LE NUOVE TECNOLOGIE IN ODONTOIATRIA -...
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LE NUOVE TECNOLOGIE IN ODONTOIATRIA AIC - ACCADEMIA ITALIANA DI ODONTOIATRIA
CONSERVATIVA E RESTAURATIVA a cura del Dr. Giovanni Sammarco e Dr. Alberto Libero
Con la partecipazione di Dr. Fabio Bassutti, Dr. Giuseppe Chiodera, Dr. Elisa Oneto, Dr. Stefano
Piccinelli, Dr. Fabrizio de Paula, Dr. Federico Ferraris.
INDICE DEI PARAGRAFI:
1. Introduzione
2. Patologia cariosa
3. Diagnosi dentale
4. Minima invasività
5. Strumenti Oscillanti
6. Infiltrazione di resina a basso peso molecolare
7. CAD-CAM
8. Conclusioni
1. INTRODUZIONE
L’Odontoiatria, come tutte le discipline mediche e scientifiche é strettamente
collegata alla tecnologia e al progresso tecnologico. In ambito restaurativo, negli
ultimi decenni, si é potuto assistere ad una vera e propria rivoluzione delle
tecniche, dei materiali e dei concetti che hanno fatto scuola per buona parte del
Novecento. Se da un lato molti dei capisaldi riguardo l’eziologia chimico-
parassitaria della patologia cariosa esposti da Miller a fine Ottocento 1 sono a
tutt’oggi ritenuti validi, dall’altro, proprio grazie ai progressi scientifico-
tecnologici, numerosi presidi, soprattutto operativi, sono da ritenersi superati. A
scopo esemplificativo si pensi al concetto di “extension for prevention”
(estensione per prevenzione) dei margini cavitari enunciato da uno dei padri delle
moderna Odontoiatria, Black 2, che ad oggi, in epoca di minima invasività ed
adesione, é stato soppiantato da quello di “prevention of extension” (prevenzione
2
dell’estensione)3.
Dal Novecento ad oggi, notevoli progressi sono occorsi e continuano a verificarsi
in vari settori dell’odontoiatria restaurativa. Nel corso della presente trattazione
verrano esaminati alcuni dei principali progressi scientifico-tecnologici in ambiti
che spaziano dalla conoscenza della patologia cariosa alla diagnosi e trattamento
minimamente invasivo, senza trascurare le nuove tecnologie come il CAD-CAM.
2. LA PATOLOGIA CARIOSA
La “carie” (o “patologia cariosa”) é un processo patologico infettivo e
trasmissibile 4 la cui progressione conduce alla formazione di esiti deleteri a carico
dei tessuti dentali 5. Tali esiti sono:
• demineralizzazione superficiale da attività cariosa
• lesione cariosa (da non confondere con la “carie” intesa come patologia)
• iperemia/infiammazione pulpare da patologia cariosa
• necrosi pulpare da patologia cariosa
• frattura coronale da patologia cariosa
• perdita dell’elemento dentale da patologia cariosa
La carie é una patologia che interessa tutte le fasce di età, culture, etnicità ed é la
malattia cronica più diffusa al mondo 6 interessando, lungo il corso della vita, più
del 90% della popolazione adulta mondiale 7. Per il fatto che questa patologia sia
estremamente diffusa, difficilmente conduca a morte, e che sia ritenuta di
acquisizione “scontata” da parte dell’odontoiatra, la carie viene frequentemente
confusa con uno dei propri esiti, ossia la lesione cariosa, e come tale viene trattata.
La cura della patologia cariosa é ben lungi dall’essere raggiunta mediante
l’esecuzione di restauri dentali, difatti é tanto assodato quanto intuibile che “la
carie dentale è una patologia trasmissibile ad origine batterica: eliminare
3
fisicamente una lesione per sostituirla con un restauro, non elimina i batteri né
blocca la progressione cariosa nel resto della bocca e ai margini del restauro
appena eseguito” 8. Come per qualsiasi branca medica, anche in odontoiatria, la
“cura” dovrebbe proporsi come obiettivo quello di rompere, possibilmente
all’origine, la catena eziopatogenetica della malattia, raggiungendo
contemporaneamente anche la cessazione dei sintomi o degli esiti. A questo scopo
il medico non dovrà limitarsi ad agire a livello “sintomatico”, ma dovrà rivolgere
le proprie conoscenze e sensibilità all’intervento sui fattori causali della patologia.
Per ciò che concerne la patologia cariosa, i fattori causali sono ben noti,
individuabili, stadiabili e, nella maggior parte dei casi, modificabili in senso
costruttivo per il paziente 9 (Tab.1).
4
5
FATTORI SUB-CATEGORIA RISCHIO ELEVATO RISCHIO RIDOTTO
BATTERICI
Tipologia Ad elevata attività cariogena (strepto mutans, lattobacilli)
A ridotta attività cariogena
Quantità Grossi accumuli localizzati o generalizzati di placca
batterica Livello di igiene orale
ottimale
LEGATI ALLA DIETA
Frequenza di assunzione di carboidrati fermentabili
Elevata frequenza di assunzione di anche
piccole quantità di carboidrati fermentabili
Ridotta assunzione di carboidrati fermentabili o
limitata ai pasti
Frequenza di assunzione di acidi
Elevata frequenza di assunzione di anche
piccole quantità di acidi alimentari
Ridotta assunzione di acidi alimentari o limitata
ai pasti
SALIVARI Quantità di saliva
Scarsa produzione (aspetto schiumoso, tendenza a fare fili)
Elevata produzione (aspetto brillante, simile
ad acqua)
Qualità della saliva Ph acido, basso potere tampone
pH neutro, elevato potere tampone
LEGATI ALL’ESPOSIZIONE AI
FLUORURI Utilizzo di prodotti fluorati
Scarsa familiarità con prodotti fluorati
(dentifricio) Regolare utilizzo pluri-giornaliero di prodotti
fluorati
ALTRI
Esperienza di Carie (DMF)
Indice DMF-T elevato per la fascia di età
Indice DMF-T ridotto per la fascia di età
Patologie/esiti di trattamenti medici
Patologie o esiti di trattamenti influenti
negativamente sul flusso salivare o sulle capacità di
auto-igienizzazione (es. Artrite mani,
Parkinson)
Assenza di patologie o esiti di trattamenti
Farmaci Farmaci influenti
negativamente sul flusso salivare o sulle capacità di
auto-igienizzazione Non utilizzo di farmaci
Fumo/alcol/droghe Utilizzo regolare di uno o più Non utilizzo
Status socio-economico Basso Medio, elevato
Antibatterici Nessun ricorso a sostanze
antibatteriche (xilitolo, clorexidina, triclosan, oli
essenziali) Ricorso regolare
6
Il procedimento che porta alla stadiazione dei singoli fattori causali, in base alla
loro “influenza” sulla patologia cariosa, prende il nome di “diagnosi cariologica”.
