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1 LE NUOVE TECNOLOGIE IN ODONTOIATRIA AIC - ACCADEMIA ITALIANA DI ODONTOIATRIA CONSERVATIVA E RESTAURATIVA a cura del Dr. Giovanni Sammarco e Dr. Alberto Libero Con la partecipazione di Dr. Fabio Bassutti, Dr. Giuseppe Chiodera, Dr. Elisa Oneto, Dr. Stefano Piccinelli, Dr. Fabrizio de Paula, Dr. Federico Ferraris. INDICE DEI PARAGRAFI: 1. Introduzione 2. Patologia cariosa 3. Diagnosi dentale 4. Minima invasività 5. Strumenti Oscillanti 6. Infiltrazione di resina a basso peso molecolare 7. CAD-CAM 8. Conclusioni 1. INTRODUZIONE L’Odontoiatria, come tutte le discipline mediche e scientifiche é strettamente collegata alla tecnologia e al progresso tecnologico. In ambito restaurativo, negli ultimi decenni, si é potuto assistere ad una vera e propria rivoluzione delle tecniche, dei materiali e dei concetti che hanno fatto scuola per buona parte del Novecento. Se da un lato molti dei capisaldi riguardo l’eziologia chimico- parassitaria della patologia cariosa esposti da Miller a fine Ottocento 1 sono a tutt’oggi ritenuti validi, dall’altro, proprio grazie ai progressi scientifico- tecnologici, numerosi presidi, soprattutto operativi, sono da ritenersi superati. A scopo esemplificativo si pensi al concetto di “extension for prevention” (estensione per prevenzione) dei margini cavitari enunciato da uno dei padri delle moderna Odontoiatria, Black 2 , che ad oggi, in epoca di minima invasività ed adesione, é stato soppiantato da quello di “prevention of extension” (prevenzione

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LE NUOVE TECNOLOGIE IN ODONTOIATRIA AIC - ACCADEMIA ITALIANA DI ODONTOIATRIA

CONSERVATIVA E RESTAURATIVA a cura del Dr. Giovanni Sammarco e Dr. Alberto Libero

Con la partecipazione di Dr. Fabio Bassutti, Dr. Giuseppe Chiodera, Dr. Elisa Oneto, Dr. Stefano

Piccinelli, Dr. Fabrizio de Paula, Dr. Federico Ferraris.

INDICE DEI PARAGRAFI:

1. Introduzione

2. Patologia cariosa

3. Diagnosi dentale

4. Minima invasività

5. Strumenti Oscillanti

6. Infiltrazione di resina a basso peso molecolare

7. CAD-CAM

8. Conclusioni

1. INTRODUZIONE

L’Odontoiatria, come tutte le discipline mediche e scientifiche é strettamente

collegata alla tecnologia e al progresso tecnologico. In ambito restaurativo, negli

ultimi decenni, si é potuto assistere ad una vera e propria rivoluzione delle

tecniche, dei materiali e dei concetti che hanno fatto scuola per buona parte del

Novecento. Se da un lato molti dei capisaldi riguardo l’eziologia chimico-

parassitaria della patologia cariosa esposti da Miller a fine Ottocento 1 sono a

tutt’oggi ritenuti validi, dall’altro, proprio grazie ai progressi scientifico-

tecnologici, numerosi presidi, soprattutto operativi, sono da ritenersi superati. A

scopo esemplificativo si pensi al concetto di “extension for prevention”

(estensione per prevenzione) dei margini cavitari enunciato da uno dei padri delle

moderna Odontoiatria, Black 2, che ad oggi, in epoca di minima invasività ed

adesione, é stato soppiantato da quello di “prevention of extension” (prevenzione

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dell’estensione)3.

Dal Novecento ad oggi, notevoli progressi sono occorsi e continuano a verificarsi

in vari settori dell’odontoiatria restaurativa. Nel corso della presente trattazione

verrano esaminati alcuni dei principali progressi scientifico-tecnologici in ambiti

che spaziano dalla conoscenza della patologia cariosa alla diagnosi e trattamento

minimamente invasivo, senza trascurare le nuove tecnologie come il CAD-CAM.

2. LA PATOLOGIA CARIOSA

La “carie” (o “patologia cariosa”) é un processo patologico infettivo e

trasmissibile 4 la cui progressione conduce alla formazione di esiti deleteri a carico

dei tessuti dentali 5. Tali esiti sono:

• demineralizzazione superficiale da attività cariosa

• lesione cariosa (da non confondere con la “carie” intesa come patologia)

• iperemia/infiammazione pulpare da patologia cariosa

• necrosi pulpare da patologia cariosa

• frattura coronale da patologia cariosa

• perdita dell’elemento dentale da patologia cariosa

La carie é una patologia che interessa tutte le fasce di età, culture, etnicità ed é la

malattia cronica più diffusa al mondo 6 interessando, lungo il corso della vita, più

del 90% della popolazione adulta mondiale 7. Per il fatto che questa patologia sia

estremamente diffusa, difficilmente conduca a morte, e che sia ritenuta di

acquisizione “scontata” da parte dell’odontoiatra, la carie viene frequentemente

confusa con uno dei propri esiti, ossia la lesione cariosa, e come tale viene trattata.

La cura della patologia cariosa é ben lungi dall’essere raggiunta mediante

l’esecuzione di restauri dentali, difatti é tanto assodato quanto intuibile che “la

carie dentale è una patologia trasmissibile ad origine batterica: eliminare

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fisicamente una lesione per sostituirla con un restauro, non elimina i batteri né

blocca la progressione cariosa nel resto della bocca e ai margini del restauro

appena eseguito” 8. Come per qualsiasi branca medica, anche in odontoiatria, la

“cura” dovrebbe proporsi come obiettivo quello di rompere, possibilmente

all’origine, la catena eziopatogenetica della malattia, raggiungendo

contemporaneamente anche la cessazione dei sintomi o degli esiti. A questo scopo

il medico non dovrà limitarsi ad agire a livello “sintomatico”, ma dovrà rivolgere

le proprie conoscenze e sensibilità all’intervento sui fattori causali della patologia.

Per ciò che concerne la patologia cariosa, i fattori causali sono ben noti,

individuabili, stadiabili e, nella maggior parte dei casi, modificabili in senso

costruttivo per il paziente 9 (Tab.1).

