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RICCARDO BEMI Fonti di finanziamento pubblico al non profit LE PRINCIPALI FONTI DI FINANZIAMENTO PUBBLICO DELLE ORGANIZZAZIONI NON PROFIT Dispense introduttive 4 dicembre 2003 Bologna Riccardo Bemi Associazione INTESA

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RICCARDO BEMI Fonti di finanziamento pubblico al non profit

LE PRINCIPALI FONTI DI FINANZIAMENTO PUBBLICO DELLE

ORGANIZZAZIONI NON PROFIT

Dispense introduttive

4 dicembre 2003

Bologna

Riccardo Bemi Associazione INTESA

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LE PRINCIPALI FONTI DI FINANZIAMENTO PUBBLICO DELLE ORGANIZZAZIONI NON PROFITIn particolare: i canali di finanziamento nazionali

FONTI

PUBBLICHE CONVENZIONI/CONTRATTI PRIVATECorrispettivi specificiRimborsi spese

EUROPEE FINANZIAMENTIFSE - Banche ordinarie

- Fondi strutturali FESR - Merchant BankPIC - Banche Etiche

- Programmi comunitariBanca Etica COSIS CGM Finance

Aiuti di stato Contributi de minimis - FinanziariePubbliche per lo

DIRETTI Sviluppo

STATALI –TRASFERIMENTI* CONTRIBUTI A FONDO PERDUTOINDIRETTI (agevolazioni fiscali) - Persone fisiche

- AssociazioniREGIONALI/LOCALI - Fondazioni• Regione - Comitati• Provincia - Banche• Zona socio-sanitaria - Fondazioni bancarie• Comune - Centri Servizio per il Volontariato• Circoscrizione - Treni Italia• Camera di Commercio - CIAL (Consorzio Imballaggi Alluminio)

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STATALI –TRASFERIMENTI*

♦ L.08/11/00 n.328 – Assistenza alla persona♦ D.P.C.M. 15/12/00 – Povertà estrema♦ D.P.C.M. 30/03/01 – Affidamento servizi

• L. 11/08/91 N.266 – Organizzazioni di volontariato• L. 07/12/00 N.383 – Associazioni di promozione sociale• L. 05/02/92 n.104 – Disabili• Direttiva M. 23/09/03 – Contributi per progetti disabili• Direttive 01/08/03 – Contributi progetti volontariato e associazionismo

- L.109/96 – Confisca beni mafiosi- D.P.R. 23/09/02 n.250 – Destinazione 8%° IRPEF- C.M. 11/04/03 n.3 e Direttiva M. 19/02/03 – Fondo UNRRA- Art.81 L. 23/12/00 n.388 e D.M. 13/127/01 n.470 – ‘Dopo di Noi’- L.25/06/03 n.155 – ‘Buon Samaritano’

� art.96 L.21/11/00 n.342 e D.M. 28/08/01 n.388 – Contributi per OOVV e ONLUS� art.20 D.L. 30/09/03 n.269 – Contributi per ambulanze

� art. 38 L.21/11/00 n.342 e D.M. 11/04/01 – Contributi per programmi culturali� D.P.R. 08/01/01 n.41 – Concessioni e locazioni beni demaniali� C.M. 04/02/02 nn.16,17,18 – Contributi per le istituzioni culturali

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1. CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE

L’ampio riconoscimento e consenso che ha accompagnato la crescita quantitativa e qualitativa del settore non profit italiano, non ha impedito di evidenziarne una debolezza dovuta al fatto di trovarsi attualmente ad affrontare una serie di sfide e sollecitazioni che provengono sia dal suo interno che dal suo esterno. Dal punto di vista esterno, il trasferimento diretto, ad esempio, di risorse finanziare verso il terzo settore – oltre che verso il sistema di welfare – è ormai sottoposto a definiti meccanismi di distribuzione e gestito mediante la progettazione e la verifica della qualità del lavoro svolto. In passato, era sufficiente che le organizzazioni, in particolare di volontariato, si rivolgessero agli enti pubblici per ottenere i mezzi finanziari necessari a sostenere le proprie attività, senza aver bisogno, molto spesso, di dover relazionare sui progetti finanziati e sui risultati conseguiti. Oggi la situazione è cambiata: di conseguenza, l’accesso a fonti di finanziamento pubblico è regolato sempre più non solo da specifiche normative, ma soprattutto dalla capacità di ogni singola organizzazione di adeguarsi alle nuove trasformazioni, affinando la propria capacità di programmare la propria attività, formulare progetti, interagire con organismi nazionali ed internazionali, creare partenariati, realizzare reti con altre organizzazioni del terzo settore, sviluppare attività di coordinamento con soggetti intermedi. La gestione delle risorse finanziarie costituisce, quindi, una delle più importanti funzioni per le organizzazioni non profit - nonché una delle più difficili da gestire, in ragione di una concorrenza in costante aumento - per consentirgli di acquisire quei fattori fondamentali necessari per la loro sopravvivenza e per il loro sviluppo. In questo contesto, ad oggi, le organizzazioni non profit, ad esclusione di alcune realtà (grandi organismi, federazioni, coordinamenti), hanno tradizionalmente riservato scarsa attenzione ai finanziamenti pubblici e privati convogliabili sui progetti pensati all’interno dell’organizzazione (ad esempio, solo il 16,8% delle organizzazioni ha promosso un’attività di fund raising, IREF Rapporto sull’associazionismo sociale 1998). D’altra parte, la capacità di utilizzare al meglio questi canali di finanziamento è dipendente da due fattori: • in primo luogo, dall’individuazione – costante ed aggiornata - delle fonti informative per cogliere le

opportunità presenti a livello locale, provinciale, regionale, nazionale e comunitario; • in secondo luogo, dallo sviluppo delle competenze manageriali per la pianificazione, programmazione,

gestione e rendicontazione dei progetti per i quali si richiede un finanziamento. Diventa necessario, perciò, anche per le organizzazioni non profit, disporre di figure interne professionali competenti, capaci di promuovere efficaci azioni progettuali e piani di intervento per l’intercettamento e la raccolta di tutti quei fondi – autoprodotti, pubblici e privati, locali e regionali, nazionali e comunitari - che pur risultando disponibili, restano in gran parte inutilizzati.

