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LE AREE PRODUTTIVE: DIFFUSIONE, FRANTUMAZIONE, QUALITÀ Marco Storelli, Donatella Venti 1 Introduzione Le aree produttive, intese sia come risorse posizionate nei sistemi territoriali sia come infrastrutturazione in grado di supportare politiche di sviluppo localizzate, sono state per la prima volta compiutamente indagate, nei 92 Comuni dell’Umbria, nella seconda metà degli anni ’90, da una ricerca IRRES 2 che ne ha evidenziato le principali dinamiche evolutive, le problematiche emergenti, le modalità di attuazione, le attività in esse presenti, fornendo al contempo una serie di dati quantitativi fra cui l’estensione (superficie territoriale e/o fondiaria), il livello di saturazione e di infrastrutturazione (viabilità e reti tecnologiche), la dotazione e il livello di attuazione degli standards urbanistici. Per ogni Comune venivano distinti “agglomerati produttivi”, localizzati su sistema GIS, entità di scala maggiore individuati discrezionalmente ed introdotti ai fini dell’inquadramento del tessuto produttivo in relazione agli assetti infrastrutturali 3 . 1 Vanessa Elefante ha collaborato al presente contributo con la realizzazione dell’impianto tabellare e grafico. Il primo e il terzo paragrafo sono stati redatti da D. Venti, il secondo paragrafo è stato redatto da D. Venti per la parte relativa alla pianificazione provinciale e da M. Storelli per la parte relativa alla pianificazione comunale; il quarto paragrafo è stato redatto da M. Storelli, il quinto, sesto e settimo paragrafo da M. Storelli per la parte relativa alla provincia di Perugia da D. Venti per la parte relativa alla provincia di Terni. Il Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale della Regione Umbria ha fornito i dati relativi agli agglomerati produttivi, ha redatto “Il Ruolo del nuovo Sistema informativo regionale ambientale e territoriale (SIAT) della Regione Umbria” e predisposto l’apparato cartografico consultabile nelle pagine istituzionali della Regione Umbria, curate dal Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale, nonché nel sito dell’Agenzia Umbria Ricerche (www.aur-umbria.it), in formato Adobe Acrobat Reader PDF. 2 AA.VV. 1997 “Aree classificate produttive dagli strumenti urbanistici generali” IRRES. 3 L’indagine ha quindi dato luogo a tre tipi di output: - un atlante delle aree produttive (elaborazione grafica georeferenziata, riconfluita nel PUT L.R. 27/2000);

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LE AREE PRODUTTIVE: DIFFUSIONE, FRANTUMAZIONE, QUALITÀ Marco Storelli, Donatella Venti1

Introduzione Le aree produttive, intese sia come risorse posizionate nei sistemi territoriali sia come infrastrutturazione in grado di supportare politiche di sviluppo localizzate, sono state per la prima volta compiutamente indagate, nei 92 Comuni dell’Umbria, nella seconda metà degli anni ’90, da una ricerca IRRES2 che ne ha evidenziato le principali dinamiche evolutive, le problematiche emergenti, le modalità di attuazione, le attività in esse presenti, fornendo al contempo una serie di dati quantitativi fra cui l’estensione (superficie territoriale e/o fondiaria), il livello di saturazione e di infrastrutturazione (viabilità e reti tecnologiche), la dotazione e il livello di attuazione degli standards urbanistici. Per ogni Comune venivano distinti “agglomerati produttivi”, localizzati su sistema GIS, entità di scala maggiore individuati discrezionalmente ed introdotti ai fini dell’inquadramento del tessuto produttivo in relazione agli assetti infrastrutturali3.

1 Vanessa Elefante ha collaborato al presente contributo con la realizzazione dell’impianto tabellare e grafico. Il primo e il terzo paragrafo sono stati redatti da D. Venti, il secondo paragrafo è stato redatto da D. Venti per la parte relativa alla pianificazione provinciale e da M. Storelli per la parte relativa alla pianificazione comunale; il quarto paragrafo è stato redatto da M. Storelli, il quinto, sesto e settimo paragrafo da M. Storelli per la parte relativa alla provincia di Perugia da D. Venti per la parte relativa alla provincia di Terni. Il Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale della Regione Umbria ha fornito i dati relativi agli agglomerati produttivi, ha redatto “Il Ruolo del nuovo Sistema informativo regionale ambientale e territoriale (SIAT) della Regione Umbria” e predisposto l’apparato cartografico consultabile nelle pagine istituzionali della Regione Umbria, curate dal Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale, nonché nel sito dell’Agenzia Umbria Ricerche (www.aur-umbria.it), in formato Adobe Acrobat Reader PDF. 2 AA.VV. 1997 “Aree classificate produttive dagli strumenti urbanistici generali” IRRES. 3 L’indagine ha quindi dato luogo a tre tipi di output: - un atlante delle aree produttive (elaborazione grafica georeferenziata, riconfluita nel PUT L.R.

27/2000);

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Successivamente il Servizio Informativo Territoriale (oggi Servizio Informa-tico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale) della Regione4 ha tenuto aggiornate in parte le informazioni allora raccolte, informazioni che hanno supportato la programmazione regionale e la pianificazione territoriale di area vasta, in particolare il Piano Urbanistico Territoriale (P.U.T.) del 2000, il Disegno Strategico Territoriale (D.S.T.) del 2008, i due Piani territoriali di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.) di Perugia e Terni, entrambi approvati nel 2000. Il tema delle aree produttive ed in particolare delle dinamiche di insediamento, per essere compiutamente indagato necessita di molteplici approfondimenti, solo in parte affrontati in questo contributo, data la vastità dell’argomento e l’opportunità di dedicare ad esso una specifica nuova ricerca, integrando i dati attualmente reperiti. L’aspetto legislativo e normativo condiziona fortemente le possibilità di ampliamento ed individuazione delle aree, nonché le loro modalità di gestione: viene pertanto presentata una panoramica dei provvedimenti normativi di livello nazionale e regionale che, a vario titolo, intersecano la materia delle aree produttive: dalla definizione di zona omogenea D introdotta nel 1968 alle tappe fondamentali della produzione legislativa regionale, oltre che nei PTCP vigenti nelle Province di Perugia e Terni, dei quali vengono esaminati i contenuti di coordinamento, così come per il Disegno Strategico Territoriale, il più recente strumento di programmazione territoriale di cui si è dotata la Regione Umbria, che, partendo dalle problematiche individuate, in particolare la dispersione e frammentazione, traccia alcuni scenari di loro qualificazione e rafforzamento, in relazione al sistema infrastrutturale in realizzazione (Progetto Quadrilatero, Piastre logistiche, Assi e Poli produttivi di livello regionale). Dal punto di vista dello sviluppo locale, viene offerto un quadro delle risultanze più significative derivanti dall’esame critico degli strumenti urbanistici comunali e affrontata la problematica delle aree produttive dismesse, con l’indicazione delle principali operazioni di recupero (anche ambientale) e rifunzionalizzazione che hanno contrassegnato il recente periodo a seguito dell’emanazione della L.R. 13/1997 (Programmi Urbani Complessi), della predisposizione dei Contratti di Quartiere, dei PRUSST e dei recentissimi PUC2. In particolare vengono approfonditi sei casi di studio, relativi ad altrettante realtà comunali: Perugia, Città di Castello e Foligno per l’ambito della Provincia di Perugia; Terni, Narni ed Orvieto per l’ambito della Provincia di Terni, coincidenti con gli ambiti produttivi di maggior rilevanza nel territorio regionale, come nel caso di Terni-Narni, Perugia e Foligno, o provinciale, come nel caso di Orvieto e Città di Castello.

- una banca dati in cui sono state riversate tutte le informazioni di tipo alfa-numerico acquisite durante lo svolgimento del lavoro;

- una sintesi dei risultati, suddivisa per ambito di indagine: Obiettivo 5b e Obiettivo 2. 4 Indagini Regione Umbria 2003/2004 sulla totalità dei Comuni e 2009 sui 31 Comuni Docup Ob. 2 2000-2006.

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Si scende dunque a livello di “agglomerato”, definendone ruoli e problematiche, mentre, attraverso l’esame dei PRG, le valutazioni conseguenti sono di tipo qualitativo, in quanto vengono esaminati i fattori localizzativi, le relazioni con le altre funzioni urbane (residenza, aree destinate a servizi pubblici, sistema del verde e contesto paesaggistico), unitamente ai fattori relazionali connessi alla presenza dei sistemi produttivi dei Comuni limitrofi. Da ultimo si affronta il tema dei modelli di gestione (nuovi e tradizionali) delle aree produttive in ambito regionale, evidenziando le esperienze più innovative come i Consorzi per lo sviluppo delle aree industriali del Comprensorio Terni-Narni-Spoleto e di Orvieto, o altre iniziative volte alla razionalizzazione, riqualificazione e promozione delle aree e dei relativi servizi alle imprese. Questo paragrafo è stato redatto utilizzando prevalentemente il metodo delle interviste ad interlocutori privilegiati (stakeholders), quali imprenditori, Associazioni di categoria, referenti dei Consorzi per le aree industriali, amministratori e tecnici pubblici, fornendo quindi un quadro molto variegato del “come” le imprese percepiscono le problematiche emergenti, come vengono affrontate dagli enti pubblici e quali prospettive si possono aprire al sistema produttivo umbro.

Ricognizione dell’apparato normativo La pianificazione provinciale La definizione dei contenuti e del "ruolo" che in Umbria assumono i PTCP attualmente vigenti discende dalla produzione legislativa regionale della seconda metà degli anni ‘90, costituita dalla Legge regionale 10 aprile 1995 n.28 e dalla Legge regionale 31/97. La legge regionale 28 del 95 ha avuto il merito di costituire un primo riferimento per la pianificazione di livello provinciale, introdotta in Italia dalla L.142/1990, definendo un quadro normativo esclusivamente volto all’“area vasta”; la legge infatti ha rimandato ad altro atto legislativo la ridefinizione dei contenuti e delle procedure di approvazione dei Piani regolatori comunali, oltremodo necessaria in quanto l'introduzione della pianificazione d'area vasta di livello provinciale e la riformulazione dei contenuti del Piano Urbanistico Territoriale (PUT) regionale, come quadro di riferimento programmatico per la pianificazione infraregionale (territoriale, urbanistica e di settore), avevano posto l’urgenza della rimodulazione del sistema di relazioni da instaurarsi tra PTCP e PRG. La successiva legge n. 31 del 1997 non ha risolto efficacemente il coordinamento e l’armonizzazione delle competenze assegnate ai diversi livelli del governo locale ed ai relativi piani; allo stesso modo la successiva L.R. 11 del 2005, pur inserendo importanti innovazioni quali la perequazione, un “parziale” percorso ciclico di risalita dei contenuti dal piano comunale verso il PUT ed il PTCP attraverso gli accordi di copianificazione, nonché attraverso le possibili variazioni degli strumenti regionale e provinciale per effetto delle previsioni del PRGS ed una rivisitazione della parte strutturale ed operativa dei piani comunali, non ha

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raggiunto pienamente l’obiettivo di superare l’ impostazione ancora altalenante delle leggi vigenti ed avviare un processo di rinnovamento ispirato a principi maggiormente coerenti con le nuove e ridistribuite funzioni che il sistema delle autonomie locali, nel suo complesso, e le Regioni in particolare sono chiamate a svolgere5. In particolare, per quanto attiene le aree produttive, mentre nella L.R. 28/95 appariva chiaro il ruolo del PTCP di coordinamento delle previsioni dei Piani comunali, a partire da una visione intercomunale della loro localizzazione, connessa con il sistema delle infrastrutture (di cui alcune di diretta competenza delle Province, come nel caso della viabilità di livello provinciale e di interesse regionale), nella successiva L.R. 31/97 tale ruolo non viene richiamato, quanto piuttosto riferito a necessarie “coerenze” tra i vari strumenti, senza una identificazione chiara degli oggetti di prevalenza normativa. I piani territoriali provinciali pertanto, entrambi approvati nel 2000, possono interessarsi delle aree produttive solo in maniera “indiretta” ovvero attraverso lo strumento dell’accordo volontario di co-pianificazione, nonché tramite norme di indirizzo e/o prestazionali sulla localizzazione di nuove aree produttive. Nella gestione dei PTCP gli specifici accordi per ambiti intercomunali (sistemi di complementarietà funzionali), hanno in parte rivisto le aggregazioni proposte dal PTC assumendo le “geografie variabili” delle collaborazioni/accordi anche settoriali in atto (quali quelle discendenti dai programmi filiera TAC, dai programmi complessi quali il PRUSST, dai Contratti d’area). Nei fatti dunque le Province si sono coerentemente poste come soggetti che, attraverso le proprie specifiche competenze, coadiuvano i Comuni nel porre in essere politiche integrate territoriali che, per scala di intervento o per complessità di tematiche, necessitano dell’apporto sia di più soggetti/enti sia di più competenze disciplinari/tecniche, come nel caso di programmi complessi volti alla riqualificazione non solo architettonica, ma anche ambientale, della sostenibilità, dei servizi e delle infrastrutture. Nel merito il vigente PTCP di Terni, sulla base delle caratteristiche geografiche, insediative, della accessibilità e della “gravitazione” rispetto ai luoghi centrali, nonché delle forme di cooperazione tra enti territoriali in atto, individua alcuni ambiti di livello intercomunale, tra i quali favorire e promuovere accordi di co-pianificazione, tesi ad uno stretto coordinamento delle strategie territoriali, con particolare riferimento alla individuazione di poli e agglomerati produttivi intercomunali, alla distribuzione dei servizi di livello territoriale, nonché di coordinamento rispetto alle azioni di tutela e salvaguardia, gestione dei rischi e nuova

5 Questa filosofia di fondo aveva peraltro ispirato la conclusione del percorso, seguito dalla Regione a partire dalla L.R. 3/99, di attribuzione di competenze agli enti Locali, in attuazione dei decreti Bassanini. Vari aspetti, tra cui il valore di piano paesistico dei PTCP, l’auto-approvazione degli strumenti urbanistici da parte dei Comuni esclusivamente previa verifica di congruenza con la pianificazione superiore, il trasferimento di importanti funzioni in materia ambientale alle Province in attuazione del D.Lgvo.112/98, hanno di fatto configurato un sistema delle autonomie locali che, seppure faticosamente, subentra all’ente regionale, seguendo il principio di una aggregazione di competenze relativamente a “settori” di intervento che connotano i diversi enti territoriali (le competenze ambientali coagulate nell’ente provinciale, i rapporti autorizzatori incentrati sul Comune, lo sviluppo di adeguati spazi di autonomia decisionale nella gestione delle risorse finalizzate allo sviluppo di azione strategiche ai vari livelli).

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infrastrutturazione. Attraverso gli Accordi6 si sono definiti i contenuti alla scala territoriale dei nuovi PRGS, recepiti nei Documenti preliminari, previsti prima dalla L.R. 31/97 e riproposti dalla L.R. 11/2005; per alcuni ambiti i PRGS si sono confermati come veri e propri piani intercomunali, seguendo fino alla conclusione un unico iter procedimentale, mentre, per la maggior parte, hanno dato luogo alla redazione degli elaborati di piano da parte di un unico gruppo di progettazione, separandosi poi nelle diverse fasi previste dall’iter di approvazione. In entrambi i casi hanno consentito una visione di insieme del territorio di ambito, attivando interessanti progettualità e mettendo a sistema le “vocazioni” di ogni singolo territorio. La progettualità derivante dalla copianificazione all’interno degli Ambiti Territoriali del PTCP ha dato risultati soddisfacenti nell’attuazione delle dinamiche territoriali della pianificazione territoriale provinciale7: fin dalla prima esperienza della pianificazione condivisa per Ambiti territoriali è emersa infatti la volontà di concepire il PTCP non come momento determinato e sovraordinato della attività amministrativa, ma «come un sistema in cui intervengono diversi strumenti sia di tipo tecnico-scientifico, sia di tipo gestionale amministrativo per la previsione, la simulazione di scenari, il monitoraggio, la valutazione dei risultati». Occorre infine evidenziare che il PTC per norma nazionale, discendente dall’art. 57 del D.lgs. 112 del 1998, ha anche valore di Piano di tutela e valorizzazione delle risorse ambientali, laddove vengano stipulati opportuni accordi o protocolli con gli enti funzionalmente delegati. Questo contenuto del Piano è stato assunto dai PTCP come “punta di diamante” per regolamentare e meglio incidere sui processi di trasformazione del territorio, ponendo limitazioni al consumo delle risorse non rinnovabili. I Piani Provinciali hanno pertanto cercato di comporre il quadro delle pianificazioni di settore, tenendo il più possibile aggiornato il quadro di riferimento normativo/pianificatorio sovraordinato (Piani delle Autorità di Bacino, Piani regionali di settore, Piani degli enti e aziende di servizio). La recentissima L.R. del 26 giugno 2009 n.13 “Norme per il governo del territorio e la pianificazione e per il rilancio dell’economia attraverso la riqualificazione del patrimonio

6 La maggior parte degli ambiti intercomunali riconosciuti dal PTCP hanno dato luogo ad Accordi di pianificazione; solo in pochi casi il Comune ha preferito redigere autonomamente il proprio PRGS, sulla base dei contenuti dell’Accordo e solo in due casi la redazione del PRGS non è stata preventivamente preceduta da uno specifico Accordo. 7 Rispetto ai contenuti specifici gli Accordi concertano le scelte intercomunali rispetto alle Tipologie insediative nel rispetto del contenimento delle tendenze diffusive, al Sistema funzionale-relazionale valorizzando le valenze riconosciute dell’ambito territoriale (produttivo, turistico - culturale, ricettivo per affari, di scambio modale e che possano favorire il completamento della gamma dei servizi privati di livello raro), al Sistema produttivo (ad esempio incentivo alla riconversione ad altri usi della parte non urbanizzata delle aree produttive non idonee e, per contro, incentivo alla qualificazione ed ampliamento di quelle con buone caratteristiche infrastrutturali e di servizi) alla viabilità e mobilità (ad es. favorendo la creazione di sistemi di trasporto non convenzionale finalizzato a ridurre l’onerosità del trasporto pubblico nelle zone con bassi volumi di utenza e a servire le zone penalizzate dalla rete del servizio attuale privilegiando, ove possibile, l’intermodalità ferroviaria).

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edilizio esistente”, che abroga la L.R.28/95, ridisegna sostanzialmente ruolo e contenuti della Pianificazione regionale e provinciale, (re)introducendo ben quattro livelli di pianificazione: quello regionale costituito dal Piano Urbanistico Strategico Territoriale (PUST), a dimensione strategica e programmatica e dal Piano Paesaggistico Regionale (PPR), anch’esso a dimensione strategica e programmatica, nonché regolativa; quello provinciale, il PTCP, “strumento della pianificazione territoriale, urbanistica e paesaggistica di area vasta”, con dimensione strategica, programmatica e regolativa; quello comunale, il PRG, costituito da più “parti”, con dimensioni strategiche e programmatiche (il Documento programmatico e la parte strutturale) e regolative (la parte strutturale e la parte operativa). La nuova legge insiste molto sulla “copianificazione” e sul PPR come piano unico, frutto di stretta concertazione tra Regione ed enti locali, ma risente ancora di una impostazione a cannocchiale tra livelli (il livello maggiore detta norme e prescrizioni a quello immediatamente successivo) soprattutto per quanto concerne la pianificazione paesaggistica. I paesaggi di area vasta sono infatti definiti e “perimetrati” in sede di Piano regionale mentre quello provinciale dovrà “definire” contenuti e prescrizioni, anche immediatamente prevalenti sulla pianificazione comunale. Inoltre la legge (re)introduce il Piano Urbanistico Territoriale, (PUST), mentre nell’originaria bozza, proposta dalla Giunta Regionale, esso veniva sostituito dal Disegno Strategico Territoriale (DST). Dopo questa decisione del Consiglio Regionale, rimane aperto il ruolo dei PTCP, come strumenti di governo del territorio, punto sul quale potrà essere utile continuare una riflessione o un approfondimento. In questo contesto la legge introduce il ruolo, per l’ente intermedio, del coordinamento e formazione del PRG parte strutturale, anche intercomunale, accogliendo un emendamento proposto dalle stesse Amministrazioni Provinciali, le funzioni di raccordo tra i diversi piani di settore sia provinciali che di interesse sovra comunale. Da ultimo negli elaborati del PTCP (art. 27) vengono riaffermate le “linee di intervento in materia di difesa del suolo, di tutela delle acque, di qualità ambientale e dell’aria, sulla base delle caratteristiche (…) del territorio”. Sembra quindi che il PTCP ancora assuma caratteri di piano ambientale, anche se fortemente condizionato dai molti piani di settore regionali, per la maggior parte revisionati o completamente rivisti alla fine dell’attuale mandato (Piano rifiuti, Piano acque, Piano energetico). Volendo assumere le positività, comunque presenti, nella nuova legge, così come illustrate nella presentazione del testo di legge8 , si può evidenziare:

l’interesse che il PUST (Piano Urbanistico Strategico Territoriale) assuma effettivamente il ruolo di Piano Strategico, dove la “territorializzazione dello sviluppo” trova concreto riferimento per l’allocazione delle risorse (fondi strutturali U.E., Progetti speciali, Programmi Integrati Territoriali), nella prospettiva del 2014, data in cui tutti i fondi strutturali andranno spesi solo

8 Interventi dell’ Ing. Luciano Tortoioli, Direttore Area Regione Umbria e dell’Arch. Nicola Beranzoli all’incontro del 23 giugno 2009 di presentazione della ricerca INU “La pianificazione di area vasta nelle esperienze regionali- Contributo per la riforma della L.R. Umbria 28/95”

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all’interno di piani territoriali. Ciò consente di non frammentare le aree di trasformazione ad intervento pubblico, ma di concentrare le risorse, nel tempo, su definiti programmi strategici di intervento che vedano una coerenza tra sviluppo economico e componenti territoriali. Partendo da questo assunto appare importate che i progetti territoriali di interesse regionale, previsti all’art.11 della nuova legge e all’art. 27 (Elaborati del PTCP), “da promuovere e coordinare a livello provinciale” possano essere integrati da progetti di interesse sovra comunale e provinciale, concertati con gli enti locali e territoriali; questo al fine di dare concreta attuazione al principio della copianificazione, quindi ad un processo che parta dai territori e che veda nelle “vision” dei diversi piani a contenuto strategico (PRG strutturale, PTCP e PUST) percorsi di coerenza e di approfondimento alle diverse scale. Di grande interesse, in particolare relativamente ai poli produttivi intercomunali, la perequazione territoriale introdotta dall’art. 269, che, insieme alla istituzione di Consorzi per le Aree Produttive, trattati nel paragrafo “Gli aspetti gestionali”, possono permettere una migliore distribuzione delle risorse provenienti dalle localizzazioni delle aree industriali (ICI, in primo luogo e oneri di urbanizzazione) a livello intercomunale, favorendo la realizzazione di poli industriali ecologicamente attrezzati; è da approfondire con quali modalità la Provincia possa inoltre istituire un fondo di compensazione finanziato con risorse degli Enti locali, contributi negoziali, oneri di urbanizzazione, nonché del gettito della fiscalità comunale, finalizzato a compensare le esternalità problematiche generate da politiche ed interventi di interesse sovra comunale. Tale fondo può anche essere relazionato, in negativo, in ragione degli impatti ambientali e, in positivo, dei servizi ecosistemici forniti al territorio.

Le Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate Le Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate (APEA) sono state introdotte dal D.Lgs 31 marzo 1998 n.112 e recepite da alcune leggi regionali, in particolare dalla Regione Emilia Romagna con L.R. 20/2000. Possono essere considerate A.P.E.A. le aree “dotate delle infrastrutture e dei sistemi necessari a garantire la tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente”; la legge nazionale prevede inoltre forme di gestione unitaria delle infrastrutture e servizi da parte di soggetti pubblici o privati ed una programmazione concertata tra più soggetti attraverso strumenti di accordo tra enti e

9 “Le province, ai sensi del d.lgs 267/2000, ed in quanto titolari di funzioni di pianificazione territoriale di area vasta, con il PTCP(…) d) esercitano le funzioni per attuare la perequazione territoriale e la compartecipazione tra i comuni interessati ai proventi e costi conseguenti a trasformazioni o interventi di rilevanza sovracomunale.”

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con la partecipazione delle imprese (tramite Protocolli di intesa, Schemi regolamentativi, Tavoli di concertazione). Gli impianti produttivi localizzati in aree A.P.E.A. sono esonerati dall’acquisizione delle autorizzazioni concernenti l’utilizzazione dei servizi ivi presenti. Secondo quanto previsto dall’articolo 2 del DPR 447/1998 sono le Regioni a determinare le tipologie generali e i criteri per l’individuazione delle aree da destinare all’insediamento di impianti produttivi e, secondo quanto richiamato dall’art.23 del DLgs 112/1998, le stesse Regioni provvedono direttamente o attraverso le Amministrazioni Provinciali, al coordinamento e al miglioramento dei servizi e dell’assistenza alle imprese, con particolare riferimento alla localizzazione ed alla autorizzazione degli impianti produttivi e alla creazione di aree industriali. Coinvolgendo gli Enti locali interessati (art.26) le aree industriali devono essere poi individuate, nel rispetto delle tipologie generali, in modo prioritario tra le aree con nuclei industriali già esistenti, favorendo il risanamento e/o la riconversione produttiva delle zone totalmente o parzialmente dismesse, rispettando pertanto l’esigenza di non pregiudicare nuovi siti non ancora compromessi dal punto di vista ambientale. Questa previsione legislativa mira a creare un organico sviluppo economico a livello locale tentando di arginare la diffusione scoordinata degli insediamenti che, oltre a causare danni al territorio, non valorizza il tessuto imprenditoriale già esistente e lascia sfuggire numerose occasioni di sviluppo, derivanti da una razionale sistematizzazione degli impianti che, invece, potrebbero avvalersi di economie di scala. Questi assunti hanno orientato le politiche dei PTCP vigenti: in particolare il PTCP di Terni considera prioritaria la riqualificazione e potenziamento dei poli produttivi esistenti, prima di procedere alla individuazione di nuove aree; inoltre (art.24 N.d.A) prevede una serie di requisiti prestazionali per gli insediamenti produttivi tra cui fasce di vegetazione perimetrali (da computarsi all’interno dello standard) per la mitigazione dell’impatto visivo, le riduzione del trasporto delle polveri e dell’inquinamento acustico, fasce di verde privato sul fronte stradale, all’interno di ciascun lotto e il mantenimento di una quota parte di permeabilità dei suoli, l’individuazione di servizi interni, quali uffici postali, sportelli bancari, presidi sanitari, centri di formazione e aule di stage, invasi artificiali o vasche di raccolta antincendio, sistemi depurativi a basso impatto (nelle aree artigianali e per la PMI), centri di raccolta differenziata, adeguati collegamenti viari e ferroviari a centri merci e logistici per il deposito e lo smistamento, adeguate corsie di raccordo con la viabilità primaria atti a consentire l’accesso di trasporti eccezionali. Pur non avendo la Regione legiferato in materia di A.P.E.A. all’art. 25 il PTCP di Terni introduce le Aree ecologicamente attrezzate, definendo, quale norma di indirizzo, che gli ampliamenti degli agglomerati produttivi da potenziare, costituenti poli produttivi principali, siano preferibilmente strutturati come A.P.E.A10; per favorirne la realizzazione prevede

10 L’Ampliamento è in ogni caso condizionato alla presenza di alcuni requisiti minimi tra cui la presenza di centri servizi alle imprese, l’idoneità dei sistemi di depurazione, la dotazione della viabilità di servizio,

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inoltre che per aree con dimensioni minime di 20 ha ed ove siano previsti o già realizzati interventi di miglioramento dell’eco compatibilità, le superfici urbanizzate, ai fini del contenimento del consumo di suolo (art.14 delle stesse N.d.A), vengano conteggiate pari alla metà. La norma, introdotta nel 2000, ha avuto applicazione principalmente ad opera dei due Consorzi per le Aree industriali (si veda il successivo paragrafo “Gli aspetti gestionali”), anche se molti comuni hanno inserito tali previsioni nei nuovi PRG, in particolare i comuni che hanno redatto il Piano in forma associata. La pianificazione comunale Sebbene nella legislazione nazionale l’individuazione e la previsione delle zone produttive risalgano all’inizio del XX secolo11, le zone a destinazione industriale iniziano ad assumere significato urbanistico con l’emanazione della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (legge urbanistica); segnatamente in base al disposto dell’articolo 5 che attribuisce al piano territoriale di coordinamento anche le “direttive” inerenti “alle zone da riservare a speciali destinazioni”, e al Piano Regolatore Generale l’obbligo dell’attuazione di tali prescrizioni nell’ambito comunale, le zone dedicate a insediamenti industriali entrano a far parte, a pieno titolo, della “disciplina” del territorio, in termini di distribuzione spaziale delle attività. La legge 1150/1942 introduce inoltre, all’articolo 13, i Piani Particolareggiati Esecutivi (PPE), con cui si attua il Piano Regolatore Generale. In essi, tra l’altro, debbono essere individuate “le suddivisioni degli isolati in lotti fabbricabili secondo la tipologia indicata nel piano”. Più ricorrente, nell’attuazione delle zone produttive, è comunque il Piano di Lottizzazione (PdL), anch’esso istituito dalla legge urbanistica del 1942 (art. 28), che può essere formato in presenza di uno strumento urbanistico generale approvato. L’autorizzazione comunale è subordinata alla stipula di una convenzione in cui sia prevista, tra i vari aspetti, l’assunzione da parte del proprietario degli oneri di urbanizzazione primaria e di una quota parte degli oneri di urbanizzazione secondaria relativi alla lottizzazione, nonché i termini non superiori a dieci anni per l’ultimazione delle opere medesime. La legge attribuisce al Sindaco la facoltà di invitare i proprietari delle aree fabbricabili esistenti nelle singole zone a presentare un progetto di lottizzazione entro congruo

l’accessibilità a piattaforme comprensoriali per la raccolta, trattamento e riuso dei rifiuti industriali assimilati agli urbani, la presenza di reti di distribuzione e smaltimento reflui. 11 Ripercorrendo l’iter normativo specifico, troviamo già nel 1904 un provvedimento speciale per la città di Napoli, finalizzato all’“istituzione di una zona da destinarsi ad insediamenti industriali”, per favorirne il “risorgimento economico”. Ulteriori, simili provvedimenti hanno interessato Marghera nel 1917, Livorno nel 1929, Bolzano nel 1935, Ferrara nel 1936, Massa (zona industriale “Apuana”) nel 1938, Verona nel 1948, Trieste nel 1949, Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni nel 1913, Palermo nel 1940. Tali leggi speciali avevano lo scopo di precostituire, mediante l’offerta di terreni adeguatamente infrastrutturati, le migliori condizioni per rendere appetibili e convenienti le scelte localizzative in quelle zone; con ciò, la zona industriale assumeva una precipua funzione propulsiva e incentivante.

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termine, trascorso inutilmente il quale, egli provvede alla compilazione d’ufficio. Il processo di pianificazione prefigurato dalla legge urbanistica del 1942 stenta nel frattempo a decollare, tanto che perlopiù, soltanto in seguito alla legge 6 agosto 1967, n. 765 (nota come “legge-ponte”) si diffonde la formazione dei piani regolatori e dei programmi di fabbricazione, lasciando spesso a tempi successivi la pianificazione sovracomunale. A definire più compiutamente le aree destinate agli insediamenti produttivi, interviene il DM 2 aprile 1968, n. 1444, inerente “limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi”. L’articolo 2 codifica le “zone territoriali omogenee” definendo, tra le altre, le zone “D” come le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati. Il decreto stabilisce dunque, all’articolo 5, i rapporti massimi (di cui all’articolo 17 della legge 765/1967) tra gli spazi destinati agli insediamenti produttivi e gli spazi pubblici destinati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi12. Con la legge 22 ottobre 1971, n. 865 (nota come “legge sulla casa”, recante norme sull’espropriazione per pubblica utilità) vengono introdotti i Piani per gli Insediamenti Produttivi (PIP), strumenti specifici che possono essere formati previa autorizzazione regionale, in presenza di Piano Regolatore Generale o di programma di fabbricazione approvato. Le aree che costituiscono il PIP vengono individuate, tra le zone destinate ad insediamenti produttivi dagli strumenti urbanistici generali, con deliberazione del Consiglio comunale. Il piano, definitivamente approvato con decreto del Presidente della Giunta Regionale, mantiene un’efficacia di dieci anni dalla data del decreto di approvazione ed ha valore di piano particolareggiato esecutivo ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni. Il Comune utilizza le aree espropriate per la realizzazione di impianti produttivi di tipo industriale, artigianale, commerciale e turistico attraverso la cessione in proprietà o la concessione del diritto di superficie sulle aree stesse. Successivamente, la legge 28 gennaio 1977, n. 10 (nota come “legge Bucalossi”) innovando profondamente il regime dell’edificabilità dei suoli mediante la separazione dello jus aedificandi dal diritto di proprietà, stabilisce all’articolo 10 che “la concessione relativa a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla presentazione di servizi comporta la corresponsione di un contributo pari alla incidenza delle opere di urbanizzazione, di quelle necessarie al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi e di quelle necessarie alla sistemazione dei luoghi ove ne siano alterate le caratteristiche. La incidenza di tali opere è stabilita con deliberazione del Consiglio comunale in base a parametri che la

12 Per i nuovi insediamenti di carattere industriale o ad essi assimilabili compresi nelle zone “D” la superficie da destinare a spazi pubblici o destinata ad attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi (escluse le sedi viarie) non può essere inferiore al 10% dell’intera superficie destinata a tali insediamenti.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 483

regione definisce con i criteri di cui alle lettere a) e b) del precedente articolo 5, nonché in relazione ai tipi di attività produttiva”. La legge regionale 21 ottobre 1997, n. 31, recante “Disciplina della pianificazione urbanistica comunale e norme di modificazione delle leggi regionali 2 settembre 1974 n. 53, 18 aprile 1989 n. 26, 17 aprile 1991 n. 6 e 10 aprile 1995 n. 28”, introducendo l’articolazione del PRG nelle due parti “strutturale” e “operativa”, stabilisce altresì alcune norme specificamente rivolte alle aree produttive. All’articolo 16 viene infatti sancita l’“obbligatorietà (fatta salva la disciplina statale in materia) del piano attuativo nelle zone di tipo “A”, “C” e “D” di cui al DM 1444/1968”, e nelle zone dove siano previsti nuovi insediamenti commerciali o ampliamenti di quelli esistenti con superficie lorda complessiva di calpestìo di almeno 1.500 mq. Nel medesimo articolo viene esplicitata una particolare attenzione alle zone “D”, per le quali “la Giunta Regionale, con il concorso dei Comuni e delle Province, individua tipologie e tecniche costruttive innovative per consentire una ottimizzazione dell’uso dei manufatti, un loro migliore inserimento ambientale e favorire il recupero delle aree dismesse”. Relativamente alle quantità minime di spazi al servizio di insediamenti a carattere produttivo industriale ed artigianale, la L.R. 31/1997 segna una tappa non trascurabile in merito all’incremento degli standard, che ora devono essere assicurati, complessivamente, in ragione del 15% della superficie interessata dall’insediamento; l’articolo 43 stabilisce infatti che “le aree per parcheggio pubblico, escluse le sedi viarie, siano in misura non inferiore al 10% dell’intera superficie della zona destinata agli insediamenti, e che le aree per verde pubblico siano in misura non inferiore al 5% della stessa superficie, da utilizzare come verde ornamentale”. Viene inoltre sancito che “… all’interno dei singoli lotti, … negli spazi destinati a verde privato, le alberature di alto e medio fusto debbono corrispondere almeno al rapporto di una ogni 40 mq di superficie di area libera dalle costruzioni”. Nello stesso anno è stato affrontato, sul piano normativo, il tema della riqualificazione urbana, che trova nella legge regionale 11 aprile 1997, n. 13, una sua precisa codificazione. Con questo provvedimento, la Regione Umbria ha introdotto i programmi urbani complessi (PUC)13, quali strumenti operativi di programmazione economica e territoriale, attuati mediante progetti unitari di interesse pubblico, di dimensione e consistenza tali da incidere sulla riorganizzazione di parti di città. L’art. 3 prevede che la formazione dei PUC sia promossa dai Comuni, con particolare riferimento a centri storici ed aree periferiche degradati e/o privi di identità urbana, nonché ad “aree con destinazione produttiva e terziaria dismesse, parzialmente utilizzate o degradate”.

13 La L.R. 13/1997 disciplina la formazione dei PUC in base al disposto della L. 17 febbraio 1992, n. 179 “Norme per l’edilizia residenziale pubblica” e della L. 4 dicembre 1993, n. 493 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, recante disposizioni per l’accelerazione degli investimenti a sostegno dell’occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia”.

