Le ceramiche di produzione locale della stipe di Piazza San Francesco a Catania

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    Le ceramiche di produzione localedalla stipe di Piazza San Francesco a Catania

    ROSSELLA GIGLI PATAN

    Fra i numerosi e splendidi materiali rinvenuti nel deposito votivo diPiazza San Francesco a Catania1, pertinente ad un grande santuario del-la citt arcaica e classica di Katane, dove sono presenti oggetti importa-ti da diverse parti del mondo greco2, si distinguono per la loro quantit,anche se non per le loro qualit artistiche, alcuni gruppi di vasi acromio a semplice decorazione di carattere geometrico o lineare, che per laloro povert di ornamentazione, per le forme ceramiche, per la qualitdellargilla e in ultima analisi per la difficolt di attribuirli ad una precisafabbrica ceramica, sono stati classificati come prodotti di officine locali

    della colonia calcidese.La loro presenza nel deposito votivo riveste in ogni modo, al di l

    della mancanza di pregi artistici, un notevole interesse, in quanto pro-prio queste caratteristiche li distinguono dalle altre classi ceramiche pinote, lasciando pensare che, oltre che veri e propri doni votivi offertialla divinit venerata nel santuario, in alcuni di questi vasi si possa rico-noscere degli oggetti utilizzati nel corso delle cerimonie, o comunquelegati a determinati aspetti del culto.

    La pubblicazione di questi materiali, nel quadro degli studi che daanni ormai si vanno compiendo sul deposito votivo, mi stata affidatadal Prof. Giovanni Rizza, che ringrazio anche in questa sede.

    Si tratta in tutto di circa 800 vasi3

    , divisi quanto alla loro forma inpoche classi, la cui cronologia non si discosta da quella dellintero de-posito, disponendosi fra il VI e il IV secolo a.C.

    Comune a tutte le classi il tipo di argilla, fine e dura, rare volte fa-rinosa, di colore beige rosato, spesso con ingubbiatura. I vasi sono rea-lizzati al tornio, in maniera accurata (rari gli esempi malformati durantela cottura). La decorazione dipinta si limita a pochi motivi stilizzati ebande e fasce sul corpo. Una tecnica abbastanza diffusa quella delladecorazione ad immersione, che risale ad epoca arcaica ma si mantieneanche su esemplari di IV secolo, ed comune a pissidi, oinochoai, olpaie

    1Per la stipe votiva di Catania vedi RIZZA1960; da ultima, PAUTASSOc.s.a.2Fra le classi di materiale gi pubblicato, vedi GRASSO1998; PAUTASSO 2009.3Agli esemplari integri o comunque dal profilo ricostruibile si devono aggiungere

    numerose cassette di minuti frammenti.

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    brocche. Quasi costante la presenza di evidenti sgocciolature di vernicesulla superficie, fatto questo abbastanza comune e che a quanto parenon doveva pregiudicare lutilizzo dei vasi come offerta. Altra peculia-rit luso di sovraddipinture in colore bianco, spesso mal conservato,di cui rimane a volte solo la traccia grigiastra.

    La forma pi rappresentata certamente quella della pisside stamnoi-

    de (fig. 1), testimoniata da pi di 400 esemplari di varia tipologia; sitratta comunque in generale di un vaso di piccole e medie dimensioni4,a corpo globulare od ovoidale con basso colletto sul quale doveva esse-re collocato un coperchio (di cui sono stati trovati vari esempi, anchese, a causa delle circostanze del rinvenimento, non in connessione di-retta con il recipiente); il vaso quindi fatto per contenere qualcosa chedoveva essere protetta mediante la chiusura dellimboccatura.

    Fig. 1 - Catania, Stipe di Piazza S. Francesco. Ceramica di produzione locale.Pissidi stamnoidi (disegni di L. Muni).

    4Le dimensioni sono comprese fra i 7 e i 13 cm. Rari ma presenti alcuni esemplaridi dimensioni maggiori, veri e propri piccoli stamnoi.

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    Se ne distinguono due variet, una caratterizzata dalle anse a ponti-cello, disposte sulla spalla in posizione pi o meno inclinata, a volte an-che perfettamente verticali, che in certi casi per il profilo pi sinuoso, ilpiedino accentuato e le anse che si sviluppano in altezza assimilabile altipo del lebes gamikos, di cui ripete la forma in dimensioni ridotte5; laltra va-riet presenta invece anse orizzontali a nastro disposte obliquamente.

    La decorazione limitata alla zona della spalla, e consiste general-mente in semplici fregi di fogliette o boccioli, o tralci di foglie dederastilizzati realizzati in vernice bruna; sul resto del corpo ricorrono lineee fasce dipinte anchesse in vernice bruna, con a volte sovraddipinturein colore biancastro.