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2. LA GESTIONE FINANZIARIA DELLE ORGANIZZAZIONI NON PROFIT La disponibilità e la buona gestione delle risorse finanziarie è essenziale per gestire in modo equilibrato qualsiasi organizzazione, anche senza scopi di lucro. La scarsità di risorse finanziarie determina:

- difficoltà nell'onorare le obbligazioni - impossibilità di programmare lo sviluppo - tensioni interne alla organizzazione

L'abbondanza di risorse finanziarie può presentare rischi quali:

- gestione non oculata delle risorse - euforia da finanza e sottovalutazione della necessità di garantire l'equilibrio economico dell’organizzazione - il dedicarsi alla conservazione delle disponibilità finanziarie an-ziché utilizzarle per fini di solidarietà

Le risorse finanziarie servono per • il funzionamento quotidiano dell’organizzazione • lo sviluppo dell’organizzazione

I due segreti (!) per la gestione vincente delle risorse finanziarie A - Programmare B - Fare sistema A - Programmare la gestione finanziaria significa

- Individuare in ciascuna organizzazione un responsabile finanziario - Predisporre piani finanziari relativi tanto all’attività corrente quanto ai programmi di sviluppo - Affrontare i problemi per tempo - Operare con un atteggiamento mentale improntato ad un sano pessimismo - Costruire giorno per giorno disponibilità ed elasticità attivando le diverse fonti anche se non

immediatamente necessarie - Commisurare i programmi di sviluppo e di investimento alla effettiva capacità finanziaria

B - Fare sistema significa

- Non essere "gelosi" della propria gestione finanziaria (anche quando é positiva) - Presentarsi come "gruppo" agli interlocutori finanziari - Creare strumenti di gestione integrata delle disponibilità/necessità finanziarie - Predisporre strumenti comuni di garanzia

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Le risorse finanziarie provengono A – dalla stessa organizzazione B - dai soci C - da terzi

Come garantirsi adeguate risorse finanziarie dalle suddette fonti A - Dalla attività dell’organizzazione (autofinanziamento)

- Qualsiasi organizzazione per sopravvivere nel lungo periodo deve accumulare risorse - Anche le organizzazioni non profit devono realizzare saldi attivi di bilancio e accumulare risorse - La finalità sociale non giustifica squilibri economici e finanziari delle organizzazioni non profit

B - Dai soci

- I soci debbono partecipare alla capitalizzazione dell’organizzazione - La partecipazione al capitale

- è connaturata all'essere imprenditori (sociali) - genera responsabilità e partecipazione - attribuisce una buona immagine dell’organizzazione

IC - Dai terzi

1. Attraverso il credito ordinarioIl credito ordinario non può essere limitato al solo ‘scoperto di conto corrente’. Esistono, almeno sulla “carta”, altri strumenti potenzialmente utilizzabili anche dalle organizzazioni non profit: apertura di credito ipotecario, castelletto Ri.Ba. (Ricevute Bancarie), castelletto cambiali, anticipo su fatture, factoring e cessione di credito varie, leasing finanziario mobiliare. I criteri di scelta dei vari strumenti sono: costo (tasso d’interesse), garanzie richieste (reali, personali), tempi di erogazione (istruttoria), modalità di erogazione (scaglionate nel tempo), verifica alternative alle banche di credito ordinario. 2. Attraverso gli strumenti forniti dalla c.d. “finanza etica”In Italia, lo sviluppo della finanza etica è stato più lento rispetto a quanto è avvenuto altrove. Solo nel corso degli anni Novanta la finanza etica diventa oggetto di riflessioni, di ricerche e di studi. Il sistema finanziario si interroga, quindi, negli anni ‘90 e tenta di dare risposte, proponendo ai propri utenti prodotti etici o pseudo-etici. Schematizzando, possiamo affermare che tali prodotti si rivolgono verso: 1. i settori “tradizionali”, cercando di premiare quelle imprese che rispettano alcuni criteri etici

(garantendo ai risparmiatori rendimenti assolutamente in linea con quelli di mercato); 2. il settore non profit, puntando a sviluppare questo nuovo settore (garantendo ai risparmiatori

rendimenti leggermente più bassi di quelli del mercato) o rivolgendosi direttamente ai suoi “utenti”, anche attraverso la formula finanziaria del microcredito;

3. tutti i settori simultaneamente.

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I prodotti che si rivolgono essenzialmente al settore non profit, vengono offerti da: 1. intermediari creditizi e finanziari tradizionali (es: Conti Etici delle banche) 2. intermediari creditizi specializzati (MAG, Banca Popolare Etica) 3. intermediari finanziari specializzati (COSIS) 3) Attraverso finanziamenti pubblici

Come può essere organizzato temporalmente l’approvvigionamento finanziario A breve termine 1. Fornitori 2. Soci 3. Scoperto di conto corrente 4. Ricevute bancarie 5. Anticipo su fatture A medio termine 6. Castelletto Cambiali 7. Cessione di crediti (factoring) 8. Affidamento garantito (titoli, immobiliare) 9. Leasing A lungo termine 10. Project financing (finanziamenti etici) 11. Finanziamenti UE 12. Finanziamenti nazionali, regionali e locali 13. Mutui ipotecari 14. Sponsor 15. Fund Raising

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3. FONTI DI FINANZIAMENTO PUBBLICHE Soggetti finanziatori L’erogazione di risorse finanziarie pubbliche rappresenta la modalità più utilizzata per stimolare interventi in campo sociale realizzati dalle organizzazioni non profit. Tali risorse possono provenire da vari soggetti dell’Amministrazione Pubblica:

- soggetti nazionali (Stato e articolazioni periferiche) - regioni - soggetti locali (comuni, province, comunità montane) - altri enti con personalità giuridica pubblica - altri soggetti di diritto pubblico (ASL, aziende pubbliche di servizi) - soggetti europei

L’erogazione di fondi pubblici ad organizzazioni non profit è subordinato al possesso di una serie di requisiti, giuridici e sostanziali, che vanno dall’iscrizione in determinati albi o registri all’effettivo svolgimento di attività rilevanti dal punto di vista sociale.

Tipologie di finanziamento Finanziamenti nazionali e regionali per le PMIMolti dei finanziamenti nazionali utilizzabili anche da alcune componenti del non profit (specificamente, le cooperative sociali) non sono stati studiati per il terzo settore ma rientrano nella più ampia definizione di «finanziamenti per Piccole e Medie Imprese (PMI)». Tuttavia, avendo tra i beneficiari anche le cooperative, risultano utilizzabili all'interno del non profit: (ad esempio: Legge 44 Sociale). Finanziamenti nazionali specifici per il terzo settoreEsistono fondi destinati esclusivamente agli interventi di carattere sociale normalmente realizzati da cooperative sociali, organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale, che non possono avere come beneficiari altre tipologie di PMI, o che hanno una clausola ad excludendum come l'obbligo di iscrizione a un albo. Un esempio è il DPR 309/90 (Testo unico sulle tossicodipendenze) che, all'articolo 127, istituisce il Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga, finanziando solo quei progetti presentati da enti iscritti all'apposito Albo Regionale (a sua volta previsto dall'articolo 116 del testo unico). Un altro esempio è la Legge 285/97: “Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza”. Finanziamenti nazionali ad erogazione regionale Un recente esempio di finanziamento nazionale ad erogazione regionale è dato dal Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (art. 20 L. 328/00) che è essenzialmente ripartito fra le regioni. Finanziamenti regionali specificiIn tutte le regioni sono stati emanati provvedimenti (legislativi ed amministrativi) con i quali si erogano contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati alla generalità o a certi settori specifici del volontariato.

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Finanziamenti localiSono rappresentati da una miriade di finanziamenti e contributi erogati dalla regione, da enti regionali di natura pubblica, dalle province, dai comuni e dalle circoscrizioni. Il «monitoraggio» efficace di tali opportunità (attraverso il reperimento di bandi/avvisi pubblici e l’attivazione di contatti ripetuti con i vari uffici competenti) è una delle principali condizioni di sopravvivenza della maggior parte delle organizzazioni non profit. Riuscire a «coprire» con la sufficiente tempestività l'informazione relativa ai bandi/avvisi in uscita è di per sé un lavoro impegnativo, se si pensa all'articolazione delle fonti (quotidiani, albi pretori, uffici pubblici, sedi private, ecc.) che li pubblicano. Il tempo che intercorre tra l'uscita del bando e la presentazione del progetto è in genere non inferiore a un mese.

