LE CLAUSOLE SUI DIRITTI UMANI E LA DEMOCRAZIA NEGLI ... · 1999 Gli stati membri della UE...

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JANUARY 2004 STUDIO Unità tematica LE CLAUSOLE SUI DIRITTI UMANI E LA DEMOCRAZIA NEGLI ACCORDI INTERNAZIONALI DELLA UE (versione abbreviata) DIRITTI DELL'UOMO Settembre 2005 IT

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JANUARY 2004

STUDIO

Unità tematica

LE CLAUSOLE SUI DIRITTI UMANI E LA DEMOCRAZIA

NEGLI ACCORDI INTERNAZIONALI DELLA UE (versione abbreviata)

DIRITTI DELL'UOMO

Settembre 2005 IT

Traduzione esterna

DGExPo/B/PolDep/Study/2005/06 29/09/2005 NT/584/584520IT.doc PE363.284

DIREZIONE GENERALE PER LE POLITICHE ESTERNE DELL'UNIONE

DIREZIONE B - UNITÀ TEMATICA -

Le clausole sui diritti umani e la democrazia negli accordi internazionali della UE

(versione abbreviata) Sintesi Il presente studio analizza l'evoluzione e l'attuale status della politica della UE in materia di clausole sui diritti umani e la democrazia nei suoi accordi internazionali. Sulla base di un'attenta lettura dei testi di tali accordi, il presente studio illustra le varie possibilità di miglioramento delle clausole. A tal proposito, si pone l'accento sul potenziale utilizzo delle clausole nel quadro istituzionale definito dagli accordi internazionali che le contengono.

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Il presente studio è stato richiesto dalla sottocommissione per i diritti dell'uomo del Parlamento europeo. Il presente documento è pubblicato nelle seguenti lingue: inglese (versione originale), francese, italiano. Autore: Prof. Lorand Bartels School of Law Università di Edimburgo Manoscritto completato nel settembre 2005. Copie dello studio possono essere richieste al seguente indirizzo e-mail: [email protected] I pareri espressi nel presente documento sono di esclusiva responsabilità degli autori e non rappresentano necessariamente la posizione ufficiale del Parlamento europeo.

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SINOSSI

INTRODUZIONE Il presente studio analizza l'evoluzione e l'attuale status della politica della UE relativa all'inserimento di clausole sui diritti umani e la democrazia nei suoi accordi internazionali. Sulla base di un'attenta lettura dei testi di tali accordi, il presente studio fornisce una serie di suggerimenti su come migliorare l'applicazione di dette clausole. A tal proposito, si pone l'accento sul potenziale utilizzo delle clausole nel quadro istituzionale definito dagli accordi internazionali che le contengono. Si ritiene che le clausole sui diritti umani e la democrazia siano utili, poiché offrono una base sulla quale: • organizzare un dialogo politico tra le parti sul rispetto dei diritti dell'uomo e dei principi

democratici; • istituire gruppi di lavoro, che includano eventualmente la presenza di attori non esecutivi,

quali i rappresentanti dei parlamenti, delle organizzazioni regionali e della società civile, al fine di definire dei parametri di riferimento e controllare il rispetto di tali norme;

• avviare una procedura di consultazione in caso di inosservanza delle norme; • adottare misure unilaterali nel caso in cui la controparte non rispetti le norme; • consentire ad una parte di sospendere qualsiasi forma di cooperazione che violi gli obblighi

della parte stessa in materia di diritti dell'uomo e principi democratici;

• impedire ad una parte contraente di opporsi alla partecipazione della controparte ad attività volte a promuovere e tutelare i diritti dell'uomo nel proprio territorio.

Il presente studio esprime una serie di critiche specifiche in merito alla redazione delle clausole sui diritti dell'uomo e la democrazia, nonché alla possibilità e opportunità di utilizzare tali clausole come base per il finanziamento di attività volte a promuovere e difendere i diritti dell'uomo e la democrazia nei paesi terzi, laddove esistano strumenti più consoni a tal fine.

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DESCRIZIONE SINTETICA Lo studio si compone di cinque parti: la parte 1 descrive l'evoluzione e l'attuale status della politica della UE relativa alle clausole sui diritti dell'uomo e la democrazia; la parte 2 analizza il funzionamento delle attuali clausole, con particolare riferimento ai poteri istituzionali degli organi creati nell'ambito degli accordi commerciali e di cooperazione della UE; la parte 3 propone un raffronto tra la politica della UE in materia di clausole sui diritti umani e la democrazia e le altre politiche comunitarie per la promozione dei diritti dell'uomo e della democrazia nei paesi terzi; la parte 4 analizza il ruolo del Parlamento europeo e la parte 5 (riprodotta nella presente sintesi) contiene una serie di proposte di riforma, segnatamente 15 raccomandazioni per la riforma della politica comunitaria in materia di clausole sui diritti umani e un progetto di una nuova clausola-tipo sui diritti umani e la democrazia.

PARTE 1 – Descrizione delle clausole sui diritti umani e la democrazia La prima parte dello studio illustra l'evoluzione e l'attuale status della politica della UE relativa all'inserimento di clausole sui diritti umani e la democrazia nei suoi accordi internazionali, nonché gli accordi che le contengono e le differenze strutturali e testuali tra le clausole attualmente esistenti. Il capitolo 1 contiene le date chiave dell'evoluzione di tale politica. 1977 La CEE attua per la prima volta una politica di condizionalità sospendendo de facto gli

aiuti concessi all'Uganda nel quadro della I Convenzione di Lomé, a seguito di un massacro.

1989 La IV Convenzione di Lomé contiene una clausola che prevede la possibilità di stanziare risorse finanziarie per la promozione dei diritti umani negli Stati ACP con il loro consenso.

1990 In un accordo di cooperazione con l'Argentina, su richiesta del paese viene inserita una clausola fondamentale con la quale si afferma che l'accordo è basato sul rispetto dei diritti dell'uomo e dei principi democratici.

1992 Gli accordi conclusi con i tre paesi baltici e l'Albania includono una clausola sugli elementi essenziali, con la quale si afferma che il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici costituisce un elemento essenziale dell'accordo, e una clausola sospensiva, in virtù della quale le parti possono sospendere l'accordo senza preavviso in caso di violazione dei suoi elementi essenziali.

1993 Gli accordi con la Romania e la Bulgaria sostituiscono la clausola sospensiva con una clausola di non esecuzione (elaborata per la prima volta nel 1978 nel quadro dei rimedi commerciali), in forza alla quale le parti possono adottare misure appropriate nel caso in cui la controparte non abbia adempiuto un obbligo. In base a tale clausola, vengono scelte in via prioritaria le misure che meno perturbano il funzionamento dell'accordo. Fatti salvi i casi di particolare urgenza, spetta in primo luogo al Consiglio congiunto stabilito dall'accordo esaminare la questione.

1993 Gli accordi con la Repubblica Ceca e la Repubblica Slovacca includono una dichiarazione comune, in base alla quale per "casi particolarmente urgenti" si intendono le violazioni di una clausola sostanziale dell'accordo, compresa la clausola sugli elementi essenziali.

