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LA NEUROPSICOLOGIA:LA NEUROPSICOLOGIA:CORSO ONLINE GRATUITO DI NEUROPSICOLOGIA – Lez CORSO ONLINE GRATUITO DI NEUROPSICOLOGIA – Lez 55

corso on-line free – maggio 2008

a cura del Dr. Iglis InnocentiPsicologo e specializzando presso la Scuola di Psicologia Clinica dell'Universita' degli Studi di Siena

(direttore Prof. M. A. Reda).Socio fondatore e consigliere dell'Associazione Italiana Neuropsicologia (AINp).

Consulente d'Ufficio presso il Tribunale di Prato dove svolge perizie e consulenze in ambito sia penale che civile.Collabora con il reparto di Neurologia dell'ospedale di Prato e con il Dipartimento di Neuroscienze dell'Universita' di

Siena.Lavora con il Prof. Dettore ad un progetto nel carcere di Prato.

Docente presso il Master di "Psicologia e Neuropsicologia Forense" (Torino).Docente presso il corso di perfezionamento "Le Demenze: diagnosi e riabilitazione neuropsicologica" (Roma).

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PROGRAMMA DETTAGLIATO

Lezione n 1Lezione n 1La NeuropsicologiaIntroduzione"Neuro-panoramica" storica

Lezione n 2Lezione n 2La Valutazione NeuropsicologicaL'esame neuropsicologicoFasi della valutazione neuropsicologica:

- Definizione del problema;- Anamnesi;- Colloquio clinico;- Esame neuropsicologico formale.

Lezione n 3Lezione n 3I Test NeuropsicologiciStandardizzazione, punto di riferimento e cut-offLa scelta di un testI test:

- Test per le funzioni frontali;- Test di memoria a breve termine;- Test di memoria a lungo termine;- Test per il linguaggio;- Test per le funzioni visuo-spaziali;- Test per le funzioni attentive;- Test per le funzioni intellettive e di ragionamento

logico;- Test per le funzioni prassiche.

Lezione n 4Lezione n 4Test di Valutazione GlobaleI Test di Valutazione Globale:

- Mini Mental State Examination - MMSE;- Milan Overall Dementia Assessment – MODA.

Procedure di somministrazione:- I Sezione: orientamenti;- II Sezione: autonomia nel quotidiano;- III Sezione: test neuropsicologici.

PunteggioProve Verbali:

- Rievocazione Immediata e Differita delle 15 parole di Rey;

- Fluidita' verbale fonologica;- Costruzione di frasi.

Prove Visuo-Spaziali:- Matrici Progressive Colorate di Raven;- Memoria visiva immediata;- Copia di disegni a mano libera;- Copia di disegni con elementi di programmazione;- Clock Drawing Test – CDT.

Lezione n 5Lezione n 5La Memoria: Una Visione d'InsiemeLa valutazione neuropsicologica della memoriaBatterie globali:

- Wechsler Memory Scale;- Test di Memoria Comportamentale di Rivermead –

TMCR.Test per la valutazione della Memoria a breve termine:

- Test per la valutazione della Memoria a breve termine;- Test di Corsi.

Test per la valutazione della Memoria a lungo termine:- Breve racconto 1;- Apprendimento di coppie di parole 1;- Apprendimento supra-span verbale - tecnica di

Buschke-Fuld;- Curva di posizione seriale;- Apprendimento Spaziale Supra-Span;- Test della figura di Rey.

Funzioni esecutive e lobi frontaliDeficit frontale: un'ipotesi interpretativaLa valutazione delle funzioni frontali:

- Trail making Test – TMT;- Wisconsin Card Sorting Test – WCST;- Test della Torre di Londra – TOL.

Lezione n 6Lezione n 6L'AttenzioneAttenzione selettivaAttenzione divisaAttenzione sostenuta e livelli di attivazione (arousal)La valutazione neuropsicologica dell'attenzioneTest attenzione selettiva:

- Test di Cancellazione di Cifre;- Test di Stroop;- Test di barrage di linee.

Test attenzione divisa:- Continuos Performance Test o CPT;

I disturbi del riconoscimento: Le agnosie- Le agnosie visive;- Agnosie per gli oggetti;- Test di valutazione delle agnosie visive.

Batterie di screening globali per l'agnosia:- Birghingham Object Recognition Battery – BORB.

Test sensibili ad un disturbo della discriminazione sensoriale:

- Test di Efron.Test sensibili ad un disturbo agnosico di tipo appercettivo:

- Test delle figure sovrapposte.Test sensibili ad un disturbo agnosico di tipo associativoBibliografia

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LA MEMORIA: UNA VISIONE D’INSIEME

Credo che il capitolo “memoria” sia uno dei più vasti e complessi di tutto il panorama

appartenente alle Neuroscienze. Da una parte questo si spiega grazie alle ricerche effettuate,

soprattutto in questi ultimi anni, in questo campo che hanno dato risultati molto interessanti e

sorprendenti (vedi, ad esempio, il grande Kandel). Dall’altra, perché ha delle dirette implicazioni

con la psicologia e la psichiatria (tutto il vasto settore delle emozioni e memoria).

Solitamente, il sintomo che spesso muove una persona ad andare dal neurologo e/o medico di

base, è proprio una difficoltà a ricordare le cose e/o gli eventi.

In ambulatorio non è raro (anzi, quasi sempre è così!) che arrivi il paziente dicendo: ”Dottore, non

ricordo più le cose!”, oppure “Anche ieri non riuscivo più a trovare le chiavi di casa!”.