Le metodiche che l’odontoiatra metterà in atto al fine di annullare o smorzare
l’attività dei fattori causali, possono essere indicate come “piano di cura” 10.
Dal punto di vista tecnologico, il processo di valutazione del rischio cariologico,
che si tradurrà nella diagnosi cariologica, può essere facilitato da schede cartacee
o software, oltre che da un’adeguata conoscenza dei presupposti teorici. Il
Cariogram (Bratthal 1997) é un software, scaricabile gratuitamente online
(https://www.mah.se/fakulteter-och-omraden/Odontologiska-
fakulteten/Avdelning-och-kansli/Cariologi/Cariogram/) che consente, previa
lettura del manuale di istruzioni (sempre disponibile online), di calcolare il rischio
del paziente di sviluppare nuove lesioni cariose nel futuro 11 (Fig.1).
7
3. DIAGNOSI DENTALE
Nonostante gli enormi progressi tecnologici non esiste ancora un esame
strumentale in Odontoiatria restaurativa che possieda il 100% di Sensibilità e
Specificità 12 (Tab.2).
Fig.1: una schermata del software “Cariogram”, nel quale, inseriti i dati derivanti dalla diagnosi cariologica nei riquadri di destra, apparirà un’istogramma dove lo spicchio verde indicherà le probabilità del paziente di evitare nuove lesioni cariose. Scopo del piano di cura cariologico sarà quello di aumentare le dimensioni dell’area verde, agendo in maniera costruttiva sui fattori causali.
8
Da questa semplice evidenza, risulta pertanto ovvio come l’associazione di
metodiche diagnostiche sia da preferirsi al singolo esame.
Nel campo della diagnostica per immagini in odontoiatria restaurativa,
l’associazione fra esame obiettivo (visuale e tattile) e radiografico rivestono
tutt’oggi, specie per i settori posteriori, un ruolo essenziale. Nel corso degli anni,
altre tecnologie hanno affiancato le succitate indagini diagnostiche. scopo dei
seguenti paragrafi sarà quello di illustrare le nuove tecnologie in campo
diagnostico per ciò che concerne l’odontoiatria restaurativa.
3.1 Radiologia Tradizionale vs Digitale
A partire dalla fine degli anni 80 si é assistito alla comparsa dei primi sistemi
radiografici digitali. Nel corso degli anni si è verificato un grande miglioramento
di questi sistemi, accompagnato dalla comparsa sul mercato, ad inizio nuovo
millennio, degli apparecchi radiografici ad alta frequenza, che, a differenza di
quelli tradizionali, sono in grado di mantenere costante il Kilo-voltaggio per tutto
il tempo di esposizione, col risultato che, a parità di dose assorbita, il fascio di
raggi risulta essere di migliore qualità, più performante e meno dannoso in quanto
privo di inutili radiazioni deboli (Fig.2).
SENSIBILITA’ capacità di un esame di individuare la malattia
(probabilità che un malato risulti positivo all’esame)
un esame altamente sensibile avrà un basso livello di falsi
negativi un esame scarsamente
sensibile avrà un alto livello di falsi negativi
SPECIFICITA’ capacità di un esame di
individuare la salute (probabilità che un sano risulti
negativo all’esame)
un esame altamente specifico avrà un basso livello di falsi
positivi un esame scarsamente
specifico avrà un alto livello di falsi positivi
Tab.2 Schema riassuntivo della Sensibilità e Specificità di un esame diagnostico
9
Fig.2: schematizzazione illustrante il risparmio nei tempi di irradiazione tipico degli apparecchi ad alta frequenza. Le radiazioni utili sono quelle in azzurro. Da “progetto hAICarie -AIC- (2016).
10
Con l'avvento delle apparecchiature radiografiche ad alta frequenza si è reso
possibile quindi diminuire i tempi di esposizione. Di questo aspetto traggono
beneficio sia i sistemi sia tradizionali che quelli digitali, per quanto il connubio
fra sistemi digitali e apparecchi radiografici ad alta frequenza, permetta di ottenere
il miglior beneficio dal punto di vista del principio di ottimizzazione radiologica
(Tab.3) 13-14.
Al di là dei tempi indicati in Tab.3, é’ raccomandabile, pertanto, “tarare” i tempi
per ogni apparecchiatura radiografica, sia essa di tipo tradizionale che ad alta
frequenza, seguendo le indicazioni dei tempi di esposizione indicate dalla casa
costruttrice, ed eseguendo delle prove fino ad ottenere immagini di adeguata
qualità. Anche il monitor utilizzato per la visione delle radiografie dovrebbe
essere ad alta risoluzione, al fine di sfruttare al massimo le potenzialità di questi
sistemi 15 . Le immagini digitali sono costituite da files denominati DICOM, in
grado di registrare immediatamente il nome del paziente, la sede dell'esposizione
radiografica, data e ora dell'esame. Questo risulta particolarmente utile ai fini dei
richiami radiografici e dell'archiviazione ergonomica dei records dei pazienti.
Allo stato attuale é possibile distinguere 2 tipologie di sistemi radiografici digitali:
9. sistemi diretti RVG: CCD o CMOS
Tab.3: tabella esplicativa dei tempi di irradiazione standard per tecnologia e sistematica. Da “progetto hAICarie -AIC- (2016).
T E M P I D I E SP O S IZ I O N E ( s e c . )
TECNOLOGIA RADIOGRAFICO TRADIZIONALE (70 KV 8mA 50/60 Hz)
RADIOGRAFICO AD ALTA FREQUENZA
(70 KV 7mA 300 Hz) pellicola tradizionale 0,5 0,18
sensori ai fosfori 0,18 - 0,5 0,18 RVG 0,1 - 0,5 0,08 - 0,15
11
10. sistemi indiretti: ai fosfori - Phosphor Plate (PSP).
I primi tramite un sensore colpito dai raggi X trasmettono direttamente
l'informazione al personal computer (PC), con o senza il tramite di un cavo, in
tempo reale. Nel caso del sistema CCD (Charge Couplet Device), il segnale in
uscita dal sensore è analogico, mentre, nel caso dei sensori CMOS
(Complementary Metal-Oxide-Semiconductor), il segnale in uscita è nativamente
digitale.