1994 Un accordo con la Russia stabilisce che sono "misure appropriate" i provvedimenti adottati in conformità al diritto internazionale e che la controparte può avviare una procedura per la composizione delle controversie (non vincolante in questo caso).

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1995 Il Consiglio della UE approva un "meccanismo di sospensione" negli accordi comunitari con i paesi terzi per consentire alla Comunità di reagire immediatamente in caso di violazione degli aspetti essenziali di detti accordi, in particolare i diritti umani.

1995 La Convenzione Lomé IV bis perfeziona la procedura di non esecuzione con l'introduzione di una procedura di consultazione dettagliata prima dell'adozione di "misure appropriate".

1999 Gli stati membri della UE raggiungono un accordo interno sull'applicazione della procedura di non esecuzione nella Convenzione di Lomé IV bis, a seguito del quale si intensifica l'uso della procedura.

2003 Nell'ambito di sei accordi vengono istituite delle sottocommissioni permanenti con l'incarico di discutere di diritti umani e principi democratici.

2005 In base alla revisione dell'Accordo di Cotonou del 2000, un dialogo politico approfondito in materia di diritti umani e principi democratici deve svolgersi prima e durante la procedura di consultazione e l'adozione di misure appropriate.

Il capitolo 2 illustra la copertura delle clausole sui diritti umani e la democrazia e le principali lacune della politica comunitaria in tale ambito. L'Unione europea ha concluso o sta negoziando, direttamente o tramite accordi con organizzazioni regionali, accordi contenenti clausole sui diritti umani e la democrazia con circa 150 paesi praticamente in tutto il mondo. Tali accordi, tuttavia, differiscono tra loro.

Accordi che contengono clausole fondamentali o sugli elementi essenziali, ma che non prevedono clausole di non esecuzione Gli accordi di cooperazione firmati con Argentina (1990), Uruguay (1991), Macao (1992) e Paraguay (1992) contengono clausole fondamentali; gli accordi di cooperazione con Brasile (1992), Mongolia (1992), India (1993), Sri Lanka (1994) e Vietnam (1995) contengono solo clausole sugli elementi essenziali. Nessuno di questi accordi prevede clausole di non esecuzione.

Accordi che contengono sia clausole sugli elementi essenziali che clausole di non esecuzione Tutti gli altri accordi che contengono clausole sugli elementi essenziali prevedono clausole di non esecuzione: i restanti due accordi di associazione delle Comunità europee con la Romania e la Bulgaria (entrambi firmati nel 1993), i dieci accordi di associazione euromediterranei (1995-2004), i due accordi di stabilizzazione e associazione con la Croazia e l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia (firmati entrambi nel 2001), l'accordo con il Messico (1997), gli accordi di associazione con il Sudafrica (1999) e il Cile (2005), i dodici accordi di partenariato e cooperazione con i paesi dell'ex Unione Sovietica (1994-2004), gli accordi di cooperazione con i paesi del Mercosur (1995), dell'America Centrale (1993; 2003) e del Patto andino (1993; 2003), e l'accordo di Cotonou (2000). Si tratta di "accordi misti" conclusi congiuntamente dalla Comunità e dai suoi Stati membri. Clausole di non esecuzione sono altresì presenti negli accordi di cooperazione "puri" firmati con l'Albania (clausola "baltica", 1992), la Corea (1996), la Cambogia (1997), il Laos (1997), lo Yemen (1997), il Nepal (1995), il Bangladesh (2000) e il Pakistan (2001).

Dichiarazioni interpretative Tra gli accordi contenenti clausole di non esecuzione, vi sono le dichiarazioni della Repubblica Ceca/Slovacca, che definiscono casi di "particolare urgenza" in tutti gli accordi tranne quelli con la Romania e la Bulgaria (entrambi firmati nel 1993) e con Israele e la Tunisia (entrambi firmati nel 1995). Le dichiarazioni della Russia stabiliscono l'adozione di misure conformi con il diritto internazionale e fanno riferimento alla composizione delle controversie in tutti gli accordi tranne nei quattro sopraccitati e negli accordi con la Moldova e l'Ucraina (entrambi firmati nel 1994) e

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con il Kazakstan e il Kirghizistan (entrambi firmati nel 1995). Talvolta queste dichiarazioni sono state inglobate nel testo del trattato, tuttavia mantengono una notevole rilevanza giuridica anche laddove non ne facciano formalmente parte.

Applicazione della composizione delle controversie alle clausole sui diritti umani e la democrazia Gli accordi di associazione europei ed euromediterranei (tranne quello con la Siria), l'accordo con il Sudafrica e l'accordo di Cotonou prevedono tutti la composizione vincolante delle "controversie sull'interpretazione o sull'applicazione" dell'accordo, comprese le questioni relative all'applicazione e all'interpretazione delle clausole sui diritti umani e la democrazia. In primo luogo, la controversia viene sottoposta al Consiglio congiunto (p.es. il Consiglio di associazione) che amministra l'accordo; se il Consiglio non riesce a dirimere la controversia, si ricorre alla procedura di arbitrato vincolante. Tuttavia, nessun altro accordo, compresi i recenti accordi di associazione con la Siria, la Croazia, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia e il Cile (nonché l'accordo con il Messico), prevedono l'applicabilità della composizione vincolante delle controversie alle clausole sui diritti umani e la democrazia. Lacune Nessun accordo di cooperazione generale con i paesi sviluppati contiene una clausola sui diritti umani e la democrazia. Ciò è dovuto talvolta al fatto che gli accordi sono antecedenti alla politica comunitaria relativa alle clausole sui diritti umani e la democrazia. Colpisce maggiormente, invece, l'assenza di una clausola di questo tipo in altri casi (accordo SEE, accordo di unione doganale con San Marino e il proposto accordo di cooperazione con Andorra). La mancanza di rapporti contrattuali potrebbe essere dovuta anche alla riluttanza dei paesi sviluppati a sottoscrivere clausole sui diritti umani e la democrazia. Il caso più eclatante è quello dell'Australia e della Nuova Zelanda, che nel 1996-97 si sono rifiutate di firmare gli accordi di cooperazione con la UE proprio a causa dell'insistente volontà dell'Unione europea di includere le suddette clausole negli accordi. Malgrado l'acceso dibattito, non si è riusciti ad inserire una clausola sui diritti umani e la democrazia neppure nell'accordo di associazione del 1964 con la Turchia e nella decisione del Consiglio di associazione del 1995 che istituiva un'unione doganale con tale paese. Da allora, il rispetto delle norme sui diritti umani è divenuto uno degli aspetti fondamentali della candidatura della Turchia all'ingresso nell'Unione europea. Guardando più lontano, i rapporti della UE con i paesi del Sud-Est asiatico sono solo sporadicamente soggetti a clausole sui diritti umani e la democrazia. Le relazioni commerciali bilaterali con la Cina (al di fuori dell'OMC) sono regolamentate da un accordo di cooperazione del 1985 che non contiene alcuna clausola di questo tipo; i rapporti commerciali con sei dei dieci paesi ASEAN (Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico) sono disciplinati da un accordo di cooperazione del 1980 di gran lunga precedente alla politica della UE. Cambogia, Laos e Vietnam hanno concluso accordi bilaterali contenenti clausole sui diritti umani e la democrazia; Myanmar, invece, è stata esclusa dai rapporti contrattuali a causa della pessima situazione nazionale in materia di diritti umani. Per la stessa ragione, Cuba non è stata ammessa all'accordo di Cotonou. Accordi settoriali Infine, nessuno degli accordi commerciali settoriali conclusi dalla UE con i paesi terzi prevede una clausola sui diritti umani e la democrazia. Ciò non riguarda solo gli accordi settoriali con i paesi sviluppati1, ma in generale con tutti i paesi, compresi quelli che hanno comprovate

1 Con l'Australia, p.es., la CE ha siglato accordi di reciproco riconoscimento [1998] GU L 229/3; in materia di cooperazione scientifica e tecnica [1994] GU L188/18 e di scambi di vino [1994] GU L 86/1.