Non molto tempo fa, in studio arrivò una signora dicendo che aveva dovuto chiamare la Polizia

perché non riusciva a trovare la macchina, pensando, quindi, che qualcuno gliela avesse rubata.

Mentre stava parlando con il poliziotto per la denuncia, all’improvviso chiosò: ”Mio Dio, ma ero

venuta in autobus!”. In poche parole, per giungere nello stesso posto, solitamente, la signora

utilizzava la macchina, posteggiandola quasi sempre nel medesimo punto. Proprio quel giorno,

siccome il mezzo serviva al marito, aveva preso l’autobus, ma purtroppo non se lo ricordava.

Così, come tutti i giorni, era tornata nel parcheggio per riprendere la macchina, e, non trovandola,

aveva pensato ad un furto. Beh, forse un furto c’era stato…il furto di un ricordo!

La memoria è la capacità di riattivare in modo parziale o totale, veridico o erroneo, gli

avvenimenti del passato; ha anche il compito di generare nuove conoscenze, schemi e quadri

interpretativi fondamentali per una continua e aggiornata valutazione del mondo esterno.

Oggi, classicamente, la memoria viene studiata secondo un approccio multicomponenziale, ovvero

viene vista come un sistema a più componenti. Infatti, si distinguono tre magazzini:

- Magazzino dei registri sensoriali (Memoria Iconica ed Ecoica)

- Memoria a breve termine (MBT)

- Memoria a lungo termine (MLT)

Per brevità di esposizione, non parleremo in questa sede del magazzino sensoriale.

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Con Memoria a Breve Termine ci si riferisce al ricordo di informazioni che, appena presentate,

devono essere rievocate immediatamente ed in modo corretto. Grazie alle ricerche in

Neuropsicologia, si è potuto stabilire che la MBT ha una capacità limitata, poiché i soggetti

giovani normali non riescono a ricordare in media più di sette o otto elementi nell’ordine corretto

(il famoso “magico numero 7”). Inoltre, la MBT è limitata non solo relativamente alla quantità di

informazione che può contenere, ma anche relativamente alla durata della traccia mnestica,

quando non venga in qualche modo ripetuta o ripassata. Si verifica quindi, dopo un breve periodo

di tempo, un oblio del materiale presentato, ovvero una perdita.

Una migliore specificazione del concetto di MBT si deve a Baddeley (Baddeley e Hitch, 1974) che

la definisce come Memoria di Lavoro (Working Memory), ovvero quella componente del sistema

di memoria a breve termine che consente non solo di trattenere temporaneamente l’informazione

(MBT), ma anche di operare su di essa, manipolandola, aggiornandola di continuo e mettendola al

servizio di altre operazioni mentali, resistendo alle interferenze. In tale modello, la memoria di

lavoro sarebbe costituita da un sistema attenzionale, (detto Esecutivo Centrale), che supervisiona

e coordina due sistemi sussidiari:

• il ciclo articolatorio/fonologico, responsabile dell’elaborazione dell’informazione

linguistica e scomponibile in altrettanti due sottocomponenti (magazzino fonologico e

processo di reiterazione articolatoria);

• il taccuino visuo-spaziale, da cui dipenderebbe l’elaborazione del materia non verbale.

Invece, con Memoria a Lungo Termine si indica il processo di recupero di informazioni

immagazzinate da molto tempo e che non conservano i caratteri di precisione ed accuratezza del

materiale rievocato dalla MBT. Al contrario della MBT, la MLT è in grado di contenere molte

informazioni e per intervalli lunghi di tempo, a volte anche per sempre.

Generalmente, si suddivide la MLT nelle seguenti sottocomponeti:

• memoria episodica: tale magazzino può interessare avvenimenti esperiti direttamente

dal soggetto, contestualizzati nello spazio e nel tempo; inoltre, l’informazione episodica

può essere relativa ad aspetti personali della vita del soggetto (memoria autobiografica),

che possono anche non riguardare il passato, ma ciò che ci siamo proposti di fare nel

futuro (memoria prospettica);

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• memoria semantica: riguarda più specificamente le conoscenze sulle cose del mondo

che abbiamo conseguito nel corso della vita, svincolate da aspetti situazionali;

• memoria procedurale: riguarda informazioni sugli aspetti procedurali delle nostre

conoscenze e delle nostre azioni, ad esempio, come si guida la macchina.

Un’altra fondamentale dicotomia che si osserva nelle prestazioni della MLT è tra:

• memoria anterograda, che si riferisce agli eventi che il paziente è in grado di

apprendere dopo che si è verificato l’evento scatenante la patologia (es., trauma

cranico);

• memoria retrograda, che si riferisce alle informazioni che il paziente aveva

memorizzato prima della malattia.

Per la particolare vastità dell’argomento, cercherò di fare uno schema generale dei vari test

utilizzati per la valutazione dei disturbi di memoria, approfondendo soltanto quelli che vengono

impiegati più frequentemente in ambito clinico.

