Le dune e gli ambienti umidi costieri della Sicilia

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Si tratta di una pubblicazione che include numerose illustrazioni e disegni, contenente un ampia introduzione sul tema delle coste in generale e siciliane in particolare, sui loro aspetti faunistici e floristici più caratteristici, nonché di una dettagliata analisi storica sulla trasformazione degli ambienti psammo-alofili costieri della Sicilia e sull'attuale stato di conservazione. Nella parte speciale vengono censiti tutti i biotopi dunali, gli ambienti umidi costieri e tutte le aree naturali protette costiere della Sicilia, molte delle quali sono Riserve Naturali Orientatate, Siti di Interesse Comunitario, Zone di Protezione Speciale e "Important Bird Area". Di tutti i biotopi censiti vengono fornite notizie storiche, il loro attuale aspetto legislativo e le principali caratteristiche floristiche e faunistiche.

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Francesco Lapiana nato a Palermo il 30 marzo 1978 si laurea in Scienze Na-turali all’Università di Palermo, e consegue il titolo di Dottore di Ricerca inBiologia ed Ecologia all’Università di Perugia e frequenta alcuni corsi di spe-cializzazione in campo naturalistico. Lavora presso il Centro d’Ateneo per iMusei Scientifici dell’Università di Perugia e presso il Settore “Ecosistemi eBiodiversità” dell’ARPA Sicilia. Nel complesso, gli ambiti in cui si trova adoperare riguardano diversi aspetti legati alle tematiche ecologico-ambientalie alla divulgazione e comunicazione scientifica.

Ignazio Sparacio nato a Siena il 14 marzo 1960. Medico e naturalista, si oc-cupa di sistematica, biologia e geonemia di alcuni gruppi di Invertebrati, inparticolar modo Coleotteri e Molluschi terrestri. Accanto all’attività inerentela propria professione, collabora con Enti, istituzioni pubbliche e private e ri-viste varie per il settore scientifico-naturalistico. Ha realizzato, anche in col-laborazione con altri studiosi, numerose pubblicazioni scientifiche e a caratteredivulgativo con particolare riferimento ad argomenti sull’ambiente, la biodi-versità e l’ecologia, soprattutto dell’area mediterranea.

Immagine di copertina: Anonimo, Pantano di Valdesi, tempera su cartoncino,1810 ca. (Foto Cappellani).Immagine di retrocopertina: bruco di Brithys crini su Pancratium maritimum(disegno di M. Reina).

Il Brigantino Società EditriceVia Toscana, 290144 - PalermoProgetto grafico: F. Lapiana & I. Sparacio

Citazione del volume: Lapiana F. & Sparacio I., 2009 - Le dune e gli ambientiumidi costieri della Sicilia. Tra passato, presente e futuro. Le guide del Bri-gantino, 2. Il Brigantino, Palermo, 279 pp.

ISBN 9788896624012

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Francesco Lapiana & Ignazio Sparacio

Le dune e gli ambienti umidi costieridella Sicilia

tra passato, presente e futuro

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“Diciam dunque che l’isola di Sicilia è la perla del se-colo per abbondanza e bellezze; il primo paeseperbontà (di natura), abitazioni e antichità. Vengonvida tutte le parti i viaggiatori e i trafficanti delle cittàe delle metropoli, i quali tutti ad una voce la esaltano,(attestano) la sua grande importanza, lodano la suasplendida bellezza, parlano delle sue felici condizioni,degli svariati pregi che si accolgono in lei e dei benid’ogni altro paese che la Sicilia attira a se”.

Dal Libro di Ruggero di Edrisi.

