LE NOSTRE MANI HANNO TOCCATO IL VERBO DELLA VITA · IL VERBO DELLA VITA OMAGGIO A MARIA ......

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L’ITINERARIO DELL’AVVENTO La natura spirituale dell’umano pag. 9 NUMERO 10 DICEMBRE 2019 LE NOSTRE MANI HANNO TOCCATO IL VERBO DELLA VITA OMAGGIO A MARIA La buona novella di Fabrizio De André e l’incontro con Dori Ghezzi pag. 18 GIORNATA MONDIALE DEI POVERI Dare voce alla speranza degli ultimi pag. 19 Buon Natale!

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L’ITINERARIODELL’AVVENTO

La naturaspiritualedell’umano

pag. 9

NUMERO 10 DICEMBRE 2019

LE NOSTRE MANI HANNO TOCCATO IL VERBO DELLA VITA

OMAGGIOA MARIA

La buona novelladi Fabrizio De Andrée l’incontro con Dori Ghezzi

pag. 18

GIORNATA MONDIALEDEI POVERI

Dare vocealla speranzadegli ultimi

pag. 19

Buon Natale!

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3Longuelo Comunità | Dicembre 20192 Longuelo Comunità | Dicembre 2019

come un’eresia profetica nelle orecchie del circo barnum post-moderno votato agli idoli del progresso economico, ai feticci dell’iper-consumo e ai maghi della tecno-scienza. Obbligati a funzionare (più che esistere) e in preda a nuo-ve forme di io-latria (come scrive il cardinale di Bologna, mons. Zuppi, in un saggio provocatorio Odierai il prossi-mo tuo), ostaggio di ataviche paure generatrici – assieme all’ignoranza – di odio. Il figlio-che-non-ho potrebbe non essere interessato a me cattolico non-credibile. E magari nemmeno a Gesù. Ma io credo che se un domani doves-si ritrovarlo a riempire le piazze per cause giuste, cause che io da giovane non ho avuto il coraggio di sostenere, o infoltire le fila ingenue nei Fridays for future, o stringersi come sardine per gridare “basta bestemmiare le parole”, lasciando così un’impronta di cambiamento, ebbene sono convinto che le sue battaglie non sarebbero lontane dalle cause evangeliche. Lui non lo saprà mai che la passione autentica e libera, disinteressata e gratuita per l’uomo – soprattutto il più fragile – lo accomuna all’uomo diven-tato vangelo. Non lo vedrò a messa. Non m’interessa, se il suo interesse sarà l’uomo per il quale Dio ha speso tutto. Non m’interessa se il suo appassionarsi per la giustizia e la dignità dell’uomo avrà il sapore dell’unica fede che preme sul cuore: quella di Dio per l’uomo. Quella del Natale. Au-guri figlio-che-non-ho. Auguri cara comunità che mi hai fatto diventare padre.

news

LETTERA “ERETICA”AL FIGLIO-CHE-NON-HO.BUON NATALESe dovessi scrivere una lettera gli direi dell’unica eredità che ho ricevuto e che trasmetto: quella del vangelo. La notizia dirompente di un uomo che se lo incontri davvero cambia la vita

editoriale

DON GIULIANO E IO AUGURIAMO BUON

NATALE A TUTTA LA COMUNITÀ. CHE LA LUCE

DI BETLEMME SPLENDA SUI NOSTRI VOLTI. CI

RENDA PIÙ UMANI ED EVANGELICI.

LONGUELO COMUNITÀautorizzazione Tribunale di Bergamo n. 7 del 25/2/2009

RESPONSABILEMassimo Maffioletti

IN REDAZIONEGiovanni Berera, Francesco Breviario, Davide Cavalleri, Maira Ceriani, Roberto Cremaschi, Monica Ferrante, Elio Longhi, Stefania Lovat, Manuela Malighetti, Maria Elena Nardari, Federico Previtali, Mario Ravasio, Battista Villa

FOTOGRAFIEIn copertina particolare dell'opera "Da qui" di Viveka Assembergs esposta nella chiesa parrocchiale di Longuelo (foto di Federico Previtali)

IMPAGINAZIONE E GRAFICA2caffè <strong> creativitywww.2caffe.it

STAMPALitostampa Istituto graficoVia Corti, 51 - Bergamo

Questo Periodico esce con il contributo di:

LUIGI LOCATELLIPasticceria gelateria

CAFFÈ BAZZINIGelateria

RUGGIERIGioielleria

BOSSINI BRUNOconsulente finanziario Fideuram

STUDIO BOSSINImassoterapia - psicomotricitàVia Lungobrembo, 9 – Curno (Bg)

OTTICA ELZI

FONTI SAN BERNARDO Spa

CREDITO BERGAMASCO

CONCA VERDEFarmacia

ROTAFRIGOR S.r.l.Impianti di climatizzazione

SCUOLAUFFICIO S.r.l.Borgo Palazzo, 205 - Bergamo

STURI PIZZAPizzeria d’asporto - Via Moroni - Bergamo

RESCOGITA S.n.c.Relazioni e soluzioni

TABACCHERIA/RICEVITORIA/EDICOLA “CONCA VERDE” di Lo sito Giuseppina

AUTOFFICINA PITRÈ ROBERTO & C. S.n.c.

GREEN MARKETING Srl

Se quest’anno fosse ancora Natale, dovrei impegnar-mi a scrivere una lettera al figlio-che-non-ho (e a tutti i figli-a-me-affidati) per parlargli dell’unica

eredità che “possiedo”, bollata nei secoli come una sorta di “eresia” (eredità etimologicamente allude a eresia, cu-rioso no?). Gli parlerei di un altro figlio. Gliene parlerei con dolcezza, senza retorica. Gli parlerei del fascino, quasi una seduzione, che ho subìto. Uno stupore che non se ne va. Esigente, perfino inquietante. Gli direi dei dubbi che, a proposito di quest’uomo, continuano a martellarmi la coscienza. Non mi lasciano in pace. Non sono mai stato in pace con Gesù. Ecco il nome. Fiato sul collo. Mi porto addosso interrogativi sulla sua identità divina, la resurre-zione dai morti, il senso della sua venuta e del suo pas-saggio nella storia. Vorrei stare lontano dall’ampollosità di certa enfasi spiritualistica. Non fa più per me. Al figlio-che-non-ho vorrei raccontare dell’unica cosa di cui forse so qualcosa: l’umanità di Gesù. Che deve cambiarmi la vita. Parlo molto di Gesù, ma forse non l’ho mai incontra-to. Capisco perché il figlio-che-non-ho se ne sta alla larga. Non vede in me, in noi, uomini o donne che grazie all’in-contro con il Figlio sono cambiati. Quando sente parlare dell’uomo di Nazareth accenna un sorrisino ironico. Da noi buoni cristiani parrocchiali sente soltanto discorsi in-fantili, fiabe dal sapore naïf utili per quietare gli animi, e non passioni che spostano montagne. Ai suoi occhi sia-mo in-credibili. Non-credibili. Registra che la nostra vita – la mia vita – nonostante anni di frequentazione eccle-siale non è cambiata, non cambia. Anzi, si è afflosciata, calmierata sugli standard del ben-essere comune. Non intuisce nulla, il figlio-che-non-ho, della dirompente sov-versione del vangelo che cucito addosso a uomini giusti sarebbe esplosivo, perfino eretico. Sì, suonerebbe ancora

don Massimo Maffioletti

L’INCONTRO NELLA NOSTRA CHIESA

È stata molto partecipata la risposta corale all’appello lanciato da associa-zioni, gruppi bergamaschi, parroc-chie della città (CET1) di convocarsi, lo scorso 30 novembre a Longuelo, per fare memoria dell’attualità profe-tica di un gigante come don Lorenzo Milani. La nostra chiesa era pienissi-ma e in un clima di partecipazione e ascolto si è potuto percepire l’affetto e

RENDERE GIUSTIZIA A DON MILANI

la riconoscenza nei confronti di un uomo-prete-maestro che ha donato tutta la sua esisten-za per l’evangelizzazione dei suoi ragazzi, attraverso il primato della parola, della coscienza e della passione civile, grazie anche alla presenza di Paolo Landi, uno dei primi “scolari” di don Milani a Barbiana. È stata la migliore risposta all’iniziativa (in contemporanea in città) di alcune forze politiche avvezze a mettere in scena la deprecabile macchina del discredito e della menzogna che mira a riscrivere alcune pagine tra le più luminose della nostra storia civile e democratica.

IN QUARTIERE

Il gruppo Longuelo-Terrasanta, at-tivo dal 2011, ringrazia tutti quanti hanno visitato la bancarella dell’Im-macolata in Largo Quarenghi lo scorso 8 dicembre e generosamente hanno contribuito al sostegno delle nostre iniziative. L’importo raccol-to dalla vendita dei piccoli cadeaux natalizi e dei libri è di 3.130 euro. Nell’anno 2019 le nostre iniziative ci

BANCARELLA PER LA TERRASANTA

hanno permesso di raccogliere 5.272 euro e siamo stati in grado di destinare mille euro per il sostegno dell’emergenza nel Nord-Est in Siria a fianco dell’associazione “Un ponte per”, altri mille euro per gli studi di un ragazzo palestinese di Gerusalemme, duemila euro per i progetti “Tutti a scuola” e “Le mani laboriose delle donne di Nazareth” in collaborazione con l’associazione “La Tenda di Amal”. Infine sono stati nuovamente versati mille euro a sostegno dei lavori di restauro. A breve informazioni sulle prossime iniziative.

IBAN: IT07E0503411108000000003707

“IO SONO LA MIA CHIESA”

Per sostenere i lavori, contribuisci con accredito/bonifico sul c/c dedicato presso il Credito Bergamasco - filiale di Longuelo

DIVENTA ANCHE TU PROTAGONISTA DEL RESTAURO!