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DENTRO L’UMBRIA due484

Risultano evidenti le opportunità di riconversione dei siti dismessi offerte dal testo di legge che, nel fondere i contenuti dei programmi integrati di intervento di cui alla L. 179/1992 e dei programmi di recupero urbano di cui alla L. 493/1993, ha effetti-vamente aperto una nuova fase nel processo di riqualificazione delle città, in virtù della pluralità delle finzioni insediabili nei contesti interessati dai programmi, della molteplicità delle tipologie di intervento, nonché dell’integrazione tra operatori pubblici e privati. L’azione legislativa regionale viene affiancata, tra il 1997 e il 2000, da una serie di provvedimenti nazionali che, a partire dalla “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa” (L. 15 marzo 1997, n. 59), introducono elementi innovativi nella gestione delle aree produttive, tra cui l’istituzione dello sportello unico per le attività produttive, noto come SUAP. Tra le misure di attuazione del D.Lgs 31 marzo 1998, n. 11214, rilievo strategico assumono quelle finalizzate all'avvio dello sportello unico per le attività produttive, previsti agli articoli 23, 24 e 25 del decreto. Tale strumento è volto ad assicurare, previa predisposizione di un archivio informatico contenente i necessari elementi informativi, l'accesso gratuito, anche in via telematica, alle informazioni sugli adempimenti necessari per le procedure previste dal presente regolamento, all'elenco delle domande di autorizzazione presentate, allo stato del loro iter procedurale, nonché a tutte le informazioni utili disponibili a livello regionale comprese quelle concernenti le attività promozionali15. Le numerose semplificazioni introdotte dai citati articoli 23 e seguenti del decreto n. 112 del 1998 sono successivamente riconfluite nel D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447 come modificato dal D.P.R. 7 dicembre 2000, n. 440, recante norme di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l'ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi, per l'esecuzione di opere interne ai fabbricati, nonché per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi a norma dell'art. 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59. La rilevanza del nuovo assetto amministrativo risultante dalla normativa ricordata, e l'attesa dei positivi effetti del predetto assetto sullo sviluppo economico sono testimoniate dal ruolo attribuito all’innovazione nel Patto sociale per lo sviluppo e

14 Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 112 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 92 del 21 aprile 1998 – Supplemento Ordinario n. 77. 15 La struttura, su richiesta degli interessati, si pronuncia sulla conformità, allo stato degli atti, in possesso della struttura, dei progetti preliminari dai medesimi sottoposti al suo parere con i vigenti strumenti di pianificazione paesistica, territoriale e urbanistica, senza che ciò pregiudichi la definizione dell'eventuale successivo procedimento autorizzatorio. La struttura si pronuncia entro novanta giorni. Qualora i comuni aderiscano ad un patto territoriale ovvero abbiano sottoscritto un patto d’area la struttura incaricata dell’esercizio delle funzioni ad essi attribuite può coincidere con il soggetto responsabile del patto territoriale o con il responsabile unico del contratto d'area.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 485

l'occupazione, stipulato il 1 febbraio 1999 tra Governo e parti sociali, cui hanno aderito regioni, province e comuni. La più recente legge regionale 22 febbraio 2005, n. 11, che ha in sostanza sostituito la L.R. 31/1997 in quanto recante “Norme in materia di governo del territorio: pianificazione urbanistica comunale”, riprende il tema delle aree produttive all’articolo 21, confermando che il piano attuativo di iniziativa pubblica riguarda, tra l’altro, “le aree da acquisire per la realizzazione di insediamenti produttivi ai sensi dell’articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865”, e che “la formazione di tale piano non è soggetta alla preventiva autorizzazione”. Un interessante fattore innovativo è rappresentato dall’introduzione del “programma urbanistico”, strumento di attuazione del PRG, espressamente finalizzato alla riqualificazione urbana, tema ispiratore di una consistente parte dell’azione di governo della Regione Umbria impostata con l’emanazione della L.R. 13/1997 precedentemente citata. L’articolo 28 della L.R. 11/2005 sancisce infatti che “il programma urbanistico è costituito da un insieme organico di interventi relativi alle opere di urbanizzazione, alle infrastrutture, all’edilizia per la residenza, per le attività produttive ed i servizi, al superamento delle barriere architettoniche” e che l’attuazione di tali interventi viene favorita dal PRG mediante norme di tipo premiale. Lo stesso articolo afferma che, nel caso il programma urbanistico presenti contenuti e forma dei programmi urbani complessi di cui alla L.R. 13/1997, “… le maggiorazioni di edificabilità sono dimensionate tenendo anche conto dei contributi finanziari pubblici eventualmente attribuiti dalla Regione”. Le aree produttive nel DST della Regione Umbria La Regione dell’Umbria nel 2008 ha concluso, dopo una fase ricognitiva e concertativa svolta nel biennio 2006 e 2008 e sulla scorta dell’insieme dei riferimenti programmatici di livello nazionale (Quadro Strategico Nazionale) ed europeo (Territorial Agenda for the EU 2007-2010 ed European Spatial Planning Observatory Network), la definizione del Disegno Strategico Territoriale. Il DST è lo strumento con il quale la Regione ha inteso soddisfare due obiettivi fondamentali: quello di definire una visione strategica del territorio regionale, in relazione alla collocazione nel contesto nazionale (“territorio snodo”), in collegamento con le politiche europee in materia di coesione territoriale e all’allocazione ed utilizzo dei fondi strutturali16 e quello di superare l’ottica del Piano Urbanistico Territoriale,

16 Il DST ha corrisposto anche all’esigenza di contribuire alla costruzione del Disegno Strategico Regionale, che ha rappresentato uno dei documenti con il quale la Regione Umbria ha partecipato, di concerto con lo Stato Italiano Italiano, alla EU programmazione 2007-2013, ed in particolare alla cooperazione territoriale europea per la quale i singoli Stati Membri hanno prodotto i QSN ai quali fanno pi riferimento i PO Nazionali e Regionali.

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DENTRO L’UMBRIA due486

passando dall’attuale rigidità di “Piano quadro”, ad uno strumento più flessibile, adatto a promuovere una territorializzazione dello sviluppo, basata sulla formula “Umbria laboratorio di sostenibilità”, in cui al centro è posta non solo la qualità ambientale come modello intorno a cui costruire politiche concertate e multilivello, ma anche il paesaggio “come categoria interpretativa e programmatica essenziale”17 . Il DST pertanto, a cui è affidato un ruolo programmatico-progettuale, dialoga strettamente con le politiche paesistiche regionali, articolate e specificate nel Piano Paesaggistico Regionale. Questa struttura è rafforzata nella nuova L.R.13/2009, che però “rinomina” il DST trasformandolo in Piano Urbanistico Strategico Territoriale (P.U.S.T.), generando una seria confusione di strumenti e contenuti.18 E’ inoltre importante sottolineare l’operatività del DST, attraverso i progetti strategici regionali che vanno a costituire l’Agenda Territoriale Regionale di riferimento per lo sviluppo, facendo riferimento ai quali, ed in coerenza con le linee strategiche, le amministrazioni locali potranno definire progetti di iniziativa locale, ovvero Progetti di Iniziativa dei Territori (PIT19) per i quali sarà possibile attivare diverse forme di finanziamento (tra cui fondi POR per i Progetti Integrati Territoriali). Tali progetti faranno parte di uno specifico Repertorio: il DST stabilisce criteri di scelta per il loro inserimento, che ne consentirà il finanziamento e la realizzazione. Pertanto il DST si muove coniugando due approcci: quello top-down, per il quale viene individuata una visone strategica di sviluppo alla macroscala, trattata per sistemi strutturanti (infrastrutture, reti di città, sistema ambientale, socio culturale e spazio rurale, sistema produttivo), linee strategiche di sviluppo (articolate in obiettivi strategici integrati e strategie settoriali) e progetti strategici regionali20, quello bottom-up che mira a raccogliere le istanze di sviluppo provenienti dagli enti territoriali attraverso la costruzione del repertorio delle iniziative locali. Gli scenari del DST afferenti al sistema produttivo Il DST individua, estremizzandone le traiettorie evolutive, tre scenari: quello delle disarticolazioni progressive, dello sviluppo autocentrato e del policentrismo reticolare multilivello, indicando quest’ultimo quale modello territoriale da percorrere. Rispetto alle tendenze

17 Dalla Premessa, Territorializzare lo sviluppo.Ruolo e significati del DST, pag.III 18 Per altre considerazioni sulla nuova legge regionale si veda il precedente paragrafo sugli aspetti normativi. 19 Nel POR Umbria con Progettazione Integrata Territoriale vengono definiti quell’ “insieme di operazioni funzionalmente collegate, finalizzate al raggiungimento di un obiettivo comune che potranno comprendere, altresì, interventi relativi alle aree urbane minori all’interno di un area sovra-communale”. 20 Sono progetti strategici regionali: la Direttrice longitudinale nord – sud; il sistema delle direttrici trasversali est-ovest; il Progetto Tevere; il Progetto Appennino; il Progetto di Reti e di Centri storici; il Progetto capacità produttiva e sostenibilità; la rete di cablaggio a banda larga; tali progetti di natura inter e sovracomunale, si realizzeranno per successivi gradi di approfondimento anche attraverso i progetti integrati locali.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 487

centrifughe di alcune aree regionali (Trasimeno, Città di Castello verso la Toscana, Narnese-ternano verso Roma, Orvietano verso la Tuscia), in considerazione della evidente attrazione da parte di aree più forti sotto il profilo occupazionale, della competitività strategica, in particolare le Marche con il sistema delle PMI, dell’offerta di servizi alla scala territoriale, l’opzione è quella di trasformare le relazioni da centrifughe a “biunivoche”, attraverso un riequilibrio fondato sulla “possibilità di qualificare la massa critica dei sistemi produttivi, legando più strettamente distretti e territori, riducendo gli effetti negativi di una disarticolazione territoriale delle aree produttive che nella regione risulta essere eccessivamente frammentata e dispersa.” 21 Lo scenario policentrico reticolare si basa sull’attuazione di diversi programmi di potenziamento delle reti infrastrutturali (viarie, ferroviarie, aeroporti, logistiche, telecomunicazioni) “articolati in un telaio multimodale di supporto alla presenza di città, concepite a loro volta come nodi di reti alle diverse scale”22, ed alla opzione che tali reti si possano riposizionare ad un livello non solo nazionale (centro Italia), ma anche internazionale. Il rischio evidenziato è che un troppo forte accento sulle infrastrutture, così come contenuto nel QSN ed in particolare nella proposta della “Piattaforma territoriale integrata”, considerate come opere fisiche e non come relazioni multilivello, comprometta il patrimonio paesaggistico ed ambientale, “risorsa decisiva per un nuovo modello di sviluppo basato sulla qualità e sull’univocità dell’offerta regionale di beni non riproducibili”23. Dal punto di vista delle strategie, fortemente connesse alla riqualificazione e razionalizzazione del sistema produttivo (sistema strutturante), si afferma che “è opportuno che al rafforzamento del tessuto infrastrutturale si accompagni uno sviluppo qualificato del sistema produttivo, con particolare riferimento alla piccola e media impresa (P.M.I), del sistema insediativo e una ulteriore valorizzazione del sistema paesistico-ambientale”24. Gli assi portanti del modello infrastrutturale viario, nella prospettiva a medio-lungo termine, sono costituiti dal tracciato della E45, trasformato in autostrada (Dorsale Centrale: Mestre-Orte-Civitavecchia), facente parte del Corridoio 1 Berlino-Palermo, che incrocia i “trasversali” di collegamento tra il Tirreno (Civitavecchia) e l’Adriatico (Ancona), e la realizzazione del Progetto Quadrilatero Umbria-Marche con il potenziamento dei collegamenti con le Marche lungo la Perugia-Ancona (SS.76 e SS.318), della Foligno-Civitavecchia (SS.77), la Grosseto-Fano (E78), la Tre Valli. Il sistema viario è rafforzato dal “ferro”, attraverso lo sviluppo della Ferrovia Centrale Umbra, con il prolungamento verso Arezzo per il collegamento all’alta velocità, il potenziamento e raddoppio della tratta Orte-Falconara e la velocizzazione della Foligno-Perugia-Terontola. Inoltre la piattaforma territoriale interregionale (“Appennino centrale”) prevede una migliore connettività dell’area

21 Dal capitolo “La struttura del Disegno Strategico Territoriale”, pg. 4 22 Dal capitolo “La struttura del Disegno Strategico Territoriale”, pg. 5 23 Dal capitolo “La struttura del Disegno Strategico Territoriale”, pg. 6 24 Dal capitolo “La struttura del Disegno Strategico Territoriale”, pg. 2

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DENTRO L’UMBRIA due488

ternana con Rieti, con il completamento della superstrada, e con l’Aquila, attraverso la linea ferroviaria già esistente. A questo quadro delle reti infrastrutturali per la mobilità si aggiunge il potenziamento e internazionalizzazione dell’aeroporto di S.Egidio e le piattaforme logistiche di Città di Castello, Foligno e Terni, essenziali per le attività produttive in quanto presupposti della riorganizzazione del trasporto e stoccaggio merci, della logistica e della intermodalità ferro-gomma (Terni e Foligno). Alla base nel DST risultano inoltre fondamentali gli obiettivi di integrazione tra i sistemi strutturanti indicati; tra queste, relativamente al tema di interesse degli insediamenti produttivi, si cita quello di “incentivare la costituzione di comunità di imprese e consorzi produttivi e forme di coordinamento gestionale, in grado di migliorare le prestazioni ambientali, attraverso la riduzione degli impatti, l’utilizzo efficiente delle risorse territoriali (a partire dalla struttura insediativa e dal suolo), l’impiego di energie rinnovabili, l’organizzazione sostenibile dei cicli produttivi, in vista del miglioramento ambientale, paesistico e sociale dei contesti insediativi.”25 Le analisi contenute nel D.S.T. evidenziano una sostanziale stazionarietà dei settori portanti l’economia regionale: il comparto metalmeccanica, con una maggiore concentrazione nel ternano quale indotto della presenza della grande industria siderurgica, nonché di “milieu” connesso con le professionalità presenti nel mercato del lavoro; il settore della chimica, ugualmente concentrato nella conca ternana con i poli chimici di Terni e Narni, il settore della ceramica nelle aree storicamente specializzate di Deruta, Gubbio, Gualdo Tadino e Orvieto, il settore tessile, anch’esso “storicizzato” nel centro Umbria (Magione, Corciano, Perugia, Assisi, Basta Umbra); l’agroalimentare più diffuso nei centri e comuni minori e nelle aree rurali interne. Rispetto alle localizzazione delle aree produttive si conferma quanto emerso dalla ricerca IRRES del 1997: elevata frammentazione della aree, dispersione in piccoli nuclei, non interrelati, della dimensione media di pochi ettari, in gran parte già saturi (84% del totale). Nuovo respiro deriva dai Piani comunali di recente o recentissima formazione, nonché dai siti industriali dismessi o sottoutilizzati. Le iniziative in corso riportate nel D.S.T. si riferiscono ad una serie di strumenti di programmazione: i 10 Progetti caratterizzanti contenuti nel D.A.P. 2007-2009, riferiti agli obiettivi strategici del “Patto per lo Sviluppo dell’Umbria, 2^ fase”(dicembre 2006), tra cui, d’interesse per la tematica delle aree produttive, i progetti 1,2 e 3 (Promozione dell’efficienza e del risparmio energetico, produzione e uso energie rinnovabili; eliminazione del divario digitale dei territori; promozione della costituzione di network stabili di imprese orientati all’innovazione); i bandi in corso in attuazione del POR FESR (2007-2013) tra cui i bandi di aiuti alle imprese per attività di Ricerca e Sviluppo e investimenti innovativi, che “premiano”, assegnando percentuali consistenti di risorse, i progetti presentati da network di imprese stabili o con più evidenti caratteri di stabilità ed il bando nei settori dei materiali speciali metallurgici, delle micro e nano tecnologie, della meccanica avanzata e della

25 Dal capitolo “La struttura del Disegno Strategico Territoriale”, pg. 14

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AURAPPORTI: RES 2008-09 489

meccatronica. Per quanto attiene il miglioramento e potenziamento delle aree produttive la seconda fase della misura 1.1. del Docup Ob.2 prevede investimenti volti a “ridurre i gap attinenti l’accessibilità ed altre criticità infrastrutturali, nonché a realizzare un compendio di arre destinato a migliorare la localizzazione di impianti produttivi esistenti”. Le aree oggetto di finanziamento riguardano Spoleto, l’eugubino-gualdese e Corciano-Magione, aree poste lungo l’asse della E45 (Torgiano, Deruta, Collazione, Marciano, Todi, Massa Martana), l’alta Valle del Tevere (Città di Castello, Umbertine, Montone), la Valle Umbra Nord (Assisi e Bastia Umbra), Piegaro, Panicale e, unica area in provincia di Terni, Baschi. Relativamente alle strategie settoriali, sintetizzate nella carta n.6, l’obiettivo strategico di una organizzazione del sistema produttivo orientata all’utilizzo delle risorse territoriali secondo forme innovative, viene declinata secondo le seguenti azioni-indirizzo:

limitazione della nascita di nuove aree industriali ed all’ulteriore frammentazione delle zone produttive, attraverso iniziative a base intercomunale; rafforzamento delle filiere produttive di qualità, specializzazione tecnologica e certificazione ambientale; incentivazione di forme di associazione tra imprese e costituzione di consorzi per la razionalizzazione delle localizzazioni; promozione del recupero e riuso delle aree dimesse, progetti pilota sulla sostenibilità ambientale, paesistica ed energetica, cicli e insediamenti produttivi, ridefinizione della logistica a supporto delle città (piattaforme, autoporti, logistica di prossimità); promozione di attività formative specializzate/superiori nel campo della qualificazione produttiva e sostenibilità ambientale promozione ricorso energie alternative, secondo forme compatibili con le caratteristiche ambientali.

La carta inoltre contiene l’indicazione delle aree produttive e delle aree di eccellenza produttiva esistenti e di progetto; tra queste, di livello intercomunale, sono indicate: l’asse Montone-Umbertide e Magione-Corciano; l’area Gualdo Tadino; l’ambito valle Umbra con i “distretti” di Bastia Umbra, Bettona, Deruta, Marciano; l’area Fratta Todina, Montecastello di Vibio, Todi; l’area Terni-Narni. Il DST come accennato contiene inoltre Progetti strategici, tra cui il Progetto Capacità produttiva e sostenibilità. Il progetto parte da alcuni nodi problematici e carenze dimostrate dal sistema produttivo ed in particolare dalla “non capacità di rispondere alla domanda” sia in termini di offerta alle esigenze espresse dalle grandi imprese e dagli investitori, sia di scarsa produttività ed efficienza delle PMI, compromessa da costi elevati. Viene a tale proposito fortemente rilevata l’inefficienza in termini di sfruttamento eccessivo di risorse, un modello che manifesta la sua non–sostenibilità e che pone pesanti contraddizioni con gli ambiti ed i contesti locali dove è insediato.

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Obiettivo prioritario è quindi una riconversione produttiva che, oltre a orientarsi verso forme di alta qualità insediativa e dei cicli produttivi (sul modello degli Environment Park, degli Eco-industrual Parks o delle italiane APEA), sappia utilizzare creati-vamente le risorse locali, in termini di capitale sociale, contribuendo a far crescere le conoscenze e le competenze locali. Altri nodi sono rilevati nella localizzazione dei nuovi insediamenti, localizzati in aree residuali ed in contesti territoriali di scarsa fruibilità dal punto di vista logistico ed infrastrutturale, nonché nelle procedure per la realizzazione che risultano eccessivamente lunghe, soprattutto qualora collegate a varianti del Piano regolatore, parte strutturale. Il Progetto Capacità produttiva e sostenibilità evidenzia pertanto delle politiche, dettagliandole rispetto a quelle riportate sinteticamente nella carta di sistema, ed una serie di definizioni operative, rimandate in particolare ai PTC provinciali, volte a definire i requisiti ambientali degli insediamenti produttivi e del ciclo produttivo, gli aspetti organizzativi, sulla scorta del modello APEA (individuazione soggetto gestore che attua un programma ambientale condiviso con gli enti locali, gestione comune con la partecipazione delle imprese dei servizi e delle infrastrutture per distretto o ambito produttivo), criteri per la pianificazione e progettazione, distinguendo tra nuovi insediamenti e riqualificazione dell’esistente (come peraltro già contenuto nel PTCP di Terni n.d.a), individua azioni quali quelle di legare le filiere produttive ai centri di istruzione e ricerca esistenti (quindi alle reti di città), disegnare per l’intera regione, specificandole per distretti, le filiere produttive e l’organizzazione complessiva del sistema, attraverso strumenti del tipo dell’Accordo Territoriale, avendo quale riferimento il contesto geografico di paesaggio. Il tema delle aree produttive nella storia della Regione Umbria L’indagine sullo stato e le caratteristiche delle aree destinate ad insediamenti produttivi dagli strumenti urbanistici generali (IRRES, 1995-96) Sia nel Docup Obiettivo 2 che nel Docup Obiettivo 5b era prevista una serie di Misure finalizzate alla costruzione di un quadro economico conoscitivo e della conseguente individuazione delle problematiche e delle potenzialità delle aree produttive presenti nel territorio regionale. Nel 1° Asse prioritario “Consolidamento, qualificazione e ampliamento della base produttiva esistente e creazione di nuove iniziative produttive”, il Docup Obiettivo 2 conteneva una specifica Misura (la 1.6) destinata “a finanziare un numero limitato di aree di insediamento produttivo (industriale e artigianale) dotate di elevati standard qualitativi, strategicamente funzionali allo sviluppo equilibrato dell’area e all’attrazione di nuove iniziative … previa ricognizione del sistema insediativo dell’intera area”. Al contempo, la Misura 1.5 prevedeva l’istituzione di una “agenzia” mirata alla ricerca e all’attuazione di iniziative imprenditoriali esogene mediante un “marketing d’area”.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 491

Emergeva, pertanto, la necessità di un adeguato apparato informativo sulla situazione dell’offerta insediativa nell’intera area di competenza, utile a fornire informazioni circa: le possibilità di insediamento; le eventuali carenze infrastrutturali e di servizio, nonché le esigenze di impianto di servizi a rete; i fenomeni di inquinamento di aree industriali in relazione agli interventi predisposti dal 3° Asse prioritario “Tutela, conservazione e politiche per l’ambiente al fine di creare condizioni per lo sviluppo sostenibile”, comprendenti aiuti alle imprese per investimenti ambientali ed interventi per il recupero dei siti degradati. Analoghe finalità caratterizzavano il Docup Obiettivo 5b, ed in particolare il Sottoprogramma 5 “Sviluppo e consolidamento PMI e Artigianato”, volto a “valorizzare e razionalizzare i servizi resi dalle aree attrezzate presenti nel territorio di un’indagine preliminare, da finanziare nell’ambito del programma”, sia per trarre i maggiori vantaggi dall’azione delle diverse Misure del Sottoprogramma, sia per individuarne le eventuali difficoltà di attuazione, alla luce dello scopo fondamentale, di rilevanza strategica, di “rafforzare e qualificare l’offerta e la domanda di servizi alla produzione”. Si attendevano, peraltro, risposte in grado di supportare la selezione e valutazione degli interventi relativi alle seguenti Misure:

5.2 “Aiuti alle imprese artigiane di produzione e servizi alla produzione”, comprensiva del sostegno alle “rilocalizzazioni in aree attrezzate” ed il “recupero di contenitori industriali dismessi”; 5.3 “Sostegno e assistenza alla creazione di imprese”; 5.4 “Servizi reali alle imprese”, tenendo conto della “agevolazione della domanda di servizi” e della “predisposizione e promozione pubblica per l’approntamento di servizi innovativi a carattere orizzontale”.

Non veniva trascurata, infine, l’importanza della Misura 4.1 “Aiuti alle PMI a fini ambientali”, al fine di impostare azioni efficaci e coordinate nell’ambito di agglomerati produttivi di varia dimensione. Dalle istanze sopra menzionate è scaturita, nel 1995, l’esigenza di un apposita ricerca sullo stato e sulle caratteristiche delle aree produttive previste negli strumenti urbanistici generali, commissionata all’IRRES dalla Giunta Regionale, condotta omogeneamente sull’intero territorio dell’Umbria e volta alla realizzazione di un “Atlante delle aree produttive” e di una banca dati per la gestione delle conoscenze relative all’offerta insediativa e alla situazione ambientale delle aree stesse. La ricerca sullo stato e le caratteristiche delle aree destinate ad insediamenti produttivi dagli strumenti urbanistici, effettuata dall’IRRES nel 1995-1996, ha tenuto conto di una terminologia apposita, in parte tratta dalle codificazioni fissate dalla legislazione urbanistica ed in parte elaborata ad hoc, per le specifiche esigenze di trattazione del dato. Riepilogando sinteticamente l’impostazione della ricerca, occorre puntualizzare che la stessa prende in considerazione le aree classificate “produttive” dagli strumenti

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DENTRO L’UMBRIA due492

urbanistici comunali (PRG e/o PdF), e più precisamente, fra queste, le aree a destinazione industriale ed artigianale, incluse quelle con annesse previsioni commerciali (ad esempio “zone CAI”: commerciali-artigianali-industriali). Si precisa con ciò che non sono state prese in considerazione le aree connotate da esclusiva destinazione commerciale, sebbene queste facciano parte delle zone produttive intese in senso lato. Nell’ambito degli strumenti urbanistici di ciascun Comune, sono state rilevate le singole zone produttive con numerazione progressiva, individuate secondo il criterio dell’uniformità normativa. Le singole zone sono state contestualmente raggruppate in “agglomerati”, ovvero in insiemi funzionali per localizzazione e genesi delle aree stesse; tale operazione ha consentito di esaminare caratteristiche e problematiche non altrimenti valutabili, come le dotazioni infrastrutturali. Nelle due Relazioni generali26 inerenti gli ambiti territoriali dell’Obiettivo 5b e dell’Obiettivo 2 sono sintetizzati gli obiettivi, la metodologia ed i risultati dell’indagine, con valutazioni generali sul numero complessivo di zone e di agglomerati per comune e indicazioni circa le classi di disponibilità insediativa. In esse viene altresì illustrato l’assetto infrastrutturale e dei servizi connessi alle aree produttive, oltre al quadro complessivo della strumentazione e della normativa per la gestione delle aree produttive (strumenti urbanistici generali e strumenti attuativi) a livello comunale. La Relazione sullo stato dell’ambiente è stata a sua volta articolata secondo gli aspetti metodologici (analisi dei servizi esistenti negli agglomerati industriali, stima del fabbisogno idrico e della produzione di reflui e rifiuti), la sintesi delle informazioni acquisite (analisi a scala di agglomerato industriale) e la sintesi dei risultati della ricerca nei comuni compresi nei due ambiti. Tra le tante informazioni acquisite nell’indagine IRRES 1995-96, sembra opportuno soffermarsi su alcuni dati principali, utili a dare “l’ordine delle grandezze”: sono stati infatti individuati 578 agglomerati produttivi nel territorio regionale, per una superficie complessiva di ha 7.293,64.

Quadro di riferimento territoriale regionale al 1996

N° tot. Agglom.

1996

Sup. dismesse

(ha)

Sup. servizi (ha)

Sup. libere (ha)

Sup. miste (ha)

Sup. sature (ha)

Sup. verdi (ha)

Sup. variante

(ha)

Sup. totale (ha)

578 14,40 349,99 1196,05 2517,04 2845,22 201,50 169,42 7293,64 Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT.

26 Le due Relazioni generali contengono inoltre i seguenti allegati: 1) archivio informatizzato derivato dagli archivi esistenti (Cerved, Sviluppumbria, IRRES); 2) schede di rilevamento dati utilizzate per la raccolta di informazioni sull’ambiente presso gli Uffici Comunali; 3) questionario compilato dagli intervistatori presso gli Uffici Comunali; 4) progetto di informatizzazione e gestione delle informazioni raccolte dall’indagine; 5) appendice metodologica alla Relazione sullo stato dell’ambiente.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 493

L’articolazione del quadro di riferimento regionale 1996 in base alle diverse tipologie di zona27 ha evidenziato le quantità più significative in merito alle zone sature e alle zone miste (rispettivamente il 39,0% e il 34,5% della superficie complessiva degli agglomerati), cui ha fatto riscontro il 16,4% riferito alle zone totalmente libere. La rimanente quota di superficie è composta da servizi (4,8%), aree verdi funzionali alle aree produttive (2,8%), zone soggette a variante urbanistica (2,3%) e siti dismessi (0,2%). La riqualificazione dell’offerta insediativa nel Docup Obiettivo 2 2000-2006 L’esigenza di creare un ambiente favorevole alla crescita e allo sviluppo delle imprese ha connotato le attività perseguite dalla Regione Umbria riferite alla Misura 1.1 del Docup Ob. 2 2000-200628, codificate nel Programma Regionale “Riqualificazione dell’offerta insediativa per le attività produttive”. Tale Misura, che ha previsto come soggetti attuatori gli enti locali e le loro forme associate, si è rivolta all’incremento dell’efficienza strutturale e delle convenienze localizzative, anche attraverso il recupero dei siti dismessi, per fronteggiare carenze tecnico-ambientali, di servizi e di accessibilità.

27 Glossario – Agglomerato: insieme di zone industriali ed artigianali legate da relazioni reciproche, inclusi parcheggi, aree per servizi ed aree verdi funzionali alle aree produttive; Zona: area individuata da un unico perimetro, contraddistinta da omogenea normativa urbanistica; Area dismessa: superficie territoriale edificata non utilizzata, nella quale l’inserimento di attività produttive comporta consistenti interventi di ristrutturazione edilizia o urbanistica; Servizi: superfici destinate a servizi pubblici e/o privati (comprese aree di parcheggio) dallo strumento urbanistico generale, funzionali alle aree produttive; Zona libera: area disponibile nella quale non risultano insediate attività produttive conformi ai piani urbanistici; Zona mista: area parzialmente occupata secondo l’Indagine IRRES 1995-96; nel corso dei successivi aggiornamenti dell’indagine si è convenuto di dare un’accezione più ampia al termine, ricomprendendovi anche aree per le quali non è possibile identificare in maniera chiara ed univoca l’esclusiva destinazione produttiva; Zona satura: area occupata, edificata o non edificata, nella quale risultano insediate attività produttive conformi ai piani urbanistici; Verdi: superfici destinate a verde pubblico e/o privato dallo strumento urbanistico generale, funzionali alle aree produttive; Varianti: aree produttive interessate da varianti approvate o adottate allo strumento urbanistico generale. 28 Il Docup Ob. 2 2000-2006 abbraccia un periodo temporale di 8 anni, dal 2001 al 2008. Le aree di intervento sono rappresentate da tutto il territorio regionale esclusa la zona urbana del Comune di Perugia. Le aree elegibili, a loro volta, si dividono in aree obiettivo 2 e aree a sostegno transitorio (queste ultime sono le zone con un più elevato livello di sviluppo e quindi beneficiano di minori risorse). La popolazione (riferimento anno 1996) delle arre obiettivo 2 è di 440.053 abitanti, mentre quella delle aree a sostegno transitorio è 253.721. Le principali infrastrutture realizzate con il Docup hanno riguardato la riqualificazione delle aree per insediamenti produttivi, il recupero di aree urbane e progetti di valorizzazione di risorse naturali e culturali (musei, parchi naturali, ecc), senza trascurare anche le infrastrutture ambientali (acquedotti, depuratori, smaltimento rifiuti e bonifica siti inquinati).

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DENTRO L’UMBRIA due494

Le suddette criticità, rilevanti e diffuse nel sistema insediativo regionale, unitamente all’elevata frammentazione che crea diseconomie e riflessi negativi nell’ambiente, nel paesaggio e nell’uso del suolo, hanno condotto alla predisposizione di un Programma Regionale di vasta portata e con effetti nel medio periodo, volto al riequilibrio e alla riqualificazione su standard qualitativamente elevati dell’offerta insediativa nell’intero territorio regionale, comprese le aree non elegibili ai fondi comunitari. La misura è articolata in due azioni: l’azione 1.1.1 “Interventi di realizzazione, ampliamento e riqualificazione di aree insediative su standard qualitativamente elevati” e l’azione 1.1.2 “Interventi a sostegno della progettualità”. Considerata la complessità e la lunghezza dei tempi di definizione del Programma, non compatibili con i più stringenti tempi della Programmazione Comunitaria, come indicati nel Reg. CE 1260/99, l’attuazione della suddetta Azione 1.1.1. è avvenuta in due fasi. La prima fase è stata avviata, attraverso apposito avviso pubblico (n. 7272 del 7/8/2002), nelle more della predisposizione del Programma Regionale suddetto, in stretta coerenza con la scheda della Misura 1.1., Azione 1.1.1. e nelle sole zone Ob.2, in quanto la scarsità delle risorse programmate per le zone in phasing out non avrebbe consentito di finanziare un apprezzabile numero di progetti. Contestualmente all’avvio della prima fase, la Giunta Regionale, con lo stesso atto n. 1096 del 31/7/2002, ha deliberato l’avvio della seconda fase, la cui attuazione è prevista attraverso la predisposizione del Programma Regionale. In tale ambito si sono volute individuare le iniziative volte alla riqualificazione e razionalizzazione dell’offerta insediativa, coerenti con i criteri tracciati nella scheda di Misura e di Azione e ritenute strategiche per lo sviluppo sostenibile del sistema economico regionale. Nell’ambito dell’Azione 1.1.2 della Misura 1.1 sono stati avviati interventi differenziati per il potenziamento delle strutture di monitoraggio ambientale nelle aree produttive, per l’archiviazione, aggiornamento e diffusione dell’informazione e per il finanziamento di studi di prefattibilità da redigere a cura degli Enti Locali e loro Associazioni. Nella stessa Azione 1.1.2 si colloca l’”Avviso per il finanziamento di studi di prefattibilità redatti da Enti locali e loro forme associate finalizzati agli interventi di riqualificazione delle aree produttive in ambito Ob. 2 e Phasing-out del Docup (2000-2006)”, approvato con Determinazione Dirigenziale 16 luglio 2003, n. 6503. Tale iniziativa è volta da un lato a costituire presso ciascun Ente locale o Associazione un coerente apparato di conoscenze, incrementabile nel tempo, per la individuazione di carenze quali-quantitative e potenzialità di sviluppo delle aree produttive, già esistenti o previste nei piani urbanistici, dall’altro a fornire strumenti per la individuazione delle soluzioni infrastrutturali, urbanistiche, di miglioramento ambientale e amministrativo/negoziali che meglio rispondono agli obiettivi di riqualificazione, individuati nella specifica realtà locale.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 495

Hanno aderito all’Avviso regionale dieci Comuni e due Consorzi29, che hanno presentato studi riguardanti le tematiche della qualità ambientale, dei servizi allo sviluppo delle attività produttive, della dotazione Infrastrutturale, dei caratteri urbanistici ed insediativi. Gli obiettivi fondamentali delle elaborazioni possono essere identificati nella riduzione delle situazioni di criticità, nel soddisfacimento dei fabbisogni emergenti, nel miglioramento qualitativo e prestazionale degli agglomerati esaminati, nel potenziamento delle specifiche opportunità di sviluppo. Il grafico sintetizza una lettura delle tipologie di intervento complessivamente proposte dagli Enti partecipanti. Sintesi degli interventi proposti da Enti locali e loro forme associate negli studi di prefattibilità finalizzati agli interventi di riqualificazione delle aree produttive (D.D. Regione Umbria 16 luglio 2003, n. 6503)

Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT.

29 Gli Enti che hanno partecipato all’Avviso regionale sono i Comuni di Castel Ritaldi, Narni, Nocera Umbra, Spoleto, Todi, Cascia, Norcia, Otricoli, Spello, Foligno, il Consorzio Parco del Nera ed il Consorzio Nera-Velino.

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DENTRO L’UMBRIA due496

L’aggiornamento 2003 a cura dell’allora Servizio Informativo Territoriale della Regione Umbria, oggi Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale L’aggiornamento dell’Indagine IRRES 1995-96 nasce dalla necessità di intercettare le opportunità, ma anche le criticità del nuovo tessuto produttivo umbro anche alla luce delle esigenze espresse nel documento Docup Ob. 2 2000-2006, basate sulle necessità di riqualificare il quadro dell’offerta insediativa. Pertanto, la Regione ha scelto di riprendere la base informativa riferita all’intero territorio regionale, elaborata nel corso della precedente indagine, e sottoporla ad una profonda revisione, sia in termini quantitativi che in termini qualitativi. Inoltre le opportunità offerte dalla mutata normativa in materia di pianificazione urbanistica comunale introdotta dalla L.R. 31/1997, determinavano un favorevole quadro conoscitivo arricchito anche dai nuovi strumenti tecnologici che invitavano i Comuni ad informatizzare i nuovi PRG. L’indagine è stata coordinata dall’allora Servizio Informativo Territoriale della Regione Umbria (S.I.TER.) e condotta in collaborazione con gli uffici tecnici comunali, che hanno provveduto a comunicare l’aggiornamento o la revisione dei dati riguardanti le superfici e le geometrie di ogni singola zona a destinazione produttiva derivante dalle classificazioni dei PRG e appartenente ad ogni agglomerato. Nella stessa indagine si è provveduto anche ad aggiornare il set informativo riguardante la dotazione infrastrutturale dei singoli agglomerati, i cui dati sono andati a popolare il sito web “Umbriaeconomia”, predisposto e gestito dalla Regione Umbria. L’aggiornamento 2009 nell’ambito del Progetto “Sistema informatizzato di valutazione dei livelli di qualità degli insediamenti produttivi” (SITAV) Anche l’aggiornamento 2009 si colloca nell’ambito del Docup Ob. 2 2000-2006 ed in particolare nell’Azione 1.1.2 della Misura 1.1, volta a promuovere interventi a sostegno della progettualità. In questo contesto, è stato realizzato dal Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale della Regione Umbria, un sistema informatizzato di valutazione dei livelli di qualità degli insediamenti produttivi (SITAV), allo scopo di fornire un punto di osservazione qualificato sullo stato delle forme insediative del tessuto economico produttivo regionale. Si è scelto quindi di individuare negli agglomerati produttivi esaminati nelle precedenti indagini l’elemento conoscitivo elementare per la conoscenza della qualità del tessuto produttivo. In questo processo di revisione ed aggiornamento del patrimonio informativo derivante dalle precedenti indagini sono state nuovamente coinvolte le amministrazioni comunali, che hanno direttamente fornito i dati. L’ambito di applicazione territoriale di questo aggiornamento dell’indagine è costituito dai trentuno Comuni della Regione Umbria appartenenti ai dodici raggruppamenti omogenei territoriali individuati dal Docup Ob. 2 2000-2006, Misura 1.1, Azione 1.1.2.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 497

Nella tabella seguente viene ricostruito il quadro numerico degli agglomerati presenti in tali Comuni, con un raffronto al 1996 e al 2009. Tabella della frammentazione delle aree produttive – Confronto dati degli anni 1996-200930

COMUNE Numero agglomerati

1996 Numero agglomerati

2009 ASSISI 7 7 BASCHI 3 3 BASTIA 7 8 CASTEL VISCARDO 2 2 CITTA' DELLA PIEVE 14 17 CITTA' DI CASTELLO 14 15 COLLAZZONE 8 6 CORCIANO 31 27 DERUTA 11 6 FOLIGNO 20 17 FOSSATO DI VICO 4 4 FRATTA TODINA 5 5 GUALDO TADINO 9 9 GUBBIO 17 16 MAGIONE 34 20 MARSCIANO 21 10 MASSA MARTANA 7 15 MONTONE 4 3 NARNI 9 8 NOCERA UMBRA 4 4 ORVIETO 2 2 PANICALE 9 10 PERUGIA 63 53 PIEGARO 8 5 SAN GIUSTINO 7 7 SPELLO 5 5 SPOLETO 11 11 TERNI 5 6 TODI 11 8 TREVI 6 6 UMBERTIDE 14 11 Totali 372 326

Fonte: Dati SIAT.

30 La presente pubblicazione è corredata da un apparato di tavole cartografiche e dal relativo indice, disponibili nelle pagine istituzionali della Regione Umbria, curate dal Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale, nonché nel sito dell’Agenzia Umbria Ricerche (www.aur-umbria.it), in formato Adobe Acrobat Reader PDF.