I sistemi indiretti richiedono invece la presenza di uno scanner tramite il quale
l'immagine acquisita dal sensore possa essere trasmessa al PC. In sostanza il
sistema funziona nel seguente modo: il raggio X colpisce una pellicola (plate)
rivestita di cristalli di fosforo, i quali sono in grado di trasformare il raggio X in
luce che, catturata da un foto-diodo contenuto nello scanner, produce un segnale
elettrico che genera il pixel dell'immagine radiografica che appare sul monitor del
PC. Da un punto di visto meramente clinico la differenza tra i sistemi diretti e
quelli indiretti risiede nella dimensione del sensore, nella possibilità di
posizionare più o meno agevolmente i centratori radiologici, nella presenza di cavi
(Fig.3), più che nella qualità dell’immagine ottenibile (Tab.4).
Fig.3 Da sinistra a destra: una pellicola tradizionale, un sensore RVG, un sensore ai fosfori. Da “progetto hAICarie -AIC- (2016).
12
13
Per quel che concerne le differenze tra sistemi RVG e fosfori, va sottolineato che
il secondo sistema permette l’utilizzo dei normali centratori radiologici, mentre il
primo necessita di centratori appositi, essendo caratterizzato da sensori con
ingombri maggiori e, di sovente, dalla presenza di un cavo.
A fronte degli innegabili vantaggi offerti dalle tecniche digitali, é asseribile che
tali tecnologie rappresentino il presente ed il futuro della radiologia endorale,
permettendo di ottenere immagini qualitativamente sovrapponibili a quelle
tradizionali, ma con un dosaggio di radiazioni sovrapponibile o minore e con una
maggior facilità di manipolazione, archiviazione, confronto (17-18-19-20).
Tab.4: tabella di comparazione fra i sistemi radiologici (16). Da “progetto hAICarie -AIC- (2016)
TRADIZIONALE CCD/CMOS PSP
TIPO DI CENTRATORE centratori tradizionali:
consentono standardizzazione e
ripetitività dell’esame
necessita di centratori dedicati: a causa dello spessore maggiore del
sensore, il posizionamento in bocca potrebbe
risultare più difficoltoso
centratori tradizionali: consentono
standardizzazione e ripetitività dell’esame
ESPOSIZIONE riducibile con l’utilizzo di
pellicole ad alta sensibilità ed
apparecchio ad alta frequenza
minore minore
ARCHIVIAZIONE richiede adeguati tempi di sviluppo e di fissaggio
per la corretta conservazione dell’immagine
immediata immediata
SENSORE/PELLICOLA pellicola sensore con e senza filo sensore senza filo
INGOMBRO DEL SENSORE/PELLICOLA
2 formati di pellicola: anteriore e posteriore.
Pellicola sottile
Un solo formato di sensore. Più
ingombrante e più spesso rispetto alle altre
metodiche.
4 formati di sensori: 2 per anteriori e 2 per
posteriori. Sensori sottili.
QUALITA’ DELL’IMMAGINE ottima ottima ottima
MANUTEZIONE/SPESE DI ESERCIZIO
pellicole, stoccaggio, mantenimento delle concentrazioni dei
liquidi e delle temperature.
Smaltimento dei liquidi
aggiornamento software
sostituzione dei sensori in base all’utilizzo.
Rivestimenti monouso. Aggiornamento
software.
ERRORI DI MANIPOLAZIONE si no no
14
Parimenti alle radiografie tradizionali, le radiografie digitali hanno valore medico-
legale in base alla normativa vigente: è comunque necessario che
l'apparecchiatura salvi l'immagine iniziale cioè non elaborata con un sistema
protetto di archiviazione delle immagini originali 21.
Dal punto di vista della diagnosi delle lesioni cariose, l’esame ortopantomografico
(OPT), per quanto abbia recentemente raggiunto livelli qualitativi notevoli, non
può essere in alcun modo considerato di prima scelta, a causa soprattutto
dell’elevata frequenza di sovrapposizioni radiologiche delle pareti interprossimali.
Fra gli esami radiografici oggi disponibili a livello orale, i più efficaci nella
diagnosi delle lesioni cariose nei settori latero-posteriori sono le radiografie
endorali Bite Wing , seguite dalle radiografie periapicali 22 (Fig.4).
L’esame bite wing, se correttamente eseguito, rappresenta per semplicità e fedeltà
d’immagine, l’esame radiografico preferenziale per compiere diagnosi di carie nei
settori latero-posteriori. L’obiettivo è quello di poter visualizzare tutte le superfici
Fig.4 Medesimi settori dentali radiografati con tecniche diverse. si noti come la proiezione OPT (a sinistra) renda impossibile l’analisi delle pareti interprossimali in numerosi siti. Da “progetto hAICarie -AIC- (2016).
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interprossimali senza sovrapposizioni. A tale scopo, i raggi X dovrebbero
idealmente attraversare lo spazio interprossimale senza subire ostacoli da parte
dei tessuti dentali (Fig.5).
Il ricorso a centratori dedicati (Fig.6,7) accompagnato dal loro corretto
posizionamento intra-orale e dal preciso posizionamento del tubo radiogeno,
faciliterà l’ottenimento di radiogrammi bite wings privi di sovrapposizioni.
Fig.5: nelle 2 immagini di sinistra una sovrapposizione radiografica dovuta ad un errato orientamento del fascio radiogeno/pellicola. Nelle 2 immagini di destra, il risultato conseguente ad un corretto orientamento. Da “progetto hAICarie -AIC- (2016).
Anello Bite
Asta
Fig.6: esempi di centratori radiologici per bite-wing. Da “progetto hAICarie -AIC- (2016).
16
Da sottolineare che seppur eseguiti con tecnica digitale e con tubo radiogeno ad
alta frequenza, i radiogrammi ottenuti saranno comunque soggetti ai medesimi
limiti diagnostici delle radiografie tradizionali, ossia:
• Non é in grado di fornire informazioni riguardo la presenza di cavitazione.
• Non é in grado di fornire informazioni riguardo l’attività delle lesioni.
• La lesione diviene radiologicamente visibile solo se la sua ampiezza vestibolo-
palatale é pari o maggiore al 33% dei tessuti sani attraversati dal raggio 23.
• La reale dimensione della lesione é tendenzialmente sottostimata, nonostante la
bontà dell’esposizione e della tecnica, specie per le lesioni dello smalto
occlusali.
Hopcraft e coll. 24 confrontando l’esame clinico con quello radiografico hanno
potuto quantificare il reale apporto delle radiografie nella diagnosi di carie
occlusale e inter-prossimale di molari e premolari. Dai risultati emerge che tramite
il solo esame clinico sono rilevabili circa il 23-33% delle lesioni interprossimali,
contro il 93,1- 97,1% dell’esame radiografico. Occlusalmente i rapporti si
invertono con il 76-83% dell’esame clinico contro il 33-43% dell’esame
radiografico.
Rimane pertanto chiaro che una corretta diagnosi delle lesioni cariose non può
prescindere dalla combinazione di un attento esame clinico ed un adeguato esame
radiografico dei settori latero-posteriori.