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5Longuelo Comunità | Dicembre 20194 Longuelo Comunità | Dicembre 2019

Se lanciassimo il “venerdì del non acquisto”, sicuramente verremmo tacciati di oscurantismo, di voler tor-nare all’età delle caverne e – raffinato ricatto – di togliere lavoro ai dipen-denti dei negozi. E invece sarebbe il segnale di una vita sana, buona, in cui il commercio non è l’anima dell’economia. E Dio sa (anzi, Gesù Bambino) quanto il periodo natalizio esalti la coincidenza acquisto=felici-tà. Nel Black Friday dell’anno scorso Amazon ha avuto dodici acquisti al secondo e in 24 ore ha venduto per oltre 30 miliardi di dollari. La legge-rezza dell’online sempre più spesso nasconde altissimi costi sociali e am-bientali. Non a caso Fridays for Futu-re ha scelto il 29 novembre per il suo sciopero globale per il clima. Perché queste giornate sono perverse e fan-no un favore solo ai grandi produt-tori e commercianti? Gli acquisti di questo momento magico sono molto spesso compulsivi. Dettati più dalla smania di comprare che dalla reale necessità. I giorni in cui viene usa-to un capo d’abbigliamento rispetto ai decenni scorsi sono una prova di quanto perverso sia questo trend. Si cambia lo smartphone (anche se è ancora in garanzia) o il televisore (anche se funziona ancora, con una risoluzione appena inferiore). Quan-to si spende nel weekend del Black Friday? Negli USA, la spesa media

l’anno scorso ha superato i 500 dol-lari. Una ventina di dollari in meno in Canada e cento in meno in Gran Bretagna. La Germania si attesta sui 250 dollari e l’Italia 216. A fare anco-ra più impressione, è la crescita de-gli acquisti durante il Black Friday: più che duplicata in Gran Bretagna dal 2013 al 2018, +900% in Germa-nia, +3.233% in Italia, più 4.900% in Francia e Turchia. Anche gli aspetti ambientali di questa corsa all’acqui-sto sono evidenti. Prodotti sostituiti a ritmo frenetico si trasformano in rifiuti difficili da smaltire, in emis-sioni nocive prodotte sia in fase di realizzazione sia nel trasporto. C’è poi la questione economica: davvero abbiamo il denaro sufficiente per sta-re dietro alle spinte consumistiche? La risposta è no. E così, gli acquisti vengono fatti a rate. Risultato? Ben l’84% degli italiani ha chiesto almeno un finanziamento.

te superata nell’occupazione delle piazze reali e mediatiche – al mo-mento non ci sono segni evidenti di apparentamenti con la sinistra o con altri gruppi politici. Le ma-nifestazioni, educate nelle forme e civili nei toni, proseguono ovunque e sembrano alimentarsi del loro stesso successo. È difficile dire se e quanto durerà questa esperienza. La speranza è che possa restare una voce popolare e libera, critica verso il conformismo politico, con “l’uni-ca certezza è che siamo una grande famiglia e che faremo grandi cose insieme”. È il migliore augurio per quanti non vogliono adattarsi a una politica urlata e mistificatoria, gio-cata più sulle paure che sulla voglia di costruire insieme. Insieme, ap-punto, come tante sardine.

commenti

Dal 14 novembre scorso non si par-la più di sardine per strette ragioni ittiche o culinarie. In quel giorno, infatti, un tam-tam su Facebook, organizzato da quattro trentenni bolognesi, ha radunato nel capo-luogo emiliano circa diecimila per-sone in antitesi alla festa leghista del Paladozza. È stata la prima uscita di questo nuovo movimento che si è presentato subito con il richiamo all’umile pesce azzurro, che, sep-pur silenzioso e insignificante nelle sue dimensioni, può diventare una forza significativa nel muoversi a banchi. Sin dalla prima uscita, i promotori hanno chiarito di non essere partitici, ma di credere “an-cora nella politica e nei politici con la P maiuscola. In quelli che pur sbagliando ci provano, che pensa-no al proprio interesse personale solo dopo aver pensato a quello di tutti gli altri”. In chiara contrap-posizione alla Lega e ai populisti, ai quali mandano a dire: “La festa è finita. Per troppo tempo avete ti-rato la corda dei nostri sentimenti. L’avete tesa troppo, e si è spezzata. Per anni avete rovesciato bugie e odio su noi e i nostri concittadi-ni: avete unito verità e menzogne, rappresentando il loro mondo nel modo che più vi faceva comodo”. Al di là delle ovvie critiche della destra – che si è vista ampiamen-

BOYCOTT BLACK FRIDAY!LANCIAMO IL VENERDÌDEL NON ACQUISTO

LETTO SUL GIORNALE

Elio Longhi Roberto Cremaschi

FATTI NON FOSTE

LE SARDINERIEMPIONOLE PIAZZEDI SPERANZA

In queste pagine ospitiamo brevi commenti che hanno la “pretesa” di indicare la direzione del nostro giornale di comunità, prendendoci la libertà e la responsabilità di affrontare di petto la realtà

UNA GRANDE FAMIGLIA CHE RISPONDE A TUTTI

I FACILI POPULISMI. LE SARDINE SI SONO TROVATE ANCHE A

BERGAMO DAVANTI AL DONIZETTI LO SCORSO

13 DICEMBRE.

GLI ASPETTI AMBIENTALI?PRODOTTI SOSTITUITI

A RITMO FRENETICO SITRASFORMANO IN RIFIUTI

DIFFICILI DA SMALTIRE,

Battista Villa

IL CIELO È DEI VIOLENTI

Qualche anno fa l’Istat ci rese noto lo sviluppo di una nuova categoria sociale: le “generazioni sandwich”. Ne facevano parte ben oltre 15 mi-lioni, cioè i 45-55enni che, oltre al loro lavoro dovevano prendersi cura dei genitori anziani e allo stes-so tempo dei figli, che diventano economicamente autonomi sempre più tardi. Il peso del clan familiare gravava soprattutto sulle madri-fi-glie spesso costrette a rinunciare alla loro attività lavorativa. In que-sti giorni l’Istat ne ha aggiornato il profilo sociologico aggravandone il fardello e trasformandole in “ge-nerazioni doppio sandwich”: l’età si è dilatata a circa 65 anni, con l’aggiunta di un ulteriore strato generazionale da assistere, rappre-sentato dalla presenza dei nipoti. Insomma, veri “acrobati” moderni che, nonostante la minore elasticità dovuta all’età, devono rivelarsi più agili delle loro figlie nel districar-si tra cura della casa, assistenza ai nipoti e sostegno ai bis-nonni non più autosufficienti.

SONO ARRIVATELE “GENERAZIONIDOPPIO SANDWICH”DEI SUPERNONNI

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7Longuelo Comunità | Dicembre 20196 Longuelo Comunità | Dicembre 2019

sa, i titoli strillati e i sensazionalismi fanno più notizia del lavoro certo-sino che, però, costituisce il grosso del mosaico sinodale.

L’AMAZZONIA DEVE ESSEREEVANGELIZZATA DAGLI AMAZZONICI

primo piano

La notizia passò quasi in sordina, rilanciata som-messamente giusto da qualche telegiornale e da qualche testata nazionale; derubricata in fretta

e furia ad atto vandalico (dei più beceri, per altro), ma nulla più. Alcune statue provenienti dall’Amazzonia raffiguranti una donna incinta (simbolo della Pacha Mama, la Madre Terra, ma richiamanti anche l’icono-grafia mariana) erano state rubate nella notte tra il 20 e il 21 ottobre scorso dalla Chiesa della Traspontina – a pochi passi da San Pietro – e impunemente gettate nel Tevere all’alba. Il tutto venne ripreso in modo amato-riale da parte dello stesso ladruncolo e il video venne poi caricato su YouTube a mo’ di trofeo di guerra. Im-magini forti che hanno inevitabilmente diviso il web e l’opinione pubblica. Qualcuno azzardò – giustamente – la possibilità di una rivendicazione da parte di qualche “integralista cattolico” contrario al dialogo interreligio-so propiziato da Papa Francesco. E in effetti, dietro a

quel gesto ignobile si gioca – estremizzando e metafori-camente – una buona fetta del sinodo per l’Amazzonia appena conclusosi. Non già per la bellezza o per il mero valore economico, ma per ciò che quelle statue, esposte a pochi passi dal Vaticano, hanno rappresentato: un fe-condo dialogo tra la Chiesa cattolica (annunciatrice in Sud America e nel mondo del messaggio evangelico) e i popoli indigeni, ancora così legati ai loro culti e alle loro divinità ancestrali; capaci di far convivere, senza contraddizioni in termini, Cristo e la Pacha Mama in una commistione che il cattolico duro e puro non può accettare.