Finanziamento generico o per singoli progetti Un’altra rilevante distinzione nell’ambito del finanziamento pubblico è quella fra:

- finanziamento generico all’organizzazione - finanziamento per singoli progetti

La precaria situazione della finanza pubblica ha condotto ad una contrazione dei finanziamenti generici,che garantivano maggiore autonomia e flessibilità; a ciò si è unita anche una accresciuta concorrenzialità tra gli enti non profit per aggiudicarsi tali stanziamenti. A tale situazione non hanno potuto far fronte le amministrazioni locali le quali, a loro volta, si trovano in condizioni di dipendenza dagli enti di ordine superiore. Questo ha determinato uno spostamento del peso verso finanziamenti a vincolo di destinazione, cioè per lo svolgimento di una definita funzione o per la gestione di uno specifico progetto. E’ essenziale, quindi, valutare quali strategie e quali caratteristiche una organizzazione di volontariato debba possedere per ottenere i finanziamenti in oggetto.

Progetti di fattibilità Al di là dei requisiti formali, che spesso consistono nel solo riconoscimento giuridico dell’organizzazione, l’elemento che spesso giustifica il finanziamento delle organizzazioni non profit da parte degli enti pubblici è rappresentato dalla presentazione di progetti validi, efficaci ed efficienti. La forte e imponente riduzione di risorse, per gli enti locali, ha imposto una più rigida selezione dei progetti, che vengono valutati non solo in relazione all’impatto e al beneficio sociale apportato alla collettività o a parte di essa , bensì anche in base alla loro sostenibilità economica e finanziaria, così da ridurre il rischio di spreco di risorse e garantire una effettiva realizzazione dei programmi e un corretto impiego dei finanziamenti. Di qui l’importanza di saper costruire un progetto, effettuare un piano economico-finanziario, dimostrare di possedere una struttura stabile, operare secondo uno stile ‘imprenditoriale’. Questo processo dovrebbe generare, in primo luogo, una maggiore attenzione alla costruzione dei progetti. Diviene pertanto essenziale una professionalizzazione e una capacità di costruire precisi e dettagliati piani di fattibilità dei progetti, che sappiano integrare e coniugare gli aspetti di ricaduta sociale sul territorio e sulla collettività di riferimento con gli aspetti di razionalità economica che devono contraddistinguerne la realizzazione: di qui l’utilizzo di piani, che possono essere definiti ethical project plan, dove indicare:

- il beneficio sociale dell'iniziativa, in merito ai destinatari del progetto, alle ricadute occupazionali, all'impatto sul territorio;

- la realizzabilità economico-finanziaria, in merito alla stima dei costi da sostenere e alle

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eventuali previsioni di rientro economico; - la sostenibilità di lungo periodo dell'iniziativa e le prospettive di sviluppo autonomo.

La stesura di un buon ethical projet plan può essere di grande utilità, sia per permettere ai progetti di decollare, sia per comprendere quali progetti, invece, siano da scartare ed abbandonare, perché incoerenti o irrealizzabili. La creazione di un ethical project plan dovrebbe, quindi, apportare due vantaggi tangibili, particolarmente rilevanti per le organizzazioni non profit:

- possibilità di ottenere finanziamenti; - possibilità di valutare a fondo i diversi aspetti del progetto, prima di investire risorse.

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4. PRINCIPALI PROVVEDIMENTI NAZIONALI DI SOSTEGNO ALLE ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO L. 8 novembre 2000, n. 328 – Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali

FINALITA’ Realizzare un sistema integrato (che coinvolge soggetti pubblici e privati) di interventi e servizi sociali che, attraverso politiche sociali universalistiche, persegua le seguenti finalità:

- garantire la qualità della vita - assicurare pari opportunità - rimuovere le discriminazioni - assicurare i diritti di cittadinanza - prevenire, eliminare o ridurre le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio degli individui e

delle famiglie PRINCIPI

Il terzo settore è riconosciuto soggetto attivo sia nella progettazione che nella realizzazione del sistema integrato. Si riconosce, pertanto, al terzo settore il ruolo di fornitore di servizi sociali e quello di promotore del benessere e della solidarietà sociale e delle iniziative che partono dalla società civile. Allo scopo di rispondere ai principi di sussidiarietà e di cooperazione a vari livelli, è stato introdotto il metodo della programmazione partecipata. Gli enti locali, le regioni e lo stato, ognuno nell’ambito delle proprie competenze provvedono alla programmazione degli interventi e delle risorse, coinvolgendo anche il terzo settore (co. 2b, art. 3). L’attuazione del principio di sussidiarietà si manifesta anche nella promozione – da parte degli enti locali, delle regioni e dello Stato – di azioni per il sostegno e la qualificazione dei soggetti operanti nel terzo settore, anche attraverso politiche formative ed interventi per l’accesso agevolato al credito ed ai fondi dell’Unione Europea (co. 1, art. 5).

SOGGETTI DEL TERZO SETTORE I soggetti del terzo settore - espressione del pluralismo sociale – si distinguono nei seguenti 3 gruppi che a ciascuno dei quali corrisponde un preciso compito:1° GRUPPO (co. 6, art. 1): verifica e controllo dei servizi

- organizzazioni sindacali - associazioni sociali e di tutela degli utenti

2° GRUPPO (co. 4, art. 1): partecipazione alla programmazione - Onlus - organismi della cooperazione - associazioni ed enti di promozione sociale - fondazioni - enti di patronato - organizzazioni di volontariato - enti riconosciuti dalle confessioni religiose con cui lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese

operanti nel settore degli interventi e dei servizi sociali 3° GRUPPO (co. 5, art. 1): partecipazione alla progettazione e alla realizzazione concertata della gestione e dell’offerta dei servizi

- Onlus - organismi della cooperazione - associazioni ed enti di promozione sociale - fondazioni - enti di patronato - organizzazioni di volontariato - altri soggetti privati

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RUOLO DEL TERZO SETTORE Il terzo settore protagonista Il ruolo incisivo del terzo settore deriva principalmente dalle seguenti norme:

- la legge introduce nel suo impianto, fin dal primo articolo, le organizzazioni del terzo settore (co. 4, art. 1)

- la legge è esplicita nell’indicare, oltre ai soggetti pubblici, anche quelli del terzo settore tra i “soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi” (co. 5, art. 1)

- oltre alle componenti tipiche del terzo settore, sono chiamate a contribuire alla realizzazione dei fini istituzionali della legge anche altre formazioni della società civile (co. 6, art. 1)

Il ruolo del terzo settore L’articolo 5 prende in esame il ruolo del terzo settore sotto i seguenti 3 aspetti:

- la promozione da parte degli enti locali, delle Regioni e dello Stato (co. 1, art. 5) - la partecipazione all’erogazione dei servizi, secondo forme di aggiudicazione o negoziali che

valorizzino il coinvolgimento del terzo settore nella progettazione dei servizi (co. 2, art. 5) - i rapporti con gli enti locali per l’affidamento dei servizi alla persona (co. 3, art. 5)

Il ruolo specifico del volontariato La legge affida alle regioni la competenza di decidere i modi per valorizzare il contributo del volontariato nell’erogazione dei servizi (co. 4, art. 5). La legge non innova rispetto a quanto previsto dalla L. 266/91, che non prevede che le organizzazioni di volontariato vendano servizi in un regime di convenzionamento che leghi la quantità di prestazioni ad un corrispettivo. Nell’affidamento al volontariato di interventi o servizi, l’ente locale dovrà dunque prevedere nella convenzione una modalità di rimborso spese coerente con le caratteristiche di gratuità e solidarietà che caratterizzano le organizzazioni di volontariato. L’ente locale potrà evidentemente anche erogare contributi alle organizzazioni di volontariato (Piano nazionale 2001-2003).

