Le mutilazioni genitali femminili: basta una storia per ...

4
132 Quaderni acp 2014; 21(3): 132-135 fra due mondi Gli interventi rituali sui genitali femmi- nili sono una pratica antichissima tra le popolazioni della fascia centro-nord afri- cana, dalla costa atlantica al Corno d’Africa fino al Medio Oriente. Sono circa 100-140 milioni le donne che in tutto il mondo hanno subìto una mutila- zione genitale e, ogni anno, circa 3 milio- ni rischiano un uguale trattamento [1]. Tutti gli organismi internazionali, coin- volti nella tutela dei diritti umani e atten- ti alle condizioni socio-sanitarie dei Paesi in via di sviluppo, hanno espresso condanna nei confronti delle pratiche di mutilazione genitale femminile (MGF), avviando indagini epidemiologiche e programmi di monitoraggio, promuo- vendo campagne educative e incorag- giando provvedimenti legislativi che mettessero al bando qualsiasi intervento non terapeutico di questa natura. Tra i documenti più recenti, il pronunciamen- to dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (Intensifying global efforts for the elimination of female geni- tal mutilations, dicembre 2012) e l’am- pio report dell’UNICEF (luglio 2013) che fotografa lo stato attuale del fenome- no alla luce delle dinamiche socio-cul- turali intervenute negli ultimi 20 anni (figura 1) [1-2]. Molti Stati africani e del Medio Oriente hanno ratificato disposi- zioni e leggi che scoraggiano o bandisco- no qualsiasi MGF incontrando, peraltro, grandi difficoltà nella loro attuazione. I flussi migratori provenienti dall’Africa hanno portato la consapevolezza del pro- blema anche in Italia. L’art. 4 della Legge n. 7 del 9 gennaio 2006 (vedi oltre) formula Linee Guida di comporta- mento per le figure professionali sanita- rie e sociali, tese alla prevenzione, assi- stenza e riabilitazione delle donne e delle bambine sottoposte a MGF; nel 2007 il Ministero della Salute pubblicava una ricognizione delle risorse regionali dedi- cate al monitoraggio di questa pratica [3-4]. Già alcuni anni prima la Regione Emilia-Romagna aveva condotto un’in- dagine conoscitiva ed elaborato racco- mandazioni per supportare i professioni- sti nell’approccio culturale, ancor prima che sanitario, a un tema così complesso [4-5]. Gli operatori dell’area ostetrico- ginecologica sono evidentemente in prima linea rispetto alle possibili riper- cussioni di natura funzionale, sessuale e infettiva, e alle complicanze connesse alla gravidanza e al parto. Tuttavia, con- siderando che in numerosi Paesi africani la maggioranza delle bambine subisce una MGF entro i 5 anni età, non è impro- babile che anche il pediatra possa imbat- tersi in problematiche di questa natura e ne debba riconoscere le complessità socio-sanitarie e medico-legali. Il caso che descriviamo ci aiuta a rendere più realistica questa ipotesi [2]. La storia di Anya, raccontata dalla sua pediatra Anya (nome di fantasia) ha 9 anni ed è nata in Italia da genitori che provengono dal Burkina Faso. Sono la sua pediatra da quando aveva 2 anni; dopo di lei sono nati un fratellino che ha ora 5 anni e la sorellina S. di 4 anni, entrambi miei pazienti dalla nascita. Sono quasi sem- pre venuti in ambulatorio con la mamma che, pur parlando poco l’italiano, è abbastanza autonoma e non aspetta che il marito torni dal lavoro per farsi accompagnare da me, come è spesso abi- tudine delle donne immigrate. All’inizio è stato difficile farsi capire: la mamma mi portava Anya solo quando era mala- ta, senza prendere appuntamento e face- va fatica a comprendere le indicazioni che le davo. In seguito ha iniziato a seguire meglio le mie prescrizioni, a pre- sentarsi agli appuntamenti dei bilanci di salute e non solo per le malattie dei bam- bini, a non utilizzare il Pronto Soccorso per situazioni di mia competenza: ero convinta di aver instaurato una buona relazione con questa famiglia. Cer- tamente la differenza culturale permane- va, era evidente nel modo di vestire della madre, nel modo un po’ sbrigativo e rude (per me) di trattare i bambini e nelle abi- tudini alimentari che l’hanno portata a svezzare i figli con i cibi tipici del pro- prio paese d’origine. ... ma l’Africa era presente nelle loro vite più di quanto io potessi immaginare e l’ho percepito il giorno in cui sono stata contattata da un’ispettrice dell’Ufficio Minori della Questura per informazioni su Anya e sulla sua famiglia. Dalla scuo- la di Anya era pervenuta la segnalazione che la bambina si era detta preoccupata per un “taglio” nelle parti intime che avrebbe dovuto subire l’estate successi- va, così come era accaduto alla sorella minore S. quando era stata in Africa. Costernata per la mia ignoranza dei fatti Per corrispondenza: Enrico Valletta: e-mail: [email protected] Le mutilazioni genitali femminili: basta una storia per svelare un mondo Valentina Venturi*, Tamara Fanelli**, Enrico Valletta*** *Pediatra di libera scelta, AUSL della Romagna, Forlì; **Ufficio Minori, Questura di Forlì; ***AUSL della Romagna, Dipartimento Materno-Infantile, Ospedale “G.B. Morgagni-L. Pierantoni”, Forlì Abstract Female genital mutilation: a story seems enough to uncover a world Female genital mutilation/cutting (FGM/C) is a common practice among populations of North and Central Africa, from the Atlantic coast to the Horn of Africa, and of Middle East. As many as one hundred to one hundred and forty million girls have been cut worldwide and three million girls are at risk of being cut every year. Most of them are cut before 15 years of age. A number of young women and girls migrating from Africa to Italy are likely to have been cut, or their parents are planning to cut them in the future. Such practice is banned and punished both by Italian and international legislation. The case described shows how important it is for the paediatrician to be aware and informed of the cultural and legal implications in order to act properly. Quaderni acp 2014; 21(3): 132-135 Gli interventi rituali sui genitali femminili sono una pratica antichissima presso le popolazioni che appartengono alla fascia centro-nord africana, dalla costa atlantica al Corno d’Africa fino al Medio Oriente. Sono circa 100-140 milioni le donne che in tutto il mondo hanno subìto una mutilazione genitale (MGF) e ogni anno circa 3 milio- ni rischiano uguale trattamento. La maggioranza di questi interventi avviene entro i 15 anni di età. I crescenti flussi immigratori rendono attuale questa problematica anche in Italia ed è ragionevole ritenere che un certo numero di bambine, provenien- ti da Paesi nei quali le MGF sono consuetudine, siano state o possano essere sotto- poste a mutilazioni di questo tipo. La legislazione italiana e larga parte di quella inter- nazionale condannano e puniscono questa pratica. Il caso che descriviamo dimostra che il pediatra deve essere consapevole di questo fenomeno e conoscere il contesto culturale e normativo nel quale potersi muovere con avvedutezza ed efficacia.