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DENTRO L’UMBRIA due498

Offerta delle aree produttive per gli anni 1996 e 2009 per i 31 Comuni Docup Ob. 2 2000-2006 della Regione Umbria

Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 499

Il ruolo del nuovo Sistema informativo regionale ambientale e territoriale (SIAT) della Regione Umbria La Regione Umbria con la recente Legge Regionale n. 13 del 26 giugno 2009 ha istituito il Sistema informativo regionale ambientale e territoriale (SIAT), che costituisce il riferimento conoscitivo fondamentale per la definizione degli atti di governo del territorio e per la verifica dei loro effetti. Le funzioni del SIAT sono ricomprese all’interno della struttura regionale del Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale della Direzione Ambiente, Territorio e Infrastrutture della Regione Umbria. Esso si realizza attraverso il coordinamento di vari attori istituzionali, quali in primo luogo la Regione, le Province, i Comuni singoli o associati e tramite una infrastruttura di cooperazione applicativa tra i sistemi informativi appartenenti alle diverse amministrazioni pubbliche (domini applicativi). Il Sistema informativo regionale ambientale e territoriale ha il compito di definire le specifiche tecniche e gli standard informatici e informativi per la elaborazione e la rappresentazione dei dati ambientali e territoriali, implementando ed aggiornando l’infrastruttura regionale per i dati territoriali intesa come insieme di risorse informative, di applicazioni, di linee guida e standard per l’acquisizione, il trattamento, l’elaborazione e la diffusione di dati geografici, ambientali e territoriali e della relativa metadocumentazione. La costituzione e l’aggiornamento di un quadro conoscitivo del sistema produttivo umbro rappresenta uno degli ambiti di sviluppo del patrimonio informativo territoriale regionale. In questo contesto il SIAT rappresenta un polo di riferimento per l’informazione geografica e territoriale, che si realizza attraverso l’interoperabilità, la cooperazione e la condivisione delle informazioni fra gli enti e i soggetti partecipanti all’infrastruttura regionale. Le principali emergenze nella lettura dei PTCP

IL PTC DELLA PROVINCIA DI PERUGIA Attraverso l’analisi dei PRG, il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Perugia ha ricostruito un quadro dettagliato per singoli comuni, ma anche articolato per ambiti territoriali e per aggregazioni dimensionali, della pratica urbanistica dagli anni ‘70 alla prima metà degli anni ‘90, estraendo il modello evolutivo posto alla base delle scelte dei Comuni e valutandone i risultati conseguiti. Sebbene non sia stato possibile stabilire un rapporto di causalità diretta tra la pratica urbanistica dei Comuni e le trasformazioni territoriali avvenute nel periodo corrispondente all’interno dei singoli ambiti comunali (e ciò per vari motivi, tra cui la non linearità dei processi di trasformazione), l’analisi ha contribuito ad individuare se ed in quale misura i PRG hanno saputo accompagnare alle trasformazioni, originate da diverse cause, un

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DENTRO L’UMBRIA due500

processo di razionalizzazione delle strutture territoriali e garantire una quantità di elementi che possono essere indicatori di un livello qualitativo accettabile. Il lavoro svolto dalla Provincia in collaborazione con i Comuni per la formazione dei BUC31 può essere considerato il primo passo della copianificazione. Il PTCP ha rilevato, all’interno delle aree urbane, la tendenza dominante di una larga compatibilità, in tutte le aree a vocazione residenziale, tra residenza, commercio e servizi, compatibilità spesso non regolamentata. Le destinazioni monofunzionali invece sono presenti prevalentemente nelle NTA dei PRG particolarmente vecchi e non rinnovati dalle varianti recenti. Alla data di redazione del PTCP, per le zone produttive la destinazione monofunzionale risulta generalmente confermata per quelle di nuova realizzazione, mentre per quelle già in parte realizzate e oggetto di operazioni di trasformazione, il modello prevalente è quello di un sistema misto in cui le destinazioni produttive ed i servizi risultano prevalenti, senza tuttavia escludere possibili quote di residenza. Il quadro degli insediamenti produttivi presenta una realtà articolata: la consolidata diffusione di strumenti urbanistici previsionali ha favorito, con il ricorso alla zonizzazione delle destinazioni d’uso e grazie ad una scarsa attitudine, specialmente nei Comuni di minori dimensioni, alla pianificazione attuativa, il nascere di zone artigianali ed industriali in maniera eccessivamente diffusa, di bassa qualità progettuale ed insediativa e, spesso, con una scarsa capacità di relazionarsi verso l’esterno. Parallelamente al diffondersi di tale modello insediativo produttivo che i piani hanno calato su un sistema territoriale direttamente ereditato dalla tradizione agricola mezzadrile, si sono invece fortemente consolidati alcuni poli produttivi posti in posizione favorevole nei principali sistemi vallivi e lungo le principali direttrici viarie, tanto da saldarsi in sistemi pressoché continui di dimensioni regionali (Magione-Perugia-Bastia, Foligno, Spoleto) o configurare polarità di rilievo comunque intercomunale (Fossato di Vico-Gualdo Tadino, San Giustino-Citta’ di Castello, Deruta-Torgiano-Bettona) in vario modo collegate tra loro e con i primi. Ancora, in posizione più esterna rispetto alla fascia della grande concentrazione, si riconoscono alcuni insediamenti di consistenza significativa e con forte ruolo locale (Marsciano e Todi nella Media Valle del Tevere, Piegaro e Paciano nell’area a sud del Trasimeno). La lettura dei recenti processi di espansione insediativa lungo i principali assi territoriali della Provincia, e specialmente nelle aree della concentrazione, mostra peraltro una pericolosa tendenza al verificarsi di saldature lineari tra gli insediamenti, che il PTCP intende frenare con una duplice finalità: da una parte la salvaguardia dell’identità fisica e morfologica dei tessuti urbani, dall’altra il mantenimento degli elementi naturali di collegamento tra diversi sistemi ambientali, indispensabili per la

31 I BUC (Bilanci Urbanistici Comunali) consistono in una scheda-questionario appositamente predisposta con l’obiettivo di produrre elaborazioni dei dati quantitativi e qualitativi di base: gli indicatori riportati nella scheda sono interpretativi del tipo di PRG, della qualità dei piani, delle capacità insediative residue degli stessi.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 501

conservazione dell’ambiente fisico. Dalle valutazioni dei ruoli urbani contenute nel PTCP32, riferiti a quattro temi assunti come particolarmente significativi per la comprensione dell’assetto del territorio provinciale e che sono: cultura, servizi alla persona, attività produttive e turismo, è emerso immediatamente che mentre alcune funzioni risultano fortemente diffuse sul territorio (turismo ed attività produttive), altre, quali le funzioni connesse alle attività culturali ed ai servizi alla persona, sono polarizzate in alcuni centri e principalmente in Perugia, ove il ruolo di capoluogo di regione risulta drasticamente enfatizzato. La rete del policentrismo sembra avere ancora una buona tenuta in tutto il territorio provinciale, ad eccezione delle fasce di grande concentrazione lungo i principali sistemi vallivi ed i collegamenti viari, ove, nell’ambito di un forte addensamento insediativo continuo, si stanno strutturando alcune polarità che tendono a smantellare i precedenti sistemi reticolari. Nella fascia compresa tra Magione e Spoleto, ove fine degli anni ’90 si concentrava il 54% della popolazione provinciale, il 37% degli insediamenti produttivi, il 72% della grande distribuzione per gli esercizi con superficie di vendita inferiore a 5000 mq. ed il 100% per quelli con superficie superiore, si avverte la tendenza relativa al consolidarsi di “strade mercato” che concentrano in pochi chilometri (Magione-Perugia) la totalità quella grande distribuzione commerciale, da una parte con la specializzazione di alcuni centri di maggiori dimensioni che prima erano soltanto piccoli borghi rurali, dall’altra con la creazione di polarità più forti in corrispondenza dei centri di maggior peso demografico ed insediativo (Foligno e Spoleto oltre che Perugia).

32 Il Preliminare di PTCP, nell’affrontare il tema del sistema insediativo, individuava sulla base della morfologia del territorio provinciale e dell’assetto infrastrutturale esistente, quattro differenti ambiti insediativi:

gli assi vallivi della Valle del Tevere, da Sansepolcro a Todi e della Valle Umbra, da Perugia a Spoleto; l’asse della S.S. Flaminia, che da Foligno a Spoleto si sovrappone al precedente e, come quello, fortemente supportato dal sistema infrastrutturale; l’anello del Trasimeno; le aree alto-collinari e montane che si interpongono agli assi insediativi fondamentali e che rappresentano le aree interne come la Valnerina o il sistema dei Monti Martani, o, ancora, le zone marginali più piccole, ma sempre caratterizzate da una bassa accessibilità e da contenuta densità insediativa.

Le caratteristiche dimensionali e le posizioni relative fra questi sistemi, oltre ad altri fattori, hanno consentito che su questo territorio così articolato morfologicamente prendesse forma una trama insediativa identificabile in una struttura policentrica che poteva distribuire in modo diffuso sul territorio stesso funzioni ed attività. Con gli approfondimenti condotti nella stesura definitiva del PTCP, oltre alla parte fortemente descrittiva dell’assetto territoriale della provincia contenuta nella carta dell’armatura urbana, sono state condotte valutazioni sintetiche sul ruolo territoriale dei centri urbani cercando di individuare, per ciascuno di essi, il peso che esprime nel sistema delle relazioni territoriali o nei sottosistemi locali e, in particolare, la capacità di attrazione e l’ambito di servizio, rilevabili attraverso la concentrazione e la qualità delle funzioni.

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DENTRO L’UMBRIA due502

Il PTCP sottolinea come la caratteristica della “continuità urbana” in questa fascia, che coinvolge i territori di almeno nove Comuni tra Magione e Spoleto, richieda uno stretto rapporto tra le varie Amministrazioni sia nella fase della gestione che in quella della pianificazione territoriale, oltre alla presenza di un coordinamento a scala sovracomunale. All’interno del tematismo delle aree produttive, il PTCP di Perugia segnala, assieme alla sua articolazione in aree sature ed aree disponibili, la presenza di aree industriali dismesse, individuate come punti riferiti alle località, derivante dall’acquisizione dei risultati di una specifica indagine, effettuata nel 1996 dalla Sezione Umbria dell’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU), confluita nel documento “Prime valutazioni sul fenomeno delle aree produttive dismesse in Umbria”33. Specifica attenzione è rivolta alle aree di superficie rilevante, per le quali è richiesta una gestione copianificata in base a soglie dimensionali delle aree stesse e dei comuni in cui insistono: la Normativa – Criteri, indirizzi, direttive, prescrizioni – del PTCP (Variante di adeguamento al PUT) prevede infatti all’art. 8 che, qualora non sia disciplinata da leggi o piani di settore, la localizzazione delle aree produttive superiori a 15 ha per Comuni con popolazione residente inferiore a 20.000 abitanti, e di quelle superiori a 30 ha per Comuni con più di 20.000 abitanti, siano specificamente soggette al processo di copianificazione34 tra Provincia e Comune e relativa intesa. Il PTCP assoggetta inoltre alla medesima disposizione le aree produttive per l'ubicazione degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, le aree produttive agricole e le attività estrattive come specificato all'art. 29.

33 Il riuso delle aree produttive dismesse trova successiva e più ampia trattazione nel volume “Rinascimento urbano. L’esperienza dei programmi complessi in Umbria”, a cura della Sezione Umbria dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, INU Edizioni, 2005. Vengono illustrate, in particolare, le seguenti iniziative: PUC Santa Maria degli Angeli, area Fornace, cava ed ex Montedison (Comune di Assisi); PUC Aree ex Selfire, ex Lima ed ex campo sportivo (Comune di Bettona); PUC Fornaci Hoffmann / Ambito 6a-6b e Parco del Topino (Comune di Foligno); PUC Ex Centro Fiera (Comune di Foligno); PUC Capoluogo (Comune di Magione); PIR, PPE Ex Cementerie (Comune di Magione); PUC Piazza Carlo Marx (Comune di Marsciano); PUC Piazza della Repubblica (Comune di Marsciano); PUC Campo della Fiera (Comune di Massa Martana); PUC Ex Fornace (Comune di Umbertide). 34 Possono, inoltre, essere oggetto di copianificazione le scelte strategiche di assetto del territorio e quelle relative alle politiche di settore.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 503

Insediamenti produttivi nel Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Perugia, anno 1999

Fonte: PTCP Provincia di Perugia, Atlante del sistema infrastrutturale-insediativo, Elaborato I.4.4. All’art. 18, il PTCP prevede che il PRG, per le destinazioni d'uso e gli usi compatibili nelle aree urbanizzate, nel rispetto delle LL. RR. 55/87 e 31/97 e successive modificazioni ed integrazioni, debba tra l’altro favorire l'integrazione funzionale tra le

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DENTRO L’UMBRIA due504

attività di produzione e quelle di servizio sia per quanto riguarda le aree produttive di nuova previsione che la riorganizzazione di quelle preesistenti, definendo soluzioni finalizzate a migliorare e preservare le condizioni ambientali ed insediative dell'intorno mediante adeguate fasce di rispetto che dovranno essere opportunamente alberate e sistemate. Il PRG è inoltre tenuto a prevedere che la realizzazione di nuovi insediamenti commerciali e direzionali, o la ristrutturazione di quelli esistenti, avvenga nel rispetto delle norme statali e regionali in materia e che tali previsioni debbano essere corredate da studi di valutazione dei flussi di traffico veicolare da esse indotto, rispetto ai quali vanno ridefiniti ed adeguati gli standard di parcheggio; che la localizzazione di nuovi complessi insediativi o l'ampliamento di quelli esistenti non avvenga a distanza inferiore a metri 800 dagli impianti zootecnici o dalle industrie insalubri e viceversa (comma 6 art. 27 L.R. 24 marzo 2000 n. 27 - PUT). Tra le disposizioni pertinenti al tema trattato, vi sono anche quelle contenute nell’art. 20, in base alle quali lo strumento urbanistico comunale deve dimensionare le proprie previsioni secondo ipotesi credibili e attendibili sia rispetto alle dinamiche di sviluppo in corso, registrate anche dal PTCP, sia rispetto alla effettiva domanda di mercato per il sistema residenziale e produttivo (artigianale, industriale, commerciale, terziario). In merito al dimensionamento produttivo delle aree destinate alla produzione di beni e servizi, viene sancito che “il PRG deve integrare le attività di produzione e le attività di servizio, tener conto delle previsioni residue confermandole o rilocalizzandole, senza incrementare le stesse fino al loro esaurimento”. Nello stesso articolo il PTCP definisce una crescita delle aree per la produzione di beni e servizi a livello provinciale, per il periodo della sua validità, del 10%; tale incremento può essere attivato qualora i Comuni dimostrino l’avvenuta utilizzazione, anche a mezzo di piani attuativi adottati, delle aree produttive già previste dallo strumento urbanistico generale, per almeno l’80%. E’ previsto che l’utilizzo della quota di crescita avvenga in base alle reali dinamiche di sviluppo, mediante un processo di copianificazione, privilegiando le localizzazioni definite sulla base di studi ed accordi intercomunali. Il PTCP si prefigge la salvaguardia del sistema industriale in essere garantendone prioritariamente l’adeguamento tecnologico e le reali esigenze di ampliamento; ammette la realizzazione di centri servizi per attività logistiche del trasporto delle merci, nonché di parcheggi attrezzati per la sosta dei mezzi pesanti e la loro manutenzione, in rapporto alle dimensioni e qualità degli insediamenti previsti (comma 7 art. 30 L.R. 27/2000 - PUT). Esso prevede inoltre che le previsioni localizzative debbano tenere conto della facilità di accesso attraverso le infrastrutture viarie esistenti o previste. In relazione ai fattori qualitativi delle aree produttive, nell’art. 29 della Normativa, il PTCP prescrive che il PRG ed i relativi piani attuativi debbano fissare una disciplina per la definizione dei verdi pertinenziali nonché per la qualità delle componenti costruttive, delle finiture esterne e cromatiche degli edifici, degli elementi di arredo e degli impianti di segnaletica, con particolare riferimento alle aree ricadenti in ambiti vincolati ai sensi del D.Lgs. 490/1999 (oggi trattati nel “Codice dei beni culturali e del paesaggio” di cui al D.Lgs. 42/2004).

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AURAPPORTI: RES 2008-09 505

IL PTC DELLA PROVINCIA DI TERNI Nel PTC vigente sono definiti gli obiettivi specifici che la Provincia di Terni intende assumere e, di conseguenza, quali azioni e/o quali interventi diretti la Provincia di Terni intende mettere in campo, quali trasformazioni intende effettivamente promuovere e/o eventualmente sostenere nel tempo di durata del proprio piano, con specifico riferimento alle parti del territorio provinciale in cui tali interventi, azioni e trasformazioni dovranno essere localizzati e realizzati, in relazione alle caratteristiche ambientali e paesaggistiche, al sistema delle principali infrastrutture e servizi, al sistema insediativo esistente e, più in generale, alle “risorse locali” che possono essere ragionevolmente attivate e valorizzate. Negli elaborati del “Sistema di gestione” il sistema delle azioni è relazionato con la capacità di spesa e di intervento diretto, proponendo schede di progetto e azioni chiave di coordinamento. Nella attività di gestione del piano (dal 2000 ad oggi) una parte di queste azioni si sono di fatto concretizzare sia per iniziativa diretta della Provincia sia per iniziativa di altre amministrazioni, anche secondo modalità di intervento non ipotizzate dal Piano: ad esempio la valorizzazione dei territori marginali, assunta come obiettivo generale ed affidata dal Piano ad alcuni progetti di tipo tradizionale, quali i circuiti museali, si è realizzata attraverso l’Ecomuseo del Paesaggio, che con maggior forza ha saputo valorizzare le risorse posizionate nei sistemi locali marginali. Una buona percentuale delle azioni strutturali previste sono state finanziate con risorse derivanti dalla Programmazione regionale, utilizzando le diverse misure dei DOCUP, mentre un’altra parte è stata realizzata attraverso strumenti integrati di intervento, quali i Programmi complessi (Programmi di Riqualificazione Urbana per lo Sviluppo Sostenibile del territorio- PRUSST, Contratti di quartiere e Programmi Urbani Complessi-PUC). Di fatto l’aderenza ai processi ha guidato l’azione di più soggetti nelle strategie di fondo, favorendone l’attuarsi .Tutto questo è stato possibile soprattutto grazie ad un percorso molto articolato di ascolto delle comunità locali ed al parallelo ruolo di coordinamento della programmazione regionale in ambito provinciale svolto (ma solo in quella occasione) dall’Amministrazione Provinciale nel 1996-1998. Le scelte operate dal PTCP di Terni Il PTCP, ha cercato di rispondere, attraverso la strumentazione propria di tipo urbanistico-territoriale dell’ “area vasta”, alle molte istanze maturate, a partire dalla metà degli anni 90, nei diversi contesti locali. Nella sua gestione ha assunto il carattere di “quadro complessivo” di riferimento per le politiche sia ambientali che di valorizzazione delle risorse sul territorio provinciale. In quanto piano territoriale e per effetto della sua “contiguità”con la programmazione economica, ha colto l’esigenza di coniugare le specificità locali, tendenzialmente isolate, con l’appartenenza ad un più ampio sistema, che travalica i confini sia provinciali che regionali: il territorio della provincia si trova infatti ad essere collocato tra la macroregione metropolitana

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DENTRO L’UMBRIA due506

tirrenica, che ha il suo fulcro principale nell’area metropolitana romana, e la dorsale adriatica, caratterizzata dall’alternarsi di urbanizzazioni lungo i pettini vallivi e la costa delle regioni centrali35. La strategia del PTCP si fonda sulla ricerca delle possibilità che si aprono alle città ed ai territori di utilizzare pienamente le “risorse posizionate” (economiche, ambientali, storico-culturali e, non ultimo, umane): segnala le disponibilità locali alla trasformazione, riscopre il territorio come soggetto, legittima la funzione del piano come interlocutore all’interno della comunità locale e tra comunità, si esplica come modello normativo da cui derivare comportamenti coerenti e attribuisce valore non solo alle risorse, ma anche ai “modi” di pensiero locale. Si poggia su un sistema territoriale in cui anche i centri minori costituiscono importanti presidi territoriali per ambiti sub-regionali, tanto da non permettere l’affermarsi di consistenti polarizzazioni da parte dei centri maggiori. Inoltre le politiche di valorizzazione, tutela e consumo controllato delle risorse locali devono necessariamente riferirsi alle diversità territoriali. Le chiavi di lettura scelte sono state sia di tipo relazionale (che identificano i flussi, le reti di complementarità, le gerarchie e le polarizzazioni, i rapporti esterni), sia di tipo morfologico (ambientale, storico-culturale, sociale) che indagano i caratteri fondanti l’identità propria di ciascun territorio36. A tale strategia ha corrisposto un percorso di scoperta-approfondimento-presa di coscienza delle risorse proprie di ciascun contesto, in termini di risorse localizzate e di storia dei territori, attraverso il metodo dell’autodiagnosi.37. Tutto questo è stato favorito dal nuovo modo di concepire gli strumenti di pianificazione e di

35 Tali configurazioni territoriali sono descritte dalla ricerca ITATEN(1996) ed in particolare nella relazione introduttiva di Alberto Clementi 36 Ciascun sistema locale pertanto è stato interpretato evidenziando: a) il “patrimonio genetico”, o insieme di caratteri su cui si fonda l’identità propria (riconoscibilità) di ciascun territorio; b) le “condizioni di partenza” ovvero la posizione assunta dal sistema locale rispetto alle principali traiettorie o dinamiche di sviluppo; c) le “caratteristiche dei flussi” ovvero i tipi di relazioni prevalenti sia interne che verso l’esterno; d) i soggetti che agiscono in ciascun territorio. Tale schema offre il vantaggio, nell’impostazione complessiva del sistema delle conoscenze, di permettere la ricostruzione dell’evoluzione dei sistemi locali, attraverso una visione retrospettiva costruita a partire dai dati censuari. E’ inoltre fondamentale per basare la successiva valutazione degli effetti e del grado di incidenza del piano rispetto a ciascun sistema locale, al fine di comporre un “bilancio consuntivo urbanistico-ambientale”. Infatti, il sistema delle valutazioni di congruità dei piani Regolatori Comunali con il PTCP, consente l’implementazione dei Bilanci di Area, attraverso l’aggiornamento e l’approfondimento degli indicatori ecologici (Indicatori di ecologia del paesaggio) strumento per la valutazione ed il controllo delle principali trasformazioni. 37 I corsi di autodiagnosi, il cui progetto formativo è stato curato da un gruppo interdisciplinare coordinato dal Prof. G.B. Montironi, si sono rivolti a tecnici e referenti locali; nel progetto si è sperimentata la tecnica di indagine locale“dal basso” per quanto attiene i servizi alla persona ed il terzo settore avvalendosi delle cooperative operanti nel territorio. Recentemente il metodo dell’ autodiagnosi è stato utilizzato per l’analisi propedeutica allo sviluppo del Progetto Pilota “Ecomuseo del Paesaggio Orvietano” (2003-2006).

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AURAPPORTI: RES 2008-09 507

programmazione: a una territorialità, espressa nei passati strumenti, soggetta a norme generali sovraordinate e gerarchiche, si sostituisce una “territorialità pattizia, negoziale, concertata” che, nella nostra regione, prende corpo nella pianificazione urbanistica e territoriale attraverso le forme della co-pianificazione, delle intese istituzionali tra enti pubblici e degli accordi tra attori delle trasformazioni territoriali e urbane e il consolidamento dei progetti di sviluppo locali sul modello dei progetti integrati, dai Programmi di Riqualificazione Urbana per lo Sviluppo Sostenibile del territorio (PRUSST) ai Programmi Integrati Territoriali (PIT) di cui al Bando Regionale Multimisura Turismo Ambiente e Cultura (TAC)38 presentati da parte di quasi tutti i comuni umbri, variamente aggregati e con la partecipazione di investimenti privati. I tematismi relativi alle aree produttive, alle reti infrastrutturali, alle aree dismesse e ai siti estrattivi Il vigente PTCP (1997-2000), parte dalle informazioni disponibili (ricerca IRRES sulle aree produttive 1997) aggiornando quelle ritenute utili ai fini della pianificazione (grado di saturazione delle zone censite, modifiche apportate dai nuovi piani urbanistici e dotazione infrastrutturale). Per migliorare la precisione dell’analisi, sono stati rielaborati i dati a disposizione, stimando nel dettaglio la superficie occupata e quella disponibile di ogni zona parzialmente occupata; ai fini pianificatori inoltre il sistema produttivo è suddiviso in destinazioni “industriale”, “industriale-artigianale-commerciale”, “per servizi ed attrezzature a carattere territoriale” 39. Vengono pertanto prese in considerazione le aree classificate “produttive” dagli strumenti urbanistici comunali (PRG e/o PdF), e, fra queste, le aree a destinazione industriale ed artigianale, comprendendo inoltre le cosiddette “miste” ovvero le zone in cui è ammissibile, in misura non prevalente, la destinazione d’uso commerciale (le c.d. zone CAI: commerciali-artigianali-industriali). L’esclusione delle zone destinate al commercio di grande e grandissima superficie, che peraltro non rientrano tra i contenuti dei PTC umbri, essendo la localizzazione di competenza regionale e comunale, mira ad evidenziare la localizzazione territoriale del settore produttivo, in senso stretto40. Le singole zone per attività produttiva individuate sono state definite, raggruppandole, quali facenti parte di “agglomerati”, ovvero insiemi funzionali per localizzazione e genesi delle aree stesse41. Tale sistematizzazione ha pertanto permesso di relazionare

38 DOCUP 2000-2006 Obiettivo 2, C4. 39 Tavola di analisi n.2 “La pianificazione locale. Mosaico dei PRG vigenti” scaricabile dal sito www.provincia.terni.it/ptcp 40 Da successive analisi Sviluppumbria, incrociando le aree destinate dai Piani comunali con l’elenco aziende con numero addetti >5 , emerge come la destinazione d’area non è sempre congruente con le destinazioni d’uso, ponendosi, imprese di tipo artigianale o di servizi localizzarsi in altre zone urbanistiche (es, zone tipo B o centro storico). 41 Tale operazione ha consentito di esaminare caratteristiche e problematiche non altrimenti valutabili, ad esempio, non sarebbe stato significativo esaminare le caratteristiche delle principali dotazioni infrastrutturali a livello di singola zona.

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DENTRO L’UMBRIA due508

agli agglomerati produttivi le reti infrastrutturali viarie ed energetiche, i centri di servizi alle imprese, i depuratori e le discariche42 . Infine, sempre nelle tavole di analisi del PTCP, (tav. 9, “Carta dei siti estrattivi”) sono segnalati gli impianti di prima lavorazione e trasformazione. Altre analisi del PTCP individuano le parti di territorio congruenti con la destinazione produttiva, per le quali il Piano definisce l’indirizzo di ampliamento e/o consolidamento (Tavola I del PTCP “agglomerato o polo da qualificare e potenziare”), le zone produttive poste in aree critiche per problemi ambientali, infrastrutturali o storico-artistici, per il quale l’indirizzo è quello del “contenimento” o riuso con altre destinazioni.43 Nella cartografia di piano (Tav. II B3. “Aree a rischio e ad elevata vulnerabilità”) sono infine indicate le industrie a rischio di incidente rilevante sottoposte a notifica (ai sensi del DPR 175/88, art.4), quelle sottoposte a dichiarazione (ai sensi del DPR 175/1988, art. 6) e i siti degradati. Aree produttive e principali infrastrutture viarie nel PTCP di Terni, anno 2000

Fonte: SIT Provincia di Terni.

42 Tav. di analisi n. 3, “Infrastrutturazione del territorio e sistema produttivo” scaricabile dal sito www.provincia.terni.it/ptcp 43 Le aree produttive dismesse, le discariche attive e dismesse sono sempre evidenziate nella Tavola I, “Progetto di struttura”.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 509

Le strategie del PTCP vigente La distribuzione territoriale degli insediamenti a destinazione produttiva alla scala provinciale è riconducibile a due principali categorie: i grandi insediamenti industriali, a cui si associano vaste aree prevalentemente artigianali e molti, frammentati insediamenti a carattere prevalentemente artigianale, localizzate in aree di limitata espansione e spesso posti anche a notevole distanza l’uno dall’altro. In generale le PMI e le imprese artigiane localizzate costituiscono un sistema scarsamente integrato funzionalmente e territorialmente, risultano infatti deboli o assenti i legami di interdipendenza e/o complementarietà tra unità produttive (si veda al proposito i risultati delle interviste agli stakeholders del paragrafo “Aspetti gestionali” ). Il riflesso territoriale di questa scarsa integrazione è l’assenza nel territorio provinciale di distretti industriali o comunque di una caratterizzazione settoriale prevalente. Se ciò da un lato implica la difficoltà di sfruttare economie di agglomerazione, in quanto l’agglomerato assume significato esclusivamente in termini di “parte territoriale”, ma non di sistema, senza poter recuperare le economie di scala che le singole unità produttive non riescono a raggiungere, dall’altra parte, come ampiamente trattato in precedenti Rapporti, produce una certa flessibilità congiunturale delle imprese, grazie alla loro dimensione contenuta, alla organizzazione spesso “familiare” ed agli stessi scarsi legami di interdipendenza con altre aziende. Il PTCP pertanto ha mirato a sviluppare un “ambiente complessivo” (milieu) favorevole allo sviluppo di innovazione sia a livello di processi produttivi, sia organizzativi, favorendo ad esempio la creazione di Consorzi per le Aree produttive, di cui l’Ente Provincia fa parte insieme con i Comuni territorialmente competenti, la Regione e Sviluppumbria, sia di tecnologie applicate, connesse ai settori di ricerca-sviluppo tecnologico di livello nazionale ed internazionale, appartenenti alle reti di livello superiore44. Si configura pertanto una “rete dei luoghi della produzione e della ricerca-innovazione”, come gamma di opportunità, correlate alle imprese di livello nazionale ed internazionale presenti ed attive, con l’obiettivo di attrarre altre imprese dei settori innovativi. Le indicazioni di assetto del territorio ed in particolare la scelta di polarizzare le funzioni produttive al fine di determinarne la giusta soglia dimensionale, necessaria a sviluppare un sistema produttivo di “eccellenza”, sono state preliminarmente valutate attraverso gli indicatori di ecologia del paesaggio, riportati in tabelle allegate alle schede normative per le unità di paesaggio a maggior carico antropico, così come per la riorganizzazione dei sistemi a rete e lo sviluppo dei servizi di area vasta.

44 Questa strategia, fortemente condivisa a livello regionale, ha peraltro portato alla localizzazione e consolidamento nel centro di Pentima, a partire dai primi anni 90, della Facoltà di “Ingegneria dei materiali speciali” dell’Università di Perugia e dell’ISRIM, fortemente impegnati i primi a sviluppare ricerca in collaborazione con le grandi aziende presenti nel territorio della conca ternana, la seconda nei sistemi di analisi dei materiali, monitoraggio e bonifica.

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La sovrapposizione dei diversi tematismi ambientali ha inoltre portato alla individuazione degli agglomerati produttivi da sottoporre ad interventi di riqualificazione e del relativo grado di priorità contenuto negli indirizzi per Ambiti Territoriali (Capo IV delle Norme di Attuazione del Piano). In un ottica maggiormente aderente alla velocità di trasformazione sia dei cicli produttivi sia degli stessi cambiamenti di destinazione d’uso, che vedono ad esempio la tendenza all’insediamento nelle zone produttive del commercio, derivante anche dal fatto che le attività artigianali, alle quali è consentita la vendita dei propri prodotti, spesso si trasformano in attività essenzialmente commerciali, le future aree produttive dovranno possedere oltre che requisiti di qualità, anche quelli di “reversibilità”. Pertanto il PTCP associa alle quantità insediabili regole in materia di rispetto al sistema ambientale anche nella prospettiva di una possibile dismissione e conseguente cambiamento della destinazione d’uso. Infine il Piano introduce le “Aree ecologicamente attrezzate”, riferendosi alle prime esperienze di A.P.E.A all’epoca in sperimentazione nella Regione Emilia Romagna: a tal fine sono proposti criteri per la progettazione/riqualificazione degli agglomerati produttivi volti alla mitigazione dell’impatto visivo, miglioramento climatico, riduzione del trasporto delle polveri e riduzione dell’inquinamento acustico attraverso fasce di verde privato, con barriere vegetali della profondità minima di 16 ml, da realizzarsi sul fronte stradale e sui perimetri esterni dell’area, il parziale mantenimento della permeabilità dei suoli ai fini della ricarica delle falde acquifere, la previsione di invasi artificiali o vasche di raccolta dell’acqua piovana, anche ai fini della prevenzione incendi, la previsione di sistemi depurativi a basso impatto (sistemi di fitodepurazione e lagunaggio, di cui ad uno specifico allegato di indirizzo), la localizzazione di isole per la raccolta differenziata. La norma relativa prevede che, ove siano previsti e realizzati interventi ecocompatibili, le superfici utilizzabili per insediamenti ai fini produttivi vengano conteggiate, ai fini delle quantità massime ammissibili, con un coefficiente di riduzione pari al 50%. Dal punto di vista del contenimento della frammentazione territoriale degli insediamenti produttivi, il PTCP correla la fase di conclusione degli strumenti della programmazione negoziata (Contratto d’area per Terni, Narni e Spoleto e Patto territoriale Valdichiana, Trasimeno, Orvietano) con indicazioni relative alla razionalizzazione del sistema, riportando nella Tav. I “Progetto di struttura” l’organizzazione proposta, per poli produttivi principali e per agglomerati di interesse locale. Con questa indicazione il Piano cerca di invertire la tendenza alla frammentazione, come ben risulta dalla ricerca IRRES del 199745, che compromette ambiti generalmente di elevata qualità ambientale, comporta un attuazione non completa degli interventi, considerando l’alta percentuale, registrata alla fine degli anni 90, di lotti non edificati e la non realizzazione delle aree destinate a standard, e, al contempo, difficoltà di realizzazione, nonché di gestione dei servizi puntuali ed a rete.

45 “Indagine sullo stato e le caratteristiche delle aree destinate ad insediamenti produttivi dagli strumenti urbanistici generali” su incarico della Regione, Ufficio Industria e Ufficio del Piano

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AURAPPORTI: RES 2008-09 511

Il PTCP punta infine ad una migliore organizzazione interna delle aree (viabilità e segnaletica, cablaggi, acquedotti industriali, permeabilità dei suoli, riduzione interferenze aree limitrofe mediante dune vegetate, accessibilità e spazi di manovra per i mezzi pesanti), prevedendo per i poli produttivi una attuazione per nuclei, contenuti in termini di estensione e rispondenti a requisiti di necessaria funzionalità, in base alle esigenze di insediamento di nuove imprese o di ampliamento di quelle già insediate; tale norma è mirata ad evitare realizzazioni parziali che comportino spreco di territorio, aree di risulta e frammentazione del tessuto paesaggistico. Obiettivi e scelte strategiche nel processo di revisione del PTCP La revisione dell’attuale strumento di area vasta, il PTC Provinciale, non si pone solo come un adempimento posto dalla normativa regionale, alla scadenza di 10 anni dalla entrata in vigore, ma, anche e soprattutto, quale atto di pianificazione necessario per restituire una realtà territoriale profondamente mutata rispetto al decennio precedente rispetto alla quale il PTCP è stato concepito. Sebbene resti fondamentalmente confermata la validità dell’impianto e la generale struttura del piano vigente, il processo di revisione si apre alle nuove problematiche di natura ambientale, all’attenzione alle diverse scale decisionali (internazionale, europea e nazionale) di diretta ed indiretta applicazione, che rendono la portata degli strumenti urbanistici molto ampia e, di conseguenza, complessa. Un processo, comunque, di maturazione non proprio perfetto che si scontra con la mancata uniformità, e di conseguenza, diversificazione delle competenze provinciali nel panorama nazionale e che ad oggi sembra non incline a riconfermare il ruolo decisionale affidato alle province ed al PTC. L’efficacia del processo di revisione dell’attuale PTCP si pone pertanto in rapporto alle competenze proprie dell’ente provinciale, che direttamente possano incidere sul coordinamento ed indirizzo dei processi di trasformazione posti in atto “in primis” dai comuni. In questo quadro la revisione del PTCP di Terni, aprendo alcune “finestre di pianificazione”, mutuate dalle più recenti esperienze nazionali, mira a far propri i contenuti paesaggistici ed ambientali declinati nella più recente normativa di settore e nei piani regionali e, in secondo luogo, a rafforzare le azioni di coordinamento, in particolare relativamente alle tematiche degli ambiti produttivi, dei servizi territoriali, delle reti infrastrutturali e della mobilità. Tale azione sviluppa il percorso in atto dal 2000 con i Comuni, le Comunità Montane e gli altri enti territoriali: è una azione di supporto e non di “imposizione gerarchica” che assume i principi della sussidiarietà, della condivisione delle scelte, dell’ascolto delle comunità locali, della negoziazione. In terzo luogo attraverso i diversi strumenti nazionali e regionali di programmazione, derivanti anche dalla negoziazione con la EU nell’ambito delle politiche di sviluppo e coesione regionale, il piano mira a riagganciarsi a dinamiche ed assetti strategici, non ultima l’allocazione dei fondi strutturali, che saranno a loro volta i punti di partenza per futuri progetti di sviluppo ed interventi specifici sul territorio regionale.

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DENTRO L’UMBRIA due512

Per quanto attiene agli obiettivi strategici che sottendono alla base del processo di revisione del PTCP, essi sono così riassumibili46:

Favorire un trasporto e mobilità sostenibile attraverso azioni e suggerimenti specifici che indirizzino piuttosto che inseguano, lo sviluppo; rivisitare gli ambiti delineati nel PTCP vigente correlati alle principali opere infrastrutturali programmate in ambito regionale e interregionale; favorire politiche di localizzazione degli impianti per la produzione energetica da fonti rinnovabili alla luce della nuova delega assunta dalle Province per effetto della finanziaria 2007; garantire attraverso l’approccio eco-sistemico la migliore valorizzazione delle risorse locali ed il possibile vantaggio per le comunità locali; favorire l’applicazione ampia della Convenzione europea del paesaggio, anche attraverso la promozione di azioni partecipative delle comunità locali al processo di sviluppo del territorio. promuovere l’affermazione di sistemi locali che, valorizzando le diverse componenti territoriali, possano efficacemente proporsi come nodi di una “bioregione”, puntando sulla qualità della vita e del costruito e proponendo un modello di sviluppo coerente con l’alta qualità del paesaggio.