17
3.2 Transilluminazione
La transilluminazione in medicina, come in odontoiatria, é una tecnica che
prevede il passaggio della luce attraverso i tessuti dell’organismo.
Questo presidio può facilitare la diagnosi delle lesioni cariose, specie nei settori
anteriori, grazie al diverso assorbimento della luce delle zone affette 25 (Fig. 8-9).
Tale presidio richiede una luce ad alta intensità (Fig.10), emessa da un puntale di
piccolo diametro 26 (Fig.10).
Fig.8-9: Transilluminazione da vestibolare e da palatale di elementi anteriori. Da “progetto hAICarie -AIC- (2016).
18
Nei settori anteriori, la transilluminazione viene ottenuta ponendo la punta della
fonte luminosa sulla superficie linguo/palatale degli elementi, osservandoli quindi
dal loro aspetto vestibolare (fig.8); in seguito si esegue la stessa manovra ponendo
la luce sulla superficie vestibolare per poi osservare il dente dal lato
linguo/palatale (fig.9). Tale approccio trova giustificazione in quanto la stessa
lesione può essere chiaramente visibile da una proiezione e sottostimata o non
visibile dall’altra. Quanti più angoli vengono utilizzati per illuminare il dente
esaminato, tanto migliore sarà il risultato in termini di diagnosi. Eseguire questo
esame in assenza di altre fonti di illuminazione é fortemente consigliabile 27 . In
talune circostanze l’esame della transilluminazione può essere effettuato anche
mediante le lampade fotopolimerizzatrici (Fig.11), per quanto la tecnica renda i
maggiori benefici tramite il ricorso agli appositi illuminatori.
Alla transilluminazione, le aree interessate dal processo carioso appaiono più
scure, mentre i tessuti dentali sani vengono perfettamente attraversati dalla luce,
apparendo chiari. Con questo esame sarà possibile evidenziare, oltre alle aree
“diversamente mineralizzate”, altri dettagli anatomici quali: discromie (Fig.11),
amelogenesi imperfetta 28 e incrinature 29 .
Fig.10: esempio di transilluminatore
19
Nei settori posteriori, fino a i premolari, é possibile posizionare la luce
vestibolarmente o linguo-palatalmente per poi osservare il dente transilluminato in
corrispondenza della superficie occlusale (Fig. 12). Procedendo dai canini, quanto
più l’elemento in esame é distale, tanto più la tecnica perde di sensibilità, infatti lo
strumento diagnostico di elezione nei settori latero-posteriori é rappresentato dalle
radiografie bite wing. Si badi bene che questa metodica, nei settori posteriori, non
é da intendersi in alcun modo come sostitutiva delle radiografie endorali, bensì
uno strumento integrativo e ausiliare precedente l’esame radiologico.
Fig.11: Transilluminazione con lampada fotopolimerizzatrice evidenziante un’area discromica (da fluorosi)
20
Il suo impiego trova invece grande indicazione nei settori anteriori, in quanto la
luce é in grado di attraversare in modo efficace i denti in esame. Laddove l’esame
della transilluminazione generi incertezze diagnostiche, sarà sempre possibile
ricorrere ad altre valutazioni quali la divaricazione e/o l’esame radiologico
periapicale 26.
• Vantaggi: l’assenza di radiazioni consente un monitoraggio frequente delle
lesioni. Utile all’individuazione di crack, anomalie ed infiltrazioni.
• Limiti: valutazione dei settori posteriori; soggettività dell’interpretazione del
risultato; difficile documentazione (fotografica).
3.3 Digital Imaging Fiber Optic Transillumination (DIFOTI)
Sul principio della transilluminazione, é stata non proprio recentemente introdotta
la tecnologia DIFOTI (1997) 30-31, mediante la quale, tramite degli illuminatori
laser e una videocamera, é possibile ottenere una immagine occlusale, espressa in
scala di grigi, della superficie dentale degli elementi latero-posteriori (premolari e
Fig.12: Transilluminazione a livello dei premolari. Da “progetto hAICarie -AIC- (2016).
21
molari). I diversi tessuti dentali reagiscono alla luce in modo differente: lo smalto
risulta più chiaro, la dentina leggermente più grigia. Le alterazioni strutturali
dovute a lesioni cariose (Fig.13), crack, infiltrazioni, rendono le aree interessate
nettamente più scure rispetto a quelle sane. Le immagini vengono trasmesse su un
monitor di un qualsiasi PC e gestite da un software che permette anche la
registrazione e archiviazione delle immagini. Questa metodica, differentemente
dalla precedente, richiede un investimento iniziale superiore, necessita della
presenza di un computer cui collegarsi tramite un cavo e necessita di un software
dedicato. Ad oggi non è disponibile in versione wireless. Come per la tecnica
della transilluminazione, anche il DIFOTI non é da intendersi come un sostituto
dell’esame radiografico, ma come un suo utile complemento.
• Vantaggi: diagnosi lesioni cariose anche allo stadio iniziale; assenza di
Fig.13: immagine DIFOTI di un settore latero-posteriore dove sono evidenti 2 lesioni cariose interessanti la pareti interprossimali. Da “progetto hAICarie -AIC- (2016).
22
radiazioni; utilità massimizzata nelle pazienti in gravidanza e nei bambini;
ripetibilità e facile confrontabilità degli esami; elevata motivazione del
paziente; ottima metodica di controllo nei pazienti a basso rischio carie.
• Limiti: costo iniziale; applicabile solo agli elementi latero-posteriori;
sensibilità diminuita per le lesioni cervicali all’area di contatto; come le
radiografie, non fornisce informazioni sull’attività e/o cavitazione delle lesioni 32; presenza del cavo; vetro di copertura della videocamera non sterilizzabile.
4. MINIMA INVASIVITA’
Come già accennato nell’introduzione, il dogma enunciato da Black a fine
Ottocento de “l’estensione per prevenzione” (extension for prevention) era basato
sul concetto di ridurre la possibilità di recidiva cariosa mediante il posizionameto
dei margini cavitari in una zona di semplice detergibilità o auto-detersione; inoltre
non era da trascurare la necessità di creare cavità ritentive per i materiali
dell’epoca. Questi aspetti, inevitabilmente, conducevano alla rimozione di grosse
quantità di tessuto sano33, alla perdita di estetica e all’indebolimento della restante
corona34.
Oggi, le tecnologie emergenti, i concetti di prevenzione e rimineralizzazione,
l’efficacia e sicurezza delle tecniche e materiali adesivi, rendono possibile un
approccio più rispettoso e oculato nei confronti dei tessuti dentali e del paziente35.
