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1 Le regole fonologiche nella fonologia segmentale/lineare Nella teoria segmentale della fonologia, la rappresentazione consiste in una sequenza lineare di segmenti (consonanti, vocali ed approssimanti) e non segmenti (ossia i confini di morfema + e di parola #) oltre che di soprasegmenti (cioè accento, tono, lunghezza). La fonologia segmentale o lineare concepisce il segmento come una unità costituita da un fascio di tratti basati su criteri articolatori e non ordinati in alcuna gerarchia, cioè come un insieme linearmente non ordinato di tratti che indicano le caratteristiche simultaneamente presenti nell’articolazione del segmento. Un fenomeno fonologico consiste nel cambiamento di un segmento con determinate caratteristiche in un determinato contesto. Le regole della fonologia segmentale esprimono un cambiamento dalla forma sottostante a quella superficiale, descrivendo il cambiamento in termini di tratti e specificando: a) quale segmento cambia b) in che modo cambia c) in che contesto cambia Tutte queste informazioni vengono codificate nelle regole fonologiche, che sono delle descrizioni formali dei fenomeni fonologici; esse vengono espresse secondo il formalismo seguente: A B /____Y A B / X____ A B /X___ Y dove - A indica l’elemento che subisce il cambiamento; - B indica il risultato del cambiamento, ossia l’output della regola; - ciò che sta alla destra della barra diagonale indica il contesto in cui si verifica il fenomeno: la riga orizzontale indica la posizione del segmento A che subisce il cambiamento, che viene precisato definendo o l’elemento X che lo precede, o l’elemento Y che lo segue, o entrambi.

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Le regole fonologiche nella fonologia segmentale/lineare Nella teoria segmentale della fonologia, la rappresentazione consiste in una sequenza lineare di segmenti (consonanti, vocali ed approssimanti) e non segmenti (ossia i confini di morfema + e di parola #) oltre che di soprasegmenti (cioè accento, tono, lunghezza). La fonologia segmentale o lineare concepisce il segmento come una unità costituita da un fascio di tratti basati su criteri articolatori e non ordinati in alcuna gerarchia, cioè come un insieme linearmente non ordinato di tratti che indicano le caratteristiche simultaneamente presenti nell’articolazione del segmento. Un fenomeno fonologico consiste nel cambiamento di un segmento con determinate caratteristiche in un determinato contesto. Le regole della fonologia segmentale esprimono un cambiamento dalla forma sottostante a quella superficiale, descrivendo il cambiamento in termini di tratti e specificando:

a) quale segmento cambia b) in che modo cambia c) in che contesto cambia

Tutte queste informazioni vengono codificate nelle regole fonologiche, che sono delle descrizioni formali dei fenomeni fonologici; esse vengono espresse secondo il formalismo seguente: A B /____Y A B / X____ A B /X___ Y dove - A indica l’elemento che subisce il cambiamento; - B indica il risultato del cambiamento, ossia l’output della regola; - ciò che sta alla destra della barra diagonale indica il contesto in cui si verifica il fenomeno: la riga orizzontale indica la posizione del segmento A che subisce il cambiamento, che viene precisato definendo o l’elemento X che lo precede, o l’elemento Y che lo segue, o entrambi.

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Sia A/B che X/Y vanno specificati in modo esplicito e non ambiguo tramite tutti i tratti necessari e sufficienti per distinguerli in modo univoco all’interno di un sistema fonologico. A B è la parte di regola che esprime il cambiamento fonologico ed è detto cambio strutturale A... / X____Y è la parte di regola che descrive la situazione preesistente al fenomeno ed è detta descrizione strutturale Consideriamo ad esempio la formulazione della regola di assimilazione anticipatoria del fonema /s/, che si realizza come [z] davanti a consonante sonora: [s]paro vs [z]baglio +consonante +continua +anteriore [+sonora] /________ [+consonante +sonora] +coronale -sonora La regola si legge come segue: il fonema /s/ (definito univocamente dai tratti indicati) diventa sonoro se seguito da una consonante sonora. Consideriamo ora una regola che esprima la sonorizzazione del fonema /s/ in posizione intervocalica in seguito ad assimilazione bidirezionale nell’italiano settentrionale: +consonante +continua +anteriore [+sonora] / [-consonante] ________ [-consonante] +coronale -sonora Si osservi che questa formulazione della regola predice la sonorizzazione si /s/ anche quando uno dei due segmenti sia una approssimante, dato che le approssimanti sono caratterizzate, come le vocali, dal tratto [-consonante]; la predizione è confermata: adesione > [ade’zjo:ne] simposio > [sim’pO:zjo] pausa > [‘pawza] usuale > [u’zwa:le]