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FATTORI SUB-CATEGORIA RISCHIO ELEVATO RISCHIO RIDOTTO

BATTERICI

Tipologia Ad elevata attività cariogena (strepto mutans, lattobacilli)

A ridotta attività cariogena

Quantità Grossi accumuli localizzati o generalizzati di placca

batterica Livello di igiene orale

ottimale

LEGATI ALLA DIETA

Frequenza di assunzione di carboidrati fermentabili

Elevata frequenza di assunzione di anche

piccole quantità di carboidrati fermentabili

Ridotta assunzione di carboidrati fermentabili o

limitata ai pasti

Frequenza di assunzione di acidi

Elevata frequenza di assunzione di anche

piccole quantità di acidi alimentari

Ridotta assunzione di acidi alimentari o limitata

ai pasti

SALIVARI Quantità di saliva

Scarsa produzione (aspetto schiumoso, tendenza a fare fili)

Elevata produzione (aspetto brillante, simile

ad acqua)

Qualità della saliva Ph acido, basso potere tampone

pH neutro, elevato potere tampone

LEGATI ALL’ESPOSIZIONE AI

FLUORURI Utilizzo di prodotti fluorati

Scarsa familiarità con prodotti fluorati

(dentifricio) Regolare utilizzo pluri-giornaliero di prodotti

fluorati

ALTRI

Esperienza di Carie (DMF)

Indice DMF-T elevato per la fascia di età

Indice DMF-T ridotto per la fascia di età

Patologie/esiti di trattamenti medici

Patologie o esiti di trattamenti influenti

negativamente sul flusso salivare o sulle capacità di

auto-igienizzazione (es. Artrite mani,

Parkinson)

Assenza di patologie o esiti di trattamenti

Farmaci Farmaci influenti

negativamente sul flusso salivare o sulle capacità di

auto-igienizzazione Non utilizzo di farmaci

Fumo/alcol/droghe Utilizzo regolare di uno o più Non utilizzo

Status socio-economico Basso Medio, elevato

Antibatterici Nessun ricorso a sostanze

antibatteriche (xilitolo, clorexidina, triclosan, oli

essenziali) Ricorso regolare

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Il procedimento che porta alla stadiazione dei singoli fattori causali, in base alla

loro “influenza” sulla patologia cariosa, prende il nome di “diagnosi cariologica”.

Le metodiche che l’odontoiatra metterà in atto al fine di annullare o smorzare

l’attività dei fattori causali, possono essere indicate come “piano di cura” 10.

Dal punto di vista tecnologico, il processo di valutazione del rischio cariologico,

che si tradurrà nella diagnosi cariologica, può essere facilitato da schede cartacee

o software, oltre che da un’adeguata conoscenza dei presupposti teorici. Il

Cariogram (Bratthal 1997) é un software, scaricabile gratuitamente online

(https://www.mah.se/fakulteter-och-omraden/Odontologiska-

fakulteten/Avdelning-och-kansli/Cariologi/Cariogram/) che consente, previa

lettura del manuale di istruzioni (sempre disponibile online), di calcolare il rischio

del paziente di sviluppare nuove lesioni cariose nel futuro 11 (Fig.1).

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3. DIAGNOSI DENTALE

Nonostante gli enormi progressi tecnologici non esiste ancora un esame

strumentale in Odontoiatria restaurativa che possieda il 100% di Sensibilità e

Specificità 12 (Tab.2).

Fig.1: una schermata del software “Cariogram”, nel quale, inseriti i dati derivanti dalla diagnosi cariologica nei riquadri di destra, apparirà un’istogramma dove lo spicchio verde indicherà le probabilità del paziente di evitare nuove lesioni cariose. Scopo del piano di cura cariologico sarà quello di aumentare le dimensioni dell’area verde, agendo in maniera costruttiva sui fattori causali.

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Da questa semplice evidenza, risulta pertanto ovvio come l’associazione di

metodiche diagnostiche sia da preferirsi al singolo esame.

Nel campo della diagnostica per immagini in odontoiatria restaurativa,

l’associazione fra esame obiettivo (visuale e tattile) e radiografico rivestono

tutt’oggi, specie per i settori posteriori, un ruolo essenziale. Nel corso degli anni,

altre tecnologie hanno affiancato le succitate indagini diagnostiche. scopo dei

seguenti paragrafi sarà quello di illustrare le nuove tecnologie in campo

diagnostico per ciò che concerne l’odontoiatria restaurativa.

3.1 Radiologia Tradizionale vs Digitale

A partire dalla fine degli anni 80 si é assistito alla comparsa dei primi sistemi

radiografici digitali. Nel corso degli anni si è verificato un grande miglioramento

di questi sistemi, accompagnato dalla comparsa sul mercato, ad inizio nuovo

millennio, degli apparecchi radiografici ad alta frequenza, che, a differenza di

quelli tradizionali, sono in grado di mantenere costante il Kilo-voltaggio per tutto

il tempo di esposizione, col risultato che, a parità di dose assorbita, il fascio di

raggi risulta essere di migliore qualità, più performante e meno dannoso in quanto

privo di inutili radiazioni deboli (Fig.2).

SENSIBILITA’ capacità di un esame di individuare la malattia

(probabilità che un malato risulti positivo all’esame)

un esame altamente sensibile avrà un basso livello di falsi

negativi un esame scarsamente

sensibile avrà un alto livello di falsi negativi

SPECIFICITA’ capacità di un esame di

individuare la salute (probabilità che un sano risulti

negativo all’esame)

un esame altamente specifico avrà un basso livello di falsi

positivi un esame scarsamente

specifico avrà un alto livello di falsi positivi

Tab.2 Schema riassuntivo della Sensibilità e Specificità di un esame diagnostico

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Fig.2: schematizzazione illustrante il risparmio nei tempi di irradiazione tipico degli apparecchi ad alta frequenza. Le radiazioni utili sono quelle in azzurro. Da “progetto hAICarie -AIC- (2016).

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Con l'avvento delle apparecchiature radiografiche ad alta frequenza si è reso

possibile quindi diminuire i tempi di esposizione. Di questo aspetto traggono

beneficio sia i sistemi sia tradizionali che quelli digitali, per quanto il connubio

fra sistemi digitali e apparecchi radiografici ad alta frequenza, permetta di ottenere

il miglior beneficio dal punto di vista del principio di ottimizzazione radiologica

(Tab.3) 13-14.

Al di là dei tempi indicati in Tab.3, é’ raccomandabile, pertanto, “tarare” i tempi

per ogni apparecchiatura radiografica, sia essa di tipo tradizionale che ad alta

frequenza, seguendo le indicazioni dei tempi di esposizione indicate dalla casa

costruttrice, ed eseguendo delle prove fino ad ottenere immagini di adeguata

qualità. Anche il monitor utilizzato per la visione delle radiografie dovrebbe

essere ad alta risoluzione, al fine di sfruttare al massimo le potenzialità di questi

sistemi 15 . Le immagini digitali sono costituite da files denominati DICOM, in

grado di registrare immediatamente il nome del paziente, la sede dell'esposizione

radiografica, data e ora dell'esame. Questo risulta particolarmente utile ai fini dei

richiami radiografici e dell'archiviazione ergonomica dei records dei pazienti.

Allo stato attuale é possibile distinguere 2 tipologie di sistemi radiografici digitali:

9. sistemi diretti RVG: CCD o CMOS

Tab.3: tabella esplicativa dei tempi di irradiazione standard per tecnologia e sistematica. Da “progetto hAICarie -AIC- (2016).