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PREFAZIONE

Quando gli autori mi hanno comunicato la loro intenzione di scrivere questo

libro ho avuto un attimo di perplessità. Questa si può riassumere in una do-

manda: vale ancora oggi la pena di spendere energie e passione per parlare

della bellezza, della complessità e della ricchezza biologica degli ecosistemi

costieri della Sicilia? Una domanda del genere è tanto drammatica quanto le-

gittima per chiunque dia uno sguardo attento alle spiagge o ai litorali rocciosi

della nostra isola. Lunghi tratti del suo perimetro sono stati infatti irrimedia-

bilmente distrutti o gravemente alterati durante oltre 50 anni di attacchi vio-

lenti e, spesso, illegali. Nell’agosto del 1973 il giornalista Bazzoni a proposito

della Sicilia scriveva sul Corriere della Sera: “Una costa, quella tirrenica è

irrimediabilmente perduta, quella jonica si sta perdendo, quella meridionale

non si deve perdere. È doloroso dirlo, ma in un Paese che non sa governare

il proprio territorio, la sopravvivenza di aree naturali dipende poco da una

scelta consapevole, molto dalla mancata scoperta da parte degli speculatori

e molto dalla miseria degli abitanti”. A nulla o quasi è servito il suo monito…

È possibile riconoscere tre “fasi storiche” nello scempio che è stato fatto del

patrimonio naturale della Sicilia. Il “far west” degli anni Settanta, quando di-

versi fattori sinergici (mancanza di adeguati strumenti giuridici, la colpevole

assenza di una pianificazione territoriale ed un controllo troppo blando del

territorio) hanno consentito la sistematica distruzione delle più ampie e fertili

piane costiere seguendo il miraggio dello sviluppo industriale (Termini Ime-

rese, Carini, Milazzo, Augusta, Gela). La mancata o cattiva applicazione delle

leggi e dei vincoli paesistici e naturalistici ha permesso ancora negli anni Ot-

tanta e Novanta il progressivo smantellamento dei litorali a ridosso dei mag-

giori centri abitati per far spazio allo status symbol delle “seconde case”

(Altavilla Milicia, San Leone, le “marine” di Selinunte, Licata, Palma di Mon-

techiaro e Ragusa, foce del Simeto, ecc.). Lo scempio non è soltanto una triste

eredità del recente passato ma continua sino ai nostri giorni, quando si na-

scondono con belle parole (“riordino” delle coste, “adeguamento” delle in-

frastrutture ricettive portuali, ecc.) cattive politiche di gestione degli

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ecosistemi costieri (si pensi ai rimboschimenti realizzati sulle dune a spese

della macchia originaria, alla “rettificazione” dei corsi d’acqua, all’estrazione

di sabbie e ghiaie da dune ed estuari, ecc.).

Dopo aver letto l’intero manoscritto, so che la risposta alla prima domanda

è affermativa. Anzi, uno degli aspetti di maggiore originalità di questo libro è

proprio il tentativo di descrivere gli aspetti belli e integri senza celare il gra-

duale cambiamento delle coste della nostra regione, analizzando le modifica-

zioni del paesaggio e commentandone l’effetto sulle comunità animali,

ponendo in risalto ciò sopravvive tuttora nonostante decenni di barbarie.

Il ricco corredo di disegni, foto e figure ci offre sia emozioni e sensazioni

gradevoli, dinanzi alla varietà dei paesaggi e degli organismi che si sono evo-

luti o si sono adattati a vivere sulle nostre coste, sia sgradevoli, illustrando il

degrado e la manomissione del territorio. In questo senso gli autori non hanno

ceduto alla facile tentazione di rappresentare solo il bello superstite celando

tutto ciò che è invece brutto e ci fa sospendere lo sguardo ed il giudizio sul

presente e sul futuro della nostra isola: sembra quasi che gli autori si riallac-

cino idealmente al meraviglioso passaggio del film “I cento passi” in cui Pep-

pino Impastato, ammirando lo splendore della costa e della piana coltivata di

Carini dalla cima di Montagna Longa prima della costruzione dell’aeroporto

a Punta Raisi, parla della necessità di “educare i Siciliani alla bellezza”.