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La valutazione neuropsicologica della memoria

Una batteria minima per esaminare le funzioni mnestiche di un paziente dovrebbe comprendere

almeno queste tipologie di test:

Una prova globale

Valuta in modo complessivo la memoria (es. Rivermead)

Prove di span di memoria immediata

Valuta la MBT verbale (span di cifre)

Valuta la MBT visuo-spaziale (test dei cubetti di Corsi)

Prove di apprendimento

Valuta la MLT verbale (test del racconto e apprendimento di coppie o liste di

parole)

Valuta la MLT visuo-spaziale (es. test dei cubetti di Corsi, test di apprendimento

di un percorso in un labirinto)

Questionari

Valutano la MLT per eventi del passato (sia di cronaca che autobiografici)

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Batterie globali

Tra quelle più importanti e meglio costruite, ricordiamo:

• Wechsler Memory Scale (Wechsler, 1945), che comprende una serie di test psicometrici

specifici per la valutazione della memoria (sia a breve che a lungo termine, verbale e visuo-

spaziale)

• Test di Memoria Comportamentale di Rivermead (TMCR) (Wilson, Cockburn e

Baddeley, 1990), test per la valutazione “ecologica” della memoria.

Wechsler Memory Scale (Wechsler, 1945)

Scopo del test è fornire una valutazione globale della memoria, nei suoi aspetti verbali e

visuospaziali. Caratteristica del test è la possibilità di ottenere un quoziente di memoria (Q.M.).

Esistono due forme parallele, forma I e forma II, al fine di poter valutare le variazioni che hanno

luogo tra la somministrazione della prima forma e la seconda.

Questa batteria di valutazione della memoria è costituita da sette subtest:

1. Informazione: vengono poste al soggetto domande circa la propria età, data di nascita, il

nome del Presidente della Repubblica, il nome del Presidente della Repubblica precedente,

il nome del Papa e quello del sindaco della propria città.

2. Orientamento: vengono poste cinque domande circa l'anno, il mese, il giorno, il posto e

la città in cui si trova io soggetto.

3. Controllo Mentale: il soggetto è sottoposto a tre compiti a tempo: contare dal numero

20 al numero 1, ripetere le lettere dell'alfabeto, contare di tre in tre.

4. Memoria Logica: ripetizione immediata di due brevi storie.

5. Ripetizione di cifre: digit span avanti e a rovescio.

6. Riproduzione visiva: riproduzione immediata, a memoria, di disegni geometrici.

7. Associazioni: vengono presentate 10 associazioni di parole accoppiate; subito dopo

l'esaminatore legge le prime parole di ogni coppia ed il soggetto deve ricordare la seconda

parola di ciascuna coppia.

Il punteggio totale (somma dei punteggi ottenuti in ogni subtest), permette, attraverso un coefficiente di correzione secondo l'età, di ottenere un punteggio corretto tramite il quale è possibile individuare un quoziente di memoria (Q.M.), che può essere confrontato anche con il Q.I.

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Test di Memoria Comportamentale di Rivermead – TMCR (Wilson et al., 1990)

Il test valuta le abilità necessarie per un funzionamento congruo dei processi di memoria nella vita

di tutti i giorni, piuttosto che prestazioni in situazioni di laboratorio.

Comprende 11 subtest elaborati sulla base delle difficoltà di memoria più frequentemente

dichiarate dai pazienti affetti da deficit mnestici e dell’osservazione clinica dei pazienti. Diversi

subtest richiedono di ricordare di eseguire compiti ecologici (es. trovare un oggetto nascosto

all’inizio della prova), oppure di memorizzare diversi tipi di informazione richiesti per un

comportamento quotidiano adeguato (es. un particolare percorso).

Esistono 4 forme parallele del TMRC, al fine di ridurre al minimo l’effetto di apprendimento dovuto

alla ripetizione del test. Per quanto riguarda il punteggio, sono previsti due sistemi di

assegnazione: punteggio di screening (0-12) e punteggio standardizzato (0-24).

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TEST CHE ESAMINANO FUNZIONI SPECIFICHE:

Test per la valutazione della Memoria a breve termine (MBT)

Span di cifre (Orsini et al., 1987)

Misura la MBT uditivo-verbale.

L’esaminatore legge sequenze di cifre di lunghezza crescente da 3 a 9. Il soggetto è invitato a

ripetere la sequenza immediatamente dopo la presentazione. La risposta è considerata corretta se

tutti gli elementi della sequenza sono stati ripetuti nell’ordine di presentazione. Per ogni lunghezza

si presenta una sequenza e nel caso la sua ripetizione da parte del soggetto risulti errata, se ne

presenta una seconda. Si interrompe la prova quando il soggetto fallisce entrambe le sequenze di

una data lunghezza. La lunghezza della sequenza più lunga ripetuta correttamente è il punteggio

grezzo dello span, che viene poi corretto per età e scolarità. I punteggi corretti possono poi essere

trasformati in punteggi equivalenti.

Test di Corsi (Spinnler e Tognoni, 1987)

Misura la MBT visuo-spaziale

Il materiale è costituito da una tavoletta di legno su cui sono incollati 9 cubetti, numerati dal lato

rivolto verso l’esaminatore (vedi figura).

Il compito del soggetto è quello di toccare (nel medesimo ordine) i cubetti toccati dall’esaminatore,

immediatamente dopo la presentazione. La risposta è considerata corretta se tutti gli elementi

della sequenza sono stati ripetuti nell’ordine di presentazione. Per ogni lunghezza si presentano 3

sequenze e se il paziente rievoca correttamente almeno 2 sequenze si passa alla serie di lunghezza

successiva, altrimenti ci fermiamo. Il punteggio sarà la lunghezza della serie più lunga per la quale

sono state ripetute correttamente almeno 2 sequenze. Il punteggio grezzo può essere corretto per

sesso, età e scolarità, e successivamente trasformato in punteggio equivalente.