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difficoltà nel rispetto dei diritti umani e dei principi democratici. Per esempio, il 23 ottobre, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sul Turkmenistan contenente una sequela di violazioni dei diritti umani in tale paese (e in altri)2: proprio per questa ragione non è stato ancora ratificato un accordo di partenariato e cooperazione con il Turkmenistan. Ciononostante, due mesi dopo, il 24 dicembre 2003, il Consiglio della UE ha deciso l'applicazione provvisoria di un accordo tessile privo della clausola sui diritti umani e la democrazia con tale paese a partire dal 1° gennaio 20043. Osservazioni analoghe potrebbero essere fatte sui numerosi accordi di pesca conclusi con i paesi ACP, che nel migliore dei casi presentano un rischio di continue violazioni dei diritti umani e dei principi democratici4. Il capitolo 3 esamina l'applicazione delle clausole sui diritti umani e la democrazia da parte della UE. Finora, tale applicazione ha assunto due forme pratiche, qui di seguito illustrate. Istituzione di sottocommissioni incaricate di discutere la promozione dei diritti umani e della democrazia Tali sottocommissioni sono state istituite nell'ambito degli accordi di associazione con il Marocco, la Giordania e la Tunisia; sottogruppi sui diritti umani sono stati formati anche in seno agli accordi di cooperazione con il Bangladesh (sottogruppo "governance e diritti umani") e il Vietnam (sottogruppo "cooperazione alla costruzione delle istituzioni, riforme amministrative, governance e diritti umani). Altri sottogruppi sono previsti, per esempio, nell'ambito degli accordi con il Laos e il Pakistan. Consultazioni e adozione di misure appropriate in caso di inosservanza dei diritti umani e dei principi democratici In 14 occasioni sono state intraprese consultazioni per inadempimento della clausola degli elementi essenziali. Reazioni negative nell'ambito delle clausole sui diritti umani e la democrazia sono state registrate solo in seno all'accordo di Cotonou e del suo predecessore, la Convenzione di Lomé IV. Nello specifico, si sono tenute consultazioni in merito alle clausole di non esecuzione dei suddetti accordi con Togo (brogli elettorali: 1998 e democrazia, rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali: 2004), Nigeria (colpo di Stato: 1999), Guinea-Bissau (colpo di Stato: 1999 e 2004), Comore (colpo di Stato: 1999), Costa d'avorio (colpo di Stato: 2000 e deficit democratico: 2001), Haiti (brogli elettorali: 2000), Fiji (colpo di Stato: 2000), Liberia (violazioni dei diritti umani, dei principi democratici, dello stato di diritto e grave corruzione: 2001), Zimbabwe (violazioni dei diritti umani, dei principi democratici e dello stato di diritto: 2002), Repubblica Centrafricana (colpo di Stato: 2003), e Guinea (deterioramento della democrazia e dello stato di diritto, inosservanza dei diritti umani e delle libertà fondamentali e mancanza di una valida governance economica: 2004). Misure appropriate sono state adottate nei confronti di Togo (sanzioni dal 1993), Haiti (dal 2001), Liberia (dal 2001), Zimbabwe (dal 2002) e Guinea (dal 2005). Oltre a questi 14 casi di consultazione, dal 1989 al 1998 la UE ha sospeso gli aiuti allo sviluppo, senza far riferimento alla clausola sui diritti umani e la democrazia, nei seguenti casi: Burundi (1993 e 1997), Repubblica Centrafricana (1991), Congo (1997), Gibuti (1991), Guinea equatoriale (1992 e 1994), Gambia (1994), Guinea-Bissau (1998), Haiti (1991), Kenya (1991), Liberia (1990), Nigeria (1996), Ruanda (1994), Sudan (1990) e Togo (1992). Il maggior

2 Risoluzione del Parlamento europeo su Turkmenistan e Asia centrale [2004] GU C 82E/639. 3 Decisione del Consiglio, del 17 dicembre 2003, relativa alla firma e all'applicazione provvisoria di accordi bilaterali sul commercio dei prodotti tessili tra la Comunità europea e alcuni paesi terzi (Azerbaigian, Kazakstan, Tagikistan e Turkmenistan) [2003] GU L 340/54. 4 P.es. accordo di pesca con la Guinea-Bissau [2004] GU L 127/27 e accordo di pesca con la Guinea [2004] GU L 99/11.

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impiego delle clausole di non esecuzione dopo il 1999 è dovuto probabilmente al fatto che solo in quell'anno la Comunità è riuscita ad adottare una decisione relativa alla procedura di applicazione dell'art. 366 bis della Convenzione di Lomé.

PARTE 2 – Analisi delle attuali clausole sui diritti umani e la democrazia La seconda parte offre una dettagliata analisi dell'interpretazione e applicazione delle attuali clausole sui diritti umani e la democrazia. Il capitolo 4 verte sull'interpretazione delle attuali clausole con particolare riferimento all'errata caratterizzazione delle clausole in passato. Illustriamo qui di seguito i punti salienti del capitolo. Lacune redazionali La qualità redazionale delle clausole sui diritti umani è scarsa. Molti accordi contenenti questo tipo di clausole non hanno per obiettivo la promozione o la difesa dei diritti umani e dei principi democratici, con conseguenti implicazioni per i poteri dei Consigli congiunti stabiliti dagli accordi (cfr. capitolo successivo). Non è chiaro, inoltre, se tali clausole impongano un reale obbligo di rispettare i diritti umani e i principi democratici o stabiliscano semplicemente le condizioni sulle quali è basato l'accordo. Tale aspetto è rilevante ai fini delle vie legali che è possibile adire in caso di inadempimento. Standard internazionali in materia di diritti umani Poiché contengono norme non vincolanti (come l'intera Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo), le attuali clausole sui diritti umani e la democrazia impongono standard più elevati e una realizzazione più efficace della difesa dei diritti umani e dei principi democratici rispetto al diritto consuetudinario internazionale. Obblighi extraterritoriali Le parti di una clausola sui diritti umani e la democrazia hanno l'obbligo di non contribuire a violazioni nei paesi terzi, compreso il territorio della controparte. La UE è tenuta ad astenersi dal concorrere a tali violazioni anche ai sensi del diritto comunitario. Nell'eventualità di una denuncia contro le istituzioni sulla base di tali aspetti, la clausola costituisce uno strumento a livello internazionale che consente alla UE di adempiere i propri obblighi interni. Il capitolo 5 analizza l'attuale e potenziale applicazione delle clausole esistenti. Decisioni del Consiglio congiunto I Consigli congiunti istituiti dagli accordi dispongono solitamente di poteri per l'adozione di decisioni o raccomandazioni non vincolanti, nella fattispecie: • un potere generale di conseguire gli obiettivi dell'accordo (tra cui è raro che figurino

espressamente i diritti umani e i principi democratici) e

• poteri specifici per l'istituzione di sottogruppi al fine di favorire l'attuazione dell'accordo e (in alcuni casi) di procedere alla composizione di controversie in merito all'interpretazione e all'applicazione dello stesso.

