. Michelangelo, stanco di questa vita, andò a Bologna.

Dopo un anno ritornò a Firenze. Ma poco dopo fu chiamato a Roma e da questo momento comincia la parte più importante dell'attività di Michelangelo.

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Fra le sue opere meravigliose, la più conosciuta, La Pietà, ancora ogg1 e og­getto dell'attenzione del mondo, nella chiesa di San Pietro in Vaticano.

Tornato a Firenze, fece la grande statua del David, usando un pezzo di marmo giudicato inutile e abbandonato da un altro scultore. Poi lavorò insieme a Leonardo in un'opera che ha per soggetto la guerra di Pisa, nella sala del Gran Consiglio in Palazzo Vecchio.

A v eva allora ventinove anni ed era già conosciuto come il più grande artista del tempo.

Giulio secondo, appena divenuto papa, diede l'incarico al Bramante di co­struire San Pietro e a Michelangelo di costruire la propria tomba 3 di cui farà parte il celebre Mosè.

Poi, in venti mesi Michelangelo dipinse 4 a Roma la Cappella Sistina 5 sem­pre in Vaticano e nacque il celebre Giudizio Universale. Costruì la Cupola 6 di San Pietro.

Si limitava molto nel mangiare, dormiva pochissimo, era d'animo generoso e forte, fu sempre pronto a sentire la voce dell'arte vera. Modestissimo e sem­plice nella vita, allegro nel parlare, attento e aperto nell'amicizia.

A novanta anni, ancora vivo nell'intelligenza e nello spirito, Michelangelo sentì la morte vicina e scrisse queste parole: «Do l'anima mia a Dio, lascio il mio corpo alla terra e le mie cose ai parenti più prossimi».

1 scultura: sculpture, sculpture, Bildhauerkunst, escultura. 2 statua: statue, statue, Statue, estatua. 3 tomba: tomb, tombeau, Grabmal, mausoleo. 4 dipingere: to paint, peindre, malen, pintar.

'

5 Cappella Sistina: Sixtine Chapel, Chapelle Sixtine, Sixtinische Kapelle, Capilla Sixtina. 6 cupola: dome, coupole, Kuppel, cupula.

80 Galileo Galilei (1564-1642)

Pisano, passa i primi venticinque anni della sua vita tra Pisa e Firenze, stu­diando medicina e scienze.

È molto felice di essere chiamato ad insegnare nell'università di Padova, per la libertà che c'è e dove vive i migliori anni della sua vita e i più ricchi di frutti.

Comincia così il tempo delle sue scoperte ed invenzioni. Ha molti nemici, perché i suoi argomenti vanno contro il pensiero scientifico del tempo legato alla filosofia di Aristotele, e giunge ad essere condannato alla prigione. Nella sua stanza di lavoro, insieme ad un uomo che lo aiuta, costruisce macchine scientifiche e nuove; ma i suoi studi più importanti sono quelli sul cielo, sulle stelle, sulla luna, visti attraverso il telescopio 1•

Con Copernico dimostra che non è il sole a girare intorno alla terra, ma la terra intorno al sole.

Scrive le sue opere principali in italiano e non in latino, proprio perché pensa che tutti e non solo i grandi dottori debbano conoscere la scienza.

Fissa la sua attenzione sulla natura, per scoprirne le leggi e le verità scien-

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tifiche. Come Machiavelli ha scoperto la libertà della politica dalla morale e dalla religione, così Galileo spiega agli uomini la libertà della scienza dalla fede. Muore solo e cieco lontano da amici e parenti.

1 telescopio: telescope, téléscope, Teleskop, telescopio.

81 Sangue romagnolo

Quella sera la casa di Ferruccio era più silenziosa del solito. Il padre, che aveva una piccola bottega, era andato a Forlì e sua moglie l'aveva accompa­gnato con Luigina, ancora bambina, per portarla da un medico, che doveva guardarle un occhio malato; e non dovevano ritornare che la mattina dopo.

Mancava poco alla mezzanotte. La donna che veniva a fare dei servizi di giorno, se ne era andata quando cominciava a fare buio. In casa non rimane­vano che la nonna, che non poteva più muovere le gambe, e Ferruccio, un ra­gazzo di tredici anni. Era una casetta con il solo piano terreno, a pochi passi da un paese, poco lontano da Forlì, città di Romagna; e non aveva vicino che una casa, rovinata due mesi prima dal fuoco, non abitata. Dietro la casetta c'era un piccolo giardino; la porta della bottega, che serviva anche da porta di casa, s'a­priva sulla strada. Tutto intorno si stendeva la campagna.

Mancava poco alla mezzanotte, pioveva, tirava vento. Ferruccio e la nonna, ancora alzati, stavano nella stanza da mangiare. Fra questa e il giardino c'era uno stanzino pieno di mobili vecchi.

Ferruccio non era ritornato a casa che alle undici e la nonna l'aveva aspet­tato a occhi aperti sulla sua larga sedia dove passava tutta la giornata e spesso anche la notte.

Pioveva e il vento batteva la pioggia contro i vetri. Ferruccio era tornato stanco con la giacca rovinata e con il segno di un colpo di pietra sulla fronte.

Benché la cucina non ricevesse luce che da una piccola lampada a olio, pure la povera nonna aveva visto subito in che stato si trovava il nipote e aveva in parte capito che cosa era successo.

Essa amava con tutta l'anima quel ragazzo. Quando seppe ogni cosa si mise a piangere:

- Ah! no, - disse poi, dopo un lungo silenzio; - tu non hai cuore per la tua povera nonna. Tutto il giorno m'hai lasciata sola! Attento, Ferruccio, tu ti metti per una cattiva strada. Ne ho visti degli altri cominciare come te e andare a finire male.

Ferruccio stava ad ascoltare, in piedi a tre passi di distanza ancora tutto rosso per i giochi fatti con i compagni.

- Pensaci, Ferruccio - ripeté la nonna continuando a piangere. - Pensa a quel Vito Mozzoni del nostro paese, che ora è in città a fare il buono a nulla: che a ventiquattro anni è stato due volte in prigione e che ha fatto morire di dolore quella povera donna di sua madre, che io conoscevo e suo padre è fug­gito in Svizzera disperato.

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Ferruccio non parlava. Egli non era cattivo di cuore; tutt'altro. Buono era, piuttosto che cattivo, ma di carattere difficile: anche quando aveva il cuore stretto dal dolore, non riusciva a dire una parola.

Ma la nonna continuava: - E ora tu mi fai morire! lo darei volentieri questo po' di vita che mi resta

per vederti tornar buono, obbediente come quando venivi in chiesa con me: quando mi riempivi la borsa di mille cose, e io ti riportavo a casa in braccio addormentato. Allora volevi bene alla tua povera nonna!

Ferruccio stava per gettarsi tra le braccia della nonna, quando gli parve di sentire un leggero rumore nello stanzino accanto, quello che dava sul giardino. Ma non capì se fosse il vento, o altro. La pioggia cadeva forte.

Il rumore si ripeté. Anche la nonna lo sentì. - Cos'è? - domandò la nonna dopo un momento. - La pioggia, - rispose il ragazzo. - Dunque, Ferruccio, - disse la vecchia - me lo prometti che sarai

buono, che non farai mai più piangere la tua povera nonna? ... Un nuovo rumore leggero si sentì. - Ma non mi pare la pioggia!. .. Va' a vedere! Ma aggiunse subito: - No, resta qui! - E prese Ferruccio per la mano. Rimasero tutti e due con il respiro in gola. Non sentivano che il rumore

dell'acqua. Poi tutti e due ebbero un improvviso senso di paura. All'uno e all'altra era

sembrato di sentire un rumore di passi nello stanzino. - Chi c'è? - domandò la nonna, respirando a fatica. Nessuno rispose. - Chi c'è? - domandò Ferruccio, con la voce rotta dalla paura. Ma avevano appena detto quelle parole che tutti e due gettarono un grido.

Due uomini erano entrati nella stanza; l'uno prese il ragazzo e gli mise una mano sulla bocca; l'altro strinse la vecchia alla gola; il primo disse: - Zitto, se non vuoi morire! - Il secondo: - Fermo!- E alzò il coltello. L'uno e l'al­tro avevano un fazzoletto nero sul viso, per non farsi riconoscere. Per un mo­mento non si sentì altro che il respiro di tutti e quattro e il rumore della pioggia.

Quello che teneva il ragazzo, gli disse nell'orecchio: - Dove tiene i denari tuo padre? Il ragazzo rispose con un filo di voce, battendo i denti: - Di là ... in ca­

mera. - Vieni con me, - disse l'uomo, - dove sono? Il ragazzo glieli indicò. Tenendo il ragazzo con il collo fra le gambe, il col­

tello fra i denti e la lampada ad olio in una mano, il ladro riempì una borsa con tutto quello che trovò, poi riportò il ragazzo di là dove l'altro teneva per il collo la vecchia. Questi domandò a bassa voce:

___.:... Trovato? Il compagno rispose: -Trovato. In quel momento si sentì lontano, per la strada, un canto di molte voci.

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Il ladro girò rapidamente la testa verso la porta, e in quel movimento gli cadde il fazzoletto dal viso.

La vecchia gettò un grido: - Mozzonit - Devi morire! - fece il ladro, riconosciuto. E si gettò con il coltello alzato contro la vecchia che a quel gesto venne

meno. L'uomo colpì. Ma con un movimento rapidissimo, gettando un grido disperato, Ferruccio

s'era lanciato sulla nonna, e l'aveva coperta con il proprio corpo. Il ladro fuggì facendo cadere la lampada che si spense. Il ragazzo lentamente finì in ginocchio sopra alla nonna e rimase così, con

le braccia intorno alla vita di lei, e la testa sul suo petto. Qualche momento passò; il canto dei contadini si andava perdendo per la

campagna. La vecchia ritornò in sé. - Ferruccio! - chiamò con voce debolissima. - Nonna, - rispose il ragazzo. - Non ci sono più? -No. - Non m'hanno uccisa. - No... siete salva, - disse Ferruccio con un filo di voce. - Siete salva,

cara nonna. Hanno portato via dei denari. Ma il babbo... aveva preso quasi tutto con sé.

La nonna mise un respiro. - Nonna, - disse Ferruccio, sempre in ginocchio, stringendola alla vita.

- Cara nonna ... Mi volete bene, non è vero? Io vi ho dato sempre dei dispia-ceri...

- No, Ferruccio, non dire queste cose; io non ci penso più; ho dimenti­cato tutto, io ti voglio tanto bene!

- Vi ho sempre dato dei dispiaceri, - continuò Ferruccio con voce sem­pre più debole. - Ma ... vi ho sempre voluto bene. Dimenticate tutto nonna?

- Sì figliolo, dimentico, dimentico tutto. Alzati, bambino mio. Sei buono, sei tanto buono! Accendiamo la lampada. Coraggio, facciamoci un po' di co­raggio! Alzati, Ferruccio.

- Grazie, nonna, ora ... sono contento. Vi ricorderete di me, nonna, non è vero? Vi ricorderete sempre di me ... del vostro Ferruccio?

- Ferruccio mio - gridò la nonna preoccupata mettendogli le mani sulle spalle e abbassando il capo, come per guardarlo nel viso. Ma Ferruccio non rispose più. Il piccolo, colpito a morte dal coltello, aveva reso la sua bell'anima a Dio.

Libera riduzione da Cuore di Edmondo De Amicis (I 846-1908)

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82 Due scarpe vecchie

Il vecchio artista

Sentii bussare alla porta di casa. Era un vecchio con una lunga barba bianca che gli cadeva sul petto.

- Sono un povero artista, - mi disse - e lavoro su quadri antichi, quando mi capita. Ma non si trova lavoro e già la mano non è più tanto ferma. Se potesse darmi qualche cosa ...

- Mi dispiace, - risposi - ma sono anch'io un pover'uomo. Provate a vivere con cento lire al mese e me lo saprete poi dire. Devo pagare l'affitto di questa stanza, la legna per il fuoco e l'olio per far luce; devo vestirmi come vu~le la mia posizione di impiegato dello Stato, perché la gente giudica l'uomo dal vestito. E mangiare? Non potrei proprio cavarmi una goccia di più. Andate dai ricchi; quello che avanza alla tavoladei ricchi è più di un pranzo dei po­veri.

- Avesse almeno un paio di scarpe usate - domandò il vecchio, pre-gando e stendendo la mano.

- Non ho nulla da darvi se non un «Dio vi aiuti». - Vede? Queste sono consumate e fanno acqua dappertutto. - Non ne ho di scarpe - risposi in modo deciso. - Pazienza, mi scusi. Il povero vecchio abbassò il viso sul petto e se ne andò con passo lento e

stanco. Chiusi la porta e alzai le spalle per dimostrare al buon Dio qualche cosa

che non riuscivo a dimostrare a me stesso. La povertà è grande e un povero impiegato a milleduecento lire all'anno non può arrivare dappertutto. Se mi re­stasse qualcosa mi sarei già fatto un cappotto nuovo e avrei messo un vetro nuovo alla finestra dove ora c'è un pezzo di giornale.

Nevicava e, guardando il cielo grigio attraverso i quadri della finestra e la neve che cadeva, mi pareva di rivedere il volto, e la barba bianca del vecchio artista uscito prima; intanto mettevo i due legni in croce sul fuoco per asciu­gare anch'io le mie scarpe e i piedi che parevano di ghiaccio.

La bugia

Mentre la sera cadeva sulla città, stesi le gambe, posai le mani sulle ginoc­chia e tornai col pensiero ad una antica storia che avevo ascoltato da bam­bino ...

Ma tra i disegni del legno e i giochi del fuoco vidi ancora il viso duro e secco del mio vecchio del quale mi pareva ancora di sentire i passi e la voce stessa nell'aria della mia stanza: «Pazienza!», aveva detto. «Pazienza!», ri­spondeva qualcuno nascosto sotto il mio cappotto. Mi voltai a guardare, seb­bene sapessi che era un cattivo scherzo del mio cuore. Fu così che potei notare

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sotto una sedia un mio secondo paio di scarpe vecchie, veramente molto vec­chie, ma ben asciutte che avevo conservate per il giorno dopo che era Natale, mentre due scarpe nuove fumavano sui piedi davanti al fuoco.

Gli avevo detto, come sapete, di andarsene, aggiungendo «Non ne ho di scarpe ... ». Era stata una bugia? Bugia è spesso la bellezza delle donne e l'a­more; bugia è lo stesso fuoco della povera gente che brucia e non riscalda; ma due paia di scarpe, per un impiegato dello Stato non sono troppe, e chi ne ha saltando due, può dire quasi che non ne ha. «Però, dicevo sempre fra me, bat­tendo sul legno che diventava scuro, è doloroso che spesse volte gli uomini siano costretti a sperare in ciò che non hanno; così il mio vecchio gira di porta in porta e girerà tutta la settimana e non ha scarpe».

Ma fra tutti questi pensieri, gli occhi tornavano sempre alle due scarpe vec­chie, poste ai piedi del letto, con la punta verso la porta, come se volessero andarsene da sole dietro a quel pover'uomo.

Natale

Vi sono delle occasioni, e il Natale è una di queste, in cui il cuore sente in modo particolare l'amore per i suoi fratelli. Forse è il pensiero di un altro anno che sta per finire o della morte che fa un altro salto; forse è il ricordo di ciò che ha sofferto il gran Fratello dei poveri duemila anni fa. A me invece, il mio padrone di casa andava dicendo: «Cambia le scarpe Giacomino; fuori è ba­gnato ed è bene tenere i piedi asciutti; cambia le scarpe Giacomino, difenditi dai consigli improvvisi del sentimento». ·

E con questa medicina me ne andai a letto. Voi vi aspettate ora dei brutti sogni. Nulla di tutto ciò. Dormii dunque tutta la notte e senza sogni. Quando aprii gli occhi, il sole era già alto dietro la nebbia. Misi l'abito più bello,_ la­sciando per ultimo le mie vecchie scarpe del tutto asciutte e uscii per andare in chiesa.

Durante la Messa non riuscivo a pensare alle cose dell'anima mia, poiché nella musica di chiesa e nella voce dei bambini che cantavano mi pareva di sentire il pianto di tanti disgraziati che vanno per le vie del mondo con i piedi nudi. Mentre i miei occhi, presi da pietà e religione, si riempivano di pianto, vidi attraverso la debole luce del luogo, il mio povero vecchio che, tirandosi dietro le scarpe sul pavimento, con le spalle piegate, si avvicinava ad una delle porte per uscire. Volevo corrergli dietro, fermarlo, parlargli, ma la Messa non era finita; e poi non gli potevo dare le scarpe sulle scale della chiesa. Piegai il ginocchio e feci tre segni di croce prima di uscire.

- Avete visto, buona donna, un vecchio così e così? - Poco fa, e girava per San Zeno - risponde. Vado anch'io verso San Zeno. Camminando fra la gente, i miei occhi corre­

vano, senza accorgersene, ai piedi di ciascuno, come se l'essere felici o no di­pendesse dalla qualità delle scarpe.

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La bottega

Io non so dire quanto camminassi quella mattina nelle scarpe altrui, senza più vedere il mio vecchio in nessuna parte, finché stanco e con una grande fame addosso, entrai in un modesto ristorante.

Era una bottega abbastanza lunga e larga, ma con poca luce. Molti sede­vano ai tavoli e mangiavano, parlando poco e a bassa voce; mi guardarono dalla testa ai piedi. In fondo c'era un fuoco acceso e vicino sedeva un vecchio preso dal freddo.

Mi portano la minestra e ordino della carne. Mentre la minestra mi riscalda lo stomaco, mi pare di capire, alzando gli occhi, che il vecchio davanti al fuoco mi guardi in modo strano. Lo guardo con attenzione. Lo riconosco. È il mio artista. Questi dice non so che cosa all'orecchio del padrone e mi indica con il dito al di sopra della spalla.

Un po' di carne, per uno che ha fame, è una bella cosa; perciò non ci pen­sai troppo se la sentivo dura sotto il coltello e ancora più dura in bocca. In­tanto fissavo il barba-grigia, che mi fissava a sua volta, come chi cerca di ricor­dare.

Il vecchio si era levato una scarpa e l'aveva messa ad asciugare presso il fuoco; io giravo e giravo in bocca il mio pezzo di carne dura come il legno.

Pareva che facesse notte là dentro; i clienti stavano in silenzio. Solo il vec­chio dalle scarpe «vecchie» rideva, guardando il padrone. Un pensiero terribile mi passò per la testa, cioè che avessi in bocca un pezzo delle sue vecchie scarpe. Bastò questo per chiudermi lo stomaco e provai fastidio per tutto quel giorno e per molti altri.

Né bastò che il vecchio mi passasse davanti e tanto vicino da farmi convin­cere che non era il mio vecchio artista; e non bastò neppure che il gatto di bottega mangiasse tutto con buon appetito ... , il sapore delle scarpe mi restò attaccato alla lingua: esempio terribile per tutti coloro che, avendo un paio di «scarpe molto vecchie», oggi non le danno a un pover'uomo dalla barba grigia.

Libera riduzione da Due scarpe vecchie di Enùlio De Marchi (1851-1901)

83 Dialogo di un venditore di almanacchi 1 e di un passeggero 2

Venditore Passeggero Venditore Passeggero Venditore Passeggero Venditore Passeggero Venditore Passeggero

Almanacchi, almanacchi nuovi. Le occorrono, signore, almanacchi? Almanacchi per l'anno nuovo? Sì signore. Credete che sarà felice quest'anno nuovo? Oh, signore sì, certo. Come quest'anno passato? Molto, molto di più. Come quello di là? Più, più, signore. Ma come quale altro? Non vi piacerebbe che l'anno nuovo fosse come qualcuno di questi ultimi anni?

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Venditore No, signore, non mi piacerebbe. Passeggero Quanti anni nuovi sono passati da quando vendete almanacchi? Venditore Saranno vent'anni, signore. Passeggero A quale di questi vent'anni vorreste che fosse simile l'anno pros­

simo? Venditore lo? Non saprei. Passeggero Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse fe-

lice? Venditore No, in verità, signore. Passeggero Eppure la vita è una cosa bella. Non è vero? Venditore Questo si sa. Passeggero Non tornereste voi a vivere questi vent'anni, e anche tutto il tempo

passato, cominciando da quando nasceste? Venditore Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse. Passeggero Ma se doveste rifare la stessa vita che avete fatta, né più né meno

con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati? Venditore Questo non lo vorrei. Passeggero Oh che altra vita vorreste rifare? La vita che ho fatto io; o quella·

di chi altro? O non credete che io e che chiunque altro, risponde­rebbe proprio come voi; e che dovendo rifare la stessa vita che ha fatto, nessuno vorrebbe tornare indietro?

Venditore Lo credo. Passeggero Neanche voi tornereste indietro a queste condizioni? Venditore No davvero, non ci tornerei. Passeggero Oh che vita vorreste voi dunque? Venditore Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senza condizioni. Passeggero Una vita a caso, senza sapere niente altro, come non si sa niente

dell'anno nuovo? Venditore Appunto. Passeggero Così vorrei anch'io se dovessi rivivere, e così tutti. Ma questo è se­

gno che il caso, fino a tutto quest'anno ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è dell'opinione che il male che gli è capi­tato è più del bene, se non vuole rinascere con tutto il bene e con tutto il male che ha avuto prima. La vita bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Con l'anno nuovo il caso comincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri; e comincerà la vita felice. Non è vero?

Venditore Speriamo. Passeggero Dunque mostratemi l'almanacco più bello che avete. Venditore Ecco, signore, questo vale trenta soldi. Passeggero Ecco trenta soldi. Venditore Grazie, signore: arrivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi! ...

Libera riduzione da Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere di Giacomo Leopardi (1798-1837)

1 almanacco: almanac, almanach, Almanach, almanaque. 2 passeggero: passer-by, passant, Passant, paseante.

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84 Leonardo da Vinci (1452-1519)

Nacque a Vinci, non lontano da Empoli, nel 1452; ben presto, a Firenze, frequentò la scuola del Verrocchio dove ebbe compagni il Botticelli e il Peru­gino.

Attraverso le sue poche, meravigliose opere, come La Vergine delle rocce, Il Cenacolo, La Gioconda, La Sant'Anna, sappiamo che fu uno dei più grandi pittori del mondo.

Aveva una maniera di scrivere particolare, da destra verso sinistra e con la mano sinistra e noi per leggere dobbiamo mettere il foglio davanti allo spec­chio. Leonardo non è un filosofo, ma un grande studioso della natura. Studiò il volo degli uccelli, i mari, la luce, i corpi. Inventò macchine che ancora oggi sono modernissime. Volle arrivare al vero con le sue sole forze, ebbe fiducia . nelle qualità dell'uomo e disse che le sue conoscenze erano nate dalla « sem­plice esperienza, la quale è maestra vera».

Per primo pensò che l'uomo potesse volare, ed è suo il pensiero che si po­tesse far correre un aereo nell'aria.

Morì lontano dalla patria ad Amboise in Francia.

85 La gara

Quando Gabriele D'Annunzio 1, giovanissimo, cominciava ad essere cono­sciuto come poeta, ricevette un giorno una lettera, che lo invitava ad essere presente ad una gara organizzata da una grande casa di vini. Ogni poeta do­veva mandare una poesia nella quale fossero cantate le qualità di quel vino.

Una sola poesia, la migliore, avrebbe potuto vincere; le altre sarebbero ri­maste per sempre alla casa.

D'Annunzio così rispose allora: «Offro cento lire, alla casa italiana che ha il vino più buono, e sarei felice

se anche voi voleste essere presenti a questa gara. Un solo vino potrà vincere e ogni casa dovrà mandare una dozzina di bottiglie. Gli altri vini non saranno resi».

Non ebbe risposta.

1 Gabriele D'Annunzio (1863-1938), poeta e scrittore.

86 Macco

Compagnia al morto

Il conte 1 Ambrogio Burlamatti aveva l'abitudine di passare l'autunno in una sua villa che aveva a circa due chilometri da Verona; in quel periodo an­davano in casa sua anche parecchi amici per godersi alcuni giorni in allegra

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compagnia. Fra i divertimenti che il conte offriva ai suoi amici, c'era quello di farsi degli scherzi.

In quei giorni un uomo che lavorava per lui morì; il conte, saputo ciò, pensò che fosse giunta l'occasione per divertire i suoi ospiti. Tra i suoi servi ce n'era uno che faceva ogni genere di lavoro; era un omone grasso e grosso, ma pauroso di tutto e parlava sempre di cose dell'altro mondo alle quali aveva as­sistito.

Il conte, volendo prendersi gioco di lui, lo fece chiamare, e gli disse: - Macco, qui c'è bisogno di te. Stamattina è morto, come tu sai, questo

mio uomo. Poiché c'è l'abitudine che qualcuno stia a far compagnia al morto durante la notte, io non vedo altra persona che sia più adatta di te. Avresti tu paura dei morti?

Rispose Macco: - Avreste così poca fiducia in me da credere che io possa aver paura di

chi non può più muovere né piedi, né mani? Non avrei paura di cento vivi che mi venissero incontro armati fino ai denti, dovrei averne di uno solo e morto?

- Ne ero certo, - disse il conte - ed è per questo che ho pensato a te. Perciò questa sera, tu andrai in camera del morto, e starai lì in sua compagnia, fino a domattina, quando il prete verrà per portarlo via.

Lo scherzo

Intanto il conte che aveva studiato tutto il piano dello scherzo, chiamò uno dei suoi servi:

- Vespa, -gli disse- vogliamo prenderei gioco di Macco, questa nott,e? Ascoltami bene dunque: egli terrà compagnia al morto come tu sai. Tu entra nella stanza prima di lui e, dopo aver messo il morto da qualche parte, prendi il suo posto, e sul più bello salta in piedi, ritorna vivo e stiamo a vedere se a Macco rimangano ancora le gambe per scappare dalla camera.

A Vespa la proposta andò benissimo. Un'ora prima che facesse buio, andò in casa del morto; gli tolse i vestiti e se li mise. Si stese con le mani in croce sul petto come se fosse morto e aspettò Macco.

Macco arrivò poco dopo; entrò nella camera e, per prima cosa, guardò dalla parte del morto: .subito fu preso da una grande paura, ma poi, a poco a poco, tornò tranquillo.

Passò molto tempo e, stando così solo, con il morto davanti, Macco sentì che la paura cominciava a bussare alla porta.

- Ma che fai? - si diceva - dov'è il tuo coraggio? Hai forse paura che questo morto ti mangi? Sta' su! Fatti coraggio!

Così diceva, e, intanto bevendo quasi tutta una bottiglia di vino, riuscì a trovare la pace e ben presto anche il sonno.

Il diavolo

Ma facciamo un passo indietro. Mentre così andavano le cose, il conte aveva pensato di rendere ancor più allegro lo scherzo: fatto chiamare uno dei

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suoi servi, lo fece vestire da «diavolo», perché andasse a mettere paura a Macco. Poi con i suoi amici s'andò a nascondere, ma in modo da vedere quello che succedeva nella stanza senza essere visti.

E così, ecco il diavolo che scendeva le scale della casa del morto e, mentre si avvicinava alla camera dove lui si trovava, faceva un tal rumore e mandava grida così terribili, da far diventare bianchi i capelli sulla testa.

Macco, dopo aver fatto un buon sonno, si stava svegliando, e: Vespa, che era tutt'orecchi, a sentir quel rumore che si stava avvicinando, voleva alzarsi, ma nello stesso tempo aveva paura di rovinar lo scherzo.

Il diavolo, arrivato davanti alla porta, l'aprì con forza e, con un grido da far paura perfino ai morti, entrò nella stanza.

Macco si mise a correre intorno alla stanza come un matto, e così correndo, andò contro il «morto» che, veramente più morto che vivo, si era intanto al­zato e si era messo a correre anche lui. Il diavolo, veduto il morto che non era più morto, ma che gridava con tutta la voce che aveva in gola e correva a più non posso, fu preso da una paura da non dire e saltando come un gatto, cer­cava di raggiungere la porta che intanto era stata chiusa dal conte.

E così correvano ed avevano paura l'uno dell'altro: il diavolo del morto, il morto e Macco del diavolo e anzi Macco di tutti e due. E correvano dove la paura e le gambe li portaVano; e questa festa della paura durò a lungo, durò fino a quando, avendo ciascuno perso in tutto o in parte il proprio vestito, non si riconobbero.

E allora si misero a ridere loro, il conte, gli amici e risero, risero e forse ridono ancora.

Libera riduzione da Il Macco di Antonio Cesari (1760.1828)

1 conte: Count, comte, Graf, conde.

87 L'uovo di Colombo

Un giorno Cristoforo Colombo prendeva parte ad un pranzo. Il discorso cadde sul «Nuovo Mondo», che il grande uomo aveva scoperto,

ed uno degli invitati disse che, in fin dei conti, non era stata una cosa tanto difficile e lanciò questa frase: - Dopo tutto, bastava averci pensato.

Cristoforo Colombo, che fino a quel momento era stato zitto, prese un uovo che era sulla tavola e, rivolgendosi agli ospiti, disse loro:

- Chi di loro, signori, saprebbe far stare quest'uovo su una delle sue punte?

Alcuni provarono, ma inutilmente. Alla fine tutti furono d'accordo che ciò era impossibile.

Colombo, allora, batté l'uovo sul piatto, ruppe una delle punte, e l'uovo ri­mase in piedi.

Vedendo ciò, tutti uscirono con questa esclamazione: Ma era una cosa semplicissima!

- Già, - continuò Colombo, - per farlo, bastava averci pensato.

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88 Dialogo della moda e della morte

M oda Signora Morte, signora Morte. M orte Aspetta che sia l'ora, e verrò senza che tu mi chiami. M oda Signora Morte. Morte Vattene col diavolo. Verrò quando tu non vorrai. Moda Ma io non posso morire. Morte Non puoi morire?

«Passato è più che il millesim'anno» 1

Sono finiti i tempi d'oro. Moda Anche la signora ama i versi del Petrarca? Morte Ho care le poesie del Petrarca, perché parlano di me quasi dappertutto.

Ma insomma, levati d'attorno. Moda Via, fermati anche per un solo momento e guardami. M orte Ti guardo. Moda Non mi conosci? Morte Dovresti sapere che ci vedo male e che non posso usare occhiali, perché

gli inglesi 2 non ne fanno che mi vadano bene, e, anche se ne facessero, non saprei come tenerli su.

M oda Io sono la Moda, tua sorella. Morte Mia sorella? Moda Non ti ricordi che tutte e due siamo nate dalla «Caducità» 3? Morte Che cosa devo ricordarmi io, che sono la più grande nemica della me­

moria? Moda Ma io me ne ricordo bene; e so che l'una e l'altra vogliamo distruggere

e cambiare di continuo le cose di quaggiù, benché tu lo faccia per una strada e io per un'altra.

Morte A meno che tu non parli col tuo pensiero o con persona che tu abbia dentro di te, alza più la voce e fa capire meglio le parole, perché se parli tra i denti con quella vocina bassa, io non ti sentirò mai. Perché le orec­chie, se non lo sai, non mi servono meglio della vista.

Moda Benché sia contraria al buon uso di oggi, e in Francia non si abbia l'abi­tudine di parlare a voce alta, tuttavia, poiché siamo sorelle, e poiché tra noi possiamo fare senza troppi complimenti, parlerò come tu vuoi. Dico che la nostra natura comune è di cambiare continuamente il mondo, ma tu fin da principio ti sei gettata sulle persone e sul sangue; a me bastano le barbe, i capelli, gli abiti, le cose di casa, i palazzi e altre cose del genere. È vero che mi piace e non lascio l'occasione di fare parecchi giochi come i tuoi: come rompere orecchie, labbra, nasi, attaccandovi cose da nulla; come bruciare con dei segni la carne degli uomini per farla più bella; cambiare ia forma delle teste dei bambini, come ho fatto in America e in Asia; rovinare i piedi della gente con scarpe troppo strette; impedirle di respirare e fare in modo che gli occhi le escano dal viso a forza di stringere la vita; e cento altre cose così. Anzi, parlando in generale, costringo tutti gli uomini gentili a soffrire ogni giorno per

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mille fatiche e per mille dolori; e qualcuno a morire, per l'amore che mi porta. Per non dire nulla dei mali di testa, dei raffreddori, delle in­fluenze, della febbre che gli uomini si guadagnano per obbedirmi.

Morte Per concludere, io credo che tu sia mia sorella. Ma, stando così ferma, mi sento venire meno; perciò se te la senti di corrermi a fianco, fa' in modo di non morire, perché corro forte e correndo mi potrai dire quello che vuoi.

Moda Se corressimo insieme, non so chi di noi due vincerebbe, perché se tu corri, io volo; e non riesco a stare mai a lungo in un posto, perché se tu perdi i sensi, io mi consumo. Così, cominciamo di nuovo a correre, e correndo, come tu dici, parleremo dei nostri affari.

Morte Dunque, poiché tu sei nata dal corpo di mia madre, sarebbe bene che tu mi aiutassi in qualche modo nel mio lavoro.

Moda Io l'ho già fatto in passato, più di quanto tu non pensi. Morte Ma io vorrei che tu, da buona sorella, mi aiutassi a farlo più facilmente

e più rapidamente di quanto ho fatto finora. Moda Ti ho già raccontato alcune delle mie opere che ti sono state molto utili.

Ma quelle non sono niente di fronte a quello che sto per dirti. Un poco alla volta, soprattutto in questi ultimi tempi, ho fatto in modo che gli uomini si dimenticassero le fatiche e gli esercizi che fanno bene al corpo, e ho usato moltissimi mezzi che portano danno e che fanno più breve la vita. Per di più, ho fatto tante altre cose, che, in verità, si può dire che questo sia proprio il secolo della morte. Ma ancora: mentre nel passato eri odiata, oggi, per opera mia, le cose sono messe in modo che ogni persona che ha un po' d'intelligenza, ti preferisce alla vita, e ti vuole tanto bene che sempre ti chiama e si rivolge a te come alla sua più grande speranza. Queste cose, che non sono poche né piccole, ho fatto finora per amor tuo. E poiché penso che tu riconosca utilissima la mia opera, sono pronta a fare ogni giorno di più. Quindi, mi pare che per il futuro sia bene che andiamo l'una a fianco dell'altra: potremo così dirci la nostra opinione secondo i casi e prendere la decisione migliore.