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TEST CHE ESAMINANO FUNZIONI SPECIFICHE:

Test per la valutazione della Memoria a lungo termine (MLT)

Breve racconto 1 (De Renzi et al., 1977)

Misura la memoria episodica verbale anterograda.

Viene letto 2 volte un brano costituito da 28 elementi. Vengono registrati gli elementi rievocati

immediatamente dopo la prima presentazione, e quelli rievocati 10 minuti dopo la seconda

presentazione del racconto. Il punteggio grezzo è costituito dalla media degli elementi rievocati

dopo le 2 presentazione. È stata calcolata la soglia discriminante che determina il valore che

separa i soggetti normali da quelli patologici

Apprendimento di coppie di parole 1 (De Renzi et al., 1977)

Misura la memoria episodica verbale anterograda.

Si leggono al soggetto 10 coppie di parole. Al termine della lettura si ripropone al soggetto il primo

membro di ciascuna coppia in un ordine diverso da quello di presentazione, chiedendogli di

rievocare il secondo. Per 5 coppie si tratta di associazioni “facili” (es. alto-basso) e per 5 di

associazioni “difficili” (es. bicicletta-forbici). Si assegna un punto per le associazioni “difficili” e

mezzo punto per quelle “facili”. È stata calcolata una soglia discriminante fra soggetti normali e

patologici.

Esiste anche una seconda versione, quella di Novelli (Novelli et al., 1986), che è analoga alla

precedente, solo con coppie di parole diverse. Inoltre, si tratta di parole bisillabiche controllate per

frequenza d’uso.

Apprendimento supra-span verbale - tecnica di Buschke-Fuld (Spinnler e Tognoni,1987)

Misura la MBT e la MLT verbale anterograda

Si legge al paziente una lista di 15 parole e, dopo il primo tentativo di rievocazione, l’esaminatore

ripete solo le parole della lista che non sono state rievocate, mentre il soggetto ha il compito di

rievocare sempre tutte le parole. La procedura viene ripetuta fino al raggiungimento del criterio di

2 ripetizioni consecutive esatte, oppure per 18 prove. Le parole rievocate dal soggetto subito dopo

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la presentazione vengono considerate provenienti dalla MBT, mentre quelle rievocate anche se non

sono state appena presentate dall’esaminatore vengono considerate provenienti dalla MLT. Cinque

minuti dopo l’ultima prova viene richiesta un’ulteriore rievocazione (prova differita).

Vengono utilizzati 3 punteggi: il totale delle prove rievocate dalla MLT nelle prime 18 prove

(esclusa la differita) il totale delle rievocazioni “stabili” dalla MLT nelle prime 18 prove (una prova è

“stabile” quando l’item, una volta entrato nella MLT, è stato rievocato con successo in tutte le

prove seguenti); Il totale delle prove rievocate nella prova differita. Il punteggio grezzo può essere

corretto per età e scolarità e poi trasformato in punteggio equivalente.

Curva di posizione seriale (Spinnler e Tognoni, 1987; Capitani et al., 1992)

Misura la MBT e la MLT verbale anterograda.

Il soggetto deve rievocare una lista di 12 parole lette dall’esaminatore, senza rispettare l’ordine di

presentazione. La procedura viene ripetuta per 10 liste. Si ritiene che le parole che occupano le

ultime posizioni nella lista di presentazione vengano rievocate mediante la MBT, quelle che

occupano le prime posizioni mediante la MLT. Le parole rievocate per ogni posizione nelle 10 liste

vengono sommate, ottenendo una curva di posizione seriale. Nel soggetto normale questa curva è

“bi-modale”, ad “U”: le ultime parole della lista sono rievocate meglio (effetto recency), seguite

dalle prime (effetto primacy). Nelle posizioni centrali la posizione è relativamente scadente.

Per quanto riguarda l’assegnazione del punteggio: vi sono delle differenze fra gli autori che hanno

standardizzato il test: infatti, Spinnler e Tognoni (1987) tengono conto solo della prima e delle

ultime due posizioni (punteggio grezzo = somma delle parole rievocate nelle 10 liste in ognuna

delle 3 posizioni), mentre Capitani et al. (1992) tengono conto della prima posizione e delle

somme delle prime 7 e delle ultime 3 posizioni. Il punteggio grezzo può essere corretto per età e

scolarità e poi trasformato in punteggio equivalente.

Apprendimento Spaziale Supra-Span (Spinnler e Tognoni, 1987)

Misura la MLT visuo-spaziale.

Il materiale è quello utilizzato per valutare lo span spaziale (vedi test di Corsi). L’esaminatore

presenta una serie fissa di 8 cubetti, che il paziente cerca di riprodurre subito dopo ogni

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presentazione, fino al raggiungimento del criterio di apprendimento (l’esatta riproduzione della

sequenza per 3 volte consecutive), fino ad un massimo di 18 prove. La prova non può essere

somministrata a soggetti con uno span uguale o superiore alla lunghezza della sequenza stessa (8

cubetti). Cinque minuti dopo l’ultimo tentativo, nei quali il paziente viene impegnato in attività

distraenti, viene richiesta un’ulteriore riproduzione della sequenza.

Il punteggio “informazionale”: tiene conto dei frammenti di sequenza correttamente riprodotti. Il

punteggio grezzo totale si ottiene attraverso la somma dei punteggi “informazionali” parziali

ottenuti dal soggetto ad ogni tentativo. Il punteggio grezzo può essere corretto per età e scolarità

e poi trasformato in punteggio equivalente.