Questo libro costituisce un umile contributo in questa direzione, e servirà

senz’altro a rinfrescare la memoria dei Siciliani, indirizzandoli verso scelte

più sostenibili come abitanti dei suoi ecosistemi costieri e come elettori di una

classe politica più sensibile a queste problematiche.

Salvatore Pasta

Palermo, 10 gennaio 2010

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INTRODUZIONE

L’area del Mediterraneo centrale, più o meno in corrispondenza della attualeSicilia, era occupata dal mare fino alla prima metà dell’era Terziaria (o Ceno-zoica). Nell’Oligocene (da 33 a 23 milioni di anni fa) e nel successivo Mio-cene (da 23 a 5 milioni di anni fa) i territori più settentrionali di questo anticobacino, in corrispondenza dell’attuale Francia meridionale, cominciarono aframmentarsi e le microzolle che originarono si spostarono progressivamenteverso sud, sud-est; anche i territori più orientali, l’attuale penisola Balcanica,cominciarono a frammentarsi e a spostarsi verso occidente; si formarono cosìi nuclei più antichi dell’attuale territorio italiano, Sicilia compresa.Alla fine del Miocene, nel Messiniano circa 5 milioni di anni fa, si chiude lo

Stretto di Gibilterra e si interrompono gli scambi d’acqua con l’Oceano Atlan-tico. Il bilancio idrico negativo del Mediterraneo (l’evaporazione prevalesull’apporto dei fiumi) provoca una crisi di salinità, cosicché questo bacino siprosciuga e si frammenta dando orgine ad enormi laghi salati in corrispon-denza dei tratti più profondi; emergono così ampie aree di superfice terrestreprima sommerse dalle acque; numerose specie animali e vegetali grazie ainuovi collegamenti che si sono creati, si spostano e colonizzano territori piùampi. È in questo periodo che nelle acque sempre più sature di sali si avvia ilprocesso di sedimentazione che darà origine ai depositi che caratterizzano ilsubstrato della Sicilia centrale (serie gessoso-solfifera).Nel Pliocene, fine del Terziario da circa 5 milioni fino a circa 2 milioni di

anni fa, si riapre lo Stretto di Gibilterra e le acque riempiono di nuovo il bacinodel Mediterraneo, numerosi territori vengono sommersi e il clima tende a di-venire più temperato ed instabile; quasi tutta l’Europa e le regioni del Medi-terraneo assumono una conformazione geografica simile a quella attuale enumerose specie animali e vegetali scendono lungo la catena appenninicagiungendo fino in Sicilia.Questo fenomeno continua anche nella successiva era Quaternaria (Fig. 1;

Fig. 2, Fig. 3), che inizia con il Pleistocene, circa due milioni di anni fa, ca-ratterizzato anche da 4 imponenti glaciazioni che coinvolgono tutto il territorioitaliano; i ghiacciai si espandono, bloccano grandi quantità d’acqua e il livellodel mare si abbassa mentre durante il periodo tra una glaciazione e l’altra siverifica il processo opposto. Il popolamento italiano delle specie vegetali eanimali viene così modellato da queste mutazioni climatiche e dagli intermit-tenti periodi di isolamento delle terre emerse.A partire dal Pleistocene superiore è documentata la presenza dell’uomo in

Sicilia che da allora sfrutta le risorse dell’isola per sopravvivere; anche oggi,in Sicilia come altrove, anche se apparentemente con meno evidenza, l’uomo

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Fig. 1: Pecten fossile su terrazzi marini quaternari (Foce F. Cottone); Fig. 2-3: Nucula sp. e bivalvi fossili presso la foce del Fiume Belice.

è profondamente legato al territorio in cui vive che ha sempre modificato, espesso profondamente alterato, per varie esigenze esistenziali vere o presunte.