Morte Tu dici il vero, e così voglio che facciamo. Libera riduzione dal Dialogo della Moda e della Morte di Giacomo Leopardi (1798-1837)

1 È il verso 77 della canzone « Spirto gentil>> del Petrarca. 2 Gli occhiali, in quel tempo, erano per lo più di fabbrica inglese. 3 caducità: transience, caducité, Vergiinglichkeit, caducidad.

89 In che modo i Principi debbono mantenere la fiducia

l) Dovete dunque sapere che ci sono due modi di combattere: l'uno con le leggi, l'altro con la forza. Il primo è dell'uomo, il secondo è delle bestie; ma, poiché il primo molte volte non basta, conviene usare il secondo. Perciò ad un principe è necessario saper bene usare la bestia e l'uomo. Ciò è stato insegnato

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ai principi, senza farlo notare, dagli scrittori antichi; i quali scrivono come Achille e molti altri furono dati alle cure di Chirone centauro 1 • Il che significa avere per maestro uno metà bestia e metà uomo: cioè che ad un principe oc­corre sapere usare l'una e l'altra natura.

2) Quanto convenga ad un principe mantenere la fiducia e vivere con onore, ognuno può capirlo; tuttavia, si vedono per esperienza ai nostri tempi, principi che hanno fatto grandi cose, senza aver tenuto in gran conto la fiducia degli uomini, e hanno saputo giocare con arte i cervelli degli uomini; e alla fine hanno superato quelli che avevano avuto fiducia nella loro parola.

3) Se gli uomini fossero tutti buoni, la legge di mantenere la parola data andrebbe bene; ma, poiché sono cattivi e non la userebbero con te, non devi sentirti in dovere di usarla con loro. E ad un principe non sono mai mancate giuste ragioni per spiegare di non aver mantenuto la parola. Di questo se ne potrebbero dare moltissimi esempi e mostrare quante paci, quante promesse sono mancate, perché era venuta meno la promessa del principe.

4) Un principe, dunque, deve fare in modo che non gli esca mai di bocca una cosa che non sia lo specchio di queste cinque qualità: pietà, fiducia, onore, umanità, religione. E l'ultima di queste qualità è la più importante. E gli uo­mini in generale giudicano più con gli occhi che con le mani: perché molti pos­sono vedere e pochi sentire. Ognuno vede quello che tu sembri, pochi sentono quello che tu sei; e quei pochi non provano ad andare contro l'opinione di molti, che abbiano dalla loro parte il potere dello stato; e nelle azioni di tutti gli uomini e soprattutto dei principi, contro i quali non si può ottenere giusti­zia, si guarda allo scopo e non ai mezzi.

Libera riduzione da /l Principe di Niccolò Machiavelli (1469-1527). cap. XVlll

1 centauro: centaur, centaure, Kentaur, centauro.

90 Attraverso l'Italia

L'Italia del Nord

Allo straniero che non arriva dal mare il primo panorama che si presenta è quello delle Alpi: un panorama bello, ma dall'aspetto duro, dal carattere deciso come quello dei suoi abitanti, uomini di poche parole, abituati ai silenzi delle loro montagne.

Questa catena continua è come un muro naturale che, a Nord, limita e se­para l'Italia dagli altri paesi.

Passate le Alpi, la scena diventa più dolce: le colline del Piemonte, della Lombardia e del Veneto ridono al sole, l'aria si fa più calda, l'occhio si riposa dopo la fatica per raggiungere le cime lontane; i fiumi e i laghi numerosi com­pletano il panorama.

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Chi guarda questa natura è certo di essere davanti ad uno spettacolo finito, curato nei particolari del disegno e del colore.

La pianura 1 accoglie i fiumi che scendono dalle Alpi e dagli Appennini, che si stendono e avanzano fino a raggiungere il fiume più grande, il Po, che è il padrone della pianura che bagna e che da lui prende il nome.

La pianura del Po, ricca di prodotti dell'agricoltura, è coperta di nebbia per buona parte dell'anno. Le città di Torino e Milano, nate in questa nebbia, vi aggiungono il fumo delle loro grandi industrie che accolgono tanti italiani par­titi dal Sud per cercare lavoro.

Padova è qui anch'essa: città di studi, che ha visto nascere in tempi antichi la seconda e forse la più famosa Università d'Italia, dopo quella di Bologna: e Venezia che nasce dal mare come un fiore di marmo; e Bologna che accoglie lo straniero con la voce della cultura e della cucina veramente ottima.

Il Centro

L'Italia Centrale ha anche lei le sue montagne: gli Appennini che conti­nuano le Alpi e che seguono la penisola per tutta la sua lunghezza.

Qui il panorama è vario, ricco di colori che cambiano da luogo a luogo: dal verde del Mugello e del Casentino si passa all'oro battuto dal sole d'agosto, pulito, senz'alberi, del Volterrano.

Questa è la terra degli Etruschi, dei Toscani i cui padri sono etrusco-latini. E la lingua dei toscani è diventata la lingua di tutti gli italiani. Qui tutto parla di arte e di letteratura: Firenze, sul fiume Arno, ha visto nascere o ha accolto i più grandi artisti italiani: Dante, Petrarca, Boccaccio, Machiavelli, Giotto, Leo­nardo da Vinci.

L'Umbria non ha un panorama vario come quello della Toscana. I colori della natura non sono mai né troppo accesi, né troppo spenti: il senso di pace e di serenità di chi guarda non è mai disturbato.

Sulle verdi colline che formano il panorama umbro si affacciano città più o meno grandi, ma molto antiche. Gli abitanti hanno un carattere che è in per­fetto accordo con la natura che li circonda: tranquilli nel gesto e nella parola vanno proprio d'accordo con la dolcezza delle loro colline.

Perugia è città medioevale e centro di cultura; Assisi è la patria di San Francesco; Gubbio, la più medioevale delle città; Terni, la più industriale.

Le Marche che da un lato guardano l'Adriatico, presentano montagne all'in­terno, colline dalla parte delle coste. Per conoscere le Marche lo straniero non deve passarvi con il treno che corre lungo le coste e tanto vicino da bagnarsi quando le onde del mare sono alte, ma deve girare verso l'interno dove troverà una campagna meravigliosa.

Il Lazio, terra che guarda dalla parte del Tirreno, offre al turista un pano­rama vario: gli Appennini all'interno, laghi e laghetti e brevi catene verso ovest.

Roma, capitale 2 d'Italia, capitale religiosa, è qui proprio dove il fiume Te­vere sta per finire la sua corsa. Il Lazio, paese agricolo, è diventato paese indu-

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striale grazie a Roma: a Roma, specialmente negli ultimi anni, sono nate nume­rose industrie.

L'Italia del Sud e le isole

Andando ancora verso Sud, da Roma, l'Italia prende dei caratteri partico­lari: il panorama diventa sempre più duro. L'Abruzzo e il Molise offrono al­l'occhio montagne e verde. La Campania è anch'essa ricca di monti, di verdi pia­nure. Ed ecco Napoli meravigliosa e romantica. La Basilicata ha ancora monta­gne (il solito Appennino che continua la sua strada verso la punta dell'Italia); la Puglia offre ancora montagne, ma anche pianure senza fine: qui la natura è povera di boschi e il solo vero padrone è il sole che colpisce la terra, che fa diventare secca l'erba; la Calabria, infine, la punta della scarpa d'Italia, è tutta montagne.

E finalmente le isole: la Sicilia e la Sardegna, terre d'una bellezza dura e forte, terre bruciate e amare, ma generose e decise come i loro abitanti.

È difficile trovare l'industria in questa parte dell'Italia; diverse cause ne hanno impedito la fortuna, quelle stesse che hanno fatto partire tanti italiani a cercare lavoro nelle città del nord o all'estero.

Qui, dove la natura è ancora padrona, l'uomo ha aggiunto alla bellezza na­turale quella delle sue strade: non è stata cosa facile superare montagne e fiumi, ma oggi le nostre autostrade corrono per chilometri e chilometri: da Milano ai laghi, a Venezia, a Genova, a Napoli, a Palermo, a Bari.

1 pianura: plain, plaine, Flachland, Ilanura. 2 capitale: capitai, capitale, Hauptstadt, capitai.

91 I partiti politici in Italia

Perché il diritto di eleggere i propri rappresentanti sia vero, è necessario che gli elettori abbiano la possibilità di unirsi per fare programmi di azione po­litica, proporre gli uomini da fare eleggere. Dove vi è un parlamento 1, vi sono i partiti politici.

In Italia, vi è una forte organizzazione dei partiti, e la elezione del parla­mento dipende in gran parte da questa organizzazione; per cui il gruppo par­lamentare· è legato alle decisioni prese dalla direzione del partito.

L'importanza dei partiti organizzati nel guidare la volontà di tutti oggi è tale che i governi sono espressione della diversa natura dei partiti che vi pren­dono parte. Abbiamo avuto così in Italia fino al 1962 governi di centro e in seguito governi di centro-sinistra.

Il sistema a più partiti, come quello italiano, costringe i diversi gruppi poli­tici (Democrazia Cristiana, Partito Socialista Italiano, Partito Socialista Demo­cratico Italiano, Pattito Repubblicano Italiano, Partito Liberale Italiano) ad unirsi tra loro per, • formare un governo.

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Gli altri partiti della destra (Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale) e della sinistra (Partito Comunista Italiano, Partito Radicale, Democrazia Prole­taria) formano l'opposizione per controllare l'opera del governo.

1 parlamento: Parliament, Parlement, Parlament, parlamento.

92 I sindacati 1 in Italia

Il sindacato ha il compito di raccogliere e organizzare i lavoratori, per di­fenderne gli interessi economici, per rendere migliori le condizioni di lavoro.

Oggi il sindacato, mentre la crisi dei partiti politici si fa sempre più gene­rale, rappresenta una grande forza nella vita dell'Italia. Rappresenta il lavora­tore di fronte al datore di lavoro 2 , di fronte alla nazione in generale, e di fronte allo Stato.

Dopo la fine del Fascismo i lavoratori si organizzarono in sindacati di chiaro carattere politico, gli stessi che ancora oggi sono presenti in Italia e che dimostrano, da qualche anno, la volontà di unirsi in un solo, grande e forte sindacato.

La Costituzione Italiana stabilisce il principio della libertà di organizzazione sindacale, per cui tutti i cittadini hanno il diritto di iscriversi liberamente ai sindacati o addirittura di crearne dei nuovi.

Per lungo tempo l'attività sindacale ha rivolto la sua attenzione ai problemi dello stipendio e dell'orario di lavoro. Ma a poco a poco si guarda sempre più anche ai problemi della vita della fabbrica, all'ambiente di lavoro, alle regole interne, alla sicurezza, al tempo libero e infine al «potere».

1 sindacato: trade-union, syndicat, Gewerkschaft, sindicato. 2 datore di lavoro: employer, employeur, Arbeitgeber, empresario.

93 Gli Italiani e lo sciopero

Troppo spesso e non sempre in modo giusto si sente dire: «Oh, lo sciopero, in Italia è proprio una malattia!», oppure, «È impossibile andare avanti così, con tutti questi scioperi! ».

Certamente non possiamo dar torto al semplice cittadino e allo straniero quando dicono brutte parole perché i negozi sono chiusi in giorni e in ore di lavoro, quando una lettera, il denaro arrivano con molti giorni di ritardo, quando l'orario dei treni fa diventare matti, quando l'ospedale è aperto solo per casi gravissimi, quando il telefono non funziona, quando gli studenti cam­minano in fila per le strade e gridano, quando all'angolo non si trova il giornale o al negozio non si trovano le sigarette preferite.

Tuttavia è necessario parlare un po' più a fondo e meno in fretta della « abi­tudine agli scioperi». Oggi nessuno ha più dubbi sulla importanza dello scio­pero in una società democratica.

Quasi mai lo sciopero prende soltanto la forma di semplice astensione 1 dal

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lavoro e per motivi che riguardano solo lo stipendio. Inoltre è falso che gli Ita­liani, come si pensa da qualche parte, scioperino perché non hanno voglia di lavorare. Il lavoro italiano è molto ben accettato in molte nazioni. Spesso alla base dello sciopero c'è una ingiustizia 2 vecchia di anni che si vuole superare.

Si può certamente discutere se certe forme di sciopero siano giuste o no, ma resta un punto fermo: lo sciopero, usato nei modi e nelle maniere che ri­spettino il diritto personale al lavoro e la libertà economica, significa libertà, significa civiltà.

1 astensione: abstention, abstention, Enthaltung, abstenci6n. 2 ingiustizia: injustice, injustice, Ungerechtigkeit, injusticia.

94 Settentrionali 1 e Meridionali 2

L'Italia unita ha una storia molto giovane: fino al secolo scorso è stata di­visa politicamente ed economicamente. Perciò non sorprende che, fra gente di diverse regioni 3 , siano nate differenze delle quali soffrono i più deboli econo­micamente: cioè i meridionali.

La povertà delle regioni del Sud non è originata da motivi di razza, ma da secoli di cattivo governo, da analfabetismo, da mancanza di materie prime, dal clima. Tuttavia la cosa non è né nuova, né strana, se si pensa a paesi di più lunga storia quali l'Inghilterra, la Francia, la Germania che pure sentono la dif­ferenza fra Nord e Sud.

Il Meridionale riconosce che l'Italiano del Nord è un uomo attivo, lavora­tore, con i piedi per terra. Il Settentrionale ammette che l'Italiano del Sud è un uomo intelligente, generoso, ricco di fantasia.

I Meridionali riconoscono i loro lati negativi; i Settentrionali cercano di mettere ben in vista i loro aspetti migliori. Ma l'uomo che riconosce troppo chiaramente le proprie mancanze spesso dimostra di non aver fiducia in se stesso.

Se il problema presentava aspetti abbastanza gravi qualche anno fa, oggi la situazione va cambiando: i giovani meridionali sono sempre più aperti alla vita moderna, sono sempre più «contro il mondo di ieri», sempre più pronti a prendere le regole, i sistemi, le idee moderne.

La «gelosia» è già superata in una società che vede uomini e donne nelle industrie, negli uffici, nella scuola, con gli stessi diritti e la stessa libertà.

L'« intelligenza» è sempre più considerata in una società che spinge ed aiuta gli uomini in base alle vere qualità personali e alla preparazione.

Il cinema, la radio, la televisione, la stampa, le macchine, i treni, le auto­strade aprono ad ogni persona un più grande panorama di esperienze, spingono ad uscire dal proprio piccolo mondo, per comprendere che esso non è il solo, né il migliore.

1 settentrionale: northerner, septentrional, Nordlander, septentrional. 2 meridionale: southerner, méridiona!, Siidlander, meridiana!. 3 regione: region, région, Gegend, regi6n.

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95 Il viaggio della speranza: la vita dell'emigrante 1

«Il treno delle l~:mtane province dell'Italia del Sud, è sempre pieno di gente con grandi valige. E difficile sapere che cosa portino con sé questi piccoli uo­mini della Lucania, della Calabria, della Sicilia: forse coperte, abiti e qualche cosa da mangiare. Il treno corre nella notte tra il mare e le nere montagne ... » (libera riduzione da Giovanni Com isso).

Fermati un poco, e guardati intorno, se ti trovi nella stazione di una città del Sud. Tra la gioia semplice di tanti, tanti bambini, vedi uomini tristi in viso, donne con il capo e parte del viso coperti, gente che tu credi si prepari a par­tire per sempre. Accanto, nelle vecchie e mal legate valige, tutte le loro povere cose. Sono intere famiglie che partono con il pianto, si allontanano con dolore, hanno la morte nel cuore. Vanno verso paesi di cui non conoscono la gente, la vita, la lingua, le abitudini. Cadranno tante speranze. Vivranno di ricordi. Ma molte non torneranno indietro.

E non è certo questo un fatto nuovo. Dalla fine del secolo scorso nuove vie di emigrazione erano state aperte: le Americhe, l'Australia, e tutti i paesi del­l'Europa del Nord. Cominciarono a partire gli uomini, i più giovani, sotto i quaranta anni, stanchi di dieci terribili ore di lavoro mal pagate, stanchi di mangiare poco per tutto l'anno. Allora, per farli decidere è bastata magari la cartolina di un felice panorama mandata da un amico già partito.

Nelle nuove terre c'è lavoro per tutti, facile e ben pagato, divertimenti e compagnie mai sognate. Messi insieme pochi soldi, si lasciano le prime case povere e senza aria, si cerca una casetta, si chiamano presso di sé la moglie e i figli. Il primo periodo -raccontano gli emigrati -è terribile: tutto intorno-c'è freddezza e nel cuore malinconia. Se non ci fosse qualche amico, o qualche parente, o qualche paesano a cui rivolgersi i primi giorni, la vita sarebbe im­possibile. Ma per fortuna ci sono, e attraverso loro si prende conoscenza di altri gruppi simili, si trova il primo lavoro, un posto per mangiare e per dor­mire; si cominciano a conoscere ambienti e strade, e insomma la nuova città.

Quasi sempre, però, mancano scuole per i bambini e difficile si presenta la lingua. Mancano luoghi in cui questi bambini possano incontrarsi, divertirsi e giocare con gli amici della stessa età e della stessa lingua.

All'inizio per questa gente ci sono sempre i lavori più brutti e più duri: sono operai non preparati, uomini che fino a qualche giorno prima hanno lavo­rato soltanto nei campi. Devono passare mesi prima di ottenere un lavoro in fabbrica al sicuro dalle sorprese del domani.

Nel periodo 1952-1962 si è avuto un movimento massimo di persone verso altre città italiane e altri paesi all'estero di oltre quindici milioni. Ciò vuol dire che più del trenta per cento degli Italiani ha lasciato il suo luogo di nascita, anche se la maggior parte di essi è emigrata internamente all'Italia.

Partendo verso terre lontane si vince una povertà durata secoli, si ottiene la libertà dal bisogno, ma a prezzo di dolori e sofferenze e con il cuore sempre stretto dal ricordo della terra madre che ti ha visto bambino, e, se tornerai, ti vedrà vecchio, ma che non ti ha visto vivere veramente. 1 emigrante: emigrant, émigrant, Auswanderer, emigrante.

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96 La donna in Italia

Da sempre abbiamo sentito parlare delle qualità della donna italiana: ot­tima moglie e ottima madre, ben felice della sua condizione nella vita di ogni giorno. Gelosa. Si è voluto che la donna fosse specialmente «moglie e madre».

L'idea della vera donna non era quella della figura quasi maschile, che vuole diventare «qualcuno» anche in campi che non sembravano proprio fem­minili, nella scienza, nell'arte, negli affari. La donna era tale, in quanto poteva rispondere: «Io sono la moglie di ... », «Io sono la madre di ... ».

Oggi se una donna guarda al valore della sua vita a trenta anni, si accorge che non è molto. Non si deve dimenticare che in passato una grande famiglia impegnava la donna in un lavoro tale da darle il senso della propria utile pre­senza: si facevano i vestiti in casa per tutti, si preparava una buona cucina per molte persone, e «tutte le donne» della famiglia curavano «il buon governo» della casa che dava sempre i suoi frutti. La donna prendeva parte ai lavori del­l'agricoltura, e aiutava spesso negli altri lavori.

Era un modo per dimostrare il potere proprio di creare qualcosa. Oggi la donna ha intorno il vuoto, un vuoto che spesso ella chiama mancanza d'amore. E non è contenta.

Una inchiesta di qualche tempo fa, infatti, ha abbastanza chiaramente detto che la donna italiana non è felice, è profondamente sola, è profondamente de­lusa.

Eppure, - dicono gli uomini - molte di queste donne dovrebbero essere serene e felici; hanno case con tutto ciò che rende la vita più comoda, hanno un marito che amano e che le ama, i figli sono pieni di salute, di intelligenza, di vita.

La verità è un'altra. La donna di casa è troppo occupata. Tutto ciò che un tempo poteva essere sufficiente per completarla e riempirne la vita, oggi non basta più. Casa, figli, marito, non le lasciano un minuto per respirare e per ri­posare.

Non ha tempo per leggere, per incontrarsi e parlare con gli altri, vive in un mondo troppo piccolo e povero per sentirsi completa.

Quali strade si aprono oggi alla donna italiana per fare migliore la propria vita? Non già quella del divorzio 1, o quella di abbandonare i figli e la casa. La scelta non è tra matrimonio e libertà.

Il lavoro in casa non è certo tutto, ma solo un compito da portare a fine nel modo più semplice e rapido. Il matrimonio, i figli, sono importanti nella vita di una donna, ma non sono il solo punto di arrivo.

La donna vuole un proprio personale lavoro, che le dia la misura della pro­pria personalità. Il suo non vuole essere un qualsiasi lavoro fuori casa, ma qualcosa di serio, con problemi veri.

Non accetta più l'idea della donna in rapporto all'uomo, e dell'uomo che cerca ed ha bisogno di affetto materno. Insomma: l'uomo non deve più essere il padrone che può permettersi tutto e la donna non deve esistere solo per aiu­tarlo. 1 divorzio: divorce, divorce, Ehescheidung, divorcio.

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Parte seconda

Brani di autori contemporanei

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97 La strada della felicità

La strada della felicità è quella dove abito io col mio papà, la mia mamma, mia sorella Patrizia, l'automobile, il cane e il nonno Giuseppe che è rimasto solo e vive con noi.

Per me la strada di una città è come una piccola città, con intorno il mondo. La gente va e viene sul tram che assomiglia a un treno ma è più pic­colo, o sull'autobus che assomiglia a un'automobile ma è più grande, o addirit­tura sull'automobile come fa il mio papà che lavora. Invece il portalettere ado­pera il motorino perché così fa prima, e la guardia notturna arriva in bicicletta perché così i ladri non la sentono arrivare e non scappano.

La mia strada non è grande ma ha molti occhi che sono le finestre delle case, e dietro a una di queste finestre c'è la mia stanza colletto dove dormo e i giochi e i libri di scuola.

Nella mia strada ci sono un mucchio di automobili di tutte le marche e alla sera c'è anche quella del mio papà che è molto veloce.

Da La strada della felicità, di A. Pellicanò, Milano, Mondadori

98 Amore

Certe sere resto a guardare la strada finché la sigaretta si è tutta consu­mata; penso al rumore di marea crescente del passeggio serale in agosto, su questo nostro povero lungomare ormai come gli altri affollato di luci e di ru­mori; capisco quello che non capivo allora, quando mi domandavo che cosa cercassero tutti in quel loro andare, che cosa cercavo io stessa quando come loro giravo in tondo, abbigliata e dipinta come per una festa. Che cosa ci spin­geva fuori se non l'ansia di qualcosa che non riuscivamo a realizzare, la ricerca disperata di qualcuno che desse un senso alle nostre giornate? Chi sperando di vivere da protagonista una storia, chi di assistervi da spettatore, nessuno ba­stava a se stesso.

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Un giorno disperatamente Riansi prendendo la decisione di restare sola. Era paura: la paura di chi ha vissuto continuamente in bilico tra il bisogno di li­bertà e il bisogno di sicurezza, la paura di diventare adulta per sempre.

Ora sono qui, avendo da poco compiuto trent'anni e assolutamente trepi­dante per il mio avvenire come un'adolescente; non tanto perché io per questo domani abbia speranze o timori, quanto perché ritengo che questo mio domani sia già l'oggi di molte donne nate dopo di me e che la libertà l'hanno avuta in dono dal tempo in cui viviamo. Mia figlia crescerà in un mondo che ha cammi­nato, a dispetto del mio isolamento e della mia infelicità; a lei vorrei lasciare qualcosa perché non si smarrisca come è accaduto a me per pregiudizio e paura. Voglio che viva libera in luoghi dove si possa essere liberi, conoscendo il significato di questa parola.

Per anni ho sentito parole agitarsi dentro di me, parole che non potevo af­ferrare perché la mia vita era simile alla morte, perché ogni giorno mi sforzavo di ascoltare altre parole: ubbidienza, sacrificio, gratitudine, lavoro, onestà, ca­stità, maldicenza, verginità, educazione, prestigio, carriera, autorità, religione, dovere, dovere, dovere... mentre io sempre pensavo a una parola sola, impor­tante: amore.

Amore materno, amore filiale, amore spirituale, amore casto, amore legit­timo, amore carnale, amore sbagliato, amore malato, amore perverso, amore coniugale, amore adolescente, amore responsabile, amore distruttivo, amore co­struttivo, amore posseduto e subito perduto, amore impossibile ...

Ora questa montagna di parole si è condensata ed è esplosa: non sarò mai più la stessa, ma voglio essere me stessa.

Da Un matrimonio perfetto di C. Cerati, Padova, Marsilio Editori

99 Chiamata internazionale

L'estate declina, i ragazzi rientrano alla base, finisce anche l'incubo delle telefonate internazionali.

I figli sono partiti qualche settimana fa con lo zaino, il sacco a pelo, le scarpe senza tacco da globetrotter, i biglietti cumulativi, le combinazioni aeree con cui ( ... J si va e si torna dall'America per quattro soldi, gli indirizzi di qual­che conoscente in caso di emergenza, il catalogo universale degli ostelli della gioventù [ ... J.

Le telefonate tardavano sempre, qualche volta arrivavano alle tre di notte perché il figlio aveva aggiunto la differenza di fuso orario invece di sottrarla o viceversa ( ... J.

Le telefonate erano festose e insieme nevrotiche: sono ore che sto male; e io sono ore che ho fatto la prenotazione ( ... J.

I figli fortunatamente stanno bene, ma lasciano capire che starebbero an­cora meglio senza l'ossessione di queste chiamate ( ... J.

Quando la telefonata ritarda arrivano quelle degli altri genitori: noi non sappiamo niente e voi? Neanche noi, ma non c'è da preoccuparsi. Infatti era

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solo per curiosità, non siamo assolutamente preoccupati. Poi tutti abbassano il ricevitore preoccupatissimi.

Succede anche che, con tuttì gli stranieri che vivono in albergo, il portiere sbagli a dirottare in camera una chiamata internazionale: la madre in attesa ri­schia il collasso ascoltando una lingua che non capisce, ecco è successo qual­cosa e qualcuno cerca di comunicarmelo. · Ora i figli tornano con barba e baffi (il sospetto che girino il mondo per

farseli crescere è fondato) e finalmente se telefonano, è soltanto da un bar per dire che stanno fuori a cena.

I proponimenti per l'anno venturo sono incrollabili: basta telefono, meglio non sapere niente che struggersi nell'attesa di sapere. Ma l'anno prossimo ri­cominceranno le patetiche contrattazioni: una volta ogni dieci giorni, oppure appena sei arrivato e alla vigilia della partenza, oppure tutte le volte che c'è stato un terremoto, un incendio o è deragliato un treno.

Continua la fatale altalena fra i genitori che si vorrebbe essere e quelli che si è.

Da Dipende di L. Goldoni, Milano, Mondadori

l 00 Liberazione

Possedere un'automobile è una bella comodità, certo. Non è però una vita facile.

Nella città dove vivo, raccontano che una volta adoperare un'automobile fosse una cosa semplice. I passanti si scansavano, le biciclette procedevano ai lati, le strade erano pressoché deserte, soltanto qua e là i mucchietti verdi la­sciati dai cavalli; e ci si poteva fermare a volontà, anche nel mezzo delle piazze, non c'era che l'imbarazzo della scelta. Così dicono i vecchi, con un ma­linconico sorriso, carico di reminiscenze ...

Oggi invece, o amici, è una battaglia [ ... J. Quando venivo in ufficio a piedi o con il tram, me la potevo prendere co­

moda, relativamente. Oggi no, che vengo in automobile. Perché l'automobile bisogna pur lasciarla in qualche sito e alle ore otto del mattino trovare un po­sto libero lungo i marciapiedi è quasi un'utopia.

Perciò mi sveglio alle sei e mezzo, alle sette al più tardi: lavarsi, farsi la barba, la doccia, una tazza di tè bevuta a strangolone, poi via di gran carriera, pregando Iddio che i semafori siano tutti verdi.

Eccoci. Con la miserabile ansia degli schiavi, il mio prossimo, uomini e donne, formicola già per le strade del centro, anelando a entrare il più presto possibile nella sua prigione quotidiana.

Le vie lunghissime e diritte hanno già da una parte e dall'altra una ininter­rotta fila di automobili ferme e vuote, a perdita d'occhio [ ... j.

È tardi. Da un pezzo sarei dovuto essere in ufficio. Ansiosamente esploro una via dopo l'altra, in cerca di un rifugio. Meno male: là c'è una signora che sembra stia per risalire in macchina. Rallento, aspettando che lei salpi per ere-

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ditare il posj:o. Un coro frenetico di clackson immediatamente si scatena alle mie spalle. Intravvedo, voltandomi, la faccia congestionata di un camionista che si sporge in fuori, mi urla ingiuriosi epiteti e con il pugno pesta sullo spor­tello, per dar rumore alla sua collera: Dio, come mi odia.

Pazienza. Ora bisogna che almeno passi dall'ufficio ad avvertire. L'usciere sta sempre sulla soglia, mi fermerò un attimo, gli spiegherò la cosa. Ma proprio mentre sto frenando in corrispondenza del portone, gli occhi mi cadono su di un posto libero lungo l'opposto marciapiede. Col cuore in gola io sterzo, ri­schiando di farmi triturare dalle valanghe di veicoli, attraverso la strada, velo-cemente plano a sistemarmi. Un miracolo... ·

Da Sessanta Racconti di D. Buzzati, Milano, Mondadori

l O l Prima liceo

Sono stato molte volte infelice, nella mia vita, da bambino, da ragazzo, da giovane, da uomo fatto; molte volte, se ci ripenso, ho toccato quel che si dice il fondo della disperazione. E tuttavia ricordo pochi periodi più neri, per me, dei mesi di scuola fra l'ottobre del 1929 e il giugno del '30, quando facevo la prima liceo. Gli anni trascorsi da allora non sono serviti a niente, tutto som­mato: non sono riusciti a medicare un dolore che è rimasto là, intatto, come una ferita segreta, sanguinante in segreto. Guarirne? Liberarmene? Ormai so bene che non è possibile. Se adesso ne scrivo, dunque, è soltanto nella spe­ranza di capire e far capire. Non vado in cerca di altro.

Fin dai primi giorni mi ero sentito a disagio, profondamente spaesato. Non mi piaceva l'aula dove ci avevano messi, posta al termine di un tetro corridoio lontano da quello, allegro e familiare, su cui rispondevano le tredici porte delle classi ginnasiali divise nelle tre sezioni delle inferiori e nelle due delle superiori. Non mi piacevano i nuovi professori, dai modi distaccati e ironici che scorag­giavano ogni confidenza, ogni considerazione personale (ci davano tutti del Lei), quando addirittura, come il titolare di latino e greco, Guzzo e come la Krauss, di chimica e scienze naturali, non promettevano per l'immediato avve­nire regimi di severità e durezza carcerarie. Non mi piacevano i nuovi compa­gni, provenienti dalla quinta A, a cui, noi della B, eravamo stati aggiunti: diver­sissimi da noi - mi pareva -, forse più bravi, più belli, appartenenti a fami­glie, nel complesso, forse migliori delle nostre, insomma irrimediabilmente estranei.

Da Dietro la porta, di G. Bassani, Torino, Einaudi

l 02 Gli innamorati

Alla sera, quando si accendono le luci e quindi la mia strada è quasi com­pletamente buia, arrivano gli innamorati.

Gli innamorati si riconoscono perché sono sempre in due. Gli innamorati

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non ridono mai e si nascondono sotto i portoni e tra gli alberi e si tengono stretti per paura che qualcuno li porti via.

Ma la guardia notturna fa finta di non vederli perché tanto sa che non sono ladri.

Anche il mio papà e la mia mamma prima di sposarsi erano innamorati. Da La strada della felicità di A. Pellicanò, Milano, Mondadori

l 03 All'aeroporto

Il volo di Roma era stato chiamato. Dopo qualche istante, provavo il fastidio di dovermi mettere in coda tra i

passeggeri, sulla rampa che saliva all'uscita numero tre. Desideravo intorno a me, il più possibile, spazio e solitudine. Appena in­

vecchia, uno odia la calca. Che cos'è? L'impressione che manchi il respiro? Oppure, odiamo questo simbolo della vita che continua, dell'umanità che cre­sce, di un mondo in cui c'è sempre meno posto per noi, e da cui presto do­vremo sparire?

E perché riflettevo sul fatto che tre fosse il numero dell'uscita? Un numero può avere importanza, nel susseguirsi degli avvenimenti: a volte ignoriamo il motivo e continuiamo a ignorarlo fino alla fine della nostra vita; a volte, in­vece, lo sappiamo perfettamente: ma poi, dimentichiamo [ ... ).

Mi ero seduto presso l'uscita numero tre, in un angolo della gabbia vetrata, sul basso divano di vimpelle. Tenevo la valigetta tra le gambe, non tanto per non occupare un posto o, più esattamente, un mezzo posto che, dal punto di vista giuridico, spettava solo alla persona fisica di un altro passeggero, quanto per evitare di sentirmi interpellare: «Scusi, sa?» e di incontrare lo sguardo di qualcuno che mi avrebbe pregato di spostare la valigetta: il volto unico, pre­ciso, di un essere umano diverso da me.

Era il tardo pomeriggio di una giornata d'aprile, serena sì, ma ventosa, an­cora fredda; e i raggi quasi orizzontali del sole che calava in quel momento tra i vapori della pianura lombarda, là verso il Ticino, infilavano la vetrata della sala d'aspetto, e creavano un tepore da serra, niente affatto sgradevole almeno per una persona della mia età, e in quella stagione.

