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Le “lettere” del N.T. L’AT contiene qualche lettera (Ger 29,1-29; Baruc 6; 2Mac 1,1-9; 1,10-2,18 ecc.) ma nessun libro dell’AT ha forma di lettera. Nel NT le lettere sono invece 21 su 27 documenti: la forma epistolare è dunque il genere dominante nel NT, tanto più che 2 lettere si trovano in Atti (15,23-29 e 23,26-30) e 7 in Apoc (2-3). Paolo “principali” Romani 1 e 2 Corinzi Galati 1 Tessalonicesi “della prigionia” Efesini Filippesi Colossesi Filemone 2 Tessalonicesi “pastorali” 1 e 2 Timoteo Tito Lettere “Cattoliche” Ebrei Giacomo 1 e 2 Pietro 1, 2 e 3 Giovanni Giuda

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Le “lettere” del N.T.L’AT contiene qualche lettera (Ger 29,1-29; Baruc 6; 2Mac 1,1-9; 1,10-2,18 ecc.) ma nessun libro dell’AT ha forma di lettera. Nel NT le lettere sono invece 21 su 27 documenti: la forma epistolare è dunque il genere dominante nel NT, tanto più che 2 lettere si trovano in Atti (15,23-29 e 23,26-30) e 7 in Apoc (2-3).

Paolo“principali”

Romani 1 e 2 Corinzi

Galati 1 Tessalonicesi

“della prigionia” Efesini

Filippesi Colossesi Filemone

2 Tessalonicesi“pastorali” 1 e 2 Timoteo

Tito

Lettere “Cattoliche”

Ebrei

Giacomo 1 e 2 Pietro

1, 2 e 3 Giovanni Giuda

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La lettera come strumento di comunicazione è antica forse quanto la scrittura, ma si rese particolarmente utile e necessaria nell’epoca ellenistica: l’ampiezza dell’impero di Alessandro Magno aveva infatti creato la necessità di superare grandi distanze nell’esercizio del commercio, della guerra, della cultura, della propaganda. Di qui un grande sviluppo del genere epistolare, che fu messo al servizio anche della letteratura e della filosofia. Dall’antichità sono pervenute a noi circa 15.000 lettere.

Struttura della lettera antica e formulario - L’indirizzo esterno. Sull’esterno del papiro o della pergamena, arrotolati e sigillati, si

scriveva l’indirizzo con nome e luogo del destinatario.

La formulazione-standard della lettera scritta all’interno prevedeva: - L’intestazione (= praescriptum) con:

- nome del mittente (superscriptio), - nome del destinatario (adscriptio) - e il saluto (salutatio). In greco la salutatio era χαιρειν.

- Ringraziamento o benedizione iniziale: dopo l’augurio di buona salute lo scrivente ringraziava o benediceva gli dèi perché avevano protetto lui stesso o il destinatario. - Nel corpo della lettera i diversi sentimenti o messaggi erano introdotti con formule più o meno convenzionali: «Mi meraviglio che…, Vi dichiaro dunque che…, Certamente voi avete sentito parlare di…». - Il saluto finale (ασπασµος, subscriptio) poteva essere anche di una sola parola (ερρωσο - vale!].

La lettera ellenistica

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Le lettere di Paolo- Amplificazione del prescritto Il titolo di “apostolo”: Paolo rivendica il suo diritto evangelico a intervenire nella vita della comunità come plenipotenziario di Cristo. Spesso aggiunge il nome di co-mittenti (Timoteo in 2Cor, Fil, Flm; Silvano e Timoteo in 1Tess; Sostene in 1Cor). Spesso amplifica anche la designazione dei destinatari: cf. per esempio Fil 1,1: «A tutti i santi (αγιοις) in Cristo Gesù che sono a Filippi». Il saluto. Χαιρειν (= sta bene) diventa χαρις (= grazia; non più qualcosa che riguarda la salute, ma il dono gratuito e benigno di Dio in Cristo), e inoltre viene aggiunto l’augurio della ειρηνη. Il saluto ellenistico diventa augurio cristiano con l’arricchimento della pace biblica.