Nell’ambito delle “tecniche mini-invasive” sono annoverate numerose metodiche
concettuali e strumentali di “escavazione e rimozione” del tessuto dentale
infetto36-37.
Preparazione chemo-meccanica della cavità: consiste nella rimozione della
dentina cariata attraverso l’ammorbidimento chimico del tessuto cariato e la sua
gentile escavazione.
Ozono: l’ozono sembra determinare la remineralizzazione delle lesioni dei solchi
e delle fosse oltre che delle lesioni cariose radicolari in fase iniziale, mentre la sua
23
utilità nelle lesione cavitate è ancora in discussione. L’ozono sembra riuscire a
penetrare rapidamente attraverso il tessuto cariato, eliminando le nicchie dei
batteri cariogeni e inducendo la remineralizzazione del tessuto cariato.
Laser: Secondo alcuni studi il laser sembra essere efficace nella rimozione della
carie e dei restauri, nella preparazione delle cavità, nel trattamento della
ipersensibilità e nello sbiancamento.
Air Abrasion: Questo sistema utilizza l’energia cinetica di particelle abrasive per
tagliare i tessuti duri del dente in maniera non invasiva realizzando angoli interni
e angoli cavitari arrotondati, con i conseguenti benefici per l’adesione. In genere
si usano particelle di allumina.
Sono-abrasion (vedi paragrafo 5): tecnica non tanto indicata per l’escavazione
della lesione, ma piuttosto per la rifinitura marginale cavitaria. La rimozione della
lesione tramite sono-abrasione è basata sull’uso di punte taglienti associate ad un
manipolo sonico ad alta frequenza sotto raffreddamento con acqua. Il manipolo
oscilla a frequenza sonica mentre le punte oscillano con traiettoria ellittica.
Frese al carburo di Tungsteno: hanno rimpiazzato le frese in acciaio. La loro
testa ha una tipica superficie di taglio a spirale con o senza superfici di taglio
trasversale per incrementare la capacità tagliente. Si consiglia l’uso di fresa sferica
con approssimativamente le medesime dimensioni della lesione per effettuarne la
rimozione. Le frese al carburo di tungsteno come quelle in acciaio al carbonio
(queste meno care ma più soggette alla corrosione e smussamento) rappresentano
il metodo di escavazione più rapido.
Frese in ceramica: utili per verificare e finalizzare la totale rimozione della
dentina infetta.
Frese in materiale polimerico: Queste frese sono intese come selettive per il
tessuto carioso. Realizzate in materiale plastico dalla durezza appena inferiore
rispetto alla dentina sana in modo da rimuovere il solo tessuto rammollito.
Ai nostri giorni, quindi, le caratteristiche cavitarie, sia marginali che profonde,
sono dettate prevalentemente dall’estensione della lesione, che dovrà essere
24
raggiunta possibilmente mediante la via più breve e meno sacrificante per i tessuti
(Fig.14-15). I margini cavitari devono comunque sempre risultare ben definiti e
rifiniti.
Fig.14: esempio di cavità a “slot orizzontale”, nella quale la lesione cariosa viene raggiunta mediante un accesso vestibolare.
Fig.15: fase iniziale di preparazione di uno “slot verticale”, in cui l’accesso occlusale é limitato al minimo abbattimento possibile ed utile della cresta marginale.
25
Ai fini dell’applicazione dei concetti della minima-invasività, il ricorso a sistemi
di ingrandimento ed illuminazione é da considerasi pressoché scontato.
5.STRUMENTI OSCILLANTIGli strumenti per l’asportazione del tessuto dentale possono essere classificati in:
manuali, rotanti, oscillanti, chimici, laser, air-abrasion. I primi tre imprimono una
forma specifica nel materiale, mentre i secondi tre asportano il materiale in modo
aspecifico.
Gli strumenti rotanti sono quelli più diffusi e più efficaci a disposizione
dell’odontoiatra. Si distinguono in frese a taglienti geometricamente determinati
(frese a lame), o a taglienti non geometricamente determinate (frese diamantate,
pietre dure, gomme).
Tali strumenti accanto a innegabili vantaggi presentano però alcuni svantaggi o
meglio alcune difficoltà operative nell’esecuzione di particolari passaggi chiave
durante la preparazione e la rifinitura della cavità. Infatti in certe zone come il
gradino cervicale o le pareti assiali interprossimali, il rischio di danneggiare la
superficie del dente adiacente o la diga di gomma è estremamente elevato (il 95%
delle superfici integre adiacenti presenta danni iatrogeni da strumenti rotanti), da
non sottovalutare inoltre la possibilità di creare sottosquadri38-39.
Una valida soluzione a queste problematiche é ottenibile mediante il ricorso a
strumenti oscillanti, sonici o ultrasonici, che, grazie al loro tipo di movimento,
risultano assai più sicuri e controllabili dei loro omologhi rotanti; inoltre tali
strumenti possono essere caratterizzati dalla presenza di un lato lavorante
(usualmente diamantato) e da uno non lavorante (completamente liscio e lucido),
in maniera tale da praticamente azzerare le possibilità di danneggiamento della
parete interprossimale integra (Fig.16-17).
26
27
Fig.16: esempi di strumenti oscillanti sonici.
Fig.17: strumento sonico in azione. In questa immagine é visibile la rifinitura del margine cervicale di un box di seconda classe col contemporaneo rispetto dell’elemento prossimale non interessato.
28
Storicamente i primi strumenti oscillanti erano caratterizzati da una frequenza
ultrasonica generata da un inserto di lamelle metalliche percorse da corrente
elettrica (anche chiamato magnetostrittivo). La successiva evoluzione ha portato
alla sostituzione delle lamelle con un cristallo di quarzo, percorso anch’esso da
corrente elettrica e chiamato “piezoelettrico”. Più recentemente sono stati immessi
sul mercato dei manipoli che collegati all’attacco della turbina generano una
frequenza di oscillazione sonica.
Esistono delle grosse differenze tra questi due sistemi che vanno conosciute per
utilizzare al meglio tali metodiche.
La prima distinzione fattibile è quella in base alla frequenza di oscillazione:
• ultrasonica
• sonica
Gli strumenti ultrasonici si possono distinguere in piezoelettrici o magnetostrittivi,
in base al generatore di vibrazione. Il piezoelettrico ha una frequenza di circa
30000Hz generata da un cristallo di quarzo sottoposto a corrente alternata, il
movimento è di tipo lineare e quindi solo due superfici sono attive. Il
magnetostrittivo ha una frequenza compresa tra i 25000 Hz e i 40000 Hz
provocata da sottili lamine metalliche magnetizzate sottoposte a impulsi elettrici,
il movimento è di tipo ellittico e tutte le superfici sono attive. Gli strumenti sonici
vibrano ad una frequenza di circa 6000 Hz, sono azionati dall’aria che passando
forzatamente all’interno del manipolo mette in movimento alcune strutture mobili,
e che quindi trasmette l’energia alla punta attiva. La punta compie nello spazio un
movimento ellittico, e le sue superfici sono tutte attive40.
