LectioBrevis Colonna Pyrgi

42
1 Il pantheon degli Etruschi – “i più religiosi degli uomini” – alla luce delle scoperte di Pyrgi 1 . La conoscenza della religione degli Etruschi, e in particolare delle loro divinità, è rimasta a lungo circoscritta a quel poco che ne hanno tramandato gli autori antichi, in primo luogo latini. E’ ad essi infatti che risale il topos della religiosità degli Etruschi, bene espresso dalla definizione di Livio: gens . . . ante omnes alias eo magis dedita religionibus, quod excelleret arte colendi eas 2 , parafrasata dal titolo del colloquio internazionale tenuto sull’argomento a Parigi nel 1992: “Les Étrusques, les plus religieux des hommes” 3 . Un topos ribadito in chiave negativa in età tardoantica dai Padri della Chiesa nella loro polemica contro il politeismo pagano di cui gli Etruschi erano considerati, non a torto, i più temibili assertori, anche a causa del posto attribuito fin dal III sec. a.C. nella politica religiosa dello stato romano ai loro aruspici, discepoli di Tagete 4 . Al punto che quando i Goti di Alarico iniziarono ad assediare la città nel 408 d.C. gli aruspici etruschi proposero di provocare una tempesta di fulmini per metterli in fuga: offerta che solo la pretesa di compiere pubblicamente i loro riti indusse il papa del tempo, Innocenzo I, a far rifiutare 5 . Un quadro esauriente di quel che le fonti letterarie tramandano sul pantheon degli Etruschi è stato tracciato nel lontano 1828 da Karl Otfried Müller nel suo classico Die Etrusker, aggiornato cinquant’anni dopo da Wilhelm Deecke 6 . Questi aveva aggiunto di suo soprattutto le copiose testimonianze offerte dalle raffigurazioni e dalle didascalie degli specchi, raccolti nel frattempo da Eduard Gerhard nei suoi preziosi Etruskische Spiegel, iniziati ad apparire nel 1843: raffigurazioni quasi esclusivamente desunte dalla mitologia greca, che poco o nulla, da sole, potevano e possono insegnare su quelle che erano le divinità oggetto di culto in Etruria. Il fatto è che ancora all’epoca del Deecke nessun santuario etrusco 1 Dedico queste pagine alla cara memoria di Francesca Melis, in ricordo dell’impegno da lei profuso al mio fianco per più di vent’anni nella conduzione e nella pubblicazione degli scavi di Pyrgi, oltre che nella organizzazione della mostra di Arezzo sui santuari (di cui a nota 12). 2 LIV., V, 1, 6 (in occasione del comportamento scorretto tenuto dal re di Veio al Fanum Voltumnae nel 403 a.C.: cfr. van der MEER 2011, p.4). Livio segue non Lucrezio ma Cicerone e gli stoici nel giudizio positivo sulla religio, contrapposta alla superstitio (div. II, 148 sg.). Alla pari di Plinio il Giovane, che elogia Roma come una civitas religionibus dedita (pan. 74, 5). 3 Paris 1997. 4 Cfr. MAGGIANI 1984; CAPDEVILLE 1998, spec. pp.386, 417419; RAMELLI 2003, p.50 sgg.; HACK 2003. 5 ZOS. V, 41, 13. Cfr. RAMELLI 2003, p.149 sg., con bibl. 6 MÜLLERDEECKE 1877, II, pp.4281.

description

LectioBrevis Colonna Pyrgi

Transcript of LectioBrevis Colonna Pyrgi

Page 1: LectioBrevis Colonna Pyrgi

1  

Il pantheon degli Etruschi – “i più religiosi degli uomini” – 

alla luce delle scoperte di Pyrgi1. 

 

          La conoscenza della religione degli Etruschi, e in particolare delle loro divinità, è  rimasta  a  lungo  circoscritta  a  quel  poco  che  ne  hanno  tramandato  gli  autori antichi, in primo luogo latini. E’ ad essi infatti che risale il topos della religiosità degli Etruschi, bene espresso dalla definizione di Livio: gens . . . ante omnes alias eo magis dedita  religionibus,  quod  excelleret  arte  colendi  eas2,  parafrasata  dal  titolo  del colloquio internazionale tenuto sull’argomento a Parigi nel 1992: “Les Étrusques, les plus religieux des hommes”3. Un topos ribadito in chiave negativa in età tardo‐antica dai  Padri  della  Chiesa  nella  loro  polemica  contro  il  politeismo  pagano  di  cui  gli Etruschi erano  considerati, non a  torto,  i più  temibili assertori, anche a  causa del posto attribuito fin dal III sec. a.C. nella politica religiosa dello stato romano ai  loro aruspici,  discepoli  di  Tagete4. Al  punto  che  quando  i Goti  di Alarico  iniziarono  ad assediare  la  città  nel  408  d.C.  gli  aruspici  etruschi  proposero  di  provocare  una tempesta  di  fulmini  per metterli  in  fuga:  offerta  che  solo  la  pretesa  di  compiere pubblicamente i loro riti indusse il papa del tempo, Innocenzo I,  a far rifiutare5. 

          Un quadro esauriente di quel che le fonti letterarie tramandano sul pantheon degli  Etruschi  è  stato  tracciato  nel  lontano  1828  da  Karl  Otfried Müller  nel  suo classico  Die  Etrusker,  aggiornato  cinquant’anni  dopo  da Wilhelm  Deecke6. Questi aveva  aggiunto  di  suo  soprattutto  le  copiose  testimonianze  offerte  dalle raffigurazioni  e  dalle  didascalie  degli  specchi,  raccolti  nel  frattempo  da  Eduard Gerhard  nei  suoi  preziosi  Etruskische  Spiegel,  iniziati  ad  apparire  nel  1843: raffigurazioni quasi esclusivamente desunte dalla mitologia greca, che poco o nulla, da  sole, potevano  e possono  insegnare  su quelle  che  erano  le divinità oggetto di culto  in Etruria. Il fatto è che ancora all’epoca del Deecke nessun santuario etrusco 

                                                            1 Dedico queste pagine alla cara memoria di Francesca Melis, in ricordo  dell’impegno da lei profuso al mio fianco per più di vent’anni nella conduzione e nella pubblicazione degli scavi di Pyrgi, oltre che nella organizzazione della mostra di Arezzo sui santuari (di cui a nota 12).  2 LIV.,  V, 1, 6 (in occasione del comportamento scorretto tenuto dal re di Veio al Fanum Voltumnae nel 403 a.C.: cfr. van  der MEER  2011,  p.4).  Livio  segue  non    Lucrezio ma  Cicerone  e  gli  stoici  nel  giudizio  positivo  sulla    religio, contrapposta  alla  superstitio  (div.  II,  148  sg.).  Alla  pari  di  Plinio  il  Giovane,  che    elogia  Roma  come  una  civitas religionibus dedita (pan. 74, 5).   3 Paris 1997. 4  Cfr. MAGGIANI 1984; CAPDEVILLE 1998, spec. pp.386, 417‐419;  RAMELLI  2003, p.50 sgg.; HACK 2003. 5 ZOS. V, 41, 1‐3. Cfr. RAMELLI 2003, p.149 sg., con bibl. 6 MÜLLER‐DEECKE  1877, II, pp.42‐81. 

Page 2: LectioBrevis Colonna Pyrgi

2  

era  stato  oggetto  di  scavi  non  occasionali:  basta  sfogliare,  per  rendersene  conto, quella sorta di Pausania che è per  l’Etruria  l’informatissimo  libro di George Dennis, The cities and cemeteries of Etruria, la cui seconda e ultima edizione, a prescindere dalle  ristampe,  risale al 1878. Di conseguenza  le  iscrizioni votive, nostra principale fonte  di  conoscenza  per  le  forme  e  i  destinatari  del  culto,  erano  allora  note  in quantità esigua: nel Corpus inscriptionum Italicarum del Fabretti, apparso nel 1867, ne  comparivano  poco  più  di  trenta,  tutte  riconducibili  a  trovamenti  sporadici, mentre  nella  recentissima  monografia  dedicata  alle  iscrizioni  sacre  da  Daniele Maras7, di cui già ho avuto occasione di parlare in questa sede, il loro numero arriva a trecento,  in gran parte provenienti da santuari fatti oggetto di appositi scavi. Col rinvenimento non solo di iscrizioni, ma anche di resti di templi e di altari, di depositi votivi e di fondazione, di donarii di ogni genere e  in particolare di testimonianze di coroplastica: un’arte questa che  in Etruria ha raggiunto vertici di perfezione, come ben sapevano gli Antichi, a cominciare da Varrone8.  

            Lo  scavo,  consapevole  e  programmato,  dei  santuari  è  iniziato  nell’Italia centrale solo negli ultimi due decenni dell’Ottocento, sull’onda delle grandi imprese promosse dalle nazioni europee in Grecia e in Asia Minore, a cominciare da Olimpia e da Delfi, e di quelle che anche  in  Italia   erano state avviate  in Sicilia e  in Magna Grecia, a opera specialmente di Paolo Orsi. Dopo i santuari di Falerii e di Satricum, la città  latina allora al margine delle paludi pontine,  indagati nel  tardo Ottocento, è stata la volta del santuario del Portonaccio a Veio, scavato a più riprese nella prima metà del Novecento dal Museo di Villa Giulia e più tardi (1939‐1952) dalla neonata Soprintendenza  all’Etruria  meridionale,  con  scoperte  memorabili  che  tutti conoscono:  basti  ricordare  l’Apollo  e  le  altre  insigni  testimonianze  di  statuaria arcaica  e  classica  in  terracotta9.  Sono  stati  quindi  esplorati,  tra  le  due  guerre mondiali,  il  santuario  del  Belvedere  a  Orvieto  e  quello  dell’Ara  della  Regina  a Tarquinia, finché nel 1957 non è iniziato lo scavo del santuario di Pyrgi, condotto in concessione  dalla  cattedra  di  Etruscologia  dell’Università  di  Roma,  oggi  “La Sapienza”, per  iniziativa del mio maestro Massimo Pallottino. Scavo cui ho avuto  il privilegio  di  partecipare  fin  dalle  prime  battute,  assumendone  la  direzione  sul campo  dal  1959,  e  che  è  durato  pressoché  ininterrottamente  fino  al  mio pensionamento nel 2008, senza che possa dirsi del tutto esaurito (il che dà la misura 

                                                            7 MARAS 2009. 8 Citato da PLIN., n.h., XXXV, 154, 157. Cfr. COLONNA  1981, p.56 sg. (COLONNA 2005, II,  I, p.898 sg.).  9 Dall’estate del  2011 finalmente esposte col dovuto risalto nel nuovo allestimento del Museo di Villa Giulia.  Da ultimi  COLONNA 2008;  BAGLIONE 2008 b. 

Page 3: LectioBrevis Colonna Pyrgi

3  

dell’impegno richiesto dallo scavo integrale di un grande santuario antico)10. Ed è su di esso e  in particolare sull’incremento della conoscenza del pantheon etrusco11 da esso  apportato.  che  intendo  soffermarmi,  senza  eccedere  dal  limitato  tempo disponibile.  Aggiungo  solo,  come  ulteriore  premessa,  che  lo  scavo  di  Pyrgi  può essere considerato il migliore esempio di quella “archeologia dei santuari”, di cui per l’Etruria un primo bilancio è stato tracciato nel 1985, nel quadro delle iniziative della Regione Toscana per il c.d. Anno degli Etruschi, con la mostra di Arezzo e il relativo, assai citato catalogo12. 