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Se osserviamo le due regole, notiamo che il cambio strutturale è lo stesso nei due casi; possiamo allora formulare una unica regola includendo i contesti di applicazione tra parentesi graffe: +consonante +continua +anteriore [+sonora] /{________ [+consonante+sonora]} +coronale [-consonante] _____[-consonante] -sonora Consideriamo ora una regola che descriva della velarizzazione del fonema /n/ davanti ad una consonante occlusiva velare: (-sillabico) +consonantico +sonorante (+sonora) -continua (-rilascio ritardato) [+arretrato] /_______ [+consonante] (-laterale) [+arretrato] -arretrato +anteriore +coronale Data la grande varietà dei fenomeni fonologici presenti nelle lingue naturali, è possibile che in una stessa parola si verifichino due fenomeni diversi, come quelli che abbiamo appena descritto: [zba ‘kare] [i kazel’lare] [ri ka’zare] Infine, dobbiamo ricordare che alcune regole devono necessariamente fare riferimento al confine di parola (#) o al confine di morfema (+), come nel caso della palatalizzazione di /k/ prima dei suffissi –ità -ista, che possiamo descrivere mediante la regola seguente (ad esempio si prevede rechi):

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([-sillabico]) [+consonantico] ([-sonorante]) [-sonoro] [-arretrato] [-continuo] [+rilascio ritardato] /_______ + [+sillabico] [-rilascio ritardato] [+coronale] [+alto] ([-laterale]) [-posteriore] [+arretrato] ([-anteriore]) [-coronale] All’interno della fonologia lineare, i soprasegmenti (accento, tono e lunghezza) vengono specificati in termini di tratti binari; ad esempio, l’accento primario di parola può essere rappresentato per mezzo di un tratto [+/-accento]. Tuttavia, utilizzando questo tipo di regole ci sono alcuni fenomeni che non possono essere colti con facilità. Ad esempio, la nozione di sillaba si è rivelata necessaria per spiegare molti fenomeni (vedi il caso della nasalizzazione in francese), ma non può essere formalizzata in questo quadro; se ad esempio tentiamo di formulare una regola relativa all’allungamento vocalico in sillaba tonica aperta non finale ci troviamo di fronte alla necessità (di dover postulare un tratto di lunghezza e) di dover fare riferimento al confine di sillaba: [+sillabico] [+lungo] / ____ 0. (ammettendo che . indichi [+accento] il confine di sillaba) Inoltre, anche all’interno della sillaba esiste una organizzazione gerarchica (che vedremo più avanti) di cui le regole lineari non tengono conto. Si è notata inoltre una mancanza di sincronizzazione tra soprasegmenti e tratti appartenenti alla relativa matrice, cosicché si ha l’impressione che alcuni fenomeni siano indipendenti da altri. Negli anni ’70, in riferimento all’analisi dei tratti soprasegmentali, e dei toni in particolare, si è osservato che il dominio di un tratto può non corrispondere ad un segmento, ma essere sia più piccolo che più grande di un segmento; nel primo caso il valore di un tratto cambia all’interno del singolo segmento (si pensi ai segmenti complessi come le consonanti