Quattro conversioni per una Chiesa amazzonica

Ma è proprio su questa apertura, su questo dialogo che si gioca la partita tanto voluta da papa Francesco e della quale il sinodo amazzonico ha, in un certo qual modo, dettato le direttrici. È stato un attento “lavoro diagnostico”, come l’ha definito il papa, con l’obietti-vo chiaro di avvicinare sempre più la Chiesa cattolica agli usi, alle tradizioni, alle credenze e alla spiritualità che sono proprie dei popoli amazzonici. Parliamo di quattro dimensioni – che Francesco preferisce chiama-re “conversioni” – fondamentali: una culturale e di in-culturazione nella difesa a 360 gradi dei valori indigeni e nel rifiuto deciso di ogni tipo di “colonialismo evan-gelico e culturale”; una dimensione ecologica che vede nel concetto di “ecologia integrale” avanzato dal Papa l’unico cammino possibile; la dimensione integrale o

Il sinodo concluso a fine ottobre ha ribadito la necessità di un vero dialogo ecumenico nel segno dell’inculturazione, anche se i mass media hanno rilanciato soltanto la questione del sacerdozio per gli sposati e il diaconato femminile

Davide Cavalleri

L’OBIETTIVO DI FRANCESCO È AVVICINARE SEMPRE PIÙ LA CHIESA

CATTOLICA AGLI USI, ALLE TRADIZIONI, ALLE CREDENZE E ALLA SPIRITUALITÀ

CHE SONO PROPRIE DEI POPOLI AMAZZONICI.

sinodale nell’ottica di una vita sem-plice e sobria, un’attitudine che in Sud America viene definita “Vivir bien”, vivere in armonia; la quarta dimensione, che include tutte le al-tre, è quella pastorale così presen-tata dal papa: “Abbiamo bisogno di un annuncio evangelico che sappia parlare ai popoli indigeni e tutte le proposte che sono state avan-zate vanno in questa direzione”. L’obiettivo sognato da Bergoglio è quello di un dialogo ecumenico profondo accompagnato da una (sempre più necessaria) pastorale indigena: l’Amazzonia evangelizza-ta dagli amazzonici.

Nuove ministerialità per diaconi e donne

Non è difficile prevedere che il sino-do sull’Amazzonia verrà verosimil-mente ricordato dai posteri soprat-tutto per le due fortissime proposte avanzate dai vescovi latinoamerica-ni (a nome di tutti i popoli amazzo-nici) relative all’ordinazione sacer-dotale degli uomini sposati e a un ministero per le donne. Era ampia-

mente pronosticabile, anche prima dell’inizio del mese sinodale, che la bomba a orologeria dei nuovi mi-nisteri sacerdotali sarebbe scoppia-ta in modo roboante; bastava aver seguito, anche solo di sfuggita, le premesse scaturite da tutto il lavoro preparatorio per intuire che sareb-bero arrivate delle proposte con-crete di questa portata. Ma in cosa consiste questa nuova forma di dia-conato? Che da domani i preti po-tranno sposarsi e avere figli? O che, come è stato erroneamente ipo-tizzato, tutti i diaconi permanenti potranno essere ordinati sacerdo-ti? Nient’affatto. Parliamo ancora di eventi eccezionali, di possibilità che verranno concesse solo nelle zone più remote dell’Amazzonia (e del mondo), laddove l’assenza di un sacerdote impedisce ai fedeli di poter ricevere i sacramenti fondanti della vita cristiana. Dunque, non ci sarà da sorprendersi più di tanto se le uniche cose che ricorderemo di questo sinodo saranno precisamen-te queste proposte estremamente concrete e radicali. D’altra parte, si

FRANCESCO: “ABBIAMO BISOGNO DI UN

ANNUNCIO EVANGELICO CHE SAPPIA PARLARE AI POPOLI INDIGENI E TUTTE LE PROPOSTE

CHE SONO STATE AVANZATE VANNO IN QUESTA DIREZIONE”.

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9Longuelo Comunità | Dicembre 20198 Longuelo Comunità | Dicembre 2019

LA NATURA SPIRITUALE DELL’UOMOL’itinerario comunitario della predicazione di Avvento ha avuto come oggetto di riflessione un tema abbastanza inattuale: la spiritualità come dimensione universale dell’umano e come cammino del cristiano. La spiritualità come ricerca del Senso, cura dell’interiorità, come ascolto dei sensi. La vita spirituale dei cristiani è la vita secondo lo spirito di Gesù. Comprendere – imitare – la vita di Gesù che è il vangelo, buona notizia, per ogni uomo è il senso del nostro stesso vivere. Ma non è scontata, non è data una volta per tutte. Il cammino è stato accompagnato da tre opere dell’artista Viveka Assembergs: una composizione dal titolo “Da qui”, commentata da Giovanna Brambilla della GAMeC. Foto di Federico Previtali.

DOSSIER

Fode e io abbiamo da poco scoperto le meraviglie di Netflix. Ci siamo tuffati a pesce. Nei ritagli post-serali, quando non è cotto lui (e, soprattutto, non sono cot-

to io), ci piazziamo davanti al grande schermo digitale della casa parrocchiale per guardare la bellissima serie spagnola “La casa de papel”. Adrenalina e suspense. Allo stato puro. Ovviamente non vi racconterò l’intricata storia degli otto protagonisti dal nome di città, il colpo messo a segno prima alla Zecca di stato e poi alla Banca di Spagna come esercizio di lotta anarchica. Il tutto sotto la regia del Professor Salvador (il nome è un caso?). Un deus ex machina che visto da vicino ha tutta l’aria di assomigliare a un Recalcati del thriller. Vorrei, invece, condividere la visione pastoral-televisiva dove il mio coinvolgimento nasce proprio dall'interesse che il mio ami-

All’uscita della chiesa vecchia, dove solitamen-te ci incontriamo per avviare la catechesi po-meridiana, un bambino di soprassalto commen-ta con beata innocenza: oggi sono già andato a messa. Il cucciolo non di-stingue la preghiera della catechesi dall’eucaristia domenicale. Lui a messa tendenzialmente non ci

va ma crede, onorando la catechesi, di assolvere il precetto. E l’unico pre-cetto è la catechesi stessa. Segni dei tempi. Il giorno del Signore è traslocato al venerdì o sabato po-meriggio. Chissà, forse le messe adesso sono così: basta entrare in una chie-sa in un qualsiasi giorno per dire di esserci anda-to. Segni dei tempi?

co musulmano manifesta davanti alle maschere di Salvador Dalì. Sono tutte uguali, le maschere, ma lui fin dall’inizio ha prediletto quella che cela l’identità del mefistofelico e affasci-nante Berlino. Ha tifato per lui fino al suo sacrificio (per chi non fosse ancora stato iniziato al pirotecnico plot della Casa ho già spoilerato abbastanza). Io mi sono commosso e appas-sionato per altre maschere (non vi dirò quali). Il rito che si celebra in canonica è tipicamente familiare: dopo le riunioni chiamo Fode, che è già nella sua stanza – sperando che non preghi o dorma già – proprio alla stessa maniera con la quale mia madre veniva a chiamare noi cuccioli maschi già coricati dopo il Carosello mentre alla tv in bianco e nero mandavano in onda il mito americano di John Ford secondo la sacerdota-le interpretazione di John Wayne. Quel western monumen-tale era roba solo per ometti. Le mie sorelle speravano in un melodramma mieloso dove al primo bacio c’era un sussulto casalingo sui divani. Mio padre ci raccontava che al cinema oratoriano del Borgo postbellico (al “cimena” come s’ince-spicava da piccini) all’epifania del bacio, dalle file posteriori s’impennava la censura urlante: “Istrice, luce!”. E la magia svaniva di colpo. Non ho mai capito, però, cosa c’entrasse l’istrice (ma nemmeno perché accendesse le luci in sala). Co-munque, anche le poltrone parrocchiali arrossiscono quando i protagonisti si baciano e si scambiano tutte le effusioni del mondo. Intuisco l’agitazione dell’amico musulmano e così di botto saltiamo a una più innocente sequenza. Non c’è che dire, la storia appassiona Fode, io spero impari perfino un po’ di italiano (magari anche Bella ciao). Intanto, siamo già lì come animali acquattati pronti ad azzannare la quarta serie.

MISSA BREVIS

Una bellissima serie televisiva spagnola diventa l’occasione per qualche ricordo di fanciullo e per la condivisione dei fine serata quando hai bisogno di decomprimere la giornata

Dall’altare non conto le persone. L’occhio, inve-ce, cade (e cerca) gesti di grande “inutile” tene-rezza. Un marito che alla preghiera del padre no-stro prende la mano della moglie e la stringe al pet-to, un altro signore che invita allo stesso gesto lo sconosciuto stupito di chi gli è accanto, un’an-ziana che vedendo tossi-

re il compagno di banco fruga nella borsa alla ri-cerca di una caramella risolutiva, una mamma che apre il libretto dei canti e lo condivide con chi le è vicino. La frater-nità eucaristica a volte si realizza proprio grazie a gesti così, non program-mati, spontanei, quasi ingenui, ma tremenda-mente veri.

FODE, IO E… “LA CASA DI CARTA”

diario di un parroco di periferia

QUEI PICCOLI GESTI DI TENEREZZA

Le tre opere in vetroresina di Viveka Assembergs, artista di origini svedese ma che vive e lavora a Torre Boldone, sono esposte nella chiesa parrocchiale (foto di Federico Previtali)

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11Longuelo Comunità | Dicembre 201910 Longuelo Comunità | Dicembre 2019

RICORDI D’INFANZIA E COSE DA GRANDI

Cosa significa che l’uomo è un essere spirituale? Per-ché la spiritualità – in tutte le religioni e culture – è una dimensione fondamentale dell’umano? L’itinera-rio dell’avvento osa mettere piede nel giardino dei temi inattuali come la spiritualità. In un tempo così marcato da tratti neo-materialistici (la febbre insaziabile eco-nomico-consumistica) e pseudo-sacrali (l’ubriacatura dominante della tecno-scienza vissuta come esperien-za quasi-religiosa) affermiamo la necessità di tornare a prendersi cura della natura spirituale come cifra pecu-liare dell’essere umano. Siamo più di un banale assem-blaggio di organi materici, accozzaglia indisciplinata e

randomica di cellule, casualità neuro-cerebrale, pura biologia… siamo esseri spirituali, viventi che si segna-lano nel mondo per l’eccedenza della loro natura ani-male. Il nostro specifico modo di stare nel mondo non si limita ad appiattirsi sulla fisicità di ciò che si vede e si tocca: l’umano si distingue per la spiccata natura trascendente, sempre in cerca di un compimento della vita come promessa, di un’ulteriorità che abbia a che fare con il desiderio di felicità, di verità, di bellezza, di giustizia e non solo come soddisfacimento di bisogni primari, pur necessari. L’uomo è tale solo quando si spinge oltre sé, al di là del palpabile e del misurabile, come dono per altro da sé. La spiritualità non ha nulla a che vedere con l’immateriale o l’evanescente o l’etereo: non è astrazione e non si oppone alla materia ma ec-cede la materia. Eccede il corpo, non coincide ma non può esserci senza: è il surplus che lo umanizza.

