Le sfide del sistema salute: opportunità innovative nelo rapporto pubblico-privato

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LE SFIDE DEL SISTEMA SALUTE: OPPORTUNITÀ INNOVATIVE NEL RAPPORTO PUBBLICO-PRIVATO JOMMI - MARIANI - CARRARA - VENTRE - BENELLI - LONGHI ZAPPA - DATA - CESARIO - PEVIANI Edito da ABOUTPHARMA srl Prefazione di LORENZO TERRANOVA

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La partnership pubblico-privato in ambito sanitario.

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LE SFIDE DEL SISTEMA SALUTE:

OPPORTUNITÀ INNOVATIVE NEL RAPPORTO

PUBBLICO-PRIVATO

JOMMI - MARIANI - CARRARA - VENTRE - BENELLI - LONGHI

ZAPPA - DATA - CESARIO - PEVIANI

Edito da ABOUTPHARMA srl

Prefazione di LORENZO TERRANOVA

Euro 18,00

Cover Innovex Stesa B3 20-02-2009 11:39 Pagina 1

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LE SFIDE DEL SISTEMA SALUTE:

OPPORTUNITÀ INNOVATIVE NEL RAPPORTO

PUBBLICO-PRIVATO

JOMMI - MARIANI - CARRARA - VENTRE - BENELLI - LONGHI

ZAPPA - DATA - CESARIO - PEVIANI

Edito da ABOUTPHARMA srl

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LE SFIDE DEL SISTEMA SALUTE : OPPORTUNITÀ INNOVATIVE NEL RAPPORTO PUBBLICO-PRIVATOClaudio Jommi - Paolo Mariani - Dario CarraraGianfranco Ventre Giancarlo Benelli - Carla Longhi - Paola ZappaGiampiero Data - Germana Cesario - Nadia Peviani Prefazione di Lorenzo Terranova

Prima edizione: Dicembre 2008

Edito da ABOUTPHARMA srl

La riproduzione e la divulgazione dei contenuti del presente volume sonoconsentite a condizione di citare l’autore come fonte dei dati e di rispettarel’integrità dei testi o dei dati utilizzati.

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Il tema della partnership pubblico-privato nell’economia rimane tuttoranelle priorità delle agende politiche di tutti i Paesi, ma non può essere sotta-ciuto che il profondo cambiamento generato dalla crisi economica ha messoin evidenza il ruolo preminente e insostituibile dell’attore pubblico.

In altri termini, nel mondo dell’economia – e a maggior ragione in quel-lo dei beni meritori (e la sanità ne è l’emblema) – la partnership pubblico-privato si articola su un piano di complementarietà. E’ l’attore pubblico – sumandato dell’elettore – che stabilisce cosa, quanto e come avviare questo rap-porto. La fotografia di oggi al cui interno si declina tale relazione, infatti,evidenzia in tutta la realtà europea un ruolo di governo effettivo dell’attorepubblico; la collaborazione strutturata dell’attore privato avviene quando ilprimo percepisce la propria carenza, prima di tutto culturale, nell’affrontarealcune sfide della complessità.

Declinando alcune riflessioni nel contesto italiano, va preliminarmenteevidenziato che un qualsiasi modello di partenariato pubblico-privato ingrado di realizzare gli obiettivi per cui è stato avviato presuppone ben chia-re le funzioni, il potere e le relazioni dell’azienda pubblica (la ASL/AO).Diventa, pertanto, opportuno sottolineare che il principio di responsabilità eil principio di autonomia, alla base del modello aziendale definito dalla L.502 e ribadito nel D. Lgs. 229 devono dirigere qualsiasi processo di collabo-razione, altrimenti vengono poste le premesse per introdurre fattori di inef-ficienza altamente destabilizzanti il sistema di offerta pubblica e conseguen-temente il sistema privato. Questo se ne avvantaggia (ed è perfettamentelegittimo) non in termini di implementazione e miglioramento delle condi-zioni generali dell’offerta e pertanto di vantaggio per il cittadino ma in ter-mini di spostamento dei rapporti dal pubblico al privato in termini dupli-cativi e quindi con costi crescenti. Se si viene a derogare ai due succitati prin-cipi, il sistema sanitario diviene intrinsecamente instabile, venendo a perde-re la capacità di offrire salute in modo idoneo.

In prima approssimazione, la partnership pubblico-privato deve funzio-nare incentivando la condivisione/ripartizione di un processo erogativo o un

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servizio a favore degli utenti, avendo però ben definito i principi di autono-mia e responsabilità.

La partnership si deve fondare su un sistema reticolare e pluralità di atto-ri il cui indirizzo pubblico definisce puntualmente lo stock essenziale digaranzie per i cittadini. Tale partnership deve caratterizzarsi in termini diefficacia, appropriatezza e sicurezza delle prestazioni nell’ambito delle risor-se definite e di obiettivi di salute predefiniti.

Nel contesto italiano, la relazione pubblico-privato deve anche conciliar-si con un percorso culturale, fondato sulla responsabilità della gestione dirisorse limitate.

Attraverso il modello partneriale può avviarsi un percorso di condivisio-ne delle difficoltà che spesso coloro che non sono al vertice dell’azienda benpoco percepiscono; percorso di condivisione che si rende fondamentale peraffrontare le complessità del sistema. Condivisione che però vuol dire netta edistinta responsabilità di ciascun attore.

Ciò significa che a ciascun attore viene garantita una autonomia decisio-nale. Tale autonomia però riesce ad avere efficacia solo se gli strumenti ope-rativi sono diretti (e non interessano le concrete modalità) da un livello piùalto che consente sia la loro applicabilità, sia la valutazione dei risultati, siale eventuali correzioni.

L’analisi dei risultati di una recente survey di IMS, riportata in questovolume, sottolinea che proprio nelle modalità di focalizzazione i fabbisognicrescenti (e sempre più complessi) con i cittadini/utenti/clienti la relazionepubblico-privato diventa un proficuo interscambio reciproco.

Tale relazione però implicitamente tocca un secondo punto: la capacità ditutti gli attori di superare le proprie autoreferenzialità, ossia di fare deglispunti provenienti dall’esterno uno stimolo al cambiamento continuo dell’of-ferta per essere più vicini ai bisogni dei cittadini.

Un sistema di collaborazione con il privato (sempre a livello aziendale)può essere efficiente solo in presenza di una funzione di supervisione attiva e– se necessario – capace di intervenire direttamente. Questo è, in sintesi, ilnocciolo della questione: la collaborazione pubblico-privato è condivisa eauspicabile solo se esistono, in maniera nettamente ben definita, le riparti-zioni dei ruoli, per poter meglio coordinare le funzioni di attività e respon-sabilità delle scelte e gestione dei fattori produttivi.

La necessità di una condivisione multidisciplinare implica il porre l’ac-cento sul risultato degli interventi sanitari, non sul piano della capacità tec-nica del singolo attore, quanto piuttosto sulle modalità con cui i singoli ope-

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ratori ottengono questi risultati e soprattutto su come tali risultati siano rea-lizzati sulla base dei modelli organizzativi.

La realizzazione di un sistema di collaborazione, in sintesi, deve esserefinalizzata a favorire una visione integrata e integrale dell’assistenza rivoltaal paziente. Solo attraverso questa prospettiva legata alla coerenza dei proces-si organizzativi può realizzarsi un modello che faccia della collaborazione unsistema di management della sanità.

Va ricordato che in questo quadro l’assessorato regionale si fa garante dellatutela della salute, identificando la visione di sistema e le relazioni con l’at-tore privato.

Un aspetto rilevante del modello di partnership che caratterizza (ed hacaratterizzato) il sistema italiano risiede negli stringenti vincoli finanziari.Nel nostro sistema, a fronte di una crescita sostanzialmente nulla del PILnegli ultimi anni, la variazione della spesa sanitaria è stata anch’essa – perquanto possibile – soggetta a un controllo stringente. Ciò ha portato acostruire la cultura della collaborazione non tanto sull’approccio del risulta-to, quanto sul piano della minimizzazione dei costi. Questa visione (da cuiderivano gli obiettivi prevalentemente economico finanziari per le Aziendesanitarie, i fornitori e le strutture erogatrici private) risulta assolutamentelimitativa e inidonea alla governance e va chiaramente e esplicitamentesostituita dalla visione della “sostenibilità della qualità e delle innovazionipossibili”, come è già avvenuto nelle situazioni più avanzate.

La definizione di partnership pubblico-privato non è quindi di per séinnovativa, poiché, come si evince da quanto finora esplicitato, si riferisce aun insieme di modalità organizzative ormai consolidate – già più o menodiffuse nel mondo della sanità – mediante il quale il sistema di governo sirende responsabile del miglioramento continuo della qualità dei servizi.

In questa logica complessiva di governo dei sistemi sanitari, la collabora-zione con il privato deve coinvolgere tutti gli attori del sistema e quei proces-si aziendali, organizzativi ed operativi, che determinano la qualità e l’inci-sività del governo, supportando lo sviluppo professionale e sostenendo la defi-nizione dei processi, e implementare gli strumenti utili a verificare sistema-ticamente gli esiti.

Il dibattito sulla partnership a questo punto implica una riflessione arti-colata sul valore della direzione strategica di tale processo.

La crescente complessità del sistema sanità, che corrisponde a un’esplicita-zione sempre più marcata delle differenti funzioni-obiettivo degli attori ope-ranti nel sistema stesso, deve trovare soddisfacimento nel funzionamento effi-

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ciente dell’Azienda sanitaria, ma al contempo diventa più difficile mediareattori fra loro profondamente differenti.

In termini diversi, si hanno due questioni cruciali: come coordinare ledinamiche/funzioni che interagiscono sulle Aziende, e come fare affinché talidinamiche/funzioni siano gestite in maniera da offrire concrete proposte ope-rative. Pertanto, rideterminare il ruolo di governo e di controllo del sistemapubblico richiede in primo luogo monitorare e interpretare processi fra lorodifferenti, ma che determinano il contesto all’interno del quale si muove lacollaborazione.

I temi tipici della relazione pubblico-privato (in sanità) sono quelli del-l’integrazione/reintegrazione istituzionale, dell’outsourcing, del livello delpartenariato pubblico-privato, dell’empowerment del cittadino, del trasferi-mento di conoscenze dell’offerta e via scrivendo.

La dinamica di questi temi va inserita come fattore di contesto cheinfluenza/modula il governo delle relazioni con gli attori privati.

Infine, va reinterpretato il ruolo dei singoli protagonisti che sono parteattiva del processo. E’ abbastanza chiaro che questi fattori richiedono unariflessione più articolata sul ruolo del governo, e probabilmente sarà necessa-rio rivedere secondo questa nuova prospettiva i principi di autonomia e diresponsabilità.

Le risultanze della ricerca effettuata sui medici di medicina generale,riportate e commentate nel capitolo 2 dal prof Mariani, evidenziano illivello nel quale occorre rafforzare la responsabilità e l’autonomia dei profes-sionisti. Ne consegue, a livello di indirizzo politico come sia assolutamenteopportuno superare l’isolamento dei singoli medici di medicina generale acce-lerando il processo di aggregazione di questi professionisti (NCP, UTAP, caseper la salute, ecc.) prevedendo anche opportune forme di coinvolgimentodiretto in attività gestionali delle cure primarie. Solo attraverso questo per-corso ci si potrà muovere verso un governo del territorio, ricercando modelliorganizzativi innovativi. E’ opportuno, quindi, orientare leggi, contratti econvenzioni affinché sia attribuita a queste categorie professionali autorevo-lezza organizzativa cui possa corrispondere assunzione di responsabilità. Laconvenzione deve pertanto disegnare questo ruolo nuovo del medico di medi-cina generale.

In questo quadro un meccanismo fortemente auspicabile è che diventiopportuno fin da subito avviare una sperimentazione che coinvolga medicidi medicina generale affinché l’integrazione ospedale-territorio possa artico-larsi anche su un piano strutturale.

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L’altro “luogo” di relazione pubblico-privato è il distretto; l’ambito in cuisi realizza l’integrazione socio-sanitaria che fa leva su casistiche diffuse diprogetti (più o meno individuali) di assistenza gestiti da attori interistituzio-nali.

La collaborazione pubblico-privato diventa allora una opportunità perrealizzare in modo integrato, trasversale al soggetto pubblico e centrata sulcittadino-utente, efficienza senza compromettere la qualità.

Si tratta di tradurla in una serie di azioni e strumenti operativi conte-stualizzati alle specifiche realtà aziendali. In questo caso la partnership rap-presenta solo un momento di orientamento assistenziale cui deve peròaggiungersi la partecipazione responsabile degli attori del sociale (comuni,comunità, famiglie).

La vera sfida consiste nel costruire un sistema integrato di offerta di salu-te di tipo concertativo, che possa superare il tradizionale rapporto contrattua-le fra enti erogatori e finanziatori (tradizionalmente ASL e AO, ma nonnecessariamente); rapporto che se entrasse in una fase critica rischierebbeseriamente di danneggiare la parte più debole, che non sono gli enti dell’of-ferta (né tantomeno il medico/medici), quanto il paziente, schiacciato da dueattori ben più forti (e sulla solitudine del paziente sono state fatte molte ana-lisi).

Pertanto, escludendo casi molto specifici e particolari, per inserire inmaniera funzionale e attiva la rete accreditata in un contesto di offerta strut-turata di salute occorre sviluppare fortemente non solo un modello, masoprattutto continuare a sperimentare e valutare nuove esperienze.

Gli strumenti della collaborazione, che sono già utilizzati, devono esserenon tanto estesi quanto declinati nelle loro implicazioni e utilizzi sottostan-ti, evidenziando i temi di competenza contrattuale e della sfera istituziona-le stessa che ne possono condizionare la piena applicazione.

In questo ambito può essere inclusa le necessità di riorientamento di even-tuali attività vacanti per le quali è previsto un meccanismo di funzionamen-to e riallocazione fra il pubblico e il privato.

Ciò significa che l’Assessorato deve esprimere un parere sulle modalità esugli aspetti organizzativi di aree sanitarie delle Aziende e dell’erogatore pri-vato (parere, purtroppo spesso, enunciato ex-ante senza analizzare il “quan-to” già presente, e non ex-post sulla base di dati obiettivi).

Ciò significa che particolare attenzione va posta nel rivedere il sistemadell’accreditamento.

Per quanto riguarda la partnership pubblico-privato si evidenzia anche

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il ruolo dei cittadini che rappresentano uno strumento essenziale in unmodello di sanità moderna sottolineando l’importanza dello strumento del-l’audit civico. Questo consente, come già sperimentalmente dimostrato, diqualificare l’offerta in termini di qualità del servizio e di sicurezza.

Non secondario è, comunque, la ben precisa definizione dei ruoli di cia-scun soggetto, perché gli obiettivi strategici devono essere ben perseguiti e lafunzione dei cittadini dovrà porsi su un piano di controllo ed evidenziazio-ne delle criticità per il quale già esistono strumenti ma utilizzati in pocherealtà regionali.

Se la partnership è una evoluzione del percorso di definizione e specializ-zazione dei ruoli essa richiede una costante attenzione alle qualità delle fun-zione di governo e controllo delle Regioni.

Lorenzo TerranovaDirettore Scientifico

FIASO

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IL SSN NEL CONTESTO INTERNAZIONALE

Il SSN (Servizio Sanitario Nazionale) ha appena compiuto 30 anni. Dallasua istituzione, con la Legge 833/1978 in un momento politico molto parti-colare segnato dal Compromesso Storico, ha subito diverse riforme generali especifiche, la più importante delle quali è stata tracciata dai D.Lgs. 502/92 e517/93. L’impianto generale del sistema sanitario, caratterizzato da unmodello a Servizio Sanitario Nazionale e da un decentramento istituzionalee, in parte, finanziario, non è cambiato nel tempo. Anzi, alcuni aspetti si sonoulteriormente rafforzati: il passaggio da un sistema di finanziamento contri-butivo a uno basato sulla fiscalità generale è ormai compiuto; le comparteci-pazioni alla spesa su alcune prestazioni si sono nel tempo ridotte; la regiona-lizzazione è stata via via rafforzata, fino ad arrivare alla Legge Costituzionale3/2001 che, pur ribadendo per la sanità il principio della legislazione concor-rente, ha attribuito alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determi-nazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

Per quanto il SSN non sia tra i sistemi sanitari a più alto gradimento alivello europeo1 e la cronaca ne sottolinei gli aspetti più negativi, la perfor-mance del nostro sistema può essere considerata molto positiva. Una valu-tazione di sintesi di tale performance, per quanto criticata, è stata data,ormai in tempi non molto recenti, dall’Organizzazione Mondiale dellaSanità (WHO, The World Health Report 2000): secondo l’OMS il SSN è alsecondo posto nel mondo per indice complessivo di performance (precedu-to solo dal sistema sanitario mutualistico francese) ed è al terzo posto tra isistemi sanitari per obiettivi di salute. Inoltre il grado di soddisfazione nei

9CAPITOLO 1

GLI SCENARI DEL SSNA 30 ANNI DALLA SUA ISTITUZIONE

Claudio Jommi

1 La più famosa valutazione comparativa a livello europeo è stata condotta dallaCommissione Europea nel 1998 nell’ambito dell’attività dell’Eurobarometro (EuropeanCommission, Employment and Social Affairs, 1998: Citizens and health systems: mainresults from a Eurobarometer Survey; http://ec.europa.eu/public_opinion/index_en.htm).

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CAPITOLO 1 GLI SCENARI DEL SSN

confronti dei servizi sanitari, per quanto molto variabile sul territorio(soprattutto per le prestazioni specialistiche), presenta nelle indagini nazio-nali livelli molto più elevati rispetto alle valutazioni comparative europee2.

Più specificamente, la performance di un sistema sanitario deve esserericondotta agli obiettivi che lo stesso deve perseguire, rappresentati dallasalute dei propri cittadini, dalla soddisfazione dei pazienti, dall’equilibrioeconomico-finanziario, dall’appropriatezza nell’erogazione dei servizi, dal-l’efficienza tecnica dei processi produttivi e dall’efficiente allocazione dellerisorse, dall’equità nell’accesso alle prestazioni e, infine, dall’accettabilità col-lettiva dell’onere finanziario della spesa sostenuta (misurata, ad esempio,dalla sua incidenza sul PIL).

Non è questa la sede per analizzare nel dettaglio la complessità della valu-tazione di un sistema sanitario, attraverso indicatori specifici. Quello che ècerto è che il nostro SSN presenta dei dati positivi sia sotto il profilo degliindicatori di salute sia sotto quello del controllo della spesa. Secondo i datiOCSE (OECD, 2008), l’Italia ha la più elevata aspettativa di vita alla nasci-ta tra tutti i Paesi UE e uno dei più bassi tassi di mortalità infantile (bam-bini morti nel primo anno di vita su 1000 nuovi nati vivi) e di mortalitàperinatale (feti morti nelle 28 settimane antecedenti al parto e nella primasettimana di vita extrauterina su 1000 nascite). Va anche notato il sensibilemiglioramento della posizione dell’Italia dall’inizio degli anni ’80, ovverodalla costituzione del SSN. È noto come il miglioramento delle condizionidi salute della popolazione non sia da ascrivere totalmente (e neanche prin-cipalmente) all’investimento nei servizi sanitari. È tuttavia significativocome la performance relativa del nostro sistema (ovvero in confronto congli altri Paesi OCSE) sia migliorata a seguito della costituzione del SSN(vedi Tabelle 1 e 2).

L’OCSE ha anche sviluppato un indicatore di impatto della mortalità,ovvero gli anni di vita persi per effetto di morte prematura: anche per taleindicatore l’Italia presenta valori inferiori a quelli della gran parte dei PaesiOCSE (vedi Figura 1).

Il raggiungimento di buone condizioni di salute della popolazione siassocia a una forte capacità di controllo della spesa sanitaria. L’Italia presen-ta infatti uno dei più bassi tassi di crescita della spesa sanitaria pubblica pro-

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2 A questo proposito, si rimanda ad Anessi E e Cantù E “Rapporto OASI. L’aziendalizza-zione della sanità in Italia”, Anni 2007 e 2008, in cui vengono riportati, rispettivamente,i risultati dell’indagine ISTAT “Condizioni di salute, fattori di rischio e ricorso ai servizisanitari” e il Sondaggio SWG sul Servizio sanitario nazionale.

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capite dal 1990 ad oggi, spesa espressa in Parità dei Poteri di Acquisto (ovve-ro correggendo per il diverso potere di acquisto delle diverse valute). Inoltreil dato pro-capite in valori assoluti e in percentuale sul PIL è inferiore a quel-lo degli altri principali Paesi UE. Il contenimento della spesa pubblica nonè stato raggiunto al costo di un trasferimento ingente dell’onere di copertu-ra della spesa sanitaria a carico del cittadino. Il livello di copertura pubblicadella spesa sanitaria è in linea con il valore complessivo UE-15, anche seinferiore a quello di altri Paesi che hanno adottato un modello di sistemasanitario a “servizio sanitario nazionale” (ovvero con un prevalente finanzia-mento per tramite della fiscalità generale) e, in particolare, a quello delRegno Unito.

Uno degli aspetti più critici della spesa sanitaria privata in Italia non ètanto la sua dimensione (inferiore ad altri Paesi) e il suo tasso di crescita(inferiore negli ultimi anni a quello della spesa pubblica), bensì le sue moda-lità di copertura. Secondo le statistiche OCSE, la spesa sanitaria privata è

11GLI SCENARI DEL SSN CAPITOLO 1

Tabella 1 Aspettativa di vita alla nascita nei Paesi OCSE

1960 1970 1980 1990 2000 2004 2004-1980Austria 68,7 70,0 72,6 75,5 78,1 79,3 6,7

Belgio 70,6 71,0 73,3 76,1 77,8 78,9 5,6

Danimarca 72,4 73,3 74,3 74,9 76,9 77,8 3,5

Finlandia 69,0 70,8 73,4 75,0 77,7 79,0 5,6

Francia 70,3 72,2 74,3 76,9 79,2 80,3 6,0

Germania 69,1 70,6 72,9 75,3 78,2 79,2 6,3

Grecia 69,9 72,0 74,5 77,1 78,0 79,1 4,6

Irlanda 70,0 71,2 72,9 74,9 76,6 78,9 6,0

Italia 69,8 72,0 74,0 77,2 80,0 80,9 6,9

Lussemburgo 69,4 70,3 72,5 75,6 78,0 79,1 6,6

Olanda 73,5 73,7 75,9 77,0 78,0 79,2 3,3

Portogallo 63,8 66,6 71,4 74,1 76,7 78,3 6,9

Spagna 69,8 72,0 75,4 77,0 79,4 80,3 4,9

Svezia 73,1 74,7 75,8 77,6 79,7 80,6 4,8

Regno Unito 70,8 71,9 73,2 75,7 77,9 78,9 5,7

Polonia 67,8 70,0 70,2 70,7 73,9 75,0 4,8

Repubblica Ceca 70,7 69,6 70,5 71,6 75,1 75,9 5,4

Repubblica Slovacca 70,6 69,8 70,6 71,0 73,3 74,1 3,5

Ungheria 68,0 69,2 69,1 69,4 71,7 72,8 3,7

Islanda 72,9 74,3 76,7 78,0 80,1 81,0 4,3

Norvegia 73,8 74,4 75,9 76,7 78,8 80,1 4,2

Svizzera 71,4 73,1 75,7 77,5 79,9 81,2 5,5

Australia 70,9 70,8 74,6 77,0 79,3 80,6 6,0

Canada 71,3 72,9 75,3 77,6 79,3 80,2 4,9

Giappone 67,8 72,0 76,1 78,9 81,2 82,1 6,0

Nuova Zelanda 71,3 71,5 73,2 75,4 78,7 79,6 6,4

Stati Uniti 69,9 70,9 73,7 75,3 76,8 77,8 4,1

Fonte: nostre elaborazioni su dati OCSE (OECD Health Data, 2008)

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CAPITOLO 1 GLI SCENARI DEL SSN

per l’84% finanziata dai pazienti out of pocket3 ovvero senza nessuna inter-mediazione assicurativa privata. Per quanto le statistiche sulla spesa sanita-ria privata e sul suo finanziamento siano meno solide rispetto a quelle dellaspesa pubblica, il dato italiano di incidenza dell’out of pocket è decisamentesuperiore a quello di altri Paesi (vedi Tabella 3).

