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osta1 circa 3,5 km a nord-est di Panarea, Basi-luzzo è per ordine di grandezza l’ottava isola

dell’Arcipelago eoliano; lunga all’incirca 800 m elarga poco più di 400 raggiunge nel punto più alto165 m s.l.m. (Figg. 1-3). Ripide falesie dalle stratifi-cazioni multicolori delimitano una superficiestrutturata su più ordini di terrazzi digradanti inmaniera accentuata da ovest verso est. Il profilofortemente inclinato dato all’isola dalle colate lavi-che genera in realtà una serie di pianori di variaampiezza; quelli di maggiore estensione sono ubi-cati nell’estremo lembo orientale e nel settore cen-tro-occidentale. Una linea di crinale con andamen-to est-ovest posta quasi al centro dell’isola rendediscontinuo il paesaggio: così al cadenzato susse-guirsi di gradoni naturali che caratterizza il ver-sante meridionale, si contrappone sul versantecentro-settentrionale un brusco cambiamentodelle pendenze che dà vita ad una piccola gola sul-le cui pareti, meno battute dai venti, la vegetazionediventa più folta ed a tratti impenetrabile. Un sus-seguirsi di insenature e sporgenze rocciose rendo-

no la linea di costa frastagliata e particolarmenteinadatta all’ormeggio.2

Le calette presenti lungo il perimetro dell’isolanon offrono spiagge né vi sono agevoli sentieri perraggiungere la sommità che risulta pertanto diffi-cilmente accessibile.3 Disabitata, ospita sull’estre-mità orientale una sola, piccola, costruzione in ro-vina (Fig. 4).

Il paesaggio, aspro e selvaggio, è dominato dauna vegetazione rigogliosa che sta lentamente, mainesorabilmente, soppiantando le belle ed ordinateopere di terrazzamento, costruite con bassi muret-ti di conci di tufo non legati, riconducibili all’inten-so sfruttamento agricolo a cui fu sottoposta l’isolain passato.4 Vi domina la macchia mediterranea tra

1 I risultati presentati in questa sede sono il frutto di trebrevi campagne d’indagine topografica, ciascuna della duratadi pochi giorni, condotte tra il 2003 ed il 2006. La prima, esclu-sivamente a carattere subacqueo, è stata finalizzata all’analisidei resti sommersi di Punta di Levante con la partecipazionedella dott.ssa M. G. Vanaria e di M. Consiglio. Alle restanticampagne hanno partecipato il già citato M. Consiglio e lau-reandi e laureati della Facoltà di Conservazione dei Beni Cul-turali di Viterbo (dott. Vladimiro D’Acunto, dott. CarmeloMartino, Fabrizio Trentacoste). A costoro, distintisi per tena-cia, impegno e professionalità, desidero rivolgere i miei piùsentiti ringraziamenti. Voglio infine esprimere gratitudine alprof. P. A. Gianfrotta per gli utili suggerimenti e per i costantiincoraggiamenti. Con questo lavoro si spera di poter focaliz-zare l’attenzione sul miserevole stato di abbandono in cui ver-sano le evidenze archeologiche dell’isoletta. Queste sono mi-nacciate tanto dalle intemperie e dal rischio geologico, quantoda un turismo incontrollato (che ogni anno nella bella stagio-ne deturpa i pochi avanzi in vista) e dalla mancanza di qualsi-voglia forma operativa di tutela.

2 Attualmente il miglior punto di ormeggio onde poter sa-lire sull’isola è la caletta posta ad ovest della peschiera da iden-tificarsi verosimilmente con lo “Scariu di Camardei”, un ap-prodo in uso almeno dall’età moderna. Tra xviii e xix secolonel settore orientale erano pure attivi gli approdi denominati“Scariu du Calabrisi” e “Scariu Nuovu”: il primo dovrebbe po-tersi ubicare immediatamente ad ovest di Punta di Levante, ilsecondo a ridosso della cala di Grotta del Carbone. Per la lo-calizzazione degli approdi storici cfr. Ludwig Salvator 1895,pp. 27, 30. L’opera di quest’ultimo autore conserva una prezio-sa documentazione toponomastica redatta sotto forma verna-colare che costituisce senz’altro la più ricca raccolta toponimi-ca disponibile su Basiluzzo. Malgrado ciò, non sempre è statopossibile identificare (e quindi posizionare) i luoghi citatidall’arciduca. Sulla toponomastica eoliana in genere, cfr.Losacco 1973; Lo Cascio, Pasta 2000.

3 La generalizzata assenza di spiagge che caratterizzal’odierno paesaggio costiero è, almeno in parte, da ricondursia modificazioni della linea di riva innescate dalla subsidenzanel corso degli ultimi millenni. È ipotizzabile che in alcunipunti vi fossero in passato degli arenili, probabilmente di con-formazione ghiaiosa, soprattutto lungo il versante nord-orientale. Ciò pare confermato dalla presenza, quantomenosino alla fine del xix secolo, di una piccola spiaggia ghiaiosa,chiamata Caletta di Princa. Per le problematiche connesse allasubsidenza cfr. infra.

4 D. de Dolomieu (1991, p. 80) visitò l’arcipelago nel 1781ed afferma che Basiluzzo «è coltivato sul pendio esterno ma non èabitato». Allo stesso secolo si riferisce l’annotazione dello

CARTA ARCHEOLOGICA DELL’ISOLA DI BASILUZZO(ARCIPELAGO DELLE EOLIE)

Salvatore Medaglia

È raro trovare un paesaggio marino più bello di questo.Stromboli s’innalza quindici miglia a nord-est. A dieci le-ghe ad est si vedono le coste d’Italia e quelle di Sicilia cheformano un angolo e che sono coronate dall’Etna. Adovest, la città di Milazzo sembra protendersi nel mare perunire la Sicilia a Vulcano. Vicino a quest’ultima, ma piùad occidente, c’è Lipari, e all’orizzonte Filicudi e Alicudi.Verso nord, più vicino a noi, la bella isola di Salina, poiPanarea e Dattilo, vicine abbastanza da poter distinguerei particolari.

Houel 1782, p. 130 (1988, p. 53).

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Fig. 1. Panarea, Basiluzzo e gli scogli vicini.

Fig. 2. Basiluzzo, rielaborazione della cartografia 1:10.000.

Fig. 3. Basiluzzo visto da sud.

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le cui specie sono prevalentemente presenti lepiante di Erica arborea, Arthemisia arborescens, Spar-tium Junceum, Euphorbia dendroides, Pistacia lenti-scus, Lithodora rosmarinifolia, Calicotome villosa einoltre capperi, cardi, qualche rara pianta di palmanana e pochissimi alberi di olivo e di fico selvatico.

La formazione di Basiluzzo risale a circa 54.000anni fa; costituisce una cupola riolitica compostada afflussi lavici sovrapposti e da cupole seconda-rie. Lungo le falesie si possono osservare gli stratirelativi alle varie fasi eruttive e, tra questi, sono benvisibili quelli di pomici e di ossidiana pura vetrosa.Il condotto di alimentazione principale della cupo-la è forse da individuarsi lungo la falesia a nord diPunta Sciaccazzi, quasi di fronte a Spinazzola. Leformazioni geologiche che caratterizzano l’isolasono due: quella denominata Basiluzzo (54,00±8,0ka) composta da riolite con xenoliti metamorfi-che e vulcaniche e quella c.d. di Punta Torrione(42,00±13,0 ka) che è invece contrassegnata daspessi e compatti strati di tufi di colore grigio-noc-ciola ricchi di microscopici frammenti vetrosi.1

L’isola è soggetta a subsidenza per l’effetto sinergi-co dell’eustatismo e di fenomeni tettonici e vulca-nici. Combinando i dati di natura geo-tettonicacon quelli archeologici ottenuti dalla investigazio-ne delle strutture sommerse ubicate presso Puntadi Levante (Fig. 5) è stata di recente calcolata unasubsidenza complessiva di 3,75 ± 0,10 m negli ultimi2000 anni con un indice di ~1,87 mm /anno.2 I ciglidelle falesie sono in evoluzione per l’effetto di feno-meni erosivi e probabilmente geostrutturali favo-riti dalle pendenze accentuate dei versanti. Gli ef-fetti più vistosi innescati da questi meccanismi,specialmente nei mesi in cui si registra maggiorepiovosità, sono le frane ed i crolli che compromet-tono le strutture archeologiche massicciamenteposizionate a ridosso delle bordure della falesia.

L’antica denominazione di Basiluzzo è in gene-re considerata ^IÎÂÛ›· (Ptol., iii, 4, 8) o ^IΤÛÈÔÓ(Eustath., Od., x, 2).3 Se in Tolomeo con questonome viene indicata una delle isole che a dir suocompongono l’arcipelago, in Eustazio sarebbe ilsecondo toponimo di una delle isole che egli, se-guendo la tradizione, fissa a sette.4 Resta in ognicaso valida l’obiezione mossa a suo tempo dalMüller nel commento alla Geographia di Tolomeo

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Spallanzani (1825, p. 318) sulle colture isolane che fruttavano«[…] la raccolta di scarso frumento e scarsi legumi». Per T. Flint(1827, p. 309) nella prima metà dell’Ottocento «It is inhabited bytwo o three families, who cultivate its productive soil, in spite of themyriads of rabbits that war against their industry». Nella secondaparte del secolo xix Luigi Salvatore annota: «I campi di sopra,che sono coltivati solo ad orzo, sono divisi tra di loro da muretti bassidi pietra biancastra tipo trachite, appartengono per lo più a Strom-bolani, ma vengono pian piano comprati dalla gente di Panaria»(Ludwig Salvator 1895, p. 24). Per una descrizione degli usie dei costumi eoliani alla fine dell’Ottocento, cfr. Losacco1972, p. 965 sgg.

1 Sulle formazioni geologiche di Basiluzzo cfr. Calanchiet alii 1999.

2 Tallarico et alii 2003; Anzidei et alii 2004, p. 123.3 Cfr. Cavalier 1985 con sintesi delle problematiche legate

al toponimo.4 Müller 1883, p. 408: «Octo unus Ptolomaeus habet, octavam

addens^IÎÂÛÈ·Ó, quod sec. Eusthatium erat alterum nomen uniusex sepltem insulis». Sul nome e sul numero delle isole dell’arci-pelago tratte dalle fonti cfr. Cordano 2004. Per una rassegnadelle fonti, storiche e geografiche, sulle isole – oltre, ovvia-mente, alle varie voci contenute nella Bibliografia topograficadella colonizzazione greca in Italia e nelle isole tirreniche –, cfr. Me-ligunìs Lipára, viii, 2.

Fig. 4. Settore sud-orientale dell’isolotto. In primo piano la casupola e sullo sfondoDattilo, Lisca Bianca e Bottaro; all’orizzonte Lipari, Vulcano e la Sicilia con l’Etna.

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secondo cui tale toponimo costituisce la corru-zione di Ithacesiae e cioè delle parvae insulae chePlinio posiziona dinnanzi alle coste di Vibo.1 Apartire dall’età tardoantica compare il toponimodal quale dipende quello attuale: B·ÛÈÏÔ‡‰ÈÓ nel-la Descriptio Orbis Romani di Giorgio di Cipro(599) e Basilidin nell’itinerario tardo dell’Anoni-mo Ravennate (v, 23).2

A dispetto del cospicuo patrimonio archeologi-co non vi sono studi che affrontano nel complessole problematiche storiche dell’isola. L’interesse deiricercatori negli ultimi decenni si è focalizzatoquasi esclusivamente sulle strutture sommersepresso Punta di Levante (n. 30) destinando alle evi-denze terrestri solo generici quanto fugaci riman-di.3 Fatta eccezione per le trascurabili menzioni acarattere antiquario contenute nelle opere di Clu-verio e di V. Amico,4 interessanti dati sulle antichi-tà isolane – purtroppo non sempre verificabili – sipossono cogliere nelle descrizioni dei viaggiatoriche fecero tappa a Basiluzzo tra xviii e il principiodel xx secolo.5 Alla fine del ’700 J. Houel e L. Spal-lanzani6 segnalarono in vari punti la presenza discalinate intagliate nella roccia, resti di mura constucchi e intonaci dipinti, vaste aree di cocciame.