Transcript of Le mutilazioni genitali femminili: basta una storia per ...

Page 1: Le mutilazioni genitali femminili: basta una storia per ...

132

Quaderni acp 2014; 21(3): 132-135 fra due mondi

Gli interventi rituali sui genitali femmi-nili sono una pratica antichissima tra lepopolazioni della fascia centro-nord afri-cana, dalla costa atlantica al Cornod’Africa fino al Medio Oriente. Sonocirca 100-140 milioni le donne che intutto il mondo hanno subìto una mutila-zione genitale e, ogni anno, circa 3 milio-ni rischiano un uguale trattamento [1].Tutti gli organismi internazionali, coin-volti nella tutela dei diritti umani e atten-ti alle condizioni socio-sanitarie deiPaesi in via di sviluppo, hanno espressocondanna nei confronti delle pratiche dimutilazione genitale femminile (MGF),avviando indagini epidemiologiche eprogrammi di monitoraggio, promuo-vendo campagne educative e incorag-giando provvedimenti legislativi chemettessero al bando qualsiasi interventonon terapeutico di questa natura. Tra idocumenti più recenti, il pronunciamen-to dell’Assemblea Generale delleNazioni Unite (Intensifying globalefforts for the elimination of female geni-tal mutilations, dicembre 2012) e l’am-pio report dell’UNICEF (luglio 2013)