Cura dell’interiorità

La spiritualità è la cura dell’interiorità e di tutto ciò che la anima, cura delle “cose dello spirito” che non si vedo-no né si possono provare ma che concretamente nutro-

L’UMANO SI DISTINGUE PER LA SUA NATURA TRASCENDENTE, ALLA

RICERCA DI UN’ULTERIORITÀ CHE ABBIA A CHE FARE CON IL DESIDERIO

DI FELICITÀ, DI VERITÀ, DI BELLEZZA, DI GIUSTIZIA.

DOSSIERno il cuore, compiono realmente il desiderio, legano le relazioni: non puoi farne a meno se vuoi man-tenerti nel perimetro dell’umano. Siamo esseri spirituali, animati e non solo animali, perché coscienti, pensanti, desideranti, esseri di rela-zione: lo spirituale è ciò che ci lega con il mondo, la natura, gli altri e ultimamente con l’alterità assolu-ta di Dio. Lo spirituale ci chiama sempre a riconoscere l’alterità, l’ul-teriorità, l’interiorità, trascendenti cercatori di quel che ci manca.

Inscindibile unitàI cristiani, per via della tradizione biblica, hanno a cuore l’inscindi-bile unità corporeo-spirituale, an-nunciano la dirompente notizia che il luogo in cui lo spirituale può esercitarsi è soltanto il corpo. Spi-riti incarnati o corpi spirituali. La legge dello spirito è che non c’è spi-rituale senza il corpo. Al centro del cristianesimo c’è, infatti, il corpo. Il punto di partenza dell’avventura

cristiana è proprio l’ascensione del corpo di Gesù e la pentecoste del-lo Spirito. Il risorto che sale al cie-lo non è un’animella eterea ma un corpo inteso come relazioni e lega-mi, “assunto” da/in Dio. La pen-tecoste è il dono dello spirito del risorto che costruisce un corpo, il corpo risorto dei fratelli che vivono la comunione come testimonianza del vangelo del regno. L’ascensione concretizza lo spirito. La penteco-ste dà allo spirito una casa.

Due relazioni decisiveAlmeno due le esperienze che re-gistrano la verità della natura spi-rituale dell’uomo: la relazione del bambino con la madre e quella dell’innamoramento-amore tra due partner. Entrambe hanno il beneficio di farci sapere che l’uomo nasce soltanto dai legami spirituali, imparando a costruirli. Legami che non possono che essere incarnati dal corpo.

IL LUOGO DELLO SPIRITO È IL CORPO.

Christian Boltanski, DÉPART - ARRIVÉE

I CRISTIANI HANNO A CUORE L’INSCINDIBILE

UNITÀ CORPOREO-SPIRITUALE. IL LUOGO IN CUI LO SPIRITUALE PUÒ ESERCITARSI È IL CORPO. SIAMO SPIRITI

INCARNATI O CORPI SPIRITUALI.

L’INGIUSTA SEPARAZIONE DELLO SPIRITO DAL MATERIALE

Siamo figli di un’impostazione dua-listica che ci trasciniamo da secoli, frutto dell’impatto che la filosofia greca – che ha separato l’anima dal corpo – ha avuto su tutta la cultura occidentale. La separazione ha ac-creditato all’anima il massimo della stima penalizzando il corpo, luogo di puro esercizio sensoriale. I sensi, infatti, secondo questa lettura, sono sempre ambigui e giocano a con-fondere. Il corpo inganna, è troppo imbrigliato nelle spire dei desideri e dei bisogni carnali. Con lui non c’è futuro. Il futuro è tutto dell’anima.

L’eredità della filosofia greca

Il cristianesimo, che pure si è gio-vato del vocabolario greco come pietra angolare per il proprio di-segno teologico, ha fatto propria la separazione dualistica, rinca-

SECOLI DI DIVISIONI.

rando la dose con ampie lezioni sul disprezzo della carne, sul corpo come “asino”, banale strumento a supporto dell’anima, unica vera di-mensione. L’anima – non il corpo – resiste alla morte: solo a lei è ri-servato il glorioso destino dell’im-mortalità. È racchiuso lì nell’anima il nucleo vincente dell’uomo. Noi sappiamo che la notizia evangeli-ca – a sua volta frutto della grande letteratura vetero-testamentaria – è altra e pensa all’intero dell’uomo, all’uomo come intero, un tutt’u-no, un’unità. Le cose, però, non sono andate così. La dimensione spirituale dell’anima deve a tutti i costi liberarsi dalla stretta mortale della sensorialità corporea. Il corpo è responsabile di tutta la fatica che appesantisce il cammino di lenta spoliazione dell’anima dai sensi

ingannatori. Ed è responsabile del peccato e dei dintorni dell’errore (la spiritualità cristiana metteva in campo le virtù cardinali per correg-gere le deviazioni corporeo-senso-riali dei sette vizi capitali).

Immortalità o resurrezione?

Quell’impostazione è così penetra-ta, perfino nell’immaginario della spiritualità antica, che ancora oggi è difficile da scardinare. Arduo, per esempio, è liberare l’originale notizia evangelica (che riguarda la salvezza dell’uomo nel suo intero) dall’idea che la resurrezione non riguarda il corpo ma solo l’ani-ma. Il corpo, dopo aver fatto il suo “mestiere” da servo inutile, viene licenziato, dimenticato, lasciato pe-rire, morire nella polvere, perché è da lì che proviene. Quindi, tutta

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13Longuelo Comunità | Dicembre 201912 Longuelo Comunità | Dicembre 2019

DOSSIER

LA MODERNITÀ, LIBERANDOSI DEL

DISCORSO RELIGIOSO DEL SENSO DI COLPA

DELLA MORALE CATTOLICA (VEDI

SESSUALITÀ E GOLA), SI PUÒ CONCENTRARE SUL

CORPO.

la dimensione spirituale – lo sfor-zo ascetico-morale – è consacrata all’elevazione dell’anima che abita il corpo dell’uomo. La separazione tra il corporeo-materiale e lo spirituale non ha giovato all’annuncio della buona notizia evangelica. Il cristia-nesimo, non essendo una religione astratta, non annuncia l’immorta-lità dell’anima ma la resurrezione della carne come per altro confes-siamo con l’essenziale vocabolario del Simbolo apostolico (IV secolo).

La stagione dell’edonismoLa modernità, liberandosi del di-scorso religioso e dei sensi di colpa della morale cattolica (soprattutto in materia di sessualità e di gola), da una parte si è liberata dal peso

di una chiesa dei no, dall’altra si è svincolata dal laccio della separa-zione. Non avendo più alcun Dio ci si può concentrare sul corpo. La cultura odierna, infatti, cede sotto i facili colpi degli edonismi neo-ma-terialistici.

Lo spirituale e la Trinità

La dimensione spirituale della vita dell’uomo ha un fondamento irri-nunciabile: lo spirituale dell’umano è parente stretto dello Spirito della Trinità. Lo spirituale è il legame e la relazione, perché Dio è Legame e Relazione nella Trinità delle per-sone. Il Legame-Relazione è sempre dialogico, punta all’incontro. La spiritualità cristiana non è ripiega-mento di sé, auto-concentrazione

dell’io, soddisfacimento di un qual-che mistico bisogno, ma desiderio dell’incontro con l’alterità fraterna e divina.

IL SOGNO DELLA TECNICA DI ANDARE OLTRE IL CORPO

IL COMPUTER COME ANIMA.

Oggi si parla molto di trans-uma-nesimo, di post-umanesimo, di ul-tra-umanesimo per dire del nostro ingresso nell’era di Matrix. Grazie ai miracoli della tecno-scienza stiamo assistendo a un cambiamento epoca-le del paradigma antropologico, cioè di come noi pensiamo e percepiamo l’umano: sempre di più, infatti, l’uo-mo sarà il risultato dell’ibridazione tra tecnica e corpo. La tecnologia non sarà soltanto un’estensione del corpo: sarà un tutt’uno con il corpo. La tecnologia ci abiterà. Una specie di dolce e innocente invasione?

La società post-mortaleL’obiettivo è la creazione di una so-cietà post-mortale, realizzando il sogno della tecnica di andare oltre il corpo. Siamo un’umanità in uscita dall’umanesimo. L’ibridazione della tecnologia con il corpo umano non modifica soltanto il corpo, ma cam-bia radicalmente la percezione della coscienza (anima) e quindi il modo di vedere l’uomo e il mondo. Come i processi di inserimento tecnologici nel corpo umano possono incidere e modificare la nostra percezione del

reale? Come definiremo l’identità dell’Io?

Riprogrammare l’uomoIl progetto della (nano-)tecnolo-gia sul corpo dell’uomo punta a ri-programmare l’umano, rendendo sempre più secondario il ruolo del corpo. Il corpo soltanto come “mac-china” di pezzi intercambiabili. La tecnologia è perfettamente in grado di svolgere le funzioni primarie. Il corpo torna a essere un “estraneo” (estraniato da se stesso). Il dualismo si ripresenta: non più corpo-anima, materiale-spirituale, ma virtuale/di-gitale e spirituale. Il corpo diventa soltanto l’ospite di più o meno con-sistenti inserimenti nano-tecnici. Che ne sarà dei processi di appren-dimento e comportamento? E la me-moria, la coscienza?