Test della figura di Rey (Rey, 1959; Caffarra et al., 2002; Carlesimo et al., 2002)

Misura la MBT e la MLT visuo-spaziale

Sono disponibili due forme (A e B). Il paziente deve copiare una figura geometrica complessa priva

di significato (vedi figura qui sotto) e, dopo 3 minuti, riprodurla a memoria. Durante la prova di

copia possono essere messi in evidenza eventuali deficit costruttivi È possibile utilizzare il test

anche in compiti di riproduzione differita. La valutazione può considerare 3 aspetti: il tempo

impiegato per completare la prova, il tipo di riproduzione (modo di procedere durante la prova) e,

infine, l’accuratezza nella riproduzione delle varie parti della figura (somiglianza con l’originale,

posizione spaziale). Disponibili dati normativi per definire il punteggio.

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Funzioni esecutive e lobi frontali

In termini generali, le funzioni esecutive fanno riferimento all’insieme dei processi mentali

necessari per l'elaborazione di schemi cognitivo-comportamentali adattivi in risposta

a condizioni ambientali nuove e impegnative (Owen, 1997). Sono meccanismi cognitivi che

consentono di ottimizzare la prestazione in situazioni che richiedono la simultanea attivazione di

processi cognitivi differenti (Baddeley, 1986). Tali funzioni appaiono particolarmente critiche

quando devono essere generate e organizzate sequenze di risposte e quando nuovi programmi

d’azione devono essere formulati ed eseguiti: in pratica, le funzioni esecutive si riferiscono alla

capacità di pianificare, programmare, modificare e verificare un’azione volta al raggiungimento di

un determinato scopo.

Nella prospettiva della neuropsicologica cognitiva, l’insieme dei processi che costituiscono il

dominio delle funzioni esecutive può essere scomposto in “unità” cognitive parzialmente

differenziabili (per una review, Grossi e Trojano, 2005). Infatti, come vedremo adesso, la

compromissione dei processi esecutivi da luogo ai quadri clinici che caratterizzano le sindromi

disesecutive.

In una prospettiva neurobiologica, in letteratura vi è accordo nel considerare la corteccia

prefrontale il principale substrato neurale di tali funzioni. In particolare, studi comportamentali e di

neuroimaging funzionale hanno permesso di differenziare il contributo delle diverse regioni della

corteccia prefrontale nella mediazione delle diverse componenti delle funzioni esecutive (Grossi e

Troiano, 2005).

I lobi frontali giacciono anteriormente e possono essere divisi in 4 porzioni principali :

1. L’area motoria che occupa il giro precentrale (4 di Brodmann) ;

2. L’area premotoria che giace anteriormente all’area motoria ed include l’area 6 e parte

dell’area 8 ;

3. L’area prefrontale (9, 10, 45, 46) ;

4. La porzione basomediale de lobi (dall’area 9 alle aree 13, 24, 32).

Queste ultime due regioni sono spesso riunite sotto i termine di regione “prefrontale”.

Come proposto da Làdavas e Berti (Làdavas e Berti, 1995), i deficit conseguenti a lesioni frontali possono essere raggruppati in 5 categorie:

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• Incapacità di pianificazione e valutazione delle strategie efficaci in relazione ad un

fine specifico connesse con le abilità di problem-solving e la flessibilità cognitiva.

In questi pazienti verrebbe a mancare la capacità di cogliere negli innumerevoli aspetti che

compongono la realtà le caratteristiche essenziali che accomunano o differenziano gli eventi,

rimanendo quindi ancorati agli aspetti più concreti ed immediati della realtà. Il paziente

frontale non solo non riesce a ricordare la successione degli eventi, ma ha anche difficoltà a

valutare la frequenza con cui li ha esperiti. Essi inoltre, presentano delle difficoltà nel

discriminare il tempo passato da quello futuro. Un deficit spiegabile sulla base di un disturbo di

pianificazione e programmazione è quello relativo alla "fluidità verbale”. I pazienti con lesioni

frontali, inoltre, non riescono neppure a risolvere problemi aritmetici con l’eccezione di

operazioni routinarie da lungo tempo apprese, come l’addizione e la sottrazione. Questo tipo di

deficit si manifesta anche in compiti che richiedono l’utilizzo del pensiero astratto. Per

concludere, il paziente prefrontale è incapace di costruire concetti complessi formulando nel

corso del processo le necessarie ipotesi e di utilizzare i riscontri disponibili per accettarle o

rifiutarle.

• Incapacità a passare da un concetto all’altro e da uno specifico comportamento ad

un altro. Uno dei motivi che impedisce un normale apprendimento e che in parte giustifica

l’insuccesso dei pazienti frontali in prove di apprendimento consiste nelle cosiddette

perseverazioni. Essi, cioè, mettono in atto un comportamento rigido che li porta ad insistere in

strategie palesemente inadeguate, a volte riconosciute come tali dai pazienti stessi. Inoltre, la

perseverazione sembra essere una delle cause principali del fallimento nell’esecuzione dei

compiti. Quando la lesione interessa la corteccia prefrontale le perseverazioni guardano

contemporaneamente tutti i processi cognitivi, indipendentemente dalla modalità o dal sistema

di risposta.

• Incapacità di inibire risposte comportamentali automatiche non congrue con la

situazione stimolo.

Questo tipo di deficit causa la cosiddetta sindrome da dipendenza ambientale. Questa

sindrome è caratterizzata da due comportamenti specifici :

• Comportamento d’suo : Il paziente posto di fronte ad alcuni oggetti di cui è abituato

a far uso li manipola e li utilizza senza ragioni precise o inviti a farlo.