Nel tepore da serra, socchiudevo gli occhi. Ora che ero seduto e che, sul lato destro, confinavo con la parete di cristallo, la folla, malgrado il suo brusio e la sua insolente vicinanza, non mi dava più fastidio. Socchiudevo gli occhi, e avevo l'impressione di farmi invisibile, come accade ai bambini piccoli, quando giocano a nascondersi. O anche (gli aeroporti, dentro, si assomigliano tutti) immaginavo di trovarmi in un paese straniero, dove le possibilità di riconoscere qualcuno e di essere riconosciuto erano ridotte al minimo ...

Da L'attore di M. Soldati, Milano, Mondadori

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l 04 La pigrizia

Nel '44, nel mese di ottobre, venni a Roma per trovare lavoro. Mio marito era morto nell'inverno. A Roma aveva sede una casa editrice, dove mio marito aveva lavorato per anni. L'editore si trovava allora in Svizzera; ma la casa edi­trice, subito dopo la liberazione di Roma, aveva ripreso la sua attività. Pensavo che, se avessi chiesto di lavorare in quella casa editrice, m'avrebbero dato la­voro; e tuttavia il chiederlo mi pesava, perché pensavo che mi sarebbe stato datol un posto per compassione, essendo io vedova, e con figli da mantenere; avrei voluto che qualcuno mi desse un posto senza conoscermi e per mie com­petenze. Il male era che io competenze non ne avevo. A v evo intrattenuto questi pensieri nei mesi dell'occupazione tedesca. Ero allora con i miei bambini nella campagna toscana. Di là era passata la guerra, poi era sopravvenuto il silenzio che succede alla guerra, e infine, nella campagna immota e sui villaggi scon­volti, erano arrivati gli americani. Noi ci trasferimmo a Firenze; lasciai i bam­bini a Firenze con i miei genitori e venni a Roma. Volevo lavorare perché non avevo soldi; tuttavia, se fossi rimasta con i miei genitori, avrei ugualmente po­tuto vivere. Ma l'idea d'essere mantenuta dai miei genitori mi pesava moltis­simo; inoltre volevo che i miei bambini riavessero una casa con me. Da tempo, noi non avevamo più casa. Avevamo vissuto in quei mesi di guerra o da parenti o amici, o in conventi o alberghi. Viaggiando verso Roma in una macchina che ogni mezz'ora si fermava, carezzavo sogni di lavori avventurosi, come fare la bambinaia, o fare la cronaca nera in un quotidiano. L'ostacolo principale ai miei propositi di lavoro, consisteva nel fatto che non sapevo far niente. Non avevo mai preso la laurea, essendomi fermata davanti a una bocciatura in la­tino (materia in cui, in quegli anni, non veniva mai bocciato nessuno). Non sapevo lingue straniere, a parte un po' di francese, e non sapevo scrivere a macchina. Nella mia vita, salvo allevare i miei propri bambini, fare le faccende domestiche con estrema lentezza e inettitudine, e scrivere dei romanzi, non avevo mai fatto niente. Inoltre ero stata sempre molto pigra. La mia pigrizia non consisteva nel dormire tardi al mattino (mi sono sempre svegliata all'alba e alzarmi non m'è mai costato nulla) ma nel perdere un tempo infinito oziando e fantasticando. Questo aveva fatto sì che io non riuscissi a portare a termine alcuno studio o fatica. Mi dissi che era venuta l'ora per me di strapparmi a questo difetto. L'idea di rivolgermi a quella casa editrice, dove mi avrebbero accolto per pietà e comprensione, mi parve a un tratto la più logica e attuabile, benché mi fossero pesanti i motivi per cui mi avrebbero ascoltata.

Da Mai devi domandarmi di N. Ginzburg, Milano, Garzanti

l 05 La signora Palmira

- Conosci la signora Palmira? -domandò nostra madre a Clara, ragazza di città. - Quale? La signora del giudice? Quella che si alza a mezzogiorno? - Sì, quella. Anche da signorina si alzava tardi, ricordo - disse nostra madre.

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-È grassa grassa, -continuò la ragazza. -Fa pranzo nel letto, senza aspet­tare il marito, poi si alza. Una volta andai a mezzogiorno; era ancora nel letto. «Entra, entra» mi disse. «Ancora non mi son messa a mangiare! ».

Da Caratteri di M. La Cava, Torino, Einaudi

l 06 Mio padre

Mio padre s'alzava sempre alle quattro del mattino. La sua prima preoccu­pazione, al risveglio, era andare a guardare se il « mezzorado » era venuto bene. Il mezzorado era latte acido, che lui aveva imparato a fare, in Sardegna, da certi pastori. Era semplicemente yoghurt. Lo yoghurt, in quegli anni, non era ancora di moda: e non si trovava in vendita, come adesso, nelle latterie o nei bar. Mio padre era, nel prendere lo yoghurt come in molte altre cose, un pio­niere. A quel tempo non erano ancora di moda gli sport invernali; e mio padre era forse, a Torino, l'unico a praticarli. Partiva, non appena cadeva un po' di neve, per Clavières, la sera del sabato, con gli sci sulle spalle. Allora non esi­stevano ancora né Sestrières, né gli alberghi di Cervinia. Mio padre dormiva, di solito, in un rifugio sopra Clavières, chiamato «Capanna Mautino». Si tirava dietro a volte i miei fratelli, o certi suoi assistenti, che avevano come lui la passione della montagna. Gli sci, luì li chiamava «gli ski». Aveva imparato ad andare in ski da giovane, in un suo soggiorno in Norvegia. Tornando la dome­nica sera, diceva sempre che però c'era una brutta neve. La neve, per lui, era sempre o troppo acquosa, o troppo secca. Come il mezzorado, che non era mai come doveva essere: e gli sembrava sempre o troppo acquoso, o troppo denso.

- Lidia! il mezzorado non è «Venuto!» - tuonava per il corridoio. Il mezzorado era in cucina, dentro una zuppiera, coperto da un piatto e ravvolto in un vecchio scialle color salmone, che apparteneva un tempo a mia madre. A volte, non era «venuto» affatto, e si doveva buttar via: non era che un'acque­rugiola verde, con qualche blocco solido di un bianco marmoreo. Il mezzorado era delicatissimo, e bastava niente a far sì che non riuscisse: bastava che lo scialle che lo ravviluppava fosse un po' scostato, e lasciasse filtrare un po' d'a­ria. -Anche oggi non è «venuto!» Tutta colpa della tua Natalina! - tuonava mio padre dal corridoio a mia madre, che era ancora mezzo addormentata, e gli rispondeva dal letto con parole sconnesse. Quando andavamo in villeggia­tura, dovevamo ricordarci di portar via «la madre del mezzorado » che era una tazzina di mezzorado bene incartata e legata con uno spago. - Dov'è la ma­dre? avete preso la madre? - chiedeva mio padre in treno, rovistando nel sacco da montagna. -Non c'è! qui non c'è! -gridava; e a volte la madre era stata davvero dimenticata, e bisognava ricrearla dal nulla, col lievito di birra.

Mio padre faceva, al mattino, una doccia fredda. Lanciava, sotto la sferza dell'acqua, un urlo, come un lungo ruggito; poi si vestiva e trangugiava gran tazze di quel mezzorado gelido, in cui versava molti cucchiai di zucchero. Usciva di casa che le strade erano ancora buie, e quasi deserte; usciva nella nebbia, nel freddo di quelle albe di Torino, con in testa un basco largo, che gli

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formava quasi una VISiera sulla fronte, con un impermeabile lungo e largo, pieno di tasche e di bottoni di cuoio; con le mani dietro la schiena, la pipa, quel suo passo storto, una spalla più alta dell'altra: per le strade non c'era an­cora quasi nessuno, ma le poche persone che c'erano lui riusciva a urtarle nel passare, camminando aggrondato, a testa bassa.

Non c'era a quell'ora, nel suo laboratorio, nessuno; forse soltanto Conti, suo inserviente: un ometto basso, tranquillo, sommesso, con il camice grigio, che voleva molto bene a mio padre e al quale lui voleva molto bene; e che veniva a volte a casa nostra, quando c'era bisogno di aggiustare un armadio, di cambiare una valvola della luce, o di legare i bauli. Conti, a forza di stare nel laboratorio, aveva imparato l'anatomia; e quando c'erano gli esami, suggeriva, e mio padre s'arrabbiava; ma poi a casa raccontava compiaciuto a mia madre che Conti sapeva l'anatomia meglio degli studenti. In laboratorio, mio padre s'infilava un camice grigio, uguale a quello di Conti; e andava urlando nei cor-ridoi come usava urlare nel corridoio di casa. ·

Io son don Carlos Tadrid E son studente in Madrid

cantava mia madre a piena voce, mentre si alzava e si spazzolava i capelli, an­cora tutti inzuppati: anche lei faceva, come mio padre, la doccia fredda; e ave­vano, lei e mio padre, certi guanti tutti spinosi, con i quali si strofinavano dopo la doccia, per riscaldarsi. - Son gelata! - diceva mia madre, ma con gioia, perché amava molto l'acqua fredda; - sono ancora tutta gelata! Che freddo che fa! - E andava, stretta nell'accappatoio, con in mano la tazza del caffè, a fare un giro per il giardino. I miei fratelli erano tutti a scuola, e c'era in quel momento, nella casa, un po' di pace. Mia madre cantava, e scrollava i capelli bagnati nell'aria del mattino. Poi andava a discorrere, nella stanza da stiro, con la Natalina e la Rina.

Da Lessico famigliare di N. Ginzburg, Torino, Einaudi

107 Il papà

Il mio papà è sempre stanco perché lavora molto, anzi nella ditta dove è impiegato lavora solo lui, gli altri non fanno niente, guardano lui che lavora o se lavorano fanno soltanto sciocchezze e lui deve rimediare.

La mamma dice che non è giusto, che dovrebbero pagarlo di più, però lo tormenta anche quando è stanco e gli chiede i soldi nel momento sbagliato e lui dice che non ce la fa.

Il mio papà è molto istruito perché legge il giornale, e se le formazioni della nazionale e il governo li decidesse lui, noi saremmo la prima nazione del mondo. Invece non gli danno retta.

Il papà ha le basette lunghe perché pìacciono alla mamma. Da La strada della felicità di A. Pellicanò, Milano, Mondadori

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l 08 Il cacciatore

La cena fu silenziosa. Tra lui e la madre, del resto, il solo argomento di conversazione era il negozio. Alfredo ci stava poco: in compenso, era lui che teneva i libri e ordinava la merce.

Subito dopo mangiato uscì: andava a passare la serata al caffè com'era sua abitudine.

La compagnia era riunita in un angolo. Erano quasi tutti vestiti da caccia­tori, e s'erano portati dietro i cani. Uno lo chiamò: lui rispose appena, e si affrettò a entrare nel biliardo. Era in quello stanzone basso e fumoso che pas­sava le serate; quando la caccia era chiusa, ci passava anche i pomeriggi.

Quella sera, non trovò da giocare. I biliardi erano già tutti occupati: ma da giocatori poco bravi, e non valeva la pena di starli a guardare.

Tornò nel caffè: bevve un bicchierino, e rimase in piedi appoggiato al banco.

Dal tavolo in fondo venivano voci eccitate e grandi scoppi di risa. Al solito, stavano parlando di caccia. Alfredo si annoiava a quei discorsi. Lui, non rac­contava mai nulla; e se gli domandavano qualcosa, a fatica rispondeva.

Gli altri, quando tornavano con un buon carniere, si compiacevano di pas­sare per la Via Emilia; e si fermavano magari al caffè a ostentare la selvaggina. Alfredo passava dai vicoli, ed era contento se non faceva incontri. In genere, anzi, tornava a mani vuote: perché aveva già venduto la selvaggina al polliven­dolo che stava in cima al paese. La madre dal canto suo non gli chiedeva mai com'era andata. S'era abituata così già col marito. La caccia, riguardava gli uomini; le donne, non se ne dovevano interessare.

Da Il Cacciatore di C. Cassola, Torino, Einaudi

109 Una ragazza da marito

Il mio ufficio sopra i tetti del convento non era contiguo agli altri della pre­tura, che si aprivano su di un grande atrio dal quale una scala di pochi gradini portava al luogo dove ero stato confinato, cioè ai «piombi» dell'antico palazzo, ai sottotetti: una decina di stanze allineate lungo un corridoio, dove erano si­stemati gli archivi, i corpi di reato, le raccolte dei massimari, delle leggi e dei decreti, fra le quali si trovava ancora il Codice Napoleone, il librone della To­rah sul quale una volta giuravano i testimoni di religione ebraica e i codici au­striaci.

Lassù non saliva mai nessuno, tranne Jacona quando mi portava qualche lavoruccio da fare o l'ufficiale giudiziario Buonatesta, un napoletano infido che era ritenuto la spia del pretore Anatriello.

«C'è una ragazza» mi disse un giorno Jacona fermandosi a sedere davanti al mio tavolo «che si interessa di lei. La vede passare sotto il suo balcone quando esce dall'ufficio e va al caffè».

Restai colpito. Jacona, che capì d'avermi incuriosito, si offrì di farmela co-

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noscere. Era la figlia di un ricco commerciante suo amico e gli sarebbe stato facile portarmi in casa sua.

«Vale la pena» disse «perché non è brutta. In quanto al resto, è una delle ereditiere della città».

Un pomeriggio, all'uscita dall'ufficio, invece di andare al caffè salii con Ja­cona dalla ragazza. La madre ci accolse con molta degnazione e ci offrì un tè. La figlia, seduta al centro d'un divano, indossava un vestito di velluto marrone con un colletto di pizzo, giallo come la sua faccia. Si teneva diritta senza ap­poggiarsi allo schienale, con le mani stese sulle gambe avvicinate. Parlò pochis­simo, con una voce fioca e solo per rispondere alla madre che voleva farle dire qualche cosa sulle lezioni di pianoforte che prendeva da cinque anni.

Per la strada domandai a Jacona se la ragazza fosse malata. «È sanissima » rispose «ma sta sempre in casa o al balcone. È molto ricca e

i suoi vorrebbero trovarle marito». Il giorno dopo la Olga, che avev~ già saputo della visita, mi disse che la

ragazza era una povera scema. «L'ho capito anch'io» risposi. «Ma ci sono andato per accontentare il mio

superiore». Jacona il giorno dopo mi fece un paterno discorso: «Una donna sciocca o

quasi, che vive in casa, contenta solo di avere un marito, senza ambizioni, stanca fin da quando si alza, è l'ideale per un uomo. Che vorrebbe lei? Una donna scaltra, bella, piena di voglie? Come potrebbe essere sicuro di non per­derla? Io l'avevo una donna simile. E l'ho perduta. Me l'hanno portata via. Ci sono voluti degli anni di rabbia e di dolore prima che mi riuscisse di rimediare con una buona donna di qui, una contadina con po' di roba, buona, tranquilla, né bella né brutta. Perché una moglie bisogna averla. Altrimenti si finisce soli e disperati. Cosa aspetta lei? La felicità? Allora, della vita non ne capisce nulla».

Da Vedrò Singapore? di P. Chiara, Milano, Mondadori

11 O Severina

«Lei è la signorina Severina De Angelis? » egli domandò. «Sì, signore». «Quale è la sua professione?». «Insegnante di latino». La presenza insolita, tra un gruppo di uomini, di quella giovane suora, esile,

quasi una fanciulla, con la voce dolce e un po' tremante, creò un silenzio as­soluto e mise in imbarazzo lo stesso giudice. L'interrogatorio fu difficile ad av­viare, forse per i termini inconsueti ai quali la suora non fu in grado di rispon­dere subito, per cui il giudice si scusò e con tono benevolo l'invitò a raccontare quello che lei ricordava della turbolenta scenata a cui assistette.

«Attraversai la piazzetta una prima volta per recarmi in chiesa, dove m'at­tendeva un gruppo di ragazze che si preparavano per la cresima» cominciò a raccontare suor Severina. «Potevano essere le sei e mezza del pomeriggio. Non

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osservai nulla di eccezionale, ma dalla porta semiaperta della sede sindacale capii che vi era un'assemblea. Verso la fine della lezione di catechismo, un po' dopo le sette, venne il sacrestano ad avvertirci che sulla piazzetta c'era un mo­vimento insolito di carabinieri e di poliziotti in civile e che forse era opportuno abbreviare, se possibile, la lezione. Trovai molto saggio il consiglio, e per ri­sparmiare inconvenienti alle ragazze le accompagnai attraverso la sacrestia alla porta d'uscita che consentiva di evitare la piazzetta ».

«Perché lei non seguì le sue allieve?» domandò il giudice. «L'Istituto nel quale io dimoro ha una sola entrata che dà da questa parte»

spiegò la suora, indicando il vicino collegio. «Lo spettacolo che qui mi si pre­sentò era ben diverso dal solito. Due camion, messi di sbieco ai due ingressi della piazzetta, la tenevano praticamente chiusa ... ».

Un alto clamore si levò a queste parole da buona parte dei presenti, assieme a grida di «a verbale». Quello dei camion era un particolare che nessuno aveva fino allora menzionato. Ristabilito il silenzio, la suora fu pregata dal giudice di proseguire.

«Non era più possibile entrare o uscire dalla piazzetta » ella aggiunse «senza passare attraverso due cordoni di forza pubblica, che la chiudevano e si restringevano sempre più, fino a includere le porte della chiesa e del nostro Istituto. In mezzo allo spazio così ristretto vi erano ancora alcuni uomini, re­duci dall'assemblea, che gridavano di essere lasciati liberi di tornare a casa; ma, a loro volta, essi furono spinti verso l'uno o l'altro dei camion. L'opera­zione di polizia sembrava finita, quando fu osservato che qualcuno mancava nel numero dei fermati e che c'era ancora luce nel locale dell'adunanza. Così il centro della mischia si trasferì nell'interno del palazzo. Ebbi l'impressione che l'episodio più grave si svolgesse nell'interno ... ».

«Come poté discernere dal di fuori» interruppe il giudice «quel che acca­deva nell'interno?».

L'interruzione sollevò alcune proteste da parte del pubblico. «Dall'interno arrivarono subito grida, lamenti e gemiti» spiegò la suora.

«Altri uomini della forza pubblica furono subito mandati di rinforzo nell'in­terno».

«Comandati da chi?» fu richiesto da qualcuno del pubblico. «Silenzio» gridò il giudice con voce imperiosa, e rivolto alla suora ag­

giunse: «Solo io ho il diritto di porre delle domande». Ma il giudice non pose la domanda suggerita dal pubblico.

Da tutto il comportamento della suora spirava un'aria di pulizia e di onestà, a cui la voce aggiungeva una nota di sincerità che non ammetteva dubbi.

«Gli uomini accorsi nell'interno riapparvero poco dopo sulla porta» ella ri­prese a dire con voce più decisa. «Due di essi reggevano di peso, da sotto le ascelle, un giovane che non si teneva più in piedi. Lo riconobbi: egli veniva chiamato talvolta nel nostro Istituto per eseguire dei piccoli lavori in muratura, un certo Renato. Appena fuori, il giovane così malridotto fu preso in consegna da altri del servizio d'ordine, che lo finirono a pugni e a calci. Sembrava che ognuno avesse il dovere di colpirlo. Egli non si difendeva più. Probabilmente era già morto».

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Queste ultime parole la suora le pronunziò con contenuta emozione. I commenti del pubblico si fecero sempre più clamorosi. Perché un fatto

così importante non era stato menzionato nelle precedenti deposizioni? Il giu­dice si affrettò a dichiarare terminato il sopraluogo e aiutò il cancelliere a rac­cogliere le carte sparse sul tavolo. Don Gabriele accorse verso suor Severina che sembrava cercare un sostegno nel timore di svenire. Ella riuscì invece a rimanere in piedi, fece un leggero inchino a don Gabriele e al giudice e si di­resse lentamente verso l'Istituto. Il prete si trattenne dall'accompagnarla e que­sto indusse a un rispettoso ritegno quelli del pubblico che erano rimasti com­mossi dalla testimonianza. Appena suor Severina si fu avvicinata all'Istituto la porta si aprì, e suor Gemma tutta in lagrime poté sostenere la consorella tra le sue braccia.

Da Severina di l. Silone, Milano, Mondadori

t t t Il dottore fatto in casa

Il 'dottore dilettante' può essere un qualunque geometra estroso, o un ra­gioniere appassionato: non è mai un laureato in medicina [ ... J.

Qualche settimana fa, in una balera emiliana, si è messo in luce uno di que­sti guaritori volontari. Al termine di un faticoso shake, una giovinetta aveva bevuto una bibita ghiacciata e s'era sentita male all'improvviso. Perduti i sensi, fu allungata per terra, ai bordi della pista da ballo, mentre il fidanzato suppli­cava tra i curiosi «un dottore, prego, c'è qui un dottore?». Poco dopo si avvi­cinò un signore in occhiali, sui trentacinque anni, stempiato e vestito di blu. Si chinò grave sulla fanciulla, le tastò il polso, pose delicatamente l'orecchio sul cuore, infine operò la respirazione bocca-bocca, come si è visto fare tante volte in TV.

Ma a questo punto si fece largo il medico del quartiere, con la borsa degli strumenti. Con molta urbanità chiese all'uomo in blu, che soffiava nella bocca della ragazza: «Scusi, lei è dottore?». L'altro interruppe finalmente l'opera­zione e asciugandosi il sudore dalla fronte rispose: «Sì. Sono dottore in eco­nomia e commercio».

Prerogativa costante del 'dottore fatto in casa' è la ricetta pronta. Non ha mai dubbi, esitazioni. «Dove le fa male, signora Virginia? ». «Qui sul fianco, specie quando respiro». «Dia retta a me», sentenzierà il guaritore d' avanguar­dia «Un po' di cortisone e passa tutto». Il tradizionalista, più cauto, parlerà vagamente di un 'colpo d'aria': «Compri subito una pancera. E stasera, prima di andare a letto, suffumigi bollenti, con aceto, sale e un pizzico di rosmarino». «Ha detto rosmarino, ragioniere?». «Ma certo, signora Virginia: non sa che allarga i bronchi, vitaminizza le vie respiratorie?».

A un osservatore attento, il dottore dilettante finisce per rivelare le sue de­bolezze nascoste. Non è quel mostro di infallibilità che sembra a prima vista; e poi soffre di malanni innumerevoli, piccoli e grandi. In appositi canterani, il guaritore all'antica conserva vecchi barattoli di farmacia, in mezzo a clisteri,

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pancere, emetici crepuscolari come le pillole di ipecacuana. Il guaritore pro­gressivo, invece, che legge l'enciclopedia a dispense Cura te stesso, ha fialette e pomate modernissime, auro-streptomicina, alka-seltzer, vit. B 12, ecc. Vecchio o nuovo, futurista o passatista, il dottore dilettante è soggiogato dal barattolo di farmacia, dalla fiala, dal tubo di pomata nella misura che i selvaggi della Polinesia subiscono i totem della tribù. Egli non butterebbe un vasetto d'ittiolo usato o un unguento alla streptomicina, neppure se glieli pagaste a peso d'oro. «Le medicine sono come i vini», mi ha detto un guaritore di Desenzano «più passa il tempo e più si fanno buone».

L'unica malattia che lascia per ora senza risposta il dottore dilettante è il cancro; però ha la guida sicura su come evitarlo, ad esempio 'non mangiando la buccia e i semi di pomodoro'. Tra le raccomandazioni più pittoresche del guaritore all'antica, ho setacciato per voi le seguenti: 'Contro la stitichezza, non c'è di meglio che la mela cotta, a patto che sia cotogna'. Se si è arrossato improvvisamente un occhio, 'impacchi di acqua e sale, tiepidi, possibilmente fuori dai pasti'. Lei desidera perdere la pancia, calare una decina di chili? 'Non ascolti i dietisti, tutti imbroglioni: per dimagrire in poco tempo, mangi pure ciò che vuole, senza troppe fisime, basta che ricordi la pasta i giorni pari e il pesce i giorni dispari'. Altre gemme del guaritore all'antica meriterebbero di essere studiate e catalogate, a beneficio degli scienziati di domani: 'A un neonato non si taglino le unghie fìno a quaranta giorni, se no tartaglia'. 'Camminare a piedi nudi per casa fa venire il mal di pancia'. 'L'unico rimedio contro il verme soli­tario è una collana d'aglio intorno al collo'.

Il 'dottore dilettante' è spesso un ipocondriaco. Parla delle malattie più rare per una specie di scongiuro magico, un esorcisma. È anche un sadico, di tipo sperimentalista: l'improntitudine con cui raccomanda un antibiotico piuttosto che una purga, o viceversa, somiglia alla curiosità crudele dei bambini, che si sentono felici solo quando hanno squarciato il ventre alla bambola nuova.

Ogni stagione dell'anno è buona per il 'dottore dilettante', ma il suo mo­mento di gloria è sicuramente il tardo autunno, quando si ingolfano i bronchi dei gentiluomini, e i loro nasi sgocciolano come grondaie. Al primo 'etcì' che risuona in ufficio, il 'dottore dilettante' alza il capo dalla scrivania, toglie di tasca una scatola di metallo, e premurosamente la porge al collega che ha star­nutito: «Prenda subito un paio di pastiglie, è un farmaco miracoloso. Stronca un raffreddore in poche ore. Me l'ha mandato mio cugino dalla Svizzera».

Forse la passione del guaritore si prende come un virus, una malattia. Ne restano contagiati soprattutto coloro che vivono nell'ambiente delle Case di cura, degli ospedali, delle fabbriche di medicinali. Un contabile del Policlinico, per fare un esempio, resisterà difficilmente alla tentazione di consigliare un farmaco se il nipotino ha buscato un febbrone. Non diversamente si compor­tano, pare, gli impiegati, i commessi viaggiatori, gli uscieri delle Case farmaceu­tiche di prestigio. «Cavaliere bello, dia retta a me che ho esperienza da ven­dere, questo sciroppo è un toccasana, ce n'è rimasta una bottiglia intera dall'ul­tima volta che mia suocera ha avuto la bronchite ... ».

«Cara la mia signora, chiuda gli occhi e beva! Non fo per vantarmi, ma da trent'anni lavoro alla Carlo Erba, gomito a gomito col professar Sirtori, settore

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ricerche ... ». Ed è vero: l'uomo che parla così è l'addetto alla cancelleria, ogni quindici giorni porta penne, carta e matite al cancerologo famoso.

Ci sono persone che amano le medicine, e le collezionano, come certe donne collezionano e amano i gioielli. Quest'estate, al mare, il mio vicino di capanna era un avvocato svizzero, direttore del personale di una grande Casa farmaceutica. Abbastanza spesso, per farmi piacere, mi donava grosse scatole colme di medicinali d'ogni tipo, bottigliette dai colori attraenti e dai nomi mi­steriori, farmaci ancora allo stato sperimentale, per 'pochi eletti'. «Ecco una sorpresa per lei», disse trionfante l'avvocato, una mattina «questo antibiotico è l'ultima meraviglia contro la dissenteria, il mese scorso abbiamo salvato Gi­mondi al Giro di Francia ... ».

La moglie dell'avvocato svizzero è una signora alta e ossuta, di nome Pucci. A mezzogiorno si nutriva di uno zucchino senz' olio né sale, mezzo bicchiere d'acqua minerale e due pillole. Anche il suo unico bambino, Paolo, sette anni, era obbligato a una dieta di ferro.

Ogni volta che usciva dal bagno (una nuotata, niente di più) mamma Pucci gli dava una pillolina azzurra, di provenienza e natura ignote. «Il fatto è che d'estate» spiegava la signora Pucci alle vicine di capanna «occorre vigilare. Come niente, uno si prende l'epatite virale. Perciò niente roba al ristorante, niente insalata cruda, carne, ecc. Vista la gente che finisce all'ospedale per cibi guasti? Io mangio solo zucchini bolliti a cento gradi; almeno in vacanza voglio vivere senza pensieri!».

Da La provincia avvelenata di N. Salvalaggio, Milano, Mondadori

112 La madre

Quando nostro padre era soldato, alla sera ci sentivamo soli. Dopo cena lei ci radunava attorno al focolare, e ci raccontava quel che sapeva. Secondo me, inventava anche. Erano per lo più storie di santi. Aveva un modo rozzo, popo­laresco, ma potente, di inventare e di raccontare. Si aiutava con la mano de­stra, con dei gesti ieratici come quelli del prete quando spiega il vangelo. Quello probabilmente era il suo modello. Cominciava andando alla ricerca del­l' argomento, e si capiva benissimo che non sapeva nemmeno lei di che cosa avrebbe parlato. Diceva per esempio: « Stassera », e alzava la mano destra con l'indice teso, poi l'abbassava.

«Ve parlarò », rialzava e riabbassava la mano destra, «de santa Teresa», re­stava con la mano alzata e l'indice in su. Si faceva un gran silenzio. Chi non s'era ancora sistemato con la sua sedia, la metteva giù senza far rumore, vi si accucciava tirando i piedi sul ripiano in modo da aver i ginocchi all'altezza della faccia, chinava la testa sui ginocchi e se li stringeva con le mani. Guarda­vamo da sotto in su, con gli occhi arrovesciati. Mio fratello era sempre colto di sorpresa, col boccone in bocca, ma questo doveva dipendere dal fatto che mangiava continuamente, benché non ci fosse mai niente da mangiare. Esta-

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tico, la contemplava coi grandi occhi blu, come quelli di lei. Smetteva di masti­care, e il boccone immobile gli gonfiava la ganascia per mezz'ora.

Da Un altare per la madre di F. Camon, Milano, Garzanti

113 L'attesa

L'ho aspettata fino alle nove, non è venuta. Non avevo messo la sciarpa, come un giovanottino volevo apparire più ele­

gante, meno infagottato. Il freddo della sera mi ha morso lungamente nel viale, la nebbia andava e veniva con folate minacciose.

Ho passeggiato su e giù, prima sulla pedana, poi lungo il marciapiedi, spe­rando di vederla comparire all'angolo, tenendomi pronto ad attraversare subito la strada e raggiungerla, fermarmi al suo fianco. I quarti d'ora passavano e il viale si faceva più deserto, dal Po cresceva l'alito freddo delle acque, l'insegna dell'unico caffè era diventata viola nella nebbia.

Non capisco, cerco di immaginare mille ragioni e mi ritrovo senza una ri­sposta logica. Che posso fare?

Mi sento sfibrato, uno stupido pudore mi impedisce di telefonare in casa dell'avvocato. Ho ricopiato il numero del telefono su un pezzo di carta, lo guardo, lo guardo, faccio la somma delle cifre, non riesco a vincere questo in­fantile disagio. Eppure, se lui non è morto, qualcuno dovrà ben rispondere, qualcuno dovrà pur esserci in quella benedetta casa.

Mi sta crescendo una strana paura: di non vederla più, che sia sparita, che qualcosa, qualcuno abbiano cambiato tutto. M'accorgo che non so quasi niente di lei, della sua vita. Abbiamo parlato tanto e non siamo arrivati a dirci le cose più necessarie, più comuni.

Sento che se davvero vi fossero solo inciampi di poco conto lei sarebbe riu­scita a farsi viva. È troppo sicura e intelligente, mi vuole troppo bene. E allora? Che cosa sta succedendo?

Da La suora giavane di G. Arpino, Torino, Einaudi

114 L'inglese

Nella ditta del mio papà danno le lezioni di inglese, e mio papà le prende perché nella vita se uno sa le lingue, è tutta un'altra cosa.

Infatti adesso dice sempre okay, che sembra proprio un americano, e invece di dire sì dice yes (che vuoi dire sì) e quando deve dire no dice no, perché è lo stesso, ma si capisce che è inglese.

Il libro che gli hanno dato è pieno di figure, che sembra un sillabario, ma invece dei fiori e delle galline, ci sono le scarpe e gli ombrelli e le valigie, e al posto delle mamme, i facchini e i portieri degli alberghi, che parlano tutti l'in­glese.

Da La strada della felicità di A. Pellicanò, Milano, Mondadori

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115 Paola, mia sorella

La Paola era innamorata di un suo compagno d'università: giovane piccolo, delicato, gentile, con la voce suadente. Facevano insieme passeggiate sul Lungo Po, e nei giardini del Valentino; e parlavano di Proust, essendo quel giovane un proustiano fervente: anzi era il primo che avesse scritto di Proust in Italia. Scriveva, quel giovane, racconti, e saggi di critica letteraria. Io credo che la Paola si fosse innamorata di lui, perché lui era l'esatto contrario di mio padre: così piccolo, così gentile, con la voce così dolce e suadente; e non sapeva nulla a proposito della patologia dei tessuti, e non aveva mai messo piede su un campo di ski. Mio padre venne a sapere di quelle passeggiate, e andò in furia: prima di tutto perché le sue figlie non dovevano passeggiare con uomini; e poi perché per lui un letterato, un critico, uno scrittore, rappresentava qualcosa di spregevole, di frivolo, e anche di equivoco: era un mondo che gli ripugnava. La Paola tuttavia continuò lo stesso quelle passeggiate, nonostante il divieto di mio padre: e la incontravano, a volte, i Lopez, o altri amici dei miei genitori, e lo raccontavano a mio padre, sapendo del suo divieto. Quanto a Terni, lui se la incontrava non andava certo a dirlo a mio padre, perché la Paola si era confi­data con lui, sul divano, in segreti bisbigli.