La vita digitaleL’impatto della digitalizzazione nel-la nostra vita è un’evidenza. Più che esseri spirituali, siamo ormai esseri digitali. Basta un semplice cellulare di nuova generazione – con tutte le App – a farci intuire che oggi questo

sofisticatissimo “strumento” funzio-na non soltanto come una grande memoria esterna e nemmeno sol-tanto come un’estensione corporea. Lo strumento non è semplicemente un “innocente” mezzo, esteticamen-te bellissimo, che ci risolve e facilita la vita: rende la vita più piacevole. Lo strumento coincide con la no-stra vita, dandole forma. La nostra esistenza è messa da parte, viene “salvata” magari su qualche “cloud” (la famosa nuvola, eterea, a-dimen-sionale, immateriale…). Siamo dati salvati grazie a un backup. Informa-

GRAZIE ALLA TECNO-SCIENZA ASSISTIAMO A UN CAMBIAMENTO

EPOCALE DEL PARADIGMA

ANTROPOLOGICO: L’UOMO SARÀ IL RISULTATO

DELL’IBRIDAZIONE TRA TECNICA E CORPO.

SIAMO FIGLI DI UNA SECOLARE IMPOSTAZIONE DUALISTICA, FRUTTO DELL’IMPATTO CHE LA FILOSOFIA GRECA – CHE HA SEPARATO L’ANIMA DAL CORPO – HA AVUTO SULL’OCCIDENTE.

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15Longuelo Comunità | Dicembre 201914 Longuelo Comunità | Dicembre 2019

I CRISTIANI CUSTODISCONO LA BUONA NOTIZIA DEL CORPO, MA LA SOCIETÀ SMATERIALIZZA. SI TRATTA

DI CREDERE NEL CORPO COME CI HA CREDUTO IL DIO DELL’INCARNAZIONE

E DEL NATALE.

DOSSIER

zioni, contatti, foto, messaggi… Siamo il backup di noi stessi. La tecno-scienza è una promessa di felicità e sal-vezza. La salvezza che chiedevamo alla religione oggi la attendiamo dalla nuova religione digitale.

Quanti Grandi FratelliLa nostra interiorità-intimità, sconosciuta ai più, è cono-sciutissima dai Grandi Fratelli. Siamo oggetto di poteri invisibili perché oggi il vero potere è “possedere” dati (con la scusa di salvarli, metterli in sicurezza), “sapere” i tuoi desiderata e i tuoi gusti in fatto di consumi… Goo-gle, Facebook, Apple, Amazon e tutti i Big Tech… sono gli amministratori dei nostri desideri, gli angeli custodi

dei nostri sogni/bisogni, i colossi economici che decido-no mercati e politiche.

Che ne è della libertà?E tutto questo a dispetto della nostra libertà. Il rischio è aver firmato un assegno in bianco: in cambio dell’effi-cienza strumentale per il benessere della nostra vita noi abbiamo ceduto la libertà (svenduto l’anima?). Nessun catastrofismo apocalittico, ma guardiamo con lucidità i fenomeni. La Rete è diventata la vera Anima Mundi, il Grande Spirito. Immateriale e fluida, la Rete si compor-ta con tutti i contorni del sacro creando le sue comunità virtuali o digitali. Non più Madre Terra, ma Madre Rete.

Credere nel corpoNoi cristiani custodiamo la buona notizia del corpo, ma siamo una società che smaterializza. Diventiamo de-cor-porei (la tecnica ci aiuterà a fare una meno del corpo) e de-spirituali (le nuove devozioni e sacralità corrono sul filo della Rete). Il nostro compito è credere nel corpo come ci ha creduto il Dio dell’incarnazione e del Natale. Per difendere l’umano (e la sua interiorità e spiritualità) dobbiamo difendere l’originalità del corpo in grado di sentire il mondo, l’altro, Dio.

LO SPIRITO SI SALVA DIFENDENDO IL CORPO

UN COMPITO DA CRISTIANI.

I cristiani devono mettere in cam-po tutta la sapienza del vangelo e della tradizione biblica sul corpo se vogliono difendere lo spirito, lo spirituale che siamo noi (e non che risiede in noi). Se vogliono difen-dere lo spirituale dalle tentazioni eversive del materialismo econo-mico-consumistico, dai rigurgiti del neo-spiritualismo devozionale, e dalle fughe in avanti nei paradisi digitali di una qualche Rete imma-teriale, devono difendere il corpo.

Il vangelo del corpoCome credenti siamo chiamati a esercitare una quasi fede nel corpo. Esiste un vangelo del corpo che non è la consacrazione del carnale, ma la buona notizia di Dio venuto a in-

contrarci attraverso il corpo. Quello del figlio di Nazareth. Dovremmo dare fiducia al sentire del corpo, ai sensi che annunciano e comunicano il Senso… persino il senso ultimo divino. Nelle parole-gesti del corpo parla lo spirito dell’uomo, la sua di-mensione di interiorità e intimità, la sua inquietudine, il desiderio di ricerca del Senso, dell’Altro, del Mi-stero, il desiderio di compimento e di bellezza, il movimento dell’anima che va incontro al mondo, si sente parte dell’universo e della natura, cerca il legame fraterno e dell’amore e dello stare insieme con gli uomi-ni… Lo spirituale è la prova del no-stro legame umano con gli umani e con il divino. Il divino che è in noi.

Il principio era la relazioneDio è il primo che per difendere il Legame con l’uomo si è fatto carne. Ha sposato la carne. In principio – racconta il grande affresco teologico nell’incipit del vangelo di Giovanni (il Prologo ascoltato a Natale) – era il Verbo-Parola. La Parola era pres-so Dio. La Parola era Dio. Così, si può anche tradurre: Logos come Parola ma anche come relazione-le-game. In principio era la relazio-ne-legame. Nulla come la parola fa capire quanto l’uomo sia un essere corporeo-spirituale. Perché è la pa-rola a dare voce al Legame origina-rio, all’Origine che lega. La logica (Logos) di Dio è relazione. La natu-ra originaria di Dio è la relazione. E

LA VITA SPIRITUALE DEL CRISTIANO È LA VITA

SECONDO LO SPIRITO DI GESÙ, SECONDO

L’UMANITÀ DEL FIGLIO. APPUNTO, ESSERE FIGLI

COME IL FIGLIO GESÙ.

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17Longuelo Comunità | Dicembre 201916 Longuelo Comunità | Dicembre 2019

DOSSIER

la relazione è legame spirituale. Questa relazione diven-ta umana, non prendendo a prestito un corpo, ma en-trando nella stessa dinamica relazionale grazie alla quale tutti gli uomini, venendo al mondo, diventano umani. Il Natale è questo: non soltanto Dio si è fatto uomo (incarnazione); nella vita corporea-spirituale di Gesù splende la bellezza di Dio. Nella vicenda umana di Gesù noi possiamo “vedere” e “toccare” come è Dio per l’uo-mo. Ebbene non avremmo mai potuto sapere il come di Dio, se proprio lui – Dio – non ci fosse venuto incontro, se non ci avesse cercato. Nella maniera con cui Gesù ha vissuto noi abbiamo anche potuto sentire i sentimenti di Dio. Abbiamo sentito Dio. Anche Dio nell’esperienza di Gesù sente l’umano. Sente di umano. Sa di umano.

Consegnare il corpo per difenderloGesù difende il corpo consegnando il suo come dono affinché il dono del corpo crei un legame eterno con gli uomini. Non c’è altra maniera di salvare il corpo se non quello di consegnarlo in dono. Il dono del corpo è il dono di tutto ciò che abbiamo imparato a chiamare cor-po, di tutto ciò che il corpo dell’altro – per esempio – è stato per noi: pensieri, abbracci, stretta di mano e sguar-di, parole e pensieri. Ancora una volta il legame, la rela-

zione. Questa ci rende “parenti” di Dio, “concittadini” del cielo. Se la relazione, il legame originario è la “pasta” stessa di Dio, se è in qualche maniera proprio il corpo di Dio, possiamo dire che l’uomo – l’umano dell’uomo – è a immagine e somiglianza del “corpo” di Dio.

Diventare figli di DioOrmai alla grotta di Betlemme, ci mettiamo in ascolto di alcuni grandi padri della Chiesa che da subito hanno cre-duto che il legame umanodivino di Gesù fosse decisivo per la speranza cristiana, e utile per fondare la spiritualità cristiana. Infatti, noi diciamo che il Verbo si fece carne perché diventassimo “partecipi della natura divina”.

La vita secondo GesùLa vita spirituale del cristiano è la vita secondo lo spi-rito di Gesù. “Abbiate gli stessi sentimenti che furono di Cristo Gesù”, dice san Paolo ai filippesi. La maniera con cui Gesù ha interpretato la sua umanità è l’essere stato figlio. La vita spirituale è essere figli come il figlio Gesù. È il riconoscimento della paternità divina e della prossimità fraterna con tutti gli uomini perché appunto tutti – senza distinzione – sono figli dello stesso Padre.

LA NOSTRA COMUNITÀ BERSAGLIO DELLE PAROLE OSTILI E DELL’ODIO SOCIAL

ARTE CONTEMPORANEA & LITURGIA

Quello che spesso accade nella Rete questa volta succede a noi. Sul profilo Facebook del parroco don Massimo, che ha postato le imma-gini delle opere di Viveka Assem-bergs messe in chiesa per l’avvento (pubblicate su questo numero di LC), sono apparsi commenti di una ostilità francamente ingiustificabi-le. Hanno cominciato a comparire, con una coincidenza fin troppo so-spetta, all’indomani del convegno su don Milani ospitato nella nostra comunità. Non ci si sente qui in dovere di giustificare scelte che ci accompagnano da anni, né entrare nel merito della qualità artistica del-le opere, che resta nell’ordine delle cose opinabili, ma sempre stando sul piano di una specifica compe-tenza. La comunità continua sere-namente la sua vita. Sembra più uti-le trarre qualche pensiero generale da questa vicenda che offre spunti istruttivi su un fenomeno su cui vale la pena interrogarsi.