       Il santuario di Pyrgi si affaccia sul Tirreno a poco più di 50 km. a nord di Roma, presso  il  castello  di  S.Severa  (fig.1),  che  insiste  sul  sito  della  colonia  romana succedanea  del  porto  principale  dell’antica  Caere13.  Città  che  è  stata  la maggiore potenza  marittima  d’Etruria,  alleata  di  Cartagine  nella  cacciata  dei  Focei    dalla Corsica  al  tempo  della  battaglia  navale  del  mare  Sardo,  verso  il  540  a.C.14.  Il santuario adiacente all’abitato di Pyrgi è di fatto l’unico  d’Etruria che gli autori greci (o di  lingua greca)  ricordano, e questo a  causa dell’enorme  scalpore  suscitato dal suo saccheggio nel 384 a.C. da parte del tiranno di Siracusa Dionigi il Vecchio, che ne aveva  tratto  un  bottino  stimato,  nella  valutazione  più  alta,  in  1500  talenti15.  La fondazione del  santuario  era  fatta  risalire  agli  stessi mitici  Pelasgi  cui  si  ascriveva quella di Agylla, che era il nome con cui i Greci designavano Caere16. Gli scavi hanno rivelato che constava di due distinte aree sacre (fig.2), separate da un fosso‐canale deviato intorno al 270 a.C. per proteggere dalle alluvioni la colonia maritima di Pyrgi allora dedotta. Negli stessi anni   gli edifici sacri, danneggiati nel mal noto conflitto romano‐cerite  insorto  all’indomani  della  spedizione  di  Pirro  in  Italia,  furono smantellati,  seppellendone  con  cura  nei  pozzi  e  nelle  parti  avvallate  del  piano  di 

                                                            10  Le  ricerche degli ultimi  tre anni  sono  state  spostate  in direzione dell’abitato, a oltre 50 metri a N del  tempio A (AA.VV. 2011), con saggi anche a ridosso delle mura poligonali della colonia.  11 Per lo stato delle conoscenze al riguardo si rinvia a PFIFFIG 1975, pp.231‐360; SIMON 1984; TORELLI 2000, pp.275 sg., 280‐284;  CAMPOREALE  2004, p.145 sg.; SIMON 2006; MAGGIANI 2012, p.405 sg.    12 Arezzo 1985 (i  contributi introduttivi alle singole sezioni anche in COLONNA 2005, III, pp.1939‐1978, con l’aggiunta delle tavv.I‐II e della carta dei santuari esposta nella mostra a fig.31: sull’importanza dell’evento cfr. MAGGIANI 2012, p.398). Un parziale aggiornamento   è ora  fornito da   de GRUMMOND, EDLUND‐BERRY 2011  (con ampia bibliografia alle  pp.143‐165).  L’ultimo  dei  grandi  templi  venuti  alla  luce  è  quello  urbano  di  Tina  a  Marzabotto  (su  cui  ora SASSATELLI 2011).  Per il mondo italico, e specialmente per il Sannio: STEK 2009.   13 Sulla città da ultimo COLONNA 2010 b (con errate didascalie redazionali alle figg.10‐11). 14 Battaglia svoltasi verosimilmente al largo di Olbia (COLONNA 2000, p.48) o nelle Bocche di Bonifacio, e non davanti a Pyrgi (come vorrebbe da ultimo ANTONELLI 2008, p.229). 15 Ps. ARISTOT., oecon. II, 1349 b, 33‐35; DIOD. SIC. XV, 14, 3‐4  (da Filisto secondo  SANDERS 1987, p.127 sg.); STRAB. V, 2, 8, C 226; AEL. , var. hist., I, 20; POLYAEN. strateg. V, 2, 21; SERV. DAN., Aen. X, 184. Sul gruzzolo di tetradrammi greci  di  V  sec.  a.C.  rinvenuto  nel  1961i:  COLONNA  1965  (=  COLONNA  2005,  IV,  pp.2153‐2160)  e  recentemente NICOLET‐PIERRE 2003, p.127 (con attribuzione poco credibile a “un soldat venant de Sicile”); CANTILENA 2008. 16 STRAB. , cit.  Cfr. BRIQUEL 1984, p.169 sgg. 

Page 4: LectioBrevis Colonna Pyrgi

4  

calpestio  gli  apparati  decorativi,  senza  che  il  culto  venisse  a  cessare  del  tutto.  In entrambe  le  aree  gli  edifici  più  antichi,  costruiti  su  due    leggeri  rialzi  della  piana costiera in gran parte artificiali, consistettero in modesti sacelli risalenti, a giudicare dalle poche terrecotte architettoniche rinvenute  in giacitura secondaria, nell’area a N del  fosso al 560  circa  (fig.3: 1)17, nell’area a S dello  stesso al 530  circa, quando vennero rinnovati anche i tetti dell’area a N (fig.3: 2‐3). Quest’ultima, più vicina allo stradone  collegante  dal  600  circa  l’insediamento  portuale  con  la  città18,  venne completamente  rimodellata  in  forme  monumentali  intorno  al  510  a.C.  Vennero allora costruiti sia  il tempio B – un periptero di circa 20 metri per 30 a cella unica, liberamente  ispirato  nella  pianta  a  modelli  magno‐greci  e  campani  ‐  che  i  suoi annessi (il recinto C a ridosso del tempio, la sequenza delle Venti Celle cogli altarini antistanti,  l’altare maggiore della piazza e un pozzo‐cisterna all’ingresso dell’area), racchiusi  l’uno e gli altri entro un peribolo interamente murato – un vero temenos ‐ cui si accedeva dal lato dello stradone attraverso un eccezionale ingresso a quattro fornici,  messo in luce nel 2005 (fig.4)19.  

         E’  questo  il  santuario  cui  si  riferiscono  le  tre  iscrizioni  incise  su  altrettante  lamine d’oro pressoché uguali per  forma e dimensioni,  rinvenute nel 1964,  su  cui esiste  ormai  una  sterminata  letteratura,  che  non  cessa  di  accrescersi  (fig.5)20. Lamine già affisse a uno stipite (postis) della  porta della cella del  tempio B, assieme a chiodi con testa bronzea rivestita di una lamina anch’essa d’oro in forma di bulla, per i quali s’impone il ritorno all’interpretazione iniziale come clavi annales21. Le due lamine affisse per prime costituiscono la bilingue etrusco‐fenicia da tempo famosa22, commemorante  la dedica del  tempio e dell’intero  temenos alla dea Uni, chiamata Astarte  nella  versione  semitica:  bilingue  peraltro   motivata  a  quanto  pare  più  da finalità  politico‐propagandistiche  che  da  reali  esigenze  di  comunicazione                                                             17 Le terrecotte più antiche appartengono al “tetto” 4‐12 di  WINTER 2009, pp.239, 249 sg., 289 sg., 292, datato al 550‐540 a.C.  in base al confronto, valido solo sul piano  iconografico, tra  il fregio di carri delle  lastre di rivestimento e  la scena di partenza  dell’anfora pontica eponima del Pittore di Anfiarao (che appare manifestamente più “antica”  delle altre figurazioni del vaso, su cui si basa  la datazione propostane da Ǎ.Ǎkerström).   La frequentazione dell’area sacra almeno  dal  600  circa  è  attestata  da  alcuni  frammenti  vascolari,  tra  i  quali  un’applique  di  bucchero  di  stile orientalizzante  (COLONNA  2002,    p.275,  fig.13)  e  un  frammento  attico  a  figure  nere  attribuito  al  Pittore  C  da E.Paribeni, che  ha riconosciuto in esso proprio il tema della partenza di Anfiarao e lo ha datato al 570 a.C. (Pyrgi 1970, p.425 sg., fig.332; COLONNA 2005, IV, p.2259, tav.XI c).  18 COLONNA 2005, IV, pp.2215‐2234. 19 COLONNA 2007 a, pp.9‐11, fig.2. 20 CIE 6314‐6316; ET Cr 4.4‐5. Tra i contributi più recenti è WIKANDER 2008. 21 Come ho di recente argomentato, abbandonando per le une e per gli altri la mia precedente ipotesi dell’affissione alle valvae della porta (COLONNA 2010 a, pp.276‐278, figg.2‐5). 22 Mi  limito  a  citare  i miei  contributi  sui  termini  lessicali  concernenti  il  tempio  e  il  santuario  (COLONNA  1991= COLONNA 2005, IV, pp.2271‐2289) e  sui riferimenti testuali  alla dea e al suo  culto (COLONNA 2002, pp.294‐298, con abbozzo di versione della lamina etrusca  a p.336).    

Page 5: LectioBrevis Colonna Pyrgi

5  

linguistica23. Autore della dedica è Thefarie Velianas, che nella versione semitica è detto  “re  su  Caere”  e    che  oggi  sappiamo  essere  stato  il  rampollo  di  una  gens aristocratica,  salito  al potere  con  l’appoggio di una  consorteria di homines novi24, oltre che col favore di Astarte, cui è sotteso quello dell’alleata Cartagine. La titolarità di Uni è confermata da tre ciotole del 500 circa a.C. su cui è stato dipinto prima della cottura il nome della dea al genitivo, appartenenti allo strumentario del culto (una a fig.6)25.  La  dea,  pur  rivelando  nel  nome  una  remota  ascendenza  falisco‐latina, occupa un posto di tutto rilievo nel pantheon etrusco, essendo la massima divinità di almeno  due,  se  non  tre,  delle  dodici  città  dell’Etruria:  Veio,  Perugia  e  forse Cortona26. Riceveva  inoltre un culto  importante anche a Caere, dove era venerata nel  cuore  dell’area  urbana,  nel  settore  della  Vigna  Parrocchiale  scavato  da R.Mengarelli: lo provano i numerosi pocola deorum di fine IV‐inizio III sec.a.C. (uno a fig.7)  e  alcune  olle  grezze  coeve  col  nome  di  Hera,  l’omologa  della  Iuno  latina, iscritto o fatto iscrivere in greco da chi era addetto al suo culto27. A Pyrgi la dea era invece assimilata ad Astarte, come lo furono Iuno e la stessa Era a Malta28 e Iuno in generale nel mondo punico, teste Sant’Agostino (Iuno sine dubitatione ab  illis [scil. Poenis] Astarte vocatur)29. Tuttavia l’introduzione della prostituzione sacra, indiziata dall’ala  delle Venti  Celle  con  l’antistante  allineamento  di  piccoli  altari30,  oltre  che dalla  citazione  dei  proverbiali  scorta  Pyrgensia  da  parte  del  poeta  Lucilio  e  dalla stessa,  abnorme  ricchezza  depredata  da  Dionisio  il  Vecchio31,  denota  piuttosto un’affinità con Afrodite,  la dea che a Cipro e a Erice era anch’essa  identificata con 

                                                            23  A  favore  di  una  motivazione  dell’intera  bilingue  di  ordine  religioso  e  insieme  “sociale”,  nel  senso  di  una legittimazione del potere di Thefarie,   è ora WIKANDER 2008. Per G.Garbini  l’oggetto del dono di Thefarie sarebbe stato “votato nel corso di una grande  festa etrusca e dedicato secondo una  liturgia etrusca”  (GARBINI 1993 a, p.81 sg.). Sempre attuali  le riflessioni metodiche dello studioso sui   casi di fittizio ricorso al bilinguismo (GARBINI 1993 b, p.170 sg.). 24 Grazie al  rinvenimento nella necropoli  cerite della  tomba a dado di un  Larice Veliinas  ‐  la Tomba delle  Iscrizioni Graffite  ‐,   nel quale con ogni probabilità è da riconoscere    il padre di Thefarie  (COLONNA 2006; COLONNA 2007 a, pp.11‐16; COLONNA 2010 a, p.284 sg.). Sulle consorterie nella Roma arcaica: FIORI 1999. 25 Pyrgi 1988‐1989, p.285, con bibl. (G.Colonna); BERNARDINI 2001, pp.119‐121, nn.10‐12;  MARAS 2009, p.360 sg. 26 COLONNA, MICHETTI 1997. 27 COLONNA 2004, pp.77‐81; GENTILI 2004. Un precedente di V secolo, dipinto col nome abbreviato di Dioniso, viene dal settore meridionale del santuario in corso di scavo da parte del C.N.R. (BELLELLI 2011).    28 Da ultima AMADASI GUZZO 2008. 29 Quaest. In Hept.  VII, 16. Anche nel santuario sardo di Cuccureddus di Villasimius sembra che al culto di  Astarte sia subentrato in età romana quello di  Iuno  (da ultima PUNZO 2010, p.83, con bibl.). 30 Incompatibili, assieme ai soggetti delle antefisse che  decoravano l’edificio, con la funzione di hestiatorion da alcuni attribuitagli. 31 COLONNA  1986, pp.59‐65, fig.1‐3. La citazione di Lucilio è in SERV. DAN., cit. ( nota 12).  