AUTORIZZAZIONE E ACCREDITAMENTO Le organizzazioni del terzo settore devono essere prima autorizzate e poi, eventualmente, accreditate a partecipare alla rete dei servizi sociali territoriali. L’autorizzazione è indispensabile per qualsiasi soggetto privato che intenda fornire servizi alla persona, anche se non è interessato ad entrare nel circuito dell’assistenza pubblica; se invece vuole diventare un fornitore di servizi dell’amministrazione pubblica, e quindi far parte del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali, oltre ad essere un ente autorizzato deve anche essere accreditato. Ai comuni è assegnato il compito di autorizzare e di accreditare i soggetti privati sulla base di un insieme di requisiti stabiliti dalle leggi regionali. Le regioni definiscono tali requisiti raccogliendo, ed eventualmente integrando, i requisiti minimi fissati dallo Stato (art. 11).

FUNZIONI E COMPETENZE DEI SOGGETTI ISTITUZIONALI CHE COINVOLGONO IL TERZO SETTORE

Stato (artt. 9, 15, 18) - fissa i requisiti minimi per l’autorizzazione delle strutture e dei servizi a ciclo residenziale - fissa i requisiti minimi per le case famiglia - stabilisce gli indirizzi generali per i rapporti tra enti locali e terzo settore

Regioni (artt. 5, 8, 11) - sperimenta modelli innovativi di servizi - elabora strumenti per valutare l’efficienza e i risultati dei servizi - fissa i criteri per autorizzare e accreditare strutture ed esercizi a gestione pubblica o privata - disciplina le modalità per il rilascio di autorizzazioni da parte dei comuni ai soggetti del terzo

settore per l’erogazione dei servizi sperimentali, per un periodo massimo di tre anni in deroga ai requisiti minimi nazionali

- istituisce i registri dei soggetti autorizzati ad erogare servizi sulla base di indicatori di qualità - definisce i requisiti di qualità per la gestione dei servizi e l’erogazione delle prestazioni - sulla base dell’atto di indirizzo emesso dal Governo, adotta specifici indirizzi per regolamentare

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i rapporti tra enti locali e terzo settore - disciplina le modalità per valorizzare l’apporto del volontariato nell’erogazione dei servizi

Province (art. 7): non esiste nessun coinvolgimento del terzo settore a livello provinciale Comuni (art. 6):

- programma, progetta e realizza il sistema locale dei servizi sociali con il coinvolgimento del terzo settore

- indica le priorità e i settori di innovazione con il coinvolgimento del terzo settore - autorizza i soggetti privati erogatori di servizi in conformità con i requisiti stabiliti dalla

Regione - accredita i soggetti privati erogatori di servizi al fine di includerli nel circuito del sistema

integrato, in conformità con i requisiti stabiliti dalla Regione - vigila sui servizi sociali e sulle strutture residenziali - promuove lo sviluppo delle risorse delle collettività locali: gruppi di auto-aiuto, forme di

reciprocità tra i cittadini - effettua forme di consultazione dei soggetti del terzo settore in merito alla qualità e

all’efficacia dei servizi FUNZIONI E COMPETENZE DEL TERZO SETTORE

Il terzo settore (artt. 1, 5, 6, 8): - partecipa alla programmazione, alla progettazione e alla realizzazione dei piani di zona - viene consultato dalle regioni - in quanto soggetto autorizzato, eroga servizi alla persona - in quanto soggetto autorizzato e accreditato, partecipa al sistema integrato dei servizi sociali - partecipa alla valutazione della qualità e dell’efficacia dei servizi - partecipa alla progettazione di interventi innovativi

D.P.C.M. 30 marzo 2001 – Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di affidamento dei servizi alla persona ai sensi dell’art. 5 della legge 8 novembre 2000, n. 328

FINALITA’ Il decreto fornisce indirizzi per la regolazione dei rapporti tra comuni e loro forme associative con i soggetti del terzo settore ai fini dell’affidamento dei servizi previsti dalla L. 328/00 nonché per la valorizzazione del loro ruolo nella attività di programmazione e progettazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. Le regioni, sulla base di questo decreto, adottano specifici indirizzi per:

- promuovere l’offerta, il miglioramento della qualità e l’innovazione dei servizi e degli interventi anche attraverso il ruolo riconosciuto degli utenti e delle loro associazioni ed enti di tutela

- favorire la pluralità di offerta dei servizi e delle prestazioni - favorire l’utilizzo di forme di aggiudicazione o negoziali che consentano la piena espressione

della capacità progettuale ed organizzativa dei soggetti del terzo settore - favorire forme di coprogettazione promosse dalle amministrazioni pubbliche che coinvolgano

attivamente i soggetti del terzo settore per l’individuazione di progetti sperimentali ed innovativi al fine di affrontare specifiche problematiche sociali

- definire adeguati processi di consultazione con i soggetti del terzo settore e con i loro organismi rappresentativi riconosciuti come parte sociale

SOGGETTI DEL TERZO SETTORE Ai fini del presente decreto si considerano soggetti del terzo settore:

- le organizzazioni di volontariato - le associazioni e gli enti di promozione sociale

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- gli organismi della cooperazione - le cooperative sociali - le fondazioni - gli enti di patronato - altri soggetti privati non a scopo di lucro

SELEZIONE DEI SOGGETTI DEL TERZO SETTORE I comuni, ai fini della preselezione dei soggetti, valutano i seguenti elementi:

- la formazione, la qualificazione e l’esperienza professionale degli operatori coinvolti - l’esperienza maturata nei settori e nei servizi di riferimento

I comuni procedono all’aggiudicazione dei servizi sulla base dell’offerta economicamente più vantaggiosa (non possono procedere con il metodo del ‘massimo ribasso’), tenendo conto dei seguenti elementi:

- le modalità adottate per il contenimento del turn over degli operatori - gli strumenti di qualificazione organizzativa del lavoro - la conoscenza degli specifici problemi sociali del territorio e delle risorse sociali della comunità - il rispetto dei trattamenti economici previsti dalla contrattazione collettiva e delle norme in

materia di previdenza ed assistenza Gli enti pubblici stabiliscono forme di collaborazione con le organizzazioni di volontariato avvalendosi dello strumento della convenzione di cui alla L. 266/91. Sono da privilegiare le procedure di aggiudicazione ristrette e negoziate che permettono di valutare e valorizzare diversi elementi di qualità che il comune intende ottenere dal servizio appaltato.