Mio padre urlava a mia madre: - Non !asciarla uscire! proibiscile di uscire! - Mia madre, anche lei non era contenta di quelle passeggiate, e anche lei di quel giovane diffidava: perché mio padre aveva contagiato a lei una con­fusa, oscura repulsione per il mondo dei letterati, mondo in casa nostra scono­sciuto, dato che non entravano da noi che biologi, scienziati o ingegneri. Inol­tre, mia madre era molto legata alla Paola; e prima che la Paola avesse quella storia con quel giovane, usavano girare a lungo loro due insieme per la città, e guardare, nelle vetrine «i vestiti di seta pura», che né l'una né l'altra potevano comper;1rsi. Adesso, di rado la Paola era libera di uscire con mia madre; e quando era libera, e uscivano chiacchierando a braccetto finivano poi col par­lare di quel giovane, e tornavano a casa arrabbiate l'una con l'altra: perché mia madre non accordava a quel giovane, che del resto conosceva appena, tutta la simpatia e la cordialità che la Paola esigeva. Ma mia madre era del tutto inca­pace di proibire qualcosa a qualcuno. - Non hai autorità! - le urlava mio padre, svegliandola nella notte; e d'altronde aveva dimostrato di non avere grande autorità neppur lui, perché la Paola continuò per anni a passeggiare con quel giovane piccolo; e smise quando la cosa si spense da sola, a poco a poco, come si spegne il lume d'una candela; e non per volontà di mio padre, ma del tutto al di fuori dei suoi urli e delle sue proibizioni.

Da Lessico famigliare di N. Ginzburg, Torino, Einaudi

116 L'Umbria

Unica tra le regioni italiane peninsulari non bagnate dal mare, collinosa e montuosa, l'Umbria si presenta a noi con aspetto tranquillo, senza colori drammatici. I più la guardano solamente dall'angolo della bellezza artistica e

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naturale. Gli stranieri ne hanno una nozione molto semplice e molto gradevole: una fitta corona di città piccole e medie tutte stupende, fuse dal bel paesaggio e dai ricordi francescani, con una popolazione dall'indole graziosa e dolce. Non vi è, ch'io sappia, recente scrittore italiano, che abbia portato l'Umbria alla co­scienza del paese, come altri hanno fatto con le regioni dove i contrasti ap­paiono più vistosi. L'attenzione dei più è trattenuta dall'immagine convenzio­nale, anche se in buona parte giusta, dell'Umbria verde e azzurra, francescana e raffaellesca.

Basta passare da Cortona, ancora in Toscana, a Perugia, per cogliere una profonda diversità d'animi e di paesaggi. La bellezza toscana, specialmente nel­l'arte, è più rigorosa e astratta, ed ha tra le sue muse la geometria. Quella um­bra è più morbida, più stemperata e più sfumata, con una costellazione di città in altura: o poste in vetta, come Perugia e Todi, o sulle pendici di un monte, come Gubbio ed Assisi, o, come Orvieto, su un basamento di tufo. Benché tutta la storia dell'arte abbia segnato l'Umbria, la nota dominante è data dalle architetture sacre, civili e militari del Medio Evo. Dall'alto si contemplano pae­saggi come patinati, conche d'un verde argenteo, colline che scendono lenta­mente a valle recando torri, campanili, basiliche, monasteri. Tramonti limpidi, di un rosso privo di eccessi, sfumano sulle rocche e sugli oliveti, tra suoni di campane e rondini. L'aria leggera dà un senso di euforia fisica. La popolazione passeggia sulle terrazze che sovrastano il panorama. Ecco per esempio Todi, che ha una delle più belle piazze d'Italia, chiusa fra tre palazzi - quello dei Priori merlato, quello del Popolo tra il romanico e il gotico, quello gotico del Capitano - e il Duomo. Ma tra edifici di sasso entrano l'aria e il paesaggio da noi descritti; e l'effetto è di un romanticismo che la Toscana non ha mai. I rivestimenti d'edera, che il rigore toscano respinge come spuri, si accordano con queste pietre. Soltanto Gubbio e Norcia hanno diverso stile: Gubbio che, dietro il Medio Evo, è ancora la capitale-fantasma di un'antica civiltà italica chiusa tra gli Appennini; Norcia che già presenta la Sabina e l'Abruzzo. Sono queste, nell'Umbria, le due città segrete.

Con le sue millenarie infiltrazioni, l'arte ha saturato gli animi. Tutti qui vi­vono nell'arte, consapevoli o inconsapevoli, come quel personaggio di Molière che stupì nell'apprendere di fare della prosa ogni volta che apriva bocca. Lo dimostra una tradizione artigiana, unica forse in tutta Italia, e il prevalere delle industrie di qualità. Vi è nel popolo umbro un estetismo naturale, e per così dire endemico, che non sempre significa legame cosciente con le tradizioni. Una civiltà consumata traluce nella distinzione dei volti, nella finezza dell'elo­quio, incantevole sempre, anche se è ignara di se stessa.

Da Viaggio in Italia di G. Piovene, Milano, Mondadori

117 Un'idea favolosa

Altoparlante Ehi, tu lassù, mi senti? ... Sono del Comune. T'invito a scendere immediatamente. La tua è una pazzia inutile. Non è arrampican­doti sul Colosseo che otterrai il lavoro che chiedi. Ormai ci siamo

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Iride

Alberto

Iride Alberto

Demetrio Alberto

Demetrio

Alberto

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abituati alle buffonate e alle minacce dei pazzi come te. Bada che ti ci faccio restare tre anni lì sopra! Scendi!. .. Altrimenti veniamo a prenderti noi!. .. Faccio intervenire i pompieri... poi è peggio per te! Adesso conto fino a cinque, se al cinque non cominci a scen­dere, chiamo i pompieri. Uno, due, tre, quattro, cinque... In­somma vuoi scendere, sì o no? ... (Breve pausa. Dal basso si sentirà la voce di prima riprendere con tono risentito) Peggio per te, mascalzone! Ma a noi, i tuoi ricatti, non ci fanno paura. Per conto mio ci puoi anche marcire in cima al Colosseo! (Demetrio continua a restare immobile mentre la moglie lo guarda impaziente. Quindi gli si avvicina di qualche passo gri­dandogli alle spalle). Ehi?!. .. [ ... J.

(estraendo da una tasca alcuni biglietti di banca e mostrandoli a Demetrio) Trecentomila! ... Come d'accordo. (Demetrio li prende e li conta) Ma son giusti! Cosa credi, che voglia fregarti? Ma cosa sono queste trecentomila lire? Le avete mica rubate? Ma che rubate, signora ... È denaro onesto. Demetrio fa un lavoro per me e io lo pago. È un anticipo ... Beh, è stata una pensata, sua... Come idea non è male ... Vede, signora, mio suocero è morto tre mesi fa. A v eva una pic­cola fabbrichetta di dolci e l'ha lasciata alla figlia, cioè a mia mo­glie. E, in particolare, ha lasciato una famosa ricetta per fare le caramelle d'orzo e miele per la tosse. Le caramelle « Urca »l Lui le aveva chiamate così. Ebbero un certo successo ... Cercarono anche di imitargliele. Porca vacca! Come no?! ... Ma mica ci sono riu­sciti. Era una formula segreta. Ora questa formula ce l'abbiamo noi. Ma il prodotto non è reclamizzato e non rende. Io mi occupo della Ditta e siccome ho un cervello che è un vulcano, quando il Demetrio m'ha incontrato e m'ha parlato di questa sua protesta che voleva fare sul Colosseo, io ci ho visto subito il lato pubblici­tario! (spiegando a Iride) Lui me paga, e io, quanno scenno dirò ai giornalisti che nun ci ho avuto un raffreddore, un mal de gola, nun ho fatto manco uno sternuto perché succhiavo le famose ca­ramelle « URCA». (entusiasta) Un'idea favolosa. All'americana! ... Una réclame che se l'avessi pagata sul serio mi sarebbe costata centinaia di milioni. Le caramelle « Urca» avranno un lancio formidabile!

Da Come e perché crollò il Colosseo di L. De Filippo, Torino, I.L.T.E.

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118 La mia città

Ho una nostalgia non sentimentale, non psicologica, non letteraria di quel gruppo di case che videro la mia giovinezza. È la condizione indispensabile per conservare il senso intero della vita e per intendersi anche con la morte, assi­cura lo psicanalista americano J. B. Morris: «perché ciascuno tende a collocare la sua fine nei ricordi pacificanti dell'infanzia». Ciò si verificherebbe nel mo­mento in cui, raggiunta e valicata la punta più dinamica della vita, l'uomo co­mincia a scendere verso le quote d'origine fino a ritrovare la pianura da dove un giorno si mosse; e tanto più necessario sarebbe il ritorno quanto più si sia partiti da livelli modesti, dove è sicuramente rimasto qualcosa che è servito, poi, per la vita. «Un paese ci vuole ... », scrisse Cesare Pavese con l'animo vol­tato indietro, verso un posto in cui riconoscersi.

Avevo alle spalle, fino a ieri, un paese in cui non ero nato; mi ci avevano messo da piccolo e vi ero cresciuto dentro, preso in forza e affiliato dapper­tutto fuorché all'anagrafe. Ero felice di quell'adozione e non m'importava di essere venuto al mondo altrove.

Partendo, sui vent'anni, scrissi sul quaderno della sentimentalità giovanile un paio di versi. Posso citarli senza imbarazzo; anzi, vedrei maggior debolezza nel nasconderli: «Mia città l che lasciai con un arco di fuochi l accesi dagli amici sottovento l per scaldare le mura ... ». Chiedevo, per parlar chiaro, di te­nere vivi i falò intorno a casa fino a quando non fossi tornato nella mia citta­della malatestiana.

Ora che il Consiglio Comunale ha sancito la mia cittadinanza e posso di­chiarare d'essere nato nel paese dove sono cresciuto, mi proverò a dire perché il mondo dell'infanzia e dell'adolescenza non può essere dimenticato, e non lo potrebbe neppure se cambiasse la chimica del cervello. Non può esserlo perché un uomo non sta solo nel suo sangue, ma in quel vario nutrirsi di socialità, di linguaggio, di cultura e persino di panorama che altrove, con lo stesso sangue, vede farsi una creatura diversa; perché in dialetto dico cose che durano a lungo, mentre le coltivate parole spesso si perdono nelle astuzie, riempiono la mente di dubbi, insospettiscono e ingannano; perché sul molo il pescatore non mi conosce e tuttavia mi parla dell'esca; perché il contadino che vende il campo agli speculatori ha l'aria, almeno quella, di scusarsi anche con me; per­ché il povero sa che non ne ho colpa e nondimeno mi guarda storto.

Da Socialista di Dio di S. Zavoli, Milano, Mondadori

119 «Si parva licet »

Scena prima

È alto mattino. Adamo, giovane aitante, di gambe pelose e petto largo. Esce dalla grotta in fondo a destra e si china a raccogliere una manciata di ciottoli. Li getta a uno a uno con cura contro il tronco di una palma a sinistra. Qualche volta sbaglia la mira.

Adamo (dice a un tratto riscuotendosi) Io vado a pescare. La voce di Eva dalla grotta Vacci. Che bisogno hai di dirlo?

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Adamo Il fatto è che non ho voglia di andare a pescare. La voce di Eva Stupido. Adamo (guarda intorno, con aria svagata) Questa la metto con tutte le altre,

Eva. Silenzio.

Che cosa hai guadagnato quando m'hai detto stupido? Silenzio.

·(Fremente) Il fatto è che se continui a trattarmi in questo modo, un bel giorno me ne vado e non mi vedi mai più. Non si può dirti una parola, che tu scatti. È un bisogno, no, che abbiamo, tutti e due, di parlare? Tu non sai quel che voglia dire esser solo. Non sei mai stata sola. E dimentichi troppo sovente che sei stata fatta per tenermi compagnia ...

La voce di Eva Si, caro, ma perché dirmi che vai a pescare? Adamo (si china a raccogliere ciottoli e storce la bocca sorridendo) Ho detto

per dire, Eva. La voce di Eva Sei più caro quando non dici per dire. Adamo (scaglia con rabbia i ciottoli) Ebbene, vado a pescare.

Eva Adamo Eva Adamo Eva Adamo

Si sente una risatina di Eva. Adamo se ne va. Nella radura si diffonde la fresca calma del mattino. Passa un capriolo che saltella e annusa i petali di varie piante, poi schizza via a sinistra. Rientra Adamo, con la solita aria e, ciondolato un po' a sinistra, si siede nel centro sopra un sasso, volgendo le spalle al fondo. Parla guardando innanzi a sé.

Questa foresta è tutto Eva. Se potesse parlare, mi tratterebbe come lei. Tronchi e tronchi, foglie e foglie, angoli scuri che asciugano al sole, altri che non asciugano, piena di vita, piena di voci, ma di me, Adamo, s'infischia. È la verità. Mi dà l'ombra, mi dà il riparo, mi dà il cibo e l'aria buona, ma confidenza nessuna. Ah Signore, Signore, mi do­mando se capisci che cosa vuol dire esser solo. Eva si è fatta sulla soglia della grotta e il sole giallo la illumina dai piedi fino al collo. È bruna e muscolosa, e la faccia appare seminascosta dall'ombra e dai rametti di con­volvolo che pendono sull'ingresso. Adamo si volta e la guarda rasserenato. Pausa.

Son queste adesso le tue orazioni? Non pregavo, parlavo tra me. (sospettosa) Però chiedevi qualcosa al Signore. Non oso più parlare al Signore. I suoi benefici sono a doppio taglio. (avanzando; porta dei fiori infilati nei capelli) Come sarebbe a dire? (con forzata gaiezza) L'ultima volta che mi sono lagnato ch'ero solo, mi ha mandato te. (Fa per abbracciarla e sedersela sulle ginocchia).

Eva (si scosta e dice seccamente) Diventi volgare. Adamo E tu impertinente. Eva Tutto perché al mattino non esco fuori come una bestia dalla tana, e

mi pettino invece di scrollarmi come fai tu. Adamo Non hai da piacere che a me. Eva Per quel che te ne intendi...! Adamo (con voce mutata) Oh Eva, perché non smettiamo quest'ostilità che a

me mi fa ammattire, e a te serve a che cosa? Siamo soli a questo

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Eva

4damo Eva

4.damo

Eva Adamo

Eva

Adamo Eva Adamo Eva

Adamo

mondo e una mala parola nessuno ce la può risarcire. Che bisogno ab­biamo di maltrattarci a questo modo? Se ci fossero un'altra Eva o un altro Adamo, capirei. Ci pensi troppo, a quest'altra Eva. Me ne parli sempre. (Beffarda) Te­l'ha forse promessa il Signore? Sciocca. Lo sai bene che siamo soli. Un'altra Eva ... Siamo soli ... Capisco. Dimmi una cosa, unico uomo: se invece di me il Signore avesse creato un'altra Eva, con gli stessi capelli, con lo stesso corpo, con la stessa voce, tu l'avresti accettata come hai fatto di me? E ti vanteresti di volerle lo stesso bene e faresti le stesse smorfie, e andresti a pescare per lei, insomma sarebbe la tua Eva? Si o no? Come ... un'altra come te? Con gli stessi capelli? Che si chiamasse Eva? Ma saresti tu. Ecco. Sarei io. E poi ti lamenti. Buffone. Ma no, non hai capito. Se fosse un'altra, non saresti tu. Ma allora an­ch'io non sarei Adamo. (Si ferma sorridendo) Sciocchezze, io sono Adamo e tu sei Eva. (lo guarda commiserando) E se il Signore ne avesse fatte due di E ve e ti avesse dato la scelta, quale avresti scelto? Due?... Non so ... Ma te, certo... Due E ve? E perché me? Perché?... Così... Ma ragiona, Eva ... Te lo dico io quel che avresti fatto: ci avresti prese tutte e due e co­strette a stare nella stessa grotta. E poi ti lamenti che non ti do confi­denza. Ci mancherebbe altro. Tu non mi capisci e non mi meriti. Ti sono caduta addosso come una mela matura e hai creduto di racco­gliermi senza fatica. E te la prendi ancora col Signore. Ma stai fresco. E può star fresco anche il Signore, se crede che abbia bisogno di te, o di lui (Esce a sinistra, lasciando Adamo esterrefatto). (balza in piedi) Basta! Basta! Hai sentito, Signore? (Tende l'orecchio) Silenzio.

Non ha sentito. Non sente mai. (Si riabbandona sul sasso, col capo tra le mani).

Da Racconti di C. Pavese, Torino, Einaudi

120 Al ristorante

Faceva veramente freddo, avevamo tutti i piedi gelati e il sedere intirizzito; il vino, poi, forse perché era annacquato, come disse Siria, più se ne beveva e meno ci riscaldava. Amilcare finalmente si inquietò e andò in cucina tornando poco dopo, soddisfatto, ad annunziare che presto avremmo mangiato. Arrivò, infatti, l'oste e distribuì gli antipasti, tutti guardammo nei piatti: miseria. Due carciofini, una fetta di prosciutto, una sardina. Siri o disse ad Amilcare: «Mi sa

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che stasera la mangiata non la fai». Cominciammo a mangiare ma tutti dissero che il prosciutto era salato arrabbiato, da non mangiarsi. «Prosciutto africano», disse Sirio che pareva fare apposta a canzonare Amilcare. Insomma l'antipasto rimase sui piatti; per fortuna, di rincalzo, arrivarono gli spaghetti. Fumavano, perché l'aria era fredda gelata; ma sotto il dente si rivelarono tiepidi. Sirio, come fa lui, intanto smuoveva la minestrina con il cucchiaio, come se avesse voluto trovarci le perle. Chiamò, poi, l'oste, e con serietà gli domandò: «Lei è cacciatore?». L'oste rispose che non capiva e Sirio: «Perché in questo brodo ci avete di certo sparato una fucilata». «Sarebbe a dire?». «Sarebbe a dire che il brodo sa di fumo». L'oste protestò, brutto: «Ma che fumo ... di fumo il mio brodo? ... il fumo ce l'ha lei nella testa».

E Siri o, impallidendo e alzando la voce: «Ho detto che sa di fumo e lei deve crederlo». Brontolando, l'oste andò in cucina e riportò addirittura la pen­tola per farci vedere le carni con cui aveva fatto il brodo. Mentre mostrava in giro la pentola, un grido: «Ah, c'è il bacherozzo». Ci voltammo, era Gemma, la nipote di Amilcare, che indicava qualcosa di nero tra gli spaghetti. L'oste disse: «Macché bacherozzo... sarà un pezzo di guanciale che è un po' bru­ciato». Ma Gemma insistette: «E io le dico che è un bacherozzo ... guardi... con tutte le zampe». L'oste andò a guardare e, infatti, era proprio un bacherozzo. Disse, però, prendendolo su con una forchetta: «Si sa, può essere caduto dal camino ... sono cose che succedono»; e senza aggiungere altro se ne tornò in cucina con la sua pentola e il suo bacherozzo.

Da Racconti Romani di A. Moravia, Milano, Bompiani

121 Valentino

Maddalena ebbe un altro figlio e ce ne andammo al mare per l'estate. Fa­ceva i figli senza nessuna fatica, e per tutto il tempo della gravidanza conti­nuava a andare e venire per le sue terre. Poi, quando li aveva fatti, mandava a cercare una balia che li allattasse e non se ne interessava più. Le bastava sapere che c'erano. E anche con Valentino era la stessa cosa: le bastava sapere che c'era ma passava le giornate lontano da lui: le bastava ritrovarselo a casa la sera quando ritornava, e accarezzargli un momento i capelli e star distesa con la sua testa nel grembo. Mi ricordavo quello che lui aveva detto a mia madre, che con Maddalena poteva parlare di qualunque cosa, di libri e di tutto: ma io non m'accorgevo che parlassero mai. Intanto c'era sempre Kit; e Kit era sem­pre lui a parlare, certe storie noiose e senza fine della sua serva che era mezza cieca e scema, e dei mali che lui si sentiva e del suo medico. E quando Kit non c'era, Maddalena gli faceva telefonare che venisse subito.

Dunque andammo al mare, e con noi vennero Kit e il Bugliari, la cameriera e la balia. Stavamo in albergo, un albergo molto elegante; e io mi vergognavo dei miei pochi vestiti, ma non volevo chiedere dei soldi a Maddalena e lei pa­reva che non ci pensasse a offrirmene: del resto anche lei non era niente ele-

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gante, sempre con lo stesso prendisole a palle bianche e blu; e diceva che non voleva spendere per i vestiti perché Valentino spendeva già tanto per farsene lui. Valentino sf era elegante, con i calzoni di tela, con canottiere e maglioni che si cambiava continuamente; era Kit che lo consigliava per i vestiti, anche se lui aveva sempre gli stessi calzoni un po' consumati perché diceva che era troppo brutto e non gli dava piacere vestirsi. Valentino se ne andava via in barca a vela con Kit, e Maddalena e io e il Bugliari stavamo ad aspettarli sulla spiaggia; e Maddalena diceva ch'era già stufa di quella vita perché non era ca­pace di stare al sole senza niente da fare. Valentino e Kit andavano anche a ballare la sera: e Maddalena gli diceva di portare anche me a ballare ma Valen­tino diceva che a ballare ci si va senza sorelle.

Da Cinque romanzi brevi di N. Ginzburg, Torino, Einaudi

122 La mattina appresso ...

La mattina appresso mi svegliai presto, come il solito e mi diedi a pensare al discorso fattomi da mia madre. Dovevo trovare ad ogni costo una via, per non ritornare alla montagna. Ci pensai a lungo, poi mi alzai. Mia madre era uscita, e mio fratello dormiva profondamente, beato lui. Mi lavai col sapone, quella mattina, poi presi un pezzo di pane e me lo mangiai; alla fine uscii, senza aspettare il ritorno di mia madre.

Si era in giugno e faceva caldo. Mi sentivo il cuore leggero e tutto mi pa­reva meraviglioso.

«Salute, salute! Buona salute» dicevo a chi incontravo; e dentro di me c'era una voce che cantava allegramente, come altre volte mi era successo. «Salute, buona salute!» dicevo alla gente.

«Salute e bene!» mi rispondeva la gente, che mi pareva allegra, senza preoccupazioni.

Passai davanti alla casa di Margherita, con la speranza di sbirciare Marghe­rita. Margherita, per mia fortuna, era al balcone che abbeverava i garofani.

«Salute e buongiorno!» le gridai. «Salute e buongiorno!» e Margherita mi parve un raggio di sole. Pensai: 'Presto partirò e ti chiederò per moglie e tu verrai a trovarmi in quella terra'.

«Buongiorno!» mi rispose lei. «Buongiorno e salute!». Il cuore mi rideva, mi si gonfiava di gioia; e i passeri cantavano sui tetti delle case e le rondini fischiavano volando, mi passavano come frecce sulla testa, sfioravano le tegole delle case. Era meraviglioso il mondo, quella mattina.

«Voi al balcone?» domandai a Margherita; e la voce dentro di me cantava:

Mentri ti viju alla finestra stari, Ti pregu, anima mia, non ti ndi jri! Magu no' sugnu, no, non ti spagnari, Non guardandu a mia tu poi moriri 1•

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La voce che era dentro di me cantava in modo meraviglioso; e, dopo che ebbe cantato questa vecchia canzone, ne attaccò un'altra forse più bella.

Da Mani vuote di S. Strati, Milano, Mondadori

1 Mentre ti vedo alla finestra stare, l Ti prego, anima mia, non te ne andare! l Mago non sono, no, non aver paura, l Non guardando me tu puoi morire.

123 Il Po

Ero a Ferrara, una città che avendo non il comune nosocomio, ma addirit­tura l'Arcispedale, non tanto mi rendeva persuaso che avrei riportato a casa la pelle, la quale sarebbe rimasta dura anche a Roma, quanto che non avrei corso alcun rischio.

In quella parte la più fonda della padana c'è l'unico fiume italiano parago­nabile al Tamigi e l'unica nebbia che possa andar bene anche a Londra; e poi­ché Shakespeare dice che solo un grande fiume, complice la nebbia, ci libera da ciò che sporca la vita, compresa la morte, mi piacque l'idea che sarebbe ba­stato immergersi in quel mondo d'ombre per vivere, poi, la splendente scoperta della rigenerazione.

D'altronde, prima di intrattenermi su questa fantasia nei lunghi dormiveglia dell'ospedale, ero già convinto che i fiumi vasti, dal grembo profondo e con le rive che s'intravedono appena l'un l'altra, avessero il potere di suscitare, quan­tomeno, una grande pazienza. Il loro viaggio è così lento perché nulla di ur­gente li spinge verso il mare; tutto fluisce con quella gravità estranea perché il destino non è la foce, ma di volta in volta il tratto di terra in cui il fiume si attarda.

Il Po ha questo passo e questo volto, mi dicevo; e se rigonfia e tracima non deve fare i suoi conti col delta, dove il mare lo respinge, ma con la Bassa che sta sotto le sponde, pronta a prendersi sulla schiena una parte del fiume come ciascuno paga la propria parte di vita. Non ho mai visto, del resto, un paesag­gio così sposato, insieme, col fiume e con la sua indole, ossia uomini e borghi, animali e strade, vegetazioni e cieli tanto in pace tra loro e così infelici. [ ... j

Nella stanza d'ospedale mi provavo a far rivivere col pensiero ciò che si svolge, quietamente, sul Po. Le barche spuntano dalle anse sempre un po' inat­tese, passano alla stessa velocità di un tronco d'albero, spariscono con la mede­sima misteriosità di quando compaiono. Sui fianchi del fiume si posano i cimi­teri più bianchi e più neri che abbia mai visto. Non a caso la morte si raduna a ridosso del Po: in una natura sconsacrata dal niente che ospita, il fiume è l'u­nica, viva sacralità.

Da Socialista di Dio di S. Zavoli, Milano, Mondadori

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124 Chiamatemi Ulisse ...

Ammiraglio Ulisse

Ammiraglio Ulisse

Ammiraglio Alfiere Ulisse

Ammiraglio Ulisse

Alfiere Ulisse Ammiraglio

Ulisse Alfiere Ulisse

Ammiraglio

Ulisse

Alfiere Ulisse Alfiere Ulisse Alfiere Ammiraglio

Voglia dirci il suo nome, comandante. Chiamatemi Ulisse. Oppure Odisseo, come preferite. Desidero, però, che non mi chiamate «comandante». Lei respinge tale qualifica come militare oppure come marinaio? Sotto ambedue gli aspetti, signore. Io non ho cercato né le batta­glie né le avventure per mare. Sono un contadino, non un co­mandante. Lei intende rinnegare il suo passato? O, addirittura, se ne vergogna? Non me ne vergogno. Ma non tollero che, eventualmente, lo si rievochi per motivi che potrebbero rivelarsi ingannevoli. Può farci un esempio di impiego ingannevole del suo passato? Indicare come modello le mie imprese per spingere altri ad imi­tarle. Altri, chi? I giovani, in particolare. I giovani vanno ammaestrati: lei pensa che questo sia vergo­gnoso? Assolutamente no. Ma a patto che l'ammaestramento sia globale. Che cosa vuoi dire? Semplicemente che nulla venga taciuto: nemmeno i particolari scomodi, quelli che non rientrano nei fini della propaganda. Ho visto morire molti ragazzi: in genere urlano «mamma»! o be­stemmiano o tra sè mormorano «no ... no ... no» come increduli su ciò che sta accadendo. Comunque non ho mai udito alcun moribondo gridare «Viva l'Ellade! » come prescrivono i manuali. Debbo riconoscere, da anziano soldato, che le sue descrizioni sono esatte. E anche letterariamente efficaci. Del resto, si sa che è più agevole fare della buona letteratura col disfattismo che col patriottismo. Tuttavia, vede: quando a un uomo si chiede uno sforzo massimo - sul lavoro, per esempio, o ai giochi olimpici - si possono fissare delle ricompense concrete. Danaro, cariche pubbliche, premi. Ma quando a un uomo si chiede la vita, con che cosa è possibile stimolarlo se non con la santità degli ideali? Ecco: non vorrei essere additato come provocatore di stimoli del genere. Lei teme di essere volgarmente strumentalizzato? Proprio questo temo. La sua è una insinuazione ignobile! Ignobile è l'uso della menzogna! Sono parole che le costeranno care! Calma, signori, calma. Certo, le parole di Ulisse sono andate al di là del suo pensiero. Come si potrebbe conciliare altrimenti il suo comportamento passato con le affermazioni di oggi? Oppure

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Ulisse Alfiere

Ulisse Alfiere Ulisse

Ammiraglio

Ulisse

Alfiere Ulisse

Ammiraglio Ulisse Ammiraglio Ulisse

Achille Patroclo Achille Nestore

Achille

Ulisse

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dobbiamo supporre che egli abbia rubato le sue molte medaglie della campagna in Asia? Chiedo scusa, signore. Comandante!... io la chiamerò così fino a quando non mi sarò convinto della sua indegnità ... Comandante, risponda: lei ritiene di aver meritato i riconoscimenti degli alti comandi per le sue azioni durante l'assedio di Troia? Sotto il profilo tecnico, ammetto di averli meritati. Lei farebbe, del valore militare, una questione tecnica? Esistono regolamenti precisi sulla pratica delle armi: la loro ap­plicazione scrupolosa si può anche chiamare «Valore», se questo vi fa piacere. Oppure «eroismo», nei casi di applicazione per­fetta. Bene, io sono stato sempre un pignolo. La sua pignoleria, come lei la chiama, è risultata decisiva ai fini della conclusione vittoriosa della guerra. Uno zelo davvero esem­plare, no? Effettivamente, desideravo che finisse quanto prima possibile, vi­sto che era incominciata. Purtroppo. Lei non approvava quella guerra? Assolutamente no. Pure se debbo ammettere che uno sciocco impegno mi obbligava alle decisioni che, in merito alla sorte di Elena, aveva preso l'Alleanza Achea. Perché lei definisce «sciocco» quall'impegno? Chiedo di esporre i precedenti della questione. Ne ha il diritto. Quando Menelao sposò Elena, noi tutti notabili della Grecia fummo invitati al banchetto nuziale. Non posso dire che fosse proprio una riunione di amici, quella, perché in passato ciascuno di noi - per ragioni di eredità o di commerci o di parentele male assortite - aveva avuto occasione di guastarsi con qual­cuno dei presenti. Comunque, si sa, una festa nuziale è una tre­gua e tutti si sarebbero comportati con cautela - e persino con cortesia - se non fosse stato Achille, con la sua brutalità, a dire ciò che del resto molti di noi pensavano. Quel Menelao è soltanto un mascalzoncello. Simpatico, però. È vero, Patroclo: diciamo un simpatico mascalzoncello. Ma piace alle donne: e quando uno piace alle donne, la fortuna è dalla sua ... Ha ragione anche Nestore: diciamo perciò che Menelao è un simpatico mascalzoncello che piace alle donne. Pettegolezzi conviviali, insomma, anche se non privi di verità. Perché davvero Menelao entrò nella politica, o addirittura nella storia, per merito - oppure per colpa, scegliete voi - di suo fratello Agamennone. Fu Agamennone a combinargli il matrimo­nio con Elena in vista di un progetto che nessuno di noi allora

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conosceva, ma del quale, proprio in quella occasione, avemmo i primi sospetti.

Agamennone Gente del nostro rango non si sposa per seguire i capricci mute-

N es t ore

Ulisse

Nestore Palamede Nestore

Menelao

Agamennone Menelao Ulisse

voli del cuore. Si sposa per la grandezza della sua patria e il bene del popolo. Ma che c'entra il matrimonio di Menelao con la patria e il po­polo? Nestore, rimbambito dall'età, era per giunta un po' sbronzo: tut­tavia la sua osservazione non mi sembrò insensata. Infatti, come poter supporre una sia pur lontana motivazione politica al ma­trimonio di Menelao con Elena? La sposa non portava in dote città o colonie, non era un pegno di alleanze. Era solo una ra-gazza molto graziosa ... .. . sì, ma anche molto chiacchierata, sia detto fra noi. È voce comune che sia figlia di Giove, no? Appunto: nessuno sa chi sia suo padre! Sua madre Leda, bellis­sima e chiacchieratissima anche lei, una donna irresistibile ... ma voi siete troppo ragazzi per ricordarvela... Bene. Leda si trovò incinta senza essere regolarmente sposata. Dette la colpa a un ci­gno... ih... ih... ih... Una famiglia di donne un po' vivaci, di­ciamo. Basta! Adesso che è diventata mia moglie, esigo che Elena sia al di sopra di ogni calunnia. Esigo che non si facciano mai più i nomi dei suoi precedenti innamorati. Di Paride, soprattutto. Soprattutto di Paride, il troiano. Gli invitati, per discrezione, non avrebbero mai nominato Paride durante il banchetto. Ma quel nome venne fatto, e ripetutamente, proprio da coloro che - imparentati oramai ad Elena - dove­vano essere, logicamente, i più interessati al silenzio. Si bevve molto, ricordo, e si dissero molte cose salaci sull'imminente notte nuziale, come si usa - lo sapete - ai matrimoni di provincia.

Da ltaca, Itaca di G. De Chiara, Roma, Sipario

125 La madre del ciabattino

Di laggiù non so nulla; né desidero saperne qualcosa. Neanche se mio pa­dre vive. Mia madre è morta qui da me. Me l'ero portata qui da me, e per alcuni anni se non altro è stata tranquilla. È da dieci anni che è morta; da più di venti io lavoro e vivo come un cane in questa città. Anche mia madre faceva una vita da cane. Tagliata dal suo ambiente, vecchia che fra questa gente che ha la lingua sciolta aveva timore di aprire bocca, aveva paura di entrare nei negozi a fare la spesa, si spaventava di attraversare la strada a causa di questo bordello di automobili che corrono all'impazzata. Stava rintanata nel retrobot-

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tega con la luce accesa anche di giorno e mi preparava il cibo e mi lavava la biancheria e pregava. Non sapeva leggere e scrivere e perciò occupava la sua mente con la preghiera. Pregava per i vivi e per i morti; pregava per la gente di qua e per la gente di laggiù. Ma soffriva. Lo capivo da me che soffriva; lei però non si lamentava di niente. Solo quando s'arrabbiava sortiva fuori la sua pena e piangeva sommessamente, parlava da sola a fil di voce, malediva la sua sfor­tuna. Qualche sera me la portavo al cinema, con la speranza che si distraesse. Non sempre però ci veniva. Mi diceva che erano soldi sprecati, perché lei non ci capiva nulla e che perciò non ci provava gusto. Mi diceva che tutte quelle persone nel cinema che vociavano e che mangiavano semi e gelati, la frastorna­vano. Aveva terrore della città, di queste strade che tutti dicono che sono belle ma che lei invece trovava infernali e senza sole e senza aria. Non ci entrava mai un raggio di sole nella nostra abitazione, e questo la rattristava immensa­mente. Insomma era un gran patire.