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affricate, in cui il tratto [+/- continuo] passa da un valore negativo ad uno positivo); nel secondo caso, una stessa specificazione di un tratto caratterizza più segmenti (si pensi al caso delle geminate o ai toni che possono essere associati con più vocali.). Si è concluso che alcuni aspetti dei sistemi fonologici vanno specificati in termini di domini inferiori o maggiori rispetto al segmento, cosicché è stata abbandonata l’ipotesi della linearità. La fonologia autosegmentale Questo tipo di rappresentazione della fonologia cambia i presupposti della fonologia: alcuni tratti vengono infatti rappresentati su un livello separato da quello segmentale; anziché essere concepiti come caratteristiche intrinseche di un dato segmento, vengono visti come delle caratteristiche fonologiche indipendenti ed autonome dal materiale segmentale (da cui il termine autosegmento). Dei principi di associazione determinano poi come possano essere messi in corrispondenza degli elementi situati su livelli diversi. Si passa ad una rappresentazione fonologica che abbandona la linearità per diventare multilineare. In una rappresentazione autosegmentale, diverse caratteristiche articolatorie di un messaggio sonoro sono rappresentate su livelli diversi che confluiscono tutti in una base comune, detta anche asse, ossatura o skeleton: questa consiste di unità temporali che fissano l’ordine lineare di consonanti e vocali in una parola; gli altri livelli caratterizzano ognuno un aspetto del messaggio sonoro e sono collegati all’ossatura per mezzo di linee di associazione (formando degli oggetti bidimensionali che chiameremo piani). Le linee di associazione rappresentano la simultaneità di articolazioni diverse. La rappresentazione mentale non è più lineare o bidimensionale, diventa pluridimensionale: ogni parola è costituita dall’insieme dei diversi piani uniti al piano dei segmenti temporali. Possiamo utilizzare il paragone del libro, il cui dorso è l’ossatura che contiene le unità di tempo corrispondenti al numero dei segmenti e le cui

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pagine corrispondono ognuna ad un piano/livello diverso (quello dei tratti, quello dei toni, quello dell’accento).

I piani sono indipendenti uno dall’altro e si “incontrano” sul piano delle unità di tempo. Cambia la nozione di segmento, che è il risultato dell’incontro tra vari piani che confluiscono sul piano temporale su un’unità di tempo X, le cui specificazioni in termini di tratti sono quindi date da altri piani collegati al piano temporale. Nella teoria autosegmentale il segmento diventa quindi l’unità minima di tempo di rappresentazione fonologica. Si discute ancora se questo piano contenga, oltre a specificazione esclusivamente temporali, anche delle informazioni sula natura vocalica o consonantica del segmento (si ricordi il caso degli afasici che mantengono la suddivisione tra i due tipi di segmenti anche in assenza di altre specificazioni). Per autosegmento si intende invece una serie di specificazioni inserite in un piano (si avrà ad esempio un piano della nasalità, uno dei tratti relativi al luogo di articolazione, uno dei toni, uno dell’accento, e così via). Potrà quindi verificarsi sia che una certa specificazione del tratto sia associata a due unità dell’ossatura, sia che una unità dell’ossatura sia associata a due diverse specificazioni dello stesso tratto, come esemplificato in a. e b.: a. [+T] b. [+T] [-T] / \ \ / X X X “Ingredienti” di questa ipotesi: a) piano temporale o ossatura, che rappresenta quante unità di tempo ci sono; b) una serie di piani che specificano gruppi di tratti; c) principi che regolano il collegamento tra i vari piani (vedi sotto). I piani si incontrano in un nodo radice (root) che raccoglie i tratti come un’unità e li associa poi ad una o più unità di tempo.

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Vi sono diverse aree della fonologia che forniscono argomenti convincenti a favore di un approccio di tipo autosegmentale. 1. Le geminate Le geminate sono caratterizzate da una ambiguità, poiché si comportano come se fossero due segmenti uguali e adiacenti rispetto a certi fenomeni e come un unico segmento rispetto ad altri. All’interno della fonologia autosegmentale, le geminate vengono rappresentate nell’ossatura come due unità (vocaliche o consonantiche) specificate con un unico fascio di tratti; avremo una sola specificazione sul piano dei tratti, che conterrà una unica matrice associata a due unità sul piano delle unità di tempo: Piano dei tratti [+/-Tn] / \ Piano delle unità temporali X X dove X = C o V Questa rappresentazione, con due livelli diversi, può rendere conto dell’ambiguità delle geminate, poiché alcune regole faranno riferimento al livello delle unità temporali, ed altre a quello dei tratti. 2. Le affricate Nel caso delle consonanti affricate, che sono foneticamente complesse perché risultanti dall’unione di un segmento occlusivo e di uno fricativo, abbiamo due specificazioni di tratti diverse (corrispondenti appunto ad una occlusiva seguita da una fricativa) unite nello stesso segmento sul piano delle unità temporali: Piano dei tratti [+/-Tn] [+/-Tn] \ / Piano delle unità temporali X Una parola come pranzo avrà quindi la seguente rappresentazione: [+/-Tn] [+/-Tn] [+/-Tn] [+/-Tn] [+/-Tn][+/-Tn] [+/-Tn]