IL SSN: LE TENDENZE DI FONDO

Come noto il SSN, istituito nel 1978, ha subito due importanti riforme.La prima, attuata a seguito della promulgazione di due importanti D.Lgs.(502/92 e 517/93), ha di fatto accelerato il processo di regionalizzazione del

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Tabella 2 Mortalità infantile* nei Paesi OCSE

1960 1970 1980 1990 2000 2004 2004-1980Austria 37,5 25,9 14,3 7,8 4,8 4,5 -9,8

Belgio 23,9 21,1 12,1 6,5 4,8 4,3 -7,8

Danimarca 21,5 14,2 8,4 7,5 5,3 4,4 -4,0

Finlandia 21,0 13,2 7,6 5,6 3,8 3,3 -4,3

Francia 27,7 18,2 10,0 7,3 4,5 4,0 -6,0

Germania 35,0 22,5 12,4 7,0 4,4 4,1 -8,3

Grecia 40,1 29,6 17,9 9,7 5,4 4,1 -13,8

Irlanda 29,3 19,5 11,1 8,2 6,2 4,6 -6,5

Italia 43,3 29,0 14,6 8,2 4,5 3,9 -10,7

Lussemburgo 31,6 25,0 11,4 7,3 5,1 3,9 -7,5

Olanda 17,9 12,7 8,6 7,1 5,1 4,4 -4,2

Portogallo 77,5 55,5 24,2 11,0 5,5 3,8 -20,4

Spagna 43,7 28,1 12,3 7,6 4,4 4,0 -8,3

Svezia 16,6 11,0 6,9 6,0 3,4 3,1 -3,8

Regno Unito 22,5 18,5 12,1 7,9 5,6 5,1 -7,0

Polonia 54,8 36,7 25,5 19,3 8,1 6,8 -18,7

Repubblica Ceca 20,0 20,2 16,9 10,8 4,1 3,7 -13,2

Repubblica Slovacca 28,6 25,7 20,9 12,0 8,6 6,8 -14,1

Ungheria 47,6 35,9 23,2 14,8 9,2 6,6 -16,6

Islanda 13,1 13,3 7,8 5,8 3,0 2,8 -5,0

Norvegia 18,9 12,7 8,1 6,9 3,8 3,2 -4,9

Svizzera 21,1 15,1 9,1 6,8 4,9 4,2 -4,9

Australia 20,2 17,9 10,7 8,2 5,2 4,7 -6,0

Canada 27,3 18,8 10,4 6,8 5,3 5,3 -5,1

Giappone 30,7 13,1 7,5 4,6 3,2 2,8 -4,7

Nuova Zelanda 22,6 16,7 13,0 8,4 6,3 5,9 -7,1

Stati Uniti 26,0 20,0 12,6 9,2 6,9 6,8 -5,8

* Numero di bambini morti nel primo anno di vita su 1000 nati viviFonte: nostre elaborazioni su dati OCSE (OECD, 2008)

3 Si veda Anessi E e Cantù E “Rapporto OASI. L’aziendalizzazione della sanità in Italia”,Anno 2007.

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SSN e di introduzione di logiche e criteri manageriali nelle Aziende sanita-rie, rendendo le stesse autonome; ha introdotto la possibilità per le Regionidi adottare sistemi di quasi-mercato (ovvero di scorporo parziale dei sogget-ti pubblici deputati al governo della domanda e acquisto di prestazioni daisoggetti erogatori di prestazioni). La seconda riforma (D.Lgs. 229/99) haulteriormente accelerato il processo di aziendalizzazione in sanità attribuen-do alle Aziende sanitarie anche autonomia imprenditoriale, e ha ridotto par-zialmente l’autonomia delle Regioni nella definizione dell’architettura delproprio Servizio Sanitario Regionale. I maggiori vincoli all’autonomia regio-nale sono stati poi gradualmente abbandonati, fino alla riforma dellaCostituzione (Legge 3/2001), che di fatto, pur confermando il principiodella legislazione concorrente Stato-Regioni per la sanità ha sottolineatocome «nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la pote-stà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali,riservata alla legislazione dello Stato» (cfr. sopra).

Da allora non sono più state realizzate riforme complessive di sistema,ma graduali aggiustamenti nel solco tracciato dalle due precedenti riforme,in particolare, dalla prima. Di fatto, almeno sotto il profilo istituzionale, è

13GLI SCENARI DEL SSN CAPITOLO 1

Figura 1 Anni di vita persi per mortalità prematura (2004)

Tassi per 100.000 abitanti riferiti alla popolazione di età inferiore ai 70 anni di età. I dati di Italia, Portogallo e Australia si riferiscono al 2003.Fonte: nostre elaborazioni su dati OCSE (OECD, 2008).

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CAPITOLO 1 GLI SCENARI DEL SSN

stata riaffermata la sostanziale autonomia delle Regioni nella strutturazionedel proprio SSR.

Si può quindi affermare che due sono gli aspetti che ancora oggi domi-nano il SSN: la regionalizzazione del sistema e il conseguente rapporto tracentro e periferia e l’introduzione di logiche, criteri e strumenti manageria-li all’interno delle Aziende sanitarie.

La regionalizzazione è ormai un fatto acquisito del nostro SSN. LeRegioni si differenziano sensibilmente per:- il proprio assetto istituzionale: ad esempio, solo alcune Regioni hanno

introdotto agenzie sanitarie regionali, con funzioni peraltro diversesecondo i contesti regionali;

14

Tabella 3 Alcuni indicatori di spesa sanitaria pubblica (2006)

Procapite Procapite %($ PPA) (var % media % PIL su spesa

1990-2006) sanitaria totaleUE (15)Austria 2.748 6,7 7,7 76,2

Belgio* 2.451 nd 7,4 72,3

Danimarca* 2.614 4,7 7,7 84,1

Finlandia 2.027 3,6 6,2 76,0

Francia 2.750 5,5 8,9 79,7

Germania 2.591 4,3 8,1 76,9

Grecia 1.529 7,9 5,6 61,6

Irlanda 2.413 9,4 5,9 78,3

Italia 2.018 3,9 6,9 77,2

Lussemburgo 3.910 6,5 6,6 90,9

Olanda* 1.920 4,4 5,7 62,3

Portogallo 1.495 7,9 7,2 70,6

Spagna 1.751 6,0 6,0 71,2

Svezia 2.615 3,9 7,5 81,7

Regno Unito 2.408 6,9 7,3 87,3

Totale UE (15)* 2.083 5,3 7,1 76,7

UE (nuovi Paesi)Rep. Ceca 1.309 5,6 5,9 87,9

Ungheria 1.066 4,8 5,9 70,9

Polonia 636 5,4 4,3 69,9

Rep. Slovacca* 846 nd 5,3 74,4

Altri Paesi europei

Norvegia 3.780 7,7 7,3 83,6

Svizzera 2.597 5,7 6,8 60,3

Altri Paesi non europeiAustralia* 2.011 5,7 5,9 67,0

Canada 2.591 4,4 7,0 70,4

Giappone* 2.046 5,9 6,7 82,7

Stati Uniti 3.074 6,7 7,0 45,8

* Ultimo dato disponibile: 2005 Fonte: nostre elaborazioni su dati OCSE (OECD, 2008)

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- l’attività di programmazione di sistema (definizione e implementazionedei piani sanitari regionali);

- l’intensità con cui hanno introdotto e governato i sistemi di quasi-mer-cato (separazione tra Aziende sanitarie locali e Aziende ospedaliere ebacino di utenza delle Aziende Sanitarie Locali) e la definizione delle col-legate modalità di finanziamento delle Aziende sanitarie;

- i sistemi di programmazione e controllo regionale, ovvero la definizioneper le Aziende sanitarie e i loro direttori generali di obiettivi e sistemi diincentivi collegati;

- l’attivazione di livelli intermedi di governo del sistema (aree vaste) confunzioni diverse da Regione a Regione: programmazione intermedia del-l’offerta ospedaliera, gestione accentrata degli acquisti di alcuni beni eservizi, gestione accentrata di funzioni amministrative;

- i sistemi di accreditamento delle aziende sanitarie (private e pubbliche).

Esistono poi alcune politiche specifiche di governo dell’assistenza sanita-ria rispetto alle quali gli spazi di autonomia delle Regioni si sono ulterior-mente intensificati negli ultimi anni. Tra questi vale sicuramente la pena dimenzionare l’assistenza farmaceutica: di fatto, le Regioni hanno piena auto-nomia nell’introduzione di sistemi di compartecipazione alla spesa, nell’at-tivazione e gestione di forme alternative di distribuzione dei farmaci, nell’in-troduzione di obiettivi specifici sulla farmaceutica nell’ambito degli accordiintegrativi regionali per la medicina generale, nonché nelle altre azioni digoverno del comportamento prescrittivo (si pensi alla sempre più frequenteadozione di indirizzi prescrittivi su categorie terapeutiche cosiddette “omo-genee”), nella centralizzazione degli acquisti di farmaci, nella definizione egestione di prontuari ospedalieri regionali o di area vasta e nelle politiche diregolazione dell’informazione scientifica sul farmaco.

Un’ulteriore spinta alla regionalizzazione è stata data dalla Legge 405/01,che ha di fatto attribuito alle Regioni l’onere di copertura dei disavanzi sani-tari, attraverso misure di incremento delle entrate regionali, di contenimen-to/razionalizzazione della spesa sanitaria e di compartecipazione alla spesada parte degli assistiti. È vero che negli ultimi anni il principio della respon-sabilizzazione sulla spesa è stato in parte ammorbidito, prevedendo una par-ziale copertura ex post da parte dello stato centrale, ma l’erogazione disomme a parziale ripiano dei disavanzi è stata agganciata alla definizione erealizzazione di piani di rientro dai disavanzi stessi da parte delle Regioni,piani di rientro soggetti all’approvazione del Governo centrale.

15GLI SCENARI DEL SSN CAPITOLO 1

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CAPITOLO 1 GLI SCENARI DEL SSN

Il secondo fenomeno rilevante è l’introduzione di logiche, principi estrumenti manageriali nelle Aziende sanitarie. L’elenco delle innovazioninelle Aziende sanitarie è davvero lungo, ma non possono non essere citati,oltre all’abbandono della contabilità finanziaria a favore di quella economi-co-patrimoniale e all’introduzione di sistemi informativi a supporto dei pro-cessi d’innovazione, l’introduzione di elementi di pianificazione strategica,di sistemi di programmazione e controllo della gestione (con associati siste-mi di contabilità analitica), di sistemi di gestione del personale volti al supe-ramento, almeno parziale, di logiche di tipo burocratico, di sistemi di valu-tazione delle scelte make or by, di modelli di programmazione e valutazio-ne degli investimenti, di sistemi strutturati di valutazione delle tecnologie,fino ad arrivare ad alcune innovazioni più specifiche dell’assistenza sanitaria,quali i sistemi di gestione del rischio clinico, le modalità alternative digestione della logistica del farmaco (ad esempio, la distribuzione per doseunitaria), i sistemi di prioritarizzazione delle prestazioni di emergenza ecc.

L’introduzione di sistemi di gestione manageriale nelle Aziende sanitarie,insieme alla responsabilizzazione delle Regioni (e, a cascata, delle aziendesanitarie) sulla copertura dei disavanzi sanitari ha:- aumentato l’attenzione per l’equilibrio economico-finanziario delle

Aziende sanitarie pubbliche;- rafforzato all’interno delle Aziende sanitarie il ruolo di professionisti

diversi dai clinici in qualità di soggetti prescrittori o erogatori di presta-zioni, quali direttori sanitari, farmacisti ospedalieri, economo-provvedi-tori, ingegneri clinici o degli stessi clinici, nel loro ruolo di responsabilidi unità operative complesse e non di interfaccia con i pazienti;

- aumentato la sensibilità all’interno delle Regioni e delle Aziende sanita-rie per la misurazione dei fenomeni, misurazione quantitativa.

Un terzo elemento che caratterizza il SSN è la sua continua dinamicità,che può essere letta sia a livello di sistema nel suo complesso sia in termini dicontinua evoluzione dei singoli SSR (Servizi Sanitari Regionali).

A livello nazionale un dato significativo è la sensibile riduzione dei postiletto per acuti nelle strutture pubbliche (-39% negli ultimi dieci anni) e pri-vate accreditate (-9%), con un raddoppio dei posti letto di day hospital e unaconseguente contrazione dei posti letto per ricoveri in regime ordinario mag-giore rispetto al dato complessivo. Si tratta del risultato di politiche regiona-li implementate su indirizzi nazionali che hanno gradualmente ridotto glistandard sui posti letto: l’ultimo dato è quello dell’Intesa Stato-Regioni del

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23 marzo 2005, che ha stabilito, come standard di riferimento, 4,5 posti lettoper 1000 abitanti (3,5 per acuti e 1 per non acuti). Tali politiche hanno por-tato alla chiusura di piccoli presidi ospedalieri o al potenziamento del tratta-mento territoriale della cronicità (ad esempio, riconversione di ospedali peracuti in strutture residenziali per anziani). In parallelo si è assistito a un sen-sibile aumento delle strutture per assistenza semiresidenziale (+168% tra il1997-2006) e residenziale (+163% nello stesso periodo), si veda Figura 2.

A livello regionale, significativo è invece il continuo riassetto delleAziende sanitarie pubbliche, con processi di accorpamento di Aziende sani-tarie (essenzialmente di Aziende sanitarie locali) e di scorporo dei presidiospedalieri (creazione di aziende ospedaliere), si veda Tabella 4.

IL SSN: LE CRITICITÀ PER IL FUTURO

Le considerazioni di cui sopra mettono in evidenza come il SSN abbiaottenuto importanti risultati sia sotto il profilo della tutela della salute chesotto quello del contenimento e razionalizzazione della spesa sanitaria, senzache tale contenimento abbia comportato un eccessivo aggravio di spesa acarico dei pazienti. Emergono tuttavia alcune criticità per il prossimo futuro.

La prima criticità è il disavanzo sanitario. Come sopra specificato, la spesasanitaria pubblica ha subito in Italia uno dei più bassi tassi di crescita annua-

17GLI SCENARI DEL SSN CAPITOLO 1

Figura 2 La dinamicità del SSN: i posti letto per acuti dal 1995 al 2006

Fonte: Anessi E., Cantù E. “Rapporto OASI 2008. L’aziendalizzazione della sanità in Italia”, Egea, Milano.

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CAPITOLO 1 GLI SCENARI DEL SSN

li in termini pro-capite. Nel 1990 il disavanzo sanitario rappresentava il 16%della spesa sanitaria pubblica corrente; nel 2007, la stessa incidenza era dipoco superiore al 3%. Il DL 112/2008 ha però previsto tagli consistenti alfinanziamento del SSN, con un impatto significativo nel 2010. Il DPEF(Documento di Programmazione Economica e Finanziaria) prevede per il2008 un sensibile incremento della spesa sanitaria pubblica (si veda Figura 3).

Se le proiezioni del DPEF venissero confermate, l’incidenza del disavanzosulla spesa sanitaria pubblica corrente aumenterebbe all’8,4% nel 2008, conun ulteriore incremento nel 2010 (10,2%). Si tratta di valori molto elevati,soprattutto se si considera che l’aumento del disavanzo è successivo a politi-che restrittive della spesa pubblica, e che, quindi, ulteriori iniziative di conte-nimento potrebbero rivelarsi molto complesse. A tale trend nazionale si asso-cia una forte differenziazione interregionale sui disavanzi cumulati dal 2002 aoggi. Tre Regioni (Lazio, Campania e Sicilia) rappresentano il 67% del disa-vanzo cumulato, ovvero del debito sanitario, dal 2001 al 2007, a fronte diRegioni (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Marche)

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Tabella 4 La dinamicità del SSN: l’evoluzione per regione del numero di aziende

sanitarie locali ed aziende ospedaliere

ASL AO

Numero ante Numero al Numero al Numero al Numero al 502/92 31/12/95 30/06/08 31/12/1995 30/06/08

Piemonte 63 22 13 7 8

Val d'Aosta 1 1 1 0 0

Lombardia 84 44 15 16 29

Bolzano 4 4 1 0 0

Trento 11 1 1 145 0

Veneto 36 22 21 2 2

Friuli V. G. 12 6 6 3 3

Liguria 20 5 5 3 3

Emilia R. 41 13 11 5 5

Toscana 40 12 12 4 4

Umbria 12 5 4 2 2

Marche 24 13 1 104 3

Lazio 51 12 12 3 4

Abruzzo 15 6 6 0 0

Molise 7 4 1 0 0

Campania 61 13 13 7 8

Puglia 55 12 6 4 2

Basilicata 7 5 2 1 1

Calabria 31 11 6 4 4

Sicilia 62 9 9 16 17

Sardegna 22 8 8 1 1

ITALIA 659 228 154 81 95

Fonte: Anessi E., Cantù E., “Rapporto OASI 2008. L’aziendalizzazione della sanità in Italia”, Egea, Milano

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che hanno raggiunto l’equilibrio economico-finanziario nel 2007. Le difficol-tà economico-finanziarie nel prossimo triennio saranno molto critiche per leRegioni in maggiori difficoltà economico-finanziarie, ma potrebbero toccareanche le Regioni che da alcuni anni hanno raggiunto condizioni di equilibrioeconomico-finanziario. Ciò ovviamente avrà delle ripercussioni nelle politicheredistributive delle risorse collegate ai ripiani parziali dei disavanzi.

Nel più lungo periodo diverse simulazioni effettuate a livello internazio-nale (ad esempio, le proiezioni OCSE) mostrano un trend crescente dellaspesa sanitaria pubblica (soprattutto in termini % sul PIL). Ciò renderàsempre più rilevante una riflessione sistematica sulla sostenibilità di talespesa e sulla conseguente opportunità/necessità di rafforzare forme integra-tive di finanziamento della crescente spesa privata. Su questo tema peraltrol’Italia si trova in un ritardo strutturale rispetto ad altri Paesi UE. L’esigenzadi prevedere e favorire forme di copertura della spesa privata alternativeall’out of pocket, con una conseguente maggiore redistribuzione dei rischi edella spesa e un aumento dell’equità nell’accesso alle prestazioni rappresen-terà nei prossimi anni un’importante sfida per il nostro Sistema sanitario.

Un secondo aspetto di grande criticità è la forte spinta all’autonomiaregionale nel SSN. Rispetto a tale tema vanno distinti tre aspetti, intrinse-camente collegati l’uno all’altro: l’autonomia regionale nelle politiche sani-tarie, la responsabilizzazione delle Regioni sui disavanzi sanitari (e quindisulla spesa sanitaria), il federalismo fiscale. Il federalismo (rispetto al qualel’attuale governo è impegnato, con Disegno di Legge Delega 1117/08, ad

19GLI SCENARI DEL SSN CAPITOLO 1

Figura 3 Finanziamento, spesa e disavanzo del SSN

Nota: La somma tra finanziamento e disavanzo è pari alla spesa SSN. Viene indicata l’incidenza del disavanzo sulla spesasanitaria. Le previsioni di spesa per il 2008-2010, si basano sui dati del DPEF. Per il 2008-2010 sono stimate le sommeintegrative regionali (ad esempio, le somme messe in campo dalle Regioni e provincie autonome). Per i dati antece-denti al 2008, Anessi E., Cantù E., “Rapporto OASI 2008. L’aziendalizzazione della sanità in Italia”, Egea, Milano.

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CAPITOLO 1 GLI SCENARI DEL SSN

attuare nel prossimo biennio una riforma del D.Lgs. 56/2000), non saràmai assoluto, ma avrà sempre elementi di perequazione, ovvero di redistri-buzione delle risorse sulla base della relativa capacità fiscale delle Regioni.Aumenterà però la spinta da parte delle Regioni potenzialmente autosuffi-cienti, a ridurre la quota perequativa e ad associare la perequazione a formedi responsabilizzazione esplicita delle Regioni non autosufficienti. La respon-sabilizzazione sui disavanzi rimarrà un leit-motiv dei prossimi anni: è possi-bile che vi siano ulteriori misure di ripiano, ma queste non potranno cheessere parziali e saranno sempre più criticate dalle Regioni in equilibrio eco-nomico-finanziario, soprattutto laddove tale equilibrio fosse minacciato dauna contrazione dei fondi disponibili a livello centrale, come potrebbe avve-nire nel biennio 2009-2010. La responsabilizzazione sulla spesa, in aggiun-ta alla L. 3/2001, sarà uno dei motivi per mantenere un forte decentramen-to della politiche sanitarie a livello regionale: qualora le Regioni dovesserorinunciare ad ambiti di competenza sulle politiche sanitarie, rivendichereb-bero immediatamente l’impossibilità o la difficoltà di controllo della spesa.Il decentramento regionale evoca però problematiche di equità nell’accessoai servizi sanitari. Significativa è a questo proposito la diffusione di prontua-ri ospedalieri regionali selettivi e vincolanti per le Aziende sanitarie. LeRegioni, attraverso i prontuari, esercitano il diritto di valutare un nuovo far-maco sotto il profilo anche economico (e non solo di rapporto rischio-bene-fici) e di sostenibilità per il SSR. L’esistenza di prontuari regionali pone peròun problema rilevante di equità nell’accesso all’innovazione, qualora vi fos-sero importanti differenze nei tempi di inserimento di un nuovo farmaco inprontuario e/o i criteri di valutazione fossero talmente diversi da produrredifferenze sostanziali nella disponibilità di farmaci a livello regionale.

Tali riflessioni mettono in evidenza la difficoltà di mantenere un equili-brio tra equità nell’accesso alle prestazioni sanitarie e logiche redistributivedelle risorse da una parte e decentramento/responsabilizzazione dall’altra. In linea di principio i Livelli Essenziali di Assistenza dovrebbero rappresen-tare la garanzia per mantenere tale equilibrio, ma è noto come sia difficileesplicitare in modo chiaro le garanzie di copertura dei servizi sanitari e i costiassociati all’erogazione di tali servizi.

Un terzo aspetto di grande rilevanza è, e sarà, la valutazione delle nuove tec-nologie (farmaci, dispositivi, alte apparecchiature ecc.). L’Italia è uno dei pochiPaesi europei in cui manca un’agenzia che abbia come esplicita missione quel-la dell’Health Technology Assessment, anche se l’Agenas (Agenzia Nazionaleper i Servizi Sanitari Regionali) ed alcune realtà regionali hanno formalmente

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(Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana) o informalmente (Emilia Romagna)avviato iniziative di HTA. Il tema richiederà una profonda riflessione su:- quali tecnologie valutare, il processo di valutazione richiede criteri espli-

citi di prioritarizzazione e l’assessment completo è un esercizio di indub-bia difficoltà;

- quale impatto dovrebbe avere l’HTA in termini di policy attivate;- quale dovrebbe essere il ruolo dei diversi livelli di governo (centrale,

regionale e locale) nel processo di assessment.

A livello aziendale sembra ormai consolidata l’introduzione dei sistemidi gestione manageriale, ad esempio sistemi strutturati di programmazionee controllo. La sfida del management sarà però ancora aperta su due fronti.Il primo è l’aumento della consapevolezza sulla sua utilità. In diverse realtàaziendali la sensazione è infatti che gli strumenti manageriali siano statiintrodotti per obblighi di legge o sulla spinta di società di consulenza moltofocalizzate sui mezzi più che sugli obiettivi da raggiungere. Il secondo è unulteriore sviluppo di strumenti innovativi finalizzati ad aumentare l’efficaciae l’efficienza dei processi assistenziali e amministrativi, processi che spessosono trasversali alle Aziende sanitarie (si pensi, ad esempio, a processi checoinvolgono Aziende sanitarie locali e Aziende ospedaliere). A titolo diesempio, possono essere citati il governo clinico, la gestione del rischio cli-nico, la programmazione e gestione di organizzazioni a rete, i percorsi dia-gnostico-terapeutici assistenziali, il rafforzamento di sistemi razionali digestione della funzione di produzione (ad esempio, gestione delle piattafor-me produttive, quale il blocco operatorio) e della logistica di beni e servizi,ma anche degli assistiti nell’ambito dei percorsi assistenziali, la semplifica-zione e l’orientamento al risultato dei sistemi informativi, la reingegnerizza-zione dei processi assistenziali e delle funzioni amministrative, un’attentavalutazione dei costi e dei benefici collegati a iniziative di centralizzazione diattività sanitarie (ad esempio, prestazioni diagnostiche collegate ad alte tec-nologie) e amministrative (ad esempio, acquisti).