- Modificazione del ringraziamento Il suo è un ringraziamento a Dio per i frutti che il Vangelo ha portato in chi riceverà la lettera. Poi diventa preghiera (colorazione liturgica) perché gli interlocutori di Paolo siano fedeli (risvolto parenetico) fino al giorno del Signore (riferimento escatologico).

- Formule nel corpo della lettera Nel corpo della lettera Paolo si introduce nei diversi temi con formule di richiesta (vi scongiuro di…), di informazione (vi rendo noto che…), di gioia (ho provato una grande gioia…), di sorpresa (mi meraviglio che…) ecc. I temi trattati nel corpo della lettera sono spesso già annunciati nella amplificazione del nome del mittente, o dell’augurio di grazia e pace, o nella benedizione /ringraziamento.

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- Modifiche alla conclusione della lettera Nella parte conclusiva, oltre al saluto (a volte per una lunga lista di persone, cf. Rm 16,3-21) e al bacio santo (Salutatevi a vicenda con il bacio santo, 1Tess 5,26; 1Cor 16,20), secondo l’uso ellenistico Paolo mette qualche riga autografa (Gal 6,11: «Vedete con che grossi caratteri vi scrivo, ora, di mia mano») per garantire l’autenticità di quella lettera, e per smascherare false lettere (2Tess 3,17: «Questo saluto è di mia mano, di Paolo; ciò serve come segno di autenticazione per ogni lettera; io scrivo così»). Infine, invece dell’augurio di buona salute, Paolo mette spesso una dossologia (Fil 4,20: «Il Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli, Amen»; «La grazia del Signore Gesù sia con voi. Il mio amore con tutti voi in Cristo Gesù», 1Cor 16,23; «La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi», 2Cor 13,13, ecc.).

Le lettere di Paolo

«[Paolo] appartiene a tre mondi e a tre culture: ebraica, greca e romana, e tuttavia emerge da ciascuna di esse con il vigore della sua individualità, e trova un punto di riferimento soltanto nella persona di Cristo. … Questa comunicazione viva e personale con Cristo gli ha dato la possibilità di uscire dalle culture alle quali apparteneva senza rinnegarle»

(P. ROSSANO, Le Lettere di S. Paolo)

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Ipotesi cronologica tradizionale • 32/35 evento sulla via di Damasco ◦ Primo viaggio missionario

49 Assemblea Apostolica Secondo viaggio missionario

▪ 51-52 Lett. 1Tess, 2Tess (da Corinto) ▪ 53-57 Terzo viaggio missionario ▪ Lett. 1Cor (da Efeso), 2Cor (dalla Macedonia) ▪ Lett. Gal, Fil? Col? Flm? (da Efeso) ▪ Lett. Rom (da Corinto) ▪ Arresto a Gerusalemme ▪ 58-60 In carcere a Cesarea ▪ 61-63 Trasferimento e carcere a Roma ▪ Lett. Fil? Col? Ef? Flm? (da Roma?) ▪ † 64 d.C.? ▪ Viaggio in Spagna? In Oriente? Lett. Pastorali? ▪ † 67 d.C.?

Le lettere di PaoloL’evento di Damasco

Siamo informati su quello che accadde a Damasco: (a) da brevissimi accenni dello stesso Paolo nelle sue lettere (1Cor 9,1ss; 15,8ss; 2Cor 4,6; Gal 1,15-16; Fil 3,12ss); (b) da testi che si trovano in lettere considerate di solito deutero-poaoline (Ef 3,1-12; 1Tm 1,12-16); (c) dai tre racconti lucani in At 9,1-22 (narrazione dello scrittore), At 22,6-11 (autodifesa di Paolo nell’episodio dell’arresto a Gerusalemme), At 26,12-18 (autodifesa di Paolo davanti al re Agrippa).