    Questo tipo di pisside nelle sue diverse varianti piuttosto comunein Sicilia, dove diffuso nello stesso arco cronologico; si rinviene so-prattutto nelle deposizioni funerarie delle necropoli e nei contesti sa-cri.6 La sua particolare abbondanza nel deposito catanese lascia pensareche questa forma potesse costituire un dono votivo piuttosto comune,forse per la sua funzione di contenitore di sostanze da offrire alla divinit;

    non impossibile pensare per che esso possedesse altres una sua specifi-ca valenza simbolica, forse legata al mondo femminile e al matrimonio,come testimonierebbe la gi citata vicinanza alla forma del lebes gamikos.

    Fig. 2 - Catania, Stipe di Piazza S. Francesco. Ceramica di produzione locale.Olpai(disegni di L. Muni).

    Gli altri tipi di vasi di produzione locale presenti nel deposito votivosono soprattutto destinati a contenere e a versare liquidi. questo ilcaso della piccola olpe a corpo piriforme (fig. 2), tipo anchesso assaicomune nellisola7. Per le sue ridotte dimensioni essa doveva prestarsi a

    5Cfr. E. JOLY, in Himera II, p. 159.6Ad esempio a Lentini (PALERMO1991, tav. XXX), Himera (N. ALLEGROin Hi-

    mera II, pp. 602-603), Agrigento (Veder Greco, pp. 296, 371, tavv. LIX, LXVI, LXVIII),Monte Saraceno (CALDERONEETALII1996, p. 162, nota 305 con bibliografia).

    7Cfr. esemplari da Lentini (RIZZA1955), Caracausi (MUSUMECI1996, tav. XIII,nn. 352-353), Gela (ADAMESTEANU-ORLANDINI1956, p. 85, fig. 9,1), Monte Sarace-no (CALDERONEETALII1996, pp. 164 ss. con bibliografia).

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    contenere piccole quantit di liquido, oppure sostanze pregiate qualiolii ed unguenti, da utilizzare durante i momenti del culto. Analoga funzionedovevano avere anche i numerosi boccaletti o brocchette, che si distinguonodalle olpaiper la forma del corpo, pi globulare, e il collo distinto8.

    Particolarmente interessante ci sembra il caso della oinochoe trilobata(fig. 3), vaso per eccellenza destinato a contenere e a versare sostanze

    liquide; molte delle oinochoai rinvenute nel deposito catanese, infatti,presentano un corpo ovoidale allungato con piccola base o piedino,collo alto e largo con imboccatura triloba, ansa a nastro verticale eduna decorazione che spesso realizzata mediante immersione in verni-ce scura, limitata alla parte superiore del vaso, con frequente presenzadi sgocciolature di colore, a volte con sovraddipinture in bianco.

    Fig. 3 - Catania, Stipe di Piazza S. Francesco. Ceramica di produzione locale.Oinochoaia bocca trilobata (disegni di L. Muni).

    Le caratteristiche di questo tipo di vaso lo rendono praticamenteindistinguibile dalle oinochoaipeculiaridella coeva cultura indigena sici-liana detta di Licodia Eubea; la semplicit della decorazione, e il tipodi argilla, che non si discosta in modo significativo da quello delle altreceramiche prese in esame, non consente di stabilire con certezza se si

    tratti di oggetti prodotti nella stessa Katane, e quindi attribuibili a fab-brica siceliota, oppure se essi provengano dai centri indigenidellentroterra catanese9. Il riconoscimento della presenza di questaforma di vaso a Catania, comunque, costituisce un importante contri-buto alla conoscenza delle relazioni fra greci e indigeni dellarea etnea,sia che si tratti di un tipo coloniale prontamente ed integralmente ac-colto dai locali nella loro produzione ceramica, sia che si tratti invece diofferte deposte da fedeli di stirpe sicula in quello che doveva essereuno dei maggiori santuari di una citt greca della costa.

    8Cfr. ad es. RIZZA1955, dalle tombe 106, 113, 116; MUSUMECI1996, tav. XIII,nn. 343, 349.

    9Sulla problematica relativa alle oinochoai, cfr. FRASCA1994-95, pp. 542-545.

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    A questi vasi per versare liquidi si devono affiancare altre forme,come i piccoli contenitori aperti, che potevano essere utilizzati nellostesso contesto cultuale, con specifico riferimento al rito della libagio-ne; specificamente addette a questa funzione dovevano essere per e-sempio le piccole patere ombelicate o phialai mesomphaloi (fig. 4), gene-ralmente acrome, a voltesemplicemente decorate con fasce di vernice,

    di cui un consistente numero presente nel deposito10, oppure anche ipiccoli piattelli o le coppette prive di omphalos, le quali potevano, spe-cialmente gli esemplari di dimensioni maggiori, essere utilizzati ancheper contenere offerte solide.

    Fig. 4 - Catania, Stipe di Piazza S. Francesco. Ceramica di produzione locale.Phialai mesomphaloi(fotografie di G. De Francisci).

