L’avvio del procedimento disciplinare relativo ai ... · 6 ·per altri aspetti (ulteriore...

26
1 Consiglio di Presidenza Corso di formazione 22 settembre 2010 Deontologia e responsabilità disciplinare dei magistrati della Corte dei conti Sergio Auriemma L’avvio del procedimento disciplinare relativo ai magistrati della Corte dei conti SOMMARIO: 1. Generalità - 2. Fasi procedimentali e Soggetti istituzionali - 3. I termini - 4. La notizia di fatti disciplinarmente rilevanti - 5. Gli accertamenti preliminari del Procuratore generale - 6. Garanzie e prassi nella fase preliminare - 7. Ridefinizione della disciplina regolamentare ? 1. - Generalità. L’avvio di un procedimento disciplinare - quale che sia l’ambito soggettivo assunto in esame (appartenenti alle magistrature, dipendenti pubblici o privati, soggetti che esercitano professioni intellettuali “protette”) - è segmento che si pone come punto di raccordo tra distinte fasi procedurali, reca impresse talune connotazioni essenziali riferibili all’esercizio della speciale potestà punitiva e, per l’insieme di tali ragioni, inevitabilmente risente di moltissime tra le problematiche interpretative cui è esposta l’intera regolazione normativa del singolo procedimento. Questa poliedricità posizionale spiega il motivo per cui la presente illustrazione avrà necessità di lambire alcuni profili affrontati anche da altri relatori, così causando, al di là delle intenzioni del redattore, probabili sovrapposizioni argomentative. Un primissimo approccio di analisi suggerisce l’individuazione di alcuni tratti paradigmatici, a generale valenza. Se ci si astrae, per un istante, dalle specificità imposte dai singoli ambiti soggettivi (i destinatari delle contestazioni di addebito) che delimitano la materia, si può osservare che l’esistenza di un potere disciplinare ed il suo esercizio secondo regole e procedure prefissate sono sempre riconducibili ad un Soggetto, latamente identificabile negli organi di “vertice” o nel

Transcript of L’avvio del procedimento disciplinare relativo ai ... · 6 ·per altri aspetti (ulteriore...

1

Consiglio di PresidenzaCorso di formazione 22 settembre 2010

Deontologia e responsabilità disciplinare dei magistrati della Corte dei conti

Sergio Auriemma

L’avvio del procedimento disciplinarerelativo ai magistrati della Corte dei conti

SOMMARIO: 1. Generalità - 2. Fasi procedimentali e Soggettiistituzionali - 3. I termini - 4. La notizia di fatti disciplinarmenterilevanti - 5. Gli accertamenti preliminari del Procuratore generale -6. Garanzie e prassi nella fase preliminare - 7. Ridefinizione delladisciplina regolamentare ?

1. - Generalità.

L’avvio di un procedimento disciplinare - quale che sia l’ambitosoggettivo assunto in esame (appartenenti alle magistrature, dipendentipubblici o privati, soggetti che esercitano professioni intellettuali “protette”)- è segmento che si pone come punto di raccordo tra distinte fasiprocedurali, reca impresse talune connotazioni essenziali riferibiliall’esercizio della speciale potestà punitiva e, per l’insieme di tali ragioni,inevitabilmente risente di moltissime tra le problematiche interpretative cui èesposta l’intera regolazione normativa del singolo procedimento.

Questa poliedricità posizionale spiega il motivo per cui la presenteillustrazione avrà necessità di lambire alcuni profili affrontati anche da altrirelatori, così causando, al di là delle intenzioni del redattore, probabilisovrapposizioni argomentative.

Un primissimo approccio di analisi suggerisce l’individuazione di alcunitratti paradigmatici, a generale valenza.

Se ci si astrae, per un istante, dalle specificità imposte dai singoliambiti soggettivi (i destinatari delle contestazioni di addebito) che delimitanola materia, si può osservare che l’esistenza di un potere disciplinare ed ilsuo esercizio secondo regole e procedure prefissate sono sempre riconducibiliad un Soggetto, latamente identificabile negli organi di “vertice” o nel

2

“datore di lavoro”, per i casi di trasgressione di obblighi di comportamentoimposti all’interno di un determinato Apparato organizzativo.

La ratio comune, dunque, risiede in esigenze di protezione e di tutela,che l’ordinamento giuridico avverte ed appronta in favore di unaOrganizzazione vista nel suo complesso.

Per i dipendenti privati, gli articoli da 2104 a 2016 del codice civilestabiliscono che il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dallanatura della prestazione dovuta, dall'interesse dell'impresa e da quellosuperiore della produzione nazionale.

Il lavoratore deve osservare le disposizioni per l'esecuzione e per ladisciplina del lavoro impartite dall'imprenditore e dai collaboratori di questodai quali gerarchicamente dipende ed ha un particolare obbligo di “fedeltà”,consistente nel non trattare affari, per conto proprio o di terzi, inconcorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinentiall'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso inmodo da poter recare ad essa pregiudizio.

Quando non osservi gli obblighi, il lavoratore può andare incontro,previa contestazione dei fatti, all’applicazione nei suoi confronti di sanzionidisciplinari, di intensità diversificata secondo la gravità dell'infrazionecommessa.

Il potere di infliggere le sanzioni e di proporzionare la gravità dell'illecitoaccertato rientra, in questo caso, nel potere di organizzazione dell'impresa, asua volta espressione di esercizio della libertà di iniziativa economicatutelata dall'art. 41 della Costituzione.

Il potere, quindi, è riservato al titolare della potestà organizzativadell’impresa, tanto da non poter essere esercitato dal giudice in conseguenzadell'opposizione del lavoratore, neppure con riferimento alla riduzione dellagravità della sanzione ricevuta inflitta, salvo il solo caso in cui l'imprenditoreabbia superato il massimo edittale previsto dai contratti collettivi e lariduzione consista nella riconduzione a tale limite.

Lo stesso datore di lavoro, convenuto in giudizio per l'annullamento diuna sanzione, può chiedere la riduzione della sanzione medesima. Il giudice,in accoglimento della domanda del lavoratore, se ritiene eccessiva lasanzione già inflitta, può comminare una sanzione minore. Ciò non comportauna sostituzione nell’esercizio del potere disciplinare, che resta intestatoesclusivamente e in via autonoma al datore di lavoro, ma scaturisce da undiverso giudizio valutativo svolto dal giudice, avente ad oggetto la sanzionemedesima.

Anche il datore di lavoro “pubblico” è titolare di un potere disciplinare,da esercitarsi all’interno dell’Organizzazione (ciascuna Amministrazione), ad

3

iniziativa di soggetti titolari della corrispondente potestà organizzativa e percomportamenti individuali astrattamente idonei ad incidere lesivamente sudetta organizzazione.

Serve aggiungere che il dovere di fedeltà, in questa seconda ipotesi,assume pregnanti connotazioni, in virtù delle previsioni congiunte di cui agliarticoli 97 e 54 della Costituzione. 1

Quanto ai magistrati, occorre tener presente che se è vero che ilfondamento del potere disciplinare non può ricercarsi, come per gli impiegatipubblici, nel rapporto di supremazia speciale dell’amministrazione verso ipropri dipendenti, dovendo escludersi un rapporto del genere nei riguardi deimagistrati stessi, "sottoposti soltanto alla legge" ex art. 101 Cost.,altrettanto vero è che “il potere disciplinare nei loro confronti è volto agarantire - ed è rimedio insostituibile - il rispetto dell'esigenza di assicurare ilregolare svolgimento della funzione giudiziaria, che è uno degli aspettifondamentali della vita dello Stato di diritto. Onde ben può configurarsi, sutale base, indipendentemente dal detto rapporto di supremazia, un poteredisciplinare fondato direttamente sulla legge e tendente alla tutela dei valoridell'ordinamento dello Stato eventualmente lesi dal comportamento delmagistrato”. 2

In sostanza, per il magistrato, il “valore organizzativo” tutelato va benal di là dell’apparato in cui egli opera, perché attiene alla funzione giudiziariasvolta e, quindi, investe un aspetto fondamentale dello Stato di diritto.

Il paradigma astratto sin qui modellato, sia pure descritto in manierasommaria, aiuta ad identificare gli elementi meritevoli di approfondimentoquando ci si addentri ad esaminare la fase di avvio del procedimentodisciplinare nei confronti dei magistrati contabili.