Houel descrive accuratamente una di questearee di frammenti fittili riconoscendovi «des débrisd’ouvrages en terre-cuite, des tuiles, des canaux de bri-ques de quatre pouces d’épaisseur, & de dix-huit poucesde longueur, puis de ces grandes tuiles dont on faisoitquelquefois des tombeaux, des carreaux, & de ces bri-ques rondes propres à faire de colonnes, telles qu’on envoit dans les ruines antiques […]».7 Se l’arciducad’Asburgo Luigi Salvatore sul finire del xix secoloaccennò solo a «resti di mattoni in cotto e residui dimuri fatti di calce e Rupiddu, appartenenti ad antichecostruzioni»,8 ben più ampio è invece il resocontoredatto nel 1921 dal Libertini, dal quale si ricavano

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1 «Apud Ptolemaeum intellegi potest una ex exiguis insulis quaeab Euonymo (h. Panaria) ortum versus sunt, Basiluzzo […], Pana-relli, Liska bianca, Tilanari, Dattolo, Bottaro, ad quas a Didymesunt c. 17 m.p., quot ad Hicesiam sunt in tabula Ptolemaei. Ceterumnon Didyme sed Satrongyle insula maxime borealis est; ejus vero inparallelo Italiae adjacent contra Vibonem parvae insulae quaevocantur Ithacesiae ab Ulixis specula [Plin., iii, 85], i.e. scopulie regione ruinarum Vibonis, qui veterum aedificiorum rudera ha-buisse dicuntur […]. Suspicari igitur licet Ithacesiam hanc Ulixisspeculam mutato paullisper nomine ab Italiae ora a nonnullis interSiculas insulas transpositam esse»: Müller 1883, p. 408. SulleIthacesiae cfr. Oldfather 1916.

2 Hülsen 1897. Per un’altra attestazione di B·ÛÈÏÔ˘‰ÈÓ,frutto però di un errore della tradizione manoscritta, cfr.Bernabò Brea 1988, pp. 29-30 nota 47. Riguardo all’origine deltoponimo bisogna rigettare la teoria formulata di recente (Ia-colino 1999) secondo cui esso deriverebbe dal leggendario Ba-silisco. Dovremmo semmai far riferimento o ad un fitotoponi-mo (e cioè all’erba medicamentosa molto comunementeutilizzata nella medicina romana (cfr. TlL, ii, coll. 1768, 1769,1770) o ad un personale di schiavi e liberti di origine greca(Solin 1982, p. 1045). Molto più credibilmente Basiluzzo derivada un personale greco: B·Û›Ï˘ (lat. Basilius) o B·ÛÈÏ›‰Ë˜ (lat.Bsailides). Nel primo caso lo si dovrà intendere come agioto-ponimo connesso al Santo Basilio (Alessio 1954; Pellegrini1990) e all’ampia diffusione del monachesimo basiliano in Ca-labria e Sicilia. Non a caso il toponimo Basilidin è attestato pro-prio nella fase d’intensa colonizzazione monastica che interes-sa il sud del Paese. Il toponimo S. Basilio è del resto presente aLipari e, assieme ad altri agiotoponimi, va forse messo in rela-zione con alcune unità monastiche di tradizione orientale:Bernabò Brea 1988, pp. 17-18. Nel secondo caso potremmopensare al santo martire omonimo o ad uno degli altri martirinoti con questo nome nella tradizione della Chiesa dei primisecoli (cfr. Dictionnaire vi, 1932, coll. 1175-1176; sul nome Basili-des cfr. TlL, ii, coll. 1768-1769).

3 Vedi ad esempio Bernabò Brea 1947; Cavalier 1985;Bejor 1986, pp. 477, 517; Bernabò Brea 1988, p. 123; Lafon2001, p. 450; Castagnino 2003, p. 101.

4 Cluverius 1619, p. 415; Amico 1757, p. 131.5 Per la storia delle ricerche su Basiluzzo cfr. Cavalier

1985, pp. 15-16.6 Houel 1782, pp. 129-130; Spallanzani 1825, i, pp. 318-319.7 Houel 1782, pp. 129-130.8 Ludwig Salvator 1895 (1988, p. 24).

Fig. 5. La peschiera di Punta di Levante vista dall’alto.

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preziose indicazioni sull’antica topografia dell’iso-la e sullo stato delle rovine. Di rilievo è la notiziasecondo cui buona parte del materiale antico sa-rebbe stato traslato, in anni non lontani dalla reda-zione dell’opera, nella vicina Panarea e reimpiega-to per la costruzione della chiesa di S. Pietro.1

L’esito delle ricognizioni2 (Fig. 6) consente di far

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1 Libertini 1921, pp. 197-199.2 Basiluzzo non dispone di una cartografia di dettaglio a

denominatore inferiore al 10.000; quest’ultima, viste le ridottedimensioni dell’isola, è praticamente inservibile ai fini delladocumentazione archeologica. Per le indagini topografiche ingenere e per il posizionamento delle evidenze si è pertanto fat-to principalmente uso - non senza notevoli difficoltà - di accu-rati ingrandimenti di rappresentazioni aerofotografiche zeni-

Fig. 6. Carta archeologica (aerofoto dell’Istituto Geografico Militare. Autorizzazione n. 6303 del 25 gennaio 2007).

tali sia storiche che recenti. La carta archeologica è stata mon-tata su una avioripresa verticale di proprietà dell’i.g.m. di Fi-renze alla scala 1:26.600 circa, datata 20 luglio 2005. Non sonostate effettuate raccolte di materiali. Nel corso della campagnadel 2006 sono stati ricogniti sistematicamente anche gli scoglidi Lisca Bianca e Bottaro. A Lisca Bianca O. De Fiore (sulla cuiproduzione scientifica legata all’arcipelago cfr. De Fiore 1921e 1925) aveva raccolto agli inizi del Novecento dei materiali chepoi consegnò nel marzo 1923 a P. Orsi (1929, p. 101) il quale po-chi anni dopo scriverà: «Sullo scoglio di Lisca Bianca egli [scil. DeFiore] ebbe modo di segnalare intensi segni di vita che va dai tempiellenistici ai Romani. Una vera massa di cocciame da me selezionatoe ordinato, mi ha dato: tracce sensibili di vasellami a vernice nera […] c.d. etrusco campani; un balsamario a fuso della forma notissima ediffusissima nel sec. iii a.C. Non molto copiosi gli avanzi della cera-mica culinaria. Copiosissimi invece quelli di anfore, ma nessunomarcato, di scadente fattura, che per l’assenza di bolli torna difficiledire se ellenistiche o romane». Materiali simili, ed altri di età prei-storica, furono successivamente raccolti da L. Bernabò Brea

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risalire ad età preistorica la presenza umana sul-l’isola, in accordo con quanto segnalato da L. Ber-nabò Brea. A questi si deve la raccolta nella partebassa dell’isola «di ceramiche d’impasto senza dubbiopreistoriche e di ossidiana largamente sparse nei cam-pi».1 Concentrazioni di ceramiche in impasto sonostate individuate più che altro nel settore centro-meridionale (nn. 11, 14, 16, 17, 21, 28), anche se sporadici frammenti si possono raccogliere lungotutta la superficie dell’isola. Curiosamente, perquanto sia stata accurata l’osservazione del terre-no non un solo frammento ha restituito elementiin qualche modo utili alla diagnosi crono-tipologi-ca della ceramica: è tuttavia probabile che essa va-da attribuita all’età del Bronzo.2 Si tratta esclusiva-mente di frammenti di pareti molto fluitate ecorrose, con paste variabili dal brown gray al very

dark brown (Munsell 7.5 YR 6 /1- 2 /3) ricche di de-grassanti litici da piccoli a medi. Maggiori indica-zioni offre invece l’industria su ossidiana, neo-eneolitica, massicciamente presente su tutta l’isolaed in particolar modo nelle aree nn. 11, 16, 21, 28(Fig. 7). Assieme ad un notevole quantitativo dischegge di lavorazione e di piccoli nuclei, si indivi-duano numerosi strumenti ritoccati relativi a pun-te, troncature, bulini, raschiatoi lunghi e corti, geo-metrici, grattatoi e lame a dorso.3

Le ceramiche in impasto e le industrie su ossi-diana si concentrano maggiormente nella porzio-ne bassa dell’isola, vale a dire sul tavolato che termina verso est con la Punta di Levante. All’in-terno di quest’ampia area (n. 28), ulteriori adden-samenti sono stati riscontrati lungo i margini delterrazzo che contorna la profonda caletta di sud-est (“Scariu di Camardei”). Solo future e più ap-profondite indagini consentiranno di accertare sele tracce pre-protostoriche di Basiluzzo debbanoessere considerate l’esito di frequentazioni o sevadano piuttosto riferite ad un abitato stabile,4 siapure piccolo, di nuclei di capanne poste a ridossodegli approdi naturali.5 Non è improbabile che lafrequentazione /occupazione dell’isolotto, alme-no nell’età del Bronzo, sia da imputarsi a gentiprovenienti dal vicino villaggio del Milazzese diPanarea.6

Riguardo all’età neolitica (tarda) va sottolineatoche Basiluzzo, prossima al Golfo di S. Eufemia eposizionata di fronte all’area calabrese del Poro

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(Bernabò Brea 1947, p. 238; Cavalier 1991, p. 186; BernabòBrea, Cavalier 1991b, p. 165: «Sulla superficie non solo di LiscaBianca, ma anche della minuscola Lisca Nera sono stati raccoltiframmenti ceramici di impasto e lamette di ossidiana, testimonianzadi abitazione, o almeno di frequentazione, nella preistoria fin dal-l’età tardo-neolitica. Ma a Lisca Bianca sono stati trovati ancheframmenti di ceramiche di età ellenistica e romana»). Ciò nono-stante le prospezioni del 2006 hanno dato esito negativo nonessendo stata riscontrata la benché minima traccia di materialiantichi. È da chiedersi che fine abbia fatto “la massa di coccia-me”: la mancanza di evidenze è forse da imputarsi alle passateraccolte (evidentemente così sistematiche da rendere lo sco-glio sterile)? Aggiungo che non vi sono tracce di edifici antichi:le vestigia segnalate da Houel sullo scoglio (Houel 1782; Cav-alier 1991, p. 186), ancora oggi in parte visibili, sono senz’altromoderne. Sospendiamo il giudizio (sia pure nutrendo fortiperplessità) sulle strutture murarie sommerse (“resti murari acalce”) segnalate (Bellia et alii 1990; Bernabò Brea, Cava-lier 1991b, p. 165; Cavalier 1994, p. 325) nei fondali di LiscaBianca alla profondità di circa m 20 in quanto non visionate di-rettamente. Pure Bottaro, concordemente con quanto già ri-ferito da Bernabò Brea (1947, p. 239), non ha restituito mate-riali archeologici di alcun genere.

