Le nostre emozioni - Stage 4DS

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Le nostre emozioni

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Considerazioni degli studenti della classe 4DS sull'attività svolta in Stage "Il disagio e la forza" - a.s. 2012/2013.

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Le nostre emozioni

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La scena che più mi ha colpito e che mi rappresenta maggiormente è quella dell’abbandono dell’infanzia, perché nel “buttare” a terra i peluches ho provato un senso di tristezza e sofferenza e ancora adesso ripenso a quegli anni passati, al fatto che gli anni dell’infanzia siano passati e non ritorneranno più. Considerando il mio vissuto, questa scena è stata particolarmente significativa perché ora, all’età di 17 anni, mi rendo conto che l’infanzia è solamente un ricordo. Sono consapevole di essere cresciuta e che d’ora in avanti dovrò compiere scelte più importanti. (Giovanna)

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La scena dell’ ”addio dell’infanzia” è stata quella più significativa per me, in quanto, avendo 18 anni, sto entrando nel mondo degli adulti e mi sto rendendo conto dei doveri che ho. Devo staccarmi dal mondo dell’infanzia perché ormai non sono più una bambina e devo iniziare a prendermi le mie responsabilità. Essendo una persona fragile, anche se all’apparenza sembro molto forte , il supporto di mia mamma e della mia famiglia sono sempre stati fondamentali per me, ma devo iniziare ad essere indipendente per il bene del mio futuro. (Giorgia)

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La scena che più ho sentito far parte del mio vissuto è stata quella in cui entravamo nel palco con il volto coperto da maschere che simboleggiavano come molto spesso la vera identità delle persone è nascosta dietro ad una maschera che funge da presentazione per la società. La capacità di chi ci sta intorno è proprio quella di scoprire l’essenza dell’altro, e togliendo la maschera che non ci è propria e che ci nasconde dalla vera personalità. Ho sentito questa scena molto vicina alla mia vita perché anche tra le persone che conosco mi capita di dare dei giudizi affrettati. Io stessa molte volte porto una maschera in base alle situazioni in cui mi trovo; non sempre sono me stessa perché cerco di adattarmi al contesto, o meglio alle aspettative altrui. Nelle situazioni o con le persone con cui non ho paura mi dimostro per come sono in realtà, perché mi sento in un contesto in cui mi piace stare e con le persone che amo. Per questo bisognerebbe andare oltre le apparenze, cioè ad una prima visione della maschera esteriore, per cogliere quello che sta sotto. (Giulia)

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La parte che mi è piaciuta di più è stata quella iniziale, in particolare quando lo spettatore mi ha tolto il sacchetto; mi sono sentita scoperta, imbarazzata e non sapevo come finire quella relazione. Non avevo mai provato un’emozione simile e mi ha messo molto in difficoltà. In generale lo spettacolo mi è piaciuto. Nonostante inizialmente fossi abbastanza scettica e contraria ad un’esperienza di questo tipo, sono rimasta contenta dello stage, da cui penso di aver appreso molto. (Jessica)

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La scena di ‘Giulietta e Romeo’ mi ha emotivamente dato molto: mi ha fatto riflettere se sentissi titubanze nel recitare davanti ad un pubblico. Ho vissuto tale scena in un duplice modo: come protagonista ma anche consapevole della sua simbologia. Tale simbologia riguarda l’amore ed il profondo legame che si può instaurare con una persona, più forte di qualsiasi appartenenza sociale, e ciò dimostra quanto potente può essere un coinvolgimento sentimentale. Detto ciò, è stato affascinante e meraviglioso estraniare la propria entità, sentirsi strumento dell’anima in scena; tutto scompare, rimane solo il personaggio e la sua passione, entrambi affogati in un mondo rappresentato. (Michael)

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All’interno della società vivono moltissime persone che adoperano una doppia identità. Non sempre questa è volontaria: a volte molte persone sono obbligate ad utilizzare una maschera. Non è facile riconoscere negli altri quando questo succede; solo attraverso una conoscenza approfondita ti accorgi di ciò. Per quanto mi riguarda, io ho una doppia identità a seconda che sia a scuola o a casa. Avere queste due identità è per me molto pesante perché mi piace essere sempre me stessa con tutti e quindi a volte non riesco a mantenere un autocontrollo idoneo al contesto, ma emerge ciò che in realtà sono: spumeggiante, solare e a volte oppositiva. Rappresentare questa scena toccante mi ha fatto riflettere molto. (Lisa)