Page 6: LectioBrevis Colonna Pyrgi

6  

Astarte  e circondata da  ierodule32, e che nel santuario emporico greco‐orientale  di Gravisca era stata ben presto affiancata da Era, come a Samo e a Sparta33.  

         A differenza  tuttavia di Gravisca  il culto della Uni‐Astarte di Pyrgi  rientra, alla pari  di  quello  della Uni‐Era  di  Caere,  nella  categoria  dei  peregrina  sacra,  a Roma inseriti  nella  religione di  stato34, di  cui  l’esempio  più  antico  è offerto  dal  culto  di Cerere,  Liber  e  Libera,  introdotto  nel  496  a.C.  dalla Magna  Grecia  o  dalla  Sicilia greca35. Si  tratta di  sacra quae coluntur eodem more a quibus  sunt accepta, come scrive  Festo36,  facendo  ricorso,  teste  il  culto  della  triade  aventina  e  quello  della Magna Mater37, a un clero  fatto venire dagli  stessi paesi d’origine dei  sacra38. Nel caso di Pyrgi  è assai probabile l’arrivo di sacerdotesse da Erice, già allora epicentro internazionale del culto di Afrodite/Astarte  in Occidente39, nonché fedele alleata di Cartagine alla pari delle altre città degli Elimi40 e della stessa Caere. La loro presenza è di  fatto  fortemente  indiziata dalle  lucerne a conchiglia con becco aperto di  tipo punico  o  greco‐punico  in  uso  nel  santuario  maggiore,  con  la  massima concentrazione  nell’area  circostante  il  tempio  B41.  Ed  è  a  mio  avviso  lecito sospettare  che  l’iniziativa  della  versione  in  fenicio  della  dedica  del  santuario  sia 

                                                            32  LAMBRINOUDAKIS   2005, p.334  sg.; DE VIDO 2006, pp.152‐156; BONNET 2006, p.216;  LIETZ 2009: PUNZO 2010, pp.86‐88.  Sulla negazione da parte di studiosi specialmente anglosassoni  dell’istituto stesso della prostituzione sacra: COLONNA 2010 a, p.283, nota 45.  33 Da ultimi TORELLI 2004, p.125‐127;  BOITANI 2008, p.150; FIORINI, TORELLI 2010. 34 COLONNA 2010a, pp.281‐283. Cfr. già LE BONNIEC  1958, pp.383 sg., 387. 35 Probabilmente da Reggio o da   Messana erano venuti Damophilos e Gorgasos, autori dell’apparato decorativo del tempio (COLONNA 1982, pp.162‐167 = COLONNA 2005, I, pp.165‐168). Cfr. ZEVI 1999, pp.330 sg., 336 sg. Per Dioniso si può tuttavia pensare a un apporto cumano (BELLELLI 2011, p.108).  36 FEST. , p.268 L.; PAUL. ex FEST., p.269 L.   37 Cfr. RASMUSSEN 2003, pp.246‐249. 38 Gli argomenti a favore di un’introduzione  del rito greco nel culto della triade aventina non prima del III sec.a.C.  (LE BONNIEC  1958,  p.397  sgg.)  sono  stati  giustamente  ritenuti  “extremely week”  (CORNELL  1995,  p.263  sg.). Quanto all’ostracismo decretato nel 428 a.C. verso i culti stranieri (LIV. IV, 30, 9‐11; cfr. De CAZANOVE 1990, p.195, nota 89), il riferimento sarà a  forme di  religiosità  (misteriche ?) diverse dal culto della  triade, accolto  tra  i sacra publica più di sessant’anni prima, alla pari di quelli dei Dioscuri e di Apollo. Livio parla dell’invasione di una religio per lo più externa e di piacula non solo peregrina ma insolita (cfr. in proposito CATALANO 1965, pp.156‐158, 270‐280).    39 COLONNA 2002, p.305 sg.; LIETZ  2010. Sul culto della dea di Erice a Cagliari da ultima ANGIOLILLO 2009, a Roma da ultimo  LACAM  2010,  p.162.  È  verosimile  che  la  dea,  forte  del  “grande  prestigio  internazionale”  già  raggiunto  dal santuario, abbia “favorito in qualche modo l’insediamento dei Cartaginesi nella città” all’inizio del IV  secolo (GARBINI 2004, p.32).    40 COLONNA 2002, p.305  sg.; GARBINI  2004, pp.27‐29.  La  gravitazione  tirrenica degli  Elimi    e  il  ricordo di  antiche relazioni con  le coste dell’Italia centrale – basti pensare alla  leggenda di Enea  ‐   sono alla base della  tradizione che faceva dell’eponimo Elimo un  “re di Tirreni  trasferitosi  in Macedonia”  (STEPH. BYZ.,  s. v. Aiané). Cfr. MARAS 2011, p.52.   41 Passate praticamente inosservate nella letteratura, nonostante la loro ben documentata segnalazione nelle relazioni di scavo (alcuni riferimenti in COLONNA 2010 a, p.283 sg.,  nota 46).  Si noti che l’unica lucerna di età pre‐ellenistica di cui è ricordata la provenienza da Erice è di tipo punico (FAMÀ 2009, p.216, n.1), mentre tutte quelle  di età ellenistica sono di  tipo greco  (BISI 1969, p.37, n.137 sg.).  Di tipo greco sono anche la grande lucerna arcaica rinvenuta a Pyrgi nell’Area Sud del  santuario  (COLONNA 1992, p.68,fig.7) e quelle  rinvenute a Caere negli  scavi del C.N.R. alla Vigna Parrocchiale (Caere 4, 2003, nn.1357 e 1937)..  

Page 7: LectioBrevis Colonna Pyrgi

7  

dovuta proprio alle sacerdotesse della dea,   con  le evidenti  infedeltà di traduzione  dipendenti dal diverso background culturale42, e nel contempo con  la registrazione della forma orale, non mediata dalla scrittura, del nome di Thefarie Velianas43. 

         La  Uni  di  Pyrgi  ha  d’altra  parte  in  comune  con  la  Era  delle  colonie  achee d’Occidente, dalla Era  Lacinia di Crotone alla Era Argiva del Sele,  l’alleanza  invece che  l’ostilità  verso  Eracle/Hercle44.  L’eroe  occupa  infatti  un  posto  di  primo  piano nell’apparato figurativo del tempio B, culminante nell’acroterio posto al vertice della fronte  principale  che  lo mostra  al  fianco  della  dea  (fig.8),  con  indosso  corazza  e schinieri45,  oltre  alla  canonica  leonté:  evidente  riferimento  al  compimento  delle fatiche  e  all’apoteosi  così  meritata46.  E’  questa  in  un  certo  senso  la  prima enunciazione di un  tema  che, nella  versione  allegorica dell’allattamento di Hercle adulto  da  parte  della  dea  già  nemica,  ha  goduto  nel  IV‐III  sec.  di  una  notevole fortuna  in  Etruria,  a  giudicare  dalle  raffigurazioni  degli  specchi47.  La  dea  e  l’eroe ritornano nella serie di antefisse a figura intera delle 20 Celle, entrambi raffigurati in piedi su un’alta base in forma di altare nell’atto di trattenere per il collo una coppia di  cavalli  alati  (figg.9‐10)48:  probabile  allusione,    come    già  da me  sostenuto49,  al currus della dea e a quello col quale Hercle era assurto all’Olimpo, avendo al fianco Ebe, la figlia di Era divenuta sua sposa50. I due gruppi sono inseriti in una sequenza di                                                              42 Per cui i pulumχva, ossia le “bulle” del testo etrusco , equivalenti ai clavi annales della tradizione annalistica romana, sono diventati nel testo fenicio  le “stelle” (COLONNA 2010 a, p.277 sg.; van der MEER 2011, p.28), e  il titolare dello zilac seleita – probabile omologo del praetor maximus romano (MAGGIANI 1998, p.102 sgg.) – è diventato il “re”(mlχ). Per  l’adattamento al  lessico  fenicio dei  termini architettonici della donazione v. COLONNA 2005,  IV, pp.2276‐2288; COLONNA 2010 a, p.280.    43 Rivelata sia dalla  f  del prenome,  resa in fenicio con b, sottolineandone il valore di fricativa bilabiale, sia dalla resa del gentilizio Velianas  con wlnś invece che con *wlynś , rispecchiandone la pronuncia /ṷelīnas/. 44 COLONNA 2002, p.292. 45 Avuti in dono da Efesto (Ps. HES., scut., 122 sg.; DIOD. SIC. IV, 14, 2; APOLLOD.  II, 4, 11). 46 COLONNA 2002, pp.289‐292, fig.27 sg.  Ai comparanda per l’Eracle con la corazza (ibid., note 148, 150 e 151) sono da aggiungere alcuni vasi attici a f.n. con la fatica del leone nemeo (LIMC V, 1990, s.v. Herakles, nn.1783,1810 e 1832). Per  l’idria  ionico‐ceretana  su  cui  l’eroe e  Iolao  combattono  con  l’idra armati entrambi di  corazza e  schinieri v. ora BONAUDO 2004, p.103 sg., fig.60.  47 van der MEER 1995, pp.124‐130; COLONNA, MICHETTI 1997, p.169, nn.86‐89, tav.121; RASMUSSEN 2005. 48  Il   disegno dell’antefissa con  la dea sostituisce quelli editi  in Pyrgi 1970, fig.240, e  in Pyrgi   1988‐1989, fig.160 (  la dea vi compare già coi calcei), documentando lo stato attuale della sua ricostruzione. Il rinvenimento di un frammento con  le  gambe  della  dea  coperte  dal  chitone  fin  quasi  alle  caviglie  (inv.  di  scavo  78.  926) mi  ha  infatti  indotto  ad attribuire quelli mostranti    le ginocchia nude  (Pyrgi 1970,  fig.244, nn.5‐8) all’antefissa  con Eracle, di  cui  si offre  in questa occasione  il disegno rettificato (opera come  l’altro di Sergio Barberini). Spiace che nel frattempo Erika Simon abbia  creduto di  riconoscere nella dea, basandosi  sull’inesistente   veste  corta,   una Selene assimilata ad Artemide (SIMON 2007, p.54), e che Nancy de Grummond sia andata oltre su questa via, proponendo per  la   dea  il nome di Catha (de GRUMMOND 2008, p.425 sg.).     49 COLONNA 2002, pp.280‐282, note 110  e  112.  50 Come appare già su un’anfora cicladica (BOARDMAN 1998, p.111, fig.252.1), su un cratere orientalizzante da Samos (LIMC   V, cit. a nota 43, n.3330) e   su un aryballos   mesocorinzio da Vulci (ibid.  , n.3331, con fig.; CARPENTER 1991, p.134,  fig.233).  In età  tardo‐arcaica  il motivo compare   su   quella  raffinata opera  ionico‐ceretana che è  l’idria Ricci (CERCHIAI  1995, p.88 sg., tav.21: 3‐4) e  su   vasi attici a f.n. (LIMC  V, cit., nn.3293‐3295).  