PROMOZIONE E QUALIFICAZIONE DEL TERZO SETTORE Le regioni e i comuni predispongono, di concerto con gli organismi rappresentativi del terzo settore, azioni di promozione, sostegno e qualificazione dei soggetti del terzo settore mediante politiche formative, fiscali e interventi per l’accesso agevolato al credito e ai fondi europei, avvalendosi anche delle realtà e delle competenze da loro espresse.

L. 11 agosto 1991, n. 266 – Legge quadro sul volontariato L. 7 dicembre 2000, n. 383 – Disciplina delle associazioni di promozione sociale

FINALITA’ - riconoscere il valore sociale e la funzione dell’attività di volontariato come espressione di

partecipazione, solidarietà e pluralismo (art. 1) - promuovere lo sviluppo dell’attività di volontariato, salvaguardandone l’autonomia e favorendone

l’apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale (art. 1)

- fissare principi cui le regioni devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato (art. 1)

DESTINATARI Ogni organismo liberamente costituito al fine di svolgere l’attività di volontariato (attività prestata in modo personale, spontaneo e gratuito senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà) che si avvalga in modo determinante e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti (art. 3).

BENEFICI - Accesso ai contributi pubblici (co. 2, art. 6, L. 266/91). - Stipula convenzioni con le amministrazioni pubbliche (Stato, regioni, province autonome, enti

locali e altri enti pubblici) al fine di contribuire alla realizzazione di programmi di interesse regionale e locale. L’attività convenzionata deve consistere in prestazioni anche integrative di quelle erogate dai servizi pubblici, fatti salvi gli accordi regionali e le convenzioni-tipo. Nella

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scelta delle organizzazioni con cui stipulare la convenzione, l’Amministrazione deve dare priorità alle organizzazioni in possesso dei seguenti requisiti: a) qualificazione del personale volontario in relazione alle prestazioni da erogare con particolare riguardo alla frequenza di corsi di formazione professionale; b) presenza della sede dell’organizzazione nell’ambito territoriale dell’Amministrazione; c) rilevante prevalenza dell’impiego dei volontari rispetto al personale dipendente o convenzionato in relazione al tipo di attività erogata (art. 7 L. 266/91).

- Accesso al Fondo per il Volontariato, finalizzato a sostenere finanziariamente i progetti sperimentali elaborati anche in collaborazione con gli enti locali per far fronte ad emergenze sociali e per favorire l’applicazione di metodologie di intervento particolarmente avanzate. Ciascun anno, attraverso una circolare del Dipartimento degli Affari Sociali (l’ultima è la n. Das/V/5945/Vol. del 04.06.01), vengono stabilite le modalità di ripartizione di uno stanziamento per realizzare i progetti delle organizzazioni di volontariato. Nella prassi si cerca di evitare una distribuzione a pioggia dei fondi disponibili per favorire la copertura di pochi progetti particolarmente innovativi. Si prevede un tetto massimo di richiesta di contributo (10% dell’ammontare complessivo del fondo) e un co-finanziamento (almeno il 30% dei costi previsti per la realizzazione del progetto). Ogni richiesta viene valutata dall’Osservatorio Nazionale per il Volontariato che ne stilerà una graduatoria fino all’esaurimento del fondo (nel 2001, il fondo era di appena 2 miliardi di lire).

- Estensione delle provvidenze creditizie e fideiussorie, previste dalle norme per le cooperative e i loro consorzi, alle organizzazioni di volontariato che, nell’ambito delle convenzioni, abbiano ottenuto l’approvazione di uno o più progetti di opere e di servizi di interesse pubblico inerenti alle finalità istituzionali (co. 1, art. 24 L. 383/00).

- Promozione – da parte del Governo, d’intesa con le regioni - di ogni iniziativa per favorire l’accesso delle organizzazioni di volontariato ai finanziamenti del Fondo Sociale Europeo per progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi istituzionali, nonché, in collaborazione con la commissione Europea, per facilitare l’accesso ai finanziamenti comunitari, inclusi i pre-finanziamenti da parte degli stati membri e i finanziamenti sotto forma di sovvenzioni globali (art. 28 L. 383/00).

- Previsione – da parte delle amministrazioni statali con le proprie strutture civili e militari e delle amministrazioni regionali, provinciali e comunali – di forme e modi per l’utilizzazione non onerosa di beni mobili e immobili per manifestazioni e iniziative temporanee delle organizzazioni di volontariato, nel rispetto dei principi di trasparenza, di pluralismo e di uguaglianza (co. 1, art. 31, L. 383/00).

- Concessione in comodato – da parte di Stato, regioni, province e comuni – di beni immobili e mobili di loro proprietà, non utilizzati per fini istituzionali, alle organizzazioni di volontariato, per lo svolgimento delle loro attività istituzionali (co. 1, art. 32, L. 383/00).

- Accesso ai servizi di formazione, informazione e consulenza dei centri servizi per il volontariato (art. 15 L. 266/91).

CONDIZIONI Iscrizione, da almeno 6 mesi, al registro regionale delle organizzazioni di volontariato costituite ed operanti da almeno 6 mesi nel territorio regionale, previa soddisfazione dei requisiti di cui all’art. 3 della L. 266/91.

L. 7 dicembre 2000, n. 383 – Disciplina delle associazioni di promozione sociale

FINALITA’ - riconoscere il valore sociale dell’associazionismo liberamente costituito e delle sue molteplici

attività come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo (co. 1, art. 1) - promuovere lo sviluppo dell’associazionismo in tutte le sue articolazioni territoriali, nella

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salvaguardia della sua autonomia (co. 1, art. 1) - favorire il suo apporto originale al conseguimento di finalità di carattere sociale, civile,

culturale e di ricerca etica e spirituale (co. 1, art. 1) - favorire il formarsi di nuove realtà associative e consolidare e rafforzare quelle già esistenti

(co. 3, art. 1) - fissare principi cui le regioni devono attenersi nel disciplinare i rapporti tra le istituzioni

pubbliche e le associazioni di promozione sociale nonché i criteri cui debbono uniformarsi le amministrazioni statali e gli enti locali nei medesimi rapporti (co. 2, art. 1)

DESTINATARI Associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti, i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati. Non sono considerate associazioni di promozione sociale: partiti politici; organizzazioni sindacali; associazioni dei datori di lavoro; associazioni professionali e di categoria; associazioni che hanno come finalità la tutela esclusiva di interessi economici degli associati; circoli privati e associazioni comunque denominate che dispongono limitazioni con riferimento alle condizioni economiche e discriminazioni di qualsiasi natura in relazione all’ammissione degli associati o prevedono il diritto di trasferimento, a qualsiasi titolo, della quota associativa o che, infine, collegano, in qualsiasi forma, la partecipazione sociale alla titolarità di azioni o quote di natura patrimoniale (art. 2).