Sullo sfondo dell’analisi si stagliano:· la regolazione normativa predeterminata del procedimento (le fonti)· gli obblighi comportamentali posti a presidio e tutela dell’organizzazione(i tipi di illecito)· coloro che, nell’ambito della singola organizzazione, sono intestataridell’esercizio del potere disciplinare e della susseguente esplicazione dellapotestà punitiva (i soggetti)

A seguire, ma per questioni che più seccamente esulano dal tema qui intrattazione e vanno perciò omesse, incedono problematiche concernenti larelazione con altri procedimenti (es. con il processo penale), le sanzioni, leeventuali misure cautelari, le eventuali misure di revisione o di ripristino.

1 I parametri costituzionali in evidenza sono quelli desumibili dal precetto che esige “sianoassicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione” e dal precetto che impone“ I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina edonore”.2 Corte costituzionale, sentenza n. 181 dell’8 giugno 1981.

4

Non occorre indugiare sul reperimento delle fonti in vigore che, perquanto interessa, sono:· l’art. 10 della legge 13 aprile 1988, n. 117, che rinvia all’art. 32 dellalegge 27 aprile 1982, n. 186, a sua volta rinviante alle “norme previste per imagistrati ordinari in materia di sanzioni disciplinari e del relativoprocedimento”· il regolamento di disciplina approvato con la deliberazione del Consiglio diPresidenza 26 luglio 2000 n. 510/CP/2000, che d’ora in avanti, e percorrentezza espositiva, sarà indicato come “Regolamento”.

Val la pena ricordare, in una dimensione storica più estesa, che sonodefinitivamente cessate talune distinzioni, in origine esistenti, quanto allevarie categorie di magistrati contabili, secondo quanto previsto dagli articoli62 e ss. del rd. n. 1364/1933 (Commissione di disciplina).

Il quadro regolatore, nel corso degli anni, è stato inciso da altricomplessi normativi , che hanno determinato impatti di riflesso.

In primo luogo, l’assetto concernente i magistrati ordinari – che perlunghe stagioni è stato la piattaforma normativa di riferimento in virtù delrinvio esplicito di cui alla legge n. 186/1982 prima indicato – ha registratoun’integrale ridefinizione.

Se in epoca pre-repubblicana operava l’ordinamento giudiziario di cuir.d. n. 12 del 30 gennaio 1941, nel dopoguerra si era già assistito alleinnovazioni recate da r.d. lgs. n. 511 del 31 maggio 1946 (legge sulleguarentigie della magistratura), che lasciò immutato il profilo sostanziale(fonte di responsabilità: la violazione dei doveri e la compromissione delprestigio), ma mutò la regolazione del giudizio disciplinare (artt. 13-38),rimesso ad un tribunale disciplinare distrettuale in primo grado ed alla Cortedisciplinare in sede di impugnazione.

La Costituzione del 1948 e, in particolare, l’istituzione del Consigliosuperiore della magistratura vide poi assegnato al nuovo organo lacompetenza relativa ai provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati(art. 105) e concessa anche al Ministro della Giustizia la facoltà dipromuovere l’azione disciplinare (art. 107).

La legge di riforma dell’ordinamento giudiziario n. 150 del 25 luglio2005, tra altri interventi, ha delegato il Governo ad emanare una nuovadisciplina della responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari, sia inmateria di configurazione degli illeciti e loro tipizzazione, sia in materia diprocedimento.

La delega è stata esercitata tramite il decreto legislativo n. 109 del 23febbraio 2006, con successive modifiche recate dalle leggi 24 ottobre 2006,n. 269 e 30 luglio 2007, n. 111.

5

Il decreto legislativo 109/20O6 ha dettato la “disciplina degli illecitidisciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loroapplicabilità” altresì statuendo, con espressa disposizione (art. 30), che esso“non si applica ai magistrati amministrativi e contabili” .

Altre e più recenti sopravvenienze normative hanno, invece, investitodirettamente la Corte dei conti.

L’articolo 11, comma 8, della legge n. 15 del 4 marzo 2009 èintervenuto sulla composizione del Consiglio di Presidenza, siamodificandone la composizione (con riduzione numerica della componentetogata elettiva), sia con una disposizione che incide nello svolgimento delprocedimento disciplinare. 3

La lettura delle fonti che attualmente perimetrano il procedimentodisciplinare per la magistratura contabile, poiché disvela un’oggettivastringatezza delle norme primarie e più numerose specificazioni contenutein fonte di rango secondario (il citato Regolamento), spinge talvolta in sededottrinaria ad interrogarsi sulla riserva di legge enunciata dall’art. 108,comma 1, della Costituzione. 4

La problematica - avente spessore epistemologico che afferiscedirettamente al diritto costituzionale ed alla teoria generale delle fonti deldiritto (teoria che oggi, rispetto al passato, si è profondamente evoluta alcospetto di fenomeni quali la semplificazione, la delegificazione, laregolazione multilivello, ecc.) - risente delle numerose concezioni che siaddensano intorno all’istituto della “riserva di legge” ed alle sfaccettatureche esso assume nel nostro ordinamento (in primis: quella riguardante ladistinzione tra riserva “assoluta” e “relativa”).

Nel proporsi di non interferire con il compito assegnato alle altrerelazioni, si può osservare unicamente che :· la questione della “riserva” non rileva in ordine al potere di iniziativadisciplinare intestato al Procuratore generale della Corte dei conti, atteso chel’investitura proviene direttamente da norma di legge ordinaria (art. 10,comma 9, della legge 13 aprile 1988, n. 117cit. ); 5

· analogamente, non rileva la discussione intorno alla natura, fissa odinamica, del rinvio alle norme dettate per i magistrati ordinari, che nel2006 sono state consistentemente riscritte: il rinvio, in ogni caso, non operaquanto alla titolarità dell’azione disciplinare;

3 La nuova disposizione sancisce che (alle sedute del Consiglio in sede disciplinare nonpossono partecipare il segretario generale della Corte ed il magistrato addetto allapresidenza con funzioni di capo di gabinetto.4 La disposizione richiamata recita testualmente: “Le norme sull'ordinamento giudiziario esu ogni magistratura sono stabilite con legge”.5 La disposizione richiamata recita testualmente : “Il procedimento disciplinare è promossodal procuratore generale della Corte dei conti”.

6

· per altri aspetti (ulteriore regolamentazione del potere intestato al PG),non mancano tesi dottrinarie che riferiscono la riserva di legge di cui all’art.108 soprattutto, se non esclusivamente, al settore delle garanziecostituzionali, rimanendo di conseguenza, gli altri settori, legittimamenteaperti ad eventuali atti di normazione secondaria. In tal senso la riservadettata in Costituzione non può dirsi essere irrefragabilmente “assoluta”; 6

· non vi è dubbio che si tratti di riserva in favore della legge “statale”, unicafonte cui spetta di disciplinare in modo uniforme, per l’intero territorionazionale, ciò che investe l’attività giurisdizionale (e questo dovrebbediradare qualunque perplessità intorno ad avventuristiche ipotesi di elezionea base territoriale dei magistrati, quale premessa per una valutazione dellaloro attività basata sul consenso localistico-popolare);· infine, anche a voler agganciare l’intera regolazione del procedimento afonti primarie, l’opzione così rigorosamente espressa non sarebbe idonea diper sé ad assicurare una migliore completezza regolatrice (lo dimostrano lenumerose lacune che pure per la vigente e recenti regolamentazione delprocedimento disciplinare per i magistrati ordinari sono colmabili e colmateper via esegetica) e neppure una monolitica organicità scevra da anomalie odiscrasie (si pensi, per fare un unico esempio, al dibattito tuttora non sopitocirca il fatto che il procedimento per i magistrati ordinari, pur di recenteridefinito in tutto il suo iter con un costante richiamo alle norme del codicedi rito penale, quando approda in Cassazione viene tuttora deciso dalleSezioni Unite civili, anziché, come sembrerebbe più naturale, da quellepenali).

Le questioni delle fonti e della riserva di legge si intersecano - e talvolta,forse per qualche sommarietà di analisi, diventano omogeneizzate ecommiste - con quella della “natura giuridica” del procedimento disciplinare.

Anche questo è un aspetto sistematico che travalica i confini dellapresente trattazione.

Tuttavia, in proposito si impone almeno un cenno, in considerazione delfatto che proprio la natura giuridica del procedimento potrebbe aiutare arisolvere alcuni nodi interpretativi che investono la fase di avvio delprocedimento.

Una recente pronuncia della Corte costituzionale può soccorrere inaiuto. 7

Nello scrutinare la legittimità costituzionale degli artt. 34, secondocomma, della legge 27 aprile 1982, n. 186 (Ordinamento della giurisdizioneamministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio diStato e dei Tribunali amministrativi regionali) e 10, comma 9, della legge 13aprile 1988, n. 117 (Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle

6 Pizzorusso A., L’organizzazione della giustizia in Italia. La magistratura nel sistema politicoe istituzionale, Einaudi, 1985, p. 267 Corte costituzionale, sent. n. 87 del 27 marzo 2009.