Da Il visionario e il ciabattino di S. Strati, Milano, Mondadori

126 La farfalletta

Volava la farfalletta attorno allumino nella gran casa solitaria. La luce l'at­tirò, ed ella, correndole incontro, con le ali la spense. Prende un fiammifero Carmelo, e accende il lumino. La farfalletta era là ancora, posata sul marmo. Vuole salvarle la vita Carmelo, le sfiora con le dita le ali. Ma la farfalletta si dibatte, si libera. Travolta dalla luce, di nuovo esce all'incontro. Avvicinatasi troppo, spegne il lumino, cadendo affoga nella cera disciolta. Invano Carmelo, accesa la luce, tenta liberarla! Il suo povero corpo, con le ali piegate, rimane incrostato di cera, un'ombra di esso si vede nel liquido che di nuovo si forma. Inutile stare a pensare, bene certo svestirsi, mettersi a letto, riposare nel sonno il cuore agitato.

Da Caratteri di M. La Cava, Torino, Einaudi

127 Se una notte d'inverno un viaggiatore ...

Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo Se una notte d'inverno un viaggiatore di ltalo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell'indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c'è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: «No, non voglio vedere la televisione!» Alza la voce, se no non ti sentono: «Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!» Forse non ti hanno sentito, con tutto quel chiasso; dillo più forte, grida: «Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino!» O se non vuoi dirlo, speriamo che ti lascino in pace.

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Prendi la posizione più comoda: seduto, sdraiato, raggomitolato, coricato. Coricato sulla schiena, su un fianco, sulla pancia. In poltrona, sul divano, sulla sedia a dondolo, sulla sedia a sdraio, sul pouf. Sull'amaca, se hai un'amaca. Sul letto, naturalmente, o dentro il letto. Puoi anche metterti a testa in giù, in posi­zione yoga. Col libro capovolto, si capisce.

Certo, la posizione ideale per leggere non si riesce a trovarla. Una volta si leggeva in piedi, di fronte a un leggio. Si era abituati a stare fermi in piedi. Ci si riposava così quando si era stanchi d'andare a cavallo. A cavallo nessuno ha mai pensato di leggere; eppure ora l'idea di leggere stando in arcioni, il libro posato sulla criniera del cavallo, magari appeso alle orecchie del cavallo con un finimento speciale, ti sembra attraente. Coi piedi nelle staffe si dovrebbe stare molto comodi per leggere; tenere i piedi sollevati è la prima condizione per godere della lettura.

Bene, cosa aspetti? Distendi le gambe, allunga pure i piedi su un cuscino, su due cuscini, sui braccioli del divano, sugli orecchioni della poltrona, sul ta­volino da tè, sulla scrivania, sul pianoforte, sul mappamondo. Togliti le scarpe, prima. Se vuoi tenere i piedi sollevati; se no, rimettitele. Adesso non restare lì con le scarpe in una mano e il libro nell'altra.

Regola la luce in modo che non ti stanchi la vista. Fallo adesso, perché ap­pena sarai sprofondato nella lettura non ci sarà più verso di smuoverti. Fa' in modo che la pagina non resti in ombra, un addensarsi di lettere nere su sfondo grigio, uniformi come un branco di topi; ma sta' attento che non le batta ad­dosso una luce troppo forte e non si rifletta sul bianco crudele della carta ro­sicchiando le ombre dei caratteri come in un mezzogiorno del Sud. Cerca di prevedere ora tutto ciò che può evitarti d'interrompere la lettura. Le sigarette a portata di mano, se fumi, il portacenere. Che c'è ancora? Devi far pipi? Bene, saprai tu.

Da Se una notte d'inverno un viaggiatore di I. Calvino, Torino, Einaudi

128 Angelica

Don Calogero si avanzava con la mano tesa e inguantata verso la Princi­pessa: «Mia figlia chiede scusa: non era ancora del tutto pronta. Vostra Eccel­lenza sa come sono le femmine in queste occasioni», aggiunse esprimendo in termini quasi vernacoli un pensiero di levità parigina. «Ma sarà qui fra un at­timo; da casa nostra sono due passi, come sapete».

L'attimo durò cinque minuti; poi la porta si aprì ed entrò Angelica. La prima impressione fu di abbagliata sorpresa. I Salina rimasero col fiato in gola; Tancredi sentì addirittura come gli pulsassero le vene delle tempie. Sotto l'urto che ricevettero allora dall'impeto della sua bellezza, gli uomini rimasero inca­paci di notare, analizzandola, i non pochi difetti che questa bellezza aveva; molte dovevano essere le persone che di questo lavorio critico non furono ca­paci mai. Era alta e ben fatta, in base a generosi criteri; la carnagione sua do­veva possedere il sapore della crema fresca alla quale rassomigliava, la bocca

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infantile quello delle fragole. Sotto la massa dei capelli color di notte avvolti in soavi ondulazioni, gli occhi verdi albeggiavano immoti come quelli delle statue e, com'essi, un po' crudeli. Procedeva lenta, facendo roteare intorno a sé l'am­pia gonna bianca e recava nella persona la pacatezza, l'invincibilità della donna di sicura bellezza. Molti mesi dopo, soltanto, si seppe che nel momento di quel suo ingresso vittorioso essa era stata sul punto di svenire per l'ansia.

Non si curò del Principe che accorreva verso di lei, oltrepassò Tancredi che le sorrideva trasognato; dinanzi alla poltrona della Principessa la sua groppa stupenda disegnò un lieve inchino, e questa forma di omaggio, inconsueta in Sicilia, le conferì un istante il fascino dell'esotismo in aggiunta a quello della bellezza paesana. «Angelica mia, da quanto tempo non ti avevo vista. Sei molto cambiata; e non in peggio!». La Principessa non credeva ai propri occhi: ricor­dava la tredicenne poco curata e bruttina di quattro anni prima e non riusciva a farne combaciare l'immagine con quella dell'adolescente voluttuosa che le stava dinanzi. Il Principe non aveva ricordi da riordinare; aveva soltanto previ­sioni da capovolgere; il colpo inferto al suo orgoglio dal frac del padre si ripe­teva adesso nell'aspetto della figlia; ma questa volta non si trattava di panno nero, ma di matta pelle lattea; e tagliata bene, come bene! Vecchio cavallo da battaglia com'era, lo squillo della grazia femminile lo trovò pronto ed egli si rivolse alla ragazza con tutto il grazioso ossequio che avrebbe adoperato par­lando alla Duchessa di Bovino o alla Principessa di Lampedusa: «È una fortuna per noi, signorina Angelica, di avere accolto un fiore tanto bello nella nostra casa; e spero che avremo il piacere di rivedervelo spesso». «Grazie, Principe; vedo che la Sua bontà per me è uguale a quella che ha sempre dimostrato al mio caro papà».

Da Il Gattopardo di G. Tomasi di Lampedusa, Milano, Feltrinelli

129 E pensare che tra una settimana è Natale ...

Figlio Figlia Madre Figlia Madre Figlia Padre Figlio Figlia Padre Figlia

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Dopo una breve pausa, l'azione riprende con i personaggi davanti al televisore spento. La vecchia zia rimane seduta a cavalcioni, mentre gli altri si muovono lentamente. Il ritmo - all'inizio - è più blando. (alzandosi) Notte! (idem) Notte! (idem) Chiuso il balcone? Chiuso. Chiuse le persiane? (esce pigra dal fondo) Chiuse. (alzandosi) Chiusa la porta d'entrata? Chiusa. (Va al balcone e ne abbassa le tapparelle). (rientra) Fa un freddo! Freddo? Freddo. Freddo!

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Figlio Madre Figlio Madre Figlio Padre Figlia

Figlio Figlia Figlio Padre Madre

Padre Madre Padre Madre Figlia Madre Figlia Madre Figlio Madre Figlio

Madre Padre Figlia Figlio

Si prepara un inverno ... Freddo? Freddo! Ma qui fa caldo! (va in cucina) Sì, ma ... Caldo, caldo. (Alla figlia) Le pantofole. Pantofole? (esce e rientra quasi subito con un paio di pantofole; rabbrividisce) Fa un freddo! L'hai già detto... e qui fa caldo. (irritata) Sì, qui fa caldo ma fuori fa freddo. Eh... fuori, fuori ... ! L'importante è che faccia caldo qui! (rientrando dalla cucina con una grossa sveglia) Qui, qui. Un bel caldo! Metto la sveglia? Sì. A che ora ti alzi? Presto. (alla figlia) Metto la sveglia? No. A che ora ti alzi? Tardi. (al figlio) Metto la sveglia? No. A che ora ti alzi? Presto. (La madre lo guarda con espressione intelligente. La vecchia zia si è addormentata pesantemente sulla sedia). (gridando) Santo Cielo: la zia è morta! Come? Così, senza avvertire! (romantica) È meraviglioso: un morto in casa! (si avvicina alla vecchia zia e la scuote) Zia, zia ... (urlando) Zia ... !

Vecchia zia (balzando in piedi, stralunata) Eh? Eh? Madre Ah, non sei morta! (si avvicina alla vecchia zia e le lascia andare

un ceffone). (La vecchia zia - tramortita -va a cadere addosso al divano).

Figlio Eh ... ! Ma che maniere! Una povera vecchia! Vecchia zia (riprendendosi) Vecchia un corno! .È stato l'elemento sorpresa!

(alla madre) Con te facciamo i conti dopo! (siede sul divano e piange sommessamente).

Madre (Tutti la consolano, eccetto la madre). (fra sè) D'altra parte, cosa dovevo dire? (mostrando disagio, elen­cando) Sono in un bagno di sudore ... M'è andato il sangue in ac-qua... Ho il cuore in gola... Brutale? Sì, sono stata brutale, ma dopo una giornata di lavoro chiunque può essere brutale!

Vecchia zia (piagnucolando) E pensare che tra una settimana è Natale.

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Figlia Figlio Madre Padre

Figlia

Natale? Natale? Pensavo Pasqua, io, pensavo! Eh... voi giovani! Pasqua o Natale, quello che importa è non star male! (Il padre e la madre si siedono -Musica di «Stille Nacht» suo-nata da zampogne). • (sognante) Natale, Natale ... Povera, vecchia zia! Ma certo! certo! (esce correndo; al figlio) Su, coraggio, recita la poesia!

Da Dopo una giornata di lavoro chiunque può essere brutale di F. Zardi, Roma, Sipario

130 La ciociara

Al professore, quando insisteva, gliel'avevo detto e ripetuto: «Badi profes-sore, sono ragazze semplici ... roba di campagna ... badi a quello che fa ... meglio per lei prendere una romana ... le ciociare sono rustiche, contadine, analfabete». Quest'ultima parola soprattutto era piaciuta al professore: «Analfabeta... ecco quello che ci vuole ... almeno non leggerà i fumetti... analfabeta». [ ... j

Tuda arrivò una sera a Roma insieme con il comparetto e io andai a pren­derla alla stazione. Al primo sguardo, capii che era di buona .razza ciociara, proprio di quelle che sono capaci di zappare per una giornata filata senza rifia­tare, oppure di portare sulla testa, per i sentieri di montagna, un cesto del peso di mezzo quintale. Ci aveva le guance rosse che piacevano al professore, la treccia arrotolata intorno alla testa, le sopracciglia nere, unite che le sbarravano la fronte, il viso tondo e, quando rideva, mostrava i dentini bianchi, stretti stretti, che le donne, in Ciociaria, si puliscono strofinandoci una foglia di malva. Non era vestita da ciociara, è vero, ma aveva il passo della ciociara che è abituata a poggiare la pianta del piede in terra, senza tacchi, e aveva quei polpacci muscolosi che sono tanto belli con le cinghie delle ciocie arrotolate intorno. Portava sotto il braccio un panierino, e mi disse che era per me: una dozzina di uova di giornata, nella paglia, ricoperte di foglie di fico. Le dissi che era meglio che le desse al professore, per fare buona impressione; ma lei ri­spose che non aveva pensato al professore, perché, trattandosi di un signore, ci doveva di certo avere il pollaio in casa. Mi misi a ridere e, così, da una do­manda all'altra, mentre in tram andavamo verso casa, capii che era proprio una selvaggia: non aveva mai visto un treno, un tram, una casa di sei piani. In­somma, analfabeta, come voleva il professore.

Da Racconti Romani di A. Moravia, Milano, Bompiani

13 t Se Serena fosse qui...

Natale, senza neve, con bave di vento gelido che fa stridere le porte. Alle dieci mi ha svegliato Anna. Ho riappeso il ricevitore appena ho sentito

la sua voce. Ancora ha chiamato, ancora ho interrotto. A una terza telefonata,

150

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verso mezzogiorno, non ho risposto. Mi sento ormai definitivamente staccato da lei, e non provo rimorsi di alcun genere. Dovrò soltanto dirglielo, per one­stà, e il sapere che lo farò non mi rattrista.

Non so cosa sto diventando, ma so che voglio capire, vivere. Se Sere­na fosse qui la giornata sarebbe completamente diversa, io guarderei dalla fine­stra e anche il cortile vuoto della caserma, la fetta di strada grigia, il dorso delle case che montano la collina diverrebbero più comprensibili, meno estranei.

Comincio a capire quanto tempo ho perduto, quante cose un uomo non ha, e non sempre per colpa sua, quanto vale la compagnia vera, l'affetto, la fiducia. Erano parole, o anche sentimenti che mi parevano logici, compiuti, e adesso li sento difficili, da conquistare: così anche questa smania che si insinua nella mia felicità mi rende migliore, mi aiuta a capire, a forzarmi per capire di più.

Da La suora giovane di G. Arpino, Torino, Einaudi

132 Genoveffa e Emanuele

Genoveffa, signorina matura, non si fa toccare da un uomo nemmeno con un dito. Nei tram affollati alza la voce a chi la spinge di dietro. Soltanto nei sogni immagina di essere abbracciata da un uomo. Ma al risveglio pensa che doveva essere il legittimo sposo.

Emanuele ci afferra per la strada, ci prega d'un favore, d'una cosa da nulla, d'una cosa che potrebbe chiedere a tutti sol che lo volesse, ma che preferisce domandare a noi. Conosce il nostro animo buono e generoso. Sa quanta stima abbiamo di lui e come in varie circostanze gli abbiamo dimostrato fiducia. Fa un quadro commovente delle sue condizioni economiche colpite da fato av­verso, per colpa dell'uno e dell'altro. Prevede l'esito dei suoi progetti, si esalta all'idea della fortuna imminente. Domanda se abbiamo bisogno di lui, si offre di servirei, vuol farci qualche regalo. È pronto a qualunque garanzia, giura, dà in pegno la vita: tutto per venti lire che spera di non restituire.

Da Caratteri di M. La Cava, Torino, Einaudi

133 Una «felice» combinazione

Musica brillante. Poi voci allegre ed eccitate che si avvicinano. Entra Cristina seguita da Axel. Abiti da sera. Pelliccia che Cristina toglie e butta su un divano. Parla con voce appena velata dal­l'alcool.

Cristina Un'alba! ... abbiamo visto un'alba ... il perenne rinnovarsi della crea­zione! È una specie di dono Axel!

Axel Dello Champagne. Cristina Sia pure, non bisogna disprezzare nessun dono ... lo champagne mi ha

l Si

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messo di nuovo in comunicazione con la natura. Oggi sento di amarla in questo suo risveglio. Odio il risveglio a letto. Ogni volta è una fatica immensa riprendere il ritmo. D'ora in poi andrò a letto soltanto dopo l'alba, dopo aver dialogato con la natura ...

Axel e aver bevuto come una spugna. Cristina (senza badargli) Un tempo avevo questa comunicazione con la na­

tura. Poi l'ho persa. Fu all'epoca della prima comunione ... una coin­cidenza del tutto casuale s'intende... Axel. Non dobbiamo mai più andare a letto presto... è disumano... è animale ...

Axel Non andiamo mai a letto presto. Cristina Dovremo sempre aspettare l'alba per aspirarne gli umori vitali. Mi

sento quasi sulla soglia della felicità. Non andrò nemmeno a dormire, non sono stanca... sono in perfetta forma.

Axel Credo invece che ti convenga andare. È stata la festa più lunga che riesca a r~cordare.

Cristina Siamo stati ad una festa? Axel Sembrerebbe. Cristina Io non so niente. Uno spettacolo del genere fa ricominciare tutto da

capo. Axel Sarà ... intanto faccio preparare la prima colazione ... poi forse un ri­

posino te lo farai. (esce) Cristina (allargando le braccia e respirando profondamente si libera di un se­

condo indumento che getta quasi in faccia a Sigmund che si alza in piedi) Non ho bisogno di nessun letto ... un'alba come questa è una notte d'amore ... rigenera. Sigmund depone l'indumento sul divano e si inchina a Cristina che gli dà la mano da baciare.

Cristina Buongiorno, caro... lei ha visto? Sigmund (con circospezione) Cosa? Cristina ·Ma il sorgere del sole! Sigmund No, io ero qui dentro. Cristina Peccato. Avrebbe dovuto muoversi, uscir fuori con noi. Pensi che fe­

lice combinazione. Il nostro autista è andato sotto una macchina e noi siamo dovuti rientrare a piedi.

Sigmund Capisco. E così ha veduto il sorgere del sole. Cristina Non è vero che è entusiasmante? Sigmund Non ne dubito. Cristina Grazie. Lei ha una voce così grave e suadente che sembra sincero. È

un vero peccato che con il suo animo poetico non abbia potuto go­dere questo spettacolo.

Sigmund Non ho l'animo poetico. Cristina Non lo dica, non si può mai sapere. Una coincidenza felice potrebbe

svelare in lei qualità ignote. Sigmund Non son le qualità ignote quelle che servono. Cristina Ma lei è spoetizzante! Sigmund Può darsi.

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Cristina (ad Axel che sta rientrando) Axel dove ti eri cacciato ... il signor ... non ha veduto la nostra alba.

Axel E lei chi è? Cristina Pensa, non ha l'animo poetico. Sigmund Sono il nuovo aiutante di studio. Ho risposto alla sua inserzione sul

giornale. Axel Avevo dimenticato ... già ... e lei era qui che aspettava? (aria circo-

spetta e/o sospetto in aria) Sigmund Ero qui... mi sono introdotto per precedere gli altri pretendenti. Axel Interessante ... è da molto? Sigmund Dall'alba.

Cristina si libera di qualche altro indumento. Axel La festa si è prolungata troppo. Sigmund Non c'è di che. Io mi alzo sempre all'alba. Axel Interessante. Ma, vede, non pretenderà che io apra il mio studio al-

l'alba. Sigmund No di certo. Ma oggi dovevo venire prima per assicurarmi il posto. Axel Una strana procedura. Cristina Axel, dov'è il vecchio aiutante di studio? Axel Si è licenziato, cara... Ma ora dovresti andare a dormire. Lasciami

parlare con il signor ... Sigmund Sigmund. Axel Dovremo chiarire certe cose e parlare dei nostri affari, non crede ... Cristina Lei mi piace giovanotto. Ha una voce grave e bella. È laureato, im-

magino. Sigmund Frequento l'ultimo anno. Mi mancano due esami per la laurea. Sono

studente. Axel Che strano... Ma si accomodi... sieda pure... scusi se abbiamo fatto

tardi a quella festa, ma io salto spesso le notti. Cristina Mio marito è un lavoratore eccezionale. Farà carriera nel suo studio.

Ha una personalità che può insegnare qualcosa. Vede, mio caro ... posso chiamarla architetto? perché lei è quasi laureato. Vede archi­tetto (lo cinge per la vita, mentre Sigmund rimane rigido ritirandosi appena) prevedo che avrà un grande awenire. Sentiremo parlare di lei. C'è qualcosa che ho notato subito. Ah, io sono una formidabile intenditrice di uomini.

Axel Cristina, può darsi che tutto questo al signor ... non interessi. Sigmund Al contrario sono vivamente interessato. Penso proprio che accetterò

il posto anche perché lei non ha altri pretendenti. Axel È un po' presto per dirlo. L'annuncio compare sul giornale di stamat-

tina. Sigmund Beh, ho preso le mie precauzioni. Axel (vagamente ironico e forzato) Intende dire? Sigmund (quasi seccato) Semplice! Leggo gli annunci direttamente nelle reda­

zioni. Poi mi presento e, grazie ad alcuni amici, faccio introdurre dalla Società Telefonica una Segreteria. Tutti quelli che si rivolgono

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al suo numero sentiranno una voce che comunica che il posto è asse­gnato.

Cristina Formidabile! Axel non ti inquietare ... Come sono contenta. Hai fatto un grande acquisto!

Da Crudele intromissione di B. Cagli, Roma, Sipario

134 Elia

L'amore era un'altra cosa: lo sapeva anche lei, Luisa. Qualcosa di crudele, di atroce, da spiare di lontano; o da sognarne, chiu­

dendo gli occhi. E certo il sentimento che, fino da giovane, ella aveva provato per Elia, che

non era l'amore, dunque, e nemmeno il desiderio o l'invidia di esso, ma tutta­via una presenza continua, fatale, indispensabile: quel sentimento non era mai stato un pensiero lieto, se entrando, ogni volta, nella cucina dove Elia, presso la finestra d'angolo, si attardava a studiare fino all'ora di cena (egli studiava, e pareva non accorgersi di nulla: ma forse nulla, in realtà, che valesse la pena di esser notato, poteva sfuggire ai suoi occhi nerissimi, pungenti, indaga tori), ella sentiva il bisogno di evitare il calmo sguardo che per un attimo, al suo in­gresso, si era levato da un libro; e di suscitare subito in sé, a difesa, il ricordo di Salomone Corcos. Da tutti, da tutti, e non solo da Elia, Salomone Corcos era stato diverso! Anche il secolo passato, il suo secolo, era stato senza con­fronto migliore di quell'altro, pieno di ansia e di dolore, nel quale a lei e a Gemma era toccato di vivere. E così, intorno alla figura del buon vecchio, Luisa aveva inventato a poco a poco un'età felice, meravigliosa, quando Iddio, al di sopra di ogni divisione di razza, di classe, di religione, parlava ugualmente a tutti gli uomini.

Elia, Elia! Nulla poteva sfuggire al suo sguardo, davvero! Eppure, insieme, pareva quasi che non vedesse ...

Quella notte famosa che si era fidanzato con Gemma (fu nel 1888, d'ago­sto), mentre, rincasando a tarda ora, passava in punta di piedi davanti alla porta della camera da letto del signor Salomone, era stato un momento in forse se entrare, e raccontare subito al padre ogni cosa.

«Dove sei stato, Signore Iddio santissimo?», aveva gridato a un tratto il vecchio, dall'interno della stanza, prima ancora che lui abbassasse la maniglia. «Lo sai che non riuscivo a chiudere occhio?».

Ciò l'aveva indotto a cambiare bruscamente idea. Era dunque salito in ca­mera sua, una stanzuccia che dava sui tetti per un abbaino. E avendo visto, di lassù, che ormai era l'alba (non più un rumore, nella casa, la città addormen­tata ai suoi piedi, quella luce rosa che sfiorava là i tetti, da oriente, e un bri­vido, un brivido d'orgoglio nel cuore), aveva deciso di fare a meno completa­mente del sonno, per quella notte, e di mettersi anzi a studiare.

Da Cinque storie ferraresi di G. Bassani, Torino, Einaudi

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135 Ritorno

Pareva un destino. Certe volte mi chiedevo perché, di tanta gente viva, non restassimo adesso che io e Nuto, proprio noi. La voglia che un tempo avevo avuto in corpo (un mattino, in un bar di San Diego, c'ero quasi ammattito) di sbucare per quello stradone, girare il cancello tra il pino e la volta dei tigli, ascoltare le voci, le risate, le galline, e dire «Eccomi qui, sono tornato» davanti alle facce sbalordite di tutti - dei servitori, delle donne, del cane, del vecchio - e gli occhi biondi e gli occhi neri delle figlie mi avrebbero riconosciuto dal terrazzo - questa voglia non me la sarei cavata più. Ero tornato, ero sbucato, avevo fatto fortuna - dormivo all'Angelo e discorrevo col Cavaliere -, ma le facce, le voci e le mani che dovevano toccarmi e riconoscermi, non c'erano più. Da un pezzo non c'erano più. Quel che restava era come una piazza l'indomani della fiera, una vigna dopo la vendemmia, il tornar solo in trattoria quando qualcuno ti ha piantato. Nuto, l'unico che restava, era cambiato, era un uomo come me. Per dire tutto in una volta, ero un uomo anch'io, ero un altro - se anche avessi ritrovato la Mora come l'avevo conosciuta il primo inverno, e poi l'estate, e poi di nuovo estate e inverno, giorno e notte, per tutti quegli anni, magari non avrei saputo che farmene. Venivo da troppo lontano - non ero più di quella casa, non ero più come Cinto, il mondo mi aveva cambiato.

Le sere d'estate quando stavamo seduti sotto il pino o sul trave nel cortile, a vegliare - passanti si soffermavano al cancello, donne ridevano, qualcuno usciva dalla stalla - il discorso finiva sempre che i vecchi, massaro Lanzone, Serafina, e qualche volta, se scendeva, il sor Matteo, dicevano «Si si giovanotti, si si ragazze... pensate a crescere... così dicevano i nostri nonni... si vedrà quando toccherà a voi».

Da La luna e i falò di C. Pavese, Torino, Einaudi

136 Arsenio

Arsenio, vecchio e bravo medico di paese, non dà soverchio peso alla sua scienza. Vengono vecchi a farsi curare i malanni. Egli li lascia parlare. Poi do­manda: - Quanti anni avete? - Quelli rispondono. Dicono, magari: - Set­tanta, non compiuti. - E non vi contentate? - risponde il medico, meravi­gliato. - Volete altro? - chiede; e spesso, senza visitarli, così li licenzia.

Da Caratteri di M. La Cava, Torino, Einaudi

137 Una vacanza

Da tre giorni vago come un disoccupato, cammino, mi annoio, rimango estatico, all'alba ritorno a casa per vie che sembrano di vetro.

Ho avuto però la forza di ottenere dieci giorni di ferie anticipate, da oggi al

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due di gennaio (i principali hanno molto apprezzato che abbia messo in conto dei giorni di ferie il mio supposto «principio d'esaurimento»).

Ogni sera sono stato con Serena. Abbiamo parlato, abbiamo avuto lunghis­simi silenzi. I rumori della notte erano soffici e misteriosi. Nella strada, spiando dalla vetrata, potevamo vedere operai ammassare traversine di legno, rivoltare grandi lastroni di pietra. I binari scoperti e il pietrame ammucchiato qua e là mandavano lampi, riflettendo i fuochi accesi con sterpi e catrame. I vapori del catrame salivano fino a noi e Serena non si stancava di guardare gli operai muoversi con la fiamma ossidrica, inchiavardare e lucidare tratti nuovi di ro­taia. Una gigantesca matassa di filo di rame splendeva cupamente, cigolando lasciava scorrere a rilento tratti di filo che veniva ingoiato dal sottosuolo.

Ci siamo lasciati all'alba, ogni volta tremando di più all'ultimo saluto. Da La suora giovane di G. Arpino, Torino, Einaudi

138 Micòl

Quanti anni sono passati da quel remoto pomeriggio di giugno? Più di trenta. Tuttavia, se chiudo gli occhi, Micòl Finzi-Contini è ancora là, affacciata al muro di cinta del suo giardino, che mi guarda e mi parla. Era poco più che una bambina, nel 1929, una tredicenne magra e bionda con grandi occhi chiari, magnetici. Io, un ragazzetto in calzoni corti, molto borghese e molto vanitoso, che un piccolo guaio scolastico bastava a gettare nella disperazione più infan­tile. Ci fissavamo entrambi. Al di sopra di lei, il cielo era azzurro e compatto, un caldo cielo già estivo, senza la minima nube. Niente avrebbe potuto mu­tarlo, e niente l'ha mutato, infatti, almeno nella memoria.

«Allora, vuoi o non vuoi?», incalzò Micòl. «Mah ... non so ... », cominciai a dire, accennando al muro. «Mi sembra

molto alto». «Perché non hai visto bene», ribatté lei, impaziente. «Guarda là ... , e là ... , e

là», e puntava il dito per farmi osservare. «C'è una quantità di tacche, e per­fino un chiodo, quassù in cima. L'ho piantato io».

«Si, gli appigli ci sarebbero, per esserci», mormorai incerto, «ma ... ». «Appigli?», mi interruppe subito, scoppiando a ridere. «Io, per me, le

chiamo tacche». «Male, perché si chiamano appigli», insistei, testardo e acido. «Si vede che

non sei mai stata in montagna». Da Il giardino dei Finzi-Contini di G. Bassani, Torino, Einaudi

139 Frante e Gattone

Usciere Il dottore dovrebbe essere qui a momenti. Frante Grazie. Usciere Mi scusi ...

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Frante

Usciere Frante Usciere Frante Usciere Frante Usciere Frante Usciere Frante Usciere Frante Osciere

(distrattamente, pensando si tratti di una formula di commiato) Prego. Mi scusi... (sorpreso) Sì? Come ha detto di chiamarsi? Quando? Prima. Non l'ho detto. Lo ha detto. L'ho detto ... ? Sì. Non me ne ricordo ... Come ha detto di chiamarsi, eh? Ma... Frante, suppongo .. . Frante ... Frante ... Frante ... (continua a ripetere questo nome a bassa voce, compiendo uno sforzo di memoria) Fronte! Avvocato Fronte! È lei?

Frante No. Io non sono né avvocato né Fronte. lo sono il signor Frante. Usciere Era suo padre? Frante No. Usciere Frante Usciere Frante Usciere Frante

Usciere Frante

Usciere Frante Usciere

Gattone

Un suo parente? Nemmeno. Non è possibile ... Glielo posso assicurare. Non è possibile ... (perdendo la calma) Mi stia a sentire! Se le dico che nessun mio pa­rente ... (fra sè) Non è possibile... non è possibile ... (rendendosi improvvisamente conto che l'uomo non intende contrad­dire la sua affermazione, ma sta seguendo un proprio pensiero) Cosa non è possibile? Non riesco più a trovare nessuno... sono spariti tutti... Chi è sparito? Tutti i miei parenti... gli amici... le persone che conoscevo... Da quando sono tornato non ne ho più incontrato uno... Ma dove sono andati? ... È possibile che di metà della propria esistenza non rimanga nulla? È da trent'anni che sono solo. Nemmeno uno ... È possibile? Qualche volta penso di non farcela più... ho paura qualche volta. (Entra Gattone) Caro Frante!

Frante Caro Gattone! (Si stringono calorosamente la mano. L'usciere lancia loro uno sguardo d'invidia e si allontana tristemente)

Gattone Mi aspetti da molto? Frante Non molto. Ero qui con ... Gattone Mi dispiace! Entra, entra! Accomodati!

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Frante Grazie. Come stai? Stai bene? Gattone Farti aspettare ... ! Come mi dispiace! Aspettavi da molto? E tu come

stai? Frante Ma no, figurati! Come va? Gattone E tu? Siediti, siediti. Come mi dispiace ... ! Frante Ma no, ti dico! E con te? Gattone Farti aspettare ... ! Tutto bene? Frante Erano solo cinque minuti...! Gattone Ma guarda chi si vede! Frante Vecchio Gattone! Gattone Vecchio Frante!

(Si guardano con gli occhi luccicanti d'affetto e prendono un po' di fiato)

Frante Senti... ma chi è quell'imbecille con cui ho parlato? Da dove viene? Gattone L'ufficio del lavoro dice da un campo di concentramento. Sai... è

gente che per i posti d'usciere ha la precedenza, gli spettano di diritto. Frante Ah certo! Ci mancherebbe! Gattone Ti ha dato fastidio? Frante Ma no, per carità, poveretto! Gattone Hai detto 'quell'imbecille' ... Frante Che ragionamenti! Non conoscevo le sue motivazioni, scusa ... ! Dove

le metti le motivazioni? Gattone Appunto. Io non le metto. Ci rinuncio a priori. Frante Ma non è giusto! Gattone (con un'impercettibile sfumatura di durezza) Però a me non sarebbe

capitato di dare dell'imbecille a un invalido ... Frante Ma che, ti sei offeso? Gattone Per lui? Figurati! È per il principio! Lui è un imbecille. Io glielo dico

sempre. Frante Ma no ... Gattone Perché no? Bisogna smettere di soffocarli con la nostra compassione!

Così finiamo solo con il crear loro dei complessi. Ci dobbiamo sfor­zare invece di aiutarli 'positivamente' a reinserirsi nella società. 'Posi­tivamente'! Capisci?

Frante Sì... è abbastanza giusto. Gattone Non dobbiamo permettere che si abbandonino passivamente al vitti­

mismo! Sarebbe la fine per loro ... Bisogna fargli capire che tutti nella vita abbiamo avuto i nostri periodi neri e che perciò certi atteggia­menti non sono giustificati.

Frante A proposito ... ti figuri che sono senza macchina da sei mesi? Mi hanno ritirato la patente.

Gattone Omicidio? Frante Lesioni permanenti. Gattone Bella fregatura lo stesso! Frante Che poi magari ci fai anche l'abitudine ... Gattone Sicuro! Con gli arti ortopedici che fabbricano oggi...!