1 Bernabò Brea 1947, p. 238.2 Bernabò Brea, Cavalier 1991b, p. 164.

3 Non è stata individuata industria su selce o su ciottolo.4 Bernabò Brea 1985, p. 77.5 Se capanne ci furono, è possibile che queste - certamente

situate sul pianoro di Levante - siano state intercettate e di-strutte a seguito dei massicci interventi edilizi per la costruzio-ne della villa d’età romana.

6 La bibliografia sul villaggio del Milazzese è raccolta inCavalier 1994.

Fig. 7. Alcune ossidiane dall’area n. 28.

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(dalla quale è visibile nelle giornate particolar-mente terse), era costeggiata dalla via transmarinalungo la quale si snodava il network dell’ossidiana.Questo raggiungeva le stazioni calabresi di faciesstentinelliana dell’area tirrenica di Acconia e delPoro che primeggiavano nella gestione e redistri-buzione a largo raggio del vetro lavico attraversouna complessa rete di direttrici peninsulari.1

Le tracce della presenza greca sono scarse e silimitano ad un frammento sporadico di olla acro-ma, verosimilmente tardoclassica, decorata confasce di vernice rosso-bruna (n. 28)2 e ad un pic-colissimo frammento di ceramica fine con deco-razioni a vernice nera e bruna di IV sec. a.C. (n.18). È molto probabile che ulteriori e più appro-fondite indagini sulle ceramiche di superficie pre-senti sull’isolotto permettano di aggiungere mol-ti altri dati a quelli qui presentati. Tra v e iv sec.a.C. va datata l’iscrizione funeraria incisa su uncippo squadrato di pietra di Fuardo che rammen-ta un tal ’AÚ͛Ϸ˜. Il cippo (cm 31,8 × 59,7 × 44) erastato riutilizzato nella villa romana di Basiluzzocome soglia, probabilmente dopo essere statotrasportato da Lipari in qualità di materiale da co-struzione3 (Fig. 8).

L’assenza di significative testimonianze d’etàgreca va preliminarmente letta alla luce di quantoriportato da alcune fonti a proposito dell’agricol-tura itinerante che praticavano i Liparoti nelle

isole minori: Tucidide4 e Pausania5 riferisconoche solo Lipara era abitata mentre le altre – Didi-me, Strongile e Hierà – erano coltivate dai Liparoti.In un altro noto passo Diodoro espone in manie-ra ancora più incisiva il regime di “collettivismo”che vige per le isole che compongono l’arcipela-go: «[…] in seguito, attaccati dagli Etruschi che sac-cheggiavano le località costiere, allestirono una flotta esi divisero in due gruppi: gli uni coltivavano le isole, di-ventate proprietà comune; gli altri si opponevano ai pi-rati; avendo socializzato i beni e adottato il sistemadelle mense comuni, trascorsero un certo tempo facen-do vita di comunità. Successivamente si divisero l’isoladi Lipari (sulla quale sorgeva la città) ma coltivaronole altre isole come proprietà comune».6 Considerandoche in Tucidide è attestata la coltivazione dell’an-cor più lontana ed impervia Stromboli, bisognapensare che lo sfruttamento agricolo (in partico-lar modo quello cerealicolo che non abbisognavadi cure particolari e della presenza costante del-l’uomo) poteva senza dubbio essere esercitatonella fertilissima Basiluzzo che la natura aveva giàconfigurata in terrazzi. Tra le possibilità di sfrut-tamento in età classica non si dimentichi quelladella pastorizia richiamata da Plinio il Vecchio perle isole minori di Alicudi e Filicudi.7

Ben più cospicue sono le evidenze di età romanapresenti su quasi tutta la superficie centro-meri-dionale dell’isola; esse sono attribuibili ad un com-plesso residenziale caratterizzato da corpi, o padi-glioni, posizionati in punti panoramici. I nucleiedificati sono stati individuati sul versante orienta-

carta archeologica dell’isola di basiluzzo 173

1 Sui modelli di diffusione dell’ossidiana in Calabria cfr.Ammerman 1979; Ammerman 1985.

2 Contenitori in argilla acroma con decorazioni a fasce di-pinte in rosso o bruno sono attestati a Lipari tra v e iv sec. a.C.nella necropoli del terreno vescovile: cfr. ad es. Meligunìs Lipá-ra xi, pp. 120, 121 fig. 16; 395, tav. clxxix n. 3.

3 Cavalier 1985, pp. 15, 16; Bernabò Brea, Cavalier1991a, p. 86; Lexicon, p. 71 s.v. ’AÚ͛Ϸ˜, n. 1; Meligunìs Lipáraxii, p. 107 n. 17, tav. xl,2.

4 Thuc., iii, 88, 2.5 Paus., x, 11, 4.6 Diod., v, 9, 4. Sul “comunismo” liparese cfr. la bibliogra-

fia riportata in Meligunìs Lipára viii, 2, p. 76 nota 10.7 Plin., n.h., iii, 94: «[…] quinta Ericusa, sexta Phoenicusa,

pabulo proximarum relictae».

Fig. 8. Iscrizione funeraria. Lipari, Museo Archeologico (da «Meligunìs Lipára» xii).

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le (nn. 24, 25, 26, 27) (Figg. 9, 10), su buona partedi quello meridionale (nn. 4, 5, 19) (Fig. 11), sul latooccidentale alla quota più elevata (n. 1) (Fig. 12) einfine quasi al centro dell’isola in corrispondenzadi un picco topografico (n. 10) (Fig. 13). Il fiancosettentrionale è dunque quasi del tutto sterile dalpunto di vista archeologico; l’assenza di costruzio-ni in questo settore è difficilmente imputabile afattori di natura progettuale, come ad esempio lamancanza di spazi adeguati, il cattivo soleggia-mento o l’inadeguatezza geostrutturale del pianofondale. La spiegazione va senz’altro cercata nel-l’idea programmatica che domina l’intero proget-to, vale a dire l’affannosa ricerca delle prospettivepiù suggestive dal punto di vista panoramico. In-

fatti, per quanto attraente, il versante settentriona-le che si affaccia su Stromboli e sull’arco calabronon consente una vista pari a quella godibile dai re-stanti fianchi.

A giudicare dalle poche evidenze murarie che sisono conservate in alzato, a Basiluzzo sono pre-senti due tipi di paramento: l’opus quasi reticulatumed il reticulatum. Il quasi reticolato è stato riscon-trato in un solo muro (n. 26),1 molto spesso, che

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1 Il muro in oggetto presenta non poche difficoltà nell’in-terpretazione del paramento. Non è facile capire se siaun’opera reticolata di pessima fattura o se sia effettivamentestato realizzato in quasi reticolato. In ambiente provinciale lanon perfetta esecuzione delle tessiture dell’opera reticolata,

Fig. 9. Area n. 25: resti di ambienti lungo il bordo della falesia.

Fig. 10. Area n. 26: muro in reticolato lungo la scarpata della falesia.

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laddove mag ari operava una manovalanza non molto esperta,è abbastanza comune; tra l’altro in Sicilia l’opera reticolatanon raggiungerà mai alti livelli di perfezione. Tuttavia dalconfronto con la tecnica di rivestimento impiegata altrove nel-

l’isola (cfr. ad es. l’area n. 1) propendiamo, seppure con la mas-sima cautela, per la seconda opzione consapevoli delle proble-matiche cronologiche che ne scaturiscono.

Fig. 11. Area n. 5: posizionamento delle evidenze.

Fig. 12. Area n. 1: resti di ambienti a quota 164. Sullo sfondo Dattilo.

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si staglia a picco del precipizio sulla cala dellaGrotta del Carbone (Fig. 14); i restanti muri sonosenza eccezioni realizzati in opera reticolata concatene angolari di blocchetti di tufo; i cubilia, cer-tamente cavati sul posto, sono di tufo con inclusimicroscopici frammenti vetrosi. Il livello dellamanifattura dell’opus reticulatum non è eccellentee alle volte si notano una certa variabilità dimen-sionale nella facciavista delle pietre e delle asim-metrie negli allineamenti.1 Il complesso non sa-rebbe dunque da attribuirsi ad un intervento

unitario; ciò nonostante, sulla base di quanto ac -certato dalle ricognizioni, a prescindere dalla pro-blematica questione sollevata dal reticolato, nonsono state individuate significative tracce di rifaci-menti: sono esclusivamente noti l’innalzamentodi un piano pavimentale in cocciopesto riscontra-to al centro dell’isola nell’area n. 10 (Fig. 15) e i re-stauri in opera incerta effettuati mediante tampo-nature nelle lunette delle volte della cisterna n. 27(Fig. 16); da tali ristrutturazioni non è agevoletrarre indicazioni cronologiche di alcun genere.2

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1 Le malte impiegate nell’opera reticolata dell’isola si di-mostrano meno resistenti dei cubilia. La forte consunzione dellegante dovuto agli agenti atmosferici e la conseguente man-canza di presa degli inerti rende il disfacimento dei muri lentoed inesorabile.

2 L’evidenza n. 8, costituita da un lungo muro in cementi-zio, va genericamente attribuita ad un momento successivoalla fase di vita della villa in quanto ingloba materiale architet-tonico antico.

Fig. 13. Area n. 10: crolli lungo il fianco settentrionale.

Fig. 14. Area n. 26: muro in opus quasi reticulatum (?).

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Va ricordato che allo stato attuale, in assenza discavi archeologici e dell’auspicabile messa inpianta di tutti i resti emergenti, non è possibileavere una visione completa e soddisfacente dellefattezze planimetriche del complesso. Pare tutta-via necessaria una lettura preli minare delle evi-denze che, se pure future indagini rettificheran-no, vuole al momento costituire una ragionevoleipotesi di lavoro.

È da ritenersi che la villa maritima di Basiluzzonon sia stata concepita secondo una strutturazio-ne architettonica “a blocco”, cioè articolata – equindi chiusa – intorno al peristilio, bensì fosse or-ganizzata in nuclei o padiglioni sparsi. Tale sceltafu evidentemente imposta dall’irregolarità del ter-reno e dalla conseguente mancanza di una piatta-

forma edificabile sufficientemente estesa; la tecni-ca a nuclei distinti non a caso è caratteristica dinon poche villae maritimae su promontorio o sucrinali costieri particolarmente irregolari.1 La pro-gettazione architettonica, nel cercare soluzionisoddisfacenti, si fuse con il paesaggio così da otte-nere esiti che è facile immaginare di ampia sugge-stione estetica ed al contempo di grande dispen-diosità ed impegno costruttivo.

Massicce opere di regolarizzazione effettuate aidanni del banco tufaceo mediante tagli ed aspor-tazioni furono senz’altro necessarie per creare su-perfici uniformi e per consentire la realizzazionedi scalinate nei punti in cui il dislivello del terreno

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1 Mielsch 1987, p. 50; Lafon 2001, pp. 112-113.

Fig. 15. Area n. 10: porzione di pavimentum con tracce di scalpellaturaa martellina per la sovrapposizione di un piano pavimentale in cocciopesto.

Fig. 16. Cisterna (n. 27): lato sud. Tamponature in opera incerta nella lunetta della volta.