7

funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati), il giudice delle leggiha osservato che la natura giurisdizionale oppure amministrativa delprocedimento disciplinare “dipende dai caratteri che il legislatore ha scelto diattribuire al procedimento stesso e agli organi in esso coinvolti”

Il procedimento disciplinare relativo ai magistrati ordinari ha naturagiurisdizionale e si svolge dinanzi alla sezione disciplinare del Consigliosuperiore della magistratura, con quanto ne consegue in ordine al regimedelle impugnazioni.

Quello relativo ai magistrati amministrativi e contabili, invece, hanatura di procedimento amministrativo e si svolge dinanzi al Consiglio dipresidenza della giustizia amministrativa o al Consiglio di presidenza dellaCorte dei conti.

La diversa configurazione – giurisdizionale o amministrativa - delprocedimento “ dipende da una scelta del legislatore, che ben può articolarediversamente l'ordinamento delle singole giurisdizioni”.

La non sindacabilità dell’opzione legislativa, ovviamente, incontra unlimite nella necessità di rispettare alcuni principi costituzionali comuni.

Quale che sia la natura che la legge ha attribuito al procedimento edall'autorità disciplinare, la garanzia costituzionale dell’indipendenza deimagistrati postula e impone - a differenza di quanto accade per altrecategorie di personale pubblico - più intense esigenze di tutela (ad esempio:assicurare la massima espansione del diritto di difesa).

Se si tiene ciò fermo, appare evidente che la tesi volta a sostenerel’esistenza di una riserva di legge “assoluta” non trova una solida base diradicamento neppure nella natura del procedimento disciplinare, che benpuò essere e rimanere spiccatamente “amministrativa”, con quanto neconsegue sul piano delle fonti di produzione in materia amministrativa.

L’ultimo tra i profili generali riguarda la cd. tipizzazione degli illeciti.

E’ intuitivo che, da un punto di vista sostanziale, la predefinizione eregolazione normativa di ipotesi tipiche di illecito demarcano il passaggio daun sistema nel quale l’identificazione dei comportamenti sanzionabili èaffidata alla capacità degli organi di governo della Magistratura di farsiinterpreti del comune sentire del corpo giudiziario ad un sistema diverso che,traendo ispirazione dallo ius puniendi di stampo penalistico, tende adancorarsi rigidamente al principio di legalità ed alle cosiddette fattispecieincriminatrici.

Notorio è il fatto che la tipizzazione degli illeciti disciplinari:· è stata più volte auspicata non solo da componenti delle singolemagistrature, ma anche da autorevoli studiosi della materia, nel fermoconvincimento che essa dia certezza all’individuazione delle condotte e degli

8

eventi pregiudizievoli da sanzionare, molto più di quanto non sia in grado difare il concetto delle condotte che rendano il magistrato “immeritevole difiducia e considerazione o che compromettano il prestigio dell’ordinegiudiziario” (art. 18 regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, oraabrogato dall’art. 31 del decreto legislativo n. 109/2006).· sul finire degli anni novanta, è stata oggetto di un disegno di leggegovernativo, che non ha avuto seguito parlamentare;· per la magistratura ordinaria, è stata introdotta con la riforma del 2005 econ il decreto legislativo n. 109/2006;· per le magistrature contabile e amministrativa è stata resa inapplicabiledal disposto esplicito di cui all’art. 30 del citato d.lgs. n. 109.

Ciò detto, è da osservare che quello della tipizzazione è un profilo chesuscita un dilemma conosciuto e lacerante, oggetto di antichi ed ampidibattiti, anche dottrinari, ma che difficilmente, anche nell’attualità, sembraessere nelle condizioni di guadagnare approdi univoci.

Vi è chi mette l’accento sulla tipicità quale irrinunciabile garanzia dicertezza del diritto e di difesa per l’incolpando, nonché valido deterrenteavverso usi selettivi dell’azione disciplinare.

All’opposto, vi è chi teme che anche la più minuziosa delle tipizzazioninon fornisca risposta a tutte le esigenze, sia perché fa correre il rischio dilasciare fuori dall’ambito della rilevanza disciplinare comportamenti puravvertiti come deontologicamente riprovevoli, sia perché cristallizza valori ecomportamenti in fattispecie difficilmente duttili fino al punto di tenerecostantemente dietro all’evoluzione dei tempi senza incorrere in rapideobsolescenze, sia perché quasi mai la tipizzazione innalza una barrieraimpenetrabile ed idonea ad impedire le variabilità interpretative, le qualiultime, immancabilmente, si agglomerano con alta densità anche intornoalle definizioni tipiche del legislatore.

Peraltro, una minuziosa classificazione dei tipi di illecito può indurreeffetti moltiplicatori di esposti che, facendo circostanziato riferimento ad unaspecifica ipotesi di illecito, costringerebbero all’apertura di più numeroseistruttorie.

Non è questa la sede abilitata a condurre oltre il discorso sul difficile esempre controverso tema.

Può essere, invece, utile ricordare quanto affermato al riguardo da unagiurisprudenza costituzionale sì risalente nel tempo, ma che ha esplicitatoconcetti in punto di diritto meritevoli di riflessione. 8

8 Il riferimento è alla sentenza della Corte costituzionale n. 100 del 1981, che ha giudicatosulla questione di legittimità costituzionale, sollevata dal CSM, dell'art. 18 r.d.l. 31 maggio1946, n. 511, nella parte in cui sottopone a sanzione disciplinare il magistrato che tenga, "inufficio o fuori, condotta tale che lo renda immeritevole della fiducia e della considerazione dicui deve godere, o che comprometta il prestigio dell'Ordine giudiziario", per assunto contrasto

9

Quanto ad una presunta violazione del principio di legalità, nessunapertinenza avrebbe il richiamo dell’art. 25, comma 2, della Costituzione.

Il parametro costituzionale evocato, interpretato nel necessariocollegamento con il primo comma dello stesso articolo, si riferisce solo allamateria penale e non è estensibile a situazioni, come gli illeciti disciplinari,estranee all'attività del giudice penale, pur se con questa possonopresentare, per determinati aspetti, una qualche affinità. L'esercizio delpotere disciplinare è regolato, invero, da principi sostanzialmente differenti emeno incisivi di quelli che reggono l'esercizio del magistero penale, poichérisponde alla potestà amministrativa dello Stato, e non alla funzione digiustizia che quest'ultimo assolve attraverso l'attività giudiziaria.

Circa una presunta violazione del principio di legalità, nonché deiprincipi di indipendenza (artt. 101 e 104 Cost.) e di inamovibilità comeguarentigie magistratuali, non può trascurarsi il fatto che i valori in gioco etutelati dalla norma disciplinare sono, da un lato, la fiducia e laconsiderazione di cui deve godere ciascun magistrato e, dall'altro lato, ilprestigio dell'ordine giudiziario visto e tutelabile nel suo insieme.

Orbene, è il contenuto di tali valori che induce a considerare laimpossibilità di prevedere tutti i comportamenti che possono lederli,trattandosi di valori anche a sfondo deontologico, che difficoltosamentepotrebbe essere astretti e compresi entro schemi preordinati, non essendopreviamente identificabili e catalogabili tutti i possibili comportamenti conessi contrastanti e che potrebbero provocare una negativa reazionedell'ambiente e della coscienza sociale.

Ciò - ha osservato la Corte costituzionale - spiega la ragione per laquale, nelle leggi che nel passato hanno tentato di enunciare ipotesi tipichedi infrazioni disciplinari - come il r.d.l. 6 dicembre 1865, n. 2626 e la legge17 luglio 1908, n. 438 - sia stata posta una norma di chiusura generica,diretta a sanzionare tutti i comportamenti capaci di ledere la reputazione delsingolo magistrato o la dignità dell'ordine al quale egli appartiene.

Per la stessa ragione, i vari progetti di riforma (ed oggi, si puòaggiungere, persino il diritto positivo, attraverso il decreto legislativo n. 109del 2006 per i magistrati ordinari), pur con specificazioni indiscutibilmenteutili, hanno fatto uso di previsioni e di formulazioni lessicali ad ampialatitudine, spesso generiche, lasciando in definitiva all’organo decisionale(per i magistrati: sempre e comunque particolarmente qualificato) il compitodi apprezzare se i comportamenti di volta in volta considerati siano o menolesivi dei valori tutelati dalla disposizione “tipizzata” presa a riferimento.

con gli artt. 21, primo comma, 25, secondo comma, 101, secondo comma e 108, primocomma, della Costituzione.