T E M P I D I E SP O S IZ I O N E ( s e c . )

TECNOLOGIA RADIOGRAFICO TRADIZIONALE (70 KV 8mA 50/60 Hz)

RADIOGRAFICO AD ALTA FREQUENZA

(70 KV 7mA 300 Hz) pellicola tradizionale 0,5 0,18

sensori ai fosfori 0,18 - 0,5 0,18 RVG 0,1 - 0,5 0,08 - 0,15

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10. sistemi indiretti: ai fosfori - Phosphor Plate (PSP).

I primi tramite un sensore colpito dai raggi X trasmettono direttamente

l'informazione al personal computer (PC), con o senza il tramite di un cavo, in

tempo reale. Nel caso del sistema CCD (Charge Couplet Device), il segnale in

uscita dal sensore è analogico, mentre, nel caso dei sensori CMOS

(Complementary Metal-Oxide-Semiconductor), il segnale in uscita è nativamente

digitale.

I sistemi indiretti richiedono invece la presenza di uno scanner tramite il quale

l'immagine acquisita dal sensore possa essere trasmessa al PC. In sostanza il

sistema funziona nel seguente modo: il raggio X colpisce una pellicola (plate)

rivestita di cristalli di fosforo, i quali sono in grado di trasformare il raggio X in

luce che, catturata da un foto-diodo contenuto nello scanner, produce un segnale

elettrico che genera il pixel dell'immagine radiografica che appare sul monitor del

PC. Da un punto di visto meramente clinico la differenza tra i sistemi diretti e

quelli indiretti risiede nella dimensione del sensore, nella possibilità di

posizionare più o meno agevolmente i centratori radiologici, nella presenza di cavi

(Fig.3), più che nella qualità dell’immagine ottenibile (Tab.4).

Fig.3 Da sinistra a destra: una pellicola tradizionale, un sensore RVG, un sensore ai fosfori. Da “progetto hAICarie -AIC- (2016).

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Per quel che concerne le differenze tra sistemi RVG e fosfori, va sottolineato che

il secondo sistema permette l’utilizzo dei normali centratori radiologici, mentre il

primo necessita di centratori appositi, essendo caratterizzato da sensori con

ingombri maggiori e, di sovente, dalla presenza di un cavo.

A fronte degli innegabili vantaggi offerti dalle tecniche digitali, é asseribile che

tali tecnologie rappresentino il presente ed il futuro della radiologia endorale,

permettendo di ottenere immagini qualitativamente sovrapponibili a quelle

tradizionali, ma con un dosaggio di radiazioni sovrapponibile o minore e con una

maggior facilità di manipolazione, archiviazione, confronto (17-18-19-20).

Tab.4: tabella di comparazione fra i sistemi radiologici (16). Da “progetto hAICarie -AIC- (2016)

TRADIZIONALE CCD/CMOS PSP

TIPO DI CENTRATORE centratori tradizionali:

consentono standardizzazione e

ripetitività dell’esame

necessita di centratori dedicati: a causa dello spessore maggiore del

sensore, il posizionamento in bocca potrebbe

risultare più difficoltoso

centratori tradizionali: consentono

standardizzazione e ripetitività dell’esame

ESPOSIZIONE riducibile con l’utilizzo di

pellicole ad alta sensibilità ed

apparecchio ad alta frequenza

minore minore

ARCHIVIAZIONE richiede adeguati tempi di sviluppo e di fissaggio

per la corretta conservazione dell’immagine

immediata immediata

SENSORE/PELLICOLA pellicola sensore con e senza filo sensore senza filo

INGOMBRO DEL SENSORE/PELLICOLA

2 formati di pellicola: anteriore e posteriore.

Pellicola sottile

Un solo formato di sensore. Più

ingombrante e più spesso rispetto alle altre

metodiche.

4 formati di sensori: 2 per anteriori e 2 per

posteriori. Sensori sottili.

QUALITA’ DELL’IMMAGINE ottima ottima ottima

MANUTEZIONE/SPESE DI ESERCIZIO

pellicole, stoccaggio, mantenimento delle concentrazioni dei

liquidi e delle temperature.

Smaltimento dei liquidi

aggiornamento software

sostituzione dei sensori in base all’utilizzo.

Rivestimenti monouso. Aggiornamento

software.

ERRORI DI MANIPOLAZIONE si no no

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Parimenti alle radiografie tradizionali, le radiografie digitali hanno valore medico-

legale in base alla normativa vigente: è comunque necessario che

l'apparecchiatura salvi l'immagine iniziale cioè non elaborata con un sistema

protetto di archiviazione delle immagini originali 21.

Dal punto di vista della diagnosi delle lesioni cariose, l’esame ortopantomografico

(OPT), per quanto abbia recentemente raggiunto livelli qualitativi notevoli, non

può essere in alcun modo considerato di prima scelta, a causa soprattutto

dell’elevata frequenza di sovrapposizioni radiologiche delle pareti interprossimali.

Fra gli esami radiografici oggi disponibili a livello orale, i più efficaci nella

diagnosi delle lesioni cariose nei settori latero-posteriori sono le radiografie

endorali Bite Wing , seguite dalle radiografie periapicali 22 (Fig.4).

L’esame bite wing, se correttamente eseguito, rappresenta per semplicità e fedeltà

d’immagine, l’esame radiografico preferenziale per compiere diagnosi di carie nei

settori latero-posteriori. L’obiettivo è quello di poter visualizzare tutte le superfici

Fig.4 Medesimi settori dentali radiografati con tecniche diverse. si noti come la proiezione OPT (a sinistra) renda impossibile l’analisi delle pareti interprossimali in numerosi siti. Da “progetto hAICarie -AIC- (2016).

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interprossimali senza sovrapposizioni. A tale scopo, i raggi X dovrebbero

idealmente attraversare lo spazio interprossimale senza subire ostacoli da parte

dei tessuti dentali (Fig.5).

Il ricorso a centratori dedicati (Fig.6,7) accompagnato dal loro corretto

posizionamento intra-orale e dal preciso posizionamento del tubo radiogeno,

faciliterà l’ottenimento di radiogrammi bite wings privi di sovrapposizioni.

Fig.5: nelle 2 immagini di sinistra una sovrapposizione radiografica dovuta ad un errato orientamento del fascio radiogeno/pellicola. Nelle 2 immagini di destra, il risultato conseguente ad un corretto orientamento. Da “progetto hAICarie -AIC- (2016).

Anello Bite

Asta

Fig.6: esempi di centratori radiologici per bite-wing. Da “progetto hAICarie -AIC- (2016).

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Da sottolineare che seppur eseguiti con tecnica digitale e con tubo radiogeno ad

alta frequenza, i radiogrammi ottenuti saranno comunque soggetti ai medesimi

limiti diagnostici delle radiografie tradizionali, ossia:

• Non é in grado di fornire informazioni riguardo la presenza di cavitazione.