• Comportamento d’imitazione : Il paziente frontale è influenzato non solo dalla

presenza di oggetti nell’ambiente circostante, ma anche dagli atteggiamenti

dell’esaminatore che egli tende servilmente a riprodurre.

Questi comportamenti si osservano sopratutto dopo lesioni delle aree mediali e orbitarie ed

inoltre lesioni bilaterali creano deficit maggiori rispetto a quelle unilaterali.

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• Incapacità di inibire reazioni emotive inadeguate

Ricordiamo il famoso caso di “Phineas Gage”, magistralmente raccontato da Damasio nel libro

“L’errore di Cartesio”, il quale fu colpito da una barra di ferro che distrusse il lobo frontale e

altre strutture a questo annesse, in modo particolare le zone prefrontali e premotorie. Il suo

comportamento emotivo del tutto normale prima della lesione era poi caratterizzato da

irriverenze blasfeme, mancanza di rispetto nei confronti degli altri, atteggiamenti sessuali del

tutto disinibiti (insomma, “Gage non era più lui!”).

Il concetto di disturbi emotivi può essere esteso a due classi specifiche di sindromi :

• Sindrome pseudodepressiva : caratterizzata da apatia, abulia, inerzia e un tono

dell’umore depresso; consegue a lesioni della corteccia mediale.

• Sindrome pseudopsicopatica : caratterizzata da impulsività, scherzosità,

egocentrismo, volubilità ed infine da un tono dell’umore euforico maniacale; consegue

a lesioni della corteccia orbitaria.

Ciò può essere spiegato con le numerose connessioni della corteccia prefrontale, in particolare

appunto delle sue parti mediali e orbitarie, con delle strutture sottocorticali quali l’amigdala e

l’ippocampo, responsabili dell’attivazione di una risposta emotiva.

In questo caso il lobo frontale avrebbe una funzione di controllo rispetto all’attività di queste

strutture sottocorticali, ed una sua lesione ne impedirebbe l’attività di modulazione e di

controllo.

• Disturbi nei processi attentivi volontari.

Una lesione frontale da spesso origine a deficit attenzionali che possono essere ricondotti ad

abulia e inerzia generalizzata, ad un deficit dell’attenzione volontaria e dell’attenzione protratta

nel tempo, e infine ad una intensificazione patologica dell’attenzione automatica.

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Deficit frontale: un’ipotesi interpretativa

Una delle ipotesi più suggestive e meglio studiate sperimentalmente è quella proposta da Shallice (1982) che prevede, dietro questi deficit, un malfunzionamento del Sistema Attenzionale Supervisore (SAS). Interessante notare come tale modello corrisponda a quello proposto da

Baddeley di Esecutivo Centrale.

Secondo Shallice, il SAS ha il compito di esercitare un controllo strategico sui processi cognitivi, dislocando selettivamente l’attenzione su un processo a spese di un altro e di

organizzare nel modo di volta in volta più efficace le “sub-routine” disponibili a livelli

gerarchicamente più bassi. Inoltre, questo modello si basa sul principio di organizzazione

gerarchica dei processi cognitivi, tale per cui le rappresentazioni cognitive, passando dai centri più

bassi a quelli più alti della gerarchia, diventano più generali della gerarchia e meno specifiche.

È sulla base di queste rappresentazioni amodali che la corteccia prefrontale opererebbe da SAS,

non intervenendo nelle acquisizioni di sub-routine e neppure nel loro consolidamento, ma solo nel

loro assemblaggio, che può essere diverso da momento a momento.

Secondo Shallice, il SAS ha accesso alle rappresentazioni dell’ambiente, alle intenzioni

dell’organismo e alle capacità cognitive ma non opera controllando direttamente il comportamento.

L’informazione percettiva ha accesso ad un sistema dove sono rappresentate le possibili operazioni

che l’individuo è capace di compiere, che vengono attivate in modo differenziale dalle varie

operazioni contenute nel sistema. Le operazioni competono tra loro in base al meccanismo di

“selezione competitiva” e l’informazione che raggiunge la massima attivazione prevale sulle altre e

le inibisce.

L’operazione così selezionata verrà trasmessa alla memoria procedurale, nella quale sono

rappresentate le procedure delle azioni che fanno parte del repertorio dell’individuo e verrà

attivata la procedura specifica all’azione corrispondente all’operazione selezionata. L’attivazione di

specifiche operazioni da parte del Sistema di Selezione competitiva avviene in maniera automatica

e non richiede l’uso di attenzione. Il SAS può intervenire nel processo di selezione alterandone il

risultato, modulando il livello di attivazione delle operazioni prodotto dalle stimolazioni interne ed

esterne.

SAS è coinvolto nella genesi delle azioni volontarie e il suo intervento è richiesto nella situazione in

cui la selezione delle routine di base è insufficiente, come nel caso di situazioni nuove.

Secondo Shallice la corteccia prefrontale opererebbe come SAS che, una volta danneggiato non

riuscirebbe più a svolgere le sue attività e lascerebbe il comportamento del paziente sotto controllo

del sistema di selezione competitiva.