10

2. - Fasi procedimentali e Soggetti istituzionali.

Le attività preordinate all’eventuale avvio del procedimento disciplinaretrovano collocazione dentro la prima di tre fasi che, nella seriazioneprocedimentale disegnata dal Regolamento, si susseguono l’una all’altra.

Le tre fasi risultano identificate in relazione alle attività svolteall’interno di ciascuna di essa.

La prima fase - denominata “accertamenti preliminari” (art. 4) - hainizio con l’apprensione della conoscenza, da parte del Procuratore generale,di fatti o atti che possono contenere elementi rilevanti ai fini disciplinari.

La fase è del tutto esterna al procedimento vero e proprio, non ancoraavviato.

Si tratta di un segmento prodromico, a contenuto essenzialmenteinquirente, durante il quale il PG, unico titolare del potere di eserciziodell’azione, accerta e valuta l’esistenza di elementi che possano averintegrato l’avvenuta commissione di un illecito disciplinare.

La fase, per la quale è stabilito il termine perentorio di un anno dallaconoscenza dei fatti, si conclude con un provvedimento di non luogo aprocedere o, in alternativa, con la richiesta di “apertura” del procedimentoindirizzata al Consiglio di Presidenza ed obbligatoriamente comunicata almagistrato interessato.

Nel caso di apertura del procedimento, segue la fase della cosiddetta“istruttoria” (art. 6), che si dipana (in Commissione) attraverso accertamentipreliminari e successiva istruttoria.

Per detta fase, che esita in una decisione collegiale consiliare diarchiviazione oppure di formale contestazione degli addebiti (incolpazione), èprevista una scansione di termini perentori endoprocedimentali.

Da ultimo, quando sia stata deliberata e formulata l’incolpazione, hainizio e si svolge la terza fase - della “trattazione orale” (art. 7) - che siconclude con la deliberazione decisionale del Giudice disciplinare.

Nel rivolgere l’attenzione sui Soggetti che istituzionalmente operanonelle tre fasi, è agevole notare che il titolare dell’azione (Procuratoregenerale), nonché il giudice disciplinare (Consiglio di Presidenza) sonoidentificati e previsti espressamente dalla legge ordinaria.

In questo senso, eventuali prospettazioni de iure condendo - adesempio per prevedere forme di contitolarità come quelle sancite per imagistrati ordinari (Ministro della Giustizia e Procuratore generale presso la

11

Corte di cassazione ) o per i magistrati amministrativi (Presidente delConsiglio dei Ministri e Presidente del Consiglio di Stato) - dovrebbero tenerpresente che interventi di livello meramente regolamentare non sarebberolegittimati ad apportare varianti.

Relativamente al giudice disciplinare, si è già detto che l’art. 11 dellalegge n. 15/2009 ha introdotto, per la Corte dei conti, una significativamodifica nella composizione dell’Organo collegiale, restringendonumericamente la componente togata a base elettiva.

La norma di legge è stata indubbiata dal Tribunale amministrativoregionale del Lazio, per sospetto contrasto, quale tertium comparationis, conla disciplina prevista dalla Costituzione per il Consiglio Superiore dellaMagistratura. 9

Ad avviso del giudice amministrativo rimettente la previsione di unacomponente consiliare eletta dai magistrati contabili e numericamenteuguale a quella rappresentativa del Parlamento, in luogo di una presenzamaggioritaria di magistrati contabili, quantomeno mediante la previsione diun rappresentante in più rispetto al numero dei rappresentanti delParlamento, inciderebbe lesivamente sui principi di autonomia edindipendenza degli organi giurisdizionali ordinari e speciali.

Le conclusioni cui perverrà il vaglio di costituzionalità, ovviamente, nonsono al momento prevedibili.

Ciò che rileva, in ogni caso, è che un’eventuale declaratoria diillegittimità costituzionale andrebbe ad incidere sulla legittimazionedell’Organo giudicante e, di riflesso, dei procedimenti disciplinari in corsoinnanzi al medesimo, ma non metterebbe in discussione il segmentoprocedurale qui in esame, che attiene alla distinta fase di avvio delprocedimento, nonché ai poteri ed alle funzioni spettanti al Procuratoregenerale.

3. - I termini.

Le scansioni temporali riferibili all’azione ed al procedimento, da unpunto di vista sostanziale, coinvolgono un arco avente inizio nel momentodella tenuta della condotta disciplinarmente rilevante e perdurante finoall’eventuale irrogazione della sanzione ed implicano vari profili giuridici, disicuro rilievo ed interesse.

9 L’atto di promovimento del giudizio incidentale di legittimità costituzionale è l’ordinanza n.n. 189 del 2010, pubblicata nella G.U. n. 26 del 30 giugno 2010.

12

In linea generale - salvo a voler porre questioni di sistematica teoricaed eccetto un solo aspetto (la cd. “imprescrittibilità” dell’illecito disciplinare)su cui di qui a poco sarà inevitabile soffermarsi - l’esistenza dei limiticronologici va colta a prescindere dalla natura giuridica della norma,sostanziale o puramente procedimentale, che individua e fissa lacalendarizzazione.

Infatti, operino le norme secondo il regime dei diritti sostanziali(prescrizione) oppure secondo quello delle preclusioni procedimentali(decadenza), resta identico l’effetto giuridico che conduce, decorso che siaun predeterminato arco temporale avente carattere perentorio, allairrealizzabilità della reazione punitiva alla trasgressione.

I termini previsti nel Regolamento sono articolati in due modi :· è stabilito (art. 4, comma 6) il termine di un anno dal giorno in cui ilProcuratore generale ha avuto notizia dei fatti oggetto dell’addebitodisciplinare, affinché possa essere chiesta al Consiglio di Presidenzal’apertura del procedimento;· è stabilita (artt. 5, 6 e 7) una rigida e concatenata sequenza di terminiendoprocedimentali (accertamenti preliminari presso la Commissioneconsiliare, formale contestazione dell’addebito, istruttoria, proscioglimentodell’incolpato o trattazione orale) la cui inosservanza, qualora la fissazionedella data della trattazione orale (con decreto da notificarsi all’incolpato)avvenga oltre un anno dall’inizio del procedimento disciplinare, determinal’estinzione del procedimento stesso, sempre che l’incolpato vi consenta.

Pertanto, i principi generali della immediatezza della contestazionedell’addebito e della tempestività del procedimento e dell’irrogazione dellamisura disciplinare, a loro volta espressivi di garanzie che sono comuni atutti i procedimenti disciplinari e che si radicano nella necessità sia dellasalvaguardia della effettività del diritto alla difesa, sia della tutela dei valoriche giustificano ed animano, entro un lasso di tempo ragionevole, la rispostapunitiva, risultano osservati attraverso le varie suddivisioni regolamentari.

Il sistema temporale suddescritto, che in passato e salvo diversificazionidi dettaglio accomunava i giudici (a qualunque magistratura essiappartenessero), come è noto è stato modificato per i magistrati ordinari.

Ai sensi dell’art. 15, comma 1-bis, del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109,come inserito dall’art. 1, comma 3, lett. g), della l. 24 ottobre 2006, n. 269,l’azione disciplinare nei confronti dei magistrati ordinari non può esserepromossa quando siano decorsi dieci anni “dal fatto”.

Non serve spendere molte parole – specie in un contesto comequello della giurisdizione contabile, aduso a fare distinzioni tra “condotte” e“conoscenza” o disvelamento delle medesime - per cogliere la significantedistinzione e la circostanza che, per i magistrati ordinari, opera ora unregime di prescrittibilità della responsabilità disciplinare.

13

Nonostante la nuova disposizione sia stata lessicalmente formulata nelsenso della impromovibilità dell’azione, per gli effetti giuridici che da essaderivano la norma dà luogo ad una vera e propria prescrizione dell’illecitodisciplinare per decorso del tempo dalla materiale attuazione delcomportamento (il fatto) e l’introdotto termine di prescrizione decennaleconfigura una disposizione innovativa del sistema disciplinare, posto che inprecedenza, anche per i magistrati ordinari, non esistevano limiti temporaliancorati alla commissione del fatto.

Sarebbe arduo sostenere che l’introduzione della novità, in quantovalevole solo per i magistrati ordinari, desta sospetti di illegittimitàcostituzionale.

La giurisprudenza (costituzionale e amministrativa) ha ben vagliato ilsistema antecedente alla riforma del 2006 ed ha escluso, sotto questoprofilo, l’esistenza di vulnus a parametri costituzionali. 10

La scelta di ancorare la decorrenza della prescrittibilità dell'azionedisciplinare alla commissione del fatto disciplinarmente apprezzabile risalealla discrezionalità del legislatore e non può essere considerata unasoluzione a rime costituzionali “obbligate”.