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La scena che più mi ha toccato è la quarta: “Corsa alla vita”, che simboleggia il duro cammino che la vita ci riserva, tutti gli ostacoli e le prove a cui essa ci sottopone. Questa scena mi ha toccato più delle altre, perché so che il mio futuro sarà segnato da alcuni tratti in discesa e altri in salita; questi ultimi sono quelli da affrontare in modo più determinato, cercando di combattere la fatica e proseguire nel cammino. (Federico)

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La scena che più mi ha colpito è stata l’”Abbandono dell’infanzia”. E’ stata molto forte e straziante, poiché indica il non poter più vivere con troppa leggerezza, ma imparare a prendersi le proprie responsabilità. La cosa che più mi ha segnata è stata lasciar cadere dal palco il nostro ricordo dell’infanzia, poiché io sono molto legata al mio passato e, pur nascondendolo, non lo lascerei mai andare. Ritengo comunque di aver compiuto un percorso di crescita in questo senso, in quanto, fin da quando ero una bambina, ho dovuto imparare ad arrangiarmi e a cercare di trovare, da sola, soluzioni ai vari problemi. Così, il fatto che nella scena fossimo uniti per un obiettivo comune è stato molto forte e simbolico, poiché, per riuscire a superare i vari momenti della vita, occorre avere qualcuno vicino che ci aiuti. (Gloria)

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La scena che particolarmente mi ha colpito è stata la quarta: quella della corsa della vita. In questa scena abbiamo dovuto correre in cerchio per circa tre minuti, dopodiché siamo caduti a terra, stremati.

Un esempio del mio vissuto è che, dopo tanti giorni di studio per un compito o per un’interrogazione, scopri di aver preso un brutto voto e tutti i tuoi giorni passati a studiare sono stati inutili. Questo è come il cerchio della vita, perché la corsa sta a significare lo studio, mentre la caduta il brutto voto.

Sono consapevole però che la simbologia cambia a seconda dell’età, perché quello che vedo ora come una corsa che porta ad una caduta, domani sarà solo un ricordo, ma la corsa della vita con altri obbiettivi rimarrà costante. (Federica)

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La scena che particolarmente mi ha colpito, è stata quella dell’abbandono dell’infanzia. Questa scena è stata molto significativa in quanto rappresenta l’abbandono di cose che sono state sempre legate a noi e anche per un semplice peluche ci rattristiamo e abbiamo anche paura. Questa scena ci fa capire che dobbiamo crescere abbandonando l’infanzia, dobbiamo affrontare i problemi e prendere le nostre responsabilità diventando di conseguenza più maturi. (Ilenia)

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La scena che mi ha toccato di più perché ritengo più significativa è “la corsa della vita” perché ogni persona corre per la propria strada incrociandosi, scontrandosi e aiutando altre persone per raggiungere i propri scopi.

Ma per quante volte cadi c’è sempre qualcuno che ti dà la forza di andare avanti. (Eleonora)

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La scena che particolarmente mi ha colpito e che mi rispecchia in modo particolare è quella relativa all’infanzia. In questa scena abbiamo posizionato al centro del palco degli oggetti che ci sono molto cari. Lentamente siamo entrati in scena e, avanzando, abbiamo spinto gli oggetti fino all’estremità del palco. Questa scena mi ha molto toccato, perché non sono ancora pronta a crescere completamente ed infatti ho avuto difficoltà nell’accettare che il mio oggetto personale fosse lasciato cadere così. (Elisa)

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La scena che più mi ha colpita è stata l’ultima dello spettacolo, quella relativa all’APRIRSI AGLI ALTRI, con la frase “se davvero mi conoscessi sapresti che …”, perché mi rispecchia molto caratterialmente. Esprimermi di fronte agli altri, a persone magari sconosciute, su cose anche personali relative ai miei sentimenti e pensieri, mi è molto difficile. Per questo gli altri vedono in me un carattere introverso, che ha difficoltà ad esprimere i propri pensieri con serenità, pur avendone un sacco che girano per la testa. L’emozione provata nel momento in cui ho detto la frase al microfono davanti a tutto il pubblico, inizialmente mi ha creato tensione, agitazione, ma dopo aver pensato che quella cosa da fare poteva servire a me stessa, ho preso coraggio ed espresso il mio pensiero: “Se davvero mi conoscessi sapresti che rifletto molto sulle parole degli altri”. Questa cosa mi ha svuotata completamente, dato che la frase rappresentava, esprimeva la maggior parte delle mie paure. (Nicole Romanin)

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Personalmente ritengo particolarmente importante l’ultima scena,nella quale gli studenti erano invitati a dire a tutta la platea una frase intima e personale. Ho interpretato questa particolare scena come la personale scelta di condividere una necessità individuale. Ho avuto modo di confidare una mia caratteristica che ritengo importante, cogliendo la possibilità di affrontare la mia paura di parlare di fronte gli altri e di confrontarmi faccia a faccia con un pubblico. (Antonio)