Tali sottogruppi possono essere istituiti al fine di elaborare parametri di riferimento per applicare le norme e controllarne l'osservanza. Ai sottogruppi possono partecipare attori non esecutivi, tra cui rappresentanti dei parlamenti, delle organizzazioni regionali e della società civile.

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Dialogo politico Le clausole sugli elementi essenziali possono essere utilizzate per fissare gli standard normativi del dialogo politico. Esse possono produrre inoltre l'effetto di decretare i diritti umani e i principi democratici un argomento d'interesse comune e rivelarsi utili nella misura in cui il dialogo politico avviene attraverso i sottogruppi istituiti mediante decisione del Consiglio congiunto (cfr. punto precedente). Iniziative finanziate Le clausole sui diritti umani e la democrazia (clausole sugli elementi essenziali e clausole di non esecuzione) costituiscono una base poco rilevante per il finanziamento di iniziative volte a promuovere e difendere i diritti umani e la democratizzazione nei paesi terzi. • Le misure appropriate sono una base tutt'altro che appropriata per il finanziamento delle

attività, poiché esse dipendono dalla determinazione dell'inadempimento della controparte. Oltre ad essere un fatto diplomaticamente increscioso, ciò comporta problemi giuridici in merito all'adeguatezza della misura rispetto all'inadempimento degli obblighi.

• Le clausole sugli elementi essenziali, tuttavia, impediscono alla controparte di opporsi alle attività finanziate nel proprio territorio.

Misure negative Le misure negative consistono nella sospensione dei benefici previsti dall'accordo per effetto dell'inadempimento delle norme contenute in una clausola sugli elementi essenziali. In mancanza di una clausola di non esecuzione, la giustificazione è costituita da un rifiuto implicito ai sensi dell'art. 60, par. 3, lett. a), della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (e non l'art. 60, par. 3, lett. b)). In mancanza di una clausola di non esecuzione, le misure negative assumono la forma di misure appropriate ai sensi di detta clausola. Le misure appropriate devono essere proporzionate alla violazione e non devono comportare esse stesse una violazione dei diritti umani. Inoltre, possono essere soggette a composizione delle controversie vincolante o non vincolante. PARTE 3 – Clausole sui diritti umani e la democrazia e politiche della UE in materia di diritti dell'uomo Il capitolo 6 propone un raffronto tra le clausole sui diritti umani e la democrazia e altri strumenti della UE utilizzabili per la promozione e la difesa dei diritti dell'uomo e dei principi democratici. Riportiamo in appresso i suoi elementi salienti. • Il dialogo politico sui diritti umani e i principi democratici non dipende dalle clausole,

tuttavia esse possono costituire un utile strumento di istituzionalizzazione del dialogo.

• Il controllo dell'adempimento può essere esercitato da un sottogruppo costituito ai sensi dell'accordo o (nella maggior parte dei casi) mediante un riferimento alla proposta Agenzia per i diritti fondamentali.

• Il finanziamento delle iniziative non dipende dalle clausole sui diritti umani e la democrazia, le quali forniscono un limitato apporto alla politica della UE in tale ambito. Vi è un'unica eccezione: le clausole sugli elementi essenziali consentono di impedire alla controparte di opporsi a tali iniziative.

• Altre clausole di condizionalità della UE. Vi è un'urgente necessità di coordinamento tra le clausole sui diritti umani e la democrazia e le norme e i meccanismi di sospensione contenuti nelle altre clausole di condizionalità della UE (p.es. nelle politiche in materia di allargamento e gli strumenti autonomi che predispongono gli aiuti finanziari e tecnici per le preferenze commerciali).

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• PESC. È necessario un coordinamento tra le misure economiche adottate nel contesto della PESC e le clausole sui diritti umani e la democrazia.

Il capitolo 7 presenta il punto di vista delle ONG, generalmente positivo nei confronti della politica dichiarata della UE, ma critico in merito alla sua esecuzione.

PARTE 4 – Ruolo del Parlamento europeo La quarta parte analizza il ruolo del Parlamento europeo nell'applicazione delle clausole sui diritti umani e la democrazia, in particolare per quanto concerne l'art. 300 del trattato CE e propone una serie di riforme. Il capitolo 8 esamina i poteri del Parlamento europeo in relazione alle clausole sui diritti umani e la democrazia. Ai sensi dell'art. 300, par. 3, comma 2, del trattato CE, gli accordi di associazione e gli altri accordi che hanno ripercussioni considerevoli sono conclusi previo parere conforme del Parlamento europeo. Inoltre, il Parlamento deve essere consultato su tutti gli altri accordi, salvo gli accordi commerciali di cui all'art. 133, par. 3. Un'estensione del diritto di consultazione ad altri accordi rafforzerebbe l'influenza del Parlamento su quest'aspetto degli accordi. L'art. 300, par. 2, commi 2 e 3, del trattato CE, limita espressamente il ruolo del Parlamento in due casi rilevanti per le clausole sui diritti umani e la democrazia. Tale articolo così recita:

"In deroga alle norme previste dal paragrafo 3, si applicano le stesse procedure alle decisioni volte a sospendere l'applicazione di un accordo e allo scopo di stabilire le posizioni da adottare a nome della Comunità in un organismo istituito da un accordo, se tale organismo deve adottare decisioni che hanno effetti giuridici, fatta eccezione per le decisioni che integrano o modificano il quadro istituzionale dell'accordo. [enfasi aggiunta] Il Parlamento europeo è immediatamente e pienamente informato di qualsiasi decisione, adottata a norma del presente paragrafo, relativa all'applicazione provvisoria o alla sospensione di accordi, ovvero alla definizione della posizione della Comunità nell'ambito di un organismo istituito da un accordo."

Entrambe le decisioni di cui al comma 2 riportato qui sopra sono direttamente rilevanti per le clausole sui diritti umani e la democrazia. La decisione di sospendere l'accordo comprende tutti i casi di sospensione di un accordo in base ad una clausola sugli elementi essenziali (ai sensi dell'art. 60 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati) o ad una clausola di non esecuzione applicabile e operativa. La definizione di una posizione sulle decisioni di un organismo istituito da un accordo include necessariamente tutti i casi relativi alla gamma di misure esaminate dal presente studio e in particolare: • le decisioni del Consiglio congiunto di istituire sottogruppi per realizzare il dialogo

politico e controllare l'osservanza dei diritti umani e dei principi democratici; • le decisioni del Consiglio congiunto successive all'invocazione della procedura di

consultazione prevista nelle clausole di non esecuzione; • le decisioni del Consiglio congiunto atte a risolvere una controversia in base alle relative

procedure di composizione.