Le irrinunciabili ed insuperabili garanzie per il singolo magistrato sonoassicurate in modo idoneo anche dalla sola limitazione temporaledell'esercizio del potere (di azione, di istruttoria o di giudizio) da parte di chiabbia conoscenza dei fatti (quanto al promovimento dell'azione) oppure siainvestito di una consequenziale fase processuale (quanto alla istruttoria o algiudizio nelle sue diverse fasi).

Il sistema delle decadenze poste in sequenza e concatenate, che avvincein definitiva le tre fasi riferibili al procedimento disciplinare, appare essereun ragionevole bilanciamento della imprescrittibilità, anche quando iltermine per il promovimento dell'azione decorra - come nel nostro caso -dalla “conoscenza dei fatti” da parte di chi è investito del potere di iniziativae non dalla “commissione dei fatti”.

In materia di computo dei termini una questione sia pur marginale, cheassume tuttavia connotazioni di non trascurabile interesse, è quella dellasospensione feriale.

L’articolo 16 del Regolamento stabilisce che tutti i termini (compresoquello di un anno fissato per l’iniziativa del Procuratore generale) restanosospesi nel periodo dal 1 agosto al 15 settembre di ciascun anno.

Non mancano perplessità esternate da alcuni autori in ordine allaapplicazione di un istituto – previsto dalla legge n. 742/1969 – che diregola si riferisce alle attività processuali e che, secondo dette teoriche,

10 Corte costituzionale, sent. n. 579 del 1990 e sent. n. 196 del 1992; Cons. di Stato, sent.n. 3161 del 2006.

14

suonerebbe come fuor d’opera nell’ambito di un procedimento, quellodisciplinare, avente natura eminentemente amministrativa.

In realtà, a supportare oppure ad escludere i dubbi tecnico-giuridici inproposito non paiono essere bastevoli considerazioni astratte ovveroopinioni personali.

Non si può approssimativamente immaginare che la sospensione feriale,quando applicata ad un procedimento non giurisdizionale, per ciò stessodismette la sua ratio e tende a soddisfare semplici comodità feriali deiSoggetti istituzionali che operano nel procedimento e dei giudicanti.

Piuttosto, ragionando unicamente sul terreno del diritto obiettivo, sidovrebbe considerare che la sospensione de qua assolve una funzione digaranzia, in special modo nei confronti della parte interessata e dei suoidiritti di difesa.

Oggi tutto ciò appare ancora più chiaro e vero, solo che si osservi larecente declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizioneregolamentare che, per il passato, impediva l’assistenza del magistratoincolpato da parte di un avvocato professionista del libero foro. 11

Né, infine, si può trascurare il fatto che la giurisprudenzacostituzionale, seguendo sviluppi esegetici sfociati in numerose pronunce, èaddivenuta ad una lettura in senso lato della locuzione “termini processuali”,quando essa incida direttamente o indirettamente su poteri di “azione”sottoposti a termini decadenziali. 12

4. - La notizia di fatti disciplinarmente rilevanti.

Nel paragrafo n. 3, dedicato all’articolazione delle fasi procedimentali, siè avuta occasione di ricordare che il Procuratore generale, per ilcompimento degli accertamenti preliminari che fanno da preludio allaeventuale richiesta di apertura del procedimento disciplinare (art. 4, comma6), dispone del termine massimo perentorio di un anno “dal giorno incui…ha avuto notizia dei fatti oggetto dell’addebito disciplinare”.

Orbene, il concetto di “notizia” è divenuto un argomento ad altaincandescenza, stante anche una contingenza legislativa che di recente ha

11 Corte costituzionale, sent. n. 87/2009 cit.12 A partire da Corte Cost. n. 255/1987 si è verificato un gran discutere in ordine allanatura dei termini cosiddetti “sostanziali”, “processuali”, “a rilevanza processuale”.

15

investito la Corte dei conti nello svolgimento delle sue attività giurisdizionaliin materia di responsabilità amministrativa. 13

Se alla contingenza (occasionale) si somma la circostanza che laperentorietà del termine in discorso – sospeso unicamente per il periodoferiale – incide sulla promovibilità dell’azione disciplinare e quindi sullarealizzabilità dell’azione di contrasto che l’ordinamento prevede avversocondotte potenzialmente lesive del prestigio della magistratura e dellaIstituzione giudiziaria, diventa più che comprensibile desumere che laquestione assume importanza esegetica.

Vale la pena iniziare con il rammentare che la problematica non investeesclusivamente il procedimento disciplinare attivabile nei confronti deimagistrati contabili.

Sia l’assetto regolatore (vecchio e nuovo) per i magistrati ordinari, siaquello valevole per i magistrati amministrativi, hanno alimentato e tuttoraalimentano, sul punto, inarrestabili controversie interpretative, cheriecheggiano nella fase di impugnativa delle sanzioni disciplinari.

Il decreto legislativo n. 109/2006, per i magistrati ordinari, ha tentatodi superare l’impasse ed ha adoperato, nel corpo di diverse disposizioni tra diloro logicamente coordinabili, locuzioni varie.

Le principali si rinvengono nell’art. 15, comma 1, che parla di“conoscenza a seguito dell'espletamento di sommarie indagini preliminari o didenuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della giustizia”, nonchéprosegue affermando che “la denuncia è circostanziata quando contiene tuttigli elementi costitutivi di una fattispecie disciplinare. In difetto di tali elementi,la denuncia non costituisce notizia di rilievo disciplinare”.

Il problema interpretativo è stato oggetto, anche in passato, dinumerose pronunce giurisprudenziali.

La Cassazione (per tutte: SS.UU. civ. n. 7577 del 1995, n. 14100 del2006, n. 16618 del 2007, n. 16620 del 2007) ha ritenuto che il termine perl’inizio dell’azione disciplinare non possa che decorrere dal giorno in cui ititolari dell’azione disciplinare hanno “una conoscenza completa dei fattioggetto dell’addebito disciplinare” e non “da quella - evidentementesuccessiva - in cui ha verificato la rispondenza al vero dei comportamentiaddebitati al magistrato”.

Il termine decadenziale, quindi, si computa a prescindere dalcompimento delle eventuali verifiche, “diversamente procrastinandosi la

13 Il riferimento è all’art. 17, comma 30-ter, del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, inseritodalla legge di conversione n. 102 del 3 agosto 2009 e successivamente modificato dall'art.1, comma 1, lett. c), n. 1), del decreto-legge n. 103 del 3 agosto 2009, conv. dalla legge n.341 del 3 ottobre 2009. La disposizione ha statuito la nullità di qualunque atto istruttorio oprocessuale compiuto a seguito di una “notizia di danno” che non sia “specifica e concreta”.

16

decorrenza fino al momento in cui, mediante indagini amministrative, dettielementi vengano acquisiti”.

Di conseguenza, solo nei casi in cui una denunzia di fattidisciplinarmente rilevanti sia “circostanziata e specifica” sorge l’onere, peril titolare della azione disciplinare, entro e non oltre un anno dalla pienaconoscenza dei fatti, non solo di verificare la fondatezza delle contestazioni,promuovendo le indagini accertative del caso, ma anche di promuoverel’azione disciplinare.

L’avvenuta osservanza del termine decadenziale è suscettibile di verificaex post..

Sarà, infatti, possibile raffrontare comparativamente la notizia e larichiesta di apertura del procedimento disciplinare, constatando se la primaconteneva già satisfattivamente tutti e gli stessi elementi messi a base dellaconfigurazione dell’ ipotesi di illecito disciplinare, sicché la seconda è statameramente riproduttiva di quegli identici contenuti.

Il Consiglio di Stato (per tutte : Sez. IV, n.3161/2006), rinvenendo lanormativa di immediato riferimento, in virtù del rinvio disposto dall’art. 32della legge n. 186 del 1982, nell’art. 59 del DPR 16.9.1958 n. 916 ( Normeattuative della legge istitutiva del C.S.M.) il quale in origine non prevedeva laprescrizione dell’illecito e non fissava termini per la promozione dell’azionedisciplinare, ha ritenuto che la nozione di "notizia del fatto che formaoggetto dell’addebito" deve essere intesa come “conoscenza certa di tutti glielementi costitutivi – nel profilo oggettivo - dell’illecito”, con la conseguenzache non è idonea a far decorrere il termine annuale l’acquisizione di datiinsufficienti per un’esauriente formulazione dell’incolpazione.