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Frante No... io mi riferivo al fatto di essere senza macchina. Gattone Ah la macchina! Certo! Frante Con il traffico che c'è è quasi meglio andare in autobus. Gattone Non trovi un buco per posteggiare a pagarlo oro! Frante A pagarlo diamanti! Gattone Io penso che basterebbe l'oro ... Frante Be'... se è per questo basterebbero anche mille lire... Si sa... è un

modo di dire. Gattone Perché, hai qualcosa contro i modi di dire? Frante Io? Per carità! Gattone Dal momento che li usano tutti vanno rispettati. O secondo te quello

che fanno gli altri non conta niente! Frante No, anzi ... Gattone Esistono anche gli altri a questo mondo! Frante Sicuro. Gattone Bisogna pensarci qualche volta! Frante Naturale. (Ridacchia imbarazzato) Certo che hai sempre dentro il

vecchio fuoco, eh? Gattone C'è un motivo particolare per cui sei venuto a farmi visita? Frante Innanzitutto ti porto i saluti dei colleghi di una volta. Non si sono

ancora rassegnati a far senza di te. Gattone Sono stati anni belli ... ma poi? Frante Be'... alla fine sei stato tu a volertene andare .. Gattone Ma poi cos'altro c'è? Frante Ah! Cos'altro c'è! Sì... in effetti ci sarebbe ancora ... una cosa ... Gattone Avanti! Frante Una cosa... un po' delicata ... Gattone Coraggio! Non avrai mica soggezione di me ... ? Frante Io? Figurati! (Scoppia in una cordiale risata) Gattone (con una certa irritazione) Trovi davvero tanto comico che si possa

avere soggezione di me? Frante Ma no! Anzi! Penso il contrario. Solo che non può essere certo il caso

mio, ti pare? Gattone Perché, sei particolare tu? Sei più intelligente? È questo che vuoi

dire? Frante Più intelligente? No! Cosa vai a immaginare! È che tu sei un vecchio

amico, perbacco! Gattone Già! È proprio perché sono un vecchio amico che faresti bene a non

assumere questi atteggiamenti antipatici! Ti assicuro che non riesco a comprenderli, mi lasciano stupefatto!

Frante Senti Gattone, qui si sta creando un malinteso ... Gattone Ma sì, guarda, non parliamone più! Frante No... io ti vorrei spiegare ... Gattone Lascia perdere! Più se ne parla, peggio è ... ! Frante Ma no ... non c'è nessun motivo ... ascolta .. . Gattone Ho detto non parliamone più. (Con forza) Per favore!

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Frante (smarrito) Come vuoi... (Gattone si accende una sigaretta per calmarsi)

Gattone (sempre un po' brusco) Allora ... sentiamo di che si tratta. Frante (dopo qualche attimo di esitazione) Si tratta ... di un certo dossier ...

(aspetta la reazione di Gattone) Gattone Il mondo è pieno di dossiers. Frante Allora diciamo... un certo dossier riguardante un certo ministro ... Gattone Il mondo è pieno anche di quelli. Frante Ne convengo. Io però sono sicuro che tu mi hai capito ugualmente ... Gattone E se così fosse ... ? Frante Ti domanderei se siete voi ad averlo, dal momento che ce l'hanno

soffiato da sotto il naso ... Gattone E io perché dovrei risponderti? Frante Perché non ti può costare nulla! In redazione vogliono soltanto sapere

dove è andato a finire e se devono continuare a cercarlo. È chiaro che se siete voi ad averlo non c'è più niente da fare e noi possiamo met­terei l'animo in pace. E anche se ci sarebbero molte obiezioni da avanzare sulla correttezza professionale del vostro modo di agire, ca­pisci bene che non potremmo certo sollevare uno scandalo, senza il becco di una prova ... !

Gattone Le prove degli scandali non esistono! Esiste solo la buona volontà de­gli uomini di buona volontà, i quali agli scandali non credono per atto di fede.

Frante Motivo di più per rispondermi. Gattone Niente in contrario. Il dossier lo abbiamo noi. Anzi, per essere pm

precisi, l'ho io, dal momento che sono stato incaricato personalmente di questo affare, trattative comprese.

Frante (con voce bassa alla Bogart) Come hai fatto a sapere quanto avevamo offerto noi?

Gattone Frante, sei impazzito! Vuoi giocare allo spionaggio? Non lo sapevo. Non ce n'era bisogno. Mi è bastato proporre il minimo di quanto era­vamo disposti a sborsare, per superare comodamente la vostra offerta. (Frante impallidisce dall'umiliazione. Lungo silenzio)

Frante E lo hai letto? Gattone Per forza. Con quel che è costato ... ! Frante È interessante? Gattone Piuttosto interessante ... sì! Frante E dimmi ... (una lieve pausa) quando pensi di pubblicarlo? Gattone Non penso di pubblicarlo. A tre milioni al mese è da idioti parlar

male di un ministro. Frante Gattone

Frante Gattone Frante

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Complimenti! Ti sei adeguato al nuovo ambiente in modo perfetto! Non metterti in testa di farmi la morale! Non credo alla morale fatta dai morti di fame: è troppo facile! Mi dai la nausea ... Di un po' ... quanto guadagni? Se pensi di offendermi...!

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Gattone Non penso di offenderti. Quanto guadagni? Frante Affari miei! Gattone Piantala di fare il cretino! Dimmi, quanto guadagni? Frante (con finto orgoglio) Poco! Gattone Bene. E adesso rispondimi, sinceramente, fra queste quattro mura ...

Se io ti mettessi da una parte quell'accidente di dossier e dall'altra uno stipendio di un milione al mese ... cosa sceglieresti? Sinceramente Frante! Senza vergogna! Non lo saprà mai nessuno ... (Frante sta per rispondere d'impeto) No! Aspetta! Non parlare ancora! C'è un'altra cosa che prima voglio dirti ... (una pausa) Guarda che la mia non è una domanda campata in aria ... perché io- se tu fossi d'accordo­forse potrei veramente dire una buona parola per te qui al giornale ... fare il tuo nome al momento giusto... Allora?

Frante Tu pensi che potresti farmi assumere qui? Gattone Non lo escludo. C'è la seria possibilità che si liberi un posto nel corpo

redazionale. Frante A un milione al mese! Gattone Sei in gamba e ci arriveresti in un batter d'occhio. Frante (dopo una pausa) Con la quattordicesima? Gattone Con la quattordicesima. Frante (dopo una lunga pausa) Se mi stai prendendo in giro è una cosa

sporca ... Gattone Ti ripeto: non posso assicurarti niente, ma nemmeno lo escludo. Al­

lora ... rispondi! Si o no? Frante (dopo una lunga pausa, sottovoce) Lo sai... ho moglie e tre figli ... Gattone (trionfante) Aaah! È qui che ti volevo! E la famiglia !asciala stare,

guarda, perché come alibi non vale un fico: tutti hanno famiglia! È l'unica cosa che puoi avere senza dar fastidio agli altri...!

Frante Tu non hai famiglia ... Gattone Io ho la mamma, se non ti dispiace! Oppure secondo te la mamma

non fa parte della famiglia eh? Dillo se ne hai il coraggio! Frante Ma no, che c'entra! Mi ero scordato che avevi la mamma! Gattone Ci si scorda troppo facilmente delle mamme! Frante Scusami.

Da Giochi di mano di F. Bordon, Roma, Sipario

140 Riflessioni

Ho passato qualche giorno in città. dormendo nella mia casa, e guardavo attraverso le finestre la gente, cercando qualcosa che non sapevo. Quel che ve­devo si rifletteva in me come in uno specchio, con indifferenza. Ti imbatti in migliaia di persone e non te ne resta in mente nessuna. Per intere giornate sono rimasto chiuso in casa, guardando gli oggetti e cercando di riconoscerli perché era come se avessero cambiato funzione: mi domando a cosa serve il telefono,

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la sua voce non la sentirò più, ma non l'ho neanche mai sentita per telefono, eppure succedeva qualcosa di cui non mi rendevo conto: non ne sono sicuro neanche ora, ma in qualche modo era come se in ogni voce sentissi la sua voce. Ho una donna qui in città, e una volta presentandola ad amici tedeschi dissi Meine Mutter invece di Meine Frau, e lei ci rimase male. Il fatto è che vivevo sapendo che lei c'era, ora devo cambiar vita. Ho pensato, in qualche momento, di temere di essere messo allo scoperto: come se la presenza della generazione precedente, quella che mi ha partorito, facesse da garanzia a me e a tutta la mia generazione: fra noi e la morte c'è quella generazione interposta, che ci nasconde, la morte non ci vede, noi non possiamo morire ancora. Strano a dirsi, molto strano, questo pensiero, che pure ha molte probabilità di essere vero, non riesco a trattenerlo dentro di me, come se i suoi dati fossero falsi: io non posso morire, sono fermamente convinto che nella certezza della mia morte ci dev'essere un errore, un errore che mi guarderò bene dal commettere. Quando leggo la morte di qualcuno... Mi accorgo di mettermi a parlare della morte altrui, ma a questo punto avevo bisogno di non pensare più a mia ma­dre. Quando leggo della morte di qualcuno che conoscevo, mi ci soffermo sol­tanto un attimo, cerco quell'errore, lo scopro e vado oltre: aveva sbagliato, è giusto che muoia.

È morto un industriale di cinquant'anni, aveva un figlio che è stato mio al­lievo, veniva a scuola accompagnato dall'autista e da due guardie del corpo, due ex pugili, col compito di impedire un rapimento. Ma c'era un errore nella sua vita, ed era la sua enorme ricchezza che gl'impediva di vivere. Una sera alla settimana andava all'ippodromo e si faceva accompagnare da due guardie private, puntava il massimo sulle prime tre o quattro corse, usciva in fretta passando dal botteghino a ritirare le vincite, vestito di bianco. Era un fantasma. Ho sempre pensato che doveva morire, non aveva scampo, era già morto. An­che il professore universitario che era stato mio maestro, e aveva rifiutato una promozione ad altro lavoro offertogli perché gli studenti non venivano più da lui, ho sempre sospettato che lo avesse fatto per mantenere il diritto al triplice alzabara: tre volte la bara dei professori viene alzata dentro il cortile dell'uni­versità prima di essere portata via a spalla. Se lo incontravo mi pareva di ve­derlo già steso orizzontale, alzato e abbassato tre volte. Era già morto, c'era quell'errore nella sua vita. Ma la mia non aveva nessun errore, non era vissuta in vista della morte, non riuscivo a capire come mai, e perché dovessi un giorno morire.

Da Un altare per la madre di F. Camon, Milano, Garzanti

141 Il dottor Giglio

Il dottor Giglio, unico medico condotto nel villaggio di R., gioca a carte coi soliti amici. Si presenta una domia e invoca soccorso per il suo figliuolo am­malato. -Va bene,- risponde il dottore,- ho capito, andate, che verrò ... -La madre si allontana, il gioco prosegue. Torna la donna e reclama: -La feb-

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bre è tanto aumentata. Venite presto, dottore! - Andate, che verrò ... - Ma dobbiamo preoccuparci, dottore? -Sì, preoccupatevi... -risponde il dottore. E continua a giocare.

Da Caratteri di M. La Cava, Torino, Einaudi

142 La collina di Gaminella

L'altr'anno, quando tornai la prima volta in paese, venni quasi di nascosto a rivedere i noccioli. La collina di Gaminella, un versante lungo e ininterrotto di vigne e di rive, un pendio così insensibile che alzando la testa non se ne vede la cima - e in cima, chi sa dove, ci sono altre vigne, altri boschi, altri sentieri - era come scorticata dall'inverno, mostrava il nudo della terra e dei tronchi. La vedevo bene, nella luce asciutta, digradare gigantesca verso Canelli dove la nostra valle finisce. Dalla straduccia che segue il Belbo arrivai alla spalliera del piccolo ponte e al canneto. Vidi sul ciglione la parete del casotto di grosse pietre annerite, il fico storto, la finestretta vuota, e pensavo a quegli inverni terribili.

Da La luna e i fa/è! di C. Pavese, Torino, Einaudi

143 Il fuoco che si spegne

Dopo un anno che facevamo l'amore, Agata ed io, mi accorsi che, pian piano, lei si raffreddava e diradava gli incontri. Fu proprio come un fuoco che si spegne: da prima non ve ne accorgete, poi, improvvisamente, non c'è più che cenere e tizzi neri e vi sentite gelati. In principio furono cose leggere: mezze parole, silenzi, sguardi. Poi le scuse: raffreddori, impegni, la madre da aiutare nelle faccende di casa, la scuola di dattilografia. Finalmente l'impuntualità e la fretta: arrivare agli appuntamenti magari con un'ora di ritardo e andarsene con un pretesto dopo un quarto d'ora. Intanto mi parlava in tono impaziente come se le cose che dicevo fossero sempre di troppo; e qualche volta mi sembrò per­fino che al contatto della mano o allo sfioramento delle labbra, si tirasse indie­tro. Ora, siccome ci soffrivo, e, d'altra parte, mi accorgevo che, sebbene lei mi trattasse ormai malissimo, io ero sempre innamorato allo stesso modo, e quel piacere che prima provavo a sentirle dire: «Ti voglio tanto bene», adesso lo avevo identico se appena pronunziava a labbra strette: «Addio, Gino»; una volta, incontrandoci a piazzale Flaminio, mi decisi e le dissi bruscamente: «Parliamoci chiaro: tu, per me, non senti più nulla». Ci credereste? si mise a ridere e rispose: «Ah o, ma sei duro ... volevo vedere quanto ci avresti messo ... l'hai capito finalmente». Restai a bocca aperta, senza fiato; poi feci un giro su me stesso, come un fantoccio, e mi allontanai. Ma, fatti pochi passi, mi voltai: speravo che mi richiamasse. Era salita, invece, sulla pedana della fermata del tram e lì aspettava, calma, serena. Me ne andai.

Da Racconti Romani di A. Moravia, Milano, Bompiani

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144 Giuseppe

Giuseppe, come era stato precoce nella nascita, così fino da principio si ri­velò precoce in tutto. Alle solite tappe naturali, che segnano l'avanzata di ogni lattante sull'itinerario delle esperienze, lui arrivava sempre in anticipo; ma tal­mente in anticipo (almeno per quei tempi di allora) che io stessa stenterei a crederci, se non avessi diviso, in qualche modo, il suo destino. Pareva che le sue piccole forze si tendessero tutte insieme, in un grande fervore urgente, verso lo spettacolo del mondo sul quale s'era appena affacciato.

Pochi giorni dopo avere scoperto la sua esistenza, Ninnuzzu non resisté alla tentazione di rivelarla a due o tre amici più cari, vantandosi con loro di avere a casa un fratello piccolo che era un record: tutto di una piccolezza tale da riu­scire comica, però invece gli occhi grandissimi, che già ragionavano con la gente. E la mattina stessa, approfittando dell'assenza di Ida, portò quegli amici su in casa per farglielo conoscere. Salivano in cinque, comprendendo Blitz, il quale adesso seguiva Nino dappertutto, come fosse metà della sua anima.

Lungo la scala, uno degli amici, ragazzetto borghese, avanzò la sua perples­sità per via di questo fratello che Nino annunciava, mentre si sapeva che sua madre da molti anni era vedova. Ma, con disdegno per la di lui mente scarsa, Nino gli replicò: «Beh?! che forse i figli si fanno solo coi mariti?!» in una tale naturalezza assolutistica, che tutti in coro risero di quel principiante (o mali­gno?) !asciandolo svergognato. [ ... j

Entrati appena nella stanza da letto, rimasero piuttosto delusi: poiché Giu­seppe in quel momento dormiva, e, così addormentato, se si toglie la sua pic­colezza autentica da pigmeo, non presentava niente di straordinario; anzi, aveva le palpebre, come i neonati in generale, ancora rugose. Ma d'improvviso le aprì; e al solo vedere, nella sua faccia piccola come un pugno, quegli occhi grandi e spalancati, che si rivolgevano ai cinque visitatori come a un'unica me­raviglia, tutti si esilararono. Finché, rallegrato dalla compagnia, Giuseppe, per la prima volta nella sua vita, fece un sorrisetto.

Da La storia di E. Morante, Torino, Einaudi

145 La zappa nuova

Qualche giorno dopo, mia madre mi comprò dal fabbro una zappa nuova fiammante. Trovai presto un manico di castagno, lo scottai al fuoco, perché fosse resistente e non si piegasse ad arco e lo infilai alla zappa. La zappa pe­sava, povero me, pesava più di due rotoli. Ma per fare un fratello medico cosa non si fa in questa vita!

Trovai presto lavoro: andai a zappare a giornata nelle vigne. Zappare nelle vigne è cosa infernale e non lo auguro nemmeno ai condan­

nati ai lavori forzati. Immaginatevi con un arnese così pesante in mano a tirare terra e terra e terra dallo spuntare del giorno sino allo scendere della notte. Immaginatelo voi stessi. Immaginatevi in una grande vigna con vecchi zappa-

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tori che vi stringono ai fianchi, e vi fanno mettere la lingua fuori; e il sole che vi arrostisce le corna, e la polvere che vi secca la gola, per ore e ore. Ci vuole petto, ci vuole fegato. Un motore non resiste, no. Eppure il sottoscritto, in quella giovan'età, resisteva e dietro non rimaneva ... Per quante vie son passato! Quanti lavori hanno fatto queste mani... Già, sono così dure che nemmeno il cuoio è tanto duro ... Toccatele, tocca tele ... A volte mi taglio questi grossi calli col rasoio ... E certo che indurisce la carne a forza di sbattere con tutti gli ar­nesi per anni, ed anni... Eppure, se ci pensi, la vita è così lunga, interminabile. Così terribilmente lunga ... Mah! ... Cosicché zappai per almeno due mesi nelle vigne. Due mesi fitti. Mi potei riposare soltanto un giorno, perché preso da una forte febbre di stanchezza... Ma quello che mi addolorava non era zappare, sfacchinare in modo bestiale, ma capire che mia madre non aveva pietà di me. Che non mi diceva, come fa una vera madre affettuosa che ama allo stesso modo i propri figli - allo stesso modo! - che non mi diceva: 'Riposati, una domenica!'. Mai questo! ... Non è che lei non lavorasse. Lavorare lavorava an­che lei, e molto, per essere sinceri. Cuciva, tesseva coperte a giornata in casa d'altri, insomma non si risparmiava ... Ma io non ero padre, per avere quel peso sulle spalle.

Finito il lavoro nelle vigne, non c'era altro da fare. Stavo a casa e spesso mia madr'e brontolava.

«Non c'è altro da fare e non so dove andare» le dicevo. «Né abbiamo un pezzo di terra nostra, altrimenti non starei a casa».

«Saresti dovuto rimanere al giardino da quella gente» mi ripeteva mia ma­dre. E sottovoce aggiungeva: «Non si può stare in casa a mangiare il pane gra­tis. Non si può fare i vagabondi!».

Da Mani vuote di S. Strati, Milano, Mondadori

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Parte terza

Articoli da quotidiani e periodici italiani

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Scomparsa a Spezia la centenaria principessa che rivendicava la Tavolara

Morire un'isola

sognando per regno

LA SPEZIA - Era co­minciata come una fiaba di una volta, con un re bello e buono che sbarca nell'isola delle capre dai denti d'oro; sta finendo, più modernamente, in un mare di burocratiche scar­toffie: è la storia del

La dinastia dei Bertoleoni ebbe da Carlo Alberto la co­rona, che le tu poi negata da Mussolini e dalla Repubblica - Una guerra combattuta per decenni a colpi di carta bol­lata - Il riconoscimento an­che dai sovrani inglesi

Secondo un'altra ver­sione, invece, fu l'intra­prendente pastore-padro­ne a chiedere udienza al re, al quale fece notare le migliorie che egli aveva apportato a quello sco­glio. Poche settimane

reame di Tavolara, nato nel 1832 per volontà di Carlo Alberto, finito nel 1927 per decisione, ovvia­mente arbitraria, di Mussolini. Se ne ri­parla solo quando un membro della sua singolare famiglia reale scompare. Ieri, a La Spezia, è deceduta Sua Altezza Reale Laura Molinas Geremia Bertoleoni, prin­cipessa di Tavolara. Aveva un'età non molto inferiore a quella del suo reame, avendo da qualche tempo superato la soglia dei cento anni, e aveva speso buona parte della sua lunga vita a riven­dicare i diritti, creduti usurpati, della sua famiglia.

Era questa una stirpe di pastori sardi, i Bertoleoni, il più intraprendente dei quali, Forte, divenuto ricco di greggi, se­coli fa pensò di trasferirsi con famiglia e pecore in un'isoletta selvaggia di sei chilometri quadrati distante poche miglia da Olbia, nel golfo degli Aranci, Tavo­lara.

Un giorno del secolo scorso la nave reale di Carlo Alberto gettò l'ancora tra Olbia e Tavolara. La leggenda del reame di Tavolara narra che il giovane re pie­montese, sceso su quello scoglio a caccia di capre selvatiche, ricevette dal pastore Giuseppe Bertoleoni, discendente di Forte, un'ospitalità tale che il sovrano lo nominò re di Tavolara sul campo, o me­glio sull'aia. E gli regalò anche un orolo­gio d'oro.

dopo, tramite la prefet­tura di Sassari, giunse a

Tavolara una pergamena con la quale Bertoleoni Giuseppe era nominato re di Tavolara.

Giuseppe, diventato «1», ebbe un figlio, Carlo, anche lui «1», che gli altri pastori dell'isola chiamavano semplice­mente « Carleddu ». Ed è proprio « Car­leddu » che riuscì, in maniera alquanto singolare, ad ottenere addirittura un ri­conoscimento internazionale per il suo trono. Anzi, per l'epoca, il più impor­tante riconoscimento: quello della sua collega Vittoria, regina d'Inghilterra an­che se in più Imperatrice delle Indie.

La faccenda andò così: la regina Vit­toria aveva l'hobby di collezionare le fo­tografie di tutti i' sovrani regnanti del suo tempo. Per questo motivo una nave al servizio di Sua Maestà, la « Vulcan », andava in giro per i mari del mondo con un fotografo impiegato esclusivamente per quel compito. E un giorno il foto­grafo piantò il cavalletto sul terreno roc­cioso di Tavolara e riprese « Carleddu », il cui ritratto figura ancora, in una grande stanza di Buckingham Palace, in mezzo a quelli di colleghi più famosi.

Le difficoltà, per il regno di Tavolara cominciarono con il nipote di Carlo Al­berto, Vittorio Emanuele III, che chiese e ottenne dai Bertoleoni una bella fetta dell'isola.

Quando, nel 1927, l'isola venne smili-

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tarizzata, il governo del cavaliere Benito Mussolini vendette a privati quelle terre, che non erano neanche sue. E così si di­sperse il reame di Tavolara.

Dopo la caduta del fascismo e l'av­vento della Repubblica, gli eredi al trono - o meglio i parenti dell'erede al trono, Paolo II - pensarono fosse arrivato il momento di reclamare i loro diritti, ma il tentativo non ottenne grandi successi. Allora decisero di intentare causa allo Stato italiano.

«Non mi darò per vinta fino alla morte e, in ogni caso, prima di morire dovrò vincere la mia battaglia». Così aveva dichiarato anche Sua Altezza Reale Laura Molinas Geremia Berte-

leoni, un anno fa. Il suo sogno non si è avverato. Nessuno ancora saprà come è fatta la bandiera di Tavolara vedendola sventolate su un alto pennone. E per i filatelici ci sarà un'occasione in meno.

Ma la «guerra» continua: se necessa­rio, gli altri pretendenti al trono sem­brano disposti a convocare in un tribu­nale come testimone anche Elisabetta II d'Inghilterra, perché confermi che il loro antenato « Carleddu » I è ancora là, in mezzo ai suoi pari di corona e scettro. Se poi anche qualcuno di loro ha nel frattempo perduto il reame, non è certo stato perché un collega glielo ha venduto dietro le spalle!

Gino Ragnetti, in «La Nazione», 27·2·1979

La polizia arresta due giovani topi d'auto

Sono stati sorpresi con le mani nel sacco da un equipaggio di una «Vo­lante~~ della Polizia e poco più tardi sono finiti al carcere di via Carrara. Si tratta di due giovanissimi ladrun­coli, Pasqualino Bonanni di 20 anni e P. G. di 17 anni, entrambi residenti a Rieti.

Ieri notte i due si erano portati a Terni ed avevano incominciato il loro «lavoro» in via Pacinotti: prendevano di mira le varie autovetture parcheg­giate lungo i margini della strada e dopo averne forzato le portiere face­vano man bassa di tutto ciò che tro­vavano all'interno: autoradio e og­getti vari come lampade tascabili, musicassette, occhiali. Ad un certo

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punto, sfortunatamente per loro, è transitata lungo via Pacinotti una «Giulia» della Polizia. I due agenti a bordo hanno notato il fare sospetto dei due ragazzi e li hanno fermati. In loro ·possesso sono stati trovati alcuni oggetti di chiara provenienza furtiva e così poco dopo Pasqualino Bonanni e P. G. sono stati condotti presso gli uffici della squadra mobile della Que­stura e di qui associati al carcere.

Sono stati arrestati sotto l'imputa­zione di furto e nella giornata odierna probabilmente saranno interrogati dal magistrato.

«Il Messaggero ''• 23-3-1979

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La dichiarazione d'amore oggi: generazioni a confronto

Ma chi dice ancora <<ti amo>>? Tutti si vergognano - l liceali regalano dischi e maglioni - l quarantenni si rifugiano nel ballo lento e aspettano il "momento magico" - Un .ses­santenne: «L'unica volta che non ho confessato il mio amore mi sono sposato» - Il cinema come serbatoio di modelli di compÒrtamento

Chi dice ancora ti amo? Anzi, t'amo: dove naturalmente l'apostrofo è roseo ed è il bacio che fonde due deliri e due tu­multi. Chi osa ancora denudarsi il cuore a tal punto? «Dio, mi vergognerei da morire», avvampa Gianluigi, seconda li­ceo al Parini di Milano. Ma la ragazza ce l'hai? «Sì». E come hai fatto a farle ca­pire che le volevi bene, che volevi stare solo con lei e tenerle la mano e accarez­zarle i capelli e tutto quanto, che in­somma l'amavi? «Ci guardavamo. Sem­bravano sguardi casuali, ma poi ci siamo detti che mica lo erano, facevamo solo finta che lo fossero. E poi niente, ci siamo appunto toccati le mani, io le ho accarezzato i capelli e così via». E non ve lo dite mai? «Mai. È sottinteso. Lo capiamo».

E tu come ti chiami? «Paola». Hai il ragazzo? «Sì, si chiama Luca, glielo dico tanto non lo conosce. È bellissimo, gli voglio bene un sacco». Cara Paola, tu gli dici che lo ami? Usi queste antiche pa­role: ti amo? «Bah. Glielo direi, mi pia­cerebbe. Finisce però che gli regalo un maglione. Così lo capisce».

Addio liceali. Tredici volte la stessa domanda, tredici risposte simili: bello bellissimo amarsi ma dirlo è un'altra cosa, chi vuole regala ancora «Ti amo» cantata da Umberto Tozzi e chi vuoi ca­pire capisce, oppure secondo i gusti ci sono i Pink Floyd o i San tana o l'Art Ensemble di Chicago (Ba p-Tizum).

Tutto questo andare in giro per sapere se ancora si spende la moneta del ti amo

è nato l'altra sera quando una TV pri­vata ha mandato in onda il Cyrano con José Ferrer. I ragazzi presenti han detto che barba e sono spariti. Sono rimasti i genitori, fra i 40 e i 50 anni, e la nonna. I genitori hanno seguito il vecchio film con un sorriso misterioso, di cauto di­vertimento, come se dicessero: ma che cose buffe tocca sentire, proprio un bel tipo quella Rossana che s'innamora solo · ad ascoltare e a leggere tutte quelle di­chiarazioni. La nonna invece aveva il sorriso di chi la sa lunga, lunghissima, e cede al rimpianto e alla nostalgia.

Alla fine del film s'è fatto allora il gioco del ti amo. Chi l'aveva detto o chi lo dice ancora? La nonna lo aveva detto una sola volta e quella volta si fece ba­ciare da suo marito che purtroppo non c'è più ed era tanto buono. I genitori non se l'erano detto mai e neppure adesso se lo dicono. Anche loro si ver­gognano.

Altre esperienze. Un avvocato di 39 anni, che prega per carità non mi no­mini, mi vergogno (anche lui). Dica, av­vocato: «No, non l'ho mai detto. Le guardavo e loro capivano. In certi mo­menti uno sguardo dice tutto. Per esem­pio quando James De.an guarda la ra­gazza su nella ruota del Luna Park, nella Valle dell'Eden, e sale la musica, e que­gli occhi spauriti le dicono la sorpresa e l'amore, io ho stretto la mano alla ra­gazza che stava vicino a me e lei ha ca­pito. Sarà banale ma fu così».

Avvocato, in quali altri modi ha detto

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ti amo? «La mia specialità era il ballo. Il ballo lento, perché i rock, gli shake, i twist e la "disco" chi li sa fare?». Cioè sussurrava parole tenere all'orecchio della ragazza? «Nessuna parola. C'era un momento magico. Ci si avvicinava sempre di più, si sentiva il tepore, il caldo del corpo, della pelle, l'odore dei capelli. Tu stringevi un po' di più e lì era il dramma: ci sta o non ci sta? Ade­risce o non aderisce? La felicità di quando lei cedeva e veniva vicino, la famosa guancia a guancia, e ci si strin­geva con il batticuore. Era una gran poesia. Sentivo riconoscenza, la ,benedi­cevo, ero suo. Appunto l'amavo. Ma forse a dire e a scriverle queste cose perdono tutto. Sono sciocchezze». Si vergogna, avvocato? «Certo. Ci vuole mistero. La nostra vita è segreta. Nean­che noi la conosciamo bene. Preferiamo vederla al cinema».

E con queste allusioni all'inconscio collettivo sepolto nella celluloide filmica e all'indecenza dei sentimenti (ahi, Bar­thes), passiamo a un sessantenne, un medico. La domanda è a bruciapelo mentre mi misura la pressione: dottore, dice mai ti amo? Lascia la pompetta per un attimo, riprende con molto ritmo. «Lo dicevo a tutte. L'unica volta che non l'ho detto mi sono sposato». Capi­sco. E quando lo diceva pensava a qual­cuno, le sembrava d'essere un altro, aveva insomma un modello a cui si ispi­rava? «John Gilbert, Errol Flynn, Cary Grant. Soprattutto Cary Grant. Che cosa non fu per me Notorius. Quella Ingrid Bergman così fresca, incantevole, piena di grazia. Io dicevo ti amo e mi vedevo sul balcone a Rio con lngrid fra le brac­cia. Se la ragazza non piaceva tanto, ero Errol Flynn nel Conte di Essex che bacia Bette D avis».

Ecco: il ti amo giace nascosto ovun­que, nelle persone e nelle cose. Si è vi­sto: un maglione, un pullover vuoi dire amore, e già lo cantava Gianni Meccia. Ma anche una penna, un accendino, un'auto, una moquette, una cena, tutto. Le merci in tutte le vetrine in tutte le città e paesi possono voler dire ti amo. È il gioco dei simboli e dei doni. E gli oc­chi, le mani, un modo di camminare, il corpo intero lo dice. Ma quelle parole

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non esistono, si espandono solo nel buio delle sale cinematografiche o vengon fuori dal piccolo schermo o capita an­cora di leggerle in qualche romanzo co­mico.

Può darsi persino che prendano il po­sto del guarda che chiamo il lupo, come si diceva una volta ai bambini per farli star buoni. Se stasera diremo al nostro compagno o alla nostra compagna ti amo, la vedremo sbiancarsi e gridare queste cose non si dicono neanche per scherzo. Oppure chissà, lui si troverà davanti la sua pasta e fagioli preferita o lei andrà incontro a una memorabile serata.

Claudio Alterocca, in «il Giorno>>, 22-3-1979

• Il lago Trasimeno •

Il lago ha una superficie di 126 kmq, è poco profondo (profondità massima 6-7 metri) e costituisce l'ul­timo resto, insieme ai !aghetti di Chiusi e Montepulciano, dell'antico complesso lacuale e palustre della Chiana.

Il lago Trasimeno è un bacino na­turalmente chiuso nel senso che le acque che· con'corrono alla formazione e al mantenimento dello specchio la­custre sono quelle di pioggia che ca­dono direttamente sul lago o che sgrondano dai terreni circostanti.

Tali acque sono assorbite dai pro­cessi di evaporazione dei terreni e dello specchio lacustre. Come tale il lago è direttamente influenzato dagli eventi stagionali e dalle precipita­zioni.

Nella sua storia ha conosciuto pe­riodi di rialzamento in corrispon­denza di anni di elevate precipitazioni e fenomeni di abbassamento negli anni di basse precipitazioni.

Con l'emissario del 1898, che si ri­faceva a precedenti interventi romani e medioevali, si risolse il problema

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del rialzamento del lago durante i ci­cli pluriennali di alte precipitazioni, ma si aggravò il problema dell'abbas­samento nei cicli pluriennali di basse precipitazioni. Tale problema è stato finora affrontato, anche se parzial­mente e con scarsi controlli, con l'ampliamento del bacino imbrifero del lago (cioè dei terreni che sgron­dano su di esso).

Se infatti nelle condizioni prece­denti erano necessari circa 820 litri al metro quadrato di pioggia all'anno per garantire il bilancio idrico del lago, cioè l'uguaglianza tra gli apporti meteorici e le perdite per evapora­zione; con l'ampliamento del bacino imbrifero questa quantità poteva scendere a valori più bassi e più cau-

telativi nei confronti dell'equilibrio del lago.

Negli ultimi tempi sono venuti af­fiorando dubbi non già sulla corret­tezza di tale impostazione idraulica, bensì sul fatto che le concimazioni chimiche operate sui terreni circo­stanti potessero provocare un au­mento continuo di queste sostanze nelle acque del lago, favorendo in modo anormale la produzione di flora lacustre (alghe) a cui si attribuivano poi fenomeni di alterazione del lago stesso verso forme decisamente palu­stri.