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lo rendesse necessario. A gradinate intagliate nellaroccia – oggi non più visibili – fa esplicito riferi-mento l’Houel che fornisce pure interessanti testi-monianze a proposito di otto o nove scalini scavatinella roccia quasi al centro dell’isola e di un taglioa semicerchio («comme les théâtres antiques») prati-cato sul terrazzo superiore, plausibilmente al finedi ricavarvi una exedra.1

Particolarmente laboriosa dovette essere sia lacostruzione di opere di consolidamento che fa-sciassero in alcuni punti i versanti dell’isola met-tendoli in sicurezza,2 sia la creazione di opere a

cassone con riempimenti di terra per ottenere su-perfici piane dove poter fondare le costruzioni.Nel novero delle substructiones rientrano anche inumerosi muri di terrazzamento, costruiti perrafforzare i gradoni dei vari ripiani naturali, cheritmano il paesaggio isolano. La più vistosa operadi terrazzamento era ubicata sulla bordura orien-tale della grande terrazza occidentale tra quote117 e 120 (n. 6). Di essa oggi non rimane altro cheun impressionante cumulo di cubilia e pietramelungo poco meno di 90 m (Fig. 17). Per un altromuro isolato (n. 2), individuato sul lato sud-occi-dentale presso il ciglio, la funzione di muro di ter-razzamento è solo presumibile data la necessità diregolarizzare e contenere i versanti scoscesi suiquali si ergeva il complesso edificato n. 1 (Fig. 18).

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1 Houel 1782 (1988, p. 52).2 Uno di questi era ancora ben visibile ai tempi dell’Ho-

uel: «All’estremità occidentale del precipizio si ergeva un muro di

Fig. 17. Area n. 6: ammasso di materiale inerte composto prevalentementeda cubilia e caementa.

Fig. 18. Area n. 2: cresta di muro in opera reticolata.

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L’accesso principale della villa (vestibulum), pro-babilmente monumentalizzato, è da porsi sul latoorientale a ridosso della caletta della Grotta delCarbone (“Scariu Nuovu”) ove insistono una seriedi ambienti a picco sul mare (nn. 25, 26) che asse-condano il naturale andamento della costiera(Fig. 19). Crolli e smottamenti della falesia na-scondono quello che doveva costituire il sentieropiù agevole che dall’approdo ridossato della calaspiaggiata conduceva, attraverso rampe scalinate,al piano edificato. A denunciare in questo luogo lapresenza dell’ingresso e della discesa a mare sonole cospicue e possenti opere sostruttive ancora og-gi visibili presso la scarpata della “Punta da Ruttadu Carvuni”. Queste, parallele alla parete della fa-lesia, si dispongono su vari livelli per alcuni metrial di sotto del piano sommitale del terrazzo1 (n.26) (Figg. 20, 21). Un ulteriore accesso – che è poiquello ancora oggi praticato – si sviluppava conuna rampa lungo il fianco occidentale della calettaove forse è da identificarsi lo “Scariu di Camar-dei”. Di questa scalinata, ben descritta dall’ufficia-le di marina T. Flint nella prima metà del xix seco-

lo,2 restano ancora tracce di alcuni gradini in coc-ciopesto (n. 29).

Se l’ipotesi circa l’ubicazione dell’ingresso prin-cipale coglie nel vero, tutti gli immancabili com-ponenti e annessi della villa vanno posizionatisull’esteso spiazzo di levante ove è ubicata la ci-sterna (n. 27). In effetti, le evidenze nn. 25-28 de-notano che questo luogo – in parte devastato dal-la costruzione di fabbricati moderni3 – ospitò ilblocco edificato più esteso. Le pertinenze della fa-milia e i servizi, sia pure in posizione defilata, nonpotevano che trovarsi in questa zona e l’area diframmenti fittili, in cui si addensano buona partedelle testimonianze relative all’instrumentum do-mesticum di Basiluzzo, può costituirne la confer-ma (n. 28).

Come dimostrano i resti rintracciati durante lericognizioni, altri blocchi di edifici dovevano er-gersi lungo il fianco meridionale dell’isola presso isiti nn. 2?, 4, 5, 19 (Figg. 22, 23). Si tratta di unaschiera di ambienti allineati e posizionati a piccosulla falesia, evidentemente utilizzata come quin-ta naturale dalla quale dominare l’intero paesag-gio marino. Non è dato sapere se la soluzione dicontinuità evidenziata dalle prospezioni tra i bloc-chi 5 e 19 sia dovuta a cedimenti del costone o sevada prospettata anche in questo caso l’ulteriorepresenza di padiglioni distinti. In ogni modo lun-go l’ala meridionale della villa, forse sul fianco chedà verso l’interno, è immaginabile un passaggio,probabilmente coperto, capace di raccordare i va-ri ambienti.

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parapetto del quale si notano ancora i resti»: Houel 1782 (1988,pp. 52-53).

1 L’accesso principale sul lato orientale era stato già ipotiz-zato dal Libertini esclusivamente sulla base di argomentazionidi natura morfologica (Libertini 1921, p. 197): «L’accesso all’iso-la sembra che, per la configurazione di questa, nell’antichità fosse dallato orientale, verso il quale essa scende con un dolce declivio [oggimolto ripido a causa dei cedimenti del costone] e dove (presso la“Grotta del Carbone”) la costa presenta un’insenatura […]». Altriaccessi secondari vanno probabilmente ubicati sul versantesud di Punta di Levante (lungo l’insenatura dello “Scariu du Ca-labrisi”) e poco ad est di Punta di Ponente in corrispondenza diuna gola interessata da movimenti franosi posta al di sottodell’evidenza n. 5 tra la Punta di Ponente e lo Scoglio Rosso.

2 Flint 1827, p. 309.3 All’intorno della cisterna e dell’unica casupola, in parti-

colar modo a ridosso del ciglio orientale, si notano le fonda-menta di alcuni edifici moderni.

Fig. 19. Area 26: resti di muri in opera reticolata (in posto e non).Sono visibili le catene angolari in blocchetti di tufo.

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Maggiore ricercatezza ed eleganza contraddi-stinguono il complesso n. 1 di località “Filu a Fra-sca” (Figg. 12, 24, 25), situato in un punto moltoelevato dal quale si domina tutta l’isola e l’interoarcipelago eoliano. Raggiungibile solo attraversorampe, doveva costituire il luogo più suggestivodella villa con stanze di rappresentanza e almenouna terrazza belvedere. A questo lussuoso, manon ampio, padiglione è da attribuirsi una cam-pionatura molto ricca d’intonaci di vari colori (al-cuni dei quali affrescati), lastre di marmo bianco,pietre colorate per mosaici pavimentali, elementifittili di colonne in muratura, un notevole quanti-

tativo di ornamentazioni in stucco relative sia aicassettoni delle volte sia a cornici modanate conmotivi ad ovuli, listelli e fasce piane (Fig. 26).1

Un altro consistente nucleo di edifici, con am-bienti posti su più livelli secondo la morfologia delterreno, va infine posizionato sul terrazzo dallaforma vagamente triangolare posto quasi al cen-tro dell’isola (n. 10) lungo una linea di dorsale di-

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1 Lembi di mosaici, per lo più bicromi in bianco e nero, sisono conservati nelle aree nn. 1, 5, 10, 19; resti di tegulae lavo-rate a quarto di cerchio relative a colonne in muratura sonocomuni in vari punti dell’isola.

Fig. 20. Area 26: muro in cementizio lungo la scarpata della falesia.

Fig. 21. Area 26: muri in cementizio lungo la scarpata della falesia.

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segnata dalle colate laviche (Figg. 13, 15, 27). Inquesto luogo, molto panoramico, la vista può spa-ziare liberamente sino ad abbracciare sia il versan-te settentrionale sia quello meridionale. A quantopare questo blocco costituisce il limite nord oltreil quale le ricognizioni non hanno evidenziato re-sti di costruzioni. All’incirca nella stessa area(«quasi al centro dell’isola») vanno forse posizionatii resti, non meglio identificati, che l’Houel attri-buisce poco verosimilmente ad «una tomba fattacon pietra e calcina».1

Nel complesso, considerando la distribuzionespaziale dei nuclei ove sono presenti i fabbricati,possiamo figurarci l’impianto della villa (senza po-dio) secondo uno schema piuttosto allungato cosìda abbracciare, lungo l’asse est-ovest, quasi tuttala porzione centro-meridionale dell’isola (Fig.28). Per raccordare i vari corpi e nel tentativo dinon generare “vuoti architettonici” si fece proba-bilmente uso di ampie aree aperte, per lo più giar-dinate, disposte su ripiani progressivamente di-gradanti.

Ancora da comprendersi è l’organizzazione delsistema idrico di Basiluzzo. Come è noto l’isolanon dispone di sorgenti e quello dell’approvvigio-namento dell’acqua è una componente di granpeso per l’ampio uso che se ne faceva in una dimo-ra destinata all’otium. Con una modesta cubaturadi poco più di 250 m3, la cisterna ipogea a navataunica posta presso Punta di Levante (n. 27) è insuf-ficiente al fabbisogno idrico della villa; il suo im-piego va pertanto limitato al solo blocco orientale(Figg. 16, 29). Rimangono sprovvisti di serbatoi leutenze relative agli altri nuclei edificati. Come

sembra suggerire l’evidenza n. 27 è probabile chesull’isola le cisterne fossero soprattutto sotterra-nee sia per mancanza di spazi sia per la facilità concui si potevano ottenere dall’escavazione del ban-co tufaceo. Non rimane dunque altra via che am-mettere la presenza di altre cisterne, probabil-mente franate o interrate. A tal proposito si

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1 Houel 1782 (1988, p. 52).

Fig. 22. Area 19: resti di ambienti.

Fig. 23. Area 5 (b): mosaico pavimentale di ambiente in reticolato.

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consideri la testimonianza dell’arciduca d’Austriail quale nel corso della sua esplorazione a Basiluz-zo osservò, oltre a quella di Punta di Levante, altredue cisterne oggi non più localizzabili.1 Non si

hanno tracce, sul lato meridionale, di «una costru-zione a volta, forse una cisterna, della lunghezza di m12, dell’altezza e larghezza di m 4, che presenta nellepareti alcune piccole nicchie».2

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1 «Poco distante dallo Scariu, nel centro dell’isola, un’imbocca-tura circolare conduce giù nella grotta [scil. n. 27], un locale oblun-go, a volta, costruito con calce e pietre irregolari […]. Accanto allerovine di un muro di cinta in pietra, dove veniva conservata la pa-glia, c’è una cisterna ripiena di fango, vicino alla quale esistono pic-

coli cespugli di lentisco e tante Scylle. Presso il sentiero che attraversal’isola e nelle cui vicinanze crescono fichi con frutti bianchi, si trovauna seconda cisterna»: Ludwig Salvator 1895, p. 25.

2 L’ubicazione fornita dal Libertini (“visibile dal lato meri-dionale”) ed il particolare relativo alle “piccole nicchie” sugge-

Fig. 25. Area 1 (quota 165 circa): materiali da costruzione riferibili al crollo di edifici.Sullo sfondo Stromboli.

Fig. 24. Area 1 (quota 164 circa): rilievo dei resti affioranti.

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Nello specchio d’acqua antistante Punta di Le-vante, presso uno scoglio isolato (forse lo “Scuog-ghiu spinusu di Menziuornu”1), vi era secondo unmodello diffuso tra le dimore destinate all’otium,una piccola piscina salsa per l’allevamento ittico(n. 30).

La datazione della villa di Basiluzzo comportanon pochi problemi che evidentemente non è fa-cile risolvere sulla base della sola indagine topo-grafica. Innanzi tutto c’è la questione legata allasospetta presenza dell’opera quasi reticolata. Secosì fosse (ma, lo ripetiamo, non è per nulla asso-dato) dovremmo congetturare due fasi: la primain opus quasi reticulatum, la seconda in opus reticu-latum. Quest’ultima andrebbe datata tra l’iniziodell’età augustea e la prima metà del i sec. d.C. Seeffettivamente ci fu una fase pre-augustea in opusquasi reticulatum potremmo allora spiegarci la pre-senza dalla ceramica a vernice nera (Campana B

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riscono che l’edificio in oggetto (del quale tra l’altro non sicomprende se ipogeo o meno) non possa essere identificatocon la cisterna n. 27. Al Libertini (1921, p. 198) si deve inoltrela notizia secondo cui «altre cisterne, nel passato visibili, oggi sonostate riempite di terra ed otturate».