Gli Ambiti per la produzione Come precedentemente illustrato il PTCP vigente individua il sistema delle aree produttive a partire da una lettura di ambito intercomunale, sulla base di una sistematica ricognizione delle aree industriali, artigianali e miste (zone CAI- Commerciali, Artigianali e Industriali) esistenti alla data dell’avvio del Piano (1997), condotta dall’IRRES. Il quadro risultante evidenziava una generale scarsa qualità in termini di servizi, di accessibilità, di reti e infrastrutture, nonché una disseminazione delle zone destinate a tali attività dai PRG (e dai Programmi di Fabbricazione P. d.F.), con conseguenti scarse “economie di scala”. La scelta del PTC era stata quindi quella di proporre una generale riqualificazione delle aree produttive, indicare gli agglomerati produttivi che potevano dare luogo a luoghi centrali della produzione di beni e servizi, localizzati in prossimità dei principali centri urbani, in ambiti caratterizzati da una buona infrastrutturazione. Inoltre, anche sulla base dell’allocazione delle risorse regionali, per effetto della programmazione dei fondi strutturali, concentrava in alcune aree intercomunali gli agglomerati produttivi strategici ed a valenza regionale/nazionale, proponendo per questi una attuazione nel tempo per “nuclei”, evitando la disseminazione dei manufatti. Inoltre il Piano assegnava alcuni requisiti di

46 Gli obiettivi riportati ed in parte i presupposti della revisione del PTC sono tratti dal Documento Preliminare di revisione del PTC di Terni, in gran parte emersi nel corso del workshop di valutazione dell’attuale PTCP (Villalago 31/3/2008) che ha utilizzato le tecniche partecipate del Cafè Conversation e le matrici di cui all’analisi SWOT per la valutazione dei principali contenuti del Piano .

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AURAPPORTI: RES 2008-09 513

tipo ambientale, edilizio (introducendo la permeabilità parziale dei lotti, il recupero delle acque, il risparmio energetico, la raccolta differenziata), anticipando principi e requisiti che, nel tempo, sono divenuti obbligo di legge. Molte di queste strategie, pur rivelandosi opportune e necessarie per garantire prospettive di sviluppo alle aree interessate, nell’ottica di un “sistema di complementarietà funzionali”, non si sono ancora pienamente realizzate. In particolare la generale crisi economica e la conseguente chiusura totale o parziale di importanti attività produttive, correlate in filiera con la grande industria, ed in particolar modo nel settore della chimica, ha evidenziato la debolezza strutturale dei diversi settori, creando al contempo serie difficoltà nel riuso dei contenitori dismessi. La revisione del PTC pertanto ripropone in chiave attuale le scelte strategiche del 2000, ponendo particolare attenzione alle integrazioni possibili ed a progetti condivisi e concertati tra più soggetti pubblico-privati. La scelta di una maggiore diversificazione dei settori produttivi, facendo “convivere con pari dignità” le grandi imprese ed il sistema delle aziende medio piccole e piccole, nonché le imprese artigiane, una migliore logistica nel trasporto merci, correlato alla individuazione, progettazione e avvio della “Piattaforma logistica” a Terni, al progetto per il secondo casello di Orvieto, all’attrezzatura delle nuove aree produttive attraverso scali merci ferroviari, prevista in alcuni nuovi PRG, una offerta energetica diffusa ed a costi contenuti, in particolare nel settore idroelettrico, alcuni benefit quali la cogenerazione, il teleriscaldamento, offerti da alcune grandi e medie imprese, nonché l’aumento degli impianti fotovoltaici e del know how nel settore delle fonti energetiche alternative che il territorio può vantare, saranno le basi per aumentare l’attrattività del territorio della provincia di Terni. Nelle nuove aree produttive ed in quelle riqualificate sarà inoltre fondamentale proporre interventi di bio-edilizia integrata, ovvero edifici bioclimatici, attenti ai materiali ed al loro recupero, ad alta efficienza energetica, ed, in generale, introdurre una valutazione della complessiva sostenibilità degli agglomerati produttivi, sperimentando il sistema SB100 dell’ANAB47 e prevedendo un sistema di incentivazione per quegli edifici che presentino un più alto punteggio, anche in conformità con il la L.R. 17/2008. Da una prima serie di incontri tenutisi con le principali organizzazioni di categoria, emerge inoltre la necessità di una gestione unitaria dei poli produttivi, attraverso la diffusione dello strumento dei Consorzi per le aree produttive ed, in prospettiva, della possibile unificazione dei due consorzi attualmente in essere (Consorzio Terni, Narni, Spoleto e Consorzio Crescendo). Lo strumento consortile ha infatti consentito una maggiore velocità nell’acquisizione, infrastrutturazione e collocazione sul mercato

47 L’Amministrazione Provinciale ha stipulato una Convenzione con l’ANAB (Associazione Nazionale Architettura Bioecologica) per la sperimentazione del Sistema SB100. Il sistema è basato su un set di indicatori che testano la sostenibilità dell’edificio non solo dal punto di vista energetico, ma anche del risparmio delle risorse, della smontabilità e recupero delle parti, dell’inserimento nel contesto, della prevenzione della salute dagli inquinanti (radon, polveri, rumore). La valutazione con il sistemaSB100 è stata inoltre introdotta nel nuovo Regolamento edilizio del Comune di Terni.

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delle aree produttive, nonché, quale referente unitario, un buon coordinamento con gli enti (Comuni e Provincia, che compartecipano il Consorzio) per le pratiche concessorie ed autorizzative ed, in generale, nelle strategie di ampliamento e riqualificazione delle zone. Rispetto all’individuazione di nuovi poli produttivi intercomunali, viene ribadita la necessità di aree ampie ed ecologicamente attrezzate, già previste nelle norme del vigente PTC, concentrate in relazione ai principali assi viari e ferroviari. Tra questi è già in studio quello legato alla piattaforma logistica di Maratta, a Terni, tra i Comuni di Terni e di Narni, già previsto, per la parte ternana, nel nuovo PRG del Comune di Terni, approvato nel dicembre 2008. Per questo nuovo polo produttivo si ipotizza una diversificazione dei settori da ospitare, evidentemente fra quelli in cui la logistica e movimentazione merci è di maggiore impatto e per i quali la possibilità di usufruire del nodo di interscambio è strategica. Il Piano inoltre dovrebbe fornire precise linee di indirizzo e standard di sviluppo facilmente identificabili in modo da poter uniformare gli strumenti attuativi delle pubbliche Amministrazioni (Regolamento Edilizio) ed evitare la frammentazione degli interventi, fornendo obiettivi minimi affinché nei futuri documenti urbanistici comunali siano suggerite indicazioni tecniche ed incentivi nei settori del risparmio energetico, uso e riciclo delle acque, uso delle fonti rinnovabili,modalità di individuazione delle aree destinate alla creazione di centrali di produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili (solari e/o eoliche), modalità di smaltimento e recupero delle stesse, modalità di recupero e riciclo dei materiali, edilizia biocompatibile. Il PTCP dovrà pertanto indicare per ogni settore di approfondimento tematico gli obiettivi, le modalità attuative e gli indicatori di controllo, così che l’espansione sia produttiva che insediativa possa rispondere a criteri di risparmio delle risorse. Tali elementi dovranno comunque essere differenziati a seconda dei territori interessati; in particolare potrebbe essere utile considerare con particolare attenzione (attraverso le finestre di pianificazione, progetti pilota, etc.) l’individuazione e applicazione delle strategie di sviluppo e degli indicatori di controllo nelle nuove espansioni produttive, con particolare attenzione all’uso di fonti energetiche alternative, all’applicazione dei principi della bioclimatica e alla gestione dei rifiuti e nella riconversione di edifici industriali con modifica della destinazione d’uso. Dal punto di vista dell’accessibilità, il raggiungimento di una maggiore efficienza del sistema viario in termini di sicurezza è uno degli obbiettivi dell’Amministrazione provinciale: gli interventi sulla viabilità esistente saranno volti all’adeguamento delle caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali, secondo la classificazione stradale effettuata, e dovranno essere finalizzati a garantire migliori condizioni di sicurezza, soddisfacenti livelli di servizio e la tutela della qualità ambientale48. Le nuove infrastrutture previste, mirate ad un miglioramento dell’accessibilità degli agglomerati produttivi, riguardano la realizzazione della complanare di Orvieto, di collegamento

48 Nel Documento Preliminare della revisione del PTCP gli interventi sono suddivisi per: * tracciati da migliorare (con l’adeguamento),* tracciati da potenziare ( per es. con piste ciclabili)

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tra il casello di Orvieto e le aree artigianali e produttive di Ciconia; la realizzazione del secondo Casello autostradale di Orvieto, che permette un accesso diretto al sistema autostradale dalle aree produttive di Ponte Giulio e Bardano, nonché di collegare l’alto Lazio alla viabilità di interesse nazionale ed internazionale; la realizzazione del tracciato Terni-Rieti che connette due territori provinciali in stretta correlazione dal punto di vista commerciale e produttivo e permette di liberare dal traffico pesante l’area industriale dismessa di Papigno, oggetto di una complessiva rivistazione progettuale da parte del Comune di Terni; il potenziamento della Marattana, divenuta asse commerciale e produttivo intercomunale tra Terni e Narni. Altri interventi riguardano il miglioramento dei nodi viari (rotatorie ed innesti tra viabilità di diverso rango); in particolare è in progetto il collegamento sulla Marattana con la base logistica, in fase di realizzazione (si veda il successivo paragrafo sui casi di studio Terni e Narni). Le aree dismesse nell’ottica della sostenibilità Negli ultimi quindici/venti anni, il riuso dei siti dismessi è divenuto occasione per sperimentare nuove proposte di sviluppo locale integrato, cha vanno dal riutilizzo industriale a nuove progettualità economiche che, nel rispetto delle valenze economiche, sociali, storiche e ambientali degli stessi siti, ne orientano l’utilizzo verso l’innovazione produttiva e la riconversione a fini residenziali, culturali, di interesse pubblico. In ambito provinciale sono state realizzate iniziative di riuso di grande interesse, quali il recupero delle ex Officine Bosco che attualmente ospita Videocentro ed alcuni uffici della Regione e del Comune di Terni, dell’area ex S.I.R.I., in cui il mix funzionale è estremamente variegato e va dal commercio (Iper COOP), alla residenza e uffici, al museale (Museo archeologico cittadino), al culturale (Centro espositivo Caos e sede principale di Interni), mentre è in completamento lo spazio auditorium; i progetti di recupero dell’ex carburo di calcio a Papigno, a centro cinematografico e museo dell’archeologia industriale. E’ inoltre di particolare interesse il recupero a fini produttivi/industriali di parti od interi agglomerati produttivi (citati nelle interviste riportate nel paragrafo “Aspetti gestionali”) quali quelli del compendio ex nuova Bosco a Narni, di alcune aree ex Montedison ed ex Enichem a Terni, dell’ex Lebole ad Orvieto, interventi realizzati principalmente sotto la regia dei Consorzi per le aree produttive. In generale i processi di recupero, promossi principalmente dalle Amministrazioni comunali, vengono attuati mediante l’intervento di diversi attori locali, l’impiego di diversi strumenti di programmazione e delle conseguenti risorse (Docup Umbria 2000-2006, Patti V.A.T.O. e V.A.T.O. Verde, Contratto d’Area, ecc.) nonché grazie alle innovazioni disciplinari costituite dai Programmi Complessi e dai Programmi Integrati, quali i Programmi Urbani Complessi (P.U.C.), i Programmi di Riqualificazione e Sviluppo Sostenibile del Territorio (P.R.U.S.S.T), i Programmi Integrati Territoriali (P.I.T.) ed i progetti di cui al bando regionale multimisura Turismo Ambiente Cultura (bando T.A.C. programmazione 2000-2006) presentati da

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DENTRO L’UMBRIA due516

parte di quasi tutti i comuni umbri, variamente aggregati e con la partecipazione di ingenti investimenti privati; parimenti lo sviluppo di forme di collaborazione orizzontali, centrate su linee di azione e progetti pilota, finalizzate alla circolazione delle “migliori pratiche”, concorre a determinare un nuovo scenario di azione di grande interesse. La rifunzionalizzazione delle aree dimesse, come anche dimostrato nelle più recenti edizioni di Urbanpromo49, è una straordinaria opportunità non solo negli interventi di trasformazione urbana, dove produce rilevanti effetti trainanti operando dall’interno del tessuto urbano consolidato, come nel riuscito caso dell’Ex SIRI a Terni, ma anche di riposizionamento competitivo dei sistemi locali, potendo ospitare nuove attività produttive senza compromettere ulteriore suolo agricolo. Come riportato nel Documento Preliminare di revisione del PTC di Terni “considerando le dinamiche in atto ed i trend delle maggiori città europee, quando i processi di dismissione investiranno altri settori (scuole, grande commercio, strutture del tempo libero, spazi del terziario), le strategie di riuso assumeranno ancora maggior importanza”. La ricerca AUR del dicembre 2006 “Aree dimesse e sviluppo locale nella Provincia di Terni”50, commissionata dall’Assessorato all’Urbanistica della Provincia di Terni e finalizzata alla revisione del PTC, mostra un quadro molto interessante, soprattutto nel confronto con i risultati dell’indagine del 1998, svolta dalla stessa autrice e sempre commissionata dall’Amministrazione Provinciale, ricerca che aveva censito 312 siti. Nel 1998 sul totale di 312 siti censiti la percentuale di dismissione maggiore, determinata sia dal numero di siti dimessi sia dalle volumetrie interessate, si concentrava nella conca ternana (Comune di Terni, 29,2% e Narni 17,6%), per effetto da una parte del declino del settore secondario, dato comune in tutta la regione ed in generale in Europa, dall’altro per la scelta di avere aree produttive esterne ai centri abitati e dotate di una migliore connessione con le reti infrastruttali di più elevato rango. Nel territorio provinciale negli anni 60-80 del novecento, si assiste inoltre alla dismissione di ambiti legati ad attività agricole, in particolare nel settore agroalimentare, di vecchi mercati e infrastrutture obsolete: in termini numerici sono infatti molto elevate le disattivazioni nei comuni in cui il settore agricolo era particolarmente importante, in particolare nel Comune di Orvieto (19,9%) ed Amelia (12,8%), come riportato nella seguente figura. Mentre il periodo di maggiore dismissione per Amelia si colloca dal 1952 al 1961 e per Orvieto tra il 1962 ed il 1981, nei comuni più industriali è un processo continuo, che giunge alle soglie più critiche sul finire degli anni ’80 (vedi figura Aree dimesse al 1989-Peridodi di dismissione nei principali comuni).

49 Urbanpromo è un evento biennale organizzato dall’Istituto Nazionale di Urbanistica e da urbit, società di servizi dello stesso Istituto; nel 2009 si terrà a Venezia, dal 4 al 7 novembre. 50 A cura di Marcella Arca Petrucci e Tonino Uffreduzzi, AUR 2006.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 517

Numero delle aree dismesse per gli anni 1989 e 2004 per tutti i Comuni della provincia di Terni

Fonte: Ns. elaborazioni su dati AUR (2005). Il raffronto tra il 1998 ed i dati 2004, evidenzia l’alta capacità di riuso dimostrata dagli “attori locali”. Come riportato nel diagramma a torta solo il 47% delle aree censite nel 1998 risulta nel 2004 ancora dimessa, mentre il 53% è interamente o parzialmente 3%, riutilizzato. I dati di livello comunale indicano come a Terni sia stato recuperato e riusato il 71% dei siti (65 in termini numerici), a Narni il 60% (33 siti), ad Orvieto il 35% (22 siti). Dai dati del 2004, risultano ancora dismessi 46 siti, di cui 13 a Terni, 10 a Narni, e 3 o meno di 3 nel resto dei Comuni della provincia. Dei siti inutilizzati la maggior parte sono siti di dismissione non recente (negli anni che vanno da prima del 1971 al 1991), mentre la più recente dismissione, per circa il 15% è dopo il 2201, con una netta ripresa nell’abbandono rispetto al periodo precedente.

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Aree dismesse al 1989 – I periodi delle dismissioni nei principali comuni

Fonte: Le sedi dismesse del lavoro umano nella Provincia di Terni (Arca Petrucci) (1989) – Elaborazione AUR, 2005 I settori di attività delle aree riutilizzate (si veda il diagramma a torta: Settori di attività delle aree riutilizzate) sono prevalentemente a servizi (30% del totale), seguiti dal commercio (11%), agricoltura (7%) e artigianato (3%), mentre solo il 2% dei siti è ridestinato ad industria. Ciò deriva da quanto prima descritto e principalmente dalla non rispondenza in termini di standard dimensionali, nonché di prestazioni localizzative, dei siti dimessi, nonché dagli alti costi di recupero e bonifica che comportano la necessità sia di politiche integrate e finanziamento sostenuto dal pubblico, che quindi orientano verso i servizi, sia per la parte privata un riutilizzo verso settori con maggiori capacità di spesa nell’infrastrutturazione e capaci di sfruttare le posizioni spesso strategiche nel contesto urbano. La ricerca del 2006 aggiunge inoltre nuovi importanti elementi informativi quali i caratteri territoriali e ambientali (i vincoli presenti, la localizzazione in aree di pregio naturalistico, archeologico oppure in aree di rischio di inondazione o frana), i progetti presenti di riuso, evidenziando soggetti proponenti, attività previste, risorse. E’ da sottolineare come la più alta percentuale del patrimonio dismesso nella provincia sia rappresentato da manufatti del settore agricolo, in cui è oggi prevalente il riuso per attività turistico ricettive, riuso già in atto o nelle previsioni dei nuovi PRG. Di grande interesse, nell’ottica di un costruito sempre meno “energivoro”, l’indagine sui materiali presenti nelle diverse parti degli edifici dimessi, dalle coperture, alla struttura portante, alle fondazioni, alle finiture, essenziale in un ottica sia di riuso che di demolizione-bonifica. La bioarchitettura, o meglio l’architettura sostenibile, ci insegna infatti a considerare l’intero ciclo di vita di un edificio, attraverso la Life Cycle Analysis, anche in termini energetici e di materiali “dissipati”, dalla produzione, alla costruzione, alla gestione, fino alla dismissione.

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Settori di attività delle aree riutilizzate

Fonte: Ns. elaborazioni su dati AUR (2005). I problemi oggi posti dal riutilizzo delle aree industriali dismesse, tra cui non ultimo il problema della bonifica, devono pertanto essere uno stimolo al ripensamento del modo con cui i Piani Urbanistici trattano le aree industriali, ponendole in termini esclusivamente quantitativi, senza una valutazione degli effetti che tali aree potranno avere sulla qualità delle risorse (suolo, acque, aria), spesso avviando fenomeni irreversibili, e sulla loro rinnovabilità, anche in termini di modifiche future della destinazione d’uso. Inoltre in un ottica anche di marketing urbano la qualità ambientale sempre più deve essere giocata per attirare investimenti e localizzare attività pregiate (eco-audit). In questo contesto le “Aree dismesse” individuate dal PTCP e dai successivi strumenti di intervento (PRUSST, PIT, Accordi di co-pianificazione) sono quelle che, per ordine dimensionale, per la durata dello stato di abbandono, per la lentezza delle iniziative di riuso, dovuta ad una serie di fattori economici, ma anche ambientali, rivestono un interesse sovracomunale ed hanno necessità, per la loro riqualificazione e rifunzionalizzazione, di un insieme di azioni concertate fra vari soggetti pubblici e privati, nonché di specifici strumenti attuativi. In generale si avverte l’esigenza di formulare ipotesi di trasformazione in grado di mantenere un elevato stato di adattabilità e flessibilità rispetto ad una realtà in continua trasformazione e allo stesso tempo dare le garanzie, attraverso regole certe, affinché l’intervento possa essere innescato in tempi compatibili con la possibilità di essere realizzato. A tal fine il PTCP vigente considera il processo di dismissione e riuso delle aree industriali, associando

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DENTRO L’UMBRIA due520

alle quantità edificabili regole in materia di prestazioni ambientali delle attività insediabili, anche nell’ottica di un loro futuro cambio di destinazione urbanistica. Con questi criteri, a cui si aggiunge il fattore “tempo”, potrebbe essere riorganizzata l’offerta di aree, rendendola più selettiva, ma, garantendo vantaggi localizzativi ed economie di agglomerazione specifiche, maggiormente “appetibile”. Nel piano territoriale le priorità assunte nell’indicare gli ambiti di interesse provinciale considerano le seguenti caratteristiche: a) il patrimonio di archeologia industriale presente nell’ambito b) la collocazione “strategica” rispetto ad ambiti territoriali di particolare sensibilità e/o qualità ambientale (sistemi fluviali, lacustri, etc.) o rispetto a nodi infrastrutturali (ferroviari, stradali, etc.) e rispetto alla necessità di bonifica dei suoli. A livello locale appare decisiva la capacità delle istituzioni preposte al governo del territorio di favorire la cooperazione tra soggetti privati e svolgere funzioni di promozione ed organizzazione dell’offerta. Più che operazioni di marketing urbano, basate prevalentemente sull’advertising dell’entità quantitativa e sul costo contenuto delle aree offerte per la trasformazione, che non hanno dato risultati esaltanti a livello nazionale ed internazionale, esperienze come quelle realizzate nella Ruhr in Germania, ma anche in Francia e nella Gran Bretagna, sembrano mostrare come politiche di recupero e ripristino ambientale, supportate e promosse dai soggetti pubblici possano migliorare l’immagine e l’attrattività di regioni caratterizzate in passato da una forte specializzazione industriale. Dalla ricerca AUR del 2006 appare infatti come le strategie di maggior successo siano quelle basate su progetti economico-territoriali integrati, che vedono il coinvolgimento di più soggetti pubblici (Regione, Provincia, Comuni) e privati congiuntamente a strumenti operativi di supporto, di competenza di ciascuno degli enti interessati, correlati dai necessari accordi di pianificazione e di programma. I casi di studio Le aree produttive nel territorio della provincia di Perugia Gli agglomerati produttivi del territorio provinciale di Perugia risultano principalmente distribuiti lungo le principali direttrici di comunicazione e generalmente ben collegati ai centri maggiori; non trascurabile, tuttavia, appare la frammentazione del tessuto insediativo specialmente nei comuni caratterizzati da un’orografia articolata e variabile. Le aree di maggiore entità sono concentrate nel territorio del capoluogo regionale, Perugia, e nei territori dei comuni ad esso direttamente collegati dai principali assi viari e ferroviari: ad ovest, Corciano e Magione, in cui viene a determinarsi un sistema continuo compreso fra la SS 75 bis e la ferrovia Foligno-Terontola; ad est e sud-est, Bastia, Assisi, Spello, Foligno, Trevi, con un insediamento di tipo lineare che si attesta fra la SS 75, la SS 3 “Flaminia” e la ferrovia Foligno-Terontola.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 521

A nord e a sud di Perugia i “corridoi” produttivi appaiono maggiormente diluiti per densità e compattezza, sebbene in corrispondenza delle congiungenti Perugia - Torgiano - Deruta (SS3 bis e Ferrovia Centrale Umbra) si riscontri una notevole continuità insediativa. A nord, in particolare, la maggiore concentrazione si ha lungo la SS3 bis e la FCU, nel tratto che unisce Città di Castello a San Giustino. Altro sistema lineare degno di nota è quello attestato lungo la SS 3 Flaminia e la ferrovia Orte-Falconara in corrispondenza dei tratti Fossato di Vico - Gualdo Tadino - Nocera Umbra, mentre quello incentrato sulla pianura eugubino-gualdese si configura come un sistema frammentario che trova nell’asse stradale (la SS 219 Gubbio - Pian d’Assino) il suo più forte riferimento. Il resto del territorio regionale presenta realtà identificabili come “sottosistemi”, caratterizzati da una spiccata frammentazione del tessuto produttivo (generalmente distribuito in posizione decentrata rispetto ai principali assi viari) e dalla prevalente destinazione artigianale delle relative aree. Sostanzialmente analogo è l’assetto insediativo nella porzione sud-orientale dell’area, ovvero del comprensorio della Valnerina. In tale contesto il sistema insediativo vede accentuarsi tale connotazione, riflettendo una realtà territoriale caratterizzata dalla prevalenza dell’alta collina e della montagna. Il tessuto, in questo caso, è costituito da aree produttive di limitata estensione, per lo più destinate ad attività artigianali e localizzate lungo le strade statali (SS77 Foligno-Civitanova, SS209 Terni-Muccia, SS319 Borgo Cerreto - Casenove), unitamente ad alcune dislocate lungo le vie di comunicazione provinciale. Non si rilevano, in questo ambito territoriale, sufficienti strutture specializzate al servizio dell’industria e dell’artigianato. Se si eccettua, infatti, il Centro Fiere “Maschiella” localizzato nei pressi della zona industriale di Bastia Umbra, non si registrano altre significative presenze. Le previsioni urbanistiche comunali hanno previsto, d’altra parte, l’inserimento di servizi più generici nell’ambito degli insediamenti produttivi secondo gli standards vigenti; nei casi in cui tali servizi vengono realizzati (pochi, in realtà, come testimoniano i dati raccolti), questi sono individuati e gestiti in vario modo dalle Amministrazioni Comunali in funzione del tipo e dell’entità delle attività insediate o da insediare. Come accennato, comunque, il livello di utilizzazione delle superfici caratterizzate da questa destinazione risulta molto basso. Si assiste altresì, a partire dagli anni ottanta, allo sviluppo di una particolare residenzialità legata ad una industrializzazione attiva in alcune zone dell’area: è questo, ad esempio, il caso dei recenti quartieri sorti in posizione non distante dai sistemi produttivi attestati tra Perugia, Corciano e Magione, lungo la SS75 bis, secondo le linee delle “new towns” tipiche della prima industrializzazione. Con riferimento ai dati relativi alla frammentazione delle aree produttive di cui al paragrafo “Le aree produttive nella storia della Regione Umbria”, cui attingiamo in questa sede per i comuni della provincia di Perugia, si evidenzia che la frammentazione delle aree produttive, molto elevata in valore assoluto, fa comunque registrare una diminuzione nell’arco temporale considerato, ovvero dal 1996 al 2009.

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Offerta delle aree produttive per gli anni 1996 e 2009 per i Comuni della Provincia di Perugia

Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT e comunali

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AURAPPORTI: RES 2008-09 523

Nei 26 comuni oggetto dell’aggiornamento dei dati, si passa dai 351 agglomerati complessivamente censiti nel 1996 ai 305 del 2009, per una variazione del -13,1%. La diminuzione del numero di agglomerati va senz’altro ricondotta alle previsioni localizzative introdotte dai nuovi strumenti urbanistici comunali, elaborati a seguito dell’emanazione della L.R. 31/1997 e, in misura minore, ai sensi della successiva L.R. 11/2005. Tabella riepilogativa delle categorie di superfici negli agglomerati del Comune di Città di Castello, Foligno e Perugia

COMUNE N° AGGL 1996

Dismesse(ha)

Servizi(ha)

Libere(ha)

Miste (ha)

Sature(ha)

Verdi(ha)

Variante (ha)

SUP. TOT (ha)

CITTA' DI CASTELLO 14 19,04 14,06 90,63 232,48 9,40 8,15 373,76

COMUNE N° AGGL 2009

Dismesse Servizi Libere Miste Sature Verdi Variante SUP. TOT

CITTA' DI CASTELLO 15 33,75 14,90 41,11 285,06 10,00 10,79 395,61

COMUNE N° AGGL 1996

Dismesse Servizi Libere Miste Sature Verdi Variante SUP. TOT

FOLIGNO 20 18,32 32,96 184,08 55,84 3,11 294,31

COMUNE N° AGGL 2009

Dismesse Servizi Libere Miste Sature Verdi Variante SUP. TOT

FOLIGNO 17 5,34 19,31 137,39 171,15 1,94 335,13

COMUNE N° AGGL 1996

Dismesse Servizi Libere Miste Sature Verdi Variante SUP. TOT

PERUGIA 63 61,79 130,65 493,98 185,35 63,80 16,97 952,54

COMUNE N° AGGL 2009

Dismesse Servizi Libere Miste Sature Verdi Variante SUP. TOT

PERUGIA 53 32,67 103,51 377,79 433,73 21,32 969,02 Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT e comunali. Perugia, Foligno e Città di Castello nelle previsioni di potenziamento infrastrutturale Le dinamiche connesse alle aree produttive trovano una correlazione diretta con gli assetti infrastrutturali del territorio regionale, oggetto di specifica attenzione nel Disegno Strategico Territoriale della Regione Umbria51, che in proposito individua tre

51 Cfr. paragrafo “Le aree produttive nel DST della Regione Umbria”.

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progetti strategici territoriali: la Direttrice longitudinale nord-sud, il Sistema delle direttrici trasversali est-ovest e la Rete di cablaggio a banda larga; tali progetti interessano fortemente i tre comuni oggetti di approfondimento: Perugia, Foligno e Città di Castello52. La Direttrice longitudinale nord-sud, fondata sulla prospettiva di potenziamento e trasformazione del fascio infrastrutturale che attraversa da nord a sud il territorio regionale (innervato sulla E45 e la Ferrovia Centrale Umbra), si innesta nel sistema di connessioni che sostanziano il corridoio europeo I Berlino-Palermo, destinato a collegare più direttamente l’Umbria con il Lazio ed il corridoio tirrenico meridionale, a sud, e con l’Emilia Romagna e il Nordest verso settentrione. Questa direttrice connette città e sistemi insediativi di grande importanza per l’economia regionale: fra gli altri, la caratterizzano in sequenza, oltre Terni, i nodi di Todi, Marsciano, Perugia, Umbertide e Città di Castello, interessati da politiche di riposizionamento competitivo mirate a valorizzarne le vocazioni endogene all’interno di flussi sovra regionali, nazionali ed internazionali. Per quanto attiene ai centri principali, in stretta connessione con il rafforzamento infrastrutturale, il DST definisce alcuni obiettivi e azioni prioritarie, in stretto rapporto con gli obiettivi e le azioni previste per le reti di città. E’ previsto il rafforzamento di Perugia quale “brain-port” di livello europeo, anche in relazione agli elevati flussi di persone, conoscenze, idee, culture, che offrono notevoli possibilità di sviluppo di un’economia di servizi avanzati, in sintonia con le prospettive della società della conoscenza. Alcuni interventi già programmati mirano a rafforzare le potenzialità connesse al rango di città europea del capoluogo regionale, mentre altri sono destinati a potenziare l’accessibilità, la capacità di accoglienza e l’offerta formativa. Città di Castello vede le sue potenzialità di crescita essenzialmente in funzione dell’appartenenza al sistema economico e produttivo transregionale, che la lega storicamente a Sansepolcro (Regione Toscana) e alla Romagna. Qui gli investimenti per lo sviluppo dovranno cogliere le opportunità connesse alla direttrice trasversale Grosseto-Fano e alla sua intersezione con la direttrice longitudinale E45, destinate ad essere potenziate dalla prossima realizzazione della piattaforma logistica di Città di Castello – San Giustino. Foligno si inquadra invece nel Sistema delle direttrici trasversali est-ovest, che rappresentano un vero e proprio sistema di relazioni interregionali, cerniera della piattaforma territoriale Lazio-Umbria-Marche individuata dal Ministero delle Infrastrutture al fine di connettere i porti di Civitavecchia e di Ancona. In analogia con quanto previsto per la Direttrice longitudinale nord-sud, il potenziamento delle comunicazioni viarie e ferroviarie è in stretta correlazione con il ridisegno delle connessioni con i nodi urbani e i poli funzionali principali, con la ridefinizione delle principali strutture di supporto alle aree produttive e alla logistica, al

52 Ai sensi del PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale) della Provincia di Perugia, i tre Comuni prescelti appartengono alla classe della “concentrazione insediativa”.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 525

ripensamento delle reti di città e del rango dei principali centri. All’interno di questo scenario, Foligno è un centro destinato ad accrescere il suo ruolo centrale nel sistema insediativo e produttivo regionale, anche in funzione del completamento del sistema di connessioni trasversali interappenniniche relative al Quadrilatero Marche-Umbria, accentuando la sua valenza di “porta est” di accesso alla regione, proiettata verso la costa adriatica meridionale e, dunque, verso il corridoio trans europeo VIII. I tre centri esaminati sono peraltro tutti inseriti nel progetto della Rete di cablaggio a banda larga53, mirato all’eliminazione del divario digitale e all’annullamento delle distanze fisiche; la realizzazione di un’infrastruttura a banda larga di grande velocità e capacità di trasmissione è infatti destinata ad offrire servizi avanzati ai cittadini e alle imprese. Il progetto si articola nella realizzazione iniziale di un backbone regionale in fibra ottica per l’interconnessione longitudinale del territorio e per il collegamento “long-distance” con le altre reti nazionali, che sfrutta il tracciato della Ferrovia Centrale Umbra, e nella realizzazione di reti di distribuzione ed accesso integrate (fibra ottica e sistemi wireless) nei cinque principali centri umbri, ovvero Perugia, Foligno, Città di Castello, Terni ed Orvieto. Perugia Il Piano Regolatore Generale di Perugia, approvato nel 2002, indica obiettivi coerenti con una nuova visione dello sviluppo della base produttiva che, per il rapido modificarsi delle strategie di impresa nel mercato globale, sta modificando le produzioni e rinnovando le tecnologie; al contempo, un numero non trascurabile di aziende passa dal comparto produttivo a quello dei servizi, facendo sorgere, tra gli altri, complessi problemi di riuso delle vecchie strutture industriali. L’obiettivo di garantire una quantità ragionevole di aree per le esigenze dell’attività produttiva di tipo industriale viene perseguito dal PRG tenendo conto della differente potenzialità esistente tra le numerose zone produttive presenti nel territorio comunale. La stato di salute espresso dall’insieme delle aree produttive ha suggerito l’adozione di una politica localizzativa delle nuove zone tendente a potenziare solo quelle più consistenti, per la capacità che esse hanno di porsi a sistema. Questo obiettivo appare in linea anche con le risultanze dell’indagine IRRES 1995-96, ove si afferma che azioni più efficaci, per rafforzare e qualificare l’offerta e la domanda di servizi alla produzione, si possono intraprendere nell’ambito di agglomerati produttivi di varia dimensione e consistenza, incentivando iniziative consortili. Le scelte localizzative contenute nel PRG vigente possono essere, pertanto, sintetizzate come segue:

bloccare, con alcune eccezioni, l’espansione delle aree piccole, restituendo in più casi le aree inutilizzate all’uso agricolo;

53 Il Piano Telematico approvato dalla Giunta Regionale con DGR n. 469 del 5 maggio 2008 convoglia le diverse azioni promosse per lo sviluppo e la diffusione della Banda Larga e per il sostegno al mercato.

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DENTRO L’UMBRIA due526

consolidare quelle di medie dimensioni che presentano gradi di vitalità; rafforzare la struttura multi-polare di dimensioni consistenti, elevando a questo rango l’area produttiva di Ponte Pattoli, posta sulla direttrice forte nord-sud; affidare ad un’area di proprietà comunale (completamente inattuata), in località Lidarno/Collestrada, una funzione strategica per promuovere lo sviluppo di attività produttive innovative legate ad una tipologia insediativa, per forma e contenuti, assimilabile a quella del parco tecnologico.

Tale impostazione viene supportata da altri obiettivi specifici, quali il miglioramento dell’accessibilità, la promozione di centri di servizio, anche se di tipo tradizionale, il miglioramento delle qualità prestazionali, anche per la loro promozione, nonché la riconsiderazione delle aree dismesse per finalità diverse da quelle industriali. Dal raffronto fra i dati regionali 1996 e 2009, emerge, in coerenza con i principi ispiratori del PRG sopra richiamati, una diminuzione del numero di agglomerati, che passa da 63 a 53 (-15,9%); rispetto alle previsioni localizzative del previgente strumento urbanistico generale, il nuovo Piano ha quindi determinato una diminuzione del livello di frammentazione delle aree produttive nel territorio comunale. Nel periodo considerato, le aree sature risultano notevolmente aumentate (+26%), a fronte di una sensibile diminuzione delle aree miste (-13%). Diagramma di confronto percentuale tra le categorie di aree degli agglomerati del Comune di Perugia per gli anni 1996 e 2009

Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 527

Il dato regionale 2009 riporta una superficie complessiva degli agglomerati pari a ha 969,02 a fronte dei corrispondenti ha 952,54 al 1996. Nel periodo considerato, le aree completamente libere diminuiscono da ha 130,65 a ha 103,51 e quelle miste da ha 493,98 a ha 377,79.54 Il Piano Regolatore Generale individua le aree produttive55 con la seguente classificazione: D1 “zone per attività industriali”; D2 “zone per le piccole industrie e per attività artigianali, di completamento”; D3 “zone per le piccole industrie e per attività artigianali, di sviluppo”; D4 “zone per le piccole industrie e per attività artigianali a basso indice di edificabilità”; D5 “zone per le piccole industrie, attività artigianali e attività commerciali”; D6 “zone per attività produttive avanzate”. Con la sigla Ds vengono classificate le aree destinate ai centri di servizi, mentre sono individuati come zone Dn i comparti disciplinati da piani per insediamenti produttivi (P.I.P.) di cui alla L. 865/1971, adottati ed approvati dopo l’entrata in vigore della LR n. 31/97. In merito ai parametri edificatori fissati dalle Norme Tecniche di Attuazione del PRG Parte Operativa, il rapporto fra la superficie coperta degli edifici e la superficie del lotto varia in base ai tipi di zona sopraelencati, essendo generalmente pari: a 0,50 per le zone D1 e D2; a 0,40 per le zone D3 e D5; a 0,20 per le zone D4; altri parametri vengono presi in considerazione per le zone D6, Ds e Dn. Ai fini del presente Rapporto, si è voluto affrontare una lettura degli agglomerati per “macrozone”, riconducendo le aree produttive ad entità territoriali che rappresentano i caratteri omogenei del territorio comunale in base all’assetto insediativo ed infrastrutturale. Tali entità, già utilizzate dal Comune di Perugia ai fini dell’analisi del fabbisogno abitativo per la “Formazione del nuovo PEEP del Comune” approvato nel 2007, sono le macrozone “Caina”, “Marscianese”, “Pievaiola”, “Tezio”, “Tevere Nord”, “Eugubina”, “Ponti”, “Perugia”; la loro articolazione territoriale è schematizzata nel grafico successivo.

54 La presente pubblicazione è corredata da un apparato di tavole cartografiche e dal relativo indice, disponibili nelle pagine istituzionali della Regione Umbria, curate dal Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale, nonché nel sito dell’Agenzia Umbria Ricerche (www.aur-umbria.it), in formato Adobe Acrobat Reader PDF. 55 Il PRG contempla altresì: le “zone per la lavorazione di inerti e per attività estrattive connesse” (D7); le zone per allevamenti industriali (D8); le zone di promozione di industrie agro-alimentari (D9); le zone per impianti produttivi speciali a basso impatto visivo (D10). Le zone per attività produttive a rischio di incidente rilevante, fermo restando quanto previsto dal D.M. 9 maggio 2001, sono disciplinate dall’art. 75. L’insediamento, ove previsto, delle attività produttive, industriali ed artigianali, classificabili insalubri di 1^ classe, ai sensi del D.M 5 settembre 1994, è ammesso nei limiti e con le modalità previste dal T.U. delle leggi sanitarie (Regio Decreto 27 luglio 1934, n.1265 ).