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Le lettere di Paolo1. Il “progetto” di Dio

Il primo grande tema biblico della teologia paolina è il “progetto di Dio”. 1. L’autore del “progetto” è Dio stesso. 2. Il “progetto” di Dio, che nasce dalla trascendenza di Dio, coinvolge l’uomo, anzi tutti gli uomini

e tutto il cosmo. In Ef 1,3-14 si afferma chiaramente che questo disegno è un progetto scaturito all’interno di Dio stesso ma che riguarda tutti: “Dio ci ha pre-destinati”, ci ha pro-gettati.

3. il “progetto” di Dio, viene chiamato “mysterion”, “mistero”. Questo ulteriore termine non vuole indicare il “segreto”, ma ancora una volta il “progetto” di Dio che, nella pienezza dei tempi, è stato realizzato e fatto conoscere agli uomini.

Il “progetto” è: “fare di Cristo il cuore del mondo” e “fare della Chiesa il Corpo di Cristo”

2. Il vangelo Il termine utilizzato da Paolo è euanghelion, che compare 60 volte su un totale di 76 nel Nuovo Testamento. Il verbo euanghelizomai e euanghelizo compare 21 volte su 58. Alcuni hanno addirittura ipotizzato che Paolo abbia coniato il termine, in senso specificamente cristiano. 1. annuncio di Cristo morto e risorto "per". 2. l'annuncio interpella l'uomo 3. di fronte all'annuncio l'uomo è chiamato a decidere per il “si” o per il “no”. 4. da questa accettazione dipende la situazione escatologica dell’uomo, la sua salvezza o la sua

perdizione. Così la morte e la resurrezione di Cristo sono dei fatti, ma che dimostrano una spinta transitiva in colui che ascolta. Non provocano tanto una compassione, quanto una “giustificazione”.

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Le lettere di Paolo3. La fede

La fede è, in Paolo, apertura totale al contenuto del Vangelo, al “progetto” di Dio.

1. adesione iniziale 2. assimilazione progressiva in tutta la vita 3. espressione comunitaria della fede. 4. la spinta missionaria.

4. La giustificazioneIl termine ha origini veterotestamentarie. Troviamo nell’AT 157 volte il termine "tsedaqah", “giustezza”, che è un concetto relazionale. Esso indica il pareggio fra una misura ed una realtà misurata, una realtà che deve corrispondere alla misura. In Paolo possiamo partire da Rom 3,26. La lettera ci presenta Dio “giusto” perché “giustificante”: Dio è fedele alle promesse perché rende l’uomo capace di fare pareggio. E’ Dio, ovviamente, che può fare questo pareggio. Infatti Dio si presenta come “giusto”, ma non nel senso di esigere qualche cosa. Dio è in pareggio quando il suo disegno - proprio perché è un Dio che promette, che prende impegni - si manifesta concretamente, ossia si realizza nel tempo e nello spazio. Dio è giusto perché è fedele alle sue promesse. Per questo Rom 3,26 afferma che "Dio è giusto e giustificante" (dikaion kai dikaiounta), “giustificante” nel senso di rendere giusto.

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Le lettere di Paolo5. La “chiesa”

La Chiesa è l’insieme dei “giustificati”, di coloro che sono in divenire nel processo di giustificazione, che si stanno giustificando. L’insieme dei giustificati è partecipe della vitalità di Cristo morto e risorto (Kurios, “Signore”, colui che sta comunicando la sua vitalità di risorto). La Chiesa tende ad irradiare sugli altri uomini e sul cosmo questa vitalità di Cristo: missione. 1. La Chiesa è il corpo ecclesiale intorno al corpo eucaristico. 2. Nella Chiesa c’è un rapporto fra la molteplicità dei carismi e l’unità risultante, “come in un

corpo” (1Cor 12-14). 3. La Chiesa “è” il corpo di Cristo.