che fotografa lo stato attuale del fenome-no alla luce delle dinamiche socio-cul -turali intervenute negli ultimi 20 anni(figura 1) [1-2]. Molti Stati africani e delMedio Oriente hanno ratificato disposi-zioni e leggi che scoraggiano o bandisco-no qualsiasi MGF incontrando, peraltro,grandi difficoltà nella loro attuazione.I flussi migratori provenienti dall’Africahanno portato la consapevolezza del pro-blema anche in Italia. L’art. 4 dellaLegge n. 7 del 9 gennaio 2006 (vedioltre) formula Linee Guida di comporta-mento per le figure professionali sanita-rie e sociali, tese alla prevenzione, assi-stenza e riabilitazione delle donne e dellebambine sottoposte a MGF; nel 2007 ilMinistero della Salute pubblicava unaricognizione delle risorse regionali dedi-cate al monitoraggio di questa pratica [3-4]. Già alcuni anni prima la RegioneEmilia-Romagna aveva condotto un’in-dagine conoscitiva ed elaborato racco-mandazioni per supportare i professioni-sti nell’approccio culturale, ancor primache sanitario, a un tema così complesso[4-5]. Gli operatori dell’area ostetrico-ginecologica sono evidentemente inprima linea rispetto alle possibili riper-cussioni di natura funzionale, sessuale einfettiva, e alle complicanze connessealla gravidanza e al parto. Tuttavia, con-

siderando che in numerosi Paesi africanila maggioranza delle bambine subisceuna MGF entro i 5 anni età, non è impro-babile che anche il pediatra possa imbat-tersi in problematiche di questa natura ene debba riconoscere le complessitàsocio-sanitarie e medico-legali. Il casoche descriviamo ci aiuta a rendere piùrealistica questa ipotesi [2].

La storia di Anya, raccontata dalla sua pediatra“Anya (nome di fantasia) ha 9 anni ed ènata in Italia da genitori che provengonodal Burkina Faso. Sono la sua pediatrada quando aveva 2 anni; dopo di lei sononati un fratellino che ha ora 5 anni e lasorellina S. di 4 anni, entrambi mieipazienti dalla nascita. Sono quasi sem-pre venuti in ambulatorio con la mammache, pur parlando poco l’italiano, èabbastanza autonoma e non aspetta cheil marito torni dal lavoro per farsiaccompagnare da me, come è spesso abi-tudine delle donne immigrate. All’inizioè stato difficile farsi capire: la mammami portava Anya solo quando era mala-ta, senza prendere appuntamento e face-va fatica a comprendere le indicazioniche le davo. In seguito ha iniziato aseguire meglio le mie prescrizioni, a pre-sentarsi agli appuntamenti dei bilanci disalute e non solo per le malattie dei bam-bini, a non utilizzare il Pronto Soccorsoper situazioni di mia competenza: eroconvinta di aver instaurato una buonarelazione con questa famiglia. Cer -tamente la differenza culturale permane-va, era evidente nel modo di vestire dellamadre, nel modo un po’ sbrigativo e rude(per me) di trattare i bambini e nelle abi-tudini alimentari che l’hanno portata asvezzare i figli con i cibi tipici del pro-prio paese d’origine.... ma l’Africa era presente nelle loro vitepiù di quanto io potessi immaginare el’ho percepito il giorno in cui sono statacontattata da un’ispettrice dell’UfficioMinori della Questura per informazionisu Anya e sulla sua famiglia. Dalla scuo-la di Anya era pervenuta la segnalazioneche la bambina si era detta preoccupataper un “taglio” nelle parti intime cheavrebbe dovuto subire l’estate successi-va, così come era accaduto alla sorellaminore S. quando era stata in Africa.Costernata per la mia ignoranza dei fatti

Per corrispondenza:Enrico Valletta: e-mail: [email protected]