In sintesi, l'art. 300, par. 2, commi 2 e 3, va ad incidere sull'essenza stessa dell'applicazione pratica delle clausole sui diritti umani e la democrazia. Il Parlamento europeo dovrebbe quindi considerare prioritario un intervento, volto a correggere l'erosione dei suoi poteri ordinari per effetto dei suddetti commi.

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Politiche informali della UE A prescindere da una modifica dell'art. 300, par. 2, del trattato CE, il Parlamento europeo dovrebbe insistere sulla propria partecipazione informale al processo decisionale della UE relativo alle clausole sui diritti umani e la democrazia. Il Parlamento può esercitare pressione, in primo luogo, per partecipare alla definizione delle posizioni sui diritti umani e i principi democratici adottate dai Consigli congiunti, in secondo luogo, per essere ammesso formalmente alle riunioni di tali Consigli e, in terzo luogo, per concorrere all'istituzione di sottocommissioni, nell'ambito di detti accordi, incaricate di occuparsi di diritti umani e democrazia, e per svolgere un ruolo formale all'interno delle stesse. Il Parlamento può lavorare altresì all'inserimento dei diritti umani e dei principi democratici tra i punti fissi all'ordine del giorno delle riunioni del Consiglio congiunto.

PARTE 5 e allegato (clausola-tipo sui diritti umani e la democrazia) La quinta parte contiene 15 raccomandazioni pratiche, rivolte al Parlamento europeo, per rafforzare la politica della UE relativa alla clausola sui diritti umani e la democrazia. Raccomandazioni 1. Nuovi accordi Un'evidente anomalia nella politica della UE relativa alle clausole sui diritti umani e la democrazia riguarda l'assenza di tali clausole negli accordi settoriali (p.es. in materia di pesca, acciaio, tessile ecc.) spesso conclusi con paesi terzi la cui situazione in materia dei diritti umani e principi democratici è tutt'altro che ottimale. Occorre rimediare a quest'anomalia. A lungo termine sarebbe auspicabile garantire un'applicazione uniforme delle clausole sui diritti umani e la democrazia in tutti gli accordi con i paesi terzi, in particolare con quelli sviluppati. Tuttavia, ciò dipende dal consenso di tali paesi, che come la storia ha dimostrato, non sempre è scontato. Raccomandazione n. 1: il Parlamento europeo dovrebbe chiedere l'inserimento di clausole sui diritti umani e la democrazia in tutti i nuovi accordi, in particolare quelli settoriali. 2. Applicazione delle clausole esistenti La mancata invocazione delle clausole sui diritti umani e la democrazia nei casi di evidente rilevanza costituisce senza dubbio la principale lacuna della politica della UE relativa alle clausole sui diritti umani e la democrazia. Anche il Parlamento europeo tende a criticare le violazioni senza invocare misure appropriate5, oppure a chiedere l'adozione di misure senza menzionare le clausole sui diritti umani e la democrazia applicabili6. Questa prassi pregiudica la coerenza e la credibilità di una politica esterna uniforme della UE in materia di diritti umani. Raccomandazione n. 2: il Parlamento europeo dovrebbe fare sistematicamente riferimento alle clausole sui diritti umani e la democrazia quando denuncia le violazioni delle relative norme nei paesi terzi e raccomandare l'adozione di misure appropriate. 3. Standard normativi

5 Cfr., p.es., risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione dei diritti umani in Etiopia, P6_TA-PROV(2005)0305, 7 luglio 2005, che non raccomanda alcuna misura. 6 Cfr., p.es., risoluzione del Parlamento europeo sullo Zimbabwe, P6_TA-PROV(2005)0303, par. 11, 7 luglio 2005, che non menziona alcuna clausola sui diritti umani applicabile.

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È inevitabile pensare che la qualità redazionale delle clausole sui diritti umani e la democrazia sia insufficiente. Vi è una fondamentale mancanza di chiarezza sul valore normativo della clausola sugli elementi essenziali e, di conseguenza, sull'applicabilità (se del caso) della clausola di non esecuzione. Le varie dichiarazioni della Commissione europea sull'effetto giuridico di tali clausole non hanno migliorato la situazione. Illustriamo di seguito i principali ambiti in cui è auspicabile maggiore chiarezza. a. Chiarezza sulle norme applicabili Le norme e i principi contenuti nelle attuali clausole sugli elementi essenziali sono sufficientemente generali da coprire non solo tutti i diritti civili e politici, ma anche quelli economici, sociali e culturali e i principi democratici, superando talvolta la norma applicabile ai sensi del diritto consuetudinario internazionale. Inoltre, comprendono i diritti delle donne e dei lavoratori. Non è necessario quindi aggiungere i diritti individuali, che possono essere meglio tutelati attraverso il quotidiano lavoro del dialogo politico e, laddove necessario, le consultazioni ai sensi della clausola di non esecuzione. Anche le norme contenute nelle clausole sui diritti umani e la democrazia dovrebbero essere coordinate con le altre norme applicabili tra le parti ai sensi del diritto internazionale. L'attuale prassi di introdurre delle norme, a titolo di riferimento, negli strumenti totalmente o parzialmente non vincolanti ai sensi del diritto consuetudinario internazionale (p.es. gli strumenti OSCE o la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo) dovrebbe essere mantenuta solo a fronte di un'opportuna comprensione dei suoi reali effetti giuridici. È necessario compiere uno sforzo per garantire che le norme contenute nelle clausole sugli elementi essenziali non superino inconsapevolmente quelle applicabili ai sensi del diritto consuetudinario internazionale. Raccomandazione n. 3: il Parlamento europeo dovrebbe lavorare all'inserimento dell'articolo-tipo B nei nuovi accordi. Dovrebbe altresì astenersi dall'invocare clausole supplementari, come quelle sui diritti delle donne e le norme del lavoro. b. Parametri di riferimento relativi alle norme applicabili È possibile rendere più chiare le modalità di applicazione di queste norme nel contesto di qualsiasi paese. A tal proposito, si giudica positivamente il nuovo accenno ai parametri di riferimento contenuto nell'accordo di Cotonou. Tuttavia, tali parametri non devono essere limitati alla sfera del dialogo politico (come avviene ai sensi di detto accordo), ma devono essere applicati anche alle procedure di consultazione in caso d'inadempimento. Cfr. raccomandazioni n. 7 e 10. c. Status normativo della clausola sugli elementi essenziali Dalle attuali clausole sugli elementi essenziali è impossibile desumere che contengano un obbligo di adempimento delle norme che formano un elemento essenziale dell'accordo. Tale aspetto deve essere chiarito. Raccomandazione n. 4: il Parlamento europeo dovrebbe lavorare all'inserimento dell'articolo-tipo B nei nuovi accordi. Quanto agli accordi già esistenti, il Parlamento dovrebbe lavorare all'elaborazione di una dichiarazione che sancisca l'obbligo delle parti di rispettare le norme della clausola sugli elementi essenziali. Tale dichiarazione potrebbe assumere la forma di una decisione del rispettivo Consiglio congiunto o, se necessario, di una dichiarazione congiunta delle parti.