Le ambivalenze socialAnzitutto una vicenda come questa svela ancora una volta le ambivalen-ze di uno strumento comunicativo esposto alle manipolazioni di chi ne possiede le competenze tecniche. Quello che sembra lo spontaneo montare di un’indignazione istin-tiva non è che frutto di una delibe-rata pianificazione preventiva. Un grappolo di “profili” palesemente finti, intestati a improbabili nomi stranieri e costruiti come esche, in-nescano l’eccitazione di una pole-mica che puntualmente, come mie-le rancido che attrae uno sciame di insetti, aggrega un numero crescen-te di commentatori, moltiplicando

esponenzialmente la “viralità” del presunto dibattito. L’abbiamo visto succedere in politica dove l’interes-se a incitare l’emotività si è rivelato un ottimo strumento di raccolta del consenso.

Il sottobosco cattolicoIn questo caso tutto sembra voler sollevare la rivolta di un sottobosco cattolico e religioso dalle stravaganti concezioni sacrali, dichiaratamente ostile alla linea dell’attuale pontifi-cato, vicino se non appartenente a quelle organizzazioni che ne con-testano apertamente la legittimità. A questo crescente risentimento ul-tradevoto, dalle chiare connotazio-ni parascismatiche e dai dichiarati orientamenti reazionari, la rete ha offerto uno spazio di grande proli-ferazione, che in casi come questo si esercita a mostrare le sue minac-ciose dimensioni. La loro perento-ria professione di ortodossia in un cattolicesimo sostanzialmente im-maginario si contraddice nella pre-potenza di un linguaggio violento, offensivo, insinuante, intimidatorio, minaccioso. Più materia di Polizia postale che di Teologia fondamen-tale. Sarebbe sufficiente l’ammoni-mento del Signore, per il quale an-che solo dire “stupido” a un fratello vale il fuoco della Geenna, a mostra-re la loro profonda estraneità a una vera comunione evangelica.

La virulenza linguisticaQuesta virulenza linguistica, protet-ta dall’anonimato e dalla distanza, si esalta di preferenza attorno a que-stioni che attengono alla vita liturgi-ca della chiesa e alle sue componenti estetiche, che per molti di loro sono distintive di una tradizione sostan-zialmente immaginaria. Colpisce il

particolare sottofondo occultistico nel quale collocano i loro giudizi in materia, una visione magica del reli-gioso, il ricorso a ridicole evocazio-ni demoniache (la più grande prova dell’esistenza del diavolo è il nostro desiderio di vederlo all’opera, si dice in un famoso romanzo), una visione paranormale della fede che l’orto-dossia del vangelo sbugiarda aperta-mente e in tutti i modi.

La libertà della chiesaSi tratta insomma di persone in profonda difficoltà con la vita, di-sorientate dalla complessità del pre-sente, che avendo trovato in questa versione lugubre e retriva della fede una parvenza di ordine psichico, odiano in profondità chiunque ne scalfisca in qualche modo l’integri-tà, reagendo con quella stessa ottusa veemenza che sicuramente, da bravi difensori della nostra razza, avran-no disprezzato nei militanti dell’Isis che si sono scagliati contro i Budda sacrileghi in Afghanistan. Insom-ma, si tratta di gente che ha bisogno di aiuto. La chiesa vera è un luogo dove trovarne in abbondanza. La quale è anche così magnanima da lasciarli persino liberi di rotolarsi nel fango delle loro farneticazioni.

La comunità sta ospitando durante l’avvento alcune opere dell'artista Viveka Assembergs. Non è la prima volta che l’arte entra nella nostra chiesa. Ma è la prima volta che su Facebook si scatena il rancore di alcuni catto-tradizionalisti. Rispondiamo con la nostra libertà. Senza risentimento e senza ripagare con la stessa moneta dell'odio

TUTTO SEMBRA VOLER SOLLEVARE LA RIVOLTA DI

UN SOTTOBOSCO CATTOLICO E RELIGIOSO DALLE

STRAVAGANTI CONCEZIONI SACRALI, DICHIARATAMENTE

OSTILE A FRANCESCO.

GESÙ DIFENDE IL CORPO CONSEGNANDO IL SUO CORPO COME

DONO. NON C’È ALTRA MANIERA DI SALVARE IL CORPO SE NON QUELLO DI

CONSEGNARLO IN DONO.

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19Longuelo Comunità | Dicembre 201918 Longuelo Comunità | Dicembre 2019

comunità

laica preghiera le strofe di De André, emozionando, commovendo, suscitando riflessioni e domande; evo-cando con forza quella “poetica degli ultimi” tanto cara a Fabrizio: «Ma verso il vino e spezzò il pane / per chi diceva “ho sete, ho fame”», parole che, forse, all’ombra di un crocefisso hanno tutto un altro sapore.

Una figura trasversaleAd accompagnare e impreziosire l’emozionante serata è stata certamente la presenza di Dori Ghezzi, moglie di Faber, che dopo tanti anni ancora si domanda: «Come ha fatto ad entrare nel cuore di così tante persone? Ero cosciente di stare con un uomo straordinario ma non mi capacito di come riesca a essere ancora così attuale. A volte incontro persone di una certa età che mi confes-sano: “Mio figlio mi ha avvicinato a De André” e allora mi rendo conto che è stato davvero una figura trasver-sale che travalica le ideologie politiche e le generazioni». Lei, Dori, non sente il bisogno di interpretare in maniera esclusivista l’opera del marito ma, anzi, incoraggia i gio-vani a rileggerne e veicolarne il messaggio: «Fabrizio è di tutti ed è per questo che non mi sento di impedire ai giovani di reinterpretare le sue canzoni».

Dopo il percorso estivo con le famiglie, la comunità di Longuelo continua a lavorare sulla poetica di De André che ci consegna «una goccia di splendore di umanità», che riporta bellezza in un tempo fatto di parole ostili e cariche d’odio. E, sotto lo sguardo della candida Maria realizzata da Dietelmo Pievani, le ultime parole che Fa-brizio mise in bocca al “buon ladrone” (Tito) suonano come una preghiera da parte di tutta la comunità che con fiducia sussurra: «Nella pietà che non cede al ran-core, madre, ho imparato l’amore».

Davide Cavalleri

“COME HA FATTO FABRIZIO A ENTRARENEL CUORE DI COSÌ TANTE PERSONE?”

Dori Ghezzi, moglie di De André, è stata a Longuelo per l’“Omaggio a Maria” dell’Immacolata dove Giorgio Cordini ha eseguito “La buona novella”. Una chiesa stracolma ha seguito nel silenzio e con emozione il concerto

«Avevo urgenza di salvare il cristianesimo dal cattolicesimo». Con queste parole Fabrizio De André presentava – ormai

50 anni fa (1970) – una delle sue opere maestre: l’al-bum La buona novella. Lui, ateo e anarchico convinto, non aveva certo come obiettivo quello di farsi porta-voce delle istanze evangeliche né, tanto meno, di fare propaganda alla chiesa cattolica. Ha voluto, piuttosto, riscattare il lato squisitamente umano di quello che lui definì come «il più grande rivoluzionario di tutti i tem-pi»: Gesù di Nazareth. «Non intendo cantare la gloria / né invocare la grazia e il perdono / di chi penso non fu altri che un uomo / come Dio passato alla storia» verseggiava magistralmente Fabrizio cercando, a più riprese, di stemperare la connotazione divina del naza-reno ed esaltarne quella di uomo-fratello.

Una preghiera laicaPer la festa dell’Immacolata (nostra patrona) la comu-nità di Longuelo ha voluto regalarsi una chicca, una perla di assoluta bellezza: un concerto-omaggio a Ma-ria strutturato sulle canzoni del cantautore genovese. A reinterpretare quel capolavoro senza tempo che è “La buona novella” è stata la Piccola Orchestra Apocrifa di Giorgio Cordini, già chitarrista di Faber dal ’91 al ’98, che ha sottolineato l’importanza di quell’album: «Fabrizio ci teneva particolarmente, tanto che a ogni tournée voleva eseguirne almeno cinque brani». Tra le vele della tenda in cemento hanno risuonato come una

comunità

DARE VOCE ALLE PAROLE DI SPERANZA DEI POVERINella seconda giornata di comunità, lo scorso 17 novembre, sì è vissuta la III Giornata mondiale dei poveri voluta da papa Francesco per tenere accesi i riflettori su un tema cruciale e scomodo

Monica Ferrante

Ci sono parole un po’ scomode che pronunciamo con una certa fatica e un po’ d’imbarazzo. Talvol-ta proviamo a farle incrociare con la nostra vita.

Non è facile, spesso ci rinunciamo. Parole come povertà e poveri, per esempio. Termini che aprono squarci su mondi complessi, faticosi, percepiti come minacciosi per la nostra sicurezza e serenità. Ma quanto ci danno fastidio i poveri? Quanto disagio ci procura il pensiero di incontrarli, di ascoltarli e di condividere con loro una manciata di minuti del nostro tempo? E poi, siccome non è elemosina, come pratichiamo la carità nella sua dimensione di cura e gratuità?

