Le belle italiane

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LIBRI ILLUSTRATI LE BELLE ITALIANE

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Uno dei punti di forza del “made in Italy” – non tanto, forse, dal punto di vista del fatturato ma sicuramente da quello tecnico e di immagine – è il settore motociclistico. E non si può parlare di motociclismo senza ricordare quanto le grandi Case italiane (Moto Guzzi e Gilera su tutte) hanno progettato e prodotto, ponendo vere e proprie pietre miliari nella storia delle due ruote. Basti pensare, senza scendere in particolari troppo tecnici, cosa hanno rappresentato moto come la otto cilindri Moto Guzzi e la quattro della Gilera.

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LIBRI ILLUSTRATI

LE BELLE ITALIANE

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CLAUDIO PORROZZI

LE BELLE ITALIANELe grandi moto

che hanno emozionato il mondo

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In copertina: RSV4 R Factory (Aprilia)

Nel risvolto: Laverda 1000

Fonti iconografiche: Il materiale fotografico proviene, salvo diversa indicazione, dalle cartelle stampa delle Aziende.I servizi in studio di pag. 68 (Ducati Scrambler), pag 74 (Ducati 851), pag 86 (Ducati 916), pag. 148 (Moto Morini 350), pag. 156 (MV Agusta 600), pag. 162 (MVAgusta 750) e pag. 182 (Vespa PX 200) sono stati realizzati da Fabrizio Porrozzi per lo Studio Zac.Il servizio della Laverda 1000 (pag. 120 ) è stato realizzato da Paolo Grana.Il disegno della fabbrica della Moto Morini (pag. 146) è dell’Archivio Rinaldini.L’Autore vuole ringraziare: Enrico Sironi e Dario Paganini del Museo MV Agusta di Cascina Costa, Livio Lodi del Museo Ducati, Fabio Ferrario del Morini Club Roma,Roberto Leardi del Vespa Club, Angelo Alice del Registro Storico Gilera.

Fotocomposizione e copertina: Graphic Art 6 s.r.l – Roma

Stampa: Reggiani S.p.A. – Brezzo di Bedero (VA)

Copyright GREMESE2011 © E.G.E. s.r.l. – Roma

Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta,registrata o trasmessa, in qualsiasi modo o con qualsiasi mezzo, senza il preventivoconsenso formale dell’Editore.

ISBN 978-88-6442-104-9

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INDICE

7 Orgoglio giustificato – Premessa

9 Le belle italiane – Introduzione

17 Aprilia

18 Aprilia Motò 6.5

24 Aprilia SXV 4.5

30 Aprilia RSV4 R Factory

36 Benelli

38 Benelli Tornado 900

44 Benelli Tre 1100K

51 Bimota

52 Bimota Tesi

59 CR&S

60 CR&S VUN

67 Ducati

68 Ducati Scrambler 450

74 Ducati 851

80 Ducati Monster

86 Ducati 916

92 Ducati MH 900

98 Ducati Desmosedici

104 Ducati 1198

111 Gilera

112 Gilera Saturno Bialbero

119 Laverda

120 Laverda 1000

127 Moto Guzzi

128 Moto Guzzi V7 Special

134 Moto Guzzi MGS-01

140 Moto Guzzi V7 Racer

146 Moto Morini

148 Moto Morini 3 1/2 Sport

155 MV Agusta

156 MV Agusta 600

162 MV Agusta 750 America S

168 MV Agusta F4 1000

174 MV Agusta Brutale 990 R

181 Piaggio

182 Vespa PX 200 E

189 Indice dei nomi

190 Nota biografica dell’Autore5

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Per chi, come me, si occupa da quaranta anni di motociclismo è facile essere orgo-

glioso di quello che l’industria italiana ha rappresentato nel mondo delle due ruote a

motore.

Nel corso di questi quattro decenni, infatti, sono state molte le occasioni nelle quali ho

potuto constatare quello che di buono le nostre aziende hanno realizzato.

Ma sarebbe riduttivo limitare questi risultati alle sole Case produttrici o ai soli imprendito-

ri, perché – come in tutte le opere – dietro ad ogni moto che ha rappresentato qualcosa

nella storia del motociclismo (e sono state molte quelle prodotte nel nostro Paese) ci sono

uomini spinti, oltre che dalla capacità, anche dalla passione.

Già, perché il motociclismo è uno di quei campi nei quali l’elemento emotivo, passionale,

è fondamentale. Lo si vede dai prodotti nati senza questa componente, che non riescono a

trasmettere quello che in una moto è imprescindibile: emozione, appunto.