Tale evoluzione modificherà, e in parte sta già modificando, le relazionitra imprese fornitrici e Servizio Sanitario Nazionale. Queste modifiche pos-sono essere così schematizzate:- si assisterà sempre più a un’articolazione territoriale, all’interno delle

imprese, della funzione di public affairs e di gestione del cliente pubbli-co, con la nascita e lo sviluppo (nonché l’integrazione, secondo modellimolto differenziati) di figure aziendali che gestiscono le relazioni con

21GLI SCENARI DEL SSN CAPITOLO 1

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CAPITOLO 1 GLI SCENARI DEL SSN

Regioni, direzioni aziendali, farmacisti ospedalieri e dei servizi farmaceu-tici territoriali, economo-provveditori, ingegneri clinici, clinici e profes-sionisti sanitari con funzioni di responsabilità nella gestione delle risor-se, key opinion leader all’interno dei servizi sanitari regionali;

- le relazioni tra imprese fornitrici e servizio sanitario si svilupperanno daforme elementari di natura transazionale (basate essenzialmente suglisconti) a forme avanzate, sempre di natura transazionale, (in cui il clien-te percepisce il valore del prodotto/servizio offerto) alla percezione daparte del cliente istituzionale del valore del fornitore (ad esempio, con-tributo di un’impresa farmaceutica alla valutazione di una nuova tecno-logia), fino a una consonanza piena su obiettivi e strumenti necessari perottenere tali obiettivi (ad esempio, valorizzazione di una nuova tecnolo-gia nell’ambito di un percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale);

- i due elementi che qualificheranno sempre più le imprese come interlo-cutori privilegiati del SSN saranno la capacità di dimostrare il valoreaggiunto per il sistema delle innovazioni che andranno ad offrire e disoggetti erogatori non solo di beni, ma anche di servizi al SSN.Queste, in estrema sintesi, le principali sfide per il SSN nel prossimo

futuro e il sistema di relazioni tra imprese e SSN.

Nota

Esiste un’ampia letteratura, soprattutto pubblicata in lingua italiana, sulSSN. Tuttavia un’analisi sistematica della sua evoluzione nel tempo sotto il pro-filo macroeconomico, aziendale ed epidemiologico, è presente in quattro pub-blicazioni annuali, che vengono qui suggerite per ulteriori approfondimenti.

Rapporto CEIS Sanità, Università TorVergata di Roma (http://www.cei-storvergata.it/sanita/).

Rapporto OASI (Osservatorio sulla funzionalità delle aziende sanitarie),CERGAS (Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria eSociale), Università Bocconi (www.cergas.unibocconi.it).

Rapporto Osservasalute, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma(http://www.osservasalute.it/).

Rapporto Sanità, Fondazione Smithkline (http://www.fondazionesmi-thkline.eu/pubblicazioni/archivio_libri_2.asp).

A questi va aggiunto il testo di Gianluca Fiorentini (a cura di) I servizisanitari in Italia: 2004, Il Mulino, Bologna, la cui pubblicazione si è peròinterrotta nel 2004.

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Se di una cosa può essere certa la realtà medica italiana è il suo continuomonitoraggio.

Indagini, misure, sotto il maglio della conoscenza finiscono tutte leanime del variegato settore. Ma allora era proprio necessaria una nuovaindagine sui medici italiani? Cosa era opportuno conoscere ancora?Indagare la relazione tra informazione medico scientifica stand alone einformazione erogata attraverso l’Informatore Scientifico del Farmaco(ISF) può essere cosa nota, pur se in continua evoluzione, ma indagarequesti aspetti con la gestione del paziente, questa sì è cosa interessante enuova.

Una lettura condotta poi secondo alcune linee interpretative come quel-la territoriale, dividendo il Paese in Nord, Centro e Sud potrebbe ricordar-ci come per alcune indicazioni sia ancora una nazione “lunga e stretta” comeamano ricordare gli Area Manager di questo settore, ma come la stessanazione sia compatta di fronte a questioni importanti.

Una seconda dorsale è quella della dimensione del centro abitato doveil medico opera, tra le possibili indicazioni delle fasce dimensionali si èpreferito utilizzare quella che vede i centri fino a 100.000 abitanti insie-me a definire i piccoli, quella che vede la dimensione tra 100.000 e400.000 dove ci sono le città ma non le aree metropolitane e le grandicon oltre 400.000 abitanti. I medici, che in queste aree operano in diver-se condizioni, hanno come riferimenti gli stessi interlocutori, ma accedu-ti e valutati con diverse intensità. La classe pazienti, vale a dire il nume-

23CAPITOLO 2

LA GESTIONE ‘INFORMATA’ DEL PAZIENTE:

ASPETTATIVE E REALTÀ NEL VISSUTO DEL MEDICO

DI MEDICINA GENERALE ITALIANOPaolo Mariani - Dario Carrara

da pag 23 a 34 CAP 2 20-02-2009 11:34 Pagina 23

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CAPITOLO 2 LA GESTIONE ‘INFORMATA’ DEL PAZIENTE: ASPETTATIVE E REALTÀ NEL VISSUTO . . .

ro di assistiti, indica una modalità di lettura ancora diversa: carico lavo-rativo diverso, esigenze diverse, relazioni diverse. Con una prima fasciafino a 1.000 assistiti si è poi seguito un passo di 250 in 250 per arrivareagli oltre 1.750.

Ultima indicazione l’età anagrafica: i giovani potrebbero avere esigenze evissuto differenti dai meno giovani.

Con queste chiavi si sono descritti i medici in relazione all’informazionemedico scientifica declinata secondo le fonti a disposizione, che sono statecitate dai medici in modo robusto rispetto a quelle note, come il web, macon indicazioni nuove. I nuovi attori che potrebbero offrire l’informazionemedico scientifica e gli strumenti con i quali erogarla. Una lettura chepotrebbe riservare qualche sorpresa.

Soddisfazione e miglioramento, disponibilità e attese, queste sono leparole chiave apparentemente antagoniste che hanno guidato l’indaginesondando l’informazione attraverso l’ISF nei suoi tratti classici quali lacomunicazione, l’approccio all’informazione, le fonti e gli strumenti attesi.Interessante la possibilità di operare confronti con il vissuto dei medici versol’azienda farmaceutica.

Al centro della rilevazione la gestione del paziente. Obiettivo: misurarela soddisfazione a oggi su questa tematica e offrire modalità per migliorarela qualità della vita del paziente. Mettendo in primo piano, in modo opera-tivo, i candidati ideali per supportare il medico in questa sfida e facendo unaprima riflessione su come si possa raggiungere lo scopo.

L’INDAGINE

Indagare un universo importante ed eterogeneo quale quello dei Medicidi Medicina Generale (MMG) italiani rappresenta un momento importan-te e responsabile. Importante poiché tocca temi e persone determinanti oltreche per la salute anche per il clima “sociale”. Responsabile poiché i risultatidelle indagini offrono sentieri di lettura che potrebbero indirizzare politichee sistemi di welfare.

Al fine di avviarci alla lettura dei risultati consapevoli del loro “valore”,inteso in senso di rappresentatività, è opportuno ripercorrere alcune fasi chehanno condotto alla realizzazione del progetto.

L’indagine ha visto una stretta condivisione di temi e modalità metodo-logiche da parte sia di Innovex sia della cattedra di Analisi di Mercato e

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da pag 23 a 34 CAP 2 20-02-2009 11:34 Pagina 24

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Statistica Aziendale della Facoltà di Scienze Statistiche dell’Università degliStudi di Milano Bicocca.

Dopo avere definito gli argomenti si sono vagliati gli strumenti di rileva-zione e le modalità di somministrazione attraverso indagini pilota.Importante è stata la definizione della struttura campionaria.

L’universo di riferimento è rappresentato dai 46.461 MMG operanti inItalia al marzo 2008, distinti per regione geografica. Il campione è rappre-sentativo a livello italiano con un livello di errore massimo al 3% (alfa paria 5%) e post-stratificato proporzionale rispetto alle Regioni italiane. Sonostati considerati 1220 MMG.

La somministrazione del questionario è avvenuta nel mese di aprile2008 attraverso una rilevazione di tipo misto CATI (Computer AidedTelephonic Interview) integrato CAWI (Computer Aided Web Interview). Larilevazione telefonica ha permesso di definire i criteri di eleggibilità degliintervistati, – ad esempio non considerare le sostituzioni in ambulatorio –e di offrire la possibilità di richiedere la disponibilità ai soggetti intervistatia rispondere ad alcune domande aperte via web. In modalità telefonica si èsomministrato un questionario della durata di circa 7 minuti mentre viaweb la temporizzazione è stata lasciata all’intervistato. I dati sono stati trat-tati in forma anonima e aggregata in ottemperanza alle vigenti norme sullaprivacy.

Lo strumento di rilevazione utilizzato è stato individuato nel questiona-rio. Articolato nella maggior parte in domande chiuse, ha visto sezioni ine-renti: i dati statistici dell’intervistato; l’informazione medico scientifica; l’in-formazione attraverso l’Informatore Scientifico del Farmaco; la gestione delpaziente.

Nei dati statistici dell’intervistato sono state collezionate informazioniinerenti aspetti demo-sociali e relazionali riferite al medico e più in genera-le al suo studio/ambulatorio compresi alcuni aspetti di gestione.L’informazione medico scientifica ha indagato sulle principali fonti dell’in-formazione stessa, sulla loro fruizione e gradimento nonché sui soggetti ero-gatori e gli strumenti di erogazione. L’informazione attraverso l’ISF è statalegata agli aspetti di frequenza, esclusività per le informazioni, modalitàgenerali di rapporto. La gestione del paziente (l’identificazione, l’adattamen-to alle linee guida terapeutiche, l’adesione alla terapia, l’aderenza alla tera-pia) incentrata su chi potrebbe erogarla e come potrebbe essere di ausilio almedico.

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CAPITOLO 2 LA GESTIONE ‘INFORMATA’ DEL PAZIENTE: ASPETTATIVE E REALTÀ NEL VISSUTO . . .

L’INFORMAZIONE MEDICO SCIENTIFICA

La prima parte dell’indagine si propone di offrire un’indicazione su qualisiano le fonti di informazione utilizzate dai MMG italiani, quali siano gliattori che contribuiscono a erogare le informazioni e quali siano gli stru-menti utilizzati per la loro fruizione.

Alla richiesta di indicare quale fosse al momento dell’intervista il propriogiudizio sulla qualità dell’informazione medico-scientifica erogata, utiliz-zando una scala da 1 a 7 dove 1 è insufficiente e 7 ottimo, i medici italianisi posizionano su un valore pari a 5,4, al di sopra della sufficienza e allinea-to con la ripartizione geografica Centro, mentre le altre ripartizioni si disco-stano solo dello 0,1.

Nel dettaglio, il 13,8 % si dichiara pienamente soddisfatto (valore 7) e il15% dei medici esprime un giudizio di insoddisfazione (da 1 a 4).

Rispetto all’età le classi estreme, fino a 40 anni e oltre i 60 anni, sono lemaggiormente soddisfatte con un giudizio pari a 5,6.

Considerando la classe per numero di pazienti, i giudizi sono molto alli-neati, eccezion fatta per i massimalisti che esprimono un valore pari a 5,1.

Allineati anche i giudizi letti attraverso la dimensione dei centri abitatidove i medici operano.

Portando il focus sulle fonti per l’informazione medico scientifica, sem-pre con riferimento all’esperienza del medico, si è chiesto di indicare qualifossero le fonti principali per l’informazione medico scientifica; nell’elencospontaneo del medico sono risultate tra le principali:- riviste;- web;- ISF;- congressi/incontri;- Ministero della Salute/ASL.

In particolare al primo posto risultano le riviste, seguite dall’ISF e dalweb, minori riscontri ricevono i congressi e gli incontri che coinvolgono imedici, infine il canale meno utilizzato è rappresentato dal Ministero dellaSalute/ASL (Figura 1).

Nei centri minori è maggiore il riferimento al Ministero dellaSalute/ASL, mentre nei centri maggiori è minore il riferimento a congressie incontri.

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L’uso del web appare decrescente al crescere dell’età anagrafica (54,1%nella classe oltre 60 anni) mentre il riferimento al Ministero dellaSalute/ASL è minimo per i medici più giovani (4,8% nella classe fino a 40anni).

Il peso delle riviste decresce all’aumentare della dimensione della classepazienti, a favore dei congressi e degli incontri e del web.

A livello territoriale i profili di fruizione sono sufficientemente simili, aparte l’elevato valore della fonte Ministero della Salute/ASL, 18,5% nelNord a fronte di un valore Italia del 15%.

Tra i soggetti che potrebbero offrire informazione medico scientificasono stati indicati i medici, il personale infermieristico e quello delleASL ed è stato chiesto di esprimere il grado di accordo (1 completamen-te in disaccordo, 5 completamente d’accordo). I medici sono stati gliunici ad avere il placet da parte dei loro colleghi con un valore pari al 4,2(Figura 2).

Fermo restando questa indicazione di base, più disponibili appaiono igiovani ad accogliere il personale della ASL (2,8 rispetto a una media Italia

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Figura 1 Percentuale di medici per canale informativo utilizzato

Fonte: elaborazioni su dati Innovex

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CAPITOLO 2 LA GESTIONE ‘INFORMATA’ DEL PAZIENTE: ASPETTATIVE E REALTÀ NEL VISSUTO . . .

del 2,3) e più in generale i medici con una dimensione ridotta della classepazienti sembrano maggiormente orientati ad accessi di altri soggetti eroga-tori. La dimensione del centro non mostra indicazioni rilevanti su questatematica.

Si sono proposti ai medici alcuni strumenti per l’erogazione dell’infor-mazione medico scientifica chiedendo di esprimere il gradimento (1 nongradito, 5 molto gradito). I tre item di base sono stati il Contact Center, lavisita personale e il sito web.

Al primo posto con un livello pari a 4 è risultata la visita personale, alsecondo il sito web con il 3,8 e al terzo il Contact Center con il 2,3.

Non sono risultate differenze significative con riferimento alla dimensio-ne del centro abitato, mentre l’età in classi ha indicato un minimo favore sututte le modalità da parte dei più giovani, in particolare con un valore estre-mamente contenuto riferito al Contact Center (1,9). Per la classe pazientiinteressante è la preferenza per la modalità maggiore rispetto alla visita.Rispetto alle grandi ripartizioni territoriali il Nord si pone costantemente aldi sotto del valore Italia.

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Figura 2 Punteggio medio su una scala da 1 (totale disaccordo)

a 5 (totale accordo)

Fonte: elaborazioni su dati Innovex

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L’INFORMAZIONE ATTRAVERSO L’INFORMATORE SCIENTIFICO DEL FARMACO

Il 55,3% dei medici riceve l’informazione da 6 a 10 volte a settimana,il 23,4% da 11 a 15 volte, il 16,9% fino a 5 volte e il 4,4 oltre 15 volte(Figura 3).

Le informazioni a oggi veicolate attraverso l’ISF potrebbero essere rac-colte in altro modo e con la stessa facilità per il 31,9% dei medici facendoriferimento a web e riviste. Tale valore diminuisce per i medici nella fasciadi età 41-45 anni (27,4%), per la classe pazienti 1250-1499 (27%), nelCentro Italia (30,7%) nelle località con un numero di abitanti compreso tra100.000 e 400.000 (29,9%).

Alla domanda su come si preferirebbe fosse comunicata l’informazio-ne medico scientifica da parte dell’ISF si sono offerte quattro modalitàdi base: insieme ad altri medici con una azienda per volta, da solo conpiù aziende, insieme ad altri medici con più aziende, da solo conun’azienda.

Come prima scelta i medici preferirebbero mantenere lo status quo equindi da soli con una sola azienda, come seconda modalità insieme ad altrimedici ma con una sola azienda, insieme ad altri medici con più aziende peril 9,3% dei medici, e infine da soli con più aziende è la modalità che racco-glie le minori preferenze (Figura 4).

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Figura 3 Distribuzione dei medici per frequenze di visite settimanali; v.a. e %.

Fonte: elaborazioni su dati Innovex

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CAPITOLO 2 LA GESTIONE ‘INFORMATA’ DEL PAZIENTE: ASPETTATIVE E REALTÀ NEL VISSUTO . . .

La modalità di comunicazione insieme ad altri medici con più aziendeassume valori rilevanti nell’ampiezza pazienti 1.250-1.499 e 1.500-1.749rispettivamente con valori pari a 10% e 11,6% al di sopra del dato Italia.Assente la modalità insieme ad altri medici con più aziende per i massima-listi. La scelta del face to face è particolarmente rilevante nel Nord (68,2%).

L’approccio degli ISF che più frequentemente si osserva potrebbe esseredefinito attraverso un range di aggettivi quali: Commerciale, Scientifico,Etico, Educato, Amicale, Relazionale, Consulenziale, Professionale o Altro.

Per un medico di medicina generale italiano su tre al primo posto siritrova l’aggettivo Professionale, seguito da Commerciale (uno su cinque),Scientifico (uno su sette), Amicale (uno su dieci). In tabella tutti i valori. Lemaggiori distanze dai valori italiani di riferimento sono:- Commerciale nei centri maggiori (25,3%);- Professionale nel Centro Italia (35,9%).

Pensando all’informazione da parte dell’ISF il 57,2% dei MMG pensache ci siano delle lacune da colmare, per lo più individuate nella necessità dimaggiore obiettività e “scientificità”. Tale indicazione decresce all’aumenta-re dell’età del medico, i più giovani hanno come valore il 60%, mentre i piùanziani il 48,6%, ed è inversamente proporzionale alla possibilità di veico-lare altre informazioni. Tale indicazione emerge in particolare dai mediciche operano nei piccoli centri (58,4%).

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Figura 4 Distribuzione dei medici per modalità di comunicazione

dell’informazione; v.a. e %

Fonte: elaborazioni su dati Innovex

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Oltre all’informazione medico scientifica sul farmaco, i medici riterreb-bero utile ricevere dall’Informatore altre informazioni per il 51,6%, in par-ticolare riguardanti aspetti normativi.

In merito ai materiali che normalmente vengono consegnati dagli ISF, il45,4% dei medici pensa ci siano altri strumenti/materiali maggiormenteutili ai fini della sua attività. In particolare i massimalisti con il 55,7%.

L’approccio delle aziende farmaceutiche più frequentemente osservatonei confronti del medico è stato aggettivato come segue: Commerciale,Scientifico, Etico, Educato, Professionale o Altro se indicato. Per il 60,1%dei medici l’azienda ha un approccio Commerciale, per il 18,6%Professionale e per il 12% Scientifico (Figura 5).

LA GESTIONE DEL PAZIENTE

Con riferimento alla gestione del paziente è emerso che l’informazione èfortemente incentrata sul prodotto e tiene meno in considerazione i diversiaspetti del ruolo del medico nella gestione del paziente quali: l’identificazio-ne, l’adattamento alle linee guida terapeutiche, l’adesione alla terapia, l’ade-renza alla terapia. In questa sezione si è voluto indagare il come e chi.

Il 77,4% dei medici ritiene utile un supporto alla gestione del paziente

31LA GESTIONE ‘INFORMATA’ DEL PAZIENTE: ASPETTATIVE E REALTÀ NEL VISSUTO . . . CAPITOLO 2

Figura 5 Distribuzione dei medici per percezione dell’approccio comunicativo

tenuto dall’azienda; v.a. e %

Fonte: elaborazioni su dati Innovex

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CAPITOLO 2 LA GESTIONE ‘INFORMATA’ DEL PAZIENTE: ASPETTATIVE E REALTÀ NEL VISSUTO . . .

per migliorarne la qualità della vita. E per questi a oggi il giudizio sul sup-porto è pari a 4,2 su 7.

Tale supporto appare maggiormente sentito per i giovani (85,7%) rispet-to ai medici con oltre 60 anni (75,7%).

Tale indicazione è trasversale alla classe pazienti e maggiormente sentitanei piccoli centri (78,5%).

Tra gli interlocutori istituzionali che potrebbero farsi carico di talegestione la ASL riceve il 71,4% dei consensi a fronte del 12,4 % dell’azien-da farmaceutica, e del 7,5% dell’azienda di servizi.

A preferire l’azienda farmaceutica e le aziende di servizi sono in particola-re i massimalisti (rispettivamente 18% e 14%) mentre sulla ASL ripongonola loro indicazione i medici con pazienti nella classe 1.000 - 1.249 (Figura 6).

Nei centri minori permane l’indicazione dell’azienda farmaceutica edelle aziende di servizi (rispettivamente 12,7% e 8%). L’azienda farmaceu-tica riscuote consensi anche nei centri di grandi dimensioni (13,2%) men-tre la ASL è interlocutore gradito in particolare in quelli di medie dimensio-ni (79,3%).

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Figura 6 Distribuzione dei medici per numero di pazienti e

possibili interlocutori aziendali; %

Fonte: elaborazioni su dati Innovex

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Il Nord Italia appare maggiormente propenso all’azienda farmaceutica, ilCentro alle aziende di servizi e il Sud alle ASL (rispettivamente 13,1%,8,7% e 74,2%). Considerando l’età anagrafica, la ASL si candida a esserel’interlocutore.

Tra le figure da coinvolgere il paramedico pesa per il 16,6%, l’ISF per il15,4%, l’infermiere per il 25,3%, e nella voce altro molto importante è lafigura del medico.

Se un’azienda si facesse carico di un supporto alla gestione del pazienteattraverso infermieri professionali, il medico, utilizzando una scala da 1 a 7dove 1 è non interessante e 7 molto interessante, giudicherebbe tale oppor-tunità come 5,2.

UNO SGUARDO D’INSIEME AL VISSUTO E ALLE ESIGENZE DEGLI MMG ITALIANI

I medici, su sollecitazione diretta, sono soddisfatti dell’informazione ma,se indagati sulle opportunità di miglioramento, dichiarano ampi spazi esono pronti anche a “contaminarsi’ con altri soggetti. Sembra esserci la con-sapevolezza che fare sistema con vecchi e nuovi attori della salute non possache portare benefici.

Il medico è portato a scegliere, decidere in autonomia. Se questo è sem-pre stato un tratto distintivo della professione, oggi, con l’aumentato carico“burocratico”, la pressione delle aziende, i pazienti sempre più spesso auto-informati su patologie e trattamenti, esso diviene elemento di possibile sup-porto attraverso colleghi e nuovi attori.

Il medico è il pivot, ma attorno a lui devono ruotare figure nuove conautonomia e disponibilità rinnovata. Gestire il paziente, seguire l’aderenzaalla terapia, monitorarlo con maggiore frequenza e non al bisogno sembraessere un necessità e per di più a portata di mano.

Il medico si approvvigiona dall’informatore di notizie inerenti i prodot-ti, utilizza riviste e web per approfondire i propri interessi, riceve l’informa-zione in modo più soddisfacente e pieno. Con l’avvento di nuove soluzionidi Health Management – e avvalendosi di possibili supporti, attraverso infer-mieri professionali – il medico può ottimizzare la gestione dei pazienti, chemonitora e segue in modo costante, senza aggravio in termini di tempo econ una maggiore efficacia dal punto di vista della salute.

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LA COMUNICAZIONE:UN PROCESSO COMPLESSO

La comunicazione è un processo complesso e mediato dai meccanismidella percezione: quello che noi recepiamo del mondo esterno è interpreta-to sulla base di come organizziamo i dati sensoriali che ci vengono presen-tati, dal modo in cui le nostre percezioni vengono selezionate, influenzate emesse in relazione con le nostre credenze, le nostre motivazioni, i nostribisogni.

Esiste un settore, il mondo della comunicazione scientifica farmaceuti-ca, dove queste osservazioni assumono una rilevanza ancora maggiore pervia di alcune caratteristiche particolari.

Fra le più rilevanti, ai nostri fini, possiamo citare:- la traslazione della scelta dal consumatore vero e proprio (il paziente) al

medico che deve così provvedere alla costruzione indiretta dei propriindicatori;

- la comunicazione scientifica al medico, regolata per legge e delegata alleaziende farmaceutiche che la svolgono mediante gli InformatoriScientifici del Farmaco (ISF).

Assume allora una particolare rilevanza la possibilità di misurare lacomunicazione sia come distorsione dall’emittente originario al destina-

35CAPITOLO 3

DOTTORE CI DICA! IL METODO DELL’ANALISI

TESTUALE APPLICATO AD UNA RICERCA

SULLA MEDICINA GENERALEPaolo Mariani - Gianfranco Ventre

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CAPITOLO 3 DOTTORE CI DICA! IL METODO DELL’ANALISI TESTUALE APPLICATO . . .

tario finale, sia come misura di quanto ritenuto, memorizzato e metabo-lizzato da esso.

Le tecniche abitualmente usate misurano il ricordo della comunicazioneattraverso tutto quanto può ricondurci “letteralmente” alla comunicazioneoriginale. In questo modo non vengono rilevati i concetti, i contenuti delmessaggio che sono stati fatti propri dal ricevente mediante una propria rie-laborazione autonoma. In altre parole non misuriamo il senso ritenuto dalricevente, elaborato e memorizzato attivamente.

Le tecniche di analisi statistica testuale rispondono a questa necessitàapplicando tecniche statistiche a materiali, i testi, che normalmente vengo-no approcciati con tecniche qualitative. Vedremo specificamente un’appli-cazione alla analisi delle domande aperte sottoposte ad un campione dimedici.