Esistono altre caratteristiche legate agli strumenti oscillanti sia sonici, sia
ultrasonici.
• Potenza: si riferisce all’energia applicata al manipolo per generare il
29
movimento della punta. La potenza influisce sulla corsa della punta. La corsa è
la distanza percorsa dall’inserto nello spazio per tornare al punto di partenza.
• Ampiezza di oscillazione: è la metà della corsa della parte lavorante della
punta. Per gli strumenti sonici tale valore varia tra 42 e 875 micron, mentre per
quelli ultrasonici il valore varia tra 47 e 213 micron40.
Quando le punte sono sottoposte a sforzo, quelle piezoelettriche non manifestano
una significativa diminuzione di ampiezza di oscillazione, mentre quelle soniche
possono arrivare a fermarsi41.Tale aspetto è molto importante dal punto di vista
clinico, in quanto, utilizzando strumenti sonici, una maggiore pressione operativa
non porta ad un aumento della capacità di taglio ma all’esatto contrario. Gli
strumenti ultrasonici, come é attendibile, sono in grado di generare un incremento
termico maggiore di quello dei sonici: tale aumento rimane entro limiti
fisiologicamente sopportabili se l’inserto è adeguatamente raffreddato con
acqua42-43. Dal punto di vista clinico, ciò si traduce nel fatto che gli strumenti
sonici possono quindi essere utilizzati, per brevi periodi, anche in assenza di
raffreddamento, al fine di favorire una maggior visibilità e controllo dell’operato.
Il più grande vantaggio nell’utilizzo di tali strumenti sta nel fatto che sono molto
più controllabili e meno aggressivi rispetto a quelli rotanti. Agiscono bene sui
tessuti duri e rispettano i tessuti molli. Il loro utilizzo è estremamente conveniente
in conservativa, protesi e chirurgia quando si tratta di evitare di danneggiare il
dente adiacente durante la preparazione di una cavità o strutture nobili e delicate
come ad esempio il nervo mandibolare o la mucosa sinusale44-45-46-47.
Gli strumenti oscillanti, sonici o ultrasonici, consentono di intervenire in modo
estremamente preciso esclusivamente sulla parte oggetto del trattamento
salvaguardando le strutture limitrofe. Per quanto riguarda l’odontoiatria
conservativa é possibile reperire in commercio un numero elevato di inserti
concepiti per diversi scopi: la rifinitura dei margini cavitari per restauri diretti, la
definizione dei box prossimali per restauri indiretti, la rifinitura del restauro nello
30
spazio interprossimale , la rimozione del tessuto cariato (Fig.18-19).
Fig.18-19: strumenti sonici adatti alla preparazione e rifinitura di box prossimali per restauri diretti ed indiretti.
31
Nelle immagini seguenti alcuni esempi di applicazioni cliniche (Fig.20-41).
Fig.20: caso iniziale
32
Fig.21: Detersione delle cavità e protezione della parete mesiale di 37. A livello della superficie distale di 36 si é optato per la salvaguardia della cresta marginale (tecnica del “tunnel aperto”)
Fig.22: Rimozione dello smalto demineralizzato e rifinitura marginale con strumenti sonici
33
Fig.23: Controllo della cavità, applicazione dell’adesivo, ricostruzione della parete interprossimale di 36 con materiale composito
Fig. 24: Caso ultimato (Dr. A. Libero)
34
Fig.25: Caso iniziale: elemento 16 presentante lesioni cariose a livello distale e mesiale
Fig.26: Rifinitura della cavità distale con strumento sonico
35
Fig. 27: Rifinitura della cavità mesiale
Fig. 28 Cavità mesiale e distale rifinite
36
Fig. 29: Restauro completato (Dr. A. Libero)
Fig. 30: Caso iniziale: restauri in amalgama su 45- 46-47 di cui é richiesto il rifacimento
37
Fig.31: Build- up
Fig. 32: Rifinitura del gradino cervicale con inserto sonico dedicato
38
Fig.33: Rifinitura della parete assiale
Fig. 34: Rifinitura del rialzo del gradino cervicale mesiale a 47 con lama diamantata oscillante sonica
39
Fig.35: Cavità da intarsio completate e pronte per l’impronta
Fig.36: controllo rx post-cementazione e fase di rimozione degli eccessi di cemento mediante lama diamantata sonica. Rx di controllo e caso finito. (Dr. A. Libero).
40
Fig. 37: Caso iniziale. Il paziente richiede rifacimento dei restauri di 11 e 21.
Fig. 38: termine della stratificazione delle faccette dirette in composito, con evidenti eccessi a livello cervico-vestibolare.
41
Fig. 39: Rifinitura e rimozione degli eccessi con lame soniche.
Fig. 40: rifinitura ultimata
42
Fig. 41: follow-up a 1 anno.
6. INFILTRAZIONE DI RESINE A BASSO PESO
MOLECOLARE
Un’interessante opportunità di trattamento delle lesioni cariose non cavitate è
offerta dalle resine a basso peso molecolare e quindi ad elevata fluidità. Tali
materiali permettono di infiltrare per capillarità lo smalto reso poroso da sovra-
mordenzatura e/o sabbiatura, col proposito di rallentare/arrestare la progressione
delle lesioni interprossimali non cavitate48 e di mascherare, a scopo estetico, le
white spot vestibolari di qualsiasi natura (ad es. da fluorosi)49 Tali resine difatti,
grazie alle caratteristiche ottiche di rifrazione simili a quelle dello smalto50,
possono favorire il trattamento estetico minimamente invasivo delle discromie
43
bianche. La sovramordenzatura delle superfici dentali candidate a questi
trattamenti é usualmente ottenuta mediante gel a base di acido cloridrico al 15%51.
La sequenza operativa per entrambe le metodiche prevede:
• detersione del campo
• isolamento del campo
• permeabilizzazione dello smalto (mordenzatura per 120” con HCl al 15% e/o
microabrasione con sabbiatura)
• abbondante lavaggio delle superfici
• applicazione di un agente disidratante (etanolo) e asciugatura
• applicazione della resina impregnante e polimerizzazione (per 2 volte)
44
Nelle immagini seguenti, un caso di infiltrazione vestibolare (Fig.42-50)
Fig.42: due white spot di probabile origine traumatica sul deciduo su elemento 21 Fig.43: evidenza alla luce polarizzata
45
Fig.44: mordenzatura localizzata con HCl al 15% per 2 minuti
Fig.45: lesioni bagnate da etanolo. Le discromie sono ancora evidenti e quindi si é proceduto ad un’ulteriore mordenzatura con HCl al 15% per 2 minuti.