BENEFICI - Stipula convenzioni con le amministrazioni pubbliche (Stato, regioni, province autonome, enti

locali e altri enti pubblici) (art. 30). - Accesso al Fondo per l’Associazionismo, finalizzato a sostenere finanziariamente i progetti

sperimentali elaborati anche in collaborazione con gli enti locali per far fronte a particolari emergenze sociali e per favorire l’applicazione di metodologie di intervento particolarmente avanzate (art. 13).

- Estensione delle provvidenze creditizie e fideiussorie previste dalle norme per le cooperative e i loro consorzi alle associazioni che, nell’ambito delle convenzioni, abbiano ottenuto l’approvazione di uno o più progetti di opere e di servizi di interesse pubblico inerenti alle finalità istituzionali (co. 1, art. 24).

- Promozione – da parte del Governo d’intesa con le regioni - di ogni iniziativa per favorire l’accesso delle associazioni di promozione sociale ai finanziamenti del Fondo Sociale Europeo per progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi istituzionali, nonché, in collaborazione con la Commissione Europea, per facilitare l’accesso ai finanziamenti comunitari, inclusi i pre-finanziamenti da parte degli stati membri e i finanziamenti sotto forma di sovvenzioni globali (art. 28).

- Previsione – da parte delle amministrazioni statali con le proprie strutture civili e militari e delle amministrazioni regionali, provinciali e comunali – di forme e modi per l’utilizzazione non onerosa di beni mobili e immobili per manifestazioni e iniziative temporanee delle associazioni di promozione sociale, nel rispetto dei principi di trasparenza, di pluralismo e di uguaglianza (co. 1, art. 31).

- Concessione in comodato – da parte di Stato, regioni, province e comuni – di beni immobili e mobili di loro proprietà, non utilizzati per fini istituzionali, alle associazioni di promozione sociale, per lo svolgimento delle loro attività istituzionali (co. 1, art. 32).

- Ammissione delle associazioni di promozione sociale ad usufruire, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, di tutte le facilitazioni o agevolazioni previste per i privati (in particolare per quanto attiene all’accesso al credito agevolato), per concorrere al finanziamento di programmi di costruzione, di recupero, di restauro, di adattamento, di adeguamento alle norme di sicurezza e di straordinaria manutenzione di strutture o edifici da utilizzare per le proprie finalità istituzionali, per la dotazione delle relative attrezzature e per la loro gestione (co. 5, art. 32).

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CONDIZIONI Iscrizione al registro regionale o nazionale delle associazioni di promozione sociale, previa soddisfazione dei requisiti di cui all’art. 3.

L.R.T. 9 aprile 1990, n. 36 – Promozione e sviluppo dell’associazionismo

FINALITA’ - riconoscere e promuovere il pluralismo associativo quale fondamentale espressione e fattore di

libertà, di solidarietà, di progresso civile ed economico (co. 1, art. 1) - valorizzare la funzione di promozione sociale, di servizio e di innovazione perseguita dalle libere

associazioni costituite senza scopo di lucro ed aventi finalità sociali, culturali, scientifiche, educative, sportive, ricreative, turistiche naturali, di protezione ambientale e di salvaguardia del patrimonio storico, culturale ed artistico (co. 2, art. 1)

- favorire il ruolo degli enti locali nella diffusione e valorizzazione delle realtà associative di ogni ispirazione ideale, culturale, etnica e religiosa, che concorrono alla vita democratica (co. 3, art. 1)

DESTINATARI Associazioni che operano per una o più delle finalità di cui all’art. 1 da almeno un biennio, che hanno la loro sede legale nel territorio della Regione e che, per previsione statutaria, dispongono di organi democraticamente eletti. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni pro-loco sono escluse dalla presente legge in quanto sono disciplinate da apposite leggi regionali.

BENEFICI Per il perseguimento dei loro compiti istituzionali, relativi anche ad iniziative e sperimentazioni volte ad integrare servizi e finalità socio-culturali nelle materie delegate, gli enti locali stipulano apposite convenzioni con una o più associazioni. Per progetti di rilevante interesse regionale, la Regione promuove la realizzazione di apposite convenzioni con associazioni, sentiti gli enti locali e con il loro eventuale concorso In relazione alle finalità della presente legge e con particolare riferimento alle materie delegate, gli enti locali favoriscono le attività delle associazioni anche tramite:

- l’assistenza tecnica e progettuale - la cooperazione in servizi di rilevanza collettiva o a favore di determinate categorie di cittadini,

mediante convenzioni stabilite secondo le procedure di cui all’articolo 4 - il sostegno a progetti specifici di attività, nell’ambito delle rispettive disponibilità finanziarie - la messa a disposizione di spazi, impianti o attrezzature pubbliche per iniziative rivolte anche ai

soli associati con criteri atti a garantirne la fruizione da parte di ogni associazione interessata CONDIZIONI

Iscrizione agli albi regionali e provinciali delle associazioni previa soddisfazione dei requisiti di cui all’art. 2.

Art. 96 L. 21 novembre 2000, n. 342 – Misure in materia fiscale – Disposizioni in materia di volontariato e di canone radio per attività antincendio e di protezione civile Decreto Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 28 agosto 2001, n. 388 – Regolamento concernente i criteri e le modalità per la concessione e l’erogazione dei contributi di cui all’art. 96 L. 21 novembre 2000, n. 342

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FINALITA’ - sostenere l’attività istituzionale delle organizzazioni di volontariato e delle ONLUS (co. 1, art. 96) - compensare, almeno in parte, la mancata possibilità di usufruire di agevolazioni fiscali per l’acquisto

di autoambulanze (in particolare, dell’esenzione del pagamento dell’IVA), chiarita dagli orientamenti ministeriali (circolari 30 novembre 2000 n. 217/E e 26 gennaio 1991 n. 9/E)

DESTINATARI - organizzazioni di volontariato, costituite in forma di associazione o nelle forme previste dall’art. 3 L.

266/91, iscritte nei registri regionali del volontariato - Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale (ONLUS), in possesso dei requisiti di cui all’art. 10

del D.Lgs. 460/97, n. 460, iscritte all’anagrafe unica delle ONLUS BENEFICI

Erogazione di contributi per l’acquisto o l’acquisizione mediante leasing da parte delle organizzazioni destinatarie di: - autoambulanze - beni strumentali, ad esclusione di beni immobili, utilizzati direttamente ed esclusivamente per

attività di utilità sociale, che per le loro caratteristiche, non sono suscettibili di diverse utilizzazioni senza radicali trasformazioni

- beni, acquistati da Onlus, da donare a strutture sanitarie pubbliche Il contributo può costituire una percentuale del prezzo di acquisto del bene, determinata sulla base delle domande pervenute e ritenute ammissibili.

CONDIZIONI - Il contributo è erogato nei limiti delle risorse finanziarie disponibili. Le quote del Fondo nazionale

per le politiche sociali, annualmente destinate con decreto ministeriale all’attività istituzionale delle organizzazioni di volontariato e delle ONLUS, sono così suddivise per gli esercizi 2001 e successivi: a) nella misura dell’80%, per l’acquisto di autoambulanze; b) nella misura del 15%, per l’acquisto di beni strumentali; c) nella misura del 5%, per l’acquisto da parte di Onlus di beni da donare a strutture sanitarie pubbliche. I contributi a carico dei fondi stanziati per l’esercizio 2001 e successivi sono concessi per gli acquisti effettuati dal 1° gennaio al 31 dicembre di ciascun anno.