Page 8: LectioBrevis Colonna Pyrgi

8  

figure alate di evidente carattere astrale, che conferiscono una dimensione cosmica all’apoteosi,  assimilandola  all’ascesa  del  sole  nel  firmamento.  Prive  tutte  di  un attendibile  confronto  iconografico  in ambito  sia etrusco  che greco,  sono poste  su una  semplice  base  a  due  gradini,  alta  la  metà  di  quella  dei  due  protagonisti. Rappresentano,  nella  sequenza  e  secondo  l’interpretazione  che  reputo  oggi  più attendibili: il Sole (Usil) al termine della corsa notturna sull’Oceano, circondato fino alle ginocchia da un alone di raggi di luce51; la Stella del mattino in forma di demone alato con testa di gallo52, avanzante nel cielo ancora oscuro grondando vistose gocce di brina (fig.11)53;  l’Aurora (Thesan) sorgente dalle onde con  le quattro ali spiegate (fig.12)54;  la  Luna  (Tiu)  che  si  allontana  portando  nelle mani  alzate  due  stelle  in forma di patere,   coperta dalla testa ai piedi, ali e stelle comprese, dal gran manto del cielo notturno (fig.13)55.   

               Non era tuttavia praticato nel santuario solo  il culto di una Uni  identificata con Astarte. Sul  lato opposto a quello prospiciente  le Venti Celle era addossato al tempio il recinto C (m.5,5 x 7)(fig.14), in una posizione  manifestamente subordinata ma  autonoma,  come  prova  il  pozzo  di  cui  era  dotato,  e  tale  che  chiunque  dalla piazza del  tempio si dirigeva verso dall’ingresso del  temenos si dirigeva alla piazza del  tempio e al grande altare, o viceversa, era obbligato ad attraversarlo  (fig.4)56. 

                                                            51  Iconografia  di  cui  è  stata  dimostrata  la  lontana  origine  neoassira  (KRAUSKOPF  1992,  pp.1269‐1271).  Il  dio  è altrimenti raffigurato in Etruria con il disco solare alato di tradizione egiziana sulla testa (anfora a f.n. nel commercio antiquario:  SCHAUENBURG 1992, p.340  sg.,  tav.73: 2).  Sui motivi  egittizzanti nell’Etruria  arcaica  v. ora  SANNIBALE 2007.    52  Phosphoros per i Greci, Lucifer per i Romani. Ne ignoriamo il nome etrusco. 53 Cfr. i versi di Ovidio, in cui a Lucifero sono associati la brina e il canto del gallo: iamque pruinosos moliter Lucifer axes /  inque  suum miseros  excitat ales opus  (am.  I, 6, 65  sg.). Cfr. RIPA 1593, p.80  sg.  (il  “Crepuscolo della mattina”  è raffigurato  con  “un’urna  rivolta  all’ingiù  versando  con  essa minutissime  goccioline  d’acqua”  e  con  “per  l’aria  una rondinella”, giusta Dante, Purg. IX,  13‐15). Anche in questo caso è stata convincentemente dimostrata la  derivazione iconografica da  un prototipo neo‐assiro: il demone a testa di grifo  aspergente d’acqua l’albero della vita o la persona del re (KRAUSKOPF 1992, pp.1271‐1276; SIMON 1993, pp.421‐423; KRAUSKOPF 2009, p.151 sg., n.37). Il disegno di fig 11,  opera  di  S.Barberini,  nel  numero  e  nella  disposizione  delle  gocce  è  basato  sulla  policromia  dell’esemplare conservato in parte nel Museo di Villa Giulia e in parte nella Ny‐Carlsberg Glyptotek (COLONNA 2002, p.280, nota 108, fig.18 sg.; CHRISTIANSEN, WINTER 2010, p.90, n.40).   54 Per le quattro ali cfr. alcuni  specchi (LIMC III, 1986, s. Thesan,  nn.24, 37), anfore del Gruppo della Tolfa (GAULTIER 1995, E 730 e 731, tavv.27 e 29)  e un’idria ceretana (BONAUDO 2004, p.84 sgg., fig.44). 55  Il disegno mostra  l’antefissa senza  la precedente  integrazione del busto e della testa, peraltro assai probabile. Un buon confronto, a prescindere dall’attributo del mantello, è offerto dalle antefisse campane col busto di una ninfa (?) che  solleva due  rosette,  in una  sorta  di divina  epifania,  avendone  una  terza,  concava,  sulla  testa  (REUSSER  1980; JUCKER   1981). Riconoscibili con  sicurezza come astri  sono  i globi  lampeggianti che compaiono nelle mani del Sole nascente su uno specchio a Minneapolis e su un anello da Aleria  (rispettivamente  in CSE, U.S.A., 1, 1987, p.45 sg., n.26; SIMON 1984, p.156). Su un’anfora del Gruppo della Tolfa a Ginevra (RIZZO  1987, pp.163, 306, n.117) compaiono in una faccia Thesan che rapisce un giovanetto tra due alberelli, nell’altra una figura femminile ammantata che corre verso uno scoglio,  sollevando nelle mani alzate due patere: potrebbe trattarsi anche in questo caso della Luna, con  lo scoglio alludente alle isole galleggianti dell’Oceano.              56 COLONNA 2007 a, p.10 sg., figg‐2‐3. 

Page 9: LectioBrevis Colonna Pyrgi

9  

Servivano allo scopo  I suoi due  ingressi contrapposti   (fig.15), che ne facevano una sorta  di  ianus  geminus,  del  tipo  antichissimo  che  a  Roma  era  servito  di modello all’Ara Pacis Augustae57.    Il  recinto era  riservato  al  culto delle divinità patrie,  che nemmeno  il  tiranno Thefarie poteva permettersi di  ignorare  (e che  i  frequentatori del santuario a quanto pare erano tenuti a onorare). Lo deduciamo da una tabella bronzea ad esso sicuramente  riferibile,  rinvenuta anch’essa nel 1964 ma  in minuti frammenti, pazientemente ricomposti dall’Istituto Centrale del Restauro (fig.16). La lunga  iscrizione  etrusca  così  recuperata,  coeva delle  lamine d’oro ma di  tutt’altra forma e contenuto, consiste in una sorta di preghiera di stile e fonetica arcaizzante, quasi una  litania del genere del carmen Saliare  romano,  in cui  ricorrono  i nomi di due sole divinità, Tina e Uni58. Il dio è invocato con una sequela di epiteti non altrove attestati, tra i quali  spicca Atalena, che  lo pone sul piano dei maiores,  intesi anche in senso gerarchico59, mentre la dea riceve solo l’epiteto Chia, lo stesso col quale era venerata  a  Caere  alla  Vigna  Parrocchiale,  anteriormente  alla  menzionata assimilazione con Era60. Di fatto due erano gli altari presenti all’interno del recinto: quello  di  cui  rimane  in  parte  l’alzato  e  che  sotto  ogni  rispetto  appare  come  il principale,  per  la  sua  posizione  e  per  la  circostante  platea  lastricata  con  pozzo annesso,  spettava  con  ogni  probabilità  a  Tina.  Di  forma  cilindrica,  è  attraversato verticalmente da un condotto comunicante col sottosuolo  (fig.17), come si verifica più  volte  in  altari  di  area  volsiniese,  quasi  sempre  iscritti  col  nome  del  dio, attestandone  il  carattere  catactonio,  in  accordo  con  l’epiteto  Calusna  che  gli  è attribuito in età ellenistica nel santuario del Belvedere a Orvieto61.  

         Verso  il  470  a.C.,  quarant’anni  dopo  la  fondazione  del  tempio  B  e  dei  suoi annessi, quando da qualche tempo era venuto meno il “regno” del Velianas e la città era  tornata  sotto  il  governo  degli  aristoi,  il  santuario monumentale  conobbe  una nuova,  intensa  fase  edilizia.  Raddoppiata  la  superficie  del  temenos  (fig.18),  fu innalzato  il  tempio  A,  assai  più  imponente  dell’altro  (circa m.24  per  34,50)  e  di tipologia affatto diversa, “tuscanica” a tre celle, affiancato da un nuovo ingresso, che intercettò  lo  stradone  proveniente  dalla  città,  mentre  quello  a  quattro  porte  retrostante al tempio B veniva tamponato. E’ questo il tempio decorato sulla fronte 

                                                            57 TORELLI 1992, pp.30‐35. 58 COLONNA 2002, pp.298‐303,  fig.32. Cfr. MAGGIANI, RAFANELLI 2005, p.143, II A 11. 59 Su atta come  termine   di parentela e di rango, oltre che nome proprio “parlante”: da ultimo PROSDOCIMI 2009, p.105 sgg.   Sul suffisso –le, denotante appartenenza, analogamente al suffisso  latino –lo:  ibid., pp.84 sgg., 146 sgg.; COLONNA c.s. 1,  note 100, 127. 60 Sull’epiteto mi sono soffermato da  ultimo  in REE 2011,  n.68, p.315. 61 MARAS 2009, p.431 sg. 

Page 10: LectioBrevis Colonna Pyrgi

10  

posteriore, rivolta verso  la città, con tre altorilievi narranti  la saga dei Sette contro Tebe,  praticamente  contemporanei  alla  tragedia  di  Eschilo  dello  stesso  soggetto, rappresentata nel 467 a.C.  L’unico  che  si è potuto  ricomporre per  intero è quello  ormai  celebre narrante  le due  storie, abilmente  interrelate nella  composizione, di Capaneo fulminato da Zeus e di Tideo ferito a morte che assale alle spalle il caduto Melanippo per spaccargli  il cranio, mentre Atena  inorridita si allontana negando al suo protetto  il farmaco dell’immortalità (athanasia) ottenuto da Zeus (fig.19)62. Un esplicito messaggio  di  condanna,  in  chiave  epico‐mitistorica,  della  hybris  umana, impersonata  al massimo  grado  dai  tiranni63,  e  nello  stesso  tempo  un  richiamo  al dramma della  fragilità umana dinanzi alla morte. Sulla  fronte anteriore del  tempio era invece narrata, a giudicare dai pochi resti degli altorilievi messi in opera alla fine del V secolo in sostituzione di quelli originali, la battaglia tra i Greci e le Amazzoni, in cui  tornava  a primeggiare    la  figura di  Eracle64, ma  come  campione dei  valori del mondo  civilizzato,  cui  erano  estranee  le  Amazzoni,  invece  che  della  virtus individuale. Il rinvenimento di un’iscrizione etrusca su lamina bronzea, celebrante in tono  solenne  la dedica di una  statua di Thesan65,  la dea etrusca dell’Aurora di cui uno  specchio  ci  ha  restituito  l’immagine    accompagnata  dal  nome  (fig,20)66,  fa ritenere  che  sia  stata  attribuita  a  quella  dea  la  titolarità  del  nuovo  tempio,  cui l’iscrizione è contemporanea.  Il che non contrasta   con  l’interpretatio Graeca della dea di Pyrgi come Leucotea, al  tempo del  sacco  siracusano,  invece che come Eos, l’Aurora  greca,  sia  perché  questa,  a  differenza  dell’altra,  non  era  una  divinità  di culto67,  sia e  soprattutto perché era accaduto  lo  stesso nella Roma di Tarquinio  il Superbo,  discendente  del  corinzio Demarato,  nei  confronti  della Matuta  del  Foro Boario68.  L’accettazione da parte del  clero pyrgense  e delle  autorità  ceretane,  sul 