• Non é in grado di fornire informazioni riguardo l’attività delle lesioni.

• La lesione diviene radiologicamente visibile solo se la sua ampiezza vestibolo-

palatale é pari o maggiore al 33% dei tessuti sani attraversati dal raggio 23.

• La reale dimensione della lesione é tendenzialmente sottostimata, nonostante la

bontà dell’esposizione e della tecnica, specie per le lesioni dello smalto

occlusali.

Hopcraft e coll. 24 confrontando l’esame clinico con quello radiografico hanno

potuto quantificare il reale apporto delle radiografie nella diagnosi di carie

occlusale e inter-prossimale di molari e premolari. Dai risultati emerge che tramite

il solo esame clinico sono rilevabili circa il 23-33% delle lesioni interprossimali,

contro il 93,1- 97,1% dell’esame radiografico. Occlusalmente i rapporti si

invertono con il 76-83% dell’esame clinico contro il 33-43% dell’esame

radiografico.

Rimane pertanto chiaro che una corretta diagnosi delle lesioni cariose non può

prescindere dalla combinazione di un attento esame clinico ed un adeguato esame

radiografico dei settori latero-posteriori.

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3.2 Transilluminazione

La transilluminazione in medicina, come in odontoiatria, é una tecnica che

prevede il passaggio della luce attraverso i tessuti dell’organismo.

Questo presidio può facilitare la diagnosi delle lesioni cariose, specie nei settori

anteriori, grazie al diverso assorbimento della luce delle zone affette 25 (Fig. 8-9).

Tale presidio richiede una luce ad alta intensità (Fig.10), emessa da un puntale di

piccolo diametro 26 (Fig.10).

Fig.8-9: Transilluminazione da vestibolare e da palatale di elementi anteriori. Da “progetto hAICarie -AIC- (2016).

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Nei settori anteriori, la transilluminazione viene ottenuta ponendo la punta della

fonte luminosa sulla superficie linguo/palatale degli elementi, osservandoli quindi

dal loro aspetto vestibolare (fig.8); in seguito si esegue la stessa manovra ponendo

la luce sulla superficie vestibolare per poi osservare il dente dal lato

linguo/palatale (fig.9). Tale approccio trova giustificazione in quanto la stessa

lesione può essere chiaramente visibile da una proiezione e sottostimata o non

visibile dall’altra. Quanti più angoli vengono utilizzati per illuminare il dente

esaminato, tanto migliore sarà il risultato in termini di diagnosi. Eseguire questo

esame in assenza di altre fonti di illuminazione é fortemente consigliabile 27 . In

talune circostanze l’esame della transilluminazione può essere effettuato anche

mediante le lampade fotopolimerizzatrici (Fig.11), per quanto la tecnica renda i

maggiori benefici tramite il ricorso agli appositi illuminatori.

Alla transilluminazione, le aree interessate dal processo carioso appaiono più

scure, mentre i tessuti dentali sani vengono perfettamente attraversati dalla luce,

apparendo chiari. Con questo esame sarà possibile evidenziare, oltre alle aree

“diversamente mineralizzate”, altri dettagli anatomici quali: discromie (Fig.11),

amelogenesi imperfetta 28 e incrinature 29 .

Fig.10: esempio di transilluminatore

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Nei settori posteriori, fino a i premolari, é possibile posizionare la luce

vestibolarmente o linguo-palatalmente per poi osservare il dente transilluminato in

corrispondenza della superficie occlusale (Fig. 12). Procedendo dai canini, quanto

più l’elemento in esame é distale, tanto più la tecnica perde di sensibilità, infatti lo

strumento diagnostico di elezione nei settori latero-posteriori é rappresentato dalle

radiografie bite wing. Si badi bene che questa metodica, nei settori posteriori, non

é da intendersi in alcun modo come sostitutiva delle radiografie endorali, bensì

uno strumento integrativo e ausiliare precedente l’esame radiologico.

Fig.11: Transilluminazione con lampada fotopolimerizzatrice evidenziante un’area discromica (da fluorosi)

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Il suo impiego trova invece grande indicazione nei settori anteriori, in quanto la

luce é in grado di attraversare in modo efficace i denti in esame. Laddove l’esame

della transilluminazione generi incertezze diagnostiche, sarà sempre possibile

ricorrere ad altre valutazioni quali la divaricazione e/o l’esame radiologico

periapicale 26.

• Vantaggi: l’assenza di radiazioni consente un monitoraggio frequente delle

lesioni. Utile all’individuazione di crack, anomalie ed infiltrazioni.

• Limiti: valutazione dei settori posteriori; soggettività dell’interpretazione del

risultato; difficile documentazione (fotografica).

3.3 Digital Imaging Fiber Optic Transillumination (DIFOTI)

Sul principio della transilluminazione, é stata non proprio recentemente introdotta

la tecnologia DIFOTI (1997) 30-31, mediante la quale, tramite degli illuminatori

laser e una videocamera, é possibile ottenere una immagine occlusale, espressa in

scala di grigi, della superficie dentale degli elementi latero-posteriori (premolari e

Fig.12: Transilluminazione a livello dei premolari. Da “progetto hAICarie -AIC- (2016).

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molari). I diversi tessuti dentali reagiscono alla luce in modo differente: lo smalto

risulta più chiaro, la dentina leggermente più grigia. Le alterazioni strutturali

dovute a lesioni cariose (Fig.13), crack, infiltrazioni, rendono le aree interessate

nettamente più scure rispetto a quelle sane. Le immagini vengono trasmesse su un

monitor di un qualsiasi PC e gestite da un software che permette anche la

registrazione e archiviazione delle immagini. Questa metodica, differentemente

dalla precedente, richiede un investimento iniziale superiore, necessita della

presenza di un computer cui collegarsi tramite un cavo e necessita di un software

dedicato. Ad oggi non è disponibile in versione wireless. Come per la tecnica

della transilluminazione, anche il DIFOTI non é da intendersi come un sostituto

dell’esame radiografico, ma come un suo utile complemento.

• Vantaggi: diagnosi lesioni cariose anche allo stadio iniziale; assenza di

Fig.13: immagine DIFOTI di un settore latero-posteriore dove sono evidenti 2 lesioni cariose interessanti la pareti interprossimali. Da “progetto hAICarie -AIC- (2016).

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radiazioni; utilità massimizzata nelle pazienti in gravidanza e nei bambini;

ripetibilità e facile confrontabilità degli esami; elevata motivazione del

paziente; ottima metodica di controllo nei pazienti a basso rischio carie.

• Limiti: costo iniziale; applicabile solo agli elementi latero-posteriori;

sensibilità diminuita per le lesioni cervicali all’area di contatto; come le

radiografie, non fornisce informazioni sull’attività e/o cavitazione delle lesioni 32; presenza del cavo; vetro di copertura della videocamera non sterilizzabile.