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La valutazione delle funzioni frontali

Trail making Test – TMT (Reitan, 1958; Mondini et al., 2003)

Scopo del test è valutare la capacità di pianificazione spaziale in un compito di tipo visuo-motorio;

infatti, si ottengono informazioni sulle seguenti funzioni:

a. il modo di procedere in compiti di ricerca visiva e spaziale;

b. capacità attentive e visuo-motorie;

c. abilità nel passare velocemente da uno stimolo di tipo numerico ad uno alfabetico

(shifting)

Il test comprende due prove, A e B: nella prima gli stimoli sono costituiti da una serie di numeri,

mentre nella seconda ci sono sia numeri che lettere. Il corretto svolgimento della parte A richiede

adeguate capacità di elaborazione visiva, riconoscimento di numeri, conoscenza e riproduzione di

sequenze numeriche, velocità motoria. Il corretto svolgimento della parte B, oltre alle predette

abilità, necessita di una flessibilità cognitiva e di una capacità di shifting nella norma. La differenza

di tempo tra le due prove (B – A) è anch’essa indice di flessibilità cognitiva e abilità di shifting.

Parte A: il soggetto deve unire in sequenza con una matita i numeri dall’1 al 25. Deve

svolgere il compito nel più breve tempo possibile. In caso di errore deve essere immediatamente

corretto dall’esaminatore (questo contribuisce ad aumentare il tempo impiegato e quindi a

determinare un decremento del punteggio). Prima del test vero e proprio è necessario accertarsi

che il soggetto abbia compreso le consegne somministrando la prova preliminare (unire i numeri

dall’1 all’8).

La parte A richiede al soggetto di attivare una serie di operazioni cognitive quali la ricerca spaziale

e visiva dei numeri nella loro giusta sequenza impiegando il minor tempo possibile . E’ una prova

che rileva il livello attentivo del paziente e dall’analisi dei risultati si può notare che i soggetti mano

a mano più anziani hanno prestazioni peggiori.

Parte B: Questa seconda parte del TMT è certamente più complessa e impegnativa

rispetto alla prima . Qui infatti ,oltre a un compito di attenzione divisa visuo-spaziale, viene

richiesto al soggetto un compito di switch ,cioè di alternanza continua da uno stimolo di tipo

numerico a uno di tipo alfabetico.

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Viene presentato al soggetto un foglio dove sono rappresentati numeri e lettere disposti in modo

casuale. Il soggetto, per eseguire il test, deve compiere simultaneamente due compiti:

collegare sia in ordine progressivo, che alternato, numeri e lettere (cioè: 1-A-2-B-3-C- ecc…),

unendo, quindi, in maniera alternata i numeri (dall’1 al 13) e le lettere (dalla A alla N). [la corretta

sequenza è 1-A, 2-B, ecc.].

Anche in questo caso è opportuno accertarsi che il soggetto abbia compreso le consegne

somministrando la prova preliminare (numeri dall’1 al 4 e lettere dalla A alla D).

I tempi di prestazione di questa prova sono molto più elevati , soprattutto nei soggetti anziani che

spesso hanno difficoltà a capire la natura del compito e a mantenere costante lo switch tra le due

diverse categorie di stimoli .

In punteggio finale è basato sul numero di secondi impiegati per completare il test.

Vengono ottenuti tre punteggi (parte A; parte B; differenza B – A).

Per ogni parte il punteggio grezzo ottenuto deve essere corretto in base all’età e alla scolarità del

soggetto.

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Esecuzione TMT - A Esecuzione TMT - B

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Wisconsin Card Sorting Test – WCST (Berg, 1948).

Il WCST è una prova per esaminare le funzioni frontali del paziente; usato per valutare la

flessibilità nella scelta delle strategie nel problem solving e utilizzato per la valutazione

dell’incapacità di astrazione oltre che della perseverazione.

Sono utilizzate 128 carte definite “carte risposta” costruite in modo tale che ciascuna carta

contenga da una a quattro figure identiche di un singolo colore. Le quattro figure usate sono così

costruite:

per forma: stelle , croci, triangoli e cerchi;

per colore: rosso, giallo, blu, verde.

per numero: 1, 2, 3 e 4.

Una singola carta può avere, per esempio, quattro triangoli verdi oppure due cerchi gialli.

Quattro di queste 128 carte vengono definite “carte stimolo”o “carte guida”: la prima raffigurante

un triangolo rosso, la seconda raffigurante due stelle verdi, la terza con tre croci gialle e l'ultima

con quattro cerchi blu (vedi figura qui sotto).

Le quattro “carte stimolo” o “carte guida” vengono disposte dinanzi al soggetto da sinistra verso

destra in questo medesimo ordine.

Il soggetto riceve un primo pacco di carte risposta e viene così istruito:

“Queste che ha davanti sono quattro carte guida; vorrei che lei mettesse ciascuna di queste carte

che le ho dato in mano sotto una delle carte guida dove lei pensa che sia opportuno metterle. Io le

dirò se ciò che fa è giusto o sbagliato”.

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Se il soggetto facesse domande su come classificare le carte che ha in mano (es. secondo la

forma, il numero delle figure, ecc…) gli verrebbe risposto così:

“Le dirò io se è giusto o sbagliato dopo che ha collocato la carta”. La categoria corretta deve

essere anticipatamente decisa dall'esaminatore e non deve essere mai svelata al paziente durante

la prova; il soggetto inizia a disporre le carte una alla volta e viene informato se quello che ha

fatto è giusto o no.

La prima categoria da seguire è il colore; dopo che ha dato 10 risposte esatte e consecutive

l’una all’altra (nella versione originaria di Berg ne sono sufficienti 5) si passa alla categoria

successiva che è la forma. Dopo 10 risposte esatte e consecutive si passa al numero e quindi si

ricomincia un altro ciclo di tre categorie (colore, forma, numero).