1 Ludwig Salvator 1895, p. 27.

Fig. 26. Area 1: stucchi con modanature e decorazioni.

Fig. 27. Area 10: nucleus in cocciopesto di pavimento.

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e C tarda): questa, discretamente attestata sul-l’isola, non venne più esportata dopo la metà deli sec. a.C.

Nell’impossibilità di avere ulteriori elementi enell’attesa che si compiano indagini stratigraficheconverrà dunque concentrarci esclusivamente sul-la fase in reticolato per la quale gli anni sotto Au -gusto e Tiberio sono quelli maggiormente indizia-ti. Ai fini della datazione bisogna prima di tuttoconsiderare quale possibile terminus post quem il 36a.C. Come è noto le Eolie costituirono un’area ne-vralgica nel quadro della guerra civile combattutatra Ottaviano e Sesto Pompeo. Nel 38 o 37 a.C. Ot-taviano fece deportare a Napoli gli abitanti di Liparitemendo che potessero sostenere Sesto Pompeo.1

Quest’ultimo controllava le coste della Sicilia efortificò le Eolie2 affinché non divenissero basi opunti d’appoggio navali per i nemici. Il valore stra-tegico delle isole spinse Ottaviano ad occuparecon l’intera flotta Strongyle; da questa base mossepoco dopo Agrippa alla conquista di Hierà. La sta-tio di Vulcano rimase la base della flotta fino allabattaglia di Mylae e alla conquista di Tyndaris.3Considerando i fatti appena esposti pare del tuttoremota la possibilità che la piccola e isolata Basi-

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1 Dio Cass., xlviii, 48, 6.

2 Sulle fortificazioni pompeiane di Lipari cfr. Cavalier1972; Bernabò Brea, Cavalier 1991a, pp. 141-142; MeligunìsLipára vii, p. 154; Meligunìs Lipára xii, pp. 40-42.

3 App., Bell. Civ., v, 97; v, 105-122; Dio Cass., xlix, 1, 6. Perun dettagliato esame delle vicende belliche legate all’offensivanel quadrante marino facente capo alle Eolie e alla costa nord-orientale della Sicilia cfr. Roddaz 1984, p. 117 sgg.

Fig. 29. Cisterna (n. 27): lato nord.

Fig. 28. Posizionamento e volumetria puramente indicativi dei blocchi edificati visti da sud.

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luzzo fosse un luogo sicuro ove realizzare una re-sidenza per l’otium prima della fine della guerra. LaSicilia ed in particolar modo l’arcipelago delle Eo-lie, con l’area del fretum erano difatti infestate daipirati almeno sin dalla pretura di Verre1 e non dirado furono utilizzate come punti in cui inter -cettare carichi mercantili e come basi da cui farpartire saccheggi e scorrerie anche a lungo rag-gio.2 Del resto sia le testimonianze archeologichesia quelle letterarie mostrano che la pacificazionedei mari oltre a consentire la libera circolazionedelle merci3 fu conditio vincolante per la diffusio-ne, soprattutto in età augustea, delle ville insularinel Tirreno, in special modo di quelle poste su iso-le ad una distanza significativa dalla costa.4

In assenza di testimonianze letterarie e di datiarcheologici particolarmente illuminanti, per ladatazione del complesso non resta che vagliareprima d’ogni cosa le indicazioni che possono esse-re addotte dalla tecnica costruttiva impiegata.5 Sa-rà bene precisare che l’opera reticolata fornisceelementi piuttosto generici considerando che ilsuo utilizzo nell’Italia centro-meridionale tirreni-ca si fece esteso a partire dalla metà del I sec. a.C.sino all’età giulio-claudia (pur rimanendo in usoanche per tutto il i sec. d.C.).6 In Sicilia, dovel’opera reticolata non è molto diffusa7 e non rag-giunge (come quella di Basiluzzo) livelli tecnicielevati, gli esempi più noti si attestano non primadell’età augustea8 e comunque «non […] oltre laprimissima età imperiale».9 La cronologia relativaalla costruzione della struttura in opus reticulatuma Lingua di Salina – a suo tempo vista da J. Houel10e ancora presente sul fondo del laghetto11 – atten-de ancora di essere precisata nel dettaglio;12 pareinoltre significativo che dall’isola provengano dueiscrizioni, purtroppo disperse, dedicate l’una adAugusto, l’altra a Tiberio.13 Si consideri pure che

l’uso dell’opera reticolata a parete piena per la co-struzione di villae maritimae nelle isole tirreniche èmassicciamente attestato nel periodo che caratte-rizza i principati di Augusto e Tiberio a Ponza,Ventotene, S. Stefano, Zannone, Pianosa, Capried Elba.

Sulla base delle ricerche di superficie, e con ladovuta prudenza, si può affermare che il lassotemporale proposto è compatibile con il quadrocronologico offerto dal materiale ceramico pre-sente sull’isolotto.14

Non abbiamo alcun elemento per poter identi-ficare il personaggio a cui appartenne la villa in re-ticolato di Basiluzzo. Tra gli scenari possibili, con-siderando il lasso cronologico entro il qualeriteniamo di doverci muovere, i maggiori indiziati– per quanto destinati a rimanere anonimi – appar-tennero forse al rango imperiale. Non sarà vano ri-cordare che le risorse finanziarie necessarie per larealizzazione di un complesso edilizio così artico-lato, per di più in un luogo vincolato da oggettivedifficoltà ambientali, furono elevatissime. Sappia-mo per certo, sulla base dell’iscrizione cil x2, 7489,che nell’arcipelago già sotto Tiberio esistevano al-cune proprietà imperiali. Non conosciamo la natu-ra di tali praedia ma è ragionevole pensare, come èstato già supposto,16 che esse almeno in parte pos-sano riguardare la gestione di proprietà legate allecospicue risorse estrattive dell’arcipelago, quale lapomice, l’allume, lo zolfo17 (e, aggiungo, proba-bilmente anche il sale18). L’iscrizione in oggetto riguarda una dedica posta nel municipio di Lipari,ex d(ecurionum) d(ecreto), in onore di CorneliusMa(n)suetus procurat(or) Ti(berii) Caesar(is) Au -g(usti) et Iuliae August(ae).19 Le sostanze gestite dalprocurator dovrebbero far riferimento, secondo lo-

carta archeologica dell’isola di basiluzzo 185

01 Cic., Verr., iii, 37, 84-85.02 Sul fenomeno della pirateria, relativamente al quadro

cronologico che stiamo considerando, cfr. de Souza 1999, pp.185-195. 3 Cfr. ad es. Suet., Aug., xcviii.

04 Lafon 2001, pp. 139-140, 234 sgg.05 Dai minuti lembi di tappeti musivi presenti sull’isola

non è possibile ricavare indicazioni cronologiche sufficiente-mente precise. 6 Lugli 1957, II, p. 505 sgg.

07 Torelli 1980, p. 154.08 Wilson 1990, pp. 47, 51, 82-83.09 Belvedere 1988, pp. 383-384. (cit. a p. 384).10 Houel 1782, p. 126.11 Meligunìs Lipára viii, 1, p. 128.12 Preliminarmente questi avanzi sono stati ipoteticamen-

te messi in rapporto con i resti di un fabbricato di “età augu-stea e giulio-claudia” intercettati nel 1989 a monte del laghetto(proprietà Basile) che «[…] dovrà essere messo in luce con uno sca-vo sistematico»: Meligunìs Lipára viii, 1, p. 128. Potrebbe trattarsidi una villa con annesse attività produttive, legate alla salina e,verosimilmente, anche alla lavorazione del pescato (sullestrutture del laghetto di Lingua quali resti di fish-keeping instal-lation cfr. Castagnino 2003, pp. 100-101).

13 Meligunìs Lipára xii, pp. 457-458 nn. 752, 753 con biblio-grafia precedente.

14 Per ragioni legate alla tempistica dei soggiorni sull’isolet-ta l’inquadramento tipologico delle ceramiche appartenenti alle varie aree di frammenti fittili è stato inevitabilmente con-dotto in maniera non approfondita. Ai fini di una piena defi -nizione della diacronia relativa alla frequentazione dell’isolettaè pertanto auspicabile una raccolta dei materiali più significati-vi affinché siano opportunamente documentati e classificati.

16 Manganaro 1988, p. 25; Giustolisi 1995, p. 46; Man-ganaro 1999, p. 428.

17 Sull’allume cfr. Diod., v, 10, 2; Strabo, vi, 2, 10; Plin.,n. h., xxxv, 183-185; Diosc., v, 106; per lo zolfo Plin., n.h.,xxxv, 175 e xxxvii, 172; Diosc., v, 107; Theophr., Lap., ii, 15-15; per la pomice Plin., n.h., xxxvi, 154. Sull’allume e lo zolfodelle Lipari cfr. Giustolisi 1995, p. 44 sgg. Sulle risorse natu-rali in genere, comprese quelle minerarie, cfr. Cordano 2004,p. 103. Non è vano ricordare che sotto Tiberio «plurimis etiamciuiatibus et priuatis ueteres immunitates et ius metallorum ac uec-tigalium adempta»: Suet., Tib., xlix. Sulle miniere di zolfo sici-liane cfr. Salmeri 1992.

18 A Salina, nell’area del laghetto di Lingua, l’impianto re-lativo alla salina formato da vasche divise da muretti è attivosin da età augustea: Meligunìs Lipára viii, 1, pp. 22, 125-131.

19 Sull’iscrizione cfr. Meligunìs Lipára xii, p. 458 n. 756 (incui si dà la lezione Masu<e>to già del Mommsen. Su quellaqui preferita, Ma(n)sueto, cfr. Hirschfeld 1950, p. 28 nota 1;Libertini 1921, p. 228 nota 2; Pflaum 1950, vol. 1, p. 14 nota 1;Manganaro 1999, p. 428).