4. MINIMA INVASIVITA’

Come già accennato nell’introduzione, il dogma enunciato da Black a fine

Ottocento de “l’estensione per prevenzione” (extension for prevention) era basato

sul concetto di ridurre la possibilità di recidiva cariosa mediante il posizionameto

dei margini cavitari in una zona di semplice detergibilità o auto-detersione; inoltre

non era da trascurare la necessità di creare cavità ritentive per i materiali

dell’epoca. Questi aspetti, inevitabilmente, conducevano alla rimozione di grosse

quantità di tessuto sano33, alla perdita di estetica e all’indebolimento della restante

corona34.

Oggi, le tecnologie emergenti, i concetti di prevenzione e rimineralizzazione,

l’efficacia e sicurezza delle tecniche e materiali adesivi, rendono possibile un

approccio più rispettoso e oculato nei confronti dei tessuti dentali e del paziente35.

Nell’ambito delle “tecniche mini-invasive” sono annoverate numerose metodiche

concettuali e strumentali di “escavazione e rimozione” del tessuto dentale

infetto36-37.

Preparazione chemo-meccanica della cavità: consiste nella rimozione della

dentina cariata attraverso l’ammorbidimento chimico del tessuto cariato e la sua

gentile escavazione.

Ozono: l’ozono sembra determinare la remineralizzazione delle lesioni dei solchi

e delle fosse oltre che delle lesioni cariose radicolari in fase iniziale, mentre la sua

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utilità nelle lesione cavitate è ancora in discussione. L’ozono sembra riuscire a

penetrare rapidamente attraverso il tessuto cariato, eliminando le nicchie dei

batteri cariogeni e inducendo la remineralizzazione del tessuto cariato.

Laser: Secondo alcuni studi il laser sembra essere efficace nella rimozione della

carie e dei restauri, nella preparazione delle cavità, nel trattamento della

ipersensibilità e nello sbiancamento.

Air Abrasion: Questo sistema utilizza l’energia cinetica di particelle abrasive per

tagliare i tessuti duri del dente in maniera non invasiva realizzando angoli interni

e angoli cavitari arrotondati, con i conseguenti benefici per l’adesione. In genere

si usano particelle di allumina.

Sono-abrasion (vedi paragrafo 5): tecnica non tanto indicata per l’escavazione

della lesione, ma piuttosto per la rifinitura marginale cavitaria. La rimozione della

lesione tramite sono-abrasione è basata sull’uso di punte taglienti associate ad un

manipolo sonico ad alta frequenza sotto raffreddamento con acqua. Il manipolo

oscilla a frequenza sonica mentre le punte oscillano con traiettoria ellittica.

Frese al carburo di Tungsteno: hanno rimpiazzato le frese in acciaio. La loro

testa ha una tipica superficie di taglio a spirale con o senza superfici di taglio

trasversale per incrementare la capacità tagliente. Si consiglia l’uso di fresa sferica

con approssimativamente le medesime dimensioni della lesione per effettuarne la

rimozione. Le frese al carburo di tungsteno come quelle in acciaio al carbonio

(queste meno care ma più soggette alla corrosione e smussamento) rappresentano

il metodo di escavazione più rapido.

Frese in ceramica: utili per verificare e finalizzare la totale rimozione della

dentina infetta.

Frese in materiale polimerico: Queste frese sono intese come selettive per il

tessuto carioso. Realizzate in materiale plastico dalla durezza appena inferiore

rispetto alla dentina sana in modo da rimuovere il solo tessuto rammollito.

Ai nostri giorni, quindi, le caratteristiche cavitarie, sia marginali che profonde,

sono dettate prevalentemente dall’estensione della lesione, che dovrà essere

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raggiunta possibilmente mediante la via più breve e meno sacrificante per i tessuti

(Fig.14-15). I margini cavitari devono comunque sempre risultare ben definiti e

rifiniti.

Fig.14: esempio di cavità a “slot orizzontale”, nella quale la lesione cariosa viene raggiunta mediante un accesso vestibolare.

Fig.15: fase iniziale di preparazione di uno “slot verticale”, in cui l’accesso occlusale é limitato al minimo abbattimento possibile ed utile della cresta marginale.

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Ai fini dell’applicazione dei concetti della minima-invasività, il ricorso a sistemi

di ingrandimento ed illuminazione é da considerasi pressoché scontato.

5.STRUMENTI OSCILLANTIGli strumenti per l’asportazione del tessuto dentale possono essere classificati in:

manuali, rotanti, oscillanti, chimici, laser, air-abrasion. I primi tre imprimono una

forma specifica nel materiale, mentre i secondi tre asportano il materiale in modo

aspecifico.

Gli strumenti rotanti sono quelli più diffusi e più efficaci a disposizione

dell’odontoiatra. Si distinguono in frese a taglienti geometricamente determinati

(frese a lame), o a taglienti non geometricamente determinate (frese diamantate,

pietre dure, gomme).

Tali strumenti accanto a innegabili vantaggi presentano però alcuni svantaggi o

meglio alcune difficoltà operative nell’esecuzione di particolari passaggi chiave

durante la preparazione e la rifinitura della cavità. Infatti in certe zone come il

gradino cervicale o le pareti assiali interprossimali, il rischio di danneggiare la

superficie del dente adiacente o la diga di gomma è estremamente elevato (il 95%

delle superfici integre adiacenti presenta danni iatrogeni da strumenti rotanti), da

non sottovalutare inoltre la possibilità di creare sottosquadri38-39.

Una valida soluzione a queste problematiche é ottenibile mediante il ricorso a

strumenti oscillanti, sonici o ultrasonici, che, grazie al loro tipo di movimento,

risultano assai più sicuri e controllabili dei loro omologhi rotanti; inoltre tali

strumenti possono essere caratterizzati dalla presenza di un lato lavorante

(usualmente diamantato) e da uno non lavorante (completamente liscio e lucido),

in maniera tale da praticamente azzerare le possibilità di danneggiamento della

parete interprossimale integra (Fig.16-17).

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Fig.16: esempi di strumenti oscillanti sonici.

Fig.17: strumento sonico in azione. In questa immagine é visibile la rifinitura del margine cervicale di un box di seconda classe col contemporaneo rispetto dell’elemento prossimale non interessato.

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Storicamente i primi strumenti oscillanti erano caratterizzati da una frequenza

ultrasonica generata da un inserto di lamelle metalliche percorse da corrente

elettrica (anche chiamato magnetostrittivo). La successiva evoluzione ha portato

alla sostituzione delle lamelle con un cristallo di quarzo, percorso anch’esso da

corrente elettrica e chiamato “piezoelettrico”. Più recentemente sono stati immessi

sul mercato dei manipoli che collegati all’attacco della turbina generano una

frequenza di oscillazione sonica.

Esistono delle grosse differenze tra questi due sistemi che vanno conosciute per

utilizzare al meglio tali metodiche.