La succinta menzione della giurisprudenza dovrebbe bastare a farintuire che, qualunque sia la locuzione tecnicamente adoperata dallegislatore, fosse essa la più penetrante e puntuale possibile, residuerebbepur sempre un area lessical-concettuale nella quale, stante l’immanentecarattere astratto e generale della norma di legge, si assisterebbe adimmancabili diversità interpretative suscitate, quasi sempre, dacomprensibili tentativi difensivi di porre al riparo dalle conseguenzepenalizzanti connesse ad una sanzione disciplinare ricevuta inflitta.

Le notizie che pervengono alla conoscenza del titolare dell’azionedisciplinare, di solito ed eccetto casi rari, non introducono elementi diconoscenza qualificata dei fatti disciplinarmente contestabili.

Più di frequente, l’apprensione della notizia avviene attraverso laricezione di esposti o informative contenenti accuse generiche o, addirittura,mere illazioni, oppure attraverso la diffusione o la propalazione di notizierappresentate in termini dubitativi, perplessi, condizionati, ipotetici.

17

Quasi mai i “fatti” – attraverso la notizia che li veicola al PG edanche quando questa si sostanzia in una segnalazione effettuata damagistrati preposti alla direzione di uffici - risultano già adeguatamenteindividuati ed acclarati nella loro veridicità ed attendibilità: proprio perquesta ragione si impongono le investigazioni accertative.

Le investigazioni, del resto, non si rendono necessarie per accertare il“merito” della sussistenza della responsabilità disciplinare (compito affidatoalla vera e propria istruttoria probatoria ed alle valutazioni decisionali delgiudice disciplinare), ma per valutare, individuare, circoscrivere e motivarela sola “configurazione” di un fatto che possa dirsi aver attinto ad unasoglia minima di rilevanza disciplinare ed abbia potuto integrare un addebitocontestabile.

Circa l’attingimento alla soglia minima di rilievo disciplinare, unavalutazione similare (anche se non identica) è oggi prevista per i magistratiordinari, atteso che l’art. 3.bis del d. lgs 109/2006, aggiunto dall’art. 1 lett.e) della legge n. 269/2006, fa riferimento ad un illecito disciplinare nonconfigurabile quando il fatto sia di “scarsa rilevanza”.

Infine, anche se si intendesse fare uso dei concetti di “specificità” e di“concretezza” della notizia attualmente dettati in tema di responsabilitàamministrativa, se si pone mente alla comune accezione tecnico-giuridicaassentita ai distinti vocaboli “notizia” e “denuncia”, frequentementeadoperati nell’ordinamento sostanziale e processuale, quei medesimi concettinon sarebbero comunque idonei a limitare le legittime fonti di conoscenzaalle sole denunce, informative, rapporti o referti cui sono obbligati ex legetaluni soggetti qualificati.

Il vocabolo “notizia”, infatti, nella sua portata applicativa testuale,comprende tutte le possibili “fonti” di conoscenza, anche private,giornalistiche e persino apocrife od anonime, sulla cui base sia datoapprendere la verosimile esistenza di un circoscritto (e al momentopotenzialmente apprezzabile) illecito disciplinare.

In tale prospettiva, i concetti della specificità e della concretezzamarcherebbero pur sempre i contenuti della notizia, ma non assumerebberoalcun rilievo rispetto al contenitore (fonte della notizia) che materialmente neveicola la conoscenza e non esimerebbero, perciò, dalla necessità di svolgeregli accertamenti investigativi che il Regolamento espressamente impone edaffida al Procuratore generale.

5. - Gli accertamenti preliminari del Procuratore generale.

Se si intendesse criticare il Regolamento attualmente in vigore per lemanchevolezze disciplinatrici che esso manifesta, la doglianza sarebbesicuramente comprensibile ove riferita alla fase degli accertamenti

18

preliminari, menzionata con evidente laconicità nell’articolo 4 (commi 2, 3 e4).

Eccezion fatta per l’apposizione dell’aggettivo “necessari” e dell’oggettosu cui gli “accertamenti” devono essere svolti (fatti e atti venuti aconoscenza del PG), per tutto il resto vale il silenzio della norma.

Lo stesso, invero, accade per i magistrati amministrativi (art. 40 delprovvedimento 6 febbraio 2004), mentre, per i magistrati ordinari, l’articolo16 del d. lgs. n. 109/2006 provvede a dettagliare contenuti, modalità e limitidi estensione dei poteri accertativi. La norma appronta anche un utilissimorinvio dinamico a tutte le disposizioni del codice di procedura penale,eccezione fatta per quelle che comportano l'esercizio di poteri coercitivi neiconfronti dell'imputato, delle persone informate sui fatti, dei periti e degliinterpreti.

Il silenzio del Regolamento della Corte dei conti (sia sugli atti diaccertamento tipici, sia su eventuali norme da prendere a riferimento per illoro compimento), raffrontato alla necessarietà degli accertamenti commessial Procuratore generale, non esonera dal compito interpretativo diindividuare quali possano essere le attività investigative esperibili ed i limitiin cui esse, se del caso, si imbattono.

Un primo elemento individuabile per via esegetica - del tutto simile aciò che nel citato art. 16 del d. lgs. n. 109/2006 è stato invece reso esplicito -concerne il fatto che il PG della Corte dei conti, preposto ad un Ufficio(Procura generale) dotato di una pianta organica di magistrati addetti, per ilcompimento delle attività di accertamento preliminare può avvalersi deimagistrati del suo Ufficio.

L’avvalimento, per sua natura, non comporta una delega oppure unadesignazione all’esercizio di funzioni, con conseguente spostamento dellatitolarità di esercizio del potere spettante e con correlati margini diautonomia decisionale ed assunzione di responsabilità autonome (comeaccade, ad esempio, per le designazioni alla trattazione di affari giudiziari oalle udienze nei giudizi di responsabilità amministrativa ), quanto piuttostoil conferimento di un compito o di un incarico di servizio, da assolvere inconformità alle direttive ricevute e con obbligo di integrale adempimento.

Ovviamente, versandosi comunque al di fuori di una rigidagerarchizzazione (di per sé estranea all’esperienza della magistratura), il viceprocuratore affidatario del compito conserva la facoltà di dialogarefattivamente con il Procuratore conferente, anche al fine di elaborarecongiuntamente, attraverso un confronto professionale sereno e produttivo,strategie operative che possano condurre a buon fine l’espletamentodell’incarico.

La sostanziale correttezza di questa interpretazione sembra essereavvalorata da quanto dispone l’art. 10, comma 4, della legge n. 117/1988,

19

che consente al Procuratore generale di svolgere, anche per mezzo dei suoisostituti, le funzioni inerenti alla promozione dell'azione disciplinare e lerelative richieste (quindi attribuzioni che si estendono ben oltre la faseprodromica).

Circa gli atti accertativi esperibili, ciò che serve portare in evidenza nonè tanto una tassonomia descrittiva, inevitabilmente non esaustiva e pocoproducente per gli ascoltatori in questa sede seminariale, ma lacaratterizzazione di fondo che dovranno assumere gli atti medesimi.

Si tratta di procedere ad una verifica preliminare e sommaria dei “fatti”oggetto della notizia pervenuta al Procuratore generale, essenzialmente nellaloro veridicità storica, più che nella valenza probatoria da essi assunta ai finidella sussistenza della responsabilità disciplinare (valenza sulla quale nongiudica il PG, ma il Consiglio di Presidenza).

Ciò è confermato dalla circostanza che l’avvenuto esaurimento degliaccertamenti preliminari, se e quando sfocia in una richiesta di aperturadel procedimento disciplinare, non assorbe od esclude il successivosvolgimento della vera e propria “istruttoria” in sede consiliare.

Tenendo presente il concetto di “notizia” illustrato nel paragrafo n. 5,gli accertamenti preliminari dovranno tendere a verificare se la notizia(solitamente non qualificata) contiene elementi sufficienti all’astrattaconfigurabilità di un illecito a rilevanza disciplinare, nelle due componenti :· oggettiva (condotta trasgressiva di un dovere)· soggettiva (imputabilità di un rimprovero al magistrato, per ipotizzabileraggiungimento di una soglia minima di colpevolezza).

In definitiva, l’accertamento investigativo del PG attiene strettamentealla verifica della configurazione dei presupposti che la legge richiedeaffinché sia ipotizzabile l’avvenuto accadimento di un illecitodisciplinarmente rilevante.

Le concrete modalità investigative possono sostanziarsinell’acquisizione o nella richiesta di informazioni, di atti e di documenti(presso Amministrazioni, Enti, altre Autorità istituzionali o giudiziarie, terziprivati), nell’assunzione di elementi da parte di persone che possano essereritenute “informate sui fatti”, in accertamenti diretti (anche in loco) sudocumentazioni esistenti agli atti di ufficio, nell’audizione personale delmagistrato interessato ovvero nella richiesta a lui rivolta di chiarificazioni edi precisazioni per iscritto.