Nel selezionare le moto da inserire in questo libro ho seguito lo stesso concetto della pas-

sione e dell’emozione. Ognuno dei modelli presenti nelle pagine seguenti ha rappresenta-

to qualcosa di emotivo, nel bene e nel male. Per questo è stata inserita anche la Vespa –

qualcuno potrebbe storcere il naso –, un veicolo che va al di là delle categorie e che ha

rappresentato qualcosa nel mondo delle due ruote e non solo.

In nome delle emozioni, questo libro è un omaggio a chi la moto l’ha vissuta sempre con

passione.

CLAUDIO PORROZZI

Orgoglio giustificato

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Nonostante il periodo di grande crisi economica,non ci sono dubbi che il “made in Italy” continui arappresentare un’eccellenza in molti campi come

ad esempio l’abbigliamento o l’arredamento (inteso nelsenso più ampio della parola).Tra i settori nei quali la nostra industria eccelle c’è ilmotociclistico, ambito nel quale alcuni marchi storicicontinuano a proporre modelli che interpretano un ruolosignificativo nel mondo delle due ruote.Non si può parlare di motociclismo senza ricordare quantole grandi Case italiane – Moto Guzzi e Gilera su tutte –hanno progettato e prodotto, ponendo delle vere eproprie pietre miliari nella storia delle due ruote. Bastipensare, senza scendere in particolari troppo tecnici, cosa

Le belle italianeLo stile e l’eleganza del “made in Italy” si è unito, nel mondo delle motociclette,

alla tecnologia e alla progettualità. Perché in una moto

la bellezza non è tutto se non c’è, come nel caso di quelle prodotte

dalla nostra industria, anche sostanza tecnica e un pizzico di passione.

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hanno significato moto come la otto cilindri Moto Guzzi ela quattro della Gilera, ma praticamente in ogni cilindrata ein ogni frazionamento di motori i nostri progettisti hannoproposto qualcosa di avveniristico o, comunque,innovativo.Nel tempo, poi, le cose si sono evolute: molti marchi nonesistono più, altri sono stati assorbiti o acquistati da grandigruppi, altri ancora hanno modificato la loro produzione.I cambiamenti, però, non hanno mai ridotto l’importanzadella nostra industria nello scenario motociclistico.Dopo un periodo relativamente difficile – nel quale,comunque, non sono mancate proposte interessanti –, ilnuovo rinascimento del motociclismo italiano può esserefatto coincidere con la presentazione, a metà degli anniNovanta, della Ducati 916, che profila una svolta estetica etecnica nel modo di fare le moto. Infatti, la bicilindricabolognese introduceva la filosofia di un modello chepotesse dare le stesse emozioni a piloti e utenti stradali,rendendo quasi invisibile la differenza tra le due versioni(competizione e omologata per l’uso su strada). Adaumentarne il fascino, c’era poi l’elemento importantedella sua bellezza, che rappresentava perfettamente ilconcetto di stile italiano.Altrettanto si può dire della MV Agusta F4 – apparsaqualche tempo dopo –, ancora oggi considerata una dellepiù belle motociclette mai costruite al mondo, non solo inItalia. Anche in questo caso non era solo lo stile a darevalore a questa moto, ma anche uno dei marchi piùprestigiosi del motociclismo mondiale. Infine, da nontrascurare, la raffinatezza nella scelta dei particolariproduttivi e progettuali che ponevano la quattro cilindri di

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Schiranna in una posizione diversa rispetto ai modellistranieri presenti sul mercato.Più o meno nello stesso periodo venne presentata anche laBenelli Tornado tre cilindri, che rivaleggiò con la motovaresina per il titolo di regina del made in Italy. Sul suoserbatoio c’era un marchio storico noto soprattutto tra ledue ruote di piccole cilindrata (anche se nelle garegareggiò fino alla 500 cc), che con questo modello entrò didiritto nell’Olimpo delle maxi. Ed anche in questo caso stilee tecnica si sposavano perfettamente.E come non parlare della rivoluzionaria Bimota Tesi chevenne presentata nel 1992? Molte Case, in tutto il mondo,avevano cercato un’alternativa alla forcella anterioretradizionale, alcune con successo, altre meno. Due studentidi ingegneria fecero la tesi di laurea su un sistema idraulicoche venne subito adottato da una piccola aziendaparticolarmente all’avanguardia nella ricerca enell’innovazione, la Bimota.Ma la bellezza non sempre è sufficiente a garantire ilsuccesso, e moto talvolta significative da un punto di vistaestetico non hanno avuto riscontro nelle vendite. È il casodell’Aprilia Motò, che trovò scarso apprezzamento pressogli appassionati perché accusava delle evidenti carenzetecniche che non ne consentivano un uso apprezzabile daimotociclisti puri. Quello è stato uno dei casi in cuil’affidamento della progettazione a un designer non hadato i risultati auspicati. Uno dei primi esempi di mancatosuccesso era stata la Lambretta Lui 50 progettata daBertone e presentata nella seconda metà degli anniSessanta: pur essendo molto innovativa e moderna, nonaveva ottenuto il riscontro commerciale che quei due nomi

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– il designer torinese e la grande casa lombarda –avrebbero lasciato prevedere.