La prima distinzione fattibile è quella in base alla frequenza di oscillazione:

• ultrasonica

• sonica

Gli strumenti ultrasonici si possono distinguere in piezoelettrici o magnetostrittivi,

in base al generatore di vibrazione. Il piezoelettrico ha una frequenza di circa

30000Hz generata da un cristallo di quarzo sottoposto a corrente alternata, il

movimento è di tipo lineare e quindi solo due superfici sono attive. Il

magnetostrittivo ha una frequenza compresa tra i 25000 Hz e i 40000 Hz

provocata da sottili lamine metalliche magnetizzate sottoposte a impulsi elettrici,

il movimento è di tipo ellittico e tutte le superfici sono attive. Gli strumenti sonici

vibrano ad una frequenza di circa 6000 Hz, sono azionati dall’aria che passando

forzatamente all’interno del manipolo mette in movimento alcune strutture mobili,

e che quindi trasmette l’energia alla punta attiva. La punta compie nello spazio un

movimento ellittico, e le sue superfici sono tutte attive40.

Esistono altre caratteristiche legate agli strumenti oscillanti sia sonici, sia

ultrasonici.

• Potenza: si riferisce all’energia applicata al manipolo per generare il

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movimento della punta. La potenza influisce sulla corsa della punta. La corsa è

la distanza percorsa dall’inserto nello spazio per tornare al punto di partenza.

• Ampiezza di oscillazione: è la metà della corsa della parte lavorante della

punta. Per gli strumenti sonici tale valore varia tra 42 e 875 micron, mentre per

quelli ultrasonici il valore varia tra 47 e 213 micron40.

Quando le punte sono sottoposte a sforzo, quelle piezoelettriche non manifestano

una significativa diminuzione di ampiezza di oscillazione, mentre quelle soniche

possono arrivare a fermarsi41.Tale aspetto è molto importante dal punto di vista

clinico, in quanto, utilizzando strumenti sonici, una maggiore pressione operativa

non porta ad un aumento della capacità di taglio ma all’esatto contrario. Gli

strumenti ultrasonici, come é attendibile, sono in grado di generare un incremento

termico maggiore di quello dei sonici: tale aumento rimane entro limiti

fisiologicamente sopportabili se l’inserto è adeguatamente raffreddato con

acqua42-43. Dal punto di vista clinico, ciò si traduce nel fatto che gli strumenti

sonici possono quindi essere utilizzati, per brevi periodi, anche in assenza di

raffreddamento, al fine di favorire una maggior visibilità e controllo dell’operato.

Il più grande vantaggio nell’utilizzo di tali strumenti sta nel fatto che sono molto

più controllabili e meno aggressivi rispetto a quelli rotanti. Agiscono bene sui

tessuti duri e rispettano i tessuti molli. Il loro utilizzo è estremamente conveniente

in conservativa, protesi e chirurgia quando si tratta di evitare di danneggiare il

dente adiacente durante la preparazione di una cavità o strutture nobili e delicate

come ad esempio il nervo mandibolare o la mucosa sinusale44-45-46-47.

Gli strumenti oscillanti, sonici o ultrasonici, consentono di intervenire in modo

estremamente preciso esclusivamente sulla parte oggetto del trattamento

salvaguardando le strutture limitrofe. Per quanto riguarda l’odontoiatria

conservativa é possibile reperire in commercio un numero elevato di inserti

concepiti per diversi scopi: la rifinitura dei margini cavitari per restauri diretti, la

definizione dei box prossimali per restauri indiretti, la rifinitura del restauro nello

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spazio interprossimale , la rimozione del tessuto cariato (Fig.18-19).

Fig.18-19: strumenti sonici adatti alla preparazione e rifinitura di box prossimali per restauri diretti ed indiretti.

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Nelle immagini seguenti alcuni esempi di applicazioni cliniche (Fig.20-41).

Fig.20: caso iniziale

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Fig.21: Detersione delle cavità e protezione della parete mesiale di 37. A livello della superficie distale di 36 si é optato per la salvaguardia della cresta marginale (tecnica del “tunnel aperto”)

Fig.22: Rimozione dello smalto demineralizzato e rifinitura marginale con strumenti sonici

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Fig.23: Controllo della cavità, applicazione dell’adesivo, ricostruzione della parete interprossimale di 36 con materiale composito

Fig. 24: Caso ultimato (Dr. A. Libero)

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Fig.25: Caso iniziale: elemento 16 presentante lesioni cariose a livello distale e mesiale

Fig.26: Rifinitura della cavità distale con strumento sonico

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Fig. 27: Rifinitura della cavità mesiale

Fig. 28 Cavità mesiale e distale rifinite

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Fig. 29: Restauro completato (Dr. A. Libero)

Fig. 30: Caso iniziale: restauri in amalgama su 45- 46-47 di cui é richiesto il rifacimento

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Fig.31: Build- up

Fig. 32: Rifinitura del gradino cervicale con inserto sonico dedicato

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Fig.33: Rifinitura della parete assiale

Fig. 34: Rifinitura del rialzo del gradino cervicale mesiale a 47 con lama diamantata oscillante sonica

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Fig.35: Cavità da intarsio completate e pronte per l’impronta

Fig.36: controllo rx post-cementazione e fase di rimozione degli eccessi di cemento mediante lama diamantata sonica. Rx di controllo e caso finito. (Dr. A. Libero).

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Fig. 37: Caso iniziale. Il paziente richiede rifacimento dei restauri di 11 e 21.

Fig. 38: termine della stratificazione delle faccette dirette in composito, con evidenti eccessi a livello cervico-vestibolare.

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Fig. 39: Rifinitura e rimozione degli eccessi con lame soniche.

Fig. 40: rifinitura ultimata

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Fig. 41: follow-up a 1 anno.

6. INFILTRAZIONE DI RESINE A BASSO PESO

MOLECOLARE

Un’interessante opportunità di trattamento delle lesioni cariose non cavitate è

offerta dalle resine a basso peso molecolare e quindi ad elevata fluidità. Tali

materiali permettono di infiltrare per capillarità lo smalto reso poroso da sovra-

mordenzatura e/o sabbiatura, col proposito di rallentare/arrestare la progressione

delle lesioni interprossimali non cavitate48 e di mascherare, a scopo estetico, le

white spot vestibolari di qualsiasi natura (ad es. da fluorosi)49 Tali resine difatti,

grazie alle caratteristiche ottiche di rifrazione simili a quelle dello smalto50,

possono favorire il trattamento estetico minimamente invasivo delle discromie

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bianche. La sovramordenzatura delle superfici dentali candidate a questi

trattamenti é usualmente ottenuta mediante gel a base di acido cloridrico al 15%51.