Oggi la Sicilia ospita componenti faunistiche e floristiche provenienti da di-verse aree geografiche, anche molto distanti tra loro.Come in tutte le isole, la fauna e la flora sono meno ricche in termini di nu-

mero di specie rispetto alle aree continentali adiacenti ma presentano un mag-gior numero di endemismi, come risultante della peculiarità degli ambienti incui vivono e che, nel nostro caso, rendono le componenti biologiche della Si-cilia uniche in tutto il mondo.

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LE DUNE COSTIERE

Le spiagge sabbiose sono costituite fondamentalmente da materiali sciolti diorigine alluvionale o marina formati da granuli del diametro medio di 2 mm(granuli fini di diametro inferiore a 0,004 mm costituiscono il limo, tra 0,004e 0,06 mm le argille, con diametro superiore ai 2 mm le ghiaie).Le spiagge sabbiose hanno un’estensione variabile sotto l’influenza dei venti

e del moto ondoso. Si distingue una spiaggia emersa (o arenile) sul tratto dilitorale più elevato, un tratto interditale e una spiaggia sommersa. La spiaggiaemersa è compresa tra il limite massimo raggiunto dalle onde di tempesta e laberma ordinaria, cioè il limite interno della linea di battigia (tratto di spiaggiasu cui ha luogo il moto alternato della marea). La zona interditale è compresatra il livello medio raggiunto dall’alta marea e quello medio raggiunto dallabassa marea. La spiaggia sommersa è invece compresa tra il livello mediodelle basse maree e la profondità media del mare in quel punto stimata intornoalla metà della media della lunghezza d’onda durante le fasi di mareggiate.La spiaggia in definitiva è quell’ambiente estremo più o meno inclinato verso

il mare in cui l’energia delle onde marine si infrange; l’inclinazione dellaspiaggia è maggiore quanto più grosso è il diametro dei granuli di sedimentoche la compongono.La formazione delle spiagge dipende dalla natura geologica dei territori in-

teressati e dall’apporto di detriti da parte delle correnti marine e dall’azionedel vento; fondamentale è la presenza di fiumi e corsi d’acqua in genere vicinole spiagge per la possibilità di scaricare in mare ingenti quantità di detriti al-luvionali che vengono poi ridistribuiti lungo le coste.Altra sabbia può essere prelevata e rimodellata dai bassi fondali marini o

dall’erosione di coste limitrofe; dove l’azione del mare sulle spiagge cessa ela sabbia è asciutta l’azione del vento può favorire l’accumulo e il modella-mento delle sabbie sotto forma di rilevi più o meno accentuati che formanouna linea sublitoranea parallela alle coste: le dune.Le dune costiere (vi sono anche quelle desertiche o continentali) sono di

norma disposte perpendicolarmente rispetto alla direzione dei venti dominanti(dune trasversali) oppure a forma di semicerchio con il lato concavo contro-vento (dune paraboliche).

Una tipica duna costiera trasversale ha una forma triangolare con il lato mag-giore che corrisponde alla base, il lato minore inclinato verso il mare, il latointermedio inclinato verso l’interno e sottovento.Quando la sabbia, sotto l’azione eolica e marina si deposita all’interno di in-

senature abbiamo le spiagge di fondo di baia; se invece formano dei sistemiallungati abbiamo i cordoni litoranei, sistemi estremamente plastici che pos-

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La vegetazione delle dune

In un ambiente dunale tipico si osserva, dal litorale verso l’entroterra, unasuccessione di microambienti, ciascuno dei quali risulta caratterizzato da spe-cifiche comunità vegetali ed animali, che si sviluppano parallelamente allalinea di costa.Dopo una prima fascia vicina al mare, priva di piante a causa del moto on-

doso e dell’alta salinità, si osserva la fascia delle prime piante pioniere ascri-vibili al Cakileto, in cui predomina il Ravastrello marittimo (Cakile maritima)(Fig. 13), una crucifera succulenta. Altre piante tipiche di questa fascia sonola Salsola kali, un’altra succulenta e l’Euforbia delle spiagge (Euphorbia pe-plis) che si insediano molto vicino al mare, sulla sabbia nuda e sul materialeorganico spiaggiato; si tratta di una fase pioniera ed instabile ma già la sabbiapuò cominciare ad accumularsi alla base dei fusti.Alle spalle del Cakileto si sviluppano le dune embrionali caratterizzate del-