                                                            62 COLONNA 2002, pp.317‐325,  figg.35‐42, e da   ultimo COLONNA 2010  c  (scritto  che ha  illustrato  l’opera    in una raccolta di capolavori  dell’arte mondiale, edita da Thames & Hudson).  63 Quale era stato Thefarie e quale era allora il Dinomenide Ierone, venuto da Siracusa ad assalire alle spalle la flotta etrusca assediante Cuma  nel 474 a.C. 64 COLONNA 2002, p.325, fig.45.  65 SIMON 1984, fig. a p.163; COLONNA 2002, pp.329‐331, fig.48; MARAS 2009, pp.354‐356    (che segue  la datazione paleografica troppo alta di M.Cristofani).  66 COLONNA 1996 a, p.351, nota 10, fig.3 (= COLONNA 2005, IV, p.2339 sg.). 67 Sul culto di Leucotea da ultimo GIANGIULIO 2010, pp.63‐71 (su Pyrgi p.67 sg., note 18‐19).  68 A giudicare dall’acroterio del tempio arcaico di S.Omobono raffigurante   Leucotea abbracciata dal figlio Palemone (COLONNA 2002, p.327, nota 306, con bibl.; WINTER 2009, p.381 sg., fig.5.36).  L’acroterio  è  ora interpretato, in base ad alcune   più o meno sicure  integrazioni    (inattendibile quella del supposto  tirso dal retro completamente piatto), come la coppia di Dioniso e Arianna (MURA SOMMELLA 2011; WINTER  2011, p.65, fig.6). Mi domando se invece non debba vedersi  in esso, restando nell’ambito del mito tebano di    Ino/Leucotea,    l’apoteosi di Semele, sorella di  Ino e madre di Dioniso,  morta prima di dare alla luce il figlio, che da adulto sarebbe  sceso nell’Ade per resuscitarla (DIOD. SIC., IV, 25, 4; APOLLOD. III, 5, 3; cfr. LIMC VII, 1994, pp.722‐724, nn.19‐26; Suppl. 2009, p.449 sg., add. 5; COLONNA c.s. 2). Senza escludere che  l’apoteosi sia quella di    Ino, che era stata  la nutrice dell’orfano Dioniso, attirandosi per 

Page 11: LectioBrevis Colonna Pyrgi

11  

piano  mitico  e  iconografico,  dell’interpretazione  greca  di  Thesan  è  provata dall’altorilievo che verso  la metà del  IV secolo sostituì quello posto al sommo della facciata anteriore del tempio. Esso raffigura infatti l’accoglimento di Leucotea e del figlio  Palemone,  perseguitati  da  Era,  nel  santuario  di Uni,  grazie  all’intervento  di Eracle  (figg.21‐22)69:  un  aition  parallelo  a  quello,  narrato  da  Ovidio,  del  tempio romano  di Mater Matuta,  adiacente  all’antichissima  Ara Maxima  del  dio. Questi appare  sia  nel  santuario  di  Pyrgi  che  in  quello  romano  nel  ruolo  di  un  autentico numen  loci,  garante  dell’ospitalità  verso  lo  straniero,  tanto  più  se  in  veste  di supplice. Ruolo  confermato dal  rinvenimento,  sul  fondo del pozzo  in  cui era  stata riposta la statua di Eracle, di un simpulum con dedica a Farthan, ossia al Genius (loci)  o al “Progenitore”, quale verosimilmente il dio era considerato70. Quanto a Thesan e Leucotea,  il  loro  ingresso  nel  santuario  di  Pyrgi  e  la  loro  assimilazione  si  fonda sull’essere entrambe  figure  spiccatamente  salvifiche e  curotrofiche, amate perché assai più  vicine di Uni e di Era ai  comuni mortali e alle  loro ansie esistenziali71.  Il carattere  di  intermediarie  tra  la  condizione  umana  e  il mondo  degli  dèi  spiega  il favore  loro accordato  in un’età di crisi, prima degli  individui e poi della polis,   quali sono stati notoriamente il V e il IV secolo in Etruria, in concomitanza col diffondersi anche in Occidente del dionisismo e di altri culti misterici72.   

      Vengo da ultimo, e più brevemente, al santuario minore del grande complesso sacrale  di  Pyrgi,  l’Area  Sud,  scoperta  nel  1983  e  scavata  a  partire  dall’anno successivo,    è ormai  si può  dire  venuta per  intero  alla  luce73,  compresi  i  depositi votivi,  che  invece  mancano  ancora  all’appello  nel  santuario  maggiore.  La pubblicazione  finale  dello  scavo,  dopo  le  molte  anticipazioni  che  ne  sono  state  date74,  è  in  corso di preparazione da parte di M.Paola Baglione, Barbara Belelli  e 

                                                                                                                                                                                                     questo l’ira di Era, causa delle sue sventure:  sarebbe questa  una variante arcaica  del mito, di ambito corinzio, non attestata dalle fonti letterarie giunte fino a noi.  69 Pyrgi 1988‐1989, p.33‐46, figg.26‐35; COLONNA 2002, pp.325‐327. 70 Pyrgi 1988‐1989, pp.121‐123, fig.96; COLONNA 2005, III, pp.1833‐1839.  71 COLONNA 2002, pp.332‐335. In quanto salvifiche, entrambe le dee erano in rapporto con la morte e con l’aldilà, per cui non meraviglia troppo che  Aurora, qualificata come Orci soror, sia invocata in una defixio di I sec. d.C. di recente scoperta come crudele persecutrice, con   un rovesciamento di ruolo di cui non mancano paralleli  in quel genere di testi   (BEVILACQUA 2009). Non escluderei del resto che abbia  influito al riguardo  il ricordo dei due terribili massacri subiti  nella  guerra marsica  dagli  eserciti  consolari  nel  90  e  nell’89  a.C.,  entrambi  nel  giorno  della  festa  di Mater Matuta, come non manca di rilevare Ovidio (fast. VI, 563‐566: cfr. COLONNA 2007 b, p.99; COLONNA 2007 c, p.23).    72 COLONNA 2002, p.332 sg. 73  A  parte  ovviamente  la  frangia  verso  mare,  distrutta  dall’erosione    e  invasa  dall’arenile,  sulla  quale  è  stata accumulata  la  terra di scarico  formando un’alta   duna artificiale, piantata a  lauri e oleandri,   a protezione dell’area scavata. 74  COLONNA  1986,  pp.69‐79;  COLONNA  1994  (=  COLONNA  2005,  IV,  pp.2291‐3336);  COLONNA  2002,  pp.266‐275; BAGLIONE 2004; COLONNA 2006, pp.132‐140, 148‐151;  BAGLIONE 2008 a; COLONNA 2009, pp.119‐126. 

Page 12: LectioBrevis Colonna Pyrgi

12  

mia, affiancati da una  squadra di valorosi  collaboratori75.  L’area  sacra non è  stata mai monumentalizzata né  recintata con un muro: si compone di alcuni sacelli e di molti  altari  (almeno  nove)  di  varia  tipologia  (fig.23).  Il  sacello  Beta,  che  è  il  più antico, risalente come detto al 530 a.C., era decorato sia da acroteri animalistici, di cui  i  quattro  angolari,  rinnovati    verso  il  500  a.C.  e  solo  in  parte  conservati, consistevano in un avantreno rampante di Acheloo,  sia da antefisse a testa di Ninfa senza  nimbo,  alludenti  rispettivamente  alla  ‘messa  in  sicurezza’  della  pianura costiera  contro  il  pericolo  delle  alluvioni,  ottenuta  con  la  realizzazione  del  fosso‐canale, e ai benefici dell’acqua dolce, ambita dai naviganti, sgorgante copiosa da una vicina  sorgente  ancora  attiva76.  L’area  era  consacrata,    come  attestano  le molte iscrizioni  votive  rinvenute  un  po’  dappertutto,  a  due  divinità  diverse  da  quelle dell’Area Nord e prima della scoperta dell’Area Sud assai poco conosciute: Śuri (non Śuris, come spesso si è scritto), chiamato anche Śur, e Cavatha (Fig.26)77. Si tratta di una coppia coniugale, i cui membri erano venerati separatamente nelle due celle del sacello Beta e insieme sia verso il 470 a.C. sul grande altare Lambda, come provano le  offerte  contenute  nel  deposito  di  fondazione  Kappa78,  sia  verso  il  450  a.C.  nel sacello Gamma, come  fanno pensare  i due altarini a cuppella affiancati all’interno dell’unica cella79. In entrambi i casi titolare della struttura sembra essere stato il dio, a giudicare dai ‘cippi’ di piombo a lui consacrati, come subito dirò, di cui molti erano sepolti  nel  basamento  dell’altare  Lambda  e  uno  infisso  nel  terreno  sul prolungamento  dell’asse  maggiore  del  sacello  Gamma80.  Tuttavia  è  indubbia  la preferenza accordata alla dea sul piano devozionale, eruibile dal maggior numero di offerte  e  di  iscrizioni  di  dedica,  a  cominciare  dal  ricco  deposito  Rho  suggellato intorno  al  500  a.C.81,  fino  ad  arrivare  al  sacello  Alpha  (fig.29),  edificato    in sostituzione  del  demolito  sacello    Beta  nel  corso  del  IV  sec.a.C.82,  di  cui  sembra essere stata l’unica titolare. 

                                                            75 Laura Ambrosini,  Claudia Carlucci, Luciana Drago, Maria D.Gentili, Lorella Maneschi e Laura Michetti.  76 COLONNA 2002, l.c. (per la sorgente anche p.260). 77 Sul dio: COLONNA 2009; MARAS 2009, passim; COLONNA  c.s. 2.  Sulla dea: MARAS 2009, pp.109,114; van der MEER  2011, pp.66 sg., 125 sg. 78 COLONNA 1996 b, pp.441‐443, tavv.LIII‐LV; COLONNA 2006, p.138;  BAGLIONE 2008 a, pp.311‐316. 79 Sul  sacello: COLONNA 1994, pp.72‐75  (= COLONNA 2005,  IV, pp.2300‐2305); COLONNA 2006, pp.140, 150  sg.  La  preminenza del dio è  confermata dal  vicino  altare Epsilon  che   ha preceduto  il  sacello e  che un piccolo  ‘cippo’ di piombo  fa  ritenere,  assieme  al  contenuto del  relativo  bothros  (COLONNA  1994,  figg.12‐14),    spettante  a  quel  dio   (COLONNA 2006, p.137 sg.).       80 COLONNA 2009, p.120. 81 Contenente 45 vasi greci: BAGLIONE 2008 a, pp.305, 310 sg., con bibl. 82 COLONNA 2006, p.151. 

Page 13: LectioBrevis Colonna Pyrgi

13  

        Mancano a Pyrgi immagini del dio, mentre per la dea disponiamo delle antefisse a  busto  femminile  del  sacello  Gamma  (Fig.25),  che  si  alternavano  ad  altre  con maschera di Gorgone alludenti probabilmente al signore dell’Ade83. Raffigurano una giovane donna  avente  sul  capo una  corona  liscia  e  ai  lati del  viso quattro  lunghe trecce serpeggianti per parte, annodate due a due a formare un motivo a ‘guilloche’  di sapore arcaizzante. La coppia divina è certamente  la stessa   che alla fine del V e nel  IV  secolo  compare  alla  Cannicella  di  Orvieto  (Fig.26),  sul  sarcofago  di  Torre S.Severo e nelle  tombe dipinte orvietane,  tarquiniesi e vulcenti  (Golini  I, Orco  II e Campanari)    nelle  vesti  di  Ade  e  Persefone,  accompagnata  dai  nomi  di  Aita  e Phersipnai,  assenti  nelle  iscrizioni  votive  e  in  generale  nelle  iscrizioni  riferibili  al culto. La dea reca sulla chioma in molte di queste raffigurazioni l’attributo infero dei serpenti,  cui  nelle  antefisse  di  Pyrgi  sembrano  alludere  le  trecce  annodate.  Tra  i molti epiteti che le sono attribuiti il più significativo è quello di śech, “figlia”: non del Sole, come generalmente s’intende, ma di Vei,  la Demetra etrusca (che a sua volta sotto  il  nome  di  Esti  riceve  l’appellativo  di  ati  in  un’iscrizione  d’ignota provenienza)84.  Il  che  tradisce  la  forte  ellenizzazione  del  culto,  confermata  dalle copiose offerte di ceramica attica, anche di forme normalmente non esportate quali gli epinetra,  e dai rituali di tipo demetriaco di cui la dea è fatta oggetto85.     