La sequenza operativa per entrambe le metodiche prevede:

• detersione del campo

• isolamento del campo

• permeabilizzazione dello smalto (mordenzatura per 120” con HCl al 15% e/o

microabrasione con sabbiatura)

• abbondante lavaggio delle superfici

• applicazione di un agente disidratante (etanolo) e asciugatura

• applicazione della resina impregnante e polimerizzazione (per 2 volte)

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Nelle immagini seguenti, un caso di infiltrazione vestibolare (Fig.42-50)

Fig.42: due white spot di probabile origine traumatica sul deciduo su elemento 21 Fig.43: evidenza alla luce polarizzata

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Fig.44: mordenzatura localizzata con HCl al 15% per 2 minuti

Fig.45: lesioni bagnate da etanolo. Le discromie sono ancora evidenti e quindi si é proceduto ad un’ulteriore mordenzatura con HCl al 15% per 2 minuti.

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Fig.46: fase dell’infiltrazione di resina a basso peso molecolare. (il primo passaggio prevede l’applicazione per 3 minuti, soffiatura e polimerizzazione per 40”, il secondo passaggio prevede l’applicazione della resina per 1 minuto, soffiatura e polimerizzazione per 40”.

Fig.47-48: ulteriore fotopolimerizzazione attraverso un gel di glicerina al fine permettere la polimerizzazione degli strati più superficiali della resina. Un polishing finale renderà più liscia la superficie.

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Fig.49: controllo a un mese. La profondità diversa delle 2 discromie ha permesso l’ottenimento di risultati diversi: quasi invisibile la discromia mesiale, ancora leggermente evidente quella più distale, che, evidentemente, é più profonda.

Fig.50: foto alla luce polarizzata. Si confronti con Fig. 43.

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Nelle localizzazioni interprossimali posteriori, l’impregnazione delle lesioni non

cavitate deve essere preceduta dall'allargamento dello spazio mediante apposite

metodiche (anelli separatori ortodontici, cunei, divaricatori meccanici) e dalla

verifica diretta dell’assenza di cavitazione della lesione (Fig.51) Fig.51: nei cerchi rossi 2 lesioni cariose iniziali candidate ideali per il trattamento di infiltrazione

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49

Per il trattamento selettivo di un’unica superficie interprossimale, sono disponibili

delle speciali matrici-serbatoio in grado di direzionare i componenti

(mordenzante, resina) solo verso la parete desiderata (Fig. 52- 53).

Fig. 52-53: matrice-serbatoio appositamente creata per dirigere il materiale iniettato esclusivamente verso un lato (verde) dello spazio interprossimale.

Qualora la richiesta del paziente sia di tipo estetico, soprattutto quindi nel caso di

presenza di white spots vestibolari dei settori anteriori, la mordenzatura potrebbe

dover essere ripetuta più volte (da 2 a 8 volte) al fine di favorire la penetrazione in

profondità della resina. La profondità massima di impregnazione degli infiltranti

attualmente disponibili sul mercato aumenta difatti significativamente (fino 750

micron) quando accompagnata da ripetuti cicli di sovra-mordenzatura localizzata

con Acido Cloridrico al 15 %52 e/o di sabbiatura con ossido di alluminio. In

questo caso, l’applicazione dell’etanolo, funge anche da “previsualizzatore” del

risultato ottenibile: se la white spot, bagnata dall’etanolo, “scompare” si potrà

proseguire con l’infiltrazione, in caso contrario é indicato ripetere la

mordenzatura. Ovviamente, ogni intervento supplementare di mordenzatura e/o

sabbiatura, riduce gli aspetti di minima invasività del trattamento.

Recenti studi in vitro hanno messo in discussione la stabilità cromatica delle aree

impregnate con resina, in quanto queste ultime sembrano essere più facilmente

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soggette a pigmentazioni estrinseche rispetto alle superfici non trattate. La post

polimerizzazione con gel di glicerina ed eventualmente un successivo ciclo di

sbiancamento sembrano ovviare a tale problematica53.

Ad oggi la Comunità Scientifica non esprime un consenso unanime riguardo le

effettive capacità di arresto delle lesioni cariose iniziali e non cavitate conseguenti

ad impregnazione con resina, per quanto siano evidenti dei risultati migliorativi

rispetto alla esclusiva applicazione di interventi preventivi standard quali la

detersione interprossimale quotidiana con filo interdentale abbinata o meno alla

fluorizzazione localizzata domiciliare48, 54-55-56-57.

In attesa di prove scientifiche di efficacia a lungo termine di questa tipologia di

trattamento, é consigliabile mantenere un atteggiamento cauto, sebbene, ad oggi,

questo sistema sembri in grado di affrontare, in maniera conservativa, situazioni

in cui un trattamento convenzionale risulterebbe troppo aggressivo e il “non

trattamento” insufficiente58.

Vantaggi:

• settori posteriori (interprossimale): risparmio di tessuto dentale

• settori anteriori (trattamento estetico delle white spots): risparmio di tessuto

dentale; semplice applicazione; eseguibile dall’Igienista Dentale.

Limiti:

• settori posteriori: necessità di verifica della assenza di cavitazione;

l’inserimento della matrice/serbatoio può talvolta risultare complesso; difficile

controllo della quantità dei materiali estrusi; la procedura non lascia tracce a

livello radiologico.

• settori anteriori: difficoltoso stabilire con precisione la profondità della

discromia e quindi la predicibilità del risultato.

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7. IL CAD-CAM IN ODONTOIATRIA RESTAURATIVA

Nell’ambito delle nuove tecnologie, é d’obbligo trattare il capitolo “CAD-CAM”,

ovvero la metodologia di creazione di restauri indiretti partendo da un disegno

ottenuto tramite l’ausilio di un computer e di un software di disegno vettoriale.

Letteralmente CAD significa “Computer Aided Design” e CAM “Computer

Aided Manufactoring”59.

I primi tentativi di utilizzare una tecnologia digitale nel settore dentale sono stati

condotti dai dottori Duret, Mormann e Brandestini agli inizi degli anni ’70. I loro

studi, durati ben più di dieci anni, portarono alla realizzazione dei primi restauri

solamente a metà degli anni ’80. Nel 1987 viene immesso sul mercato il primo

sistema CAD-CAM chairside (“accanto al riunito”, ossia in grado di permettere

l’intero processo all’interno dello studio dentistico) composto da un’unica unità

che racchiudeva il sistema di ripresa, il software e l’unità di molaggio64,66. Si

dovrebbe quindi, più correttamente, parlare di sistemi CAI-CAD-CAM dove

l’acronimo CAI significa Computer Aided Imaging63.

Contemporaneamente ai sistemi chairside si sono sviluppati anche metodologie

che prevedevano però l’esecuzione della parte CAM (la vera e propria creazione

del restauro) in laboratori odontotecnici o in centri specializzati nella lavorazione

dei materiali prescelti65.

Attualmente sono presenti sul mercato numerosi fabbricanti sia di sistemi di

acquisizione che di produzione64,70.

I sistemi di acquisizione (CAI )

Sono quelli che permettono di tradurre in forma digitale le forme fisiche.

Possiamo distinguere scanner intraorali e scanner da laboratorio.