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Individuazione delle macrozone nel territorio comunale

Fonte: Analisi del fabbisogno abitativo per la formazione del nuovo PEEP del Comune di Perugia. Con riferimento alle macrozone sopra illustrata, la tabella riportata di seguito offre un quadro riepilogativo della distribuzione degli agglomerati produttivi nel territorio di Perugia.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 529

Distribuzione degli agglomerati produttivi nelle macrozone al 2009

Macrozone Agglomerati produttivi (2009) N° Denominazione N° aggl. Denominazione

1 Caina 3 Madonna dei Piccioni (Mugnano); Fontignano – Pietraia; Boschetto.

2 Marscianese 8 Madonna del Piano I, S. Martino in Campo II; S. Martino in Campo III; S. Martino in Campo IV; S. Martino in Campo V; S. Martino in Campo VI; S. Fortunato; S. Enea.

3 Pievaiola 6 S. Mariano; S. Sisto; S. Sabina; S. Andrea delle Fratte; Castel del Piano; Villa Borgia.

4 Tezio 0 5 Tevere Nord 9 Pieve Pagliaccia; La

Cinella; Parlesca; Resina; Resina – Milizia; Ponte Pattoli I; Ponte Pattoli II, Stazione di Resina e Ponte Pattoli; Ramazzano.

6 Eugubina 2 Piccione; Pianello. 7 Ponti 19 Ponte Valleceppi I –

Ponte Felcino; Collestrada; Ponte S. Giovanni I; Ponte S. Giovanni II; Balanzano I; Villa Pitignano; Rivalta; Ponte Felcino I; Osteria; Ponte Felcino II; Bosco; Ponte Valleceppi II; Pretola; Ponte Valleceppi III; Stazione di Ponte Valleceppi; S. Egidio; Balanzano; Balanzano II; Ferriera.

8 Perugia 6 Fontana – Ellera Corciano; Settevalli; Centova I; Centova II; Pian di Massiano; S. Lucia.

Totale 53 Fonte: Ns. elaborazioni su dati Comune di Perugia.

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Macrozona 1 “Caina”: si tratta di un contesto collocato nella porzione sud-ovest del territorio comunale, lungo la statale Pievaiola, che si sviluppa dall’abitato di Castel del Piano; oltre questo, Mugnano e Fontignano sono i centri di riferimento dell’area. Gli insediamenti produttivi sono di limitata entità, salvo quello di Fontignano (interamente caratterizzato dalla presenza di aree miste per ha 19,10), ove sono individuati due ampliamenti all’area produttiva preesistente, classificati come zone D3 ai sensi del PRG. Il tessuto produttivo risente della rarefazione insediativa del contesto e dell’infrastrutturazione stradale costituita dalla sola Pievaiola; risultano peraltro assenti linee ferroviarie. Macrozona 2 “Marscianese”: occupa la parte sud del territorio comunale, lungo la direttrice Marscianese ed il tratto della E45 sino al confine con Deruta e Torgiano, incentrandosi sugli abitati di S. Martino in Campo, S. Martino in Colle e S. Enea. Qui il tessuto produttivo è di apprezzabile consistenza: le aree produttive più rilevanti sono quelle di Madonna del Piano tra la strada dei Loggi e la FCU, quelle a ridosso dello svincolo di Montebello lungo la E45 e quelle di S. Martino in Campo tra la E45 e la FCU, in parte occupate dagli ex allevamenti Valigi. Le possibilità residue si concentrano essenzialmente nell’agglomerato di Madonna del Piano I, interessato dall’attuale formazione di un piano attuativo e completamente libero per ha 19,45; in merito agli insediamenti disposti lungo la Marscianese, questi risultano tutti di limitata entità ed ampiamente saturi. Macrozona 3 “Pievaiola”: ubicata ad ovest del territorio, comprende i centri di S. Sisto, Castel del Piano, S. Andrea delle Fratte e Pila/Casenuove, accogliendo uno dei maggiori contesti produttivi della provincia, rappresentato dagli agglomerati di S. Andrea delle Fratte (ha 173,21) e S. Sisto (ha 84,30), quest’ultimo sede della Nestlè-Perugina. Le principali linee di comunicazione sono costituite dalla statale Pievaiola e dalla ferrovia Foligno-Terontola, che attraverso una diramazione della linea serve direttamente la nota industria dolciaria. Le opportunità insediative sono limitate a lotti residuali nella vasta superficie produttiva; di maggiore consistenza è l’area libera a margine dell’agglomerato di S. Andrea delle Fratte (ha 2,78), in direzione Strozzacapponi, che ha trovato ampia attuazione mediante un PIP. Sono inoltre presenti due aree produttive a margine dell’abitato di Castel del Piano, entrambe sature, mentre limitate possibilità residue sono riscontrabili nell’agglomerato di Settevalli (ha 10,21). Macrozona 4 “Tezio”: attestata ad ovest, da Cenerente a S. Giovanni del Pantano, non accoglie attualmente agglomerati produttivi, in quanto le previsioni localizzative del previgente strumento urbanistico generale non sono state riconfermate dal nuovo PRG per dare conto della vocazione ambientale della zona. Macrozona 5 “Tevere Nord”: collocata a nord del territorio comunale, lungo il percorso della E45, della Ferrovia Centrale Umbra e della Statale Tiberina, trova i suoi centri di riferimento nelle frazioni di Ramazzano, Ponte Pattoli, Resina e Solfagnano. Il tessuto produttivo si sviluppa lungo il corridoio infrastrutturale, a

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ridosso dei centri abitati, con la sua parte più consistente in prossimità dell’abitato di Ponte Pattoli, in cui è riscontrabile una disponibilità residua di ha 1,46. Macrozona 6 “Eugubina”: ubicata nel versante nord-est, lungo la via Eugubina, si incentra nelle frazioni di Bosco, Colombella, Piccione, Pianello e Ripa. Tra le infrastrutture più rilevanti, si segnala il tratto realizzato della direttrice Perugia-Ancona tra la frazione di Pianello e lo svincolo di Lidarno, cui si affianca il collegamento stradale S. Egidio – Pianello. Il tessuto produttivo si sviluppa in parte lungo la via Eugubina, in corrispondenza di Bosco – Pieve Pagliaccia, e in parte lungo la via Fabrianese, nei pressi di Pianello (per una superficie di ha 10,07 impegnata da aree miste), nel quale è presente una disponibilità residua, peraltro riscontrabile anche nell’agglomerato di Piccione, libero per l’intera estensione di ha 5,96. Macrozona 7 “Ponti”: posta a sud-est, lungo la E45, si sviluppa da Balanzano a Ponte Felcino – Villa Pitignano; la direttrice stradale è affiancata, per la maggior parte del contesto, dal tracciato della FCU e dal corso del Tevere. Le frazioni di Balanzano, Il Sardo, Ponte S. Giovanni, Valtiera, Lidarno – S. Egidio, Ponte Valleceppi, Ponte Felcino e Villa Pitignano costituiscono il tessuto insediativo di riferimento, connotato da molteplici poli produttivi. Due sono, in ogni caso, le concentrazioni prevalenti: quella di Ponte S. Giovanni – Molinaccio e quella di Ponte Felcino – Ponte Valleceppi. Nella frazione di Ponte S. Giovanni, salvo alcune zone marginali tuttora libere, i comparti si presentano sostanzialmente saturi. Analoghe considerazioni possono estese alla località Il Sardo, che risulta pressoché satura per la parte prospiciente la E45 (interessata da un piano di lottizzazione di vecchia data), con due aree libere nella fascia retrostante. Tra le aree dismesse, si evidenzia quella interessata dalla recentissima demolizione del Pastificio Ponte, situata a Ponte S. Giovanni, di cui il PRG prevede la riconversione con funzioni plurime: residenza, commercio, terziario; il valore aggiunto della trasformazione dell’area è da ricercarsi nella realizzazione di un ampio accesso al Tevere dagli insediamenti abitativi esistenti. Un consistente impegno delle aree caratterizza inoltre gli agglomerati produttivi di Collestrada e Ponte S. Giovanni II; per il primo risultano ancora liberi ha 4,44, mentre il secondo presenta aree miste per l’intera superficie di ha 49,64. Lungo la E45, in prossimità dello svincolo di Lidarno con la superstrada per Ancona, risulta ad oggi ancora libera la zona D6 di proprietà comunale nell’agglomerato di S. Egidio (ha 13,67), mentre gli agglomerati nn. 31 e 33 di Ponte Valleceppi sono saturi. Più a nord, nell’ambito del vasto agglomerato posto tra Ponte Valleceppi e Ponte Felcino, dell’estensione di ha 87,80 ed interessato da un PIP, risulta libera una consistente zona D3 (ha 21,22), cui si aggiunge la disponibilità presente in altre due zone, di cui una in fase di attuazione. All’agglomerato Ponte Felcino II, integralmente occupato dal lanificio, si affianca l’altro, ubicato tra la E45 e la Statale Tiberina, con una modesta disponibilità residua. Satura è infine l’area produttiva di Villa Pitignano, posta tra la FCU e la Tiberina.

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Macrozona 8 “Perugia”: si incentra nel capoluogo e nelle zone limitrofe quali Prepo, Pallotta, Madonna Alta, S. Lucia, S. Marco, Olmo, Ferro di Cavallo, Casaglia, Montelaguardia. Tra gli agglomerati produttivi storici, si segnala quello di S. Lucia (ha 12,82), per il quale il PRG vigente ha confermato la destinazione industriale e che accoglie lo stabilimento Spagnoli; si registra, al contempo, la saturazione dell’agglomerato di Olmo (Officine Piccini). Trattando degli agglomerati urbani, si evidenzia il processo di rinnovamento delle strutture collocate nelle aree tra Via Settevalli e Ponte della Pietra, le cui aree risultano ampiamente impegnate. Il fenomeno riflette qui una marcata propensione alla modifica delle attività, da produttive a commerciali; in proposito, il nuovo PRG ha destinato parte delle strutture esistenti a zone per servizi privati, in quanto concepita come zona mista in cui possano coesistere attività produttive, anche tradizionali, con funzioni residenziali, commerciali e servizi.

Il diagramma seguente sintetizza, in termini percentuali, la ripartizione delle superfici degli agglomerati produttivi nelle macrozone sopra descritte. Si nota immediatamente la maggiore concentrazione di superficie produttiva nelle macrozone “Ponti” (38,2%), “Pievaiola” (30,3%) e “Perugia” (12,4%).

Diagramma di ripartizione percentuale della consistenza degli agglomerati per macrozona (2009)

Macrozona 2 - Marscianese; 6,7%

Macrozona 3 - Pievaiola; 30,3%

Macrozona 7 - Ponti; 38,2%

Macrozona 8 - Perugia; 12,4%

Macrozona 1 - Caina; 2,5%

Macrozona 4 - Tezio; 0,0%

Macrozona 5 - Tevere Nord; 8,3%Macrozona 6 - Eugubina; 1,6%

Fonte: Ns. elaborazioni su dati Comune di Perugia.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 533

Foligno Distribuito fra il contesto urbano del capoluogo, i nuclei frazionali del sistema della pianura e le frazioni montane, il tessuto produttivo di Foligno presenta un’ampia articolazione localizzativa, interessando la gran parte degli abitati presenti nel territorio comunale. Gli insediamenti risalgono in alcuni casi a data antichissima, specialmente per quanto riguarda i settori connessi allo sfruttamento della forza idraulica: il Menotre offriva un regime idraulico costante, e dunque una costante potenzialità ai fini produttivi. Successivamente, i fattori di centralità infrastrutturale (ferrovia, statale Flaminia) hanno conferito progressiva importanza alla città. Un’importante, storica presenza è costituita dalle industrie alimentari, legate ad una significativa realtà agricola: sono sorti pastifici, uno zuccherificio, un panificio militare ed altri opifici afferenti al settore. Egualmente rappresentata risulta l’industria meccanica, con la presenza dell’AUSA-Macchi, per la meccanica aeronautica di precisione. Dopo il secondo conflitto mondiale si assiste al fenomeno di riconversione dell’industria bellica: tra i settori dell’industria e dei servizi si colloca l’attività delle Grandi Officine Riparazioni Ferroviarie, strettamente connessa, come l’intero sistema produttivo folignate, a fenomeni di rilevanza pubblica. Tra i casi di riconversione dell’industria militare si annovera anche l’insediamento della Umbria Cuscinetti (recentemente trasferitasi nell’agglomerato Paciana), cui si aggiunge, progressivamente, un tessuto produttivo minuto che caratterizza tutt’oggi la realtà locale. Il rilevamento IRRES del 1996 registrava complessivamente venti agglomerati in cui riconfluivano, ai sensi del PRG ’77, le varie tipologie delle zone produttive, a cominciare dalle prime realtà legate al passaggio dalla manifattura all’industria tipico dei primi del Novecento. Foligno presenta un contesto produttivo articolato in due sistemi principali, situati a nord e a sud del centro abitato, già classificati dal PUT56 come “ambiti di concentrazione delle attività produttive nei quali gli agglomerati presentano un alto grado di saturazione ove sono favoriti processi di riqualificazione ambientale, riordino urbanistico nonché di adeguamento delle dotazioni infrastrutturali”. E’ infatti possibile individuare un sistema lineare omogeneo, connotato da fattori di continuità, che si sviluppa da Spello a Trevi, e che trova i suoi elementi di forza nell’agglomerato produttivo di Paciana57 (ha 127,73 secondo il dato regionale al 2009, con una disponibilità residua di ha 7,42), situato nella porzione ovest del territorio di Foligno, in prossimità del confine comunale con Spello, e in quello di S. Eraclio (ha 126,05), che viene a saldarsi, a sud, con il contesto produttivo di Trevi.

56 Piano Urbanistico Territoriale della Regione Umbria, approvato con L.R. 24 marzo 2000, n. 27. 57 L’agglomerato Paciana accoglie il BIC Umbria, centro servizi con annessi laboratori volto a promuovere l'imprenditorialità dell'area in cui opera e di conseguenza a sostenere lo sviluppo economico del territorio. Esso ricopre il ruolo di struttura "incubatrice" di nuove attività produttive con lo scopo di dare impulso alla creazione di nuove imprese e di favorire lo sviluppo e l'innovazione di quelle esistenti.

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Al sistema sopra descritto si aggiungono gli altri contesti produttivi distribuiti nel vasto territorio comunale, che possono essere raggruppati secondo la loro collocazione geografica. Alla parte nord-est del territorio, situati in un contesto collinare ed alto-collinare, appartengono gli agglomerati di Annifo (ha 3,44), Colfiorito (ha 10,98 con aree libere per complessivi ha 3,23), Verchiano (ha 4,33 con aree libere pari a ha 1,86) e Casenove (ha 0,72), la cui destinazione produttiva, a prevalente carattere artigianale, risale alla metà degli anni Ottanta. Può essere inoltre trattato unitariamente il sistema degli agglomerati di Rasiglia, Scopoli, Pale e Belfiore, la cui superficie complessiva ammonta a circa ha 4,5 lungo la valle del Menotre, nella porzione settentrionale del territorio comunale, che presenta caratteristiche di omogeneità per origine e natura degli insediamenti; si tratta di un sistema produttivo storico, fondato sulla distribuzione degli opifici lungo il fiume, che assicurava un tempo la necessaria alimentazione ai cicli produttivi. La sua caratterizzazione è del tutto peculiare, in quanto presenta aree interessate da processi di dismissione, attestate nei piccoli centri frazionali della valle. Si ricordano in proposito le officine cartarie e poligrafiche di Pale e Belfiore (Cartiere Sordini), la cui attività “industriale” si consolida ai primi del secolo, e l’ex Lanificio Tonti di Rasiglia. Esaminando a grandi linee i rapporti funzionali tra le aree produttive ed il contesto urbanistico di riferimento, si può osservare che i due poli maggiori, Paciana e S. Eraclio, sono connotati da un diverso grado di interazione con la componente residenziale, che risulta più prossima (sino ad essere inglobata) alle superfici produttive nel caso di Paciana, mentre questa assume un carattere di maggiore tangenzialità a S. Eraclio, in quanto l’omonimo abitato lambisce l’estremità nord dell’agglomerato, rimanendo tuttavia esterno ad esso. Entrambi situati in pieno contesto pianeggiante, sono ampiamente circondati dal contesto agricolo. Per quanto attiene alla presenza di servizi, oltre al già citato BIC Umbria a Paciana, si ricorda che a S. Eraclio, come accennato in precedenza, si incentra la localizzazione di un’Area Leader del Quadrilatero Marche-Umbria, legata funzionalmente alla piattaforma logistica progettata per servire, sia su gomma che su ferro, un bacino che include i comprensori della Valle Umbra Sud, dello Spoletino e della Valnerina. La particolare localizzazione baricentrica la rende un punto strategico per il collegamento stradale e ferroviario della Regione Umbria con Roma e il versante marchigiano dell’Adriatico; compresa tra la linea ferroviaria Orte-Falconara e l’aeroporto di Foligno, risulterà collegata alla rete viaria principale attraverso la SS3 Flaminia Flaminia, nel tratto Foligno-Spoleto, e alla rete ferroviaria mediante l’impianto di movimento all’interno dell’area della stazione FS di Foligno58.

58 La base dispone di un terminal intermodale, un terminal per l’autotrasporto (raggiunto da un’ulteriore asta di binario, più binario di manovra, che raggiunge i magazzini a ribalta), un centro di distribuzione urbana e un centro servizi alla persona e ai mezzi, con stazione per rifornimento carburante esterna e possibilità di realizzare anche una struttura ricettiva.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 535

Tra gli agglomerati più prossimi al centro urbano vanno inoltre considerati quelli di S. Paolo - Cappannaccio (ha 4,72), Via Fornaci Hoffman (ha 4,42) e Via Roma (ha 15,52), i primi localizzati a nord-est della città, separati fra loro dal nuovo tratto della SS3 Flaminia e dal percorso del fiume Topino, l’ultimo inglobato in essa, essendo parte integrante del tessuto edilizio del capoluogo, che nella sua porzione sud trova la sua conclusione nell’abitato di S. Eraclio. Altri agglomerati, come S. Giovanni Profiamma (ha 14,27) e S. Giovanni Nord – Pontecentesimo (ha 5,67 con aree libere per ha 4,21), pur essendo collocati lungo la SS3 Flaminia, non stabiliscono relazioni dirette con il contesto urbano. A questi si aggiungono quelli di Ponte Nuovo (ha 5,77) e Moano (ha 7,69), posti rispettivamente alle estremità ovest e sud del territorio comunale, entrambi distanti da centri abitati. Per quanto attiene al livello di utilizzazione delle aree, il grafico seguente offre una comparazione sintetica fra la situazione rilevata dall’IRRES nel 1995-96 sulla base del previgente PRG e quella al 2009, derivante dall’assetto configurato dall’attuale strumento urbanistico generale. Diagramma di confronto percentuale tra le categorie di aree degli agglomerati del Comune di Foligno per gli anni 1996 e 2009

Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT. Come precedentemente accennato, le previsioni localizzative del PRG ’97 danno luogo ad una lieve diminuzione del numero di agglomerati rispetto alla situazione rilevata nel corso dell’indagine IRRES 1995-96. Il livello di frammentazione delle aree al 2009 è pertanto diminuito, con gli attuali 17 agglomerati a fronte dei 20 desunti dal PRG previgente. La superficie complessiva degli agglomerati ammonta, secondo il dato regionale 2009, a ha 335,13, di cui ha 5,34 relativi ad aree dismesse, ha 19,31

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disponibili da aree libere, ha 137,39 occupate da aree miste, ha 171,15 da aree sature e ha 1,94 da aree verdi. Rispetto alla situazione rilevata nel 1996, le aree sature fanno registrare un incremento del 32%, a fronte di un -22% per le aree miste e un -5% per le aree totalmente disponibili.59 L’attuale tessuto produttivo riconferma la sostanziale distribuzione delle aree già presenti e consolidate, sebbene il PRG ’97 presenti una diversa classificazione delle aree, che tuttavia solo per i principali agglomerati presentano variazioni apprezzabili nel loro assetto dimensionale; esse trovano, nel nuovo strumento urbanistico generale, una maggiore “specializzazione” derivante dall’introduzione di destinazioni mirate, specialmente in merito alle aree dismesse o comunque destinate a funzioni di ricucitura urbana. Il grafico sintetizza i tipi di zona individuati dal PRG relativamente agli spazi destinati alla produzione industriale ed artigianale, cui vanno ad aggiungersi le zone a caratterizzazione commerciale e turistica, che non vengono trattate in questa sede. Diagramma relativo all’offerta delle aree produttive sulla base del PRG del Comune di Foligno

Fonte: Ns. elaborazioni da PRG ’97 Comune di Foligno.

59 La presente pubblicazione è corredata da un apparato di tavole cartografiche e dal relativo indice, disponibili nelle pagine istituzionali della Regione Umbria, curate dal Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale, nonché nel sito dell’Agenzia Umbria Ricerche (www.aur-umbria.it), in formato Adobe Acrobat Reader PDF.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 537

Le aree industriali ed artigianali individuate dal PRG ’97 si riferiscono sia a tessuti urbani a mantenimento produttivo60 (zone UC/MPIA) che a tessuti urbani di espansione locale61 (zone UC/EPIA). Il Piano individua inoltre le zone soggette a “disciplina particolareggiata pregressa” (zone UP/PIP, UP/PPE, UP/PDL), attribuendo tale denominazione a quelle aree produttive già presenti nel PRG previgente, dunque attuate mediante piani attuativi di precedente formazione, di iniziativa pubblica e privata62. Le specifiche modalità di attuazione sono contenute nell’art. 52 (Disciplina dei tessuti) delle NTA del PRG ’97, che stabiliscono l’attuazione diretta per i tessuti a mantenimento (zone UC/MPIA) e l’attuazione indiretta per i tessuti di espansione locale (zone UC/EPIA); per entrambe le tipologie di zona, l’indice di utilizzazione fondiaria è fissato nel valore di 0,65 mq/mq. Gli standard urbanistici sono prescritti, dal medesimo articolo, nelle quote del 10% di parcheggi e del 5% di verde per le zone UC/MPIA, mentre per le zone UC/EPIA le quantità richieste salgono al 10% di parcheggi e al 10% di verde63; gli standard vanno reperiti anche per gli insediamenti produttivi soggetti a disciplina particolareggiata pregressa (zone UP/PIP, UP/PPE, UP/PDL) per le parti non attuate. Particolare rilevanza assumono inoltre i cosiddetti “Ambiti di strutturazione locale”, che comprendono le “aree di primo impianto produttivo” (zone UT/SLP), atte a soddisfare la domanda di nuovo insediamento o reinsediamento produttivo64. La disciplina di queste zone è definita dalle relative “schede d’ambito” contenute negli elaborati del Repertorio delle schede degli Ambiti urbani di trasformazione65. In particolare, l’ex-Zuccherificio e l’ex Centro Fiera - Colorificio Mariotti rappresentano casi emblematici dei fenomeni di dismissione produttiva nel contesto

60 Ai sensi delle Norme Tecniche di Attuazione del PRG ’97, art. 51, costituiscono i Tessuti urbani consolidati a Mantenimento le parti della città consolidata in tempi relativamente recenti in attuazione dei Piani Regolatori Generali del 1960 e del 1973 e successive varianti parziali; detti tessuti sono articolati in riferimento alla densità edilizia che presentano ed alle prevalenti destinazioni degli edifici. 61 Ai sensi delle stesse NTA, i Tessuti urbani consolidati riguardano piccole porzioni incomplete della città consolidata e si suddividono in tessuti di Completamento locale (soggetti ad attuazione diretta condizionata) e in tessuti di Espansione locale (soggetti ad attuazione indiretta). 62 Per queste zone (cfr. art. 54 NTA), il PRG ’97 fa propria la disciplina di cui ai relativi strumenti urbanistici in vigore anche solo adottati, fermo restando che agli edifici realizzati in attuazione di detti strumenti si applica, ai fini delle categorie di intervento, la disciplina del Tessuto a mantenimento produttivo e fermo restando il rispetto dell’indice attribuito dalla disciplina particolareggiata originaria. 63 Gli standard si riferiscono alla superficie fondiaria per le zone ad attuazione diretta e alla superficie territoriale per le zone ad attuazione indiretta (mediante piano attuativo). 64 A questi si aggiungono le aree dismesse o in dismissione già di pertinenza di opifici industriali o di impianti ed attrezzature di servizio, classificate come “ambiti urbani di trasformazione” ed articolate in zone UT/SUAD e UT/SLAD, le prime con valenza di strutturazione urbana, destinate ad un ruolo di riferimento funzionale e morfologico di rilevanza urbana, le seconde con valenza di strutturazione locale, la cui rifunzionalizzazione deve assumere rilevanza di quartiere o di parte urbana. Entrambe le tipologie, ai sensi del PRG ’97, assumono la classificazione di zona omogenea “C”. 65 Elaborato P4 del PRG ’97. Ogni scheda contiene gli elementi prescrittivi del disegno di suolo e la simulazione dell’assetto di progetto.

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urbano66. Insieme ad altri siti dismessi, questi agglomerati sono stati classificati dallo strumento urbanistico generale come “ambiti di trasformazione”, attuabili soltanto mediante modalità indiretta. Il PRG ‘97 classifica le due aree sopracitate come zone UT/SUAD, ovvero come ambiti di “strutturazione urbana”, la cui riconversione deve assumere un significato di riferimento funzionale e morfologico di rilevanza urbana. L'area dell'ex Centro fiera e dell'Umbria Cuscinetti è stata peraltro oggetto di un Programma di Recupero Urbano (PRU) che prevede una consistente quota di edilizia residenziale pubblica. Tra le iniziative mirate all’incremento dei livelli qualitativi delle aree, si colloca la partecipazione del Comune di Foligno al bando regionale Docup Ob. 2 (2000-2006), Misura 1.1. Azione 1.1.2, relativo al finanziamento di studi di prefattibilità redatti da enti locali e loro forme associate finalizzati agli interventi di riqualificazione delle aree produttive67, illustrato nelle sue linee generali nel paragrafo “Il tema delle aree produttive nella storia della Regione Umbria”. Con riferimento a tale iniziativa, nel 2005 il Comune ha proposto un articolato piano di interventi per gli agglomerati di Colfiorito (area geografica della montagna), Moano, Paciana, Ponte Nuovo, San Giovanni Profiamma, San Paolo Cappannaccio, Sant’Eraclio, Via Roma (area geografica della pianura), mirati al raggiungimento di uno sviluppo sostenibile locale ispirato ai principi delineati dalla Carta di Aalborg.

66 Il tema delle aree dismesse assume rilevante importanza nel PRG ’97, che individua nella rifunzionalizzazione di tali aree un'opportunità per ridisegnare l'identità urbana; esso fornisce puntuali indicazioni sia volumetriche sia relative alle destinazioni d'uso per le aree dismesse o in dismissione. 67 Regione dell’Umbria – Giunta Regionale – Direzione regionale politiche territoriali, ambiente ed infrastrutture – “Avviso per il finanziamento di studi di prefattibilità redatti da Enti locali e loro forme associate finalizzati agli interventi di riqualificazione delle aree produttive in ambito Ob. 2 e Phasing-out del DOCUP (2000-2006). (Approvato con determinazione dirigenziale 16 luglio 2003, n. 6503). Ai sensi della classificazione Docup sancita nel suddetto Avviso, il territorio del Comune di Foligno risulta pressoché interamente inserito nell’ambito dell’Obiettivo 2; ne rimane esclusa una porzione che interessa il quadrante occidentale del capoluogo, estesa sino ai confini comunali con Bevagna e Trevi, classificata in regime “phasing-out”. A fronte dell’intera superficie comunale, pari a 263,77 kmq, l’ambito appartenente all’Obiettivo 2 occupa una superficie di 234,94 kmq (pari all’89% del suolo comunale), mentre la porzione in “phasing-out” occupa 28,83 kmq (pari al rimanente 11%).

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AURAPPORTI: RES 2008-09 539

Studio di prefattibilità per la riqualificazione delle aree produttive di Foligno – Ripartizione percentuale dei costi degli interventi per agglomerato

Fonte: Studio di prefattibilità per la riqualificazione delle aree produttive di Foligno, predisposto ai sensi della Determinazione Dirigenziale Regione Umbria 16 luglio 2003, n. 6503 “Avviso per il finanziamento di studi di prefattibilità redatti da Enti locali e loro forme associate finalizzati agli interventi di riqualificazione delle aree produttive in ambito Ob. 2 e Phasing-out del Docup (2000-2006). Città di Castello Città di Castello, la maggiore realtà comunale dell’Alta Val Tiberina, si caratterizza per un’ingente presenza di complessi produttivi, spesso concentrati in zone del territorio urbanizzato anche di grande estensione. Vari sono i settori interessati, e dunque le configurazioni fisiche e funzionali che ne derivano; risultano in ogni caso caratterizzanti il tipico modello costituito dalla piccola e media industria e la forte presenza dell’artigianato. Tra i settori storici di attività, quello grafico e cartotecnico è senz’altro tra i più rilevanti, risalendo le sue origini industriali al 1700. Il tessuto produttivo si sviluppa principalmente lungo il corridoio infrastrutturale costituito dall’asse stradale della E45 e dalla Ferrovia Centrale Umbra, che insieme alla SS3 bis solcano longitudinalmente il territorio comunale. Quello che si configura è un sistema ad andamento lineare, con caratteri di continuità da San Giustino ad Umbertide; il corso del fiume Tevere delimita il sistema produttivo principale lungo il suo lato ovest. A questo si aggiunge l’insieme degli agglomerati distribuiti nei nuclei frazionali, che rappresenta comunque una parte cospicua della realtà produttiva locale. Nel contesto produttivo principale, comprendente gli agglomerati di Cerbara, Regnano, Zona Industriale Nord - Riosecco, Zona Industriale Sud, Cinquemiglia e

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Coldipozzo, le aree si presentano pressoché sature; va comunque considerata l’opportunità del recupero di alcuni siti dismessi, per i quali vanno distinti i casi di dismissione remota e quelli di dismissione recente. I primi si riferiscono a siti prossimi al centro urbano, anche classificati come “aree speciali” dal vigente strumento urbanistico generale; tali aree, interessate da fenomeni di dismissione storica come gli ex Mulini Brighigna e le ex Manifatture Tabacchi, sono infatti ubicate, in alcuni casi, anche all’interno della zona A; esse risultano pertanto esterne ai 15 agglomerati produttivi individuati al 2009 e la loro riconversione prevede destinazioni d’uso diverse da quella produttiva. In merito ai fenomeni di dismissione recente, a causa della crisi economica, si assiste ad un relativo svuotamento degli impianti produttivi, che necessita dei necessari approfondimenti in quanto oggetto di una veloce evoluzione; si ritiene che l’Osservatorio delle Aree Produttive68, recentemente istituito, possa essere lo strumento più idoneo per monitorare tale situazione, evidenziando le opportunità insediative che di volta in volta vengono a generarsi. Rispetto al rilevamento delle aree produttive effettuato dall’IRRES nel 1995-96 sulla base del previgente piano urbanistico, il PRG 200069 ha essenzialmente preso atto e riconfermato l’assetto localizzativo esistente; in particolare, è stata confermata la zona di Cerbara come area produttiva prioritaria, introducendo altresì un nuovo agglomerato produttivo in località Coldipozzo, dell’estensione complessiva di circa 20 ettari, a destinazione artigianale. Questo tessuto è sorto in una zona valliva in allineamento alle principali infrastrutture di carattere sovra-regionale (E45) ed in continuità con le previsioni urbanistiche del Comune di Umbertide, limitrofo per territorio. L’area di Coldipozzo è stata attuata e gestita attraverso un piano attuativo di iniziativa pubblica (PIP) ai sensi della L. 865/1971. Le aree produttive di Città di Castello risultano nettamente distinte dalla componente residenziale; alcuni punti di tangenza possono essere rilevati in corrispondenza dell’abitato di Cerbara, sebbene questo si trovi ad est della linea ferroviaria della FCU, che funge da filtro e da elemento separatore fra tessuto produttivo e residenza. Per quanto attiene alla presenza dei servizi, intesi come uffici ed attività di varia natura, volti ad offrire prestazioni di supporto alle aziende produttive, va precisato che con i

68 Cfr. paragrafo “Gli aspetti gestionali”. 69 Il Piano Regolatore Generale di Città di Castello, approvato con Deliberazioni di Cinsiglio Comunale nn. 72 e 73 del 18 dicembre 2000 e adeguato con le modifiche apportate dalle Varianti approvate, individua le aree produttive come zone “D”, articolandole in varie tipologie in funzione della destinazione d’uso e delle modalità di attuazione. Alle aree “di completamento”, parzialmente occupate (ad oggi pressoché totalmente edificate), appartengono le zone D1, a caratterizzazione prettamente industriale, e le zone D2, destinate all’insediamento delle strutture per la piccola e media impresa; per entrambi i tipi di area l’attuazione avviene con modalità diretta. A queste si aggiungono le zone DSA, già normate da piani attuativi di iniziativa pubblica e privata, le zone D3 e D5, più marginali rispetto alle altre, le zone D4 inerenti alle attività estrattive; infine le zone D6, destinate a comparti attuativi di nuova previsione, anche in questo caso di iniziativa pubblica e privata.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 541

piani urbanistici generali e particolareggiati, è stata prevista la dotazione di appositi edifici da destinare a centro servizi all’interno delle zone produttive di Cerbara e Coldipozzo. La stessa considerazione è valida per i rapporti fra zone D e ambiti commerciali, sebbene all’interno della zone D1 e D2 sia consentito l’insediamento di specifiche attività commerciali legate alla media struttura di vendita, riferite a particolari categorie regolamentate dal PRG Parte Strutturale (cfr. art. 42 NTA). Nel contesto produttivo principale si colloca inoltre una delle tre piattaforme logistiche previste nel territorio regionale ai sensi della L. 443/2001, quella di Città di Castello – San Giustino, per la quale sono in corso le procedure per l’assegnazione dei lavori su bando di gara europeo. La piattaforma è situata tra le zone industriali dei due omonimi Comuni, in un’area a cavallo del confine fra i territori dei due Comuni, vicino a vaste aree industriali, in corrispondenza del nodo stradale tra la E 45 e la E78 (Umbria settentrionale, contigua provincia della Toscana). La base dispone di un terminale monomodale (trasporto su gomma), costituito da un terminal per l’autotrasporto, un centro di distribuzione urbana, un’area per i servizi alla persona e ai mezzi, posta immediatamente all’esterno del varco d’ingresso dell’area, dotata di officina, stazione rifornimento carburante, struttura ricettiva. Passando ad esaminare gli agglomerati produttivi dei nuclei frazionali, comprendenti le Zone Industriali di Lerchi, S. Lucia, S. Secondo, Bivio Lugnano, Trestina, Fabbrecce, Promano, S. Leo Bastia e Morra, questi risultano generalmente proporzionati all’entità degli abitati. Si tratta di aree connotate da uno sviluppo a valle dei nuclei residenziali, dai quali risultano, anche in questo caso, funzionalmente separati. Non va peraltro trascurato che a Città di Castello sono presenti aziende di rilevanza nazionale ed europea, che trovano localizzazione anche negli agglomerati delle frazioni. Nei suddetti contesti si registrano comunque interventi di miglioramento viario per un più agevole raggiungimento delle sedi produttive; l’area di Trestina ha visto, in particolare, la recente realizzazione di un’opera stradale volta ad un migliore collegamento delle singole zone dell’agglomerato; interventi simili hanno interessato il raccordo fra la zona industriale Nord e Cerbara, precedentemente citati. Attualmente, anche gli agglomerati frazionali sono caratterizzati da una scarsa potenzialità residua in termini insediativi; è tuttavia in corso di formazione una Variante al PRG finalizzata all’individuazione di nuove aree produttive tra Cerbara e Regnano (appendice sud di Cerbara), utilizzando una porzione di suolo attualmente classificata a verde e servizi. Sotto il profilo ambientale, le aree risultano generalmente ben localizzate, in quanto non determinano particolari interferenze con i sistemi naturalistici di maggior pregio. L’unica area produttiva introdotta in un ambito totalmente agricolo è la zona di Coldipozzo, prevista in prossimità del confine con il comune di Umbertide. Le aree produttive trovano specifica trattazione specifica nelle norme tecniche di attuazione del PRG Parte Operativa; nel Titolo V delle NTA, relativo a “Disposizioni riferite allo spazio urbano e periurbano – Ambiti urbani a prevalente destinazione

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produttiva”, l’art. 26 fissa le disposizioni generali per il tessuto produttivo del territorio comunale, stabilendo la disciplina delle aree. Nel dettaglio vengono definiti i tipi di zona, individuando: le zone D1 “Edilizia industriale con caratteri integri”, le zone D2 “Edilizia per la produzione con il modello della piccola impresa familiare”, le zone D3 “Aree di integrazione e ampliamento per gli insediamenti produttivi esistenti”, le zone D5 “Edifici per la produzione realizzati in ambienti non compatibili”, le zone D6 “Zone da destinare a nuovi insediamenti produttivi”, relative ad una serie di comparti industriali, riconducibili agli agglomerati di Cerbara, San Secondo, Promano, Morra, Coldipozzo, San Leo Bastia, stabilendone la disciplina e rimandando la loro attuazione attraverso Piani Particolareggiati. Da un esame delle NTA, per questi ambiti l’altezza massima consentita dei fabbricati si attesta prevalentemente sui 13 ml. fuori terra (altezza modificata con la variante n. 21 al PRG del 2008, in precedenza l’altezza massima era pari a ml. 10), mentre il rapporto di copertura massimo all’interno di ogni lotto è pari generalmente al 60% della superficie totale; le quote minime di parcheggio e di verde sono fissate rispettivamente nella misura del 10% e del 5% della superficie totale del lotto di riferimento. Il diagramma successivo fornisce un riepilogo degli agglomerati produttivi distribuiti nel territorio comunale, con un raffronto tra la situazione risultante dall’Indagine IRRES 1995-96 e l’aggiornamento al 2009 70. Diagramma di confronto percentuale tra le categorie di aree degli agglomerati del Comune di Città di Castello per gli anni 1996 e 2009

Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT e Comune di Città di Castello.