Le mutilazioni genitali femminili: basta una storia per svelare un mondoValentina Venturi*, Tamara Fanelli**, Enrico Valletta****Pediatra di libera scelta, AUSL della Romagna, Forlì; **Ufficio Minori, Questura di Forlì; ***AUSL della Romagna, DipartimentoMaterno-Infantile, Ospedale “G.B. Morgagni-L. Pierantoni”, ForlìAbstractFemale genital mutilation: a story seems enough to uncover a worldFemale genital mutilation/cutting (FGM/C) is a common practice among populationsof North and Central Africa, from the Atlantic coast to the Horn of Africa, and ofMiddle East. As many as one hundred to one hundred and forty million girls have beencut worldwide and three million girls are at risk of being cut every year. Most of themare cut before 15 years of age. A number of young women and girls migrating fromAfrica to Italy are likely to have been cut, or their parents are planning to cut them inthe future. Such practice is banned and punished both by Italian and internationallegislation. The case described shows how important it is for the paediatrician to beaware and informed of the cultural and legal implications in order to act properly.Quaderni acp 2014; 21(3): 132-135

Gli interventi rituali sui genitali femminili sono una pratica antichissima presso lepopolazioni che appartengono alla fascia centro-nord africana, dalla costa atlanticaal Corno d’Africa fino al Medio Oriente. Sono circa 100-140 milioni le donne che intutto il mondo hanno subìto una mutilazione genitale (MGF) e ogni anno circa 3 milio-ni rischiano uguale trattamento. La maggioranza di questi interventi avviene entro i15 anni di età. I crescenti flussi immigratori rendono attuale questa problematicaanche in Italia ed è ragionevole ritenere che un certo numero di bambine, provenien-ti da Paesi nei quali le MGF sono consuetudine, siano state o possano essere sotto-poste a mutilazioni di questo tipo. La legislazione italiana e larga parte di quella inter-nazionale condannano e puniscono questa pratica. Il caso che descriviamo dimostrache il pediatra deve essere consapevole di questo fenomeno e conoscere il contestoculturale e normativo nel quale potersi muovere con avvedutezza ed efficacia.

Page 2: Le mutilazioni genitali femminili: basta una storia per ...

133

(mai avevo avvertito alcun timore inAnya, né notato nulla di strano in S.!),guardo nella cartella della sorella mino-re e vedo che S. aveva saltato il bilanciodi salute dei 2 anni, recuperato mala-mente con un peso, un’altezza e qualcheannotazione sullo sviluppo psico-moto-rio in occasione di una visita per patolo-gia acuta verso i 2 anni e mezzo (nessunappunto sui genitali!). Cerco nella miacartella qualche traccia di un suo prece-dente soggiorno in Africa, ma non trovoprove certe (nell’ottobre del 2010 avevoprescritto la profilassi antimalarica perAnya e per il fratellino che, presumibil-mente, erano andati in Africa, ma nonper S.!). Mi accorgo di avere in pro-gramma per S. un appuntamento per ilbilancio di salute dei 3 anni di lì a poco,per cui mi congedo dalla dottoressadell’Ufficio Minori con l’impegno diricontattarla a breve per fornirle infor-mazioni più precise. Nel frattempo leiavrebbe convocato con discrezione lafamiglia per un colloquio.Al bilancio di salute S. è accompagnatadai genitori; sul libretto sanitario verifi-co che si era recata in Africa nel 2010 (la

profilassi antimalarica era stata proba-bilmente prescritta dal medico dell’Uf -ficio di Igiene che l’aveva vaccinata perla febbre gialla). Ancora prima che ioinizi a visitare la bambina, il padre micomunica che il giorno precedente eranostati convocati in Questura per risponde-re ad alcune domande rivolte alle fami-glie di immigrati. Nel corso di quell’in-tervista avevano ammesso di aver sotto-posto S. a una pratica di chirurgia ritua-le femminile come era consuetudine pertutte le bambine della loro famiglia (erastato così anche per la madre di S.). Ilfatto si era verificato nel 2010 quandoerano tornati in Africa dai loro parenti(S. aveva circa un anno e mezzo). AncheAnya avrebbe dovuto subire lo stessointervento ma era stato rimandato per-ché in quei giorni non stava bene. Nelcolloquio avuto in Questura avevano ca -pito di aver fatto “qualcosa di sbaglia-to” per la nostra Legge ed erano preoc-cupati. Non ho quindi dovuto addurrealcuna giustificazione per esaminare igenitali della bambina e per verificareche le piccole labbra erano state ridottea due piccoli lembi mucosi in corrispon-