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La scena che personalmente mi è piaciuta di più è quella che rappresenta la corsa della vita, perché raffigura ciò che noi dobbiamo affrontare durante la nostra esistenza: fatiche, gioie, dolori… Ma allo stesso tempo nella nostra strada sono presenti degli intoppi, qui rappresentati da una caduta finale; sta a noi avere la forza di rialzarci e di continuare il nostro percorso. (Camilla)

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La scena che ho trovato più vicina a me è stata l’ottava: l’abbandono dell’infanzia. Mi ha emozionato tantissimo, perché mi sono resa conto che non sono più una bambina e che devo riuscire a crescere. Spesso mi rinchiudo in me stessa e cerco di non affrontare gli ostacoli che mi si presentano davanti; magari cerco aiuto negli altri e non mi occupo da sola dei miei problemi. Questo però non riguarda solamente questi ostacoli che mi si presentano davanti ma anche le cose materiali, perché non riesco a staccarmi da ciò che rappresenta la mia infanzia, in particolar modo proprio i peluche. Penso che essere bambini ci sollevi da qualsiasi responsabilità e compito; devo riuscire a rendermi conto del fatto che sto crescendo e che, purtroppo, non si può rimanere bambini per sempre. (Francesca G.)

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La scena per me più significativa e che più ha coinvolto il mio vissuto è stata quella dell’incomunicabilità, perché molto spesso in ambito familiare non vengo ascoltato e parlo a vuoto, nonostante abbia molte cose da dire. Tutto ciò provoca in me dolore e mi chiedo perché le persone sono cosi, perché non si fermano ad ascoltare. Tutti pensiamo al nostro benessere, ma dobbiamo imparare a mettere da parte noi stessi al fine di prestare attenzione anche agli altri. Così facendo potremo riuscire a vivere all’interno del gruppo, che non è formato dal singolo ma da una molteplicità. (Maria Francesca De Mitri)

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La scena che mi è piaciuta di più, in realtà non c’è, perché sono state tutte belle e significative. Se però ne dovessi scegliere una, forse sceglierei la prima,quella della maschera, perché mi appare più vicina al mio vissuto. Io, per molto tempo, ho indossato una maschera, purtroppo anche con le persone vicine. Man mano che passano gli anni e cresci, impari a capire le persone che ti stanno accanto; non solo, capisci anche di chi ti puoi veramente fidare. Con il carattere che ho, è molto difficile aprirmi agli altri e confidarmi. E così capita che a volte il mio vero carattere non venga del tutto capito e questo mi dispiace, perché, spesso, gli altri mi vedono come una ragazza fredda e distaccata, ma questo non è vero, perché so essere anche molto affettuosa. Piano piano, sto imparando a mi sto migliorando, penso, ogni giorno di più.

Nonostante questa difficoltà, nella vita si fanno incontri, a volte, indimenticabili, perché speciali, unici, che ti lasciano dentro una grande serenità; in un attimo, dimentichi la timidezza e la paura che, fino a quel momento, ti hanno bloccato. (Assuntina)

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La scena che mi ha colpito maggiormente è stata la penultima, denominata, per il suo significato psicologico “Abbandono dell’infanzia”. Mi ha toccata poiché non sono una di quelle persone che ha paura di crescere e di assumersi le responsabilità, forse perché l’ho sempre fatto.

Fin da quando ero piccola, non ho avuto una vita spensierata e facile: ho dovuto assumermi determinate responsabilità e svolgere dei compiti. Con questo non voglio dire che non ho avuto un’ infanzia serena: sono stata bambina anche io, ma non con una vita in discesa.

Certo, il fatto di pensare che quando sarò adulta dovrò essere indipendente in ogni aspetto della mia vita, mi mette una certa ansia, ma come a tutti, credo.

Però so che, in qualche modo, ce la farò, perché sono già proiettata verso il futuro, consapevole del mio passato. (Greta)

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Un’altra scena che mi ha particolarmente colpita è stata l’ultima, dove ognuno di noi doveva dire ad una persona del pubblico qualcosa di personale attraverso la frase pre-impostata “se davvero mi conoscessi sapresti che…”.

E’ stata la scena per me più difficile, in quanto faccio molta fatica a parlare di determinate esperienze del mio vissuto con le persone a me vicine, quindi, dover dire qualcosa di intimo ad un estraneo, è stata una vera e propria sfida.