׀ ׀ ׀ ׀ ׀ [p] [r] [a] [n] [dz] [o] Se ora consideriamo la specificazione del tratto [+/-continuo] rispetto ai

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vari segmenti, notiamo che in corrispondenza della affricata abbiamo la confluenza di entrambi i valori su una stessa unità temporale: [-cont] [+cont] [+cont] [-cont] [-cont][+cont] [+cont]

׀ ׀ ׀ ׀ ׀ [p] [r] [a] [n] [dz] [o] Questa rappresentazione rende superfluo l’uso di un tratto [+/-rilascio ritardato], dato che rappresentiamo la affricata come una singola X sul piano delle unità di tempo su cui confluiscono due diverse matrici di tratti, di cui la prima contiene [-continuo] e la seconda [+continuo]. Nel caso delle affricate /ts/ /dz/, il cui segmento occlusivo è sempre lungo in posizione intervocalica, possiamo dare la seguente rappresentazione, in cui la specificazione di tratti che definisce l’occlusiva è associata a due unità sul piano temporale: Piano dei tratti [+/-Tn] [+/-Tn] / \ / Piano delle unità temporali X X [+/-Tn] [+/-Tn][+/-Tn] [+/-Tn] [+/-Tn] [+/-Tn] [+/-Tn]

׀ ׀ ׀ ׀ ׀ ׀ [a] [t] [ts] [j] [o] [n] [e] 3. I dittonghi Si è visto che esistono due tipi di dittonghi; questi hanno diversi comportamenti fonologici: - si parla di dittonghi ascendenti quando la approssimante precede la vocale, come in: [kwOre] [jEna]; questi dittonghi si comportano come un unico elemento nell’ossatura, cioè come un singolo segmento al cui interno si verificano dei cambi di tratti; - si parla di dittonghi discendenti quando la vocale precede la approssimante, come in: [lawto] [fOjba].

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questi dittonghi si comportano come una sequenza di due elementi nell’ossatura, un primo elemento [+sillabico] ed un secondo elemento [-sillabico]. La fonologia autosegmentale risolve questa situazione rappresentando i dittonghi ascendenti con due elementi sul livello dei tratti (specificati, tra l’altro, il primo come [-sillabico] ed il secondo come [+sillabico]) ed un solo elemento nell’ossatura, come in (a), ed i dittonghi discendenti con due elementi sia sul piano dei tratti che sul piano temporale, come in (b): a. dittonghi ascendenti b. dittonghi discendenti [+/-Tn] [+/-Tn] [+/-Tn] [+/-Tn] [+/-Tn] [+/-Tn]

p w O m a j | \ / | | |

X X X X X 4. I toni Elenchiamo le principali motivazioni per postulare un livello autosegmentale in cui sono rappresentati i toni: - la velocità di vibrazione delle corde vocali, che determina l’altezza tonale, è un parametro articolatorio autonomo, dato che può caratterizzare parte di un segmento, un intero segmento, una sillaba, una parola; - la stabilità, cioè la proprietà per cui la cancellazione una vocale non porta necessariamente alla cancellazione del tono ad essa associato, che viene associato ad una vocale adiacente (un tono senza vocale associata); - i toni modulati (ascendente e discendente), che nella fonologia lineare vengono rappresentati con uno stesso tratto, possono invece essere più adeguatamente rappresentati come una associazione di [+alto][-alto] (o viceversa) ad un solo segmento (una vocale con più toni): a. tono discendente b. tono ascendente [+alto][-alto] [-alto][+alto] \ / \ / V V - le melodie: in molte lingue tonali esiste un insieme finito di melodie, cioè specifiche sequenze di toni, che si comportano nello stesso modo