L’ANALISI TESTUALE: UNO STRUMENTO PER LA RICERCA

Le domande aperte costituiscono una fonte di informazione sicuramen-te preziosa, rispetto alla quale è però necessaria una riflessione sulle tecni-che di analisi da impiegare, per non incorrere in interpretazioni suggestive,ma formulate attraverso procedure di analisi difficilmente codificabili eripetibili. I problemi principali sono quelli di assicurare la profondità e larilevanza delle interpretazioni, insieme alla costruzione di un percorso dianalisi che garantisca la trasparenza e la riproducibilità delle procedureseguite. L’analisi testuale che si avvale delle tecniche statistiche assicuraentrambi gli obiettivi: da un lato si può esplorare sistematicamente la strut-tura del testo (dimensioni, occorrenze), dall’altro la possibilità di documen-tare l’intero percorso di analisi e renderlo univoco e riproducibile. Grazieanche a programmi informatici che consentono l’indicizzazione (o nume-rizzazione) rapida dei corpus testuali, è possibile analizzare in modo sistema-tico e talvolta semi-automatico corpus testuali.

Il ricorso alle tecniche di analisi testuale può essere considerato come unadelle strategie ponte per eccellenza tra metodiche qualitative e quantitativeconiugando la ricchezza interpretativa con la necessità di produrre lavoriempirici pubblicamente controllabili.

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STRATEGIE DI ANALISI

Le procedure della statistica testuale non si limitano semplicemente a“contare le parole”, anche se per corpus di vaste dimensioni la semplice pre-sentazione delle parole più ricorrenti è spesso di per sé altamente rilevante.Le strategie di analisi vanno dalla possibilità di “navigare” nel testo perapprofondirne i contenuti, a quella di proiettare le parole sul piano fatto-riale, arrivando infine alla determinazione di profili lessicali specifici, gra-zie al confronto tra alcune parti e la totalità del corpus. Inoltre, nel casodelle domande aperte in questionari strutturati è possibile far partecipare levariabili categoriali all’analisi, in modo da mettere in relazione le parole, ei significati a cui queste rinviano, a determinate caratteristiche degli autoridei soggetti intervistati. L’analisi delle corrispondenze consente di sintetiz-zare l’informazione contenuta in una matrice di dati, visualizzando sulpiano fattoriale l’associazione tra alcune forme ritenute rilevanti ai fini del-l’analisi. Gli assi possono essere interpretati in qualità di dimensionisemantiche attraverso cui leggere il corpus: più le parole sono distanti dal-l’origine degli assi più elevato è il loro contributo alla determinazione (equindi al significato) degli assi; inoltre, la vicinanza tra parole sul piano fat-toriale rinvia a una loro combinazione o associazione nel testo originario.Per effettuare l’analisi delle corrispondenze è necessario organizzare i datiin matrice. L’analisi delle corrispondenze consente di visualizzare sul pianografico alcune associazioni tra parole e variabili-modalità, tali da suggerirela lettura del testo attraverso fattori che suggeriscono dimensioni di sensolatenti.

Riassumendo quanto esposto fin qui sulle possibili strategie di analisi èpossibile sintetizzare i punti di forza delle procedure di analisi testuale neiseguenti aspetti:1) la potenzialità descrittivo-esplorativa rispetto a corpus testuali anche

molto vasti;2) l’ispezionabilità della base dei dati e quindi la garanzia della ripetibilità e

dell’intersoggettività dell’analisi (prerogativa da non confondersi con lapretesa di oggettività garantita in modo acritico dal supporto tecnico-informatico);

3) l’esplicitazione necessaria delle fasi dell’analisi che contribuisce alla rico-struzione delle procedure e al loro controllo;

4) l’integrazione e la connessione dei dati testuali con variabili categoriali

37DOTTORE CI DICA! IL METODO DELL’ANALISI TESTUALE APPLICATO . . . CAPITOLO 3

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CAPITOLO 3 DOTTORE CI DICA! IL METODO DELL’ANALISI TESTUALE APPLICATO . . .

associate ai documenti che permettono ulteriori elaborazioni nel disegnodella ricerca.

FASI PRELIMINARI

La lingua non costituisce una base di dati come siamo abituati a veder-la, essendo composta da elementi, le parole, di significato non sempre uni-voco e dipendente dal contesto e non essendo inoltre facilmente inquadra-bile in una definizione operativa.

Nelle fasi che precedono un’analisi statistica di dati testuali, il corpus daanalizzare può essere sottoposto a diversi trattamenti preliminari di standar-dizzazione, nel tentativo di migliorare la qualità del dato analizzato e di con-seguenza la validità dei risultati delle elaborazioni statistiche successive.Operazioni di normalizzazione, lemmatizzazione e/o lessicalizzazione per-mettono di ridurre le ambiguità ed eliminare variazioni non significative sulpiano del contenuto.

L’INDAGINE

Nell’ambito di una ricerca condotta su più di 1.200 Medici diMedicina Generale, attraverso una modalità di somministrazione mista(telefonica e web), e i cui risultati quantitativi sono riportati nel capitolo2, sulla parte qualitativa (web) è stata applicata la metodologia dell’anali-si testuale.

Nel corso delle interviste è stato chiesto ai medici se fossero disponibilia rispondere via web ad alcuni ulteriori quesiti, per completare l’indagine.Hanno aderito 350 medici cui è stato chiesto di rispondere alle seguentidomande:1) «Dottore, pensando alla Sua attività, quali sono ad oggi le Sue esigenze

non soddisfatte, quali nuovi servizi ipotizza per poterle soddisfare e aquesto fine come pensa dovrebbe evolversi il rapporto con le aziende far-maceutiche?»

2) «Dottore, pensando all’informazione scientifica offertale dall’ISF, vededegli spazi di miglioramento? Se si, quali?»

Le domande riguardano entrambe l’area della percezione del rapporto

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tra medico e azienda farmaceutica/ISF, le risposte sono state unificate e trat-tate come una unica risposta.

Il corpus è stato sottoposto alle seguenti procedure di standardizzazione: 1) normalizzazione (ad esempio sotto un unico lemma, il lemma ISF, sono

state unificate le varie espressioni sottese: informatore, informatorescientifico, informatore del farmaco ecc.);

2) lemmatizzazione (riconduzione alla forma lemmatizzata, quella che siincontra sul dizionario);

3) disambiguazione (ad esempio distinguere la parola studio tra le occor-renze in cui ci si riferisce allo studio del medico e le occorrenze in cui siintende studio clinico).

A questo punto si è sottoposto il corpus alla procedura di analisi delle cor-rispondenze multiple. Questa procedura statistica ha permesso di definiretre dimensioni principali lungo i cui assi possiamo disporre le parole chiaveemerse dal corpus. In tal modo si possono interpretare le dorsali principalidella percezione dei medici come emerge dalle interviste.

39DOTTORE CI DICA! IL METODO DELL’ANALISI TESTUALE APPLICATO . . . CAPITOLO 3

Figura 1 La prima e la seconda dimensione: servizio vs tempo

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CAPITOLO 3 DOTTORE CI DICA! IL METODO DELL’ANALISI TESTUALE APPLICATO . . .

Nelle Figura 1 e 2 sono mostrati su assi cartesiani i risultati sintetici del-l’analisi delle corrispondenze multiple: in ascissa in entrambe le figure laprima dimensione (che è anche la più “pesante” in termini di variabilità spie-gata) che è stata sinteticamente definita come la dimensione del servizio.

La dimensione del servizio polarizza da un lato (nella fattispecie il ver-sante positivo, ma ricordiamo che il segno è assolutamente convenzionale)il concetto di servizio visto come possibilità e capacità delle aziende di orga-nizzazione di reti comunicative e di informazione tra medici e la capacità ingenerale di veicolare informazioni. Sul versante opposto una visione piùrigidamente relazionata del concetto di servizio, più limitata in ruoli e rap-porti impersonali e che si concretizza nella richiesta di supporto per l’acqui-sizione di materiali e strumenti per attività di studio, ad esempio strumen-tazione diagnostica.

In ordinata nella Figura 1 vediamo la seconda dimensione che è quelladel tempo. Il versante positivo (anche qui il segno è del tutto convenziona-le) e quello del concetto della utilità del tempo dedicato all’informazione,obiettivo da perseguire anche con le possibilità offerte dalle nuove tecnolo-gie, Internet e le tecnologie dell’informazione in primo luogo. Lungo il ver-

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Figura 2 La prima e la terza dimensione: servizio vs qualità

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sante negativo invece si dispongono i vari aspetti di percezione di scarsitàdella risorsa tempo in particolare in presenza di ripetitività, scarsa obiettivi-tà e forte pressione commerciale.

In ordinata della Figura 2 incontriamo declinata la terza dimensione cheè quella della qualità.

Il versante positivo riporta ai concetti di collaborazione di soddisfazionee di buoni rapporti con gli ISF. Il versante negativo ci parla invece della per-cezione di una informazione commerciale e di parte e il desiderio di infor-mazioni pratiche in particolare sugli aspetti burocratici, farmacoeconomicie di rapporto con le ASL che diventano di giorno in giorno più pervasivi.

LA DIVISIONE DEI MEDICI IN GRUPPI

In questa fase sono stati applicati a ciascuna delle interviste ai medici irisultati dell’analisi delle corrispondenze multiple. Le parole utilizzate dalmedico nella propria intervista hanno prodotto, attraverso il valore espressosulle dimensioni precedentemente individuate, degli indici di posiziona-mento sulle dimensioni stesse: in altre parole ciascun medico è stato posi-zionato sugli assi generati con l’analisi delle corrispondenze e questo posi-zionamento indica il senso e i concetti espressi dai medici nelle interviste.

Ogni medico avrà quindi un indice numerico che esprimerà la sua posi-zione su ognuno degli assi.

Utilizzando questi indici numerici le interviste sono state sottoposte adanalisi dei gruppi (cluster) utilizzando la tecnica delle k-means.

La Figura 3 propone la suddivisione in clusters dei 350 medici conside-rati: sono stati individuati quattro clusters.

41DOTTORE CI DICA! IL METODO DELL’ANALISI TESTUALE APPLICATO . . . CAPITOLO 3

Figura 3 Distribuzione dei medici per cluster – v.a. e %

Fonte: Elaborazioni su dati Innovex

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CAPITOLO 3 DOTTORE CI DICA! IL METODO DELL’ANALISI TESTUALE APPLICATO . . .

Le figure dei posizionamenti di ciascun cluster evidenziano il posiziona-mento sugli assi dei singoli medici appartenenti al cluster e anche uno spec-chietto di sintesi ottenuto calcolando il baricentro di ciascun cluster e ilposizionamento in percentili del baricentro stesso rispetto al totale dell’asse:quindi un valore “++” indica un posizionamento del cluster nella parte piùestrema del versante positivo dell’asse, un valore “– –” un posizionamentodel cluster nella parte più estrema del versante negativo dell’asse, i segni “+”e “-” indicano sempre versante positivo o negativo ma più vicino al centrodell’asse. Si è identificata inoltre una “zona indistinta” nell’intorno del cen-tro dell’asse (sulla base dei percentili centrali) indicata con il segno “=”.

Cluster 1Il cluster 1 è stato definito sinteticamente dei medici “soddisfatti sistemi-

ci” e il loro posizionamento appare nelle Figure 4 e 5.

Questi medici appaiono orientati fortemente al concetto di servizio vistocome possibilità e capacità delle aziende di organizzazione di reti comunica-tive e di informazione tra medici e la capacità in generale di veicolare infor-mazioni. Sono, mediamente, in area di indifferenza rispetto alla dimensio-

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Figura 4 Il cluster 1 “soddisfatti sistemici” sulle dimensioni servizio vs tempo

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ne del tempo, mentre esprimono fortemente concetti di collaborazione, disoddisfazione e di buoni rapporti con gli ISF. Scrivono:

«… migliore contatto con l’industria nell’attuazione di Ecm pratici… almiglioramento non vi è mai fine… dare più spazio all’informazione medicoscientifica… ne avrà beneficio sia il medico che tramite ISF si può aggiornare,sia l’ISF…»

«… il rapporto con l’azienda farmaceutica dovrebbe in generale tendere aproporre al medico, nel rispetto delle esigenze commerciali, gli aggiornamentiscientifici più attuali… prevedere contatto regolare tramite web organizzareperiodicamente incontri… in generale sono abbastanza soddisfatto della infor-mazione scientifica e del mio rapporto con gli ISF…»

«ripristinare i vecchi servizi: libri, pubblicazioni, strumenti utili alla profes-sione e cene per scambiare opinioni con i colleghi… minore pressione delleaziende farmaceutiche sugli ISF…»

Per ogni cluster sono state individuate le parole usate più frequentemen-te, le meno frequentemente e quelle esclusive, tutte misurate rispetto aglialtri cluster. Ecco una sintesi delle più significative.

43DOTTORE CI DICA! IL METODO DELL’ANALISI TESTUALE APPLICATO . . . CAPITOLO 3

Figura 5 Il cluster 1 “soddisfatti sistemici” sulle dimensioni servizio vs qualità

da pag 35 a 52 CAP 3 20-02-2009 11:31 Pagina 43

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CAPITOLO 3 DOTTORE CI DICA! IL METODO DELL’ANALISI TESTUALE APPLICATO . . .

Tra le parole più frequenti, innanzitutto quelle che esprimono diretta-mente soddisfazione nel rapporto: soddisfare, soddisfatto, soddisfacente, equelle che la declinano: partecipazione, utile, formativo.

Tra le parole esclusive: direttamente, soddisfazione, e declinando: aggior-nare, puntuale.

Cluster 2Il cluster 2 è stato definito sinteticamente dei medici “distaccati pragma-

tici” e il loro posizionamento appare nelle figure 6 e 7.

I medici di questo cluster appaiono indifferenti, distaccati appunto,rispetto alle esigenze di utilizzo del tempo e di qualità espresse dai loro col-leghi; presentano, come si evince dagli esempi seguenti, una visione più rigi-damente relazionata del concetto di servizio, più limitata in ruoli e rappor-ti impersonali e che si concretizza nella richiesta di supporto per l’acquisi-zione di materiali e strumenti per attività di studio, ad esempio strumenta-zione diagnostica. Scrivono:

«… rapporto più professionale tra il medico e l’azienda… cercare di fare pas-sare in secondo piano la problematica del mercato… rispettare delle cadenzeregolari con appuntamento programmato come sta già avvenendo nel mio

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Figura 6 Il cluster 2 “distaccati pragmatici” sulle dimensioni servizio vs tempo

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caso… pensare soprattutto all’informazione scientifica del farmaco vero e pro-prio nel senso letterale del termine, tralasciare le problematiche di mercato…»

«… dedicare più tempo all’informazione e pertanto alla prevenzione stabi-lendo un calendario e lavorare per gruppo di pazienti, effettuare presso il pro-prio ambulatorio esami elementari quali determinazione PT determinazionephmetria, determinazione emogasanalisi, spirometria…. analizzare in modopiù proficuo l’utilizzo di farmaci, analizzare pro e contro e trattare eventualeinterferenza: il tutto dovrebbe essere documentato scientificamente su evidenzaclinica e non su dépliant promozionale… diminuire il numero di incontri,migliorare da un punto di vista qualitativo …»

Per ogni cluster sono state individuate le parole usate più frequentemen-te, le meno frequentemente e quelle esclusive tutte misurate rispetto aglialtri cluster. Ecco una sintesi delle più significative.

Tra le più frequenti a sottolineare la rigidità e il distacco nella percezio-ne dell’informazione medico-scientifica: propagandare, frequente, orario esoprattutto riguardo.

Tra le meno frequenti a sottolineare il concetto di scarsa utilità: visita,utile.

45DOTTORE CI DICA! IL METODO DELL’ANALISI TESTUALE APPLICATO . . . CAPITOLO 3

Figura 7 Il cluster 2 “distaccati pragmatici” sulle dimensioni servizio vs qualità

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Page 47: Le sfide del sistema salute: opportunità innovative nelo rapporto pubblico-privato

CAPITOLO 3 DOTTORE CI DICA! IL METODO DELL’ANALISI TESTUALE APPLICATO . . .

Tra le parole esclusive a ribadire il distacco: principio, analizzare, compa-rativo, meritare, scienza, superficiale.

Cluster 3Il cluster 3 è stato definito sinteticamente dei medici “negativi contrap-

posti” e il loro posizionamento appare nelle Figure 8 e 9.

I medici “negativi contrapposti” sono tali in quanto, oltre che una visio-ne limitata e rigida del ruolo che le aziende potrebbero svolgere nella forni-tura di servizi, sono fortemente negativi nella visione dell’utilizzo del tempoper ciò che attiene le relazioni con le aziende e gli ISF, considerandolo inestrema sintesi tempo speso male se non addirittura tempo perso. Accentuaulteriormente la contrapposizione negativa l’indifferenza espressa ancheverso la qualità della relazione. Scrivono:

«… sicuramente l’esigenza che sento maggiormente è quella dell’aggiorna-mento ma, questo è il problema, un aggiornamento di qualità e specifico per lamia attività… credo che l’ostacolo più grande sia trovare il tempo, i luoghi e iritmi giusti per tale attività…»

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Figura 8 Il cluster 3 “negativi contrapposti” sulle dimensioni servizio vs tempo

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«… facilitare la conoscenza di tutto ciò che concerne il farmaco non soloquindi notizie sulla singola molecola ma anche le normative, le sperimentazio-ni in atto e altre notizie… l’informazione che le aziende farmaceutiche porta-no negli ambulatori dovrebbe essere più completa e soprattutto obiettiva, troppospesso vengono sottolineati solo gli aspetti positivi e molto meno o per nulla quel-li meno positivi…»

«… sarebbe utile una formazione continua più centrata sulla problematicadella medicina generale… difficilmente ci vengono portati studi clinici di medi-cina generale; il materiale umano dei trial non è mai quello che vede il MMGed io vorrei vedere lavori della medicina generale…»

Per ogni cluster sono state individuate le parole usate più frequentemen-te, le meno frequentemente e quelle esclusive tutte misurate rispetto aglialtri cluster. Ecco una sintesi delle più significative.

Tra le più frequenti prevalgono i termini che rimandano alla scarsa per-cezione di utilità: inutile, beneficio, impegno.

Stessa sottolineatura evidenziata dalla bassa frequenza di: scientifico, sod-disfatto e dall’uso esclusivo di isolamento, motivazione.

47DOTTORE CI DICA! IL METODO DELL’ANALISI TESTUALE APPLICATO . . . CAPITOLO 3

Figura 9 Il cluster 3 “negativi contrapposti” sulle dimensioni servizio vs qualità

da pag 35 a 52 CAP 3 20-02-2009 11:31 Pagina 47

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CAPITOLO 3 DOTTORE CI DICA! IL METODO DELL’ANALISI TESTUALE APPLICATO . . .

Cluster 4Il cluster 4 è stato definito sinteticamente dei medici “disponibili aperti

tradizionalisti” e il loro posizionamento appare nelle Figure 10 e 11.

Questo gruppo di medici, il meno numeroso, appare come quellomeno rigidamente attestato su posizioni preconcette: questi medici, sep-pure portatori di un atteggiamento tradizionalista in senso di attesa delleproposte delle aziende, si rendono anche aperti e pronti ad accettare siaservizio come organizzazione di reti tra medici e capacità di veicolareinformazione, sia una propensione all’utilizzo del tempo in direzione diun suo migliore utilizzo anche mediante l’uso di nuovi mezzi e nuove tec-nologie. Scrivono:

«… sarebbe educativo e piacevole favorire una maggiore partecipazione deiMMG a congressi medici full immersion, anche le visite aziendali sono moltointeressanti… a mio avviso gli ISF sono in genere piuttosto preparati purtroppoquelli che riescono ad essere, o almeno a sembrare, obiettivi sono pochi, devo poiprecisare che non sopporto, e abitualmente non premio, quelli che fanno infor-mazione aggressiva…»

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Figura 10 Il cluster 4 “disponibili aperti tradizionalisti” sulle dimensioni servizio vs tempo

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«… qualche volta manca un po’ di obiettività dell’ISF, sul suo farmaco lasciatrasparire la pressione dell’azienda… come servizio l’azienda, sfruttando il web,dovrebbe sviluppare Ecm, bibliografia, modulistica, software per il medico… equesto potrebbe essere l’evoluzione del rapporto con le aziende anche se il contat-to umano con l’ISF è unico e non sostituibile…»

«… mi mancano, non mi vergogno a dirlo, le cene anche con i colleghiorganizzate fino a pochi anni fa, punto di incontro conoscenza e scambio diopinione… così come mi mancano i convegni con la ‘c’ maiuscola magariorganizzati anche in altri giorni o serate della settimana e non sempre disabato… mi manca la gadgettistica fantasiosa e curiosa che andava in vogafino a qualche anno fa… mi manca il rapporto che si era instaurato neglianni passati con informatori che hanno militato nella stessa ditta per più di10, 20 anni…»

Per ogni cluster sono state individuate le parole usate più frequentemen-te, le meno frequentemente e quelle esclusive tutte misurate rispetto aglialtri cluster: ecco una sintesi delle più significative.

49DOTTORE CI DICA! IL METODO DELL’ANALISI TESTUALE APPLICATO . . . CAPITOLO 3

Figura 11 Il cluster 4 “disponibili aperti tradizionalisti” sulle dimensioni servizio vs qualità

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Page 51: Le sfide del sistema salute: opportunità innovative nelo rapporto pubblico-privato

CAPITOLO 3 DOTTORE CI DICA! IL METODO DELL’ANALISI TESTUALE APPLICATO . . .

Le parole più frequenti danno conto dell’atteggiamento aperto rispettoalla relazione con le aziende: contenuti, curare, impostare, cambiare, realtà,confronto, rapporto; trovando conferma anche nei termini caratterizzati daun uso esclusivo da parte dei medici di questo cluster: spinta, potenziare,coniugare, stimolare.

INDICAZIONI

Le risposte alle domande aperte del questionario hanno costituito unafonte di informazione importante intorno alla percezione dei medici delrapporto che essi hanno con le aziende farmaceutiche e la percezione del-l’informazione medico scientifica che le aziende stesse forniscono. In parti-colare è stato possibile evidenziare le principali dorsali comunicative, i con-cetti ad esse legati e le parole portatrici di questi concetti.

L’analisi testuale che si avvale delle tecniche statistiche, oltre alla profon-dità e la rilevanza delle interpretazioni, permette la costruzione di un per-corso di analisi che garantisce la trasparenza e la riproducibilità delle proce-dure seguite.

In questo modo si è potuto seguire un percorso che dopo avere eviden-ziato le dorsali comunicative ha permesso di confrontare, rispetto ad esse, ilcontenuto delle interviste del singolo medico posizionandolo rispetto allelinee generali e rispetto agli altri medici.

Analizzando i posizionamenti è stato possibile evidenziare quattro grup-pi (cluster) di medici, rappresentativi di differenti atteggiamenti e di corre-lare questi atteggiamenti sia ad item comunicativi (concetti parole eccetera)sia a variabili categoriali “classiche” (età, genere, area geografica, numero dipazienti eccetera) unificando il profilo del medico da un punto di vista com-portamentale e da un punto di vista attitudinale.

Nel caso in esame le variabili categoriali sono state incrociate con i clu-ster. Il risultato è riassunto sinteticamente nella Figura 12.

Viene fornito un quadro sintetico nel quale all’incrocio di ciascuncluster con una variabile categoriale viene evidenziata la modalità più fre-quente, ovviamente non l’unica (non sono tutti maschi, non vivono tutti alSud ecc.). In questo modo possono essere evidenziati dei profili tipici, anchese non esclusivi come detto sopra, per ciascun cluster che appaiono delinea-ti come segue.

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Profilo cluster medici “soddisfatti sistemici”Sono maschi, nella fascia di età più anziana, vivono al Sud in centri di

media ampiezza, utilizzano Internet, hanno un numero di pazienti medio-basso, hanno conseguito una specialità e la praticano;

Profilo cluster medici “distaccati pragmatici”Sono maschi, nella fascia di età medio-bassa, vivono al Centro Italia in

centri di media ampiezza non utilizzano Internet, hanno un numero dipazienti alto, hanno conseguito ma non praticano una specialità.

Profilo cluster medici “negativi contrapposti”Sono maschi, nella fascia di età più giovane, vivono al Centro Italia in

centri di grande ampiezza non utilizzano Internet, hanno un numero dipazienti basso, non hanno conseguito una specialità, ma se l’hanno conse-guita la praticano.

Profilo cluster medici “disponibili aperti tradizionalisti”Sono femmine, nella fascia di età medio-alta, vivono al Nord Italia in

piccoli centri, utilizzano Internet, hanno un numero di pazienti medio-alto,hanno conseguito ma non praticano una specialità.

51DOTTORE CI DICA! IL METODO DELL’ANALISI TESTUALE APPLICATO . . . CAPITOLO 3

Figura 12 Quadro riassuntivo incroci cluster vs variabili categoriali

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Le aziende farmaceutiche oggi, a trent’anni dalla nascita del ServizioSanitario Nazionale (SSN), hanno già iniziato il loro viaggio verso un nuovoSistema, pur ignoto e pieno di insidie e hanno cercato nell’indotto unaguida in grado di rendere più agevole il tragitto (o la trasformazione).