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gica, a proprietà imperiali lasciate ai due in ereditàda Augusto il quale li nominò eredi principali.1Proprietà imperiali vanno dunque ammesse nel-l’arcipelago già sotto Augusto ed è pertanto pos -sibile che esse siano maturate dopo Nauloco: sappiamo, infatti, che Ottaviano in seguito allasconfitta di Sesto Pompeo ebbe i beni di questo e ilpossesso materiale della Sicilia (comprese le isolevicine). Le immense proprietà appartenenti a Se-sto Pompeo e ai suoi amici, furono o incameratetra i beni del patrimonium principis oppure divenne-ro proprietà degli stretti collaboratori di Augusto.2Dobbiamo supporre che nell’arcipelago ci furonodelle confische di beni, forse proprio a danno diquei Liparenses con onomastica latina diffusamen-te attestati nei do cumenti epigrafici anteriori al 36a.C.;3 parte di questi erano verosimilmente clientesdi Pompeo4 ed in quanto filopompeiani subironola deportatio a Neapolis nel 38 o 37 a.C. sino alla con-clusione del conflitto.5

In ogni modo, mettendo da parte le ipotesi, vadetto che la fase in cui fu realizzata la villa in reti-colato a Basiluzzo corrisponde di certo ad un mo-mento particolarmente florido per l’arcipelago. Ilcentro di Lipara6 è ricordato in un problematicopasso di Plinio (n. h., iii, 93) quale civium Romano-rum oppidum,7 forse in ragione della presenza di ci-ves Romani dediti ad attività commerciali,8 plausi-bilmente connesse alle conductiones del portoriumivi esistente.9 A conferma dell’eccellente livelloraggiunto dall’economia eoliana nella prima etàimperiale vi è la produzione delle anfore liparoteRichborough 527, destinate a contenere allume10 eampiamente circolanti tra la fine del i sec. a.C. e ilii sec. d.C. Futuri sviluppi delle indagini permet-

teranno forse di valutare il possibile rapporto sim-biotico tra le vicende legate alla villa (o alle villedell’arcipelago11) e quelle del municipio di Lipara.Al momento ci limitiamo ad osservare che l’assen-za di fasi ulteriori a quella reticolata indurrebbe acredere che la villa di Basiluzzo non ebbe lunga vi-ta quale dimora per la villeggiatura; è inoltre cu-rioso notare come le dediche pubbliche latine sco-perte a Lipari (ed in un caso anche a Salina12),relative all’erezione di altari da parte del munici-pium, si arrestino all’età di Tiberio.13

La documentazione scaturita dalle ricognizionirelativamente alle fasi basso-imperiale e protobi-zantina – periodo in cui andava affermandosi il toponimo Basilidin-B·ÛÈÏÔ‡‰ÈÓ – è praticamenteinesistente se si eccettua lo sporadico rinvenimen-to dall’area n. 28 di un frammento di vaso a listelloprodotto in sigillata africana D2, databile tra lametà del iv ed il 530 d.C. circa.14 Per questa fase èsemmai degno di nota il rinvenimento, nella vici-na Pagnarea (An. Rav., 5, 23),15 di una mensa d’alta-re di marmo con decorazioni a rilievo di v-vi sec.d.C.16 Infine si ricorda che in un punto non meglionoto delle acque intorno a Basiluzzo è stato se-gnalato, a grande profondità, un relitto con un ca-rico di anfore probabilmente tarde.17

Carta archeologica

1. Strutture murarie e materialeda costruzione

Nel punto più alto dell’isola denominato Filu a Fra-sca, pochi metri a nord-ovest del punto trigonome-trico e al di sopra di uno stretto pianoro che dà sulloscoglio di Spinazzola, è visibile, tra le quote 164 e165, un’area di circa m 15 × 35 interessata da cospicuiresti di edifici e crolli. Il luogo è verosimilmente daidentificare con il cosiddetto “Piano della Chiesa”dove il Libertini osservò «[…] scarse vestigia […] diun lungo edificio orientato in direzione nord-sud, conun’abside nella parte posteriore».18 Tale descrizionepare confacente per le strutture che occupano, aquota 164 circa, il settore più settentrionale del-l’area in oggetto, tra le quali ve ne sono alcune ri-conducibili ai vani absidati di una domus realizzatacon murature in opera reticolata (Fig. 24).

186 salvatore medaglia

11 Suet., Aug., ci; Tac., Ann., i, 8, 1.12 Sulle proprietà di Augusto in Sicilia acquisite dopo la

sconfitta di Sesto Pompeo, cfr. Sirago 1978, pp. 18, 35. Tra gliamici di Augusto vi erano ad esempio personaggi comeAgrippa, il quale, artefice materiale della vittoria, acquisì in Si-cilia enormi latifondi: cfr. Hor., Ep., i, 12, 1; Ov., Pont., iv, 15,15 ed in generale Sirago 1978, p. 46; Roddaz 1984, pp. 135-136.Proprietà imperiali debbono essere ammesse nel caso della re-legatio a Lipari di Plautilla e Plauzio, rispettivamente moglie ecognato di Caracalla, nel 205 d.C.: Dio Cass., lxxvii, 6, 3;Herodian., iii, 13, 3 (altro esiliato, ma ormai degli inizi del Vsec., fu Attalo per ordine di Onorio: Philostorgi, xii, 5).

13 Bernabò Brea, Cavalier 1991a, p. 100; Meligunìs Lipáravii, pp. 153-154; Meligunìs Lipára xii, pp. 21, 38, 41-42. Obiezioni sulterminus ante quem sono espresse in Manganaro 1999, p. 428.

14 Giustamente G. Manganaro (1999, pp. 427-428) pensache un partito filopompeiano doveva esservi a Lipari «[…] for-se fin da quando Pompeo Magno, anche grazie al consenso raccoltoin Sicilia per la sua dikaiodosia, vi acquistò larga clientela».

15 Diod., xlviii, 48, 8; Stone 1983, pp. 14-15.16 Su Lipari romana, oltre ai vari contributi apparsi su Me-

ligunìs Lipára, cfr. Wilson 1988, pp. 170-174.17 Vera 1996.18 Manganaro 1988, pp. 18-19; sulla Lipari di Plin., n.h.,

iii, 93 vedi Wilson 1990, pp. 40-41. Sugli oppida siciliani men-zionati da Plinio cfr. Vera 1996.

19 Manganaro 1988, pp. 19, 40; Manganaro 1999, p. 433.10 Borgard 1994.

11 Per un elenco delle evidenze romane dell’arcipelago cfr.Bejor 1986, pp. 515-517.

12 Orsi 1929, pp. 98-99; Manganaro 1988, p. 65; MeligunìsLipára xii, pp. 457-458 nn. 752-753.

13 Manganaro 1989, pp. 191-192 nn. 81-84; Meligunìs Lipáraxii, p. 456 sgg. nn. 748-758.

14 Cfr. Hayes 1972, tipo 91 A-B; Atlante i, xlviii, 11-14 /xlix, 5. 15 Su Panarea cfr. Cavalier 1994.

16 Bernabò Brea 1988, pp. 122-123, fig. 65; Museo Eoliano1996, p. 58.

17 Si tratterebbe di «anfore piriformi con manici piccoli rotondie collo corto. Le anse stesse sarebbero attaccate direttamente al colload ambedue le loro estremità»: Bernabò Brea 1985, p. 77; cfr. an-che Bound 1992, p. 81. 18 Libertini 1921, p. 197.

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Del primo ambiente (a), quello più settentrio-nale, è visibile una minuta porzione del pavimen-to in cocciopesto e la soglia in pietra dell’ingressoposto ad est; adiacente a questo, sul lato sud, vi èun secondo ambiente (b) con doppia apertura adest ed a sud. La parete di fondo di questo piccolovano è concava in quanto condivisa con un am-biente absidato (c) che si sviluppa immediatamen-te ad ovest. L’ingresso sud dell’ambiente (b) im-mette in un’ampia sala (d) della quale non siindividua il limite occidentale; il pavimento è amosaico con tesserae bianche incorniciate da unafascia nera. A sud della sala vi è un altro ambiente(e) dalla pianta semilunata sul cui vertice si impo-sta un disimpegno quadrangolare (f ). Tra i crolli sinotano numerosi frammenti d’intonaci pertinentiall’incannucciata del tetto, vari brandelli di stucchibianchi (Fig. 26), intonaci colorati, elementi fittilidi colonne in muratura, crustae marmoree. Imme-diatamente ad ovest e sud-ovest degli ambienti viè un lungo e stretto pianoro (quota 165) che si svi-luppa in direzione nord-sud e sul quale è dissemi-nato un cospicuo quantitativo di cubilia, tegole eframmenti di cocciopesto (Fig. 25); inoltre sul li-mite meridionale del terrazzo affiorano altre mu-rature in opera reticolata.

Un ulteriore accumulo di materiali da costru-zione si può osservare per parecchi metri lungo lascarpata orientale del terrazzo che ospita le evi-denze appena descritte.

2. Muro

Presso l’estremità sud-occidentale dell’isola, a pochi metri dal ciglio (quota 150), affiora appenadal piano di campagna il tratto di un muro in ce-mentizio con paramento in opera reticolata (Fig.18). L’orientamento è sud-ovest /nord-est. Parzial-mente obliterato da un cumulo di pietrame scivo-lato dal declivio soprastante, si conserva per m5,50 e se ne apprezza solo il lato orientale. Imme-diatamente a monte del muro il suolo diventa ri-pido ed è caratterizzato da affioramenti del bancoroccioso; intorno non si notano altre costruzionied il terreno è del tutto privo di materiali. Si puòipotizzare che la costruzione abbia avuto lo scopodi regolarizzare il pendio e di facilitare l’accesso alcomplesso soprastante (n. 1).

3. Area di frammenti fittili

Sul bordo di un ampio terrazzo con forte penden-za est-ovest che si pone sul fianco sud-occidentaledell’isola e dal quale se ne domina una buona par-te si riscontra una modesta area di frammenti fit-tili, di m 13 × 4 circa, caratterizzata da una bassaconcentrazione di ceramica acroma d’uso comu-ne. La superficie terrazzata presenta cospicui af-fioramenti del banco sottostante e tracce di ero-sione per dilavamento.

4. Strutture murarie e materialeda costruzione

Poco a monte dell’ampia gola che caratterizza laporzione ovest del versante meridionale dell’isolasi notano, a quota 115, due spezzoni di muraturain opera reticolata di cui restano solo porzioni deirispettivi paramenti (m 1,10 × 0,60; m 1,80 × 0,55).Attorno v’è un’ampia concentrazione di materialida costruzione (soprattutto cubilia).

Le evidenze in questione sono pertinenti aduna costruzione collassata della quale non è pos-sibile intuire tipologia e funzione (Fig. 30).

5. Strutture murarie e materialeda costruzione

Un tratto di circa 120 m del versante sud dell’isolaè interessato in maniera discontinua dalla presen-za di cospicui resti di murature e materiali da co-struzione relativi ad edifici in opera reticolata po-sizionati a ridosso del dirupo della falesia (Fig. 11).

Procedendo da est verso ovest si nota a quota109 un cumulo composto in prevalenza da cubiliae pietrame prodotto dal disfacimento di muratu-re (a). Buona parte del materiale è franato dal ci-glio della falesia e giace per alcuni metri lungo laripida scarpata sottostante. Una decina di metripiù ad ovest, e sempre sul limitare della scarpata,si osservano, pressappoco a quota 115, alcuni muriin opera reticolata (b) conservati in alzato perun’altezza massima di cm 40-50: da quel poco cheè possibile dedurre dalla pianta dei resti ancora inpiedi, si notano due ambienti – probabilmentecomunicanti – delimitati da muri orientati nord-sud e di cui, a causa dei crolli che obliterano il settore settentrionale e dei cedimenti subiti incorrispondenza del bordo della falesia, non s’indi-viduano i limiti occidentali ed orientali.

L’ambiente orientale è rivestito d’intonaco gial-lino e conserva un lembo di mosaico a tessere nere incorniciato da una fascia bianca (Fig. 23);quello occidentale è intonacato di rosso ed ha an-ch’esso un piano pavimentale a mosaico realizza-to però con tessere bianche. Proseguendo lungo ilciglio della falesia di alcuni metri in direzioneovest si notano, in un’area di circa m 15 × 4,50 postaa quota 117 circa, ulteriori tracce di murature,sempre in opus reticulatum, relative ad ambienti in-tonacati di cui restano tratti della preparazione pa-vimentale (nucleus) in cocciopesto (c). La presenzadi alcune tesserae bianche rinvenute all’intorno la-scia pensare che anche questi pavimenti fosseromosaicati (Fig. 31).

Immediatamente a monte delle murature si os-serva tra la vegetazione un’ampia distesa di mate-riali da costruzione composta prevalentemente dacubilia e frammenti di tegole. Un ulteriore ammas-so di materiale inerte (d) prodotto dal disfacimento

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delle strutture giace lungo il fianco scosceso dellafalesia nell’area compresa tra le evidenze “b” e “c”.