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indipendentemente dal numero di sillabe della parola a cui sono associate (a più vocali è associato lo stesso tono); Non esiste quindi una corrispondenza biunivoca tra un tono ed un segmento, come prevede una formalizzazione lineare; in una parola che abbia toni alti su tutte le vocali, sul piano dei toni ci sarà una sola specificazione per l’intera parola, e non una per ogni vocale; analogamente, una sola vocale potrà essere associata a più toni. 5. Metafonia ed armonia vocalica Si è visto che esistono lingue in cui i tratti della qualità vocalica possono armonizzarsi all’interno di un dominio che comprende più sillabe, fino all’intera parola. Casi di questo tipo sono la metafonia e l’armonia vocalica, che consistono nella assimilazione, rispetto a certi tratti, di vocali che sono linearmente non adiacenti, nel senso che sono intervallate da consonanti. Abbiamo l’intuizione che in questo caso le consonanti “non contino” perché sono elementi di tipo diverso; la fonologia autosegmentale ci permette proprio di esprimere l’intuizione che certi tratti vanno associati solo con le vocali, perché quello che non è adiacente sul piano lineare può esserlo su un altro piano in un sistema tridimensionale. Dovremo postulare che i tratti vocalici siano specificati su un piano specifico e vengano poi associati a più segmenti vocalici di una parola; in questo modo la metafonia e l’armonia vocalica diventano un fenomeno di assimilazione molto naturale. Criteri di associazione degli autosegmenti Un compito centrale della teoria autosegmentale è stabilire in che modo possiamo associare gli autosegmenti alle unità del piano temporale. Nel caso dei toni, essi vengono associati alle vocali secondo dei principi di associazione: Principio della modulazione obbligatoria: per ogni coppia di autosegmenti adiacenti a b, a ≠ b

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Il principio prescrive che non è possibile avere due specificazioni identiche e adiacenti sullo stesso piano; se due X hanno la stessa specificazione, questa è unica ed associata ad entrambi gli X Principio di corrispondenza (mapping): stabilisce a quali X si associano certi autosegmenti (ad esempio i toni si associano biunivocamente alle vocali procedendo da sinistra verso destra - o da destra verso sinistra, dipende dalla lingua - fino all’esaurimento dei toni o delle vocali): [+/-T] [+/-T] [+/-T] | | | C V C V CC V In altre parole si procede in maniera omogenea da una direzione all’altra senza saltare segmenti su ciascun piano, e le linee di collegamento NON si incrociano mai. [-cont] [+cont] [+cont] [-cont] [-cont][+cont] [+cont]

׀ ׀ ׀ ׀ ׀ [p] [r] [a] [n] [dz] [o] [-cont] [+cont] [-cont] [+cont] [p] [r] [a] [n] [dz] [o] Se dopo l’applicazione del precedente principio non si sono esauriti gli X o gli autosegmenti, si applicano i seguenti due principi: Principio di scarico (dumping): se restano degli autosegmenti liberi, questi vengono associati all’X rimanente (i toni vengono associati all’ultima vocale a destra):

[+/-T] [+/-T] [+/-T] [+/-T] | | | C V C V CC V Principio di propagazione (spreading) : se restano degli X liberi, questi si associano all’autosegmento rimanente (le vocali libere si associano

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all’ultimo tono a destra, per cui sembra che ci sia una propagazione del tono):

[+/-T] [+/-T] [+/-T] | | | C V C V CC V C V Molti fenomeni possono essere trattati come casi di spreading di tratti da un elemento ad un altro. Il caso della metafonia potrebbe essere trattato come un caso di spreading del tratto interessato (ad esempio [+alto] negli esempi che abbiamo considerato):

[+basso] ????[-alto-basso] [-alto-basso] | | | c a v e l o

[+basso] [-alto-basso] [+alto] | | | c a v e l i

[+basso] [+alto] | | c a v i l i Anche nel seguente esempio possiamo parlare di un unico autosegmento che viene associato a tutte le vocali della parola (nell’esempio colore/culuri le vocali del plurale sono tutte alte):

???? [-alto-basso] [-alto-basso] [-alto-basso] | | | c o l o r e

[+alto] | c u l u r i Questo sistema è molto potente anche da un punto di vista diacronico, in quanto permette di spiegare molti cambiamenti come casi di spreading o come casi di de-linking, cioè di dissociazione di un autosegmento da una unità del piano temporale.