Le Società di Consulenza, così come le Società di Servizi (per esempio leContract Sales Organizations, CSO) hanno reso disponibili servizi e prodot-ti rilevanti nell’area farmaceutica e guidato, almeno in parte, la trasforma-zione. Ma con quale soddisfazione del cliente?

Per cercare di rispondere a questa domanda, IMS Health ha realizzatouna ricerca quali/quantitativa e di seguito vengono riportati gli obiettivi, lametodologia e i risultati ottenuti.

BACKGROUND

Nel 2008, il Paese dove la spesa sanitaria complessiva è più alta sono gliStati Uniti, con il 15,3% del Prodotto interno lordo (Pil): pari a 6714 dol-lari di spesa all’anno pro capite. Seconda classificata la Svizzera, che haspeso 4311 dollari pro capite, quasi come la Francia, seguita poi daGermania e Belgio. L’Italia si colloca al 15° posto, con una spesa pari al 9%del Pil. In termini reali, in Italia la spesa pro capite è di 2614 dollari con-tro i 2824 della media Ocse1.

L’Italia quindi, come la maggior parte dei paesi industrializzati, devefinanziare la salute dei cittadini e la spesa farmaceutica, nel rispetto dellacrescita del Pil. L’andamento macro-economico degli ultimi anni, chenon è certo stato generoso in termini di incremento del Pil, ha condizio-

53CAPITOLO 4

I BISOGNI EMERGENTI DELLEAZIENDE FARMACEUTICHE IN UNO

SCENARIO DI CAMBIAMENTOGiancarlo Benelli

1 Fonte OCSE, Rapporto 2008

Capitolo 4 B3 20-02-2009 11:36 Pagina 53

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CAPITOLO 4 I BISOGNI EMERGENTI DELLE AZIENDE FARMACEUTICHE IN UNO SCENARIO . . .

nato la disponibilità di risorse economiche per la salute e per il bene far-maco.

La recessione (che ha visto abbassare la stima del Pil 2008 a -0,2% e2009 al -0,9%)2 e la scelta programmatica di medio periodo che indica inun rapporto spesa sanitaria su Pil non superiore al 6-7%, ha quindi resoindispensabile un attento consumo di risorse, anche per il controllo dellaspesa farmaceutica, che rappresenta circa un quinto della spesa sanitariatotale.

Inoltre, oltre alla suddetta scarsità di risorse incrementali, il mercato hasubito le dinamiche derivanti dalla scadenza brevettuale dei principali far-maci per le cure primarie e la contemporanea introduzione di farmaci dicura specialistica ad elevato costo terapeutico.

Il 2007 ha rappresentato il picco delle scadenze brevettuali in primarycare con 31 molecole genericabili alle quali se ne aggiungeranno, nel 2008,2009 e 2010, ulteriori 53 (vedi Figura 1).

Questo ha portato, nei primi 9 mesi del 2008, un incremento dellaquota di mercato dei generici del 10,4% rispetto allo stesso periodo dell’an-no precedente.

Se si confrontano le stime fatte nel periodo 2003-2007 rispetto a quan-to si prevede oggi in termini di crescita delle principali aree terapeutiche(vedi Figura 2), si può facilmente notare come i mercati di cura primariasono stati rivisti al ribasso, mentre continuano a crescere le aree specialisti-

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Figura 1 N° molecole in scadenza

2 FMI, 6 Novembre 2008

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che sia per un incremento di volumi (e quindi di domanda) sia per unaumento del prezzo medio.

Per questo motivo, in un contesto di decentramento delle politiche sani-tarie e farmaceutiche (a seguito della 405/2001) e quindi di responsabiliz-zazione regionale (e subregionale) sul controllo della spesa, le aziende pro-duttrici di farmaci si sono dovute attrezzare e riorganizzare per competere inun mercato “differente” rispetto al passato, e per diversificare la propriaofferta ai vari attori del settore.

La crescita auspicata deriva, infatti, non più (o almeno non esclusiva-mente) dalle vendite di farmaci per le cure primarie, ma dai farmaci specia-listici (‘nicchie’ terapeutiche comprese) o da quei medicinali che trovanoposizionamento a cavallo tra ospedale e territorio (vedi Figura 3). Non acaso è nato il PHT (sotto insieme di farmaci classificati come rimborsabili,ma dispensabili direttamente dalle strutture pubbliche o dalle farmacie, pre-vio accordo con le strutture pubbliche stesse) e la distinzione tra farmaciospedalieri ad esclusivo uso nella struttura (OSP1) o da trattamento anche‘domiciliare’ (OSP2).

La diversificazione dei canali ha reso più complicata la misurazione dellaperformance delle aziende farmaceutiche e, di conseguenza, ha sviluppato il

55I BISOGNI EMERGENTI DELLE AZIENDE FARMACEUTICHE IN UNO SCENARIO . . . CAPITOLO 4

Figura 2

Capitolo 4 B3 20-02-2009 11:36 Pagina 55

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CAPITOLO 4 I BISOGNI EMERGENTI DELLE AZIENDE FARMACEUTICHE IN UNO SCENARIO . . .

bisogno di nuovi e più sofisticati ‘sistemi’, spesso implementabili grazieall’aiuto di società esterne di consulenza.

Per analizzare come le aziende si siano attrezzate al cambiamento (o stia-no per farlo) e soprattutto per capire il tipo di supporto che queste si atten-dono dalle società di servizi e dal loro indotto, IMS Health ha condotto lasuddetta ricerca con l’obiettivo di analizzare la soddisfazione delle aziende suquanto oggi è già gestito in outsourcing (O/S) e per individuare, alla luce deicambiamenti di mercato di cui sopra, nuove potenziali aree di partnership.

METODOLOGIA

Il progetto di ricerca ha previsto due fasi di ascolto attivo dei clienti, conquestionari e linee di indagine preparati sulla base di una analisi prelimina-re desk.

Una prima fase qualitativa condotta attraverso l’organizzazione di un

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Figura 3 Scostamenti percentuali a valori nei diversi mercati

Capitolo 4 B3 20-02-2009 11:36 Pagina 56

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Focus Group che ha visto la partecipazione di 10 Manager (2 DirettoriMarketing, 2 Direttori Commerciali, 2 Direttori Generali, 2 Direttori diBusiness Unit e 2 Direttori di Public Affairs) di aziende farmaceutiche ope-ranti in Italia, con la finalità di evidenziare i principali fattori di cambiamen-to, i bisogni emergenti delle loro aziende, le azioni già attuate per risponde-re al cambiamento e il ruolo delle società di servizi operanti in outsourcing. Inparticolar modo, per quest’ultima parte, con un approfondimento sul ruoloe sull’efficacia delle Contract Sales Organizations. Le CSO, infatti, hanno rap-presentato uno dei principali fattori di cambiamento nel corso degli ultimianni e forse la vera risposta alla necessità di rendere variabili i costi promo-zionali delle aziende farmaceutiche. Ma è stata vera innovazione?

Una seconda fase quantitativa basata su un questionario sottoposto (viaweb) ad un campione di 300 nominativi di aziende farmaceutiche per indi-cizzare in ordine di importanza i bisogni e gli strumenti/servizi oggi offertidall’outsourcing e per identificare nuove soluzioni. Inoltre, per capire edapprofondire quale sia l’immagine delle CSO e cosa le aziende si aspettinoper il futuro da questa peculiare partnership. Questa seconda parte si è valsadelle indicazioni emerse dalla fase qualitativa per indirizzare il questionarioe per focalizzare i risultati sulle aree ritenute prioritarie dal focus group.

RISULTATI

Ricerca qualitativaI cambiamenti del mercato hanno trovato riscontro nei risultati ottenu-

ti dal focus group e dai 10 incontri individuali con responsabili di funzionedi aziende farmaceutiche.

Sono stati evidenziati quattro principali fattori di cambiamento: - le manovre di contenimento della spesa farmaceutica con la nascita di

nuovi decisori/influenzatori; - l’eterogeneità del comportamento legislativo/attuativo delle Regioni; - la scarsità delle pipeline soprattutto in primary care (e spostamento sulla

specialistica, quando possibile);- la genericizzazione.

I primi due punti riassumono la direzione strategica intrapresa dal 2001con la Legge 405 che definiva la competenza delle Regioni in tema di Sanitàe controllo della spesa, e con la quasi contemporanea nascita dell’Agenzia

57I BISOGNI EMERGENTI DELLE AZIENDE FARMACEUTICHE IN UNO SCENARIO . . . CAPITOLO 4

Capitolo 4 B3 20-02-2009 11:36 Pagina 57

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CAPITOLO 4 I BISOGNI EMERGENTI DELLE AZIENDE FARMACEUTICHE IN UNO SCENARIO . . .

italiana del farmaco (Aifa) che nelle sue componenti ministeriali e regiona-li aveva delega all’implementazione di tutti quegli strumenti di controllo attia supportare il SSN nel controllo stesso.

Quindi, da un lato si è rafforzato l’interlocutore centrale (Aifa) comeprimo livello di accesso al mercato farmaceutico (per competenza su regi-strazione, prezzo, rimborsabilità ed appropriatezza) e dall’altro si è contrap-posto un sistema eterogeneo regionale che per garantire il rispetto dei bud-get si è, negli anni, dotato di “strumenti” di controllo ed indirizzo tatticoche rappresentano un secondo livello di accesso.

La componente regionale ha quindi partecipazione in entrambi i livelli diaccesso, decidendo ed influenzando il comportamento di Aifa (di cui è pila-stro portante) e agendo direttamente a livello territoriale laddove consentito.

Ovviamente la risposta delle aziende farmaceutiche non si è fatta atten-dere e sia con risorse proprie, sia con il supporto di Società di consulenza,hanno modificato il proprio modus operandi per confrontarsi con i nuoviinterlocutori regionali. Non si è trattato di un semplice adattamento dellerisorse e competenze già disponibili, ma di un ulteriore investimento.Realizzare piani regionali (o macroregionali), differenziare i messaggi mar-keting per i nuovi interlocutori e implementare nuovi strumenti di control-lo della performance ha di fatto incrementato lo sforzo promozionale conrisultati in taluni casi dubbi.

Ecco che sono nate figure professionali nuove rispetto al passato (e sullequali la fantasia degli acronimi ha spopolato) che nella loro mission devono“coprire” i nuovi target. Tra queste nuove figure troviamo:- il Key Account Manager, responsabile della politica commerciale, una

figura “a 360°” che si occupa di tutti gli interlocutori non medici, nonvisitati dall’informatore scientifico del farmaco (farmacista ospedaliero,ASL, l’amministratore ospedaliero);

- il Regional Istitution Manager, responsabile della politica istituzionalea livello regionale (assessore alla Sanità regionale, responsabile farmaceu-tico regionale, amministratore ospedaliero);

- il Communication Specialist, figura che si specializza in un settore spe-cifico della medicina e si occupa sia delle informazioni che vengono ero-gate alla stampa e ai media in generale, sia dei contatti con leAssociazioni pazienti.

Quindi la fase qualitativa della ricerca conferma che ancora oggi le azien-de sono alla ricerca di supporto e strutturazione (ottenibile forse dall’out-

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Capitolo 4 B3 20-02-2009 11:36 Pagina 58

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sourcing), e la necessità di confrontarsi con i nuovi interlocutori e con l’ete-rogeneità territoriale sono ai primi due posti tra le priorità espresse.

A quanto detto in precedenza, che rappresenta l’insieme di alcuni fatto-ri estrinseci di cambiamento, è da contrapporre un ulteriore insieme di fat-tori intrinseci.

Il mercato delle cure primarie, come detto, soffre (dal punto di vista delleaziende profit) di una calmierazione economico-legislativa (tetto di finanzia-mento e budget per aziende) ottenuta grazie al contributo dei farmaci offpatent e da uno stretto controllo prezzo/volumi nei due suddetti livelli diaccesso, ma sconta anche la diminuzione di ingresso sul mercato di nuovemolecole innovative nonostante il crescente investimento in Ricerca eSviluppo (R&S)3 4 (vedi Figure 4 e 5).

In attesa che le biotecnologie si impongano, in Italia l’effetto trainantesull’andamento della spesa territoriale negli ultimi mesi (-0,7% gennaio-set-tembre 2008 vs stesso periodo anno precedente) è stato infatti quello dellagenericizzazione (+10,4%). L’abbattimento dei prezzi dei generici (avg. -40% vs originator) ha causato un calo del prezzo medio del -5,5%, mentre

59I BISOGNI EMERGENTI DELLE AZIENDE FARMACEUTICHE IN UNO SCENARIO . . . CAPITOLO 4

3 EFPIA: The Pharmaceutical Industry in Figures 20084 SCRIP – EFPIA calculations (according to nationality of mother company)

Figura 4 Pharmaceutical R&D expenditure in Europe, USA and Japan

(€ Million, current exchange rates*) 1990-2007

Capitolo 4 B3 20-02-2009 11:36 Pagina 59

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CAPITOLO 4 I BISOGNI EMERGENTI DELLE AZIENDE FARMACEUTICHE IN UNO SCENARIO . . .

l’apporto dei nuovi prodotti è stato solo del +1,4%. I nuovi farmaci hannoparzialmente invertito il trend solo nella componente ospedaliera dove lacrescita media è stata del 10,1% nello stesso periodo.

L’analisi qualitativa ha comunque confermato che il rapporto con ilmedico prescrittore, soprattutto il medico di famiglia, continui ad esserechiave per il successo di una azienda essendo il gate keeper per l’accesso alServizio Sanitario Nazionale e alla rimborsabilità dei farmaci prescritti.

Questo interlocutore “tradizionale” ha comunque visto cambiare il pro-prio ruolo e ha visto crescere l’importanza del suo contributo nell’ammini-strare le risorse disponibili. Il Servizio Sanitario Nazionale infatti, sia a livel-lo nazionale sia regionale, gli chiede oggi una maggiore appropriatezza pre-scrittiva nell’ottica del risparmio.

In virtù di questo cambiamento, le aziende farmaceutiche hanno dovu-to diversificare l’informazione scientifica per fornire a tutti gli addetti ailavori (spesso con linguaggio e messaggi differenziati su base territoriale eper target) gli elementi necessari a comprendere l’eventuale innovazioneincrementale dei lori prodotti, garantendone l’accesso.

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Figura 5 New chemical or biological entitiens (1988 - 2007)

Capitolo 4 B3 20-02-2009 11:36 Pagina 60

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In virtù di quanto detto in precedenza, l’analisi ha fornito indicazioni suquali servizi un’azienda farmaceutica possa avere bisogno al fine di miglio-rare il proprio livello competitivo ed avvicinarsi ai nuovi stakeholder. A tito-lo di esempio sono state evidenziate sette aree di “interesse” su cui le azien-de di consulenza devono o dovranno confrontarsi:- programmi educazionali rivolti al paziente per favorirne la compliance;- programmi educazionali per il personale paramedico;- nursing; - corsi di farmaco-economia per medici, farmacisti ospedalieri e persona-

le amministrativo;- servizi web per l’aggiornamento delle circolari/delibere regionali in

ambito sanitario/farmaceutico;- corsi “patient oriented” per i farmacisti, sia territoriali sia ospedalieri;- corsi/stage indirizzati agli ISF per avvicinarli agli specialisti e alle “nic-

chie” terapeutiche.

Come si evince, l’azienda farmaceutica intravede la necessità di adegua-re il livello di competenze degli interlocutori tradizionali e nuovi, attraversoformazione specifica. Questo per favorire lo scambio di informazioni e potertrovare terreno fertile per collaborazioni bilaterali (win win, cioè di recipro-ca soddisfazione). Il linguaggio comune è ritenuto, a ragione, la base dellapotenziale collaborazione e vincolo imprescindibile per la permanenza sulmercato.

Gli strumenti tradizionali di formazione (corsi, aula ecc.) si fondono astrumenti più innovativi (web, FAD – Formazione A Distanza) così come itemi clinici a quelli economici, per raggiungere il maggior numero di addet-ti, con più argomenti, e con il minor costo operativo possibile (aumento deltarget coverage). Usando termini più comuni nell’industria farmaceutica sipotrebbe parlare di incremento della Share of Voice (SOV) indirizzata nonad informare su un farmaco ma a sostenere il mercato attraverso una mag-giore appropriatezza prescrittiva e di utilizzo.

Una menzione speciale riguarda l’outsourcing ed in particolare leContract Sales Organizations (CSO) che nel corso degli ultimi anni hannorappresentato una specifica area di servizi in grado di garantire vantaggi intermini economici, flessibilità e aumento della forza promozionale sul medi-co. La ricerca ha evidenziato un debole legame evocativo dell’acronimoCSO, quindi è più opportuno definire queste realtà in modo più appropria-to e comprensibile Aziende di Servizi. Non ci sono dubbi, per i manager

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CAPITOLO 4 I BISOGNI EMERGENTI DELLE AZIENDE FARMACEUTICHE IN UNO SCENARIO . . .

intervistati, che le Aziende di Servizi abbiano rappresentato un “partner eco-nomico” indispensabile nella gestione di un mercato retail in forte difficol-tà per via della genericizzazione. Rimane invece in via di definizione ilpotenziale strategico di questa partnership. Le Aziende di Servizi, per poterassumere un ruolo più strategico nell’ambito dei rapporti con le SocietàClienti, devono, sempre secondo gli intervistati, saper vedere l’azienda congli occhi del cliente, saper comprendere il dettaglio dell’azienda anche lad-dove non sia visibile l’azienda stessa e saper riconoscere il sistema delle retidi influenza secondo le logiche e i bisogni dell’azienda stessa.

La fase qualitativa della ricerca ha quindi generato un numero sostanzia-le di informazioni che sono state successivamente validate ed espanse nellafase quantitativa.

Ricerca quantitativaCome detto, la seconda parte della ricerca è stata condotta attraverso la

somministrazione di un questionario (pubblicato su una pagina web adaccesso controllato) a 300 dipendenti di aziende farmaceutiche.

Di 300 questionari inviati, sono state ricevute 99 risposte complete daparte di un panel così composto:- 45 Business Unit Manager; - 25 Direzioni Commerciali; - 2 Market Access; - 11 Direzioni Marketing;- 6 Direzioni Generali.

Hanno risposto sia aziende nazionali (24% del campione rispondente)sia multinazionali (76%). Di queste ultime, il 56% erano aziende con sede(Headquarter) in Europa, 32% con sede statunitense ed il restante 12% daaltri territori.

Il listino prodotti di questo pool di aziende è risultato suddiviso in partiuguali tra primary care e secondary care (rispettivamente 49% vs 51% a valo-ri), e questo ha garantito omogeneità di analisi tra chi ha subito, più o menogravemente, la difficoltà del mercato sulle cure primarie. Il 78% delle azien-de sono presenti in entrambi i settori di mercato mentre solo il 6% ha esclu-sivamente prodotti di cure primarie rispetto ad un ulteriore 16% posiziona-to esclusivamente in ambito ospedaliero (vedi Figura 6).

Le figure professionali intervistate (tra quelle che hanno risposto) sonoprevalentemente Business Unit Manager (46 su 99), Direttori Commerciali

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(25), Marketing (11) e Direzioni Generali (6) rispetto a 12 su 99 con unruolo di Public Affairs/Market Access, ad ulteriore riprova della centralitàdei temi di accesso al mercato nell’ambito “commerciale” delle aziende.

La prima parte del questionario mira a validare i risultati della parte qua-litativa e a dare una scala di priorità tra i fattori di cambiamento ritenutiimportanti. Ciascun intervistato, votando i cinque fattori ritenuti più rile-vanti, ha contribuito a stilare la classifica di cui alla tabella successiva (vediFigura 7), dove con 150 voti si è dato risalto al lavoro dell’Aifa e delleRegioni (diviso in 77 sulle strategie centrali di contenimento della spesasanitaria e 73 sulle limitazioni regionali), con 61 voti alla genericizzazione,con 56 voti alla frammentazione degli interlocutori e con 55 alla scarsitàdelle pipeline.

La regionalizzazione e la frammentazione (non abituale in un mercatodove il gate keeper era solo il medico) rendono immediatamente evidentecome l’attenzione delle aziende si sia spostata verso un modello di businesspiù flessibile e, probabilmente, oneroso (per la differenziazione della strate-gia/tattica a livello territoriale).

Solo dal 10° posto della classifica dei fattori di cambiamento si parla delmedico in modo esplicito citando la necessità di differenziare l’informazio-ne scientifica (15 voti) e la riduzione dell’accesso degli informatori (Isf ) agliambulatori (14 voti).

È importante sottolineare che esistono differenze sostanziali se si analiz-

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Figura 6 Descrizione del campione: il listino prodotti

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za il dato di cui sopra differenziandolo tra primary care e mercato speciali-stico. In quest’ultimo infatti la genericizzazione ha minore impatto mentrepesa maggiormente la disomogeneità degli approcci legislativi locali (vediFigura 8).

Da notare che non cambia, invece, la posizione del fattore di cambia-mento “medico”, sempre posizionato nella parte bassa della classifica, e chela maggiore consapevolezza del paziente appare (sebbene anch’essa nellaparte bassa) differente tra i due mercati. È facile ipotizzare che il rapportotra paziente e medico di famiglia sia oggi più influenzato dalle informazio-ni che il cittadino può attingere da Internet rispetto a quanto accada negliospedali, sia per la maggiore complessità delle cure sia per il maggior con-trollo sui media delle informazioni disponibili e pubblicabili. Ricordiamocome l’Italia abbia sempre espresso parere negativo alla DTC (Direct ToConsumer) per i medicinali etici e si sia sempre posizionata in modo piùconservativo nel spostare farmaci etici in farmaci senza obbligo di prescri-zione (SOP/OTC). Più volte, anche in tempi recenti, si è parlato di unarevisione dei farmaci etici maturi per la loro eventuale “declassazione” inSOP, senza esito per il momento.

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Figura 7 I 5 principali fattori di cambiamento dello scenario

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Nel ranking non appaiono aspetti macroeconomici (la crisi finanziariadel 2008 avrebbe colpito dopo la realizzazione delle interviste) o burocrati-ci (ad es. lentezza nei processi amministrativi/registrativi) che comunquehanno raccolto rispettivamente 5 e 3 voti, insieme ad altre segnalazionispontanee di minore rilevanza ai fini dell’analisi.

Proseguendo nell’indagine è stato chiesto agli intervistati quali interlocu-tori, oltre al medico prescrittore, stanno assumendo un ruolo sempre piùrilevante. In particolare ciascuno ha elencato i primi tre in ordine di impor-tanza e le segnalazioni confermano come le istituzioni (policy maker) e i far-macisti ospedalieri e territoriali, rispettivamente per specialistica e primarycare, stiano rafforzando il proprio ruolo all’interno dello scenario farmaceu-tico (vedi Figura 9).

Settantuno rispondenti su 99 hanno indicato al primo posto le istituzio-ni centrali e regionali (complessivamente votato da 86 su 99) mentre è inte-

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Figura 8

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ressante notare che i farmacisti ospedalieri, citati da 48 intervistati, sono alprimo posto solo in 4 casi, rispetto ai farmacisti territoriali che pur al3°posto come voti complessivi (38) sono ritenuti al primo da 16 intervista-ti. È facile collegare quest’ultimo dato al crescente ruolo del farmacista inmerito alla sostituibilità dei medicinali off patent (equivalenti).

I manager poi non dimenticano i pazienti (33 citazioni) che comunquesolo in 2 casi sono stati messi nel gradino più alto in termini d’importanza.

Su questo argomento, differenziando tra primary e secondary care, non cisono sostanziali differenze, a parte lo scontato ruolo dei farmacisti che inver-tono le posizioni nel mercato di loro riferimento (vedi Figura 10).

È stato successivamente chiesto quali siano i need delle aziende farma-ceutiche per rispondere ai fattori di cambiamento di cui sopra, e ciascunmanager ha elencato i 5 principali bisogni per la propria azienda.

La tabella seguente (vedi Figura 11) riporta sia il numero complessivodelle citazioni, sia quante volte il bisogno espresso sia stato considerato alprimo posto per importanza.

Il raffronto tra questi due dati, conferma la consistenza delle risposta trale differenti aziende e i loro manager; infatti la conoscenza approfondita deidiversi interlocutori (68 voti di cui 31 al primo posto), l’aggiornamentocostante sulle normative (55 voti di cui 12 al primo posto), le competenze,

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Figura 9 I nuovi interlocutori

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Figura 10

Figura 11 I bisogni delle aziende farmaceutiche

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CAPITOLO 4 I BISOGNI EMERGENTI DELLE AZIENDE FARMACEUTICHE IN UNO SCENARIO . . .

gli strumenti e il training (complessivamente con 183 voti di cui 33 volte alprimo posto) sono le ovvie necessità conseguenti al cambiamento del mer-cato di cui abbiamo a lungo discusso, trasversalmente a tutte le aziende.