Da Proposta per una gestione delle acque e del suolo conforme agli usi e agli scopi civili, Regione dell'Umbria, Perugia, 1974

COME TRATTARE GLI OSPITI A CASA

Mangiare scomodo è spesso simpatico

Nei film, per dare l'idea della vita al castello, si fanno vedere nonno e nipo­tino che mangiano seduti, alle estremità di un enorme tavolo rettangolare. Il ri­storante «classico» di gran fama si di­stingue anche perché fa arrivare al cliente due scaloppine in una grande sauteuse di rame, coperta dalla « cam­pana» non meno imponente. Lusso e mise en piace solenne dovrebbero an­dare di pari passo. Viceversa, capita sempre più sovente di trovare attraente, in casa e fuori, la scomodità del «posto di consumo» dei cibi.

Si comincia proprio in certi ristoranti di moda, divenuti tali anche per la man­canza di spazio. Nel suo libro di memo­rie, Giuseppe Cipriani si vanta di aver

«miniaturizzato» l'Harry's Bar di Vene­zia, dove tutto è piccolo, dai tavoli alle posate. A M,ilano, Mario Fattori deve parte del successo del suo mini-risto­rante annesso al bar di via Sant'Andrea anche al fatto che si mangia, ai tavoli­netti minuscoli, a stretto contatto di go­mito con estranei dello stesso «giro». L'esempio, è il caso di dirlo, viene dal­l'alto, e cioè dai viaggi aerei interconti­nentali dove il menù di bordo ha delle pretese, almeno sulla carta, ma viene servito in quei minuscoli vassoi, ben noti a quanti sono costretti a speciali forme di contorsionismo per portare alla bocca la suprème di tacchino salsa marchand de vin, o qualcosa di diverso, ma dallo stesso sapore.

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Logico, a questo punto, che il feno­meno si estenda anche a casa nostra, non per ora, sotto forma di vassoio ma sotto quella del pranzo in piedi.

Sappiamo perché si è arrivati a que­sto: necessità, o desiderio, di ospitare una diecina di amici in un soggiorno di sedici nietri quadrati, e mancanza di «personale». La moda - quella definita «giovane» ovviamente - e le famiglie felici della pubblicità televisiva ci hanno aiutato, non ci vergognamo affatto, di tenere della brava gente in piedi, con piatto, posate, e, peggio di tutto, bic­chiere in mano, ma siamo anzi convinti che un distinto professionista si senta a suo agio se è obbligato a sedersi su uno scalino, posando accanto a sé il già indi­cato bicchiere, e tenendo il piatto di spaghetti sulle ginocchia. Ci sono però delle semplici regole che è bene rispet­tare.

Anzitutto, posto a sedere, sia pure di fortuna, per tutti: poltrone, sedie, sga­bellini. Poi, punti di appoggio sufficienti e non riservati a pochi. I cari, vecchi ta­volini rientranti «tre in uno» non sono, per fortuna, scomparsi. Date retta a Ci­priani, e tirate fuori solo piattini e po­sate da frutta. Quanto al menù, ricor­darsi di una saggia regola della cucina cinese: tutto deve essere tagliato in modo da evitare all'ospite la fatica di 'farlo. Quindi, meglio la pasta corta degli spaghetti, meglio ancora il risotto (siamo alla vigilia di uno dei migliori dell'anno, quello con piselli e quarti di carciofo). Niente roastbeef: tagliare le fette, anche se sottili, è una impresa. Il prosciutto crudo si accetta solo se avvolto attorno ai grissini. Benissimo la polenta col ragù (cena rustica, vino rosso dell'Oltrepò, poi pezzetti di grana da mangiare con le mani). Niente asparagi: sembrano prati­cissimi, e sporcano maledettamente. L'insalata tagliarla a striscioline. Mace­donia per finire, e, quando il freezer è grande abbastanza, sorbetti di frutta (se avete le ciotoline adatte). Importante: una bella pila di tovagliolini di carta, e il barattolo del talco antimacchia a portata di mano.

Massimo Alberini, in «Corriere della Sera», 27-3- 1978

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Il consiglio del medico

MOVIMENTO

Pedalare è piacevole e fa bene: questo il parere di un medico che va in bici­cletta, il prof. Vito Cagli del Policlinico Umberto I di Roma.

È nella memoria di molti l'immagine del grande cardiologo americano Paul Dudley White mentre pedala su una vecchia bicicletta. La fotografia serviva ad illustrare come l'attività fisica dovesse rappresentare una misura fondamentale in qualsiasi programma di prevenzione dell'aterosclerosi di cui quello studioso è stato uno dei più attivi ed illustri soste­nitori.

E in effetti questa nostra «era terapeu­tica }} rischia troppo spesso di dimenti­care, a favore dei soli trattamenti con farmaci, l'importanza che la correzione di errate abitudini di vita (fumo, alimen­tazione, sedentarietà ecc.) assume nella prevenzione e nella cura di numerose malattie.

L'esercizio del ciclismo è facilmente graduabile: pedalare in pianura, anche per lunghi percorsi, non stanca e basta osservare quanto accade nella pianura padana dove molti sono gli anziani che ogni giorno percorrono lunghi tratti in bicicletta. La velocità non sarà davvero quella di un ciclista professionista (e neppure di tanti dilettanti) ma ognuno saprà regolare il ritmo della pedalata sulle proprie capacità; e in salita c'è sempre la possibilità di scendere di sella

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SCACCIAGUAI

e di giungere alla sommità spingendo tranquillamente la bicicletta.

Con la bicicletta si «pedala nel verde» e non solo in quello dei parchi cittadini ma soprattutto in quello delle campagne circostanti, col risultato di ritemprare i polmoni (e lo spirito) in un'aria più ricca di ossigeno e di antichi odori cam­pestri.

È perciò che pedalare oltre tutto è piacevole: chi, come me, lo ha scoperto o riscoperto, ne diventa convinto asser­tore, anche per i simpatici incontri con tanti altri anziani pedalatori che arran­cano sudati, ma felici, per le campagne.

E sono tutti i muscoli ad essere in funzione.

Quelli degli arti inferiori, anzitutto, con il risultato di migliorare il ritorno venosa (profilassi delle varici). Quelli della schiena e delle braccia, specie sulla bicicletta da corsa e nei percorsi in salita e discesa. Quelli respiratori, muscoli «dimenticati» nelle lunghe ore di ufficio.

Vi è poi l'effetto di attivazione del ri­cambio: colesterolo, trigliceridi, acido urico possono tutti diminuire per effetto di questa sana attività fisica, a condi­zione però che i 20 chilometri (o anche più) percorsi non siano l'alibi per pranzi pantagruelici.

Precauzioni? L'assenza di cardiopatie organiche e il buon senso di non preten­dere di svegliarsi campioni, magari solo perché si soncr montati cinque rapporti e due corone su un telaio in lega leggera.

«<l Messaggero», 13-3-1979

La bicicletta come svago e prevenzione degli acciacchi

PEDALARE PER STAR BENE

Isa Barzizza - la ricordate? - gonne al vento pedala in allegria. In sottofondo le note di «Bellezze in bicicletta». Gli anni '50. In bicicletta si va per necessità. L'auto realtà di pochi, sogno di molti. Poi il film della bella Isa esce dalla prima visione per finire nei circuiti mi­nori e con il film anche la bicicletta se ne va dalla scena. In un angolo della cantina a raccogliere polvere. Tutti in automobile. A rincorrerei, a superarci, a smettere di camminare. E chi si ricorda della bicicletta che pure ci ha tenuto compagnia e ci aveva fatto esaltare se­guendo le gesta di tanti campioni?

Improvvisamente arriva lo sceicco. Tutti a piedi, signori, la benzina è poca e va razionata. Dramma nazionale: come si può vivere senza l'automobile? Qual­cuno pensa al cavallo, qualche altro si mette le scarpette da ginnastica e si av­via, a piedi, in ufficio. I più vanno in cantina e rispolverano la cara, vecchia bicicletta.

E, grazie allo sceicco, la bicicletta in cantina non è più tornata. E forse non ci tornerà più. Perché si è scoperto che le due ruote danno allegria ma, soprat­tutto, tengono lontani gli acciacchi. Chiedetelo a quei signori - dai maglioni e dai cappelli di lana variopinta - che la domenica mattina superiamo - noi eterni pigri in auto - lungo le strade che si irraggiano dalla città. E i «ciclisti della domenica» risponderanno che da tempo hanno dimenticato anche il nu­mero di telefono del medico di famiglia. Pedalano in allegria e, cosa molto impor­tante, in salute. E così danno una mano a se stessi e la danno anche all'economia e al traffico (di questo passo usciremo a

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giorni alterni e non per mancanza di carburante ma perché le strade non ba­steranno per contenerci).

Andare in bicicletta, quindi, è un gran bene per la salute e per l'economia? Per le sorti delle casse sociali si, senza dub­bio. Per la salute bisogna essere un po' prudenti. Infatti occorre qualche accor­gimento prima di salire in sella e met­tersi a pedalare. Ci siamo rivolti agli esperti ed abbiamo raccolto un po' di consigli che ora «giriamo».

Innanzi tutto è opportuna una visita medica per accertare che l'organismo non «perda colpi». Una ascoltatina del

cuore e il controllo della «pressione». È quasi sufficiente. Poi un po' di atten­zione. Non bisogna partire come se si fosse dei Baronchelli o dei Moser. Anche i campioni hanno bisogno di un graduale allenamento prima della stagione agoni­stica e, a maggior ragione, un dilettante della domenica deve prepararsi gradual­mente. Pochi chilometri un giorno, qual­che altro in più la settimana successiva. E poi attenzione alle salite. Non si perde certo la reputazione a scendere dalla bi­cicletta quando la strada sale.

Luciano Ragno, in «il Messaggero», 13-3-1979

Catania. La lava scende su un fronte di cento metri Chiusi un albergo e due rifugi (uno danneggiato)

L'Etna mette di nuovo paura CATANIA - L'Etna questa volta è

stato di parola: dopo una settimana di accesi brontolii, di minuscoli e insistenti terremoti, di sbuffi improvvisi di fumo non ha poi lasciato perdere tutto, come molto spesso accade, ma ai segni pre­monitori caratteristici ha fatto puntual­mente seguire l'eruzione. La lava è co­minciata a sgorgare, alle 8,30 di ieri mattina, da un'ampia fenditura apertasi circa novecento metri al di sotto della vetta, in località Montagnola, sul ver­sante del vulcano, affacciato a sud, verso l'abitato di Catania. Alle ore 14 si apriva, poi, una seconda fenditura, scar­samente alimentata, a quota 1900. Nel tardo pomeriggio la lava aveva già una lunghezza di cinquecento metri, un fronte di cento e scorreva molto lenta­mente parallela ad un. impianto di skilift e, più distante, ai piloni della cabinovia che conduce fin quasi alla vetta, a quota 3274. In serata uno dei piloni dello ski­lift è stato poi accartocciato dal calore.

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Durante la notte anche due piloni delle cabinovie hanno subito analoga sorte.

La prefettura di Catania, in via pre­cauzionale, dopo consultazioni con la Protezione civile a Roma, e con gli isti­tuti universitari catanesi che studiano l'Etna, ha disposto la chiusura del grande albergo - numerosi turisti in questo periodo di vigilia pasquale hanno dovuto fare mal volentieri le valigie - e dei rifugi Sapienza e del Club alpino ita­liano; quest'ultimo ha subito lievi danni in seguito al ripetersi delle esplosioni sotterranee che, in superficie, acquistano la stessa valenza di piccoli terremoti. È stata anche chiusa al traffico la strada provinciale Mare-Neve, che unisce le spiagge dello Ionio al ghiacciaio sulla sommità del vulcano.

Secondo gli analisti dell'Istituto di Scienze della terra dell'Università di Ca­tania, al momento non si ravvisano peri­coli di sorta per le persone. La stessa fonte, tuttavia, ritiene che il fenomeno

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sia «rilevante» cioè non destinato ad esaurirsi nel giro di poche ore. È impos­sibile, tuttavia, fare previsioni sul de­corso dell'attività vulcanica, dal mo­mento che una delle peculiarità dell'Etna è costituita proprio dalla bizzarrìa dei suoi comportamenti.

Le non buone condizioni atmosferiche hanno reso difficile il sopralluogo effet­tuato da docenti e ricercatori dell'Isti­tuto di Scienze della terra. Attorno a quota 2500 vi sono estesi banchi di nubi che impediscono di fotografare, sia da terra che dall'elicottero. La parte termi­nale del cono vulcanico, più alto quasi di novecento metri, è invece libero da nuvole.

Gli ultimi rilevamenti - ancora in at­tesa di conferma - segnalano il nuovo

cratere ad una quota di 1350 metri, con andamento ellittico, esteso trecento me­tri nel punto più ampio. La consistenza della lava è vischiosa, elevatissima la temperatura, bassa la velocità di avan­zamento. Campioni di magma sono stati prelevati e le analisi di laboratorio con­tribuiranno a chiarire origine e portata del fenomeno.

L'ultima eruzione risale al 12 marzo del 1981, quando la colata, fuoriuscita anche allora da quota 2500 dell'Etna, raggiunse sul versante nord-est la perife­ria di Randazzo. In precedenza, il 12 settembre del 1979, un'esplosione al cra­tere centrale uccise nove turisti e ne ferì altri ventitrè.

Lucio Galluzzo, in <<Il Messaggero», 29-3-1983

Superate le polemiche, i tecnici hanno cominciato alle 23 le operazioni di caricamento dei fornelli con l'esplosivo

La dinamite contro il fuoco dell'Etna • La decisione dello scoppio per deviare la lava rinviata nella notte di ora in ora

ETNA - Alle 21 di ieri è stata presa la decisione definitiva: nella notte de­vono essere tutte «brillate» sull'Etna le cariche di dinamite. Le operazioni av­vengono con sequenze drammatiche. Alle 20 una nuova sbavatura è stata prontamente affrontata con violenti getti d'acqua: sugli argini del fiume di lava le guide alpine e i vulcanologi controllano i livelli del magma e le temperature. Gli uomini in casco bianco hanno attivato i circuiti di raffreddamento dei fornelli, contemporaneamente al controllo dei tubi di acciaio che sembrano troppo caldi perché l'esplosivo possa essere in­serito. La deflagrazione è fissata tra l'una e le 2,30 della notte.

L'Etna è un inferno. La sua attività aumenta di ora in ora. È stata ultimata la costruzione dei bunker con vetri anti­proiettili, tra eccezionali difficoltà di tra­sporto dei materiali. Alle bocche gli scienziati Aberstein e Ripamonti, con le loro équipes specialistiche, vivono mo­menti di terrore. La lava sembra quasi compiere balzi in alto, il canalone si re­stringe poi sembra improvvisamente al­largarsi. Dal tramonto, con i colori del rosso-viola mischiati ad un azzurro che a poco a poco diventa blù intenso, si passa al buio più profondo. Sono immagini surreali. Il ministro per la protezione ci­vile Loris Fortuna e il prefetto Abatelli comunque assicurano: «L'operazione

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sarà portata a termine, anche all'alba, a qualunque costo».

Le autopompe dei vigili del fuoco sono pronte e i tornanti del vulcano per­corsi da decine di fuoristrada. Ore che trascorrono nella polvere, con la gola ra­schiata dai gas tossici, anidride solfa­rosa, cloro e altri micidiali elementi. A dieci metri dal «punto zero» partono da un serbatoio due lunghe tubazioni per il trasporto di acqua che sarà utilizzata nel raffreddamento degli esplosivi. Sono le 22 e viene dato l'ordine di accelerare al massimo le operazioni.

Il più lungo dei 4 7 giorni di eruzione del vulcano è cominciato dopo una notte di fuoco ed è stato scandito da rinvii su rinvii che hanno spostato continuamente l'ora X del boato delle mine. Già dalla serata di gioveçlì il flusso del magma, alla fenditura che si trova a quota 2300, è aumentato in modo impressionante. Nel canale di scorrimento il livello è sa­lito paurosamente, al punto che vicino alla bocca la roccia fusa e incandescente ha superato i bordi. Per impedire che le sbavature invadessero il cantiere dell'o­perazione, tecnici e manovali sono stati impegnati a lungo, Alle sette del mattino dalla prefettura di Catania sono arrivate notizie tranquillizzanti: il cantiere non corre rischi, almeno per il momento; si cerca di anticipare al più presto possibile il momento dell'esplosione.

Due ore dopo, il ministro Fortuna ha dichiarato: «Una delle probabilità più consistenti è quella di compiere l'opera­zione alle 16. Lo consiglia la situazione d'emergenza che l'imprevedibilità della colata lavica ha creato nella nottata».

Fortuna ha aggiunto: «In ogni caso saranno gli scienziati e i tecnici a deci­dere sul posto». Pochi minuti dopo mez­zogiorno il «boato» è sembrato immi­nente: alcuni hanno sostenuto che sa­rebbe avvenuto alle 15 anziché alle 16. Poi, proprio a quell'ora, la prefettura di Catania ha previsto che il traboccamento della lava stava facendo saltare ogni previsione. L'appuntamento tra la lava e le bombe è stato di nuovo spostato, fino alle incertezze e all'ultima decisione presa nella notte.

Adriano Baglivo in «Corriere della Sera>>, 14-5-1983

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Dopo il parziale insuccesso dell'esperimento con la dinamite tentato l'altra notte

Si rinnova la sfida dell'uomo al vulcano

Gli scienziati sono all'opera per passare alla « fase due» della lotta contro l'Etna

CATANIA - Gli scienziati sono al­l' opera per far partire la «fase due» della lotta contro il vulcano. Si tenta di abbattere con mezzi meccanici quella parte di argine che l'esplosione non è riuscita a mandare in frantumi e che strozza notevolmente il deflusso della lava dal suo letto naturale e quello arti­ficiale costruito dall'uomo. I vulcanologi hanno calcolato che meno del dieci per cento del fluido incandescente lascia il torrente di fuoco _principale per gettarsi nella deviazione. E una quantità troppo esigua che non basta a fiaccare la por­tata della colata mettendo al riparo i paesi sottostanti da improvvise «digita­zioni». E infatti se n'è avuta una prova domenica notte quando un braccio di lava si è staccato dalla colata principale dirigendosi ad Oriente e interrompendo la strada che porta al rifugio Sapienza.

D'altra parte, ci fanno notare i vulca­nologi Letterio Villari e Franco Barberi, se non fosse stata realizzata la devia­zione, questa digitazione avrebbe rice-

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vuto maggiore alimento e avrebbe sicu­ramente raggiunto e forse distrutto il ri­fugio. Una dimostrazione in più, per gli scienziati, che i lavori per l'abbattimento del diaframma residuo devono conti­nuare fino a realizzare una soddisfacente deviazione del corso lavico.

Ieri abbiamo raggiunto i due vulca­nologi a quota duemilaquattrocento, nella zona in cui è stata realizzata la de­viazione. Stavano mettendo a punto il piano di interventi della «fase due» che è stato poi discusso, in tarda serata, nel corso di una riunione del Comitato scientifico per l'Etna.

Il diaframma residuo, a vederlo, sem­bra un ostacolo facilmente rimovibile: pochi metri cubi di roccia al fianco dei quali la lava, scendendo da monte, scorre rapida, poi incespica e, passando per la strettoia che la immette nel canale artificiale, rallenta in modo esasperante il suo corso. Qualunque pala meccanica potrebbe abbattere l'ostacolo in breve tempo, ma una volta buttato giù la ca­scata incandescente investirebbe gli ope­rai e quindi c'è da attuare un intervento che offra le massime garanzie di sicu­rezza. Un lavoro meccanico prolungato a ridosso della biforcazione, inoltre, è con­tinuamente ostacolato dalla direzione del vento che talvolta riversa addosso esala­zioni irrespirabili di anidride solforosa; e dallo stesso irraggiamento termico che sottopone gli uomini a insopportabili vampate di calore.

Il professar Barberi si muove in que­sto paesaggio infernale senza esitazioni, come San Lorenzo sui carboni ardenti: conosce le piste transitabili, rassicura, e ci invita a seguirlo per illustrarci la suc­cessione degli interventi della «fase due».

«Preliminarmente bisognerà mettere al riparo il versante orientale dal pericolo di nuove tracimazioni della lava. Ciò viene fatto fin da oggi bloccando con le ruspe la sbavatura orientale (che si trova sul versante opposto rispetto a quello in cui è stato costruito il canale artificiale) e costruendo degli argini con riporti di materiale. Quindi si affronterà il pro­blema della rimozione del diaframma re­siduo. Su un pendio più elevato rispetto al diaframma stesso si ricaverà con le

ruspe una piazzola sulla quale mettere in opera i mezzi meccanici: probabilmente un braccio snodato recante all'estremità una sfera d'acciaio - dello stesso tipo di quelli impiegati per le opere di demo­lizione - e con questo attrezzo si ten­terà di abbattere il muro di roccia. Per facilitare la demolizione le ruspe do­vranno prima scalzare il diaframma alla base, liberandolo della terra e dei massi che si sono accumulati dopo l' esplo­sione».

Un intervento aggiuntivo che avrebbe lo scopo di favorire la deviazione della lava nel canale artificiale, spiega ancora Barberi, potrebbe consistere nello spa­rare getti d'acqua nella sponda del fiume di lava opposta a quella in cui si trova il diaframma da far saltare.

Ciò determinerebbe un raffredda­mento della lava, un ispessimento della parete, e quindi una tendenza del flusso a prendere la via desiderata dai vulca­nologi.

E passiamo all'argomento più deli­cato: l'eventuale impiego degli esplosivi. Domenica sera nel corso di un incontro con il ministro Loris Fortuna, il respon­sabile della Protezione civile si è detto contrario ad un immediato ricorso alle mine: «Sarebbe meglio che gli ulteriori ritocchi per dare alimento alla deriva­zione venissero fatti con i mezzi mecca­nici, ha detto il ministro». Villari e Bar­beri non hanno opposizioni di principio a fare nuovamente uso della dinamite nel caso che gli interventi meccanici do­vessero presentare troppe difficoltà. «Forse la soluzione più rapida - ci hanno dichiarato ieri i due vulcanologi - sarebbe quella di sparare un colpo di mortaio contro il diaframma. Ma gli esperti della Difesa escludono l'attua­zione di un tiro al bersaglio del genere».

«Anch'io ritengo che la soluzione più veloce sarebbe questa - ha aggiunto François Le Guern, un vulcanologo del Consiglio delle ricerche francese che ac­compagnava i due studiosi nel saprai­luogo alle bocche eruttive -; a mio pa­rere sarebbe sufficiente fare salire quassù un mezzo cingolato dell'esercito e sparare alcune cannonate contro la pa­rete di roccia da abbattere».

Ma, a parte ogni diversità o sfumatura

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di opinioni sulle procedure di questi nuovi tentativi per allontanare dai paesi il pericolo della colata, quasi tutti sono d'accordo che la lotta dell'uomo contro il vulcano deve continuare. I dati scien­tifici infatti indicano che la colata prose­gue senza dare segni di stanchezza. L'at­tuale ritmo di effusione della lava misu­rato alle bocche è di circa tre metri al secondo e si mantiene abbastanza co­stante. Complessivamente il vulcano ha eruttato in cinquanta giorni di attività qualcosa come quarantacinque milioni di metri cubi di lava: una cifra imponente che tuttavia è inferiore ai settantotto mi­lioni di metri cubi di lava emessi durante i sessantanove giorni della colata del 1971.

L'Etna inten~e superare il suo prece­dente exploit? E possibile prevedere per quanti giorni ancora il vulcano conti­nuerà a restare in attività?

«Non ci sono elementi che ci possano fare formulare previsioni di questo tipo», risponde il vulcanologo Romolo Romano: «Possiamo solo affermare che non vi sono sintomi di cedimento. Quanto alla durata dell'eruzione, essa potrebbe ancora proseguire per setti­mane o esaurirsi nel giro di qualche giorno». Questo è il limite della vulca­nologia moderna, che ha compiuto tanti progressi nella ricostruzione storico­geologica dell'evoluzione di un vulcano, o nella conoscenza delle caratteristiche geochimiche del magma, ma che ancora poco ci può dire dei meccanismi fisici che scatenano e alimentano un'eruzione. La Terra, per molti aspetti, è ancora una scatola chiusa.

Franco Foresta Martin, in <<Corriere della Sera», 16-5-1983

ANTARTIDE/UN CONTINENTE PER IL FUTURO

Febbre di ghiaccio Al Polo Sud c'è di tutto: oro, petrolio, carbone, acqua, risorse energetiche ine­stimabili. Fino a oggi un trattato ne ha vietato lo sfruttamento. Ma nel 1991 sca­drà, ed è già iniziata la gara per accaparrarsi queste ricchezze. Anche l'Italia vuole partecipare.

C'è chi lo vede come un enorme frigo­rifero per conservare le scorte alimen­tari. Chi lo considera soprattutto una grande cisterna di acqua dolce. Chi in­vece un laboratorio naturale per svolgere ricerche scientifiche ad altissimo livello. Ma su una cosa sono tutti d'accordo: l'Antartide (il continente che occupa il Polo Sud della Terra, quasi 14 milioni di chilometri quadrati, pari a una volta e mezzo l'Europa, al 98 per cento coperti di ghiaccio) è l'ultimo, inesauribile ser­batoio di risorse minerarie ed energeti­che a disposizione dell'uomo; un im­menso Fort Knox di riserve per il futuro.

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Una serie di ragioni più che sufficienti per far scoppiare la febbre antartica: una corsa che vede in gara non solo Paesi industrializzati come Stati Uniti, Unione Sovietica, Gran Bretagna e Ger­mania (i tedeschi hanno varato una nave rompighiaccio da l 00 miliardi), ma an­che l'India, che ha appena concluso la sua prima spedizione polare del costo di tre miliardi, e la Cina, che ne ha annun­ciata una per l' '85.

L'episodio più preoccupante e cruento di una gara che prima si era sempre mantenuta nei limiti di una pacifica competizione, è stato il conflitto scop-

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piato tra Inghilterra e Argentina per il possesso delle isole Falkland, una delle poche porte verso l'Antartide.

Premio finale della grande corsa: una fetta più o meno consistente di quella che molti chiamano ironicamente «la torta gelata».

«L'unica speranza di partecipare alle decisioni finali è infatti quella di mettersi in luce, dimostrando di avere autentico interesse per l'Antartide e di avervi svolto una qualificata e continua attività scientifica» spiega Carlo Stocchino, geo­fisico dell'Istituto idrografico della Ma­rina di Genova, che ha partecipato a tutte le cinque spedizioni italiane partite fino a oggi per il Polo Sud. «Solo così saremo ammessi nel gruppo consultivo, vicino a chi deciderà come spartire il te­soro contenuto nello scrigno antartico».

Quali e quante siano esattamente le risorse alimentari, minerarie ed energeti­che dell'Antartide, invece, non è ancora del tutto certo: la calotta di ghiaccio, che ha uno spessore medio di 2.500 me­tri e che lascia libero soltanto il due per­cento della superficie, ne ostacola infatti l'esplorazione, la scoperta e l'eventuale sfruttamento.

Il ghiaccio stess() (25 milioni di chi­lometri cubi) è anche la prima risorsa del continente. Studi sperimentali hanno dimostrato che sarebbe possibile trainare gli iceberg antartici fino alle coste delle regioni aride (e gli arabi hanno già pro­vato a farlo verso il Golfo Persico). Inol­tre, il « pack ice» contiene, concentrata come in un immenso serbatoio, il 90 per cento dell'acqua dolce di tutto il mondo.

Tra le risorse più facilmente sfruttabili del continente antartico ci sono ancora caccia e pesca, nonostante che foche e balene siano state sterminate indiscrimi­natamente per decenni a milioni di esemplari (per salvare alcune specie come la foca da pelliccia e la foca ele­fante ormai quasi completamente estinte ora finalmente la caccia è stata severa­mente regolamentata). L'interesse è pun­tato soprattuto sul Krill, un gamberetto planctonico della lunghezza di circa nove centimetri, ricco di proteine, pre­sente nei mari polari in quantità tali da far sperare in una pesca industriale. L'anno scorso ne sono stati pescati per

600 mila tonnellate, ma secondo la Fao se ne potrebbero raccogliere almeno 150 milioni di tonnellate all'anno, più del doppio di quanto ora si peschi in tutto il mondo.

Ma il vero, grande interrogativo sul­l' Antartide, a cui forse si darà una rispo­sta nei prossimi dieci anni, è la consi­stenza delle risorse minerarie. È certo che nel fondo del Pacifico sud-orientale, in particolare nella zona delle isole Falkland, si trovano- vasti giacimenti di vari metalli, con alta percentuale di manganese, presto sfruttabili. Sul terri­torio continentale sono stati scoperti sol­tanto due giacimenti: uno di ferro e uno di carbone. Questo anche perché, in ri­spetto al Trattato, le ricerche minerarie non vengono ammesse apertamente, ma svolte dai geologi durante le varie spedi­zioni scientifiche. In ogni rapporto sono anche indicati eventuali ritrovamenti di minerali utili: nichel, cromo, cobalto, piombo, zinco nella Catena Transantar­tica; ferro, uranio, titanio, rame, manga­nese nell'Antartide orientale; metalli preziosi nella penisola antartica. Uno studio compiuto dal servizio geologico degli Stati Uniti ha previsto l'esistenza di circa 300 giacimenti di ferro, 300 di me­talli di base, 160 di metalli preziosi e 160 di minerali non metallici.

Ma soprattutto, durante alcune perfo­razioni condotte a scopo scientifico nel Mare di Ross, sono stati trovati metano e petrolio. Una stima delle riserve parla di 45 miliardi di barili di petrolio e di 115 trilioni di piedi cubi di metano nella piattaforma al largo della banchisa di Amery.

«Forse tra dieci o venti anni» riflette Stacchino «l'esaurimento delle materie prime del pianeta, accompagnate all'a­vanzamento della tecnica, renderanno conveniente uno sfruttamento che adesso sembra improbabile. Anzi, può darsi che arriveremo al punto in cui il prelievo dai fondi oceanici e dal conti­nente antartico sarà per l'umanità una via obbligata».

A rendere estremamente difficile e co­stoso un eventuale sfruttamento delle ri­sorse, oltre alla estensione e impenetra­bilità della calotta e alla lontananza del­l' Antartide dalle terre abitate e dalla ci-

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viltà, sono le durissime condizioni clima­tiche, che le hanno meritato la fama di terra che non perdona.

«Sei mesi di notte perenne, il ghiaccio marino che blocca le coste: è possibile attraccare soltanto in pochi tratti e per qualche settimana all'anno, da novembre a gennaio» assicura Manzoni «Chi va in Antartide deve essere preparato a tutto, anche a rischiare la vita».

In alternativa alla nave, atterrano al Polo Sud gli aerei militari Hercules C130, dotati di enormi sci al posto delle ruote del carrello, in modo da poter scendere sulla pista di ghiaccio dell'ae­roporto Williams Field, vicino alla base americana di McMurdo, la più grande e importante del continente (può ospitare anche mille persone e ha fortissimi de­positi di carburante).

Le basi, quasi tutte sorte tra il '57 e il '58, in occasione dell'Anno Geofisico In­ternazionale, sono oggi circa 40, attive tutto l'anno e quindi anche durante la freddissima notte polare. La popolazione scientifica complessiva è di tre-quattro mila persone d'estate e 600 mila in in­verno.

Fino a qualche anno fa nessuna donna aveva mai messo piede sul continente antartico; ma ormai le esploratrici sbar­cate sono centinaia. Nel '78 l'Argentina vi ha addirittura mandato una donna a partorire, riconoscendo poi la naziona­lità del neonato, quasi a sancire la pro­pria sovranità su quello spicchio di con­tinente.

Vari sintomi dimostrano ormai chia­ramente che la lottizzazione è dietro l'angolo. Se ne è avuto preciso sentore all'ultima riunione dello Scar (Scientific commitee on antarctic research), il prin­cipale organo scientifico del Trattato, te­nuta nel luglio scorso a Leningrado. I membri del «Club dei 14», preoccupati per l'entrata in gara di molti nuovi con­correnti e soprattutto delle due potenze nucleari del Terzo Mondo, India e Cina, cercarono di non comunicare i dati e le informazioni più importanti. «L'osserva­tore indiano venne ammesso soltanto al­l'ultimo momento, dopo infiniti intoppi burocratici» ricorda Marcello Manzoni, inviato dall'Italia come osservatore. «Ma quel che è peggio è che il gruppo ri-

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stretto che si occupa delle risorse mine­rarie si è per la prima volta riunito a porte chiuse».

Le maggiori potenze illustrarono allo Scar i loro ultimi sforzi riguardanti l'An­tartide: dal sistema russo per rendere compatta la neve, a quelli usati dai tede­schi per costruire una base scavata nella neve, la nuova pista di atterraggio dei francesi, alla colossale nave rompighiac­cio tedesca che contiene un'isola di so­prawivenza della durata di un anno. Per l'intero equipaggio.

«Anche l'Italia, pur se con molto ri­tardo, sta cercando di mettere piede sta­bilmente in Antartide» assicura Guido Nicosia, consigliere del ministero degli Esteri che assieme a Italo Rocca, capo dell'Ufficio legislativo del ministero della Ricerca scientifica, ha messo a punto un disegno di legge per lo stanziamento di 130 miliardi da destinare nei prossimi dieci anni alla ricerca scientifica al Polo Sud. «Ci siamo resi conto che l'adesione pura e semplice al Trattato non avrebbe significato un granché, e che solo dando il via al più presto a un serio programma di ricerche potremo sperare di arrivare con gli altri al traguardo del 1991 ».

Condizioni essenziali per dare il via al programma sono però almeno la costru­zione di una base nazionale permanente (Stacchino e compagni, mandati in avanscoperta, hanno già individuato la zona più propizia nella Terra Vittoria, vicina alla base di McMurdo e alla Nuova Zelanda), e l'acquisto di una nave con le speciali attrezzature per na­vigare nei mari polari.