Infatti tuttora odio parlare del mio passato con gli altri, perché per me è troppo doloroso (difatti incide ancor oggi sul mio modo di essere e di comportarmi) e anche perché non voglio che gli altri ne vengano a conoscenza perché ho paura dei loro giudizi, o forse pregiudizi. (Melania)

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La scena che più è stata difficile per me e che mi ha messo in crisi è stata l’ultima, perché ho sempre avuto paura ad aprirmi e ad esprimere le mie idee agli altri, per timore del loro giudizio. Nei miei diciotto anni di vita ho sempre ritenuto essenziali ed indispensabili i giudizi altrui e questo ha comportato una serie di cadute che mi hanno fatto soffrire, perché mi hanno messo di fronte alle mie debolezze ma nel contempo mi hanno fatto crescere. (Ilaria)

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Tra le scene rappresentate, quella che sento più vicino al mio vissuto è quella intitolata: “Tutti abbiamo una maschera”. Quando ero alle medie, ero convinta che il modo in cui mi mostravo e atteggiavo con gli altri era ciò che veramente credevo di essere. Con il passare del tempo mi sono resa conto che non era proprio così e che anch’io come tutti indossavo, in senso figurato, una maschera.

Ad aprirmi gli occhi sono stati i miei genitori; mi hanno spiegato che il mio comportamento di tolleranza era per nascondere la paura dell’abbandono subito. Il mio inconscio ragionava dicendo che se avessi voluto bene a tutti, avrei avuto molti amici e così non sarei rimasta sola. Ora ho capito veramente il senso della parola amore. (Shradda)

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Tra le scene, quella che particolarmente ho apprezzato e ho sentito vicino è stata la scena riguardante l'abbandono dell'infanzia. In questa scena, con difficoltà e tristezza si trascinano piano gli oggetti a cui siamo affezionati, fino a farli scomparire. Essi sono legati alla nostra infanzia che lentamente diventa età adulta; ci appartenevano quando eravamo bambini. Questo è stato per me toccante, perché il momento in cui si deve crescere, smettere di essere bambini per diventare adulti è sempre un momento difficile, in quanto da bambini è tutto più facile: non bisogna fare scelte importanti, ci pensano i nostri genitori a decidere per noi. Arriva poi il momento in cui questo non è più possibile, si deve imparare a essere indipendenti. Sebbene sia difficile il passaggio dall'infanzia all'età adulta, è un passaggio necessario e inevitabile. (Nicole Reginato)

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La scena che mi ha particolarmente colpito è stata l’ultima, ovvero “Aprirsi agli altri”. In questa scena si doveva, uno ad uno, descrivere un particolare sentimento provato, iniziando la frase con “ se davvero mi conoscessi sapresti che ….”. Per me questa scena è stata molto difficile, perché la continuazione della frase aveva molta importanza per me e dirla a tutto il pubblico non era affatto semplice… (Davide)

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Io ero assente quella sera per indisposizione, e mi limiterò a fare un commento di presentazione. Lavorare con persone oserei dire “diverse”, perché il senso comune non fa altro che etichettarle come individui, lavorare con persone, oserei dire “diverse”, perché il senso comune non fa altro che etichettarle come “aliene”, fa sorgere una domanda: “La normalità che cos’è?” Se c’è una così vaga idea di cosa siano i limiti e gli schemi entro cui un atteggiamento è definito “normale”, vuol dire che c’è una concezione di normalità in cui tutti siamo esseri identici che vivono nel conformismo. Vivere, ecco il concetto chiave. Imparare a vivere. Provare a lasciare i freni inibitori e vivere, finalmente. Imparare a non farsi condizionare dall’opinione comune e non avere paura di quello che gli altri potrebbero pensare se ci comportiamo in un determinato modo. Noi siamo così e non siamo robot. La nostra libertà comincia nel momento in cui sono liberi gli altri. (Aurora)

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La scena che mi ha particolarmente colpita è stata quella del sacchetto. Simbolicamente rappresentava il fatto che ognuno di noi indossa “una maschera”, mostrando agli altri solo quello che vuole. Ma che motivo si ha per indossare una maschera nei rapporti con le persone? Per quale ragione non possiamo mostrarci così come siamo? Probabilmente per essere meglio accettati da quel gruppo di persone in cui viviamo, per insicurezza, per il timore di non piacere come si è veramente, ecc.. Personalmente, tendo a nascondere e a “mascherare” le mie debolezze e quindi quella parte del mio carattere che faccio fatica ad accettare. Agli altri cerco di apparire sempre allegra, solare e forte, ma non è sempre così. Sono una ragazza apparentemente estroversa, ma che in realtà nasconde la sua timidezza e la sua sensibilità. La stessa sensibilità e timidezza che emerge in determinate occasioni e circostanze. (Sara)

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