Sebbene non nei primi posti della classifica, le associazioni di pazienti,soprattutto in area specialistica, rappresentano comunque uno dei nuoviinterlocutori ritenuti strategici, e come rafforzato nella rilevazione relativa ai“bisogni” dell’azienda farmaceutica, viene citata la necessità di attivare pro-grammi di educazione incentrati sul paziente con approfondimenti sullepatologie, sugli outcome e sulla compliance.

Anche su questo argomento, sono state segnalate la necessità di una sta-bilità di sistema (regolatorio e istituzionale) e l’importanza di implementa-re un business model più flessibile rispetto al passato oltre che maggiormen-te proattivo.

La flessibilità è ovviamente legata al concetto di esternalizzazione e allapossibilità di rendere variabili i costi e, quindi, al supporto ottenibile dallesocietà di consulenza e outsourcing.

È stato quindi chiesto il grado di soddisfazione circa l’attuale coperturadei bisogni indicati come più importanti (in una scala da 1 a 10, dove 1significa “bisogno per niente soddisfatto/coperto” e 10 significa “bisognototalmente soddisfatto/coperto”) e quale siano le modalità di gestione deiservizi/strumenti di cui le aziende farmaceutiche si sono dotate per far fron-te a tali bisogni.

Come si evince dalle Figure 12 e 13, il livello non raggiunge mai la suf-ficienza (eccetto per il 5° bisogno: la specializzazione delle competenze delleforze esterne per il target medico, che se vogliamo è stato e continua ad esse-re il reale fattore di differenziamento tra aziende). Si va da un valore mediominimo di 3,41 sugli strumenti disponibili ad un massimo di 6,31 per lacitata competenza delle field force, con molti “cinque” e conseguente scarsasoddisfazione.

Spesso la gestione del servizio/strumento è interna all’azienda e solo tal-volta parzializzata sull’esterno. Sovente si riconosce anche che non sonodisponibili gli strumenti (nonostante il bisogno) così come non si svolgonoprogrammi di training adeguati.

In sintesi i questionari hanno restituito un livello di medio/bassa sod-disfazione rispetto ai servizi offerti a copertura dei bisogni indicati comepiù importanti. Il ricorso all’outsourcing (per gli ovvi benefici economici)e la necessità di rispondere ad un mercato evoluto, ha reso oggi le azien-de più attente alle modalità in cui questi servizi vengono erogati ed alla

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Figura 12 Livello di soddisfazione/copertura

Figura 13 Livello di soddisfazione e modalità di gestione dei servizi

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CAPITOLO 4 I BISOGNI EMERGENTI DELLE AZIENDE FARMACEUTICHE IN UNO SCENARIO . . .

necessità di diversificare le aree di partnership in direzione sempre più stra-tegica.

Si parla quindi di Health Management, indirizzato sia agli operatori disettore sia al paziente; di supporto promozionale specialistico ad elevatacompetenza sia nella primary care che nel mercato ospedaliero; di supportoinformativo attraverso professionisti ad elevata specializzazione per l’interlo-cutore istituzionale e di Vacancy Management, cioè ricorso all’outsourcingdi informatori medico scientifici su base temporanea e/o territoriale per sop-perire ad esigenze estemporanee.

In particolare l’Health Management si riferisce ai programmi educaziona-li, motivazionali e di supporto rivolti al paziente ed erogati attraverso infer-mieri professionali, al fine di ottimizzare l’adesione alla terapia (per esempioin caso di terapie complesse, per l’utilizzo di particolari device o per l’auto-somministrazione di alcuni farmaci). Tra le proposte anche le “attività regio-nali” cioè quelle iniziative indirizzate al target istituzionale regionale per lamappatura degli interlocutori e un costante aggiornamento sulle normativelocali.

In una scala da 1 a 4 (1 significa “per niente” e 4 significa “molto”) laFigura 14 esprime sia il grado di interesse manifestato dagli intervistati sia illoro giudizio sull’innovatività della proposta. I due servizi citati di healthmanagement e di attività regionali, hanno ottenuto il punteggio maggiorecon 3,16 di interesse e 3,08 di innovatività per il primo e 2,94 e 3,09 rispet-tivamente per il secondo.

In ultimo la ricerca quantitativa approfondiva il ruolo delle Aziende diServizi chiedendo conferma su alcune affermazioni, così come riportatonella Figura 15, cioè quanto l’intervistato fosse d’accordo con ciascuna delleaffermazioni esprimendolo in una scala da 1 a 10 (dove 1 significa “perniente d’accordo” e 10 significa “molto d’accordo”). Le affermazioni sonostate quindi riportate in ranking di “accordo” dove il numero indicato nel-l’istogramma indica le risposte ottenute nel range indicato dalla legendacolorata.

L’esperienza maturata negli ultimi anni in Italia con le Aziende di Serviziviene facilmente evidenziata dai risultati di questa rilevazione e viene dataulteriore conferma come oggi queste peculiari società di servizi siano ritenu-te partner di breve periodo, a finalità tattiche, specialmente finalizzate allariduzione e variabilizzazione dei costi.

Sono state comunque suggerite aree di sviluppo per questa peculiarepartnership, che vanno dalla maggiore partecipazione nell’area ospedaliera,

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Figura 14 Valutazioni dei servizi/soluzioni

Figura 15 Il ruolo delle CSO - Grado di accordo

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alla gestione dei prodotti maturi o indirizzate ad aree terapeutiche di nic-chia, fino ai servizi di health management e a progetti di market access regio-nale. Le risposte fornite dagli intervistati indicano infatti che quelle Aziendedi Servizi in grado di rispondere adeguatamente ai bisogni di “consulenza”delle aziende, potranno ricoprire un ruolo strategico

CONCLUSIONE

Le politiche ed i vincoli definiti a livello istituzionale, sia centrale sia peri-ferico, risultano essere il principale fattore di cambiamento dello scenarioattuale nel mercato farmaceutico, tanto più in un momento di crisi macroe-conomico e di risorse limitate in campo sanitario e farmaceutico.

La maggioranza delle aziende individua nelle istituzioni (Stato, Regioni,ASL) i nuovi interlocutori con un ruolo sempre più rilevante in quanto atto-ri del cambiamento che le aziende devono gestire, ma non dimentica comela distribuzione sia fattore determinante soprattutto nel mercato delle cureprimarie dove è permessa la sostituibilità.

Ne consegue che le aziende devono investire per una conoscenza appro-fondita dei diversi interlocutori in un aggiornamento costante sulle legisla-zioni, in una specializzazione delle competenze delle forze esterne ed inter-ne e nell’implementazione adeguata di strumenti per misurare il ritornodegli investimenti, spesso differenziando la strategia a livello sub-nazionalee diversificando gli investimenti stessi su più “canali”.

La copertura di questi bisogni, ritenuta in generale non ancora soddisfa-cente e non totalmente coperta, è oggi ancora poco delegata a partner ester-ni di servizi/consulenza anche se in crescendo rispetto al passato. Questoincremento è stato ancora più evidente nell’area vendite dove il supportodelle Aziende di Servizi ha permesso una variabilizzazione dei costi e unaflessibilità non altrimenti facilmente ottenibile in Italia.

Inoltre un’azienda su tre avverte la necessità di una maggiore attenzioneal paziente, e pur non essendosi ancora dotata di alcun servizio per soddi-sfare questo bisogno vede l’opportunità di sviluppare programmi specifici dieducazione e miglioramento della compliance.

Tra le proposte evidenziate dagli intervistati meritano citazione specialel’health management, rivolto al paziente e la conoscenza approfondita degliinterlocutori e delle dinamiche regionali, che per innovatività ed interesserisultano essere tra gli sviluppi più promettenti del prossimo futuro.

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Quanto espresso da questa ricerca quali/quantitativa non vuole essereesaustivo dell’argomento, ma rappresenta lo spunto per ulteriori approfon-dimenti. Il settore farmaceutico è tutt’altro che lontano dalle nubi cupedella recessione economica, ma i segnali di ottimismo che si rilevano dagliintervistati creano un’aspettativa di miglioramento sia per le aziende farma-ceutiche sia per il comparto nel suo complesso affinché si possa uscire dallacrisi e in pochi anni...

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L’APPROCCIO DI RETE NEL SETTORE MEDICO

L’interesse per le reti di assistenza nel settore medico ha trovato recenteimpulso nell’aumento della pressione verso il contenimento dei costi (Westet al., 1999) e l’incremento dell’efficacia delle terapie. Specialmente conriguardo alle patologie croniche, ancor più se degenerative, si è affermatal’idea che la molteplicità dei fabbisogni del paziente comporti la necessitàche l’assistenza avvenga mediante un sistema a rete; quest’ultimo deve con-sistere nell’integrazione, in un’ottica di orientamento al paziente e con ungrado di formalizzazione variabile, tra soggetti diversi (principalmentemedici specialisti, medici di medicina generale, infermieri ospedalieri edomiciliari, strutture ospedaliere e territoriali – le ASL –, istituzioni) percompetenze, responsabilità e coinvolgimento con il paziente, che si interfac-ciano e collaborano con ruoli ben distinti e che sanno fare sistema, assisten-do al meglio il paziente attraverso la definizione della terapia corretta, laverifica della compliance alla stessa, la gestione dei follow up periodici e l’in-dirizzamento verso le strutture sanitarie più adeguate nelle diversi fasi delprogresso della malattia. Da più parti, ad esempio, si sostiene l’ipotesi che lagestione della relazione col paziente debba essere demandata sempre più alpersonale infermieristico, almeno per quanto concerne l’accertamento dellacompliance alle terapie e del corretto utilizzo dei device.

I benefici di una struttura a rete sono ampiamente riconosciuti in let-teratura: essa consente di integrare conoscenze e competenze distinte, diavere accesso a informazioni non ridondanti, di realizzare una divisione del lavoro efficiente, di creare coesione e condivisione di decisioni e lineeguida nel team di lavoro, di prevenire eventi avversi e inutili duplicazioni

75CAPITOLO 5

LE RETI DI ASSISTENZA MEDICA:UNA RICERCA

IN CAMPO ONCOLOGICOCarla Longhi - Paola Zappa

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CAPITOLO 5 LE RETI DI ASSISTENZA MEDICA: UNA RICERCA IN CAMPO ONCOLOGICO

di test, di ridurre gli sprechi economici e di accorciare i tempi d’attesa. L’importanza della comunicazione e del team work tra medici, in parti-

colare nel provvedere cure di elevata qualità ai pazienti, è testimoniata danumerosi studi (Borrill et al. 2000; Haward et al. 2003, Creswick eWestbrook, 2006). Essi evidenziano come l’assenza di comunicazione causiinutili perdite di tempo, minacci l’efficacia delle cure e possa essere una delleragioni degli eventi avversi nella pratica medica. L’interazione con altrimedici, appartenenti sia alla stessa specialità sia ad altre, è stata inoltre dimo-strata utile per la diffusione dell’innovazione nella pratica medica e perl’adozione di good practice (Fitzegarl et al., 2002; Russel et al., 2004). Il pre-valere di alcuni benefici su altri è funzione, naturalmente, degli obiettivi per-seguiti e dunque del tipo di architettura che la rete assume.

L’adozione di una strutturazione di tipo reticolare dell’assistenza sanitariaè sovente il risultato di un processo articolato, che richiede l’assunzione didecisioni con riferimento ad aspetti specifici: le finalità che la rete persegue(scambio di informazioni, definizione condivisa delle terapie, divisione dellavoro, ecc.) e dunque la relazione su cui deve fondarsi, i soggetti da coinvol-gere, il ruolo che ciascuno di essi deve rivestire e, infine, il grado di forma-lizzazione delle relazioni (informali e spontanee, con un’auto-suddivisionedei ruoli tra gli attori che la costituiscono o, al contrario, codificate in appo-siti protocolli). Collegata a quest’ultimo aspetto, vi è la questione della gover-nance della rete: deve esserci oppure è opportuno che il paziente sia comple-tamente autonomo nelle decisioni riguardanti la propria salute e, al più,debba avere la possibilità di interfacciarsi con un sistema di soggetti inter-connessi? Qualora la governance si riveli necessaria, a chi deve essere affidata?

Le reti di assistenza in ItaliaIn Italia sembrano esserci scarse evidenze riguardo l’esistenza di reti di

assistenza formalizzate o, comunque, di un coordinamento effettivo tra isoggetti coinvolti nella cura di pazienti affetti da patologie croniche, soprat-tutto se facenti capo a strutture sanitarie o contesti operativi differenti (ospe-dali e ASL, settore pubblico e privato, professionisti incardinati nel ServizioSanitario Nazionale e autonomi). Per tale ragione, il primo importantepasso in direzione dell’assunzione di un’ottica di tipo reticolare consiste nel-l’analisi della situazione sul campo, in modo da capire se ed eventualmentein quali settori esista e che caratteristiche abbia una rete di assistenza. Ancorpiù sarebbe fondamentale individuare che attributi debba avere la rete alfine di assicurare il miglior trattamento ai pazienti.

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Il settore più evoluto in tal senso pare essere quello delle cure palliativeai pazienti oncologici terminali; in esso, al pari di quanto avviene in nume-rosi altri Paesi europei, si sta diffondendo difatti un modello di rete che inte-gra l’assistenza domiciliare con quella ospedaliera e comporta una chiaradivisione dei ruoli tra medici e infermieri. Anche in questo ambito, però,non si è ancora affermato un modello uniforme sul territorio, e l’esperienzasi concretizza al più in una serie di casi eccellenti. In questo ricerca si è cer-cato pertanto di studiare una di queste esperienze, utilizzandola come base,pur coi limiti di generalizzabilità riconosciuti a un approccio empirico percase history, per chiarire quanto sia strutturata e che caratteristiche possiedauna possibile rete di assistenza a pazienti cronici.

Più in dettaglio, la ricerca si è proposta di indagare come avvenga il trat-tamento terapeutico dei pazienti oncologici, di verificare se esista un siste-ma a rete nell’erogazione di cure oncologiche, complessivamente intese, e didescriverne il funzionamento. Per fare ciò, tale sistema è stato suddiviso insottofasi, così da considerare l’assistenza durante il decorso della malattia equella nella fase terminale e da esaminare come avvenga il collegamento trail sistema delle cure palliative e l’esterno, che garantisca l’accesso dei pazien-ti alla palliazione.

L’ASSISTENZA SANITARIA A PAZIENTI CRONICI AFFETTI DA PATOLOGIA ONCOLOGICA

Studi clinici dimostrano che una percentuale molto elevata di pazientioncologici terminali è eleggibile a un regime di cure palliative e che, qua-lora ciò sia reso possibile dalle condizioni sia del paziente sia del nucleofamiliare, il modo migliore per somministrarle consiste nell’assistenzadomiciliare.

Rispetto all’assistenza ospedaliera, quella domiciliare comporta infattinumerosi vantaggi: migliora la qualità della vita del paziente (Johnsen etal., 1998), incrementa, se possibile, l’efficacia delle terapie e consente con-sistenti risparmi al Servizio Sanitario Nazionale (uno studio canadese con-dotto nel 2006 ha evidenziato che la riduzione delle spese è compresa trail 25% e il 50%).

Perché tutto ciò avvenga è fondamentale, però, che il paziente sia indi-rizzato verso un contesto di cure palliative e che, una volta entrato, troviun’organizzazione coordinata e ben strutturata che, a seconda dell’ambito

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CAPITOLO 5 LE RETI DI ASSISTENZA MEDICA: UNA RICERCA IN CAMPO ONCOLOGICO

in cui opera e della tipologia cui appartiene, sia coesa al proprio interno eaperta verso l’esterno. È riconosciuto infatti che l’erogazione delle cure pal-liative non possa essere prerogativa solo di team specializzati, attivi a livel-lo di domicilio, ospedale o hospice, ma debba diventare parte integrante delpercorso di cura e debba poter essere garantita in ogni ambiente assisten-ziale, offerta più diffusamente e maggiormente integrata con gli altri servi-zi sanitari. Ciò è fondamentale perché il paziente e i loro familiari spessonecessitano di tipologie di aiuto particolarmente rapido e l’assistenza sani-taria deve essere fatta su misura, in modo da permettere una pronta rispo-sta adeguandola all’aumento dei bisogni dei pazienti (Davis e Higginson,2004).

Il contesto delle cure domiciliari a pazienti oncologici terminali in Italiaè, al momento, molto eterogeneo: vi sono diversi tipi e livelli di assistenzadomiciliare, che coinvolgono un numero variabile di attori, diverse istitu-zioni responsabili della gestione del servizio (gli ospedali, nella fattispecie leUnità di Cure Palliative, le ASL attraverso l’assistenza domiciliare integrata1,e le organizzazioni non profit) e, infine, diversi gradi di integrazione dellostesso. Le differenze sono sovente di carattere geografico – ogni Regionetende ad adottare un proprio modello –, ma spesso anche nello stesso terri-torio convivono esperienze diverse. Da queste considerazioni discende cheuna più efficiente erogazione delle cure palliative domiciliari non possa dun-que che risiedere nella definizione e nell’adozione di un modello ottimale (edi possibili contenute deviazioni dallo stesso).

RESEARCH DESIGN

Questo studio si basa su dati primari, raccolti in una realtà territorialeselezionata in cui sono erogate cure palliative: l’Unità di Cure Palliative(Ucp) dell’Azienda Ospedaliera Sant’Anna (sede di Mariano Comense,presso l’ospedale F. Villa) che, in collaborazione con l’associazione di volon-tariato “Il Mantello”, eroga un servizio di assistenza sia ospedaliero, attraver-so l’hospice, sia domiciliare.

Per ricostruire i legami all’interno dell’Ucp e all’esterno, con gli altri atto-ri coinvolti nell’erogazione delle cure, si è somministrato un questionariodifferenziato nelle versioni per pazienti, medici e infermieri. Si è scelto,

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1 Nel proseguo del lavoro sarà indicata con l’acronimo ADI

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difatti, di focalizzarsi sulle cure medico-infermieristiche, escludendo dallostudio gli altri soggetti che operano sul territorio, quali volontari e psicolo-gici. Per identificare gli individui da intervistare si è proceduto a ritroso,mediante un campionamento di tipo snowball, somministrando il questio-nario a pazienti oncologici terminali (o al loro caregiver), cui è stato doman-dato di indicare, in ordine decrescente di frequenza d’interazione, nome,specializzazione e struttura di appartenenza di medici, infermieri e repartiospedalieri, se diversi da quelli in cui lavorano medici e infermieri citati inprecedenza, con cui si interfacciano nella fase terminale della malattia o concui si sono interfacciati nelle fasi precedenti. Oltre che la frequenza d’inte-razione, si è deciso di rilevare il livello della stessa; per farlo, i reparti ospe-dalieri sono stati equiparati ai soggetti individuali e si è chiesto al pazientedi indicarli solo nel caso in cui non fosse in grado di ricondurre uno speci-fico contatto a una persona ben individuata, per difetto di memoria, o sifosse interfacciato con più soggetti e non riuscisse pertanto a indicarne unoin particolare.

La capacità di indicare la persona specifica è stata intesa come prova del-l’importanza dell’interazione. Data la condizione particolare dei pazienti,ulteriori informazioni riguardo le caratteristiche della relazione sono statedesunte in modo indiretto mediante la versione più dettagliata dello stessoquestionario somministrata ai medici e agli infermieri citati. Tale versioneprevedeva, oltre a domande di carattere relazionale, quesiti sui compiti svol-ti, il numero di pazienti presi in carico contemporaneamente in un mese, ladurata media della relazione, la fase della patologia – distinta in iniziale,intermedia e terminale – in cui si trova il numero più consistente di pazien-ti assistiti, nonché, solo nella versione per medici, il ruolo assegnato agliinfermieri e una valutazione prospettica di come potrebbe evolversi la colla-borazione.

Il tasso di risposta è stato pari al 59,5% e le mancate risposte hannoriguardato esclusivamente medici e infermieri.

Il campione finale consiste di:- 12 pazienti oncologici terminali;- 29 medici, di cui il 69% ospedalieri e il 31% medici di medicina gene-

rale;- 35 infermieri, di cui il 97,1% ospedalieri e il 2,9% privati;- 67 strutture, di cui il 92,5% reparti ospedalieri, facenti capo complessi-

vamente a 21 ospedali, e il restante 7,5% altre strutture (ASL, Comuneerogatore dell’ADI).

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CAPITOLO 5 LE RETI DI ASSISTENZA MEDICA: UNA RICERCA IN CAMPO ONCOLOGICO

I dati relazionali raccolti (rappresentanti la generica relazione “rivolgersia”, che ha consentito di considerare congiuntamente attori e tipi di intera-zione differenti) sono serviti per costruire il network in Figura 1, in cui inodi rappresentano gli attori della rete, differenziati per colore a secondadella tipologia – pazienti in rosso, medici in azzurro, infermieri in verde estrutture o reparti in blu – mentre le frecce indicano il verso e lo spessore lafrequenza della relazione.

Da questa rete generale, che mostra i rapporti tra tutti i soggetti (pazien-ti, medici, infermieri e strutture), si sono poi estratte più sottoreti specifi-che, rappresentanti l’assistenza ai pazienti oncologici (la relazione tra ipazienti e gli altri soggetti della rete) e la struttura organizzativa (la relazio-ne tra medici, infermieri e strutture che si interfacciano direttamente o noncon i pazienti studiati), con riferimento sia alla fase di decorso della patolo-gia (iniziale e intermedia) sia alla fase terminale e si è verificato: - chi si occupa di assistere i pazienti oncologici nelle diverse fasi di progres-

so della malattia;- chi li indirizza verso un contesto di cure palliative, nel caso in esame di

tipo domiciliare; - se esiste ed, eventualmente, che caratteristiche possiede, una rete orga-

nizzativa per il trattamento dei pazienti oncologici;

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Figura 1 La rete dell’assistenza ai pazienti oncologici

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- se esiste ed, eventualmente, che caratteristiche possiede e in cosa si diffe-renzia dalla precedente, una rete organizzativa per il trattamento deipazienti terminali.

RISULTATI

Con riguardo all’assistenza ai pazienti, è emersa una differenza rilevantenella gestione della relazione col personale medico-infermieristico tra la faseterminale della patologia e quelle iniziale e intermedia.

Durante il decorso della malattia, vi è una variabilità consistente – e dun-que una casistica non generalizzabile – nel numero e nella tipologia di sog-getti coinvolti, funzione della particolare patologia e della storia clinica diciascun paziente. In generale, si è osservata una tendenza alla dispersioneterritoriale delle cure, seppure limitata a un territorio locale circoscritto: seil paziente ha avuto necessità di cure specialistiche erogate in reparti diversio, in alcuni casi, anche a ospedali diversi per la stessa tipologia di cure. Ciòda un lato rassicura sulla libertà decisionale del paziente rispetto al propriopercorso terapeutico, ma dall’altro potrebbe essere causa di difficoltà nellacontinuità delle cure, tanto più che gli ospedali spesso non sono in contat-to fra loro e, dunque, non si scambiano informazioni sulla storia clinica delpaziente. La situazione descritta pare dimostrare soprattutto la non esisten-za di una struttura a rete stabile, o comunque di un insieme di relazioni, siacon l’ospedale o il reparto in sé sia, ancor più, con medici o infermieri spe-cifici. Questo dato è confermato dall’osservazione che i medici ospedalieriintervistati che si occupano di un paziente durante il decorso della malattial’hanno in carico mediamente per 5 mesi (147 giorni), ma lo visitano confrequenza contenuta e, nello stesso periodo, assistono in media altri 64pazienti; nel caso degli infermieri, non è stato neppure possibile rilevare datiin proposito.

Come conseguenza, la maggior parte dei pazienti ha nominato la/lestrutture ospedaliere in cui è stata curata e solo pochi hanno segnalato l’esi-stenza di una relazione stabile, comunque esclusivamente con il medico.

Gli infermieri si sono rivelati nel complesso poco presenti, seppure sianostati impiegati in funzioni centrali (interventi sul paziente e somministrazio-ne di farmaci) e un’elevata percentuale di medici ospedalieri si sia dichiara-ta favorevole a un loro maggiore coinvolgimento. Questi ultimi cederebbe-ro volentieri parte delle proprie mansioni al personale infermieristico, in

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CAPITOLO 5 LE RETI DI ASSISTENZA MEDICA: UNA RICERCA IN CAMPO ONCOLOGICO

particolar modo la verifica della compliance alle terapie prescritte (ma non ilfollow up). Solo qualora il trattamento si sia prolungato nel tempo (come nelcaso delle cure radioterapiche), è sembrata emergere l’importanza dell’infer-miere come interlocutore privilegiato.