«Ed è un preventivo estremamente ri­sicato » precisa Stacchino. «Noi chie­diamo per dieci anni più o meno quello che gli Stati Uniti spendono in un anno. Nelle precedenti spedizioni ci siamo sempre appoggiati alle attrezzature logi­stiche della Nuova Zelanda, ma se vo­gliamo seriamente impegnarci in un pro­gramma, la prima condizione è essere autonomi».

Anche ltalo Rocca è convinto che il tempo stringe e che sia ormai urgente e indispensabile stanziare un fondo, creare un Istituto Polare con compiti di coordi­namento e organizzazione delle spedi­zioni, e dare il via a un progetto del Car.

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«Insomma mettere in piedi subito quelle strutture che ci permetteranno di lavo­rare intensamente nel breve tempo che ci resta prima del 1991 ».

Sperando che questa data non rappre­senti però per l'Antartide l'anno zero, e

che l'assalto selvaggio dell'uomo all'ul­tima spiaggia incontaminata del pianeta non ne rompa irrimediabilmente l'equi­librio ecologico.

Silvana Bevione, in <<Panorama», 2-5-1983

MEDICINA/l SORPRENDENTI RISULTATI DI UNA TERAPIA APPLICATA NEGLI STATI UNITI

Ridi, ridi che ti passa La impiegano negli

ospedali (a Los Angeles), nelle infermerie delle pri­gioni (a St. Louis, Mis­souri), nei gerontocomi (in California); la speri­mentano e insegnano nelle università; vi hanno dedi­cato un congresso medico internazionale a Washing­ton; le pubblicazioni che

Artriti. Allergie. ridere) dice di aver gua­rito una catatonica man­dandola al circo a vedere i clown.

Cefalee. Schizofrenia. Un gruppo

di medici americani ha scoperto L'origine di questa te­

rapia è assieme recentis­sima e antica: nei nostri tempi, se ne è parlato la prima volta tre anni fa, quando il direttore della

che si può guarire da molte malattie

nel modo più semplice e imprevedibile

ne trattano sulle riviste scientifiche si moltiplicano; un libro in due volumi (Handbook of Humor Research) uscirà a New York fra due mesi: è la «laughing therapy», ultima moda medica. Invece di piangere sui suoi mali, il malato deve ri­dere, sorridere, divertirsi: guarirà, oltre che delle depressioni, anche di molte malattie organiche.

Non si tratta cioè solo del ritorno a una psicoterapia elementare (uomo alle­gro il ciel l'aiuta): la risata è stata as­sunta da molti medici americani come un preciso farmaco, ora destinato anche all'esportazione. Anamnesi e diagnosi, poi ricettario e prescrizioni, alle dosi opportune: il dottor William Fry, della Stanford University, assegna film comici agli ipertesi, lo psicologo Paul McGhee (Texas Tech. University) consiglia i libri di Wodehouse per la cura delle allergie, all'università della Virginia il dottor Raymond Moody (autore di The Healing Powers of Humor, i poteri guaritori del

«Saturday Review» Nor­man Cousins documentò in un libro di essere guarito di una spondilite anchilo­sante (paralisi progressiva e morte, di­cono i testi, «tranne in un caso su 500») noleggiando i film degli assi della risata e proiettandoseli ogni sera (vedere «Eu­ropeo» 24/'80). La reazione ufficiale del mondo medico americano fu dura verso Cousins: aveva azzeccato quella proba­bilità su 500, dissero, oppure «ci era­vamo sbagliati nella diagnosi». Ma tre­mila medici degli Stati Uniti si compor­tarono diversamente: scrissero a Cousins per avere maggiori dettagli, si converti­rono poi per gradi (e altri con loro) alla « laughing therapy ».

Che, appunto, viene da lontano: Gesù rideva coi discepoli e condiva di battute discorsi e miracoli, secondo Simon Mago e i cristiani gnostici (quando la gnosi fu condannata per eresia si corresse l'im­magine di Cristo: senza sorriso, pensosa dei mali del mondo, presaga del Calva­rio). Umberto Eco nel suo Il nome della

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rosa dedica più pagine a un dibattito sul «Cristo ridente» tra frate Guglielmo e il venerabile forge.

Già per Aristotele ridere «potenzia l'individualità», per Kant «scarica ener­gie in tensione», Freud considerava il riso come «il piacere del gioco, un ri­torno all'infanzia», Hobbes e Bergson, che ambedue dedicarono al ridere un li­bro, sostengono che esso «corregge le imperfezioni ristabilendo equilibrio».

E come lo fa? Risponde Giuseppe Scornaienghi, otorino all'ospedale di Bu­sto Arsizio e dottore attento a molti aspetti della medicina psicosomatica: «Nella risata la respirazione si fa più profonda, ha luogo un'iperventilazione polmonare, l'ossigenazione aumenta, la circolazione del sangue accelera, mi­gliora la cenestesi (il senso di benes­sere)».

Per Fry ridere equivale «a un jogging da fermo: parte della muscolatura, spe­cie a livello toracico e degli arti supe­riori, alternativamente si esercita e si ri­lassa». Di qui l'impiego della risata per combattere i mal di schiena (con effetti analoghi a quelli di un massaggio), le emicranie (per la miglior circolazione del sangue a livello cerebrale), la tensione arteriosa troppo elevata (si riduce lo stress e il battito cardiaco tende a rallen­tare).

C'è un limite ai benefici, si capisce: si può anche ridere «da morirne». In que­sti casi, d'altronde rarissimi, spiega an­cora Scornaienghi, «è l'eccessiva conge­stione dei vasi che può sboccare nella patologia: uno ride fino a divenire pao­nazzo, l'iper-afflusso di sangue raggiunge anche il cervello, se si arriva a un esito letale è un'emorragia cerebrale a deter­minarlo».

Al di sotto del dramma, un eccesso di riso può produrre dolenza nei muscoli dell'addome, e il dottore non eccederà nelle dosi di riso a un cardiopatico. La medicina conosce poi un ridere patolo-

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gico nei portatori di difetti neurali e la risata ebete dello schizofrenico. Così pure, il depresso non ride mai.

Ride solo l'uomo? Sì, è la risposta dei medici. Ma va ricordata l'opinione op­posta di un acuto etologoveterinario, il milanese Lino Penati (scomparso recen­temente). «Che gli animali non ridano», diceva, «è un vecchio pregiudizio aristo­telico: il cavallo ride scoprendo i denti, il cane scodinzolando, il bovino metten­dosi di traverso, l'ostrica battendo in modo ritmico il guscio, l'uccello con una tonalità di canto particolare». I delfini sono famosi per i loro scherzi pieni di humour. Il riso è un modo di comuni­care, ed è dunque più frequente fra gli animali che vivono in branco: «Il gatto, animale solitario, ha scarse manifesta­zioni di allegria».

Il meccanismo di fondo secondo cui agisce la terapia della risata è ancora in parte sconosciuto. L'ipotesi più seguita è oggi che il riso stimoli il cervello a pro­durre catecolamine; questi ormoni pro­vocherebbero a loro volta il rilascio di quegli oppiacei naturali che sono le en­dorfine: di qui l'effetto sia analgesico che terapeutico della risata contro artriti, allergie, cefalee. Ridere incrementa poi, è l'opinione del fisiologo svizzero Rudolf Hiipscher, l'ormone della crescita.

La centrale del riso nel cervello è si­tuata (se esiste: la «mappa», si sa, è controversa) nell'emisfero destro, quello che sovrintende alle emozioni: lesioni in questo emisfero, si è sperimentato in Norvegia, rendono un individuo inca­pace di ridere. C'è un altro modo di ri­nunciare a ridere (qui non siamo più in medicina) ed è quello di far intervenire l'emisfero critico di sinistra del cervello per ragionare sul fenomeno e analiz­zarlo: chi seziona troppo lo humour perde il piàcere di gustarlo. Basta così, quindi.

Giuliano Ferrieri, in «Europeo>>, 23-4-1983

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METEOROLOGIA/LE RICERCHE SULLE GRANDI TEMPESTE

Voglio vederci chiaro , per tutti i fulmini

Perché una nuvola si carica di elettricità? Che cosa le fa raggiungere il potenziale di milioni di volt? In che modo si

scatena un superfulmine? Ecco le inaspettate risposte

Sulla pista della base aerea di Langley, in Virginia, c'è un aereo sempre pronto a decollare. È un caccia a reazione Con­vair F-1 06B adattato per compiti peri­colosissimi: i serbatoi di carburante sono corazzati, i comandi sono triplicati, in modo che se un sistema viene colpito ne restano sempre due validi per assicurare il successo della missione. Non è, però, un aereo da guerra, e porta le insegne civili della Nasa. La sua specialità, in­fatti, è la caccia ai fulmini.

Quando viene segnalato un temporale in un raggio di 500 miglia (800 chilome­tri), l'F-1 06B decolla immediatamente. «Il suo compito» spiega Joel Levine, fisico della Nasa, «è quello di entrare nella zona temporalesca alla velocità mi­nima, attraversare le turbolenze e le sca­riche elettriche e rientrare nuovamente da un'altra parte, per un totale di una ventina di passaggi». Speciali sensori elettronici informano il pilota sul punto in cui sta per scatenarsi un fulmine, e il pilota deve cercare proprio di essere colpito dalla colonna infuocata.

In questo modo piuttosto pericoloso è stato possibile capire con maggiore ap­prossimazione come nasce e come si comporta un fulmine, e quali sono i suoi effetti nell'atmosfera.

«Abbiamo scoperto», racconta Levine, «che il fulmine è al centro di complesse trasformazioni. Quando esplode, pro­duce diversi ossidi di azoto: una parte sale nella stratosfera e contribuisce a

diminuire la fascia di ozono; un'altra parte scende a terra, svolgendo effetti inquinanti ma anche combinandosi con altre sostanze e diventando alimento per le piante».

Levine si occupa di fulmini non solo terrestri, ma anche venusiani e gioviani. La sonda Voyager I ha infatti fotografato imponenti scariche elettriche nell' atmo­sfera di Venere e di Giove. Nel caso di Venere, dove le nubi sono composte non da vapor d'acqua ma da goccioline di acido solforico, il meccanismo dei ful­mini deve essere però completamente diverso da quello terrestre, e resta per il momento ignoto.

Un altro ricercatore americano, Edwin Kessler, ha recentemente pubblicato un lavoro molto vasto e completo sull'ar­gomento, in tre volumi, dal titolo Tem­pora(i: documentario sociale, scientifico, tecnologico. Kessler è forse l'uomo che ha osservato più fulmini di qualsiasi al­tro. Da vent'anni dirige il National Se­vere Storms Laboratory (Laboratorio nazionale delle grandi tempeste) a Nor­man, nell'Oklahoma. Nonostante il suo lavoro, o forse proprio a causa di esso, Kessler dice che la passione nazionale per la meteorologia è esagerata: « Pos­siamo prevedere il tempo con strumenti sofisticati, ma per proteggerei il miglior modo è tenere gli occhi aperti».

Secondo il ricercatore, la meteorologia e la previsione dei temporali non pos­sono infatti portare rimedi, il fenomeno

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delle tempeste è troppo vasto per poter essere affrontato dall'uomo. L'energia termica liberata da un grosso temporale può equivalere a quella di 3 50 bombe atomiche come quella di Hiroshima; un solo fulmine scarica in un istante l'equi­valente di 1.000 chilowattore, e una tempesta, se fosse misurata con un con­tatore di energia elettrica, costerebbe miliardi di lire.

Forse è proprio per questo senso di impotenza che l'uomo ha ritenuto in passato che il fulmine fosse un'arma di­vina (solo pensatori come Socrate o Lu­crezio Caro sospettarono che fosse un fenomeno atmosferico); e poi per molti secoli non vi ha dedicato grandi studi. Bisogna arrivare alla fine del '700 perché Benjamin Franklin comprenda quanto basta per inventare il parafulmine.

Oggi il quadro è decisamente più completo. «Anche se», avverte Kessler, «i fenomeni elettromagnetici non sono del tutto chiariti». Si sa che i fulmini si possono formare dovunque, non solo nelle formazioni temporalesche. «Ci sono fulmini nelle tempeste di sabbia», dice Kessler, «nelle nubi delle eruzioni vulcaniche, nel fungo delle esplosioni atomiche». Ma la situazione più comune è quella del temporale estivo.

In questo caso l'aria è umida e calda, l'atmosfera instabile. L'aria calda, sa­lendo, forma nuvole a sviluppo verticale che si caricano di elettricità: le particelle di segno positivo si dispongono nella parte superiore della nube, mentre quelle con carica negativa si concentrano nella base. A sua volta la terra sotto­stante presenta una carica elettrica posi­tiva. Tra il polo positivo terrestre e quello negativo della nube tutto è dun­que pronto perché si formi un «ponte» elettrico.

Ciò può avvenire solo se la differenza di potenziale, cioè la differenza di ten­sione elettrica tra i due poli, è molto grande. «La sola elettricità della nuvola non basta», dice James Follin, fisico del­l'università John Hopkins di Baltimora, nel Maryland. «La scarica del fulmine avviene quando la differenza di poten­ziale supera il mezzo milione di volt, e può arrivare anche a diversi milioni di volt ». Follin ha impiegato le attrezzature

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del Laboratorio di fisica applicata per studiare il fenomeno, ed è arrivato alla conclusione che la causa principale del fulmine sono i raggi cosmici.

«Le radiazioni cosmiche, penetrando nell'atmosfera, aggiungono elett;icità », dice Follin. «Così la nuvola puo assu­mere il tremendo potenziale che dà ori­gine alla scarica». Per altri ricercatori,

Al primo tuono, chiuditi in auto

l consigli per difendersi dalle folgori

Anche se il meccanismo esatto del fulmine non è del tutto chiaro, si sa che la scarica viene preceduta da una corrente che ionizza (cioè carica elet­tricamente) l'atmosfera, creando un canale nel quale avviene il passaggio di una enorme quantità di energia: milioni di volt.

Si sa inoltre che i fulmini colpi­scono di preferenza luoghi sopraele­vati oppure sporge.nze isola~e. o ap­puntite: alberi, torn, campamh, para­fulmini. La probabilità di essere col­piti da un fulmine durante una tem­porale è di una su un milione, ma per aumentare la sicurezza gli esperti for­niscono alcuni suggerimenti pratici.

Per prima cosa bisogna evitare i luoghi pericolosi. Ciò significa che è meglio starsene in casa, e a finestre chiuse. Chi si trova all'aperto do­vrebbe evitare di ripararsi sotto un albero isolato, o di restare vicino a elementi metallici (recinzioni, rotaie, veicoli, trattori, tralicci, o semplice­mente un fucile da caccia). Per contro l'automobile è un luogo molto sicuro perché grazie alle ruote gommate, è isolata' dal suolo, mentre gli effetti più devastanti sono quelli prodotti da un fulmine che passa attraverso un corpo per scaricarsi nel terre~o; i.n?l­tre il fatto di essere una specte dt m­volucro metallico chiuso fa dell'au­tomobile un guscio impenetrabil.e a scariche elettriche: lo stesso avvtene alle case in cemento armato, che sono avvolte da una fitta rete di tondini di ferro.

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invece, l'elettricità è generata dalla di­namica dei cristalli di ghiaccio all'in­terno della nuvola.

Il fulmine viene preceduto da scariche preliminari di bassa intensità che scen­dono dalla nube verso terra con moto discontinuo, creando una specie di ca­mino di aria ionizzata (cioè elettrizzata) in cui la scarica principale si incanala. Talvolta avviene il processo inverso e le scariche-pilota partono da una zona a terra e il fulmine segue la stessa strada, scagliandosi all'assalto della nuvola. Se­condo altri esperti, accade un fenomeno complesso che comincia con le scariche­pilota dalla nube al suolo, prosegue con una prima scarica nella stessa direzione e termina con una seconda saetta, molto più potente, che rifà il cammino alla ro­vescia: l'andata-ritorno del fulmine è istantanea, per cui non è normalmente possibile accorgersi di come avviene.

Contemporaneamente, il passaggio dell'elettricità fa elevare la temperatura fino a 20 mila gradi e il canale ionizzato «esplode» producendo il tuono. Questo può essere udito a 15 chilometri, ma può arrivare anche 4 volte più lontano.

I fulmini si presentano in varie forme, ramificate, sinuose, a rosario, ma la più strana è quella del fulmine globulare. Chiamato anche «fuoco di Sant'Elmo» dai marinai, che lo hanno visto librarsi in cima agli alberi delle navi, il fulmine globulare è raro ed elusivo. Molti meteo­rologi non credono nemmeno che esista. Edwin Kessler dice di non averne mai visti, ma ha raccolto diverse testimo­nianze oculari, comprese quelle di piloti che hanno osservato fulmini globulari alle estremità alari dei loro velivoli.

Ora, grazie ai satelliti meteorologici, è stato analizzato anche il « superfulmine », un fenomeno atmosferico cento volte più potente del fulmine normale (e da mille a un milione di volte più raro). Nella re­gione canadese di Terranova, un super­fulmine ha colpito BeH Island scuotendo le case in un raggio di l O chilometri e facendo emettere fiammate azzurre a tutte le prese di corrente. Un altro su­perfulmine ha abbattuto una torre radio nel Nuovo Messico. Altri «mostri» del genere sono stati avvistati in Giappone.

Come ci spiega il fisico Bernard Tur-

man, il superfulmine si verifica tra la parte superiore (e non la base) di una nube e il terreno, qualora quest'ultimo presenti una carica elettrica negativa. Il «ponte» di fuoco è tanto più potente quanto maggiore è la distanza percorsa.

Le ricerche di Edwin Kessler spiegano anche i fulmini a ciel sereno: questi si producono quando un temporale si è appena allontanato, come è accaduto nel 1978 su un campo di baseball dell'Iowa. Passata la tempesta, dal cielo ormai lim­pido scese un fulmine che colpì cinque giocatori; in realtà il fulmine venne da nuvole già lontane qualche chilometro.

Si calcola che sulla terra cadano 600 fulmini al secondo, 8 milioni e mezzo di folgori in 24 ore. I posti più colpiti sono Kampala in Uganda e l'isola di Giava, dove il cielo lampeggia 300 giorni l'anno. California, Islanda e Norvegia sono invece i paesi in cui i fulmini sono più rari. I luoghi sopraelevati sono i più colpiti: come il grattacelo Empire State Building di New Y ork, che subisce in media una ventina di scariche all'anno.

Nonostante la sua violenza, il fulmine uccide poco. Due terzi dei colpiti so­pravvivono alla paralisi momentanea del sistema nervoso, del cuore e del sistema respiratorio. Il colpito può sembrare morto, ma la respirazione artificiale e il massaggio cardiaco bastano quasi sem­pre a riportarlo alla vita: molte persone muoiono solo perché nessuno pensa a « risuscitarle » in questo modo.

Il fulmine può fare ben altro, come dimostra il caso di Edwin Robinson, che nel 1971 era diventato cieco e sordo in seguito a un incidente automobilistico. Robinson viveva ritirato in una casetta nella campagna del Maine quando, quat­tro anni fa, venne colpito da un fulmine. Riprendendo i sensi si accorse di aver ri­trovato sia la vista sia l'udito. Non solo: per un fenomeno inspiegabile il suo primo incidente gli aveva causato una totale caduta dei capelli: che, in seguito alla folgorazione, hanno ripreso a cre­scere. Da allora Robinson è stato stu­diato da molti medici per arrivare a sco­prire come il fulmine abbia compiuto il «miracolo».

Gino Gullace, in «Europeo>>, 23-4-1983

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Indice

Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. III

Parte prima - Letture con vocabolario minimo

l. In aula .................................................. Pag. 3 Esercizi, p. 3: a) Rispondere alle domande; b) Mettere le preposizioni; c) Completare secondo l'esempio.

2. Alla stazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 Esercizi, p. 5: a) Rispondere alle domande; b) Costruire le domande secondo l'e­sempio; c) Scegliere fra gli infiniti proposti per completare; d) Completare con le preposizioni; e) Completare secondo l'esempio; /) Completare con le preposizioni.

3. L'australiano e l'inglese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Esercizi, p. 7: a) Rispondere alle domande; b) Per completare, scegliere fra i nomi proposti.

4. Tra un plurale e l'altro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 Esercizi, p. 9: a) Rispondere alle domande; b) Completare con preposizioni e arti-coli.

5. Peter è uno studente tedesco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l O Esercizi, p. 10: a) Rispondere alle domande; b) Dal presente al passato; c) Dal ma­schile al femminile; d) Dal singolare al plurale; e) Costruire le domande secondo l'esempio.

6. La madre di Antonio .......................................... 12 Esercizi, p. 12: a) Rispondere alle domande; b) Mettere le preposizioni.

7. Tra il dire e il fare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 Esercizi, p. 14: a) Rispondere alle domande; b) Completare con le preposizioni; c) Mettere al futuro semplice o anteriore i verbi indicati; d) Mettere le frasi al pas-sato secondo l'esempio; e) Cambiare le frasi secondo l'esempio.

8. Due buoni amici .............................................. 16 Esercizi, p. l 7: Mettere al passato composto i verbi indicati.

9. «Mettere le mani avanti» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

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10. Fine delle lezioni.............................................. 17 Esercizi, p. 18: a) Rispondere alle domande; b) Per completare, scegliere fra i nomi proposti; c) Per completare, scegliere fra gli aggettivi proposti; d) Completare le frasi secondo l'esempio; e) Completare con le preposizioni; /) Per completare, co­niugare l'infinito proposto; g) Costruire le domande secondo l'esempio.

11. La padrona di casa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Esercizi, p. 24: a) Completare scegliendo fra le proposte; b) Completare scegliendo fra le proposte; c) Rispondere alle domande; d) Completare con le preposizioni.

12. Un grande amore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 Esercizi, p. 28: a) Rispondere alle domande; b) Completare le frasi; c) Completare con i pronomi; d) Completare con le preposizioni.

13. Il vestito per la festa .......................................... 30 Esercizi, p. 30: a) Completare con le parole di Luciano; b) Completare con le pa-role di Franco.

14. Una strana visita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 Esercizi, p. 32: a) Rispondere alle domande; b) Mettere al passato secondo l'esem-pio; c) Rispondere alle domande.

15. Lo studente che mi saluta sempre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 Esercizi, p. 33: a) Mettere al plurale secondo l'esempio; b) Rispondere a domande personali.

16. La partita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34 Esercizi, p. 35: a) Completare; b) Rispondere alle domande.

17. Cristoforo Colombo

18. Rustico (C. CANTÙ) Esercizi, p. 38: a) Rispondere alle domande; b) Indicare se la frase è vera o falsa.

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19. Mario e Luisa vanno al cinema ................................ 39 Esercizi, p. 39: a) Completare con le parole di Luisa; b) Completare con le parole di Mario; c) Rispondere alle domande.

20. «La lingua batte dove il dente duole» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 Esercizi, p. 41: Cercare altri proverbi.

21. Gian Lorenzo Bernini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

22. L'ospite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

23. Il mestiere del nonno ......................................... 42 Esercizi, p. 43: a) Indicare la risposta giusta fra quelle proposte; b) Usare in situa­zioni diverse alcune frasi; c) Cosa intende il nonno con l'espressione ...

24. La memoria di Dante ......................................... 45

25. Una gita al lago . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45 Esercizi, p. 45: a) Rispondere alle domande; b) Raccontare brevemente una gita; c) Mettere al tempo giusto i verbi proposti.

26. Non ho voglia di studiare Esercizi, p. 4 7: Completare.

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27. Una serata in casa ............................................ 47 Esercizi, p. 48: Mettere la punteggiatura.

28. Fichi e mele (dal Novellino) ................................... 48

29. Il mio primo amico in questa città . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 Esercizi, p. 49: a) Rispondere alle domande; b) Indicare se la frase è vera o falsa.

30. Luna Park . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50

31. Spettabile Ditta (lettera commerciale) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

32. Caro Nicola (lettera familiare) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51 Esercizi, p. 52: a) Una lettera alla tua famiglia; b) Una lettera ad un amico; c) Una lettera ad un tuo vecchio professore.

33. Gentile Signore (lettera formale) ................................ 52

34. Un giorno da zia Mimì (L. CAPUANA) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 Esercizi, p. 54: Costruire la conversazione tra Pasqualino e la mamma dopo l'avven-tura dalla zia Mimì.

35. Un musicista annoiato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54

36. «L'appetito viene mangiando» .................................. 55

37. L'appuntamento ............................................... 55 Esercizi, p. 55: Indicare la risposta giusta fra le tre proposte.

38. Carlo Goldoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56

39. Giuseppe Garibaldi ............................................ 57 Esercizi, p. 57: Completare le frasi.

40. Le lenzuola (F. SACCHETTI) ..................................... 58

41. Cantaci una canzone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58 Esercizi, p. 59: a) Cambiare nella forma di cortesia, secondo l'esempio; b) Cam­biare secondo l'esempio.

42. «(Non) fare i conti senza l'oste» ............................... 59

43. Un incontro difficile (C. GoLDONI) ............................. 59

44. La prova (dal Novellino) ...................................... 61

45. Il dolcino di Maruzzedda (L. CAPUANA) .. . .. .. . .. .. .. .. .. .. .. .. . 61 Esercizi, p. 62: Completare le frasi.

46. La toletta di Nittuzzu (L. CAPUANA) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63 Esercizi, p. 63: Completare le frasi.

4 7. Tra donne (C. GOLDONI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64

48. La vita fugge (F. PETRARCA) ................................... 66

49. Il senso delle parole (dal Novellino) ............................ 66

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50. L'arte di Mirandolina (C. GoLDONI) ............................ 67

51. Se io fossi fuoco (C. ANGIOLIERI) ............................... 70 Esercizi, p. 70: Completare.

52. Bellarmino e l'ordine (E. DE MARCHI) .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. 71 Esercizi, p. 71: Indicare la risposta giusta fra le tre proposte.

53. Bellarmino avvocato ........................................... 72 Esercizi, p. 74: a) Scegliere e coniugare il verbo adatto fra quelli proposti; b) Com­pletare.

54. Signor Agatone (lettera) ....................................... 75 Esercizi, p. 75: Completare con le congiunzioni o locuzioni congiuntive.

55. Demetrio vende l'orologio (E. DE MARCHI) ...................... 75

56. Il figlio del re e le donne (dal Novellino) ....................... 76 Esercizi, p. 76: Cambiare le parti indicate con altre di significato simile, secondo l'e­sempio.

57. La storia delle pecore (dal Novellino) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77

58. L'asino rubato (F. ANGELONI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77

59. Lo scrittore che non sapeva leggere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79

60. Il fumo e il suono (dal Novellino) ............................. 79 Esercizi, p. 79: a) Completare; b) Rispondere alle domande.

61. San Francesco d'Assisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80

62. Il Cantico delle Creature (S. FRANcEsco n'Assisi) ................ 81

63. Santa Chiara ................................................. 82

64. Come nasce Pinocchio (C. CoLLODI) ............................ 82 Esercizi, p. 83: a) Rispondere alle domande; b) Raccontare una storia ascoltata da bambino; c) Scrivere o inventare una storia.

65. La cena di Pinocchio (C. CoLLODI) ............................. 84

66. Pinocchio si brucia i piedi (C. CoLLODI) ........................ 85

6 7. Geppetto fa di nuovo i piedi a Pinocchio (C. CoLLODI) . . . . . . . . . . 85

68. Chiare, fresche e dolci acque (F. PETRARCA) ..................... 87

69. Il re e la contadina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88 Esercizi, p. 88: a) Rispondere alle domande; b) Raccontare brevemente seguendo le indicazioni.

70. Fra Galdino (A. MANZONI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89

71. Giuseppe Verdi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90

72. Enrico Fermi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90

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7 3. Don Abbondio e i «bravi» (A. MANZONI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91

74. Dal barbiere .................................................. 92

75. Diogene e Alessandro (dal Novellino) ........................... 93

76. Chichibio (G. BoccACCio) ...................................... 93

77. Dante Alighieri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94

78. Andreuccio da Perugia (F. BoccAccio) .......................... 95

79. Michelangelo Buonarroti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96

80. Galileo Galilei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97

81. Sangue romagnolo (E. DE AMICIS) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98

82. Due scarpe vecchie (E. DE MARCHI) ............................ 10 l

83. Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggero (G. LEo-PARDI) ....................................................... 103

84. Leonardo da Vinci ............................................ 105

85. La gara ...................................................... 105

86. Macco (A. CESARI) ............................................ 105

87. L'uovo di Colombo ........................................... 107

88. Dialogo della moda e della morte (G. LEOPARDI) ................ 108

89. In che modo i Principi debbono mantenere la fiducia (N. MACHIA-VELLI) ........................................................ 109

90. Attraverso l'Italia ............................................. 110

91. I partiti politici in Italia ....................................... 112

92. I sindacati in Italia ............................................ 113

93. Gli Italiani e lo sciopero ...................................... 113

94. Settentrionali e Meridionali .................................... 114

95. Il viaggio della speranza: la vita dell'emigrante .................. 115

96. La donna in Italia ............................................ 116

Parte seconda - Brani di autori contemporanei

97. La strada della felicità (A. PELLICANÒ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 119

98. Amore (C. CERATI) ............................................ 119

99. Chiamata internazionale (L. GoLDONI) .......................... 120

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100. Liberazione (D. BuzzATI) ...................................... 121

101. Prima liceo (G. BASSANI) ...................................... 122

102. Gli innamorati (A. PELLICANÒ) ................................. 122

103. All'aeroporto (M. SoLDATI) ..................................... 123

104. La pigrizia (N. GINZBURG) ..................................... 124

105. La signora Palmira (M. LA CAvA) .............................. 124

106. Mio padre (N. GINZBURG) ..................................... 125

107. n papà (A. PELLICANÒ) ........................................ 126

108. Il cacciatore (C. CASSOLA) ..................................... 127

109. Una ragazza da marito (P. CHIARA) ............................. 127

110. Severina (l. SILONE) ........................................... 128

111. n dottore fatto in casa (N. SALVALAGGIO) : . ..................... 130

112. La madre (F. CAMON) ......................................... 132

113. L'attesa (G. ARPINO) .......................................... 133

114. L'inglese (A. PELLICANÒ) ....................................... 133

115. Paola, mia sorella (N. GINZBURG) ............................... 134

116. L'Umbria (G. PIOVENE) ........................................ 134

117. Un'idea favolosa (L. DE FILIPPO) ............................... 135

118. La mia città (S. ZAvou) ...................................... 137

119. «Si parva licet » (C. PAVESE) ................................... 13 7

120. Al ristorante (A. MoRAVIA) .................................... 139

121. Valentino (N. GINZBURG) ...................................... 140

122. La mattina appresso ... (S. STRATI) .............................. 141

123. Il Po (S. ZAvou) ............................................. 142

124. Chiamatemi Ulisse ... (G. DE CHIARA) ........................... 143

125. La madre del ciabattino (S. STRATI) ............................ 145

126. La farfalletta (M. LA CAVA) .................................... 146

127. Se una notte d'inverno un viaggiatore ... (l. CALVINO) ............. 146

128. Angelica (G. TOMASI DI LAMPEDUSA) ............................ 14 7

129. E pensare che tra una settimana è Natale ... (F. ZARDI) ........... 148

130. La ciociara (A. MoRAVIA) ...................................... 150

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131. Se Serena fosse qui. .. (G. ARPINO) ............................. 150

132. Genoveffa e Emanuele (M. LA CAvA) ........................... 151

133. Una «felice» combinazione (B. CAGLI) .......................... 151

134. Elia (G. BASSANI) ............................................. 154

135. Ritorno (C. PAVESE) ........................................... 155

136. Arsenio (M. LA CAVA) ........................................ 155

137. Una vacanza (G. ARPINO) ...................................... 155

138. Micòl (G. BAssANI) ........................................... 156

139. Frante e Gattone (F. BoRDON) ................................. 156

140. Riflessioni (F. CAMON) ......................................... 161

141. Il dottor Giglio (M. LA CAVA) ................................. 162

142. La collina di Gaminella (C. PAVESE) ............................ 163

143. Il fuoco che si spegne (A. MoRAVIA) ........................... 163

144. Giuseppe (E. MoRANTE) ....................................... 164

145. La zappa nuova (S. STRATI) .................................... 164

Parte terza - Articoli da quotidiani e periodici italiani

Morire sognando un'isola per regno («La Nazione», G. RAGNEITI) . Pag. 169

La polizia arresta due giovani topi d'auto ( «11 Messaggero») ........... 170

Ma chi dice ancora «ti amo»? («Il Giorno», C. ALTEROCCA) ........... 171

Il lago Trasimeno (Proposta per una gestione delle acque e del suolo) . 172

Mangiare scomodo è spesso simpatico («Corriere della Sera», M. ALBERINI) 173

Movimento scacciaguai («Il Messaggero») ............................ 17 4

Pedalare per star bene («<l Messaggero», L. RAGNo) .................. 175

L'Etna mette di nuovo paura («Il Messaggero», L. GALLuzzo) ........ 176

La dinamite contro il fuoco dell'Etna («Corriere della Sera», A. BAGLIVO) 177

Si rinnova la sfida dell'uomo al vulcano («Corriere della Sera», F. FoRESTA MARTIN) ........................................ ,•~ ............. 178

Febbre di ghiaccio («Panorama», S. BEVIONE) ........................ 180

Ridi, ridi che ti passa («Europeo», G. FERRIERI) ...................... 183

Voglio vederci chiaro, per tutti i fulmini («Europeo», G. GuLLACE) .... 185

195

Page 200: Leggere Italiano

STAMPATO A FIRENZE

NEGLI STABILIMENTI TIPOLITOGRAFICI

«E. ARIANI» E «L'ARTE DELLA STAMPA»

DELLA S. P. A. ARMANDO PAOLETTI

LUGLIO 1983