Le figure geometriche - Altervista

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La geometria In Egitto nel XIV secolo a.C. la geometria nasce per misurare la terra (geometria = misura della terra) perché il Nilo con le sue piene, cancellava spesso i limiti fra i campi. E’ dunque una Geometria pratica, quella che utilizzano ancora oggi i geometri, esperti nella rivelazione di terreni. In Grecia, a partire dal VII secolo a.C., la geometria acquista un diverso significato: la figura geometrica si idealizza e si studiano le proprietà delle figure, staccandosi dai casi particolari e dai problemi pratici. E così si arriva, nel III secolo a.C., agli Elementi di Euclide, dove la geometria viene trattata con eleganza e rigore e viene considerata un’attività intellettuale lontana dalle applicazioni pratiche. Una mentalità completamente diversa sembra emergere invece dalle opere di Archimede (III secolo a.C.) e specialmente da uno dei trattati più importanti, Il metodo, dove racconta di aver pensato di confrontare l’area di un triangolo e l’area di una figura dal contorno curvilineo con un procedimento “meccanico”: si ricoprono le due figure con tanti segmenti rettilinei e si “pesano” i segmenti ottenuti. Questa intuizione è alla base di molti procedimenti che sono poi sviluppati da Archimede con un rigore ed una precisione tali da rimanere ancora oggi sostanzialmente validi.

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La geometria In Egitto nel XIV secolo a.C. la geometria nasce per misurare la terra (geometria = misura della terra) perché il Nilo con le sue piene, cancellava spesso i limiti fra i campi. E’ dunque una Geometria pratica, quella che utilizzano ancora oggi i geometri, esperti nella rivelazione di terreni. In Grecia, a partire dal VII secolo a.C., la geometria acquista un diverso significato: la figura geometrica si idealizza e si studiano le proprietà delle figure, staccandosi dai casi particolari e dai problemi pratici. E così si arriva, nel III secolo a.C., agli Elementi di Euclide, dove la geometria viene trattata con eleganza e rigore e viene considerata un’attività intellettuale lontana dalle applicazioni pratiche. Una mentalità completamente diversa sembra emergere invece dalle opere di Archimede (III secolo a.C.) e specialmente da uno dei trattati più importanti, Il metodo, dove racconta di aver pensato di confrontare l’area di un triangolo e l’area di una figura dal contorno curvilineo con un procedimento “meccanico”: si ricoprono le due figure con tanti segmenti rettilinei e si “pesano” i segmenti ottenuti. Questa intuizione è alla base di molti procedimenti che sono poi sviluppati da Archimede con un rigore ed una precisione tali da rimanere ancora oggi sostanzialmente validi.

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Le figure geometriche Gli oggetti che tutti i giorni vediamo o usiamo sono spesso complicati e presentano molte caratteristiche differenti; tuttavia siamo abituati a considerare solo alcune di queste caratteristiche, trascurando le altre. Colore, materiale, peso, sapore e odore sono caratteristiche degli oggetti che la geometria non considera; per questo non si studiano gli oggetti, ma le figure. Le figure geometriche sono un modo di semplificare lo studio della realtà. Figura deriva dal latino che significa modello, cioè indica un disegno che rappresenta solo la forma e le dimensioni di un oggetto, senza considerarne altri aspetti quali il colore, l’odore, il sapore, etc. Nella realtà vediamo figure solide ma molte proprietà delle figure solide sono basate sulle proprietà delle figure piane; per questo motivo lo studio della geometria comincia con lo studio delle figure piane. Alcune caratteristiche delle figure piane:

- figure a contorno curvilineo, cioè delimitati da archi di curva.

- figure a contorno rettilineo, cioè delimitati da segmenti, chiamate poligoni.

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- figure convesse: se il segmento che congiunge due punti qualsiasi della figura vi è contenuto interamente.

- figure concave, cioè figure non convesse.