Ma i poveri sperano?In un mondo dove tutti corriamo quanto “dà fastidio chi rimane indietro?”. È la provocazione di papa Fran-cesco che con forza e perseveranza si ostina a parlare di poveri e povertà. Istituisce per il terzo anno consecuti-vo – lo scorso 17 novembre – la Giornata mondiale dei poveri. Non per i poveri né con i poveri. Ma dei poveri. Una preposizione che fa la differenza perché tutti sia-

mo chiamati a riflettere sulla condizione di fragilità e di limitatezza che ci appartiene. “Povero è l’uomo, ogni uomo – scriveva don Primo Mazzolari nel suo La pa-rola ai poveri –. Non per quello che ha, ma per quello che è, per quello che non gli basta e che lo fa mendi-cante ovunque, sia che tenda la mano, sia che la chiu-da”. Basterebbero queste parole – a proposito di parole – per sintetizzare al meglio lo spirito del messaggio del pontefice. La comunità ha provato a lasciarsi stimolare e provocare dal Salmo 9 con cui si apre il documento ufficiale: “La speranza dei poveri non sarà mai delusa”. “A volte basta poco – si legge nella lettera – per restitu-ire speranza: basta fermarsi, sorridere, ascoltare. Per un giorno lasciamo in disparte le statistiche: i poveri non sono numeri a cui appellarsi per vantare opere e proget-ti. I poveri sono persone a cui andare incontro”.

Un semplice gesto di comunioneÈ così che i volontari dei gruppi caritativi della comu-nità, nonché i referenti dei diversi progetti di accoglien-za presenti in quartiere – Casa colori, DireFareAbitare, Cp91 e CityFamily – si sono impegnati a raccogliere a partire da ottobre, attraverso semplici e cordiali chiac-chierate, le parole di persone che stanno vivendo una situazione di fatica e di povertà. Parole che raccontano di cosa è fatta la speranza, la loro speranza. Di cosa vo-glia dire sperare quando sembra che tutto sia contro di te e di come una piccola comunità come la nostra pos-sa in qualche modo essere d’aiuto a sperare. Abbiamo raccolto moltissime parole. Le abbiamo fatte diventare le parole di tutti i presenti alla celebrazione eucaristica delle 10.30.

UN GESTO SEMPLICE, SPONTANEO E LIBERO PER DARE VOCE, LA NOSTRA

VOCE, A QUELLE PAROLE DI SPERANZA RICEVUTE COME DONO. DARE VOCE A

CHI SPESSO VOCE NON NE HA.

Dori Ghezzi nella chiesa di Longuelo accanto al musicista Giorgio Cordini

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21Longuelo Comunità | Dicembre 201920 Longuelo Comunità | Dicembre 2019

comunità

Nel tempo dell’omelia infatti è stato rivolto a tutti i pre-senti l’invito a leggere con tanto di microfono il bre-ve testo contenuto nella bustina colorata che era stata consegnata all’ingresso. Un gesto semplice, spontaneo e libero per dare voce, la nostra voce, a quelle parole di speranza ricevute come dono. Dare voce a chi spesso voce non ne ha.

La preoccupazione che le persone non avessero l’ardi-re di prendere parola e quindi che il silenzio regnasse in quel quarto d’ora era presente. Timore che ci aveva suggerito di individuare in via preventiva qualche "vo-lontario" che rompesse un po’ il ghiaccio e desse il via. Espediente non utilizzato, poiché le persone, una dopo l’altra, hanno accolto l’invito con entusiasmo e dato voce ad almeno una trentina di testimonianze. È stato un bel gesto di comunione, vissuto intensamente e ap-prezzato da molti.

Dalla comunione alla convivialitàÈ attorno alla mensa dell’altare che la comunità celebra il cuore del vangelo, così come attorno alla mensa di una bella tavola imbandita s’intessono relazioni e lega-mi. Vorrebbe essere un po’ questo il senso delle cinque

Giornate della comunità programmate per quest’anno pastorale. La seconda giornata – la Giornata della carità, calendarizzata appunto in coincidenza con la Giornata mondale dei poveri – è continuata in oratorio con un pranzo aperto a tutti. L’idea è semplice: creare e conso-lidare i legami tra di noi, costruendo fraternità ospitali e coltivando relazioni inclusive. Ci sembra che sia questo il compito principale di una comunità cristiana: favori-re l’incontro dell’uomo con il vangelo perché lì vi è cu-stodito il senso universale del vivere umano. Segnate in agenda le date delle prossime Giornate della comunità: domenica 2 febbraio con la Giornata delle generazioni e domenica 29 marzo con la Giornata della fraternità (10° edizione del Quartiere a colori). Non manchiamo!

comunità

rare oggi, per me, vuol dire anche avere fiducia che, soprattutto dopo le elezioni in Ucraina, la guerra con la Russia possa finire perché troppi giovani stanno morendo.

Alimada, donna ospite di CasacoloriSono arrivata in questa terra italia-na 30 anni fa con mio marito ed una grande speranza: il lavoro. Oggi mi ritrovo vedova e senza un lavoro: la mia speranza adesso è non invecchia-re in solitudine. Abito nel quartiere da qualche anno ma non ho amicizie…io sono troppo timida per rivolgere la parola a qualcuno che non conosco.

Joseph, minore straniero ospite di DireFareAbitare Per me la speranza è pensare ad un mondo in cui ci sia libertà, ci sia la possibilità di poter fare una vita libe-ra come quella che sto vivendo qua, dove poter prendere le decisioni sen-za imposizioni nè pregiudizi.

Omar, minore straniero ospite di DireFareAbitareLa speranza è avere l'opportunità di vivere e tornare dalla mia mamma come un uomo realizzato.

Adnan, minore straniero ospite di DireFareAbitare Spero di laurearmi. Rendere fieri i miei genitori è un vero atto di speranza

Tedua, minore straniero ospite di DireFareAbitare Per me la parola speranza significa pensare ad un futuro che sia nelle mani dei deboli che si sono fatti co-raggio nella vita.

Amin, minore straniero ospite di Dire-FareAbitareSvegliarsi in un luogo sicuro ogni mattina, questa è speranza

Una donna immigrata dall’AfricaProvengo dal Camerun. Mio marito è morto, accusato di essere opposito-

Un anziano che vive da soloPer me sperare significa poter star meglio in salute, non soffrire troppo e poter morire nel mio letto. La mia speranza ora è fatta di tanta preghie-ra, soprattutto della recita del Santo Rosario. La mia comunità mi aiuta a sperare quando sono a Messa e pre-ghiamo insieme, quando vengono a trovarmi alcuni amici o i miei cari, specialmente i miei nipoti. Confido nel Signore e nella sua protezione e lo ringrazio ogni giorno.

Un’anziana in famigliaPer me, sperare è proseguire la mia vita in discreta salute e non essere di peso a chi mi vive accanto. La mia speranza si nutre del desiderio che i nostri giova-ni possano avere un mondo migliore, basato sul rispetto per tutti e con una maggiore consapevolezza delle proprie azioni. Mi conforta la presenza di tanti volontari che nella nostra comunità de-dicano tempo, aiutando gli altri e que-sto è un bel segno di speranza per tutti.

Silvana 76 anni, da 16 in casa di riposo.La speranza è la fiducia nel futuro.

Angela 91 anni, casa di riposoLa speranza è un modo di perseverare col pensiero che tutto prosegua nel migliore dei modi, seguendo un metodo di cura che porti ad una soluzione di guarigione. La speranza alla fine è una cura che fa bene sempre. Tutto questo è normale!

Una persona non credenteLa mia speranza è di vivere in un mon-do più solidale e rispettoso di tutti gli esseri viventi. Si basa sulla fiducia nel-la ricerca scientifica, che ci può dare la possibilità di rimediare ai gravi errori compiuti dagli uomini verso tutti gli es-seri viventi e l’ambiente naturale.

Una badante ucrainaPer me sperare vuol dire avere fidu-cia nel domani per migliorare la mia vita e quella dei miei figli in modo che abbiano un futuro migliore. Spe-

re del governo ed io sono riuscita a lasciare la mia terra attraversando una zona desertica. Quando sono partita avevo 5 figli anche loro fuggi-ti. Dopo alcuni anni ho ritrovato un figlio che ora vive con me e frequen-ta l’ultimo anno dell’istituto Pesenti. Un altro figlio ho saputo che è morto e un altro ancora non sono riuscita a ritrovarlo. La parola speranza per me si traduce nel miglioramento del modo di vivere e nel riconoscimento da parte del mondo delle aspettative di ciascuno. Spero di ritrovare anche l’ultimo figlio di cui non ho più avu-to notizie.

Giovane mamma di origine marocchina con figlio disabileProvengo dal Marocco. Sono venuta in Italia da piccola con mamma e 4 fratelli circa 20 anni fa. Oggi la mia speranza è quella che tutti i popoli di abitudini e lingue diversi trovi-no una pacifica convivenza e non ci siano intolleranze. La comunità di Longuelo mi è stata molto vicina so-prattutto quando mi è nato un bim-bo disabile e il marito se n’è andato.

Una nonna con problemi di saluteLa speranza è uno sguardo buono sul-la vita degli uomini che oltrepassa la soglia temporale e li fa guardare con positività, al di là delle immancabili sofferenze del corpo e dello spirito.

Una donna originaria del MaroccoProvengo dal Marocco e sono in Ita-lia da circa 20 anni. Inizialmente ho abitato fuori Bergamo ed ora vivo da qualche anno nelle case Aler di Longuelo. Spero che il domani sia migliore dell’oggi perché Dio ci viene in aiuto attraverso le persone che in-contriamo.

Una nonna longueleseLa speranza umana è un impegno a vivere e non può venir meno. I fratelli che ci stanno vicino possono e devono aiutare ad avere fiducia.