70 Il collaudo e la verifica dei dati raccolti per l’indagine 2009 sono in via di completamento da parte dei competenti Uffici Regionali.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 543

Dal raffronto tra i dati regionali al 1996 e al 2003, la disponibilità di aree completamente libere al 2003 fa registrare su un valore prossimo al 5,5% della superficie totale dei 14 agglomerati, mentre le aree sature continuano ad attestarsi su valori prossimi al 60%. I dati forniti dal Comune di Città di Castello, aggiornati al 2009, evidenziano una ripartizione sensibilmente diversa da quella riscontrata al 1996; la superficie complessiva degli agglomerati risulta, ad oggi, pari a ha 395,61, con un incremento del 5,8% rispetto all’analogo dato rilevato dall’IRRES nel 1996 (ha 373,76). L’attuale articolazione di tale superficie presenta aree sature per ha 285,06, fortemente incrementate rispetto al 1996 (+22,6%) ed aree totalmente disponibili per ha 14,90, dato, quest’ultimo, molto prossimo a quello del 1996; a queste si aggiungono le aree miste, che al 2009 misurano ha 41,11, valore più che dimezzato rispetto a quello del 1996. I servizi occupano ha 33,75 a fronte dei circa 19 ettari riscontrati al 199671. La disponibilità di aree libere o comunque residue va essenzialmente ricercata nell’ambito delle zone D6 presenti nel tessuto produttivo dei nuclei frazionali; ulteriori possibilità insediative sono altresì riconducibili alla formazione della Variante n. 22 tuttora allo stato di adozione, volta all’individuazione di una nuova area produttiva di tipo D6 a sud di Cerbara, dell’estensione di oltre 6 ettari. Dinamiche insediative e dotazione infrastrutturale: un quadro della situazione nei poli produttivi principali della provincia di Terni Nelle aree a carattere produttivo le infrastrutture a rete efficienti e i servizi rivolti principalmente alle attività produttive contribuiscono alla loro redditività, innescando economie di scala e di gestione che agevolano le imprese e favoriscono la compatibilità ambientale dei processi lavorativi. Dall’aggiornamento dell’indagine del 1996 vengono individuate realtà con gradi di infrastrutturazione molto differenti tra loro. Ciò è imputabile soprattutto alla diversa rilevanza dei vari insediamenti produttivi in quanto gli agglomerati maggiori sono i più dotati di servizi e ospitano le aziende di maggior rilievo, mentre altri ne sono sprovvisti. Incidono in maniera rilevante carenze in ordine alla accessibilità, derivate sia dalla stessa conformazione morfologica dei siti (es, siti collinari, valli strette, aree troppo vicine ai corsi torrentizi o fluviali) che alla diversa valenza strategica, derivante dalla connessione alle maggiori reti stradali ed autostradali, dalla possibilità di una mobilità delle merci tramite trasporto su ferro, dalla presenza di basi logistiche e zone di movimentazione merci. Per la maggio parte le zone produttive sono localizzate nelle aree di piana o nei territori vallivi, non distanti dai medi centri urbani regionali,

71 La presente pubblicazione è corredata da un apparato di tavole cartografiche e dal relativo indice, disponibili nelle pagine istituzionali della Regione Umbria, curate dal Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale, nonché nel sito dell’Agenzia Umbria Ricerche (www.aur-umbria.it), in formato Adobe Acrobat Reader PDF.

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dotate di sufficienti collegamenti alle principali vie di comunicazione. Se dal punto di vista localizzativo questa è sicuramente la migliore situazione per le imprese, dal punto di vista ambientale e paesaggistico provoca forti contrasti nelle conflittualità tra destinazioni d’uso del territorio, consumando territorio agricolo spesso di pregio e configgendo con le matrici ambientali. Le maggiori aree produttive sono ubicate nei pressi di Terni, capoluogo provinciale, con una superficie complessiva di quasi 620 ettari72 organizzati in 6 grandi nuclei produttivi ed aree minori frammiste al tessuto urbano, e degli altri centri ad esso collegati, quali Narni (6 agglomerati maggiori ed altri 2 nelle frazioni, per un totale di circa 390 ettari73), San Gemini (24,6 ettari74), Acquasparta (43 ettari75) e Stroncone (57,4 ettari76), secondo un modello incentrato sulla Conca Ternana e con diramazioni lungo gli assi viari di collegamento. Altre aggregazioni di zone produttive di tipo intercomunale sono site in prossimità degli svincoli autostradali e delle principali stazioni ferroviarie, quali quelle dei comuni di Fabro, Ficulle e Monteleone di Orvieto, per un totale di 47 ettari77, concentrate nelle vicinanze dell’uscita dell’autostrada A1 (Casello di Fabro), dei Comuni di Attigliano e Giove (per complessivi 49 ettari78) nei pressi dello casello autostradale di Attigliano; Otricoli (14 ettari79) in vicinanza dell’uscita autostradale di Magliano Sabina. Si evidenzia come tutte queste aree abbiano uno sviluppo lineare lungo la viabilità principale; allo stesso modo nei comuni di Arrone, Montefranco e Ferentillo le zone produttive si trovano lungo la Strada Statale Valnerina ed anche nei comuni di Allerona, Castel Viscardo e Orvieto. In particolare in quest’ultimo Comune gli agglomerati di Ponte Giulio e Bardano, nonché le nuove aree previste dal PRGS, per complessivi 188 ettari80, sono situate nelle zone pianeggianti adiacenti alla ferrovia e all’autostrada, collegate sia all’uscita autostradale di Fabro che a quella di Orvieto. Nella parte di territorio ricadente nell’ambito provinciale, solamente in pochi comuni sono site zone industriali e artigianali fortemente connotate, mentre nei pressi di alcuni centri minori, lontane dagli assi viari principali, sono maggiormente presenti aree destinate a commercio e artigianato di piccole dimensioni. L’esistenza di queste zone produttive di modesta estensione è dovuta spesso alla necessità di insediarvi alcune attività artigianali di interesse essenzialmente locale.

72 dati SIAT 2009, che non hanno interamente compreso servizi e attività connesse. 73 dati SIAT 2009, che non hanno interamente compreso servizi e attività connesse. 74 dati ricerca IRRES 1995-1996, elaborati da SIAT. 75 dati ricerca IRRES 1995-1996, elaborati da SIAT. 76 dati ricerca IRRES 1995-1996, elaborati da SIAT. 77 dati ricerca IRRES 1995-1996, elaborati da SIAT. 78 dati ricerca IRRES 1995-1996, elaborati da SIAT. 79 dati ricerca IRRES 1995-1996, elaborati da SIAT 80 dati SIAT 2009, che non hanno interamente compreso servizi e attività connesse

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AURAPPORTI: RES 2008-09 545

Offerta delle aree produttive per gli anni 1996 e 2009 per i Comuni della Provincia di Terni

Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT. Per quanto attiene la lettura dei Piani comunali, per la maggior parte già adeguati alla L.R. 31/97 ed, in alcuni casi, alla L.R.11/2005 81, la maggior parte delle zone produttive dei comuni considerati, sono a prevalente destinazione artigianale ed industriale (zone classificate D ai sensi del D.M. del 1968), essendo o consentite o ritenute compatibili all’interno della macro area o ambito il commercio, attività direzionali, servizi connessi all’attività produttiva (mense, archivi, spazi scoperti di servizio e spazi aperti d’uso pubblico o collettivo, servizi per la mobilità individuale e

81 Per quanto riguarda i Comuni della Provincia di Terni 21 Comuni su 33 hanno piani redatti ai sensi della L.r. 31/97, per la quasi totalità adeguati al vigente PTCP, 2 PRGS sono stati redatti ai sensi della L.R.11/05, ulteriori 5 PRGS sono stati già adottati (alcuni in corso di istruttoria da parte degli uffici provinciali), mentre tre Comuni sono in procinto di avviare/concludere la redazione applicando la L.r.11/2005.

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collettiva), la residenza limitata agli alloggi di custodia e/o per il titolare dell’attività artigianale. Alcuni Piani Comunali, quali quelli di Attigliano, Alviano e Lugnano in Teverina per l’”Ambito degli insediamenti per la produzione di beni e servizi” introducono tra le destinazioni d’uso “predominanti”, oltre a quelle manifatture a carattere artigianale ed industriale, il commercio all’ingrosso e al dettaglio e l’erogazione diretta di servizi alla persona ed all’impresa; nei primi due PRGS è inoltre inserita la possibilità di realizzare strutture turistico-produttive e ricreative. Il Piano di San Gemini e quello di Calvi e Otricoli, che hanno approvato un PRGS intercomunale, distinguono la aree produttive per tipologie: il primo piano individua le zone produttive di completamento82, quelle di espansione, per le quali dovranno essere garantite l’accessibilità dal sistema viario principale di interesse comunale e sovra comunale e qualificate connessioni con i tessuti edilizi circostanti, nonchè qualificati i fronti sugli spazi pubblici; il Piano inoltre definisce le “zone per centri a servizio delle attività produttive”, che integrano e completano le attività propriamente dette con i servizi, la ricettività, le attività socio sanitarie, il commercio e la residenza e le “Zone miste”, caratterizzate dalla presenza di infrastrutture ed ubicate in contiguità con zone di territorio già urbanizzato; tali aree, non specificatamente zonizzate, hanno capacità potenziali di utilizzazione del suolo ed edificatoria e sono caratterizzate da destinazioni d’uso quali: attività produttive, commerciali, direzionali, turistico ricettive, socio sanitarie, scolastiche e residenziali. Il Piano intercomunale di Calvi e Orticoli, in sintonia con il PTCP, individua il Polo Artigianale Intercomunale, area di espansione dell’attività produttiva industriale ed artigianale del territorio, dotata di attrezzature ed impianti tecnologici per l’incremento delle attività produttive. Nei territori dei due Comuni sono inoltre individuate aree produttive artigianali, in cui sono insediate o da insediare le attività industriali e artigianali, nonché altre destinazioni fino al 45% di superficie utile complessiva dei singoli lotti, e le “zone artigianali di recupero”, aree già destinate ad attività produttiva ed artigianale in territorio agricolo, interessate da fenomeni di dismissione e degrado edilizio e destinate dallo strumento urbanistico al recupero e alla riqualificazione mediante previsioni specifiche; in tali zone la conservazione delle attività produttive è subordinata alla trasformazione e al recupero dei manufatti edilizi esistenti e delle aree circostanti, anche mediante l’inserimento di nuove destinazioni compatibili. Quasi tutti i piani comunali indicano una percentuale massima di superficie a destinazione commerciale (tendenzialmente tra il 20 ed il 30% della superficie totale, in alcuni Comuni limitatamente al commercio all’ingrosso ed al magazzinaggio), direzionale (da un minimo del 15% ad un massimo del 20% della superficie totale, in alcuni casi limitata agli uffici privati connessi all’attività produttiva), mentre la

82 Nelle zone produttive di completamento sono ammesse tutte le destinazioni produttive, con annessi servizi aziendali, uffici ed abitazioni di servizio, le attività commerciali all’ingrosso e al dettaglio, con esclusione del settore alimentari, i servizi ricreativi e gli esercizi di ristorazione, con esclusione delle attività ricettive, pararicettive, turistiche e turistiche ricettive, nonché quelle inquinanti e pericolose per la salvaguardia dell’ambiente e della salute.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 547

destinazione mista (le cosiddette zone C.A.I. commercio, artigianato e industria) permane nelle zone già esistenti ed in completamento nei Comuni di Baschi, Montecastrilli e nei P.d.F. o P.R.G. ancora non adeguati alle L.R. 31/97 e L.R. 11/05 ed al PTCP. Zone a destinazione esclusivamente industriale sono presenti ad Amelia, Arrone, Attigliano, Montefranco, Orvieto, Otricoli, Narni e Terni. In alcuni Comuni la destinazione prevalente è artigianale (Ficulle, Porano, Monte Gabbione, Montefranco, Montecchio, Penna in Teverina) e per la piccola industria (Montecastrilli e San Venanzo83). Sempre dall’esame delle Norme Tecniche di Attuazione (N.T.A.) dei nuovi PRG, emerge una “sostanziale” confluenza verso le logiche impostate dal PTC di Terni, improntate alla qualità degli insediamenti ed alla loro complessiva sostenibilità o mitigazione rispetto alle componenti ambientali ed al paesaggio. Molti piani pertanto introducono normative volte a garantire negli spazi destinati a verde privato, all’interno dei singoli lotti, la messa a dimora di alberature di alto e medio fusto, definendo dei rapporti minimi di piantagione (una ogni 40 mq di superficie di area libera dalle costruzioni), la realizzazione di fasce di verde con funzioni protettive e di schermatura, indicando, in alcuni casi, anche la profondità minima di 10 ml., da posizionarsi nelle zone a confine con le fasce di rispetto dei corsi d’acqua pubblici o sul fronte stradale ed una percentuale non inferiore al 30% dell’intera superficie fondiaria da mantenere permeabile (PRGS dei Comuni di San Venanzo, Fabro, Ficulle, Monteleone d’Orvieto, Baschi, Porano, Parrano, Calvi e Otricoli, Orvieto). Il PRGS del Comune di Penna in Teverina prescrive che, negli ambiti destinati alla produzione, gli interventi dovranno rispettare i caratteri tipologici ed i materiali tipici dei luoghi, essere omogenei per materiali, tipologie architettoniche, spazi aperti e recinzioni, prevedere una quinta alberata di perimetrazione e predisporre le attrezzature tecnologiche di trattamento delle acque meteoriche. Nei progetti riguardanti queste aree dovranno inoltre essere elencati i potenziali rischi ambientali dovuti a cattivo funzionamento delle dotazioni tecnologiche o ad incidenti derivanti l’uso. Alcuni PRGS, quali quelli di Monteleone d’Orvieto, Alviano, Attigliano e Baschi, fanno esplicito riferimento agli artt. 23 e 24 delle N.d.A del PTCP84. Baschi riprende anche la preferenza, a livello di proposte progettuali, per forme a “nucleo”, la previsione di fasce di connessione ecologica di profondità non inferiore a 50 mt da realizzarsi nei nuovi insediamenti ed in prossimità di elementi paesistici di maggiore

83 Il PRG, precisando che si tratta di industrie di limitate dimensioni, comprende anche le industrie ed i laboratori artigianali insalubri di 1° e 2° classe. 84 Le norme di Attuazione del PTCP prevedono la mitigazione dell’impatto visivo; realizzazione di una fascia di verde privato sul fronte stradale; mantenimento della permeabilità dei suoli; necessari servizi interni alle aree; previsione di invasi artificiali o vasche di raccolta dell’acqua piovana; previsione ove necessaria di sistemi depurativi a basso impatto ambientale; localizzazione dei centri di raccolta differenziata dei rifiuti; incentivazione della permeabilizzazione dei suoli negli insediamenti esistenti a partire dai parcheggi pubblici; previsione di adeguate corsie di raccordo con la viabilità primaria atte anche a consentire l’accesso a trasporti eccezionali

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DENTRO L’UMBRIA due548

fragilità (margini delle aree: agricole, boscate, residenziali, dei corsi d’acqua) e negli interventi di messa a dimora di vegetazione l’impiego delle specie proprie dell’unità di paesaggio corrispondente, è richiesto inoltre che i complessi produttivi siano realizzati secondo i criteri di “aree ecologicamente attrezzate” (rif. art.25 delle NTA del PTCP). Il Piano di Porano prevede che la realizzazione di nuove aree produttive debba essere accompagnata da indicazioni relative alla pressione ambientale stimata, alla dotazione tecnologica ed ambientale prevista, alle misure di compensazione e mitigazione degli impatti esistenti e previsti. In tutti i PRG esaminati vengono distinte la aree produttive di completamento da quelle di espansione, intendendo con quest’ultima accezione quelle per cui il PTC prevede un ruolo territoriale di tipo intercomunale, consentendo un sostanziale ampliamento. Per gli insediamenti già esistenti è previsto il recupero e/o la riconversione degli immobili esistenti ed il completamento delle opere di urbanizzazione; nel caso di Parrano, gli interventi di completamento della zona artigianale sono soggetti a convenzione con il Comune che dovrà prevedere le opere di infrastrutturazione per l’allacciamento delle reti tecnologiche, per la realizzazione della viabilità pubblica, le opere di piantumazione arborea per la realizzazione di fasce verdi di mitigazione degli impatti visivi. La frammentazione e altre problematiche emergenti La presenza di zone produttive frammentate è dovuta alla legittimazione di attività preesistenti e, in altri casi, alla necessità di soddisfare la domanda insediativa di piccole attività locali in alcuni centri minori. La frammentazione influisce negativamente soprattutto rispetto alla dotazione di infrastrutture, anche se, come già precedentemente esposto, i casi riscontrati sono spesso dovuti a particolari esigenze episodiche. Anche se nei nuovi piani regolatori i Comuni hanno cercato di “compattare” e qualificare le aree produttive, riducendo in alcuni casi il numero di agglomerati (come Narni, passato da 9 agglomerati ad 8), ancora esistono numerose aree produttive artigianali e miste “isolate”, spesso frutto di condono, per le quali è molto difficile prevedere lo spostamento delle attività insediate in nuclei produttivi meglio organizzati e più opportunamente localizzati. Nella provincia di Terni comunque la frammentazione è sicuramente inferiore a quella registrata nella provincia di Perugia, come si può vedere nella tabella che riporta il numero di agglomerati per Comune (Tabella frammentazione aree produttive- confronto dati 1996-2009). Dalle notizie forniteci dai tecnici comunali e dai Consorzi per le aree produttive, che la richiesta di aree per insediamenti artigianali e industriali ha registrato un forte calo in tutto il territorio analizzato e particolarmente nelle aree più distanti dai centri di Terni, Narni e Orvieto. In numerosi comuni non tutte le aree a destinazione produttiva hanno raggiunto la saturazione. Dai recenti dati messi a disposizione dal SIAT della Regione, su un campione di 31 Comuni, di cui purtroppo solo 5 della provincia di Terni, emerge come i comuni di Narni e Orvieto presentino aree libere con un’estensione maggiore ai

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AURAPPORTI: RES 2008-09 549

50 ettari, mentre nei comuni di Baschi e Castel Viscardo le superfici libere sono assai modeste, inferiori ai 5 ettari; nel Comune di Terni le aree libere hanno una estensione contenuta, inferiore ai 50 ettari, per la maggior parte costituita dalle nuove aree inserite dal recente PRG (approvato nel 2008), come si evidenzia dalla tabella di confronto 1996-2009 (dati SIAT)85 Tabella riepilogativa delle categorie di superfici negli agglomerati del Comune di Narni, Orvieto e Terni per gli anni 1996 e 2009

COMUNE N°

AGGL 1996

Dismesse (ha)

Servizi (ha)

Libere (ha)

Miste (ha)

Sature (ha)

Verdi (ha)

Variante (ha)

SUP. TOT (ha)

NARNI 9 36,38 68,66 31,89 262,16 2,28 24,63 425,99

COMUNE

N° AGGL 2009

Dismesse Servizi Libere Miste Sature Verdi Variante SUP. TOT

NARNI 8 13,67 23,08 54,27 70,51 226,66 0,42 388,61

COMUNE

N° AGGL 1996

Dismesse Servizi Libere Miste Sature Verdi Variante SUP. TOT

ORVIETO 2 11,39 38,27 76,37 4,32 130,35

COMUNE

N° AGGL 2009

Dismesse Servizi Libere Miste Sature Verdi Variante SUP. TOT

ORVIETO 2 7,43 52,4 23,91 98,61 6,1 188,45

COMUNE

N° AGGL 1996

Dismesse Servizi Libere Miste Sature Verdi Variante SUP. TOT

TERNI 5 2,47 63,14 33,03 110,71 407,79 12,62 1,26 631,03

COMUNE

N° AGGL 2009

Dismesse Servizi Libere Miste Sature Verdi Variante SUP. TOT

TERNI 6 29,62 48,6 34,49 501,46 4,94 619,11 Fonte: Ns. elaborazioni su da dati SIAT

85 Nelle superfici, dati anno 2008-2009, non per tutti i comuni sono state inserite alcune nuove previsioni da PRG, in particolare servizi connessi alle attività produttive. Nei “casi di studio” che seguono vengono anche considerati i dati dimensionali da PRG (dati GIS).

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DENTRO L’UMBRIA due550

L’accessibilità è un requisito ritenuto di fondamentale importanza per le aree produttive, in quanto spesso le caratteristiche del tracciato stradale non permette una adeguata percorribilità da parte dei mezzi pesanti. Inoltre la vicinanza con le stazioni ferroviarie, gli svincoli delle superstrade ed i caselli delle autostrade incide sulla velocità di percorrenza, anche se la sempre maggiore congestione della rete nazionale viaria mette in discussione tale asserzione. Sono state pertanto considerate estremamente disagevoli distanze superiori a 30 km su strade a due corsie, considerati tempi medi di percorrenza di un mezzo pesante tra i 30 e i 50 minuti, mentre sono state ritenute accettabili distanze fino a 6 km per le quali il tempo medio di percorrenza è inferiore ai 10 minuti. Riferito al grafo della rete viaria provinciale l’accessibilità degli agglomerati esistenti o previsti nei Piano comunali, risulta nel complesso soddisfacente. Oltre il 90% del totale è infatti collocato a distanza inferiore a 30 km sia dalle stazioni che dagli svincoli di autostrade o superstrade e, in ogni caso, a meno di 6 km dalle strade statali o provinciali. Circa il 35% dista meno di 6 km dalle stazioni o dagli svincoli citati e il 5% dista meno di 6 km da entrambi. I più importanti agglomerati produttivi di Terni e Narni, per questo aspetto presentano un’ottima accessibilità sia ai nodi ferroviari che autostradali. Al contrario, sono oggettivamente difficoltosi i collegamenti di tutte le zone produttive con i porti marittimi e gli aeroporti nazionali e internazionali. Tutti i centri considerati distano più di 100 km da essi e solo il 35% ne è distante meno di 120 km (Calvi, Otricoli, Narni, Terni, San Gemini, Amelia, Attigliano, Giove, Penna, Lugnano, Alviano e Guardea). I comuni di Monteleone di Orvieto e Montegabbione risultano i più distanti: 165 km dai porti e 177 km dagli aeroporti. Per quanto riguarda le caratteristiche delle infrastrutture interne alle singole zone produttive, riscontriamo generalmente una buona dotazione di viabilità di servizio. Solo in alcuni lotti nei comuni di Attigliano, Lugnano, Baschi, Narni, Orvieto, Spoleto e Montegabbione sono presenti accessi posti direttamente sulle strade principali e prevalentemente per alcune zone di meno recente costituzione. Altre zone, nei comuni di Acquasparta, Castelgiorgio, Montecchio, Narni, Terni e Avigliano, invece, possiedono già una viabilità interna anche in presenza di molti lotti ancora liberi. Relativamente ai servizi collegati al sistema produttivo, le grandi strutture specializzate, sono concentrate principalmente a Terni, dove sono presenti il Centro Servizi di Maratta, il Business Innovation Center (BIC), l’Istituto Superiore di Ricerca e Innovazione sui Materiali Speciali (ISRIM), il Parco Scientifico Tecnologico (strutture universitarie e di ricerca sui materiali speciali) e il Centro Multimediale. Altre strutture di rilievo sono l’Exposole di Fabro ed il centro espositivo di Montecastrilli, che ospitano prevalentemente fiere riservate a operatori nei settori agroalimentare e artigianale. Servizi più generici, connessi con le attività produttive, sono previsti in tutti i piani comunali. Tali servizi vengono individuati e gestiti in modo diverso dalle varie Amministrazioni, anche in funzione dell’entità delle zone produttive presenti.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 551

I casi di studio: Terni, Narni e Orvieto Il ruolo territoriale di Terni da sempre si è differenziato dal resto del territorio regionale per la presenza della grande industria, che ha, dalla fine del secolo XIX in poi, fortemente connotato l’assetto urbano e definito le grandi espansioni insediative. Le “Acciaierie di Terni” ora di proprietà della Tyssen Krupp, permangono quale significativo brano nel tessuto edilizio ternano, superiore per estensione al centro storico e fortemente connotante il paesaggio urbano nella direttrice est verso la valnerina. Come evidenziano le tavole86 realizzate sulla base del nuovo PRG, parte operativa del Comune di Terni confrontando le aree individuate dal PTCP nel 1998 e quelle previste dal nuovo PRG del 2008, il sistema produttivo è organizzato in tre principali poli produttivi, corrispondenti rispettivamente al polo siderurgico, al polo chimico (Polymer) ed alle aree produttive di più recente insediamento lungo la S.P. Marattana e in loc. Sabbioni, rispettivamente in riva destra e sinistra del Fiume Nera. Confrontando localizzazione ed estensione delle aree produttive alle due soglie temporali considerate, al 1996-98 (aree produttive strategiche e agglomerati di interesse locale indicati nel PTCP di Terni) e al 2008 (aree produttive e servizi ad esse collegati individuate dal nuovo PRG del Comune di Terni), si evidenzia una conformazione sostanzialmente stabile, con addizioni lungo la viabilità principale ed un sostanzioso rafforzamento degli agglomerati lungo la S.P. Marattana ed in corrispondenza del nuovo svincolo di collegamento tra il raccordo autostradale Terni Orte (RATO) e la stessa strada provinciale. Un “corridoio ecologico” destinato a Parco Territoriale lungo il Fiume Nera ed ad usi agricoli separa queste aree dal nuovo agglomerato previsto in contiguità con la base logistica, che costituisce il principale ambito di espansione per il sistema produttivo. La completa saturazione delle aree87, avvenuta nel corso dell’ultimo decennio, ha posto all’amministrazione comunale l’urgenza di prevedere nel nuovo PRG una nuova offerta di circa 63 ha, da localizzare nelle aree di Pantano e di Maratta; si strutturano pertanto agglomerati in cui è reperibile l’offerta di nuove aree: Maratta (per complessivi 178 ettari), a sinistra del fiume Nera fino al confine con il Comune di Narni dove è in fase di realizzazione il I° stralcio del Centro Logistico (13,2 ettari); Sabbioni (135 ettari), a sinistra del canale del Recentino; S. Maria Magale (18 ettari), ad est del Polo Chimico e l’agglomerato in Loc. Pantano (26 ettari). Dal punto di vista localizzativo il nuovo PRG pertanto conferma i principali agglomerati esistenti e ne individua uno nuovo, adiacente alla costruenda base logistica; viene definita la “grande industria”, coincidente con le zone di insediamento

86 La presente pubblicazione è corredata da un apparato di tavole cartografiche e dal relativo indice, disponibili nelle pagine istituzionali della Regione Umbria, curate dal Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale, nonché nel sito dell’Agenzia Umbria Ricerche (www.aur-umbria.it), in formato Adobe Acrobat Reader PDF. 87 Le considerazioni che seguono sono estrapolate dalla relazione del nuovo PRG di Terni

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dei due grandi poli industriali, il polo siderurgico ed il polo chimico. Nelle Norme del Piano è prevista, da parte delle imprese industriali, la redazione di un “programma urbanistico interno di relazione con la città” da presentare entro due anni dall’approvazione del PRG, nel quale andranno regolamentate le demolizioni di manufatti ed i lavori di bonifica, le previsioni di edificazione di nuovi manufatti industriali, gli indici di superficie coperta di manufatti e impianti, l’indice di permeabilità del suolo, il sistema di smaltimento delle acque e loro depurazione, la separazione delle acque dagli scarichi civili e da quelle della pioggia, la creazione del verde nelle zone del perimetro dello stabilimento. Per le altre aree produttive, artigianali ed industriali, in cui sono già presenti le attività suddette il Piano prevede interventi volti ad ottenere una complessiva “riqualificazione ambientale” che consenta una mitigazione dell’impatto visivo, la riduzione del trasporto delle polveri e dell’inquinamento acustico, il mantenimento del massimo livello possibile di permeabilità dei suoli. Per le aree destinate, in cui non sono ancora presenti attività insediate, il PRGS individua le dimensioni dell’ampliamento, al fine di impedire la frammentazione del sistema produttivo; in applicazione degli indirizzi del PTCP, la possibilità di ampliamento tiene in considerazione la facilità di approvvigionamento idrico, l’esistenza di infrastrutture e la disponibilità delle reti tecnologiche. Per ampliamenti superiori a 10 ettari le previsioni di PRG sono attuate per nuclei; per ciascun nucleo si dovrà prevedere una superficie fittamente alberata, non inferiore al 5% della superficie fondiaria. Infine il PRGS norma il “Centro logistico per le attività produttive”, area destinata prevalentemente ad infrastrutture di interesse pubblico ed a servizi all’industria ed all’artigianato a carattere territoriale. La localizzazione, lungo la strada Marattana a cavallo dei territori di Terni e Narni, in adiacenza alla ferrovia Orte-Falconara, al raccordo Terni-Orte ed all’innesto della E-45, ne assicura la piena ed efficace funzionalità di movimentazione integrata delle merci riferita al trasporto su gomma integrato a quello su rotaia. La scelta del PRG è inoltre orientata ad integrare i due complessi più grandi delle aree industriali ternane, quello di Sabbioni e quello della Polymer attraverso il “progetto del Viale del sistema delle aree industriali” (bretella di raccordo Marattana-Flaminia), che assolve a più compiti: un collegamento più agevole delle zone Sabbioni e Polymer alla Marattana con alleggerimento dei flussi di traffico in uscita ed in entrata per il raccordo autostradale e la E45; un più agevole collegamento con il polo chimico; la delocalizzazione delle sorgenti di inquinamento diffuse da traffico, migliorando le criticità della zona della Polymer e della Flaminia in entrata per Terni. Sono, inoltre, previsti interventi di riqualificazione dei tracciati esistenti, al fine di una funzionalità del traffico e di una riqualificazione dello spazio urbano relativo alle aree industriali. In particolare sono stati presi in considerazione i tratti stradali delle aree industriali e le loro sezioni, con l’introduzione di alberature e marciapiedi, oggi quasi completamente non realizzati.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 553

Nel nuovo PRG la principale destinazione d’uso è “industria, artigianato e commercio”; sul totale delle superfici previste nel nuovo PRG più di 276 ettari sono a destinazione industria, artigianato e commercio, altri 217 ettari corrispondono alla grande industria (zone sature o in lieve espansione) di cui 131,88 ettari al polo siderurgico ed 85,2 al polo chimico, 37,4 ettari sono destinati ad infrastrutture tecniche, 45 ettari per attività e servizi correlati (zone D4), per un totale complessivo di ha. 658,89. Diagramma relativo all’offerta delle aree produttive e servizi connessi sulla base del PRG del Comune di Terni

Fonte: Ns. elaborazioni su dati fonte SIT - Provincia di Terni.

Di fondamentale importanza per il sistema produttivo ternano e per quello dei comuni limitrofi, in particolare di Narni, San Gemini e Stroncone, è la nuova Base logistica di Maratta, che consente il potenziamento del sistema infrastrutturale, attraverso una piattaforma logistica intermodale, uno dei tre grandi interventi individuati sul territorio regionale, insieme a quelli previsti a Foligno e Città di Castello. La creazione della piattaforma si inserisce in un più ampio contesto di razionalizzazione e rilancio della logistica e mobilità a scala territoriale, che investe nella intermodalità del trasporto merci e che vede, inoltre, il coinvolgimento dell’attuale Aviosuperfice “A.Lonardi” con l’attivazione di servizi alternativi (quali l’avio-taxi e l’eli-taxi) a vantaggio della crescita e sviluppo dell’imprenditorialità locale. La gestione della base logistica è affidata alla Holding regionale del Trasporto Pubblico Locale (TPL) di cui farà parte l’ATC spa di Terni, insieme ad APM, SIT e FCU (Ferrovie Regionali Umbre), attraverso una riorganizzazione societaria delle attuali aziende locali di trasporto.

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DENTRO L’UMBRIA due554

Le dimensioni complessive della piattaforma (strutture per la logistica, attività produttive e servizi connessi) sono di oltre 200 ettari nei due Comuni di Terni e Narni; al suo interno viene prevista la realizzazione di un terminale intermodale, di un magazzino di raccordo (centro di distribuzione urbana), aree per la movimentazione e lo stoccaggio di carichi ordinari e di grandi carichi, servizi alle persone e servizi ai veicoli, centro servizi amministrativi, informatici e telematici, centrale di controllo per la trasmissione dei dati. E’ già avviata la realizzazione del progetto esecutivo, gestito dal Consorzio per lo Sviluppo delle aree industriali, per un primo stralcio delle opere di urbanizzazione su parte dell’area. L’insediamento della base logistica sarà concentrato essenzialmente nei settori alimentare, cartotecnico, metallurgico, dei materiali da costruzione, del legno e meccanico88. Nel Comune di Narni sono presenti 8 agglomerati produttivi: tra i principali quelli “storici” dell’Elettrocarbonium, limitrofo alla stazione di Narni, e di Narni scalo, quello di Nera Montoro, che conteneva il polo produttivo della Terni Industrie Chimiche ora dimesso, nonché la nuova espansione, prevista negli anni 90, per industrie di eccellenza ed infrastrutturata dal Consorzio TNS, quello di Pescecotto, in cui si trovano anche attività di trasformazione degli inerti, e quello di tipo lineare, a carattere artigianale-commerciale, lungo la Flaminia. Altri agglomerati minori, a carattere prevalentemente artigianale, si trovano nelle frazioni di Case Logato e Capitone, mentre l’agglomerato di San Pellegrino è prevalentemente destinato agli impianti di lavorazione degli inerti. Le direttrici di espansione delle aree produttive del narnese seguono le principali vie di comunicazione lungo l’asse Terni-Orte, sono connotate da un tessuto produttivo di tipo industriale-artigianale, il cui mercato di riferimento è individuabile, per la maggior parte, nella provincia di Terni, ad esclusione di alcune attività produttive rivolte al mercato estero, tra le quali un’attività relativa alla lavorazione e trattamento dei metalli. Si vedano a tal proposito le tavole89 realizzate sulla base del PRG del Comune di Narni, confrontando le aree individuate dal PTCP. In totale l’offerta di aree produttive è di 435 ettari (dati PRG parte strutturale): in termini dimensionali gli insediamenti maggiori sono quelli di Nera Monitoro-San Liberato (139,79 ettari), Stazione FS Elettrocarbonium (50,66 ettari), Narni Scalo (39,37 ettari), Pescecotto (47,89 ettari), Flaminia (63,78 ettari). La maggior offerta di aree produttive si trova a Nera Montoro e san Liberato. Dal diagramma di confronto tra le categorie di aree appare una sostanziale stabilità nel grado di saturazione delle aree (62% nel 1998, 58% nel 2009), un aumento nella rilevazione del 2009 delle aree c.d. “miste” in cui si trovano attività diversificate, tra

88 Le considerazioni del paragrafo sono tratte dalla relazione del PRG di Terni. 89 La presente pubblicazione è corredata da un apparato di tavole cartografiche e dal relativo indice, disponibili nelle pagine istituzionali della Regione Umbria, curate dal Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale, nonché nel sito dell’Agenzia Umbria Ricerche (www.aur-umbria.it), in formato Adobe Acrobat Reader PDF.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 555

cui commercio e terziario; la categoria delle aree “dismesse”, per diversità di rilevazione non appariva nel 199890. Diagramma di confronto percentuale tra le categorie di aree degli agglomerati del Comune di Narni per gli anni 1996 e 2009

Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT. Le maggiori problematiche sono riscontrate dal Comune di Narni nell’agglomerato “Flaminia”91. La zona, percorsa dal fiume Aia e dai suoi affluenti, è in parte collinare e in parte pianeggiante, posta lungo l’asse costituito dalla strada da cui prende la denominazione. L’offerta delle aziende localizzate si caratterizza per un basso contenuto tecnologico, un limitato livello di valore aggiunto e per la prevalenza di prodotti e servizi comuni e standardizzati. Alle attività produttive si affiancano piccole e medie imprese a carattere artigianale e ultimamente si è andato affermando con sempre maggior forza una componente commerciale. La strategia dell’Amministrazione prevede il miglioramento dell’offerta insediativa: infatti il territorio si presta a fornire aree che possiedono i requisiti per l’insediamento di nuove attività produttive, in particolare, avendo quale vantaggio localizzativo la possibilità di un buon collegamento viario alle rete di livello nazionale e al previsto polo intermodale di Orte. Le azioni da promuovere e realizzare mirano a migliorare/mitigare l’inserimento delle attività produttive e commerciali all’interno di un contesto ambientale e paesaggistico caratterizzato da numerose problematiche, tra cui interventi atti a evitare i danni provocati da una possibile esondazione dei corpi

90 Considerazioni e dati sulla dismissione delle aree produttive sono nel precedente paragrafo “Il PTCP di Terni”. 91 Quanto riportato è ripreso dalla relazione dell’Amministrazione Comunale di Narni in occasione del del bando, emesso dalla Regione Umbria, relativo a “studi di prefattibilità, finalizzati agli interventi di riqualificazione delle aree produttive in ambito Ob.2 e Phasing-out del DOCUP (2000-2006)”.