- Per un periodo di almeno 3 anni dalla data del contratto di acquisto del bene o dalla data di sottoscrizione del contratto di leasing, il bene oggetto del contributo deve essere utilizzato direttamente ed esclusivamente dai diretti beneficiari del contributo e non può essere, per alcun motivo, utilizzato per attività diverse da quelle indicate all’articolo 1 del regolamento o ceduto a terzi. La vendita del bene o la cessione del contratto di leasing possono essere effettuate, prima dei 3 anni dalla data di acquisto, solo in favore di organizzazioni di volontariato o in favore di ONLUS. In tal caso, il corrispettivo della vendita o della cessione non dovrà essere superiore alla differenza tra il valore di mercato del bene ceduto ed il contributo ricevuto per l’acquisto dello stesso. Queste condizioni non si applicano ai beni acquistati dalle ONLUS donati a strutture sanitarie pubbliche.

- La concessione del contributo è subordinata alla spedizione di una domanda per raccomandata A.R. (a cui dovrà essere allegata la seguente documentazione: dati identificativi dell’organizzazione, copia dell’atto di acquisto e della fattura di vendita o di donazione del bene, dichiarazione resa dal rappresentante legale circa l’utilizzo diretto ed esclusivo del bene oggetto del contributo per le attività di utilità sociale) al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, entro il 31 dicembre dell’anno in cui sono stati effettuati gli acquisti. Entro 30 giorni dalla scadenza del termine di presentazione delle domande, il Ministero comunica – con decreto del Capo del Dipartimento pubblicato nella G.U. – l’elenco delle domande accolte con l’indicazione del contributo concesso. Il contributo concesso viene erogato tramite bonifico bancario o postale, vaglia bancario o assegno circolare, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione dell’accoglimento della domanda.

- Il contributo concesso è revocato qualora l’organizzazione non rispetti le prescrizioni del regolamento ovvero risulti che la documentazione presentata non risponda al vero.

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D.P.C.M. 15 dicembre 2000 – Atto di indirizzo e coordinamento di cui all’art. 28 L 8 novembre 2000, n. 328 – Riparto tra le regioni dei finanziamenti destinati al potenziamento dei servizi a favore delle persone che versano in stato di povertà estrema e senza fissa dimora

FINALITA’ Potenziamento degli interventi volti ad assicurare i servizi destinati alle persone che versano in situazioni di povertà estrema e alle persone senza fissa dimora

DESTINATARI - Enti locali - Organizzazioni di volontariato - ONLUS - IPAB

BENEFICI Erogazione di risorse finanziarie ai soggetti destinatari, sulla base dei seguenti criteri:- Il 75% delle risorse è riservato alle regioni, come la Toscana, nelle quali è compreso almeno un

comune capoluogo di area metropolitana; questa quota è ripartita tra le regioni in base alla popolazione residente nella regione; la priorità è data ai comuni capoluogo di area metropolitana (come Firenze)

- Il 25% delle risorse è ripartita tra le altre regioni in base alla popolazione residente; la priorità è data alle grandi aree urbane

CONDIZIONI L’ammissione ai finanziamenti regionali è subordinata alla presentazione di progetti alle regioni, entro il 30 giugno di ciascun anno. I progetti devono riguardare le seguenti aree di intervento:- la realizzazione, l’ampliamento o l’innovazione di centri e di servizi di pronta accoglienza - interventi socio-sanitari - servizi per l’accompagnamento e il reinserimento sociale delle persone che versano in situazioni di

povertà estrema e delle persone senza fissa dimora Sono ammessi ai finanziamenti regionali i progetti che presentano i seguenti requisiti:- individuazione di un’area territoriale determinata, anche a livello subcomunale o intercomunale, sulla

base di indicatori che documentino la presenza abituale di persone senza fissa dimora che frequentino detta area come territorio nel cui ambito organizzano la propria sopravvivenza, o la presenza di persone e nuclei familiari in stato di bisogno primario

- presenza nell’area di servizi e opportunità in misura minima sufficiente per avviare un processo di accompagnamento delle persone senza fissa dimora o di soggetti in condizione di povertà estrema

- individuazione delle attività e servizi proposti nel progetto, dei loro obiettivi e dell’indicazione dettagliata delle relative spese di realizzazione

- individuazione dell’insieme dei soggetti pubblici e privati che partecipano all’attuazione del progetto, unitamente alla documentazione che attesta la loro esperienza nel settore

- collegamento con altre iniziative eventualmente presenti nel territorio, concernenti la riqualificazione delle aree urbane, l’assistenza economica, ed altri interventi e servizi idonei a realizzare le finalità dei servizi

Nella valutazione dei progetti sono considerati preferenziali, secondo una graduatoria determinata dalla regione e differenziata a seconda del contesto territoriale, i seguenti criteri: - l’attività di rete tra organizzazioni del terzo settore e la collaborazione tra soggetti pubblici e

privati nella realizzazione del progetto - l’integrazione tra diverse aree di intervento e servizi, quali quello sanitario, assistenziale, formativo,

nell’attuazione del progetto - la previsione, nell’ambito del progetto, di percorsi di accompagnamento e graduale inserimento

sociale, che colleghino il superamento dell’emergenza con l’avvio di processi di reinserimento e

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recupero di capacità delle persone interessate - l’integrazione con altri progetti e iniziative esistenti a livello locale, che pur non riguardando

specificamente le persone senza fissa dimora e in stato di povertà estrema, possono utilmente raccordarsi ai progetti a loro favore e agevolare il loro reinserimento sociale

- l’indicazione da parte dei soggetti proponenti di strumenti di auto valutazione e verifica dei risultati conseguiti nell’ambito dei progetti

I soggetti destinatari delle risorse trasmettono ogni 6 mesi alla regione un rapporto analitico sullo stato di attuazione degli interventi posti in essere nel quale indicare: - il numero delle persone assistite in un arco di tempo definito - la descrizione dei servizi offerti - la descrizione analitica, in termini finanziari e di risorse umane, delle risorse impiegate

L. 5 febbraio 1992, n. 104 – Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate

FINALITA’ Le principali finalità della Legge (artt. 1 e 2) sono le seguenti: - garantire il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona

handicappata - promuovere la piena integrazione della persona handicappata nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e

nella società - prevenire e rimuovere le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il

raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali

- perseguire il recupero funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali

- assicurare i servizi e le prestazioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle minorazioni nonché la tutela giuridica ed economica della persona handicappata

- predisporre interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona handicappata

- dettare principi dell’ordinamento in materia di diritti, integrazione sociale e assistenza alla persona handicappata

DESTINATARI Sono destinatari dei benefici finanziari previsti dalla Legge le seguenti organizzazioni, che svolgono attività idonee a favorire l’inserimento e l’integrazione lavorativa di persone handicappate (co. 1, art. 1):- enti e istituzioni - cooperative sociali, di servizi, di produzione e lavoro - centri di lavoro guidato - associazioni - organizzazioni di volontariato