46
Fig.46: fase dell’infiltrazione di resina a basso peso molecolare. (il primo passaggio prevede l’applicazione per 3 minuti, soffiatura e polimerizzazione per 40”, il secondo passaggio prevede l’applicazione della resina per 1 minuto, soffiatura e polimerizzazione per 40”.
Fig.47-48: ulteriore fotopolimerizzazione attraverso un gel di glicerina al fine permettere la polimerizzazione degli strati più superficiali della resina. Un polishing finale renderà più liscia la superficie.
47
Fig.49: controllo a un mese. La profondità diversa delle 2 discromie ha permesso l’ottenimento di risultati diversi: quasi invisibile la discromia mesiale, ancora leggermente evidente quella più distale, che, evidentemente, é più profonda.
Fig.50: foto alla luce polarizzata. Si confronti con Fig. 43.
48
Nelle localizzazioni interprossimali posteriori, l’impregnazione delle lesioni non
cavitate deve essere preceduta dall'allargamento dello spazio mediante apposite
metodiche (anelli separatori ortodontici, cunei, divaricatori meccanici) e dalla
verifica diretta dell’assenza di cavitazione della lesione (Fig.51) Fig.51: nei cerchi rossi 2 lesioni cariose iniziali candidate ideali per il trattamento di infiltrazione
49
Per il trattamento selettivo di un’unica superficie interprossimale, sono disponibili
delle speciali matrici-serbatoio in grado di direzionare i componenti
(mordenzante, resina) solo verso la parete desiderata (Fig. 52- 53).
Fig. 52-53: matrice-serbatoio appositamente creata per dirigere il materiale iniettato esclusivamente verso un lato (verde) dello spazio interprossimale.
Qualora la richiesta del paziente sia di tipo estetico, soprattutto quindi nel caso di
presenza di white spots vestibolari dei settori anteriori, la mordenzatura potrebbe
dover essere ripetuta più volte (da 2 a 8 volte) al fine di favorire la penetrazione in
profondità della resina. La profondità massima di impregnazione degli infiltranti
attualmente disponibili sul mercato aumenta difatti significativamente (fino 750
micron) quando accompagnata da ripetuti cicli di sovra-mordenzatura localizzata
con Acido Cloridrico al 15 %52 e/o di sabbiatura con ossido di alluminio. In
questo caso, l’applicazione dell’etanolo, funge anche da “previsualizzatore” del
risultato ottenibile: se la white spot, bagnata dall’etanolo, “scompare” si potrà
proseguire con l’infiltrazione, in caso contrario é indicato ripetere la
mordenzatura. Ovviamente, ogni intervento supplementare di mordenzatura e/o
sabbiatura, riduce gli aspetti di minima invasività del trattamento.
Recenti studi in vitro hanno messo in discussione la stabilità cromatica delle aree
impregnate con resina, in quanto queste ultime sembrano essere più facilmente
50
soggette a pigmentazioni estrinseche rispetto alle superfici non trattate. La post
polimerizzazione con gel di glicerina ed eventualmente un successivo ciclo di
sbiancamento sembrano ovviare a tale problematica53.
Ad oggi la Comunità Scientifica non esprime un consenso unanime riguardo le
effettive capacità di arresto delle lesioni cariose iniziali e non cavitate conseguenti
ad impregnazione con resina, per quanto siano evidenti dei risultati migliorativi
rispetto alla esclusiva applicazione di interventi preventivi standard quali la
detersione interprossimale quotidiana con filo interdentale abbinata o meno alla
fluorizzazione localizzata domiciliare48, 54-55-56-57.
In attesa di prove scientifiche di efficacia a lungo termine di questa tipologia di
trattamento, é consigliabile mantenere un atteggiamento cauto, sebbene, ad oggi,
questo sistema sembri in grado di affrontare, in maniera conservativa, situazioni
in cui un trattamento convenzionale risulterebbe troppo aggressivo e il “non
trattamento” insufficiente58.
Vantaggi:
• settori posteriori (interprossimale): risparmio di tessuto dentale
• settori anteriori (trattamento estetico delle white spots): risparmio di tessuto
dentale; semplice applicazione; eseguibile dall’Igienista Dentale.
Limiti:
• settori posteriori: necessità di verifica della assenza di cavitazione;
l’inserimento della matrice/serbatoio può talvolta risultare complesso; difficile
controllo della quantità dei materiali estrusi; la procedura non lascia tracce a
livello radiologico.
• settori anteriori: difficoltoso stabilire con precisione la profondità della
discromia e quindi la predicibilità del risultato.
51
7. IL CAD-CAM IN ODONTOIATRIA RESTAURATIVA
Nell’ambito delle nuove tecnologie, é d’obbligo trattare il capitolo “CAD-CAM”,
ovvero la metodologia di creazione di restauri indiretti partendo da un disegno
ottenuto tramite l’ausilio di un computer e di un software di disegno vettoriale.
Letteralmente CAD significa “Computer Aided Design” e CAM “Computer
Aided Manufactoring”59.
I primi tentativi di utilizzare una tecnologia digitale nel settore dentale sono stati
condotti dai dottori Duret, Mormann e Brandestini agli inizi degli anni ’70. I loro
studi, durati ben più di dieci anni, portarono alla realizzazione dei primi restauri
solamente a metà degli anni ’80. Nel 1987 viene immesso sul mercato il primo
sistema CAD-CAM chairside (“accanto al riunito”, ossia in grado di permettere
l’intero processo all’interno dello studio dentistico) composto da un’unica unità
che racchiudeva il sistema di ripresa, il software e l’unità di molaggio64,66. Si
dovrebbe quindi, più correttamente, parlare di sistemi CAI-CAD-CAM dove
l’acronimo CAI significa Computer Aided Imaging63.
Contemporaneamente ai sistemi chairside si sono sviluppati anche metodologie
che prevedevano però l’esecuzione della parte CAM (la vera e propria creazione
del restauro) in laboratori odontotecnici o in centri specializzati nella lavorazione
dei materiali prescelti65.
Attualmente sono presenti sul mercato numerosi fabbricanti sia di sistemi di
acquisizione che di produzione64,70.
I sistemi di acquisizione (CAI )
Sono quelli che permettono di tradurre in forma digitale le forme fisiche.
Possiamo distinguere scanner intraorali e scanner da laboratorio.
Fondamentalmente lo scanner si compone di un’unità che emette un particolare
tipo di luce cosiddetta strutturata, che colpendo la superficie dell’oggetto da
52
rilevare si deforma; tale deformazione viene registrata da un rilevatore che invia
tali dati al computer che tramite un software dedicato compie dei calcoli di
triangolazione per generare il modello digitale.