E’ stato già ricordato che, a differenza di ciò che statuisce il d. lgs. n.109/2006, nel Regolamento non risultano richiamate le disposizioni delcodice di procedura penale (taluni rinvii sono dettati solo in tema diricusazione e astensione, di sospensione necessaria del procedimento, direvisione del procedimento).

20

A questo punto può soccorrere la natura giuridica del procedimentodisciplinare.

I poteri che esercita il Procuratore generale nella fase degliaccertamenti preliminari sono finalizzati al promovimento di unprocedimento che ha conclamata natura giuridica “amministrativa”.

Ciò permette di fare riferimento ai poteri accertativi ordinariamentespettanti a qualunque autorità istituzionale amministrativa, nel rispetto deiprincipi e delle regole che ordinariamente li presidiano.

6. - Garanzie e prassi nella fase preliminare.

La fase prodromica affidata alla competenza ed alle cure del Procuratoregenerale ha un esito finale che il Regolamento concretizza in una precisaalternativa.

L’art. 4 stabilisce che il Procuratore adotta un provvedimento motivatose ritiene che non sussistano elementi rilevanti ai fini disciplinari oppure, incaso contrario, chiede formalmente al Consiglio di Presidenza l’apertura delrelativo procedimento e, contestualmente, trasmette ad esso gli atti e idocumenti pervenuti o acquisiti, nel contempo dando al magistratointeressato formale e motivata comunicazione di detta richiesta.

Nel secondo caso, la comunicazione all’interessato “determina, a tutti glieffetti, l’inizio del procedimento disciplinare”.

La previsione regolamentare merita alcune annotazioni.

Prima di tutto, proprio l’alternativa espressamente indicata dalRegolamento permette di riscontrare il carattere doveroso dell’esercizio delpotere che la legge ha intestato al PG.

Nel discutere di obbligatorietà o meno dell’azione disciplinare è sempreconsigliabile tenersi prudentemente lontani da disquisizioni soloterminologiche intorno ai verbi modali o servili adoperati, che sono solo ilretaggio di vecchie difettosità del drafting normativo (anche per i magistratiordinari, nell’assetto normativo previgente al d. lgs. n. 109/2006 si èlungamente discusso sui verbi “può” e “deve” rispettivamente riferiti alMinistro ed al PG della Cassazione).

Nel nostro caso, poiché all’esito degli accertamenti eventualmente svoltisulla ricevuta “notizia” al PG non è concessa altra alternativa che quella diadottare il provvedimento di non luogo a procedere oppure di avanzare alConsiglio di Presidenza la richiesta di apertura del procedimento, dovrebbe

21

essere agevole desumere che il compimento della scelta è giuridicamentedoveroso.

L’opzione per il provvedimento motivato determina (e, quindi, ha comesua ratio) un effetto deflattivo, nel senso che non tutte le notizie sonodestinate a sfociare inevitabilmente in un’azione disciplinare.

Un’ulteriore notazione attiene al fatto che solo a decorrere dal momentodella comunicazione rivolta al magistrato interessato – comunicazione chedà inizio al procedimento disciplinare - il magistrato medesimo può dirsiessere stato sottoposto al procedimento medesimo.

In assenza della comunicazione non ha inizio, quindi giuridicamenteneppure esiste, il procedimento disciplinare.

Di conseguenza, il termine perentorio posto all’attività del PG èdecadenziale e non estintivo.

L’ultima osservazione va dedicata al fatto che la disciplinaregolamentare presenta talune peculiarità che necessitano di unaricostruzione e sistematizzazione concettuale.

La richiesta di apertura del procedimento formulata dal PG, pur dandocorso al procedimento, non rappresenta l’atto di contestazione degli addebiti,che solitamente è denominato “atto di incolpazione”.

Solo il Consiglio di Presidenza, ai sensi dell’art 5, comma 4 e dopol’espletamento degli accertamenti preliminari procederà, ove lo ritenga, aformulare la “formale contestazione dell’addebito”.

L’assetto disciplinatore, analizzato sul piano tecnico-giuridico,manifesta almeno due evidenti eccentricità.

In primo luogo, il provvedimento motivato del PG che dichiara la nonsussistenza di elementi rilevanti a fini disciplinari non può essere qualificatocome “archiviazione” o “pre-archiviazione” in sede disciplinare, atteso che ilprocedimento disciplinare non ha avuto ancora inizio.

In secondo luogo, la richiesta di apertura fa decorrere l’inizio delprocedimento disciplinare, senza però che sia stato ancora formulato l’atto diformale incolpazione.

Entrambe le eccentricità risultano con chiarezza se si osserva che, nelcaso di procedimento disciplinare per i magistrati ordinari, il Procuratoregenerale presso la Corte di cassazione, al termine delle indagini, se nonritiene di dover chiedere la declaratoria di non luogo a procedere, formulal'incolpazione e chiede al presidente della sezione disciplinare la fissazionedell'udienza di discussione orale (art. 17, comma 2, d. lgs. n. 109/2006).

22

La summenzionata asimmetria, sia pure in misura più ridotta (perchénon coinvolge l’archiviazione), esiste anche per il procedimento disciplinarenei confronti dei magistrati amministrativi.

Pure in quel procedimento, infatti, il Presidente del Consiglio deiMinistri o il Presidente del Consiglio di Stato chiedono l’apertura delprocedimento mentre il Consiglio di Presidenza, solo dopo lo svolgimento diaccertamenti, decide per l’archiviazione oppure “contesta i fatti almagistrato” (v. artt. 39, 40 e 41 del provvedimento 6.2.2004).

Una possibile e parziale riconduzione delle eccentricità presenti nelladisciplina regolamentare della Corte dei conti ai principi ed agli istitutigiuridici generali può essere tentata ritenendo che :· il “provvedimento motivato” adottato dal PG nei casi in cui non ritengasussistenti elementi rilevanti ai fini disciplinari configura una dichiarazionedi non luogo a procedere (o, se si preferisce, una motivata ed irreversibilerinuncia a formulare, per quei medesimi fatti, richiesta di apertura delprocedimento)· la “richiesta di apertura del procedimento”, che determina ad ogni effettol’inizio del procedimento ma non integra ancora la formale contestazione diaddebito, dà luogo unicamente al verificarsi di una “condizione diprocedibilità”. In questo senso, il Consiglio di Presidenza non può procedereex officio, ma è tenuto (es.: in caso di ricezione di esposti avverso magistratiche rappresentino fatti disciplinarmente rilevanti) ad investire dellaquestione il PG

Neppure si può immaginare che – qualora nel corso della faseinquirente il PG formuli richieste di informazioni o chiarimenti rivolti almagistrato sui “fatti” relativi al suo comportamento, detta richiesta valga adintegrare la “contestazione degli addebiti”, stante l’oggettiva diversità difunzione tra gli atti di mera indagine preliminare e quelli recanti la vera epropria contestazione dell'addebito.

La giurisprudenza del giudice amministrativo, sia pure riferita aiprocedimenti disciplinari a carico di altri dipendenti pubblici, su questopunto è chiara ed univoca. 14

Se proprio si volessero tentare accostamenti ad istituti giuridicigenerali, neppure sarebbe utilizzabile quello di cui all’art. 7 della legge n.241/1990 (comunicazione di avvio del procedimento), che ha la spiccatafinalità di favorire la “partecipazione procedimentale” del destinatario di unprovvedimento amministrativo.

Tutto questo non porta, però, ad escludere che nella fase degliaccertamenti preliminari del PG possano esistere ed essere riconosciutiinteressi partecipativi del magistrato interessato (che potrebbe essere statoingiustamente segnalato al titolare dell'azione disciplinare), specie quando lo

14 v. Cons. Stato n. 454/1984, n. 686/1999, . n. 32/2007.

23

stesso, come già detto, già in questa fase sia reso destinatario di richieste diinformazioni o chiarimenti formulate dal PG.

E’ vero che, per i magistrati ordinari, la designazione di un difensoreche possa assistere il magistrato è possibile “dopo la comunicazionedell’addebito” (art. 15, comma 4, d. lgs. n. 109/2006).

Ma sarebbe irragionevole conculcare il diritto di difesa fino al punto diimpedire al magistrato - nella fase delle indagini preliminari e sempre cheegli sia a conoscenza che si sta procedendo ad accertamenti sulla suacondotta - di far pervenire proprie memorie od osservazioni, evitando diprenderle in esame e basando il diniego sull’assenza dell’atto dicontestazione degli addebiti.