Pochi metri in direzione nord-ovest dal punto“c” ed in posizione più interna rispetto alla scarpa-ta della falesia, tra la folta vegetazione posta a ri-dosso dell’unico sentiero che percorre questo ver-sante dell’isola, si individuano ulteriori tracce dimurature in reticolato mal conservate, il lembo diun mosaico bianco e nero (m 0,60 × 0,45) e traccedella preparazione di un altro mosaico probabil-mente a tessere bianche (m 1,20 × 0,90) (e).

Completano l’area in oggetto ulteriori resti distrutture in opera reticolata rivestite d’intonacirossi (f ) e un’ampia area cosparsa di materiali dacostruzione franati nella gola sottostante (g).

6. Materiale da costruzione

Lungo il bordo di un terrazzo naturale, sul limiteorientale di una spaziosa zona pianeggiante, s’in-dividua tra le quote 117 e 120 una vasta area oblun-ga composta di materiale da costruzione. L’ampiocumulo misura all’incirca m 88 × 12 ed è formatoprevalentemente da cubilia e caementa tufacei; nonmancano però tegole e qualche raro frammentodi ceramica acroma d’uso comune.

A causa dello scivolamento verso il basso delmateriale inerte, l’ammasso assume un profiloscarpato pur conservando un’altezza mediamen-te non inferiore a m 3.

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Fig. 30. Area 4: crollo di muratura in reticolato.

Fig. 31. Area 5 (c): rilievo delle strutture affioranti.

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Data l’ingente mole del materiale lapideo si puòsupporre che solo una parte di esso sia stato am-monticchiato in seguito allo spietramento del ter-razzo soprastante: è pertanto molto probabile cheil cumulo nasconda e /o sia il prodotto del disfaci-mento di un grande muro di sostruzione atto acontenere a valle la superficie declive.

7. Area di frammenti fittili

A quota 122, circa 5 m a monte dell’evidenza n. 8e sul limite orientale dell’ampio terrazzo, si notaun’area di frammenti fittili di forma allungata (m12 × 6), a concentrazione bassa, composta di cera-mica acroma da cucina, grezza da fuoco, Campa-na C, anforacei (tra cui alcuni frammenti di Dres-sel 2 /4) e tegole dalla pasta arancio-rosata.

8. Muro

Sul bordo orientale del terrazzo su cui è postal’evidenza n. 6 e pochi metri a nord di questa siconserva il tratto di un lungo muro in cementizioche reimpiega abbondante materiale antico (cubi-lia, tegole, ceramica, frammenti d’intonaco, coc-ciopesto) e pietrame di varia pezzatura legati conmalta biancastra. Il muro si segue per circa m 35, èlargo in media cm 50 e in alcuni punti si conservain alzato per circa m 1.

Il profilo gradinato della costruzione lascerebbepensare ad un’opera di sostruzione e contenimen-to del terreno declive realizzata in epoca non pre-cisabile, ma comunque successiva a quella dellamonumentalizzazione dell’isola. Trattasi in ognimodo dell’unico muro tra quelli censiti che impie-ga una simile tecnica (Fig. 32). Nei pressi è stata in-dividuato un frammento, molto logoro, di antefis-sa fittile con palmetta poggiante su un fregio adovuli databile al i sec. d.C.

9. Materiale da costruzione

Cumulo formato da cubilia e caementa di varia pez-zatura con frammischiati pochi frammenti di te-gole a pasta arancio-rosata. Il mucchio copre unasuperficie di m 4,30 × 5,70 (Fig. 33).

10. Strutture murarie e materialeda costruzione

Quasi al centro dell’isola, su uno sperone terraz-ziforme vagamente triangolare che s’imposta sul-la linea di dorsale est-ovest, all’incirca tra le quote103 e 108, s’individua tra la folta vegetazione unavasta area (m 30 × 25 circa) caratterizzata dai restiriferibili ad antichi edifici.

In particolare, lungo i versanti nord ed est, si no-ta in sezione un ampio crollo (conservato perun’altezza massima di cm 60), composto di pietra-me a pezzatura irregolare, cubilia, tegolame, coc-ciopesto ed intonaci. Il tratto settentrionale è visi-bile per m 11,80 (Fig. 13), mentre quello orientaleper soli m 3. Al di sotto del crollo si osservano altrimateriali da costruzione (soprattutto cubilia) sci-volati verso il piede del terrazzo.

A monte, nella porzione meridionale dell’areain oggetto, vi sono un tratto di cocciopesto (m1,23 × 0,45) in situ riferibile alla preparazione di unpiano pavimentale e, intorno a questo, numerosicubilia.

Alla stessa quota, ma a pochi metri di distanzain direzione sud-ovest, s’incontra, anch’esso in po-sto, un secondo tratto di pavimento in cocciope-sto (m 1,20 × 0,95) (Fig. 27).

Nell’area di alcuni metri quadri compresa tra idue pavimenta si rinvengono numerose tesseremusive bianche, frammenti d’intonaco sia acro-

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Fig. 32. Area 8: muro in cementizio.

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mo che colorato (rosso, verde) e frammenti dicocciopesto.

Quasi in cima allo sperone, ad una quota supe-riore di circa m 3,50, appare la porzione di un altropavimento di m 1,25 × 0,90 che reca segni di scal-pellatura a martellina realizzati per rendere mag-giormente aderente il nucleus in cocciopesto di unsecondo piano pavimentale che gli si sovrappone(Fig. 15).

11. Area di frammenti fittilie industria litica

Sulla superficie piana di due terrazzi contigui ubi-cati nel settore centro-meridionale dell’isola, tra lequote 106 e 108 circa, s’individua un’area di fram-menti fittili a densità alta, di m 60 × 20 circa, conceramica in impasto protostorica, ceramica acro-ma depurata, ceramica grezza da fuoco, matto-nacci e tegole. Particolarmente numerosi sono gliesemplari di tegulae per colonne fittili ritoccate a 1/4 di cerchio. Presenti anche numerose scheggeottenute dalla lavorazione dell’ossidiana.

12. Area di frammenti fittili

A pochi metri dal ciglio meridionale dell’isola (quo-ta 100), è presente una piccola area di frammenti fittili dalla forma allungata (m 20 × 6 circa) all’inter-no della quale si osserva una bassa concentra zionedi frammenti di tegole e di ceramica (da fuoco,acroma d’uso domestico e sigillata italica).

13. Evidenza da fotointerpretazione

In un’avioripresa zenitale del 1972 facente partedelle raccolte dell’Aerofototeca di Roma (neg. n.

35597), scattata in condizioni di sole alto e con om-bre corte, è possibile notare lungo il fianco del co-stone centro-meridionale che si affaccia sullo Sco-glio Rosso la presenza di una traccia a forma di “L”.

Di questa non è stato possibile avere riscontrodiretto a causa dell’inaccessibilità del luogo e deicrolli e dei cedimenti che negli ultimi anni hannomodificato il profilo della falesia.

Trattandosi di un punto posizionato lungo laparete ad una quota prossima alla linea di riva at-tuale è presumibile che si tratti o d’interventi fina-lizzati alla messa in sicurezza del piede del costonemediante la creazione di opere di contenimento inmuratura oppure, cosa egualmente probabile, ditagli di cava.

14. Area di frammenti fittili

Sul versante centro-meridionale dell’isola ci si im-batte a quota 87 circa in un’area di m 28 × 5 inte-ressata dalla presenza di ceramica in impasto pro-tostorica molto fluitata e di ceramica acroma e dafuoco attribuibile ad età romana. Il materiale, aconcentrazione piuttosto bassa, è sparso su unpiano terrazzato un tempo utilizzato per scopiagricoli.

15. Cavità ipogea

Sul bordo orientale di un terrazzo con poca coper-tura vegetale che si pone quasi al centro dell’isola(quota 85 circa), s’individua nel banco roccioso se-mi-affiorante un’apertura artificiale di cm90 × 70 × 40 quasi completamente colmata da ac-cumuli di terra. Potrebbe trattarsi dell’apertura diun pozzo-cisterna oppure di un silo.

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Fig. 33. Area 9: cumulo di materiale da costruzione.

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16. Area di frammenti fittilie industria litica

Lungo la dorsale che percorre in senso est-ovestl’isola, a quota 80 circa, su una terrazza dal pianofortemente eroso si nota un’area di frammenti fit-tili dalla forma allungata (m 22 × 4), a concentra-zione bassa, composta prevalentemente da fram-menti di coppi di età moderna e in misura minoreda frammenti di pareti di ceramica protostorica inimpasto. Sul terreno si notano anche schegge pro-dotte dalla lavorazione di ossidiana.

17. Area di frammenti fittili

Su un piano terrazzato privo di vegetazione postolungo il versante centro-meridionale dell’isola sirinviene, a quota 75, una fitta area di frammentifittili di m 18 × 3,50 con tegole, ceramica in im -pasto protostorica e ceramica d’età romana (a -croma d’uso comune, grezza da fuoco, sigillataitalica).

Frammischiati al materiale antico vi sono fram-menti di coppi e di ceramica (smaltata ed invetria-ta) riferibili ad una struttura precaria d’età moder-na utilizzata dai contadini.

18. Area di frammenti fittili

Alcune decine di metri a sud-ovest dell’evidenzan. 17 (quota 74 circa) si individua, in un’area privadi vegetazione posta su un terrazzino realizzatoper scopi agricoli, una concentrazione di materia-le fittile (m 21 × 3, 50 circa) composto di tegole e ce-ramica. Si notano frammenti di acroma d’uso co-mune, frammenti di grezza da fuoco (soprattuttopentole), frammenti di vernice nera (Campana B)e, isolato, un piccolo frammento di parete di vasocon decorazioni a vernice nera e bruna di età elle-nistica (iv sec. a.C.).

19. Strutture murarie e materialeda costruzione

In prossimità di una sporgenza del versante meri-dionale dell’isola, a ridosso del margine della fale-sia che si affaccia sullo Scoglio Rosso, sono visibili(quota 66) consistenti crolli e resti di strutture mu-rarie in cementizio con paramento in opera reti-colata ed orientamento prevalentemente nord-est/sud-ovest. Queste, spesse in media cm 40 e con-servate in alzato per circa cm 15-20, suddividonoambienti intonacati di cui restano tratti di pavi-menti prevalentemente in cocciopesto.

Da quel poco che è possibile cogliere della pla-nimetria del complesso, si notano degli ambientidisposti ai lati di un angusto corridoio largo appe-na m 1. L’ambiente meglio conservato reca traccedi un mosaico pavimentale a tessere bianche. L’in-tera area (m 15 × 5) è soggetta a forte erosione che

è causa di continue frane e cedimenti a danno del-le strutture poste lungo il ciglio (Figg. 22, 34).

20. Pozzo /cisterna (?)

A poche decine di metri dal ciglio meridionale del-l’isola, all’incirca a quota 60, si nota tra la folta ve-getazione un’apertura circolare foderata con pie-trame e materiale fittile di riutilizzo sia antico(tegole) sia moderno, inzeppato nella terra manon legato. La cavità, quasi completamente inter-rata, è profonda m 1 ed ha un diametro di circa m1, 60. Si tratta della bocca di un pozzo o di una ci-sterna. Non è dato sapere se questa riutilizzi unantico ambiente ipogeo destinato a cisterna.

21. Area di frammenti fittili e industriasu ossidiana

Al limite occidentale della vasta piana sulla qualesi erge l’unica casupola dell’isola si osservaun’area di frammenti fittili di circa m 20 × 4 dispo-sta su tre stretti terrazzi contigui (quota 61 circa).È composta di materiali ceramici a concentrazio-ne medio-bassa tra cui acroma d’uso comune,grezza da cucina, vernice nera (Campana B) e daframmenti di tegole. Si rinviene anche qualcheminuto frammento di vetro, poca ceramica in im-pasto protostorica e industria su ossidiana.