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DENTRO L’UMBRIA due556

idrici, la realizzazione di strutture ambientali di transizione, tipo fasce tampone, tra l’agglomerato ed il contesto agricolo e con funzione di barriere al rumore, la piantumazione di filari di siepi e alberature nonché di spazi pubblici verdi, realizzati in coerenza con i sistemi ambientali. Inoltre vengono riscontrate carenze nelle infrastrutture a rete, che necessitano la realizzazione di una rete di scarico specializzata per tipo di reflui, da conferire a strutture di recapito presenti in zona o da realizzare all’interno dell’agglomerato stesso, con strutture di pretrattamento delle acque di piattaforma; la realizzazione di rotatorie nei punti di innesto diretto della viabilità di distribuzione interna sulla viabilità di collegamento principale e di nuova linea di illuminazione pubblica lungo le strade di distribuzione interna con pannelli fotovoltaici. Per quanto attiene i servizi alle imprese nell’ambito di riferimento, vengono definiti piuttosto scarsi e non si riscontrano progetti in atto mirati alla realizzazione di servizi tesi allo sviluppo delle attività produttive presenti; viene pertanto prospettata l’opportunità di realizzare un centro, nel cuore dell’agglomerato in cui siano localizzati una serie di servizi alle imprese (sportello postale, sportello per le pari opportunità, mensa self-service, bar). Per quanto attiene l’apparato regolativo, nel PRGS, approvato nel 2004, il sistema della produzione è dotato di una propria e specifica infrastrutturazione, distinta da quella generale urbana, con proprie forme insediative che fanno riferimento a tecniche “risparmiatrici di spazio”. Il “progetto di suolo”, previsto nelle norme, è teso a garantire una sufficiente permeabilità del suolo (superficie permeabile superiore al 25% dell’intera superficie fondiaria), il buon funzionamento della produzione e la presenza di filtri per l’inquinamento. Al fine di migliorare la sostenibilità degli insediamenti produttivi, la realizzazione di nuove aree produttive e l’ampliamento delle aree esistenti devono essere accompagnate da indicazioni relative alla pressione ambientale stimata, alla dotazione tecnologica ed ambientale prevista, alle misure di compensazione e mitigazione degli impianti esistenti e previsti. La pressione ambientale deve essere stimata indicando, oltre la superficie dell’area, la cubatura edificabile, la superficie impermeabilizzata, il numero degli addetti previsto, i tipi di attività produttive previste ed anche una stima preventiva dell’inquinamento prodotto dal traffico, il fabbisogno invernale presunto di energia termica per il riscaldamento, la produzione annua e giornaliera di acque reflue, il fabbisogno idrico giornaliero, la produzione annua di rifiuti solidi urbani. Per le aree produttive di nuova edificazione ricadenti nei sub-sistemi P1(aree industriali) e P2 (aree produttive in aggiunta), limitrofi ad aree classificate dal PUT di “Particolare interesse agricolo” deve inoltre essere prevista la realizzazione di adeguate opere di compensazione ambientale (barriere vegetali). Il sistema della produzione è caratterizzato dall’uso principale “Attività industriali ed artigianali” da cui sono escluse le attività agricole, mentre sono consentiti servizi ed attrezzature, spazi scoperti d’uso pubblico, residenze ed attività terziarie. Esaminando in dettaglio le norme si distinguono:

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AURAPPORTI: RES 2008-09 557

AREE INDUSTRIALI (P1): comprendono le grandi concentrazioni di attività produttive, fra cui l’Elettrocarbonium, la Linoleum, l’Alcantara e la Carbolux, che si localizzano lungo il fiume Nera, caratterizzate spesso da insediamenti con un basso rapporto di copertura (capannoni di grandi e medie dimensioni) e la prevalenza di impianti tecnologici necessari alle attività produttive. Il Piano prevede che gli interventi favoriscano la localizzazione di attrezzature e servizi, il mantenimento della destinazione d’uso, l’adeguamento e ampliamento degli impianti. AREE PRODUTTIVE IN AGGIUNTA (P2): nel sub-sistema sono comprese le aree produttive artigianali della città, caratterizzate da un’edilizia costituita, in genere, da edifici di piccole o medie dimensioni, e da un tessuto dove è presente una certa mescolanza di funzioni (residenza e commercio). Fra queste sono comprese le aree di nuova edificazione ubicate nella zona del Basso Nera, lungo la via Flaminia e lungo la via Marattana. Gli interventi previsti dal Piano favoriscono la configurazione dello spazio aperto, attraverso il disegno di nuovi parcheggi, del verde di decoro e delle necessarie aree permeabili e semipermeabili. AREE PRODUTTIVE PER ADDIZIONE (P3): il sub-sistema comprende aree produttive ove siano presenti anche attività di servizio e terziarie, in particolare il commercio, assimilabili per prestazioni richieste alle aree industriali ed artigianali. Sono ubicate prevalentemente lungo la Marattana, la Flaminia e nella zona di S.Liberato. Gli interventi sono volti all’adeguamento dell’esistente ed al suo riuso/recupero e dovranno interessare gli spazi aperti, i parcheggi, le strade, i lotti di pertinenza, componendoli entro un disegno complessivo che preveda una bassa percentuale di superfici totalmente impermeabilizzate. AREE DELL’INNOVAZIONE (P4): il sub-sistema comprende le aree produttive situate lungo l’asse della Marattana, nelle quali sono previste attività innovative, attività tecnologicamente avanzate, ecocompatibili e destinate ai fini culturali, di ricerca, legate all’istruzione, ludiche e ricreative. Gli interventi sono volti all’adeguamento delle situazioni e degli edifici esistenti ed al loro riuso/recupero e dovranno interessare gli spazi aperti, i parcheggi, le strade, i lotti di pertinenza; anche in questo sub sistema è prevista una bassa percentuale di superfici totalmente impermeabilizzate. Il Comune di Orvieto ha approvato il PRGS nel 2001 e, successivamente, una variante di adeguamento al PTCP (anno 2008). La variante punta a rafforzare le aree produttive già esistenti in un’ottica ordinata e compatibile, operando trasformazioni delle destinazioni d’uso di aree già individuate dal PRG vigente. A tal fine vengono destinate a zone produttive (zone D) due zone prima a servizi (Zone F) in località Ponte Giulio, contermini alle aree produttive già realizzate e sature; allo stesso modo in località Ciconia, lungo il fosso Fanello, gran parte dell’area (circa 1,6 ha) prima destinata a zona F, viene “riconvertita” a zona produttiva (D). Vengono inoltre ampliate per modeste superfici alcune zone già destinate ad attività produttive. Si

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DENTRO L’UMBRIA due558

vedano a proposito le tavole92 realizzate sulla base del nuovo PRG del Comune di Orvieto, confrontando le aree individuate dal PTCP nel 1998. Tabella di confronto delle superfici degli agglomerati del Comune di Orvieto per gli anni 1996 e 2009

Comune Denominazione agglomerati

Sup. 1996 (ha)

Comune Denominazione agglomerati

Sup. 2009 (ha)

Orvieto S. Letizia – Orvieto Scalo - Ciconia

14,99 Orvieto S. Letizia – Orvieto Scalo - Ciconia

18,44

Orvieto Bardano P.te S. Lorenzo

115,36 Orvieto Bardano – Ponte Giulio93

170,01

Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT

Rispetto all’offerta di aree produttive, il diagramma di confronto (dati SIAT da ricerca I.R.R.E.S. 1996 e dati SIAT 2009) evidenzia la crescita in termini di disponibilità (9% nel 1996, 28% nel 2009), conseguenti alle politiche di Piano, così come la diminuzione delle c.d. aree “miste” (dal 29% al 13%), che si presuppone legata ad una maggiore distinzione per destinazioni d’uso degli ambiti, assegnando dunque aree dedicate al commercio ed al terziario. Diagramma di confronto percentuale tra le categorie di aree degli agglomerati del Comune di Orvieto per gli anni 1996 e 2009

Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT.

92 La presente pubblicazione è corredata da un apparato di tavole cartografiche e dal relativo indice, disponibili nelle pagine istituzionali della Regione Umbria, curate dal Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale, nonché nel sito dell’Agenzia Umbria Ricerche (www.aur-umbria.it), in formato Adobe Acrobat Reader PDF. 93 Nuova denominazione da variante PRGS.

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AURAPPORTI: RES 2008-09 559

Il PRGS individua in località Bardano-Ponte Giulio le principali aree di ampliamento e completamento del tessuto produttivo, con una superficie complessiva di 170 ettari a fronte dei 115 previsti nel 1996. La nuova area è definita quale “Parco Tecnologico”94 per la cui attuazione viene redatto uno studio unitario. Obiettivo dello studio è quello “pervenire all’adozione di un codice di buone pratiche di comportamenti compatibili da porre a base della trasformazione”95; gli elaborati cartografici forniscono indirizzi volti ad un inserimento delle nuove attività nel paesaggio agricolo e sub-urbano circostante, lascindo tra gli edifici le interruzioni per le connessioni trasversali della valle (corridoi verdi), evitando quindi costruzioni continue lungo le infrastrutture o i corsi d’acqua. I lotti vengono organizzati perpendicolarmente alla valle, per nuclei, con fasce di compensazione di almeno 10 metri di larghezza, con al centro specie arboree ed ai margini fasce arbustive, finalizzate alla continuità con la rete ecologica, zone di mitigazione a verde (riduzione impatto visivo, polveri e rumore nelle zone circostanti). La componente vegetale diviene “parte complessiva dell’intervento, il quale dovrà anche contribuire, per quanto possibile, alla riconnessione percettiva e funzionale degli insediamenti esistenti e delle aree a verde nel territorio circostante”. In generale l’insediamento può avvenire dopo una accurata verifica della capacità portante dell’Unità di Paesaggio (U.d.P) e dei requisiti di compatibilità ambientale prescritti dal PTCP, definendo le aree da rinaturalizzare e rimboschire a compensazione degli interventi di trasformazione. I nuovi complessi produttivi saranno realizzati secondo i criteri definiti per le “Aree ecologicamente attrezzate” (art.25 delle NTA del PTPC). Anche per interventi negli agglomerati produttivi da qualificare e/o potenziare, tra cui l’area dell’ex aeroporto, al confine con il Comune di Castel Giorgio, e l’area di Orvieto Scalo, è prescritta la realizzazione di opere di mitigazione degli impatti ambientali, facendo riferimento all’art.20 delle NTA del PTCP. Ai fini della mitigazione ed inserimento paesaggistico il PRGS prescrive la realizzazione di spazi verdi con piantagioni ad alto fusto, da realizzare in corrispondenza degli elementi paesistici di maggiore fragilità, mentre la progettazione degli edifici e degli spazi aperti di pertinenza dovrà rispondere a requisiti di elevata qualità architettonica (art.24 delle NTA del PTCP), prevedendo fasce boscate per limitare l’impatto visivo e ridurre la dispersione delle polveri ed altri elementi inquinanti. Per favorire la ricarica della falda deve essere lasciata permeabile almeno il 30% della superficie del lotto libera da costruzioni, mentre la superficie permeabile destinata a viabilità e parcheggi non può essere inferiore al 50% di quella complessiva. Gli aspetti gestionali Al fine di produrre, con riferimento ai casi di studio esaminati, una panoramica dei modelli di gestione delle aree produttive, sono state esaminate le esperienze più

94 Art.60 delle N.T.A del PRG parte strutturale. 95 Dalla relazione generale studio unitario, Arch. Rocco Olivadese, Comune di Orvieto.

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DENTRO L’UMBRIA due560

innovative di gestione quali il Consorzio TNS (Terni-Narni-Spoleto) per lo sviluppo delle aree industriali ed iniziative industriali ed il Consorzio Crescendo, per lo sviluppo delle aree produttive dei comuni dell’ovietano e dell’amerino, o altre iniziative volte alla razionalizzazione, riqualificazione e promozione delle aree e dei relativi servizi alle imprese. L’analisi è stata realizzata utilizzando prevalentemente il metodo delle interviste ad interlocutori privilegiati (stakeholders), somministrate attraverso l’analisi SWOT alle Associazioni di categoria (tra cui Confindustria, CNA, Confartigianato, Confapi), a Sviluppumbria, ai referenti sia tecnici che politici dei Consorzi per le aree industriali, ai Dirigenti e funzionari dei settori tecnici dei Comuni prescelti come casi di studio. Gli argomenti trattati riguardano la diffusione e localizzazione delle aree produttive, il processo di gestione, la qualità, secondo la successione di temi riportati nel box n.1. Data la rilevanza delle attività svolte dai due Consorzi per lo sviluppo delle aree industriali ed iniziative industriali, le principali attività, emerse dall’intervista, sono riassunte nel box n.2. I casi di studio di Terni, Narni e Orvieto. La diffusione e localizzazione La localizzazione delle aree produttive deriva, nel caso di Terni, dalle localizzazioni storiche ad est (polo siderurgico) e ad ovest (polo chimico) del centro urbano ed alla articolazione nel territorio delle varie aree per rispondere alla domanda diversificata che nel tempo si è manifestata. Il polo Maratta – Sabbioni, unitamente alle aree presenti nei quartieri, offre una variegata opportunità insediativa. Secondo Confindustria Terni, è un punto di forza la presenza nel bacino Terni-Narni delle maggiori realtà aziendali regionali nei settori siderurgico, meccanico e chimico, costituita da multinazionali e grandi imprese; di una imprenditorialità diffusa, presente nell’intero territorio provinciale, “un fitto tessuto di piccole e medie imprese di tutti i settori produttivi”. Sempre per quanto attiene i punti di forza la presenza progressiva dei servizi pubblici e privati, compresa l’articolazione delle attività commerciali nelle stesse zone produttive, conferisce alle stesse qualità urbana ed insediativa, mentre secondo altri intervistati, in particolare il Direttore del Consorzio TNS, pur essendo le aree produttive di Sabbioni e Maratta aree produttive di interesse regionale, contengono al loro interno troppe attività commerciali. La stessa limitazione dimensionale, spesso a causa dei caratteri del territorio, è considerata anche un punto di forza per una gestione più efficace grazie alle dimensioni contenute, così come i costi relativamente bassi di acquisto. Opportunità sono inoltre offerte dal Centro Servizi di Maratta, che nasce localizzato baricentricamente rispetto alle maggiori aree industriali ternane e narnesi. Altro punto di forza, secondo le Associazioni di categoria, è rappresentato dalla “collocazione in prossimità del sistema autostradale e ferroviario inserito nelle grandi direttrici nazionali ed internazionali”, la Conca Ternana è giudicata un “ fondamentale nodo infrastrutturale nell’ambito del quale si attestano i più importanti sistemi viari e ferroviari”, svolgendo le aree produttive del ternano-narnese una funzione di cerniera

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AURAPPORTI: RES 2008-09 561

tra Lazio ed Umbria; sempre nell’area Terni-Narni è considerata buona la dotazione di aree e siti industriale dismessi rifunzionalizzati (p.e. ex Bosco) e l’“implementazione ed accentramento periferico delle aree anche in funzione della diminuzione del traffico pesante in città”(CNA). Secondo la maggioranza degli intervistati per rispondere alle esigenze delle imprese, le aree industriali vanno collocate in un contesto urbanistico e territoriale nel quale possano usufruire di efficienti collegamenti infrastrutturali e, allo stesso tempo, non vi sia conflitto con le destinazioni residenziali, soprattutto per quanto attiene i flussi veicolari. Da questo punto di osservazione le aree di proprietà del Consorzio TNS si trovano quasi tutte in situazioni ottimali da questo punto di vista, con alcuni miglioramenti da apportare alla viabilità dell’insediamento di Nera Montoro-Treie, soprattutto nel tratto di sottopasso della SS675 e attraversamento del fiume Nera della Strada di Vagno. Secondo gli intervistati l’attività del consorzio delle aree industriali sia nella gestione, nella promozione delle nuove aree produttive, nella realizzazione dei servizi sia nella riqualificazione di alcuni poli esistenti, favorisce la politica di localizzazione delle imprese. Inoltre la gestione consortile, definita “imprenditoriale e snella”, ha garantito interventi complessi di nuova infrastrutturazione e riqualificazione/bonifica di siti industriali dimessi, come meglio descritti nel box. n.2. Rispetto alla diffusione, il Consorzio TNS ha raggiunto una distribuzione equa di almeno un’area greenfield per Comune di competenza (due a Narni), oltre agli immobili industriali recuperati a cavallo tra Terni e Narni. L’offerta, in questo momento, è quindi sufficientemente distribuita, attraverso un modello, che si tenta di perseguire, di concentrazione, razionalizzazione e qualificazione delle aree industriali. Nell’area di Terni, Narni e Spoleto viene evidenziato che il problema da affrontare sia quello di riportare in un’unica linea di programmazione-attuazione le politiche d’insediamento di tutte le aree produttive, industriali e artigianali: infatti mentre la realizzazione delle aree industriali viene delegata al Consorzio TNS, le aree artigianali vengono ancora sviluppate autonomamente dai Comuni; questa distinzione andrebbe invece abbandonata, affidando ai Consorzi l’intero settore produttivo, che eviterebbe distorsioni nelle politiche di prezzo delle aree che rischiano di rendere incomprensibile l’azione complessiva a supporto dello sviluppo.In generale comunque viene affermato che il tema “aree industriali” è solo una parte di una politica complessiva che non può essere slegata da quello delle risorse finanziarie pubblico-private per gli investimenti e dalle politiche attive del lavoro, viste nella loro funzione di creazione di professionalità, ma anche di contributo al sostenimento del costo del lavoro. Il buon funzionamento dei Consorzi ha comunque effetti positivi perché permette ai Comuni e agli altri Enti locali e territoriali di contare su strumenti dedicati per curare le questioni relative alla costruzione, gestione e manutenzione delle aree produttive (oltre che a portare fuori dal bilancio comunale importanti quote di indebitamento) e alle imprese di avere uno “sportello” di riferimento sempre aperto. Rispetto al tema del riuso delle aree industriali dismesse o sottoutilizzate secondo le Associazioni di categoria la riqualificazione delle aree industriali dismesse rappresenta sia un punto di forza che una opportunità per il territorio, così come l’interesse della

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DENTRO L’UMBRIA due562

popolazione nei confronti di forme di fruizione alternativa del territorio dimesso ed una crescente attenzione alla tutela del paesaggio (CNA). Positivamente giudicate, quale opportunità per il sistema produttivo, le politiche di orientamento al mercato e di accompagnamento dell’adattamento, attraverso l’adozione di innovazioni di processo, di prodotto e di organizzazione di filiera e la presenza di un rilevante Know how. Tra le altre opportunità segnalate, oltre alla favorevole localizzazione geografica, derivante dalla vicinanza all’area economica romana e fiorentina ed il facile accesso al mercato laziale, il buon effetto immagine, legato all’insediamento in Umbria. La Confindustria Terni ritiene importante la possibilità di espansione produttive delle imprese già insediate nonché di nuove localizzazioni fondate sull’ “attitudine ed esperienze consolidate di programmazione negoziata (Contratto d’Area, Patti Territoriali, “Patto di Territorio” ecc.)”, su potenziali integrazioni tra diversi settori produttivi, sulla presenza di strutture per l’innovazione. Dal punto di vista della programmazione urbanistica, dal Consorzio TNS viene vista come grande potenzialità l’area del Centro Servizi di Maratta, su cui costruire un progetto complessivo concertato tra istituzioni e imprese, e, potenzialmente, quale sede, nella ristrutturazione della Villa Gerardi di proprietà del Consorzio, non solo del Consorzio stesso, ma anche di Sviluppumbria, Gepafin e di servizi innovativi per le imprese, oltre che per manifestazioni e presentazioni di prodotti industriali; inoltre la nuova Piattaforma Logistica di Terni-Narni, oltre a risolvere i problemi legati alla movimentazione merci e razionalizzarne i flussi, costituisce nuova opportunità localizzativa per le imprese; parimenti è una opportunità la possibilità di razionalizzazione e qualificazione delle aree, a partire dall’esistente, mentre viene vista come minaccia il mancato coordinamento tra politiche urbanistiche e politiche di sviluppo economico e le incoerenze nella gestione degli insediamenti produttivi tra Enti diversi. Secondo altri intervistati costituisce una minaccia la tendenza alla terziarizzazione di vaste aree delle aree produttive, con l’affermarsi di logiche speculative che possono determinare l’incremento del costo delle aree e la riconversione a tali scopi delle stesse strutture presenti, così come il degrado ed abbandono di opere edili di particolare pregio architettonico e storico, conseguente alla crisi delle industrie storiche ed alla dismissione di queste ed altre aree ad esse collegate funzionalmente, mentre, dal punto di vista ambientale, l’incremento della pressione ambientale sulla città ed il territorio è “legata alle quantità produttive ed alle soluzioni per il fabbisogno energetico del polo siderurgico”. Tra gli aspetti più propriamente economici, individuati come minaccia, in particolare per CNA, vi è la perdita di competitività del sistema produttivo locale, che vede aumentare nel corso degli anni il proprio divario rispetto alle aree più dinamiche del Paese, la riduzione degli scambi commerciali europei, la marginalizzazione sociale ed economica di alcune aree del territorio e l’eccessiva teoricità delle azioni di ricerca. I rischi di delocalizzazione possono inoltre derivare, per Confindustria, dall’erosione dei margini di competitività delle grandi imprese, dalla riduzione dei margini di competitività dei

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AURAPPORTI: RES 2008-09 563

comparti manifatturieri (concorrenza paesi a basso costo), dai ritardi nell’attuazione di progetti strategici e per il sostegno della R&S e dell’innovazione, da insufficienti rapporti tra mondo produttivo e scuola/università. Maggiormente legato all’attuale crisi è infine il rallentamento delle manifestazioni di interesse per nuovi insediamenti nell’area ternana e narnese, che si sono ridotte in maniera consistente. Secondo il referente tecnico del Comune di Terni, la continuità con il centro urbano del polo siderurgico, la scarsa manutenzione delle infrastrutture legata prevalentemente alle difficoltà manutentive e la modesta qualità diffusa degli edifici industriali, legata anche al prevalere di attività secondarie di supporto all’attività produttiva, rappresentano i punti di debolezza delle aree produttive realizzate; dalle Associazioni di categoria viene segnalata la difficoltà delle PMI ad abbandonare le sedi lavorative di origine per accentrarsi in nuove e più funzionali aree, mentre dal punto di vista infrastrutturale il sistema dei trasporti locali è da incrementare, condizionato dal forte traffico industriale/commerciale: nel ternano infatti il numero dei veicoli circolanti per km è tra i primi d’Italia. Collegato a questo viene evidenziato come la rete stradale sia da potenziare soprattutto per quanto riguarda il collegamento con il Porto di Civitavecchia. Inoltre vengono ritenuti carenti i servizi alle imprese, scarsa la dotazione di infrastrutture immateriali e completamente inesistenti le infrastrutture di servizio alle imprese per lo svolgimento di attività congressuali e promozionali. Alla domanda: Gli imprenditori sono soddisfatti della collocazione territoriale, della infrastrutturazione, dei servizi alle imprese? Gli intervistati rispondono che per collocazione e collegamenti, generalmente sì, ma non completamente, con alcuni problemi infrastrutturali relativi all’area di Nera Montoro, soprattutto per l’insediamento di attività nel campo della meccanica con produzioni di grandi dimensioni. Per quanto riguarda i servizi alle imprese dalle esperienze oramai decennali di gestione viene evidenziata la difficoltà ad introdurre attività terziarie (banca, posta, consulenze fiscali e legali, progettazione finanziaria, ecc.) a sostegno di quelle produttive all’interno delle aree industriali, a meno di non creare una notevole massa critica di domanda. Viene infine rilevato come incida e appaia problematica la frammentazione delle aree produttive e come solo in parte i Consorzi abbiano attivamente favorito le politiche di localizzazione delle imprese. Per quanto attiene il resto del territorio provinciale viene evidenziato quale punto di debolezza la dispersione delle aree produttive “minori”; inoltre le limitate dimensioni delle aree impediscono la realizzazione di servizi “veri” e la nascita di filiere produttive. Dal punto di vista urbanistico nei territori dei comuni minori le aree “nascono artigianali, spesso divengono commerciali, ma non ci sono le condizioni per realizzare aree produttive vere e proprie”. Ad Orvieto la prevalente concentrazione delle aree produttive è negli agglomerati produttivi di Bardano – Ponte Giulio; sono considerati punti di forza: dal punto di vista infrastrutturale la presenza di vie di comunicazione di livello nazionale, che favorisce la localizzazione delle aree industriali nelle vicinanze dei caselli autostradali,

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ed, in futuro, la nuova viabilità complanare e il secondo casello Orvieto nord; lo Scalo merci; il cablaggio e video sorveglianza dell’area industriale e la separazione tra le aree a vocazione industriale e le aree artigianali, a servizio dei contesti locali, con la conseguenza che nei piccoli comuni, la classificazione urbanistica delle aree è esclusivamente artigianale e commerciale; mentre per quanto attiene le imprese insediate è considerato punto di forza la presenza di un nucleo di alta tecnologia (telecomunicazioni e meccanica di precisione) da valorizzare attraverso interventi mirati, appetibili per le eccellenze, e nella filiera componentistica, così come nel tessile e nella moda. Per il Consorzio Crescendo è anche punto di forza il ruolo delle associazioni di categoria nella concertazione degli insediamenti. Tra le politiche da incentivare è segnalata la riqualificazione della aree produttive con interventi legati allo sviluppo locale, superando l’attuale mera assegnazione dei lotti, trovando convenienze reciproche con i Comuni (es. ICI da condividere tra tutti i Comuni aderenti al Consorzio) e la necessità di un parere consortile sul PTCP, che coordina la localizzazione delle macro aree, come in altre realtà. Da ultimo sono considerati necessari strumenti per cofinanziare gli interventi, l’ampliamento delle attività con la gestione delle utilities (banca, poste, rifornimento carburanti, area per autotrasporti e service), la realizzazione di acquedotti industriali ed una normativa con ARPA sull’inquinamento elletromagnetico. Sempre per il Consorzio sono punti di debolezza la scarsa incidenza del Consorzio sulla programmazione territoriale dei comuni, in quanto deve limitarsi a dare solo suggerimenti, venendo meno un ruolo di coordinamento, quale emergeva dalla ricerca IRRES del ’97; altri elementi critici sono l’assenza di una politica regionale di assistenza finanziaria, che, ad esempio, fornisca forme di garanzia per i debiti assunti dal Consorzio presso gli Istituti bancari e la lontananza tra i settori pubblico e privato. Problematiche emergono relativamente alle autorizzazioni allo scarico acque industriali nei corsi d’acqua ed alle vasche d’accumulo (per prevenzione incendi), mentre esistono problemi sulle reti ed i servizi (dall’illuminazione pubblica ai rifiuti). Secondo Confindustria, infine, è urgente il completamento dei collegamenti fuori regione, costituiti dai principali assi viari e ferroviari sulle direttrici Tirreno-Adriatiche, mentre sono punti di debolezza l’insufficiente livello di infrastrutture e di servizi telematici e presenza di funzioni e servizi reali, la prevalenza di piccole imprese manifatturiere fortemente legate alla mono committenza produttiva e, nel Comprensorio Orvietano, l’insufficiente dotazione di infrastrutture di collegamento viario interno. La gestione Le nuove aree industriali sono prevalentemente di iniziativa pubblica attraverso il P.I.P. (PAIP nel caso di Terni) e sono gestite direttamente dai Comuni e, per i Comuni aderenti e per alcune aree, dai Consorzi aree industriali, che provvedono

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AURAPPORTI: RES 2008-09 565

anche alle urbanizzazioni prevalenti e, nel caso del Consorzio, anche alla realizzazione diretta di interventi di recupero e riconversione delle stesse strutture produttive dismesse. I Consorzi si occupano dell’esproprio delle aree (nelle esperienze passate, solo per la liquidazione delle indennità, questione da rivedere in futuri interventi), dell’appalto dei lavori di realizzazione, della valutazione dei progetti industriali proposti dalle imprese per l’insediamento e della successiva vendita. In fase di gestione, i Consorzi sostengono gran parte dei costi di manutenzione, da ripartire sulle imprese con criteri proporzionali all’occupazione di spazi. Per l’insediamento industriale più popolato, quello di San Liberato a Narni, si è scelto di formare un “condominio” tra tutte le imprese presenti per il sostenimento delle spese di gestione (es. sicurezza). Il modello è in corso di sperimentazione, con probabili evoluzioni verso nuove ipotesi allo studio. “Nel modello applicato fin qui l’azione del Consorzio si svolge all’incrocio di due ambiti di programmazione: quella della Regione, prevalentemente incardinata nei Programmi Operativi Regionali FESR che hanno finanziato in varia misura la realizzazione degli insediamenti e di alcuni impianti a supporto e quella degli Enti locali, di livello urbanistico-territoriale, che individua la destinazione d’uso delle aree. Parte delle risorse finanziarie per gli investimenti vengono garantite dal Consorzio stesso che si finanzia a debito, con varie forme tecniche a seconda delle situazioni. Le aree industriali finora realizzate, utilizzando quale strumentazione urbanistica i Piani di Insediamento Produttivo, hanno avuto finalità più urbanistiche (identificazione delle destinazioni d’uso) che economiche (offerta di opportunità di sviluppo, a tutto tondo)”96. Secondo il Presidente dl Consorzio TNS nelle esperienze finora condotte è mancata una visione olistica del problema, limitandosi a destinare parti di territorio alle imprese con la sola garanzia degli allacciamenti alle reti essenziali. Nel futuro vanno concepite azioni sinergiche per dotare le aree di reti tecnologiche avanzate (fibra e wireless), organizzare i servizi di gestione dell’energia, dell’idrico e dei rifiuti in modo specificamente disegnato per i fabbisogni delle imprese, valorizzare lo spazio produttivo anche dal punto di vista architettonico, garantire la sicurezza con tecnologie adeguate. In sintesi, è necessario evolvere verso modelli di insediamento efficienti dal punto di vista dei servizi e da quello energetico e ambientale. Ai Consorzi vanno affidati compiti organici per perseguire questi obiettivi e va garantito il loro coinvolgimento come portatori di interesse fin dalle fasi di pianificazione. L’ottimizzazione della gestione economica, infatti, si può meglio perseguire individuando le aree (e di immobili industriali da recuperare) in modo che la loro acquisizione risulti il più possibile economica; destinando agli Enti risorse che supportino i programmi di qualificazione delle aree (in particolare, sostenibilità energetica e ambientale) e definendo strumenti di finanziamento a debito ad hoc; programmando adeguate misure di marketing (tout court, come strumenti di pubblicità, e territoriale). In tema di gestione economica, vanno trovate le soluzioni

96 Dall’intervista al Presidente del Consorzio TNS.

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legislative e regolamentari per esentare i Consorzi dal pagamento dei tributi locali, pena l’effetto perverso dell’attribuzione agli Enti di pesanti oneri che sottraggono liquidità agli investimenti, con esiti contro intuitivi rispetto alle motivazioni che ne consigliano la costituzione. Secondo le Associazioni di categoria (CNA e Confindustria) sono punti di forza la pianificazione della strategia di sviluppo economico ed il coordinamento delle relazioni tra organismi centrali e attori locali, la facilità di contatto con gli enti, deputati ad espletare sia funzioni di programmazione che di autorizzazione, mentre costituisce una opportunità il rafforzamento del ruolo attivo delle amministrazioni locali e delle imprese, la possibilità di accedere a bandi e sfruttare l’opportunità di accordi locali, l’utilizzo, da parte dei Consorzi di criteri di mercato e l’adozione, seppure parziale, di procedure di tipo privatistico che consentono una maggiore rapidità nell’assunzione di atti e decisioni. Sono evidenziate carenze nelle politiche di programmazione e pianificazione, quali la saturazione di alcune zone industriali rispetto alle aree attigue, la frammentazione nei singoli comuni delle politiche di sviluppo e consumo del territorio e delle sue risorse, la mancanza di coordinamento tra enti, il rischio di speculazioni edilizie, la carenza di informazione, una gestione consortile troppo burocratizzata e comunque limitata a porzioni del territorio provinciale. E’ segnalata dalla CNA, quale minaccia, un contesto ambientale delicato e a rischio superamento delle soglie, dalla Confindustria la carenza di servizi integrativi dell'attività produttiva (servizi finanziari, organizzativi e gestionali, tecnologici ecc.), una scarsa attenzione alla domanda di servizi reali ed insufficienti strutture di raccordo tra ricerca e produzione e per il trasferimento tecnologico. Viene ribadita dalla maggioranza degli intervistati la positività della presenza di un soggetto dedicato alla gestione delle aree industriali in modo focalizzato e professionale e la creazione di competenze di valutazione economica e interlocuzione con le imprese connessa alla disponibilità di esperienze e competenze per sviluppare modelli di gestione innovativi; quale opportunità il potenziamento del demanio consortile per offrire aree ben strutturate puntando sul recupero e riuso della aree dimesse o sottoutilizzate, la possibilità di estendere le attività del Consorzio all’area industriale di Vascigliano (Stroncone); diseconomie vengono invece generate da lacune in fase di programmazione e progettazione e da una disorganicità del disegno di infrastrutturazione del territorio. Secondo il referente tecnico del Comune di Terni la gestione pubblica delle aree può favorire anche una politica finalizzata a realizzare attività produttive qualificate e rispondenti alla necessità di privilegiare l’innovazione e la ricerca dei nuovi settori di sviluppo, ad esempio i nuovi materiali, mentre l’eccessiva terziarizzazione dei nuovi insediamenti e la presenza diffusa di attività con limitata qualità produttiva, unita alla difficile applicazione di criteri selettivi nell’assegnazione delle aree produttive ed anche nella gestione nel tempo dell'uso delle strutture realizzate, costituiscono punti di debolezza e minacce nel processo di gestione delle aree.

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Secondo il referente tecnico del Comune di Orvieto la gestione di parte delle aree da parte del Consorzio Crescendo garantisce un costo equilibrato delle aree: è anche una opportunità una gestione unitaria che vada anche oltre la realizzazione delle opere di urbanizzazione; ciò garantirebbe qualità ambientale, localizzazione di imprese di qualità, maggiore sostenibilità degli interventi; viene giudicato come punto di debolezza il fatto che il Consorzio realizzi le opere di urbanizzazione, ma non gestisca successivamente le aree; l’ eccessiva eterogeneità delle imprese localizzate è vista come minaccia. Secondo alcuni intervistati inoltre il Consorzio dovrebbe poter dare indirizzi più forti e organizzare un’offerta qualificata di aree partendo da aree green field (agricole) attraverso accordi specifici di messa in valore, riconoscendo ai proprietari il plusvalore nel tempo: ciò dovrebbe essere definito attraverso una specifica legge regionale, evitando così l’esborso di importanti risorse all’inizio dell’operazione. Dal Consorzio Crescendo viene inoltre segnalata la necessità della costruzione dell’offerta (con fondi regionali), di un censimento delle aree di proprietà pubbliche per trasformazione in aree produttive, dell’introduzione di un sistema di gestione di tipo “condominiale” per le imprese insediate; quale punto di debolezza viene segnalata una gestione finanziaria che non tiene conto delle logiche di sviluppo, senza accompagnamento delle attività e, quale minaccia, il ricorso ad interventi “a pioggia”, portando ad esempio quanto operato con la Misura 2.1. del DOCUP nella precedente programmazione regionale. Confindustria richiama ad maggiore attenzione ai fabbisogni localizzativi delle industrie locali ed esogene, da soddisfare attraverso un’offerta variegata di tipologie e dimensioni delle aree, alla vivibilità dei luoghi di produzione e lavoro, alla sicurezza (contrasto ai furti ecc.). Sempre secondo Confindustria dalla gestione emergono quali indicazioni la necessità di accorciare i tempi di allestimento e soprattutto di assegnazione delle aree, nonché la necessità di reperire nuove aree di dimensione adeguata per ospitare nuove iniziative industriali. La qualità La gestione pubblica del processo di urbanizzazione e di realizzazione degli insediamenti, unitamente alla disponibilità di risorse comunitarie, consentono di realizzare anche sperimentazioni in contenuti ecologici ed insediativi. Su questo fronte il Consorzio TNS ha affidato un incarico per l’attuazione del modello SIAM (Sustainable Industrial Areas Model) e avvierà nelle prossime settimane un’attività di analisi del territorio per verificare le modalità con le quali qualificare in questa direzione le proprie aree. Secondo il Presidente del Consorzio “Nell’attuazione del modello potrebbero convergere le soluzioni ai problemi evidenziati, a patto di adottare una strategia di concertazione adeguata tra tutti i livelli istituzionali coinvolti nella programmazione urbanistico-territoriale ed economico e forme di partenariato (sociale e finanziario) pubblico-privato”; sempre secondo il Presidente “E’ necessario coordinare, ad esempio, le politiche regionali per lo sviluppo delle connessioni telematiche, soprattutto a favore delle imprese. Vanno poi migliorati i sistemi di

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gestione ambientale ed energetica delle aree industriali. E’, altresì, necessario sviluppare una programmazione di lungo periodo che ottimizzi l’uso del territorio, evitando dispersioni e rincorsi a fabbisogni ipotetici e futuribili, creando le condizioni per un’ordinata raccolta della domanda di insediamento. A partire da progetti-pilota, sarebbe auspicabile avviare un percorso per la formulazione di una legge regionale che dia riconoscimento ai Consorzi e inquadri la loro azione nel contesto degli strumenti di sviluppo economico-territoriale, mettendo a sistema risorse finanziarie e strumenti tecnici”. In sintesi: la presenza di modelli di successo da adottare e adattare per il superamento dei limiti attuali e la spinta ad una nuova progettualità già tradotta in decisioni, sono punti di forza e opportunità da giocare in questo delicato momento di transizione, anche se permangono spinte “quantitative” per la realizzazione di aree industriali e una cultura “rinunciataria” nella progettazione delle aree industriali finora sviluppata. Dal punto di vista urbanistico, secondo il referente tecnico del Comune di Terni, le previsioni del nuovo PRG di Terni costituiscono un’opportunità per completare-qualificare le aree produttive esistenti e per gestire le trasformazioni interne al polo siderurgico ed a quello chimico, attraverso una preventiva verifica della sostenibilità ambientale degli stessi insediamenti. Sul fronte delle minacce e dei punti di debolezza viene segnalata dal Comune di Terni la difficoltà a mantenere in essere le stesse trasformazioni qualitative realizzate con i fondi comunitari, con il rischio di un diffondersi progressivo del degrado, mentre nella maggior parte delle aree esistenti, non soggette alla gestione del Consorzio TNS, l’assenza di forme consortili tra imprese nella gestione delle aree industriali, la progressiva diminuzione delle risorse pubbliche per la manutenzione e per la gestione delle stesse aree industriali, minacciano di frenare il progressivo processo di rafforzamento qualitativo del tessuto produttivo. Secondo le Associazioni di categoria, anche se le attività finora svolte congiuntamente dagli enti territoriali e dal Consorzio TNS sono una buona base di partenza per condurre politiche di qualificazione delle aree ed esiste un certo interesse delle imprese per aree di qualità, molte sono ancora le carenze riscontrate tra cui la sottodotazione di spazi pubblici attrezzati e di aree libere all’interno delle zone di espansione da destinare a servizi (in particolare aree scoperte di sosta e movimentazione merci ); in particolare secondo la CNA pesa l’inadeguatezza delle linee ferroviarie, la prevalenza della mobilità privata, che porta al congestionamento delle aree urbane centrali ed ad una logistica industriale risolta esclusivamente attraverso il trasporto su gomma, priva di un polo locale ed ad un aggravio alle necessità infrastrutturali per servire gli insediamenti diffusi, mentre secondo Confindustria la necessità è quella di completare l’infrastrutturazione di primo livello (in molte zone) e di provvedere a quella secondaria (quasi ovunque); viene considerata insufficiente la dotazione di servizi (corrente elettrica, acqua per uso industriale, metanodotti, via d’accesso, reti telefoniche e telematiche); dal punto di vista delle “reti di impresa” viene considerata scarsa la capacità delle imprese locali di mettersi in rete con altri attori di eccellenza, ridotta la capacità di produzione individuale e scarsa la propensione ad associarsi; parimenti ridotta la propensione ad investire per

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AURAPPORTI: RES 2008-09 569

l’integrazione produttiva e l’aggiornamento tecnico: complessivamente si avverte come minaccia la concorrenza da parte di altre aree industriali poste in regioni limitrofe. Sul fronte delle aree dismesse, mentre viene considerata, in particolare da Confindustria, come un’opportunità il riutilizzo delle aree industriali dismesse e la razionalizzazione delle aree produttive in uso, il rischio è quello di dovere gestire da parte delle imprese, in caso di mancato recupero delle aree dismesse, complessi e costosi interventi di bonifica. Sul fronte pubblico le Associazioni lamentano una scarsa attenzione alla problematica della qualità degli agglomerati produttivi da parte degli enti pubblici e l’incertezza sulle procedure e sulle normative, anche se l’introduzione (ancora in pochi Comuni, con funzioni di servizio anche per altri Comuni in convenzione) delle procedure SUAP (Sportello Unico Per le Attività Produttive) ha in parte accelerato i tempi complessivi. Il referente tecnico del Comune di Orvieto vede come opportunità la costruzione di un ambito produttivo a forte qualità ambientale sia per quantità che per qualità dei beni, mentre segnala come punto di forza i “corridoi ecologici” rappresentati dai corsi d’acqua e dalla vegetazione ripariale; sono invece punti di debolezza la scarsa attenzione alla infrastrutture (strade, verde, parcheggi), lo scarso equipaggiamento vegetale, la saturazione di tutti gli spazi. Box n.1

SWOT ANALISIS (Strength, Weaknesses, Opportunities,Threats ) La SWOT Analisis è uno dei metodi di analisi, di tipo partecipativo, utilizzati solitamente nelle fasi preparatorie di un processo di indagine, indirizzato verso stakeholders individuati quali soggetti potenzialmente interessati da una determinata azione o progetto. L’analisi SWOT è utilizzata per individuare punti di forza (Strengths) e di debolezza (Weaknesses) interni ad un sistema rispetto alle opportunità (opportunities) e minacce (Threats) provenienti dall’esterno. La SWOT può esser utilizzata sia per la restituzione di un quadro generale di analisi sia come punto di partenza per poter efficacemente indirizzare la soluzione di un determinato problema. Nel caso delle aree produttive, attraverso la “matrice” SWOT si sono indagate le seguenti tematiche:

DIFFUSIONE E LOCALIZZAZIONE Punti di discussione: la diffusione e localizzazione attuale delle aree produttive risponde alle esigenze delle imprese? Gli imprenditori sono soddisfatti della collocazione territoriale, della infrastrutturazione, dei servizi alle imprese? Quanto incide o appare problematica la frammentazione delle aree produttive? Quanto la costituzione e conseguente gestione delle aree produttive da parte dei Consorzi per le aree industriali ha attivamente favorito le politiche di localizzazione delle imprese? (per la provincia di Terni). La costituzione di Consorzi per le aree industriali può favorire le politiche di localizzazione delle imprese? (per la provincia di Perugia)

PROCESSO DI GESTIONE Punti di discussione: chi gestisce le aree industriali? (Comune, Consorzio, Associazione di enti, altro). Con quali strumenti di pianificazione e programmazione vengono gestite? Dal processo di gestione quali indicazioni emergono per la programmazione? Quali indicazioni per migliorare la gestione?