La prassi applicativa seguita presso la Procura generale, tenendo contodi tutto quanto sin qui detto, si è sinora mossa lungo una linea direttivarispettosa dei principi di diritto e, segnatamente, del diritto di difesa e delprincipio del contraddittorio.

Eventuali memorie od osservazioni provenienti dal magistratointeressato sono prese in accurato esame.

La comunicazione riferita alla richiesta di apertura del procedimento èinoltrata anche presso l’avvocato che dal magistrato sia stato indicato comedomiciliatario.

Il provvedimento adottato nei casi di insussistenza di elementi rilevanti afini disciplinari dispone non un’archiviazione in senso tecnico-giuridico, mauna declaratoria di non luogo a procedere.

Detto provvedimento, pur nel silenzio del Regolamento, vienecomunicato al magistrato interessato nei casi in cui il magistrato medesimosia stato reso previamente edotto e destinatario di richieste informativeformulate dal PG.

La richiesta di apertura del procedimento è immediatamentecomunicata al magistrato interessato e non è formulata come un atto diformale incolpazione.

Il Procuratore generale - ai sensi degli articoli 10, comma 9, dellalegge 13 aprile 1988, n. 117; 32, 33 comma 2 e comma 3, e 34 della legge 27aprile 1982, n. 186; 17 e ss. del r.d.lgs. 31 maggio 1946, n. 511; 56 e ss. deld.P.R. 16 settembre 1958, n. 916; 1 e 4 del Regolamento di disciplinaapprovato con deliberazione 26 luglio 2000, n. 510/CP/2000 - si limita adenunciare di aver ritenuto, allo stato degli atti, la sussistenza deipresupposti per la formulazione di un addebito disciplinare, espone i fatti edi doveri eventualmente trasgrediti cui i fatti attengono, chiede al Consiglio diPresidenza l’apertura di un procedimento disciplinare nel quale il magistratopossa essere eventualmente chiamato, nelle forme e con le modalità di rito

24

prescritte, a rispondere alla formale contestazione di addebito che verràeventualmente formulata dal Consiglio di Presidenza.

E’ stato detto, nel paragrafo n. 6, che l’osservanza del termine annuale(decorrente dalla notizia) per l’emissione della richiesta di apertura delprocedimento è una circostanza verificabile ex post.

Orbene, la formulazione della richiesta di apertura permette diverificare, qualora sia stato superato il termine perentorio, se quanto in essaenunciato fosse integralmente noto sin dal momento della ricezione della“notizia” o se, invece, la cosiddetta “conoscenza piena” di un potenzialeillecito disciplinare si è resa possibile solo a seguito di atti e di acquisizioniaccertative, che hanno così differito la decorrenza del termine iniziale.

Va data contezza anche di altri profili concernenti la prassi applicativa,per l’importanza che i medesimi assumono - pur nel silenzio lessicale delRegolamento - sul piano della effettività delle garanzie individuali.

Il Procuratore generale applica, ovviamente con riferimento alla faseprocedurale di propria competenza, le disposizioni dettate dalla legge n. 241del 1990 in tema di accesso agli atti presso l’ufficio procedente (la Procuragenerale).

Inoltre - in relazione alle regole concernenti il trattamento dei datipersonali, che nella materia disciplinare è necessario, è svolto ai sensidell’art. 47 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 per finalitàistituzionali ed avviene nel doveroso rispetto dei principi di pertinenza e diproporzionalità di cui al medesimo decreto - la trattazione degli affaridisciplinari è presidiata, presso la Procura generale, da misure diriservatezza e sicurezza adottate in via interna.

7. - Ridefinizione della disciplina regolamentare ?

E’ stata talvolta prospettata l’opportunità - che per una parte delladottrina costituirebbe una non eludibile necessità - della revisione delvigente Regolamento di disciplina, laconico nelle sue previsioni e affetto daqualche difettosità indotta anche dall’evoluzione del più generale quadrolegislativo.

Lo specifico argomento affidato alla presente trattazione non consente diaffrontare diffusamente le problematiche che l’ipotesi de iure condendoporrebbe sul tappeto.

Tuttavia, poiché la ridefinizione disciplinatrice potrebbe finire conl’investire anche il segmento procedurale concernente l’avvio del

25

procedimento e le competenze del Procuratore generale, entro questi limitipuò essere utile rendere qualche riflessione.

Si è già avuto modo di osservare che l’attribuzione al PG, in viaesclusiva e senza co-intestazioni, del potere di promovimento dell’azionedisciplinare si fonda su una disposizione di legge.

Innovazioni al riguardo, pertanto, andrebbero effettuate tramite unalegge, con effetto abrogativo.

Inoltre, il citato art. 10, comma 4, della legge n 117/1988 prevede che ilProcuratore generale svolge, anche per mezzo dei suoi sostituti, “le funzioniinerenti alla promozione dell'azione disciplinare e le relative richieste”.

Dette funzioni non esauriscono i loro effetti nella fase iniziale, atteso cheproprio sulla richiesta di apertura del procedimento possono basarsi lasuccessiva attività istruttoria e l’incolpazione formalmente deliberata dalConsiglio di Presidenza.

Si potrebbe, quindi, nell’ambito di una riscrittura di livello meramenteregolamentare, prevedere che il Procuratore generale partecipi a tutte lesedute disciplinari - esclusa quella della trattazione orale (art. 7) e senzadiritto di voto nelle deliberazioni decisionali, che spettano al giudicedisciplinare - così assolvendo appieno le funzioni che ineriscono allaqualità di promotore dell’azione disciplinare.

Pur senza assumere la veste di diretto contraddittore dell’incolpato (adevitare qualsiasi antinomia con la sua funzione di promotore dell’azione), ilPG potrebbe continuare a svolgere, innanzi al Consiglio di Presidenza,durante la fase dell’istruttoria ed almeno sino al momento della “trattazioneorale” preordinata alla decisione finale, funzioni correlabili all’avvenutarichiesta di apertura del procedimento.

Altro aspetto (peraltro comune al PG della Cassazione) riguarda laparticolare posizione del Procuratore generale, che è titolare del potere diazione disciplinare ed è anche componente di diritto del Consiglio diPresidenza.

Nel partecipare di diritto alle sedute consiliari, è investito egli stesso(in quanto promotore dell’azione ed a differenza di quanto accade per gli altricomponenti) del dovere di rilevare fatti e comportamenti di possibilerilevanza disciplinare, dei quali acquisisca conoscenza durante losvolgimento delle attività consiliari.

Una riscrittura del Regolamento potrebbe porsi l’interrogativo, perintrodurre eventualmente una disposizione ad hoc (facoltà di formulare unarichiesta di inoltro degli atti alla Procura Generale).

26

Una tra le questioni più spinose che vive sullo sfondo degli auspiciindirizzati verso la riscrittura del Regolamento concerne la “tipizzazione”degli illeciti.

Se ne è fatta menzione nella parte iniziale della presente relazione e nonserve ripetere i concetti ivi espressi.

Può essere opportuno soltanto rammentare che la scelta dellatipizzazione non è costituzionalmente obbligata.

Va detto, altresì, che la facoltatività della tipizzazione non sembra essereargomento sufficiente per escludere l’opportunità di una parziale revisionedel Regolamento.

La riscrittura di uno ius novum, infine, volta a realizzare un disegno piùrazionale ed organico del procedimento, delle fasi, delle attribuzioni dei variSoggetti che vi partecipano e delle interrelazioni tra di essi, potrebbeavvalersi di una direttrice messa in luce dalla recente e già menzionatasentenza della Corte costituzionale n. 87/2009, che prospetta unsignificativo ed utile criterio-guida.

Se la natura “amministrativa” che la legge attribuisce al procedimentoed all’Autorità disciplinare può restare immutata, perché è perfettamenteconforme a Costituzione, dalla garanzia costituzionale di indipendenza deimagistrati deriva una particolarità del procedimento instaurabile a lorocarico, a differenza di quanto accade per altre categorie di personalepubblico e la Costituzione impone che sia assicurato, anche in sededisciplinare, il pieno e palese rispetto di detta garanzia, in tutte le sueestrinsecazioni.

L’intervento di revisione del Regolamento, quindi, potrebbe proporsicome obiettivo quello di realizzare un’attenta ed attualizzata rilettura delledisposizioni, risalenti all’inizio di un decennio che, tra l’altro, ha vistocompiersi la tessitura di numerose novità ordinamentali e normative.

Le norme regolamentari potrebbero essere implementate tramiteespresse enunciazioni di principi e di regole che, in modi resi più evidenti echiari nel testo, siano rivolte ad assicurare ed a far meglio risaltarel’effettività della garanzia.

Roma, 22 settembre 2010