6. La dimensione escatologica1. il futuro individuale subito dopo la morte è visto come uno “stadio intermedio” tra la situazione attuale e la resurrezione dei morti 2. il futuro collettivo, universale, è espresso particolarmente in 1Cor 15,20-28 dove Paolo parla di “telos”, “il fine”, di conclusione come fine di perfezione, quando “Dio sarà tutto in tutti”. 3. Il tema della "parusia" è importantissimo. Il termine indica sia la “presenza”, sia la “venuta” di Cristo: potremmo dire “la venuta come manifestazione di una presenza”. La parusia non è così la venuta di un estraneo, di “qualcuno che arriva”, ma di qualcuno che, presente, si manifesta; è il passaggio dall’implicito all’esplicito, al manifestato, al conosciuto: è la visibilità di Cristo che si imporrà anche a chi non la vuole vedere. Paolo usa per esprimere questo concetto anche il vocabolo, “apocalissi”, “svelamento”.

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Le lettere “cattoliche”

Le lettere di Giacomo, Giuda e Pietro, insieme alle tre lettere di Giovanni, sono dette tradizionalmente "lettere cattoliche", cioè dirette non ad una singola comunità, ma a tutti i cristiani.

La lettera agli Ebrei è una predica dotta, messa per iscritto e inviata a cristiani di origine ebraica, che si lasciavano prendere dalla nostalgia per il culto fastoso del tempio di Gerusalemme ed erano tentati di disertare le assemblee cristiane per ritornare all'ebraismo. Ad essi l'autore dello scritto, un letterato colto d'Alessandria e buon conoscitore della Bibbia greca, rivolge un caldo invito alla perseveranza nella fede e nella vita cristiana.

La lettera di Giacomo, "fratello di Gesù", cioè suo parente stretto, capo della comunità di Gerusalemme fino al 62 d.C., anno della sua morte, è una sintesi dei suoi discorsi su diversi aspetti della vita cristiana, specie di comportamento: ascolto e attuazione della Parola (cf. Gc 1,16-26), attenzione fattiva ai poveri (cf. Gc 2,1-13), fede attuata dalle opere (cf. Gc 2,14-26), attenzione ai peccati di lingua (cf. Gc 3,1-12) e alle discordie interne (cf. Gc 4,1-12), avvertimenti ai ricchi (cf. Gc 4,13-5,6), attesa della venuta del Signore (cf. Gc 5,7-11), esortazioni finali (cf. Gc 5,12-20).

La lettera di Giuda, fratello di Giacomo, può non essere dell'apostolo. Affronta infatti una situazione posteriore all'epoca apostolica, tipica degli anni intorno all'80 d. C. Lo scritto mette in guardia da predicatori ambulanti, che si introducono nelle Chiese per corrompervi la fede e i costumi.

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Le lettere “cattoliche”Le due lettere di Pietro: si discute se la prima sia dell'apostolo; l'altra certamente non lo è - se non altro perché il cap. 2 è una rielaborazione della lettera di Giuda - ed è da ritenersi invece l'ultimo scritto neotestamentario (tra il 100 e il 125 d.C.). Ambedue le lettere hanno di mira sia fatti esterni alla comunità, cioè la persecuzione che colpisce i cristiani, sia fatti interni, come il turbamento portato dai soliti predicatori itineranti.

Le tre lettere di Giovanni sono la traduzione della fede in Cristo nella vita della comunità.

1 Giovanni è un discorso scritto, una fervida esortazione alla vita cristiana: camminare nella luce attraverso la rottura con il peccato, la pratica dell'amore cristiano e la rottura con il mondo e gli anticristi (cf. 1 Gv 1,5-2,29); vivere da figli di Dio attraverso le stesse condizioni (cf. 1 Gv 3,1-4,6); lasciarsi inondare dall'amore di Dio e vivere nella sua fede (cf. 1 Gv 4,7-5,13).

2 e 3 Giovanni sono brevi biglietti, indirizzati il primo a una Chiesa locale e il secondo a un responsabile di un'altra comunità, per metterli in guardia contro l'insorgere di eresie e il separatismo di alcuni responsabili locali.