          Quanto a  Śur/Śuri,  il carattere  infero ne è denunciato già dal nome, che è di etimologia trasparente: significa infatti, nella forma base che è  Śur, “il Nero”, nella forma  derivata  Śuri,  “quello  del Nero”  o  “quello  che  è  nel Nero”,  come  credo  di avere recentemente dimostrato sulla scorta del gentilizio teoforico Surte di Perugia, reso  in  latino  come Nigidius86.  Il  “Nero”  in  senso  spaziale,  riferito  a  un  luogo,    è ovviamente l’Ade, l’Orcus latino. Coerentemente l’attributo specifico del dio sono in area volsiniese  i cippi di pietra vulcanica nera o bluastra o verde cupo, con o senza scolpito  un  fulmine  a  forma  di  saetta  (Fig.27)87,  a  Pyrgi  i  già  ricordati  ‘cippi’  di piombo, il metallo delle defixiones, a forma di lingotti parallelepipedi, sepolti sotto o presso  i suoi altari e   dietro  il   sacello Gamma, così come  il piombo  fuso versato a chiazze sul battuto pavimentale del piazzale Ovest88, mentre ai  fulmini alludono  le 

                                                            83 COLONNA 2006, p.150 sg. È probabile che al dio, signore dell’Ade, alludano  le antefisse a testa di Gorgone, che si alternavano a quelle col busto di donna.  84 REE 2003, pp.316‐318, n.26 (D.Maras), col mio commento  a p.334; COLONNA 2006, p.140; COLONNA 2009, p.104. Sull’iscrizione conto ri ritornare altrove. 85 BAGLIONE 2004; BAGLIONE 2008 a, pp.311, 316 sg. 86  COLONNA  2009,  pp.109‐113.  Sulla  tomba  perugina  dei  Sortes  v.  ora  NARDELLI  2010,  pp.107‐113.  Sul  dio: KRAUSKOPF 2009 e i cenni in van der MEER 2011, pp.44, 66 sg. 87 COLONNA 2009, pp.117‐120. 88 Ibid., pp.120‐123. Una chiazza di piombo segnava anche il centro dell’asse maggiore del sacello Beta.  

Page 14: LectioBrevis Colonna Pyrgi

14  

numerose  punte  di  freccia  o  di  giavellotto,  tutte  di  ferro,  disseminate  nel santuario89.  Di  fatto  l’unica  immagine  ascrivibile  al  dio  è  offerta  per  ora  da  due antefisse  sporadiche  di  Vulci  da  poco  rese  note,  che  ne  raffigurano  la  testa addirittura col fulmine tra  i denti (Fig.28)90. L’interpretatio Graeca di Śur/Śuri come Apollo, attestata per Pyrgi da Eliano e ripetuta per l’omologo falisco del dio, il Pater Soranus  del Monte  Soratte,  da  Virgilio  e  da  iscrizioni  votive  latine91,  si  fonda  su questo tipo di offerte, evocanti a occhi greci il dio arciere e punitore per eccellenza, oltre  che  sulla  capacità  oracolare  del  dio  etrusco,  comprovata  dal  ritrovamento nell’Area  Sud di  astragali e dalle  sortes della Cipollara e di Arezzo  iscritte  col  suo nome92  (e  forse,  non  da  ultimo  sull’assonanza  di  questo  con  l’epiteto  Sourios dell’Apollo  di  un  oracolo  licio,  quello  di  Sura,  celebre  per    l’ittiomanzia  che  vi  si praticava)93.  Confermano  il  carattere  catactonio  dei  culti  dell’Area  Sud  la  rara peculiarità  degli  altari  a  basso  cumulo  di  pietre  brute  (Zeta,  Iota),  uno  dei  quali situato anche all’interno del sacello Alpha (fig,29)94, e  il condotto verticale ipogeico che accompagna uno di essi, l’altare Iota (Fig.30), simile a quello di Tina dell’Area C del santuario monumentale (Figg.14, 17) e avvicinabile per la sua pietra di copertura al mundus romano del Comizio, sacro a Dis Pater e a Proserpina95. 

               L’Area  Sud,  consacrata  a  divinità  infere,  e  nel  contempo  aperta  alla frequentazione di  stranieri  ‐  come provano alcune dediche  in greco e da parte di greci  a  Kore  e  a Demetra96  ,  oltre  che  in  generale  il  regime  delle  offerte  ‐  evoca  l’Asylum romuleo del Campidoglio, che era sacro a Vediove (assimilato da  Dionigi a uno  Zeus  Catactonio,  ossia  a  Dis  Pater)97.  L’Asylum  capitolino  era  il  luogo dell’integrazione dello straniero nel corpo civico,  in un’età ancora di  forte mobilità etnica  e  interstatale.  L’Area  Sud  di  Pyrgi  fungeva  invece  probabilmente  da  tappa obbligata per chi, venendo dal mare, intendeva assicurarsi, prima di muovere verso la città, l’accoglienza da parte delle sue divinità più temibili, insediate nel seno  della terra  che  calpestava.  Una  situazione  non  dissimile  da  quella  del  rialzo  costiero, 

                                                            89 COLONNA 1994, pp.102‐105, figg.42‐44  (= COLONNA 2005, IV, pp.2325‐2329). 90 RICCIARDI 2006, pp.108 e 113, nota 43, fig.10.16; COLONNA c.s. 2. 91 COLONNA 1986, pp.74‐76; COLONNA 1994, pp.94‐98 (= COLONNA 2005, IV, pp.2319‐2324); COLONNA 1996 a, pp.354‐359 (= COLONNA 2005, IV, pp.2342‐2345). 92 Astragali: COLONNA 1994, p.101,fig.41 (= COLONNA 2005, IV, p.2325). Sortes iscritte: COLONNA 2009,p.107. 93 COLONNA 2009, p.125 sg.  Cfr. per Sura TORELLI 2011, p‐169 sgg. 94 COLONNA 1994, pp.75‐78 ( = COLONNA 2005, IV, pp.2305‐2308); COLONNA 2006, p.132 sg.  Il tipo è Ignorato nella rassegna in MENICHELLI  2010, pp.63, 70, alla pari degli altari a cuppelle. Confronti in Etruria se ne hanno nel santuario di Piana del Lago sulla sponda S del lago di Bolsena (D’ATRI  2006, p.176 sg., figg.5, 7, 9). 95 COLONNA 2004 b, p.307 sg., tav.XXXVIII sg.,  96 COLONNA 2004 a, pp.71‐73. 97 COLONNA 1996 a, pp.366‐368 (= COLONNA 2005, IV, pp.2349‐2351). 

Page 15: LectioBrevis Colonna Pyrgi

15  

affollato di altari e di statue votive, in cui Eschilo fa stazionare nelle Supplici  Danao e le  Danaidi  appena  sbarcati,  nell’attesa,  occupante  l’intera  tragedia,  dell’agognato permesso di recarsi ad Argo.  

          Molto altro ci sarebbe da dire sulle scoperte di Pyrgi, ma quanto detto basta, ritengo,  a  dar  la  misura  di  quanto  esse  abbiano  fatto  progredire  la  nostra conoscenza degli dèi degli Etruschi.                                           

GIOVANNI COLONNA  

 

Bibliografia 

AMADASI  GUZZO  M.G.  2008,  Il  santuario  di  Astarte  a  Malta  sulla  base  delle iscrizioni, in Saturnia Tellus, pp.377‐383. 

ANGIOLILLO  S.  2009,  Astarte/Venere  Ericina  a  Cagliari  …,  in  Studi  Sardi  XXXIV, pp.179‐200. 

ANTONELLI L. 2008, Traffici focei di età arcaica (Hespería 23), Roma.  

Arezzo  1985:  Santuari  d’Etruria,  cat.  della mostra  di Arezzo,  a  cura  di G.Colonna, Milano.  

AA.VV. 2011, Recenti indagini nel comprensorio archeologico di Pyrgi (2009‐2010), in ScAnt 16, 2010, pp.541‐560. 

BAGLIONE M.P. 2004,  Il  santuario  sud di Pyrgi,  in M.BENTZ‐C.REUSSER  (a cura di), Attische  Vasen  in  etruskischem  Kontext.  Funde  aus  Häusern  und  Heiligtürmen, Beihefte CVA Deutschland, II, München, pp.85‐106. 

BAGLIONE M.P. 2008 a, Esame del santuario meridionale di Pyrgi,  in Saturnia tellus (Atti  del  convegno  internaz.,  Roma,  10‐12  novembre  2004),  a  cura  di  X.Dupré Raventós, S.Ribichini, S.Verger, Roma, pp.301‐318. 

BAGLIONE M.P.  2008  b,  Il  santuario  dell’Apollo:  la  plastica  votiva  tarda,  in  Roma 2008, pp.65‐69. 

BELLELLI  V.  2011,  Un’iscrizione  greca  dipinta  e  i  culti  della  Vigna  Parrocchiale  a Caere, in StEtr LXXIV, pp.91‐124. 

BERNARDINI C. 2001, Il Gruppo Spurinas, Viterbo. 

Page 16: LectioBrevis Colonna Pyrgi

16  

BEVILACQUA G. 2009, Aurora, Orchi soror, in ParPass LXIV, 1, pp.47‐70.  

BISI A.M. 1969, Catalogo del materiale archeologico del Museo Civico A.Cordici di Erice, in Sicilia archeologica II, 8, pp.7‐43. 

BOARDMAN J. 1998, Early greek vase painting, London. 

BOITANI F. 2008, Gravisca. Profilo storico‐topografico, in Roma 2008, pp.148‐153. 

BONAUDO  R.  2004,  La  culla  di  Hermes.  Iconografia  e  immaginario  delle  hydriai ceretane, Roma. 

BONNET  C.  2006,  La  religione  fenicia  e  punica  in  Sicilia,  in  Ethne  e  religioni  nella Sicilia antica, pp.205‐216. 

BRIQUEL D. 1984, Les Pélasges en Italie. Recherches sur l’histoire de la légende (Bibl. Éc.Franç.Athènes et Rome, 252), Roma. 

Caere  4:  M.CRISTOFANI,  Vigna  Parrocchiale.  Scavi  1983‐1989.  Il  santuario,  la “residenza” e l’edificio ellittico, Roma 2003. 

CAMPOREALE G. 2004, Gli Etruschi. Storia e civiltà², Torino. 

CANTILENA R. 2008,  in Atene e  la Magna Grecia dall’età arcaica all’ellenismo  (Atti del XLVIII convegno di studi sulla Magna Grecia, Taranto 2007), Napoli, pp.519‐534. 

CAPDEVILLE G.  1998, Die  Rezeption  der  etruskischen Disziplin  durch  die  gelehrten Römern,  in  Die  Integration  der  Etrusker  und  das  Weiterwirken  etruskischen Kulturgutes im repuplikanischen und kaiserzeitlichen Rom, a cura di L.Aigner‐Foresti, Wien, pp.385‐419. 

CARPENTER T.H. 1991, Art and myth in ancient Greece, London. 

CATALANO P. 1965, Linee del sistema sovrannazionale romano, I, Roma. 