    Interessante la presenza di un tipo particolare di coppetta a marginiritagliati, che richiama una tipologia molto diffusa soprattutto nellItaliameridionale, Puglia e Lucania e finora rappresentata in Sicilia da spora-dici esemplari11.

    10Se ne conservano 85 esemplari. Cfr. LATTANZIET ALII1996, pp. 149-150. Per il tipodecorato con fasce, cfr. HimeraI, tav. XVI, nn. 4,5; Sikania, pp. 257-261, nn. 86-89, 92.

    11Per i confronti si veda per esempio BOTTINI1981, p. 207; CIANCIO1985, pp.45-107, tavv. XXXIII, 179; XXXVII, 213. Per gli esemplari siciliani, ORSI 1906, p.130, fig. 93; ORLANDINI1956, p. 295, fig. 9.

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    Non mancano i vasi miniaturistici, che come noto fin dallet ar-caica sono testimoniati sia nei corredi tombali, sia nei santuari12.

    Fra questi ricordiamo le hydriae (fig. 5),che per le loro dimensioni,comprese fra i 7 e i 12 cm, sembrano destinate alla conservazione diquantit limitate di liquidi, non hanno perso cio la loro funzionalit.

    Accanto a queste compaiono per anche vasetti di proporzioni cos ri-

    dotte che sembrano avere avuto una funzione puramente simbolica,quasi dei modellini offerti in sostituzione degli esemplari di dimen-sioni standard, e che dunque sono totalmente defunzionalizzati: que-sto il caso di alcuni kotyliskoie krateriskoi, a volte rozzamente eseguiti.

    Rappresentati solo da sporadici esemplari sono anche il thymiaterione lunguentario fusiforme.

    Fig. 5 - Catania, Stipe di Piazza S. Francesco. Ceramica di produzione locale.Hydriaeminiaturistiche (fotografie di G. De Francisci).

    Da questo rapido esame delle ceramiche di produzione locale pre-senti nella stipe votiva di Piazza San Francesco, ci sembra emerga conchiarezza quale sia linteresse scientifico di questo materiale per la co-noscenza di alcune delle molte problematiche che il deposito pone.

    In primo luogo, il problema dellesistenza di una fabbrica locale ca-tanese e della sua possibile caratterizzazione. evidente che il fatto chesi tratti di ceramiche acrome o con decorazioni non figurate non ne

    12Per le problematiche legate alla ceramica miniaturistica, si vedanoROCCHIETTI2002, pp. 135-143; GRASSO2005.

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    implica necessariamente la produzione in loco; anche vero per cheoggetti di questo tipo, caratterizzati da ripetitivit delle forme, produ-zione standardizzata, decorazione monotona, sono quelli che forsemeno si prestano alla possibile esportazione, e sono quindi i candidatipi naturali per una manifattura locale.

    Un ulteriore elemento pu essere offerto anche dai risultati delle

    analisi fisiche compiute sulle argille con metodologie non distruttivecon la tecnica della fluorescenza a raggi X (XRF); questi, sia pure nonottenuti da un campionamento sufficientemente ampio, hanno dimo-strato un addensarsi dei valori degli elementi significativi allinterno diben determinati clusters che permettono di attribuire i campioni adununica classe ben definita, separata da altre tipologie prese in esameappartenenti a classi ceramiche di sicura identificazione13.. Una con-ferma venuta anche dallanalisi di tipo Pixe-alfa realizzata su alcuniframmenti al fine di caratterizzare i pigmenti pittorici. Ulteriori indaginiin programma sulla composizione delle argille potranno fornire nuovidati sulla provenienza delle ceramiche prese in esame.

    Si tratta in ogni caso di dediche di entit modesta, probabilmente daparte di fedeli appartenenti a classi sociali non elevate, effettuate forse,come nel caso sopra ricordato delle pissidi, in occasione di momentispeciali della vita dellindividuo, oppure in occasione di cerimonie par-ticolari, come farebbe pensare laccento posto sulla pratica della libagione.

    Va ricordato, infine, linteresse legato al problema del ruolo rivestitodai grandi santuari nel rapporto fra le colonie greche e gli indigeni, intesianche come possibili residenti allinterno delle citt medesime oltre checome abitanti della chora. Ci pu essere particolarmente vero e significati-

    vo per quei culti, come appunto quello demetriaco, che avevano un fortelegame con il mondo della natura e con le attivit di carattere agricolo14.

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    13Le analisi sono state effettuate in collaborazione con il LANDIS di Catania. Icampioni sono stati confrontati mediante unanalisi multivariata a cluster con cam-pioni di ceramiche note (Attica, Corinzia, Chiota, Ionica) tenendo conto dei valorirelativi delle concentrazioni per gli elementi Rb, Sr, Y, Zr, Nb. Per i primi risultati si

    vedano GIGLIETALII2005; ROMANOETALII2006a; 2006b.14Per il possibile ruolo del culto di Demetra nei rapporti fra greci ed indigeni, vedi

    ALBANESE PROCELLI2003, p. 215.

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