L’elenco dei modelli italiani importanti dal punto di vistadella storia motociclistica è decisamente lungo, ma inquesto volume si è voluta presentare solo una selezione diqueste proposte, apparse negli ultimi decenni.La scelta non è stata facile ed è sicuramente perfettibile.Nello stilare la lista, l’Autore ammette senza problemi diaver seguito anche una componente emotiva, per queldato ricordo o quella certa storia legati a ciascun modello.Magari sono stati i ricordi di un momento motociclisticoimportante (è il caso della F4 oppure della 916), di unavvenimento sportivo, o si è trattato di richiamarel’appassionante vicenda di un esperimento, più o menoriuscito.E non ci si è voluti limitare alle moto, dando spazio anche aun veicolo che ha rappresentato realmente una svolta nellamotorizzazione mondiale, la Vespa. Potrebbe sembrare unascelta azzardata o inopportuna, ma è possibile pensare aun prodotto italiano celebre nel mondo senza fare uncenno allo scooter di Pontedera? È un mezzo che va al di làdi ogni catalogazione e di classificazione, è “made in Italy”.Il purismo – insieme alle storiche dispute tra motociclisti escooteristi – passa in secondo piano quando si parla diorgoglio (a due ruote) italiano.

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L’industria veneta – che dalla fine del 2004 fa parte del Gruppo Piaggio – nasce nel

primo dopoguerra come fabbrica per la produzione di biciclette e, dalla fine degli

anni Sessanta – quando Ivano Beggio succede alla guida dell’impresa al padre

Alberto – si trasforma in costruttrice di moto e scooter.

Le prime produzioni si incentrano sui ciclomotori, cui si affiancano all’inizio degli anni

Settanta alcuni modelli da cross, i quali fanno notare l’azienda di Noale (Venezia) per la

modernità delle scelte tecniche ed estetiche. Nel 1975, l’Aprilia debutta nel mondo delle

competizioni di velocità, che la vedranno protagonista vittoriosa nelle 125 e 250 da Gran

Premio e, più recentemente, anche nella Superbike.

L’impegno sportivo non impedisce all’azienda veneta di dedicarsi con successo ai modelli da

strada, settore nel quale si distingue per creatività e originalità, introducendo, ad esempio,

sul mercato il primo scooter interamente in plastica (l’Amico), al quale fa seguito un vero e

proprio simbolo della mobilità, lo Scarabeo, che nel tempo è stato declinato in varie

cilindrate dalla 50 alla 500.

Anche nelle moto, l’Aprilia si è distinta con prodotti assolutamente originali, come la Motò

6.5 o la bicilindrica da fuoristrada RXV e MXV 450 e 550. Da segnalare anche, tra molte

innovazioni, l’adozione del cambio automatico montato sulla Mana 850.

Il più recente modello di successo è la RSV4 che, oltre a ottenere un positivo riscontro sul

mercato, ha conquistato anche il titolo mondiale Superbike 2010.

La storia

1945

Aprilia

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Il progetto sposavadesign e tecnica,ma non ebbeil successo che,forse, meritava

Motò 6.5

Aprilia

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Gli anni Novanta sono stati caratterizzati dalla ricercadi strade nuove da parte dell’Aprilia. Le propostedella Casa veneta non hanno riguardato soltanto la