Relazioni fra gli angoli di un poligono La parola poligono proviene dal greco e significa “molti angoli”

- il triangolo ha 3 angoli - il quadrangolo ha 4 angoli - il pentagono ha 5 angoli - l’esagono ha 6 angoli

I segmenti che delimitano un poligono si chiamano lati ; il numero dei lati di un poligono è uguale al numero degli angoli, perciò, invece di quadrangolo, si dice spesso quadrilatero , termine che proviene dal latino e significa “con quattro lati”. Il termine pentagono ed esagono provengono invece dal greco: penta significa “cinque” e “esa” significa “sei”.

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Angoli interni ed angoli esterni di un poligono convesso - un angolo interno è delimitato da due lati consecutivi: - un angolo esterno è delimitato dal prolungamento di un lato e dal lato consecutivo. (gli angoli

esterni sono sempre due e fra loro uguali, perciò se ne considera abitualmente uno solo).

Somma degli angoli esterni di un poligono

Dalla figura si può notare che la matita dopo aver percorso tutti gli angoli esterni, si ritrova nella stessa posizione di partenza; questo vuol dire che, sommando gli angoli esterni, si ottiene un angolo giro. Si conclude dunque che : in qualunque poligono convesso la somma degli angoli esterni è sempre un angolo giro, che misura cioè 360°.

Somma degli angoli interni di un poligono Consideriamo un triangolo

1. per ciascun vertice si considera l’angolo esterno e l’angolo interno adiacente; 2. questi due angoli formano insieme un angolo piatto; 3. si conclude che la somma T di tutti gli angoli esterni ed interni vale tre angoli piatti, cioè 3 · 180°;

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4. per ottenere la somma S dei soli angoli interni si sottrae da T la somma degli angoli esterni, che vale 360°; in conclusione per il triangolo, la somma S degli angoli interni è data da: S = 3 · 180° - 360° = 180°

Si trova così la seguente proprietà: la somma S degli angoli interni di un poligono convesso con n vertici è data da: S = n · 180° - 360° = n · 180° - 2 · 180° = (n – 2) · 180° cioè vale tanti angoli piatti quanto è il numero dei vertici meno due. Le due relazioni trovate non valgono per una poligonale cioè una linea aperta composta da segmenti.

Relazioni fra gli angoli di un triangolo

Terminologia L’ampiezza degli angoli interni di un triangolo si indica abitualmente con le lettere greche α, β, γ. Il lato a è OPPOSTO all’angolo α. Il lato a è ADIACENTE agli angoli β e γ. L’angolo β è OPPOSTO al lato b. L’angolo β è ADIACENTE ai lati a e c.

Segmenti notevoli di un triangolo In un triangolo si possono tracciare alcune corde di particolare importanza: La bisettrice è il segmento avente origine nel vertice dell’angolo, che lo divide in due angoli uguali. La mediana è il segmento che congiunge un vertice del triangolo con il punto medio del lato opposto. L’ altezza relativa a un lato, è il segmento che dal vertice opposto cade perpendicolarmente sul lato stesso (o sul suo prolungamento).

Queste tre ampiezze α, β, γ sono legate dalla relazione: α + β + γ = 180° Questa relazione è ricca di applicazioni, specialmente nel caso di triangoli particolari.

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I triangoli rettangoli 90° + β + γ = 180° e quindi β + γ = 90° Si ha dunque che in un triangolo rettangolo la somma dei due angoli acuti misura 90°. Quest’ultima ha un’importante applicazione: basta conoscere uno degli angoli acuti

di un triangolo rettangolo per determinare l’ampiezza dell’altro. I triangoli isosceli

α + α + γ = 180° ossia 2α + γ = 180°

Perciò è sufficiente conoscere l’ampiezza γ dell’angolo al vertice per determinare gli angoli alla base. Per es. se l’angolo al vertice misura γ = 40°, si ha 2α + 40° = 180° da cui 2α = 140° e quindi α = 70° D’altra parte, basta conoscere l’ampiezza di un angolo alla base per ricavare l’angolo al vertice. Per es. dato α = 30°, si ha 60° + γ = 180° e quindi γ = 120°. In un triangolo isoscele la bisettrice dell’angolo al vertice è anche mediana e altezza relativa alla base.