denza della commissura vulvare anterio-re e che il clitoride era appianato.Durante la visita, il padre mi ripete chenella loro famiglia si tratta di una prati-ca abituale, come la circoncisione per imaschi, ed effettivamente durante lostesso viaggio in Africa il fratellino diAnya era stato circonciso, anche lui incasa, come la sorella. Mi dice anche chein Burkina Faso le donne che non sonosottoposte a quella pratica da bambine,trovano marito con difficoltà, sono con-siderate “diverse”. Mi permetto di farosservare al padre che, anche se diffusee accettate nel suo Paese, sono pratichemolto dolorose e dannose per la salutedelle bambine. Gli spiego che la Leggeitaliana vieta le pratiche di questo tipo eche sono tenuta a riferire il tutto alla dot-toressa della Questura. Alcuni giorni dopo ho rivisto la piccolaS. insieme a una ginecologa esperta inquesto tipo di lesioni, che ha confermatola presenza di una MGF di III tipo conclitoridectomia e asportazione delle pic-cole labbra (una delle più diffuse inAfrica). Ricevuto il referto congiunto mioe della ginecologa, l’Ufficio Minori della

pediatri fra due mondi Quaderni acp 2014; 21(3)

Tipo I Asportazione del prepuzio, con osenza l’asportazione di parte o ditutto il clitoride

TABELLA 1: CLASSIFICAZIONE DELLE MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI [3-5-6]FIGURA 1: PERCENTUALE DI DONNE SOT-TOPOSTE A MGF

In evidenza l’area di tessuto rimosso

Tipo II Parziale o totale rimozione del clitoride e delle piccole labbra cono senza escissione delle grandilabbra

In evidenza l’area di tessuto rimossoe dopo sutura

Tipo III Riduzione del canale vaginale contaglio e avvicinamento delle picco-le e/o grandi labbra fino a sigil-larle anche mediante sutura (infi-bulazione), con o senza escissionedel clitoride. In evidenza l’area di tessuto rimosso

e dopo sutura

Tipo IV Operazioni, non specificamente classificate, che includono: perforazione,penetrazione o incisione del clitoride e/o labbra, stiramento del clitoridee/o labbra, cauterizzazione mediante ustione del clitoride e del tessuto cir-costante, raschiamento del tessuto circostante l’orifizio vaginale o incisio-ne della vagina, introduzione di sostanze corrosive o erbe in vagina percausare emorragia o allo scopo di serrarla o restringerla0% 20% 40% 60% 80% 100%

Page 3: Le mutilazioni genitali femminili: basta una storia per ...

134

Questura ha avviato il successivo itergiudiziario”.

Disposizioni e leggi in tema di mutilazioni genitali femminiliLe pratiche di MGF appartengono aretaggi di culture ancestrali, nell’ambitodei cosiddetti “riti di passaggio”, volti ascandire le fasi della vita sociale all’in-terno dei gruppi umani. Si tratta di prati-che che portano alla rimozione (o al dan -no) parziale o totale dei genitali esternifemminili (compiute sulla base di moti-vazioni non terapeutiche), che l’Or ga -nizzazione Mondiale della Sanità (OMS)ha classificato in quattro tipologie (tabel-la 1) [6]. Nel 2001, il Parla mentodell’Unione Europea ha adottato unaRisoluzione di condanna delle MGF inquanto violazione dei diritti umani fon -damentali e ha chiesto agli Stati mem bridi considerare reato qualsiasi tipo diMGF [7]. Il legislatore italiano, con la Legge n. 7del 9 gennaio 2006, “Dispo si zio ni con-cernenti la prevenzione e il di vieto dellepratiche di mutilazione genitale femmi-nile” (G.U. n. 14 del 18 gennaio 2006),ha introdotto nel Codice penale uno spe-cifico reato che punisce queste pratiche.Nel panorama del diritto italiano è ilprimo esempio di cultural crime, o reatoculturalmente motivato: un “comporta-mento realizzato da un membro apparte-nente a una cultura di minoranza (immi-grato), […] considerato reato dall’ordi-namento giuridico della cultura domi-nante. Questo stesso comportamento,tuttavia, all’interno del gruppo culturaledell’agente è condonato, o accettatocome comportamento normale, o appro-vato, o addirittura è sostenuto e incorag-giato in determinate situazioni”. LaLegge, intervenendo in un contesto dievidente conflitto normativo/culturale, sipropone di individuare “le misure neces-sarie per prevenire, contrastare e repri-mere le pratiche di MGF quali violazio-ni dei diritti fondamentali all’integritàdella persona e alla salute delle donne edelle bambine”. I Ministeri per le PariOpportunità, della Salute, dell’Istru zio -ne, dell’Università e della Ricerca, delLavoro e delle Politiche Sociali, degliAffari Esteri e dell’Interno hanno indivi-duato, congiuntamente, programmi diret-ti a informare le comunità degli immi-