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Occorre garantire, tuttavia, che la UE non ecceda la sue competenze di cui al trattato CE in merito all'assunzione di obblighi in materia di diritti umani. Nel caso di accordi misti, una clausola che definisce le parti in termini di rispettivi poteri eliminerebbe quasi sicuramente questo rischio. Negli accordi puri occorre garantire che la UE non ecceda le sue competenze7. Raccomandazione n. 5: il Parlamento europeo dovrebbe lavorare all'inserimento di una clausola-tipo E nei nuovi accordi comunitari puri. d. Coerenza delle norme applicabili ai paesi terzi È necessario un coordinamento tra le norme applicabili delle clausole sugli elementi essenziali e quelle contenute in altri strumenti comunitari. Attualmente, alcuni paesi sono soggetti ad un'ampia serie di norme diverse, tra cui l'art. 6, par. 1, del trattato UE; i criteri di Copenaghen; le condizioni speciali applicabili ai paesi dei Balcani occidentali; le clausole sugli elementi essenziali; e le disposizioni di condizionalità nei regolamenti autonomi della UE sul finanziamento e le preferenze commerciali. Come è avvenuto per la Slovacchia nel 1997, ciò può comportare il rischio che la norma contenuta nella clausola sugli elementi essenziali sia ignorata, a favore di una norma diversa (sebbene ugualmente applicabile) contenuta in un altro strumento. Tale approccio, oltre ad essere inopportuno sotto il profilo amministrativo, sminuisce le affermazioni della UE in merito alla coerenza della sua politica esterna in materia di diritti umani e democratizzazione. Raccomandazione n. 6: il Parlamento europeo dovrebbe garantire la coerenza delle norme applicabili nelle clausole di condizionalità nell'ambito degli strumenti autonomi della UE relativi all'assistenza finanziaria e tecnica e alle preferenze commerciali (comprese le politiche della UE in materia di allargamento), la coerenza tra queste norme e quelle contenute nelle clausole e la coerenza nell'attuazione delle misure basate su dette norme. 4. Migliori procedure per l'applicazione delle clausole sui diritti umani e la

democrazia a. Dialogo politico Sia la revisione del 2005 dell'accordo di Cotonou, che ha posto maggiore enfasi sul dialogo politico, che l'istituzione di sottocommissioni permanenti per analizzare tali questioni in diversi accordi con i paesi terzi hanno indicato la strada verso una maggiore istituzionalizzazione di questi aspetti nella normale gestione del rapporto tra la UE e i suoi partner. Sebbene ciò sia positivo, occorre considerare altresì la partecipazione dei rappresentanti dei parlamenti, delle organizzazioni regionali e della società civile. Raccomandazione n. 7: il Parlamento europeo dovrebbe lavorare all'inserimento dell'articolo-tipo C nei nuovi accordi e negli accordi che non prevedono disposizioni sul dialogo politico. Quanto agli accordi già esistenti, il Parlamento dovrebbe lavorare alla definizione di norme procedurali aventi lo stesso effetto, mediante una decisione del rispettivo Consiglio congiunto. b. Controllo dell'adempimento Un'importante innovazione che attende di essere attuata riguarda la definizione di disposizioni formali per verificare l'adempimento delle norme di cui alle clausole sugli elementi essenziali. Tale controllo può essere esercitato in due modi: mediante l'istituzione di un gruppo di lavoro

7 L'Unione europea e i suoi Stati membri sono solidalmente responsabili ai sensi dell'accordo di Cotonou. L'analisi delle implicazioni di tale responsabilità in relazione ai diritti umani e ai principi democratici esula dalla portata del presente studio.

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nell'ambito dell'accordo, incaricato di verificare l'adempimento, o mediante un riferimento alla proposta Agenzia per i diritti fondamentali. La prima opzione offre il vantaggio di un autentico controllo bilaterale e può risultare quindi diplomaticamente più accettabile della seconda. In tale gruppo di lavoro, inoltre, vi sono maggiori possibilità di coinvolgere attori non esecutivi. In entrambi i casi, è auspicabile l'adozione di un sistema di relazioni annuali, sulla falsariga delle State Department Country Reports on Human Rights Practices degli Stati Uniti8. Raccomandazione n. 8: il Parlamento europeo dovrebbe chiedere l'istituzione di sottogruppi o sottocommissioni permanenti, nell'ambito degli accordi con i paesi terzi, incaricati di verificare l'osservanza dei diritti umani e dei principi democratici. Tali gruppi dovrebbero comprendere, laddove opportuno, rappresentanti dei parlamenti, delle organizzazioni regionali interessate e della società civile. Il sottogruppo dovrebbe stendere una relazione annuale sull'adempimento dell'accordo da parte dei contraenti. Raccomandazione n. 9: il Parlamento europeo dovrebbe considerare la richiesta di una decisione del rispettivo Consiglio congiunto volta a stabilire una continua cooperazione con l'Agenzia dei diritti fondamentali. L'Agenzia dovrebbe stendere una relazione annuale sull'adempimento dell'accordo da parte dei contraenti. c. Consultazioni ai sensi delle clausole di non esecuzione Ad eccezione dell'accordo di Cotonou, la descrizione delle procedure relative alla consultazione della controparte prima dell'adozione di "misure appropriate" è piuttosto scarna. Ci si limita ad affermare, infatti, che è necessario notificare la questione al Consiglio congiunto, ma vi sono scarse disposizioni in merito ad una seria discussione della questione prima dell'adozione delle misure unilaterali. L'accordo di Cotonou è molto più dettagliato in proposito, soprattutto perché affianca un intenso dialogo politico alla richiesta delle consultazioni nell'ambito della procedura di non esecuzione. Tale modello, o perlomeno una forma semplificata dello stesso, dovrebbe essere adottato anche in altri accordi. Inoltre, occorre considerare l'ampliamento della gamma di attori coinvolti nelle consultazioni. Attualmente, le consultazioni avvengono nel contesto del Consiglio congiunto istituito dall'accordo. Potrebbe essere opportuno estenderle agli attori non esecutivi. Raccomandazione n. 10: il Parlamento europeo dovrebbe lavorare all'inserimento dell'articolo-tipo D, parr. 1-5, nei nuovi accordi e negli accordi che non prevedono disposizioni in merito alle consultazioni. Quanto agli accordi già esistenti, il Parlamento dovrebbe lavorare alla definizione di norme procedurali aventi lo stesso effetto, mediante una decisione del rispettivo Consiglio congiunto. d. Campo di applicazione delle misure appropriate Non è chiaro se le misure appropriate si limitino alla sospensione dei benefici di un accordo. Come già detto nel presente studio, l'utilizzo delle misure appropriate per il finanziamento di iniziative in materia di diritti umani e democratizzazione offre una ridotta utilità o valore aggiunto, considerato che esiste già una gamma di strumenti perfettamente validi a tal fine e che sarebbe necessario vincolare tali misure all'inadempimento di un obbligo. Raccomandazione n. 11: il Parlamento europeo dovrebbe astenersi dal sottintendere che il finanziamento delle iniziative in materia di diritti umani e democratizzazione deve assumere la forma di misure appropriate ai sensi di una clausola di non esecuzione. e. Revisione delle misure appropriate