La somma di due qualsiasi angoli interni di un triangolo è sempre minore di un angolo piatto. Gli angoli alla base di un triangolo isoscele sono acuti.

Una relazione che collega angoli esterni ed interni Nel triangolo ABC della figura, le lettere α, β e γ indicano l’ampiezze degli angoli interni, mentre γ’ indica l’ampiezza dell’angolo esterno di vertice C; si hanno allora le seguenti relazioni: γ’ + γ = 180° α + β + γ = 180° Confrontando le due relazioni, si ricava che deve essere: γ’ = α + β dove γ’ è l’ampiezza dell’angolo esterno di vertice C, mentre α e β sono le ampiezze dei due angoli interni di vertici A e B, angoli che non sono adiacenti all’angolo esterno di vertice C. Analogamente risulta che α’ = β + γ β’ = α + γ Si può dunque concludere che in un triangolo un angolo esterno è uguale alla somma dei due angoli interni non adiacenti.

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Misurare gli angoli

- l’angolo è una parte di piano compresa fra due semirette che hanno la stessa origine; - le due semirette si chiamano lati dell’angolo; - l’origine comune delle due semirette si chiama vertice dell’angolo.

Nel linguaggio comune il termine angolo ha molti significati diversi, che non sempre corrispondono al significato matematico. Per es. “Quella scatola ha gli angoli rovinati”, oppure “Gli angoli del cubo”. Per misurare un angolo si usa il goniometro. Sulla scala graduata si legge l’ampiezza dell’angolo misurata in gradi.

Termini che descrivono l’ampiezza degli angoli

- angolo retto, misura 90° - angolo piatto, misura 180° - angolo giro, misura 360° - angolo acuto, ha un ampiezza α < 90° - angolo ottuso, ha un ampiezza 90° < α < 180° - angolo concavo, ha un ampiezza 180° < α < 360°

Quando si parla degli angoli di un triangolo, si dice che

- il triangolo è acutangolo, se tutti i suoi angoli sono acuti; - il triangolo è rettangolo, se ha un angolo retto; - il triangolo è ottusangolo, se ha un angolo ottuso.

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Oss: un triangolo non può avere più di un angolo retto o di un angolo ottuso, né un angolo retto e uno ottuso. Termini che descrivono le posizioni di due angoli 1. Due angoli si dicono opposti al vertice quando hanno:

- lo stesso vertice; - i lati dell’uno sui prolungamenti dei lati dell’altro. 2. Due angoli si dicono consecutivi quando hanno - un lato in comune; - lo stesso vertice; 3. Due angoli si dicono adiacenti quando - sono consecutivi; - gli altri due lati uno sul prolungamento dell’altro. 4. Due angoli si dicono complementari quando hanno come somma l’angolo retto. 5. Due angoli si dicono supplementari quando hanno come somma l’angolo piatto. 6. Due angoli si dicono esplementari quando hanno come somma l’angolo giro.

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Poligoni equilateri e poligoni regolari

- Con tre sbarrette lunghe 4 cm, 8 cm e 15 cm non si riesce a costruire un triangolo perché il triangolo non si chiude.

- Neanche con tre sbarrette lunghe 4 cm, 8 cm e 12 cm si riesce a costruire un triangolo perché il triangolo si schiaccia sul lato più lungo.

- Si costruisce invece un triangolo con le sbarrette lunghe 4 cm, 8 cm e 10 cm perché le due sbarrette più corte allineate (sommate) superano la terza.