Fondamentalmente lo scanner si compone di un’unità che emette un particolare

tipo di luce cosiddetta strutturata, che colpendo la superficie dell’oggetto da

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rilevare si deforma; tale deformazione viene registrata da un rilevatore che invia

tali dati al computer che tramite un software dedicato compie dei calcoli di

triangolazione per generare il modello digitale.

Gli scanner da laboratorio hanno un percorso di scansione standardizzato, mentre

quelli intraorali possono risentire della strategia di scansione adottata da ogni

singolo professionista e dallo stesso professionista in scansioni differenti.

Inoltre nella scansione intraorale si deve considerare che le strutture presenti

hanno proprietà riflettenti diverse per cui molti modelli di telecamere richiedono

la opacizzazione del substrato tramite l’uso di apposite polveri. Da qualche anno

sono disponibili anche telecamere che non hanno bisogno di tali polveri, ma sono

in grado di riprendere la cavità orale nelle normali sue condizioni. Questo è stato

reso possibile dalla maggiore capacità di calcolo dei moderni computer e dal

continuo affinamento dei software.

Lo scanner genera un file chiamato STL ( Standard Triangulation Language) che

in pratica altro non è che la rappresentazione numerica di una nuvola di punti, più

o meno densa, uniti tra di loro da linee in modo da formare una superficie

composta da tanti triangoli: più sono piccoli i triangoli più è precisa la

rappresentazione digitale dell’oggetto reale. Questa fase corrisponde alla

rilevazione dell’impronta nel sistema tradizionale67.

Elaborazione dei dati e progettazione del restauro ( CAD )

Una volta ottenuti i dati di scansione é necessario disporre di un software per il

loro processamento, ovvero per tradurli in una forma grafica che permetta la

visualizzazione ( rendering ) sì da permettere la progettazione del restauro. Tale

progettazione può essere eseguita in studio direttamente dal professionista, ma

anche realizzata da una terza parte (odontotecnico) dopo trasmissione per via

telematica del file STL67.

Realizzazione del restauro (CAM )

Al termine della fase progettuale, si procederà alla parte realizzativa. Sono

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disponibili tre diverse metodologie di realizzazione:

• fresatura dal pieno

• laser sinterizzazione

• stampa 3D

Attualmente i sistemi chairside prevedono esclusivamente l’utilizzo di un

fresatore67, mentre le restanti metodiche prevedono la collaborazione del

laboratorio odontotecnico o di centri specializzati.

La digitalizzazione del processo produttivo può essere condotta secondo tre

percorsi differenti:

• protocollo di chairside puro

• protocollo di chairside assistito/differito

• protocollo tradizionale

Per protocollo chairside puro si intende che tutte le fasi (CAI, CAD, CAM)

vengono condotte in studio direttamente alla poltrona dal professionista in un

unico appuntamento68-69.

Per protocollo chairside differito/assistito si intende che ci si avvalga di una terza

parte, normalmente l’odontotecnico, ma anche lo stesso odontoiatra, che realizza

il restauro nella stessa giornata ma in due distinti momenti. Tale necessità può

essere legata alla complessità del restauro o dei restauri, oppure dal tipo di

materiale utilizzato che potrebbe richiedere alcuni passaggi che rendono

ergonomicamente sfavorevole l’occupazione della poltrona da parte dello stesso

paziente per tutto il processo produttivo.

Per protocollo tradizionale si intende che il restauro “digitale” viene realizzato

secondo la tradizionale tempistica analogica60-61-62.

I materiali a disposizione sono attualmente70-71-72-73:

• resine a base di PMMA

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• compositi

• compositi rinforzati con ceramiche

• ceramiche ibride

• ceramiche feldspatiche

• ceramiche base di leucite,

• ceramiche a base di disilicato di litio

• disilicato di litio rinforzato con zirconia

• zirconia

• metalli a base di Cr-Co.

A parte gli ultimi due materiali, che sono più convenientemente utilizzabili da

parte del laboratorio, i restanti possono essere lavorabili e impiegabili per la

realizzazione di varie tipologie di restauri direttamente in studio, previo un

adeguato periodo di training.

I software CAD permettono di progettare sia restauri singoli (intarsi, faccette e

corone complete), sia restauri multipli (ponti).

Vantaggi e svantaggi

Rispetto alle procedure tradizionali, la digitalizzazione del processo porta dei

vantaggi che possono essere riassunti nei seguenti punti:

• Maggiore standardizzazione dei risultati74;

• Rapidità di acquisizione e di realizzazione del manufatto61

• Possibilità di perfezionare l’acquisizione (l’impronta) anche in tempi

successivi

• Possibilità di rifacimenti dello stesso restauro a basso costo e senza la necessità

di rilevare nuovamente le impronte

• Possibilità di un controllo immediato della preparazione

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• Possibilità di riduzione dei costi finali

• Possibilità di esecuzione immediata del restauro

• Maggiore comfort del paziente

• Maggiore coinvolgimento del paziente nel trattamento, ovvero maggiore

interesse del paziente stesso a trattamenti innovativi.

• Utilizzo di materiali di qualità industriale, nel senso migliore del termine,

ovvero non soggetti a variabili dovute alla lavorazione manuale.

• Riduzione del numero degli appuntamenti

Svantaggi

• costo iniziale

• curva di apprendimento

• nei restauri multi-materiale ad elevata valenza estetica (ad es. zirconia-

ceramica) é necessario produrre un modello fisico delle arcate dentarie, per

gestire i punti di contatto e l’occlusione da parte dell’odontotecnico.

• i sistemi chairside richiedono un dispendio di tempo maggiore al professionista

per la finalizzazione del restauro.

Di seguito 3 casi realizzati tramite la metodica chairside

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Fig.54: fasi della procedura chairside nel rifacimento dei restauri su 14 e 15 (Dr. A. Libero).

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Fig.55: fasi della procedura chairside nel rifacimento ed esecuzione dei restauri su 36 e 37 (Dr. A. Libero).

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Fig.56: fasi della procedura chairside nel rifacimento del restauri su 46 (Dr. A. Libero).

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8. CONCLUSIONI La tecnologia e l’innovazione permeano tutti i campi umani. E’ innegabile il fatto

che i progressi tecnologici occorsi negli ultimi decenni, abbiano completamente

sconvolto tutti gli standard adottati a fine Novecento. Dovere del professionista é

quello di aggiornarsi e di valutare in maniera critica, ma priva di ritrosia, le

innovazioni che vengono ormai quotidianamente proposte dall’industria e dalla

scienza. In ambito restaurativo, per quanto i principi base siano noti da tempo, si

sta assistendo all’applicazione reale dei concetti della minima invasività, mediante

presidi che permettono una diagnosi sempre più precoce e trattamenti meno lesivi

per le strutture dentali. Il dentista aggiornato e coscienzioso non potrà fare altro

che informarsi e valutare l’opportunità di applicare detti concetti.