BENEFICI - possibilità di stipulare convenzioni con le amministrazioni pubbliche (comuni, consorzi tra comuni e

tra comuni e province, comunità montane, ASL) (co. 1, art. 38). - gli stessi soggetti pubblici, rilevata la presenza di associazioni in favore di persone handicappate,

che intendano costituire cooperative di servizi o comunità-alloggio o centri socioriabilitativi senza fini di lucro, possono erogare contributi che consentano di realizzare tali iniziative (co. 2, art. 38)

CONDIZIONI - avere personalità giuridica di diritto pubblico o privato o natura di associazione, con i requisiti di cui

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al capo II del titolo II del libro I del codice civile (lett. a, co. 1, art. 18) - garantire idonei livelli di prestazioni, di qualificazione del personale e di efficienza organizzativa ed

operativa (lett. b, co. 1, art. 18; co. 1, art. 38) - essere iscritti allo specifico albo regionale (co. 4, art. 18) - limitatamente all’erogazione dei contributi di cui al co. 2, art. 38, i comuni eroganti controllano

l’adeguatezza dei progetti e delle iniziative presentati dalle associazioni, in rapporto alle necessità degli utenti, secondo le finalità di cui agli articoli 1 e 2.

D.P.R. 8 gennaio 2001, n. 41 – Regolamento di semplificazione del procedimento relativo alle concessioni e locazioni di beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato a favore di enti o istituti culturali, enti pubblici territoriali, aziende sanitarie locali, ordini religiosi ed enti ecclesiastici (n. 1, allegato 1 della legge n. 50/1999)

FINALITA’ Semplificazione del procedimento per la concessione di beni immobili demaniali e per la locazione di beni immobili patrimoniali dello Stato non suscettibili, neanche temporaneamente, di utilizzazione per uso governativo (art. 1).

DESTINATARI Nell’ambito del terzo settore, i destinatari dei benefici della Legge sono i seguenti (art. 1):

- istituzioni culturali indicate nella tabella emanata con D.P.R. 6 novembre 1984, n. 834 - altri enti, istituti, fondazioni, associazioni riconosciute che perseguono esclusivamente fini di

rilevante interesse culturale e svolgono, in relazione a tali fini, attività sulla base di un programma almeno triennale

- ordini religiosi ed enti ecclesiastici BENEFICI

La durata della concessione è, di norma, non superiore a 6 anni. Qualora l’amministrazione ne ravvisi l’opportunità, la concessione può avere una durata superiore a 6 anni e comunque non eccedente i 19 anni (co. 1, art. 7). Il canone annuo di locazione è stabilito in misura non superiore al 10% del valore determinato dall’Ufficio del territorio competente sulla base dei valori locativi in comune commercio (co. 2,art. 7).

CONDIZIONI I soggetti interessati al conseguimento della concessione o della locazione presentano al competente Ufficio del Territorio una domanda nella quale sono indicati i dati identificativi dell’immobile, dell’oggetto delle attività da svolgere e le finalità di utilizzo. Ulteriori indicazioni funzionali dell’uso e modalità di presentazione delle domande sono disciplinate da un apposito regolamento emanato con decreto ministeriale (co. 1, art. 3). Nell’ipotesi di presentazione di più domande di concessione o locazione relativo al medesimo bene, è preferito il richiedente che proponga di avvalersi del bene per un uso che sia funzionale al perseguimento di interessi pubblici o risponda a rilevanti esigenze di pubblica utilità, ovvero che assicuri un maggiore investimento o valorizzazione del bene. La sub-concessione totale o parziale del bene oggetto della concessione comporta la decadenza della concessione stessa. L’amministrazione può procedere alla revoca della concessione in caso di sopravvenienza di esigenze di carattere governativo.

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5. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Dall'analisi delle modalità di finanziamento delle organizzazioni non profit emerge chiaramente come da un lato esistono organizzazioni che ricevono la maggior parte delle entrate sotto forma di contributi o sovvenzioni, dall’altro quelle che devono il loro sostentamento principalmente al corrispettivo diretto per i servizi erogati all’utenza. Questo comporta implicazioni strategiche e gestionali notevoli, sia sul piano della formulazione delle politiche sia nei rapporti con gli interlocutori di riferimento. Comunque, superando le inevitabili semplificazioni teoriche, nella realtà è facile incontrare organizzazioni che si pongono a metà strada rispetto alle due tipologie appena individuate. Sotto il profilo quantitativo, i dati a disposizione mostrano come le attività delle organizzazioni non profit siano prevalentemente finanziate dal settore pubblico (di cui il 70% in termini di convenzione). Per quanto riguarda le fonti private, sta assumendo notevole peso l’attività commerciale, attraverso la vendita sul mercato di beni e servizi (pari ad 1/3 delle entrate totali) e le donazioni non raggiungono il 5%. Tuttavia, una eccessiva dipendenza dai finanziamenti pubblici fornisce alcuni elementi di riflessione. Innanzitutto, è fortemente minacciata la possibilità di conduzione dell'organizzazione secondo criteri di economicità; essa si troverebbe, infatti, a dipendere dalle scelte allocative dell'operatore pubblico; se questo mutasse linea di indirizzo, scegliendo di aiutare lo sviluppo di un particolare settore a scapito di un altro, le organizzazioni di quest'ultima area sarebbero oltremodo penalizzate. Inoltre, entrano in gioco elementi ancor più rilevanti, dal momento che l’organizzazione non profit potrebbe essere condizionata dall'Amministrazione Pubblica nella determinazione delle sue strategie. A questo punto verrebbe messa in discussione la stessa autonomia strategica dell'organizzazione, la quale correrebbe il rischio di divenire semplice strumento nelle mani di terze economie; una sorta di agenzia giuridicamente privata, in realtà sotto l'influenza pubblica. Tuttavia, le fonti pubbliche non costituiscono solo elemento di vincolo e di rigidità; spesso sembrano in grado di sostenere la crescita e la diversificazione dei servizi forniti dalle organizzazioni non profit e di costituire, data la garanzia di relativa continuità che ad esse è spesso associata, un fattore di consolidamento. Le difficoltà relative ai finanziamenti pubblici vanno invece individuate soprattutto negli incerti tempi di pagamento, che minacciano di compromettere la gestione economica e finanziaria. Una crescita dimensionale completamente dipendente dal finanziamento pubblico può rappresentare dunque un evento rischioso, in quanto può costringere l'organizzazione, a causa dei frequenti ritardi e vincoli nei pagamenti, ad indebitarsi pesantemente. E spesso le soluzioni adottate per tenere sotto controllo la situazione finanziaria - quali autoriduzioni degli stipendi già al di sotto delle medie di mercato o ritardi nei pagamenti ai fornitori - rischiano di mettere a repentaglio la qualità dei servizi erogati e comunque rendono molto difficile la crescita ulteriore della organizzazione. D'altro canto, anche la natura commerciale di alcune organizzazioni non profit presenta alcuni elementi di contraddizione: se, infatti, da un lato costituisce una possibile risposta al taglio sempre più spesso praticato dei fondi pubblici, dall'altro espone le stesse organizzazioni al rischio di perdere la propria identità e natura non lucrativa.