grafica o i colori degli scooter – scelte che portarono a uncambiamento epocale in questo settore –, ma anche dinuove motociclette. La proprietà di allora non si avvalsesoltanto dei progettisti interni dell’azienda, che produsse-ro, tra l’altro, modelli entrati nella storia delle due ruote,come lo Scarabeo, ma strinse collaborazioni anche construtture e professionisti esterni.Uno dei designer emergenti era, all’epoca, il francese Phi-lippe Starck, che, oltre a progettare e realizzare oggetti in-novativi e funzionali, aveva tra le sue passioni anche quelladelle moto. Difficilmente, nella storia delle due ruote, si èavuto un modello di successo realizzato da un designer (an-che di provenienza automobilistica), ma a favore del pro-fessionista francese c’era la pratica – oltre che la passione –motociclistica: nel suo garage, figuravano infatti Harley Da-vidson e moto giapponesi. Era tuttavia difficile, per un arti-sta abituato a realizzare forme originali o accattivanti, con-ciliare la creatività con una funzionalità complessa comequella delle due ruote a motore.Dalla collaborazione tra Starck e l’Aprilia nacque la Motò6.5 (e il prototipo di uno scooter dalla linea originale, carat-terizzato da una carrozzeria completamente avvolgenteche non fu mai prodotto), la quale riscosse subito la curiosi-tà degli appassionati e degli addetti ai lavori.La moto fu lanciata con una sapiente operazione di mar-keting, che la presentava come un modello d’élite. A ca-vallo della Motò 6.5 furono fotografati celebri personag-gi: l’imprenditore Diego Della Valle, il regista spagnolo

Motò

6.5

L’Aprilia Motò 6.5 è stata una delle poche

moto disegnate da uno stilista non del

settore. È pur vero che, con mezzi a due

ruote (con motore), si sono cimentati nomi

come Pininfarina e Bertone, ben noti nel

mondo dell’automotive.

In questo caso l’autore del progetto fu

Philippe Starck, designer di oggetti e di

arredamento (ma non solo).

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Bigas Luna, e altri artisti come Lucio Dalla e PeterGabriel.Purtroppo, a una linea decisamente originale, pur senei limiti della tradizione, non corrispose la validità dalpunto di vista pratico. Prove fatte all’epoca dicono cheaddirittura l’adozione di un semplice parabrezza modi-ficasse l’assetto della moto. Certamente una maggiorecollaborazione tra lo staff del designer francese e i tec-nici della Casa veneta avrebbe portato a un diverso ri-sultato, ma ciò non avvenne, e la moto risultò di diffici-le guidabilità. Rimase in produzione dal 1995 al 1999,periodo nel quale uscirono dalla fabbrica di Noale circa2500 pezzi.Solo diversi anni più tardi la Motò 6.5 fu riscoperta, eoggi continua a essere apprezzata come oggetto didesign, tanto che alcuni esemplari continuano a circola-re come veri e propri cult fra gli appassionati.Dotata di un motore monocilindrico Rotax da 650 cc, laMotò 6.5 utilizzava un telaio monotrave a doppia cullachiusa con una grande “luce” verticale – all’origine,forse, della difficile guidabilità –, accoppiato a una for-cella e un ammortizzatore dalle caratteristiche turisti-che. La linea della carrozzeria era molto pulita e i coloridecisamente originali per il mondo motociclistico,ma rispondenti ai canoni del design di quel periodo.C’erano però degli elementi, non sempre ascrivibili alprogettista – come alcune parti in plastica di non buo-na fattura –, che mal si sposavano con la particolaritàdel modello.

Decisamente originale la

linea della Moto 6.5 che

riusciva a sposare, sulla

carta, anche l’uso di

materiali diversi come

l’acciaio del telaio, con

il motore e la plastica

delle sovrastrutture.

La versione della Moto

6.5 allestita con gli

accessori per un uso

turistico. Anche nella

scelta di questi oggetti

si nota una ricerca

dell’originalità

perfettamente in linea

con lo spirito di questa

moto.

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Il motore della Motò 6.5

era il classico

monocilindrico di

produzione Rotax,

modificato dall’Aprilia

e già utilizzato su altri

modelli della Casa

veneta. Il propulsore

era uno dei punti di

forza di questa moto.

MOTORE:

Cilindrata: 649 cc

Alesaggio e corsa: 100x82,7 mm

Numero di cilindri: monocilindrico, quattro tempi

Raffreddamento: a liquido

Distribuzione: doppio albero a camme in testa

Alimentazione: carburatore da 40 mm

Potenza dichiarata: n.d.

Coppia massima: n.d.

Trasmissione finale: a catena

Numero dei rapporti: cinque

Frizione: a dischi multipli in bagno d’olio

TELAIO:

Tipo: monotrave a doppia culla chiusa

Sospensioni: forcella teleidraulica,

monoammotizzatore posteriore

Pneumatici: 100/90x18” anteriore, 130/90x17”

posteriore

Freni: a disco, singolo anteriore da 298

mm, singolo posteriore da 220 mm

Peso: 150 kg (a secco)

Capacità serbatoio: 16 l

Interasse: 1460 mm

s c h e d a t e c n i c a