21Longuelo Comunità | Dicembre 2019

IL COMPITO DI UNA COMUNITÀ È FAVORIRE L’INCONTRO DELL’UOMO

CON IL VANGELO

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23Longuelo Comunità | Dicembre 201922 Longuelo Comunità | Dicembre 2019

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1

Longuelo Comunità | Gennaio 2019

DON MARTINO

GRAZIE!

Un prete di parola

e di carità

Un cristiano autentico

pag. 4

NUMERO 01

GENNAIO 2019

IL SOFFIO DELLA GRAZIA

VEGLIA

DI NATALE

Quattro giovani donne

rileggono il vangelo

dell’Annunciazione a Maria

pag. 17

VITADI COMUNITÀ

Le convivenze degli ado,

il Cri in oratorio, i concerti

e la bancarella per la Terrasanta

pag. 25

IL VOTODEGLI ITALIANIContinuità per GoriIl rosario di Salvinibatte papa Francescopag. 6

NUMERO 06GIUGNO / LUGLIO 2019

STRADA FACENDO

LA MIAVACANZASei redattoriraccontanoil loro viaggio dei sognipag. 13

IL WEEKENDDEL CONSIGLIO PASTORALELe scelte e la bussoladella comunitàper la vita cristiana di tuttipag. 20 ASSEMBLEADI COMUNITÀLe scelte pastorali

della comunitàpensando al futuropag. 7

NUMERO 08

OTTOBRE 2019

NOI CRISTIANI, FRATERNI COMMENSALI

DELL’UMANITÀ

ESPERIENZEPASTORALI / 1Pellegrinaggio interparrocchiale

a Ivrea sulle ormedi Adriano Olivettipag. 18

ESPERIENZEPASTORALI / 2La festa dei giovanitanta musicae moltissimo entusiasmo

pag. 20

Lo scorso 3 ottobre è deceduto Marcello Rota, frate cappuccino originario di Longuelo. Il suo nome di bat-tesimo era Antonio. È morto nel convento di via Cap-puccini dov’era dal 2003 ospite, dopo il rientro dalla missione: 24 anni in Eritrea e 26 in Costa d’Avorio. Era nato a Bergamo il 5 dicembre 1925. Aveva dunque 94 anni. Viene ordinato sacerdote a Milano il 22 dicembre 1951. Fra Marcello, che spesso tornava a Longuelo, ha lungamente vissuto in missione. I funerali sono stati ce-lebrati nella chiesa dei cappuccini.

PARROCODon Massimo MaffiolettiVia Mattioli, 57Tel. 035.402336CelI. [email protected]

VICARIO PARROCCHIALEDon Giuliano Zanchic/o Fondazione BernareggiTel. 035.244492 - Cell. [email protected]

COORDINATORE ORATORIORolando Magrinicell. 348 [email protected]

ORATORIOVia Longuelo, 39Tel. 035.259020

SEGRETERIA PARROCCHIALE E DELL’ORATORIOOrari d’apertura: da lunedì a venerdì 9,30 - 12,00lunedì, mercoledì, venerdì 16,00 - 18,00sabato 10,00 - 12,00Tel. [email protected]

CENTRO ASCOLTORiservato ai residenti del quartiereVia Mattioli, 57 - Tel. 035.402336Orari di apertura e ascolto:mercoledì 9,30 - 10,30giovedì 9,30 - 10,30 e 16,00 - 17,00

SITO ON LINE PARROCCHIALE E PAGINE FACEBOOKparrocchiadilonguelo.itSeguici su Facebook iscrivendoti al gruppo “comunità cristiana di Longuelo” e e al gruppo “oratorio di Longuelo”

NEWSLETTER PAROCCHIALEIscriversi con una e-mail a:[email protected]

MADONNA DEL BOSCOTel. 035.403131

ORARIO DELLE MESSECHIESA PARROCCHIALEGiorni festivi: ore 8,00 - 10,30 - 18,30Sabato e vigilia di festa: ore 18,30Giorni feriali: ore 18,00 in antica chie-sa parrocchiale

ORARIO DELLE CONFESSIONI

Sabato dalle 17,30 alle 18,15Domenica dalle 9,45 alle 10,30e dalle 17,30 alle 18,15

INFORMAZIONI

anagrafeRISORTI IN CRISTO

Il 23 novembre ci ha lasciato Giancarlo Capri. Aveva 71 anni. Era nato a Bergamo (Santa Lucia) il 16 ottobre 1948. Nel 1981 sposa Rosaria Longo. Dal loro amore nascono Matteo e Giada. Giancarlo ha lavorato nel-la compagnia assicurativa SAI. Giovane promessa del calcio, è stato appassionato atalantino fino all’ultimo. I funerali sono stati celebrati il 26 novembre. La salma riposa nel cimitero della città. La comunità intera espri-me sincera gratitudine a tutta la famiglia per il suo im-pegno di volontariato in comunità.

Giuseppina Cattaneo si è spenta all’ospedale papa Gio-vanni XXIII nella notte del 2 dicembre. Aveva da poco compiuto i 79 anni. Era nata a Longuelo il 30 ottobre 1940. Ha sposato nel 1963 Roberto Mapelli. Giusi ha sempre lavorato come magliaia. Era la terza di 8 fratelli. Non ha avuto figli ma si è sempre presa a cuore i tanti nipoti. I funerali sono stati celebrati il 4 dicembre. Ri-posa nel cimitero di Bergamo.

ANNIVERSARI - In ricordo di Susanna a quindici anni dalla morte (2004 - 6 dicembre - 2019)

E MI DOMANDO…

Sono qui e mi domando...“Quanto è lunga la strada tra la terra ed il cielo?”Mi domando e poi chiedoproprio a te che mi ascolti:“Serve un attimo, o un giorno? Quando arrivi fin qui?”

Io l’ho fatto d’un balzo.Non ho avuto paura;ho trovato la strada, perché il Cielo è vicino.Ma da anni mi chiedo,chiedo a te: “Se mi ascolti,senti mai la mia voce?”Nei miei occhi non manca la memoria di un volto e il mio cuore ricorda la dolcezza di un gesto,ma la voce è lontanae ovattata è la mia.Quindi io mi domando…“Quanto dura il ricordo?” Mentre il tempo ritornain un giro veloce,io ti aspetto paziente,

tengo teso l’orecchio per sentire se chiami,se racconti di me.Porto stretto nel cuore tutto quello che ho avuto,ma nel tempo infinito quei 20 anni son pochi.Come andava a finirela mia storia interrotta?Dove andava la strada…Resto qui e mi domando:“Lo ritrovi il mio nomedentro il soffio del vento?”Se dal cielo alla terra basta un battito d’aliio ti sfioro e ti dico...che amo ancora la vita.

UN GIORNALE PER GIOVANI

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DICEMBRE 2019

DAL 9 AL 13 VISITA AGLI AMMALATI DELLA COMUNITÀ

16 LUNEDÌ CELEBRAZIONE COMUNITARIA DELLA RICONCILIAZIONE chiesa parrocchiale ore 20.45

19 GIOVEDÌ CONCERTO DI AUGURI “ASPETTANDO… CAPODANNO” CON L’ORCHESTRA SINFONICA “I POMERIGGI MUSICALI” DI MILANO (il ricavato per il restauro della chiesa)Cinema Conca Verde ore 21.00

20 VENERDÌ CONFESSIONI PER I RAGAZZI DELLA CATECHESI DELLA QUARTA E QUINTA TAPPA chiesa antica parrocchiale ore 16.30

CONFESSIONI PER I RAGAZZI DELLA CATECHESI DELLA SESTA E SETTIMA TAPPA chiesa parrocchiale ore 16.30

I VENERDÌ DELLA PAROLA chiesa parrocchiale ore 19.00

21 SABATO CONFESSIONI PER I RAGAZZI DELLA CATECHESI DELLA SESTA E SETTIMA TAPPA chiesa antica parrocchiale ore 14.30

22 DOMENICA NATALE CON I NONNI: CONCERTO DEI RAGAZZI DELLA SCUOLA MEDIA oratorio ore 16.00

23 LUNEDÌ CONFESSIONI chiesa parrocchiale 9.00 > 12.00 e 15.00 > 18.00

24 MARTEDÌ CONFESSIONI chiesa parrocchiale 9.00 > 12.00 e 15.00 > 18.00

MESSA DI NATALE chiesa parrocchiale ore 22.00: inizio della celebrazione con la veglia NB: LA MESSA DI NATALE NON SI CELEBRA A MEZZANOTTE MA ALLE ORE 22.00

25 DICEMBRE NATALE DEL SIGNORE messe nell’orario domenicale 8.00 | 10.30 | 18.30 dopo la messa delle 10.30, pranzo condiviso in oratorio (aperto soprattutto a chi non ha dove trascorrere il Natale)

26 GIOVEDÌ SANTO STEFANO messa delle 10.30 in chiesa parrocchiale

31 MARTEDÌ MESSA IN RICORDO DI DON MARTINO chiesa parrocchiale 9.00

MESSA FESTIVA DI RINGRAZIAMENTO E TE DEUM DI FINE ANNO chiesa parrocchiale 18.30

GENNAIO 2020

1° MERCOLEDÌ MARIA MADRE DI DIO – 53ª GIORNATA PER LA PACE

6 LUNEDÌ EPIFANIA DEL SIGNORE E FESTA DEL DONO Nella messa della comunità benedizione dei bambini chiesa parrocchiale ore 10.30

12 DOMENICA BATTESIMO DI GESÙ Fine del tempo di Natale

Dopo Natale – il 27 e il 30 dicembre – in oratorio Centro ricreativo invernale (Cri) Dal 27 al 30 dicembre convivenza a Gandellino per i ragazzi di seconda e terza media

Dal 1° al 6 gennaio convivenza a Berlino per gli adolescenti e i giovani

tempo di nataletempo di nataletempo di natale