8 Riedel e Will, pagg. 749-51, 1999; cfr. anche Clapham, pagg. 669-671.

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Tutte le clausole di non esecuzione (salvo l'accordo di Cotonou) sono prive di un meccanismo per la revisione della continua rilevanza delle misure appropriate. Sarebbe necessario introdurre una clausola di temporaneità ("sunset clause") per tutte le misure appropriate, le quali dovrebbero essere riesaminate in seno allo stesso forum in cui sono state inizialmente discusse, solitamente il Consiglio congiunto. Ciò è importante soprattutto per le misure in caso di particolare urgenza, poiché esse possono essere adottate senza consultazioni preventive. Raccomandazione n. 12: il Parlamento europeo dovrebbe lavorare all'inserimento dell'articolo-tipo D, par. 6, nei nuovi accordi e negli accordi che non contengono disposizioni sul dialogo politico. Quanto agli accordi già esistenti, il Parlamento dovrebbe lavorare all'adozione di una decisione avente lo stesso effetto, da parte del rispettivo Consiglio congiunto. f. Chiarezza in merito ai casi di particolare urgenza Nella maggior parte degli accordi, la definizione dei casi di particolare urgenza nei quali le misure appropriate possono essere adottate senza consultazioni è fonte di fraintendimento. Invece di limitarsi ai casi di urgenza temporale, la definizione applicabile parla di "violazione materiale". Ciò è problematico poiché (a) implica che una grave violazione rende inutile le consultazioni e (b) trasforma in un caso di particolare urgenza ogni violazione delle norme contenute in una clausola sugli elementi essenziali. L'accordo di Cotonou, e gli accordi con l'Egitto e il Sudafrica contengono una definizione più accorta dei casi di particolare urgenza in termini di urgenza temporale. Raccomandazione n. 13: il Parlamento europeo dovrebbe lavorare all'inserimento dell'articolo-tipo D, par. 7, nei nuovi accordi. Quanto agli accordi esistenti, il Parlamento dovrebbe lavorare ad una dichiarazione volta a specificare che i casi di "particolare urgenza" sono quelli in cui vi è un'urgenza temporale per la quale è necessaria una risposta rapida. Tale dichiarazione dovrebbe assumere la forma di una decisione del rispettivo Consiglio congiunto o, se necessario, di una dichiarazione congiunta delle parti. g. Composizione vincolante delle controversie con terzi Un impegno nei confronti dello stato di diritto contribuirebbe a sostenere il concetto di ricorso alle procedure vincolanti di composizione delle controversie con terzi in tutti i casi in cui si prevedono misure appropriate ai sensi di una clausola di non esecuzione. Attualmente tale ricorso è possibile nell'ambito dell'accordo di Cotonou, dell'accordo con il Sudafrica e degli accordi di associazione europei ed euromediterranei (tranne quello con la Siria), mentre la conciliazione non vincolante è disponibile nell'ambito degli accordi di partenariato e di cooperazione. Tuttavia, nessuna forma di composizione delle controversie con terzi su tali questioni è prevista dai più recenti accordi di stabilizzazione e associazione, né dall'accordo con il Messico, dall'accordo di associazione con il Cile e da nessuno degli accordi di cooperazione puri della UE con i paesi terzi. Raccomandazione n. 14: il Parlamento europeo dovrebbe considerare l'opportunità di subordinare eventuali misure appropriate alla composizione delle controversie nell'ambito di un accordo. 5. Ruolo del Parlamento europeo Allo stato attuale, il Parlamento europeo ha un ruolo limitato nella redazione e applicazione delle clausole sui diritti umani e la democrazia. Tale ruolo potrebbe essere rafforzato mediante la partecipazione del Parlamento al dialogo politico e alle consultazioni, nonché all'adozione

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delle decisioni relative alla sospensione degli accordi e alla definizione di posizioni da parte dei Consigli congiunti negli accordi internazionali. Accanto alle raccomandazioni n. 6-9 relative al primo aspetto del ruolo del Parlamento, si suggerisce la seguente: Raccomandazione n. 15: il Parlamento europeo dovrebbe chiedere la revisione dell'art. 300, par. 2, affinché sia autorizzato a partecipare a qualsiasi decisione di sospensione degli accordi e alla definizione di posizioni adottate dai Consigli congiunti nell'ambito degli accordi internazionali e, prima di ciò, chiedere di partecipare in modo informale a tali procedure.

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ALLEGATO Clausola-tipo sui diritti umani e la democrazia Il presente allegato illustra una clausola-tipo sui diritti umani e la democrazia da inserire nei nuovi accordi. [Articolo A] Obiettivi

Gli obiettivi del presente [accordo/associazione] sono: […] la promozione e la difesa dei diritti umani e dei principi democratici. Commento Questa sottoclausola riformulata precisa che l'accordo ha il duplice obiettivo di promuovere e difendere i diritti umani e i principi democratici. Ciò è necessario per attivare i poteri del Consiglio congiunto relativi all'adozione di decisioni o raccomandazioni non vincolanti finalizzate al raggiungimento dei suddetti due obiettivi. Il primo (promozione) costituisce la base per l'adozione di decisioni proattive volte a promuovere le riforme, mentre il secondo (difesa) costituisce la base per l'adozione di decisioni volte ad evitare la regressione, ovvero, nella fattispecie, le misure negative.

[Articolo B] I diritti umani e i principi democratici

Le parti rispettano i principi democratici e i diritti umani giuridicamente vincolanti [definiti [dallo strumento giuridico]] nell'ambito delle loro politiche interne ed esterne. Commento Questa clausola riformulata stabilisce chiaramente che le parti hanno l'obbligo di osservare le norme sancite, elemento necessario per l'opportuna applicazione della clausola di inadempimento. Se la frase tra parentesi viene omessa, i principi e i diritti umani che formano il contenuto dell'obbligo sono quelli già vincolanti per le parti ai sensi del diritto internazionale consuetudinario e convenzionale. Se la frase tra parentesi viene inclusa, le parti hanno la possibilità di elevare la norma applicabile sui diritti umani in base allo strumento designato. L'articolo [E] in appresso garantisce che tale obbligo non ecceda le competenze della UE di cui al trattato CE.

[Articolo C] Dialogo politico

1. Il dialogo politico riguarda tutte le questioni d'interesse comune per le parti, in particolare […] e gli obblighi delle parti di cui all'articolo B. [Le parti possono definire di comune accordo parametri di riferimento o traguardi specifici in relazione a tali obblighi, tenendo conto della situazione particolare della parte interessata. I parametri di riferimento sono meccanismi che permettono di raggiungere i traguardi stabiliti mediante la definizione di obiettivi intermedi e di calendari per il raggiungimento della conformità.]