l’Agropireto, dominato da Elytrigia juncea subsp. mediterranea (= Agropyronjunceum); il complesso apparato radicale di questa graminacea perenne siestende orizzontalmente, consolida il substrato sabbioso e permette la costi-tuzione delle prime dune mobili o bianche. Proprio l’azione consolidatrice diElytrigia juncea permette ai semi di altre piante di poter germinare in un am-biente relativamente stabile in cui si ritrovano, tra le altre, Calystegia solda-nella (Fig. 14), Eryngium maritimum (Fig. 15), ombrellifera spinosa dallefoglie coriacee, e Pancratium maritimum (Fig. 16).

L’effetto “nursery” iniziato nell’Agropireto è sicuramente meglio espressonella fascia successiva delle dune consolidate che coincide con la comparsadell’Ammofileto in cui si trovano Ammophila arenaria subsp. australis, grami-nacea perenne, ed altre specie come Medicago marina ed Echinophora spinosa(Fig. 17); gli alti e fitti cespi di Ammophila rendono possibile la formazione di

sono cambiare la geografia dei luoghi chiudendo insenature, collegando laterraferma a vicine isole costiere. Se alle spalle di questi cordoni litoranei sicrea un sistema dunale abbiamo i tomboli; spesso i tomboli vanno incontro aprocessi di interramento il più delle volte associato all’avanzamento verso ilmare della linea di costa con formazioni di dune fossili o paleodune.Caratteristica fondamentale delle dune costiere è la presenza di vegetazione

che ne permette un più rapido consolidamento; l’attecchimento della vegeta-zione psammofila pioniera accelera il deposito di altra sabbia nello stessopunto, impedendone la dispersione verso l’interno e, in definitiva, alimentandole dune stesse.

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Fig. 13: Cakile maritima.

Fig. 14: Calystegia soldanella.

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PROVINCIA DI PALERMO

Foce del fiume Pollina

La foce ed il corpo fluviale del Fiume Pollina, anticamente chiamato Fiume

Monale, segnano parte del limite nord-orientale dei Monti delle Madonie.

Questo fiume è alimentato da numerosi affluenti, tanto da costituire un ampio

bacino idrografico, come sintetizza Amico (1855): “Si scarica nel Monale il

fiume di Geraci, quindi riesce formidabile nell’inverno verso la spiaggia”.

Tuttora, nelle stagioni più piovose, il fiume può raggiungere portate elevate

ma quasi sempre alla foce, nei periodi estivi, ha una portata minima o nulla;

questo in considerazione di un clima meno piovoso del passato ma anche a

causa delle numerose captazioni di acqua lungo il percorso.

Il greto del fiume, nel tratto terminale (Fig. 70; Fig. 71), è ampio ma nell’ul-

timo tratto scorre tra argini di cemento; la spiaggia è ciottolosa lungo la bat-

tigia e con formazioni sabbiose più interne.

L’ambiente è complessivamente conservato con boschetti di Tamerici (Ta-

marix spp.), Oleandri (Nerium oleander) e Ginestrone di Spagna (Spartium

junceum); le sponde e i terreni, verso l’interno, sono ricoperti da vegetazione

riferibile a formazioni di macchia acidofila mediterranea con Lentisco (Pista-

cia lentiscus), Cisti (Cistus spp.), e Sughera (Quercus suber).