Il test si conclude quando vengono completate tutte le sei categorie (colore, forma e numero per

due volte) o vengono distribuite tutte le 128 carte.

Durante il corso della prova al soggetto non è permesso di cambiare una sua risposta definita

dall’esaminatore come non corretta una volta che è stata data. L’esaminatore non deve mai

avvertire il soggetto che il criterio cambia.

L'utilizzo di questo test è indicato per lo studio e l'approfondimento di pazienti con lesioni

frontali; essi presentano tipici disturbi del ragionamento astratto, disturbi attentivi, difficoltà nella

formulazione di strategie per la risoluzione di un compito, incapacità di fare inferenze di ordine

superiore (come ad esempio definire proverbi, classificare, definire il significato delle parole,

ecc…), flessibilità mentale e ultima ma non per questo la meno importante la perseverazione.

Infatti, il test sembra particolarmente appropriato per lo studio della perseverazione: fu

Milner (1963) a riportare ricerche da lui svolte in merito, verificando che soggetti con lesione

frontale dorsolaterale dell'emisfero sinistro commettevano un maggior numero di errori

perseveratori e raggiungevano un numero inferiore di categorie.

Milner osservò che nell'ambito dei lobi frontali, i disturbi cognitivi più accentuati conseguivano ad

un danno delle aree dorsolaterali.

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Test della Torre di Londra – TOL (Shallice, 1982).

Il test è stato ideato per misurare le capacità di mettere in atto processi di decisione

strategica e di pianificare soluzioni efficaci tese alla risoluzione di un compito.

Per risolvere molti problemi è necessario anticipare e tenere a mente le conseguenze di un’azione

sulle altre; tale interdipendenza di elementi di un problema complesso è di fatto una caratteristica

di molte situazioni della vita quotidiana.

Il test della Torre di Londra prevede una serie di problemi a difficoltà graduale che richiedono al

soggetto di muovere delle palline forate, poste in una certa configurazione su una particolare

struttura, fino a raggiungere una nuova configurazione.

Per la risoluzione del compito è necessario adottare opportune strategie. In particolare sono

richieste tre operazioni:

(a) formulare un piano generale,

(b) identificare sottomete ed organizzarle entro una sequenza di movimenti,

(c) conservare le sottomete e il piano generale nella memoria di lavoro (Morris et al., 1988;

Owen et al., 1990; Shallice, 1982).

Shallice chiama in causa il Sistema Attentivo Supervisore (SAS, di cui abbiamo parlato

precedentemente, quale centro presieduto dalla corteccia prefrontale e deputato a dirigere

l’attenzione verso le necessarie sottomete e a trasferire l’attenzione stessa dalle sottomete allo

schema generale (Shallice, 1982).

Ci sono numerose varianti nel modo in cui il test può venire somministrato e sul tipo di misure che

si possono ottenere. Nella versione classica di Shallice, il materiale è costituito da tre pioli di

diversa lunghezza montati su una struttura di legno e da tre palline di colore diverso, rosso, verde

e blu, che vanno infilate nei pioli. Il test si compone di una serie di dodici prove di difficoltà

graduale, a seconda del numero di mosse che il soggetto deve attuare per arrivare alla

configurazione mostrata dall’esaminatore.

Si parte sempre da una posizione base (vedi figura sotto).

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Per quanto riguarda la somministrazione, al soggetto la consegna viene spiegata come segue:

“Qui ci sono tre bastoncini di diversa lunghezza e tre palline di colore diverso.Lei dovrà mettere le palline secondo le disposizioni che le mostrerò.La figura nel foglio ne mostra una.Ora lei dovrà copiare questa figura per essere sicuri che non ha problemi nel riconoscere i colori. Adesso le mostrerò un’altra figura e le chiederò di cambiare le palline di questa composizione qui, in un’altra diversa, ma nel fare questo ci sono delle regole da seguire:1) può muovere solo una pallina per volta;2) può muovere da un solo bastoncino ad un altro. Così non le è consentito mettere sul tavolo una pallina o averne in mano più di una alla volta;3) può collocare una sola pallina sul bastoncino piccolo, due sul bastoncino medio, tre sul bastoncino grande. Se segue questa regola le palline non usciranno dal bastoncino;4) le dirò ogni volta quanti spostamenti sono necessari per risolvere il problema”.

Il tempo si calcola da quando al soggetto viene mostrata la configurazione fino all’avvenuta prestazione.Quando il paziente si accorge di aver sbagliato, si blocca il cronometro, si riposizionano le palline in base alla configurazione iniziale e si fa ripartire il tempo dal punto in cui lo si era bloccato.Il tempo massimo per ogni configurazione è di 60 secondi, e varia a seconda del tempo impiegato:

• 0-15” sec.= 3 pts • 16”-30” sec.= 2 • 31”- 60” sec.= 1 • >60” sec.= 0

Una curiosità su questo test:Impiegando materiale così particolare, non molto distante dai giochi tipici dei bambini piccoli, non di rado può capitare che i soggetti in valutazione si mostrino imbarazzati perché si sentono trattati come bambini. Ricordo, in particolare, una signora con una demenza fronto-temporale diagnosticatale da tre anni, la quale, tra i vari sintomi, presentava turbe del comportamento e alcune difficoltà di memoria (anche se non gravi). Non appena le mostrai il test della Torre di Londra con i pioli e le palline, la signora mi guardò in viso e, con un accento tutto toscano, mi disse: ... ”Dicea bene la mì mamma, a ringrullire si ridiventa bambini!”.

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Esempio: 3 mosseConfigurazione standard di partenza