CERCHIAI L. 1995, Il programma figurativo dell’idria Ricci, in AntK  38, pp.81‐91. 

CHRISTIANSEN  J., WINTER N.A.  2010, Ny  Carlsberg Glyptotek:  catalogue  Etruria  I. Architectural terracottas and painted wall plaques, pinakes, v.625 ‐200 BC , Vojens. 

COLONNA G. 1965, Ripostiglio di monete greche dal santuario di Pyrgi, in Congresso internaz. di numismatica, Roma 1961, II, Atti, Roma, pp.167‐177.  

Page 17: LectioBrevis Colonna Pyrgi

17  

COLONNA G. 1981, Tarquinio Prisco e il tempio di Giove Capitolino,in ParPass XXXVI, pp.41‐59. 

COLONNA G. 1982, La Sicilia e  il Tirreno nel V e  IV secolo,  in ΚΩΚΑΛΟΣ XXVI‐XXVII, 1980‐1981, pp.157‐183. 

COLONNA G. 1986, Novità sui culti di Pyrgi, in RendPontAcc LVII, 1984‐1985, pp. 57‐88. 

COLONNA G. 1991, «Tempio» e «santuario» nel lessico delle lamine di Pyrgi, in ScAnt 3‐4, 1989‐1990, pp.197‐216. 

COLONNA G. 1994, Altari e sacelli. L’area sud di Pyrgi dopo otto anni di ricerche,  in RendPontAcc LXIV, 1991‐1992, pp. 63‐115. 

COLONNA G. 1996 a, L’Apollo di Pyrgi, in Magna Grecia Etruschi Fenici (Atti del XXXIII convegno di studi sulla Magna Grecia, Taranto, 8‐13 ottobre 1993), Napoli, pp.345‐375. 

COLONNA G.1996 b, Pyrgi, in StEtr LXI, 1995, pp.440‐445 (Scavi e scioperte, n.9). 

COLONNA  G.  2000,  I  Thyrrhenòi  e  la  battaglia  del  Mare  Sardonio,  in  μάχη.  La battaglia del Mare Sardonio, Cinisello Balsamo, pp.47‐56. 

COLONNA  G.  2002,  Il  santuario  di  Pyrgi  dalle  origini miti  storiche  agli  altorilievi frontonali dei Sette e di Leucotea, in Scienze dell’Antichità 10, 2000, pp.251‐336. 

COLONNA G. 2004 a, I Greci di Caere, in AnnMuseoFaina XI, pp.69‐91. 

COLONNA  G.  2004  b,  La  “disciplina”  etrusca  e  la  dottrina  della  città  fondata,  in StRom LII, pp.303‐311. 

COLONNA  G.  2005,  Italia  ante  Romanum  imperium.  Scritti  di  antichità  etrusche, italiche e romane (1958‐1998), I‐IV, Pisa‐Roma.  

COLONNA G. 2006, Sacred architecture and religion of the Etruscans, in The religion of the Etruscans, a cura di N.Thompson de Grummond, E.Simon, pp.132‐168.  

COLONNA G. 2007 a, Novità su Thefarie Velianas, in AnnMuseoFaina XIV, pp.9‐17. 

COLONNA  G.  2007  b,  Le  iscrizioni  di  Satricum,  in  Satricum.  Trenta  anni  di  scavi olandesi, a cura di M.Gnade, cat. della mostra di Le Ferriere, Amsterdam, pp.98 sg., 194‐196. 

Page 18: LectioBrevis Colonna Pyrgi

18  

COLONNA G. 2007  c, Dischi‐corazza e dischi di ornamento  femminile: due distinte classi di bronzi centro‐italici, in ArchCl LVIII, pp.3‐30.  

COLONNA G. 2008, L’officina veiente: Vulca e gli altri maestri di statuaria arcaica in terracotta, in Roma 2008, pp.53‐63.  

COLONNA G. 2009, L’Apollo di Pyrgi, Śur/Śuri  (il “Nero”) e  l’Apollo Sourios,  in StEtr LXXIII, pp.101‐134. 

COLONNA G.  2010  a, A  proposito  del  primo  trattato  romano‐cartaginese  (e  della donazione pyrgense ad Astarte), in AnnMuseoFaina XVII, pp.275‐296. 

COLONNA G. 2010 b, Cerveteri,  in Gli Etruschi delle città. Fonti,  ricerche e  scavi, a cura di S.Bruni, Milano, pp.182‐192. 

COLONNA G. 2010 c, The ‘Seven against Thebes’ relief, in Wath makes a masterpiece ?, Thames & Hudson, London, pp.34‐37. 

COLONNA  G.  c.s.  1,  I  nomi  degli  insediamenti  dell’Etruria meridionale  interna,  in L’Etruria  rupestre  dalla  protostoria  al  medioevo  (Atti  del  convegno,  Barbarano Romano‐Blera, 8‐10 ottobre 2010), a cura di S.Steingräber e F.Ceci, c.s. 

COLONNA G. c.s. 2, Ancora su Śur/Śuri. 1. L’epiteto *Eista (“il dio”). 2.L’attributo del fulmine, in StEtr  LXXV, 2012, c.s. 

CORNELL T. J. 1995, The beginnings of Rome, London‐New York.   

Corollari:  Corollari.  Scritti  di  antichità  etrusche  e  italiche  in  omaggio  all’opera  di Giovanni Colonna, a cura di D.F.Maras, Pisa‐Roma 2011. 

D’ATRI  V.  2006,  Aggiornamenti  dallo  scavo  del  santuario  di  Piana  del  Lago (Montefiascone – VT),  in Archeologia  in  Etruria meridionale  (Atti delle giornate di studio in ricordo di Mario Moretti, Civita Castellana, 14‐15 novembre 2003), a cura di M.Pandolfini Angeletti, Roma, pp.173‐177. 

de CAZANOVE O. 1990, Le sanctuaire de Cérès  jusqu’à  la deuxième sécession de  la plèbe,  in Crise  et  transformation des  sociétés archaīques de  l’Italie antique au V� siècle av. J.C. (Collection Éc.Franç.Rome, 137), Roma, pp.373‐399. 

de GRUMMOND N.T. 2008, Moon over Pyrgi: Catha, an Etruscan lunar goddess ?, in AJA 112, pp.419‐428. 

Page 19: LectioBrevis Colonna Pyrgi

19  

de GRUMMOND N.T., EDLUND‐BERRY I. 2011 (edd.), The archaeology of sanctuaries and rituals in Etruria (JRA suppl. series n.81), Portsmouth, RI. 

DE VIDO S. 2006, Gli Elimi, in Ethne e religioni nella Sicilia antica, pp.147‐179. 

ET: Etruskische Texte, editio minor, I‐II, a cura di H.Rix, Tübingen 1991.  

Ethne e religioni nella Sicilia antica (Atti del convegno, Palermo 6‐7 dicembre 2000), a cura di P.Anello, G.Martorana, R.Sammartano, Roma 2006. 

Etruschi. Una nuova immagine, a cura di M.Cristofani, Firenze 1984. 

FAMÀ  M.L.  (ed.)  2009,  Il  museo  regionale  “A.Pepoli”  di  Trapani.  Le  collezioni archeologiche, Bari. 

FIORI  R.  1999,  Sodales.  ‘Gefolgschaften’  e  diritto  di  associazione  in  Roma  arcaica (VIII‐V  sec.  a.C.),  in  Societas‐Ius. Munuscula  di  allievi  a  Feliciano  Serrao,  Napoli, pp.99‐158. 

FIORINI  L.,TORELLI M. 2010, Quarant’anni di  ricerche a Gravisca,  in  van der Meer 2010, pp.29‐49. 

GARBINI G. 1993 a, Culti fenici a Pyrgi, in Studi di egittologia e di antichità puniche, 11, 1992, pp.77‐85.   

GARBINI G. 1993 b, Aramaica, Roma. 

GARBINI G. 2004, Erice colonia cartaginese, in RendLinc,  s.IX, XV, pp.25‐32. 

GAULTIER Fr. 1995, Céramiques à figures noires d’Étrurie, CVA Louvre 24.  

GIANGIULIO M. 2010, Memorie coloniali (Hespería 27), Roma. 

HAACK M.L. 2003, Les haruspices dans le monde romain, Paris. 

JUCKER  H.  1981,  intervento  in  Die  Göttin  von  Pyrgi  (Akten  des  Kolloquiums, Tübingen, 16‐17 Januar 1979), Firenze, p.161 sg. 

KRAUSKOPF  I. 1992, Ex oriente Sol. Zu den orientalischen Würzeln der etruskischen Sonnenikonographie, in ArchCl XLIII, 1991, pp.1261‐1283. 

KRAUSKOPF  I. 2009, Daemones anonimi  (in Etruria),  in LIMC, Suppl. 2009, pp.151‐153. 

Page 20: LectioBrevis Colonna Pyrgi

20  

LACAM J.‐CL. 2010, Variations rituelles. Les pratiques religieuses en Italie centrale et méridionale  au  temps  de  la  deuxième  guerre  punique  (Coll.Éc.  Franç.de  Rome, n.430), Roma. 

LAMBRINOUDAKIS V. 2005, Consecration, foundation rites,  in ThesCRAI    III, pp.303‐346. 

LE BONNIEC H. 1958, Le culte de Cérès à Rome des origines à la fin de la République, Paris. 

LIETZ  B.  2009,  La  dea  di  Erice  ed  il  suo  rapporto  con  la  prostituzione  sacra,  in Materiali per Populonia 8, Pisa, pp.247‐255. 

LIETZ B. 2010, La dea di Erice nel suo contesto mediterraneo: un’identità contesa, in La devozione dei naviganti.  Il  culto di Afrodite Ericina nel Mediterraneo, a  cura di E.Acquaro, A.Filippi, S.Medas, Lugano, pp.89‐94. 

MAGGIANI A. 1984,  I sacerdoti,  in A.M., E.SIMON,  Il pensiero scientifico e religioso, in Etruschi, Una nuova immagine, p.150 sg. 

MAGGIANI A. 1998, Appunti sulle magistrature etrusche, in StEtr LXII, pp.95‐138. 

MAGGIANI  A.  2012,  La  religione,  in  Introduzione  all’Etruscologia,  a  cura  di G.Bartoloni, Milano, pp.395‐418. 

MAGGIANI  A.,  RAFANELLI  S.  2005,  La  preghiera  in  Etruria,  in  ThesCRA  III,  Los Angeles.  

MARAS D.F. 2009,  Il dono votivo. Gli dei e  il sacro nelle  iscrizioni etrusche di culto, Pisa‐Roma. 

MARAS D.F. 2011, Il contesto mediterraneo,  in D.F.M., L.M.MICHETTI, Un nome per più realtà: Tirrenia e Tirreni negli Ethniká di Stefano Bizantino, in Corollari, pp.51‐54. 

MENICHELLI  S.  2010,  in  S.STEINGRǍBER,  S.M.,  Etruscan  altars  in  sanctuaries  and necropoleis  of  the  orientalizing,  archaic  and  classical  periods,  in  VAN  DER MEER 2010, pp.52‐74.  

MÜLLER K.O.‐ DEECKE W. 1877, Die Etrusker, I‐II, Stuttgart. 

MURA SOMMELLA A. 2011, La dea col tutulo dal tempio arcaico del Foro Boario,  in Deliciae fictiles IV, pp.177‐187. 

Page 21: LectioBrevis Colonna Pyrgi

21  

NARDELLI  S.  2010,  Le  necropoli  di  Perugia,  2.  La  necropoli  di Monteluce,  Città  di Castello. 

NICOLET‐PIERRE H. 2003, Tetradrachmes pseudo‐athéniens en Sicile et en Étrurie, in Polis I, pp.125‐136. 