La vertebratofauna comprende numerose specie più o meno stanziali prove-

nienti anche da aree limitrofe (Fig. 72) tra cui la Testuggine di Hermann (Te-

studo hermanni hermanni). Lungo il corso del fiume, Minà Palumbo, medico

e naturalista di Castelbuono, a metà del 1800 segnalava la Lontra (Lutra lutra):

“…nell’ inverno si è veduta a Fiume Grande, Imera settentrionale, ed al fiume

Pollina, Monalo, vicino al punto detto Miliuni” (Minà Palumbo 1859); “…

Adiacenze di Catania (Galvagni) – Fiume monalo nelle Madonie, ed Imera

settentrionale, di comparsa accidentale (Minà)” (Minà Palumbo 1868).

Questo Mustelide vive nei laghi e corsi d’acqua nutrendosi di pesci; risulta

minacciato di estinzione in tutto il territorio italiano, sopravvivendo in poche

località delle regioni meridionali. Estinto in Sicilia, restano diverse antiche

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Fig. 70 e Fig. 71:Aspettivegetazionali presso lafoce del Fiume Pollina;Fig. 72 : Podarcis wragle-riana.

segnalazioni bibliografiche e i nomi dialettali Utria o Itria.

Tra gli Invertebrati sono presenti diverse comunità di Coleotteri come Cara-

bidi sublapidicoli e Scarabeidi coprofagi; nelle pozze d’acqua lungo il corso

del fiume vive il Ditiscide Potamonetes fenestratus, piccolo Coleottero ac-

quatico endemico dell’Italia appenninica e di Sicilia, tipico dell’ambiente delle

fiumare con acque abbastanza calde durante la stagione estiva.

Un fenomeno che si ripete ogni anno e che riveste un particolare significato,

è lo sfarfallamento tardo-primaverile di alcune specie di Melolontidi. Le larve

di questi Coleotteri si nutrono di radici e si sviluppano nel terreno alla base di

alberi e arbusti; tra maggio e giugno, metamorfosati in adulti alati, al crepu-

scolo, spesso in sciami numerosi e con un caratteristico ronzio, prendono il

volo e si portano attorno alle piante vicine.

Tra questi, alle foci del Fiume Pollina è presente l’Haplidia hirticollis e, molto

più rara, l’Anoxia scutellaris sicula, endemica della Sicilia settentrionale.

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Litorale di Lascari e Campofelice di Roccella

Tutto il litorale che va da Lascari alle foci del Fiume Imera Settentrionale,in territorio di Campofelice di Roccella, è fortemente degradato con numerosiinsediamenti residenziali connessi con la pressione balneare estiva. Discreta-mente conservata ma di estensione limitata la foce del Torrente Roccella e untratto di dune sito tra la spiaggia di Lascari e la costa rocciosa di contrada Set-tefrati in territorio di Cefalù (Fig. 73). Le dune sono basse, con vegetazionetipica, provviste di un ampio terreno retrodunale (Fig. 74) con un lungo cor-done di macchia mediterranea dove prevale il Lentisco (Pistacia lentiscus).Tutto questo litorale doveva costituire un’estesa area umida costiera, come sugge-risce la sussistenza dei toponimi “Salinelle” e “Gorgo Lungo” per queste contrade.

La fauna, soprattutto quella degli Invertebrati (Fig. 75), è poco studiata, eannovera specie tipiche delle sabbie, come il Coleottero Afodide Brindalus

porcicollis, che vive tra le radici delle piante alofile, l’Haplidia hirticollis

(Melolontide) (Fig. 76) e, nei terreni più compatti retrodunali, il ColeotteroPachipodide endemico siciliano Pachypus caesus (Fig. 77), attivo nelle gior-nate autunnali piovose, quando i maschi alati ricercano la femmina che è atterae vive in profonde buche scavate nel terreno.

Fig. 73: Litorale di Lascari; sullo sfondo Contrada Settefrati (Cefalù).

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Fig. 74: Retroduna della spiaggia di Lascari; Fig 75. Carpocoris fuscispinus specieubiquitaria. Fig. 76: Haplidia hirticollis; Fig. 77: Pachypus caesus.

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