Gli scanner da laboratorio hanno un percorso di scansione standardizzato, mentre
quelli intraorali possono risentire della strategia di scansione adottata da ogni
singolo professionista e dallo stesso professionista in scansioni differenti.
Inoltre nella scansione intraorale si deve considerare che le strutture presenti
hanno proprietà riflettenti diverse per cui molti modelli di telecamere richiedono
la opacizzazione del substrato tramite l’uso di apposite polveri. Da qualche anno
sono disponibili anche telecamere che non hanno bisogno di tali polveri, ma sono
in grado di riprendere la cavità orale nelle normali sue condizioni. Questo è stato
reso possibile dalla maggiore capacità di calcolo dei moderni computer e dal
continuo affinamento dei software.
Lo scanner genera un file chiamato STL ( Standard Triangulation Language) che
in pratica altro non è che la rappresentazione numerica di una nuvola di punti, più
o meno densa, uniti tra di loro da linee in modo da formare una superficie
composta da tanti triangoli: più sono piccoli i triangoli più è precisa la
rappresentazione digitale dell’oggetto reale. Questa fase corrisponde alla
rilevazione dell’impronta nel sistema tradizionale67.
Elaborazione dei dati e progettazione del restauro ( CAD )
Una volta ottenuti i dati di scansione é necessario disporre di un software per il
loro processamento, ovvero per tradurli in una forma grafica che permetta la
visualizzazione ( rendering ) sì da permettere la progettazione del restauro. Tale
progettazione può essere eseguita in studio direttamente dal professionista, ma
anche realizzata da una terza parte (odontotecnico) dopo trasmissione per via
telematica del file STL67.
Realizzazione del restauro (CAM )
Al termine della fase progettuale, si procederà alla parte realizzativa. Sono
53
disponibili tre diverse metodologie di realizzazione:
• fresatura dal pieno
• laser sinterizzazione
• stampa 3D
Attualmente i sistemi chairside prevedono esclusivamente l’utilizzo di un
fresatore67, mentre le restanti metodiche prevedono la collaborazione del
laboratorio odontotecnico o di centri specializzati.
La digitalizzazione del processo produttivo può essere condotta secondo tre
percorsi differenti:
• protocollo di chairside puro
• protocollo di chairside assistito/differito
• protocollo tradizionale
Per protocollo chairside puro si intende che tutte le fasi (CAI, CAD, CAM)
vengono condotte in studio direttamente alla poltrona dal professionista in un
unico appuntamento68-69.
Per protocollo chairside differito/assistito si intende che ci si avvalga di una terza
parte, normalmente l’odontotecnico, ma anche lo stesso odontoiatra, che realizza
il restauro nella stessa giornata ma in due distinti momenti. Tale necessità può
essere legata alla complessità del restauro o dei restauri, oppure dal tipo di
materiale utilizzato che potrebbe richiedere alcuni passaggi che rendono
ergonomicamente sfavorevole l’occupazione della poltrona da parte dello stesso
paziente per tutto il processo produttivo.
Per protocollo tradizionale si intende che il restauro “digitale” viene realizzato
secondo la tradizionale tempistica analogica60-61-62.
I materiali a disposizione sono attualmente70-71-72-73:
• resine a base di PMMA
54
• compositi
• compositi rinforzati con ceramiche
• ceramiche ibride
• ceramiche feldspatiche
• ceramiche base di leucite,
• ceramiche a base di disilicato di litio
• disilicato di litio rinforzato con zirconia
• zirconia
• metalli a base di Cr-Co.
A parte gli ultimi due materiali, che sono più convenientemente utilizzabili da
parte del laboratorio, i restanti possono essere lavorabili e impiegabili per la
realizzazione di varie tipologie di restauri direttamente in studio, previo un
adeguato periodo di training.
I software CAD permettono di progettare sia restauri singoli (intarsi, faccette e
corone complete), sia restauri multipli (ponti).
Vantaggi e svantaggi
Rispetto alle procedure tradizionali, la digitalizzazione del processo porta dei
vantaggi che possono essere riassunti nei seguenti punti:
• Maggiore standardizzazione dei risultati74;
• Rapidità di acquisizione e di realizzazione del manufatto61
• Possibilità di perfezionare l’acquisizione (l’impronta) anche in tempi
successivi
• Possibilità di rifacimenti dello stesso restauro a basso costo e senza la necessità
di rilevare nuovamente le impronte
• Possibilità di un controllo immediato della preparazione
55
• Possibilità di riduzione dei costi finali
• Possibilità di esecuzione immediata del restauro
• Maggiore comfort del paziente
• Maggiore coinvolgimento del paziente nel trattamento, ovvero maggiore
interesse del paziente stesso a trattamenti innovativi.
• Utilizzo di materiali di qualità industriale, nel senso migliore del termine,
ovvero non soggetti a variabili dovute alla lavorazione manuale.
• Riduzione del numero degli appuntamenti
Svantaggi
• costo iniziale
• curva di apprendimento
• nei restauri multi-materiale ad elevata valenza estetica (ad es. zirconia-
ceramica) é necessario produrre un modello fisico delle arcate dentarie, per
gestire i punti di contatto e l’occlusione da parte dell’odontotecnico.
• i sistemi chairside richiedono un dispendio di tempo maggiore al professionista
per la finalizzazione del restauro.
Di seguito 3 casi realizzati tramite la metodica chairside
56
Fig.54: fasi della procedura chairside nel rifacimento dei restauri su 14 e 15 (Dr. A. Libero).
57
Fig.55: fasi della procedura chairside nel rifacimento ed esecuzione dei restauri su 36 e 37 (Dr. A. Libero).
58
Fig.56: fasi della procedura chairside nel rifacimento del restauri su 46 (Dr. A. Libero).
59
8. CONCLUSIONI La tecnologia e l’innovazione permeano tutti i campi umani. E’ innegabile il fatto
che i progressi tecnologici occorsi negli ultimi decenni, abbiano completamente
sconvolto tutti gli standard adottati a fine Novecento. Dovere del professionista é
quello di aggiornarsi e di valutare in maniera critica, ma priva di ritrosia, le
innovazioni che vengono ormai quotidianamente proposte dall’industria e dalla
scienza. In ambito restaurativo, per quanto i principi base siano noti da tempo, si
sta assistendo all’applicazione reale dei concetti della minima invasività, mediante
presidi che permettono una diagnosi sempre più precoce e trattamenti meno lesivi
per le strutture dentali. Il dentista aggiornato e coscienzioso non potrà fare altro
che informarsi e valutare l’opportunità di applicare detti concetti.