Si possono dunque costruire poligoni con numerosi lati molto lunghi a condizione che ogni lato del poligono deve essere minore della somma di tutti gli altri. Poligoni regolari

- Con tre sbarrette uguali si costruisce un triangolo equilatero - Con quattro sbarrette uguali si costruiscono dei quadrilateri equilateri, che vengono chiamati

rombi. Si osserva subito una notevole differenza fra questi due casi:

- nel caso del triangolo, fissato i tre lati uguali, è fissato rigidamente un solo triangolo, che è anche equiangolo, cioè ha tutti gli angoli uguali fra loro:

- nel caso dei quadrilateri, invece, con quattro lati uguali si possono costruire tanti, che non sono equiangoli; ma fra questi rombi c’è anche il quadrato che ha tutti gli angoli uguali.

Perciò sono poligoni regolari tutti i poligoni che hanno tutti i lati e tutti gli angoli uguali fra loro. D’altra parte, è facile ottenere dei poligoni equiangoli ma non equilateri: basta disegnare tanti rettangoli. Gli angoli di un poligono regolare Per un poligono regolare è possibile determinare le ampiezze degli angoli esterni ed interni, quando si conosce il numero n di lati. - gli angoli esterni sono tutti uguali e la loro somma deve valere 360°;

n · β = 360° e quindi β = 360°/n - ora si può trovare l’ampiezza α di ogni angolo interno, basta ricordare α = 180° - β e quindi α = 180° - 360°/n

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I poligoni regolari e le pavimentazioni La forma di poligoni regolari viene spesso usata per realizzare mattonelle o tessere per mosaici ma non tutti i poligoni regolari sono idonei. Quattro quadrati ricoprono un angolo giro (90° · 4 = 360°) Tre esagoni (120° · 3 = 360°) Tre pentagoni non ricoprono un angolo giro (108° · 3 = 324°) rimane uno spicchio vuoto di 26° Tre ottagoni (135° · 4 = 405°) si supera l’angolo giro. Due ottagoni (135° · 2 = 270°) resta scoperto un angolo ampio di 90° e quindi si può realizzare una pavimentazione formata da ottagoni regolari e quadrati.

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La congruenza In teoria degli insiemi, due insiemi A e B sono uguali se e solo se hanno gli stessi elementi. Diremo allora che due figure geometriche sono uguali se sono formate dagli stessi punti. Quindi due figure geometriche distinte sono CONGRUENTI se mediante un movimento rigido ( che non alteri né la forma né le dimensioni ) è possibile sovrapporle facendo coincidere tutti i punti. (simbolo ≈)

I tre criteri di uguaglianza (congruenza) dei triangoli Due triangoli sono uguali (congruenti) se i lati e gli angoli dell’uno sono ordinatamente uguali ai lati e agli angoli dell’altro. Per scoprire se due triangoli sono uguali bisognerebbe dunque effettuare 12 misure: i 6 elementi (3 lati + 3 angoli) del primo triangolo, da confrontare con i corrispondenti 6 elementi del secondo triangolo. Abbiamo però tre criteri che ci vengono in aiuto e ci permettono di ridurre il numero di misurazioni da effettuare.

1. due triangoli sono uguali (congruenti) se hanno uguali due lati e l’angolo fra essi compreso. ATTENZIONE: è indispensabile considerare l’angolo compreso tra i due lati uguali.

2. due triangoli sono uguali (congruenti) se hanno uguali due angoli e il lato fra essi compreso. ATTENZIONE: è indispensabile considerare il lato compreso tra i due angoli uguali.

3. due triangoli sono uguali (congruenti) se hanno uguali i tre lati. Gli elementi corrispondenti di un triangolo vengono chiamati anche elementi omologhi.

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Criteri di uguaglianza (congruenza) dei triangoli rettangoli

1. Due triangoli rettangoli sono uguali (congruenti) se hanno uguali i due cateti (l’angolo compreso è retto).

2. Due triangoli rettangoli sono uguali (congruenti) se hanno ordinatamente uguali un cateto e

l’angolo acuto adiacente (l’altro angolo è sempre retto).

Due rette incidenti si dicono perpendicolari se suddividono il piano in quattro angoli retti. Due rette si dicono parallele se non hanno punti di intersezione. Dato un segmento si chiama asse del segmento la retta perpendicolare al segmento e passante per il suo punto medio.

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