Commento La prima frase di questa clausola apporta una lieve modifica alle attuali clausole sul dialogo politico al fine di garantire che le parti discutano regolarmente i loro obblighi relativi al rispetto dei diritti umani e dei principi democratici nel loro dialogo politico. La frase tra parentesi si basa sull'articolo 2, par. 2, dell'allegato VII dell'accordo di Cotonou, nell'ambito del quale si applica al dialogo politico, ma si riferisce agli obblighi delle parti di cui all'articolo B, anziché a standard e norme stabiliti a livello internazionale. Tuttavia, questa frase potrebbe risultare talvolta inappropriata, poiché implica che le

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parti possono avere difficoltà ad adempiere tali obblighi. A livello diplomatico, ciò denoterebbe una mancanza di sensibilità. 2. Sono associati al dialogo il Parlamento europeo, il parlamento [nazionale], nonché i rappresentanti delle organizzazioni regionali e subregionali e della società civile.

Commento Questa clausola si basa sull'articolo 8, par. 7, dell'accordo di Cotonou, specificando che il Parlamento europeo e il parlamento nazionale sono associati al dialogo politico.

[Articolo D] Inadempimento dell'articolo B

Commento Questa clausola riformulata si applica esclusivamente alle violazioni dell'articolo B. È reintitolata "inadempimento" per sottolineare che l'articolo B sancisce un obbligo che le parti devono adempiere. 1. Se una parte reputa che l'altra non abbia adempiuto l'articolo B, essa fornisce [al Consiglio congiunto], eccetto in casi particolarmente urgenti, le informazioni utili necessarie ad un esame approfondito della situazione, al fine di trovare una soluzione accettabile per entrambe le parti. A tal fine, essa invita l'altra parte a tenere consultazioni vertenti principalmente sulle misure adottate o da adottare dalla parte interessata per porre rimedio alla situazione.

Commento Questa clausola si basa sull'articolo 96, par. 2, lett. a), comma 1, dell'accordo di Cotonou, ma, per ragioni di brevità e per evitare il rischio di definire una nuova norma, utilizza l'espressione "abbia adempiuto l'articolo B", anziché quella impiegata nel suddetto articolo ("abbia soddisfatto un obbligo derivante dal rispetto dei diritti dell'uomo, dei principi democratici o dello stato di diritto di cui all'articolo 9, paragrafo 2"). 2. Sono associati alle consultazioni il Parlamento europeo, il parlamento [nazionale], nonché i rappresentanti delle organizzazioni regionali e subregionali e della società civile.

Commento Questa clausola si basa sull'articolo 8, par. 7, dell'accordo di Cotonou, nell'ambito del quale si applica al dialogo politico, ma specifica che il Parlamento europeo e il parlamento nazionale partecipano alle consultazioni. 3. Le consultazioni sono condotte al livello e nella forma considerati più appropriati al raggiungimento di una soluzione.

Le consultazioni iniziano entro [X] giorni dall'invito e continuano per un periodo stabilito di comune accordo in funzione del carattere e della gravità della violazione. In ogni caso, esse non superano i [X] giorni. Commento Questa clausola riproduce l'articolo 96, par. 2, lett. a), commi 2 e 3, dell'accordo di Cotonou, ma consente una variazione opzionale dei periodi di tempo indicati.

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4. Durante le consultazioni, le parti definiscono di comune accordo parametri di riferimento o traguardi specifici in relazione agli obblighi delle parti di cui all'articolo B, tenendo conto della situazione particolare della parte interessata. I parametri di riferimento sono meccanismi che permettono di raggiungere i traguardi stabiliti mediante la definizione di obiettivi intermedi e di calendari per il raggiungimento della conformità.

Commento Questa clausola si basa sull'articolo 2, par. 2, dell'allegato VII dell'accordo di Cotonou, nell'ambito del quale si applica al dialogo politico, ma si riferisce agli obblighi delle parti di cui all'articolo B, anziché agli "standard e norme stabiliti a livello internazionale". 5. Se le consultazioni non portano ad una soluzione accettabile per entrambe le parti, se la consultazione è rifiutata o vi è un'urgenza particolare, possono essere adottate misure appropriate. Le misure appropriate sono proporzionate alla violazione e conformi al diritto internazionale.

Commento La prima frase di questa clausola riproduce la prima frase dell'articolo 96, par. 2, lett. a), comma 4, dell'accordo di Cotonou. La seconda frase è una versione semplificata della prima frase dell'articolo 96, par. 2, lett. C), comma 1, di detto accordo. Non vengono menzionate le "misure che pregiudicano meno l'applicazione del presente accordo", frase elaborata nell'ambito dei rimedi commerciali e inappropriata in questo contesto. Non vi è alcun riferimento al fatto che "la sospensione costituisce l'ultima risorsa", poiché ciò è implicito nelle attuali condizioni della seconda frase. 6. Le misure appropriate sono sottoposte a revisione nel [Consiglio congiunto] ogni [X] mesi. Tali misure sono revocate non appena vengono meno le ragioni che hanno condotto alla loro adozione.

Commento La prima frase di questa clausola è nuova. Si tratta di una clausola di temporaneità che rende obbligatoria una revisione periodica. Inoltre garantisce che la decisione di revocare le misure di cui alla seconda frase non venga assunta unilateralmente. La seconda frase riproduce invece la seconda frase dell'articolo 96, par. 2, lett. a), comma 4, dell'accordo di Cotonou. 7. Con l'espressione "urgenza particolare" s'intendono casi eccezionali di violazioni particolarmente serie e flagranti dell'articolo B che richiedono una reazione immediata. Se in casi di urgenza particolare vengono adottate misure, esse sono notificate immediatamente al [Consiglio congiunto]. Su richiesta della parte interessata, possono allora essere avviate consultazioni in conformità al presente articolo.

Commento La prima frase di questa clausola è adattata a partire dall'articolo 96, par. 2, lett. b), comma 1, dell'accordo di Cotonou, salvo che, per ragioni di brevità e per evitare il rischio di introdurre nuove norme, sostituisce la frase "uno degli elementi essenziali di cui all'articolo 9, paragrafo 2" con il riferimento all'"articolo B". La seconda frase è tratta dalla prima frase dell'articolo 96, par. 2, lett. c), comma 2, dell'accordo di Cotonou. La terza frase è una versione semplificata della seconda e terza frase dello stesso articolo. Per evitare ridondanze, non è previsto l'obbligo per la parte che ricorre alla procedura

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d'urgenza particolare di informare il Consiglio congiunto in caso di mancata adozione della misura (come previsto dall'articolo 96, par. 2, lett. b), comma 2, dell'accordo di Cotonou).

Per gli accordi commerciali puri della Comunità [Articolo E] Parti dell'accordo

Sono "parti" del presente accordo, da un lato, la Comunità, conformemente ai suoi poteri e, dall'altro, [la controparte]. Commento Questa clausola è adattata a partire dalla clausola sulle "parti" degli accordi misti. Offre il vantaggio di ridurre il rischio che la Comunità sia responsabile dell'esecuzione degli obblighi di cui alle clausole sui diritti umani e la democrazia per i quali non ha competenza.