Nella fase terminale la situazione è molto differente: l’assistenza domici-liare riguarda un orizzonte temporale molto breve, dato che un medico o uninfermiere hanno in carico un paziente in media per soli 21 giorni, ma è piùfocalizzata sui singoli malati, che manifestano un maggiore fabbisogno diinterventi. Ciascun medico si occupa contemporaneamente in media di soli14 pazienti (un unico medico ha dichiarato di assistere nello stesso periodofino a 38 pazienti) e ciascun infermiere di un numero ancora inferiore. Così,è emersa una struttura reticolare stabile e coesa attorno a ciascun paziente,basata su relazioni personali e con una distinzione chiara dei ruoli e dei com-piti; questa rete è costituita dal personale medico e infermieristico dell’Ucp,mentre prescinde completamente da altre tipologie di specialisti. In partico-lare, si è osservato che i pazienti tendono a essere affidati a un solo infermie-re e a relazionarsi contemporaneamente, invece, con alcuni o tutti (4) imedici palliativisti.

In questo tipo di contesto, l’infermiere occupa una posizione centrale esoggetti come infermieri privati o facenti capo all’ADI tendono a essere deltutto assenti o, anche se presenti, a rivestire un ruolo periferico e marginalee ad agire in totale isolamento. Nel caso dell’ADI, a ciò contribuisce anchel’elevata tendenza al turnover interno, che impedisce l’instaurarsi sia di unarelazione stabile con il paziente sia di una forma efficiente di collaborazionecon gli altri operatori sanitari.

Il medico di medicina generale è, infine, una figura centrale nella rela-zione col paziente, ma isolata rispetto al resto del sistema: con riferimentoai pazienti esaminati, si è mostrato presente nella fase iniziale o intermediadella malattia, occupandosi prevalentemente di prescrivere farmaci o offriresupporto psicologico al paziente e alla famiglia, mentre nella fase terminale,pur avendo un ruolo istituzionalizzato, poiché dovrebbe partecipare alladefinizione del piano individuale di assistenza, ha assunto una posizionedecisamente più sfumata. I medici che hanno continuato, di fatto, a occu-parsi dei propri assistiti, si sono interfacciati non tanto direttamente con ilpaziente, quanto con l’Ucp.

Con riguardo alla rete organizzativa, che è stata costruita eliminando daquella generale i nodi raffiguranti i pazienti e le relative relazioni, si è osser-vata una forte polarizzazione tra un numero esiguo di soggetti centrali nelle

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relazioni, poiché collegati a molti altri, e la maggior parte di soggetti perife-rici. In dettaglio, è emersa l’esistenza di una forma di collaborazione o scam-bio di informazioni stabile, basata cioè su interrelazioni frequenti, definitaperò solo a livello locale e riguardante pochi medici – oncologi e palliativi-sti e strutture – reparti di oncologia o chirurgia dei due principali ospedalipresenti sul territorio –.

Esaminando i soggetti periferici, due osservazioni sono parse di partico-lare interesse: - le relazioni con alcune strutture sono mantenute solo da uno o due

medici, che sono però poco collegati al resto della rete e, dunque, difatto, agiscono in modo pressoché autonomo. Essi tuttavia sono porta-tori di contatti importanti, perché esclusivi, e dovrebbero essere valoriz-zati;

- i legami sono costituiti per lo più su base territoriale. Così le struttureterritorialmente più lontane sono totalmente isolate e solo i pazienti siinterfacciano direttamente con esse.

La parte stabile della rete è costituita sia tra i soggetti che si occupanodell’assistenza nelle fasi iniziale e intermedia, sia tra coloro che sono respon-sabili della fase terminale (l’Ucp studiata) sia, infine, tra i due.

Informazione di particolare rilievo è che tali relazioni sono governate daimedici ospedalieri, che svolgono sia funzione di collegamento all’internodella struttura in cui operano (il proprio reparto o reparti differenti), sia diintermediazione tra la struttura di appartenenza e l’esterno. Quest’ultimoruolo è accentuato nella fase terminale dell’assistenza: pare quest’ultimolegame (reparti di oncologia–medici palliativisti), dunque, e non quello trail medico di medicina generale e l’Ucp, il canale più frequente attraverso cuii pazienti terminali vengono avviati verso il sistema delle cure palliative.

83LE RETI DI ASSISTENZA MEDICA: UNA RICERCA IN CAMPO ONCOLOGICO CAPITOLO 5

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PREMESSA

Il sistema salute, in Italia, come in Europa e in tutti i Paesi evoluti delmondo, ha come obiettivo prioritario una maggiore efficienza nella cura deipazienti. Questa tendenza a porre il paziente al centro delle politiche sani-tarie non può non vedere coinvolti anche altri attori del sistema, innanzitut-to le aziende farmaceutiche che, insieme alle istituzioni, possono giocare unruolo decisivo.

In questo contesto, una maggiore aderenza alla terapia da parte delpaziente, con conseguenti minori drop out, risulta essere un goal imprescin-dibile per tutti, ma in primo luogo per i medici cui è demandata la gestio-ne della salute.

Una recente indagine, curata dal Dipartimento di Statisticadell’Università degli Studi di Milano-Bicocca – e condotta su un campionedi pneumologi, oncologi e reumatologi – ha evidenziato che i medici spe-cialisti italiani ritengono la compliance un parametro fondamentale nei con-fronti degli outcome terapeutici. Nella stessa indagine si evidenzia come pro-getti di formazione e di supporto al paziente per migliorarne la compliance,vengano ritenuti di grandissimo valore.

85CAPITOLO 6

COMPLIANCEED EFFICACIA TERAPEUTICA:

UN NUOVO APPROCCIO DI HEALTH MANAGEMENT PER

LA SANITÀ DI OGGIGiampiero Data - Germana Cesario

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CAPITOLO 6 COMPLIANCE ED EFFICACIA TERAPEUTICA: UN NUOVO APPROCCIO . . .

LA SPESA FARMACEUTICA, UNA NUOVA CONSAPEVOLEZZA

Se fino ad oggi si è parlato della spesa farmaceutica soprattutto in termi-ni di costi del farmaco, è importante sottolineare come, negli ultimi tempi,stia sempre più spesso emergendo una valutazione legata all’efficienza e alrisparmio “globale” per il sistema. Questo diverso approccio si rende neces-sario in un contesto di crescente domanda di salute, dovuta alle maggioriinformazioni disponibili e alle aspettative più elevate da parte dei pazienti,ma soprattutto a causa dell’aumento della popolazione anziana e di conse-guenza delle patologie croniche: è fondamentale quindi considerare la spesaper i farmaci in relazione ai benefici reali che essa produce piuttosto checome principale imputata degli sprechi sanitari.

L’uso appropriato di farmaci nella cura delle patologie che più di altrepossono determinare un alto rischio di complicanze, anche gravi, o addirit-tura di disabilità (come ad esempio quelle cardiovascolari, respiratorie e delsistema nervoso) permette una riduzione evidente dei costi sanitari, siadiretti sia indiretti: questa maggiore efficienza, considerando i costi delladegenza e dell’assistenza in generale, dovrebbe portare a considerare la spesasanitaria – e quella farmaceutica in particolare – come un investimento fina-lizzato a produrre un maggiore livello di salute.

È fondamentale, in questo contesto, garantire, oltre a una prescrizioneappropriata e ottimale dei farmaci, un'adesione totale e a lungo termine daparte dei pazienti alla terapia.

L'implementazione inadeguata delle linee guida, l'utilizzo insufficientedelle terapie e la scarsa adesione dei pazienti sono fattori determinanti nellamancanza di efficacia delle terapie.

In un contesto caratterizzato dall'invecchiamento della popolazione, conun numero crescente di persone affette da patologie croniche, un miglioretrattamento farmacologico seguito correttamente nel tempo è un'alternati-va percorribile per ridurre i tassi di ospedalizzazione e mortalità nel futuroe, di conseguenza, i costi sanitari e sociali associati.

COMPLIANCE, UNA PAROLA CHIAVE

La compliance, ovvero l’aderenza alle cure e alle indicazioni terapeutichedel medico, condiziona significativamente i risultati delle terapie.

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La scarsa compliance deriva da molti fattori, che si possono classificare in4 macro-categorie: - fattori legati alla patologia;- fattori legati alla terapia;- fattori legati al rapporto medico-paziente;- fattori sociali.

PatologiaSi può avere la migliore aderenza alla terapia solamente quando il

paziente conosce e “accetta” la sua malattia. La gravità, così come la cro-nicità della patologia, può agire come deterrente alla compliance: senti-menti di paura, sensazioni di diversità, scarsa autostima possono prende-re gradatamente il sopravvento progredendo verso uno stato, anchedepressivo, in cui il rifiuto della malattia diviene parte integrante dellapropria personalità.

Anche nel caso di patologie particolarmente silenti in una prima fase, ocon recidive cicliche, l’adesione alla terapia non è favorita: i pazienti tendo-no a interrompere prematuramente il trattamento non appena si manifesta-no i primi miglioramenti, avendo la falsa impressione di un completatoeffetto della terapia.

TerapiaI fattori più evidenti sono certamente quelli legati alla terapia, ovvero

all’entità di eventuali effetti collaterali collegati all’assunzione di uno speci-fico farmaco, alla difficoltà di somministrazione o alla mancata conoscenzadei rischi di un’assunzione non corretta.

Un elemento importante da considerare è anche la modalità in cui laterapia si integra nella quotidianità della vita del paziente: regimi comples-si, con somministrazione di dosaggi ripetuti, senza che vengano previstemodalità di adattamento alle esigenze pratiche del paziente, anche imprevi-ste, possono comportare discontinuità non controllate nella terapia.

Migliorare la compliance significa anche semplificare i protocolli, renden-doli compatibili con lo stile di vita del paziente.

Rapporto medico-pazienteIl mancato accordo tra medico e paziente, quando quest’ultimo risulta

un mero fruitore della prescrizione senza essere stato sufficientemente“coinvolto” e dunque informato sia sul farmaco che sulla sua patologia,

87COMPLIANCE ED EFFICACIA TERAPEUTICA: UN NUOVO APPROCCIO . . . CAPITOLO 6

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CAPITOLO 6 COMPLIANCE ED EFFICACIA TERAPEUTICA: UN NUOVO APPROCCIO . . .

incide significativamente sulla motivazione a seguire la strategia di curaimposta.

La capacità di stabilire una comunicazione chiara e diretta con il pazien-te e di trasmettere il sostegno professionale ed emozionale indispensabili perguadagnarne la fiducia, è un sistema efficace per aumentare la compliance egarantire la riuscita di un trattamento.

È quindi la condivisione della terapia e delle problematiche ad essa lega-te, a poter garantire il successo della cura attraverso un progetto che deveveder coinvolto anche l'aspetto emotivo della persona.

Fattori socialiInfine, molto influenti sono i fattori sociali ovvero legati al ruolo di sup-

porto di altri soggetti, ad esempio i familiari, che condividono la realtà delpaziente e che ne possono modificare l’adesione.

Anche ad essi vanno indirizzate le stesse informazioni che vengono dateal paziente, relative alla patologia e alla terapia, ai necessari cambiamentidello stile di vita e ai suggerimenti utili per superare tutte le difficoltà e idisagi che si potranno incontrare nel percorso di cura.

Per affrontare patologie gravi e invalidanti il corretto coinvolgimento siadel paziente sia dei familiari (o caregiver) può essere determinante nel con-trollare lo stress e la paura che insorgono di fronte a una situazione critica eignota, influire sugli outcome del paziente stesso e quindi impattare positiva-mente l’intero sistema sanitario.

Le conseguenze di una mancata compliance sono quindi numerose evarie per tutti i soggetti coinvolti nella relazione tra medico e paziente: - per il medico, che assiste all’insuccesso del trattamento che egli stesso ha

prescritto; - per il paziente, le cui aspettative di miglioramento della salute rimango-

no deluse, con conseguente calo della fiducia nella competenza del medi-co e nelle proprie possibilità di guarigione;

- per il sistema sanitario nazionale, che ha dedicato tempo, strutture erisorse a un intervento terapeutico che è risultato inefficace o scarsamen-te efficace e che dovrà essere quindi modificato, prolungato o ripetuto. Viceversa, da una piena aderenza al trattamento conseguono spesso la

conferma della professionalità del medico, la soddisfazione del paziente el’ottimizzazione delle risorse messe a disposizione dal Sistema SanitarioNazionale.

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IL PAZIENTE PRIMA DI TUTTO

Ormai tutti gli organismi internazionali, partendo dall’OrganizzazioneMondiale della Sanità, fino al nostro Sistema Sanitario, riconoscono ildanno significativo, anche in termini economici, che deriva dalla mancatacompliance. Questa è stimata fino al 50–70% soprattutto in caso di terapiecroniche: alcune fonti stimano che in effetti solo un terzo dei pazienti assu-me correttamente i farmaci prescritti, un terzo assume i farmaci non corret-tamente e un terzo non li assume affatto.

In caso di mancata compliance alla terapia, il paziente è il primo a subir-ne le conseguenze, perché si lascia sfuggire tutti i benefici del trattamentoesponendosi a maggiori rischi di morbidità e mortalità in aggiunta a un peg-gioramento della qualità della vita.

Ma allo stesso tempo anche gli altri interlocutori del sistema salute sonocolpiti dai problemi di non compliance: il Sistema Sanitario, che deve farfronte a spese aggiuntive derivanti da un outcome terapeutico negativo e unutilizzo non corretto del farmaco e l’azienda farmaceutica che vede il suoprodotto fornire prestazioni non ottimali.

Il Sistema Sanitario, quindi, è da una parte sotto pressione in termini dirisorse e gestione dei costi, dall’altra deve comunque far fronte alla sfidaimposta da una realtà che vede l’inesorabile aumento delle malattie croni-che, come conseguenza dell’invecchiamento della popolazione e dellarichiesta dei pazienti di accedere a cure mediche e servizi di supporto sem-pre migliori.

È evidente come anche le aziende farmaceutiche, a causa di prescrizioninon correttamente seguite e degli elevati drop out, subiscano perdite di fat-turato, che potrebbero costituire importanti risorse in più da dedicare allaricerca, oltre che un danno di immagine legato a una minore “efficaciaapparente” della terapia somministrata.

In questa ottica, tutte le attività che siano finalizzate a ottimizzare lagestione del paziente e della sua terapia, possono risultare il mezzo vincenteper aprire un canale di comunicazione tra i diversi interlocutori, rispettan-done le aspettative e le priorità: dei medici, che desiderano rafforzare la rela-zione con i pazienti e fornire trattamenti efficaci, delle istituzioni, che devo-no controllare i costi e nello stesso tempo somministrare un servizio efficien-te ed efficace, e dei pazienti che possono ricevere un servizio di qualità e unacura migliore.

La necessità di gestire in maniera ottimale ed efficiente il processo clini-

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CAPITOLO 6 COMPLIANCE ED EFFICACIA TERAPEUTICA: UN NUOVO APPROCCIO . . .

co-assistenziale del cittadino è un’evidenza ormai sottolineata da tutti gliattori del sistema salute.

Diverse iniziative a livello nazionale e regionale stanno valutando nuovimodelli assistenziali in cui le attività di motivazione, informazione e suppor-to al paziente sono indirizzate a migliorare l'aderenza, sia ai percorsi di curasia al trattamento terapeutico, agli stili di vita e agli outcome clinici.

Lavorare quindi per implementare programmi educazionali e motivazio-nali incentrati sul paziente, volti a ottenere una maggiore consapevolezzadella malattia e il completo accordo sulla strategia terapeutica, può rappre-sentare una soluzione innovativa in cui il sistema sanitario può rendere piùefficace il servizio fornito al cittadino e ottimizzare l’investimento in salute,e l’azienda farmaceutica può guadagnare in termini di visibilità, di immagi-ne e di rapporto con le istituzioni.

I SERVIZI DI HEALTH MANAGEMENT

Le strategie per migliorare la compliance, specialmente in un tratta-mento cronico, passano necessariamente attraverso programmi di educa-zione e comunicazione nei quali il paziente viene adeguatamente informa-to riguardo alla sua malattia, al suo trattamento e al programma terapeu-tico dettagliato. Le informazioni devono essere fornite in maniera sempli-ce e comprensibile, personalizzando il programma in base alle esigenze delpaziente o dei familiari e concordando gli obiettivi del programma tera-peutico.

I servizi di health management (HMS), già ampiamente utilizzati inambito internazionale, rappresentano un’offerta di soluzioni di healthcareerogate attraverso professionisti in scienze infermieristiche. Queste soluzio-ni forniscono una piattaforma di servizi e programmi educazionali incentra-ti sul paziente che integra l’attività dei medici, del Servizio SanitarioNazionale, delle organizzazioni e dei pazienti stessi, migliorando conoscen-za e comunicazione e quindi aumentando l’aderenza ai protocolli di tratta-mento in specifiche aree terapeutiche.

Questi servizi propongono team di Clinical Educator e Nurse Adviser ingrado di affiancare i medici e il loro staff nell’attività educazionale deipazienti, in tutte quelle patologie in cui una diagnosi precoce e un correttoapproccio terapeutico seguito nel tempo, sono determinanti per miglioraregli outcome terapeutici.

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L’implementazione di servizi di health management può apportare nume-rosi vantaggi:- può favorire l’identificazione e il controllo di patologie sotto-diagnosti-

cate o non trattate adeguatamente; - può facilitare la gestione di complesse terapie multiple da parte dei

pazienti;- può infine, attraverso il contatto con personale dedicato e adeguatamen-

te formato, favorire la compliance, riducendo le recidive di malattia e pro-muovendo l'efficacia delle terapie nel lungo termine.

La figura dell'infermiere è di fondamentale importanza nello svolgimen-to dei servizi di health management.

I cambiamenti subiti dalla professione infermieristica nell'ultimo decen-nio hanno avuto una ripercussione positiva sulla connotazione del ruolodell'infermiere all'interno di team multidisciplinari, rendendolo un mem-bro dello staff insostituibile e autorevole, con una sua attività specifica eincisiva nell'ambito della "presa in carico" del paziente.

Le responsabilità dell'infermiere nei confronti dei pazienti e delle lorofamiglie, nonché del team coinvolto nell'attività assistenziale, riguardanodiversi ambiti, che vanno dalla gestione clinica del paziente, con attività diassistenza pratica e monitoraggio quotidiani, all’educazione e addestramen-to al paziente e alla famiglia.

Ci sono molte terapie e tecniche che il paziente e la famiglia devonoimparare per autogestire la patologia. L'infermiere ha, a questo proposito,un ruolo fondamentale, essendo a lui demandato l'addestramento teorico-pratico del paziente. Un addestramento efficace del paziente e delle altrepersone per lui significative e la comprensione delle caratteristiche dellamalattia sono fondamentali per l'efficacia delle cure e per garantire unabuona compliance.

Infine – e forse questo è il ruolo più importante dell’infermiere – l’advo-cacy del paziente. Grazie al particolare rapporto che l'infermiere ha con ipazienti, più informale, diretto, confidente e libero, egli può svolgere il ruolodi raccordo tra essi e i medici per bisogni non rilevati, esigenze non espres-se, disturbi taciuti o sottostimati, domande di chiarimento non fatte. Si trat-ta di una funzione importante per garantire un'assistenza ottimale ai pazien-ti. In questo ambito, quindi, l'infermiere si trova spesso a svolgere un ruolodi mediazione tra le esigenze del paziente e quelle degli altri operatori.

Nei Paesi anglosassoni, dove l’esperienza in questo campo è molto este-

91COMPLIANCE ED EFFICACIA TERAPEUTICA: UN NUOVO APPROCCIO . . . CAPITOLO 6

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CAPITOLO 6 COMPLIANCE ED EFFICACIA TERAPEUTICA: UN NUOVO APPROCCIO . . .

sa, le aree terapeutiche in cui sono stati avviati programmi di health mana-gement sono le più diverse, dall’asma al diabete, dall’oncologia alle malattieneurologiche, dall’osteoporosi alle malattie reumatiche.

Anche le modalità di svolgimento sono adattate alle esigenze della pato-logia e del farmaco: programmi unbranded sull’area terapeutica vengono svi-luppati quando sia importante migliorare l’identificazione di pazienti conmalattie non controllate adeguatamente e quindi sia importante avviare atti-vità di screening su larga scala a livello dei medici di medicina generale.

Esperienze recentemente sviluppate negli Stati Uniti nel settore del-l’asma hanno dimostrato che, attraverso un programma di educazione dimedici e pazienti, è stato possibile dimezzare, nella popolazione coinvolta,il numero di soggetti non diagnosticati o non adeguatamente trattati.

Viceversa, programmi branded sono avviati dove sia presente una validamotivazione per “educare” i pazienti su specifici prodotti, per esempio sul-l’utilizzo di device o strumenti per l’autosomministrazione parenterale o sot-tocutanea, oppure su prodotti con effetti collaterali significativi.

Un’altra esperienza, esempio di programma branded, svolto nell’area tera-peutica della sclerosi multipla con l’obiettivo di aiutare i pazienti a superarel’impatto con la malattia e le difficoltà del trattamento, ha portato, in due annidi attività, ad aumentare di più del 40% l’aderenza dei pazienti alla terapia.

In sintesi, i servizi di health management garantiscono al paziente unacorretta assunzione della terapia e aiutano i medici a operare in accordo conle linee guida riconosciute a livello nazionale, mentre i servizi di informazio-ne personalizzati favoriscono la comprensione della malattia e del tratta-mento.

La compliance, intesa quindi non come mera misura dell’adesione allaterapia, ma come maggiore consapevolezza delle finalità e delle modalità deltrattamento, può così diventare un obiettivo comune tra aziende farmaceu-tiche e istituzioni.

Le aziende farmaceutiche possono inserirsi in quest’ambito, offrendo alSSN servizi di elevato livello qualitativo, a integrazione delle tradizionaliattività di informazione sui prodotti.

Dal momento che progetti di questa natura richiedono strutture com-plesse e capacità progettuali a lungo termine, un’opportunità potrebbe esse-re quella di affidarsi a partner esterni specializzati: questo potrebbe presen-tare anche il vantaggio di separare i programmi educazionali dall’attività

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promozionale pura, offrendo un servizio “al di sopra delle parti”, in lineacon le nuove richieste delle istituzioni, minimizzando i rischi legati a unastruttura rigida e garantendo la massima flessibilità nel numero di risorseottimali per ogni progetto.

Un ulteriore significativo vantaggio di questo tipo di programmi è lacapacità di generare i dati che supportano i risultati dell’outcome terapeuti-co: un partner esterno alle aziende farmaceutiche si trova nella posizioneperfetta per raccogliere e gestire tali dati, elaborandoli in forma anonima nelrispetto dei requisiti di privacy del paziente, e fornendo all’azienda farma-ceutica i risultati sulla compliance alla terapia, un ulteriore strumento di rap-porto con le istituzioni, con l’obiettivo comune di migliorare l’efficienza deitrattamenti e la salute dei pazienti.

Questa tendenza si sta diffondendo in Europa, dove in numerosi Paesiviene effettuata la raccolta regolare degli outcome del paziente e delle infor-mazioni economiche correlate.

La maggior parte di questi dati si basava su proiezioni calcolate parten-do da studi clinici, ma questi risultati non vengono sempre replicati nellapratica quotidiana, a causa della varietà di popolazioni di pazienti e le diver-se comorbidità. Inoltre l’adesione alla terapia negli studi clinici differisce lar-gamente rispetto alla pratica quotidiana. A causa di ciò si è notato un incre-dibile aumento delle richieste formali da parte dei payer europei, per avereinformazioni reali più dettagliate. Poiché questi requisiti evolvono, le azien-de farmaceutiche hanno la necessità di rispondere dimostrando di saperecome gli interventi terapeutici hanno impatto sui budget dei singoli stake-holder in ambito sanitario. I modelli economici per la Sanità pubblica alivello nazionale devono essere trasformati in modelli a carattere più regio-nale, vale a dire con un impatto sul budget locale.

La difficoltà per le aziende farmaceutiche consiste tuttavia nella raccoltae nella presentazione dei dati necessari che supportino casi convincenti subase ricorrente, quando il prodotto è già sul mercato. Non è realistico pen-sare che si possano generare questi dati da studi clinici in corso perché talistudi dovrebbero essere condotti a tempo indefinito, con un forte dispendiodi denaro e tempo.

In conclusione, i servizi di health management potrebbero in quest’otti-ca rappresentare la connessione nel comune interesse così a lungo ricercatatra i quattro principali stake-holder del Sistema Sanitario: pazienti, medici,istituzioni e aziende farmaceutiche.

93COMPLIANCE ED EFFICACIA TERAPEUTICA: UN NUOVO APPROCCIO . . . CAPITOLO 6

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Le liberalizzazioni, che hanno avuto luogo negli ultimi anni, hanno resoancora più pesante un bilancio del settore farmaceutico che ha visto costan-ti contrazioni a seguito dei provvedimenti adottati per arginare la spesa sani-taria. La logica conseguenza è stata quindi quella della generazione di unacrisi di settore che ha inciso sulle logiche produttive, di marketing, di ricer-ca e ha costretto le aziende farmaceutiche ad aggiornare i propri modelli, alivello globale.