grati sulle leggi italiane che vietano leMGF, sui diritti fondamentali delledonne e delle bambine e sulla correttapreparazione al parto per le donne infi-bulate. Sul versante socio-sanitario si èoperato sull’aggiornamento degli inse-gnanti della scuola dell’obbligo, sulmonitoraggio dei casi già conosciuti esulle attività di prevenzione, assistenza eriabilitazione delle donne e delle bambi-ne che hanno subito una MGF. Il Mi ni -stero dell’Interno ha istituito un numeroverde (800 300 558), “finalizzato a rice-vere segnalazioni da parte di chiunquevenga a conoscenza dell’effettuazione,sul territorio italiano, delle pratiche diMGF, nonché a fornire informazionisulle organizzazioni di volontariato esulle strutture sanitarie che operanopresso le comunità di immigrati prove-nienti da Paesi dove sono effettuate talipratiche”. La Legge italiana prevede sanzioni pecu-niarie e amministrative nel caso in cui laMGF sia attuata all’interno delle struttu-re sanitarie del nostro Paese (D.L.8.6.2001, n. 231). Per l’operatore sanita-rio responsabile di taluni di questi delittiè prevista l’interdizione dalla professio-ne da 3 a 10 anni. La stessa Legge del2006 intende garantire non solo l’inte-grità fisica e la salute, ma anche il benes-sere psico-sessuale della donna, la suadignità e libertà di autodeterminazione.Individuando come illecite le mutilazionidei genitali esterni, si è voluto tutelare ladonna nei suoi diritti sessuali proteggen-dola da pratiche mutilanti intese a con-trollarne l’esercizio della sessualità pursenza incidere sulla sua capacità di pro-creare. Qualsiasi tipo di MGF, da chiun-que provocata e per qualsiasi motivo inassenza di “esigenze terapeutiche”, èconsiderato reato. Se da questo derivauna “malattia nel corpo o nella mente” ose la mutilazione ha l’intento specifico di“menomare le funzioni sessuali”, il reatoè considerato ancora più grave. Si è volu-to, così, eliminare qualsiasi spazio diimpunità anche per le menomazioni dellafunzione sessuale che non si accompa-gnino, necessariamente, a una mutilazio-ne (es. incisione del clitoride o dellavagina o restringimento dell’organo fem-minile).Il reato è considerato più grave se com-messo a danno di un minore o per fini dilucro. Le stesse disposizioni si applicano

quando il fatto è commesso all’estero dacittadino italiano o da straniero residentein Italia e, previa richiesta del Ministrodella Giustizia, quando la vittima sia uncittadino italiano o uno straniero residen-te in Italia. Se il responsabile del fatto èil genitore o il tutore, si può arrivare,rispettivamente, alla decadenza dellapotestà genitoriale o alla interdizioneperpetua dalla tutela. Per questi reati c’èl’obbligo di procedere d’ufficio. L’e -s ercente un servizio di pubblica necessità(sanitario libero professionista) ha l’ob-bligo di redigere il referto entro 48 ore,mentre il Pubblico ufficiale (dipendentepubblico) o l’incaricato di Pubblico ser-vizio (professionista convenzionato conil SSN), che abbia avuto anche solo“notizia” dell’esecuzione di una MGF,deve redigere “senza ritardo” la denun-cia (rapporto). Entrambe le comunicazio-ni devono essere trasmesse o al PubblicoMinistero o a un ufficiale di Polizia giu-diziaria.