QUALITA’ Punti di discussione: Quali sono le principali carenze riscontrate (dal punto di vista ambientale, dell’organizzazione, etc.)? Quali azioni sono in corso per migliorare la qualità delle aree produttive? Quali azioni sarebbero auspicabili?

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Box n.2 TNS Consorzio - Sviluppo Aree ed Iniziative Industriali TNS Consorzio è il primo a nascere, correlato al Contratto d’area (1997-1998) per i territori dei Comuni di Terni, Narni e Spoleto (Comuni Obiettivo 2 in decrescita industriale). Il principale obiettivo del Consorzio è la gestione della aree produttive comunali; la struttura consortile è di tipo pubblico, ma con un’ottica più imprenditoriale, agile e incisiva. I primi interventi sono stati soprattutto volti alla messa a disposizione per le imprese di aree ben attrezzate. La volontà politica della Giunta Regionale di allora, e di quelle a seguire, è stata pertanto quella di vedere nel Consorzio una struttura adatta a gestire aree industriali “concentrate” e non disperse. Il primo intervento realizzato è stato quello dell’area Industriale di San Liberato, a Narni, individuata dalla programmazione regionale, che si è rivelata una scelta adeguata: i lotti sono stati tutti assegnati a imprese di qualità; in questo intervento il Consorzio ha favorito la nascita di un consorzio con le imprese insediate per la gestione dell’area, primo esempio nella regione. L’area è ad alta qualità in quanto ci sono impianti di videosorveglianza, portineria comune, una cabina elettrica ad alta tensione per una migliore fornitura di energia elettrica pulita. Il secondo intervento è stato la realizzazione dell’area industriale di Nera Montoro su cui sono in fase di start-up iniziative produttive di grande pregio. A questi primi interventi è seguita la realizzazione del Centro servizi di Maratta, centro di sevizi per le imprese ed incubatore per micro imprese, con mensa aziendale; il progetto complessivo è ora da sviluppare a seguito del prossimo trasferimento della sede Universitaria che ha occupato gran parte degli spazi utilizzabili e la riqualificazione dell’area ex Basell-ENICHEM, con interventi di bonifica (certificata) e recupero delle strutture, ora assegnate alla Novamont. Altri interventi hanno riguardato i Comuni di Spoleto e Terni (Area Maratta Ovest, inserita all’interno del PRUSST e area Maratta Est, interventi regolati da convenzione su mandato del Comune), la ristrutturazione di un capannone locato all’Ansaldo. Si evidenzia che il Consorzio si attiva per aree industriali e non per aree commerciali, anche se questa è una tendenza in atto (rifunzionalizzazione di aree da produttive a commerciali) Anche se il Consorzio a livello programmatico non ha ancora pienamente inciso, la nuova impostazione del modo di realizzare ed attrezzare aree produttive in demanio consortile, permette una facilitazione nelle acquisizioni e nell’attrezzamento delle stesse, e risulta la maniera più corretta di programmazione da parte dei Soci (nel caso di TNS Consorzio i Comuni di Terni, Narni e Spoleto, la Provincia di Terni e Sviluppumbria). Lo strumento del bando è fondamentale per la riqualificazione delle aree dismesse. In tal senso il Consorzio sta lavorando per l’area ex Bosco, area che è di supporto per la futura base logistica in realizzazione, per la quale sta ricevendo manifestazioni di interesse. Consorzio Crescendo, per lo sviluppo delle aree produttive dei comuni dell’orvietano e dell’amerino. L’attività del Consorzio (www.consorziocrescendo.it) si è molto sviluppata nel corso degli anni: dai primi 5 comuni (Orvieto, Baschi, Castel Viscardo, Fabro, Allerona) agli attuali 19, che comprendono i comuni del comprensorio orvietano e dell’amerino. Del Consorzio fa inoltre parte Sviluppumbria, la Comunità Montana Trasimeno, Orvietano, Amerino, Narnese e la Provincia di Terni. Il consiglio di Amministrazione è formato da 5 membri. L’attività del Consorzio è nella logica di razionalizzazione degli interventi propria dell’area vasta (PTCP), accrescendo il valore della partecipazione. Per tutte le attività (acquisizione, progettazione, realizzazione) il Consorzio attiva finanziamenti con istituti di credito, sostenendo quindi oneri per anticipare le spese realizzative. Il Consorzio è pertanto un strumento molto utile ai Comuni, che non impegnano il loro bilancio per la realizzazione delle aree produttive, ma trasferiscono solamente una modesta quota pro capite. Un limite riscontato nell’attuale regime, è che solo il Comune in cui viene localizzato l’intervento percepisce ICI, IRAP ed oneri di urbanizzazione, a fronte delle spese per la gestione ex post delle infrastrutture. Le attività svolte, attraverso convenzioni con i Comuni, sono state principalmente volte: a) alla acquisizione ed infrastrutturazione di nuove aree industriali, seguendo l’intero percorso progettuale e realizzativi, restituendo al Comune interessato dall’intervento le infrastrutture per la gestione, mentre il Consorzio trattiene i lotti che sono successivamente assegnati alle singole imprese. Di questa attività già svolta sono esempio la nuova area produttiva di Baschi, completamente realizzata ed assegnata, l’area produttiva localizzata presso il casello di Fabro (che ha usufruito dei finanziamenti di cui alla misura 1.1 del DOCUP 200-2006), collaudata nel 2008 di un’estensione complessiva di 9 ha di cui 5ha per 22 lotti e 4ha a standard (Rc 0,5 e If 2 mc/mq). Per quest’ultima area si è concluso il 31 luglio 2009 il bando di assegnazione dei lotti, di questi 8 sono già stati assegnati. Relativamente alle aree produttive localizzate nei Comuni più recentemente entrati nel Consorzio, è in conclusione il 2 ̂stralcio attuativo dell’ area in loc “La Fornace” ad Amelia ed una nuova area produttiva a Montecchio di 2 ha (area AIP finanziata con fondi DOCUP), mentre sono in programmazione altri interventi a Castel Viscardo, Fabro ed Orvieto;

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AURAPPORTI: RES 2008-09 571

b) alla realizzazione di servizi alle imprese, quali il centro servizi di Castel Viscardo: c) alla riqualificazione e bonifica di siti industriali dimessi, tra cui è già stata realizzata la riqualificazione e riassegnazione dell’area ex Lebole a Fontanelle di Bardano. In generale le aree vengono rese disponibili per le imprese, comprendendo anche aziende edili e società immobiliari (per la fase di start up). Le convenzioni stipulate con le imprese assegnatarie prevedono che entro 48 mesi sui lotti assegnati vengano realizzati i manufatti per ospitare i settori merceologici previsti dalle N.T.A. dei singoli PRG comunali. Vengono generalmente escluse le attività di deposito e logistiche; solo in alcuni casi tale criterio viene derogato per “far cassa” e chiudere i debiti contratti con le banche e/o le società finanziarie. Inoltre l’attività del Consorzio si è indirizzata a colmare il divario sull’infrastrutturazione per telecomunicazioni (digital divided) nei Comuni senza ADSL. Sono stai installati segnali wireless nell’area di Baschi e nell’area ex Lebole (attingendo ai finanziamenti della Misura 1.1) mentre su 14 Comuni è stata attivata una rete wireless pubblica, attualmente in completamento sui restanti 5 e nelle frazioni. La stessa rete è stata attivata ad Orvieto per gli eventi di Umbria Jazz. L’operazione è del tipo “geo marketing”, anche se non consente immediati riscontri di ritorno. Da ultimo il Consorzio ha attivato in 5 Comuni un bando per l’utilizzo dell’energia da fonte rinnovabile (fotovoltaico) per interventi in conto energia sia su edifici scolastici sia su un manufatto industriale in project financing (“affitto” del tetto per 6.000 mq. di superficie). Per questi ultimi interventi un problema deriva dalla scadenza del Consorzio (anno 2020), che crea problemi per i prossimi interventi, in particolare per l’ammortamento degli impianti fotovoltaici. La gestione delle aree produttive nei Comuni della provincia di Perugia Il tema della diffusione e della localizzazione delle aree, unitamente al tema della qualità delle aree stesse, ha dato luogo a spunti degni di interesse, con ampie convergenze di vedute tra le realtà considerate. La distribuzione del tessuto è anzitutto valutata in termini complessivamente positivi dai referenti dei Comuni individuati come casi di studio, per i quali l’obiettivo fondamentale è stato quello di garantire una dotazione di zone produttive secondo un principio di razionalizzazione delle realtà già costituite e di previsione di ulteriori agglomerati produttivi in ampliamento di quelli esistenti. Le tre amministrazioni comunali sottolineano come anche la frammentazione delle aree, già evidenziatasi negli strumenti urbanistici degli anni Settanta, non determini oggi situazioni di forte problematicità in ordine ai possibili conflitti con altre funzioni urbane. Non è possibile asserire altrettanto, tuttavia, in merito agli impatti negativi che questa genera nei confronti del paesaggio rurale e, talvolta, anche del paesaggio storico, come sottolineato dai referenti del Comune di Perugia. Ad un esame dei fattori qualitativi delle aree, sono ancora le caratteristiche infrastrutturali ed organizzative ad essere individuate tra i più evidenti punti di debolezza presso le tre amministrazioni comunali coinvolte nell’approfondimento, sebbene alcuni interventi in corso di realizzazione vengano inquadrati come opportunità: ci si riferisce in primo luogo alla realizzazione della rete di cablaggio, unanimemente considerata imprescindibile per l’incremento dei livelli di competitività delle imprese, ed inoltre a progetti volti alla riqualificazione della viabilità, anche mediante la dotazione di piste ciclabili, e al risparmio energetico mediante l’uso delle energie rinnovabili. Si richiamano, in proposito, le iniziative del Comune di Perugia per gli agglomerati S. Andrea delle Fratte e Molinaccio, del Comune di Foligno per

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l’agglomerato Paciana, del Comune di Città di Castello per gli agglomerati Riosecco, Zona Industriale Nord, Cerbara. Emerge, in particolare, il recentissimo intervento di cablaggio97 e di adeguamento delle reti (acqua, illuminazione metano) che ha interessato la zona industriale Nord di Città di Castello, finalizzato a mantenere nella sede storica e simbolica gli insediamenti e le unità produttive. In merito alla qualità delle aree e agli interventi per incrementarne i livelli, i Comuni di Foligno e Città di Castello hanno ricordato le loro recenti iniziative, tra cui vanno ricordate: per Foligno, la partecipazione al bando regionale di cui all’Azione 1.1.2 del Docup Ob.2 2000-2006 (Avviso per il finanziamento di studi di prefattibilità redatti da Enti locali e loro forme associate finalizzati agli interventi di riqualificazione delle aree produttive, approvato con Determinazione Dirigenziale 16 luglio 2003, n. 6503); per Città di Castello, la partecipazione al bando relativo ai Contratti di Quartiere II, che ha coinvolto una zona del centro storico in cui il polo dello sviluppo urbano è rappresentato dalla riconversione del sito produttivo dismesso dell’ex Fattoria autonoma tabacchi, al fine di recuperare e riqualificare spazi, infrastrutture ed immobili appartenuti alla storia della città. Passando ad esaminare gli aspetti più propriamente gestionali, si osserva che nel contesto della provincia di Perugia la gestione delle aree produttive vede tuttora la netta prevalenza di modelli tradizionali, riconducibili al ruolo preminente del Comune quale attore principale del processo insediativo delle attività economiche, attuato mediante la consueta strumentazione urbanistica. Ci si riferisce, ovviamente, al piano regolatore generale, oggi regolamentato dalla L.R. 11/2005, ai piani attuativi di iniziativa pubblica che trovano il loro presupposto nella legislazione nazionale inerente ai PIP (Piani per Insediamenti Produttivi) e ai piani attuativi di iniziativa privata, di cui il piano di lottizzazione rappresenta l’applicazione più diffusa. Nelle tre realtà oggetto di approfondimento, la formazione dei PIP ai sensi della L. 865/1971 è infatti risultata essere la modalità più consueta e diffusa per promuovere l’attuazione delle aree produttive, ed è concordemente vista come un punto di forza. Il Comune di Città di Castello, in particolare, sottolinea l’ampio ricorso a tali strumenti attuativi per favorire l’utenza e calmierare i costi delle aree. Nell’ultimo decennio questa impostazione ha in ogni caso subito le evoluzioni connesse all’istituzione di appositi “sportelli” (SUAP), in base alle disposizioni introdotte dal D.Lgs. 112/199898 e dal DPR 447/1998 come modificato dal DPR

97 Nell’ambito del progetto regionale di cablaggio che correrà lungo la dorsale della FCU, sono state predisposte le sottocondotte per il passaggio delle fibre ottiche dal centro storico fino al Centro servizi, alla base logistica fino alla zona dell’ospedale e alla Cittadella dell’emergenza. 98 Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 112 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 92 del 21 aprile 1998 – Supplemento Ordinario n. 77.

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440/200099, che prevedono “… uno sportello unico per le attività produttive, al quale gli interessati si rivolgono per tutti gli adempimenti previsti dai procedimenti …” Nel 2000 il Comune di Perugia, in attuazione delle norme sopracitate, ha istituito lo Sportello Unico per le Attività Produttive, ufficio a cui si rivolgono le imprese interessate per possibili insediamenti, come previsto dal D.Lgs. 447/1998, sia in riferimento ai procedimenti semplificati, “di cui all’art. 4” per i nuovi insediamenti e gli ampliamenti di quelli esistenti, sia per le procedure di variante al P.R.G “di cui all’art. 5”. Il SUAP gestisce quindi l’intero procedimento per le imprese, con l’attivazione di endo-procedimenti finalizzati all’ottenimento dell’atto unico, comprensivo delle varie autorizzazioni (permesso di costruire, eventuale licenza commerciale, etc.), con conseguente vantaggio economico e gestionale dell’impresa. La Deliberazione del Consiglio Comunale n. 69 del 21 aprile 2008, che integra e sostituisce precedenti deliberazioni quali le DCC nn. 71/2004, 199/2005, 230/2006, 15/2007, esprime la volontà dell’Amministrazione di andare incontro alle esigenze delle imprese, nel rispetto dell’interesse pubblico, stabilendo l’ammissibilità di procedure di variante ai sensi dell’art. 5 DPR 447/98 per l’ampliamento di impianti produttivi esistenti ed attivi al momento della presentazione dell’istanza, entro determinati limiti e condizioni. Nel comune di Perugia i casi di gestione consortile risultano limitati, nel tempo, alla esclusiva attuazione delle opere di urbanizzazione dei comparti produttivi, e solitamente esauriscono la loro funzione al momento dell’ultimazione delle opere stesse e degli obblighi convenzionali. Analogamente, Foligno gestisce le aree produttive del suo territorio attraverso lo Sportello Unico dell’Edilizia integrato con le procedure edilizie del SUAP, che provvede alla valutazione integrata dei vari aspetti dell’attività imprenditoriale. Lo Sportello offre peraltro un servizio di informazione dedicato alla promozione dell’imprenditoria giovanile ed un’attività di marketing territoriale. Il Comune di Città di Castello, nell’ambito del servizio SUAP-PIP istituito con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 277 del 27 maggio 1999, ha istituito un Osservatorio delle Aree Produttive mirato al raggiungimento di molteplici obiettivi: programmazione urbanistica, gestione delle risorse (aree e contenitori), marketing del territorio, ambiente (risparmio in termini di aree), occupazione e risorse umane. L’Osservatorio si avvale di un sistema informativo territoriale dedicato, costituito dalle informazioni relative ai lotti industriali e alle attività presenti, che progressivamente implementato (al momento è stato inserita solo l’area industriale Cerbara) consentirà il costante monitoraggio delle variazioni che avvengono nelle aree produttive, quindi la

99 D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447 come modificato dal D.P.R. 7 dicembre 2000, n. 440 "Regolamento recante norme di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l'ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi, per l'esecuzione di opere interne ai fabbricati, nonché per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi, a norma dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59."

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comprensione immediata delle potenzialità, in modo da orientare la programmazione dello sviluppo e la pianificazione degli interventi. Dallo stesso Ente, viene appunto sottolineato come minaccia il difficile controllo delle dinamiche evolutive delle aziende, che si intende contrastare con gli strumenti di cui sopra, volti a favorire un’ulteriore opportunità, ravvisata nel censimento puntuale dei contenitori dismessi ai fini dell’ottimizzazione dell’offerta. Ulteriori, significativi orientamenti per la gestione delle aree produttive, scaturiscono dagli strumenti di pianificazione strategica di cui si sono dotate Perugia e Foligno; in entrambi i casi, il tema delle aree produttive è entrato a pieno titolo negli indirizzi programmatici di queste città, che fondano la propria idea di sviluppo su una governance condivisa dalle rispettive comunità. Nel Piano Strategico “Perugia – Europa 2003-2013”, la linea strategica “Potenziare imprenditorialità, innovazione e internazionalizzazione” è rivolta ad un aumento della competitività delle imprese e dell’attrattività del territorio. L’approccio strategico è riconducibile alla volontà di creare sinergie fra ambiti diversi: politiche economiche, urbanistiche, trasportistiche, culturali, mentre nell’ambito dell’Obiettivo 2.2 “Accrescere la capacità competitiva e l’innovazione” le politiche più propriamente economiche sono orientate a individuare interventi finalizzati allo sviluppo di funzioni in relazione alla presenza universitaria, nonché la qualificazione delle aree industriali (Azione 2.2.4). Un intervento in quest’ultima direzione e’ stato, ad esempio, effettuato con la costituzione del Consorzio S. Andrea delle Fratte, con il quale il comune di Perugia ha agevolato la costituzione di un soggetto partecipato dagli imprenditori e successivamente finanziato delle specifiche azioni di riqualificazione dell’area di S. Andrea delle Fratte sulla base delle indicazioni degli imprenditori e di un apposito studio. Per quanto attiene agli aspetti gestionali delle aree produttive, e del sistema produttivo locale in genere, Foligno ha impostato una specifica programmazione nell’ambito del Piano Strategico della città e del suo territorio, denominato “Foligno città delle opportunità: 2008-2015”. Il Piano, siglato il 4 luglio 2008, contiene una linea strategica mirata a “Potenziare l’imprenditorialità, le opportunità di lavoro e l’integrazione territoriale”, articolata in una serie di obiettivi, tra cui si evidenziano: l’Obiettivo 2.1 “Sviluppare il potenziale produttivo”, l’Obiettivo 2.2 “Favorire l’integrazione territoriale e l’internazionalizzazione delle imprese” e l’Obiettivo 2.5 “Promuovere i servizi alle imprese e la semplificazione amministrativa”. Dal quadro programmatico delineato dal Piano Strategico di Foligno emergono interessanti elementi di governance che sottolineano il ruolo dell’Ente pubblico nelle politiche e nelle decisioni orientate all’integrazione dei sistemi delle relazioni territoriali e allo sviluppo economico del territorio nei settori produttivi dell’industria, della nuova agricoltura, dei servizi, del commercio e del turismo.

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L’obiettivo 2.1 “Sviluppare il potenziale produttivo” contiene un progetto-bandiera100 che tende a favorire la trasferibilità nel contesto locale delle migliori pratiche ed esperienze competitive di altri sistemi produttivi e le azioni tese a garantire la disponibilità di nuove aree per gli insediamenti produttivi, ipotizzando anche un assetto intercomunale (area industriale di San Giacomo di Spoleto), sviluppando altresì integrazioni con le aree produttive della Valle Umbra da Bastia fino a Spoleto, aumentando la dotazione di servizi per lo sviluppo delle stesse. L'obiettivo, inoltre, prevede l'azione di riqualificazione delle aree e dei siti industriali dismessi o sottoutilizzati per insediamenti produttivi presso La Paciana con il potenziamento delle aree B.I.C. Umbria, Sant Eraclio, Ponte Nuovo, San Giovanni Profiamma, Moano, il recupero dei siti industriali dismessi o sottoutilizzati per finalità produttive come l'ex fornace Briziarelli e l'area Leader, prevista dal “progetto quadrilatero”, a ridosso dell’aeroporto con la localizzazione di insediamenti produttivi del comparto aeronautico o di servizi per la logistica. In merito al potenziamento dell’integrazione territoriale e dell’internazionalizzazione delle imprese, oggetto dell’Obiettivo 2.2 del Piano Strategico, emerge il proposito dell’Amministrazione Comunale di portare nuovo vigore ai patti territoriali esistenti o avviati nell’area e di definire dei nuovi partenariati, anche interregionali, al fine di riprendere percorsi di aggregazione territoriale, integrazione dei sistemi produttivi e dei servizi, massimizzando la visibilità del tessuto produttivo e dei prodotti dell’area. In tale direzione si collocano la messa a sistema ed il potenziamento delle relazioni interregionali sull’asse Tirreno-Adriatico con il collegamento e l’integrazione dei due porti di Ancona e di Civitavecchia (progetto Quadrilatero), considerati presupposto essenziale per lo sviluppo di attività di scambio e di cooperazione con i paesi della penisola balcanica. Il contributo degli attori territoriali I risultati delle interviste effettuate ai rappresentanti dei principali attori territoriali consentono di ottenere una visione più ampia degli aspetti gestionali delle aree produttive, anche sulla base delle interessanti considerazioni emerse in merito ai temi della diffusione, della localizzazione e della qualità. I contributi apportati dalle associazioni di categoria, infatti, hanno preso in considerazione l’argomento nel suo complesso, sottolineando l’importanza di elementi complementari a quelli evidenziati dagli enti locali. In merito alla diffusione e alla localizzazione delle aree, la maggior parte delle associazioni vede in questo fattore un elemento di debolezza, affermando che gli assetti configurati non rispondono alle attuali esigenze delle imprese, con varie

100 Per la loro valenza simbolica, nonché per la loro portata economica, territoriale e culturale, i progetti-bandiera sviluppano più direttamente la visione indicata e quindi trainano il Piano nel suo complesso, recando benefici significativi per l’intera area e per un arco temporale considerevole.

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motivazioni. Sotto il profilo localizzativo, da CNA Umbria viene sottolineata l’assenza di un’efficace programmazione unitaria e condivisa, a fronte di una forte spinta delle amministrazioni locali a mantenere le imprese nei rispettivi territori, per motivi prevalentemente connessi all’occupazione; ciò ha determinato un’eccessiva frammentazione delle aree, che peraltro non sono oggetto di regolare manutenzione. L’inadeguatezza dei fattori localizzativi è rimarcata anche da Sviluppumbria, che, nell’ambito della sua azione di marketing territoriale, sottolinea come spesso accada che il matching domanda - offerta di insediamenti produttivi si scontri con situazioni territoriali connotate da una scarsa dotazione infrastrutturale delle aree, solo parzialmente compensata dai risultati della Misura 1.1 del Docup 2000-2006. Da Confapi Umbria viene segnalata l’ampiezza dei margini di miglioramento dei fattori localizzativi, sia in termini di politiche che di interventi, nonché la generalizzata saturazione delle aree produttive, a fronte dei flussi costanti alimentati dalle domande di insediamento. Sia Confindustria Perugia che CNA si sono soffermate sulla problematica dei costi delle aree, con particolare riferimento a quelle oggetto di trattativa privata, che hanno ormai raggiunto valori tali da scoraggiare l’insediamento di nuove attività. Tale fattore, secondo Confindustria, deve essere attentamente considerato nella valutazione dell’offerta delle aree, che se riferita al solo parametro delle superfici disponibili appare limitata, ma che può essere considerata addirittura sovrabbondante all’esame dei costi di insediamento. Confartigianato riconosce invece nella diffusione delle aree un punto di forza, evidenziando come elementi di debolezza la mancanza di adeguate linee di comunicazione con le altre regioni e la scarsa infrastrutturazione telematica. Sia Confartigianato che Confapi considerano, tra le minacce, gli impatti negativi sulla competitività delle imprese connessi agli assetti insediativi. La frammentazione viene considerata quale elemento di forte criticità sia in quanto impedisce economie di scala che possono giustificare la creazione di servizi comuni (Confindustria e Sviluppumbria), sia perché non consente il raggiungimento di un’adeguata massa critica e quindi non permette di ottimizzare la gestione e la riqualificazione delle aree (Confapi). Quali opportunità vengono invece segnalate, da Confapi, la possibilità di mettere a sistema le aree produttive di comuni limitrofi ed il consistente numero di siti dismessi da riqualificare, fattore, quest’ultimo, sottolineato da Sviluppumbria. Le associazioni si sono poi particolarmente soffermate sulle condizioni di criticità infrastrutturale e tecnologica in cui versano le aree produttive del territorio provinciale, in termini di viabilità esterna ed interna, segnaletica, reti tecnologiche e scarsità di servizi; tale elemento di debolezza viene particolarmente evidenziato da Confindustria. Da CNA è stata richiamata l’importanza della infrastrutturazione territoriale, peraltro oggetto di una specifica iniziativa messa in campo dalla Regione Umbria con la Misura 1.1 del Docup 2000-2006 e del marketing territoriale, anch’esso fortemente connesso alla domanda insediativa e oggetto della Misura 1.2 del Docup 2000-2006.

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Con riferimento ai casi di studio (Perugia, Foligno, Città di Castello), Confindustria ha rimarcato la necessità di un deciso incremento della dotazione infrastrutturale delle aree e dell’aumento del loro livello qualitativo, evitando di ripetere errori commessi nell’organizzazione funzionale di un tessuto che presenta tuttora forti criticità. Per quanto concerne il processo gestionale delle aree produttive, le associazioni di categoria prendono atto della gestione diretta delle aree stesse da parte dei Comuni, del tutto prevalente su esperienze consortili circoscritte, a volte limitate a finalità ben precise come il Consorzio di imprese creato per la realizzazione di opere infrastrutturali nell’agglomerato di S. Andrea delle Fratte. CNA, in proposito, sottolinea come anche nelle migliori situazioni i tempi di programmazione e realizzazione degli interventi necessari siano eccessivi rispetto alle dinamiche economiche e alle esigenze delle imprese; tale punto di debolezza è pienamente condiviso da Confapi, che peraltro considera tra le minacce l’eccessiva farraginosità delle procedure burocratiche. Sviluppumbria individua inoltre come minaccia l’export localizzativo delle imprese. Una migliore integrazione fra programmi comunitari, nazionali e regionali da un lato, e programmi locali dall’altro, viene auspicata da Confapi per incrementare l’efficienza strutturale e le convenienze localizzative delle aree produttive; a tal fine, l’associazione indica l’opportunità di una programmazione di interventi su scala intercomunale, risultando concorde con Confartigianato nel prendere atto che la gestione consortile inizia a mostrare positivi segnali di efficienza. La creazione di consorzi viene considerata un’opportunità anche da Confindustria, ma a condizione che tali soggetti siano finalizzati al raggiungimento di obiettivi specifici, configurandosi come consorzi di scopo e non come strutture rivolte ad una gestione “integrale” dei processi. In merito agli aspetti qualitativi delle aree produttive, i più consistenti punti di debolezza si concentrano, sia per Sviluppumbria che per Confindustria, Confapi e CNA, nelle inadeguate condizioni delle infrastrutture e delle reti tecnologiche. CNA sottolinea peraltro che sarebbe stata più opportuna la scelta di realizzare un numero più limitato di aree produttive “di qualità” (per le quali sarebbero state comunque impiegate minori risorse di quelle complessivamente utilizzate), che avrebbero consentito l’insediamento di nuclei significativi di imprese in un habitat più consono al miglioramento della competitività. La rifunzionalizzazione dei siti dismessi rappresenta un’opportunità sia per Sviluppumbria che per Confapi, che sottolinea, in proposito, anche la promozione di progetti eco-compatibili, unitamente alle opportunità rappresentate dalla realizzazione delle piattaforme logistiche nei comuni di Foligno e Città di Csatello, la cui importanza viene confermata da Confindustria. L’incremento dei livelli qualitativi nelle aree libere è considerato un punto di forza da Sviluppumbria, che al contempo evidenzia gli apprezzabili risultati ottenuti nell’ambito della Misura 1.1 del Docup Ob. 2 (2000-2006), in merito alla riqualificazione delle aree produttive. La concertazione tra istituzioni e associazioni risulta in ogni caso, secondo

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Confapi, molto attiva; tale fattore è considerato, dall’associazione, un punto di forza, tra i quali Confartigianato inserisce lo sviluppo di sistemi comuni di recupero energetico, nonché la costituzione di consorzi. L’esperienza dei Consorzi nella provincia di Perugia Seppure meno consolidate di quelle presenti nel Ternano, non mancano sperimentazioni o comunque previsioni programmatiche che riflettono l’esigenza di nuovi modelli gestionali in grado di gestire situazioni complesse, a volte riferite a contesti territoriali sovracomunali. Oltre al Consorzio TNS, di cui si dà più approfondita illustrazione nel paragrafo relativo all’ambito provinciale di Terni e che interessa il Perugino limitatamente a Spoleto, emergono esperienze di gestione innovativa anche nell’ambito della provincia di Perugia, fra cui quelle relative all’istituzione dei Consorzi “Flaminia Vetus” e “Valnestore Sviluppo”. Costituito dai Comuni di Massa Martana, Giano dell’Umbria e da Sviluppumbria, il Consorzio “Flaminia Vetus” nasce per la la riqualificazione ed il riuso di un’area industriale dismessa un tempo sede di una fornace di laterizi, la ex Fornace Scarca, in frazione Villa S. Faustino (località Acqua Rossa) nel Comune di Massa Martana101. L’area occupa una posizione di particolare interesse strategico, in quanto decentrata rispetto al centro abitato di Massa Martana, ma ben collegata ad esso ed all’area industriale adiacente, anche alla luce del previsto potenziamento dell’esistente connessione viaria, nonché limitrofa alla S.G.C. E 45 (svincolo Massa Martana) ed alla Ferrovia Centrale Umbra (stazione Massa Martana Scalo). Il progetto prevede la riqualificazione ed il riuso di tale area mediante la realizzazione di un polo produttivo destinato a piccole e medie imprese a carattere industriale-artigianale. L’idea alla base dell’intervento progettato è quella di realizzare un insediamento produttivo con una struttura di tipo consorziale, caratterizzato da due edifici industriali che corrono parallelamente in posizione baricentrica rispetto all’area divisi trasversalmente al loro interno in varie unità produttive (max sei per ognuno dei due edifici); il bando prevede inoltre un numero variabile di unità produttive in funzione dei lotti acquistati dalle aziende. Sono attualmente in corso le opere di urbanizzazione dell’area, anche grazie al sostegno delle risorse relative alla Misura 1.1 del Docup Ob. 2 2000-2006. Le aziende assegnatarie sono risultate la Archimede Solar Energy102 ed il Consorzio AMU103, entrambi soggetti impegnati nei settori delle tecnologie innovative e delle energie rinnovabili.

101 Tratto dalla Relazione del Bando per l’assegnazione delle aree, pubblicata in Internet. 102 L’azienda produce, su licenza Enea, tubi ricevitori ad alta efficienza per centrali solari termodinamiche. Gli impianti solari termodinamici a sali fusi producono energia senza emissioni né inquinamento, non utilizzano materiali tossici o pericolosi; in particolare il fluido vettore è un comune fertilizzante già ampiamente utilizzato in agricoltura. La tecnologia del solare termodinamico ad alta temperatura è

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Il Consorzio “Valnestore Sviluppo” è stato invece creato dai Comuni di Panicale, Piegaro, dalla Comunità Montana Trasimeno - Medio Tevere e dalla Provincia di Perugia, per il riutilizzo dell’estesa area di Pietrafitta, nel territorio comunale di Tavernelle, sede dell’ex Centrale ENEL. Anche in questo caso sono state attivate le risorse della Misura 1.1 del Docup Ob. 2 2000-2006 finalizzate alla “rifunzionalizzazione” dei siti produttivi dismessi. Le problematiche che il Consorzio si trova ad affrontare sono tuttavia molteplici, sia per la vastità dell’area, sia per la caratterizzazione tecnico-funzionale dei fabbricati che vi insistono, contenenti macchine per la produzione dell’energia elettrica, e dunque difficilmente riconvertibili per altri usi. Il sito, inoltre, presenta una situazione logistica sfavorevole, in quanto non è agevolmente raggiungibile attraverso i collegamenti stradali tra il capoluogo regionale e Città della Pieve; sotto questo profilo, l’area sembra essere rivolta all’esterno dell’Umbria, risultando più direttamente aggredibile dall’A1 (svincolo di Chiusi). Ringraziamenti: per Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale, Regione Umbria Arch. Ambra Ciarapica; Dott. Paolo Tamagnini; Dott.ssa Orietta Niciarelli; Sandra Togni per il Comune di Terni: Arch. Aldo Tarquini per il Comune di Orvieto: Arch. Rocco Olivadese per il Comune di Narni: Arch. Antonio Zitti per il Consorzio TNS: Dott. Massimo Tondi; Ing. Paolo Gentili per Sviluppumbria (sede di Terni) e Consorzio “Crescendo”: Dott. Luca Scorsolini per CNA Umbria (sede di Terni): Dott. Mauro Concezzi, Dott. Giulio Cesare Proietti per Confindustria Terni: Dott. Maurizio Cenci per il Comune di Perugia: Ing. Enrico Antinoro; Arch. Franco Marini; Arch. Domenico Mariani; Geom. Stefano Borghi; Geom. Siro Cecconi, Dott.ssa Pina Secci, Dott.ssa Maria Arras per il Comune di Foligno: Arch. Alfiero Moretti; Arch. Ivo Canfarini; Geom. Luca Piersanti; P.I. Pier Giorgio Metelli per il Comune di Città di Castello: Ing. Federico Calderini; Arch. Lucia Bonucci; Geom. Giovanni Pauselli per Sviluppumbria: Dott. Simone Peruzzi per Confindustria Perugia: Dott. Alessandro Castagnino per Confapi Perugia: Dott. Guido Perosino; Dott.ssa Daniela De Paolis per CNA Umbria (sede di Perugia): Dott. Paolo Arcelli; Dott. Alberto Cerquaglia per Confartigianato Perugia: Dott. Stelvio Gauzzi; Geom. Giuseppe Mariucci

modulare e può soddisfare esigenze di realizzazione di grandi centrali solari autonome (nell'ordine del Gigawatt), di integrazione con le centrali termoelettriche attualmente in esercizio. 103 Il Consorzio Produttori Acque Minerali Umbre (AMU) è il frutto di sinergie derivante dall'integrazione del settore primario, aziende agricole ed Enti Pubblici. Gli imprenditori agricoli consorziati, insieme ai Comuni di Acquasparta, Amelia, Avigliano Umbro, Massa Martana e San Gemini, intendono così dare seguito, arricchendola, alla secolare tradizione agricola che caratterizza la loro storia.

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DENTRO L’UMBRIA due580

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AURAPPORTI: RES 2008-09 581

11 Seminario IAED International Association for Enviromental Design, Edizioni Papageno, Palermo.

2004 “Ecologia del paesaggio” in Terni, il nuovo PRG- Atti del Convegno di presentazione, Assessorato all’urbanistica del Comune di Terni, Maggio.

2007 D.“Aree dismesse e territorio” in AUR&S anno 4, n.8/2007, Agenzia Umbria Ricerche

2008 “Una concreata applicazione dell’ecologia del paesaggio all’ambito fluviale del Nera: il progetto Parco dei Laghi” in Il sistema del verde- Atti del Convegno Genova novembre 2006, Regione Liguria.

2008 Venti D. “Paesaggi raccontati e partecipati: l’esperienza della Provincia di Terni” in Riconquistare il Paesaggio. La Convenzione Europea del Paesaggio e Conservazione della biodiversità in Italia, (a cura di C.Teofoli, R.Clarino), Giugno, MIUR WWF, Roma.

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