Paris 1997: Les Étrusques, les plus religieux des hommes. État de la recherche sur la religion étrusque  (Actes du  colloque  international, Paris, 17‐19 novembre 2002), a cura di Fr.Gaultier e D.Briquel, Paris 1997. 

PFIFFIG  A.J. 1975, Die etruskische Religion, Graz (rist. Wiesbaden, 1998). 

PROSDOCIMI  A.L.  2009,  Note  sull’onomastica  di  Roma  e  dell’Italia  antica,  in L’onomastica  dell’Italia  antica.  Aspetti  linguistici,storici,  culturali,  tipologici  e classificatori (Coll. Éc.Franç Rome, 413), a cura di P.Poccetti, Roma, pp.73‐151. 

PUNZO A.R. 2010, Ierodulia e prostituzione sacra in Sardegna, in Sardinia, Corsica et Baleares antiquae VIII, pp.81‐93. 

Pyrgi  1970:  AA.VV.,  Pyrgi.  Scavi  del  santuario  etrusco  (1959‐1967)  (NSc  XXIV,  II suppl.), Roma 1972.  

Pyrgi 1988‐1989: AA.VV., Pyrgi. Scavi del santuario etrusco (1969‐1971)(NSc XLI‐XLII, II suppl.), Roma 1992. 

RAMELLI I. 2003, Cultura e religione etrusca nel mondo romano, Alessandria. 

RASMUSSEN S. W. 2003, Public portents in republican Rome, Roma. 

RASMUSSEN  T.  2005, Herakles’  apotheosis  in  Etruria  and Greece,  in AntKunst  48, pp.30‐39. 

REE: Rivista di epigrafia etrusca, in StEtr. 

REUSSER CH. 1980, Eine  campanische Dachterrakotte,  in Hefte des arch. Seminars der Univ. Bern 6, pp.5‐10, tavv.I‐II. 

RICCIARDI L. 2006,  in A.M.MORETTI SGUBINI, L.R., Vulci, materiali architettonici di vecchi e nuovi scavi, in Deliciae fictiles III, Oxford, pp.108‐110. 

RIPA C. 1593, Iconografia, Roma (citato dall’ed. Milano 1972, a cura di P.Buscarelli). 

Page 22: LectioBrevis Colonna Pyrgi

22  

RIZZO M.A. 1987, La ceramica a figure nere,  in La ceramica degli Etruschi, a cura di M.Martelli, Novara, pp. 31‐42, 297‐312. 

Roma  2008:  Etruschi.  Le  antiche metropoli  del  Lazio,  cat.  della mostra,  a  cura  di M.Torelli, A.M. Moretti Sgubini, Verona. 

SANDERS L.J. 1987, Dionysius I of Syracuse and greek tyranny, Bristol. 

SANNIBALE M. 2007, Tra cielo e terra. Considerazioni su alcuni aspetti della religione etrusca a Vulci, in StEtr LXXII, pp.117‐147. 

SASSATELLI G. 2011, Città etrusca di Marzabotto: una fornace per  il tempio di Tina, in Corollari, pp.150‐158. 

Saturnia  Tellus:  Saturnia  Tellus.  Definizioni  dello  spazio  consacrato  in  ambiente etrusco,  italico,  fenicio‐punico,  iberico  e  celtico  (Atti  del  convegno  internazionale, Roma,  10‐12  novembre  2004),  a  cura  di  X.Dupré  Raventós,  S.Ribichini,  S.Verger, Roma 2008. 

SCHAUENBURG K. 1992, Herakles und Rinderherde auf einer etruskischen Amphora in Kiel, in Kotinos. Festschrift für Erika Simon, Mainz/Rhein, pp.339‐341. 

SIMON E. 1984, Le divinità di culto,  in Gli Etruschi. Una nuova  immagine, a cura di M.Cristofani, Firenze, pp.152‐167. 

SIMON E. 1993, Probleme etruskischer Dachterrakotten, in Indogermanica et italica. Festschrift H.Rix, a cura di G.Meiser, Innsbruck, pp.418‐423. 

SIMON  E.  2006, Gods  in  harmony.  The  etruscan  pantheon,  in  The  religion  of  the Etruscans, pp.45‐65.                                          

SIMON E. 2007, Thesan‐Aurora. Zur Deutung des Akroters von Chianciano Terme, in StEtr LXXI, pp.47‐54. 

STAFFORD E. 2012, Herakles, London‐New York. 

STEK T.D. 2009, Cult places and cultural change in Republican Italy, Amsterdam. 

The religion of the Etruscans, a cura di N.Thompson de Grummond, E.Simon, Austin 2006. 

TORELLI M. 1992, Typology & structure of roman historical reliefs, Ann Arbor. 

Page 23: LectioBrevis Colonna Pyrgi

23  

TORELLI M. 2000, La  religione etrusca,  in Gli Etruschi,cat.della mostra di Venezia,a cura di M.T., Milano, pp.273‐289. 

TORELLI M. 2004, Quali greci a Gravisca ?, in AnnMuseoFaina XI, pp.119‐132. 

TORELLI  M.  2011,  Le  amazzoni  di  Efeso  e  l’ittiomanzia  di  Sura.  Appunti  sulla decorazione pittorica del santuario di Portonaccio a Veio, in Corollari, pp.163‐173.  

van  der MEER  L.B.  1995,  Interpretatio  Etrusca. Greek myths  on  Etruscan mirrors, Amsterdam. 

van der MEER L.B. (ed.) 2010, Material aspects of Etruscan religion (Proceedings of the international colloquium, Leiden, May 29‐30 2008)(BABESCH, suppl. 16), Leuven. 

van  der MEER  L.B.  2011,  Etrusco  ritu.  Case  studies  in  Etruscan  ritual  behaviour, Leuven.  

WIKANDER O(la) 2008, The religio‐social message of the gold tablets from Pyrgi,  in Opuscula 1, pp.79‐84. 

WINTER  N.A.  2009,  Symbols  of  wealth  and  power.  Architectural  terracotta decoration in Etruria and Central Italy, 640‐510 B.C., Ann Arbor. 

WINTER  N.A.  2011,  The  evolution  of  bases  for  acroteria  in  Etruria  and  Latium (640/630 – 510 B.C.), in Deliciae fictiles IV, pp.62‐68. 

ZEVI F. 1999, Siculi e Troiani  (Roma e  la propaganda greca nel V secolo a.C.),  in La colonisation grecque en Méditerranée occidentale (Actes de la rencontre scientifique en hommage à George Vallet, Rome‐Naples, 15‐18 novembre 1995), Roma,pp.315‐343.   

 

 

Page 24: LectioBrevis Colonna Pyrgi

24  

 

Fig. 1 – In basso le due aree del santuario etrusco di Pyrgi, al centro la colonia romana col castello e il borgo di S.Severa, in alto i villini della moderna S.Severa. 

 

Fig. 2 ‐  Il complesso santuariale di Pyrgi con la retrostante sorgente e la via Caere‐Pyrgi (dis. S.Barberini). 

Page 25: LectioBrevis Colonna Pyrgi

25  

 

 

 

Fig. 3 ‐  Antefisse sporadiche di VI sec.a.C. dal temenos del tempio B. 

 

 

Fig. 4 – Il tempio B entro il suo temenos col recinto C e le Venti Celle (tamera = cella del tempio, tmia = tempio, heramaśva = santuario, lett. “le case”). 

 

Page 26: LectioBrevis Colonna Pyrgi

26  

 

Fig.  5 – Le tre lamine auree dal tempio B  (c. 510 a.C.) nella loro probabile disposizione in situ (dis. A.Morandi). 

 

 

 

 

Fig. 6 – Fondo interno di ciotola col nome dipinto di Uni (c. 500 a.C.) 

 

 

Page 27: LectioBrevis Colonna Pyrgi

27  

 

Fig. 7 – Ciotolina col nome di Era suddipinto da Caere, loc. Vigna Parrocchiale (c. 300 a.C.). 

 

 

 

 

Fig. 8 – L’acroterio del tempio B con Hercle e Uni (dis. B.Belelli). 

Page 28: LectioBrevis Colonna Pyrgi

28  

 

 

 

 

Fig.9 – Antefissa dalle Venti Celle con Uni (elab. S.Barberini). 

 

 

 

Page 29: LectioBrevis Colonna Pyrgi

29  

 

Fig. 10 – Antefissa dalle Venti Celle con Hercle (elab. S.Barberini). 

 

 

Fig. 11 – Antefissa dalle Venti Celle con la Stella del Mattino (elab. S.Barberini). 

Page 30: LectioBrevis Colonna Pyrgi

30  

 

 

 

 

Fig. 12 – Frammento di antefissa dalle Venti Celle con Thesan (?). 

 

 

 

 

 

 

Page 31: LectioBrevis Colonna Pyrgi

31  

 

 

 

Fig. 13 – Antefissa  dalle Venti Celle con Tiu (?). 

 

 

 

 

 

 

 

Page 32: LectioBrevis Colonna Pyrgi

32  

 

 

 

Fig. 14 – Il recinto C addossato al tempio B. 

 

 

 

Fig. 15 – Lo stesso, ipotesi ricostruttiva (dis. S.Barberini). 

 

 

Page 33: LectioBrevis Colonna Pyrgi

33  

 

 

 

Fig. 16 – Lamina bronzea iscritta attribuita al recinto C (dis. G.Colonna). 

 

 

 

 

Fig.17 ‐  Sezione longitudinale del recinto C passante per l’altare di Tina. 

Page 34: LectioBrevis Colonna Pyrgi

34  

 

Fig. 18 – Il santuario monumentale o Area N di Pyrgi (c. 470 a.C.,  da COLONNA 1986). 

 

 

 

Fig. 19 – L’altorilievo della fronte posteriore del tempio A con le storie di Capaneo e di Tideo (c. 470 a.C., da COLONNA 2010 c). 

 

Page 35: LectioBrevis Colonna Pyrgi

35  

 

 

 

 

Fig. 20  ‐ Specchio con la testa di Thesan (400‐350 a.C.)(da CSE Deutschland). 

 

 

 

 

 

 

 

 

Page 36: LectioBrevis Colonna Pyrgi

36  

 

 

 

 

 

 

Fig. 21 – Testa attribuita a Leucotea dall’altorilievo della fronte anteriore del tempio A (c. 350 a.C.). 

 

 

 

 

 

Page 37: LectioBrevis Colonna Pyrgi

37  

 

 

 

 

 

 

 

Fig. 22 – Statua di Hercle dallo stesso altorilievo. 

Page 38: LectioBrevis Colonna Pyrgi

38  

 

Fig. 23 – L’Area Sud del santuario di Pyrgi. 

 

Fig. 24 – Piede di kylix attica con dedica a Śuri e Cavatha. 

 

Page 39: LectioBrevis Colonna Pyrgi

39  

 

 

Fig. 25 – Antefissa dal sacello Gamma con probabile raffigurazione del busto di Cavatha (c. 450 a.C.). 

 

 

 

Fig. 26 –  Antefissa dal santuario della Cannicella di Orvieto con le teste della coppia infera (fine V sec.a.C.). 

Page 40: LectioBrevis Colonna Pyrgi

40  

 

Fig. 27 – Cippi di pietra nera di area volsiniese. 

 

 

Fig. 28 – Antefissa da Vulci con testa probabilmente di Śur/Śuri (IV‐III sec.a.C.). 

Page 41: LectioBrevis Colonna Pyrgi

41  

 

 

 

 

 

 

 

Fig. 29 – Il sacello Alpha col suo altare interno di pietre brute (c. 350 a.C.).  

 

 

 

 

 

Page 42: LectioBrevis Colonna Pyrgi

42  

 

 

 

 

Fig. 30 – L’altare Iota di pietre brute con l’annesso condotto ipogeico (IV sec.a.C.).