Anya, tra cultura e legge Le cose iniziano a muoversi attorno adAnya nell’aprile 2012, quando una suacompagna di classe riferisce alla propriamadre, assistente sociale, una frase chepoteva rimandare a pratiche di MGF(“questa estate in Africa mi taglieranno ecuciranno la passerotta”). L’assistentesociale inoltrava la segnalazione a ll’Uf fi -cio Minori della Questura. L’Ufficiopren deva contatto con la pediatra diAnya e convocava i genitori affrontando,in termini prudentemente generali, iltema delle MGF. Nel colloquio i genitoridi Anya ammettevano, senza difficoltà,di avere sottoposto in Burkina Faso, nelnovembre del 2010, la figlia terzogenitaa un intervento di chirurgia rituale. L’in -ter vento, che trovava la loro piena ade-sione, poiché “una donna non è una don -na” se non ha subìto questa procedura,era stato effettuato da personale nonmedico. Le verifiche successive della pediatra edella ginecologa sulla sorellina di Anyadefinivano il quadro dal punto di vistasanitario. Vale la pena ricordare che ilpediatra ha l’obbligo di denunciare leipotesi di reato a danno dei minori rile-vate nell’ambito della sua attività, inol-trando il referto al Pubblico Ministero oa un ufficiale di Polizia Giudiziaria (es.Ufficio Minori). Nel nostro caso, il refer-

pediatri fra due mondi Quaderni acp 2014; 21(3)

Page 4: Le mutilazioni genitali femminili: basta una storia per ...

135

to della pediatra e la denuncia sanitariadella ginecologa avevano evidenziatouna “mutilazione genitale di terzogrado”, reato specificamente contempla-to dall’art. 583 bis c.p. L’iter giudiziarioproseguiva con la comunicazione allaProcura della Repubblica per accertare laresponsabilità penale dei genitori e alTribunale per i Minorenni al fine digarantire la tutela dei minori appartenen-ti al nucleo familiare. I genitori erano,infatti, imputabili del reato in quantoentrambi residenti in Italia così come lasorella di Anya in qualità di persona offe-sa. Il Tribunale per i Minorenni emettevaun Decreto provvisorio di sospensionedalla potestà genitoriale, nominandotutore provvisorio il Servizio sociale per-ché effettuasse, assieme ai Servizi sanita-ri della AUSL, una stretta vigilanza sullacrescita psicofisica dei bambini e sui lororapporti con i genitori. Attraverso un’ap-propriata mediazione culturale si predi-sponeva un progetto educativo e psicolo-gico di sostegno al nucleo familiare e, inparticolare, a S., vittima della mutilazio-ne. Ai genitori veniva fatto divieto dicondurre i minori fuori dal territorio ita-liano, per impedire che anche Anyapotesse subire lo stesso intervento all’e-stero.La successione degli eventi mette in lucel’importanza della tempestiva segnala-zione dell’assistente sociale all’UfficioMinori: essa ha consentito di verificare lamenomazione di S., di accertare laresponsabilità dei genitori ma, soprattut-to, di scongiurare analogo destino perAnya. La stretta integrazione tra l’auto-rità giudiziaria e i servizi socio-sanitaricoinvolti ha dato l’avvio a un percorsovirtuoso di tutela dei minori e di affian-camento di tutto il nucleo familiare inun’ottica di maggiore consapevolezza edi integrazione socio-culturale.Ci è noto un solo caso analogo in giuri-sprudenza, nel quale il Tribunale diVerona (sentenza del 14 aprile 2010)condannava due coppie di genitori e unamammana nigeriani per avere effettuato,

in territorio italiano, ripetute pratiche diMGF e di circoncisione su bambini con-nazionali.