Uno degli strumenti che sono stati utilizzati inizialmente per arginare icosti (eliminando alcuni di quelli che in precedenza erano fissi) è stato l’out-sourcing.

Il crescente ricorso a questa soluzione nell’ambito dell’area salute è dimo-strato dal fatto che secondo i dati recentemente analizzati da CenterWatch,il mercato globale delle Contract Research Organization (CRO) è aumen-tato del 25% negli ultimi 3-5 anni e, in alcuni casi, si sono verificate cresci-te fino al 45% all’anno.

Questo incremento, indubbiamente di grande rilievo, è determinato dauna serie di nuove esigenze che si sono venute a creare a seguito della rapi-da evoluzione normativa che ha caratterizzato gli ultimi 15 anni, in partico-lare dal 1995 quando è nata Emea, l’Agenzia europea della valutazione deimedicinali.

Ecco che le aziende, trovandosi a dover fronteggiare con scadenzeimprorogabili numerosi e nuovi adempimenti normativi, hanno comincia-to a utilizzare servizi di outsourcing anche in ambito regolatorio – serven-dosene, inizialmente, principalmente per fronteggiare esigenze e urgenzeimpreviste.

Il ricorso all’outsourcing in Italia, in passato, ha trovato difficoltà di accet-

95CAPITOLO 7

NUOVI AMBITI REGOLATORI NEI RAPPORTI

TRA AZIENDE FARMACEUTICHEE SOCIETÀ DI SERVIZI

Nadia Peviani

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tazione, per molti motivi, alcuni legati a una distorta concezione di ciò cherappresenta know how aziendale e dato riservato, altri legati a una vera epropria incapacità di utilizzare le risorse dell’outsourcing, rapportandosi piùa contratti di appalto in esterno che a progetti di collaborazione in cui lecompetenze esterne e quelle interne all’azienda dovessero lavorare insiemeper il raggiungimento di un unico obiettivo aziendale previamente condi-viso.

È indubbio, se si ascoltano le opinioni degli imprenditori e dei managerd’azienda, che fare ricorso ad aziende specializzate rappresenti un validostrumento per la gestione dei progetti. Tuttavia l’atteggiamento del singolo,l’approccio culturale dell’azienda che affida i servizi, variano in modo signi-ficativo: la paura di perdere il controllo dei propri processi, il disagio, spes-so inconscio, di dover ricorrere a un aiuto esterno, il timore di rimanere vin-colati alle conoscenze che nel frattempo il fornitore di servizi ha acquisitosul progetto aziendale, tutti elementi deterrenti lo sviluppo efficace dei rap-porti tra aziende farmaceutiche e aziende di servizi.

Da quando si è cominciato a parlare di outsourcing, ormai negli anniOttanta, lo scenario regolatorio ed economico ha subito profonde trasfor-mazioni e le relazioni tra cliente, fornitore, autorità, sono completamentecambiate.

Le Autorità regolatorie stesse hanno “riconosciuto” interlocutori diversiquali il produttore materia prima, il produttore prodotto finito, il conces-sionario per la vendita, il procuratore, il grossista, tutte figure esterne al tito-lare dell’autorizzazione, ma a cui sono stati attribuiti precisi ambiti, compi-ti e doveri; alcune di queste figure sono divenute, dal punto di vista legisla-tivo, figure istituzionali.

Ed è proprio dagli ambiti regolatori che spesso si sono create le basi persviluppare servizi di outsourcing che richiedono competenze diverse e diver-sificate e permettono di coprire l’intero processo di progettazione e svilup-po di un medicinale, la sua registrazione, la sua commercializzazione e il suomantenimento.

In definitiva l’outsourcing è un processo apparentemente semplice, perchése da una parte dovrebbe portare a una semplificazione e alleggerimento dialcune operazioni che andrebbero svolte all’interno dell’azienda, dall’altraparte va comunque progettato e seguito con cura.

Porta con sé criticità importanti legate soprattutto alla gestione dei flus-si di comunicazione e di collaborazione tra l’interno e l’esterno dell’azienda.L’approccio culturale con cui si affronta un progetto dall’interno e dall’ester-

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no dell’azienda è molto diverso: punto critico dell’outsourcing è quello disapere creare una partnership strategica e temporale sui progetti finalizzataallo scopo unico di raggiungere l’obiettivo prefissato.

Ecco che allora il problema non è più quello di scegliere se eseguire unprogetto in outsourcing, ma quale progetto.

Uno degli errori che sono stati fatti in passato e che continuano a essereperpetrati è quello di affidare in esterno:- i progetti non prioritari; - i progetti che non si sanno affrontare e non si ha voglia di studiare come

affrontarli; - i progetti che non si ha il tempo di seguire.

Questo atteggiamento ha creato difficoltà alla crescita dell’outsourcingperché ha fatto ritenere che le aziende di servizi potessero essere dei meri ese-cutori di compiti affidati.

D’altro canto, le aziende di servizi che hanno consentito alle proprieaziende committenti di realizzare questo approccio, hanno contribuito agenerare questo equivoco di base e hanno rallentato il processo di crescita diun settore fortemente strategico.

Con il passare del tempo, la costante evoluzione normativa, le difficoltàinterpretative e di applicazione, hanno portato ad una modifica dell’out-sourcing che, seppur in modo graduale, ha cominciato a trasformarsi, alme-no in alcuni ambiti, in outsourcing strategico, uno strumento avanzato perraggiungere o superare obiettivi aziendali a lungo termine.

Non possiamo infatti pensare che l’incremento rilevato da Centerwatch,come più sopra indicato, sia stato generato semplicemente dall’aumento deibisogni da parte delle aziende, dalle situazioni in cui si è reso necessarioridurre i costi fissi o dalle cosiddette “punte di lavoro”.

I nuovi ambiti regolatori hanno cambiato le tipologie e le necessità diaffidare servizi in esterno e hanno consentito la crescita dell’outsourcing stra-tegico.

L’outsourcing strategico ha delle caratteristiche diverse, perché implicadecisioni di cambiamento aziendale su vasta scala. Condizione essenziale èl’impegno e la responsabilizzazione del management coinvolto, con l’appro-priato adeguamento delle relazioni a ogni livello organizzativo.

Inoltre, l’esperienza, le risorse e le competenze dei terzi specializzatisono in grado, in qualche modo, di attenuare i rischi associati ai progettiaziendali.

97NUOVI AMBITI REGOLATORI NEI RAPPORTI TRA AZIENDE FARMACEUTICHE E . . . CAPITOLO 7

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CAPITOLO 7 NUOVI AMBITI REGOLATORI NEI RAPPORTI TRA AZIENDE FARMACEUTICHE E . . .

Nel contesto del settore sanitario, caratterizzato negli ultimi 15-20 annida una dinamica di cambiamento di grande intensità, sono emerse nuoveesigenze, e sono proprio le esigenze che creano il presupposto fondamenta-le per l’erogazione di un servizio.

I processi di revisione regolatoria e armonizzazione delle norme hannoconfermato che uno dei principi fondamentali alla base dell’attività regola-toria è la tutela dei pazienti ed è proprio dalla tutela dei pazienti che possia-mo individuare e analizzare una serie di nuovi ambiti regolatori per i qualisi stanno creando e qualche volta consolidando, rapporti tra aziende farma-ceutiche e aziende di servizi che si possono configurare come outsourcingstrategico.

Pensiamo all’importanza della qualità dei prodotti e al grande sviluppoche ha avuto la produzione dei medicinali conto terzi. Questo tipo di out-sourcing ha consentito di razionalizzare gli impianti produttivi esistenti, distandardizzare la qualità dei prodotti utilizzando produttori specializzati e,come conseguenza, consentire spin-off e ristrutturazioni e la creazione dinuove realtà aziendali.

Considerando che a breve scadranno molti brevetti di farmaci blockbu-ster, l’outsourcing permette alle aziende di standardizzare la qualità di lineeproduttive e di confezionamento utilizzando aziende terziste. Anche ilmondo dell’outsourcing del terzista dovrebbe andare verso una direzione di“merger”, di armonizzazione e di accorpamento di linee produttive che con-sentirebbe di assicurare l’eccellenza della qualità che molti mercati extraeu-ropei vantano, ma con strumenti di convinzione basati più che altro sumotivazioni economiche.

L’outsourcing di manufacturing è uno dei settori che dovrebbe continua-re a crescere, poiché non è solo tattico, ma strategico per le industrie farma-ceutiche. Dall’altra parte i prodotti generici continueranno a rappresentareuno strumento di mercato indispensabile per il contenimento della spesa.L’elemento fondamentale del medicinale generico, tenuto conto che l’effi-cacia e la sicurezza sono consolidati, è la qualità e gli standard qualitativi diproduzione e controllo dei medicinali generici possono essere assicurati pro-prio affidandone la produzione a terzi qualificati.

L’outsourcing della produzione conto terzi è stato quindi uno dei primisettori che hanno prodotto successivamente reali risultati, ma le esigenzedelle aziende hanno continuato a evolversi, mentre ne sono emerse altre cherichiedevano la necessità di coinvolgere più strutture aziendali.

Il mercato farmaceutico italiano, nonostante le instabilità di governo, le

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riduzioni dei prezzi e le peculiarità normative, ha da sempre costituito unaforte attrattiva delle aziende straniere. Le procedure di registrazione europeahanno consentito a un’azienda che risiede nell’Unione europea, di esseretitolare di registrazione in ciascuno dei Paesi europei. Il processo di registra-zione segue dinamiche e tempistiche ben precise e scandite dagli orologidelle Autorità sanitarie; ma quando la procedura è terminata e si arriva almomento di avviare la fase di time to market, l’azienda estera che deve “sbar-care” nel mercato italiano e lanciare un medicinale, si trova di fronte a tuttauna serie di peculiarità normative che sono spesso di non facile comprensio-ne.

Per fare alcuni esempi possiamo citare la negoziazione del prezzo e larichiesta di inserimento nella classe di rimborso, i requisiti necessari per pro-muovere i medicinali, i database delle autorità sanitarie che non possonoessere gestiti dall’estero se non con la conoscenza della lingua italiana, la pro-cedura di acquisto del bollino, le gare ospedaliere, le richieste di autorizza-zione per partecipare a convegni e congressi… tutti adempimenti obbliga-tori per il territorio italiano.

Questa situazione ha generato la necessità di creare nuove tipologie diservizi multidisciplinari da fornire alle aziende farmaceutiche che voglionoentrare nel mercato italiano. Questi servizi richiedono fondamentalmentecompetenze di carattere regolatorio, di logistica/distribuzione, competenzedi carattere legale nel settore dell’area salute. Fondamentale è l’aspetto dellapromozione dei medicinali, che prevede tutta una serie di vincoli normati-vi non solo a carattere nazionale ma anche a livello regionale.

L’elenco dei servizi citati può apparire, a una prima impressione estre-mamente semplice, ma in effetti così non è. L’ingresso nel mercato diun’azienda estera è costituito da un numero di elementi facenti parte di unpuzzle ideale, in cui ogni pezzo deve incastrare alla perfezione. Per questomotivo, il progetto di “establishment” o start up, come lo si voglia defini-re, deve essere più orientato all’individuazione del percorso ottimale perconsentire la creazione di una nuova realtà commerciale in Italia che possaoperare nell’ambito delle norme vigenti sul territorio, con gli opportunicollegamenti alla casa madre, e con un assetto organizzativo affidato, alme-no inizialmente, per la maggior parte ad entità esterne, al fine di contene-re i costi e mantenere una struttura minima e flessibile in base agli anda-menti del mercato.

L’azienda estera, in poche parole, si trova a dover operare in un mercatoche non conosce, dovendo colloquiare, oltre che con le autorità sanitarie,

99NUOVI AMBITI REGOLATORI NEI RAPPORTI TRA AZIENDE FARMACEUTICHE E . . . CAPITOLO 7

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anche con tutti gli altri interlocutori della filiera del farmaco e, soprattutto,dovendo operare in compliance con le norme vigenti sul territorio.

In queste situazioni, alcune società di servizi hanno portato un contribu-to positivo in termini di supporto alle aziende estere fornendo servizi di assi-stenza multidisciplinare (regolatorio, distribuzione, fatturazione, promozio-ne, tracciabilità del farmaco, organizzazione e formazione delle reti di ven-dita). Importante, in questo tipo di servizi, è organizzare e avvalersi di com-petenze specialistiche in ognuna delle aree indicate, in modo da fornire alcliente azienda farmaceutica un “interlocutore attendibile” per ognunadelle problematiche che di volta in volta si devono affrontare nell’ambitodel progetto.

Il nuovo Codice Comunitario dei medicinali ha poi finalmente “sdoga-nato” le attività di co-promotion, permettendo la realizzazione di modelli dipromozione congiunta in particolari situazioni in cui erano richieste reti diinformatori scientifici del farmaco con esperienza specialistica in determina-te aree.

Il caso della co-promotion è emblematico delle difficoltà che spesso siincontrano a livello locale dovendo operare in uno scenario internazionalemolto diverso.

La co-promotion è stata sempre vista come uno strumento di pressioneprescrittiva e mai considerata come una forma di razionalizzazione dellecompetenze su aree specifiche dell’informazione medico scientifica suimedicinali.

Invece è noto che quando un’azienda deve lanciare un prodotto sul mer-cato, si rende necessario focalizzare l’informazione sul medicinale al fine diassicurare una corretta conoscenza dello stesso alla classe medica, dalmomento che viene immesso nel ciclo commerciale un nuovo strumentoterapeutico. Ciò comporta un maggiore dispendio di energie e, conseguen-temente, un minor impegno dedicato ai medicinali già oggetto di informa-zione da parte dell’azienda. Spesso la classe terapeutica di appartenenza ènuova per lo staff di informatori scientifici del farmaco o altamente specia-listica, e ciò richiede uno sforzo maggiore, sia per il trainer sia per gli infor-matori scientifici del farmaco, che si trovano a dover affrontare in tempimolto stretti, sia la preparazione scientifica sul medicinale, sia il colloquiocon il medico di medicina generale e/o lo specialista.

Ecco che, in un caso del genere, l’informazione affrontata in sinergia conun gruppo di informatori scientifici del farmaco di un’altra azienda, puòrappresentare un’operazione di commercializzazione congiunta che non

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esclude certo, una volta condotta secondo regole concordate, un beneficiodegli utenti primari (medici) e secondari (pazienti).

Nel caso di linee dedicate – ad esempio ospedaliere – ci troviamo di fron-te a situazioni ancor più specifiche e meritevoli di una situazione di co-pro-motion. Un’azienda che commercializza un principio attivo, può avere alcu-ne delle presentazioni relative allo stesso principio attivo per uso ospedalie-ro o per uso esclusivo dello specialista. L’azienda dovrebbe in tal caso dotar-si opportunamente di un gruppo aggiuntivo di informatori scientifici delfarmaco che effettuano l’informazione a livello ospedaliero e/o specialistico.Qualora non lo potesse fare, si correrebbe il rischio di avere un’informazio-ne, da parte del gruppo di informatori scientifici del farmaco esistenti, noncompletamente idonea alle esigenze di conoscenza del prodotto e del suoutilizzo.

Anche in questo caso la co-promotion rappresenta un modello valido diutilizzo di sinergia dell’informazione medico scientifica e può essere consi-derata una forma di outsourcing strategico.

L’esempio dell’ingresso di nuove aziende nel mercato italiano e quellodella co-promotion sono solo alcuni dei casi in cui gli aspetti regolatori hannodeterminato la nascita di nuove forme di collaborazione tra aziende farma-ceutiche e aziende di servizi.

Vi sono anche altri fattori che hanno portato a una diminuzione dellerisorse interne all’azienda dedicate ai progetti. Ad esempio: la necessità diadeguare le competenze regolatorie agli standard europei, l’esigenza di cono-scere tutti gli strumenti normativi utili alle scelte strategiche aziendali, lo svi-luppo di farmaci in un numero ristretto di malattie, le incognite legislative,l’aspetto inerente la prevenzione delle malattie, le problematiche legateall’uso dei farmaci in pediatria.

Nuovi ambiti regolatori che caratterizzeranno futuri e sempre più com-plessi progetti tra aziende e società di outsourcing riguardano il settore deiservizi sanitari.

Va premesso prima di tutto l’importanza di questi servizi, connessi,appunto, alla tutela della salute dei cittadini ed è necessario definire cosa siintenda per servizi sanitari.

Poiché la salute è un bene fondamentale per la popolazione e deve esse-re garantita a tutti i cittadini, vengono definiti servizi sanitari tutta quellaserie di processi di erogazione che vanno dalla prevenzione alla diagnosi, allaterapia, alla riabilitazione.

Il Servizio Sanitario Nazionale inoltre, dal 1978 agli anni 2000 ha fatto

101NUOVI AMBITI REGOLATORI NEI RAPPORTI TRA AZIENDE FARMACEUTICHE E . . . CAPITOLO 7

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CAPITOLO 7 NUOVI AMBITI REGOLATORI NEI RAPPORTI TRA AZIENDE FARMACEUTICHE E . . .

un percorso di evoluzione caratterizzato dalla necessità di far emergere e uti-lizzare le sinergie potenzialmente disponibili in sistemi popolati caratteriz-zati da missioni diverse.

Un aspetto che merita particolare attenzione è stato quello che ha porta-to al decentramento di competenze alle Regioni in merito all’organizzazio-ne dell’assistenza sanitaria, unito a maggiori responsabilità in termini difinanziamento al sistema. In questo contesto si sono introdotti elementiconcorrenziali e dinamiche economico sociali, quali l’invecchiamento dellapopolazione e le innovazioni tecnologiche.

Altri aspetti importanti, quali la compliance alla terapia, la gestione delpaziente dopo le dimissioni ospedaliere, le terapie domiciliari, hanno indot-to a pensare a nuovi servizi per i quali, sebbene l’ambito e limiti regolatorinon siano ancora ben definiti, gli obiettivi di salute e salvaguardia delpaziente restano l’elemento determinante.

Tali servizi hanno come razionale di base la necessità di riallocare risorsee servizi ancora oggi assorbiti dagli ospedali, verso il territorio.

Vi sono servizi al medico di base, ai familiari del malato che, in partico-lari patologie, necessitano essi stessi di un’assistenza particolare. Un mododiverso e innovativo di fare informazione scientifica sui farmaci, focalizzan-dosi sul concetto che ormai dobbiamo parlare di soluzioni terapeutiche enon di medicinali.

Dal momento che l’interazione di varie aree porta anche a un assettonormativo più diversificato e a volte di non facile interpretazione, sarànecessario un lavoro di collaborazione tra aziende farmaceutiche, aziende diservizi ed autorità sanitarie per trovare elementi comuni di interpretazionedi alcuni aspetti borderline delle applicazioni normative.

In conclusione esistono molti spazi per esplorare nuovi ambiti regola-tori e formulare soluzioni innovative a problemi del settore dei servizisanitari.

È necessario un lavoro di sviluppo congiunto e l’eliminazione di moltebarriere culturali… Jack Welch, ex Ceo di General Electric affermava che“L’azienda veramente globale sarà quella che userà l’intelletto e le risorse in ogniangolo del mondo”.

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GIANCARLO BENELLI è Business Line Management Director in IMS Health e in

questo ruolo coordina le attività delle Business Lines, dell’Education, del

Marketing & Communications e del Business Planning. È stato Direttore Europeo

del Market Access & Maintenance di AstraZeneca oltre che responsabile del

Dipartimento di Economic Affairs. Dal 1997 al 2002 è stato International

Regulatory Affairs & Health Economics Manager presso Menarini Ricerche di

Firenze.

DARIO CARRARA è laureato in Scienze Statistiche ed Economiche presso la

Facoltà di Statistica dell’Università di Milano-Bicocca. Nel 2004 consegue un

Master in ricerche di mercato e sondaggi di opinione. Oltre ad aver svolto attivi-

tà di ricerca presso la cattedra di Statistica Aziendale e Analisi di Mercato della

stessa Facoltà, si è occupato sia di ricerche di mercato che di Sales Force

Effectiveness in ambito farmaceutico. Attualmente ricopre il ruolo di Market

Analyst presso Innovex.

GERMANA CESARIO è laureata in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche presso la

Facoltà di Farmacia dell’Università di Roma “La Sapienza”. Ha acquisito diverse

esperienze nell’ambito dell’Industria Farmaceutica, ricoprendo ruoli principal-

mente nell’area del marketing, con particolare focalizzazione in attività per lo svi-

luppo di prodotti e servizi in ambito ospedaliero e domiciliare. Attualmente si

occupa di Business Development per l’area dei servizi di Health Management

presso Innovex.

GIAMPIERO DATA è Marketing and Project Director di Innovex, Società del

Gruppo Quintiles Transnational. Lavora in Innovex dal 2002, occupandosi del

Marketing e della Comunicazione delle tre entità legali del gruppo in Italia

(Innovex, Innovex Staff Services e Quintiles) e ricoprendo inoltre, in questo perio-

do, diverse altre aree di responsabilità. Ha acquisito in passato una consolidata

esperienza di Azienda Farmaceutica, occupando ruoli di crescente responsabilità,

prevalentemente nell’area marketing, prima in Malesci e dopo in Menarini.

CLUDIO JOMMI è Professore Associato di Economia Aziendale presso la Facoltà

di Farnacia, Università del Piemonte Orientale A. Avogadro, dove impartisce gli

insegnamenti di Organizzazione Aziendale, Farmacoeconomia, Innovazione,

Proprietà Intellettuale e Trasferimento Tecnologico e Organizza-zione delle

imprese biofarmaceutiche; è inoltre Responsabile Scientifico dell’Osservatorio

Farmaci, CERGAS Bocconi e Direttore Editoriale della rivista AboutPharma Mese.

È autore di numerose pubblicazioni nazionali ed internazionali sull’economia,

politica e gestione dell’assistenza farmaceutica. È stato Visiting Researcher pres-

so il Department of Health and Social Care della London School of Economics

e Visiting Professor presso la Essec Business School, Cergy (Parigi), Sanofi-

Aventis Chair in Biotehics and Drug Innovation.

GLI AUTORI

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GLI AUTORI

CARLA LONGHI è Medico Specialista in Anestesia Rianimazione e Terapia del

dolore e opera presso l’Azienda Ospedaliera Sant’Anna di Como dove riveste il

ruolo di Responsabile di Struttura Dipartimentale per la Terapia del dolore: in

particolare come presidente del Comitato Ospedale Senza Dolore (COSD) svi-

luppa programmi culturali e formativi sul dolore e sulle sue possibilità di cura. In

ambito oncologico ha promosso da anni lo sviluppo di un servizio di Cure

Palliative rivolto a pazienti terminali di cancro e altre malattie cronico evolutive:

tale Unità Operative è a oggi costituita da ambulatorio, assistenza domiciliare,

day hospital e reparto di ricovero e cura denominato Hospice sotto la sua dire-

zione. È inoltre socio fondatore della Associazione di Volontariato “Il Mantello”.

PAOLO MARIANI è Professore Associato di Statistica Economica presso la

Facoltà di Scienze Statistiche - Università degli Studi di Milano - Bicocca, dove

impartisce gli insegnamenti di Statistica Aziendale e Analisi di Mercato. Autore di

pubblicazioni di statistica applicata sulle tematiche del mercato del lavoro, sulla

distribuzione territoriale delle attività economiche e sulle analisi di mercato in

ottica aziendale in particolare in ambito farmaceutico, ha svolto attività di studio

presso i maggiori centri di ricerca.

NADIA PEVIANI è CEO di Temas Srl. Vanta una pluriennale esperienza nel settore

del Regulatory Affairs, maturata all’interno di SmithKline Beecham (oggi GSK)

dove ha ricoperto la posizione di Regulatory Affairs Manager e Head of Project

Management. Nel 1994, ha fondato Temas, una delle principali società italiane di

consulenza regolatoria per il settore sanitario. È membro di numerose associazio-

ni (tra cui TOPRA e SSFA) e coordinatore della formazione per il Forum Institute.

GIANFRANCO VENTRE svolge attività di ricerca, in collaborazione con la facol-

tà di Statistica di Milano Bicocca, in particolare nel campo dell’analisi statistica

dei testi. È docente a contratto di statistica per le ricerche di mercato presso

l’Università IULM di Milano e docente di corsi di “statistica per le ricerche di mer-

cato” per società del settore farmaceutico e per società di servizi. È membro cor-

rispondente della SIS (Società Italiana di Statistica).

PAOLA ZAPPA è Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Economia Politica

dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Presso lo stesso Ateneo ha conse-

guito il Dottorato di ricerca in Gestione delle Imprese. Attualmente, svolge attivi-

tà di ricerca sulle tematiche dello sviluppo del capitale sociale e delle relazioni

organizzative con applicazione prevalentemente all’ambito medico-farmaceutico.

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