22. Area di frammenti fittili

Su una stretta terrazza posta alcuni metri a montedel ciglio della costiera tra la Grotta del Carbonee Tabutello s’individua, a quota 46 circa, un’areadi frammenti fittili a concentrazione media (m15 × 4 circa), composta da tegole, frammenti di pa-reti irriconoscibili di anfore, ceramica acromad’uso comune, ceramica grezza da fuoco, cerami-ca a vernice rossa interna e sigillata italica.

Assieme al materiale antico si rinviene un note-vole quantitativo di coppi moderni dalla pasta ros-siccia pertinenti alla copertura di ripari precari uti-lizzati in passato dai contadini del luogo.

23. Area di frammenti fittili

Sul ciglio del costone sovrastante Punta Tabutellosi rinviene un’area di frammenti fittili di forma al-lungata (m 19 × 3,5) con un’alta concentrazione ditegole, ceramica acroma (grezza e semi-depura-ta), pareti irriconoscibili di contenitori da traspor-to e poca sigillata italica.

Frammischiato al materiale antico v’è un cospi-cuo numero di frammenti di coppi moderni ado-perati dai contadini per la copertura di ricoveriprecari.

24. Area di frammenti fittili

Pochi metri ad est del punto n. 22, proprio lungoil margine del terrazzo che prospetta il dirupo, si

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localizza una stretta e lunga fascia di terreno inte-ressata dalla presenza di materiale ceramico fram-mischiato ad elementi curvi pertinenti alla coper-tura fittile di ricoveri precari moderni. Lungapoco più di 70 m, l’area restituisce frammenti ditegole, anforacei, ceramica acroma d’uso comunee da fuoco, Campana B e C, sigillata italica.

25. Strutture murarie e materialeda costruzione

Sul bordo de l versante sovrastante la cala di Grot-ta del Carbone, proprio al limitare del baratro eper almeno 2 m lungo la scarpata della falesia, sinota per circa 50-60 m una lunga sequela di restiattribuibili ad ambienti il cui allineamento segue ilprofilo curvilineo della costiera sfruttandone lapanoramicità.

I resti, quasi sospesi nel vuoto, sono messi a nu-do lungo il ciglio del terrazzo, ovvero nel puntodove l’azione erosiva e i movimenti franosi rag-giungono maggiore criticità.

Oltre ad un cospicuo quantitativo di materialeda costruzione, frutto del disfacimento e del crol-lo degli edifici, ancora in situ sono alcuni resti dimurature con paramenti in opera reticolata eprincipalmente ampi tratti di pavimenti di cui re-sta la preparazione in cocciopesto (Fig. 9).

26. Strutture murarie e materialeda costruzione

Lungo l’intera bordura del terrazzo di Punta diLevante che si affaccia sul costone di Lauricella esullo Scoglio Sottocasa si possono osservare perla lunghezza di oltre 100 m cospicui avanzi di murature in opera cementizia e, all’intorno diquesti, vari materiali da costruzione prodotti dalloro disfacimento (tra cui si distingue una sogliadi tufo).

I muri, quando ben conservati, hanno tutti pa-

ramento in opera reticolata con catene angolariin blocchetti di tufo e quasi sempre si dispongonoparallelamente alla linea di costa assecondandonel’andamento. Particolare valenza funzionale han-no le strutture presenti lungo il fianco scoscesodel promontorio per parecchi metri al di sottodell’attuale piano di camminamento del terrazzo(in continua evoluzione a causa di crolli e cedi-menti).

Sul versante est si notano almeno tre filari dimuri (quello maggiormente conservato si segueper m 26,80) che presentano un notevole spessoree che si dispongono a quote diverse ed in paralle-lo: si tratta chiaramente di opere di sostruzione econtraffortamento della parete della falesia ondeconsentirne la messa in sicurezza e la regolarizza-zione, forse in funzione di rampe gradinate per ladiscesa a mare (Figg. 20, 21).

Lungo il versante a picco sul mare del lato norddella punta vale la pena di segnalare un tratto dimuro in reticolato (o in quasi reticolato) che, datoil notevole spessore, aveva lo scopo di perimetraree contraffortare gli ambienti attigui verso sud eche, cosa di particolare interesse, dovrebbe indica-re il limite massimo del terrazzo edificato in anti-co (Fig. 14).

L’unica porzione di edificio riconoscibile al disopra di questa parte di terrazzo è costituita daun ambiente in opera reticolata individuato al-l’estremità occidentale dell’area. Se ne conserva-no due lati: quello corto volto a sud con l’ingres-so privo di soglia e un tratto occidentale del murolungo. La restante porzione settentrionale del-l’ambiente è franata a mare. Attorno alle struttu-re si rinvengono, non in posto, vari materiali dacostruzione.

Altri ambienti dovevano contornare, allineati, ilciglio del terrazzo: lo conferma una grossa por-zione di pavimento in cocciopesto, ancora in situ,posizionata poco ad est del vano descritto.

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Fig. 34. Area 19: rilievo delle strutture affioranti.

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27. Cisterna

Pochi metri a nord della casupola, nascosta da unampio cespuglio, vi è un’apertura nel terreno at-traverso la quale si accede ad una cisterna sotter-ranea che, eccezion fatta per i detriti accumulatisiin corrispondenza dell’apertura, si presenta inbuono stato di conservazione.

Ha pianta rettangolare ad una sola navata ed èrealizzata in opera cementizia con caementa dipezzatura medio-grande. I lati lunghi misurano m14,60 e m 14,35, quelli brevi m 4,62 e m 4,60; il pianopavimentale risulta pendente verso nord e nelpunto di massima elevazione la struttura raggiun-ge l’altezza massima di m 3,80. La parete di fondodel lato corto meridionale ospita per circa m 1,30dal pavimento una sorta di bancone la cui spallaha un’ampiezza di circa cm 38 (Fig. 16).

I paramenti interni delle murature sono in ope-ra reticolata; interventi di restauro antico contamponature in opera incerta si osservano tutta-via sui lati corti di fondo limitatamente alle lunet-te delle volte; lo stesso bancone aggettante po-trebbe essere il frutto di un intervento dimiglioria. Alle estremità di sud-ovest e di nord-estdei lati lunghi, poco al di sopra del piano d’impo-sta della volta, sono visibili nelle murature due fo-ri che ospitano altrettanti tubuli in terracotta, pro-babilmente funzionali all’alimentazione dellacisterna (Fig. 29).

28. Area di frammenti fittilie industria su ossidiana

Presso l’estremità orientale dell’isola, grosso modotra la Grotta del Carbone e la Punta di Levante,ove si estende all’intorno della casupola un ampiotavolato con una pendenza poco accentuata danord-ovest a sud-est, giace una vasta area di fram-menti fittili.

Il materiale antico si trova frammischiato aquello edilizio moderno (soprattutto elementi dicopertura dalla pasta rossiccia). Si rinviene abbon-dante ceramica protostorica in impasto e una no-tevole quantità di industria su ossidiana: nuclei(prismatici e piramidali), lame, punte, grattatoi,becchi, troncature e così via (Fig. 7).

La concentrazione massima si registra sullaPunta di Levante e lungo l’intero ciglio del terraz-zo. È presente anche un frammento di olla con fa-sce di vernice bruna che si data tra v e iv sec. a.C.

Abbondante è poi il materiale di età tardorepub-blicana e primoimperiale: Campana B, sigillata ita-lica, acroma depurata, acroma d’uso comune,grezza da fuoco e anforacei (purtroppo irricono-scibili). Presenti anche frammenti di tegole e late-rizi. È stato inoltre rinvenuto un frammento di va-so a listello prodotto in sigillata africana D2.

Parte del materiale romano si addensa in pros-simità delle strutture che contornano la cala diGrotta del Carbone e, più a sud, la bordura e lescoscese pareti di Punta di Levante.

La rilevante quantità di materiale antico presen-te nell’area va evidentemente messa in relazionecon gli approdi sottostanti e l’accesso principaleall’isola.

29. Scalinata

Sul banco roccioso che ospita il tratto inizialedell’unico sentiero che dalla caletta porta in cimaall’isola si possono ancora osservare, in posto, al-cune tracce di cocciopesto pertinenti ad una scali-nata di età romana. Questa, molto consunta ed invia di progressivo disfacimento (anche perché tut-tora utilizzata), era in parte ricavata da tagli prati-cati sul banco e doveva costituire uno degli accessisecondari della villa.

È molto probabile che a questa rampa gradina-ta faccia riferimento T. Flint nelle note su Basiluz-zo relative al viaggio del 1824: «A very ancient flightof steps, hewn out the rock by the Romans, to facilitatethe approach, may still be seen, together with manyother traces, that serve to identify its antiquity».1

30. Peschiera

Nello specchio di mare a sud-ovest di Punta di Le-vante, a pochi metri dalla falesia, si possono osser-vare ad una profondità compresa tra m -3,20 e m-5,50 i resti sommersi in opera cementizia di unimpianto per la stabulazione del pescato funzio-nale alla soprastante villa2 (Figg. 5, 35).

Nel corso dei secoli a causa della subsidenzal’area ha subito una graduale sommersione calco-labile nell’ordine di -3,75 m.3

La peschiera è del tipo a cielo aperto e fu co-struita a ridosso di uno scoglio isolato e semi-affio-rante che disponeva di un’incavatura naturaleprotetta su quasi tre lati. Il bacino ittico ha una for-ma vagamente trapezoidale e sui lati est e sud-estè chiuso da un muro a forma di L in opera cemen-tizia privo di paramento in quanto ottenuto me-diante una gettata in una o più cassaforme lignee,probabilmente inondate, di cui restano le impron-te di catenae nel settore sud-est.

Largo in media m 2,50 e con un elevato chenell’angolo sud-est raggiunge m 2,50, il muro ri-sulta composto di caementa tufacei di varia pezza-tura legati da una malta tenacissima. La mole dellemurature nel settore orientale era evidentementenecessaria per garantirne la stabilità, lenendo così

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1 Flint 1827, p. 309.2 Cfr. Kapitän 1961; Bernabò Brea 1985; Bound 1992, pp.

108-109; Castagnino 1994; Castagnino 2003, pp. 100-101;Anzidei et alii 2004, p. 118 sgg.

3 Tallarico et alii 2003.

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la violenza del moto ondoso. Al di sopra degli spes-si muri dobbiamo immaginare un camminamen-to atto a consentire le operazioni ordinarie di ma-nutenzione.

Per la realizzazione della peschiera non fu dun-que necessario intagliare e livellare il banco roc-cioso: lungo i lati sud ed ovest ci si limitò adun’opera di regolarizzazione mediante lievi getta-te di cementizio per colmare gli anfratti e le de-pressioni naturali della roccia.

Il fondale della vasca, in leggero pendio, si trovaad una profondità media di m -5 ed era di tipo sa-xatiles al fine di poter assicurare ai pesci le condi-zioni di vita naturali.

Due ampie aperture nelle murature, attual-mente alquanto dilatate a causa dei crolli, indica-no il punto in cui erano verosimilmente alloggiatele cataractae, forse con un sistema a doppia chiu-

sura. Queste, assieme a due varchi di captazioneposizionati agli angoli sud-est e sud-ovest, garan-tivano un valido ricambio idrico.

La vasca aveva al suo interno alcune sezioni di-stinte: almeno una, non molto grande e dotata diangoli smussati per non permettere alla sporciziadi depositarsi, va posizionata nel settore nord edera forse destinata ad accogliere il novellame occi-dentale.

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Fig. 35. Peschiera (n. 30): rilievo.

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