Alcune considerazioniLa storia di Anya riassume alcune dellemolte problematiche che accompagnanoil tema delle MGF. Si tratta di un feno-meno con implicazioni antropologiche,religiose, storiche, sociali e culturali tal-mente vaste da sconsigliarne una tratta-zione sommaria e superficiale. Ci limite-remo pertanto a qualche considerazionepratica suggerita dal caso descritto.Il primo messaggio per il pediatra è che,in conseguenza dei crescenti flussi mi -gratori in atto e della giovane età (entro i15 anni) alla quale vengono quasi sempreattuate le pratiche di MGF, è del tuttopossibile che tra le proprie assistite possaesserci qualche bambina che è stata sot-toposta a chirurgia rituale. È bene esser-ne a conoscenza per motivi legati allasalute della paziente (rischio infettivo,disturbi della minzione, regolarità delladinamica mestruale, difficoltà di ordinesessuale), per una migliore comprensio-ne del contesto culturale del suo nucleofamiliare e per vigilare – come nel casodi Anya – sul possibile reiterarsi di unintervento oggi considerato gravementelesivo dei diritti fondamentali dell’indi-viduo e della sua integrità psico-fisica. Il secondo messaggio è che la praticadelle MGF è reato contemplato dalnostro Codice penale e, come tale, impe-gna ogni operatore sanitario a un’operadi prevenzione oltre che di immediatasegnalazione all’Autorità giudiziaria,anche nel semplice sospetto che possaverificarsi entro e fuori i confini italiani.Non tanto e non solo perché la Leggepossa dispiegare i propri effetti punitivi,ma soprattutto perché possano esseremesse in atto azioni volte a favorire unmutamento culturale e il consapevolerifiuto di qualsiasi pratica di MGF. I datiraccolti dall’UNICEF dicono che qual-cosa sta cambiando anche nella cultura

dei Paesi interessati e che la percentualedelle donne operate è passata dal 54% al36%, con una diminuzione particolar-mente evidente in Kenya, Benin, Re pub-b lica Centrafricana, Iraq e Liberia [2].Nello stesso Burkina Faso, è punibilenon solo chi provoca una MGF, ma an -che chi venga a conoscenza del fatto enon lo riferisca. L’ultimo messaggio, trasversale a tutto ilpercorso descritto, è che la comunicazio-ne su questo tema, con le famiglie e conle bambine/adolescenti, deve essereimprontata alla massima prudenza erispetto di culture e tradizioni a noi pres-soché sconosciute. È una raccomanda-zione contenuta in qualsiasi documentoche tratti l’argomento MGF, a partire daltermine stesso “mutilazione” che, purformalmente corretto per la nostra cultu-ra, potrebbe risultare altrove offensivo eostacolare ogni ulteriore tentativo dicomprensione reciproca. u

Bibliografia[1] World Health Organization, Eliminating FemaleGenital Mutilation: An interagency statement,WHO, UNFPA, UNICEF, UNIFEM, OHCHR,UNHCR, UNECA, UNESCO, UNDP, UNAIDS,WHO. Geneva 2008. http://www.who.int/repro-ductivehealth/publications/fgm/9789241596442/en/index.html/.[2] Risoluzione del Parlamento Europeo, 20.9.2001n. 2035 (INI), GUCE C 77 E 28.3.2002.[3] Regione Emilia-Romagna. Progetto n. 9. Lemu tilazioni genitali femminili (MGF) nella popola-zione immigrata (dicembre 2000 - febbraio 2001).Raccomandazioni per i professionisti. www.salu-ter.it.[4] United Nations General Assembly resolution,Intensifying global efforts forthe elimination of fe -ma le genital mutilations, UN document A/RES/67/146, 20 December 2012, United Nations, NewYork. www.un.org/ga/search/view_doc.asp?sym-bol=A/RES/67/146.[5] United Nations Children’s Fund, FemaleGenital Mutilation/Cutting: A statistical overviewand exploration of the dynamics of change.UNICEF, 2013.[6] www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazio-ni_769_allegato.pdf.[7] Regione Emilia-Romagna. Progetto n. 9. Lemutilazioni genitali femminili (MGF) nella popola-zione immigrata (dicembre 2000 - febbraio 2001).Risultati dell’indagine regionale. www.saluter.it

pediatri fra due mondi Quaderni acp 2014; 21(3)